Ciao Walter, da qualche tempo mi frullava per la testa un tarlo insistente che mi diceva di chiamarti, anche solo per un saluto e sentire come stai. E poi magari fare un salto nel tuo rifugio, quel piccolo paradiso sulla costa accarezzata dall'ultimo sole anche quando giù in valle è già buio, che guarda, con la distaccata arroganza di chi sa di essere “sopra”, la confusione frenetica della Valtellina intrappolata tra rocce e laghi. Quella vecchia baita che hai fatto rivivere, e che consideri, me l'hai detto spesso, il centro del mondo... quante volte la tua voce impeccabile e calda, riverberata dai legni antichi della vecchia cucina, mi ha fatto immaginare frammenti di vita e di universi forse scomparsi, forse esistiti solo nella tua capacità di vedere oltre il vetro opaco della realtà. Le maledette urgenze della quotidianità mi hanno sempre costretto a rinviare, a dirmi “ti chiamo domani...”, ma adesso non c'è più tempo, però voglio raccontartelo, questo piccolo grande segreto che mi porto dentro. Io volevo essere Walter Bonatti. La montagna si è presa molto del mio tempo e delle mie emozioni, fin da quando, bambino, dalla casa con le imposte rosse sul limite del bosco mi avventuravo alla scoperta dell’universo straordinario della foresta. E poi ancora più in alto, dove il mugo lascia spazio alle rughe di calcare grigio delle muraglie rocciose. Nella mia infanzia, vissuta prima della rivolu-
zione tecnologica che ha virtualizzato ogni emozione, i giochi dei piccoli erano ingenue ripetizioni della realtà. L’imitazione del lavoro e delle occupazioni degli adulti, le storie dei nonni, che raccontavano quasi sempre di una guerra patita tra quelle montagne, e poi le leggende degli indiani e dei cowboys, il mito della frontiera americana che ha plagiato la mia generazione. E già si avvertivano, in quei primi anni Sessanta, i sintomi di ciò che, entro breve, avrebbe stravolto l’immaginario collettivo. Gli ancora timidi segnali dell’era mediatica dilatavano i confini della fantasia. Ricordo una grande scatola troneggiare sopra il cassettone, nel “tinello”. Un oggetto tetro, di legno scuro appena venato di riflessi sulla vernice lucida, come i mobili imponenti della camera dei nonni; un totem intoccabile impreziosito da un filetto dorato e due grandi manopole color avorio. Era per i miei occhi di bambino uno strumento di magia. Come nella sfera di un mago, in un’atmosfera gialloverdognola prima indistinte, poi sempre più nitide, apparivano immagini. E con le immagini nuove storie, nuove fantasie. Sensazioni confuse, sbiadite dal tempo. Escluso un nome: Walter Bonatti. Impresso per sempre nella memoria. Era il tempo delle grandi avventure e delle grandi tragedie sul Monte Bianco. La neonata cronaca televisiva, affamata di sensazionalismo ed eroi, portava dentro le case le emozioni e le storie dell’alpinismo e dei suoi protagonisti. Sia pure attraverso la cronaca distorta del dramma umano, un mondo che fino ad allora era rimasto confinato entro una ristretta cerchia di “eletti” coinvolgeva, appassionandola, la gente comune. Ogni epoca ha i suoi idoli. I bambini di oggi si identificano con i miti effimeri della tv e delle canzonette. Io volevo essere Walter Bonatti. Nelle mie “esplorazioni” ogni sasso diventava una “aghidupeterè”; nella fantasia identificavo questo suono esotico, che spesso ricorreva nelle telecronache di Emilio Fede, con la montagna più difficile del mondo. Mi arrampicavo dappertutto. Sugli alberi, sui muri in pietra a vista delle case, sui terrapieni delle strade, sugli stipiti delle porte! Le ginocchia perennemente spelate e doloranti testimoniavano le mie conquiste. E arrampicandomi, o anche solo percorrendo un nuovo sentiero, alla scoperta di un angolo sconosciuto di foresta, spesso tra me e me ripetevo ossessivamente, come una nenia: “sono Walter Bonatti
