Lo Sguardo Attento - Tra le fotografie dell'Archivio della S.A.F.

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LO SGUARDO ATTENTO Tra le fotografie dell'Archivio della S.A.F.

Associazione Udinese Amici dei Musei e dell'Arte


Associazione Udinese Amici dei Musei e dell'Arte

Provincia di Udine Provincie di Udin

Pubblicazione stampata con il contributo della Provincia di Udine

Progetto, grafica e impaginazione Guarnerio soc. coop - Udine

a cura di Paolo Sacco

Realizzazione e stampa Lithostampa, Pasian di Prato (Udine)

con la collaborazione della Società Alpina Friulana Testi di Paolo Sacco, Umberto Sello, Raffaella Tamiozzo, Francesca Venuto Fotografie e documenti dall'archivio della Società Alpina Friulana, ove non diversamente indicato

ã 2015 Associazione Udinese Amici dei Musei e dell'Arte e-mail: amicimuseiarte24@gmail.com

In copertina: Fernando Grosser - Dilettante, Saletto, 1903 Nel frontespizio: Emilio Pico, Due vedute di Collinetta, 1890 ca.


LO SGUARDO ATTENTO Tra le fotografie dell'Archivio della S.A.F.

Associazione Udinese Amici dei Musei e dell'Arte



Premessa L’Associazione Udinese Amici dei Musei e dell’Arte, in linea con gli intendimenti del sodalizio, pubblicando questo volume propone ancora una volta all’attenzione del pubblico alcuni aspetti fondativi del territorio friulano. Dopo la serie delle tre pubblicazioni incentrate sull’arte di Udine e del Friuli rivisitate da storici dell’arte austriaci nel periodo della Prima Guerra Mondiale, corredate da saggi scritti per l’occasione, è seguita la proposta di due volumi che, pur mantenendo come filo conduttore il linguaggio fotografico, hanno sviluppato temi cronologicamente differenti: uno dedicato a un autore contemporaneo, Diego Cinello - Panoramica di una vita, con una selezione mirata del suo lavoro di fotografo dalle “larghe vedute”, l’altro, presentato lo scorso anno, Gli scatti di Enrico del Torso nel fondo de Brandis incentrato su una selezione di fotografie conservate presso l’archivio de Brandis di S. Giovanni al Natisone. Si trattava di immagini in gran parte indirizzate alla documentazione celebrativa (come il matrimonio tra Isabella de Brandis e Gino Schiavi avvenuto nel 1926) ma anche i momenti vari di svago dei nobili de Brandis tra amici e parenti o di momenti contemplativi di ambienti e paesaggi durante viaggi ed escursioni. Quest’anno, a completare il nuovo trittico, presentiamo ancora un volume dedicato alla fotografia, ma di paesaggio stavolta, utilizzando parte del copiosissimo materiale conservato nell’archivio della Società Alpina Friulana, sodalizio la cui data di fondazione risale al 1874. La lunga storia della S.A.F. e il suo ruolo per la formazione di una cultura del territorio sono stati oggetto di pub-

Fernando Grosser, Costumi di Arta, 1901

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Chi esaminerà il presente lavoro, agile nel formato, come nell’impostazione e nella redazione dei vari interventi, potrà constatarlo, passando in rassegna i vari contributi, ad opera di Paolo Sacco, Umberto Sello, Raffaella Tamiozzo e chi scrive. Siamo particolarmente onorati di aver potuto avere l’appoggio e la collaborazione della S.A.F. nella persona del suo Presidente, ing. Antonio Nonino, cui va la nostra riconoscenza. Siamo inoltre grati alla Provincia di Udine – al Presidente e all’Assessore alla Cultura - per aver sostenuto la realizzazione del presente volume, con il quale confidiamo di aver aggiunto un ulteriore tassello nella conoscenza e valorizzazione di tematiche legate al territorio friulano e alla sua storia culturale, riallacciandoci all’impegno dei fondatori e promotori della S.A.F., cui gli Amici dei Musei di Udine si associano per gli intenti comuni che ci animano, nelle pur diverse direzioni dei nostri campi d’interesse.

blicazione negli anni scorsi. E tuttavia, nell’ambito di un materiale vastissimo che non si finisce mai di scoprire ed apprezzare nel suo giusto valore, si è inteso prediligere un itinerario in sé circoscritto ma aperto ai collegamenti più svariati e utile agli scopi culturali che la nostra Associazione si prefigge. Partendo da un’idea di Paolo Sacco, che a suo tempo ha studiato questo fondo grazie alla catalogazione inventariale effettuata nel 1992 ad opera della Cooperativa Guarnerio da lui presieduta, è stata operata una opportuna selezione tra l’ampio materiale iconografico disponibile allo scopo di fornire una documentazione non incentrata solo sulla montagna ma estesa a tutta la vasta provincia friulana. La finalità che ha animato chi si è impegnato nel presente lavoro, a partire dalle intenzioni del suo curatore Paolo Sacco, è stata, dunque, quella di indagare le immagini come scrigni di memorie, non solo di luoghi ma anche di persone: immagini capaci di restituirci in modo talora imperfetto ma pregnante luoghi ed esperienze lontani nel tempo ma grazie ad esse non completamente perduti.

