Primo Piano - Novembre 2021

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PRIMO PIANO Direttore: Lorenzo Soldani Redazione: Francesca Amadei, Fabrizia Amaini, Barbara Berretti, Emiliano Bertani, Marilena Bertani, Giacomo Bigliardi, Luisa Cigarini, Claudio Corradi, Tosca Covezzi, Sara Culzoni, Matteo De Benedittis, Mauro Degola, Giulio Fantuzzi, Luisa Gabbi, Liviana Iotti, Viller Magnanini, Adriana Malavolta, Maria Chiara Mantovani, Francesca Manzini, Francesca Nicolini, Maria Chiara Oleari, Luciano Pantaleoni, Maria Paparo, Guido Pelliciardi, Federica Prandi, Gian Paolo Rinaldi, Erik Sassi, Lorenzo Sicomori, Nadia Stefanel, Gabriele Tesauri Hanno collaborato: Barbara Bonori, Gianlorenzo Ingrami, Dumas Iori, Francesco Ferrari, Elena Montecchi, Gianna Radeghieri, Elisabetta Tedeschi, Monica Testi, Sofia Toaldo, Andrea Trambaiolo, Marco Truzzi, Massimo Zamboni, Donatella Zini Impaginazione grafica: Studio il Granello Stampa: Tipografia San Martino snc San Martino in Rio (RE) Editore e proprietario: Circolo Culturale Primo Piano, Correggio Registrazione: Aut. Trib. di RE. n. 437 del 23/05/79 Iscritto al Registro Operatori Comunicazione (R.O.C.) con il n. 34700 Direttore responsabile: Liviana Iotti Segretaria di redazione: Tosca Covezzi Sede legale: via Santa Maria, 1 - Correggio tel. 0522 691875 info@primo-piano.info Abbonamento annuale: Ordinario 20 € Sostenitore 30 € Fuori comune 30 € On line (maggiorazione di 2 € Paypal) Digitale 10 € Come abbonarsi: Presso una delle seguenti sedi: - Berretti ferramenta e casalinghi P.za Garibaldi 11 - Caffè Mini Bar - C.so Mazzini, 30 - Edicola Andreoli Luisa - P.za Garibaldi - Edicola La Dolce Vita - P.le Aldo Moro (Espansione sud) - Edicola Porta Reggio - P.za Porta Reggio - Libreria Ligabue - via Conciapelli 16 - Libreria Moby Dick - C.so Cavour 13 - Tabaccheria B&B - via Repubblica 14/A - Tabaccheria Catellani - C.so Mazzini 15/b - Tabaccheria del Centro - P.za S.Quirino 10/b - Tabaccheria Mille Idee - via Tondelli 2/o (Espansione sud) - Tabaccheria Nuvola di Fumo - via Carlo V 8/a oppure - on line www.primo-piano.info - bonifico bancario BPER Banca filiale di Correggio IT 76 Z 05387 66320 000002937443 Chiuso in redazione: martedì 26 ottobre 2021

In copertina: Pier Vittorio Tondelli, detto Vicky, immortalato in bicicletta per le strade di Correggio. A trent'anni dalla scomparsa, lo ricordiamo a pag.4, coi contributi di Massimo Zamboni e Marco Truzzi

VIRGOLETTE

Lorenzo Soldani

I CAPISALDI DI UNA COMUNITÀ Lavoro, cultura, volontariato e sport. Queste sono le quattro tematiche cardine dell’uscita di Novembre e, per estensione, della nostra comunità. In tempi di distanziamento e di (supposto) individualismo, ne esce un quadro davvero rinfrancante. I correggesi si adoperano per garantire un presente ed un futuro più roseo ai loro concittadini, rinunciando al (poco) tempo libero e mettendosi al servizio della collettività. Quando le storie sono di questa caratura il compito di chi le racconta è molto più facile, specie se si condivide lo stesso spirito d’iniziativa e lo stesso amore per la città. È curioso notare come queste tematiche si fondano fra loro. C’è chi coniuga lo sport con il volontariato, chi fa della cultura un lavoro, chi supporta i più deboli aiutandoli a crearsi migliori prospettive sociali e professionali. Nel racconto è fondamentale ricordare chi non c’è più, chi ha posto le fondamenta del presente in cui viviamo. Lo faremo omaggiando Pier Vittorio Tondelli, protagonista della nostra copertina, Antonio Allegri, con un excursus sulla sua casa natale nella rubrica “Come Eravamo”, oltre che le gioiose fatiche dei volontari delle Feste dell’Unità. Come sempre, cerchiamo di fare del nostro meglio. Se anche quest’anno avete apprezzato il nostro operato vi invitiamo a rinnovare il vostro prezioso sostegno, sottoscrivendo o rinnovando l’abbonamento per il 2022: trovate tutte le informazioni utili a pag.10. Buona lettura!

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anno 43 / n. 414

Personaggio 4 Ebbe per casa il mondo intero 34 Vivere d'arte si può, qui in Germania

Povertà e lavoro

8 Ma com'è davvero, visto da vicino?

Incontri 11 America today: una serata da ricordare

La Correggio che verrà 12 L'ora dei progetti di comunità

Impresa 14 ISI Plast, gruppo leader nel packaging multiuso 22 L'unico Canarino che diffonde il profumo del mosto

Volontariato 16 Accoglienza, ascolto e aiuto abitano qui

Servizi di città 18 Il nuovo Ostello, ideale per un turismo dolce

Nel verde 20 Daniela e Omar Santini, una vita nel vivaio

Ricordi 24 1961, TV popolare: qui Campanile Sera

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Sport 26 Polvere e sudore: l'Eroica, pedalata come una volta 36 Per il risultato non basta l’atleta

Cultura 28 La bella abitudine ritorna alla grande

Cultura popolare 30 Noi reggiani, teste quadre: sapete perché?

Ricorrenza 31 Nel dono c’è il sentirsi comunità

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Curiosità 32 Quando l'idraulico è sulla graticola

Pubblicazioni 38 L'età dell'oro delle Feste dell’Unità

Rubriche

14 novembre 2021

2 virgolette: I capisaldi di una comunità 6 39 40 42 44 46 48 49 50

opinioni d'autore: Reddito di cittadinanza, più danni che benefici agricoltura, verde, ambiente: Lambrusco: meglio di così non poteva andare cronache impossibili: Il sogno di un paramecio appuntamenti culturali: Il circo Blizzard all'Asioli, le letture alla Casa nel parco come eravamo: Hic natus est Antonius Laetus notizie in breve una mostra al mese: Il colore dei sogni Correggio in briciole Correggio in gioco

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personaggio

Massimo Zamboni

Marco Truzzi

EBBE PER CASA IL MONDO INTERO

PIER VITTORIO E QUEGLI INGORDI ANNI OTTANTA Trent’anni fa morì Pier Vittorio Tondelli. Il Comune di Correggio, che da anni organizza le “Giornate Tondelli” con il Centro di documentazione a lui dedicato, ed il Comune di Reggio hanno già promosso un intenso programma di eventi per ricordarlo, che si svolgerà nel prossimo mese di dicembre. Primo Piano lo fa qui, grazie al contributo di due scrittori, il reggiano Massimo Zamboni e il correggese Marco Truzzi.

Massimo Zamboni Massimo Zamboni, scrittore, chitarrista e compositore è stato co-fondatore dei CCCP – Fedeli alla Linea, gruppo musicale punk rock (1982-1990) tra i più influenti nell’Italia degli anni ottanta. Ha scritto una ventina di libri. L’ultimo è “La trionferà” edito Einaudi (2021). Pier Vittorio Tondelli fece conoscere i CCCP al mondo della cultura, con l’intervista che fece loro su l’Espresso nel 1984. Da lì nacque tra loro un’amicizia duratura. È un mondo fisico quello che con i suoi racconti ci ha lasciato in eredità Tondelli. Fisicamente si praticano i corpi dei suoi protagonisti, si toccano, si uniscono, si violano, si urtano, si ac-

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carezzano, si ammalano. Una parola come l’attuale distanziamento sarebbe risuonata come una bestemmia in quegli anni tumultuosi subito dopo il 1980, dove si bruciavano i chilometri, si consumavano le strade, si respiravano tabacco, fumo e polveri, si stava da ubiqui avendo per casa il mondo intero: Ibiza come nuova riviera, Carpi come periferia di Berlino. Un salto ad Amsterdam per lo shopping, uno a Londra per i vestiti, a Parigi per sospirare, a New York per imparare. Tangeri infine, Big Sur, Rimini, Firenze, Goa, infilati in una girandola vorticosa. E ci si fa male, nel mondo di Pier Vittorio i corpi si fanno male, nessuno schermo di portatile o di cellulare fa da protezione alle scosse della vita: mani spingono siringhe dentro le braccia, lamette

strappano la pelle, in automobilistiche notti sconsiderate ci si spaccano le ossa. La cifra del periodo è l’imprudenza, agli antipodi del risparmio delle generazioni precedenti, della parsimonia di genitori nati contadini e inurbati senza saperlo, vissuti con il mito del diploma e del lavoro garantito. Lontani perfino dalle insurrezioni del decennio appena trascorso, orfani di ideologie decadute, in un livello di azzardo così ricercato da sconfinare nell’arroganza. Un’ingordigia di vita che contiene in sé l’obiettivo dichiarato di propugnare la propria immortalità. A tutto questo è stata appiccicata l’etichetta di postmodernismo: una superficie levigata fatta di triangoli scaleni, di spigoli, di linee spezzate, di altoparlanti che rimbombano. Nulla che non sia stato detto già, ma mai era accaduto di sperimentarlo a queste latitudini e mai sotto un’ala protettiva come quella allungata da un già barcollante PCI, partito-mamma dato per eterno; e mai sotto l’incubo di una malattia nuova, l’immunodeficienza acquisita, che nessuno si aspettava e che avrebbe spazzato via tutti gli imprevidenti, lasciando gli altri sbigottiti e tristi. Le cronache raccontano quegli anni come quelli dell’ascesa di Craxi, poi di Berlusconi. Ma sbagliavano: pochi tra noi si sono potuti accorgere fino in fondo di quei nomi, presi integralmente come eravamo dal nostro vivere che tutto il resto escludeva. Una generazione che spavaldamente porta su di sé la colpa di aver lasciato fare, senza sentirla come colpa, ma come liberazione. Pochi hanno retto il passo. Si è salvato – ma mai fisicamente - chi ha saputo conservare in sé lo sguardo lungo, il sintomo dell’infanzia, il lam-

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po della meraviglia, un’innocenza selvaggia, connaturata, e assieme a loro l’odore della terra, il coraggio del passato. Così è accaduto a Tondelli. Così a Pazienza. Così anche a CCCP, sento dire. La tomba posta nel cimitero di Canolo, accanto alla sepoltura dei genitori che imbottigliavano lambrusco con la luna buona sotto lo sguardo intenerito di quel figlio inchiodato dalla nostalgia, porta la data del 16 dicembre 1991. Meno di dieci giorno dopo il neo presidente dell’URSS, Boris Eltsin, darà l’ordine di ammainare la bandiera sovietica dal Cremlino, sostituendola con il tricolore russo. Il mondo così come l’abbiamo conosciuto è arrivato al capolinea, l’impero è imploso, il socialismo deflagrato in una miriade di rivendicazioni. Assieme a loro, voilà, si scioglie l’Emilia del ‘900, portando con sé, tra mille detriti, il mondo mai piccolo di Tondelli.

Marco Truzzi “Proprio come se il tempo fosse quel che volevano, quando ancora era dato in dono e in possesso, proprio come se avessero torto a non desiderare più d’appartenere”. Wystan Hugh Auden, Un altro tempo Noi siamo quelli che siamo venuti dopo. Siamo quelli che pure c’erano, in quell’autunno del 1991 e poi nel freddo dell’inverno che ne è seguito, ma che siamo venuti dopo, per un’infinità di motivi. Per l’età. Perché non avevamo

capito. Perché non c’eravamo. Perché non conoscevamo molto di quella vita. Desideravamo appartenere ad un tempo che, invece, non era il nostro e del quale, successivamente, abbiamo cercato di ripercorrere le strade, come nuovi Pollicini, alla spasmodica caccia di una traccia, di un segno, di un’amicizia, di una parola, tra le tante tracce, tra i molti segni, tra le innumerevoli amicizie, tra le mille parole che Pier Vittorio Tondelli aveva disseminato, qua e là. Prima lo abbiamo amato, Tondelli, lo abbiamo amato nel reflusso che pure abbiamo vissuto, in quella risacca sociale e culturale di cui noi stessi abbiamo fatto parte. Lo abbiamo amato perché ogni suo attacco era rock e ogni suo svolgimento era libertà di gridare - esatto, “gridare” - che il mondo non si racchiude tra i portici di corso Mazzini e duecento metri di corso Cavour. Dopo, invece, lo abbiamo messo da parte, persi nella complessità digitale - che lui, comunque, aveva letterariamente anticipato - come se anche lui fosse un solido boomer, uno di quelli che, nonostante tutto, nonostante tutto il dolore e il magone di vivere, aveva comunque potuto contare su una realtà nella quale potevi anche farcela, sì. Poteva anche succedere. E per noi, che siamo venuti dopo, invece no. Infine, lo abbiamo anche un po’ detestato, Tondelli, ma più che altro per colpa dei “tondelliani”, che ne hanno definito il “canone”, una sorta di ortodossia dello stile, e un po’ per colpa anche di quelli che invece c’erano prima, prima di noi, che l’hanno conosciuto e amato, che ci hanno parlato e che si sono confrontati direttamente con lui, e che nel tempo son diventati quelli che “eh ma Tondelli, eh ma gli anni Ottanta, eh ma i Police a Reggio…”. AUTOFFICINA

Noi, quelli che siamo venuti dopo, eterogenei libertini in modo differente dagli “altri”, non abbiamo aneddoti personali che ci possano supportare quando raccontiamo di come per noi “Camere separate” sia stato un romanzo che ci ha cambiato la vita, molto di più e molto più a lungo degli “Altri”. È come se Tondelli, l’idea di Tondelli, si fosse cristallizzata da qualche parte, immobile e immutevole in una materia inerme, quando invece la sua scrittura era carne, passione, sentimento, emozione, solitudine, quando tra le sue righe prendevano vita il Postoristoro, certo, ma anche i colombi del nonno Dembrao. Noi che quaggiù, nell’acciottolato del Corso, siamo venuti dopo, e che da qui però non ce ne siamo mai andati a differenza di tanti altri che ora da Roma, Bologna, Milano scrivono e raccontano di come si vive da queste parti, abbiamo amato così tanto Tondelli - di un amore incondizionato e non soggetto al decadimento del tempo - da finire per desiderare di non appartenergli più, custodi testardi della fenomenologia dell’abbandono. E di tutto ciò che invece ne resta. Così, a volte portiamo fiori davanti all’edicola, a fianco della casa che fu. Non per le pareti, non per il tempo, non per il possesso e nemmeno per il desiderio. Ma per le parole, le parole, ah, sì. Ed è tutto ciò che abbiamo ancora, quel che rimarrà di tutta questa storia. Avremmo voluto conoscerti, Pier. L’abbiamo fatto attraverso le parole. “Saggia il mio cuore, scrutalo di notte, provami al fuoco, non troverai malizia”. (Salmi, cap. 17, versetto 3).

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opinioni d'autore

Lorenzo Soldani

REDDITO DI CITTADINANZA, PIÙ DANNI CHE BENEFICI

LUIGI MARATTIN: È L'ORA DI POLITICHE PER IL LAVORO Luigi Marattin, ferrarese, è professore associato di Economia politica all'Università di Bologna. Già consigliere economico del Governo Renzi, poi eletto deputato, dal luglio 2020 è Presidente della Commissione Finanze della Camera. Sono passati quasi tre anni dall’introduzione del RdC: cosa ci dicono i dati sull’efficacia di questo decreto? «Chi introdusse il Reddito di cittadinanza dichiarò che aveva almeno due obiettivi: abolire la povertà e far trovare lavoro ai disoccupati. Sul primo fronte, i dati Istat dimostrano che il massimo che è riuscito a fare – prima del Covid – è stato ridurre dello 0,6% l’incidenza della povertà assoluta, ad un costo tuttavia esorbitante per le finanze pubbliche. E riguardo al secondo obiettivo, le statistiche sono impietose: circa il 3,8% dei beneficiari che hanno sottoscritto il Patto per il lavoro (a loro volta una minoranza del totale dei beneficiari) ha trovato un lavoro a tempo indeterminato. E probabilmente non lo ha fatto grazie ai navigator, ma nonostante essi. Allo stesso tempo, per com’è strutturato, ha fornito un naturale incentivo a richiedere il sussidio e poi lavorare in nero: chiunque non passi la sua giornata nei palazzi della politica sa che è esattamente questo che sta succedendo nell’economia italiana. Non credo quindi occorra particolare sforzo per sottolineare che, così com’è, questo strumento ha provocato molti più danni che benefici». Il RdC è stato progettato non solo come misura assistenziale, ma anche come incentivo a trovare lavoro. Molti dei percettori, tuttavia, risultano difficili da collocare. Come si può fornire una migliore professionalizzazione ad una platea rimasta ai margini del mercato del lavoro? «Io rimango della mia opinione, piuttosto radicale. Per far funzionare davvero

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le politiche attive, occorre rendere le politiche per il lavoro una competenza esclusiva statale, anziché concorrente con le regioni. Altrimenti ogni disegno di riforma radicale (quale quello necessario su quel settore) si scontrerà con i veti e i contro-veti (e spesso i contro-contro-veti….) di 20 regioni. In parte è quello che sta accadendo ora con la GOL, il nuovo progetto del ministro Orlando per la riqualificazione professionale. Per farlo, certo, occorre cambiare la Costituzione. Ma in Parlamento lo stiamo facendo in questi mesi, per introdurre la tutela degli animali. Magari possiamo anche farlo per cose… come dire, almeno altrettanto importanti. Una volta fatto questo decisivo passaggio di governance, a mio parere bisogna puntare sull’assegno di ricollocazione, che riforma radicalmente il settore della formazione professionale, mettendo i vari centri in concorrenza tra loro e strutturando il sistema sulla base delle esigenze del disoccupato, e non dei centri di formazione». L’idea di un reddito “universale” ha un fondamento reale nell’ambito delle politiche economiche, o crede

che ci siano misure più efficaci per incrementare il potere d’acquisto e favorire l’occupazione? «Un sussidio contro la povertà, diretto a coloro che non possono lavorare, è sacrosanto e nessuno lo mette in discussione. Certo, anch’esso con radicali riforme rispetto all’attuale funzionamento del reddito di cittadinanza (penso ad esempio a modifiche alla scala di equivalenza per garantire il sostegno alle famiglie numerose, al coinvolgimento dei comuni, e molto altro ancora). Ma per incrementare il potere d’acquisto e favorire l’occupazione serve mobilitare ogni energia della politica economica verso l’obiettivo di innalzare il tasso di crescita dell’economia. In primis riducendo la pressione fiscale sui fattori produttivi, ma anche migliorando il funzionamento dei mercati, compreso quello del lavoro». Infine, una considerazione più generale. L’Italia è un Paese a bassa alfabetizzazione economica, un problema rilevante quando si cerca di motivare ai cittadini le scelte fatte dal Governo. Come affronta questa sfida? «Certo non aiuta il fatto che da noi ma-

terie come educazione finanziaria o statistica siano insegnate molto poco, soprattutto nella scuola superiore. Ma credo che il problema sia ancor più profondo: da un po’ di tempo a questa parte si è persa la consapevolezza che per governare una società complessa, e financo per partecipare pienamente e costruttivamente al dibattito pubblico, occorre fare il sacrificio di informarsi, di studiare, di approfondire. Per troppo tempo abbiamo ceduto alla tentazione del semplicismo, dell’approssimazione, della dittatura dello slogan e dell’immagine, che hanno preparato il terreno all’avvento della stagione populista, una delle peggiori del mondo. Per fortuna già sembra passato un secolo, ma veniamo da un periodo in cui affidare enormi responsabilità politiche e istituzionali ad una persona senza alcuna esperienza o addirittura competenza era un vanto, anziché una vergogna. Se vogliamo veramente archiviare il populismo, e per sempre, dobbiamo ripartire da questa consapevolezza, e trasmetterla soprattutto alle nuove generazioni».

