Greenager N.02 Mensile Free Press
N.02 mensile
Foto in copertina di Ukindieguy’s
free press
Direttore responsabile Massimo Pasquini
Redazione Simone Pellegrini Fernando De Maria
Direzione artistica Alice Pasquini
Progetto grafico e impaginazione Ginevra Virgili
Foto/illustrazioni
Filippo Silvestris (Imago arts) Emanuele Bastoni Valentina Tata Elisabetta Pallone
Fumetti Marte Liska – Fumetti Dissociati Hanno collaborato
Alessio Ramaccioni Roberto Risica Arnaldo Di Mattia Beatrice Leucadito Valerio Corvelli L.B. Cristiano Cappi Cesare Vernetti Pio D’Orco
Grazie a Marco Acciari
Registrazione al Tribunale di Roma n. 70/2007 del 2 marzo 2007
Organo ufficiale: Greenager – onlus Via Euripide 40 – 00125 Roma
Tipografia: Emilmarc Via B. Croce 37/41 – 00142 Roma Chiuso in redazione il 26 aprile 2007
L’Associazione Culturale “Greenager onlus”, in conformità ai principi costituzionali, garantisce ai propri collaboratori la più ampia libertà di pensiero, tuttavia non si ritiene responsabile per le opinioni espresse da essi all’interno del magazine.
Ho visto più lontano degli altri, perché stavo sulle spalle di giganti. Isaac Asimov
index AMBIENTE SOCIALE L’INTERVISTA SPORT
4 Elettrosmog: l’importanza della cittadinanza attiva 6 Legge sull’elettrosmog: intervista a Filiberto Zaratti 8 Chiesa Nostra 10 Bestiali ingiustizie 12 Quartieri: Pigneto 14 Linving on the edge: mo’ mi tocca prende l’autobus 15 Check it out: scuola romana di circo
MUSICA
16 ZU 17 Nohaybandatrio 18 Thrangh 19 Tribù Acustica
ARTE 20 Arte diffusa COMIX 22 di Marte e di Liska - Fumetti Dissociati
RUBRICA 24 Scegli la cura 25 77FM POSTA 26 Ringraziamenti 27 Mail
www.greenager.it
foto di see brook’s
ambiente
ELETTROSMOG: l’importanza della cittadinanza attiva
sociale
arte
di Alessandro Ramaccioni
I
l tema dell’inquinamento elettromagnetico rappresenta in modo estremamente chiaro uno dei problemi più significativi del rapporto cittadini – istituzioni. Il cittadino vota il rappresentante politico sulla base di esigenze reali, oltre che ideologiche, e si aspetta che, una volta vinte le elezioni, la politica soddisfi queste esigenze: ma questo raramente avviene. La questione elettrosmog, appunto, è una rappresentazione fedele di questo schema: il cittadino vota e chi vince inizia il suo compito di amministratore della cosa pubblica. Una compagnia telefonica decide che sia utile per i propri interessi montare una serie di antenne all’interno di un determinato territorio; si rivolgono all’istituzione, ricevono un si più o meno condizionato, e i lavori iniziano. A questo punto, molto spesso in modo assolutamente fortuito, qualche cittadino si accorge di quello che sta avvenendo: che magari quei lavori di ristrutturazione dei solai nascondono un piccolo segreto, e che una squadra di operai sta tirando su una o più antenne sul tetto del palazzo di fronte, magari mascherate da camino. Spesso i lavori avvengono di notte, ed è difficile rendersene conto: quando avviene, i cittadini che per primi hanno capito quello che sta avvenendo si organizzano, cercano di informarsi ed informare, e sempre più spesso nascono comitati di quartiere che iniziano ad opporsi all’installazione. Questi comitati si fondano esclusivamente sulla buona volontà dei cittadini, e purtroppo solo su quella. Buona volontà determinata dalla preoccupazione degli effetti che “quell’” antenna può causare alla propria famiglia, ai propri figli. Buona volontà alimentata dal sacrificio in prima persona del cittadino, dalla sua disponibilità ad impegnare il proprio tempo libero e molto spesso le proprie disponibilità economiche. greenager 02
A questo punto, il neonato comitato di quartiere ha bisogno di due cose: visibilità e aiuto. La visibilità viene dai contatti con la stampa, che spesso e colpevolmente tende a non occuparsi in modo serio della questione elettrosmog; l’aiuto viene, o dovrebbe venire, dalle istituzioni. Il comitato contatta l’amministratore di riferimento, sia esso sindaco, presidente di municipio, consigliere o assessore comunale o regionale, in alcuni casi addirittura parlamentare. Il quale naturalmente non nega il proprio interessamento, figurarsi: però bisogna avere pazienza. Intanto i lavori proseguono: in alcuni casi i cittadini riescono a bloccarli per un periodo di tempo appigliandosi a cavilli legali, qualche volta addirittura riescono a bloccarli. Ma il più delle volte proseguono, e le antenne vengono installate. Per permettere ai videofonini e alla televisione sul telefonino di funzionare meglio: interesse strategico nazionale, così definito dal decreto Gasparri che ha legittimato la assoluta deregulation in questo settore. Interesse strategico nazionale la possibilità di vedere le partite
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sul telefono. Insomma, il triangolo istituzioni – compagnie telefoniche – cittadini manca di un lato: quello dalla parte dei cittadini, che non sono di fatto tutelati. Il Comune di Roma ha stabilito un protocollo d’intesa con le compagnie telefoniche ormai da qualche anno, ma la delibera di iniziativa popolare firmata da 23000 cittadini, presentata più di un anno fa, continua a non prenderla in considerazione; l’attuale Giunta che governa la Regione Lazio aveva promesso in campagna elettorale di occuparsi di elettrosmog, ma la proposta di legge Bonelli, approvata in Giunta a Febbraio 2006, giace in Commissione e non viene portata in consiglio per il voto. A livello nazionale la situazione forse è anche peggiore: dopo il caos portato dal decreto Gasparri, ci si aspettava una azione in discontinuità da parte del governo Prodi (tra l’altro la questione elettrosmog era citata, brevemente, nel programma di governo) e invece nulla. Ci sono problemi più urgenti, chiaro: ma la questione elettrosmog esiste, e qualcuno prima o poi dovrà occuparsene.
L’unica nota positiva, in tutta questa situazione, è il fatto che ormai centinaia di migliaia di cittadini, di fronte ad un problema hanno deciso e trovato la forza di organizzarsi, di lottare in modo civile per i propri diritti, e di farlo superando in molti casi divisioni politiche, sociali e culturali: il diritto alla tutela della salute sulla base del principio di precauzione è appunto un diritto, e forse è giunto il momento che chi amministra, qualunque sia il colore e l’appartenenza, se ne renda conto.
LEGGE SULL’ELETTROSMOG intervista a Filiberto Zaratti
di Arnaldo Di Mattia
Il Consiglio Regionale, dopo anni di rumors, avrà la possibilità di discutere una legge sull’elettrosmog. Il 28 febbraio scorso la Giunta Regionale del Lazio ha finalmente approvato una proposta di legge che disciplinerà il far west dei campi elettromagnetici. Ne parla a Greenager il capogruppo dei Verdi alla Regione Lazio Filiberto Zaratti.
