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La creatività corre sul filo... di ferro
DANIELE NIRONI, LA SUA WIRE ART VALORIZZA CORREGGIO
La "spadaccina" ritrovata in via del Carmine
Daniele Nironi, classe 1984, nasce e cresce a Reggio Emilia dove frequenta il Liceo Artistico Gaetano Chierici. Nel 2013 decide di trasferirsi a Correggio, cittadina in cui vive e lavora la donna che poi diverrà sua moglie e madre della sua bambina. Correggio è stata una scelta d’amore. Daniele ancora ricorda la sua prima passeggiata per le vie del centro. «È un paese a misura d’uomo, piccolo e pulito, è bellissimo. A mio parere Correggio è il fiore all’occhiello della bassa reggiana. Ero abituato al caos di Reggio Emilia, ma stando qui mi sembra di vivere sempre in villeggiatura». Daniele fin da piccolo ama creare, non tanto con matita e colori, ma con il fil di ferro. La manualità è un dono che lo accompagna dall’infanzia, il resto è continua ricerca ed esercitazione. Racconta: «la mia tecnica appartiene al campo scultoreo. C’è chi la definisce “wire-art”, ma io da poco ho iniziato a utilizzare questo termine. Prima le figure che realizzavo le chiamavo “bamboccetti”, poi però mi serviva un nome più professionale (ride)». La sua passione per il fil di ferro inizia a 5 anni, quando un giorno, in compagnia della madre, entra in una libreria e su uno scaffale trova un manuale che parla di modellazione di materiali plastici. Inizia a sfogliarlo e ciò che attira la sua attenzione è una pagina dedicata alla costruzione di manichini con un unico fil di ferro, da utilizzare come scheletri a statuette di das o pongo. Ricorda ancora quel momento con commozione: «Mia mamma mi comprò quel libro che ancora oggi custodisco gelosamente. Le chiesi subito di fare uno di quei manichini. Ci giocai fino a romperlo così le chiesi di farmene un altro e un altro ancora. Un giorno provai a farne uno da solo, ne uscì un mezzo pasticcio, ma lo adoravo ugualmente. Mi piaceva l’idea che fosse così flessibile, potevo metterlo in tutte le posizioni che volevo. Avevo tanti giocattoli, ma nessuno era snodabile come quel pupazzetto di fil di ferro». I primi esperimenti si riducevano a filo di ferro e gomma verde senza alcun rivestimento, poi con il tempo si aggiunge lo scotch trasparente e colorato. Mentre da bambino era più concentrato sui personaggi dei cartoni animati, crescendo ha riscoperto la figura umana pura, da cui riesce a fare emergere anche gli stati d’animo e le emozioni. Con il tempo Daniele si rende conto di poter creare qualsiasi cosa. «Le figure che rappresento mi permettono di esprimere al meglio le emozioni, solidificandole attraverso la plasticità dei movimenti. Durante la realizzazione delle mie opere riesco a immergermi completamente nella loro creazione rivivendo le sensazioni che cerco di trasmettere». Ciò che segna una prima grande rivoluzione nelle sue opere è la scoperta delle
resine termoindurenti e polimeri-
che. Inizia così a creare dei manichini ad hoc stando però sempre attento a salvaguardarne la posabilità e snodabilità. Aggiunge: «Una volta completata l’opera provo una sensazione di pienezza, che mi riporta con la mente alla spensieratezza dell’infanzia. La soddisfazione nel vederle ultimate mi gratifica molto. Non penso di essere particolarmente legato ad un genere, piuttosto cerco di dare molta importanza a ciò che le figure vogliono esprimere attraverso la gestualità e il colore». Daniele sostiene che la creatività sia un lato importante della natura umana, l’espressione più bella che si possa dare alla propria personalità. Dare sfogo alla creatività è anche un modo per evadere dalla routine quotidiana. Lo sviluppo tecnologico ha fornito nuovi strumenti in merito, ma permettendo di mantenere ugualmente quella fetta di manualità basilare in alcune forme d’arte. Andando ad approfondire: «Di solito la parte di ideazione avviene solo nella mia mente, in cui cerco di rappresentare al meglio ciò che voglio realizzare prima di mettermi all’opera. Questa fase prende l’80% del tempo necessario alla realizzazione. Ovviamente la manualità che ho raggiunto è frutto di molto esercizio durato anni e il continuo mettersi alla prova. Questo mi permette di ottenere un buon risultato con il giusto im-

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Daniele insieme alla moglie Donatella e alla figlia Aurora

pegno, senza che diventi un peso. Per una figura singola impiego circa un’ora, ma molto dipende dalla complessità e dal livello di dettaglio che si vuole raggiungere. Non ho rituali particolari, di solito però prediligo la tranquillità delle ore serali per dedicarmi alla mia passione, magari in compagnia di una buona tisana».