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povertà e lavoro

Giacomo Bigliardi

MA COM'È DAVVERO, VISTO DA VICINO?

INDAGINE SENZA PRECONCETTI SUL REDDITO DI CITTADINANZA Parliamo di reddito di cittadinanza. Lo facciamo in un momento che potremmo definire di transizione, dato che queste pagine vengono scritte nelle settimane in cui il governo discute sul futuro del provvedimento, sul suo rifinanziamento per l’anno 2022, sulle eventuali modifiche che subirà. Questo articolo non darà conto delle mille previsioni sul futuro che da ogni parte sentiamo ogni giorno: quando lo leggerai, sarebbero già vecchie. Cerchiamo inoltre di allontanarci dallo scontro politico che accompagna il parlare di questo provvedimento. Scendiamo invece nel merito della questione, e cogliamone la complessità. Ecco giusto due coordinate generali: il reddito di cittadinanza (d’ora in poi, RdC) è un sostegno economico pensato per aiutare le famiglie che si trovano in difficoltà economica. È temporaneo e vincolato alla partecipazione dei beneficiari a percorsi di inserimento lavorativo o patti di inclusione sociale, tranne in alcuni casi specifici. Chi ne fa richiesta si interfaccia con i servizi sociali e/o con i centri per l’impiego: in entrambi i casi, il RdC è temporaneo e legato a percorsi di reinserimento sociale o lavorativo. Chi ne beneficia riceve offerte di lavoro apposite, che è tenuto ad accettare entro certi limiti, e viene inserito in percorsi specifici che possono comprendere l’intervento dei servizi sociali. Pensionati e disabili, invece, sono trattati come categorie a parte, e hanno meno vincoli. Il parametro principale (ma non l’unico) per ricevere il RdC è l’ISEE, che dev’essere inferiore a 9.360 euro. Gli assegni sono elargiti mensilmente e il loro importo è corrispondente al numero di individui del nucleo familiare: si va dalla media di 448 euro per le persone che vivono da

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sole, ai circa 700 euro per le famiglie di quattro componenti. La misura è stata introdotta nel 2019, e da lì ogni anno ha visto ampliarsi la platea di beneficiari, comportando maggiori costi per lo Stato. È anche per questo che se ne parla tanto. Ma vediamo alcuni dati più precisi. Come anticipato, le persone che lo percepiscono sono sempre di più: 1.101.427 nuclei familiari nel 2019, 1.575.929 nel

Si tratta prevalentemente di: famiglie numerose con più figli a carico; famiglie monogenitoriali, spesso con la presenza della sola madre; oppure persone che vivono da sole, adulti con determinate fragilità, che hanno sempre avuto rapporti di lavoro fragili e precari e in questi ultimi anni faticano ad avere un reddito regolare.

2020, 1.673.775 nei soli primi otto mesi del 2021. Più di un milione di famiglie, quindi, ossia quasi 4 milioni di individui nel solo 2021 finora. Nonostante questo aumento, vi è una sproporzione: il Sud e le isole coprono da sole più del 50% dei richiedenti, per ogni anno dal 2019. La sola provincia di Napoli conta per tre volte il numero di richieste dell’Emilia-Romagna. La nostra regione ha il 4% dei richiedenti su scala nazionale, che nel 2021 fino ad agosto corrispondono a 35mila richieste. Di queste, 4.114 provengono dalla provincia di Reggio Emilia (terza dopo Bologna e Modena). A Correggio, i beneficiari del RdC sono 405. Questo valore comprende sia gli individui seguiti dai centri per l’impiego, sia quelli seguiti dai servizi sociali, i quali - in proporzione - sono quasi il triplo dei precedenti. I dati disponibili sono pochi e frammentati, ma sembrano essere in linea con la tendenza nazionale per quanto riguarda la composizione dei nuclei familiari.

Cosa possiamo trarre da questi dati? È difficile dirlo. Proviamo a distinguere i due livelli che fanno parte del provvedimento: quello del sostegno alla povertà, e quello dell’inserimento nel mondo del lavoro. Il RdC cerca infatti di legare i due aspetti, e questo ha creato non pochi problemi, non tanto per quanto riguarda la prima componente, quanto per quella occupazionale. Andiamo per gradi. La povertà in Italia aumenta, e la pandemia non ha certamente aiutato: nel 2020 sono state 1,9 milioni le persone supportate da Caritas, come si legge nel Rapporto sulla povertà da poco pubblicato. Il 44% delle persone monitorate dai centri di ascolto Caritas non vi si era mai rivolto prima: a conferma dell’impatto pesantissimo della crisi portata dal Covid-19. Il RdC è stato da più osservatori indicato come una buona soluzione per il sostegno alla povertà, ma i maggiori dubbi riguardano l’effettivo successo dell’inserimento nel mondo del lavoro. I dati

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pubblicati dall’INPS non permettono di capire quanti beneficiari di RdC abbiano trovato lavoro dal 2019, ma un report della Corte dei Conti del febbraio 2021 ha rivelato che erano 152.673 le persone che avevano instaurato un rapporto di lavoro dopo la presentazione della domanda: solo il 14,5% del totale. Inoltre, molti dei beneficiari, come disabili e pensionati, non sono vincolati a cercare un’occupazione, e secondo un rapporto dell’INPS due terzi dei precettori del Reddito non sono occupabili. Di nuovo: dare un giudizio su questi dati è complicato. Lo scenario è difficile da inquadrare, e chiunque si affretti a dire che il RdC sia “giusto” o “sbagliato” senza scendere nella complessità sta inevitabilmente perdendo pezzi importanti per strada. Più che dare dei giudizi o fare commenti, possiamo fare una cosa più utile: vedere la complessità, e togliere di torno alcuni falsi miti e stereotipi sul RdC. Primo: i cosiddetti “furbetti del Reddito”. Giornali e telegiornali raccontano di persone che lo percepiscono pur possedendo macchine di grossa cilindrata, ville e chi più ne ha più ne metta. Questi casi di cronaca particolarmente coloriti finiscono per

bollare e stereotipare l’immagine di chi riceve il RdC. Ne sentiamo cinque o sei tutti i mesi, qualche decina in un anno. Ma se anche fossero qualche centinaio, che incidenza avrebbero su più di un milione di richiedenti del Reddito? Occorre andare con cautela, la povertà non è una questione di comodo. Secondo punto: si dice che il RdC dia soldi ai pigri, che così non fanno più niente. Nuovamente, in alcuni casi potrà essere vero, ma seguire questa interpretazione a priori non permette di vedere quanto povertà e disoccupazione siano diffuse in Italia. Delle persone citate prima che si sono rivolte ai centri di ascolto Caritas, solamente il 20% prendeva il RdC;

e teniamo conto che, secondo l’ISTAT, quasi il 10% delle famiglie italiane era in condizione di povertà assoluta nel 2020. In Italia la disoccupazione è elevata, il lavoro è spesso poco tutelato, la transizione digitale ed ecologica che ci aspetta taglierà numerosi posti di lavoro, e qualcosa andrà fatto. Il Reddito di Cittadinanza è quello che è, c’è chi ci trova aspetti positivi e chi negativi. Il punto è che la situazione è complicata, i problemi a cui si cerca di rispondere sono reali, e parlare di furbetti e pigrizia dei lavoratori allontana da questi problemi. Le cose sono un bel po’ più complesse.

FONTI DEI DATI CITATI Intervista a Luciano Parmiggiani, dirigente del Dirigente del Servizio Sociale Integrato dell’Unione Comuni Pianura Reggiana, il Dott. Luciano Parmiggiani. www.redditodicittadinanza.gov.it; www.inps.it/dati-ricerche-e-bilanci/osservatori-statistici-e-altre-statistiche/ dati-cartacei-rdc; Rapporto Caritas: Gli anticorpi della solidarietà; Report povertà 2020, Istat; www.ilpost.it/2021/09/06/dati-reddito-cittadinanza-2/. V. Conte, Reddito di cittadinanza Per garantirlo nel 2022 servono altri 800 milioni, in «la Repubblica», 17 ottobre 2021.

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incontri

Lorenzo Soldani

AMERICA TODAY: UNA SERATA DA RICORDARE

PALASPORT GREMITO PER FRANCESCO COSTA, OSPITE DI PRIMO PIANO Un altro grande ritorno in presenza per Primo Piano Incontri. È stato soprattutto questo il leit motiv dell’evento “Accade in America”, che ha visto come relatore d’eccezione il giornalista e blogger Francesco Costa, vice direttore della testata online Il Post. Accompagnato sul palco dai nostri Giacomo Bigliar-

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di e Maria Chiara Oleari, Costa ha incantato i presenti raccontando i temi più caldi della politica e della società americana, partendo dalla vittoria alle elezioni politiche di Joe Biden fino ad arrivare alla gestione della pandemia e al futuro dei rapporti geopolitici, in particolar modo con l’Europa e la Cina. Il folto

pubblico, composto prevalentemente da giovani, ha partecipato attivamente alla serata ponendo interessanti quesiti a Costa, che ha risposto con piacere, garbo ed attenzione. Potete visionare l’intera serata visitando il nostro canale Youtube o la pagina Facebook.

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la Correggio che verrà

Luciano Pantaleoni

L'ORA DEI PROGETTI DI COMUNITÀ I PROBLEMI DEL MONDO DELLA DISABILITÀ, LA PRIMA OCCASIONE

Diamo un seguito all'intervista alla Sindaca del numero scorso su "La Correggio che verrà", con questa riflessione sui progetti di comunità per dar voce a nuove esigenze urbane, a partire dal mondo della disabilità. In questi anni si è lavorato per garantire alle persone svantaggiate opportunità di lavoro, per migliorare le condizioni sociali ed ambientali, per accompagnare le attività a momenti di svago e ricreazione. Nonostante questo permangono situazioni di criticità. Gli spazi nei quali operano le persone disabili, anche quando sono ubicati in contesti di qualità, tendono ad essere frequentati sempre dalle stesse persone e difficilmente diventano luoghi socializzanti. Mancano occasioni che permettano incontri e offrano opportunità per generare interesse e diversificare gli argomenti di condivisione. I lavori che svolgono tendono ad essere molto ripetitivi e quindi poco gratificanti e stimolanti. Le attività svolte garantiscono margini di remunerazione esigui e le coop e associazioni faticano a mantenere un equilibrio economico finanziario che assicuri la continuità operativa.

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Sono state avviate diverse iniziative in ambiti e in contesti differenti, ma la frammentazione gestionale e l’attuale contingenza generata dalla crisi economica e dalla pandemia stanno rendendo necessario un coordinamento e un tentativo di rilancio. È arrivato il momento di fare un passo avanti. La nuova sfida è quella di sviluppare dei “progetti di comunità” che permettano alle persone con fragilità di avere un loro ruolo e di essere protagonisti. Questo implica che quando si pensano nuove strutture si sviluppino prima i “progetti sociali” che si vogliono attivare e poi successivamente si incarichino gli architetti di dare forma alle idee. Si potrebbe tentare di dare vita a nuovi Spazi di Lavoro posti in luoghi strategici. Un esempio concreto può essere rappresentato dalla Casa della cultura che

sarà ubicata all’interno della ex caserma dei carabinieri. Questo edificio potrebbe accogliere il luogo di lavoro di una cooperativa sociale che si occupa di alimentazione ed offrirgli in gestione un bar innovativo che offra diversi servizi. Pensate a come sarebbe fantastico se gli studenti universitari che si incontrano a studiare in biblioteca

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nelle loro pause caffè frequentassero il bar gestito dalla cooperativa sociale... E se da questi incontri potessero nascere nuove cooperative culturali (art-lab) che offrono opportunità lavorative ai ragazzi disabili e ai giovani laureati… E se a fianco delle attività tradizionali si potessero avviare nuove produzioni originali cercando di entrare nel mercato degli oggetti da regalo dove i prezzi remunerano l’idea e la creatività e riconoscono un maggiore “valore aggiunto”... E se poi gli studenti o i giovani laureati organizzassero alla sera lezioni nella università della terza età accolta all’interno della biblioteca… E se i pensionati che frequentano le lezioni organizzassero cene a tema insieme alla cooperativa sociale e diventassero volontari… Vuole solamente essere un esempio. Eguali principi potrebbero e dovrebbero essere applicati ai vari progetti strategici della città. La compresenza di funzioni è un “generatore di opportunità”. Le relazioni che si generano e i fili invisibili che si creano, legano le persone e sono la ricchezza della comunità. «Queste idee meritano una particolare attenzione, poiché sono in linea con le necessità, le esigenze e le aspettative delle ragazze e dei ragazzi che noi seguiamo. Idee che noi condividiamo, perché mettono al centro della nostra comunità il mondo della disabilità. Parliamo in particolare delle ragazze e dei ragazzi che si vedono emarginati da un modello sociale che tende ad escludere più che a includere. Le conseguenze sono di evidente preoccupazione, in quanto tanti giovani si richiudono in sé stessi, perdono le relazioni sociali, s’incamminano verso un isolamento che può condurre

o scont

-10%

verso destini non auspicabili. La sfida di questi “progetti di comunità”, articolati e declinati nelle varie proposte descritte, riteniamo sia percorribile, praticabile e di indubbia utilità. Se attuati con convinzione e accompagnati dalla nostra gente, crediamo che permettano di raggiungere mete difficili e di offrire risposte straordinarie. Possono renderci orgogliosi di vivere in luoghi ove ognuno può sviluppare il proprio progetto di vita in armonia comunitaria». Sergio Calzari, Presidente Fondazione Dopo di noi «Anffas Correggio vede con grande soddisfazione l’ormai conclusa costruzione da parte della Fondazione Dopo di Noi di Casa Claudia ed esprime enorme riconoscenza a tutte le realtà del nostro distretto. Si tratta di un gioiello architettonico e funzionale rivolto alla realtà residenziale dell’utenza disabile. Posta questa ottima base per la situazione del “Dopo di noi”, resta da compiere un ulteriore passo verso la concretizzazione per il “Durante noi”: un luogo partecipato e inclusivo, inserito nel contesto urbano, “aperto” e contaminabile con la realtà culturale e sociale circostante. Una costante dottrina scientifica e giuridica individuano infatti nell’inclusione e compartecipazione il miglior percorso riabilitativo e/o di miglioramento relazionale in capo alle persone diversamente abili. La misura della civiltà di una Comunità è data anche, pensiamo, dal tipo di solidarietà e partecipazione concreta che essa esprime». Sergio Bandieri, Presidente Anffas Correggio «La coop Il Bucaneve è stata fondata

35 anni fa da un gruppo di persone sensibili al problema della disabilità. Il suo nome è quello di un fiore che sboccia tra i primi dopo l’inverno. Da allora sono stati fatti passi importanti: nella scuola con un percorso ormai consolidato e positivo; nel lavoro qualcosa è stato fatto per i disabili con una buona capacità produttiva, ben poco per coloro che hanno limitate capacità lavorative. Il Bucaneve ha attivato un laboratorio di assemblaggio che coinvolge una decina di disabili ma è comunque una piccola goccia nel mare del bisogno. In questo campo tanto rimane da fare per l’adeguamento delle postazioni di lavoro, soprattutto adesso, con l’introduzione massiccia di software ed hardware. Ricordiamo sempre che lavoro e dignità camminano insieme. Per aumentare l’offerta di socializzazione ed integrazione da alcuni anni Il Bucaneve ha aperto anche il centro socio-occupazionale “Lavoriamoci”, dove si sviluppano le capacità relazionali e di autonomia integrandole con le capacita occupazionali, e dal prossimo anno si trasferirà in una nuova sede più ampia per crescere ancora. Purtroppo la nostra società sempre più competitiva tende invece ad allargare il concetto di disabilità con la tendenza a inserire in questa categoria anziani e malati cronici, che vengono considerati un peso per la nostra società. Sono fortemente convinto anch’io che i “progetti di comunità” siano molto importanti per creare quei rapporti di conoscenza, rispetto e collaborazione tra tutti. E in questo caso c’è ancora tanta strada da percorrere». Luciano Bruschi, Presidente Cooperativa Il Bucaneve

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impresa

Mauro Degola

ISI PLAST, GRUPPO LEADER NEL PACKAGING MULTIUSO GIANLUCA MELLI: AMBIENTE E FORMAZIONE, CHIAVI DEL FUTURO

“ISI Plast spa” ha sede a Correggio in via Modena. È leader in Italia nella produzione di contenitori in plastica per molteplici usi, con oltre 100 milioni di pezzi venduti ogni anno. Occupa 100 dipendenti lavorando su tre turni, e ha raggiunto i 45 milioni di fatturato. È organizzata per divisioni: ISIPLAST per il packaging industriale, ISI FOOD per il packaging alimentare, CO.N.ES. per contenitori speciali ad uso dello smaltimento ospedaliero e ISI TRAP per i sistemi di trappole ecologiche contro diversi insetti nocivi. Esporta circa il 18% della sua produzione. Il Presidente e CEO, Gianluca Melli, ci accoglie nella luminosa sala con la vetrata curva che caratterizza la sede, prima della rotonda in fondo a via Modena. La prima società, fondata a Rubiera da Riccardo Melli col

