GLADIATORI

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GLADIATORI

Come avrebbe classificato i gladiatori un amanuense, come avrebbe raccontato la loro vita , la loro storia, la loro fine? L’idea di questo libro nasce dalla risposta a queste domande e interpretando capilettera ispirati in particolare ai preziosi mosaici conservati nella Galleria Borghese a Roma, ai bassorilievi del Circo Massimo a Roma e a quelli conservati nel museo Archeologico ad Aquileia. Grazie al breve ma dettagliato racconto dell’archeologa Maria Bosco scopriremo i gladiatori, da sempre protagonisti dell’immaginario folkloristico solo come schiavi o disperati, come erano in realtà: soprattutto eroi dell’arena. Avevano un posto nella società, economicamente riconosciuto. Erano grandi atleti amati e rispettati, tra loro non mancavano donne, senatori, cavalieri e giovani amanti dell’adrenalina. Scopriremo come si allenavano, come erano equipaggiati in base alla classe gladiatoria di appartenenza, quale fosse il seguito di tifosi ed ammiratrici e di come fossero attesi i loro incontri.

ISBN 978-88-945089-2-5

€5

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Paola Barigelli Maria Bosco

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Come avrebbe classificato i gladiatori un amanuense, come avrebbe raccontato la loro vita , la loro storia, la loro fine? L’idea di questo libro nasce dalla risposta a queste domande e interpretando capilettera ispirati in particolare ai preziosi mosaici conservati nella Galleria Borghese a Roma, ai bassorilievi del Circo Massimo a Roma e a quelli conservati nel museo Archeologico ad Aquileia. Grazie al breve ma dettagliato racconto dell’archeologa Maria Bosco scopriremo i gladiatori, da sempre protagonisti dell’immaginario folkloristico solo come schiavi o disperati, come erano in realtà: soprattutto eroi dell’arena. Avevano un posto nella società, economicamente riconosciuto. Erano grandi atleti amati e rispettati, tra loro non mancavano donne, senatori, cavalieri e giovani amanti dell’adrenalina. Scopriremo come si allenavano, come erano equipaggiati in base alla classe gladiatoria di appartenenza, quale fosse il seguito di tifosi ed ammiratrici e di come fossero attesi i loro incontri.

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GLADIATORI A cura di Paola Barigelli e Maria Bosco Progetto e impaginazione Paola Barigelli per Guarnerio Soc. Coop Testi descrittivi di Maria Bosco Illustrazioni di Paola Barigelli liberamente tratte dalla iconografia classica © GUARNERIO EDITORE 2020 Via della Rosta 46 33100 UDINE UD IT editoria@guarnerio.coop bookshop.guarnerio.coop

Finito di stampare nel mese di maggio 2020 da Lithostampa - Pasian di Prato UD

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Nell’immaginario moderno si tratta della formula più celebre per Evocare l’immagine delle sfide tra gladiatori; i combattenti, che avvicinandosi al palco dell’imperatore avrebbero esclamato: “Ave, Cesare, coloro che vanno a morire ti salutano”. In realtà questa espressione sembra essere stata pronunciata solo una volta e probabilmente non faceva parte della cerimonia dei giochi. Svetonio la riportò nel racconto di un grandioso combattimento navale, detto naumachia, avvenuto sul lago Fucino al tempo di Claudio (52 a.C.), durante il quale quasi ventimila prigionieri avrebbero salutato in questo modo l’imperatore. L’origine dei munera gladiatoria non è chiara: forse etrusca, forse campano /magno-greca, ma la diffusione maggiore si ebbe con la cultura romana .

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I munera nacquero come esibizioni organizzate da cittadini privati, legate a cerimonie funebri in onore di defunti celebri e forse in sostituzione di antichi riti di sacrificio umano. Il primo spettacolo attestato a Roma si svolse nel 264 a.C.. Ben presto gli spettacoli si trasformarono in strumento politico di imbonimento delle folle che sempre piĂš numerose seguivano gli scontri tra gladiatori come forma di intrattenimento e divertimento. Fu Augusto a regolamentare le manifestazioni, istituendo vere e proprie categorie di lottatori e inserendo nuovi tipi di combattimenti anche tra animali. Questa e altre curiositĂ saranno il tema del libro per raccontare un mondo lontano nel tempo ma sempre attuale e avvincente.

