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Euro 4 - Giugno 2012 - Anno XXIX - Mensile Nr. 6 Clementi Editore s.r.l. - 43100 Parma Sped. in a. p. - 45% - art. 2 comma 20/b Legge 662/96 - Milano
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LA RIVISTA DEL
ITINERARI E VIAGGI NELLA NATURA
256 TREKKING DEL R I V I S TA LA CLEMENTI EDITORE
1-06-2012
Camminare nei siti
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Patrimonio dell’Umanità CINQUE TERRE il Paradiso perduto e ritrovato DELTA DEL PO la civiltà dell’acqua ARCHEOLOGIA nelle memorie del Tempo DOLOMITI alla scoperta dell’Alpe di Siusi RESIDENZE SABAUDE alla Corte del Re
CLEMENTI EDITORE
APPENNINO DA Valle del Salto (Rieti) venerdì 29 giugno - domenica 1° luglio 2012
RIVIVERE Ad un anno dal proficuo meeting di Ortona dei Marsi si ripete lʼappuntamento estivo di FederTrek Appennino da Rivivere. Lʼevento previsto da venerdì 29 giugno a domenica 1° luglio avrà luogo nella Valle del Salto in provincia di Rieti, e sarà realizzato con lʼorganizzazione di volontariato valledelsalto.it e la collaborazione di istituzioni e associazioni locali. Il programma prevede due convegni (Quali opportunità economiche per far rivivere la Valle del Salto? - Petrella Salto, venerdì 29 giugno ore 17, e Il patrimonio archeologico e storico della Valle del Salto e il turismo culturale, ambientale e sportivo, Corvaro, sabato 30 giugno ore 17) coronati da escursioni, proiezioni e altre iniziative. La manifestazione è volta a riscoprire il territorio attraverso lʼitinerario di lunga percorrenza E1. In occasione dellʼevento verrà valorizzato il tratto dalle terme di Cotilia ad Alba Fucens, suggestivo percorso su vie storiche oggi abbandonate che FederTrek sta recuperando per renderle interamente percorribili entro la fine di giugno e presentarle ai viaggiatori europei che desiderino scoprire i beni ambientali e culturali del territorio. Descriviamo di seguito il tracciato – che può essere percorso da nord a sud e viceversa – intrapreso da Giuseppe Simelli ed Edward Dodwell, famosi viaggiatori dellʼOttocento che visitarono la Valle del Salto partendo da Rieti. Lʼitinerario: tappa da Alba Fucens a Cartore Il percorso inizia ai piedi del Velino, sul lago del Fucino, dove sorgeva l’antica città di Alba Fucens, a circa 1000 metri slm. Il suo nome può tradursi in “Alba fulgente”, in quanto il sole sorgendo da Est illuminava la città romana, riflettendosi sulla superficie del lago. Dopo essere passati accanto a imponenti mura si raggiunge attraverso facili carrarecce l’abitato di Massa d’Albe e della contigua Corona. Proseguendo lungo strade sterrate si raggiunge il piccolo borgo di Rosciolo: da qui seguendo una stradina in falso piano si raggiunge la chiesa di Santa Maria in Valle Porclaneta, un autentico gioiello risalente all’anno 1048. Il sentiero prosegue in direzione nord-nord ovest raggiungendo il Passo Le Forche (m 1221), per poi scendere in direzione di Cartore, antico borgo di origine medioevale-romana, all’interno della Riserva Naturale Montagne della Duchessa.
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Lʼitinerario: tappa da Cartore a S. Elpidio Dalle casette di Cartore si segue il percorso segnato in direzione Abruzzo: in prossimità di un’area pic-nic si gira a destra per sottopassare l’autostrada e arrivare a Corvaro lungo una comoda carrareccia. Attraversata la parte nuova di Corvaro, il sentiero sale lungo Via Aquilana, la parte storica dell’antico borgo che porta ancora le tracce del terremoto del 1915 e oggetto di vari recuperi edilizi. Il sentiero confluisce su una strada asfaltata che va percorsa a sinistra, in discesa verso S.Stefano dove si costeggia il cimitero; dopo una breve salita si ridiscende fino ad attraversare il torrente Arpa. Dopo circa 2 ore a Castelmenardo si apre la vista sulla valle in direzione nord-ovest. Si prosegue lungo la sterrata che porta al vecchio cimitero per poi immettersi sulla strada asfaltata che conduce a Collemaggiore, da dove una sterrata in direzione nord-ovest perviene alle località di Alzano e Castagneta fino a raggiungere il centro di S.Elpidio. Lʼitinerario: tappa da S. Elpidio a Fiamignano Da S.Elpidio si scende lungo la strada sterrata che attraversando il castagneto giunge a Roccarandisi, borgo medievale con castello; da qui salendo verso nord-ovest si supera la valle di S. Antonio fino a travalicare, attraversando un impluvio eroso dalle precipitazioni, sulla provinciale in località Corso dove il panorama si allarga sul lago e la valle sottostante. Seguendo la provinciale si attraversa il centro di Collemazzolino da dove inizia il sentiero che raggiunge Fiamignano.
Lʼitinerario: tappa da Fiamignano a Petrella Salto Da Fiamignano si scende in direzione Marmosedio dove ci si congiunge al sentiero storico che univa i numerosi piccoli borghi medievali arroccati sui diversi costoni della valle. Suggestivi scorci sul Lago del Salto si alternano a località interessanti dal punto di vista culturale ed ambientale: Mercato, Pagliara, Mareri, Colle della Sponga e Petrella Salto sono definiti “la terra degli Equi e dei Signori Medievali”. La tappa termina a Petrella Salto dove le cupe rovine della Rocca ci ricordano il parricidio consumato da Beatrice Cenci.
Lʼitinerario: tappa da Petrella Salto a Terme di Cotilia. Dalla piazzetta di Petrella Salto si segue Via XX Settembre, direzione Campo Sportivo, per poi prendere il sentiero che attraversa un bosco di querce in direzione Staffoli; da qui si supera la chiesetta e si prende una comoda carrareccia che con numerosi tornanti sale verso Fonte dell’Arnescia (m 1200). La carrareccia prosegue in quota fino a raggiungere l’area attrezzata di Casale della Fonte, gradevole punto sosta. Si perde quota lungo la strada diretta a Capradosso, dopo un chilometro si prende a destra una carrareccia (direzione nord-ovest) che si abbandona dopo circa 800 metri per un ripido sentiero utilizzato un tempo dai tagliaboschi. Raggiunto un pianoro si prende la mulattiera che in leggera discesa porta al paese di Pendenza. Da qui un comodo sentiero (direzione nord-est) porta al piccolo borgo di Micciani e da qui alle Terme di Cotilia. Per informazioni: Valledelsalto.it (www.valledelsalto.it valledelsalto.onlus@gmail.com) Cai Club Rascino (www.cairascino.altervista.org ran_bruno@libero.it) Giuseppe Virzì
Il Sentiero dei Franchi - Oulx - Sacra di San Michele dal 6 all’8 luglio Un cammino storico, per riscoprire una valle unica. Il nome del sentiero è dovuto all’episodio storico che vuole che tale percorso sia stato seguito dalle armate di Carlo Magno per sorprendere alle spalle l’esercito del re longobardo Desiderio, comandato dal figlio Adelchi. Una storia al limite della leggenda narrata da Alessandro Manzoni nell’Adelchi. La successiva battaglia delle Chiuse determinò l’ingresso dei Franchi in Piemonte e la fine del regno dei Longobardi. Il Sentiero dei Franchi è uno stupendo itinerario lungo oltre 60 chilometri che parte da Oulx e percorre l’intera Valle Susa fino a raggiungere la Sacra di San Michele, sfiorando antiche certose e attraversando aree di valore naturalistico del Parco del Gran Bosco di Salbertrand e quello dell’Orsiera Rocciavrè. Nato nel 1982, ha visto negli ultimi anni numerosi interventi di ripulitura ed allestimento con adeguata segnaletica, pannelli informativi del tratto tra il lago di Gad a Oulx, l’ecomuseo della carbonaia a Salbertrand e soprattutto nel tratto tra il Sapè e la Brusà di Exilles, interessato da dissesti idrogeologici e colpito da alluvioni, che è stato ripristinato e riaperto nel 2010. Organizzano il trekking il Circolo Culturale “Maria Minelli”- sezione Camminare Lentamente di Villanova d’Asti, il Gruppo Sentieri Chieresi e l’Associazione “La Compagnia della Chiocciola” onlus di Chieri, con il patrocinio dei Parchi regionali del Gran Bosco di Salbertrand e dell’Orsiera - Rocciavrè, del Centro Diocesiano di Susa e della Società Meteorologica Italiana e con il sostegno della campagna nazionale “Salviamo il paesaggio e difendiamo i territori”. Per informazioni: Paolo Tessiore (Cell. 380.6835571 camminarelentamente@gmail.com). Angelo Gilardi (Cell. 349.7210715 sentierichieri@virgilio.it www.camminarelentamente.it) Paolo Tessiore
a Nord a Sud, caratteristica peculiare della nostra penisola è la ricchezza di architetture di interesse storico e artistico in un contesto paesaggistico davvero affascinante e di cui costituiscono una parte inscindibile. Scenari naturali senza eguali ospitano quindi luoghi di elevato interesse culturale, molti dei quali sono annoverati tra i siti Patrimonio dell’Umanità. In questo Speciale vi accompagneremo in territori davvero unici del nostro Paese, che attualmente detiene il maggior numero di siti, ben quarantasette, preservati dall’UNESCO.