Francesca Venuto Presidente dell’Associazione

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Un Saluto dalla Società Alpina Friulana Quando mi è stato chiesto di poter disporre di alcune foto dell’archivio Societa Alpina Friulana, mi sono sentito orgoglioso di rappresentare un Sodalizio che ha contribuito a scrivere una pagina importante della storia del nostro territorio. Mi riferisco a quel territorio montano che, in passato, era ben poco conosciuto dal mondo politico e scientifico che contava. L’amore per la montagna ed il genio di personaggi quali Giovanni e Olinto Marinelli, Ardito Desio, Michele Gortani, e molti altri, hanno in seguito fatto sì che si scoprisse, nei due secoli passati, la sua grande bellezza sotto il profilo naturalistico-ambientale e culturale.Il risultato del loro incredibile lavoro scientifico è custodito ancora oggi nel prezioso patrimonio storico della Società Alpina Friulana. Si tratta di quasi 3000 volumi, 180 video, oltre 7000 opere monografiche, un archivio fotografico che si compone di 2400 immagini, oltre 2700 carte geografiche, di cui una parte antiche: il tutto acquisito in oltre un secolo di storia. Ringrazio quindi gli Amici dei Musei per aver attinto al nostro Archivio Storico, contribuendo così a riconoscerne l’importanza nell’ambito della storia del popolo friulano. In fine desidero soprattutto esprimere il plauso all’infaticabile e prezioso lavoro che l’Associazione dimostra di volere continuare con questa pubblicazione per fornire una testimonianza non solo storica, ma di scoperta delle peculiarità delle nostre radici . Antonio Nonino Presidente della Società Alpina Friulana

Giuseppe Marinelli, 8 settembre 1890

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Anonimo, Ricovero Nevea in val Raccolana, 1893. 8


Il Paesaggio Friulano dell’Otto e Novecento Realtà, percezione, testimonianze. Il ruolo della Società Alpina Friulana Francesca Venuto

Fino all’Ottocento il Friuli era tradizionalmente recepito quasi 1 unicamente come scenario di invasioni , una terra difficile sotto tanti aspetti, ma nel corso di quel secolo la percezione della stessa cominciò a cambiare, facendo sorgere nella cultura locale un’inedita attenzione per la forma dei luoghi, per i valori etici oltre che estetici di cui essi erano espressione. “Piccolo compendio dell’universo”: la tanto abusata definizione di Ippolito Nievo cela una riflessione storicamente argomentata su ciò che la terra friulana era stata fino a tutto il Settecento, secondo un punto di vista scopertamente critico: una provincia arretrata, tradizionalmente suddivisa in una miriade di “giurisdizioni soprapposte e intersecate le une dalle altre; contermine a paesi stranieri […], solcata ad ogni passo da torrenti e da fiumane sulle quali scarseggiavano, nonché i ponti, le barche; e fatta dieci volte più vasta che ora non sia da strade distorte, profonde, infamissime, atte più a precipitare che ad aiutare i passeggeri […] Queste bazzecole succedevano in Friuli or sono cent’anni e le paiono novelle dissotterrate dal Sacchetti. Così è l’indole dei paesi montani che nelle lor creste di granito serbano assai a lungo l’impronte degli antichi tempi; ma siccome il Friuli è un piccolo compendio dell’universo, alpestre piano e lagunoso in sessanta miglia da tramontana a mezzodì, così vi si trovava an2 che il rovescio della medaglia […]” .