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venationes Erano spettacoli davvero sensazionali, durante i quali si svolgevano grandiose cacce di animali, spesso esotici, che arrivavano appositamente in città da ogni parte dell’Impero. Le prime venationes risalgono al III secolo a.C. I gladiatori, definiti in questo caso bestiarii, scendevano in campo con costumi ridotti per facilitarne i movimenti ma riccamente decorati. Erano armati di archi e lance e potevano uccidere fino a migliaia di animali in un giorno. Questi venivano infatti ammassati in gabbie anguste, maltrattati e denutriti in modo da impaurirli e renderli esausti al momento della discesa in campo. Nonostante il sentimento di smisurata superiorità dell’uomo nei confronti della natura selvaggia rendesse tali uccisioni uno spettacolo davvero esaltante per il popolo romano, è noto che nel 55 a.C. i barriti disperati di un gruppo di venti elefanti fece accanire il pubblico contro l’organizzatore Pompeo, che sospese la caccia.

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Il Colosseo “Amphitheatrum Flavium”

I duelli si svolsero prima nelle piazze, poi nei circhi e in alcuni teatri. Già in epoca repubblicana in tutto l’Impero romano vennero concepiti i primi anfiteatri. Realizzati dapprima in legno, poi in pietra, per secoli rimasero dedicati appositamente ai munera. La diffusione del cristianesimo ne decretò la dismissione che fu definitiva dal V secolo d.C.

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Il Colosseo ne è l’esempio più famoso e il simbolo stesso di questo tipo di spettacolo. Tra i più noti vanno menzionate l’ Arena di Verona e l’Arena di Pola in Croazia. Recenti scavi hanno confermato la presenza di un grande anfiteatro anche ad aquileia. Gli edifici, avevano una pianta ellittica con al centro una zona piana ricoperta di sabbia: la vera e propria arena. Attorno si sviluppavano le gradinate ad anelli per gli spettatori (cavea) e una tribuna per le autorità (pulvinar). Si entrava attraverso una serie di accessi (vomitoria) e corridoi, posti a livelli diversi. Numerosi erano infine i locali sotterranei adibiti a deposito delle gabbie per gli animali, a spazio destinato ai gladiatori e ai vari servizi. Sull’anello più esterno, nelle giornate particolarmente soleggiate e calde, si tendeva il velario, un tendaggio utilizzato per riparare il pubblico dal sole.

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La Repubblica I primi spettacoli pubblici a Roma prendevano spunto dal mondo militare, come dimostra in particolare l’usanza di indossare elmi piuttosto aperti sul viso, con cimieri adornati da creste o piume. Durante il periodo repubblicano, i gladiatori possedevano costumi che richiamavano la figura delle etnie nemiche ai romani e da cui traevano anche l’appellativo. I duelli avvenivano principalmente con l’utilizzo di lance e giavellotti, oltre al gladio.

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Annita forse la tipologia piĂš antica e destinata a sparire con il primo secolo d.C.

Era verosimilmente munito di un grande scudo allungato con spina centrale nella mano sinistra, un elmo con visiera e una spada corta o in alternativa una lunga lancia. Combatteva a torso nudo, come fu in uso per la maggior parte dei gladiatori, coperto in genere solo da un ampio perizoma detto subligaculum, fissato alla vita da un’alta cintura (balteus). Al braccio destro portava la manica. Famoso fu il sannita Germanus che si narra morÏ a soli 30 anni dopo aver riportato ben 14 vittorie.

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allo Non si è certi riguardo una sua effettiva esistenza

probabilmente in seguito sostituito dal mirmillone. Si conosce meglio l’armamento dell’ omonimo guerriero, anche se non c’è sicurezza che un gladiatore fosse equipaggiato allo stesso modo. Si trattava di un fante armato con un grande elmo, un pesante scudo in legno con spina centrale in metallo e una spada in ferro a doppio taglio.

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Ogni gladiatore lottava per se stesso, non esistevano squadre. In occasione di alcuni grandi giochi imperiali si svolgevano contemporaneamente piÚ duelli (fino a 10 in un pomeriggio), nonostante la norma generale prevedesse un singolo incontro alla volta. La mattina era dedicata alle cosiddette venationes (ludi matutini), dove i gladiatori si scontravano con animali selvatici. Alla pausa di mezzogiorno si riservavano invece le esecuzioni dei criminali. All’ingresso il pubblico riceveva dei libelli, vere e proprie schede tecniche con le informazioni relative ai gladiatori e con il programma della manifestazione. Dopo la sfilata di ingresso (pompa), la presentazione degli sfidanti e il controllo delle armi, un arbitro dava inizio al combattimento. Per i munera venivano coinvolti anche 50 gladiatori e se alcuni spettacoli duravano una sola giornata, altri potevano proseguire anche per settimane.

