Mario Schifano e le contaminazioni massmediatiche

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MARIO SCHIFANO e le contaminazioni massmediatiche

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Greta Maccari Corso di Semiotica per il design Docente Francesca Polacci A.A. 2020-2021

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"Capire Mario Schifano è solo apparentemente facile. Un talento prodigioso, una produzione torrenziale, una biografia da romanzo e perfino il rovescio della medaglia della popolarità – la falsificazione –, tutto insomma concorre ad alimentare il mito e a imbrogliare il filo del discorso critico."

- Maria Vittoria Marini Clarelli (Soprintendente alla Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea di Roma)

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Indice

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01

Una biografia

p. 10

02

Luoghi d'influenza

p. 18

03

Esperienze stupefacenti

p. 22

04

Contaminazioni

p. 26

05

Analisi opere

p. 28

05.1

A la Balla

p. 30

05.2

Delle giuste contraddizioni in seno alla società

p. 38

05.3

Vittoria sul sole per Kasimir Malevic

p. 46

05.4

Coca Cola

p. 54

05.5

Mare

p. 60

06

Sitografia

p. 68

07

Bibliografia

p. 69

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‘‘ 8

Mi conoscono anche quelli che non mi conoscono, quindi inventate quello che volete.


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01

Una biografia Mario Schifano 20 settembre 1934 - Homs, Libia 26 gennaio 1998 - Roma, Italia

Mario Schifano nasce in Libia, più precisamente a Homs, il 20 settembre 1934, qui il padre, svolgeva il ruolo di archeologo responsabile agli scavi di Leptis Magna. 1 E’ il 1941, quando hanno inizio le operazioni di sfollamento degli italiani dalle colonie africane, Schifano viene trasferito con la famiglia a Roma, dove visse in due diversi campi profughi. Finita la guerra, riprese a frequentare la scuola che abbandonò però già alla fine della seconda media. “Non ha mai studiato, non gli andava, ha ripetuto due volte la prima media, due volte la seconda e poi si è stufato.” 2 Seguendo le orme del padre, iniziò a lavorare come restauratore di vasi presso il Museo etrusco di Valle Giulia e allo stesso tempo si interessò al disegno e alla pittura da autodidatta; risale al 1954 la prima notizia di un suo evento espositivo, quando chiese un permesso lavorativo “per assentarsi il giorno 30-10-’54 per presenziare all’inaugurazione della mostra d’arte, dove è personalmente interessato.” 3 Nel 1959 decide di abbandonare definitivamente l’attività museale per dedicarsi completamente alla pittura e si

manifesta al pubblico con l’esposizione della personale alla Galleria Appia Antica a Roma; i lavori caratterizzati da sgocciolature, gestualità e spessore materico mostrano l’influenza della cultura Informale e la frequentazione quotidiana con personaggi che condividevano la sua stessa passione, lo portarono a partecipare, il 6 novembre 1960 presso la Galleria La Salita, ad una mostra collettiva (Cinque pittori, Roma 60: Franco Angeli, Tano Festa, Francesco Lo Savio, Mario Schifano e Giuseppe Uncini)4. Schifano per l’occasione presenta una serie di pitture monocrome e inaugura così una intensa stagione di pitture a smalto su carta intelata che durerà più di un decennio, la critica ne riconosce l’impegno e la maestria con una serie di premi tra i quali Lissone 1961 e il Premio Fiorino (Firenze, 1963). Riprendendo Achille Bonito Oliva in un'intervista di RaiCultura-Arte “I monocromi nel suo caso sono un modo di depurare la pittura del passato." 5, si possono descrivere i monocromi come un modo per l'artista di pulire, depurare l’arte, proponendo una nuova arte che tanto interessava ad Ileana Sonnabend, gallerista newyorkese con la quale firmò un contratto in esclusiva per una produzione continuativa di astrazione monocroma. Con la stessa velocità con cui dava inizio ad un rapporto o ad un periodo artistico, Schifano era però anche capace di porne fine: nel '63 bruciò un contatto importante per via di una necessità espressiva che stava mutando e che sentiva il monocromo sempre più stretto.

Leptis Magna fu un’antica e influente città della Libia, fiorita prima sotto i Cartaginesi e poi sotto i Romani. La città, dal 1982 figura nella lista dei Patrimoni dell’Umanità dell’UNESCO.

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Francesco Schifano (fratello di Mario), p. 27 in Luca Ronchi, Mario Schifano Una biografia, Johan & Levi editore, 2012

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Roma, Archivio della Soprintendenza alle Antichità dell’Etruria Meridionale Roma II: l’esposizione non è altrimenti documentata allo stato attuale delle ricerche.

4

Studi di Memofonte 9/2012. Fondazione Memofonte, Studio per l’elaborazione informatica delle fonti storico-artistiche, p. 38

5

https://www.raicultura.it/arte/articoli/2020/04/Schifano-e-il-monocromo min. 00:38/00:42


01 | Una biografia

In alto: gli scavi dell’antica Leptis Magna, 1910 A destra: Ripresa fotografica dell’inaugurazione della mostra 5 pittori – Roma ‘60. In primo piano Tano Festa, Francesco Lo Savio e Mario Schifano, sullo sfondo Piero Dorazio e Giulio Turcato A sinistra: Mario Schifano, grande particolare di Propaganda, 1962

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01 | Una biografia

Le esposizioni personali e collettive che seguono evidenziano l’intensa attività di Schifano di questo decennio, in cui intraprende, assieme alla giovane Anita Pallenberg6, anche un importante e ripetuto viaggio in America (1962 e ‘63-’64) dove viene a contatto con la Pop Art, di cui aveva già conosciuto i caratteri innovativi il giorno in cui "finì dentro al bar Rosati una rivista con le immagini di Rauschenberg, di Jasper Johons, un giornale mai visto, con le fotografie a tutta pagina, colorate." 7 da cui rimane profondamente affascinato. L’influenza esercitata da artisti come Jim Dine e Andy Warhol, portano Schifano alla realizzazione di opere che prevedevano il ricorso a materiali innovativi come la vernice spray e il plexiglass colorato e permettevano all'artista di lavorare in due momenti differenti. "Questa cosa del perspex colorato era molto importante perchè certi quadri mi arrivavano in bianco e nero e i colori dovevano essere rappresentati solo dall'allestimento in plastica." 8 Queste tecniche trovarono applicazione in particolar modo in alcune serie quali Futurismo rivisitato (foto in alto, acrilici su tela ricoperti di perspex, 1965), Compagni compagni, Oasi e Tuttestelle (foto a sinistra, smalto su tela e plexiglass - Studio Marconi, Milano, 1968), che ottennero un enorme successo di mercato, rendendo Schifano uno degli artisti più popolari e conosciuti anche presso il grande pubblico. Sono i primi anni settanta quando, anche in Italia, sbarca la televisione a colori da cui l’artista è subito suggestionato. Riversando su tela le immagini del tubo catodico, realizza film sperimentali, mescola new media e pittura e avvia così un percorso artistico, durato oltre vent’anni, che vedrà nello strumento mediatico una grande musa ispiratrice. Ebbe così inizio una seconda fase artistica in cui la sua pittura si dirige al monocromo espresso su carte incollate su tela e ricoperte di una sola tinta molto tattile, l’opera viene quindi trattata come schermo sul quale compariranno lettere, segni, nuove immagini prodotte artificialmente dalla civiltà industriale. Anita Pallemberg è stata una modella, attrice (Barbarella, Dillinger è morto, Performance) e stilista italiana, è nota per essere stata la prima moglie di Keith Richards dei Rolling Stones.

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7

Giuseppe Uncini, p. 23 in Luca Ronchi, Mario Schifano Una biografia, Johan & Levi Editore, 2012

8

Maurizio Savioli, p. 74 ivi

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Sono gli anni della serie di Paesaggi Tv dove utilizza la tecnica dell'emulsione per trasferire su tela le immagini televisive. In un primo momento immagini di fotogrammi scattate in America nel 1970, quando si recò oltreoceano assieme allo scrittore Tonino Guerra 9 per i sopraluoghi del film Laboratorio umano, (poi mai realizzato), che rappresentò una delle tante esperienze cinematografiche da lui intraprese: il cinema, secondo Schifano aveva "una funzione sociale che la pittura aveva perso" 10 e rispondeva alla sua esigenza della serialità, del consumo allargato. Inizia poi a rivisitare pittoricamente le immagini trasmesse dalla RAI e da altre emittenti televisive. Nel suo appartamento e nel suo atelier colloca in ogni stanza un televisore, ognuno su un canale differente, senza audio. Passando per i diversi ambienti, fotografa istintivamente un'immagine che lo colpisce, senza un motivo preciso, e lo riporta poi sulla tela. Mario perfeziona così quel concetto di flusso di immagini di cui è costituita la vita e l'intera produzione artistica: la realtà che risulta costantemente mediata da un filtro che la trasforma in immagine, un concetto che già aveva preso avvio con i monocromi degli anni '60 ma che si cristallizza in Paesaggi Tv, vera novità della sua produzione di quel decennio. 11 "Dal cinema passa alla televisione riportando le immagini fotografate sullo schermo su tele speciali, isolandole dal loro contesto e caratterizzandole con segni di colore. A lui piaceva questo flusso ininterrotto di immagini, gli piaceva la forza delle immagini della realtà, con i disastri, le guerre, i bombardamenti..." 12

Antonio Guerra, detto Tonino (Santarcangelo di Romagna, 16 marzo 1920 – Santarcangelo di Romagna, 21 marzo 2012), è stato un poeta, scrittore e sceneggiatore italiano.