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fratello risale al 1958 come “Plastica Secchia”. Nel 1970, il Cav. Melli decise di intraprendere una realtà imprenditoriale in proprio, l’ISI Plast, acquistando a Correggio un magazzino. Da allora l’azienda si è ampliata, fino a diventare una delle principali realtà del distretto reggiano della plastica. A sedici anni il figlio Gianluca è entrato a far parte dell’azienda, dove lo hanno raggiunto le sorelle Antonia e Beatrice. «Ho fatto la gavetta dal magazzino alle vendite, poi ho affiancato come vice presidente mio padre, che purtroppo è mancato pochi mesi fa. Mi è stato maestro, era un grande imprenditore con una visione lungimirante sull’utilizzo della plastica. Fu lui, primo in Italia, ad avere l’intuizione di sostituire i secchi in metallo che venivano utilizzati sui cantieri edili con secchi in plastica, più leggeri e maneggevoli». Dopo tanti anni di esperienza la cosa che colpisce subito è la sua attenzione alla formazione. «Abbiamo bisogno di potenziare la qualità dei collaboratori, di investire in nuove professionalità e in ricerca e sviluppo. Ce lo impongono le nuove tecnologie. In fondo si tratta sempre di stampi, presse e polimeri, ma pensate solo alla rivoluzione elettronica che è avvenuta nella manutenzione delle attrezzature e all’informatizzazione applicata all’organizzazione dei magazzini. Ce lo impongono anche le nuove performance richieste ai prodotti e l’utilizzo di nuovi materiali come quelli derivanti dal riciclo dei rifiuti, per cui siamo continuamente alla ricerca di formulazioni innovative. Alcuni anni fa come aziende del distretto industriale di Correggio abbiamo impostato un progetto di formazione con l’istituto Einaudi portando studenti a contatto con la produzione. Le difficoltà che abbiamo incontrato sono venute soprattutto da parte delle famiglie nel non spingere i

propri figli verso un’attività industriale: fa premio l’ambizione di mandare i figli all’università. É proprio una diversità culturale rispetto ad altri paesi, nei quali la conoscenza di una professione avviene normalmente con stage in azienda. Così ISI Plast investe molto in formazione interna, sui materiali plastici e a misura dell’evoluzione dei nostri obiettivi». Parlando con Melli comprendiamo subito qual è la visione del nuovo imprenditore: qualità, sicurezza, ambiente. «La qualità serve per competere e garantire un prodotto per un uso specifico: in Italia nel nostro settore operano circa venticinque imprese, ma hanno quasi tutte dimensioni locali. La sicurezza è un presupposto, si deve lavorare tutelando gli operatori e le strutture. L’ambiente non è solo una questione etica, è la sfida di oggi per il traguardo di domani». Proprio l’ambiente è la passione segreta di Melli. Non ti aspetteresti di trovare in un industriale della plastica un ambientalista così convinto. «Ognuno deve fare la sua parte nella propria attività quotidiana, anche l’imprenditore. Non si può continuare a scaricare i problemi a valle, perché ci penserà qualcun altro. ISI Plast ha investito e continuerà ad investire, per quanto possibile, nel fotovoltaico, ha riconvertito la motorizzazione idraulica delle macchine con quella elettrica e ha ampliato la sua offerta alla raccolta differenziata. La divisione CO.N.ES., ad esempio, ha certificato contenitori specifici per trasporto e smaltimento di rifiuti pericolosi, come le siringhe delle vaccinazioni. Da una nostra idea è nato “Smoc-chino”, il posacenere tascabile per la raccolta dei mozziconi di sigaretta: un mozzicone inquina fino a 10 anni il terreno circostante. La plastica può essere molto più ecologica di quello che si possa pensare se utilizzata in modo

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corretto. Nessuno però racconta che prima della plastica venivano massacrati circa 22 mila elefanti e 60 mila tartarughe all’anno per la produzione di occhiali, cofanetti, gioielli, coltelleria, e via di seguito». Melli offre una prospettiva razionale alla riduzione della plastica. «Bisogna partire dalla considerazione che i polimeri hanno sostituito materiali di miniera e lavorazioni con elevato assorbimento di energia, consentendo di alleviare la fatica umana e di estenderne le potenzialità. Detto questo, la sua riduzione non può essere né facile né istantanea. Faccio l’esempio della plastica riciclata. ISI Plast vorrebbe utilizzarla maggiormente, ma c’è scarsità di industrie che selezionano e riconvertono. Ricordiamoci poi che la riconversione in materia prima non riporterà mai alla composizione originaria, ma varierà in elasticità e resistenza a seconda delle selezioni effettuate, il che ci pone grossi problemi di utilizzo. Anche nell’aspetto esteriore, per cui non potremo utilizzarla ad esempio

nel packaging alimentare. Insomma la riduzione dell’utilizzo dei polimeri sarà progressiva e dipenderà da tante azioni». La diversificazione è comunque una necessità in questo settore. «ISI Plast ha superato il lockdown senza fare cassa integrazione proprio perché ha potuto sostituire la flessione della produzione per le industrie con l’incremento di quella per uso alimentare e sanitario. Poi, la ricerca. La nuova divisione produce trappole per insetti (tra cui la famigerata zanzara tigre), sia per ambienti interni (senza emissione di odori, a base di gel con essenze naturali specifiche che una volta esaurite potrebbero addirittura consentirne l’utilizzo come sapone) che per ambienti esterni (con trappole che attirano l’insetto nell’umido e l’imprigionano in una rete). Questo prodotto ci consente di entrare in contatto con realtà come l’agricoltura o il giardinaggio, di comprenderne i bisogni e quindi le opportunità per noi». Infine, qual è lo stato di salute della

piccola e media impresa. Lo chiediamo a tutti gli imprenditori che di volta in volta intervistiamo; così anche a Gianluca Melli che è stato vice presidente del Gruppo Materie Plastiche di Unindustria di Reggio. «Si fa sempre più fatica, inutile negarlo. Il fatto è che non abbiamo a livello di Paese una politica industriale che premi i distretti e le medie dimensioni. Finisce che prevalgono gli interessi di Paesi come Francia e Germania, che hanno dimensioni d’impresa molto superiori alle nostre. Comunque io resto un inguaribile ottimista, anche perché ISI Plast chiuderà il 2021 ritornando ai livelli di fatturato pre-COVID». Ringraziamo il Presidente. Dal piazzale si vede bene l’ultimo investimento tecnologico: il magazzino verticale dell’ISI Plast, quella costruzione massiccia ed elegante, con tanto di marchio aziendale, che segna lo skyline di Correggio. Simbolo, se vogliamo, di una città che guarda al futuro con lo stesso, inguaribile ottimismo.

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volontariato

Gianna Radeghieri

ACCOGLIENZA, ASCOLTO E AIUTO ABITANO QUI

IL CENTRO DONNE DEL MONDO RIPRENDE L'ATTIVITÀ IN PRESENZA

Al corso per parrucchiera

È stato un periodo molto difficile, quello della pandemia, per il Centro Donne del Mondo. Avevamo scritto un bel libro, presentato a Correggio nel dicembre 2019 con un bel successo di interesse, con richieste di presentazioni in librerie e Centri culturali, un interessante progetto finanziato dalla Fondazione Manodori, un corso di cucina etnica pronto per essere aperto ai partecipanti. Poi, però, il nostro Centro, brulicante di voci, avvolto nel profumo di tè e menta, la nostra torre di babele pacifica e serena si è spenta. Come tutto, intorno a noi, d’altronde. Le donne straniere erano molto spaventate. Il pensiero di trovarsi in grande difficoltà lontano dalle famiglie, dagli anziani genitori, che correvano gli stessi rischi senza poter essere raggiunti, creava grande panico. Siamo comunque rimaste in contatto, con gli strumenti che la tecnologia mette a nostra disposizione. L’estate

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dello scorso anno ci siamo date qualche appuntamento al bar, a gruppetti, all’aperto. Poi nuove chiusure, la corsa al vaccino, una nuova speranza, la ripresa della vita. A giugno ci siamo organizzate ed abbiamo richiesto di incontrarci davanti alla sede, portando fuori sedie e tavolini, riprendendo i nostri incontri. Finalmente! A luglio si è potuto rientrare nella sede, rispettando le norme di

sicurezza e tutto è ripartito alla grande. Il progetto Welcom2, finanziato dalla Fondazione Manodori, in partnership con la Coop sociale Madre Teresa, il Comune di Correggio e molte realtà del volontariato sociale del distretto, ha ripreso il suo cammino, troncato a metà dal Covid. In particolare sono partiti, presso la nostra sede, i corsi di formazione al lavoro, che ci stavano particolarmente a cuore, come il corso di cucina, destinato a dieci donne, che, sotto la guida di uno chef, apprendono ciò che occorre per essere, a fine corso, in grado di inserirsi al lavoro in una gastronomia, in un laboratorio di pasta fresca, in un ristorante, nella cucina di una mensa. Poi un corso per parrucchiera-estetista, terminato da poco, che ha dato a sette donne un diploma A.N.A.M. (Associazione Nazionale Acconciatori Misti). Speriamo offrano un’opportunità per le ragazze che si sono impegnate, con grande entusiasmo e sacrificio, all’apprendimento delle tecniche di queste affascinanti attività. Abbiamo già partecipato ad un Portobello ed alla Fiera di San Luca. Il 16 ed il 17 ottobre, insieme ad altre mille, c’erano anche le nostre “Bambole dal Grande Cuore” in piazza Prampolini a Reggio, per raccogliere fondi per la ricerca del CORE, così

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come non erano mancati i nostri quadrotti, due anni fa, in quella stessa piazza. Abbiamo condiviso l’emozione suscitata dalla situazione nella quale sono precipitate le donne afghane; ci siamo rinchiuse al centro per giorni per dare un contributo di visibilità a queste vittime della misoginia maschile mascherata da fede religiosa, producendo materiale che abbiamo esposto sulla facciata della sede. E non finirà qui. Continuano anche i nostri piacevoli “filoss” con ferri, uncinetti, ricami; ci scambiamo saperi, ricette, informazioni. Si organizzano attività di sostegno per le donne ed i loro bambini, agevoliamo l’accesso ai servizi della città a chi è appena arrivata, che sia da New Delhi o da Milano. Chi vuole imparare trova sempre qualcuna disposta ad insegnare. Chi ha bisogno di parlare trova sempre qualcuna disposta ad ascoltare. Ci sono sempre gomitoli da sistemare, scatole da riempire, caffè da preparare, un compito da controllare, risate da condividere e, a volte, persino qualche lacrima da asciugare che poi lascia spazio al sorriso.

Presenza alla Fiera di San Luca

Ci piace prendere tè e pasticcini o una fetta di torta in compagnia. Ci piace pensare che la frequentazione del nostro spazio possa offrire una buona opportunità di socializzazione per passare qualche pomeriggio con altre donne. Non c’è orario da rispettare, né per entrare né per andarsene. La partecipazione è libera e gratuita. Avanti, la porta è aperta. Perché accoglienza, ascolto, aiuto abitano qui.

Il centro Donne del Mondo, in Corso Cavour 14 (di fronte al Teatro), è gestito dal 2016 dall’Associazione FILEF di Reggio Emilia in convenzione con l’Unione dei Comuni della Pianura Reggiana. È aperto lunedì, mercoledì, venerdì dalle ore 15.30 alle ore 18.30. per info: 335-5285596

MODENA

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Via Bocconi, 29/37 0522 332686

Via Emilia Est 1127 059 270629

Via Gramsci 35/G 0521 944230

Via E. Fermi, 24 059 688448

Via Regina Pacis, 62 0536 1881051

Reggio Emilia

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Modena

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Sassuolo (MO)

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servizi di città

Sofia Toaldo

IL NUOVO OSTELLO, IDEALE PER UN TURISMO DOLCE

OLTRE ALLA GALERA, ROBERTO E STEFANO ASSUMONO LA GESTIONE

É tardo pomeriggio, poco prima dell’apertura del locale, quando incontro Roberto Di Feo e Stefano Ligabue per questa intervista. É strano trovarci ad un tavolo con uno scopo preciso. É strano perché siamo abituati a scambiarci poche parole, di fretta, tra una comanda e l’uscita di un piatto, o fumando qualche sigaretta per un rapido aggiornamento sulle nostre vite. É strano perché qualche anno lo abbiamo passato fianco a fianco, quasi quotidianamente, ma non ho mai chiesto loro di raccontarmi come e perché, da amici, abbiano deciso di diventare soci. C’è un po’ di imbarazzo, forse perché non mi sono preparata le domande, forse perché nessuno di noi riesce a sentirsi a proprio agio nel ruo-

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lo che interpreta, forse perché sarebbe stato meglio che la nostra fosse una chiacchierata più che un’intervista. L’occasione del nostro incontro, che si svolge con una calma ed una tranquillità che difficilmente ci concediamo, è l’inaugurazione del loro nuovo progetto, la Rocchetta. Chi conosce la Galera sa che nello stesso edificio si trova anche un ostello, da sempre gestito da Claudio Bertolini, andato però in pensione quest’anno. Rompo il ghiaccio chiedendo loro ciò che mi incuriosisce di più, le ragioni dietro la scelta di aprire la Galera; alcune delle risposte le avevo già, ma volevo conoscere la genesi di un’idea nata negli anni universitari e che ora si sta evolvendo in qualcosa di nuovo.

Mi raccontano dell’audacia e dell’inesperienza dei vent’anni, ma anche della passione che, in un crescendo, li ha accompagnati negli anni successivi e li ha portati a credere davvero nel loro progetto. Ciò che hanno fatto lo si può vedere andando a cena o semplicemente a bere qualcosa alla Galera: riguardo alla decisione di aprire un locale mi raccontano che seppero dell’intenzione di cedere l’attività dal gestore di allora, Silvan, che, quasi per scherzo, mentre bevevano qualche birra, propose loro di comprarla. Fu così che aprirono dopo qualche mese. Ci perdiamo in chiacchiere, divaghiamo, ma poi torniamo alla ragione che ci porta ad essere lì. Dunque, era il 2008 quando aprivate la Galera contiamo assieme gli anni che sono passati e sembrano tanti - mentre sabato 16 ottobre inaugurerete l’ostello. Non ne avevate abbastanza? «Forse si - mi dice Stefano - siamo molto di fretta, come al solito, ma ci è sembrata una sfida interessante. Non è il nostro settore, però ci piace l’idea di affacciarci ad un mondo nuovo. Vogliamo cogliere quest’opportunità e cercare di sfruttarla al meglio». Mi faccio raccontare un po’ del loro progetto: ci saranno 29 posti letto, suddivisi per lo più in camere da quattro letti l’una; una sala comune con

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Stefano e Roberto, da sinistra, con il Sindaco durante l'inaugurazione dell'Ostello

un microonde ed un frigorifero, nella quale riscaldare qualche piatto pronto. Il progetto col quale hanno vinto il bando per l’assegnazione della concessione, tuttavia, è quello di offrirsi non solo come ostello, ma anche come punto d’appoggio per il turismo a piedi e in bicicletta, inserendo così Correggio all’interno di un circuito di luoghi da visitare nei weekend. «Ci piacerebbe portare qui le persone e proporre loro dei pacchetti organizzati per trascorrere al meglio brevi soggiorni», continua Roberto. «Si potrebbe collaborare con i musei e le associazioni culturali dei comuni limitrofi, ma anche con le aziende agricole per visite guidate o degustazioni». L’intento è quindi duplice: valorizzare la Rocchetta - le cui mura risalgono al 1370 - ma anche il nostro territorio e i prodotti enogastronomici che offre. «Potrebbe essere interessante mostrare ai turisti che amano spostarsi con lo zaino in spalla come si producono il Parmigiano-Reggiano, l’aceto balsamico, il Lambrusco e i nostri salumi. Inoltre, interessandoci a questo settore, abbiamo scoperto

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che da Correggio passano diverse piste ciclabili: potremmo quindi divenire una delle tappe per chi sceglie, ad esempio, di andare in pellegrinaggio a Firenze o a Roma». Lascio che la conversazione scorra liberamente e capisco che mi piace la loro idea: hanno ben chiara la strada maestra, ma sanno ancor meglio che il progetto si costruirà in itinere. Sono consapevoli che l’idea è ambiziosa: questo tipo di turismo, che oggi definiamo green, è già ben consolidato nei paesi del nord Europa, ma è ancora piuttosto immaturo in Italia. Contengono l’entusiasmo, forse per la stanchezza, per non sbilanciarsi, o magari per il loro tipico pragmatismo, ma percepisco che la prospettiva di configurarsi come una realtà nuova li stimola, così come la possibilità di divenire un catalizzatore di progetti per le realtà locali. Vista la lungimiranza che li ha contraddistinti fino ad ora credo che siano sulla buona strada, quindi non mi resta che augurare loro buona fortuna e buon lavoro!

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nel verde

Luisa Cigarini

DANIELA E OMAR SANTINI, UNA VITA NEL VIVAIO

FIORI, PIANTE, BONSAI: SUN GARDEN DA QUARANT'ANNI

Sono arrivate a quaranta le candeline che troveranno posto sulla torta di compleanno del Sun Garden, l’attività vivaistica avviata da Omar Santini, in via Monache, altrettanti anni fa. «In realtà – racconta la figlia Daniela – la festa per il quarantennale era prevista per l’anno scorso, ma le limitazioni legate alla pandemia, che continua tuttora, ci hanno portato a decidere di rimandare tutto alla primavera del prossimo anno». È una certezza che sarà una vera festa dei fiori. Tornando agli albori della storia imprenditoriale della famiglia Santini, tutto ebbe inizio all’interno di una piccola serra che Omar impiantò in via Monache. La sua passione per la vita delle piante nacque in campagna, a Stiolo, frazione di San Martino in Rio, dove viveva con la sua famiglia. «Mio padre – continua Daniela – si avviò come giar-

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diniere alle dipendenze di un artigiano di Carpi ma, dopo poco più di un anno, decise di mettersi in proprio, iniziando la sua attività a Correggio». «Fin da subito abbiamo avuto molte richieste – racconta Omar. Erano persone che avevano bisogno di sistemare i giardini, sia di abitazioni private sia di aziende.