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libello munerario Alla salute dell’imperatore Nerone. La familia Capiniana combatterà a Pompei nei giorni 15, 16, 17 maggio. Si sfideranno 40 coppie di gladiatori, mirmilloni, traci, reziari e inseguitori Al mattino ci saranno la caccia alle fiere. - All’intervallo si terranno le esecuzioni. Verrà aperto il velario. Sono previste vaporizzazioni (sparsiones) allo zafferano e lanci di cibo e monete (missilia). L’incontro più atteso sarà quello tra i gladiatori del munerario Decimo Lucrezio Valente Il trace Celado sospiro e ammirazione delle fanciulle 20 anni 7 incontri 4 vittorie. Contro Il reziario Crescente signore e medico delle donne 22 anni 10 incontri 6 vittorie

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L ‘ Impero A partire dal primo secolo a.C. e l’avvento dell’impero augusteo, le tipologie di gladiatori si moltiplicarono notevolmente. Si diffuse una maggior varietà nelle armi da difesa, ma la vera novità fu l’introduzione di altre armi da offesa. I duelli avvenivano sempre tra atleti considerati allo stesso livello di forza, quindi tra rivali con equipaggiamenti simili. Le sfide più appassionanti erano quelle definite asimmetriche, con lottatori armati diversamente, come tra un trace e un mirmillone o tra un inseguitore e un reziario.

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quites Nonostante il nome risultano rare le sfide a cavallo, infatti combattevano per lo più a piedi.

A differenza degli altri gladiatori, gli equites vestivano una tunica ampia, colorata, lunga al ginocchio e strisce di stoffa per le gambe. In dotazione avevano un elmo a tesa larga circolare, un pugnale e uno scudo rotondo. Venivano coinvolti in scontri “simmetrici”, ovvero con atleti muniti della stessa armatura considerata leggera. Secondo alcune fonti pare fossero incaricati di aprire le esibizioni dopo la sfilata inaugurale ma tale consuetudine non è accertata. Un mosaico del IV secolo d.C., ritrae un duello tra gli equites Habilis e Maternus.

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ssedarius Prende il suo nome dall’’ “essedarium”, (carro da guerra a due ruote)

Probabilmente il carro da guerra che li accompagnava era guidato da un auriga. D’altra parte i combattimenti pare avvenissero poi a piedi come per gli equites e gli scontri erano anche in questo caso “simmetrici”. Questi gladiatori indossavano elmi semisferici con paraguance, gambali corti, la manica loricata. usavano il pugnale proteggendosi con uno scudo ovale.

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rovocator sembra avesse il compito di provocare e caricare l’avversario

Alcune raffigurazioni provenienti per lo più dalla penisola italica permettono di ricostruire L’armamento di questo gladiatore: si proteggeva con uno scudo lungo rettangolare, una manica loricata sul braccio destro dove impugnava il gladio, un solo schiniere sulla gamba sinistra e un elmo senza cresta. Portava una placca metallica come corazza a difesa del torace. Il nome pare quindi mettere in evidenza più la tattica di combattimento, che uno specifico equipaggiamento.

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race era una tipologia antica, presente già in epoca repubblicana e introdotta forse al tempo del console Silla (inizi del 1 sec. a.C.)

il termine “trace” rimase particolarmente in uso per tutto il periodo imperiale, al punto che divenne spesso sinonimo di buon gladiatore. Le esibizioni dei traci risultavano particolarmente spettacolari, per la velocità e l’agilità di questi atleti. Il trace Risultava ben riconoscibile dalla galea e dalla sica. Sul braccio destro armato indossava una lunga manica, mentre il sinistro impugnava un piccolo scudo detto parma (quadrato o rettangolare, o curvo).