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10

Roberto Ortensi p. 139 in Luca Ronchi, Mario Schifano Una biografia, Johan & Levi Editore, 2012

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Marco Meneguzzo p. 168, Ivi

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Roberto Ortensi p. 141, Ivi

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Marco Meneguzzo p.167, Ivi

Foto relative alla serie Paesaggi Tv realizzate tra il 1970 e il 1975.


01 | Una biografia

La produzione seriale di quegli anni non si può però far dipendere esclusivamente dal flusso di immagini che il televisore proponeva quotidianamente allo sguardo di Schifano, questi era infatti anche influenzato da un'altra novità assorbita dalla controculura americana, l'utilizzo abitudinario di stupefacenti, di cui non ne nascondeva la propensione ma ne subì le conseguenze, sia per le frequentazioni verso cui lo indirizzarono, sia per gli innumerevoli arresti che lo portarono più volte in carcere. Fu un periodo difficile non solo per l'artista ma "anche per il paese, alle prese con la dura contestazione operaia al sistema, con la strategia dell'attenzione, con le frange terroristiche, con una specie di atmosfera da cupio dissolvi. A Roma tutto questo si percepisce nell'irrigidimento e nello schieramento ideologico di quella società sia civile, sia mondana altrimenti così disponibile, ma anche nell'aumento di comportamenti sociali distruttivi e autodistruttivi, di cui la diffusione capillare di sostanze stupefacenti e l'aumento della criminalità violenta sono i sintomi più evidenti." 13

In alto: Mario Schifano in tv A sinistra: Mario Schifano a studio, 1968

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Mario Schifano a lavoro, 1986

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01 | Una biografia

La pittura per Schifano stava diventando sempre più uno sfogo diviso tra sensazioni ed immagini che popolavano la mente confusionaria di un ragazzo di Roma. Le idee erano molte ma si susseguivano con impressionante velocità, e il controllo risultava sempre più difficile ed articolato. Ciò che caratterizzerà la dimensione di ricerca apparterrà sempre più a quella “realtà fittizia” per cui tutti i media hanno come primo fine quello di mettere nella nostra vita percezioni artificiali e valori arbitrari. 14 Nella seconda metà del decennio l’artista tenne una personale a palazzo dei Diamanti di Ferrara (1979), che sancì il rinnovato interesse della critica per Schifano, per l’occasione celebrato come padre nobile di quel “ritorno alla pittura” che iniziava a caratterizzare il clima artistico italiano ed europeo a quella data. Nel corso degli anni Ottanta, alla luce di questi sviluppi, Schifano prese a essere considerato un maestro indiscusso della scena artistica nazionale e internazionale. In questa nuova fase caratterizzata da ripetute mostre, Schifano presenta una pittura ricca e sensuale, con il colore pastoso applicato sulla tela direttamente dal tubetto, sono gli anni del matrimonio con Monica de Bei e della nascita del figlio Marco, eventi che sicuramente hanno avuto ripercussioni sulla sua produzione artistica e che traspaiono nelle tele cariche di materia. "Introdusse segni del passato come un'arte dei primordi, tracce del suo immaginario infantile. Raffigurò sagome di dinosauri in contrasto a immagini tecnologiche. Usò la silhouette di nostro figlio come simbolo della curiosità umana. Li chiamò Segreto di eterna giovinezza." 15 Era una fase sicuramente positiva per l'artista, e il medium televisivo continuava ad accompagnarlo nella quotidianità, dalla televisione al computer per dar vita a gigantografie. "Su una rivista aveva visto immagini molto grandi stampate negli Stati Uniti da computer e volle fare un lavoro simile. Le mandammo a stampare a Londra su grandi pannelli di pvc, poi sulle stampe lui intervenne

con del colore, solo in pochi punti, come per sottolinearne qualcosa." 16 Tratti veloci, istintivi, ma sempre studiati. Nelle opere degli anni Ottanta Schifano ritornò su alcuni temi che l’avevano da tempo interessato, come quello della natura o quello della storia dell’arte e dell’archeologia probabilmente influenzato dai periodi a fianco del padre. Nel 1990 la personale Schifano. "Divulgare" arriva alla fine di un decennio che lo aveva visto provare un gran piacere, una sensualità per la pittura. Con opere quasi impressioniste, dalla sontuosità pittorica, risposta di un lungo e faticoso lavoro artistico. Nel 1995 Schifano firma un contratto d’esclusiva con Telemarket17, in questo modo l’artista trasferì nella sua pratica pittorica modalità di produzione vicine a quelle seriali dell’industria, dichiarando di voler competere, per i tempi di realizzazione delle opere, con le macchine e le rotatorie per la stampa. Fu molto attivo anche a livello umanitario, in questi anni prestò la sua opera a cause sociali, collaborando con l’ONU e Greenpeace. Nel 1996, durante un viaggio in Brasile, attuò un’azione di protesta, documentata dal video Making off, in polemica con le autorità di Rio de Janeiro, che avevano deciso di dipingere di verde tutte le baracche delle favelas per mimetizzarle alla vista, dipinse una di queste catapecchie di bianco, rendendola così visibile a grande distanza. Il decennio si chiuse con l’organizzazione di una mostra itinerante tra l’America del Sud (San Paolo del Brasile, Buenos Aires, L’Avana, Città del Messico) e l’Europa (1997-98) intitolata Musa ausiliaria, in riferimento al particolare rapporto che la pittura di Schifano ebbe nel corso dei decenni con il medium televisivo. Mario se ne va il 26 gennaio 1998 a soli 63 anni a causa di un infarto cardiaco.

Emanuele Busatto, A sessanta nei sessanta. Arte, comunicazione e tv attraverso l'opera di Mario Schifano, Tesi di Laurea magistrale in Storia delle Arti e Conservazione dei Beni Artistici, 2014, p. 73

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Monica de Bei, p. 321 in Luca Ronchi, Mario Schifano Una biografia, Johan & Levi Editore, 2012

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Marcello Gianvenuti p.323, Ivi

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Società per la vendita di opere d’arte al grande pubblico attraverso canali innovativi quali la televisione, le aste e gli showrooms.

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02 Luoghi d'influenza

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Schifano, in un'intervista ad Achille Bonito Oliva, viene descritto dall'amico e critico "icona dell'arte della seconda metà del ventesimo secolo" 18, di un periodo storico, quindi, in cui si assiste ad una esplosione creativa in ogni ambito sociale, il bum economico aveva condotto l'Italia verso lo sviluppo di una civiltà industriale e non più contadina, non più con l'occhio rivolto a Parigi bensì alla New York energica ed esplosiva, "non più un'arte materica ma un'arte di superficie e di segno". 19

straordinaria, un’avventura" 23, permetteva agli artisti del bel paese di farsi conoscere a livello nazionale ed internazionale. È in gallerie come quella di Plinio de Martiis che qualche americano poteva notare delle opere e portarle in America. La Tartaruga ha rappresentato in quegli anni a Roma il centro dell’avanguardia artistica, diventando non solo sede delle più originali tendenze nell’arte, ma anche privilegiato luogo di scambio tra giovani gruppi di artisti e letterati.

Schifano in questo periodo si trova a Roma, una Roma "provincia ma anche internazionale" 20, fibrillante di persone e personaggi, era divenuta "una delle capitali privilegiate dello scambio culturale tra Europa e America" 21 e di conseguenza "tutti gli artisti attivi negli Stati Uniti visitavano Roma soggiornandovi anche per lunghi periodi." 22 Da cosa nasce cosa e fu così che nacquero le gallerie d'arte più importanti in cui "fare una mostra era una cosa

A quei tempi era quello delle gallerie il quartiere artistico della città, tra Piazza del Popolo e Piazza di Spagna, dove si riuniva sempre quel piccolo gruppo di artisti che andò a formare la scuola di Piazza del Popolo, tra questi Angeli, Lo Savio, Festa e naturalmente anche Schifano. Più che una scuola era l'indicazione di un luogo, quel luogo in cui si sentivano al centro del mondo, un mondo distaccato dal resto della città, troppo uniforme e molto normale.