sull’aghidupeterè... sono Walter Bonatti, il più grande alpinista del mondo”. Poi sono cresciuto. Ho imparato ad accarezzare le rughe della roccia, a stare in equilibrio, appoggiato su qualche millimetro di ramponi e piccozze, su lastre verticali di cristallo gelato, a sopportare la furia del vento a ottomila metri, a nascondermi come un topo in un buco scavato nel ghiaccio per ripararmi dalla bufera. Ho scalato grandi montagne, ho conosciuto grandi scalatori e alpinisti. Ho condiviso con loro l’emozione proibita di sfidare la natura. I miti dell’infanzia si dissolvono. Babbo Natale, la Befana e il topo dei denti diventano giochi di magia da raccontare a nuovi bambini. La realtà occupa gli spazi della fantasia. Ho avuto moltissimo dalla mia vita. Nessun rimorso. Forse solo qualche rimpianto per non aver avuto il tempo di realizzarli tutti, i miei sogni. Ma solo per motivi di scelta, che mi hanno "costretto" a dover sempre scegliere la storia che mi intrigava maggiormente, lasciando inevitabilmente indietro le suggestioni meno fascinose. Completamente appagato della mia realtà, mi scopro a volte pensare a come avrei voluto la mia vita se avessi potuto scegliere. E mi sorprendo, ancora oggi, a pensare che avrei voluto essere Walter Bonatti! Un mito “colpevole”, pur senza saperlo, di avermi obbligato a vivere inseguendo i miei sogni... Questo ho sempre voluto dirti, ma te l'ho nascosto per un pizzico di pudore e la consapevolezza che i miti devono, per essere tali, essere unici e irripetibili. Questo li rende immortali. Ho sempre pensato che tu fossi immortale. Adesso, pensandoti, credo di averne la certezza. Questo ti dico, in giorni in cui fin troppi racconteranno quanto sei bravo, quanto importanti sono le tracce che hai lasciato nella storia dell'alpinismo, quanto hai sempre avuto ragione nell'affrontare l'impossibile, fosse una parete verticale o le trappole della burocrazia giuridica, le insidie della comunicazione o i bizantinismi di chi pur sostenendo di essere dalla tua parte dichiarava di non poterlo dichiarare. Troppi di coloro che adesso sentenziano “Bonatti is God” sono gli stessi che, durante mezzo secolo, ti han detto di lasciar perdere, di mettere una pietra sopra al tuo bisogno di giustizia, ti hanno consigliato di mollare e di accettare prima la menzogna, poi il sopruso, e quindi, ormai accertate e accettate le tue verità, una “conveniente” riappacificazione con chi ha cercato di rubarti la dignità.
Molti di costoro sono arrivati anche ad accusarti di essere intollerante, presuntuoso, permaloso, fuori dal tempo e dalla realtà, abbarbicato al passato e incapace di “superare” vicende ormai lontane nel tempo. Tutti questi probabilmente non conoscono l'importanza di credere in un “principio” e neppure l'energia e determinazione che ci vuole per sostenerlo, anche quando sembra di avere tutto il mondo contro. Come sai, perchè tante volte ci siamo sostenuti l'un l'altro, anch'io nel piccolo delle mie capacità e possibilità ci ho messo tutte le mie energie in questa tua battaglia, e per difendere la tua verità ho affrontato e pagato in prima persona querele e processi da parte dei tuoi principali “nemici”, che con le loro bugie e meschinità hanno tentato, fortunatamente alla fine senza riuscirci, di insozzare e svilire il tuo capolavoro e la più grande impresa alpinistica del XX secolo. La storia li ha smascherati e sbugiardati quando ormai credevano di averla fatta franca, e questo solo grazie alla tua cocciuta ostinazione. Che non ha aggiunto nulla alla tua conclamata e riconosciuta grandezza, ma ha rimesso in ordine i fatti e ha tolto loro un onore che non meritavano e avevano cercato di rubare. Questa è ormai storia, adesso invece vorrei sapere quali tracce inseguirai ancora cercando di dare forma e sostanza alle tue illusioni. Un giorno mi hai confessato che secondo te non c'era più nulla di “sconosciuto” da scoprire su questo piccolo mondo, e io credo che questo sia il vero motivo per cui hai scelto di partire per la più grande delle tue avventure. Mi piacerebbe che ogni tanto, quando avrai una briciola di tempo, mi aggiorni sulle tue nuove fantasie. Credo che dove stai andando ci siano montagne, deserti, isole e foreste come non possiamo neppure immaginare, e sono certo che con la tua dannata ostinazione continuerai ad inseguirli, realizzandoli uno dopo l'altro come hai sempre fatto, i tuoi sogni. Scalando montagne, attraversando deserti, isole e foreste, aiutandoti con le tue certezze, le tue paure e la tua determinazione. Solo una cosa, potessi farlo, vorrei chiederti: in quel mondo dove è ancora tutto da scoprire, lascia qualche cima, qualche deserto, qualche sogno anche per noi che arriveremo dopo di te! Ciao Michele TREKKING • ottobre 2011 • 5
Riproponiamo l’articolo di Walter che avevamo presentato nel 2006 in occasione del nostro nr 200. Si tratta della registrazione di una delle tante conversazioni del nostro direttore con il grande alpinista esploratore, che, grazie all’amicizia e all’apprezzamento per la nostra rivista, aveva concesso in esclusiva la pubblicazione, ad oltre trentanni di distanza dall’ultima uscita sulla rivista Epoca, delle sue leggendarie fotografie.