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Vestiva di un semplice perizoma con schinieri piuttosto alti per proteggere le gambe, date le ridotte dimensio ni dello scudo. Spesso era attrezzato di fasce di stoffa o cuoio a copertura delle cosce. I tipici avversari del trace erano il mirmillone o l’hoplomacus. Tra i numerosi gladiatori di questa categoria, un atleta di nome Celadus pare risultasse particolarmente popolare tra il pubblico femminile pompeiano, come si evince da alcuni graffiti ritrovati. Di certo però il nome piĂš famoso e spesso simbolo stesso della classe gladiatoria e servile rimane quello di Spartaco, originario della Tracia e noto storicamente per aver intrapreso e condotto, attorno al 73 a.C. una grandiosa rivolta di schiavi conosciuta come la terza guerra servile.

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urmillo (mirmillone)è la tipologia più comune e ampiamente rappresentata

Questo gladiatore si proteggeva dietro un grande scudo rettangolare (scutum) e in attacco usava un corto gladio. Data l’ampiezza dello scudo indossava un solo gambale a sinistra, corto sotto il ginocchio, con l’aggiunta di eventuali imbottiture. Indossava inoltre un paracolpi di dimensioni variabili sul braccio destro. Sulla gamba destra scoperta, indossava spesso delle fasciature con terminazione a frangia. Caratteristico era inoltre il grande elmo, di forma arrotondata che copriva tutto il volto ed era ornato con motivi ispirati al mondo marino da

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cui il nome della categoria (myrmoros o murma, un pesce probabilmente simile alla murena). La solidità della sua armatura lo rendeva adatto a sopportare i colpi del reziario a cui veniva a volte contrapposto. Il mirmillone prediligeva gli scontri ravvicinati e gli attacchi brevi, che permettevano di sfruttare al meglio il suo pesante ma possente equipaggiamento. I gladiatori venivano reclutati tra i prigionieri di guerra, tra i criminali e in particolare tra gli schiavi, ma non mancarono anche giovani che sceglievano liberamente di intraprendere la carriera gladiatoria fino ad alcuni senatori e cavalieri. Se in origine il gladiatore era armato come un soldato (tra cui l’arma che dette il nome a questi atleti: il “gladio”), a partire dall’età imperiale il suo vestimento si differenziò in categorie fortemente standardizzate e classificabili in base all’equipaggiamento e al costume (“familiae”).

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EZIARIO “ il portatore della rete” era un gladiatore “leggero” Paragonato ad un pescatore per il suo equipaggiamento Senza protezione alcuna, indossava un semplice perizoma con balteus a cui agganciava un piccolo pugnale (pugio). Per difendersi portava sul braccio sinistro una manica lunga fino al gomito e una placca spesso in bronzo definita galerus che proteggeva la spalla, il collo e la nuca. L’arma principale consisteva in un tridente (fuscina), con cui allontanava il gladiatore contrapposto. Portava infine una rete tonda (iaculum), di tre metri circa di diametro, legata mediante una cordicella al braccio sinistro. Essa veniva usata per intrappolare l’avversario, solitamente un secutor.

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Il combattimento si concludeva con un corpo a corpo ravvicinato. Il reziario risultava particolarmente agile, poiché era libero nei movimenti e godeva inoltre di un’ottima visuale poiché privo di elmo. Il munerario tergestino Costantius fece costruire un monumento funerario in onore di due suoi atleti, entrambi caduti sul campo. L’iscrizione perduta, ma di cui si conosce il testo, ci parla del reziario Decoratus, ovvero “di bell’aspetto”, e del suo rivale, il secutor Cerulaeus “gladiatore con gli occhi azzurri”. Trace, mirmillone reziario e secutor rappresentavano le categorie più conosciute per l’epoca imperiale. Le prime due risultavano inoltre le più apprezzate dal pubblico, tanto che si può parlare di un vero e proprio tifo appassionato.

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ECUTOR “inseguitore”. Questo gladiatore cercava di chiudere lo spazio d’azione del suo contrario e di colpirlo nel corpo a corpo con il suo gladius. Era dotato di un elmo tondeggiante e a calotta liscia, a volte sormontato da una cresta circolare di bronzo, chiuso sul volto e munito solo di due fori per gli occhi. Utile a difendersi dal tridente spesso portava anche una gorgera metallica per il collo. Aveva un grosso scudo con estremità arrotondate, una manica e uno schiniere basso (ocrea) portato sulla gamba sinistra assieme a bende e imbottiture anche vistose sul lato destro. La linea tonda dell’equipaggiamento permetteva di evitare che la rete dell’avversario si impigliasse.