Piantumazioni, potature ma anche consigli sulla gestione delle piante, sulla loro cura, su quali essenze fosse meglio utilizzare. Da questo tipo di attività, che andava nel solco di ciò che avevo imparato a Carpi, pian piano ci siamo ingranditi ed abbiamo differenziato l’offerta. Ad esempio, coltivo la passione per i bonsai da quasi trent’anni. Oggi ne ho di vari tipi e misure, che siamo arrivati a vendere anche all’estero, grazie alla sezione dedicata sul nostro sito internet». Alla fine degli anni ’90 Daniela ha iniziato a lavorare nell’azienda del padre: «Mi ero da poco diplomata in ragioneria – dice – ed il mio compito, al vivaio, era quello di gestire la contabilità che si andava evolvendo insieme alle richieste dei clienti e necessitava di una maggiore attenzione rispetto ai primi tempi». Daniela si rese ben presto conto che la sua vera inclinazione non era quella di stare dietro al libro giornale, ma quella di occuparsi di composizioni floreali e piante da interno. Così, quando ci fu la necessità di assumere altro personale per tenere dietro alle sempre più articolate richieste dei clienti... «dissi a mio padre che sarei andata io con lui in serra per imparare tutto sulle piante e che sarebbe stato meglio assumere un’altra persona per la contabilità». Da più di vent anni, Omar e Daniela Santini gestiscono il Sun Gar-

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den insieme. Ognuno nel proprio ambito di competenza: il padre si occupa delle piante da esterno, sia che si tratti di alberi da frutto sia da giardino, la figlia gestisce la serra con tutto ciò che c’è dentro, dalle piante in vaso, ai fiori recisi ai profumatori d’ambiente. «In questo modo – dice Daniela – entrambi abbiamo un settore di cui occuparci personalmente. Discutiamo, ci confrontiamo e scegliamo la via da percorrere per migliorare sempre di più il nostro lavoro». Nel tempo hanno fatto investimenti, sia su essenze ed arredi sia sugli impianti. «Abbiamo guardato con interesse a ciò che veniva progettato nel campo delle energie rinnovabili – spiega Daniela – ed abbiamo scelto le soluzioni adatte alla nostra attività per migliorarla dal punto di vista della sostenibilità energetica. Ad esempio, abbiamo sostituito la caldaia con una a biomassa che alimentiamo con le potature che produciamo: così, oltre ad avere costi ed emissioni irrisorie, abbiamo azzerato gli scarti aziendali. Abbiamo anche montato i pannelli solari, che ci permettono di essere autonomi dal punto di vista della produzione di energia. Infine, dato che l’acqua per noi è importante, abbiamo adottato un sistema di supporti su cui vengono collocate le piante in modo tale da raccogliere l’acqua in eccesso, che viene usata per annaffiare altre piante. Il prossimo passo è quello di trovare un sistema per sfruttare l’acqua piovana per l’irrigazione». La principale ricchezza del Sun Garden sta nelle piante che vengono coltivate, curate e vendute ai clienti più diversi. Per la famiglia Santini, i cambiamenti climatici sono un argomento molto serio. «Ogni volta che viene annunciato l’arrivo di una perturbazione siamo in

allerta, soprattutto in estate – spiega Daniela – quando le precipitazioni possono diventare fenomeni rovinosi. Il nostro lavoro, come quello di tutti i vivaisti, è protetto da una struttura in ferro e vetro: le grandinate e le trombe d’aria che si sono abbattute recentemente sulle nostre pianure non fanno dormire sonni tranquilli. Per questo motivo abbiamo pensato di sostituire i pannelli in vetro che coprono la serra con altri pannelli coibentati che ci consentono di stare un po’ più tranquilli, almeno per la grandine». Il lavoro, al Sun Garden, non è mancato nemmeno durante i mesi di lockdown legato al Covid. «Tantissime persone – racconta Omar – hanno riscoperto l’amore per il giardinaggio, per le piante. Nei mesi scorsi, e continua tuttora, abbiamo ricevuto tantissime richieste da parte di persone che volevano allestire un orto in casa, sul balcone o sul terrazzo. Penso sia uno degli aspetti positivi che ha portato la pandemia». «Ci venivano richieste soprattutto piantine da orto – aggiunge Daniela – insieme a piante officinali. In certi periodi c’è stato un tale numero di richieste che non riuscivamo ad avere il tempo per fare riprodurre le piantine. È stato bello vedere molte persone interessarsi alla coltivazione delle piante per poterne gustare i frutti, una volta maturi». L’emergenza sanitaria, però, non ha permesso al Sun Garden di celebrare a dovere il proprio quarantesimo anniversario. La festa era prevista per il 7 marzo dell’anno scorso. Subito dopo il Natale 2019 la serra è stata chiusa con l’obiettivo di rinnovarla profondamente. «Abbiamo incaricato un esperto del settore – spiega Daniela – perché curasse gli allestimenti dei nuovi spazi in modo da valorizzare i nostri prodotti,

mettendone in evidenza le qualità. Avevamo in mente un garden progettato sulla linea di quelli del nord Europa e la nostra intenzione era quella di inaugurare gli spazi rinnovati con una festa aperta al pubblico, ma abbiamo dovuto rimandare tutto. La nostra intenzione è quella di programmarla per l’anno prossimo ma sulla data, ancora, non ci pronunciamo». Di certo c’è l’evento del 6 novembre, con la presentazione delle novità del Natale.

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CQC scaduta e procedura per il rinnovo di validità subordinata al superamento di un esame Il rinnovo della qualificazione CQC può essere subordinato al superamento di un esame quando essa è scaduta da un certo periodo di tempo. A tal fine occorre distinguere a seconda che l'istanza di rinnovo ricada nel campo di applicazione del DM 20.9.2013 oppure in quello del DM 30.7.2021. Pertanto, si danno le seguenti ipotesi: ● istanze di rinnovo presentate su corsi di formazione periodica con comunicazione di avvio del corso formalizzata entro il 14 ottobre 2021. Per rinnovare la validità di una qualificazione CQC scaduta da più di due anni rispetto alla data di presentazione della domanda di rinnovo, il titolare, oltre a frequentare un corso di formazione periodica, deve sottoporsi anche a un esame comprendente sia la parte comune sia la parte specialistica (esame di ripristino); ● istanze di rinnovo presentate su corsi di formazione periodica con comunicazione di avvio del corso formalizzata a decorrere dal 15 ottobre 2021. Per rinnovare la validità di una qualificazione CQC scaduta da più di tre anni senza che, in tale lasso di tempo, sia stato frequentato alcun corso di formazione periodica, il conducente deve sostenere un esame comprendente sia la parte comune sia la parte specialistica (esame di revisione per scadenza della validità superiore a tre anni); Un eventuale corso di formazione periodica, concluso oltre il predetto limite di tre anni, non potrà essere considerato utile per il rinnovo della qualificazione CQC senza l'esame di revisione in parola

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impresa

Claudio Corradi

L'UNICO CANARINO CHE DIFFONDE IL PROFUMO DEL MOSTO

LA TRADIZIONE GUIDA L'AZIENDA DELLA FAMIGLIA PEDRAZZOLI Il sugo d’uva è uno dei più tipici prodotti autunnali del territorio correggese: si ricava dalla cottura di mosto d’uva, farina e zucchero. Una sorta di budino di mosto che, nel periodo della vendemmia, era immancabile nelle

nostre campagne. Per poterlo gustare nuovamente era necessario aspettare un anno intero, all’arrivo di una nuova vendemmia. La preparazione di quelli che a Correggio sono sempre stati chiamati “sughi” si faceva in genere a

Da sinistra Fabrizio e Stefano Pedrazzoli

Sorrentino Pedrazzoli e la moglie Virginia Bedogna, fondatori de"Il Canarino"

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fine vendemmia: l’intenso periodo della raccolta volgeva al termine, gli impegni nei campi rallentavano e le uve erano ormai nel più completo stato di maturazione. Dal 1977 esiste a Correggio un’importante azienda agroalimentare, che basa la sua attività esclusivamente sulla saba ed i sughi d’uva, prodotti tradizionali ricavati dal mosto tipico del nostro territorio, quello di Ancellotta. Stiamo parlando de “Il Canarino”, una realtà che, come vedremo, è unica nel suo genere e singolare nella storia che l’ha generata. Nel suo noto logo c’è l’inconfondibile grappolo d’uva dal quale prendono origine i propri prodotti, mentre il nome dell’azienda fu pensato dal suo fondatore per incuriosire ed accattivarsi la simpatia dei bambini. L’idea di produrre sughi d’uva a livello industriale venne, verso la fine degli anni ’60, a Sorrentino Pedrazzoli, allora rappresentante di pasticceria: consegnando le paste nei bar, negozi e mercati agroalimentari notò che nel periodo autunnale venivano proposti i sughi d’uva fatti in casa. Erano prodotti con uve troppo mature per essere vendute sul mercato, che venivano utilizzate in questo modo per non essere buttate. La sera, in casa, provò a preparare alcuni vasetti di sugo d’uva e il mattino seguente li portò nei consueti giri delle rivendite di frutta, alimentari e bar. L’intuizione fu un successo: nel giro di poco tempo l’interesse per quel prodotto così particolare fu tale da convincere Pedrazzoli a dedicarsi solo alla sua nuova attività. Nei primi tempi venivano preparati a livello famigliare nel metodo più artigianale possibile, tramite la classica pentola sul fuoco. La sera, in casa, Sorrentino e la moglie Virginia Bedogna cuocevano il sugo che, dopo un minimo raffreddamento, versavano in vaschette di plastica trasparenti.

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i sughi – spiega Fabrizio – si vendono tutto l’anno, pur con una maggiore domanda nel periodo autunnale rispetto a quello estivo, e pertanto anche la nostra attività non è più così legata alla stagionalità del prodotto». L’attività dei fratelli Pedrazzoli, oggi come in passato, parte dalla selezione delle uve di Ancellotta, la varietà tipica del correggese e che in nessuna altra zona viticola di Italia è in grado di esprimersi ai livelli di eccellenza che possono scaturire dai vigneti locali. Questo sia nella naturale intensa colorazione

che

nell’ineguagliabile

dolcezza. Questi mosti unici vengono poi affidati alla tecnologia e trasformati nei classici sughi della tradizione, prima di essere confezionati in vaschette «I primi tempi il confezionamento era tutto a livello manuale e famigliare – racconta Fabrizio Pedrazzoli, figlio di Sorrentino – e noi bambini la sera davamo il nostro contributo nell’inserire un cucchiaino in plastica da abbinare alla confezione, sfidandoci in una sorta di giocosa gara di velocità e precisione». I primi passi dell’attività furono mossi nella loro abitazione di Fabbrico. Nel 1969 fu aperta la prima sede a Correggio in Via Dodi, trasferitasi qualche anno dopo in Via Martiri della Bettola dove restò fino al 1991, per poi trasferirsi nell’attuale sede di Via Paterlini. «In un secondo momento – racconta Pedrazzoli - con l’ampliamento dell’attività, venne inserita anche la produzione della saba, in quanto prodotto tipicamente legato al periodo della vendemmia e che, come i sughi, veniva tradizionalmente realizzato nelle case dei contadini facendo bollire il mosto d’uva a fuoco lento per tutto il giorno, fino a ridurre ad un terzo il suo volume. Qui si concentravano gli zuccheri e gli aromi dell’uva sviluppando un gusto tipicamente agrodolce. Era una soluzione utilizzata dalle famiglie per conservare nel tempo un prodotto alimentare che veniva poi utilizzato in inverno per la guarnizione di dolci come il pane di natale, i tortellini al forno o addirittura come sciroppo da

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sciogliere nella neve come una granita». Il Canarino oggi è una vera e propria industria agroalimentare, unica in Italia a produrre sughi d’uva su larga scala; è strutturata per servire la grande distribuzione ed i principali mercati ortofrutticoli. Al timone dell’azienda oggi troviamo i fratelli Fabrizio e Stefano: facendo tesoro delle esperienze vissute assieme ai loro genitori, hanno saputo adattare l’organizzazione dell’azienda ai tempi attuali, pur nel massimo rispetto della tradizione soprattutto in considerazione della specificità della loro produzione. «Oggi

monoporzione che verranno indirizzate agli scaffali dei supermercati. Tutto ciò avviene in un lungo percorso che parte dalle autoclavi e si conclude nel confezionamento e controllo qualità. «Attualmente – conclude Fabrizio produciamo circa 1,5 milioni di confezioni di sugo d’uva da 150 grammi ogni anno; la capacità di lavorazione della nostra catena che può raggiungere i 20.000 pezzi al giorno. Sia il sugo d’uva che la saba sono particolarmente apprezzati nel nord-Italia».

TRA I PRODOTTI AGROALIMENTARI TRADIZIONALI I sughi d’uva vantano il riconoscimento di “Prodotto Agroalimentare Tradizionale” della Regione Emilia Romagna, attribuitogli dal Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali. Questo riconoscimento viene attribuito, su richiesta delle regioni, ai prodotti realizzati secondo le regole della tradizione da un periodo minimo di almeno 25 anni. In Italia le varie regioni tutelano i prodotti che rischiano di scomparire perché prodotti in quantità sempre più modeste. Oggi in Italia esistono ben 5000 denominazioni agroalimentari tradizionali: fra queste, 398 appartengono all’Emilia Romagna. In ambito regionale la nostra provincia vanta ben 84 prodotti tipici tradizionali e fra questi, nell’elenco aggiornato al 29 ottobre 2020, al numero 381 sono classificati i sughi d’uva, riconosciuti come prodotto tipico tradizionale sia della provincia di Reggio che di quella di Modena. La saba invece è classificata come “Saba dell’Emilia Romagna” e riconosciuto come prodotto tipico di tutte le province della Regione.

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ricordi

Adriana Malavolta

1961, ANNO DI TV POPOLARE: QUI CAMPANILE SERA

LA PIAZZA ESPLOSE PER LA VITTORIA DI CORREGGIO

La squadra del calcio in bicicletta e scopa

Giovedì 26 ottobre 1961, in diretta da Piazza San Quirino a Correggio, da Acerra e dagli studi RAI di Milano, si svolse la prima sfida che vedeva coinvolta la nostra cittadina. Sarà difficile per i lettori di oggi immedesimarsi in un periodo in cui i mass-media erano i giornali, la radio e una televisione ai suoi primi vagiti. Campanile Sera, in onda dal 5 novembre 1959 sulla RAI TV Nazionale, era un gioco condotto da Mike Bongiorno, Enzo Tortora, Renato Tagliani, sostituito poi da Enza Sampò, per la regia di Romolo Siena. Questa trasmissione si rivelerà antesignana di vari altri format che verranno più tardi, ad esempio Giochi senza frontiere. Campanile Sera fu il primo esempio di gioco televisivo “collettivo” che, grazie a un meccanismo molto semplice, coinvolgeva sia il pubblico in studio sia quello a casa e nelle piazze. Ogni settimana una località del Nord e una del Sud si sfidavano e si contendevano la vittoria. La RAI scoprì e fece scoprire a casa la provincia

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italiana, fatta di tante piccole città orgogliose del proprio campanile. Il programma, grazie all’enorme successo, venne trasmesso per 104 puntate fino al 30 novembre 1961. Dalla Gazzetta di Reggio del 26 ottobre, a titoli cubitali, un “Forza Correggio” e un benvenuto ad Enza Sampò, presentatrice della gara (primo esempio di donna conduttrice alla pari coi colleghi maschi e non puramente “decorativa”). La cittadina avversaria, Acerra, era reduce da ben tre vittorie, ma Correggio si era ben preparata. I correggesi di una certa età ricordano l’eccitazione che prese tutti, che fece fibrillare il paese per due settimane. Decine e decine di cittadini si misero a disposizione per montare i palchi, oppure come esperti in un campo specifico. Un grato ricordo al Prof. Giacinto Prosperi e alla moglie, Prof. Vanda Gherpelli: designato il primo a rispondere in cabina alle domande finali nello studio di Milano e la seconda come portavoce della città.

Un nutrito numero di esperti era asserragliato nel Palazzo dei Principi, suddivisi in 10 “pensatoi”. Tanti sarebbero i nomi da ricordare: bastino quelli del Prof. Ferdinando Manzotti per il pensatoio di Filosofia, del Rag. Arturo Lusuardi per Filatelia e Numismatica, del Sig. Erminio Corghi per l’Aeromodellismo e la Tecnica. In “prestito” da Carpi, il Prof. Lando Degoli, per la Musica Lirica, già campionissimo di “Lascia o raddoppia?”. Già si sapeva che quelle sarebbero state le ultime puntate delle trasmissione, quindi Correggio divenne l’ultima rappresentante dell’Emilia Romagna in gara. Carpi, che aveva partecipato tempo prima ed era stata sconfitta, aveva mandato a Correggio sostenitori ed esperti, mettendo da parte le antiche rivalità. La famiglia Lini di Canolo fu scelta per il gioco dei prezzi. Selezionati anche i cosiddetti “pulsantisti”: il giovane liceale Maurizio Rizzolo e il ragionier Antonio Melloni, che dovevano essere più veloci degli avversari nel premere il pulsante e saper rispondere alle domande. Alle 21.00, dagli studi di Milano, Mike Bongiorno dà il via e la Sampò, dopo aver ottenuto il silenzio della piazza, fa iniziare la prima prova dei pulsanti. Il Melloni non riesce a premere per primo il pulsante, ma risponde correttamente alle domande di Mike, imbeccando così l’avversario di Acerra; azzecca la quarta e la sesta domanda, ma Acerra si aggiudica il primo round: 1 a 0. Sono le 21.30. La Sampò risolleva lo spirito abbacchiato della piazza presentando all’Italia intera alcune caricature di compaesani, scolpite da Bruto Terrachini. Mike Bongiorno fa riprendere la gara informando che le domande di cultura verteranno sul teatro di prosa. Sul palco di San Quirino, una ventina di telefonisti e portavoce si mettono in

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contatto coi “pensatoi”. Correggio risponde correttamente a tutte le domande. Sono le 21.50. Ora la famiglia Lini, sistemata in un negozio in piazza San Quirino che simula un salotto, si prepara al “gioco dei prezzi”. Alla fine del duello tra le due famiglie il risultato è: Acerra 2 - Correggio 4. Sono le 22.05. È il turno del secondo pulsantista: il giovane Maurizio Rizzolo. La prova si svolge in modo quasi identico alla prima e termina a vantaggio di Acerra. Il pubblico è distratto dalla preparazione della gara sportiva: la ciclo-ballscop. Le due squadre, di tre elementi ciascuna, dovranno fare goal spingendo la palla con delle scope, in sella alla bicicletta. I sei atleti per la gara di ciclo-palla sono carichi come delle molle: per Correggio, Fernando Boni di 15 anni, Lindo Gualdi di 19 e Alberto Iotti di 15. Mike però smorza gli entusiasmi, annunciando che il collegamento è aperto con Acerra, che svolgerà per prima la gara podistica da loro scelta. Acerra vince: Correggio 4, Acerra 4. Fernando Boni, ora geometra e fiduciario locale del Coni, ci dice: : «per tutta quell’estate 1961, i miei amici ed io eravamo diventati abilissimi in un gioco che ci eravamo inventati: il calcio in bicicletta. Così, quando si decise di presentarlo come gioco sportivo per la trasmissione, vi fu una selezione e fummo scelti. Le prove che si svolsero nel pomeriggio del fatidico giovedì con la squadra di Acerra ci videro trionfare con un 5 a 0. La sera della gara le cose andarono diversamente: abbacinati dalle luci, fummo battuti più dalle esigenze e dai tempi di una trasmissione televisiva in diretta (e da un conseguente arbitraggio approssimativo),

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Da sinistra Lindo Gualdi, Alberto Iotti e Fernando Boni con Enza Sampò e i rivali di Acerra

che dagli avversari». Ne approfitto per controllare insieme a lui la veridicità delle notizie sui giornali dell’epoca. La cosa curiosa, che aggiunge Boni, è che né lui né altri impegnati nei giochi o al Palazzo dei Principi si rendevano conto dello svolgimento della trasmissione, nemmeno le migliaia di persone in piazza o nel resto del centro: paradossalmente, gli unici a vedere cosa succedeva a Correggio erano i telespettatori davanti alla TV. Previdenti, molti venditori di questo nuovo elettrodomestico ne avevano piazzati alcuni accesi nei loro negozi, affinché i molti che ancora non lo possedevano potessero seguire la trasmissione. Fino a quel momento, la prima ora abbondante aveva visto Correggio in svantaggio: alle 22.20 Acerra è in testa per 5 a 4, avendo vinto tutte due le gare sportive. «Ormai tutto sta nella prova finale. La sorte si decide con le domande in cabina a Milano, e Correggio coglie la palma con il quesito finale. Piazza San Quirino, esplode, letteralmente». Infatti,

giunta la notizia che il Prof. Prosperi aveva risposto correttamente alla domanda finale, esplosero nel cielo i fuochi artificiali, che erano stati preparati in caso di vittoria. Correggio vinse, quindi si rimise in gioco il giovedì successivo, 2 novembre 1961, con la città di Arona sul Lago Maggiore. La Gazzetta del 3 novembre titola:”È calato il sipario”. Correggio ha ceduto il primato ad Arona. Positive le prove del Rag. Melloni e della famiglia Codeluppi (scelta per la gara sui prezzi). Alla partita di calcio sui trampoli parteciparono, tra gli altri, anche i fratelli Irmo ed Ezio Diacci. Le gare sportive furono vinte dagli avversari e anche questa volta la decisione della sorte fu affidata all’ultima domanda. Tutto questo accadeva mentre a Correggio c’era una nebbia che pochi ricordano così fitta, al Cinema Ariosto di Reggio proiettavano “I magnifici 7”, la guerra fredda imperversava con la “crisi di Berlino” e al governo c’era Amintore Fanfani.