Walter Bonatti
tra mito e leggenda
Le
montagne
TESTO E FOTO DI MICHELE DALLA PALMA
sistono territori che si lasciano capire subito. Con facilità. Trasparenti, lineari. Immediatamente comprensibili anche al viaggiatore distratto. Panorami limpidi e definiti, da interpretare e gustare senza alcuna preclusione. Capaci di offrire il meglio di se fin dal primo approccio. Le Dolomiti non sono così. Le “montagne più belle del mondo” si lasciano accarezzare dallo sguardo, vanitose nelle loro silhouette che sfidano il cielo e la gravità, ma nascondono nel loro cuore di pietra emozioni che solo chi sa superare i confini dell'apparenza e del vuoto riesce a percepire.
E
belle del mondo
DOLOMITI
più
TREKKING • ottobre 2011 • 35
Zanskar, l’ul TESTO DI SILVIA DELLA ROCCA / FOTO PARTECIPANTI ZANSKAR NIKON SCHOOL TRAVEL LADAKH 2011
48 • TREKKING • ottobre 2011
timo Shangri-la
LADAKH
E
rail1985.Conmeunozainoel'entusiasmodiessere,solo, in uno degli angoli più nascosti e remoti del pianeta, a confrontarmi con le mie ambizioni e le mie paure. Interpretate da una magnifica montagna, perfetta, stagliata nel cielo cobaltodell'Himalaya,ilNun. Un colosso di pietra e ghiaccio di oltre 7000 metri, che avrei scalato tracciando sulla sua parete nord la prima salita in solitaria.Eppure, svanita l'euforia della vetta, e metabolizzata l'ambiziosa consapevolezza di essere riuscito a superare un confine quasi invalicabile nelle mie emozioni e nella conoscenza dei miei limiti, fisici e mentali, di quell'esperienza ricordo soprattutto infinite giornate, divenute settimane, e poi mesi, di vagabondaggi senza meta tra gli sterminati paesaggi d'alta quota dello Zanskar. Colori netti, assoluti, nei contrasti a volte irreali di rocce e fazzoletti di terra, coltivati dalla caparbietà degli uomini di montagna in luoghi dove sembra impossibile la sopravvivenza, di acque impetuose che mischiano il blu profondo del cielo con le infinite sfumature ocra delle sabbie, di lingue verdi contrastate dalle schiene pelose di branchi di yak e tappeti di fiori dalle mille tonalità. E come gioielli, incastonati alle rocce i profili di monasteri e villaggi dove il tempo e ogni vita sembrano immobili... Venticinque anni dopo, tornato in questi luoghi accompagnando un gruppo di “aspiranti fotoreporter”, ho ritrovato quella magia sottile di atmosfere e suggestioni che mi aveva stregato. Ma come ovunque nel mondo, ormai minacciata dall'incalzare del “progresso”, anche la realtà di questi luoghi sperduti sta cambiando; certo nei piccoli villaggi dello Zanskar ancora non si vedono negozi che vendono computer e cellulari, nè insegne di catene commerciali “fast”, ma l'aria che si respira è da ultima frontiera. Ci vogliono ancora due giorni di faticosissimo viaggio su piste impossibili, a bordo di scassati fuoristrada, per arrivare a Padum, ma è già cominciato il “futuro” che, attraverso una strada scavata tra le rocce, entro pochi anni collegherà lo Zanskar alla valle di Leh e alla “civiltà” in un pugno di ore. Quella strada, come troppe altre nel mondo, non servirà a portare “modernità” in questa valle, ma servirà invece alla sua gente, che da millenni vive in perfetto equilibrio con la durezza di queste terre, per andarsene verso “il progresso”... Michele Dalla Palma, agosto 2011
SOCOTRA
un viaggio nel vento TESTO E FOTO DI CATERINA BORGATO
YEMEN Al porto di Qalasiyah una distesa di reti sulla spiaggia.