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Schifano secondo Bonito Oliva, Galleria Nazionale d'Arte Moderna e Contemporanea, Roma, dicembre 2011, min. 00:18/00:25

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Ivi, min. 00:31/00:35

20

Giuseppe Uncini, p. 23 in Luca Ronchi, Mario Schifano Una biografia, Johan & Levi Editore, 2012

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Marco Meneguzzo, p. 20, Ivi

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Ivi

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Giuseppe Uncini, p. 23, Ivi


02 | Luoghi d'influenza

Piazza del Popolo, Roma anni '60

Galleria della Tartaruga, Roma

R. Mambor, G. Fioroni, S. Lombardo, C. Tacchi, J. Kounellis, U. Bignardi, T. Festa (Scuola di Pazza del Popolo)

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"C’è una cosa che non posso dimenticare. Arrivare a New York e vedere i cartelloni pubblicitari tutti neri, in lutto per Kennedy. Sembravano monocromi." 24

Il 3 dicembre del 1963 Schifano s’imbarcò sul transatlatico Cristoforo Colombo diretto a New York, con la compagna del momento, Anita Pallenberg, appena diciottenne. All’epoca la città americana era la meta dei desideri di tutti i giovani italiani che volessero respirare un’aria diversa da quella che stagnava nella società italiana. In quegli anni gli artisti e quelli che venivano chiamati intellettuali, erano o si dichiaravano tutti o quasi tutti comunisti. Ma questa appartenenza implicava l’ideologia, non il mercato. Tutti volevano andare in quella che veniva definita «la metropoli della infame plutocrazia americana», ma dove venivi pesato in base a quello che valevi e ai dollari che eri in grado di guadagnare. Schifano era attratto dalla città stessa, non dai dollari, ma dal flusso di modernità che soffiava su Manhattan. Il passaggio da Roma a New York era avvenuto senza traumi, la città sembrava congeniale al giovane artista: era come se fosse sempre vissuto al Greenwich Village. "Instancabile, velocissimo, prensile, capace di aderire e nello stesso tempo di restare completamente se stesso in una società che per lui era del tutto nuova, ma che sapeva trattare con estrema familiarità, come se fosse soltanto un cambiamento di quartierte invece che un cambianento di continente." 25 Negli Stati Uniti, in pochi anni, l'arte autoctona era passata, con un salto mortale simile a quello degli acrobati nei circhi, da generi di retrobottega, come romantici paesaggi del west e ritratti di cowboys, alle più spinte opere del modernismo. Tutto era cambiato con l‘arrivo dei surrealisti europei in fuga dai nazisti, che stavano bruciando le loro opere definite degenerate. La fuga era stata guidata da André Breton e finanziata dall’impareggiabile Peggy Guggenheim, che a New York aveva portato non solo i pittori, ma anche centinaia di opere mai viste prima negli Stati Uniti. La contaminazione avvenuta in quegli anni è stata all’origine della prima grande scuola americana. Venti anni più tardi il salto provocato dalla nascita della Pop art, rafforzò la presa di potere degli Stati Uniti, di New York in particolare, nel mondo dell’arte. I compratori americani, che ogni anno scendevano a Parigi per acquistare opere d’arte astratte, furono estasiati davanti alle bottiglie di Coca-Cola, alle zuppe Campbell, ai ritratti di Marilyn, come ne fu estasiato lo stesso Schifano che al rientro romano risultò fortemente influenzato nella sua produzione artistica. Lo spirito pop di Schifano risulta fortificato da una presenza costante di immagini tra le tele che parlano quasi in un linguaggio pubblicitario.

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Anita Pallemberg, p. 49 in Luca Ronchi, Mario Schifano Una biografia, Johan & Levi Editore, 2012

25

Furio Colombo, p. 50, Ivi


02 | Luoghi d'influenza

Anita Pallenberg e Mario Schifano New York, 1963-64 dal libro Words & Drawings. Courtesy Archivio Mario Schifano

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03 | Esperienze stupefacenti

03 Esperienze stupefacenti A New York Schifano non vendeva quadri ma faceva prevalentemente vita sociale ed è qui che ebbe inizio anche il suo rapporto con le droghe, tipico dell’ambiente ma anche del periodo, nella nuova controcultura americana era diventata una abitudine molto diffusa. "Non si sapeva bene che danni procurassero, ma rispondevano benissimo alle esigenze che dovevano competere con un universo costruito di immagini sovrapposte, in un creando di ambiguità miscelando vita reale ed una virtualità sempre più presente." 26 La dipendenza da tali sostanze comportò per Schifano anche risvolti giudiziari che ebbero notevole eco sulla stampa.

19 66

L’artista viene arrestato per la prima volta per detenzione di marijuana e trascorre tre mesi al carcere di Regina Coeli.

19 69

Mario fu oggetto di due ulteriori procedimenti penali seguiti, negli anni Settanta, da altri quattro fermi, l’ultimo dei quali, nel 1975, conclusosi con un periodo di restrizione al manicomio di S. Maria della Pietà, scelto per evitare il carcere.

19 83

In questo anno è datato l’ultimo arresto per droga di Schifano.

La sua vicenda giudiziaria si concluse in via definitiva solo nel 1997, quando la Corte d’appello di Roma cancellò le precedenti condanne riabilitando così l’artista.

Emanuele Busatto, A sessanta nei sessanta. Arte, comunicazione e tv attraverso l'opera di Mario Schifano, Tesi di Laurea magistrale in Storia delle Arti e Conservazione dei Beni Artistici, 2014, p. 70

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◄ Spazio, 1965 smalto e grafite su tela.

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03 | Esperienze stupefacenti

I ripetuti arresti e le esperienze che lo portarono ad avere precedenti penali trasformarono Mario in una specie di icona. La droga a quei tempi era un fatto culturale di conoscenza e di introspezione. "Se non si tiene conto di questo aspetto culturale, si rischia di perderne il senso, vedendola come un fatto frivolo, mondano, borghese, come poi è diventata. Oggi per un artista sarebbe ridicolo usare droghe e anche la qualità degli stupefacenti di adesso è molto diversa da quella dell’epoca." 27 Per Schifano non era un vizio o un passatempo, ma una tecnica conoscitiva per forzare i propri limiti, sostanze simili mentre spezzano la capacità di seguire meccanismi razionali, consequenziali, elaborare ragionamenti complessi, allo stesso tempo accentuavano l’intuito, l'artista risvegliava così una parte di sè più infantile e disinibita, aveva in oltre in tal modo la possibilità di mantenere una vitalità soprannaturale. Mario era un protagonista italiano che rappresentava la voglia di sperimentare e i cambiamenti degli anni sessanta, come Warhol in America. Gestiva tutto senza segreti, senza nascondere niente a nessuno, ma i segni di una crisi personale e artistica sono sotto gli occhi di tutti. "Si apre il periodo più difficile dell’artista, è un periodo cupo anche per il Paese, la dura contestazione operaia al sistema, con la strategia dell’attenzione, con le frange terroristiche, con una specie di atmosfera da cupio dissolvi. A Roma tutto questo si percepisce nell’irrigidimento e nello schieramento ideologico di quella società sia civile, sia mondana altrimenti così disponibile, ma anche nell’aumento di comportamenti sociali distruttivi e autodistruttivi, di cui la diffusione capillare di sostanze stupefacenti e l’aumento della criminalità violenta sono i sintomi più evidenti." 28

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Fabio Mauri, p. 154, in Luca Ronchi, Mario Schifano Una biografia, Johan & Levi Editore, 2012

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Marco Meneguzzo, p. 167/168, Ivi

▲Sentimenti a memoria, 1983 tecniche miste su tela

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04

Contaminazioni La produzione artistica di Schifano attraversa ogni momento della sua vita, le opere prendono forma in relazione ai suoi cambiamenti d'umore e alle esperienze vissute, ogni immagine percepita dall'occhio dell'artista, ogni sensazione sperimentata si riversa sulla tela in una pittura che diviene punto di incontro di linguaggi incrociati, realizzati sia mediante la riproduzione meccanica dell'immagine sia mediante il successivo intervento pittorico, viveva l'arte, la respirava in ogni sua forma. C'era in Schifano una propensione quasi innata dell'essere comunque e profondamente pittore, che lo ha spinto incessantemente, a far scontrare la sua pittura con i mezzi di comunicazione di massa che incombevano nella società di quel tempo. Come Achille Bonito Oliva affermava, “Per lui essere moderno significa adattare tale mezzo (la pittura), con tutta la sua storia aurea, al carattere quantitativo della nostra epoca. Per questo ne ha accompagnato l’uso mediante un’accanita sperimentazione e contaminazione linguistica”29. Sperimentazione e contaminazione dell'arte si fanno parole chiave di una selezione di opere individuate nel corpus artistico di Schifano fatto di una incredibile quantità di lavori frutto di una voracità dello sguardo che lo portava a cercare di portare tutto in pittura in una frenesia che sfida quasi la stessa capacità dell'occhio di intercettare le cose. Con la curiosità di un bambino e insieme con l’ansia di un innamorato che non vuol farsi scappare nulla e vuole abbracciare tutto ciò che la vita gli porta incontro 30, individuava un momento, un particolare, lo riproponeva anche decine e decine di volte, persino in maniera estenuante. “Quando si ripete, in realtà l’artista cerca di misurarsi con la memoria: sprazzi, barlumi e i particolari si incendiano, ma egli preferisce non approfondire” 31 perchè ciò che conta sono le esplorazioni, le influenze e le mescolanze con tutto quanto lo circonda. Re-interpretando suggestioni recepite dai medium del suo secolo Schifano produceva letture personalissime senza cadere in orridi manierismi.

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29

Estratto da Tommaso d'Angelo, La pittura rivoluzionaria di Mario Schifano, 2015

30

Giuseppe Frangi, Mario Schifano dipingere "è umano, troppo umano", 2012

31

Tommaso D'Angelo, La pittura rivoluzionaria di Mario Schifano, 2015

“ u se

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lingu mu c prote

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“ Mario Schifano è stato un’icona dell’arte del XX ecolo un inviato speciale nella realtà dell’arte e della vita per la capacità i crescita di metamorfosi di sviluppo del suo uaggio dalla pittura alla ultimedialità dall’uso del colore e del disegno alla esi tecnologica: polaroid, macchina fotografica, nematografica, video...”.