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Patrimonio Camminare nei siti
dell’Umanità
Alpe di Siu
Vivere “dentro� un Patr eguendo il movimento lento delle praterie d’alta quota, che ondeggiano alla carezza del vento come un ritmato respiro oceanico, lo sguardo corre sui tappeti color smeraldo punteggiati da preziosi intarsi multicolore di mille essenze floreali. Corre, indugiando sul legno arrugginito di antichi masi e fienili. Sulle cortecce corrugate di larici e pini cembri, che emergono dai prati come sentinelle in allerta.
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TESTO DI MICHELE DALLA PALMA / FOTO ALPE DI SIUSI MARKETING
ECOSISTEMA UNICO AL MONDO, QUESTO ALTIPIANO RICCO DI TRADIZIONI E SUGGESTIONI È IL PALCOSCENICO SU CUI RECITANO I COLOSSI DOLOMITICI DELLO SCILIAR, DELLE ODLE, DEL SASSOLUNGO, DEL SASSOPIATTO E DELLE DOLOMITI GARDENESI, UN PATRIMONIO DI ROCCE, STORIE E CULTURE CHE NON HA PARAGONI IN NESSUN ALTRO LUOGO DEL PIANETA TREKKING
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ALTO ADIGE
rimonio dell’Umanità
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I mille volti del
Biellese a grande varietà di paesaggi e di opportunità offerte da questo territorio invogliano il visitatore a immergersi nella natura e ad entrare in contatto con le bellezze storiche e architettoniche che lo caratterizzano.
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L’escursionismo a piedi, in mountain bike o anche a cavallo permettono di scoprire gli ambienti naturali tutelati dalla Riserva naturale Parco Burcina, del Sacro Monte di Oropa e dalla Riserva naturale delle Baragge: una articolata rete di sentieri, perfettamente mantenuta grazie agli interventi finanziati dalla Misura 313 A1 del Piano di Sviluppo Rurale 2007-2013 della Regione Piemonte, collega infatti il capoluogo con i tanti luoghi di interesse e i borghi storici, permettendo agli amanti dell’outdoor di incontrare, a passo lento, le svariate realtà del territorio. La natura è la protagonista assoluta: tra parchi e riserve naturali, i boschi e le mille valli che segnano il territorio, una via di accesso privilegiata è la Grande Traversata del Biellese (GtB), che tocca borghi, santuari e alcuni dei boschi più suggestivi di tutta la provincia, così come l’Ippovia del Biellese, circa 200 chilometri di percorsi dedicati agli amanti dell’equitazione. Gli appassionati della montagna possono praticare alpinismo e arrampicata sfruttando le innumerevoli vie attrezzate, e d’inverno percorrere itinerari ideali per lo sci escursionismo e le ciaspole. Per gli amanti della storia, da non perdere sono
TESTO DI SERAFINO RIPAMONTII FOTO DI ARCHIVIO TURISMO PROVINCIA DI BIELLA E SANTUARIO DI OROPA
PIEMONTE
Pagina a lato, in senso orario: il territorio del biellese è arricchito da decine e decine di specie floreali spontanee di grande pregio; escursione al Monte Barone, una delle tante mete a disposizione degli amanti del trekking; l’appartamento Reale dei Savoia a Oropa. Su questa pagina: visione dall’alto del complesso monumentale del Sacro Monte di Oropa, su cui domina l’edificio della Chiesa Nuova e, sullo sfondo, il monte Mucrone.
LA NATURA SELVAGGIA, LE MONTAGNE, I BORGHI STORICI ED I SANTUARI CARATTERIZZANO UNA TERRA AFFASCINANTE, DOVE CULTURA E SPIRITUALITÀ SI UNISCONO CON SEMPLICITÀ A PAESAGGI DI RARA SUGGESTIONE: BENVENUTI NELLA PROVINCIA DI BIELLA TREKKING
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Cinque Terre Vernazza, Via Roma, 19 novembre 2011
GLI ABITANTI DELLE CINQUE TERRE E DELLA VAL DI VARA ALL’INDOMANI DELL’ALLUVIONE DEL 25 E 26 OTTOBRE INIZIARONO A LAVORARE DURAMENTE PER CANCELLARE L’IMMAGINE DI UN PARADISO SPAZZATO VIA DAL FANGO. LA LORO FU LA REAZIONE MIGLIORE ALLA DEVASTAZIONE PORTATA DALL’ACQUA, LA RISPOSTA GIUSTA PER TORNARE ALLA NORMALITÀ E FAR RINASCERE QUEL PARADISO CHE ABBIAMO AMMIRATO DURANTE LE NOSTRE ESCURSIONI TRA MARE E MONTI
REPORTAGE
Il Paradiso perduto e ritrovato
Vernazza, 1° maggio 2010
TESTO E FOTO DI ENRICO BOTTINO
antate e amate dai poeti, le Cinque Terre rappresentano uno degli angoli più affascinanti della Liguria. Riomaggiore, Manarola, Corniglia, Vernazza e Monterosso sono cinque minuscoli borghi marinari, incastonati fra pietra e mare in una caleidoscopica tavolozza di colori, che insieme a Portovenere e all’arcipelago della Palmaria sono stati riconosciuti nel 1997 Patrimonio dell’Umanità. In questo reportage vogliamo raccontarvi la storia a lieto fine di questo paesaggio dell’UNESCO unico al mondo.
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TESTO DI CLAUDIO SCACCABAROZZI / FOTO DI AUSILIO PRIULI, MARCO AVANZINI, ARCHEOCAMUNI, A.GALBIATI, CONSORZIO TURISTICO SONDRIO.CONSORZIO TURISTICO SONDRIO
CAPO DI PONTE È STATO ELETTO DALL’ORGANIZZAZIONE INTERNAZIONALE DELL’UNESCO BENE DA PROTEGGERE PER LA SUA BELLEZZA E LA SUA IMPORTANZA STORICA E CULTURALE. UN RICONOSCIMENTO AD UNA PORZIONE DELLE ALPI CHE PREMIA IL PAESAGGIO E SOPRATTUTTO UN DIVERSO TIPO DI RISORSA, MENO EVIDENTE E CALATA TRA I BOSCHI E LE ROCCE DELLA VALLE CAMONICA: LE INCISIONI RUPESTRI E LE TESTIMONIANZE LASCIATE DAL POPOLO DEGLI ANTICHI CAMUNI.
Lo “spirito della terra” di Pizzo Badile Camuno si staglia nel cielo durante gli equinozi di primavera e d'autunno, creando un'immagine spettacolare. In basso: la Valle Camonica ospita una grande quantità ed eterogeneità di incisioni rupestri; la maggior parte di queste sono state realizzate su imponenti rocce levigate dal ritiro dei ghiacci nelle varie epoche glaciali.
Sulle orme dei C e incisioni rupestri dell’area di Capo di Ponte sono senza dubbio una delle più eclatanti testimonianze dell’insediamento umano nell’ambiente dell’arco alpino e una delle più estese e preziose ricchezze archeologiche del nostro Paese. Decorazioni e testimonianze lasciate dal popolo degli Antichi Camuni, uno dei maggiori produttori mondiali di questa forma d’arte preistorica, sotto forma di rocce levigate dai ghiacciai a cui l’uomo ha sovrapposto la propria opera, descrivendo, tracciando, raccontando la vita, la morte, la caccia, i riti del villaggio.
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TESTO DI EMANUELA ROSSI / FOTO DI ENRICO BOTTINO, FRANCESCA SCIARRA, EMANUELA ROSSI E ANTONIO COSMA
Un sogno nel cuore della S LA VALLE D’ITRIA DEVE IL SUO INCANTESIMO ALLA LUCE. I SETTE COLORI DELL’IRIDE PRODIGIOSAMENTE SINTETIZZATI NEL BIANCO, SI RAPPRESENTANO QUI CON VIVEZZA E INTENSITÀ SINGOLARI. ED È QUESTA LUCE, INTRISA D’ORIENTE, CHE POSANDOSI IN OGNI DOVE, ESALTA I BORGHI, LE MASSERIE, LE PIAZZE, LE CHIESE, I LASTRICATI, I TRULLI
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ilva Arboris Belli è una piacevolissima divagazione che proponiamo a chi ama “camminAscoltare” con Avanguardie: si chiama Alberobello. Qui dominano il grigio perla della pietra locale e il bianco della calce. Il nome deriverebbe da Sylva Arboris Belli (o Silva aut Nemus Arboris Belli) quindi la “selva o il bosco dell’albero della guerra”, anche se qualcuno sostiene un’etimologia diversa citando il Diploma d’Investitura del Re Ferrante d’Aragona in cui si parla di “Silva Alborelli”.
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La residenza reale di Racconigi ha ospitato per lungo tempo i sovrani del ramo Savoia – Carignano. L’attuale aspetto del castello è frutto delle modifiche fatte apportare da Carlo Alberto nel XIX secolo. Qui, nel 1904, nasceva l’ultimo re d’Italia Umberto II.
R ESIDENZE Alla corte dei Savoia La vista notturna della Reggia di Venaria crea una suggestione davvero particolare. Edificata nel XVII secolo, la reggia ha visto l’intervento dei più grandi architetti dell’epoca moderna: Amedeo di Castellamonte, Michelangelo Garove e Filippo Juvarra.
PER DECENNI LA CITTÀ DI TORINO È STATA ASSOCIATA ALL’INDUSTRIA MECCANICA E AL GRANDE NOME DELLA FIAT, MA NELLA SUA STORIA SECOLARE IL CAPOLUOGO PIEMONTESE È STATO ANCHE ALTRO: MONTESQUIEU SI INNAMORÒ DELLA SUA GRAZIA, ARRIVANDO A DEFINIRLO “IL VILLAGGIO PIÙ BELLO DEL MONDO”,
MENTRE I VIAGGIATORI INGLESI E TEDESCHI, CHE NEL XVIII SECOLO CERCAVANO IN ITALIA LE VESTIGIA DEL MONDO CLASSICO, COLSERO LA BELLEZZA DEL SUO GIOIELLO BAROCCO, COSÌ ELEGANTE ED INATTESO
La peschiera della Reggia di Venaria
SABAUDE TESTI DI PAOLO PALUMBO E MILENA LOMBARDO / FOTO DI ALESSANDRA LONGO, ARCHIVIO TREKKING&OUTDOOR E CONSORZIO LA VENARIA REALE
farzo, eleganza e potere: queste le peculiarità delle residenze reali della famiglia Savoia, che fin dal XVI secolo cominciò a manifestare il desiderio di ampliare e restaurare antichi castelli – anche di epoca romana – e soprattutto di costruire nuove dimore prestigiose, adibite al soggiorno, alle feste o alla caccia, tutte racchiuse nel circuito verde che circonda l’intera Provincia di Torino.