Solo nell’Ottocento, dunque, grazie a profondi mutamenti socio-politici e culturali, lo sguardo si fece più attento nei confronti di un mondo complesso: sentimento della natura e cognizione della storia finivano per convergere in una nuova e diversa interpretazione. Se fino allora l’idea di paesaggio era solitamente collegata alla prassi agronomica nell’assioma bello-utile, non riconoscendo alla “bella natura” una componente significativa tranne che nella codificata tradizione letteraria, ai primordi del XIX secolo, in una fase cruciale di mutamento, con l’emergere di nuove figure del potere economico e politico, veniva al contrario rivalutata con forza la bellezza pittoresca di un paesaggio arcadico, primordiale, in pieno accordo con l’ideologia romantica predominante: la natura come specchio di una società che si voleva ordinata, dove le ben vive asperità risultassero limate e superate. Nell’età della Restaurazione l’idea di “pacificazione” fu trasmessa alla mentalità collettiva mediante il concetto del friulano “probo, umile, lavoratore e sottomesso”, per cancellare l’immagine precedente del popolano indocile, “selvatico” nei modi e nella parlata. Il paesaggio friulano proposto dai suoi cantori ottocenteschi ribadisce questa proiezione culturale, nell’esaltazione dell’operosità e della dedizione di un popolo educato in senso positivo dagli esponenti dei ceti alto-borghesi. Grazie al loro attivismo filantro9


vento sui mezzi tradizionali di trasposizione e ricerca artistica, sì da segnare la strada futura. “Il Friuli abbonda di siti pittoreschi e di architetture notevolissime quanto ogni altro paese. Qui c’è anzi più novità per il forestiere. Il Sig. Bonaldi cominciò la sua raccolta da Udine, che sta sul passaggio di questi: ma egli raccogliendo le vedute della città e grosse borgate del Friuli, che seguono la graziosissima ed amenissima corona dei colli, alletterà a visitare quei luoghi, dove molte bellezze della natura e dell’arte vanno congiunte. Non vedrà il Friuli chi lo trascorrerà veloce per la strada ferrata: ma sì chi vi spenda otto giorni per seguire quella curva, dove si troverà diletto e sorpresa per le cose vedute. Lodiamo il Bonaldi, che […] colle sue belle vedute, farà venir voglia a quelli del paese, ed a quelli delle altre Provincie di conoscere una parte del Friuli ancora ad 5 essi ignota” . L’iniziativa era partita dal veneziano Francesco Bonaldi, il quale con le sue riprese di città e borgate del Friuli, le prime realizzate sistematicamente in regione, concretizzò il progetto di una “guida turistica” imperniata sulle immagini fotografiche di luoghi emblematici friulani. Agli esordi le riprese si concentrarono sul vedutismo urbano e i bozzetti di paese, i generi più apprezzati e considerati da parte della cultura borghese, desiderosa di trovare un accordo tra tradizione e progresso. Il nuovo sistema di registrazione del vero rispondeva a tali esigenze e, nel diffondere a livello popolare il gusto per il paesaggio come soggetto artistico, contribuiva in parallelo alla conoscenza dei luoghi storici e tipici del territorio. Come emerge dal “Giornale di Udine”: “[…] Prima di tutto si vorrebbero vedere rappresentate in questa esposizione [ci si rife-

pico, con l’apporto provvidenzialistico della religione, venivano promosse iniziative belle e utili, didascalicamente volte a far riscoprire valori etici ed estetici riferibili pure al paesaggio, lindo e ordinato, in cui insistevano anche le dimore gentilizie affiancate 3 spesso da aziende modello con opifici paleo-industriali . In connessione alla visione pittoresca del paesaggio, propria della prima metà dell’Ottocento, congiunta a un sentimento solenne e religioso della natura in panica comunione con il creato, si esaltavano le sensazioni e le suggestioni prodotte, oltrepassando la raffigurazione circostanziata e realistica. E ciò avvenne anche in Friuli, con l’eco, in pittura, della non ancora tramontata tradizione vedutistica veneta e della pratica scenografica: in questa accezione, però, fu di ostacolo all’affermazione di una vera e autonoma pittura di paesaggio in Friuli, che restò appannaggio di personalità "minori" (Antonio Picco o Antonio Pontini), mentre l’intento di far conoscere in modo più concreto i luoghi ameni del Friuli veniva sopperito da raccolte di incisioni illustrative, come quelle fortunate relative all’Album pittorico del Friuli, edito a Udine nel 1841, con 26 litografie di Marco Moro, e al Friuli illustrato (Udine 1843), con lito4 grafie di Pividor, Cecchini e Filippi . Nel contempo si era iniziato a percorrerlo, questo paesaggio, a conoscerlo meglio quando le vie di comunicazione vennero ad essere migliorate, con le carrozze e poi, con l’introduzione della strada ferrata, con il treno, in una serie di itinerari che lo resero familiare anche a chi lì era nato ma poco l’aveva frequentato. Così si iniziò a contemplarlo, a registrarlo, a evocarlo mentre lo si andava trasformando nei tentativi di nuovo slancio in campo agronomico: fu il nuovo mezzo di riproduzione, la fotografia, che cominciò a diffondersi sin dagli anni ’40, a prendere il soprav10