-Achille Bonito Oliva 27


05

Analisi opere La scelta delle opere per una analisi semiotica approfondita e il più trasversale possibile si è indirizzata quindi verso quei lavori artistici in cui si colgono l'influenza e la contaminazione dei più svariati mezzi di comunicazione di massa, dal quadro alla fotografia, dalla televisione all'illustrazione, dal cinema alla cartellonistica stradale, tutto influenzava costantemente l'arte di Schifano e tutto veniva reso con una nuova energia innovativa.

pittura

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manifesti

04 | Contaminazioni

fotografia

pubblicità

televisione

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05.1

A la Balla

A LA BALLA, 1965 smalto e grafite su tela, dittico 152,5 x 203,5 cm Odyssia Gallery, New York (timbri sbiaditi sul verso)

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05.1 | A la Balla

"Guardando al passato, Schifano ha continuamente modificato le immagini storiche, rendendole con una nuova energia innovativa" 32

L’opera presa in esame è una delle più rappresentative della serie Camminare, realizzata da Schifano tra il 1964 e il 1965, questa rimanda, come suggerito dal titolo, al celebre quadro di Giacomo Balla “Bambina che corre sul balcone” (► immagine a fianco) del 1912, che l’artista realizzò per rappresentare il movimento organico nell’ambito della ricerca futurista. Si individuano infatti già da una prima superficiale osservazione, molti elementi caratterizzanti la pittura d’avanguardia dei primi anni ’60 dalla quale Schifano è stato largamente influenzato. Voleva ritrarre il movimento proprio come nelle illustrazioni che trovava nei libri futuristi che “leggeva molto velocemente, sempre in pochi minuti, a sprazzi. Immagazzinando tutto.” 33 Quegli anni rappresentarono per l’artista un periodo straordinario, con Franco Angeli e Tano Festa si aggira tormentato in quello che allora rappresentava “il microcosmo culturale della capitale. Piazza del Popolo in questo momento è di fatto il più vivace salotto dell’intelligenza romana e internazionale e Roma era il luogo in cui, meglio che altrove, si rappresenta il benessere del dopoguerra e degli anni del boom economico. Ma è anche e soprattutto il riferimento precipuo per artisti, poeti, registi e letterati sensibili alla contaminazione dei linguaggi, alla pluralità di espressione, alla sperimentazione e alle rappresentazioni che si ispirano al quotidiano, alla modernità, al mondo dei consumi e che, facendo questo, interpretano una nuova stagione culturale.”34 Schifano rappresenta quindi uno dei protagonisti indiscussi di questa scena artistica, risultando

di fatto una delle figure più attraenti “per l’originalità delle proprie ricerche, per la capacità di meticciare le proprie riflessioni con la tradizione della storia dell’arte italiana e con l’immaginario romano.” 35 L’opera risale al 1965 ed è un dittico realizzato con smalto e grafite su tela che, come accennato, rende omaggio specifico a Giacomo Balla. Nel dipinto si individua infatti una figura ripetuta. Le sagome di un busto, di cui si riconoscono in modo più evidente braccia e gambe, orientato da sinistra a destra, si susseguono andando ad occupare prevalentemente lo spazio di destra del quadro. Tale accorgimento suggerirebbe che il peso sia concentrato nella tavola destra del dittico, approfondendo però l’analisi a livello plastico si denota una disposizione discensionale dei vari elementi a sinistra, mentre dal centro del quadro al bordo destro le forme assumono una posizione ascensionale rimandando quindi ad un senso di

32

Ilka Scobie, A la Schifano, Mario Schifano 1964-1970: From Landscapes to T.V., Fondazione Marconi, Milano, feb/mar 2006

33

Roberto Ortensi, p. 64, in Luca Ronchi, Mario Schifano Una biografia, Johan & Levi Editore, 2012

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Op.cit., rivista quadrimestrale di selezione della critica d’arte contemporanea, Mario Schifano e la pop art italiana a cura di L.Madaro e L. Barsi, gennaio 2018

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Ivi

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leggerezza (dettaglio A). Complessivamente si ha così una configurazione molto dinamica data prevalentemente da alcuni elementi riconoscibili sia a livello cromatico che eidetico: partendo dall'alto si possono individuare alcune forme rettangolari dai contorni non sempre ben definiti, che essendo disposte ad una distanza ravvicinata l'una dall'altra e con un andamento progressivo, sono percepite come l’evoluzione temporale di una stessa forma. L'effetto stroboscopico che si produce nello spettatore a livello cognitivo è accentuato inoltre dalla variazione cromatica da bianco ad arancione di tali forme che risultano essere ricorrenti nella serie "Camminare" ed indicative dell'influenza artistica statunitense ricevuta sia "dai primi dipinti neri di Frank Stella che i successivi tratteggio incrociati di Jasper Johns" 36 . Soffermandosi prima sulle strisce di sinistra (dettaglio B), prevalentemente bianche, queste sembrano inglobate nella tela essendo assenti del bordo lungo di sinistra e mancanti di colore per metà superficie, come strappi di giornale dei collages di Johns che muovendosi nella tavola di destra si trasformano progressivamente nelle geometrie minimaliste di Stella, compenetrando gli arti del busto raffigurato e suggerendo quindi l'idea di movimento dell'aria. Ogni parte del corpo raffigurata si sussegue in un movimento stroboscopico discendente verso il centro dell'opera e ascendente verso l'estremo destro in cui la rappresentazione non termina. La tela non incornicia in maniera completa la rappresentazione: a destra, a sinistra e nella parte superiore le figure sono tagliate a indicare la mancata volontà dell'artista di circostanziare uno spazio e un tempo specifici. L'artista presuppone la continuità oltre il dipinto, invita lo spettatore a non escludere la rappresentazione dal circostante, effettuando così una scelta plastica che ha inoltre il compito di sottolineare la funzione di preannuncio che l'opera ha nei confronti della narrazione, di alludere a ciò che succederà.

Come per Balla, il fine principale di Schifano, con la realizzazione di questa opera, era la rappresentazione del movimento che viene resa in modo efficace in particolare attraverso la configurazione stroboscopica degli arti del corpo rappresentato di profilo. Scomponendo il movimento in fasi e mettendole in scena accostandole spazialmente l'una all'altra, l'artista, traduce la successione temporale in successione spaziale attraverso effetti di movimento articolato cui contrappone figure che rimandano al movimemento bloccato, esempio di tale resa di una fase isolata e temporalmente puntuale del moto, si percepisce in particolare nella macchia nera che va diradandosi verso sinistra.

A

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Ilka Scobie, A la Schifano, Mario Schifano 1964-1970: From Landscapes to T.V., Fondazione Marconi, Milano, feb/mar 2006

B


05.1 | A la Balla

◄ Camminare 1965, Smalto e grafite su tela 200 x 300 cm ▼ Camminare 1978, smalto su tela 200 x 200

La stessa ombra sottoforma di macchia di colore sollecita nello spettatore anche inferenze percettive, poichè occupando in gran parte lo spazio centrale di sinistra ed essendo caratterizzata da una tinta densa ed omogenea, prevalentemente priva di chiaroscuri, si carica di pesantezza rispetto alla composizione globale e produce quindi un senso di complessivo squilibrio. Questa macchia nera che induce sotto vari aspetti al senso di dinamismo cui l'opera aspira, e che Schifano inserisce in diversi modi all'interno della serie, fa anche da sfondo, mettendole in risalto, ad alcune figure del corpo rappresentato. Le mani che si riconoscono come segni iconici della realtà sono anch'esse rappresentate di profilo, producendo un effetto di trasparenza tipico dei personaggi di profilo che tendono a raccontare una storia senza interpellare lo spettatore. Allo stesso tempo due di queste attivano un circuito di comunicazione con l'osservatore poichè, indicando le scritte presenti nella parte inferiore dell'opera, fungono da deittici e si caricano di opacità. (dettaglio C). Analizzando quindi la componente testuale

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dell'opera "Schifano A LA BALLA" si nota innanzitutto come a livello plastico le due scritte siano disposte l'una in contrapposizione all'altra, "Schifano" occupa una posizione obliqua nella parte inferiore della tavola sinistra del dittico, mentre nal lato opposto, "A LA BALLA" è disposto in modo più fluido e dinamico come a riprendere il movimento delle scarpe (D) del personaggio raffigurato e ad indicare quindi che quel movimento è effettuato esattamente "nello stile di Balla". L'autore priva di riconoscibilità il personaggio che corre escludendo la rappresentazione della testa, se ne denota solo il genere, apparentemente maschiel per la presenza di un pantalone e di una tipologia di scarpa da uomo, ne da però una possibile indicazione ponendo l'apparato

testuale "Schifano" in minuscolo, nel modo tipico in cui si firmava nelle opere di maggior rilievo, e in tal modo fa presupporre che questo sia un io simulacrale dell'artista o un inserimento dell'ultimo all'interno dell'opera come a voler indicare che è proprio lo stesso Schifano ad essere "a la Balla" e diventa esso stesso soggetto dell'opera. In questo testo didascalico si percepisce quindi una forte omologia tra la figuratività veicolata dalla sostanza del contenuto della semiotica linguistica e la figuratività veicolata dalla sostanza dell'espressione della semiotica visiva.