olevo fare un viaggio a Socotra nel periodo del monsone di Sud-Ovest, quello dei grandi venti che rendono il mare intorno all’isola impossibile da navigare, che spesso impediscono agli aeroplani di atterrare e che, nella storia e nella leggenda, da sempre, hanno fatto di questa terra uno dei luoghi più isolati e irraggiungibili del pianeta. Quei grandi venti che, nel tempo, hanno “imposto” alla vegetazione la direzione in cui crescere e da maggio a settembre cambiano completamente la quotidianità di chi vive nell’isola.
V
TREKKING • ottobre 2011 • 63
sulle orme di
Gerald Dur TESTO E FOTO DI RICCARDO NINCHERI E SPARTACO GIPPOLITI
70 • TREKKING • ottobre 2011
UN VIAGGIO NEI LUOGHI DESCRITTI DAL NATURALISTA INGLESE NEI SUOI LIBRI, UNA “TERRA ZEPPA DI VULCANI AMMANTATI DI GIUNGLE”. QUI GERALD DURRELL MOSSE I SUOI PRIMI PASSI CIRCONDATO DA UNA MIRIADE DI BIZZARRI ANIMALI SELVATICI IN VIA DI ESTINZIONE CHE INSIEME AI SUOI “SEGUGI DI BAFUT” CATTURÒ E IMBARCÒ SULLA SUA “ARCA SOVRACCARICA”
empo fa ci capitò di leggere uno dei tre libri che Gerald Durrell dedicò al Camerun: rimanemmo estasiati per la prosa del famoso naturalista inglese che in pochi tratti riusciva a descrivere così bene un paesaggio esotico da materializzarlo davanti a noi.
Un esemplare di mandrillo femmina, tra i primati più studiati da Gerald Durrell.
rell
CAMERUN
T
Dall’alto: un grosso barracuda, vero e proprio “mostro dell’oceano”; lepidotteri della famiglia Zygaenidae, contraddistinti dalla postura delle ali a riposo e dalla livrea variopinta che mette in guardia i predatori; l’Afrixalus dorsalis vive e intona i suoi richiami lungo i ruscelli nella periferia di Kumba.
D ALLE ISOLEFARNE,NEL N ORD A TLANTICO SCOZZESE, ALL’ ARCIPELAGODE LOS ROQUES NEL CUORE DEI C ARAIBI , ILFILOCONDUTTORE DI QUESTO VIAGGIOIN AMBIENTISTRAORDINARI Ø LA CONSERVAZIONE DI HABITAT UNICIDOVE PROTAGONISTI SONO GLIABITANTIDEL CIELO
paradisi div TESTO E FOTO DI MASSIMO PIACENTINO
INGHILTERRA/CARAIBI
ersi
Inner Farne: ogni centimetro delle pareti a picco sul mare è occupato dagli uccelli e i pochi spazi calpestabili sono contesi tra i gabbiani tridattili, le urie e le gazze marine, mentre le pulcinella preferiscono nidificare in vecchie tane di conigli, comunque in buche nel terreno.
eahouse è un minuscolo e grazioso paesino di pescatori lungo la costa nord orientale dell’Inghilterra a ridosso del confine scozzese. La gente è cordiale, si mangia un buon pesce ma soprattutto è il luogo ideale per imbarcarsi e visitare le Isole Farne, santuario ornitologico gestito dal National Trust.