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IN BICICLETTA ALLA SCOPERTA DEL FERRARESE E DEL DELTA DEL PO, PATRIMONIO DELL’UMANITÀ UNESCO DAL 1995, TRA CASTELLI, ANTICHE CORTI E OASI NATURALISTICHE
erra e acqua. E civiltà. Se c’è un luogo nel quale l’uomo nei secoli è riuscito a costruire una relazione armonica con la natura, questo è il territorio che da Ferrara si estende fino all’Adriatico. Non è un caso che i protagonisti di questa simbiosi virtuosa furono gli Este, una delle maggiori famiglie dell’età rinascimentale, un’epoca in cui si pensava che ogni opera umana dovesse esistere in armonia con la bellezza del mondo circostante.
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TESTO DI CARLO ROCCA / FOTO ARCHIVIO PROVINCIA DI FERRARA
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La civiltà dell’acqua
L'area ferrarese è contraddistinta dal passaggio di numerosi canali creati durante le opere di bonifica intraprese agli inizi del Novecento. L'area pianeggiante garantisce le attività di raccolto delle piantagioni, la coltivazione delle campagne nonché l'allevamento e la pesca.
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TESTI E FOTO DI ANDREA PERCIATO, MARIA RITA LILIANO E MARIO LUCIANO
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Città perduta nelle memorie del tempo
Veduta dell'Anfiteatro di Pompei, uno dei più antichi e meglio conservati al mondo.
UNA DELLE CITTÀ PREFERITE DAL PATRIZIATO ROMANO; I NUMEROSI RESTI DI VILLE E PALAZZI TESTIMONIANO IL TENORE DI VITA CHE, ALL’EPOCA, TRASCORREVA TRANQUILLO TRA UN MARE RICCO E PESCOSO ED UN ENTROTERRA FERTILE
urono gli Osci a dare origine al primo nucleo abitato di Pompei, riunendo cinque villaggi sparsi nella zona: Pompaios in lingua osca significa appunto “cinque”. Secoli dopo la città divenne il più importante punto di riferimento, un anello di congiunzione, tra le due civiltà più potenti del tempo presenti nell’Italia centromeridionale: i Greci di Cuma e gli Etruschi a sud di Nuceria.
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La città sepolta, insieme a quella di Herculaneum, fu portata alla luce e attirò l’interesse di molti già nel primo Rinascimento, con citazioni che indicavano il luogo detto Civita come l’antico sito pompeiano. Tra il Cinquecento e il Seicento l’architetto Fontana, durante gli scavi di un acquedotto che doveva imbrigliare l’acqua del fiume Sarno, inconsapevolmente scoprì presso la collina della Civita le rovine di edifici ed epigrafi dell’antica città, senza però riconoscere lo storico insediamento. Fu il tedesco Winckelmann che nella seconda metà del XVIII secolo iniziò a studiare, con accanita metodologia, i primi reperti che emergevano dall’eterno buio della notte dei tempi introducendo, così, una rigorosa tecnica scientifica nella conduzione e nell’esecuzione degli scavi, che permise di spianare la strada alla moderna archeologia. Tralasciando
accurate citazioni scientifiche e richiami specifici sui ritrovamenti archeologici che hanno interessato la scoperta dell’antica Pompei, si conosceranno le sue strade, le sue case, le sue piazze e i suoi templi ripercorrendo gli elementi urbani di un vissuto storico ancora incredibilmente intatto e ricco di testimonianze; immaginando di avere gli occhi e la mente proiettati a 2000 anni fa durante una qualsiasi giornata dell’anno, dove i profumi delle taverne intrecciavano le loro essenze con le fragranze offerte dai forni e il vociare scaturito dalle botteghe e dai mercati. Nel 1997 l’UNESCO dichiara Pompei ed Ercolano Patrimonio Mondiale dell’Umanità per gli incredibili reperti ritrovati, costituenti un’autentica testimonianza della società e della vita quotidiana del passato e non riscontrabili in nessun’altra parte del mondo.
I resti del Macellum, termine con cui veniva chiamato un edificio monumentale utilizzato per la vendita di alimenti e prodotti di consumo quotidiano.
Il calco di un sepolto durante l'eruzione del Vesuvio del 79 d.C.
notizie utili Laboratorio del Camminare Trekking Campania OFFICINAE ITINERIS Salerno Cell. 339.7456795 (Andrea Perciato) Cell. 339.3707097 (Mario Luciano) info@trekkingcampania.it www.trekkingcampania.i
C om e ar rivare
Tra la Palestra dei Gladiatori e l'Anfiteatro.
sicurezza sui sentieri con
In auto. Dall’Autostrada A30 Roma-Salerno, uscita di Sarno e seguire la segnaletica locale. A3 Napoli-Salerno, uscita di Pompei Scavi o di Pompei Santuario. In treno. Stazione FS di Pompei.
A piedi nella storia Località di partenza Ingresso Anfiteatro zona sud-est (m 30) Località di arrivo Porta Marina zona ovest (m 35) Difficoltà T Dislivello trascurabile Tempo di percorrenza 5 ore Periodo consigliato da autunno a primavera
Itinerario a circuito completamente esposto al sole, bisogna fare attenzione alle scanalature tra i basoli delle strade lastricate. È consigliabile iniziare l’itinerario in coincidenza con l’apertura agli scavi, di buon mattino: non c’è quasi nessuno e la passeggiata è altamente godibile. Descrizione: dall’Anfiteatro si passa per l’enorme colonnato della Grande Palestra dei gladiatori; vicino c’è l’antica Porta di Sarno. Qui transita Via dell’Abbondanza; a sinistra Villa Giulia Felice, le case di Venere, di Loreio Tiburio e la bottega del Fornaio di
Soterico; per la Casa del Criptoportico si raggiunge la Casa di Menandro. Si aggira l’isolato e il decumano maggiore risale per lo stretto Vico diTesmo. All’incrocio con la Casa del Citarista, si lascia Casa di Epidio Rufo e si sale per Via del Vesuvio con leTerme Stabianae al centro della città. In leggera salita (Case di Orfeo e di Cecilio Giocondo) si passa per la Casa degli Amorini dorati fino alla Porta del Vesuvio. Si scende dunque per Vico dei Vettii con la Casa dei Vettii, la più famosa di tutta Pompei. Quattro insule dopo c’è la Strada Consolare, mentre fuori Porta d’Ercolano si apre la Strada dei Sepolcri. Le Ville delle Colonne a Mosaico, di Cicerone e la più enigmatica tra le residenze: Villa dei Misteri. Da qui per le Case del Poeta Tragico e del Fauno lungo il tortuoso Vico Storto, si apre il Vico del Lupanare, con l’insolito edificio del Gran Lupanare, antico bordello della città. Il Piccolo Teatro (Odeon), la vicina Caserma dei Gladiatori e la platea delTeatro Grande affiancano il ForoTriangolare con la Palestra Sannita e il Tempio di Iside. Vicino si vedono il Foro Civile, con il Tempio di Giove e le Curie, l’edificio di Eumachia, il Tempio di Vespasiano, il Santuario dei Lari, l’enorme spazio rettangolare del Macellum e l’Arco diTiberio. IlTempio di Apollo chiude con Via Marina; accanto sorge ciò che resta della Basilica, allo sbocco di Porta Marina, importante accesso a Pompei durante l’epoca imperiale.
Patrimonio dell’Umanità AREE ARCHEOLOGICHE DI POMPEI, ERCOLANO E TORRE ANNUNZIATA Anno di iscrizione: 1997 Area di riconoscimento UNESCO: 98 ha Area tampone: 24 ha L’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. seppellì sotto metri di cenere e lapilli le due ricche città romane di Pompei ed Ercolano, insieme a molte ricche ville presenti nell’area. La grande città commerciale di Pompei si distingue nettamente dalla piccola, ma meglio conservata, residenza estiva di Ercolano, mentre i pregevoli affreschi murari di Villa Oplontis a Torre Annunziata danno un’impressione vivida della vita dei ricchi Romani di epoca imperiale. A partire dalla metà del XVIII secolo questi resti archeologici sono stati riportati alla luce e sono tra le mete turistiche più note in Italia e nel mondo.
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Itinerari
NUMERI UTILI Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Napoli e Pompei Direzione area archeologica degli Scavi di Pompei - Pompei (NA) Tel. 081.8575111 / 8575225 sba-pomp@beniculturali.it www.pompeiisites.org www.campaniabeniculturali.it
I resti della Basilica nei pressi del Foro.
Valle dei Templi SICILIA
Magica testimone della civiltà greca
Visione notturna del Tempio di Giunone Lacinia.
TESTO DI DOMENICO CACIOPPO / FOTO DI DOMENICO CACIOPPO E ENRICO BOTTINO
n questa valle, intorno al V secolo a.C., furono eretti bellissimi templi in stile dorico, la cui visita è di sicuro interesse storico, architettonico e, soprattutto al tramonto, di notevole impatto emotivo. Da qui scorgiamo il mare a sud e i grandi palazzi della città a nord. Racchiuso nel mezzo vi è il parco archeologico, uno dei siti più rappresentativi della civiltà greca classica, inserito nel 1997 dall’UNESCO nell’elenco dei siti Patrimonio Mondiale dell’Umanità.