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Zaratti è veramente finito il tempo delle antenne selvagge? Finisce la stagione dell’antenna selvaggia, causata dai due “decreti Gasparri” (il D.lgs. 198/2002 dichiarato incostituzionale con la Sentenza n. 303/2003, e il D.lgs. 259/2003 tuttora in vigore) perché con la nostra proposta di legge rendiamo obbligatoria l’adozione da parte dei comuni del regolamento d’installazione delle antenne per la telefonia mobile. In pratica i comuni dovranno adottare un regolamento per la localizzazione dei nuovi impianti di telefonia mobile e per la delocalizzazione di quelli esistenti installati in aree di divieto stabilite dalla nostra legge (ospedali, case di cura e di riposo, edifici adibiti al culto, scuole ed asili nido, luoghi di detenzione e pena, parchi pubblici, parchi gioco, aree verdi attrezzate, impianti sportivi, oratori). A tal fine si convocherà una conferenza istruttoria alla
quale parteciperanno l’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale (ARPA), le aziende sanitarie locali competenti per il territorio, nonché i portatori di interessi diffusi costituiti in associazioni o comitati ai sensi della legge 241/90, per arrivare ad una localizzazione partecipata e condivisa delle antenne. Quali sono le motivazioni dell’attuale vuoto legislativo? Il Lazio è una delle ultime, se non l’ultima regione ad approvare una legge sull’elettrosmog, un ritardo pazzasco, ingiustificato. Il motivo di questo vuoto normativo è sicuramente da ricercare nelle scelte e nelle priorità politiche della precedente giunta di centrodestra. E’ probabile che l’inquinamento elettromagnetico non fosse così importante da meritare un progetto di legge da approvare nei cinque anni di governo della la giunta Storace.
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illustrazione di Elisabetta Pallone
Quali invece le basi scientifiche adottate dal legislatore? Come per la norma nazionale, la 36/2001 Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, abbiamo fondato la nostra legge sul Principio di Precauzione introdotto dal Trattato di Maastricht del 7 febbraio 1992 ed ora parte dell’articolo 174 comma 2 del Trattato di Roma istitutivo della Comunità Europea. Questo importantissimo principio si adatta a quelle specifiche circostanze in cui le prove scientifiche sono insufficienti o incerte e vi sono indicazioni, ricavate da una preliminare valutazione scientifica obiettiva, che esistono ragionevoli motivi di temere che gli effetti potenzialmente pericolosi sull’ambiente, la salute umana, animale o vegetale, possano essere incompatibili con il livello di protezione prescelto. In sostanza la nostra legge vuole garantire la minimizzazione dell’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici, a una fonte cioè i cui effetti, specialmente a lungo termine, non sono accertati scientificamente.
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La legge non si applicherà alle forze armate, pertanto è esclusa anche la controversa rete “TETRA”, definita pericolosa da più di qualche scienziato poiché utilizza frequenze d’onda simili a quelle cerebrali, un “tributo alla sicurezza nazionale”? In ogni caso le forze armate dovranno rispettare i valori limite imposti dai DPCM (6 volt metro). Quanto dovremo aspettare per vedere i primi risultati di questa legge? Appena approvata i comuni dovranno darsi da fare e varare i regolamenti in tempi brevi. Da parte nostra certamente ci sarà la massima collaborazione per arrivare entro qualche mese ai primi risultati con l’approvazione dei regolamenti comunali. Nel ringraziare Filiberto Zaratti promettiamo a lui e voi che torneremo presto sull’argomento.
Fotografia di Dj Linda Lovely
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CHIESA
NOSTRA
di Roberto Risica
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Facciamo un gioco: io descrivo una struttura di potere e voi cercate di indovinare a cosa mi riferisco. La sua struttura ordinamentale è quella di una monarchia assoluta, basata sulla gerarchia e sull’obbedienza. Le donne sono ufficialmente escluse, ad esempio non possono celebrare riti e apparentemente hanno ruoli marginali. È devota a tutti i Santi e alla Madonna. È ricca. Per entrarci c’è bisogno di un rito di iniziazione. Ha membri sparsi in tutto il mondo. Alcuni dei suoi componenti si definiscono “don”. È solidale con chi ne fa parte, e preferisce lavare i panni sporchi in casa. Alle alte cariche, in segno di rispetto, gli si bacia la mano. È nello Stato, ma ha regole proprie che influiscono su quelle dello Stato. È facile, no? La Chiesa. No, la mafia. Vabbè, Chiesa e mafia. Coincidenze. “La mafia è un’invenzione dei comunisti per colpire la Dc e diffamare la moltitudine di siciliani che la votano.” No, non sono le parole di Salvo Lima. Né di Vito Ciancimino. È una dichiarazione, in pieni anni Sessanta, i favolosi anni Sessanta direbbe Celestini, dell’allora CardinalArcivescovodiPalermo Enrico Ruffini. Analitico, il cardinale. Sì, perché dice che i comunisti si sono inventati la mafia, per colpire la Dc. Allora esiste un legame tra mafia e Dc. Bella gaffe, cardinale. Altro che Lunardi. Ma Ruffini non è nuovo a queste perle: anni prima aveva chiesto
all’allora Ministro dell’Interno, Mario Scelba, di mettere fuorilegge il PCI. Libera Chiesa in Libero Stato, si direbbe. Ma Perché? Perché mentre il comunismo era alternativo, il mondo mafioso non metteva in discussione il potere della Chiesa. E neanche la Dc lo metteva. Coincidenze. Brancaccio è uno dei quartieri più malfamati e degradati di Palermo. Qualche anno fa un parroco ha cercato di dare un’alternativa seria e concreta al quartiere, istituendo un centro che accogliesse ed aiutasse diseredati e disagiati, togliendo di fatto manovalanza alla mafia. L’hanno freddato mentre tornava a casa. Si chiamava Padre Pino Puglisi. Il parroco successivo che ha preso il suo posto, don Mario Golesano, fa il collaboratore di Totò Vasa Vasa Cuffaro. E Cuffaro, in arabo, significa “l’ateo”. Coincidenze. Nel 1997, viene arrestato Padre Mario Fittitta, del rione Kalsa di Palermo. Un giorno, un tipo lo avvicina e gli chiede di assistere spiritualmente un suo amico. L’amico si chiama Piero Aglieri, è latitante, ed è stato condannato all’ergastolo per le stragi di Capaci e di via D’Amelio. Il prete non si scompone e gli fa visita. “Il mio ufficio è redimere”, dirà poi. In seguito Aglieri viene arrestato, ma non collabora con la Giustizia. Curioso: Aglieri chiama il prete per
pentirsi, ma poi, una volta arrestato, non si pente. Mistero della fede. L’accusa, invece, sostiene che il prete sia andato dal mafioso, spinto dai familiari, proprio per dissuaderlo a pentirsi. In questo caso, tutto torna. Il prete dice al mafioso di non pentirsi e lui, arrestato, non si pente. Liscio. Ed infatti, Frittitta viene assolto. Poi trova il tempo di rilasciare un commento sui pentiti: “Io non ne posso pensare bene visto che sono stato accusato falsamente.” Il cardinale di Palermo De Gorgi si rallegra per l’assoluzione, poi forse per l’euforia, fa un piccolo scivolone e precisa che un sacerdote non è obbligato ad andare da un latitante tranne che in punto di morte. Allora, è stata una scelta personale. Un altro pentito, ancora, il mafioso Giovanni Garofano, dice di essersi rivolto al frate per sposarsi durante la latitanza. Ma allora è un vizio. No, coincidenze. Il santuario di Tagliavia si staglia imperioso tra le colline di Corleone (il paese di Riina e Provenzano) e di San Giuseppe Jato (il paese di Brusca), nella campagna della diocesi di Monreale. Un tempo era di proprietà dei monaci, ma l’ordine fu sciolto in epoca fascista. Chi abita da quelle parti si ricorda bene di quando andavano in giro a chiedere la decima o di quando si sparavano, da sopra il mulo, per questioni di… donne! E non dovevano passarsela male se ancora oggi per indicare una
pasciuto ed opulento, in paese, si dice: ”è un monaco di Tagliavia.” Ma questo, in fondo, è più folclore che coincidenza. Oggi, sotto il Santuario, si stendono centinaia di ettari di terra, di proprietà della diocesi di Monreale. A prendersi cura di quelle terre è, tra gli altri, Francesco Di Marco, figlio di Vincenzo, ex giardiniere ed autista di Riina. Piccolo, il mondo. Più di quanto uno non riesca a credere. Pare infatti che gli attrezzi usati per lavorare le terre della diocesi di Monreale e depositati proprio nei pressi del Santuario, siano quelli usati da Grizzaffi, prima del suo arresto. Grizzaffi, oltre ad essere nipote di Riina, è anche suo prestanome e dopo che l’hanno arrestato, gli hanno anche confiscato alcuni possedimenti di terra. Avrebbero dovuto confiscargli anche gli attrezzi, ma qualche Cassandra ha avvertito chi di dovere e gli attrezzi, prima sono spariti, e poi sono miracolosamente ricomparsi, pronti a lavorare le terre della diocesi. Questa sì che è una coincidenza. A Venezia, per il diritto di entrare nelle chiese, si paga. A Palermo, per il diritto di tenere aperto un negozio, si paga. La Chiesa la chiama offerta, la mafia pizzo. A chi lo diamo il prossimo otto per mille?