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sport

Barbara Bonori

POLVERE E SUDORE: L'EROICA, PEDALATA COME UNA VOLTA IL SAPORE DELL'IMPRESA TRA LE BELLEZZE DELL'ITALIA

Barbara Bonori, la nostra concittadina che vive a Milano, ci manda questo resoconto, tutto da gustare, della Gran Fondo Eroica cui ha partecipato. Non chiamatela gara e nemmeno cicloturistica. L’Eroica è un evento a sé e chi la fa una volta ci ritorna. Si pedala nel cuore della Toscana più bella, su strade sterrate, con bici e abbigliamento d’epoca. No barrette, no cronometri, no abbigliamento hi-tech. Quella magia del ciclismo che fu sì Eroico ha conquistato ciclisti di tutto il mondo, circa 8 mila ogni anno, di cui un terzo stranieri. L’Eroica ha conquistato anche me. Nonostante anni passati in sella alla

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specialissima in carbonio, sono stata anch’io conquistata dal magnetismo dell’acciaio e dall’atmosfera che si respira a Gaiole in Chianti il primo

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fine settimana di ottobre, tanto che dopo aver accettato quel primo invito a partecipare nel 2010, nel 2021 ho chiuso la mia settima edizione.

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Crediti foto: Barbara Bonori, Stefano Losco, Emanuele Barbaro

Mettere a punto l’outfit per l’evento non è uno scherzo, richiede tempo e dedizione, i dettagli sono importanti e la scelta della bici fondamentale. Nel mio caso è stata la bici a scegliere me, grazie alla complicità dell’amico ciclista Alberto Sberveglieri, che, nella sua bottega di Correggio, ha riportato a vecchio splendore una Marastoni forgiata dalle sapienti mani di Licinio Marastoni, classe 1922, considerato uno dei più grandi telaisti di tutti i tempi. Tra i suoi capolavori ci sono le biciclette di campioni come Moser e Coppi: le sue congiunzioni, realizzate con la tecnica della microfusione, da Reggio Emilia hanno fatto il giro del mondo. Il suo marchio di fabbrica è il “verde Marastoni”, inconfondibile colore che ha reso famose le sue bici. L’invidiabile tinta è anche quella del mio ferro a due ruote, affidabile e leggero, incredibilmente della mia misura, che mi ha portata a cimentarmi nel tempo sui diversi percorsi proposti dalla manifestazione fino a tagliare il traguardo del famigerato percorso eroico di 209 km e 4000 metri di dislivello, costatomi 14 ore di polvere e sudore. Il ciclista può scegliere infatti il percorso da affrontare, ma qualsiasi esso sia (46, 81, 106, 135, 209 km) si sappia che sarà una grande fatica. Alla fine però il sapore dell’impresa è assicurato. Il giorno prima della corsa il centro di Gaiole brulica di gente variopinta e sorridente, che mette in bella mostra accessori bizzarri e biciclette vintage, assaggia vino e porchetta, e vive quelle immagini in bianco e nero che si possono vedere, un po’ sgualcite, nei libri e i giornali d’un tempo. Il clima festaiolo e le dolci colline se-

nesi non traggano in inganno però. Le larghe strade bianche, candidate a patrimonio Unesco, sanno essere tutt’altro che accoglienti quando si presentano salite e discese, come la temuta salita della Volpaia, difficilmente affrontabile con agilità. Lo scricchiolio delle ruote sulla ghiaia e la meraviglia nello scoprire il paesaggio toscano oggi possono essere vissuti tutto l’anno e con qualsiasi tipo di bici, perché l’Eroica non è solo un evento ma anche un percorso permanente, che si snoda attraversando il Chianti, le Crete senesi e la Val d’Orcia. Un’intuizione quella di trasformare le strade bianche in patrimonio collettivo che parla di turismo sostenibile, di territorio e gente pulita, che oggi genera localmente un impatto economico di qualche milione di euro l’anno. Sulla scia de L’Eroica sono nate una serie di manifestazioni ciclostoriche, da nord a sud Italia, che permettono di rivivere il ciclismo d’un tempo, come “la Mitica” sui colli tortonesi dedicata alla leggenda dei fratelli Coppi, Fausto e Serse, “La polverosa” in terra parmense o “la Lambrustorica” con partenza dalla vicina Carpi; tante altre hanno provato a cogliere l’opportunità di valorizzare le strade bianche e secondarie esistenti sul territorio ,anche in chiave turistica. Che bella l’Italia. Che bella la vita dopo una giornata all’Eroica.

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cultura

Federica Prandi

LA BELLA ABITUDINE RITORNA ALLA GRANDE

LA PROSSIMA STAGIONE TEATRALE ALL'ASIOLI

Si intitola “La Bella Abitudine” la stagione 2021-2022 del Teatro Asioli. Emozioni, idee, sorrisi, racconti, visioni, incanti e grandi interpreti saranno i protagonisti di questo nuovo anno che - come ci racconta Alessandro Pelli, direttore del teatro Asioli - è ripartito lo scorso 27 e 28 ottobre in un clima di quasi normalità potendo accogliere interamente il pubblico con l’obbligo di green pass e mascherina. Ad aprire la stagione dell’Asioli è stato Silvio Orlando in “La vita davanti a sé”. Tratto dall’omonimo romanzo, racconta la vita di un bambino abbandonato, figlio di una prostituta, che sarà accolto ed amato da un’altra ex prostituta ebrea. Ambientato nella periferia parigina, il protagonista crescerà in un milieu culturale pieno di personaggi tanto strambi quanto umani. Mercoledì 17 e giovedì 18 novembre, torna a Correggio la compagnia Pippo Delbono con “Amore”, una coproduzione internazionale che mette al centro la ricerca dell’amore come antidoto alla tristezza,

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alla malinconia e alla morte. Sabato 20, domenica 21 novembre e venerdì 26 novembre, i clown-giocolieri di Blizzard Concept saranno i protagonisti di “Opéra pour Sèche-Cheveux”, uno spettacolo di nuovo circo in cui gli strumenti sono degli asciugacapelli. Grazie alla manipolazione significativa di cose insignificanti, la compagnia Blizzard offre agli spettatori una messa in scena complessa piena di dettagli teatrali con tecniche di circo. Il 3 e 4 dicembre sarà la volta di Umberto Orsini e Franco Branciaroli in “Pour un Oui ou pour un Non”, pièce dedicata all’importanza e al significato delle parole. Due amici si ritrovano dopo aver interrotto il loro rapporto a causa di un malinteso e si interrogano sul ruolo delle parole non dette e sulle ambiguità delle intonazioni che deformano la comunicazione. Acrobazie e musica sono invece i protagonisti della serate del 7 dicembre e del pomeriggio dell’8 con la compagnia The Black Blues Brothers in “Let’s

twist again”. In una fumosa sala d’attesa di una stazione ferroviaria, cinque uomini, per ingannare l’attesa, ascoltano twist, rock and roll e soul da un juke box d’epoca e si scatenano in acrobazie incredibili sfruttando tutto ciò che li circonda come tavoli, sedie e anche passaggi a livello. L’8 gennaio torna sul palco dell’Asioli Lella Costa, con lo spettacolo “La Vedova Socrate” di Franca Valeri. L’umoristico monologo, ambientato nella bottega di antiquariato di Santippe, moglie del celebre filosofo, rivela la vita quotidiana di una coppia con i suoi alti e bassi. Santippe mette in evidenza i difetti del marito per poi arrivare alla conclusione che non serve indagare la natura del proprio uomo ma bisogna accettarlo così com’è, sia da vivo che da morto. Si passa poi all’Orchestra Cupiditas, che il 15 gennaio presenterà il Concerto per pianoforte e orchestra in La minore di Edvard Grieg e la Sinfonia n.7 in La maggiore di Beethoven. A seguire, martedì 1 febbraio, “Se questo è un uomo” dall’opera omonima di Primo Levi a cura e interpretato da Valter Malosti che, nel centenario della nascita di Levi, porta per la prima volta in scena direttamente il romanzo senza altre mediazioni. La voce che ne emerge è quella del testimone-protagonista, le cui parole sono potenti e vengono incorniciate da un’emozionante allestimento sonoro. Altro ritorno atteso a Correggio è quello di Stefano Accorsi, che martedì 15 e mercoledì 16 febbraio sarà il protagonista di “Storia di 1”, scritto da Lucia Calamaro e Daniele Finzi Pasca, per la regia dello stesso Pasca. La pièce si propone di esplorare il rapporto tra i giorni di un uomo qualunque e la rete di circostanze che lo tengono agganciato ad alcuni eventi della storia italiana recente. Seguirà il 26 febbraio “When the rain stops falling”, uno degli

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spettacoli più premiati a livello nazionale, una saga famigliare fantascientifica al centro della quale la storia di una famiglia tra passato e futuro, di padri che cercano i figli e viceversa. Mercoledì 2 marzo, Ascanio Celestini porta all’Asioli “Museo Pasolini”, un museo immaginato attraverso le testimonianze di vari personaggi che sulla loro strada hanno incontrato Pasolini, o perché lo hanno letto o perché si sono recati nei luoghi cari allo scrittore. A seguire, Mario Perrotta presenta la sua “Trilogia della Famiglia” con “In nome del Padre, il 10 marzo, “Della Madre” il 12 marzo e “Dei Figli” il 19 marzo. Tutte e tre le opere sono state scritte con la consulenza alla drammaturgia di Massimo Recalcati. Il primo spettacolo è un monologo in cui si esplorano tre figure diverse di padri. Nel secondo, Mario Perrotta e Paola Roscioli mettono sotto la lente di ingrandimento la figura della madre, che è vista come una figura sacra, ingiudicabile, al di sopra del bene e del male. L’ultima opera invece, porta in scena quattro figli che non vogliono diventare adulti. Giovedì 24 e venerdì 25 marzo, Marco

Paolini proporrà il suo nuovo spettacolo di narrazione con musica, “Sani!” in cui recupera la formula degli album dei suoi primi racconti. Si tratta della ricostruzione di una memoria personale che diventa memoria collettiva e condivisa con gli spettatori. Infine, il mese di aprile sarà dedicato ai festeggiamenti di una delle più apprezzate compagnie di circo d’autore, il circo Zoé che celebra il suo decennale. In teatro e sotto il loro chapiteau nella zona sportiva di Correggio saranno proposti gli spettacoli che hanno reso il circo Zoè famoso in Europa e nel mondo. Inoltre, dei quattro spettacoli visibili, “Anima _L” in prima assoluta e “Deserance” in anteprima nazionale. Insomma, anche quest’anno il teatro Asioli sa come tenerci compagnia all’insegna della qualità e della varietà. Per acquistare biglietti singoli o carnet di biglietti occorre rivolgersi alla biglietteria del teatro oppure on line sul sito www.teatroasioli.it o www.vivaticket.it.

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cultura popolare

Donatella Zini

NOI REGGIANI, TESTE QUADRE: SAPETE PERCHÉ?

LO SPIEGA IL LIBRO ARSAN DI LUCIANO PANTALEONI

Quanto mi piace guardare il pubblico e studiarne le reazioni lì proprio lì, davanti a me, mentre recito o leggo! È un’esperienza davvero unica, privilegiata l’osservare le espressioni del viso, il luccichio degli occhi se proprio piangere devono o udirne le risate e i cenni di approvazione e partecipazione a quanto accade e viene detto nella finzione del palcoscenico o nella verità della lettura. Domenica 17 ottobre, alla presentazione del libro di Luciano Pantaleoni dal titolo ARSAN, sottotitolo Testi Quedri, non ho potuto osservare i visi del pubblico nella meravigliosa cornice del Cortile del Palazzo dei Principi, ma li ho sentiti ridere e partecipare con il linguaggio del corpo alla lettura del testo. La mascherina c’era e non mi ha impedito di cogliere sguardi curiosi, interessati e coinvolti fino alla risata a mano a mano che venivano letti brani, proverbi, detti sagaci, o volgarmente espliciti: frutto delle ricerche di Luciano e nostro patrimonio. Tutti noi reggiani siamo lì davanti allo specchio e in particolare noi correggesi, in ARSAN, e ci piace ritrovarci così come ci descrive l’autore. Certo veniamo illustrati con un linguaggio, il dialetto, dal quale ci siamo allontanati, per smania di modernità o per un distorto desiderio di affrancarci da un passato

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faticoso, di ristrettezze e miseria, da riporre con simpatia ma a distanza, in un cassetto. È sufficiente però leggere le prime pagine di questo libro, che non vuole essere nostalgico, per renderci conto tuttavia di quanta saggezza, semplicità, originalità e senso d’appartenenza alla nostra comunità risuona nei proverbi, nei modi di dire, nelle storie, nei detti in dialetto che Luciano ha raccolto con pazienza e passione. Si parte da come i nostri vicini delle province di Modena, Parma e Mantova ci vedono, per poi entrare in un mondo nostro, reggiano, dove emergono i tratti più significativi del nostro carattere, la cordialità e la gentilezza, il buon senso e la laboriosità (testi quedri, vale a dire, secondo le diverse interpretazioni anche e soprattutto “umili, caparbi e determinati”), poi si passa al lavoro, all’amore, al modo di parlare e infine sono i comuni della provincia a diventare i protagonisti. I nostri modi di dire, la “parleda”, non nascondo possano sembrare ad una prima lettura anche imbarazzanti per il modo così esplicito e carnale in cui vengono espressi, ma l’ironia, altro tratto messo in evidenza dai racconti e dai detti raccolti, trasforma anche l’espressione diremmo oggi più volgare, parte

integrante e vivissima del nostro dialetto, in una lingua spontanea, genuina e la spoglia dal significato letterale delle parole per renderla assolutamente originale ed espressiva. Il direttore di Telereggio, Mattia Mariani, ha degnamente fatto (mi perdoni l’espressione) da spalla a Pantaleoni, nella presentazione, ricca di aneddoti e ghiotte frasi in dialetto. Tra una domanda al Sindaco Ilenia Malavasi e all’autore, ho avvertito complicità e attenzione da parte di chi era lì presente, davanti a noi, o perché incuriosito dal tema o perché già a conoscenza della passione di Pantaleoni per il passato prossimo di tutti noi. Un passato “quasi dimenticato”, ma talmente vivo e ricco di storie, di saggezza, di ironia e creatività, da chiedersi: perché è andata così? Il fine tessuto si è lacerato, perché non ricucirne i lembi?

Donatella Zini, regista del Gruppo Teatrale di Mandriolo, ha letto al pubblico, nel corso della presentazione, alcuni passi del libro. Arsan è stato recensito da Marco Belpoliti, scrittore e giornalista di origine reggiana, sulla rivista online “Doppiozero” (www.doppiozero.com/materiali/teste-quadrate-paesaggio-e-carattere)

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ricorrenza

Monica Testi

NEL DONO C’È IL SENTIRSI COMUNITÀ

IL RICONOSCIMENTO DEL COMUNE AI DONATORI CORREGGESI “La vera generosità verso il futuro consiste nel donare tutto al presente” Albert Camus, L’uomo in rivolta, 1951 Con legge del 2015 promossa dall’Istituto Italiano della Donazione (IID) è stato riconosciuto nel 4 ottobre di ogni anno il “Giorno del Dono”. In occasione di questa ricorrenza, nel cortile di Palazzo Principi, l’Amministrazione comunale ha organizzato un evento pubblico per premiare, con una targa di riconoscimento, coloro che dal 2014 ad oggi hanno effettuato donazioni a beneficio della nostra comunità: opere d’arte, mezzi per la Croce Rossa e per l’Auser, defibrillatori, libri, tempo dedicato agli altri. Erano presenti la Sindaca Ilenia Malavasi che ha presieduto l’incontro, Edoardo Patriarca già presidente dell’IID e promotore della legge, Federico Amico presidente della commissione parità e diritti della nostra Regione. Antonella Panini, direttrice di Ars Ventuno, ha recitato suggestive letture a tema. La Sindaca ha sottolineato che «raccontare i buoni sentimenti che muovono il gesto del donare, è un modo per costruire speranza e positività. Veniamo da un lungo periodo che ha messo tutti a dura prova, quindi ancora di più nel donare si riconosce quella via d’uscita che è la comunità, il “noi”». Ha poi ribadito che premiare le associa-

zioni, gli imprenditori ed i privati cittadini che hanno regalato tempo, patrimonio e competenze alla collettività aiuta a far crescere la cultura del dono. A Correggio esistono più di 130 associazioni culturali, sociosanitarie, di assistenza, di trasporti; tutte preziosissime per l’Amministrazione comunale, che da sola non sarebbe in grado di fornire tali e tanti servizi. Edoardo Patriarca, ricordando il percorso che portò all’approvazione della legge istitutiva, ha detto che il senso di questa ricorrenza è dare dignità pubblica a quelle virtù che pratichiamo privatamente ma che sono anche valori costituzionali perché fanno comunità: bellezza, gentilezza, cura delle persone, cortesia, gratitudine, gratuità, far bene il bene. L’Emilia Romagna intera si distingue per attività di volontariato, ha sostenuto Federico Amico. Sono 500.000 i volontari che lavorano a supporto delle amministrazioni locali, cooperative, associazioni e che hanno saputo mobilitarsi nel momento critico della pandemia portando farmaci, vicinanza e conforto. Accanto al dono sta la cura, che ricostruisce relazioni e legami. La Regione ha stanziato ingenti fondi a sostegno del volontariato; il dono è gratuità ma il funzionamento organizzativo, le sedi, i mezzi hanno un costo elevato. Da marzo ad agosto sono stati messi

da destra: Patriarca, Malavasi e Amico

a disposizione di volontari, Croce Rossa e centri culturali 8,5 milioni di euro. La cultura del dono ci porta anche a guardare oltre la comunità a cui apparteniamo. Esempio ne è l’accoglienza degli afghani in fuga dal loro paese, caduto in mano talebana. Da semplice spettatrice posso dire che fa veramente bene al cuore vedere di quanta generosità sono ancora capaci gli esseri umani. Una vera consolazione per un presente ove sembrano prevalere avidità, individualismo e diffidenza verso l’altro.