S
TREKKING • ottobre 2011 • 79
Sudest
TESTO E FOTO DI MICHELE DALLA PALMA
Un mondo in bilico S
traordinario mosaico di culture ed etnie, il Sudest Asiatico, formato da quella che i colonialisti francesi e inglesi chiamarono Indocina e oggi comprende i territori di Laos, Birmania, Cambogia, è probabilmente una delle ultime aree sul pianeta dove il tempo scorre ancora con i ritmi della Natura.
Asiatico E in particolare, col flusso lento e costante dei grandi fiumi che lo impreziosiscono, il Mekong tra tutti, ancora capace di scandire, con il crescere e ritirarsi determinato dai monsoni, la vita delle popolazioni che dall’acqua traggono tutto il necessario per vivere. Percorrendo le piste sterrate tra foreste e risaie in sella a una bicicletta o trasportati da un volonteroso driver di tuctuc, gli improbabili “taxi” che costituiscono la base irri-
nunciabile della mobilità in questi paesi, si percepiscono atmosfere antiche altrove ormai scomparse, e il respiro dell’Oriente più autentico emoziona e rapisce i pensieri anche al più disincantato dei viaggiatori. Eppure questo universo autarchico e rurale è in precario equilibrio, a rischio di sparire nell’oblio da un momento all’altro, spazzato via dagli ondeggiamenti di politiche oligarchiche e violente capaci di cancellare,
senza coscienza e rimorsi, migliaia di anni di storia. I servizi che presentiamo in questo nostro 250 numero, idealmente dedicato ai territori “in pericolo”, vogliono essere un tributo a questa regione e ai suoi abitanti, capaci di resistere, un po’ per indolenza ma soprattutto per un magnificamente testardo attaccamento alle proprie radici e tradizioni, all’incalzare del “progresso”.
Sulle tracce del Co TESTO E FOTO DI MICHELE DALLA PALMA
in troppo facile, risalendo il grande fiume, farsi coinvolgere dalle mille suggestioni che fanno percepire, viva e insidiosa, la presenza misteriosa del leggendario protagonista di quel capolavoro del cinema di guerra che è Apocalipse Now, perversa esaltazione della follia umana. Tragicamente uguale a se stessa in ogni epoca e luogo. Quelli gli scenari, gli odori, i rumori, i tagli di luce improvvisi capaci come lame affilate di squarciare la foresta, che pare avvolgere il fiume con una muraglia impenetrabile.
F
92 • TREKKING • ottobre 2011
LAOS lonnello
Kurz
Una terra so TESTO DI SILVIA DELLA ROCCA / FOTO DI MICHELE DALLA PALMA
MYANMAR
spesa
QUESTA LA PRIMA SUGGESTIONE, FORTE E PENETRANTE, CHE VIVE CHIUNQUE ARRIVI IN QUESTO PAESE IMMOBILE, CHIUSO E PROTETTO DENTRO CULTURE SECOLARI CHE IL “PROGRESSO” NON HA ANCORA CONTAMINATO. SENSAZIONE CHE, INVECE DI SVANIRE, SI AMPLIFICA MAN MANO CHE CI SI ADDENTRA NEI PAESAGGI E NELLE TRADIZIONI, E RIVERBERA NEI SORRISI E NEGLI SGUARDI DI UN POPOLO CHE, NONOSTANTE LE MOLTE DIFFICILI PROVE CHE HA DOVUTO SOPPORTARE NELL’ULTIMO MEZZO SECOLO, NULLA HA PERSO DELLA PROPRIA PREDISPOSIZIONE ALLA GENTILEZZA. FAVORITA DA UN AMBIENTE PACATO, DOVE OGNI ATTIMO, OGNI GESTO, OGNI SUONO, OGNI PENSIERO PARE RALLENTARE, PER SINCRONIZZARSI ARMONICAMENTE CON UN MONDO IN EQUILIBRIO TRA UOMINI E NATURA
l Myanmar, magnifica e in alcune zone incontaminata regione del Sudest asiatico conosciuta da molti ancora come “Birmania”, retaggio del passato coloniale britannico, è stata protagonista, pochi anni fa, delle cronache mondiali mostrando le immagini di migliaia di monaci che, lasciati i monasteri, sono scesi in piazza a Yangon per una silenziosa e pacifica manifestazione.
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25-02-2011
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