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BESTIALI INGIUSTIZIE di Beatrice Leucadito
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i sono diverse superstizioni che aleggiano sopra la questione della vivisezione, pregiudizi che vanno tempestivamente estirpati e rimossi perché, da sempre, un’ informazione carente e distorta costituisce terra fertile per la strumentalizzazione e l’abuso da parte dei centri di potere, titolari di interessi perversi. La vivisezione, o come sedicenti scienziati edulcoratamente chiamano “ricerca in vivo”, è uno dei più lampanti esempi di barbarie omicida che l’uomo abbia mai messo in atto. L’oggetto di queste pratiche parascientifiche infatti è qualunque tipo di sperimentazione effettuata su animali di laboratorio che induca alterazioni a livello anatomico o funzionale, come l’esposizione a radiazioni, l’inoculazione di sostanze chimiche, di gas, di agenti tossici e come, ovviamente, l’induzione forzata di malattie su esseri viventi o addirittura la selezione genetica di animali malati o con maggior probabilità di sviluppare certe malattie. Ma in concreto di cosa si tratta? Gatti con 10
il cranio segato senza anestesia e ricuciti con lo spago, cani su cui vengono rilasciate forti scosse elettriche nella bocca nelle orecchie e nei genitali, scimmie sottoposte a radiazioni fino a che non si genera un tumore, conigli completamente immobilizzati dentro scatole d’acciaio dal collo in giù nei cui occhi vengono testati per migliaia di volte al giorno ombretti, mascara e altri cosmetici. La verità sulla vivisezione è una, e cioè che testare sugli animali non è un gesto di attenzione filantropica da parte delle multinazionali farmaceutiche o cosmetiche, ma è una pratica svolta con il fine esclusivo di mettere al riparo queste multinazionali da azioni legali da parte di chi è stato danneggiato. La casa farmaceutica infatti, affermando che ha sperimentato il farmaco su un largo campione di animali, si scherma vergognosamente dietro l’attenuante di “aver fatto tutto il possibile per evitare il verificarsi di controindicazioni sull’uomo”. La verità sulla vivisezione è una, che il corpo umano non è bicompatibile con quello di greenager 02
nessun altro essere vivente e i risultati che dà un farmaco su un topo non possono che essere privi di qualunque attendibilità nell’impiego dello stesso farmaco su un essere umano (un’analisi sulla correlazione tra esseri umani ed animali per quanto concerne i farmaci, è stata tolta dalla circolazione a causa delle reazioni avverse provocate: in essa veniva dimostrato che i test sugli animali possono predire gli effetti di un farmaco negli esseri umani solo in 6 casi su 114). In farmaci usati per curare l’ictus, in certe terapie di sostituzione ormonale, nella talidomide e in migliaia di altri casi, mentre i farmaci hanno dato esiti rassicuranti su animali, hanno provocato nell’uomo infarti, tumori, a volte la morte e in alcuni casi hanno portato alla nascita di feti malformati. La verità sulla vivisezione va detta, e cioè che operatori nel campo medico utilizzano senza scrupoli animali nelle loro ricerche (ovviamente indirizzando i risultati in modo opportuno) solo per avvalorare le loro tesi, che frutteranno poi pubblicazioni lucrative e riconoscimenti accademici. La verità è che oggi sono disponibili degli eccellenti metodi di sperimentazione in silico e in vitro. Molte compagnie sono specializzate nello screening virtuale di farmaci per la ricerca di possibili effetti tossici. È disponibile un vasto range di software in grado di prevedere i possibili effetti di un farmaco, inclusi dei simulatori di test clinici molto accurati. Altre compagnie si sono concentrate nella valutazione della sicurezza e dell’efficacia dei farmaci sui tessuti umani. Uno studio internazionale lungo 10 anni, ha dimostrato che i test condotti su cellule umane maggio 07
coltivate sono enormemente più precisi e forniscono informazioni nettamente più utili sui meccanismi di tossicità di quanto facciano i tradizionali e grezzi test sugli animali. Al posto di studi pre-clinici sugli animali, i “pazienti cavia” e i volontari sarebbero protetti in maniera migliore attraverso l’adozione di studi preliminari sul microdosaggio (o esperimenti clinici in ‘fase 0’). Gli studi sul microdosaggio consistono nella somministrazione di dosi microscopiche (e sicure) del farmaco da testare in volontari che vengono monitorati attraverso degli scanners. Il microdosaggio umano, che si basa sul concetto che il modello migliore per l’uomo sia l’uomo, ci aiuta a selezionare i migliori candidati prima di completare il test, riducendo in tal modo le possibilità di fallire nelle successive fasi più rischiose e costose. La verità sulla vivisezione è una: non ci si può lavare le mani con troppa noncuranza delle istanze etiche che ci sono sottoposte da questo argomento, perché significherebbe risporcarsele col sacrificio inutile del sangue di esseri liberi, innocenti, che non ci appartengono e, soprattutto, viventi.
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di V.C.
QUARTIERI Pigneto di Valerio Corvelli
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“Ma che bello il Pigneto” antica borgata romana che di storia ne ha vista e di storia ne vedrà… greenager 02 01
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illustrazione di Valentina Tata
n triangolo di cemento che ha come vertice Porta Maggiore, dove riposa in pace da oltre duemila anni nella sua tomba, il vecchio fornaio Marco Virgilio Eurisace. La Casilina, la Prenestina e la via dell’Acqua Bullicante ne tracciano i confini e ne delimitano le dimensioni. Il Pigneto nasce tra fine ottocento e inizi del novecento ed è stato scenario di numerose produzioni cinematografiche negli anni del Neorealismo, tra le più famose “Roma Città aperta” (’45) di Rossellini, “Il Ferroviere” (’55) di Germi, “L’audace colpo dei soliti ignoti” (’60) di Loy e “Accattone” (’60) di Pasolini. La causa di tanto interesse è facile ritrovarla nella caotica conformazione del territorio che, nato dagli sforzi di privati e cooperative prive di un progetto unitario, si sviluppò tra palazzi, casette, viuzze e botteghe artigianali senza un criterio ben definito; era luogo in cui vivevano operai e ferrovieri, gente semplice e forza trainante nell’economia della città eterna, che ispirarono le visionarie regie italiane imprimendo nella cellulosa gli anni difficili di una borgata romana.