ELENCO DEI PREMIATI Lorena Arduini, Biblioteca Italiana Ipovedenti, Desy Melli, Elisabetta Taparelli, Elisa, Bruno e Andrea Bertolaso, Umberta Cavazzoni, Mirella Gherpelli, Laura Giannoccolo, Giovanni Chiessi, Pietro Ponti, Enore Bussei, Fermo Bigliardi, Omero Corradi, Paola e Maria Teresa Ferri, Aimone Spaggiari, Walter Lazzaretti, Massimiliano Vecchi, Bianca Casarini, Simonetta e Paolo Vellani, Monica Guidetti, Noris Gaccioli, Proloco Correggio, Croce Rossa Correggio, Centro Sociale Espansione Sud, Lyons Club Correggio, Gli Amici del Cuore, Nevosi Marina, Silvana, Adriana e Gustavo Casarini, Riomania, Fondazione Manodori, Nexion SPA, Warrant Hub, Cri-man SPA, Giulio Tondelli, Brenno Bertani e Artenice Rinaldi.

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curiosità

Andrea Trambaiolo

QUANDO L'IDRAULICO È SULLA GRATICOLA

DAVIDE ROCCARO, GIUDICE NELLE GARE DI GRIGLIATURA mi sono abbuffato. Poi ho preso le misure. Annuso, guardo, assaggio piccole porzioni. Poi stilo il giudizio, che tiene conto di tutte le variabili e del risultato complessivo». Come sei diventato arbitro di grigliatura? «Avevo già passione per la griglia, fatta in famiglia e con amici. Poi ho partecipato come grigliatore a manifestazioni e gare all’italiana, dove rispetto alla competizione prevale la scampagnata, una festa popolare insomma. Nel 2016 ho seguito un corso con il famoso Luca Bini, primo vincitore del “Re della griglia”: hai presente l’omonimo programma TV?». Davide Roccaro con la figlia

Davide Roccaro, di Como, adottato da Correggio per motivi d’amore, di professione idraulico, si impegna, ma soprattutto si diverte, a fare il giudice nelle gare di griglia. La cosa ci ha incuriosito, nonostante il tema sia oggi politicamente scorretto. Greta Thunberg inorridirebbe davanti alle quantità di braci che vengono prodotte in queste gare, rigorosamente di carbone (l’alimentazione a gas del barbecue è vietata; il legno è ammesso solo come essenza per profumare e ridurre il gusto amaro da carbone). E, di più, parliamo solo di carne (o principalmente di carne perché nei meeting a tema libero la fantasia si può sbizzarrire e si arriva fino ai dolci cucinati col barbecue a campana). Le gare ufficiali, quelle organizzate dal WBQA e dal KBCS (i due circuiti a cui fanno capo i rispettivi campionati mondiali, come succede per la boxe), non ammettono distrazioni: le prove obbligatorie avvengono su costine di maiale, punta di petto di manzo, spalla di maiale, pollo e salmone. Non per niente il cam-

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pionato mondiale del 2019 si svolse in Irlanda e quest’anno, dopo il COVID, si riparte dal Texas. Insomma, la deforestazione per alimentare gli animali da carne ha qui un incentivo, per quanto minimo. I vegetariani sono pregati di portar pazienza e saltare questo articolo. E anche il colesterolo viene incentivato, no? «Io ad ogni gara mica devo mangiare tutta la carne preparata. Al primo torneo cui ho partecipato come giudice

Mi sono documentato: dal 2014, a mia insaputa, su DMAX lo chef Rubio e altri due guidano un concorso in cui, rispetto alle più pretenziose gare di cucina, i conduttori hanno un aplomb rusticano e l’ambientazione è uso western. Ma tu sei abilitato a giudicare per entrambe le associazioni internazionali di grigliatori? «Sì. Funziona così: chi ha il patentino si propone agli organizzatori di una manifestazione, pian piano si distingue per numero di gare a cui ha partecipato e sale di livello. A proprie spese, ovviamente. Dopo molte gare arbitrate

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si diventa “gran giudice”, pronti per le più famose gare internazionali». Prima di tutto, che differenze ci sono tra una grigliata all’italiana e una americana? «Nella griglia all’americana la cottura anzichè essere diretta sulle braci risulta essere indiretta, tramite sistemi di convoglio dell’aria calda dalle braci stesse, raccolte in genere dietro la griglia. Questo comporta un impiego maggiore di tempo nella cottura che, essendo più lenta, premia la tenerezza. Si va da pochi minuti riservati ad un hamburger (che non è poi una cosa banale come sembra!), alla mezzora per il salmone, fino alle 12 ore per la punta di petto. L’altra sostanziale differenza è l’utilizzo delle salse, che devono esaltare i sapori e gli aromi della carne, spalmate in un velo durante la cottura». Come funziona un campionato di grigliatori? «Per quanto riguarda il WBQA, presente in più di 25 stati, esistono campionati che vanno dagli amatori ai professionisti, e chi eccelle può poi accedere alla gara mondiale. A sue spese, beninteso. Per il KBCS ci sono invece delle sfide a punti e chi riesce ad agguantarne il numero maggiore può poi partecipare a gare europee. Quello che accomuna entrambe le leghe è la fiscalità con cui si svolgono le gare. Ogni gara ha un organizzatore che nel bando fissa le regole. Tra gli organizzatori si va dal venditore di forni o dalle pro-loco per arrivare fino ad aziende internazionali come la Jack Daniels». In Italia come siamo messi? «Alle gare possono partecipare gruppi formati da due o più persone, dipende dalla complessità della gestione della

griglia. Ai mondiali in Texas, quest’anno, tra i 130 team ammessi ci saranno gli “Emilian Piggers” (ossia i “porci emiliani”), compagine di Campagnola, che organizza anche eventi in giro per l’Emilia e cene in vigna al fine di autofinanziarsi e potersi così allenare (la carne costa!). Ci si iscrive, si è ammessi sulla base dei punteggi acquisiti, si partecipa a proprie spese». Che regole segue una gara di grigliatura? «Nel circuito WBQA la carne viene fornita dall’organizzatore per mettere pari tutti. Ma in genere ogni gruppo concorrente porta la sua. In questo caso la prima fase della contesa diventa la scelta della carne, il fornitore, la preparazione. Conosco un grigliatore di successo che nei giorni precedenti la gara non solo massaggia la carne e la marina con personalissimi intrugli, ma le parla e la coccola. Accanto ai piatti fissi che abbiamo detto, il regolamento può prevedere la proposta di altri tagli per acquisire punteggi aggiuntivi. E qui entrano in gioco fantasia e sperimentazione. I 6 giudici non sanno mai chi stanno valutando, a garanzia d’imparzialità». Quali parametri dovete rispettare nel giudicare un piatto? «È un po’ come per i sommelier o gli chef che vanno a caccia degli errori. Il colore: la crosta della carne di maiale deve essere marrone chiaro, la polpa rosata. La giusta cottura: ad esempio, la carne della costina deve staccarsi solo nella parte addentata, non dall’osso o viceversa fare resistenza. La consistenza: il salmone può essere cotto su una tavoletta di legno di ciliegio che lo preserva dal fuoco vivo e l’insaporisce. Il profumo: l’affumicatura avviene con chips di legni profumati che ogni

concorrente sceglie ma che deve rivelarsi idonea ed equilibrata. Il sapore: ad esempio l’utilizzazione delle salse, la cui ricetta ogni grigliatore mantiene segreta, deve esaltare e non coprire. E poi l’impiattamento, che in genere avviene su un letto di erbette». Insomma, a conclusione di questo incontro, posso affermare che il grigliatore è un dilettante (idraulico appunto, impiegato di banca, commerciante, professionista, operaio ecc) che coinvolge tutta la famiglia nelle sua passione, una passione che si realizza attraverso momenti di socializzazione e poi di competizione, con chi la condivide, in vere e proprie feste popolari. Ma la competizione diventa competenza e ricerca; e la passione può diventare arte e, perché no, poesia.

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personaggio

Francesca Manzini

VIVERE D'ARTE SI PUÒ, QUI IN GERMANIA

VITA E TECNICA DI FRANCO ZANICHELLI, ILLUSTRATORE avere uno stile adattabile alle esigenze dei clienti pur mantenendo e coltivando il mio stile, che segue i miei interessi ed il mio percorso artistico personale. Normalmente i clienti li trovo io: ho fatto piccole mostre, alcune fiere come quella di Bologna, poi ho i miei siti personali. Fondamentali sono i portali specializzati in cui si possono trovare offerte di lavoro: mi sono abituato ad inviare lì i miei portfolio per far visionare i miei lavori. Una gran parte del lavoro è cercare i clienti. Ho avuto pochi clienti italiani, molti più spesso tedeschi ed inglesi».

La vena artistica è di famiglia, ma nel protagonista di questa intervista si è tradotta in una magistrale capacità di creare arte: l’arte dell’illustrazione. Franco Zanichelli, 31 anni, vive ad Amburgo da anni e lì lavora come illustratore, insegnante di italiano e di storia dell’arte. Il suo è un percorso comune a tanti: diploma al Blaise Pascal di Reggio Emilia, laurea presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna ed in seguito un lavoro in ambito grafico... Ma poi? «Poi è arrivata la Germania – racconta Franco - dove avevo fatto un Erasmus e quindi conoscevo già l’ambiente, avevo contatti e soprattutto avevo notato una sensibilità artistica diversa in questo paese». Hai già pubblicato un primo libro con le tue illustrazioni, sei in procinto di realizzarne un altro? «In realtà ne ho già pubblicati due: il primo con una piccola casa editrice austriaca ed il secondo insieme all’au-

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trice che l’ha pubblicato in modo indipendente». Qual è il tuo stile preferito? E i soggetti? «Mi piace molto l’acrilico: consente di creare immagini forti e mi lascia molta libertà. Amo anche il bianco e nero con la china, una delle prime tecniche che ho imparato quando ho cominciato a disegnare. Fra i soggetti ho una preferenza per gli animali che si è sviluppata nel tempo, sia per la texture che per le forme. In realtà sono interessato a tutte le forme viventi. Mi attirano i gorilla perché sono una via di mezzo tra l’essere umano e la fiera, quindi si può lavorare sul lato psicologico/interiore ma anche sulla bestialità. Infine il fantasy, direi che queste sono le mie categorie preferite». Cosa vogliono i tuoi clienti e come li trovi? «I primi anni ho puntato soprattutto ad

Hai avuto collaborazioni con case editrici italiane? «Ancora non ho avuto collaborazioni con case editrici italiane, però mi piacerebbe. A volte mi è sembrato che la sfera editoriale italiana non sia totalmente aperta a stili particolari. Ho imparato a scuola a mettere nelle illustrazioni un po’ di me, del mio pensiero, mentre soprattutto nei libri per bambini si tende a preferire una tipologia di illustrazione un po’ stereotipata: disegni semplici ed immediati, perché c’è la credenza che al bambino piacciano solo quel tipo di immagini. Questo non è sempre vero, ai bambini piacciono anche immagini un po’ più realistiche, più forti o più colorate».

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Come avviene il processo creativo? «Mi lascio ispirare da altri illustratori, oppure da immagini che vedo e che mi comunicano qualcosa: le salvo e poi le ritiro fuori quando mi possono servire. Questo deriva dalla mia esperienza lavorativa di grafico. Un grafico deve prendere spunti da tanti soggetti diversi e poi creare qualcosa di nuovo. Io parto con gli schizzi e poi li modifico finché non sono soddisfatto. Lo schizzo è fondamentale: io sono abituato a disegnare molto velocemente, retaggio della scuola, e ho compreso nel tempo che impressionare il cliente fin dall’inizio è di vitale importanza. Spesso il cliente non comprende che questa fase non equivale al disegno definitivo, siccome è nell’illustrazione che l’artista impiega più tempo. In seguito si dialoga per capire cosa vuole davvero e, se è necessario, modificare qualcosa; la mia è un’arte applicata, cioè adattata alle richieste del committente. Si dialoga molto fino a che non si trova l’immagine ideale. Dopodiché, quando lo schizzo è approvato, procedo a creare l’illustrazione». Quando devi illustrare un libro, riesci già a immaginare il personaggio descritto? «Leggere molto mi aiuta molto ad avere un buon immaginario visivo: esami-

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nare con attenzione il libro che devo illustrare mi consente di trovare nel testo le parole chiave e l’atmosfera che l’autore vuole trasmettere. Tutti questi input li uso per creare l’illustrazione. Questo è un esercizio che ci hanno sempre fatto fare all’università. Bisogna prestare molta attenzione ai dettagli inseriti dall’autore ed in seguito dialogare con lui, per sapere se desidera fedeltà o meno tra testo e illustrazioni. È un lavoro personale, ma in fondo è un’arte in linea con lo spirito del testo». Se devi scegliere di disegnare liberamente, cosa disegni? «Beh, prevalentemente animali. Parto da una base o da varie basi diverse, che poi modifico a mio piacimento. Disegnare liberamente permette di tradurre le mie sensazioni: non avere limiti da un lato è liberatorio, dall’altro non è semplice come sembra. Probabilmente quando li hai è più facile disegnare». Quando ti sei accorto che avresti fatto questo nella vita? «In realtà io l’ho sempre voluto fare. Non sapevo forse esattamente cosa, se il fumettista, il pittore o l’illustratore piuttosto che il grafico, ma poi all’Accademia ho capito che la mia direzione

era più sull’illustrazione e la pittura». Mai copiato quadri famosi per clienti? «Sinceramente credo di no, anche perché non è una cosa che amo fare. L’ho fatto in Accademia, è un buon esercizio ma sinceramente lo trovo noioso. In Germania lavoro anche nei matrimoni dove ritraggo gli invitati, in Italia questa cosa non usa. Non è facile perché magari in due ore devi disegnare cinquanta persone, quindi devi disegnare veloce: in tedesco, chi fa questo tipo di arte è chiamato disegnatore veloce. Questi ritratti sono poi regalati agli ospiti». In Germania si può vivere d’arte. L’economia più forte consente anche ai mestieri meno convenzionali di emergere e di essere esercitati, mentre qui in Italia si pensa che ci siano ancora mestieri di serie A e mestieri di serie B, specie se legati al mondo artistico: nel paese in cui l’arte dovrebbe regnare sovrana è davvero un enorme paradosso. Franco ha trovato la sua culla in Germania, ma l’Italia manca. E all’Italia manca un suo artista: Franco Zanichelli, illustratore.

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sport

Viller Magnanini

PER IL RISULTATO NON BASTA L’ATLETA IL VOLONTARIATO SPORTIVO, UN SERVIZIO PREZIOSO

Podistica correggese

Nella benemerita galassia del volontariato, esiste un pianeta più leggero, divertente, ma non meno importante: quello dove abita il volontariato sportivo. In questo mondo popolato da tante società, in centinaia di discipline che coinvolgono milioni di praticanti, il volontario svolge la sua opera. Indispensabile. Lavoro manuale, organizzativo, tecnico, logistico: questi e altri sono i campi dove svolge il suo servizio. Il funzionamento di qualsiasi società che svolga attività sportiva dilettantistica è condizionata dal numero di volontari che lavorano al suo interno, facendo risparmiare risorse e a volte anche apportando valore tangibile, cioè soldi, con il proprio impegno diretto. Tutte le società possono cambiare singoli protagonisti a qualsiasi livello tecnico o dirigenziale ma non possono prescindere, per reggere con parametri economici sopportabili, dalla presenza di volontari. Succede spesso che prima di entrare in qualsiasi compagine societaria, i dirigenti interessati si informino e incontrino innanzitutto i volontari, per sapere se potranno fare affidamento sul loro indispensabile apporto. A Correggio recenti vicende hanno riconfermato questa prassi.

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Va poi detto che il decorso della pandemia ha ulteriormente aumentato il fabbisogno di volontari. Il rispetto dei protocolli sanitari via via introdotti, il controllo agli ingressi, il rispetto del distanziamento all’interno, la santificazione degli ambienti, l’introduzione del green pass ha visto il protagonismo dei volontari consentendo così la sopravvivenza di tante piccole e grandi realtà. Alcuni di loro, pur sconosciuti ai più, a volte diventano dei veri e propri miti all’interno delle squadre dove prestano il loro servizi. Non facciamo nomi, ma li riconoscerete per ciò che fanno. Come chi fa le righe diritte sui campi da calcio; come chi fa trovare la

palestra pronta e in ordine; come chi disciplina le corse dei podisti, proteggendoli nel traffico; come chi cambia le retine nei canestri del basket. Cose arcinote. Si sa chi le fa, no? Ancora? L’atleta ha bisogno di qualsiasi cosa? Eccolo subito servito. E vale per tutte le discipline. Tutto rose e fiori? No, esistono a volte dei fraintendimenti: chi di dovere li deve saper gestire e incanalare per il verso giusto in poco tempo. Qualche volta, infatti, il volontario tende all’anarchia, mal digerisce la disciplina e la limitazione dello spazio di manovra, forse perché, spesso se già in pensione, ha dovuto osservarla con sofferenza quando lavorava. Poi vuo-

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Correggese calcio

Ciclistica correggese

le essere informato e partecipe; per lui uno vale uno, niente gerarchie. Allora va guidato con molta delicatezza, altrimenti si rischia nell’immediato di provocarne il disimpegno. Alla fine però l’amore per la società ed il piacere della compagnia degli amici prevale su tutto e si continua assieme con rinnovato entusiasmo. Non ci resta che ringraziare queste persone che permettono a tutti noi di usufruire di eventi sportivi,

ai nostri figli o nipoti di praticare lo sport che più gradiscono, ai dirigenti sportivi, a volte loro stessi volontari, di contenere i costi di accesso e poter continuare le attività in favore della collettività. Grazie, mille volte grazie. E per chi volesse metter piede per la prima volta sul pianeta dei volontari dello sport: avanti, c’è posto!