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Sul terreno sono sparse migliaia di tonnellate di pietra, un tempo utilizzata per erigere templi ed edifici del centro di Akragas, zona di confine tra la Sicilia Greca e quella Cartaginese. Il territorio del Parco si sviluppa su circa 1300 ettari ed è attraversato dai fiumi Akragas, sul lato meridionale, e Hypsas, sul lato di occidente; a nord si staglia la Rupe Atenea, su cui sorge l’attuale Agrigento, mentre a sud, per un breve tratto, si scorge il Mediterraneo. Il mandorlo e l’olivo prevalgono su seminativi e vigneti, mentre in prossimità dei fondovalle sono presenti giardini e orti con numerose specie da frutto tra cui agrumi, fico e melograno, che, per maestosità e portamento nonché per il contesto culturale e paesaggistico in cui si trovano, sono stati inseriti nell’elenco de “I grandi alberi di Sicilia”. Sin dall’antichità, la vegeta-
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zione della Valle dei Templi ha affascinato gli scrittori classici come Diodoro Siculo (sec. I a.C.) e il geografo Al Idrisi (1138). Questa ricchezza di vegetazione, assieme alle magnifiche testimonianze dell’architettura greca, spinsero, tra il XVIII e il XIX secolo, viaggiatori di diversi Paesi europei a visitare la Sicilia, incantati, una volta sul posto, dal fascino di ogni elemento del paesaggio: i templi, il mare, i colori del cielo, la varietà di piante e i sapori dei prodotti della Valle. Più recentemente scrittori ed artisti, tra cui Pirandello, Lo Jacono e altri, hanno immortalato, attraverso racconti e immagini pittoresche, ambienti e paesaggi della Valle dei Templi, dove la natura e l’archeologia si fondono in un sistema dal valore ambientale, scientifico e culturale che merita di essere scoperto in prima persona.
LA VALLE DEI TEMPLI, SITUATA A SUD DELLA CITTÀ DI
AGRIGENTO,
RAPPRESENTA UNO DEI LUOGHI PIÙ AFFASCINANTI E VISITATI DI TUTTA L’ISOLA, IN QUANTO OFFRE UNA DELLE PIÙ IMPORTANTI TESTIMONIANZE DELLA PRESENZA DEGLI ANTICHI GRECI NELL’ITALIA MERIDIONALE
notizie utili
C ome arr i vare
Veduta panoramica della Valle dei Templi.
sicurezza sui sentieri con
In auto. A19 Palermo-Catania uscita svincolo Villabate, segue SS121, uscita Agrigento, SS189 e seguire le indicazioni. In treno. Stazione Palermo Centrale, linea FS Palermo Centrale – Agrigento Stazione Centrale. In aereo. Aeroporto Falcone Borsellino di Palermo.
I magnifici Templi di Akragas Località di partenza Stazione Centrale (m 230) Località di arrivo Tempio dei Dioscuri (m 120) Difficoltà T/E Dislivello 300 metri Tempo di percorrenza 2 ore
Dalla Stazione Centrale, imboccare la via Crispi e proseguire sulla via Panoramica dei Templi fino ad La copia ricostruita del Telamone del Tempio di Giove Olimpico.
arrivare lungo la via Sacra. Qui si erge il Tempio della Concordia, il cui nome è un richiamo ad una iscrizione latina che faceva riferimento alla “Concordia degli Agrigentini”. Eretto nel V secolo a.C., è oggi quello meglio conservato, dato che nel VI secolo d.C. venne trasformato in chiesa cristiana. La vista del tempio illuminato con il tramonto sullo sfondo è uno spettacolo unico al mondo. Proseguendo lungo la via sacra alla volta della necropoli paleocristiana del III sec. a.C., si arriva al Tempio di Ercole, il più antico tra i templi agrigentini. Al suo interno vi era una statua di bronzo raffigurante Ercole, il cui mento era divenuto lucido perché veniva baciato dai fedeli. Il tempio venne distrutto a causa di un terremoto e solo intorno al 1920 si è provveduto ad innalzare le otto colonne che oggi si possono ammirare. Il Tempio della Concordia, simbolo della Valle dei Templi.
Alcune delle 38 colonne che componevano il Tempio di Ercole.
Si continua sino al Giardino della Kolymbetra, un gioiello archeologico situato all’interno del Parco della Valle dei Templi, tra il Tempio dei Dioscuri e il Tempio di Vulcano, tornato alla luce dopo decenni di abbandono. Di particolare rilievo gli “Acquedotti Feaci”, gli unici visitabili della Valle, risalenti al V secolo a.C. quando alimentavano l’antica piscina. Ancora oggi sgorgano limpide acque utilizzate per l’irrigazione del Giardino, ricco di agrumi, frutti e olivi secolari. Proseguendo in direzione di Porta V si incontra il Tempio dei Dioscuri (Castore e Polluce), il simbolo turistico di Agrigento. Gli agrigentini sono soliti chiamarlo “Le tre colonne” anche se ne possiede quattro, dato che una prima ricostruzione nel secolo scorso aveva portato ad innalzare tre colonne mentre la quarta venne rialzata in seguito.
Patrimonio dell’Umanità L’AREA ARCHEOLOGICA DI AGRIGENTO Anno di iscrizione: 1997 Area di riconoscimento UNESCO: 1,869 ha Area tampone: 934 ha La colonia greca fondata nel VI secolo a.C. è divenuta una delle principali città del bacino mediterraneo. I resti dei magnifici templi dorici che dominano la città antica, una parte della quale è ancora sepolta e intatta sotto i moderni campi e frutteti, testimoniano la sua supremazia e fierezza. Una serie di accurati scavi nella zona ha fatto luce sulla città ellenistica e romana e sulle pratiche di sepoltura degli abitanti paleocristiani.
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Itinerari
Laboratorio del Camminare LE TERRE DEL GATTOPARDO Santa Margherita di Belìce (AG) Tel. 0925 33707 Cell. 333 8066163 (Domenico Cacioppo) Cell. 333 9515122 (Vita Di Campo) i.mediterraneo@libero.it www.istitutomediterraneo.it
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EOLIE
TESTO DI ALFONSO LUCIFREDI / FOTO DI ENRICO BOTTINO, FRANCESCA SCIARRA E ADRIANO PENCO
Figlie del fuoco e del mare EMERSO DAL FONDO DEL TIRRENO SULLA SPINTA DI FORZE ANCESTRALI, L’ARCO DELLE EOLIE RAPPRESENTA UN CASO UNICO NEL MEDITERRANEO DI ARCIPELAGO VULCANICO TUTTORA IN ATTIVITÀ, META PRIVILEGIATA NON SOLO PER I TURISTI, MA ANCHE PER CHI VUOLE CONOSCERE I SEGRETI NASCOSTI DELLE PROFONDITÀ DELLA TERRA
i narra che Eolo, la divinità classica da cui questa località greca prende il nome, avesse dimora sull’isola di Lipari e dimostrasse ai mortali la sua affinità con i venti, di cui era il re, prevedendo il tempo basandosi sulla forma dei pennacchi di fumo che fuoriuscivano dalla vetta di Stromboli. La ragione di questa leggenda è semplice: il vulcano, caso unico al mondo, è stato perennemente attivo nel corso di tutti i secoli della storia umana. Incessantemente rischiarato da esplosioni e colate laviche anche nelle ore notturne, è da sempre conosciuto come “il faro del Tirreno”.
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SICILIA
Vulcani giovani, emersi nell’ultimo milione di anni, tradiscono uno sviluppo tormentato e la potenza irrequieta della terra con le fumarole di Vulcano, così come con le eruzioni di Stromboli.
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Su Nuraxi
TESTO DI ALFONSO LUCIFREDI / FOTO DI ARCHIVIO FONDAZIONE BARUMINI
Viaggio nel cuore antico d NELL’ENTROTERRA REMOTO DEL MEDIO CAMPIDANO, NELLE VICINANZE DI BARUMINI, È POSSIBILE ENTRARE IN CONTATTO CON LA TESTIMONIANZA ARCHEOLOGICA DI UN IMPONENTE VILLAGGIO NURAGICO CHE CI PROIETTA, CON LA MENTE E CON LE SENSAZIONI, AD UN MONDO ARCAICO FATTO DI PIETRA E BRONZO
SARDEGNA Gli edifici nuragici sono stati costruiti utilizzando le rocce locali. Il basalto, la marna fossilifera, il calcare, la trachite e il granito sono i materiali costitutivi dei diversi monumenti. A seconda della lavorabilità dei materiali l’aspetto esterno degli edifici era più o meno regolare.
della Sardegna
a terra di Sardegna ha mille storie da raccontarci, ma tra le tante una è legata ad un passato lontano, lontanissimo, remoto sia nel tempo che nello spazio. Legata a doppio filo ad un’isola che ha sempre vissuto una storia a sé stante, la civiltà nuragica rappresenta un caso unico e isolato all’interno dell’intero bacino del Mediterraneo.