valorizzare la ricchezza (potenziale) dell’ambiente in vista di una affermazione nel panorama socio-politico post-unitario, con l’ot7 timistica fiducia di poter superare i problemi più urgenti . D’altronde era anche un segno d’affetto per la propria terra, di orgoglio per le proprie radici, fissare in immagine le “icone” più suggestive del panorama friulano, superando il complesso d’inferiorità rispetto ad altre realtà regionali del mondo italiano, per chi viveva in questo territorio ma anche per chi era costretto a lasciarlo in cerca di fortuna. Così questa vena si affermò, per il suo afflato romantico, assai gradito anche a livello popolare, come attesta il settore letterario che vide protagonista, dopo Ippolito Nievo con le sue Novelle campagnole, il poeta Pietro Zorutti, con i suoi piacevoli bozzetti arcadici, imperniati spesso sulle immagini d’ambiente, tanto apprezzate e imitate. Sulla scia della novellistica, come è stato più volte ribadito, pure la fotografia d’ambiente finì per divulgare un Friuli come rassicurante –e ben 8 accetta alla cultura locale- Arcadia “pastorale” . Un’osservazione più aderente al vero si rafforzava comunque nella produzione scientifico-culturale volta a indagare l’etnia friulana e il suo habitat in una serie di importanti opere quali il Vocabolario friulano di Jacopo Pirona (1871), i Saggi Ladini di Graziadio Isaia Ascoli (1873), gli Annali dello storico Francesco di Manzano (1879), il primo volume della Guida del Friuli (1886) su cui si tornerà in seguito, La vita in Friuli di Valentino Ostermann (1894) che rivelò, esercitando grande fascino in epoca tar9 doromantica, il folklore locale . In questo contesto va posta anche la creazione della Società Alpina Friulana (1874): decisiva non solo per la stessa pratica alpinistica intesa - come “metafora dell’impegno civile e morale del 10 nuovo Friuli” - quindi con finalità eminentemente scientifiche

risce a quella di Udine del 1868, n.d.A.] le bellezze naturali del nostro paese, ciò che vi è di più caratteristico, di più atto ad allettare altrui ed interessarlo a visitare questa regione […] Non c’è piccola città, o borgata, o villaggio per così dire di questa regione, che non presenti bei monumenti architettonici tuttora ignorati dalla maggior parte degli Italiani […] Noi ameremmo, che il nostro paese avesse il vanto di dare il principio alla contemplazione del bello anche nei luoghi fuori di strada. I viaggiatori non veggono che certi luoghi e perpetuamente quelli, ed ora, colle strade ferrate, sono più dimenticati che mai certi luoghi appartati degni di essere veduti. Noi avevamo immaginato un viaggio fuori della strada maestra per una delle nostre Illustrazioni. Ci piacerebbe che il Friuli cominciasse a porsi su questa via, e che i suoi fotografi iniziassero questo nuovo modo d’illustrazione dell’Italia 6 […]” . Nei periodici friulani del tempo si diffondevano i resoconti per far conoscere bellezze prima neglette, “minori” e si lamentava la marginalità in cui fino allora era relegata l’area. Si scoprirono pertanto verità scomode che non si potevano più celare, emergenti nei dati negativi in economia, come ad esempio la povertà del contado sottolineata da alcuni scrittori (gli “anni della fame” descritti da Caterina Percoto, la “contessa contadina”). Il vero volto del Friuli dell’epoca, con la sua arretratezza e miseria, la fatica del lavoro dei campi e le premesse per lo sviluppo del fenomeno migratorio, generava imbarazzo e volontà di riscatto: alcuni intellettuali, come il pubblicista Pacifico Valussi – che probabilmente indirizzò il fotografo Giuseppe Malignani verso la documentazione del Friuli, effettuata da quest’ultimo tra 1866 e 1878, con una raccolta andata purtroppo dispersa nel 1917-18 tendevano a idealizzare la civiltà rurale del Friuli contadino per 11