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pubblicazioni

di Dumas Iori, Elena Montecchi, Elisabetta Tedeschi

L'ETÀ DELL'ORO DELLE FESTE DELL’UNITÀ

QUARANTACINQUE ANNI DI POLITICA, CULTURA E CAMBIAMENTI

Un volantino scritto col normografo, un comizio improvvisato su una cassetta della frutta rovesciata, un tendone messo in piedi alla bell’e meglio, una manciata di cappelletti stretti rigorosamente a mano; il passaggio dal piccolo al più grande, dalle tenui lampadine che illuminano le prime tende alle mille luci delle grandi feste. Sono tante le immagini che hanno accompagnato la Fondazione Reggio Tricolore, con il supporto di Vittoria Maselli Editore, in questo viaggio nella storia delle feste dell’Unità nella provincia di Reggio Emilia, dal 1945 al 1990, intrapreso in concomitanza con il centenario della nascita del Partito Comunista Italiano. Un volume elegante, frutto di un progetto che mette in risalto le esperienze di coloro che idearono e costruirono le feste nei comuni, nei quartieri e nelle frazioni. Emerge una realtà fatta di passione e competenza, di spirito critico e di polemiche aspre, in forte contrasto con una certa narrazione retorica sui volontari, che ne faceva dei militanti acriticamente fedeli alla linea del Partito. Particolarmente arduo si è rivelato il lavoro di ricerca dei testimoni ed il recupero dei

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racconti tramandati da coloro che furono i “pionieri”, purtroppo venuti a mancare. Fortunatamente, un buon numero di militanti ha custodito gelosamente volantini, programmi e fotografie, fonti preziose per il lavoro degli autori. Si possono riscontrare alcuni tratti comuni delle feste, come la formula dei comizi e gli slogan degli anni Quaranta/ Cinquanta, ma anche degli specifici tratti dell’impostazione politica e delle offerte di intrattenimento musicale che fanno emergere peculiarità politiche e perfino geografiche dei singoli territori. I tanti luoghi scelti per allestire le feste formano una mappa di estremo interesse, che induce il lettore a compiere un viaggio a ritroso nel tempo e a valutare le radicali trasformazioni del nostro territorio. Le cooperative di consumo nelle frazioni, le piste da ballo, le aie delle cooperative dei braccianti appartengono ad un mondo scomparso; si può scoprire il recupero di aree incolte, limitrofe ai fiumi e ai torrenti, o l’acquisto e la bonifica di parchi, resi fruibili dagli onerosi impegni economici delle sezioni ed il lavoro dei militanti: le feste furono concepite anche come un modo per recuperare spazi degradati e metterli a disposizione della comunità. I testimoni condividono la percezione che le “cittadelle delle feste” fossero delle formidabili opportunità di socializzazione tra i volontari, in origine quasi esclusivamente aderenti al Pci a cui si aggiunsero, dalla prima metà degli anni Settanta, altre persone non iscritte. I sacrifici sono sullo sfondo, mentre dominano i ricordi delle risate e dell’allegria. Le discussioni che si svolgevano dopo i turni erano la “ricompensa” per il lavoro gratuito. La perdita di quel tessuto relazionale è ancora oggi oggetto di nostalgia, sentimento reso ancora più acuto dall’isolamento imposto dalla pandemia. I ritratti affettuosi dei “leader naturali”, delle “cape” delle cucine, degli abili organizzatori che sapevano fare “di

tutto, ma non erano capaci di fare dei grandi discorsi politici” sono riaffiorati insieme alle gerarchie informali, non sempre coincidenti con quelle interne alle sezioni. Ciò che più contava era l’apporto dei volontari, il loro sentirsi valorizzati in un’impresa collettiva, la loro capacità di tessere complesse relazioni con il “territorio”, con gli “altri”. L’organizzazione era efficiente, ma le discussioni vivaci sulla festa erano il pane quotidiano. È sufficiente leggere le descrizioni delle innovazioni introdotte negli anni Settanta: i giovani dirigenti delle sezioni erano quelli del post-68, della scolarizzazione di massa, del benessere economico, della stagione delle riforme e dei diritti. Per loro non fu facile cambiare il volto politico e culturale delle feste. Alla concezione di una società “aperta”, che si esprimeva anche attraverso la musica rock, le performance teatrali e i dibattiti su temi eterodossi, si contrapponeva la politica comunista legata alle consuetudini e ai rituali del passato, che non potevano essere sacrificati per diffondere la musica “americana”! L’età dell’oro delle nuove feste durò circa dieci anni, una fase nella quale alcuni eventi musicali e politici assunsero una risonanza che superò i confini provinciali. Circa duecento persone hanno partecipato a questo progetto. Ciascuno di loro ha contribuito con entusiasmo alla sua realizzazione.

AUTORIPARAZIONI

ASCARI-ALI snc autorip.ascari@libero.it

SERVIZIO GOMME

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a cura di Claudio Corradi

AGRICOLTURA, VERDE, AMBIENTE

LAMBRUSCO: MEGLIO DI COSÌ NON POTEVA ANDARE

Sei mesi fa nessuno avrebbe osato sperare in una vendemmia così eccelsa e generosa per la viticoltura correggese. Quello che stupisce di un’annata che potrebbe essere definita semplicemente eccelsa non è tanto la qualità dei grappoli, la perfezione della maturazione e l’elevato grado zuccherino: quello che stupisce sono le quantità. Produzioni non ingenti, sempre inferiori a quelle medie caratteristiche del nostro territorio, ma sicuramente abbondantemente al di sopra di ogni più rosea aspettativa ed in linea con le rese massime ammesse dai disciplinari di produzione per i vini DOP ed IGP (rispettivamente “Denominazione Origine Protetta” e “Indicazione Geografica Tipica”). Viene da chiedersi: “cosa sarebbe successo se non fosse arrivata la brina?”. Non dimentichiamo in effetti che ad inizio aprile, nel periodo fra

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il 5 e l’8, i vigneti correggesi, quando già le gemme erano schiuse e la vegetazione iniziava ad inverdire i tralci, hanno patito le sorti di quattro notti consecutive con temperature al di sotto dello zero centigrado. Un freddo che, notte dopo notte, si è rilevato sempre più pungente: a Fazzano, dov’è situata la stazione di rilevazione Arpa-Meteo della Regione Emilia Romagna, la minima più grave è stata quella della notte dell’8 aprile, quando il termometro si è spinto fino a -3,2° C. Gli effetti di quelle gelate sono apparsi da subito fortemente preoccupanti e non lasciavano margine per sperare in una produzione quantitativamente normale, tanto che i prezzi della materia prima ancora nella disponibilità delle cantine si sono rafforzati e l’interesse nei confronti sia del Lambrusco che del Rossissimo si è intensificato. Fino al giorno della vendemmia nessuno avrebbe osato stimare il reale quantitativo di uva che sarebbe stato prodotto; anche se i grappoli erano ben visibili, il timore dei viticoltori era un basso peso specifico. Questo perché mai in passato ad una brinata del genere era seguita una risposta così positiva. È per questo che la 2021 è una vendemmia da incorniciare.

VITICOLTORI CUSTODI DEL TERRITORIO Dopo un avvio di stagione gravemente preoccupante, alla resa dei conti in viticoltura le cose sono andate meglio del previsto ed il settore non può certo lamentarsi (in frutticoltura, per esempio, causa la gelata primaverile la produzione di pere non ha raggiunto il 20% di quella normalmente attesa). Fra i filari il calo di produzione medio rispetto alla norma è stato variabile fra un 15 ed un 30% per l’Ancellotta e fra un 10 e 15% nei Lambruschi. Un risultato che ha pienamente soddisfatto i produttori, che temevano sicuramente molto di peggio e che possono prepararsi ad una nuova annata nella migliore delle condizioni. Produzioni non abbondanti ed equilibrate lasciano sperare in produzioni altrettanto stabili per il prossimo anno, ma soprattutto prezzi di mercato del vino più sostenuti, minori giacenze nelle cantine e conseguente aumento della domanda. In queste condizioni il viticoltore può sperare in un incremento della remunerazione del proprio prodotto. Maggiori utili che i viticoltori potranno reinvestire nelle loro aziende a beneficio di tutto un territorio dei quali sono i principali custodi. I consumatori possono stare tranquilli, visto che l’atteso incremento del prezzo delle uve non comporterà un aumento del prezzo al consumo di pari percentuale. Senza dimenticare che il Lambrusco viene ancora venduto ad un prezzo troppo basso rispetto a quello che vale.

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a cura di Mauro Degola

CRONACHE IMPOSSIBILI

IL SOGNO DI UN PARAMECIO

Disegno di Francesco Ferrari

Xy@2b ricorda quando era un giovane unicellulare, precisamente un Paramecio d’acqua dolce (Tetrahymena thermophila) che agitava pigramente le innumerevoli ciglia, e nessuno sembrava prenderlo in considerazione. Allora, circa sessanta milioni d’anni fa, correva l’era geologica chiamata Paleocene. Il pelago padano era solcato da grandi animali acquatici. Nuotavano sopra Milano, sopra Bologna e anche un centinaio di metri sopra Correggio, sopra le città e i paesi che sarebbero state le dimore degli uomini una volta che l’uomo avesse inventato il tempo. Una notte il Paramecio fece uno strano sogno: «Quando si abolirà il tempo, o almeno lo si sospenderà in modo che non ci sia un prima e un dopo, potrai attraversare piazza della Scala, alzare gli occhi e vedere nuotare nel cielo una balena. Potrai stare sugli scalini di San Petronio a giocare coi delfini. Potrai portare il cane a fare pipì nel parco urbano di Correggio accompagnato dai grugniti degli ippopotami. E potrai salutare tuo padre che esce con la battana per andare a pescare nel mare al piano di sopra». Molto più tardi Xy@2b, divenuto adulto, mutò in un delizioso Pesciolino d’Argento (Lepisma Saccharina) che amava passeggiare nei bagni delle case. Nel frattempo aveva assistito allo spettaco-

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lo dell’Oligocene, circa 25 milioni d’anni prima. «I continenti continuavano a spintonarsi tra loro (sono sempre stati dei vecchi irascibili) creando terremoti e spaccature vulcaniche. Così la crosta terreste dalle nostre parti si corrugò e il pelago padano cominciò a defluire. Quando quarantamila anni fa arrivarono in Europa i bipedi sapienti trovarono una pianura dove ristagnavano lagune e paludi. Non lo sapeva nessuno ma stava per cominciare l’Antropocene: cioè l’epoca degli uomini che hanno sostituito, nelle grandi trasformazioni della Terra, i terremoti e i vulcani con altrettanta forza distruttiva. All’inizio sembravano pochi esemplari, ma l’idea di progresso li ha spinti a prosciugare le paludi, a disboscare per coltivare e allevare, a costruire per abitare, a scavare per trovare. E poi a sostituire la natura con i propri rifiuti, a bruciare per muoversi e per fare… per fare sempre più in fretta. Fino a che qualcuno si accorse che l’atmosfera si era ammalata, le stagioni stravolte, sciolti i ghiacci rimasti dall’antica glaciazione. E la terra cominciò a bollire. E i mari, tutti i mari, si alzarono».

nel nuovo pelago padano. A Correggio stormi di acciughe hanno sostituito le rondini. Sotto i portici lo struscio è diventato affare di saraghi nella loro livrea argentata e di triglie dall’occhio languido. In Municipio si è installato un polpo tentacolare. Nelle chiese colonie di cozze filtrano le impurità. In via Cavour vengono a posteggiare gli sgombri». Dunque si è realizzato il sogno del Paramecio. E i Correggesi? «Eh, si son dovuti adeguare, come sempre, ai costumi dei nuovi arrivati. Era avvenuto coi sudisti, coi patajòn, con le polacche. È successo anche con la fauna ittica. Per esempio, la nostra edicolante di piazza Garibaldi…» La nostra edicolante? «Sì, anche lei: muta come un pesce».

«Così» racconta oggi Xy@2b, che ora è un vecchio e bisbetico Acaro della polvere (Dermatophagoides pteronyssinus) «sono ritornati balene e delfini

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a cura di Guido Pelliciardi

APPUNTAMENTI CULTURALI IN NOVEMBRE

IL CIRCO BLIZZARD ALL'ASIOLI LE LETTURE ALLA CASA NEL PARCO Martedì 2 /ore 21.00 / Cinepiù SESSO SFORTUNATO E FOLLIE PORNO proiezione del film di Radu Jude, Orso d’oro come miglior film al Festival di Berlino. Genere drammatico/commedia. V.m. 18 anni. Durata 106 minuti. Giovedì 4 / dalle 16.00 alle 19.00 Casa nel Parco, via Fazzano 9 DESIGNER DI VIDEOGAME laboratorio con la piattaforma Scratch per realizzare ambienti di gioco. Necessario essere muniti di pc o tablet o smartphone. Prenotazione necessaria tel. 0522.643811 Giovedì 4 e Martedì 9 / ore 21.00 Cinepiù SUPERNOVA

Lunedì 8 / ore 21.00 / Palazzo Principi TEODORO presentazione del libro di e con MELISSA MAGNANI (Bompiani, 2021), nell’ambito della rassegna “Nel Borgo scrittori EmilianoNazionali”. Conduce Pierluigi Senatore direttore di Radio Bruno. Giovedì 11 / ore 10.00 Municipio - Centro per le famiglie GIOCHI DI VOCI E DI SGUARDI incontro per genitori, rassegna “E' arrivato un bambino”, con Ilaria Mussini pedagogista del distretto di Correggio. Prenotazione necessaria cell. 335.1734180 Giov. 11 e Mart. 16 / ore 21.00 / Cinepiù A CHIARA proiezione del film di Jonas Carpignano. Genere drammatico. Durato 121 minuti. Venerdì 12 / ore 16.15 e 17.30 / Casa nel Parco GIOCARE CON LE STORIE narrazioni per bambini dai 6 anni a cura delle lettrici volontarie Nati Per Leggere. Prenotazione necessaria tel 0522.643811

proiezione del film di Harry Macqueen, genere romantico/ drammatico. Durata 93 minuti. Venerdì 5 / ore 18.00 Municipio - Centro per le famiglie PROMUOVERE LA SALUTE DEL BAMBINO NEL PRIMO ANNO DI VITA incontro per genitori, rassegna “E' arrivato un bambino”, con Enrico Quattrini pediatra del distretto di Correggio. Prenotazione necessaria cell. 335.1734180 Sabato 6 / ore 17.30 / Palazzo Principi DIGITALE: ISTRUZIONI PER L’USO Come le tecnologie lavorano a favore dell’inclusione in ambito culturale ed educativo. Incontro con JESSICA REDEGHIERI, fondatrice dell’associazione “Connessioni Didattiche” e collaboratrice della trasmissione “La banda dei fuoriclasse” di RadioGulp. Conduce Pierluigi Senatore direttore di Radio Bruno, nell’ambito del Festival della cultura tecnica 2021.

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Venerdì 12 / ore 20.30 / Teatro Asioli LA VEDOVA ALLEGRA operetta di Henri Meilhac, musica di Franz Lehar. Compagnia Corrado Abbati. Sabato 13 / dalle 16.00 alle 19.00 Casa nel Parco GIOCHI LETTERARI E NOZIONISTICI per ragazzi dagli 11 ai 14 anni. Prenotazione necessaria tel 0522.643811 Sabato 13 / ore 17.30 / Palazzo Principi IO SONO POI DA SOLO E LORO SONO TUTTI incontro con TITO FARACI, scrittore e sceneggiatore di graphic novel, collaboratore delle case editrici Disney e Sergio Bonelli. Lunedì 15 / ore 21.00 / Palazzo Principi PRISMA presentazione del libro di e con GIANLUCA MOROZZI (Tea, 2021) nell’ambito della rassegna “Nel borgo scrittori EmilianoNazionali”. Conduce Pierluigi Senatore direttore di Radio Bruno.

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Mercoledì 17 e Giovedì 18 / ore 21.00 Teatro Asioli AMORE spettacolo di e con Pippo Delbono e altri dodici attori. A cura di ERT/Teatro Nazionale – Compagnia Pippo Delbono.

Martedì 23 / ore 16.30 / Casa nel Parco incontro con TOMMASO PERCIVALE scrittore per bambini e ragazzi. Conduce Alice Torregiani coordinatrice del Gruppo di lettura “Banda nella Casa nel Parco” (11-14 anni). Prenotazione necessaria tel 0522.643811

Giovedì 18 / ore 10.00 Municipio - Centro per le famiglie IL DISTACCO DAL MIO BAMBINO incontro per genitori, rassegna “E' arrivato un bambino”, con Roberta Losi psicologa. Prenotazione necessaria cell. 335.1734180

Giovedì 25 e Martedì 30 / ore 21.00 Cinepiù QUO VADIS AIDA? proiezione del film di Jashmila Zhanic. Genere drammatico. Durata 103 minuti.

Giovedì 18 e Martedì 23 / ore 21.00 Cinepiù IL GIOCO DEL DESTINO E DELLA FANTASIA proiezione del film di Ryusuke Hamaguchi. Genere drammatico. Durata 103 minuti. Giovedì proiezione in lingua originale con sottotitoli in italiano.

Venerdì 26 / ore 16.15 e 17.30 Casa nel Parco STORIE D’INVERNO narrazioni per bambini dai 6 anni a cura delle lettrici volontarie Nati Per Leggere. Prenotazione necessaria tel 0522.643811

Sabato 20 / ore 16.15 e 17.30 / Casa nel Parco LAVINIA E L’ANELLO MAGICO spettacolo di narrazione per bambini dai 6 anni a cura di Manuela Chiaffi. Prenotazione necessaria tel 0522.643811

Sabato 27 / dalle 16 alle 19 Casa nel Parco TORNEO A PREMI DI KEYFORGE gioco online per ragazzi dagli 11 ai 14 anni. Necessario essere muniti di pc o tablet o smartphone. Prenotazione necessaria tel. 0522.643811

Sabato 20 / ore 20.30 Domenica 21 / ore 17.00 Venerdì 26 / ore 20.30 / Teatro Asioli OPERA POUR SECHE-CHEVEUX

spettacolo e performance circense di e con Julien Mandien e Antoine Terrieux, compagnia Blizzard Concept.