Oggi il quartiere fa parte del VI Municipio e a causa della mancanza di ampi spazi verdi e di un progetto urbanistico alle sue fondamenta, si sta cercando di riqualificarlo attraverso il ‘contratto di quartiere’, progetto in forma embrionale che dovrebbe aiutare a crescere gli artigiani, ampliare l’isola pedonale, ricoprire il vallo ferroviario per costituire aree verdi e zone adibite al parcheggio, creare una rete di percorsi pedonali e ciclabili su tutto il quartiere e aspettare l’arrivo della Metro C. Riqualificazione urbana che, da un’altra parte, implica anche un ammodernamento degli edifici che costituiscono la zona del Pigneto, in direzione di una qualità di vita superiore che non tutti si possono permettere; e da qui la logica del più forte che schiaccia il più debole, del mercato che schiaccia il piccolo proprietario di una vita che non può più permettersi di vivere lì, dove i prezzi levitano e i palazzotti si fanno più nobili.. Dall’altro lato il Pigneto è una piccola culla dove civiltà eterogenee si incontrano e convivono, senegalesi, bengalesi, nigeriani,
sudamericani, artigiani, studenti, artisti… un crogiuolo culturale in continuo movimento. Ed anche qui sorgono i problemi legati alla casa e soprattutto all’affitto e al cosiddetto ‘posto testa’: immigrati costretti a pagare 100/150 euro a testa per dividersi a turnazione uno spazio coperto dove dormire per qualche ora, anche solo una striscia di corridoio (La Repubblica 30/01/2007: “in 60 si dividono 150 metri quadri al Pigneto”). Tra problematiche sociali e impennata degli immobili continuano a svilupparsi le nuove tendenze e quell’onda ‘callejera’, tanto cara a noi giovani, che rende il Pigneto luogo di aggregazione nelle magiche notti romane. Dove ci si può permettere di mangiare qualcosa in giro tra amici senza esagerare col conto e i prezzi per un bicchiere di vino o una birra sono abbordabili. Intanto nuove idee e forme alternative di interpretare il nostro tempo continuano a svilupparsi attraverso l’estro degli artisti che amano e vivono il Pigneto, che Pisolini descrisse così: “La corona di spine che cinge la città di Dio”.
l’intervista
LIVING ON THE EDGE Mo’ mi tocca prende l’autobus di L.B.
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abriele ha ventiquattro anni e lavora come manovale nella ditta di suo padre da otto. Una sola grande passione: le automobili. Ha preso la patente a 18 anni un mese ed un giorno e ha coronato immediatamente il suo sogno comprando una Punto a rate. In realtà non si tratta di una Punto normale ma di un bolide giallo che raggiunge i 200 Km/h in pochi secondi, con alettone, minigonne, scarichi e tutto il resto che attualmente è parcheggiata al deposito giudiziario.
Com’è iniziata la passione per il tuning? Le macchine mi sono sempre piaciute, a dieci anni già sapevo come funzionava un motore. La fissa per il tuning invece m’è venuta a diciassette anni quando m’è capitata in mano una copia di Elaborare, uno dei giornali più di L.B. famosi che danno consigli su come trasformare le macchine in razzi a quattro ruote.
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E le gare? Beh su internet avevo beccato un sito di tuning e li sono entrato in contatto con dei ragazzi di Roma per avere informazioni sui negozi dove poter trovare le attrezzature sportive per la personalizzazione delle macchine. Piano piano sono entrato in confidenza con uno di questi che mi ha inserito nel circuito delle gare clandestine. Ti ricordi la prima gara? E chi se la scorda. Stavo a duemila, me la giocavo con uno che posava il culo su una FIAT coupè. Pioveva e quando siamo partiti mi è pure venuto in mente di lasciarlo andare. Ma poi mi sono fatto coraggio e l’ho “sverniciato” in curva, sentivo le gomme al limite. All’arrivo non ci credeva nessuno, avevo vinto io. E poi l’epilogo... Una retata in piena regola. Io come uno scemo ho provato a darmi ma all’Alfa della Polizia non si scappa manco co’ l’aereo.
Dopo 5 chilometri m’hanno beccato. Come diciamo noi ho fatto il botto con l’Articolo 78 e mo’ c’ho l’abbonamento dell’ autobus. Adesso inseguirai le minigonne delle ragazze piuttosto che quelle delle automobili... Continuo a inseguire tutte e due, ovviamente non faccio più gare ma continuo col tuning. Trasformare una macchina, renderla unica, farla diventare veramente tua è la cosa più bella del mondo. Partecipo ancora ai raduni. A proposito fammi dire che i raduni non centrano niente con le gare, sono solo riunioni di gente con belle macchine che vogliono metterle in mostra. Troppe volte ho visto sequestrare automobili con accessori, tra l’altro omologati CEE, con la scusa che stava per avere luogo una gara clandestina. Bel discorso, vuoi aggiungere altro ? Si, mi sono ritirato imbattuto, soprattutto sul bagnato non ho rivali.
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uno tecnico, che riguarda la struttura in sé, l’altro economico. Non avendo aiuti è difficile quadrare i conti, anche perché la nostra filosofia è di non sfruttare nessuno, quindi teniamo bassi i prezzi di iscrizione, ma dobbiamo comunque pagare gli insegnanti. Da dove viene l’esigenza artistica di aprire una scuola di circo? Il nuovo circo, quello cioè senza animali, è una realtà che è esplosa in tutto il mondo, ma come al solito l’Italia non è stata al passo coi tempi. Con questo non vogliamo dire che da noi non ci sia un buon livello artistico, ma che non è riconosciuto. Il nostro scopo è quello di consolidare questa realtà, unire le forze per alzare la qualità. E poi perché queste discipline ti insegnano a conoscere te stesso, a capire che corpo e mente sono strettamente collegati. Nei corsi infatti ci sarà
sport
rubrica
CHECK IT OUT Scuola Romana di Circo
Incontriamo Catia Fusciardi, presidentessa della scuola. Cos’è la scuola romana di circo? E’ un obiettivo. Purtroppo non siamo ancora una scuola vera e propria, con orari convenzionali e un calendario complesso, anche se quest’anno le cose sono andate bene. Agire da soli è molto difficile, autofinanziati in tutto e per tutto. Ma dal prossimo anno, invece di tirarci indietro rilanciamo. Apriremo la prima classe. Quali saranno le discipline insegnate? Acrobatica, giocoleria, danza, equilibrio, aerea e formazione professionale per animatori e artisti di strada. Le classi saranno composte da un massimo di venti persone e l’orario sarà dalle nove alle tredici. Purtroppo non abbiamo ancora un luogo definito. Non è facile trovarlo per due motivi,
una componente pedagogica che si rifarà alla Bioenergetica, che insegna la consapevolezza che tu non sei solo mente, ma anche corpo. Devi conoscere e ascoltare il di tuo Simone corpo Pellegrini perché ti manda segnali proprio come la mente, solo che in occidente non si è abituati a sentirli. Quali saranno le prossime rappresentazioni? Il 25 maggio non potete mancare al Gran Galà Internazionale di Nuovo Circo, regalato da noi alla città di Roma. Regalato perché l’ingresso sarà gratuito, mentre lo scorso anno si pagava 5 euro. Ci saranno artisti provenienti da tutto il mondo, molti dei quali parteciperanno a costo zero, proprio perché credono nel nostro progetto di scuola. La speranza è che a forza di insistere qualcosa si muova a livello istituzionale per dare il giusto peso a questo tipo di arte. www.scuolaromanadicirco.it
di L.B.
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musica
arte
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ZU sociale
rubrica
di Cesare Vernetti
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rmai capita che parlando di sperimentazioni o di progetti fuori dai consueti schemi musicali, si vanno sempre a tirare in ballo gli ZU. Noi della Greenager li abbiamo incontrati nella loro unica data romana, il primo aprile al Circolo degli Artisti, all’interno dell’evento da noi organizzato, per la rassegna “Arte del Territorio/Territori dell’Arte”. Questa band capitolina ha saputo ritagliarsi uno spazio esclusivo nel settore della musica sperimentale, non solo nel panorama
italiano, ma anche e soprattutto in quello internazionale. Prima di affermarsi in casa infatti, erano già una concreta realtà fuori dal nostro limitato paese. Testimonianza sono i loro tour in quasi tutto il mondo (U.S.A., Giappone, Russia, Africa) e le collaborazioni con alcuni dei migliori musicisti di adesso (Mike Patton, Thurston Moore, Kim O’Rourke). Gli ZU sono tre: Jacopo Battaglia alla batteria, Luca Mai al sax baritono e Massimo Pupillo al basso.