di esplorazione della montagna, ma anche per la formazione dell’archivio fotografico (cui sono dedicati gli interventi in questo stesso volume) ricchissimo di preziosi materiali – realizzati durante escursioni, congressi, incontri di varia natura - finalizzati alla conoscenza di tutto il territorio, importanti sia sul piano storico-documentario che per i riferimenti sociali e di costume. Essi riguardano non solo la montagna ma i vari centri, grandi e piccoli, del Friuli, non tralasciando Udine, che anzi compare a capo della provincia insieme ad altre località in decine e decine di fotografie, in cui sono fissati ambienti e scorci in seguito spesso perduti e che oggi permettono di studiare episodi del passato sotto molteplici chiavi interpretative, passando per esempio dall’incendio della Loggia del Lionello del 1876 alla commemorazione di Ga11 ribaldi in Giardin Grande del 1883 . L’intento era quello di realizzare un’ambiziosa impresa culturale, la Guida del Friuli, che è diventata uno strumento imprescindibile per la conoscenza del territorio friulano. La prima pubblicazione della serie fu l’Illustrazione del Comune di Udine (1886), con in allegato la rappresentazione dei monti che si potevano ammirare dal Castello, immagine d’insieme che ben riassume l’intento 12 della Società. Tra gli autori delle immagini conservate nell’archivio della S.A.F. figurano nomi importanti di professionisti e ditte, come gli Stabilimenti Malignani e Sorgato, la figura di Sennen Brusadini, oltre ai più noti Brisighelli e Pignat, ma vi sono pure esploratori come Giacomo Savorgnan di Brazzà, Federico Cantarutti e Edoardo Tellini, e ancora altri escursionisti che con il loro apporto andarono a formare una raccolta eterogenea, che per quanto riguarda la parte antica (datata fino al 1903), raggiungeva ben 2400 immagini (di cui 760 quelle considerate la parte più importante).

Stabilimento Malignani, La Loggia del Lionello a Udine dopo l'incendio del 1876.

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svariati materiali concentrati dalla natura nella nostra regione, che di per sé garantivano una ideale completezza e potenzialità non indifferenti agli abitanti di questo singolare teatro ambientale: “la sola enumerazione di tante varietà può far comprendere che questa è una provincia naturale completa e che alla stirpe che l’abita la natura ha dato gli elementi d’una completa sociale educazione, sicchè gli uomini che ne vengono possono essere interi nelle potenze dell’anima meglio che quelli, i quali sortirono ad abitare un paese avente qualità troppo speciali e troppo uni16 formi” . L’attitudine conoscitiva si esplicò, nei decenni post-unitari, soprattutto ad opera del noto geografo ed alpinista Giovanni Marinelli, informato non solo sui testi di storia locale, ma anche su quelli classici nazionali e transalpini, dovuti a scalatori stranieri che per primi rivelarono le bellezze dolomitiche delle nostre montagne, di fatto escluse dagli itinerari del Grand Tour organizzati 17 dalle spedizioni internazionali. L’esploratore Marinelli fu animato perciò anche dal desiderio di conoscere “la parte montuosa della nostra Patria del Friuli”, che, “a forza di scorrerla e 18 trascorrerla […] m’è entrata nella testa” . La conoscenza della montagna friulana era, per lui e i suoi segua19 ci, “un dovere cui tutti i friulani avrebbero dovuto piegarsi” , nell’evoluzione dello studio della regione, che poteva “trarre grandissimo giovamento da escursioni bene ordinate e sistematicamente condotte, purchè al lavoro delle gambe si aggiunga la buona volontà di descrivere le varie gite, con qualche notizia illu20 strativa” atta a chiarire i molteplici aspetti –naturalistici, geologici, antropologici e storici- dei più diversi territori, stimolando il ricorso all’osservazione diretta e a scoperte autonome da parte dei lettori di quelle cronache. Erede di questi intendimenti fu l’e-

Va altresì sottolineata anche l’attività di promozione e diffusione della fotografia, in quanto la Società metteva a disposizione dei soci persino un apparecchio fotografico per consentire a tutti di 13 documentare le varie attività . L’archivio era inteso dunque come uno strumento fondamentale della ricerca, destinato alla pubblica consultazione, in parallelo con il Gabinetto di lettura e della biblioteca, quali luoghi di ritrovo e di scambio culturale, e con la pubblicazione di riviste, quali la “Cronaca della Società Alpina Friulana” (dal 1880) e “In Alto” 14 (a partire dal 1890). La Società stimolò inoltre, facendo conoscere usi e costumi di una terra che andava scoperta in tutti i suoi aspetti, la ricerca sul folklore, dato che le zone montane erano le più conservatrici e fedeli ai vecchi modi di vita, che in altre aree s’erano andati perdendo e in città – per quanto di dimensioni relative - apparivano come un relitto dimenticato. Con rari precedenti in escursioni d’epoca illuminista e nell’operato dei topografi militari, solo nella seconda metà dell’Ottocento trovò avvio la scoperta scientifica del comprensorio montano delle Alpi Orientali. La conquista culturale delle montagne italiane era stata promossa - nell’unione tra scienza e patria - dallo spi15 rito patriottico risorgimentale proprio in epoca pre-unitaria . Chi aveva in qualche modo preparato questo percorso era stato il ricordato giornalista Pacifico Valussi, cui va il merito della “scoperta” dell’intero Friuli, percorso e colto nelle peculiarità regionali, secondo la volontà di un altro importante organismo di promozione del territorio, l’Associazione Agraria Friulana: egli aveva pubblicato i suoi risultati proprio alla vigilia dell’annessione di queste terre al Regno d’Italia (1866). Ne Il Friuli. Studii e Reminiscenze, stampato a Milano nel 1865, elencava infatti gli 13