C

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05.1 | A la Balla

D

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Delle contraddizioni in seno alla società Per una corretta interpretazione di questa opera bisogna tener conto del contesto storico ed ideologico in cui è stata realizzata. "Negli anni Sessanta non esiste più il realismo così come non esiste più l’Informale. Nasce così una materia pittorica, nuova, duttile e veloce fatta di smalti luccicanti, di sgocciolature feroci e di nuove rappresentazioni. In questa situazione ecco emergere, tra gli altri, il nuovo campione della pittura: Mario Schifano che oltraggia e rende omaggio al presente dell’impegno politico con il ciclo Compagni Compagni." 38 Sono gli anni del secondo dopoguerra italiano, che vedono apparire una nuova fioritura di bandiere rosse, falce e martello insieme alle grandi scritte dei manifesti. Sono anni di fermento culturale e sociale in cui si annida una straordinaria creatività caratterizzata da un nuovo modo di utilizzare l’arte per leggere la cronaca e la politica. "Per artisti come Franco Angeli e Mario Schifano l’opera d’arte diventa un gigantesco tazebao dove l’archeologia del passato si trasforma in una sorta di cartone del presente.

DELLE CONTRADDIZIONI IN SENO ALLA SOCIETÀ, 1970 smalto, grafite su carta intelata 160 x 130 cm

05.2 | Delle contraddizioni in seno alla società

05.2

Qui i giovani mettono insieme l’esistenzialismo e la nuova musica, creando un corto circuito straordinario e ironico, tutto italiano, fatto di paradossi e contrasti e che potremmo definire “tra il Piper e il partito”." 39 A proposito di partito Schifano ha sempre dimostrato sostegno all'area dei gurppi extra parlamentari e ai partiti minori dell’estrema sinistra ma non si è mai definito comunista "semmai subiva il fascino della contestazione della ribellione dei figli contro i padri, del nuovo che avanzava. Era un sentimento che gli apparteneva e che sentiva vicino." 40 L'amico Franco Angeli, ad esempio, ha sempre mantenuto una sensibilità per le vicende socio politiche internazionali. Fu proprio da una serie di eventi che avvenivano in quegli anni in tutto il mondo che Schifano fu condizionato nella realizzazione dell'opera. Delle contraddizioni in seno alla società, del 1970, è contemporanea quindi alle contestazioni significative di quegli anni, come la guerriglia boliviana guidata da Che Guevara e la Primavera Praghese. Inoltre come accennato, l'opera appartiene alla serie Compagni Compagni, che "può essere accostata ai filmati sulla guerra nel Vietnam, manipolati da Schifano e risucchiati all’interno della sua opera." 41 Un conflitto, quello del Vietnam, che vide contrapporsi le forze insurrezionali filocomuniste, sorte in opposizione al governo autoritario

«Nel ‘68 ho sentito il fascino della contestazione. II motivo era uno: il rifiuto dei giovani a sentirsi assimilati ai padri, mi piace, un atto di coraggio. Non solo: ma anche un atto di cultura. Quello che non mi piaceva, e tuttora non mi piace, sono coloro che discutevano e discutono con un accanimento, una cecità, una stupidità che è solo fascismo» 42

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Nascita di una Nazione tra Guttuso Fontana e Schifano, Fondazione Palazzo Strozzi, Firenze 2018

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Maurizio Calvesi, p. 94, in Luca Ronchi, Mario Schifano Una biografia, Johan & Levi Editore, 2012

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p. 42, Mafai, Schifano. Percezione - reazione con il proprio tempo, studio d’arte campaiola, 2019

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p. 47, Ivi

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Risulta utile a questo punto soffermarsi sull'origine dei termini popolo e società e sui loro derivati al fine di giungere ai possibili motivi di tale scelta sostitutiva. Partendo dal termine presente in origine all'interno della frase, e quindi da popolo, la locuzione definisce "in generale, il complesso degli individui di uno stesso paese che, avendo origine, lingua, tradizioni religiose e culturali, istituti, leggi e ordinamenti comuni, sono costituiti in collettività etnica e nazionale, o formano comunque una nazione, indipendentemente dal fatto che l'unità e l'indipendenza politica siano state realizzate." 43 mentre per società si intende "in senso ampio e generico, ogni insieme di individui (uomini o animali) uniti da rapporti di varia natura e in cui si instaurano forme di cooperazione, collaborazione, divisione dei compiti, che assicurano la sopravvivenza e la riproduzione dell’insieme stesso e dei suoi membri" in senso particolare si parla invece di "un insieme di uomini organizzato sulla base di un sistema più o meno strutturato di rapporti naturali, economici, culturali, politici" 44. Mentre in una non è indispensabile l'unione politica, nella seconda vi è una necessità di senso di appartenenza, aspetto questo, che si percepiva all'interno dei gruppi socialdemocratici dell'epoca. Da popolo e società derivano termini come populismo e socialismo in cui è possibile rintracciare una forte contrapposizione ideologica che prevede da parte del populismo una caratteristica comune, ovvero quella di "opposizione frontale al processo di globalizzazione e alle èlites politiche che la rappresentano e la promuovono"45 e allo stesso tempo la possibilità di assumere connotati di destra o di sinistra a seconda della cultura politica e della memoria storica dei paesi in cui si manifestano. Mentre nel socialismo si percepisce un marcato attaccamento a valori e principi comunisti nella rappresentanza dei ceti medi e popolari. È in questo concetto che si possono riscontrare le motivazioni principali per cui Schifano predilige il termine società a popolo, è nella sua società, come in quella mondiale, aderente al partito comunista, che si riscontrano quelle contraddizioni di cui si accenna nel titolo, che come in un manifesto futurista di Lucio Venna (pag.44) presenta caratteri capitali dalle geometrie basiche e contorni imprecisi tipici di chi faceva "uso comune di stencil e vernici spray"46

05.2 | Delle contraddizioni in seno alla società

filostatunitense costituitosi nel Vietnam del Sud, e le forze governative del Vietnam del Sud e di conseguenza vide il diretto coinvolgimento degli Stati Uniti d'America, contro cui intervenne l'esercito regolare del Vietnam del Nord appoggiato dalla Cina di Mao Tse Tung con continue e massicce forniture di armi. È esattamente ad un discorso che il dittatore cinese dette nell’Undicesima Sessione allargata della Conferenza suprema dello Stato nel 1957, che il ciclo si ispira. Citando nella zona superiore, nel modo tipico dei manifesti, la frase "DELLE CONTRADDIZIONI IN SENO ALLA SOCIETÀ", riprende parte del titolo del discorso "Sulla giusta soluzione delle contraddizioni in seno al popolo" e ne apporta alcune modifiche a livello terminale.

Quelle vernici, cui accenna Ilka Scobie, di cui l'artista faceva abitualmente uso nella realizzazione di opere della serie Compagni Compagni sono in questo caso sostituite con grafite e smalto, uno smalto rosso che si carica di significati. Analizzandone l'utilizzo a livello plastico, essendo steso in modo disomogeneo ed essendo carico di chiaroscuri, ci restituisce un effetto di trimensionalità e profondità e al tempo stesso assume a livello cromatico un ruolo da protagonista, proiettandoci verso una serie di categorie semantiche ben definite che il colore evoca e simboleggia. Nel contesto storico in cui si pone, il colore rosso evoca sentimenti di violenza ed è

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https://www.treccani.it/enciclopedia/popolo/

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https://www.treccani.it/vocabolario/societa/

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https://www.risorgimentosocialista.it/index.php/2016/12/14/socialisti-e-populisti/

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Ilka Scobie, A la Schifano, Mario Schifano 1964-1970: From Landscapes to T.V., Fondazione Marconi, Milano, feb/mar 2006

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► Lucio Venna, Moderne, manifesto pubblicitario per Salvatore Ferragamo realizzato dal pittore futurista nel 1939

▼ 1. Franco Angeli, Corteo, 1968, smalto su nove fogli di carta intelata, 300 × 212 cm 2. Mario Schifano, Compagni Compagni 1968, smalto spray su tela e perpex, 200 x 300 cm 3. Mario Schifano, Compagni Compagni 1968 smalto spray su tela e perpex, 150 x 150 cm

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Questo colore dalla profonda valenza simbolica in cui campeggiano ideali di passione, violenza e morte si contrappone a livello cromatico e eidetico a tutto ciò che è puro segno grafico, non-colore, e che vorrebbe essere portatore di pace e vita, quindi ai personaggi in primo piano non testurizzati e di conseguenza bidimensionali come la palma che mostra però l'abbozzo di una costruzione prospettica presentando dimensioni ridotte rispetto alle sagome umane. Con queste ultime, "il simbolo di trionfo, acclamazione, regalità, ma anche vittoria, ascesa, rinascita e immortalità"48 si lega in una ideale disposizione triangolare (dettaglio E) andando ad indirizzare lo sguardo dello spettattore verso lo slogan-titolo che riporta l'attenzione all'aspetto cardine dell'opera, le contraddizioni sociali. Si può quindi definire in seguito a tali considerazioni un sistema semi-simbolico, un’omologia di contrasti a livello del contenuto e dell’espressione data da: ▪ Colore vs non-colore ▪ Tridimensionale vs bidimensionale ▪ Guerra vs pace ▪ Morte vs vita Le contraddizioni che si percepiscono nei vari elementi a livello plastico intervengono quindi attivamente nel sostenere le contraddizioni a livello figurativo come quelle che si possono riscontrare approfondendo l'analisi delle figure della ricezione, individuabili nei soggetti in primo piano, che essendo caratterizzati dall'assenza di espressività poichè senza volto, inducono ad una denegazione dell'enunciazione.