Quando nascono gli ZU? Jacopo: - Il progetto ZU nasce nel 1997, ma eravamo già coinvolti in altre esperienze musicali, fin da piccoli. Io e Massimo ci conosciamo da quando avevamo 14 anni. Ci siamo incontrati in un gruppo, al quale nel 1994 si è unito anche Luca. Già da allora iniziammo a sviluppare il nostro tipo di linguaggio musicale, che ci ha caratterizzato negli anni a seguire, fino ad arrivare al 1999, anno di uscita del nostro primo disco. Nei primi anni della vostra carriera avete collaborato spesso con il teatro. Questa esperienza come ha influenzato il vostro percorso musicale? Massimo: - Ci ha fatto capire che il linguaggio musicale non è per forza legato al concetto standard di canzone, ma che si potevano trasmettere lo stesso concetto e le stesse
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emozioni in forme differenti. Sicuramente l’esperienza con il teatro ci ha trasmesso disciplina, in quanto sul palco hai delle precise limitazioni di tempo e devi stare sempre in determinati parametri, senza andare oltre. Oltre ad essere un ottimo gruppo, da qualche anno promuovete un festival musicale da voi creato, lo Zufest. Cosa ci dite di questa iniziativa? Massimo: - Lo Zufest si svolge ogni due anni. Girando in tour in per tutto il mondo, siamo in contatto con moltissime realtà musicali molto interessanti. Per questo motivo abbiamo voluto creare un avvenimento all’interno del quale è possibile portare alla luce queste realtà, in modo che vengano apprezzate anche in Italia. www.myspace.com/maledettidispo
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NOHAYBANDATRIO di Cesare Vernetti
I romani Nohaybandatrio sono Marcello Allulli, sax e live electronics, Fabio “Reeks” Recchia, basso e chitarra, ed Emanuele Tomasi, batteria e percussioni. Gruppo di notevole talento, che ha fatto dell’improvvisazione il proprio cavallo di battaglia. Spaziano dal post-rock al funky, dall’hardcore al jazz, senza mai perdere di vista l’elemento armonico. Il gruppo nasce tra il 2004 e il 2005, durante una “session” d’improvvisazione in studio, caratterizzato fin dall’inizio dalla tecnica usata da Fabio “Reeks” di suonare basso e chitarra come se fossero delle tastiere.
Come inizia questo progetto musicale? Fabio: - Tutto è nato dal caso, dal piacere di suonare insieme. Siamo amici da molto tempo e
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tutti con una grande passione per la musica. Quest’ idea nasce dalla voglia di rifare dei pezzi di 10 anni fa suonati su tastiere, riarrangiati da
noi per basso, chitarra, sax e batteria. Cosa ti ha spinto a suonare basso e chitarra in questa maniera? Fabio: - Io sono tastierista, è stata un’esigenza di suoni. I pezzi che suonavo su tastiere e synth non mi soddisfacevano completamente, non erano come volevo che fossero. Quindi ho provato a renderli più “rock” nell’approccio, nel suono. Risultato che ho ottenuto suonando basso e chitarra come se fossero un pianoforte elettronico.
Ormai anche voi siete parte del panorama “jazz-core”, come giudicate questa definizione? Fabio: - Questa catalogazione fa sicuramente comodo per incanalare un determinato tipo di pubblico e per cercare di far capire subito l’estrazione musicale di un gruppo. Roma è piena di particolari progetti strumentali di sperimentazione. Per quanto riguarda noi, quello che cerchiamo è di portare avanti un approccio melodico e tematico in una canzone, non ci interessa risultare
chissà quanto originali, ma ci interessa creare dei pezzi che si possano ricordare. Ultima domanda. Cosa ne pensate della scena musicale romana? Fabio: - La scena musicale romana è piena di buone intenzioni, purtroppo non ci
sono dei contesti adeguati dove poterle sviluppare. Roma è una capitale quasi esclusivamente di musica elettronica, da discoteca e non da molto spazio a una situazione di concerti live. http://www.myspace.com/ nohaybandatrio
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di Cesare Vernetti
I Thrang sono un quartetto di Roma e fanno parte di quella scena musicale sperimentale che da qualche anno ha trovato spazio nel contesto capitolino. I componenti sono Tommaso Moretti alla batteria, Fabrizio Colelli alla chitarra, Gabriele Mengoli al sax e Alessandro Bonanni al basso. Nel 2005
hanno vinto il concorso musicale Martelive, nel 2006 hanno vinto le selezioni regionali di Arezzo Wave. Il loro “live-set” è caratterizzato da un’unica esecuzione, senza soluzione di continuità, che alterna momenti corali ritmicamente molto serrati a segmenti d’improvvisazione “free rumoristica”.
Come vi siete formati? Tommaso: -Per caso. L’elemento che ci ha unito è stato John Zorn. Ci siamo incontrati su un suo Topic (forum su internet, ndr), nel quale si parlava di un suo concerto. Da lì abbiamo deciso di provare a suonare insieme e dopo un anno e mezzo di abbiamo fatto uscire il nostro primo demo. Le vostre influenze musicali? Fabrizio: - Ognuno di noi ha influenze diverse, anche se abbiamo delle basi comuni. Oltre John Zorn per esempio apprezziamo da sempre i lavori di Mike Patton (Mr. Bungle, Fantomas ecc..), seguiamo molto anche la
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e
jazz
Anche voi siete stati inseriti nel contesto “jazz-core”. Vi ci riconoscete? Gabriele: - Non siamo jazz-core, in realtà non ci abbiamo mai pensato a fare jazz-core. Questa catalogazione sarebbe più giusto attribuirla a gruppi come gli Squartet, nei quali si sente molto l’impronta jazz. Noi ci siamo dati una definizione nostra, facciamo pulp-music. Anche perché ormai basta che un gruppo sia strumentale e abbia un saxofono per essere definito jazz-core. Ci sembra limitativo. Pulpmusic perché la nostra musica è caratterizzata da un approccio meta-stilistico, in altre parole continui cambiamenti di stile uno dopo l’altro, sovrapposti in maniera delirante. Devo dire comunque che rispetto ai nostri inizi siamo cambiati. Tommaso: - Continuiamo a lavorare molto sull’improvvisazione, sul concetto di delimitazione d’improvvisazione, cercando di creare nuovi suoni, concretizzando un certo tipo di sonorità. Alessandro: - A differenza di qualche anno fa, ora cerchiamo di raggiungere una continuità musicale dei pezzi, di amalgamare la nostra musica, di renderla più omogenea, a differenza di prima dove eravamo molto più frenetici. http://www.myspace.com/thrangh
foto di Stefano Ruffa/Studio Maggi
THRANGH
scena musicale di avanguardia. Gabriele: - Soprattutto rock sperimentali.
Adriano Bono: voce solista, chitarra classica.
Valerio Guaraldi: chitarra acustica.
Caterina Quaranta: flauto traverso, fisarmonica, cori.
TRIBÙ ACUSTICA
di S. P. e C. V.
La Tribù Acustica è una formazione che ripropone le radici più profonde della musica Giamaicana, spaziando dal Reggae al Calypso, dal Mento al Nayahbinghy. Si definiscono “tribù” poiché la formazione è sempre aperta alle più svariate collaborazioni e non ha quella rigidità di formazione che accomuna molti gruppi. Da dieci anni fanno ballare e divertire la gente con concerti pieni di allegria ed energia positiva. Il loro repertorio va da rivisitazioni di classici Giamaicani e non fino a pezzi originali, come “Me ne vojo annà” ormai diventata un “cult”, arrangiati sempre con una cura particolare. All’attivo hanno due album “Tribù Acustica” (Gridalo Forte Records, 1999), “In This Time”, con Max Romero (Satta Records, 1999) e numerose partecipazioni a compilations, ultima delle quali è “Strummer: a Clash tribute” (Raged Records, 2006). Senza andare troppo nel dettaglio lasciamoci raccontare da Giulio Ferrante, contrabbasso, Danila Massimi e Giuliano Lucarini, percussioni. maggio 07
Danila Massimi: percussioni, cori.