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Questa cultura ebbe origine nell’Età del Bronzo, a partire da quasi 4000 anni fa, e popolò le terre sarde per un periodo di tempo durato oltre 15 secoli, fino al sopravvento dei Cartaginesi prima e dei Romani poi, che segnarono la sua progressiva scomparsa. Di questa civiltà remota non ci sono rimaste testimonianze che non fossero vestigia architettoniche o reperti in bronzo come statue e monili, al punto che per gli studiosi è stato problematico ricostruire gli eventi storici e gli aspetti sociali legati alle tribù del tempo. Ciononostante, l’isola è tuttora impregnata della memoria di quella cultura arcaica, come dimostra la presenza dei suoi monumenti megalitici, maestosi e di incomparabile fascino, che ancora oggi sono in grado di sorprendere con il loro aspetto inconfondibile: i nuraghes hanno una struttura massiccia, generalmente a tronco di cono, e sono costituiti da muri a secco di blocchi di roccia squadrati, grossi alla base e di dimensioni decrescenti verso l’alto, forse per facilitare il loro trasporto durante la costruzione. Tra questi, il complesso nuragico di Barumini, noto come Su Nuraxi, è il più grande e meglio conservato di tutta la Sardegna. Le dimensioni maestose e la posizione sopraelevata, da cui domina la piana circostante, lo rendono riconoscibile anche da grandi distanze: cinque torri, di cui una centrale suddivisa in tre camere e alta quasi 20 metri, costituiscono la massiccia struttura del nuraghe principale, edificata circa 3500 anni orsono e più volte rimaneggiata nel corso dei secoli. Al suo interno è presente un cortile con pozzo tuttora funzionante, mentre intorno alla costruzione si nota una cerchia difensiva composta da sette torri unite da mura rettilinee. All’esterno si sviluppa un fitto villaggio di una cinquantina di capanne, ciascuna costituita da una singola camera circolare composta da pietre a secco, originariamente chiusa da un
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Assisi
TESTO DI MARCO FAZION / FOTO DI ENRICO BOTTINO, MARCO FAZION E ARCHIVIO TREKKING&OUTDOOR
città santuario
gni città è un luogo culturale, ma Assisi è un luogo eminentemente culturale, “artificiale” nel significato migliore del termine, sin dalla sua architettura. Gemma di pietra rosa, messa a nudo o forse, semplicemente, mai più intonacata, in ossequio al gusto romantico. Assisi, che, con ogni probabilità, non era in pietra facciavista più di quanto non lo fossero le statue del Partenone: per immaginarla com’era – come la visse Francesco, come la dipinse Giotto – meglio riandare con la mente ai colorati villaggi di pescatori della Laguna, o a Vernazza, nelle Cinque Terre.
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UMBRIA
ASSISI E LA BASILICA DI SAN FRANCESCO. ASSISI, GIOTTO, E LA NASCITA DELLA PITTURA ITALIANA. ASSISI UMBRA, ROMANA, E MEDIEVALE. ASSISI E L’ORDINE DEI FRANCESCANI. ASSISI, IL MESSAGGIO ECUMENICO, LE ALTRE RELIGIONI: IL DALAI LAMA, L’IMAM, IL PATRIARCA, IL PAPA, A PREGARE INSIEME PER LA PACE. ASSISI E LA MARCIA DELLA PACE. E, INFINE, LA DESIGNAZIONE A PATRIMONIO MONDIALE DELL’UMANITÀ, CHE, IN MODO PIÙ COMPIUTO ANALIZZA, RIPERCORRE E SUGGELLA QUESTI VALORI UNIVERSALI
La torre del Palazzo Comunale e il centro storico, visti dalla Rocca.
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TESTI E FOTO DI ANDREA PERCIATO, MARIA RITA LILIANO E MARIO LUCIANO
Dove le pietre profumano di rosa
CAMPANIA
Paestum
Biferi Rosaria Paesti
ella piana del Sele l’Ager Pestanus era una fertile e rigogliosa pianura ricca di piante e animali. Gli abitanti praticavano la pittura, la scultura, la ceramica e l’architettura, come i Greci della madrepatria; così come nella vicina Velia (Yele o Heleya) dove nacquero e vissero Parmenide e Zenone, legando il proprio nome alla città e alla scuola filosofica di cui entrambi sono stati fondatori.
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CHIAMATA POSEIDON DAI GRECI E PAESTUM DAI ROMANI, FU INDICATA COME NETTUNIA, LA CITTÀ DEDICATA AL DIO DEL MARE. MA ANCHE PISTAH, IN EBRAICO, E PISTAN, IN CALDEO, NOMI CHE IDENTIFICAVANO LA ZONA COME IL LUOGO IN CUI SI COLTIVAVA IL LINO
Paestum, nel corso dei secoli, ha visto l’alternarsi del culto di divinità etrusche, greche, lucane e romane. Le campagne riuscivano a produrre abbondanza di frutti due volte l’anno. Era una terra dove fiorivano rose di ogni specie e varietà. Le comode strade realizzate dai Romani subirono un declino scomparendo, poco alla volta, dalla geografia del tempo. Le campagne si coprirono di rovi e le terre vennero messe in vendita a prezzi bassissimi, al punto che un giardino o un campo si scambiavano facilmente per una spada o un cavallo. Le continue inondazioni di quegli splendidi e profumati giardini misti a vigneti e a uliveti mutarono com-
C ome arr i vare
Itinerari
antichi splendori di un tempo. Pietre e colonnati furono avvolti da erbacce, inondati dagli acquitrini e boschi e paludi avvolsero per secoli il ricordo di quel sito. Fino agli inizi del Novecento, qui, incontrastato luogo della mosca malarica, regina di pestifere esalazioni, pascolavano mandrie di bufale. Oggi, invece, la riscoperta e la valorizzazione dell’area è legata alla tutela del Parco nazionale del Cilento-Vallo di Diano, e i siti archeologici di Paestum, Velia, e la Certosa di Padula, dal 1998, sono stati nominati un Patrimonio dell’Umanità protetto dall’UNESCO.
Località di partenza Taverna Carducci, ingresso lato Museo (m 10) Località di arrivo Porta della Giustizia, area sud scavi (m 8) Difficoltà T Dislivello trascurabile Tempo di percorrenza 3 ore circa Periodo consigliato dall’autunno alla primavera
In questo itinerario incontreremo ruderi di antichi templi, complessi architettonici (alcuni in buono stato di conservazione) di notevole spessore artistico e strade lastricate spesso completamente esposte al sole (approvvigionarsi di acqua prima di mettersi in cammino): questa zona è l’unico esempio al sud (escluso Agrigento) di conservazione di tali strutture. Descrizione: il Museo Archeologico Nazionale di Paestum raccoglie materiali e suppellettili ritrovati durante le campagne di scavo. L’area giace nella pianura e le attuali rovine sono racchiuse dal
Laboratorio del Camminare Trekking Campania OFFICINAE ITINERIS Salerno Cell. 339.7456795 (Andrea Perciato) Cell. 339.3707097 (Mario Luciano) info@trekkingcampania.it www.trekkingcampania.it NUMERI UTILI Museo archeologico Nazionale di Paestum Via Magna Grecia 919 Tel. 0828.811023 www.archeosa.beniculturali.it
sicurezza sui sentieri con
In auto. A3 Salerno-Reggio Calabria, uscita Battipaglia, segue SS18 in direzione di Capaccio; seguire la segnaletica locale, fino a che non si scorgono le mura dell’antica città. In treno. Stazione FS di Capaccio.
Nel sito Archeologico di Paestum
notizie utili
Patrimonio dell’Umanità
perimetro delle mura della città antica; tre sono gli ingressi che permettono di accedere e visitare gli scavi. Un filare di pini e oleandri nasconde il Tempio Minore (o di Cerere, VI secolo a.C.) in puro stile dorico. Sul retro inizia la Via Sacra, principale arteria che attraversa il centro della città da nord a sud; pavimentata da grossi blocchi in calcare, il lastricato è di origini romane, ma il suo tracciato risale all’epoca greca. Essa attraversa due zone ben distinte: l’area occidentale (quartieri civili privati, case signorili, botteghe e alloggi) e l’area orientale (quartieri religiosi e di interesse pubblico come il Foro, le Terme, gli anfiteatri e la Curia). L’Anfiteatro Romano, al centro della città, è un concavo ricoperto da prato; vicino una cisterna d’acqua cinta da un portico (piscina del Ginnasio). Il Tempio Italico del 273 a.C. era, probabilmente, il Capitolium dedicato a Giove; di fianco si apre un edificio greco a gradinate, l’Ekklesyasterion, di fattura lucana. Gli imponenti colonnati del Tempio Maggiore, il più importante in stile dorico presente oggi in Italia e in Grecia e dedicato al culto di Nettuno, sono in travertino locale caratterizzato da incrostazioni calcaree. Accanto sorge la Basilica, sede del Senato: unico tempio a Paestum che non ha mai avuto frontoni e copertura, assume la forma di un mastodontico parallelepipedo. Si esce dall’area archeologica attraverso la Porta della Giustizia, nella parte meridionale della città.
PARCO NAZIONALE DEL CILENTO E VALLO DI DIANO, CON I SITI ARCHEOLOGICI DI PAESTUM, VELIA E LA CERTOSA DI PADULA Anno di iscrizione: 1998 Area di riconoscimento UNESCO: 159,110 ha Area tampone: 178,101 ha Il Cilento è un territorio di grande valenza culturale. La notevole successione di santuari e insediamenti distribuiti lungo le sue tre creste montane disposte su direttrice est-ovest descrive con chiarezza la sua evoluzione storica: esso fungeva da via di comunicazione privilegiata non solo per gli scambi commerciali, ma anche per ragioni culturali e politiche, in un periodo di tempo che si muove dalla preistoria sino al Medioevo. Il Cilento era anche una connessione tra le colonie elleniche della Magna Graecia e le popolazioni locali dei Lucani e degli Etruschi. I resti di due delle più importanti città dell’epoca classica, Paestum e Velia, si trovano qui.