05.2 | Delle contraddizioni in seno alla società

inevitabilmente accostato al concetto di sangue, sangue sprecato nelle inutili guerre dell'epoca. Ricordando le rivolte sociali e la guerra in Vietnam, cause di morti innocenti e disfatte di popoli in nome di un credo apparentemente pacifista, il comunismo, di cui il rosso, assieme a falce e martello sono emblema, Schifano avvia una critica a quella che era la società del tempo, la Cina "di Mao Tse Tung, del libretto rosso, di certi orientamenti politici, utilizzando gli stessi strumenti di un mondo massificato, consumista, seriale."47

E Tali figure "che migrano indifferenti da un quadro a un altro della serie Compagni Compagni come un timbro"49 portano con sé l'idea che chiunque si possa riconoscere in essi e chiunque possa essere portatore di quegli oggetti-simbolo del comunismo come falce e martello. Tra questi vi è uno sulla destra che sorregge l'unico elemento obliquo della composizione e l'unico elemento che fuoriesce da quest'ultima. Nell'oggetto potrebbe essere identificata, anche in base all'influenza che Franco Angeli aveva su di lui sia a livello ideologico che artistico, un'asta di bandiera, spesso riprodotta nelle opere di quegli anni dall'amico, basti guardare Corteo del '68 che come in una fotografia contemporanea rappresenta una tipica manifestazione in cui la bandiera rossa fa da protagonista. A livello plastico tutte le figure della ricezione sin'ora citate presentano macchie di colore, che come probabili macchie di sangue alludono alle colpe di cui si sono macchiati. L'assenza della firma è da ricondursi all'analogia col mezzo di comunicazione di massa cui l'artista si ispira.

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p. 42, Mafai, Schifano. Percezione - reazione con il proprio tempo, studio d’arte campaiola, 2019

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http://www.gongoff.com/alberi-simbologia/palma

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Marco Rinaldi, p. 10, Lutté, echec, nouvelle tutte. Terzomondismo e antimperialismo nelle ricerche visuali italiane degli anni Sessanta, Accademia di Belle Arti di Roma, 2020

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05.4

Vittoria sul sole per Kasimir Malevic Vittoria sul sole per Kasimir Malevic rappresenta un altro di quei lavori pieno di contraddizioni, dove Schifano mette in atto una triplice decontestualizzazione. "La propensione di Mario Schifano all’appropriazione ed alterazione grafica di immagini pre-esistenti, raccolte o fotografate, potrebbe trovare le proprie origini nelle esperienze giovanili in campo archeologico. [...] Ma la vera eredità del tirocinio archeologico potrebbe consistere nella metodologia che l’artista apprende nei cantieri di restauro, e che echeggia nell’intera opera prodotta successivamente. In particolare, verso la metà degli anni Sessanta, Schifano raffigura nei propri quadri gli artisti appartenenti a diversi movimenti delle avanguardie storiche, come nella serie di lavori sul Futurismo di Boccioni e Balla (guarda Futurismo Rivisitato pag.13) o il Suprematismo di Malevich. Numerose opere di questo ciclo vengono esposte in occasione dell’importante mostra del 1966 allo Studio Marconi di Milano. Gli artisti di riferimento sono citati attraverso sagome in grado di evocare immediatamente le immagini sedimentate nella memoria dell’osservatore. In particolare, nel grande dittico intitolato Vittoria sul Sole per Kasimir Malewic,

Schifano rappresenta l’artista russo ed uno dei suoi iconici quadrati monocromi in una insolita e giocosa composizione."50 Dalla decontestualizzazione di una fotografia degli anni '20, a quella di un'opera del 1915 dell'artista raffigurato, fino a giungere al titolo, estrapolato da quello dell'opera teatrale di cui Malewitsch curò la scenografia, andata per la prima volta in scena nel 1913; Schifano nel 1966 da vita ad un'opera che include in sé esperienze e vissuto di un artista per il quale dimostra interesse e stima. Tracce di un personale coinvolgimento verso l'artista russo da parte di Schifano si possono infatti rintracciare nelle serigrafie e nei disegni su carta che realizzò negli anni a venire.

https://www.sothebys.com/it/auctions/ecatalogue/2019/arte-contemporanea-mi0340/lot.18.html

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► VITTORIA SUL SOLE PER KASIMIR MALEWIC, 1966, smalto su tela e perspex dittico asimmetrico 273 x 131 cm (i. cm 111x131x5,5, ii. cm 161x101x5,5)

◄ El Lissitzky (sinistra) e Kazimir Malevich (destra), 1920 Collezione privata The Jewish Museum

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05.3 | Vittoria sul sole per Kasimir Malewic

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Senza Titolo (Kasimir Malevic) 1971/1972 Serigrafia su cartoncino cm 145x84

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Un interesse che si sviluppò probabilmente a partire dalla comune realizzazione di opere monocrome. È infatti uno dei monocromi di Malewitsch che Schifano inserisce nel quadro, più precisamente Quadrato nero del 1915 che divenne simbolo del Suprematismo il cui "scopo era manifestare «la supremazia della sensibilità pura nell’arte»: in altre parole, il quadro di per sé non ha significato. Era il 1915 e i tempi non erano ancora maturi per un vero e proprio monocromo ma è certo che Malevič ne ha segnato il punto di partenza, congiuntamente a puntualizzare un momento di forte cambiamento nel mondo dell’arte. Un quadro che per Malevič stesso era «un primo passo verso la creazione pura in arte», ovvero arrivare allo zero e riuscire a superarlo, resettare l’arte dalla sua oggettività e farla rinascere: un’arte che, da quel punto zero, sboccia in forme geometriche che vivono ed esistono, nient’altro."51 Un quadrato nero, l'originale di Malewitsch, un rettangolo bianco fluttuante quello che Schifano rappresenta nell'unione dei quadri che compongono il dittico che per la sua asimmetria e per la scelta cromatica assume pesantezza nella parte superiore. Ecco che si iniziano quindi ad individuare le prime contraddizioni che caratterizzano l'opera. Procedendo con la lettura dall'alto verso il basso, poichè come dicevamo, è la parte superiore che per l'andamento orizzontale rispetto a quello verticale della parte sottostante e per la brillantezza del colore conferita dallo strato di plexiglass arancione risulta più pesante, si incorre nella lettura del titolo che è invece disposto con un andamento dal basso verso l'alto e si contrappone quindi con la lettura generale dell'opera. Altra contraddizione si individua in seguito all'analisi del titolo, Vittoria sul sole, che come precedentemente citato, è un'opera teatrale di cui Kazimir curò scenografia e costumi e che "venne stilisticamente concepita seguendo i dettami contenuti nel Manifesto tecnico della letteratura futurista (1912) di Marinetti. Grammatica, sintassi e lessico risultano distrutti e ricostruiti a caso, le parti del discorso stravolte, abolita la punteggiatura, negato il senso dei dialoghi. Il riferimento al futurismo risulta essenziale anche nei contenuti. Nel I atto i Futuriani cercano di uccidere il passato, il vecchio mondo, attraverso la distruzione del Sole; nel II atto troviamo i Futuriani sopravvissuti alla distruzione dell'universo e accolti in un mondo nuovo, un universo capovolto, alla rovescia, fissato nell'immagine di fondo di un quadrato metà bianco e metà nero. Lo spettacolo era caratterizzato da azioni sconnesse, che confluivano nell'assassinio del Sole, simbolo della realtà oggettiva." 52

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http://www.lachiavedisophia.com/blog/monocromi-riflessione-sull-assenza/

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http://brigantate.blogspot.com/2013/02/la-vittoria-sul-sole-kazimir-malevic.html


Quadrato nero, Kazimir Malevitsch 1915, olio su lino, 79.5 x 79.5 cm

05.3 | Vittoria sul sole per Kasimir Malewic

Composizione suprematista bianco su bianco di Kazimir Malevitsch 1918, olio su tela, MoMA Ny

Opere di Kasimir Malevich nella celebre esposizione a San Pietroburgo, dicembre 1915- gennaio 1916