tinenza asburgica, cioè straniera, e quindi interagiva solo marginalmente con il contesto friulano. Eppure alcuni apporti giuliani non mancarono di produrre i loro effetti anche nei territori transfrontalieri: si tratta di un testo come le Pianure friulane del triestino Giuseppe Caprin e dell’attività escursionistica (intrecciata alla passione botanica) del goriziano Julius Kugy, il maggiore conoscitore delle Alpi Giulie tra la fine dell’Otto e i primi del Nove23 cento. La prima guerra mondiale, combattuta in modo cruento proprio in questa regione di confine, fece conoscere un altro Friuli, senza 24 mediazioni correttive . Le distruzioni che ne seguirono ebbero come conseguenza modificazioni sostanziali del territorio (tramite l’intensificazione dell’attività ricostruttiva, idraulica, agricola, di bonifica specialmente nella bassa pianura, ma con ripercussioni pure in montagna sovvertendo i regimi tradizionali dei boschi e delle terre comuni) che segnarono in maniera radicale l’ambiente. La civiltà rurale, nonostante la volontà di conservarla ben ancorata alla tradizione, come traspare da tante suggestive immagini dei protagonisti della fotografia friulana del primo ‘900 (Brisighelli, Antonelli, Pignat…), alcune di marcata impronta “pittorialista”, conobbe una decisa trasformazione negli aspetti più tipici: il ritorno al pittoresco paesaggio ottocentesco era una divagazione consolatoria, mentre anche nella mentalità collettiva si acqui25 siva la cognizione dei mutamenti in corso . All’opposto si colloca invece, tra le due guerre, la creazione di nuovi paesaggi, come il fenomeno delle città di fondazione del regime fascista, che nella nostra regione riguardò Torviscosa, inaugurata nel 1938 sul sito di un’antica tenuta dei Savorgnan a Torre di Zuino, la cui villa era stata distrutta nel corso della Prima

clettico Michele Gortani, botanico e geologo, che dedicò molte escursioni al rilevamento delle Alpi Carniche e, tra i molti suoi meriti in vari ambiti scientifici, tra cui il settore antropologico (fu l’artefice del Museo Carnico delle Arti e Tradizioni Popolari, a lui intitolato, a Tolmezzo), lasciò una fondamentale monografia sul21 la Flora friulana, edita nel 1906 . Se l’escursionismo in montagna portava buoni frutti, anche il mondo collinare e pianeggiante ne veniva in qualche modo influenzato, grazie ad una schiera di operosi cronisti descrittivi e fotografi, che a loro modo convergevano nel progetto di riproduzione e catalogazione dei vari aspetti locali. Ne risultò una “mappa” animata dei luoghi: dal conte Augusto Agricola, pioniere friulano della fotografia, ad Enrico del Torso che con sensibilità tracciò un suggestivo affresco del Friuli “belle époque” in una serie di immagini che tramandano paesaggi e campagne, specialmente ville gentilizie con i loro personaggi, a delineare un quadro ravvivato dalle presenza di chi “agiva” in quell’ambiente (e a quel personaggio abbiamo dedicato un approfondimento nella nostra precedente pubblicazione), o ancora 22 Giovan Battista Braida e il già citato Giuseppe Malignani . Meno praticata fu invece l’esplorazione delle zone costiere: per tutto l’Ottocento la scoperta del mare doveva provocare, come nel bel passo delle Confessioni di Ippolito Nievo narrato in prima persona dal protagonista Carlino, emozioni sconvolgenti e sconosciute (la valorizzazione del comprensorio marino è tutta novecentesca). L’area orientale, comprendente il centro romano di Aquileia e i territori circostanti, non ancora completamente bonificati, l’isola di Grado in laguna e Monfalcone fino al territorio costiero verso Trieste - città cosmopolita allora in piena espansione - era di per14