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oplomacus gladiatore dall’armatura pesante,

Il suo nome evidenzia come l’equipaggiamento ricordasse quello di un oplita greco. In particolare, si difendeva con uno scudo tondo, di circa un metro di diametro e una lancia che brandiva con la mano destra. A volte si serviva di una spada corta. L’elmo, molto caratteristico era a tesa larga e molto coprente, con visiera, un cimiero alto e la cresta. Vestiva la manica in cuoio sul braccio destro, un perizoma con uno stretto balteus, decorato da frange colorate e schinieri alti al ginocchio (cnemides), strisce di cuoio o imbottiture per cosce e inguine.

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ladiatrice Nonostante la virilità sia uno degli attributi che richiama la figura dell’eroe gladiatore, la presenza delle donne in un’arena era frequente. A partire dall’imperatore Nerone, la presenza di gladiatrici nel ruolo di combattenti ma anche di organizzatrici dei ludi, fu tutt’altro che sporadica e non si limitò al contesto di Roma. A differenza degli scontri maschili probabilmente si affrontavano a viso scoperto. La loro partecipazione ai munera spesso veniva ridicolizzata, ma l’atteggiamento di trasgressione nei confronti delle divisioni di genere rendeva gli spettacoli femminili particolarmente eccitanti. Un graffito a Pompei ricorda il nome di Viridea, mentre Giovenale narra della gladiatrice Mevia, cacciatrice di cinghiali.

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lanista e munerario I lanisti erano Veri e propri agenti dell’epoca gladiatoria. questi procuratori reclutavano i lottatori a pagamento nella propria compagnia, o familia. Nonostante il nome derivi da una storpiatura del temine lanium, ovvero “macellaio”, il lanista rappresenta una forma di impresario che si occupava dell’addestramento degli atleti presso i ludi, vere e proprie scuole per gladiatori, che ben presto si moltiplicarono, diventando anche di diretta gestione imperiale. Non ultimo, il lanista aveva il compito di contattare i numerosi organizzatori di munera, affittando di volta in volta i servizi e le abilità dei propri gladiatori. Il Munerario o editor, organizzava gli spettacoli dei gladiatori, una sorta di PR ante litteram.

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tifo e conclusione dei duelli La scena dei duelli era spesso animata dalla presenza di numerose figure: un arbitro, vari musici, un araldo e inservienti che portavano cartelli pieni di informazioni per il pubblico. C’era poi chi frustava e pungolava (lorarii o incitatores) i gladiatori particolarmente fiacchi o vigliacchi. C’era chi infine ripuliva l’arena dopo uno spettacolo. Il pubblico risultava sempre piuttosto feroce e le urla che spesso risuonavano erano “Picchia”, “brucia” “sgozza”. Lo scontro terminava con la morte di uno o entrambi i duellanti, o meno cruentemente con il gesto di richiesta della resa. Il lottatore vinto deponeva le armi e con la destra dietro la schiena, chiedeva la grazia (missio) al pubblico, alzando la mano sinistra. L’editor dei giochi, alzava o abbassava il pollice, esprimendo infine la decisione del popolo.

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La diffusione della religione cristiana nell’Impero provocò una forte trasformazione nella sensibilità generale, determinando gradualmente una forte difficoltà pratica: trovare gladiatori diventò sempre più complicato. La compassione per la morte di chi combatteva, tuttavia, rimaneva una motivazione secondaria, mentre i munera venivano condannati in quanto rendevano impuro il popolo. Quando Costantino, agli inizi del IV secolo commutò le pene capitali alle miniere, vennero a mancare letteralmente i condannati da mandare in arena. La fine ufficiale dei giochi sembra essere arrivata un secolo dopo, con l’imperatore Valentiniano III e il pubblico dovette accontentarsi delle sole venationes, abolite da Teodorico nel 523.