Io sono k malewitsch 1965-66, collage e pittura su carta 50x60cm

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Considerando il fatto che Malewitsch sia rappresentato di bianco e sia identificabile solo attraverso i contorni, considerando che questa sagoma sia rappresentata su uno sfondo bianco e che su di essa incomba un quadrato arancione, associabile quindi al Sole "da sconfiggere" secondo quanto recita il copione dell'opera e considerando inoltre la leggerezza che assume il quadro di Malewitsch nell'essere stato raffigurato in bianco, in obliquo e collegato all'artista attraverso un finissimo tratto nero tanto da condurre lo spettatore all'associazione con "un grande aquilone fluttuante nel cielo" 53, si arriva a concludere che nella rappresentazione globale coesistano una serie di paradossi che danno vita a un sistema semisimbolico in cui si contrappongono: ▪ Alto vs basso ▪ Colore vs Bianco/nero ▪ Obliquo vs verticale ▪ Instabilità vs stabilità Le macchie di colore nero che conferiscono all'opera la percezione di un contesto narrativo indefinito in cui il soggetto sembra fluttuare, come in un teatro, assieme alla presenza dei vari paradossi, e al quadrato in parte non coperto dallo strato di plexiglass, sembrano ricordare quindi il momento antecedente la Vittoria sul sole. In questo spazio disincantato, palcoscenico di azioni sconnesse, come in un non luogo atemporale, ritroviamo un Malewitsch rivolto verso lo spettatore (opacità) ma privo di volto, quindi inespressivo (denegazione dell'enunciazione), riconoscibile solo attraverso la scritta didascalica che sembra proseguire nel filo sorretto dal pittore, che assieme al contesto in cui è rappresentato produce un effetto di alterazione della percezione dell'ambiente reale nello spettatore, un senso di alienazione.

https://www.sothebys.com/it/auctions/ecatalogue/2019/arte-contemporanea-mi0340/ lot.18.html

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05.3 | Vittoria sul sole per Kasimir Malewic

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05.4

Coca Cola

COCA COLA 1967-1969 smalto su carta intelata 101 X 106 cm Roma, collezione privata, Deniarte 56


05.4 | Coca Cola

Difficilmente Schifano rilasciava interviste, allontanava giornalisti e critici come se non potesse sopportarne la presenza, solo ad alcuni amici era concesso fare domande ma difficilmente rispondeva in modo esaustivo. È in una di queste pochissime concessioni d'artista che Schifano racconta dei suoi esordi ad Enzo Siciliano "Pensavo che dipingere

significasse partire da qualcosa di assolutamente primario, quel che vedevo, i cartelloni pubblicitari, la Coca-Cola, gli ovali con Esso, l’insegna della benzina, scritta al centro. Dipingevo quadri così: col blu, col rosso, col giallo. Dicevo, questi sono «segni d’energia» o «segni di propaganda»"54

Influenzato quindi da quel che vedeva per le strade di Roma, "nuovo museo" per un ragazzo del boom economico, iniziò a riportare su tela le scritte della città fatta ora di una civiltà industrializzata, influenzata dall'America, insegne luminose, giganteschi cartelloni pubblicitari, i primi minimarket, erano diventati la sua musa ispiratrice. Schifano abbinava la pittura all'obiettivo fotografico, le reflex furono le prime macchine fotografiche che lo incuriosirono e lo portarono a sviluppare il gusto del taglio fotografico e della sequenza fine a sé stessa. Coca Cola è proprio questo, un grande taglio fotografico dell’immaginario massmediatico decontestualizzato, facente parte di un ciclo iniziato tra la fine del 1961 e l’inizio del 1962, che l'artista racchiude nel titolo emblematico Propaganda. "Lo smalto Coca-Cola, eseguito alla fine degli anni sessanta, si focalizza su un particolare centrale del marchio, caratterizzato da un colore rosso denso, che si carica di una certa luminosità, prendendola dal colore ocra della carta sottostante."55 Nella tela di Mario Schifano si individua una scritta di colore bianco circondata da un fondo rosso molto brillante. "Il contrasto cromatico che si crea è deciso e molto evidente, si tratta di uno dei contrasti più utilizzati nella pratica pubblicitaria."56 Il testo non è chiaramente leggibile infatti si intuiscono solamente alcune lettere tagliate dal bordo dell’opera. Si legge la lettera “a” seguita da un trattino centrale, queste rappresentano però le minime componenti utili a ricordare il noto logo Coca-Cola, convenzionalmente simbolo del consumismo internazionale. L'opera implicando la lettura da parte di un lettore modello che sia a conoscenza del valore economico del marchio, diventa fruibile per la notorietà dell'azienda. Nel momento in cui l'artista compie una scelta di questo tipo, effettua un'azione di ritaglio, taglia qualcosa da un insieme già svolto precedentemente da qualcuno, di conseguenza la rappresentazione assume la funzione di dettaglio. 54

p. 47, Mafai, Schifano. Percezione - reazione con il proprio tempo, studio d’arte campaiola, 2019

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https://www.analisidellopera.it/coca-cola-mario-schifano/

▲ Times Square, New York, 1962

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Non derivando da una scelta casuale, ma essendo un'azione esplicita di un soggetto su un oggetto questa prevede l'apparizione di marche dell'enunciazione, ovvero del qui ed ora. La notorietà del logo sembra annullare l'unicità del gesto artistico, compromettendo l'hic et nunc. Mimetizzando la mano dell'artista si crea un effetto di oggettività, debrayage enunciativo che si contrappone però alla percezione della mano dell'artista presente nel gesto di stesura del colore rintracciabile a livello plastico nella disomogeneità dei cromatismi, tale meccanismo è identificabile come un ideale ritorno al momento dell'enunciazione. Così facendo lo spettatore è invitato a guardare all'interno di quel tutto su cui ha precedentemente agito l'artista, e a coglierne quindi caratteri dell'interno non osservati a prima vista. Il dettaglio è infatti porzione di un insieme, in questo caso del logo Coca-Cola, che viene eccezionalizzato attraverso un'azione esterna. L'eccezionalizzazione produce un investimento di valore, un valore che si traduce in termini di estetizzazione e conseguentemente trasforma il dettaglio in opera d'arte, elevando l'immagine da immagine di massa a immagine di nicchia. Il marchio perde la sua funzione originale per acquisirne una estetica, decorativa che implica quindi anche l'eliminazione dell'identità economica. ► Mario Schifano con una Reflex, 1962 ▼ Spot Coca Cola Carosello

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05.4 | Coca Cola

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05.5

Mare

MARE 1978 smalto su carta 100 x 100 cm

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05.5 | Mare

Il medium televisivo è uno di quei mezzi di comunicazione che, allo stesso modo dei cartelloni pubblicitari e dei manifesti ha maggiormente influenzato la produzione di Schifano. L'opera Mare del 1978 si inquadra negli anni che seguono il periodo della serie tele emulsionate dei primi anni settanta in cui le immagini televisive vengono sottoposte a interventi di colore alla nitro. Sono anche gli anni di lotta alle dipendenze, cui l'artista propende incessantemente, senza nascondersi. "I segni di una crisi personale e artistica sono sotto gli occhi di tutti: anche la sua arte ne risente, dal '79 all'81 non riuscirà quasi a dipingere in piedi. Tuttavia anche in questo peridoo le intuizioni artistiche di Schifano appaiono geniali e ancora da rivalutare. Partendo dalla sua crisi nei confronti del dipingere, l'artista elabora un immaginario completamente nuovo, basato sulle immagini mediali che scorrono ininterrottamente sugli schermi televisivi." 57 Come anticipato, Schifano aveva una vera ossessione per la televisione e lavorava circondato da decine di apparecchi accesi senza audio, sintonizzati su diversi canali, perfezionando quel concetto di "flusso di immagini" di cui era costituita vita e arte dell'artista: "la realtà costantemente mediata da un filtro che la trasforma in immagine"58 Stando chiuso in casa e in studio, prigioniero della sua ansia ma con le tensioni che riceveva dal mondo esterno continuava a produrre cose senza mai fermarsi, l'arte era parte di lui, dava vita a memorie e sensazioni ricoprendo di tinte tele e fogli di carta. Così "anche se aveva un braccio fuori uso e muoveva a fatica le dita delle mani", conseguenze di quella completa dipendenza da stupefacenti, continuava a lavorare perchè assieme ad Ugo Ferranti aveva progettato un'altra mostra. "Era la primavera del '78, l'esposizione si chiamava "Collages" ed era fatta quasi tutta di disegni, con ritagli di riviste incollati e ridipinti. Mi ricordo i paesaggi frantumati, frammenti di cielo e nuvole appiccicati uno sopra l'altro, sembravano proprio vedute interrotte e secondo me rispecchiavano i suoi sentimenti di allora.

Al mare, 1978 collage Fu un periodo molto difficile." 59 Per Schifano fu infatti anche un periodo di grandi rinunce, un periodo che lo vide ripetutamente alle prese con la giustizia, tra carceri, ospedali, manicomio, Schifano si sentì probabilmente privato di quella libertà che lo aveva accompagnato per tutta la vita, alla quale non sapeva rinunciare, prediligeva quindi la natura nelle sue rappresentazioni, la natura incontaminata e i suoi abitanti, "in quel periodo nonostante tutto fece due mostre, una a Ferrara al Palazzo dei Diamanti e un'altra a Roma alla Calcografia Nazionale. C'erano tanti disegni, le Polaroid, i quadri con i cavalli, i pesci e le barche a vela. Erano mostre di pittura vera." 60 Erano mostre di contaminazioni naturali, come quelle che proprio nel '78 lo portarono alla Biennale di Venezia con opere della serie "Al mare" e "Quadri equestri". "Opere dipinte con estrema grazia e leggerezza, costituiscono l'esempio di una ritrovata freschezza creativa." 61

57

Marco Meneguzzo p. 167, in Luca Ronchi, Mario Schifano Una biografia, Johan & Levi Editore, 2012

58

Marco Meneguzzo p. 168, Ivi

59

Ugo Ferranti p. 206, Ivi

60

Rinaldo Rossi p. 214, Ivi

61

https://www.associazionearticolo9.com/index.php/9-artisti/14-mario-schifano

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◄ Al mare, 1965 smalto e grafite su tela 60x60 cm

▲Al mare, 1963 cartoncino e smalto su carta applicata su tela, 200 x 20'0 cm ► Al mare, 1979 smalti su tela 196x114 cm

64


Una parte testuale e una forma astratta. Andando per gradi l'apparato testuale occupa una posizione dislocata verso sinistra, se suddividiamo l'opera in quattro quadranti (dettaglio ) noteremo come questa rientri perfettamente nel quadrante in basso a sinistra e come assieme alla macchia a destra, identificabile a livello figurativo in un pesce o una onda del mare come quegli elementi di natura

quasi astratta che possiamo ritrovare in altri quadri della serie, conferisca equilibrio alla rappresentazione. La parte colorata produce infatti pesantezza occupando prevalentemente parte alta e centrale dell'opera, l'inserimento di elementi per sottrazione che assumono funzione di contrappeso permette di equilibrare la rappresentazione.