Guerra Mondiale. Sul comprensorio paludoso rapidamente bonificato sorse lo stabilimento della Snia Viscosa, radicato in un territorio che portava le tracce dell’antica centuriazione romana: 26 la romanitas dell’intervento veniva esaltata nell’impostazione del nuovo impianto urbanistico volto a rimodellare l’ambiente circostante, aprendo nuove prospettive in direzione di una promozione industriale, strada imboccata in maniera più massiccia nei decenni del cosiddetto boom economico, che coinvolsero la nostra regione. E su un altro versante prese avvio la promozione di nuove realtà insediative per lo sviluppo del turismo balneare, 27 come insegna la vicenda di Lignano . L’onda lunga di una consapevolezza relativa all’ambiente che si fa paesaggio, memoria cosciente e critica dei luoghi e di un mondo, come quello contadino, che viene disgregato, per tutto il Novecento ha innervato un filone creativo quanto mai vitale e trasversale della produzione artistica friulana, espresso, per citare almeno qualcuno dei numerosi esempi, in un’opera cinematografica come “Gli ultimi”, derivata da un racconto autobiografico di padre David Maria Turoldo (1916-1992), nelle poesie e prose “romanze” di Pier Paolo Pasolini (1922-1975), nei dipinti di Giuseppe Zigaina (1924-2015), nel neorealismo del “Gruppo Friulano per una Nuova Fotografia”, sino alle pagine liriche e insieme venate di disincanto di Elio Bartolini e Amedeo Giacomi28 ni . Infatti, dalla seconda metà del Novecento in poi, si è assistito ad una evoluzione e a un mutamento dapprima scandito poi bruscamente accelerato che ha sconvolto molte porzioni nel paesaggio consegnatoci dalla storia: le tappe della ricostruzione postbellica, fino ai mutamenti radicali degli anni sessanta con le diverse fasi dell’industrializzazione e il tramonto del mondo nobi-

liare che aveva costellato il Friuli con una rete di insediamenti patrizi. Ciò ha portato ad un sovvertimento della trama rurale, fino ai riordini fondiari degli anni ’60 e ‘70, che hanno ridisegnato le campagne friulane, mentre la montagna ha subito un lento processo di impoverimento e spopolamento. Tra fenomeni di trasformazione emerge soprattutto lo spartiacque del terremoto del 1976, la cui ferita ha segnato fortemente in particolare tutta la fascia pedemontana e collinare, spazzando via molte testimonianze tramandateci nei secoli (come documenta l’infinita serie di immagini che hanno accompagnato la cronaca dolorosa dell’evento) e introducendo nuove ricomposizioni architettoniche ed urbanistiche inserite nella grande opera di ricostruzione che ha contraddistinto gli ultimi quarant’anni, riconsegnandoci un Friuli diverso, nonostante il paziente recupero di alcuni complessi carichi di storia e di significato (il caso di Ven29 zone è emblematico al proposito) . Ancora una volta il ruolo dei fotografi è stato fondamentale nel documentare una simile trasformazione, registrandone i punti salienti: le immagini ci hanno messo di fronte a questa rapida metamorfosi. Se la ricostruzione post-terremoto ha rappresentato il capitolo tutto sommato positivo nell’ultimo quarto del XX secolo, all’inverso la proliferazione di insediamenti produttivi e residenziali e centri commerciali in dimensioni e modi inusitati ha comportato un genere d’invasione inedita: quest’ultima ha sovvertito le strutture che hanno consentito storicamente la permanenza dei valori paesaggistici qualificanti i nostri territori con l’aggravante di una omologazione formale tesa ad appiattire ogni segno di autentica 30 originalità .

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Ma i fotografi della S.A.F. oggigiorno possono registrare altri paesaggi, generati da un rinnovato antico rapporto tra arte e natura, legati alla modificazione di parti consistenti di territorio indirizzato ad un utilizzo agricolo altamente specializzato e al tempo stesso naturale. Se durante tutto l’Ottocento e buona parte del Novecento è prevalso il connubio fra la residenza padronale con giardino e l’azienda per le coltivazioni agrarie, eredità della civiltà di villa avviata durante la dominazione veneziana, un nuovo rilancio (a parte qualche meritevole anticipazione) si è avuto nei decenni recenti, con lo sviluppo della produzione viti-vinicola e il conseguente S.A.F. di una buona parte di territorio delle tre province friulane. Ciò ha portato al riuso e alla valorizzazione di complessi padronali di notevole dignità, risorti grazie a questa ventata innovativa, o – in mancanza di strutture preesistenti – con interventi “d’autore” che hanno rinvigorito la tradizione. L’attenzione all’aspetto produttivo, nei termini di una ormai matura organizzazione razionale delle tenute, ha quasi naturalmente indotto ad un 31 miglioramento dell’aspetto dei comprensori . Questo positivo utilizzo risulta evidente nell’ambito collinare nord-orientale della regione ove la coltura della vite, aderendo alla morfologia dei luoghi, restituisce immagini di autentica suggestione estetica. Il paesaggio è un palinsesto, in continua evoluzione e riscrittura: quello friulano può offrire tuttora orizzonti e visioni che ci colpiscono perché in essi si percepiscono echi e risonanze delle nostre radici identitarie. Le “larghe vedute” realizzate da Diego Cinel32 lo , che ci sottopone in maniera personale e oggettiva insieme gli aspetti della nostra terra nelle sue innumerevoli variazioni, possono ancora emozionarci – favorendo il nostro interesse e