Salvatore Mostacci: mandolino, armonica.
Qual è l’origine della Tribù Acustica? Giulio: - L’origine la si deve ad Adriano, Valerio e Giuliano, nucleo originario della Tribù. Vicino casa di Adriano c’era un pub che chiedeva in continuazione gruppi acustici per le serate così una volta si proposero per suonare. L’esperienza andò bene e decisero di continuarla e di portarla in studio per cercare di realizzare qualcosa di concreto. Quando li ho conosciuti, notai che mancava il basso così ne approfittai per inserirmi nel gruppo. Il fatto è che suonavo il basso elettrico e avevo paura perciò di violentare il loro sound, ma assolutamente non avevo i soldi per comprare un contrabbasso, strumento abbastanza impegnativo. Allora mi ricordai di un gruppo, i Cinansky, nel quale il basso era costituito da una cassa di legno, un manico di legno ed una corda
e suonandolo le frequenze si avvicinavano molto al contrabbasso. Così ho iniziato la mia avventura con la Tribù Acustica che fortunatamente continua ancora. Danila: - Col passare del tempo poi si sono aggiunte altre persone a questo progetto, fino ad arrivare all’attuale formazione. Formazione che si amplia quando andiamo a registrare, dato che amiamo chiamare sempre altri musicisti a collaborare con noi. Da dove vengono le vostre sonorità? Giuliano: - Prendiamo ispirazione da due generi musicali mischiati, Mento e Calypso, in voga ancora prima degli anni cinquanta. Che io sappia siamo l’unico gruppo italiano ad avere questa sonorità. Molti artisti giamaicani che conosciamo rimangono stupiti quando sentono un suono delle loro origini, delle loro radici, della loro gioventù fatto da
Giuliano Lucarini: percussioni, cori.
un gruppo italiano. Giulio: - E proprio questo motivo ci ha portato a lavorare con Max Romero, grande cantante reggae degli anni settanta, con cui abbiamo registrato il nostro secondo cd ufficiale. Disco abbastanza particolare, dove trovi un’icona della musica giamaicana suonare con un gruppo italiano che fa musica pre-Reggae. E’ stato un lavoro che ci ha condotto ad un importante festival in Belgio, il Reggae Geel. Danila: - E’ stata un esperienza unica, mischiarsi, scambiarci consigli con altri gruppi giamaicani. Il vero piacere è stato il fatto che siamo piaciuti molto, infatti dopo questo festival molti artisti hanno voluto fare delle canzoni sulle nostre basi musicali. Lavori che comprendono musicisti del calibro di Luciano, di Michal Rose e sono usciti su vinile, grazie alla Satta Records. La speranza è che escano prima o
Giulio Ferrante: contrabbasso, tea-case, voce.
poi anche su cd. Qual’ è stato e qual’ è un elemento importante nella vostra musica? Giuliano: - La contaminazione è importante, di stili, di idee. E la voglia di esprimere qualcosa di tuo. Quando vai a riprendere un vecchio genere musicale, non devi guardarlo come un archeologo. La musica è qualcosa di vivo e l’unica maniera per rispettare la tradizione e per inserirti in uno stile è quello di renderlo tuo, di reinterpretarlo, per dargli nuova linfa vitale. Se fai una copia esatta, la canzone non esprine niente, non è viva.
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arte
ARTE DIFFUSA A
sociale
di A. P. e G.V.
TEMPORARY LOVE AN UTOPISTIC PROJECT BETWEEN ART AND FASHION Via di San Calisto, 9 www.temporarylove.net Qui a Temporary Love si vendono e si ammirano oltre alle opere d’arte, anche borse, abiti e molti altri articoli, disegnati da diversi artisti oppure realizzati dallo staff di Temporary Love utilizzando i disegni dell’artista per realizzare capi unici ed irripetibili
B B5 Via Agostino Bertani, 5 www.bertanicinque.it Laboratorio, galleria e scuola L’associazione B5 nasce dal lavoro pluriennale di un gruppo di grafici,fotografi, illustratori, archeologi, giornalisti, registi, con l’intento di promuovere momenti di ricerca, incontro, confronto e crescita professionale nei campidelle arti e delle comunicazioni. 20
C RIALTO SANTAMBROGIO Via di Sant’Ambrogio, 4 www.rialtosantambrogio.org Il Rialtosantambrogio sviluppa un progetto di politica culturale, aperto a 360 gradi su tutti i linguaggi artistici contemporanei, attraverso una programmazione di eventi, che vanno dal teatro, alla musica, alle arti visive, divenendo un punto di riferimento sul territorio nazionale per tutte quelle esperienze artistiche “non convenzionali” e di ricerca.
D
Via di Sant’Ambrogio 4 Via di San Calisto, 9.
A
CAFFE LETTERARIO Via Ostiense, 95 www.caffeletterario.it Spazio interculturale radical chic nato dall’idea di coniugare una libreria a un caffè pensato come luogo culturale. Arredamento di design, spazio espositivo, una sala video e inoltre studi di produzione televisiva di nessuno tv.
via Agostino Bertani, 5
B
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Via Ostiense, 95
D
E E Reggio Emilia n. 32 c/d
LA MONDO BIZZARRO GALLERY offre una nuova vetrina per l’arte contemporanea d’avanguardia. Arte figurativa “newpop” e neo-surrealista, oltre all’arte erotica, sono le specialità di questa insolita galleria. Nella stessa sede una libreria decisamente alternativa dove scovare libri, riviste introvabili cataloghi, tirature limitate di pregio e gadget per intenditori, collezionisti o semplici curiosi. Dal 5 maggio al 5 giugno Twenty Chastis’d di Erich Von Gotha (disegni erotici)
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Via dei Marzi, 246
Reggio Emilia n. 32 c/d www.mondobizzarro.net
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G H
Via Ascoli Piceno, 44
I
F ESC Via Dei Reti 15 (San Lorenzo) www.escatelier.net ESC è un atelier occupato, un laboratorio di sperimetazione culturale. Le mostre di giovani artisti, le serate musicali, le performance teatrali, la produzione audio-visiva sono una costellazione mutevole e però permanente della programmazione culturale di Esc. Dal 4 maggio 2007 International Poster Art
G BOCCA DI DAMA Via dei Marzi, 246 (San Lorenzo) Laboratorio di cucina artigianale nello storico quartiere di San Lorenzo. Lo spazio elegante e minimal tra biscotti e dolcetti si propone come ambiente espositivo.
H EX PASTIFICIO CERERE Via degli Ausoni, 7 Info@pastificiocerere.it Famoso insediamento Industriale Romano innalzato nel 1902. Architettonicamente riscattato grazie all’intervento di un gruppo di artisti, decisi a recuperarlo per stabilirvisi e svolgere qui il loro lavoro.
I SEX BONES Via Ascoli Piceno, 44 (Pigneto) Originale concept-Store di autoproduzioni dove trovare di tutto e tutto assolutamente handmade.