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pletamente il loro aspetto, rendendo la zona aspra e selvaggia con fetide paludi e impenetrabili boscaglie, privando la città di quella vitalità che l’aveva resa celebre in tutto il Mediterraneo. La distruzione di Paestum avvenne per opera dei Saraceni tra l’871 e l’882, che assediarono a ondate successive la città, nonostante fossero stati più volte respinti in prossimità delle mura. La scomparsa della località fu determinata dal fuoco che avvolse e distrusse gli edifici lasciando in piedi solo pietre sparse; da allora Paestum non ritornò più agli
Pagina a lato dall’alto: Tempio di Cerere, risalente al 500 a.C.; vaso proveniente dal Museo Archeologico di Velia; l’”Ekklesiasterion” o “Teatro all’aperto” di Paestum. Sotto: un particolare della lastra tombale del “Tuffatore”, conservata al Museo Archeologico Nazionale di Paestum.
Val d’Orcia n tempi recenti se ne sono accorti soprattutto inglesi e tedeschi, ma il fascino incontrastato della Val d’Orcia ha ammaliato gli uomini – artisti e non – almeno dal Quattrocento. I pittori senesi del Rinascimento amavano talmente questi luoghi che delle testimonianze della loro arte sono gremiti i musei e le chiese del territorio. In seguito, nel XVIII secolo, poeti e scrittori del viaggio sentimentale ne hanno fatto una tappa obbligata del Grand Tour, descrivendo la valle con grande passione e trasporto, mentre negli ultimi 100 anni grandi fotografi ne hanno immortalato i migliori scorci. Non è un caso che per preservare questa unicità sia stato istituito un Parco di interesse naturalistico, culturale ed artistico di cui fanno parte i cinque comuni della valle (Castiglione d’Orcia, Pienza, Montalcino, Radicofani e San Quirico d’Orcia). Come non è un caso che l’UNESCO le abbia conferito, dal 2004, il prestigioso riconoscimento di Patrimonio Mondiale dell’Umanità.
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SE LA TOSCANA È RINOMATA IN TUTTO IL MONDO PER I SUOI PAESAGGI, LA VAL D’ORCIA, NEL CUORE DELLA CAMPAGNA DI SIENA, NE RAPPRESENTA L’ANGOLO PIÙ SUGGESTIVO E SORPRENDENTE. NON STIAMO PARLANDO DI UN GIARDINO DELL’EDEN, LUSSUREGGIANTE, PIENO DI ALBERI E FIORI.TUTT’ALTRO. IL PAESAGGIO È ESSENZIALE, SEMPLICE IN MANIERA DISARMANTE, MA È PROPRIO QUESTA LA SUA VERA BELLEZZA, LA SUA INTIMA ESSENZA, CHE DA SEMPRE SEDUCE CHIUNQUE, CHI TORNA A TROVARLA COME CHI APPRODA QUI PER LA PRIMA VOLTA
TESTO DI STEFANO BARBIERI / FOTO DI STEFANO BARBIERI E ENRICO BOTTINO
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Come in un presepe, le case dell'antico borgo castellano di Rocca d'Orcia si stringono insieme attorno alla collina su cui svetta l'antica Rocca di Tentennano.
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Colline da amare
Una vista del Teatro Marittimo, uno degli edifici più affascinanti del complesso.
TESTO DI ALDO FREZZA / FOTO DI ALDO FREZZA E ENRICO BOTTINO
a più grande villa appartenuta nella storia ad un imperatore romano (oggi sappiamo con certezza che fosse davvero enorme, almeno 120 ettari, più grande dell’intera Pompei), fu realizzata in due fasi successive dal 118 al 133 d.C., arrivando a comprendere, al termine dei lavori, una serie apparentemente inesauribile di edifici e ambienti differenti: biblioteche, giardini, piccole e grandi terme, il teatro marittimo, lo stadio, la “caserma dei vigiles”, la piazza d’oro.
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Ogni elemento di questa immensa opera d’arte inserita in un contesto naturale ricco di acque portava traccia dell’ingegno multiforme e versatile di Adriano, che aveva scelto questa zona sui Monti Tiburtini perché lontana dagli schiamazzi della città e completamente immersa nel verde. Ognuna di queste parti era collegata alle altre attraverso una rete intricata di vie sotterranee, alcune carrabili, altre pedonali, che potevano essere percorse in maniera indipendente, senza dover recare alcun disturbo a chi soggiornava nel complesso della residenza imperiale. La Historia Augusta ci riferisce che il desiderio iniziale di Adriano fosse riprodurre i vari monumenti che durante i suoi innumerevoli viaggi, soprattutto in Grecia, lo avevano affascinato: dal Pecile al Canòpo, dall’Accademia al Liceo. Ma Villa Adriana è oggi ancora in gran parte sconosciuta, anche dopo 500 anni di esplorazioni. I primi scavi risalgono alla fine del Quattrocento, circa un secolo dopo recarsi in
LAZIO
Villa Adriana La regina delle ville imperiali
visita alle sue rovine era un obbligo per i maggiori artisti e per il Gran Tour dei viaggiatori stranieri, mentre architetti come Antonio da Sangallo il Vecchio e Francesco Borromini e artisti come Giovanni Battista Piranesi vi trassero ispirazione per le proprie opere. Dopo secoli di esplorazioni e scoperte sensazionali le ricerche ancora continuano, ma gli studi riguardo a questo sito dal valore indiscutibilmente alto sono ancora lontani dall’essere completati.
Costeggiando il muro di cinta dell’area delle Terme.
NONOSTANTE LA BREVE DISTANZA DA ROMA, LA VILLA CHE DALL’IMPERATORE ADRIANO HA PRESO IL NOME, PATRIMONIO MONDIALE DELL’UMANITÀ DAL 1999, DOPO SECOLI DI ABBANDONO CONSERVA ANCORA OGGI MOLTI MISTERI
sicurezza sui sentieri con
In auto. A24 Roma–L’Aquila, uscita Tivoli o Castelmadama. In treno. Tratta ferroviaria Roma-Pescara, fermata alla stazione FS di Tivoli. In bus. Bus da Roma (Cotral).
Da Tivoli a San Polo dei Cavalieri Località di partenza Tivoli (m 236) Località di arrivo San Polo dei Cavalieri (m 651) Difficoltà E Dislivello 415 metri Tempo di percorrenza 2.30 ore
Si inizia a salire per strada asfaltata verso il villaggio Don Bosco. Dopo circa 200 metri, sulla destra un sentierino permette di raggiungere la cima di monte Catillo, con vista su Tivoli e la pianura romana. Si costeggia il campo di calcio del villaggio e si sale ancora tra campi assolati, in maniera più dolce. Traversando un pianoro tra Colle del Vescovo e monte Giorgio si raggiunge un sughereto e si sale ancora verso nord, costeggiando Colle Piano. Proseguendo si arriva a un bivio con un sentiero che scende a un’area da pic-nic e prosegue verso monte Sterparo e colle Lecinone. Noi invece rimaniamo sul nostro percorso facile e pianeggiante tra querce e lecci, salendo poi al cocuzzolo di monte Piano. Aggirata e superata
NUMERI UTILI Delegazione Villa Adriana Ufficio relazioni con il pubblico Via di Villa Adriana 178 00019 Tivoli (RM) Tel. 0774.453540
una sella boscosa, fino al punto da cui appare il centro di San Polo, su un colle; qui si perde quota, si discende tra la macchia fino ad una strada che si percorre fino ad un fontanile, prendendo poi una mulattiera a sinistra. Da qui, costeggiando il cimitero, si giunge in paese. A questo punto si torna a Tivoli per la stessa via o tramite i mezzi pubblici della Cotral. Come arrivare: a Tivoli, parcheggiare nel piazzale Fabio Massimo, vicino a uno degli ingressi di villa Gregoriana, e incamminarsi per la provinciale verso Marcellina fino all’arco di Quintiliolo (cartello segnaletico con i sentieri).
La grande vasca del Pecile, un tempo circondata da un ampio giardino delimitato da quadriportico.
Patrimonio dell’Umanità VILLA ADRIANA (TIVOLI) Anno di iscrizione: 1999 Area di riconoscimento UNESCO: 80 ha Area tampone: 500 ha La Villa Adriana di Tivoli, nelle vicinanze di Roma, è un eccezionale complesso di edifici classici creati nel II secolo d.C. dall’imperatore romano Adriano, da cui prende il nome. Nei palazzi che lo compongono si combinano assieme alcuni degli elementi architettonici della tradizione artistica egiziana, greca e romana, al fine di creare una sorta di “città ideale”.
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Tra il Pecile ed il Teatro Marittimo, emerge la grande cupola delle cosidette Terme con Heliocaminus.
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Le strade e le piazze di San Gimignano si animano dei loro protagonisti: alcuni artigiani al lavoro in un momento della “Fiera della Messi”.
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Il rullo dei tamburi accompagna il corteo storico che sfila lungo le vie di San Gimignano durante la tradizionale fiera.
TESTO DI MILENA LOMBARDO / FOTO DI ENRICO BOTTINO E ARCHIVIO TREKKING&OUTDOOR
IN CIMA AD UN COLLE, A DOMINARE L’INTERA VAL D’ELSA E LA VERDISSIMA CAMPAGNA SENESE, ECCO ERGERSI UN CENTRO STORICO CHE GIÀ DA LONTANO APPARE INCANTEVOLE E MAESTOSO ALLO STESSO TEMPO, CON LE SUE TORRI SIMBOLO DEL POTERE CHE CATTURANO L’OCCHIO PRIMA DI OGNI ALTRO ELEMENTO, E LE CASE TUTTE ATTACCATE L’UNA ALL’ALTRA, COME A VOLERSI FARE CORAGGIO A VICENDA NEI MOMENTI DI DIFFICOLTÀ
Il borgo
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Gimignano
dalle belle torri L
a fondazione di San Gimignano si perde nella notte dei tempi. Si racconta, infatti, che nel lontanissimo 63 a.C. i due fratelli Muzio e Silvio, giovani patrizi romani in fuga per aver avuto un ruolo nella congiura di Catilina e rifugiatisi in Valdelsa, proprio su questo colle a quota 324 avessero deciso di costruire due castelli, quello di Mucchio e quello di Silvia, quest’ultima nucleo della futura San Gimignano. TREKKING
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La pietra di
Pantalica
TESTO DI GIOVANNI AMATO E ANTONIO SCROFANI / FOTO DI ANTONIO SCROFANI E ENRICO BOTTINO
Il litorale e l’immediato retroterra sono testimoni di un’epoca che vide l’espansione politica e militare di Siracusa interrotta dalle truppe romane solo nel 212 a.C., dopo una snervante difesa alla quale contribuì con ingegno e con amore di patria Archimede, matematico e meccanico tra i più famosi di tutti i tempi. Il grande siracusano ideò degli specchi che riuscivano ad incendiare le navi ostili che si avvicinavano al porto, tanto che Siracusa venne espugnata dai Romani via terra.