Oggi la pagina Facebook “Daniele Wire Art sculpture” conta oltre
650 iscritti. Descrive così la decisione di volersi pubblicizzare sul web: «Mia moglie mi ha spronato ad aprirla, lei crede molto nelle mie capacità. È stato un passo fondamentale per far conoscere le mie creazioni al maggior numero di persone. Forse ho sentito la necessità di dover cercare una soddisfazione dall’approvazione di altre persone o semplicemente per sapere se le mie opere potessero piacere a qualcuno. Daniele non si limita a questo e decide di dare vita a una sorta di caccia al tesoro, gioco che ha sempre adorato e che a suo dire gli ricorda molti aspetti della propria esistenza. Ci racconta: «Non avevo idea di dove mi avrebbe portato questa avventura, quando ho iniziato pensavo di poter essere deriso, invece ho attirato l’attenzione nel modo giusto. Questa sorta di gara tra i correggesi è servita a smuovere un po’ le persone ed attirare l’attenzione. Volevo cercare di dare una certa visibilità alle mie opere, e ho pensato a un modo che non esaltasse solo le mie creazioni, ma anche la città di Correggio, fonte per me di grande ispirazione. Questa sorta di “sfida” racchiude anche l’aspetto ludico delle mie opere, stimolando le persone ad interagire con l’ambiente e rievocando loro ricordi d’infanzia. In questo modo le persone possono “giocare” con me attraverso le mie opere, possono toccarle con mano e portarle nelle loro case». Daniele ama la natura, per questo non deve stupire l’idea di utilizzare Correggio come sfondo. È un modo per far apprezzare ancora di più la città che ama,
associando la bellezza classica dei suoi scorci a quella minimale e ati-
pica delle sue opere. È molto attento all’ambiente, per cui spesso utilizza materiali di riciclo e scarto. Dice che è un concetto che vuole trasmettere anche alla figlia, in modo che la futura generazione possa già avere una buona base educativa. Durante il lockdown il supermercato presso cui lavora era sempre preso d’assalto, così ha dovuto iniziare anche turni di notte. Allo stress sul lavoro si aggiungeva quello provocato dalla presenza del virus: «mi sentivo particolarmente esposto, visto che nel primo periodo si faceva anche fatica a capire come comportarsi. Avevo paura di portare a casa il virus, ma per fortuna è sempre andata bene. Mi sembrava però di vivere in un film apocalittico: strade deserte, inquinamento azzerato, cielo limpido, aria profumata di primavera. Una sorta di rivincita della natura sull’uomo. Questo mi ha fatto venire in mente la dea Diana, una figura mitologica che ho sempre amato. Oltre ad essere la dea della caccia, è anche la protettrice della natura e degli animali. Da qui è nata l’idea di raffigurarla assieme alle ninfe». Ringraziamo Daniele per la disponibilità e gli facciamo i complimenti e i nostri migliori auguri. A lui l’ultima parola: «Ringrazio i miei fan per il tempo che mi dedicano e per i loro commenti positivi, per me sono una continua fonte di ispirazione e orgoglio. Spesso ho pensato di realizzare dei video tutorial, ma non ho ancora ricevuto lo stimolo giusto per dedicare tempo anche a questo. Non escludo però che in futuro possano avvenire incontri dimostrativi. Non nasconde, infine, un desiderio: «Mi
piacerebbe che le mie opere possano contribuire a rendere Correggio ancora più famosa di quanto
già non sia».