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glossario MINIMO Araldo un messaggero, nel caso dei ludi gladiatori spesso impugnava dei cartelli. Auriga colui che guidava il carro trainato dai cavalli, durante gare e sfilate. Cimiero parte terminale, spesso una figura, che sormonta l’elmo, con funzione decorativa e/o simbolica. Elmi proteggevano il volto e attutivano i colpi alla testa. Inizialmente molto simili a quelli dei soldati, soprattutto a partire dall’epoca imperiale si presentavano sempre più coprenti, aderenti e pesanti, spesso fornivano poca visuale e ostacolavano la respirazione. Tra i più tipici c’era quello definito galea, un elmo con ampia calotta circolare. Spesso inoltre presentavano una parte sporgente, definita tesa, più o meno larga e in rilievo. Galerus una placca spesso in bronzo che proteggeva la spalla, il collo e la nuca. Giavellotto arma da lancio, costituita da una lunga asta, terminante con una punta metallica. Gladio spada corta (40/50 cm) a doppio taglio, con la lama larga e un’impugnatura terminante a pomello tondo, è l’arma di base, in dotazione alla maggior parte dei gladiatori. Gorgera o armacollo, una sorta di colletto metallico usato appunto per proteggere la gola e la nuca. Guanti soprattutto in cuoio, a volte ricoperti da piastre metalliche, per lo più indossati sulla mano che afferrava il gladio. Manica paracolpo per tutelare anche le braccia, entrambe o almeno il braccio che impugnava l’arma di offesa, in genere ma non sempre, quello destro. Era di lana o cuoio, ricoperta da placche metalliche, altre volte in ferro o bronzo, con più segmenti ricurvi lungo tutto l’arto, dalla spalla alla mano. Rudis una spada in legno, utilizzata per gli allenamenti. Simbolicamente, veniva inoltre donata ai gladiatori più valorosi come forma di congedo e concessione della libertà. Schinieri definiti ocres (lasciavano il ginocchio libero) e cnemides (molto alti), erano elementi metallici di lunghezza diversa a seconda del tipo di gladiatore, usati per lo più per proteggere la parte bassa e anteriore della gamba, che rimaneva esposta oltre lo scudo. In alternativa, o in aggiunta, si usavano anche strisce di stoffa o di cuoio, vari tipi di imbottiture e cosciali, per coprire appunto le cosce. Scudi arma di difesa utilizzata per proteggere il corpo e parare attivamente i colpi sferrati dall’avversario. Si presentavano di molteplici forme e misure. Sica una spada corta e curva, simile a un pugnale. Subligaculum ampio perizoma, fissato alla vita da un’alta cintura.

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Come avrebbe classificato i gladiatori un amanuense, come avrebbe raccontato la loro vita , la loro storia, la loro fine? L’idea di questo libro nasce dalla risposta a queste domande e interpretando capilettera ispirati in particolare ai preziosi mosaici conservati nella Galleria Borghese a Roma, ai bassorilievi del Circo Massimo a Roma e a quelli conservati nel museo Archeologico ad Aquileia. Grazie al breve ma dettagliato racconto dell’archeologa Maria Bosco scopriremo i gladiatori, da sempre protagonisti dell’immaginario folkloristico solo come schiavi o disperati, come erano in realtà: soprattutto eroi dell’arena. Avevano un posto nella società, economicamente riconosciuto. Erano grandi atleti amati e rispettati, tra loro non mancavano donne, senatori, cavalieri e giovani amanti dell’adrenalina. Scopriremo come si allenavano, come erano equipaggiati in base alla classe gladiatoria di appartenenza, quale fosse il seguito di tifosi ed ammiratrici e di come fossero attesi i loro incontri.

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Come avrebbe classificato i gladiatori un amanuense, come avrebbe raccontato la loro vita , la loro storia, la loro fine? L’idea di questo libro nasce dalla risposta a queste domande e interpretando capilettera ispirati in particolare ai preziosi mosaici conservati nella Galleria Borghese a Roma, ai bassorilievi del Circo Massimo a Roma e a quelli conservati nel museo Archeologico ad Aquileia. Grazie al breve ma dettagliato racconto dell’archeologa Maria Bosco scopriremo i gladiatori, da sempre protagonisti dell’immaginario folkloristico solo come schiavi o disperati, come erano in realtà: soprattutto eroi dell’arena. Avevano un posto nella società, economicamente riconosciuto. Erano grandi atleti amati e rispettati, tra loro non mancavano donne, senatori, cavalieri e giovani amanti dell’adrenalina. Scopriremo come si allenavano, come erano equipaggiati in base alla classe gladiatoria di appartenenza, quale fosse il seguito di tifosi ed ammiratrici e di come fossero attesi i loro incontri.

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