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PANTALICA E SIRACUSA SONO LA STORIA DEL MEDITERRANEO, LA TERRA E IL MARE: I POPOLI DELLA TERRA CHE ABITAVANO LA SICILIA E I POPOLI DEL MARE, I GRECI, CHE ARRIVATI DALLA COSTA SI DIMOSTRARONO, COME GLI SPAGNOLI IN AMERICA, PIÙ EVOLUTI, PIÙ FORTI E QUINDI DISTRUTTORI DEL PASSATO PER REALIZZARE IL FUTURO Orchidea Ophrys bertolonii
a pietra, “timpa” in dialetto siciliano, è l’elemento comune del sito Patrimonio dell’Umanità “Siracusa e la Necropoli Rupestre di Pantalica”. Pietra perché il territorio della Sicilia sud-orientale è caratterizzato da una pietra bianca e facile a modellarsi da parte del vento, dell’acqua e dell’uomo; una pietra alla quale nei secoli i contadini hanno cercato di strappare la poca terra disponibile e che caratterizza tutto il paesaggio collinare che degrada verso il mare.
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di Pantalica
Esemplare di “colubro leopardino”
RAVENNA
Mosaici di arte e natura al 395, anno della morte dell’Imperatore Teodosio, fino all’invasione dei Longobardi del 751 d.C., Ravenna è stata capitale dell’Impero Romano d’Occidente e ha vissuto un’incredibile fioritura artistica e culturale, strettamente legata alla sua religiosità, che la rese dimora del primo arcivescovo della storia della Chiesa, Massimiano.
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EMILIA ROMAGNA TESTI E FOTO DI ENRICO BOTTINO E DARIA DALL’OLIO Sulla doppia pagina: momento di relax alla confluenza del Bevano con l’Acquara. A destra dall’alto: chiostro della Basilica di San Vitale e particolare della volta.
FIGLIA DI UN GLORIOSO PASSATO CHE LA VIDE AVAMPOSTO IN EUROPA DELL’IMPERO ROMANO D’ORIENTE, RAVENNA ANCORA OGGI CONSERVA IL FASCINO E L’ORGOGLIO DI UNA CITTÀ MAESTOSA E CARICA DI SPIRITUALITÀ
La genesi della città di Matera, circondata da chiese rupestri antichissime, è avvenuta in un ambiente suggestivo, fatto di rocce scoscese a strapiombo su un profondo canyon.
La città della pietra
a forma di quel burrone era strana; come quella di due mezzi imbuti affiancati, separati da un piccolo sperone e riuniti in basso in un apice comune, dove si vedeva, di lassù, una chiesa bianca, Santa Maria de Idris, come ficcata nella terra. Questi coni rovesciati, questi imbuti, si chiamano Sassi. Hanno la forma con cui, a scuola, immaginavamo l’inferno di Dante...”.
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BASILICATA
Matera
TESTO DI ELISA CANEPA / FOTO DI ENRICO BOTTINO
Chi giunge a Matera per la prima volta, come accadde a Carlo Levi, viene accolto da una cittadina pittoresca, cinematografica, irreale. La vertigine dell’incastro di salite e discese, la profondità delle grotte scavate nella roccia, la suggestione di giardini, cisterne e masserie: l’insieme è un’orchestra di emozioni racchiusa nel ventre protettivo di un precipizio. L’affascinante storia di queste architetture naturali, un degradare di abitazioni e celle monastiche, ha origini lontanissime, che ci parlano di un antico desiderio di sopravvivere con le sole risorse di acqua, sole e pietra: dai villaggi neolitici alla
civiltà rupestre di matrice orientale, dalla civitas normanna alle espansioni rinascimentali e al degrado igienico-sociale del XIX-XX secolo, fino all’attuale recupero. Esse sono state nominate nel 1993 Patrimonio dell’Umanità per i portali e i fregi del Sasso Barisano, le case e i gradoni scolpiti nella pietra del Sasso Caveoso e per la città vecchia, la Civita, con in cima la splendida Cattedrale. A fare da sfondo, l’altopiano della Murgia con le chiese rupestri e un dedalo di gallerie nel cuore della pietra giallo paglierino della collina, che offre la possibilità di escursioni in un ambiente evocativo.
notizie utili
sicurezza sui sentieri con
In auto. Da Ovest A3 Salerno-Reggio Calabria, uscita Sicignano, segue SS407 uscita Potenza e S7 fino a Matera; A3 Salerno – Reggio Calabria uscita Sibari, segue SS106 Jonica uscita Metaponto e SS175 Metaponto – Matera. Da Est A14 Bologna-Taranto uscita Bari Nord, segue SS96 fino ad Altamura e SS99 fino a Matera; SS 106 Jonica Reggio Calabria – Taranto uscita Matera, segue SP175 Metaponto – Matera. In treno. Linea FS Stazione di Bari Centrale e linea Ferrovie Appulo Lucane fino a Stazione di Matera Centrale.
Camminare nei Sassi Località di partenza e arrivo Piazza Vittorio Veneto (m 400) Difficoltà T Dislivello trascurabile Tempo di percorrenza 2 ore
Il percorso permette di visitare tutta la zona dei Sassi di Matera in modo completo e panoramico. Descrizione: da Piazza Vittorio Veneto si imbocca Via del Corso, sulla destra la chiesa di S. Lucia. Si arriva ad una deviazione per Piazza S. Francesco con l’omonima chiesa, e finita Via del Corso comincia Via Ridola. A destra la chiesa del Purgatorio dell’VIII secolo creata da maestranze leccesi, con l’intera facciata, ricoperta di teschi e scheletri. Più avanti la chiesa e il monastero di S. Chiara, oggi sede del Museo Nazionale Ridola, con la bellissima facciata in tufo. Alla fine della Via si arriva a Palazzo Lanfranchi, sede della Sovrintendenza ai Beni Archeologici. Sulla sinistra si giunge ad un belvedere che introduce al Sasso Caveoso. Di fronte si erge il torrione roccioso, sede della chiesa della Madonna del-
l’Idris, sulla sinistra l’insieme di case e chiese ricavate nel tufo è un vero spettacolo. Si comincia la discesa nei Sassi; si prende a sinistra di Palazzo Lanfranchi, scendendo i gradoni di marmo, e ci si proietta nel Sasso Caveoso. Poco prima di finire la via, si sale sulla destra per la chiesa della Madonna dell’Idris, risalente al sec. XI e stupendamente affrescata. Si scende in Piazza S. Pietro Caveoso, con l’omonima chiesa e il belvedere che si affaccia sulla Gravina. Di fronte si scorge Murgia Timmone, che custodisce altre chiese rupestri. Passando dietro la chiesa, sotto l’arco, si percorre Vico Solitario che costeggia la Gravina sulla sinistra. Si sale alla chiesa di S. Lucia alla Malve (sec. IX) e si prosegue fino al Convicinio di S. Antonio, un ballatoio rupestre contenente quattro chiese: S. Antonio, S.
Donato, S. Eligio e Tempe Cadute. Tornati a S. Pietro Caveoso, si prosegue lungo la Via Madonna delle Virtù e ci si inoltra nel Sasso Barisano, con case e chiese completamente realizzate in tufo e non scavate; in alto, arrampicata su una splendida rupe, c’è la Chiesa di S. Agostino. Arrivati in fondo alla via, ci si arrampica lungo Via Rosario, che, attraverso un suggestivo arco, riporta in Piazza Vittorio Veneto, lasciandosi alle spalle la facciata del Duomo incorniciato dal Sasso Barisano.
Patrimonio dell’Umanità I SASSI E IL PARCO DELLE CHIESE RUPESTRI DI MATERA Anno di iscrizione: 1993 Area di riconoscimento UNESCO: 4,365 ha Area tampone: 1,016 ha È il più eccezionale e intatto esempio di insediamento umano dall’età della pietra perfettamente adattato al territorio e all’ecosistema. La prima zona abitata risale al Paleolitico mentre gli insediamenti successivi mostrano una serie di tappe significative della storia dell’uomo.
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Itinerari
NUMERI UTILI Apt Basilicata Matera Tel. 0835.331983 www.aptbasilicata.it Ente Parco della Murgia Materana Centro Visita - Matera Tel. 0835.332262 Cell. 388.8925407 / 327.7333016 www.ceamatera.it
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La ricostruzione di alcune palafitte a Ledro (TN).
Antiche città sull’acqua TESTO DI ITALO CLEMENTI / FOTO MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITÀ CULTURALI SOPRINTENDENZA AI BENI ARCHEOLOGICI DELLA LOMBARDIA
ALPI
Siti palafitticoli delle ALPI
AGLI ALBORI DELLA CIVILTÀ EUROPEA, QUANDO LE POPOLAZIONI INIZIARONO A DEDICARSI ALL’AGRICOLTURA E A DIVENIRE STANZIALI, NACQUE UN PARTICOLARE MODELLO DI ABITAZIONE, LETTERALMENTE COSTRUITO SULLE RIVE DI FIUMI E LAGHI, DI CUI ANCORA OGGI CONSERVIAMO PREZIOSE TRACCE l Neolitico è noto principalmente per gli straordinari progressi umani nella tecnica di lavorazione della pietra, ma l’elemento che più di ogni altro lo caratterizzò è in verità un’autentica rivoluzione sociale: con l’avvento dell’agricoltura, infatti, le popolazioni un tempo nomadi cominciano per la prima volta a condurre uno stile di vita legato ad un unico territorio.