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comix
Marte
di Liska - Fumetti Dissoc
iati
sociale
rubrica
SCEGLI LA CURA di Cristiano Cappi
Un bel giorno nella Germania della prima metà del secolo scorso, un potente gruppo industriale chiamato “Interessengemeinschaft Farben” (meglio ricordato come “IG Farben”), promosse con una donazione di 400.000 marchi il partito nazista del futuro Fuhrer. Ingenuità? Interesse? Fatto sta che di lì ad una decina di anni (eravamo infatti nel 1933), milioni di persone si ritroveranno costrette a rimpiangere con orrore la scelta operata da quel potente “cartello” composato dalle
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principali industrie chimiche e farmaceutiche tedesche (BASF, Bayer, Hoechst ed altre). Ma questa è solo demagogia! È facile parlare male del passato, specie della Germania nazista. Quel che invece può risultare più interessante è che alcune di quelle stesse case farmaceutiche continuano ad avvelenarci con le loro “libere scelte”. “Scelte” perché vorremmo poter avere la speranza che, quelle centinaia di milioni di persone in tutto il mondo che per curarsi usano i prodotti della farmacia occidentale, lo facciano appunto per libera scelta e non perché indotti da una dipendenza o magari anche solo da una apparente mancanza d’ alternativa. Ma l’ ottimismo e la buonafede vanno presto in crisi quando si legge: - Fino al 25-33 % di tutti i pazienti a cui è stato prescritto un ipnotico ansiolitico o sedativo hanno ricevuto un tale trattamento senza che gli sia stato diagnosticato un disturbo psichico - Nell’ottobre 2000 la Commissione Unica del Farmaco (CUF) e il Dipartimento del Farmaco del Ministero della Sanità hanno invitato la ditta “Novartis” a
presentare richiesta per la registrazione e la commercializzazione in Italia del metilfenidato idrocloride, noto con il nome commerciale di Ritalin (farmaco ritirato nel 1989). -Una signora di Legnano preoccupata per la linea, in coma per un misto di derivati delle anfetamine, diuretici e caffeina. - Una ventiseienne dell’ Eur morta a causa di un cocktail di farmaci dimagranti a base di anfetamine. A questo punto viene da chiedersi se come e quanto curarsi può ancora essere una scelta. Come può un bambino affetto da ADHD (disturbo dell’ attenzione) far presente che l’ anfetamina in sintesi non è una soluzione valida a quello che è stato indicato come un suo problema? O analogamente un depresso o un obeso, dove trova la forza per non rifugiarsi nella semplicità del nuovo/ nuovissimo farmaco miracoloso? Ma poi per fortuna, ci dicono che dove non arriva la morale individuale arriverà l’ etica, il che significa che potremo salvarci col diritto. Ricapitolando: ciò che può risollevarci dalle nostre debolezze è proprio quel diritto che permette ai “mostri dell’ industria” di
venderci farmaci a base di droghe e che però al contempo vieta negli ospedali l’ utilizzo di quelle stesse droghe (risultate da studi invece potenzialmente molto utili in diverse applicazioni, specie nella “terapia del dolore”). L’ Occidente palesa così un’ etica pericolosamente bidirezionale, alimentando sempre più il dubbio del suo occultato (anche se difficilmente occultabile) ed esclusivo orientamento verso il profitto. Mentre noi parliamo intanto le medicine testate, autorizzate, prescritte e normalmente usate, continuano ad essere la quarta causa di morte comune in USA, secondo l’autorevole Journal of the American Medical Association (JAMA). E’ come se precipitasse un Boeing 747 al giorno, dai 90 ai 160 mila morti l’ anno. Solo l’ aspirina uccide con i suoi effetti collaterali 46 persone al giorno. A questo punto la nostra morale malata, a dispetto di ogni presunta etica, ci fa pensare che continuano ad essere meglio diciotto ore ballate in uno spettacolare rave party, a base di bassi e MDMA, che una sola pillola-killer consumata nella solitudine della propria falsa speranza.
Medicinali contenenti anfetamine o sostanze ad esse simili Medicinale (specialità) Principio attivo Ritaline Metilfenidate Dexamin Desanfetamina Ionamine Fentermina
Modalità di vendita
Applicazione
A+ A+ A
- Psicoanalettico, sindrome ipercinetica infantile - Anoressizzante che agisce sul sistema nervoso centrale “ “
Normaform
Fentermina
A+
“ “
Regenon
Anfepramone
B
“ “
Adistop, Belloform
Catina
B
“ “
Dexatrim
Fenilpropano-lamina
C
“ “
C/D
- Contro la tosse e il raffreddore
Pretuval (e altri prodotti generici simili) Efedrina
77 FM di Massimo Pasquini
E
ra il ‘Gatto mammone’ dei Tarantolati di Tricarico. Qui 77 FM. C’è Mino in linea. Allora, che racconterai tu tra trent’anni? ‘Che ho attraversato il 77 come il 77 ha attraversato la storia. Una caccola, una caso, un universo.’. E tu Sara che diresti tra trent’anni? ‘Che da soli non si poteva fare l’Asino che vola’, una spesa proletaria, una musica muzac, una copia di Oask. O una radio. Chi era opaco prima sarà opaco dopo, chi era luminoso sarà sempre luminoso. In mezzo corpi felici, solo il tempo di un battito d’ali’. E Meski che ci dice? ‘Non dirò mai ho fatto il 77, come non ho mai detto ho fatto il 68. Ho solo provato ad alzarmi in volo un paio di volte nella vita. Perché c’era uno stormo di pennuti intorno a me. E troppi cacciatori sullo sfondo...”
E
ra ‘Maramao perché sei morto?’ del Trio Lescano, libera rivisitazione delle Quattro Gatte. C’è in linea Bufalo Zoppo. Che racconto ci racconti? “Era in galera e scriveva sul muro Viva la libertà. Sono venuti i secondini e l’hanno cancellato lettera per lettera. Ma così la scritta si leggeva ancora di più. Allora hanno cominciato a prenderla a colpi di martello. E Viva la libertà è rimasta scolpita nella parete. Allora sono tornati col piccone e hanno distrutto le parole. E con loro la parete. E lui è uscito nell’aria fresca del mattino...”
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E
ra la fanzina ‘Rude Pravda’ dei CCCP. Berlinguer li chiama sacrifici, Andreotti fioretti. Che sacrifici siete disposti a fare compagni per un buon compromesso storico? “Demolizione degli zoo e conseguente retribuzione dell’ozio giovanile”. “Io sacrifico l’erba per riempirci i cannoni”. “Io ci metto l’amante del mio uomo, che è mia amante”. “Io prometto di fare spesa proletaria solo alla Coop”...
E
ra ‘Coney Island Baby’ di Lou Reed. Le Bierre. Io non so voi, ma mi fanno l’effetto dei baroni universitari. Tenutari della verità e del comportamento. Hanno fatto fuori Fulvio Croce, vabbè il capo degli avvocati; e poi Carlo Casalegno, che è un giornalista. Stanno sempre a dare lezione a qualcuno come professori di lotta armata del movimento proletario. C’è Gianna in linea. “Io non sto con loro ma nemmeno con il PCI. Saranno compagni che sbagliano, ma quando c’hai il mitra in mano mica puoi tanto sbagliare...” Cioè sparare a un poliziotto è una cosa, sparare a un servo del potere è un’altra? Sentiamo Polly. “Io so solo che se si vive da clandestini non si vive nel movimento. Io cerco di vivere l’impossibile insieme agli altri. Fino a quando non ce lo impediscono. Quando siamo stati caricati a piazza Venezia e ho visto le teste fracassate dei compagni e la compagna che cadeva senza una parola e poi qualcuno che rispondeva al fuoco, se c’avevo una pistola la usavo pure io...”
E
ra ‘L’avvelenata’, l’unica canzone di Guccini che non porta sfiga. C’è un messaggio per tutti: Compagni, il 20 marzo tutti a Montalto di Castro per celebrare con noi la primavera e la vita sul luogo dove le lingue biforcute vorrebbero costruire una centrale atomica di morte. Contro la centrale nucleare facciamoci uno spinello naturale. In ogni caso, dopo Marx arriva Aprile...
E
ra ‘Sono rozzo, sono grezzo’ degli Skiantos. Compagni, diffidate della realtà c’è scritto su Oask. E fornite informazioni false che producano eventi veri. Oggi appuntamento a Villa Palladini, che il comune vuole espropriare. Restituiamola ai ragazzini a colpi di poesie e animazione. E questa è roba vera. Gli indiani hanno sottratto un lama dallo zoo per salutare l’arrivo di Lama all’Università. E questa è una notizia arbitraria. Marcello Baraghini sta in galera per avere scritto la verità. E questa è controinformazione.