05.5 | Mare

"Mare del 1978 è un’ironica rappresentazione dello stesso, ottenuta ribaltando completamente i termini con i quali di solito riconosciamo la massa d’acqua che porta questo nome. L’immagine sta dritta in verticale, diventa uno schermo, quasi una tv che proietta il suo riflesso; il colore, blu intenso, alla Klein, ci dà un ulteriore dritta per riconoscere l’elemento di cui parliamo; e se ciò non bastasse, te lo scrivo sopra, così da fugare ogni dubbio residuo." 62 A livello plastico si possono quindi da subito individuare una duplicità di cromatismi nel "blu intenso, alla Klein" e nel marrone amorfo, l'uno circondato dall'altro a rappresentare un televisore. Il blu intenso, steso entro margini non ben definiti, peculiarità questa "insita in una tecnica denudata dalle sue intenzioni: applicare il nastro adesivo per delimitare le aree e poi permettere di intervenire al loro interno" 63, e il marrone definibile come non colore, poichè parte non rappresentata dell'opera, è il supporto che diventa esso stesso parte dell'opera, l'artista permette una lettura degli elementi per sottrazione, elementi tangibili prevalentemente nella parte inferiore di Mare.

"Ampio, insoluto, cioè approssimativo, cosi Schifano definisce il suo lavoro. L'approssimazione è quella di forme ambigue, quelle assunte dalla memoria, quelle tracciate dalla mano imprecisa e sicura al tempo stesso, elegante e imperfetta, felicemente inesatta. [...] Approssimativo è anche il Mare, con quei tocchi di onde azzurre accennate, qualcosa che per Mario, assieme alla luce, è sempre stato molto importante."64 Approssimativo poichè mostrato entro dei bordi che intervengono per Quintavalle in nome di una "ricerca di una nuova spazialità che induce ad invadere spazi limitrofi alla visione comune" e a raffigurare quindi anche il mare entro dei "bordi che rappresentano un confine tra due dimensioni contenute in una singola spazialità."65 . Nella singola spazialità della tela Schifano cerca infatti di rappresentare quelle che nella realtà sono individuabili come la rappresentazione della realtà (schermo) e la realtà materica dell'oggetto televisivo come elemento tangibile ma lo fa in un modo potremmo definire contraddittorio poichè Mare del 1978 prevede la rappresentazione esclusivamente nella matericità cromatica che si carica di realismo ed evita invece la rappresentazione dell'apparecchio, individuabile dallo spettatore solo attraverso l'elaborazione di inferenze cognitive. Questo rivelerebbe quindi, attraverso un quadrato semiotico, la natura effettiva del contorno non rappresentato, come cornice dell'opera entro cui si rappresenta la realtà, una sorta di cornice che fa parte dell'opera stessa.

schermo

reale

cornice non reale

non schermo

62

Valentina Martinoli Mario Schifano, Sperimentare la vita, in Focus, Artecracy.eu, 2017

63

Emanuele Busatto, A sessanta nei sessanta. Arte, comunicazione e tv attraverso l'opera di Mario Schifano, Tesi di Laurea in Storia delle Arti e Conservazione dei Beni Artistici, 2014, p. 68

64

Laura Cherubini, Elogio dell'approssimazione, in catalogo della mostra, Fondazione Marconi, Schifano. 1960-1964. Dal monoscromo alla strada, Milano 2005, pag. 192)

65

Emanuele Busatto, A sessanta nei sessanta. Arte, comunicazione e tv attraverso l'opera di Mario Schifano, Tesi di Laurea in Storia delle Arti e Conservazione dei Beni Artistici, 2014, p. 65

65


66


05.5 | Mare

La cornice "concentra e focalizza sul quadro lo sguardo neutralizzando la percezione degli oggetti circostanti il quadro nella situazione empirica"66 proprio come la cornice del televisore, neutra, priva di elementi di distrazione, inquadra e incanala lo sguardo dello spettatore all'interno dello schermo alienandolo con la visualizzazione continua di immagini. Parallelamente il blu del mare a livello simbolico è emblema dell'infinito ed evoca sensazioni di calma, fissando a lungo questo colore si ha un effetto di quiete, rilassamento e distensione proprio come ciò che si percepisce osservando la distesa azzurra. A interrompere tale sensazione estraniante sono invece alcune forme presenti nella parte inferiore della cornice che assumono la conformazione di piccole macchie, che come gocce che fuoriescono dal quadro creano un effetto di trompe-l'oeil. In seguito a tale analisi ho svolto una personale supposizione riguardante l'opera e in particolare in merito all'elemento figurativo in un qualche modo astratto, presente sullo stesso piano della scritta. Ho infatti immaginato che questo possa rappresentare uno sfondamento dello schermo televisivo che pretende utopicamente di poter contenere entro sé tutti i contenuti facenti parte della realtà tangibile, contenuti di natura sostanzialmente infinita, come quelli del mare. Impossibilità che Schifano cerca forse di rappresentare anche attraverso le suddette piccole macchie di colore.

"La squadratura introduce la dimensione, il mio filtro è l’ occhio, la mia mente è lo schermo riflettente, il quadro è l’esito della proiezione del subconscio. Si quadra per tradurre il quadro esistenziale."

66

Louis Marin, Figure della ricezione nella rappresentazione pittorica moderna, p. 24

▲ Al mare 1990 smalto su tela 100x130 ◄ Al mare 1979 smalto su tela

67


06 Sitografia https://commons.wikimedia.org https://www.dagospia.com http://www.artearti.net https://it.wikipedia.org https://frammentidarte.blog https://www.marioschifano.it https://www.repubblica.it https://www.zeropositivo.eu http://www.cronachesalerno.it https://it.clonline.org http://www.artnet.com https://www.analisidellopera.it http://www.fondazionemarconi.org https://docplayer.it https://www.risorgimentosocialista.it http://artecracy.eu https://style.corriere.it http://www.gongoff.com https://www.archiviofrancoangeli.org http://artskooldamage.blogspot.com https://www.treccani.it https://www.sothebys.com https://www.pananti.com 68


07 Bibliografia - Calabrese, Problemi di enunciazione astratta, in Leggere l’opera d’arte. Dal figurativo all’astratto, a cura di L. Corrain e M. Valenti, Esculapio, 1991. - Calabrese, Dettaglio e frammento, in Il Neobarocco. Forma e dinamiche della cultura contemporanea, La Casa Usher, 2013 - Doppio sguardo, omaggio a Mario Schifano, testi di Achille Bonito Oliva, Galleria d'arte BoxArt, Verona 2003 - Emanuele Busatto, A sessanta nei sessanta. Arte, comunicazione e tv attraverso l'opera di Mario Schifano, Tesi di Laurea magistrale in Storia delle Arti e Conservazione dei Beni Artistici, 2014 - G. Casini, Studi di Memofonte, Rivista on-line semestrale 9/2012 - Luca Ronchi, Mario Schifano una biografia, Johan & Levi Editore, 2012, Truccazzano (Mi). - Louis Marin, Figure della ricezione nella rappresentazione pittorica moderna - Jean-Marie Floch, “La via dei logo”, in Identità visive. Costruire l’identità a partire dai segni, Franco Angeli, 1995 - Marshall Mcluhan, Gli strumenti del comunicare, Net Mondadori 2006 Milano. - Mao Tse-Tung, Sulla giusta soluzione delle contraddizioni in seno al popolo, Casa Editrice in Lingue Estere, Pechino 1967 - Mafai, Schifano. Percezione - reazione con il proprio tempo, Studio d’arte Campaiola, Roma 2019 - Polacci, “Guardare, declamare, leggere. Performatività delle tavole parolibere futuriste”, Mantichora, n. 1, dicembre 2011 - Ruggero Eugeni, Analisi semiotica dell'immagine. Pittura, illustrazione, fotografia, EDUCatt Università Cattolica, Milano 2004 - Schifano. Tutto (catal.), testi a cura di M. Calvesi, Roma 1963 - Ugo Volli, Manuale di semiotica, Laterza, Roma-Bari 2000

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Greta Maccari Mario Schifano e le contaminazioni massmediatiche

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