Domenica 28/ ore 18.00 / Casa di Gomma via del Carmine 5a IL GRANDE INQUISITORE spettacolo tra musica antica ed esperimenti elettroacustici con EMIDIO CLEMENTI (Massimo Volume) e STEFANO PILIA (Afterhours). Prenotazione necessaria info.ideedigomma@gmail.com Lunedì 29 / ore 21.00 / Palazzo Principi SENZA UNA BUONA RAGIONE presentazione del libro di e con BENEDETTA BONFIGLIOLI (Pelledoca, 2021. Premio Andersen oltre i 15 anni). Nell’ambito della rassegna “Nel borgo. Scrittori EmilianoNazionali”. Conduce Pierluigi Senatore direttore di Radio Bruno.

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a cura di Fabrizia Amaini

COME ERAVAMO

HIC NATUS EST ANTONIUS LAETUS

LA CASA DEL CORREGGIO, TRA MISERIA E NOBILTÀ IERI

carrozze. Questo uso improprio portò a un rapido declino dell’edificio, che minacciò la sopravvivenza stessa del luogo di nascita di Antonio Allegri. Nel 1811, nel tentativo di salvare la situazione, una piccola lapide in pietra (che è ancora lì) fu montata sulla facciata recante un’iscrizione scritta da Setti, uno storiografo correggese, che dichiarava: “Hac in aede natus est Antonius Allegri anno 1494”.

Casa natale di Antonio Allegri - 1879-1880 Foto Bassi

Dalle fonti dell’epoca sappiamo che la famiglia Allegri possedeva la casa in cui sarebbe nato Antonio già prima della metà del XV secolo. Situata nella zona conosciuta come Borgovecchio, a ridosso delle mura cittadine, la casa fu ampliata da Pellegrino Allegri (padre di Antonio) nel 1529 attraverso l’acquisto di un edificio adiacente più piccolo. Venduta da Pomponio Allegri (figlio di Antonio) alla famiglia Paris nel 1550, la casa passò poi di mano più volte, prima all’Ospedale Santa Maria della Misericordia, poi alla famiglia Sogari-Bresciani e infine alla famiglia Pironi nel 1600. In seguito lo stato della casa Allegri e degli altri edifici divenne talmente fatiscente e degradato da essere indicato come “Ca’ rotte Pironi”. Nel 1752 il sorvegliante ducale Francesco Contarelli (di un’antica fami-

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glia nobile correggese) l’acquistò, con cinque piccole case adiacenti, direttamente dai loro proprietari. Le precarie condizioni dello stabile lo indussero a procedere immediatamente alla demolizione dell’isolato e alla riedificazione, tra il 1754 ed il 1755, dell’edificio. Ne risultò, con tutta probabilità, un edificio porticato (secondo la consuetudine del tempo e le tradizioni locali) di poche stanze, senza cortiletto interno, con il piano terreno adibito a bottega e servizi, e col primo piano abitabile. Il tutto risultava in linea con le altre case prospicienti le mura di ponente, secondo una tipologia in parte ancora conservata in alcune abitazioni della stessa via. Avendo un lato anteriore esposto a sud, con un piccolo ma arioso giardino, la casa venne immediatamente convertita in stalla e rifugio per le

Con il passare degli anni, il livello di degrado della casa peggiorò al punto da causare disprezzo tra i cittadini, in particolar modo di quelli influenti. Così un gruppo di essi (tra cui Luigi, Ferdinando e Raffaele Asioli), nell’agosto 1852, inviò una lettera di protesta al Podestà per criticare il comportamento di Caterina Contarelli, ultima proprietaria, paragonando il suo disinteresse all’ “irriverenza dei barbari”, che avevano fatto “una vile stalla” dell’unico ricordo del “Maestro” ancora presente nella sua città natale. Una “vergogna che pesa su questa città e di cui si parla in tutto il mondo”. La situazione non migliorò dopo la morte della Contarelli, quando la proprietà fu lasciata alle Opere Pie e la casa, diventata un cumulo di pietre vacillanti, fu messa in vendita. Ne seguì un’aspra lotta che fu sollecitata da calunnie anonime malevole e che seguì fino al 1854, quando la casa fu “riscattata dal disonore del destino a spese di ventuno cittadini devoti al divino pittore e alla loro città”. I restauri furono iniziati alla fine del 1800 e immortalati con un’iscrizione, redatta dal letterato e patriottico Prospero Viani, su un blocco eretto al centro del cortile nel 1880. Cinquant’anni dopo, nel 1931, la scuola materna della città fu trasferita nella casa nel tentativo di restituire dignità all’edificio e vi restò fino al 1964.

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OGGI

La casa del Correggio, oggi Fondazione Art Home

Dopo il radicale restauro del 2006-2007, vi hanno trovato definitiva sede gli uffici della Fondazione “Il CORREGGIO” e il Centro di Documentazione Allegriano “CORREGGIO ART HOME”. Un sogno diventato realtà, così si potrebbe definire questo centro di documentazione e studi, inaugurato il 12 maggio 2007 e dedicato alla vita e alle opere del pittore correggese Antonio Allegri. Grazie alla volontà e all’impegno economico dell’Amministrazione comunale, in sinergia con la Fondazione “Il Correggio” e la Regione Emilia-Romagna, Correggio si è dotata di un nuovo polo culturale, una struttura moderna e funzionale in cui è possibile reperire tutte le pubblicazioni, le informazioni, i dati, le notizie, i documenti e le immagini riguardanti il celebre artista rinascimentale, e che si caratterizza per una sezione scientifica, una sezione didattico-divulgativa e un’attività coinvolgente-spettacolare, con soluzioni originali. Il centro di documentazione intende essere un luogo di riferimento internazionale, non solo per gli studiosi del periodo, ma in generale per tutti gli appassionati d’arte.

SOLUZIONE CRUCIVERBA OTTOBRE 2021

PIER GIACINTO TERRACHINI Pier Giacinto Terrachini nasce a Rio Saliceto (a quel tempo villa di Correggio) il 14 settembre 1853. Frequenta l'Istituto Tecnico di Reggio, uscendone con la qualifica di geometra. Esercita la professione a Correggio e a Reggio, risiedendo a Rio Saliceto dove partecipa attivamente alla vita politica: è consigliere comunale, assessore, fa parte del comitato promotore della società operaia di mutuo soccorso. Pier Giacinto diventerà il primo sindaco socialista di Rio Saliceto, dal 1909 al 1910. Dal matrimonio con la contessa Maria Teresa Malaguzzi Valeri, nascono quattro figli: Bruno, Arnaldo, Bruto e Flora. Nel 1902 la famiglia Terrachini viene a risiedere a Correggio e a San Martino di Correggio Pier Giacinto muore nel 1935, all'età di 82 anni. L'attività di architetto si svolge in un periodo di grandi mutamenti per le arti figurative, nasce infatti il modernismo o art nouveau. Pier Giacinto Terrachini ne diventa uno dei rappresentanti più significativi della provincia di Reggio Emilia. Lavora moltissimo sia per privati, che gli commissionano “villini”, sia per imprenditori come Placido Reggiani, che gli commissiona un edificio a carattere industriale per l'essicazione e la lavorazione dei bozzoli dei bachi da seta: il “Torrione”. Dopo la chiusura e la vendita al Comune di Correggio, l'edificio viene adibito a residenza popolare.

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NOTIZIE IN BREVE

IL TROCIA BEACH, PIÙ FORTE DEL COVID, RACCOGLIE 4000 EURO PER ANFFAS

Nel 2021, per il secondo anno consecutivo, il Trocia Beach ha dovuto rinunciare alla manifestazione di beach volley in memoria di Marco “Trocia” Ferrari, che dal 2003 contraddistingue l’estate correggese, ma voglia di fare del bene non si è fermata. Sollecitati a gran voce da amici e sostenitori, gli organizzatori hanno aggirato l’ostacolo Covid con il lancio di una nuova operazione definita “Trocia Pack”, una confezione personalizzata composta dalla maglietta da collezione edizione 2021 e dalla birra prodotta in collaborazione con il birrificio Dada di Correggio. A fine luglio, grazie all’intesa e al sostegno degli amici di Cantù Garage, sono state distribuite oltre 400 magliette e 700 bottiglie di birre. I fondi raccolti hanno raggiunto la sorprendente cifra di 4.000 euro, che andrà a sostenere il laboratorio socio-occupazionale “Lavoriamoci”, un progetto di ANFFAS che offre l’opportunità a ragazzi e ragazze fragili di potersi sperimentare in attività varie in un ambiente stimolante e di condivisione. È possibile toccare con mano i prodotti del laboratorio e sostenere il progetto presso il temporary store di via Antonioli 1/A a Correggio. La collaborazione tra Trocia Beach e ANFFAS Correggio si è stretta già molti anni fa grazie all’incontro con l’allora presidente Claudia Guidetti, punto di riferimento per il mondo del volontariato e da subito salda guida anche per gli amici di Trocia. Questa unione ha generato negli anni circa 25 mila euro di raccolta fondi per l’associazione e i suoi progetti. La Fondazione Dopo di Noi, di cui ANFFAS fa parte, ha potuto godere già dal 2015 del concreto sostegno del Trocia Beach culminato con l’inaugurazione di CASA MIA, progetto fortemente voluto da Claudia e che oggi, dopo la sua scomparsa, è denominato CASA CLAUDIA. Questa consolidata collaborazione oggi è suggellata dalla consegna della maglietta Trocia Beach a Sergio Bandieri, nuovo Presidente di ANFFAS Correggio! Contatti: Barbara Bonori, trociabeach@gmail.com

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WALTER ALBARELLI

A due anni dalla tua scomparsa ti ricordano con tanto affetto Ivana, Marco e Maurizio, Elisa e Cristina ed i nipoti Martina Lorenzo Nicolò e Alessandro. “Ciao vèc, fà bèl”

UMBERTO SEVERI

Il 21 ottobre di due anni fa se n’è andato il mio unico e grande amore Raffaella

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foto di Pietro Ponti

IL GRANDE RITORNO DELLA FIERA DI SAN LUCA

Valerio Cerati

333/2901347 vcerati@fideuram.it Ufficio di Reggio Emilia Via A. Gramsci 88/B

Un unico interlocutore per la cura dell’intero patrimonio

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a cura di Nadia Stefanel

UNA MOSTRA AL MESE

IL COLORE DEI SOGNI PARMA, FONDAZIONE MAGNANI ROCCA fino al 12 dicembre 2021 La mostra, che ha luogo nella sontuosa “Villa dei Capolavori” di Mamiano di Traversetolo, è realizzata in collaborazione con Fundación MAPFRE di Madrid ed è dedicata a Joan Mirò, (Barcellona 1893 – Palma di Maiorca 1983), celeberrimo artista spagnolo vissuto in una delle epoche più fervide della storia dell’arte. L’esposizione si sviluppa attraverso cinquanta opere fra gli anni Trenta e gli anni Settanta, per la gran parte olii su tela, e propone un percorso che evidenzia la sfida continua operata dall’artista nei confronti della pittura tradizionale, in quanto l’Arte di Mirò era fondata non tanto sull’immagine abituale, quanto su sensazioni, emozioni immediate e suggestioni: colori brillanti e forti contrasti, linee sottili e soggetti allucinati e onirici. Riteneva che la pittura dovesse essere prodotta da un getto continuo scaturito da una profonda esplosione creativa, pur garantendo alle figure una dirompente integrità individuale malgrado le metamorfosi subite. L’artista si ispirava alle forme della natura ma anche alla musica, aspirava chiaramente al divino e la musica e la poesia erano mezzi per avvicinarcisi. Tant’è che le parole, a volte, compaiono anche nei quadri, costituendone una chiave di lettura. In

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mostra ci saranno tele di grande formato e i temi ricorrenti che egli reinventava con frequenza (ad es. l’uso costante di simboli come le stelle, gli uccelli o la donna, e le fantasiose rappresentazioni di teste) nello stesso tempo sottolineando influenze così diverse come la tradizione popolare, la calligrafia asiatica o i graffiti urbani. Un rapporto, inoltre, quello di Mirò fra pittura-musica-poesia che ben si accorda con gli interessi e la sensibilità di Luigi Magnani, fondatore della Magnani-Rocca.

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CORREGGIO IN BRICIOLE RASSEGNA DEGLI EVENTI CORREGGESI RACCONTATI DALLA STAMPA LOCALE

23 settembre 2021 • Ai carabinieri è parsa sospetta la presenza di tre giovani minorenni in attesa nei giardini pubblici alle spalle di una scuola del paese; un diciannovenne in bici li ha raggiunti e poi, alla vista dei carabinieri, ha tentato la fuga; nel borsello gli sono state trovate 6 dosi di hashish, pronte per lo spaccio • Finanziati dalla Provincia i lavori per la circonvallazione a sud di Gazzata, che si innesterà con una rotonda sulla nuova viabilità verso Prato 25 settembre 2021 • Anche a San Martino in Rio un giovane scassina la gettoniera della lavanderia automatica e, come a Correggio, viene immortalato dalle telecamere 1 ottobre 2021 • Si insedia il nuovo parroco di Correggio (più precisamente il parroco dell’intera Unità Pastorale Beata Vergine delle Grazie di Correggio), don Alberto Debbi, con una messa solenne alla presenza del Vescovo Camisasca 2 ottobre 2021 • 71enne correggese provoca un incendio e viene denunciato dai carabinieri forestali; i fatti risalgono alla metà dello scorso settembre quando l’uomo, finita la pulizia del suo giardino, ha pensato bene di dar fuoco alle sterpaglie raccolte per smaltirle e l’incendio provoca la di-

struzione di duecento tuie e di un cavo dell’alta tensione

lamiere; è ricoverato in gravi condizioni

4 ottobre 2021

• Un malore improvviso stronca a soli 36 anni Nazzareno Zanni, di San Martino in Rio, ex-gestore col padre del “Bar Mario” cantato da Ligabue; con moglie e due figli piccoli, era un esperto soccorritore della Croce Rossa

• Viene riconfermato Paolo Fuccio come sindaco di San Martino in Rio (lista di centrosinistra), con 1828 voti (46,80%), battendo per 171 voti Luca Villa (di “Alleanza per San Martino”, lista civica di centrodestra) in testa fino allo spoglio delle ultime due sezioni: entrambi hanno incrementato i propri voti rispetto alle elezioni precedenti; si è fermato a 421 voti Fabio Lusetti (“Progetto San Martino”, lista civica di sinistra); Fuccio, 54 anni, artigiano, è uno dei protagonisti del volontariato locale. 9 ottobre 2021 • Alle 3 e mezza di notte gli abitanti di piazza Garibaldi vengono svegliati da un boato; i ladri hanno sventrato il bancomat della BPM (ex Banco San Geminiano) e sono fuggiti con un bottino di alcune migliaia di euro, dopo aver causato ingenti danni anche all’interno della banca; il sistema usato è quello della “marmotta”, cioè un sottile contenitore di metallo con materiale esplosivo e miccia, infilato di solito nella fessura di erogazione del contante, e poi fatto detonare • A Rio Saliceto, in via San Lodovico, l’auto di un quarantaseienne decolla, salta il fosso e capotta più volte nei campi; l’autista viene estratto a fatica dalle

10 ottobre 2021

• I ladri hanno colpito per l’ennesima volta nella stazione di servizio Agip sulla provinciale per Reggio; hanno forzato la colonnina del bancomat e prelevato migliaia di euro all’interno 14 ottobre 2021 • Filmati dal sistema di videosorveglianza mentre prelevano le offerte dalla chiesa, due trentenni di Correggio, ben noti alle forze dell’ordine, sono stati denunciati dai carabinieri per concorso in furto aggravato; erano entrati già altre volte all’interno della chiesa di San Sebastiano, scassinando le cassette dei lumini 18 ottobre 2021 • Francesca Maniero, 21 anni, originaria di Novara e reggiana d’adozione, da quest’anno è una delle rare atlete donne che giocano in pianta stabile in una squadra maschile; il club è quello della Minimotor Correggio nella categoria A2 di hockey su pista, dove il campionato è unisex

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CORREGGIO IN GIOCO

ORIZZONTALI 1. Il Pacino del cinema - 3. Fissato o marchiato - 9. Lo è la casacca del Bologna Calcio - 16. Salsa per il bollito - 19. La therapy che si avvale di cani e gatti - 20. Il McEwan di Bambini nel tempo - 21. Trasformano il pasto nel cesto - 22. La dimostra chi è più abile - 25. Fuori per Jannik Sinner - 26. Precede l’imbiancatura dei muri - 30. Trento - 31. Questo... telegrafico - 32. Contrario a un regime di mercato esclusivo - 34. La sala di proiezione correggese sorta nel 1914 e chiusa nel 1984 (fotografia) - 35. L’aria degli antichi poeti - 38. L’attrice teatrale, più volte ammirata anche al teatro correggese, che diede originariamente il nome a questa sala cinematografica - 39. Accette, scuri - 40. E’ sostenuta dai tifosi ferraresi - 42. L’apertura... dell’aereo - 43. Tornati a nuova vita - 45. In pieno caos - 46. Lucca - 48. Filo per cucire - 49. Il riutilizzo del materiale di scarto - 50. Affondò per colpa di un iceberg - 53. Fine di tornei - 54. Fiore bianco e giallo - 56. Punto cardinale - 57. Sta tra il rosso scarlatto e il cremisi - 58. Lo sono le risposte di chi... non risponde.

VERTICALI 1. Lo nasconde l’esca - 2. Coda di fringuello - 3. Estensione per siti Internet... nostrani - 4. Storico centro del nuorese - 5. Caio lo era di Cesare - 6. Le estreme del record - 7. Il cuore di Galeazzo - 8. Un tipo di struttura edilizia - 10. La dea dell’abbondanza - 11. Lo sono alcuni bambini nati prematuri - 12. Affaticata, provata - 13. Il nome della sala di proiezione correggese che all’inizio del secolo scorso sorgeva dove successivamente è stato costruito il locale della fotografia - 14. Toulouse, pittore francese dell’Ottocento - 15. Macchiato di grasso - 17. Ascoltata o... sincera - 18. Le metà... delle mogli - 22. Boss della criminalità organizzata - 23. Togliere le impurità - 24. Lo sono i prodotti derivati dal latte - 26. La SpA per gli americani - 27. Contenitore di legno usato per il trasporto delle olive - 28. Edema sottocutaneo - 29. Pelle verniciata per scarpe - 33. Contenitori per la benzina - 35. Il Teatro che, nel secondo dopoguerra, ospitava l’altra sala di proiezione correggese, chiusa nel 1960 - 36. Musica popolare giamaicana - 37. Non più nuove - 39. Vettore spaziale statunitense - 41. I pallini sulla stoffa - 44. La Larenzia che soccorse Romolo e Remo - 47. Come dire... le 13 - 49. Francesco, impresario correggese che, nel 1914, eresse, in centro storico, il cinematografo della fotografia - 51. In mezzo ad otto - 52. Imperia - 53. Le ultime di Maigret - 55. Cinquantacinque per Cicerone.

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Correggio in gioco

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una mostra al mese: Il colore dei sogni

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Vivere d'arte si può, qui in Germania

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