E
ra ‘Horses’ di Patti Smith. Questa è la mia voce che vi parla da 77 FM, che la vogliono chiudere. Il movimento è i nostri morti, Giorgiana, Francesco, Walter. E i nostri vivi, decine di migliaia di cuori. E’ i sampietrini a Lama e i gambizzati delle Bierre. E gli agguati fascisti e i candelotti della PS. E’ Charlot e Totò, la roba pesante e le P 38. E’ Il Piccolo Principe e Il Signore degli Anelli. Il movimento è l’assalto all’armeria, la chiusura di Radio Alice, lo sgombero dell’Orso 88. E i girotondi, le compagne che schifano i maschilisti, le piume al vento, il tempo perduto, il flauto spezzato. Il movimento è questa voce. Che è l’ultima volta che vi parla. Ma non starà mai zitta, lo giuro.
7 0 0 2 E L I R P 1˚ A
Nohaybandatrio, di panico. Grazie ai nto ce sei di più o ti e a Joe Lally, vissuto. omboclatta! Eravam geniali, agli Zu, poten gli de lo co Cir al ta “Imago Arts/ Domenica primo aprile e alla premiata dit azi Gr e ch ne be si to così o per uno così non Artisti. Tutto è anda Mars Video” (citati un nti di me zia gra e rin o i r Fill , pe o go azi renzo, Die utilizziamo questo sp offendono: Simone, Lo suo staff (i fonici, le al e lo co Cir eo dell’evento, che al vid e o azi rito. Gr Lele) per il bellissim tà bili ssi po la r pe i) nutentor fotografico che ragazze al banco, i ma line e per il servizio on è tto ge pro o str inserire il no a. E ancora: grazie a che ci è stata offerta di vedete in questa pagin rritori /Te rio rito Ter l de rte Tiziano, Daniele, nella rassegna “A Damiano, Alessandro, o esc nc Fra a zie gra tto drea, Luca, dell’Arte”, ma soprattu Micaela, Dario, An i molto liberi, a oc nd cia las i uit seg perché sono che ci ha Loredana, Fernando fianco dei al ssa ca in ta sta è Marco Acciari. Emanuela che dei nostri. Grazie a un no tto de ha ci n no e ch più grande è a nostri e a Valentina Infine, giàsai, il grazie enti iam mb ca ai e i ion saz nostra serata, riguardo alle improvvi voi che siete venuti alla k roc JB e nd mo .Cè, Dia A presto. Azz!! in scaletta. Grazie a Ali che è solo la prima. rtina per il Ma a zie gra e ing int ci ringraziamo per l’action pa Un’altra cosa, stravolta ro. iet ind ta tira i ers zione. fuoco e per non ess anche noi dell’associa , per il suo fantastico pa Pe alla zie io e Simone, che gra ler er Va , Un sup Grazie a Fabrizio i rin ca Lu o lian Giu ici/he, a me un secchio. show e per i suoi am ci siamo fatti un culo co gente del a, ett dir lui da ca rac e alla Banda Ca discreta nei momenti mestiere che è stata 26
foto di Imago Arts foto di Jaques Fargion
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greenager 02
da Andrea festina.lente@hotmail.it
- Non capisco che vi cambia se vengo o no. Dai Ale sto a casa, non c’ho voglia, poi tanto sono quelle serate del cazzo che voi ci andate solo perché fate parte dell’organizzazione e io non conosco nessuno. Davvero, vi ringrazio ma non mi va. Poi stasera è il compleanno di mia nonna, c’ho i parenti… -. Mento col vantaggio di non essere visto. - Va be nerz io te lo dico un’altra volta sola poi fottiti. Se vieni ci fa piacere. Sarà pieno di gente strana, suonano gli Zu che io nemmeno li conoscevo e me l’hai detto te, il Circolo è fico, si mangia a scrocco e magari c’è pure qualche groupie sportiva che ti fa passare la serata in modo inaspettato. Fai te. Fanculo -. CLICK. TU-TU-TU. Ma chi sono un pervertito? Sto qua su camfrog a farmi un’altra sega su un’altra giapponese in video invece di uscirmene coi miei amici scoppiati a divertirmi. Non sto bene, per niente. E dai va, stasera si esce, stasera faccio finta di essere uno normale e me ne vado al Circolo. Recupero le mutande per terra e mi affretto lento verso
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il bagno: doccia sommaria, calzoni strappati da alternativo del cazzo, camicetta nera esistenzialista e cappello calato in testa che non mi si riconosce neanche da vicino. Ne giro una per non perdere l’abitudine e mi invespo sulla Casilina. - Eccolo eccolo, il coglione. Dice che non viene per fare il fico. Ma chi sei Nanni Moretti? - No è che avevo mia nonna a cena. Allora non sapevo seee…. - Ma non dire cazzate che lo sappiamo tutti che stavi su camfrog -. I ragazzi mi conoscono. - Va be ho capito, io entro. Cazzo 8 euri? - TESSERA ANNUALE GREENAGER!!! – mi fa la ragazza all’entrata. - Va be, ma chi so’ sti Greenager? - ASSOCIAZIONE CHE ORGANIZZA EVENTI, SE HAI LA TESSERA AI PROSSIMI NON PAGHI!!! - mi ripete in automatico, che l’avrà già detto 300 volte. - La solita scusa – dico. Comunque entro, mi faccio un giro e l’ambiente è niente male: fuori si dipinge sotto effetto di droghe strane, dentro quadri appesi e divanetti, intravedo pure una drag – queen che gira sciolta ed era vero, si mangia a scrocco. Ma soprattutto ad un certo punto
la vedo, lei, bionda, fantastica, innaturale. Rimango con la forchetta in bocca e lei mi sorride. Io mi giro di scatto, che mica ce l’avrà con me. Invece si avvicina: - Ciao io sono Anna, non mi fanno entrare col cane, ti va di accompagnarmi a dargli da bere? Ancora non realizzo ma abbozzo un “sisi” con la testa, mi prende sotto braccio e andiamo fuori. Passo davanti agli amici che guardano increduli, ma non parlano perché la scena è troppo inaspettata. Io sono almeno 5 centimetri più alto del solito. Stiamo una mezz’ora buona a dialogare, e a un certo punto dico: - Entriamo? Inizia il concerto. - Non ne ho voglia sai? Se vuoi però possiamo andare da me, abito qui vicino? - Senti Anna io te lo devo dire, qua in questo posto manco ci volevo venire, ma te adesso mi stai convincendo che una cosa migliore non l’ho mai fatta. Ma sta succedendo o sono ubriaco? Chiama il cane e ci incamminiamo. È passato un mese e ancora mi ci vedo con Anna. Ho speso 8 euro e nemmeno ho visto il concerto degli Zu, ma volevo comunque ringraziare la Greenager perché è paroparo un mese che non vado più su camfrog, e questa è già una gran cosa. Alla prossima.
10 MODI PER... ridurre il traffico 1 Eliminare il giallo dai semafori. 2 Asfaltare i fiumi. 3 Assumere la suocera di Totti nei vigili urbani. 4 Eliminare le strisce pedonali. 5 Mettere anfetamine nell’acqua potabile. 6 Istituire la pena di morte per chi parcheggia in doppia fila. 7 Trovare una donna al portavoce di Prodi, Sircana. 8 Produrre macchine più veloci. 9 Dare a Lapo un ruolo più importante in FIAT. 10 Usare i mezzi pubblici per arrivare al garage.
Continua il progetto “Ai confini di un sorriso” promosso da noi della Greenager insieme all’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma. Per informazioni le notizie utili sono sul nostro sito, www.greenager.it , nel quale c’è una pagina specifica periodicamente aggiornata. Ringraziamo ancora la dottoressa Carla Carlevaris, responsabile della ludoteca che ci ospita, Micaela Castellani, responsabile del nostro progetto e gli animatori che la affiancano.