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Il primo beneficio di questo cambiamento è la possibilità di creare abitazioni più comode e accoglienti dei vecchi rifugi mobili. In particolare, le palafitte venivano costruite con tronchi e assi di legno sulle sponde di ambienti lacustri, in certi casi sulle torbiere, e costituivano l’elemento base di molti villaggi preistorici sparsi lungo l’arco alpino, di cui è rimasto un gran numero di testimonianze archeologiche in eccellente stato di conservazione. Nel 2011 l’UNESCO ha dichiarato queste testimonianze Patrimonio dell’Umanità, includendo all’interno dell’area tutelata una selezione di 111 siti tra i circa 1000 conosciuti, che si estende sui territori di ben sei nazioni: Italia, Svizzera,
Austria, Slovenia, Francia e Germania. Di questi, le 19 aree archeologiche presenti sul territorio italiano ricadono all’interno di cinque regioni: Lombardia, Veneto, Piemonte, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige. Il sito transnazionale è costituito dai resti di villaggi risalenti ad un periodo compreso tra il 5000 e il 500 a.C., dal Paleolitico all’Età del Ferro. Sebbene il maggior numero di questi sensazionali beni si trovi in Svizzera (56), in Italia si segnalano sia il più antico, sulle sponde del lago di Varese, sia l’area con la maggiore concentrazione, sulle rive del lago di Garda, dove se ne incontrano oltre trenta. Nella pianura Padana si scovano lungo la fascia delle risorgive o in prossi-
mità del corso di alcuni fiumi, sulle sponde dei laghi del Piemonte e del Trentino, e anche ai piedi delle Alpi friulane. La sorprendente conservazione del legno è stata resa possibile grazie ad un ambiente ricco di acqua stagnante e povero di ossigeno; lo straordinario livello di mantenimento dei materiali originari, unitamente alla datazione del legname, ha fornito agli storici dati approfonditi su oltre 4000 anni di preistoria europea e sull’evoluzione tecnologica e sociale delle prime civiltà di agricoltori europei. Visitare questi siti significa immergersi nella storia e nelle radici culturali del nostro continente, e scoprire una volta di più come le Alpi siano una fonte inesauribile di meraviglie, da conoscere e preservare.
sicurezza sui sentieri con
In auto. Da Ovest A4 uscita Brescia Est, SS24bis e SS241; da Est A22 uscita Rovereto Sud, segue SS240 e 241. Da Trento SS45bis e SS237 fino a Fiavè. In treno. La stazione FFSS di Trento è connessa direttamente a Fiavè con servizio autobus. .
In bici da Fiavé a Monte Misone Località di partenza e arrivo Fiavè (m 670) Difficoltà media Dislivello 950 metri Lunghezza del percorso 21 chilometri Tempo di percorrenza 3.30 ore
L’itinerario congiunge Fiavè con l’omonimo “biotopo”, area protetta di circa 80 ettari di torbiere dove sono stati rinvenuti resti di un antico villaggio palafitticolo tutelato dall’UNESCO, e con il rifugio monte Misone, che offre panorami suggestivi. Descrizione: dalla piazza della chiesa di
Fiavè si comincia a pedalare in direzione Bleggio, e dopo meno di un chilometro si svolta a sinistra in direzione Cornelle. Al primo bivio, prima dell’abitato, si svolta ancora a sinistra e si fiancheggiano delle stalle. Dopo un tratto sterrato all’interno del bosco si fiancheggia sulla sinistra la torbiera. Dopo 3 chilometri dalla partenza si imbocca la provinciale, svoltando a sinistra verso il campo sportivo; dopo averlo superato si gira a destra verso Campo Tamburello, e inizia la salita verso il rifugio Monte Misone. Seguire la strada principale evitando deviazioni, fino al segnavia per Fiavèmalga Tenno. Si affronta l’ultimo tratto, più ripido, fino al rifugio. Al ritorno si chiude un cerchio, affrontando un breve tratto in salita fino a raggiungere una stradina ripida sulla destra, con segnaletica per Favrio. Seguire sempre queste indicazioni, facendo attenzione ad alcuni tratti molto ripidi. Al bivio con la strada comunale svoltare a sinistra in direzione Fiavè per chiudere il percorso ad anello.
L'aratro del Lavagnone (Desenzano del Grada, BS).
Patrimonio dell’Umanità SITI PALAFITTICOLI PREISTORICI DELLE ALPI Anno di iscrizione: 2011 Area di riconoscimento UNESCO: 274 ha Area tampone: 3,961 ha Questo sito seriale di 111 singole aree archeologiche include i resti dei villaggi preistorici palafitticoli costruiti lungo l’arco alpino a partire dal Neolitico, includendo l’Età del Bronzo e l’Età del Ferro, fino a circa il 500 a.C.. Gli scavi, condotti per ora solo in una piccola parte dei siti, hanno fornito dettagli approfonditi sulle prime società agricole della regione alpina, e sullo stile di vita condotto dai suoi abitanti, grazie anche ad un elevatissimo stato di conservazione.
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Itinerari
Panoramica dell'area di Palù di Livenza (Caneva/Polcenigo, PN).
NUMERI UTILI Museo delle Palafitte di Ledro Via Al Lago - Molina di Ledro (TN) Tel. 0464.508182 www.palafitteledro.it
Il GPS ha rivoluzionato l’approccio alle attività outdoor divenendo un’autentica “guida esperta” capace di accompagnarci, se correttamente utilizzato, su ogni itinerario. In collaborazione con , leader nel settore
Con il nostro GPS nella
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della strumentazione GPS dedicata all’outdoor, eccoci a un nuovo appuntamento di questo “corso sul campo” che insegna a sfruttare al meglio, nell’uso pratico, tutte le funzionalità di questo utile – a volte anche indispensabile – strumento tecnologico.
NUVOLA
TESTI E FOTO DI MASSIMO RAVARA
PROGETTARE, VERIFICARE E CONDIVIDERE I NOSTRI PERCORSI
NEL MODO PIÙ MODERNO E COINVOLGENTE
el numero scorso abbiamo visto una panoramica delle modalità più efficaci per gestire i propri dati in maniera da creare un archivio di risorse utili per condividere con gli amici nuove esperienze nella natura. Il sistema, che si basava sull’utilizzo del software Garmin BaseCamp, è sicuramente ottimale grazie alla possibilità di gestire con un click una grande quantità di cartine, tracce e waypoint residenti sia sul GPS sia sul computer tuttavia tutto è perfettibile e oggi vediamo come sfruttare una versione dell’attualissimo concetto di “cloud” applicato al nostro modo di usare i navigatori satellitari e la cartografia digitale.
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Tutti nel “Cloud”
Quando parliamo di “cloud” intendiamo la possibilità di salvare i nostri dati su un supporto raggiungibile da qualsiasi computer in rete posto in un qualsiasi posto del mondo, senza la necessità di portare con noi il supporto. Si tratta di un grande vantaggio per liberarci del problema di trasportare i dati che potrebbero esserci utili, il che significa avere un supporto (scheda di memoria, hard disk portatile o altro) ed uno strumento per leggere questi dati (un computer o un palmare) con tutti i problemi relativi; basti pensare all’interfacciamento o all’approvvigionamento di energia, per non parlare di pesi, ingombri, fragilità dei sistemi. Da qualche tempo Garmin ci è venuta incontro con il portale Garmin Connect, fino a qualche tempo fa principalmente noto agli sportivi per la possibilità di pubblicare i propri allenamenti per confrontare risultati e prestazioni atletiche. Oggi il portale, visto con lo sguardo dell’escursionista, ben si presta anche a questa funzione “cloud”, soprattutto grazie alle innovazioni che hanno visto il sistema arricchirsi dell’importante funzione di progettazione degli itinerari e soprattutto sperando in
future implementazioni che permettano di condividere più contenuti. Grazie a Garmin Connect è oggi possibile, senza avere con sé il proprio computer (basterà il cavetto USB o il dongle ANT+ per la nostra unità), accedere ai propri itinerari, crearne di nuovi, pubblicare le tracce registrate con il proprio navigatore e caricare sull’unità tracce pubblicate sul portale anche da altri appassionati, il tutto con un qualsiasi computer connesso ad internet e dotato di un browser. Accedendo a Garmin Connect ed effettuando il login, si potranno rivedere i propri itinerari e accedere agli strumenti di progettazione di nuovi percorsi senza dover ricorrere ai soliti software come il BaseCamp. Ovviamente questo non vuol dire che il Garmin Connect sia un’alternativa ai software come BaseCamp o Mapsource che hanno molte più funzioni, ma è un pratico ausilio per chi vuole avere la possibilità di fruire al meglio dell’attrezzatura GPS, in qualsiasi momento per creare l’itinerario ideale. La possibilità di trovare itinerari pubblicati da altri appassionati permetterà all’utente di sfruttare in tempo reale mille opportunità di scoperta del territorio, ovunque egli si trovi.
... ma andiamo per gradi
Per utilizzare il servizio potrete usare l’account già creato per altre funzioni del portale MyDashboard oppure crearne uno partendo dalla pagina http://connect.garmin.com. Una volta inseriti pochi dati si passerà
Creiamo l’account su Garmin Connect.
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Outdoor a 360째
G RUPP O C LEMENTI
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GRUPPO CLEMENTI Corso Torino 24 / 3 - 16129 Genova Tel. 010.5701042 - fax 010.5304378
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