viva partecipazione alle sue sorti - come gli angoli di quel mondo pressoché sconosciuto che colpivano gli escursionisti dell’Ottocento.

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Il presente lavoro riprende e rielabora un mio precedente intervento: La percezione del paesaggio friulano nell’Ottocento, in G. GUERCI, L. PELISSETTI, L. SCAZZOSI [a cura di], Oltre il giardino – Le architetture vegetali e il paesaggio, Olschki, Firenze 2003, pp.237-248. Per quanto riguarda i riferimenti specifici, senza la pretesa di offrire una bibliografia esauriente, indico alcuni testi che possono offrire spunti per la comprensione della tematica: G. FRANCESCATO-F. SALIMBENI, Storia, lingua e società in Friuli, Udine 1976; Civiltà friulana di ieri e di oggi, a cura di G. Bergamini, Società Filologica Friulana- Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia, 1980; G. VALUSSI, Friuli crocevia d’Europa, Udine 1980; P. ANFOSSI, Theatrum Fori Julii – Elementi per la storia del paesaggio friulano, tesi di laurea, Politecnico di Milano, Facoltà di architettura, relatore prof. G. Consonni, A.A. 1992/93; F. MICELLI, I paesaggi del Friuli Venezia Giulia, in Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia, La tutela del paesaggio nel Friuli-Venezia Giulia, Trieste 1993, vol. I, pp.238-248; A.FORNASIN, La Patria del Friuli in età moderna – Saggi di storia economica, Udine 2000. I. NIEVO, Le confessioni di un italiano, a cura di M. Gorra, Milano, 1981, pp.34-35. Centro per lo studio del Paesaggio Agrario – Istituto di Geografia dell’Università di Udine, Contributi per la storia del paesaggio rurale nel Friuli- Venezia Giulia, Fiume Veneto (Pordenone) 1980; F. VENUTO, Giardini del Friuli-Venezia Giulia – Arte e storia, Fiume Veneto (Pordenone) 1991; P. GASPARI, Terra patrizia – Aristocrazie terriere e società rurale in Veneto e in Friuli (1797-1920), Udine 1993; F. BIANCO, I paesaggi del Friuli – Economia e società rurale nella cartografia storica, Verona, 1994. G. BERGAMINI- C. DONAZZOLO, Udine illustrata. La città e il territorio in piante e vedute dal XV al XX secolo, Padova 1993; V. GRANSINIGH, Antonio Picco (1828-1897), pittore di paesaggio a Udine, in “Sot la nape”, 1993, 4, pp.29-40; F. MAGANI, Giuseppe Bernardino Bison (1762-1844), catalogo della mostra, Milano 1998; riassume efficacemente la questione il saggio di G. BERGAMINI, Pittura di paesaggio in Friuli nell’Ottocento, in Paesaggio friulano – Fotografie 1850-2000, catalogo della mostra a cura di I. Zannier, Milano 2000, pp.23-31. “Annotatore Friulano”, VII, 5 maggio 1859, n.18, p.162; sul Bonaldi cfr. anche “Rivista Friulana”, II, 1860, p.32.


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“Giornale di Udine”, 26 marzo 1867, riportato in G. ELLERO, Fotografia della storia nel Friuli e nella Venezia Giulia, Udine 1995, p.20. R. TIRELLI, Pacifico Valussi primo giornalista friulano 1813-1893, Tricesimo (Udine) 1993; C. PERCOTO, Scritti friulani, a cura di A. Giacomini, Fiume Veneto (Pordenone) 1998; T. SGUAZZERO, Valussi Pacifico giornalista, in C. SCALON, C. GRIGGIO, G. BERGAMINI [a cura di], Nuovo Liruti, Dizionario biografico dei Friulani. 3. L’età contemporanea, Pog-Zut, Udine, Forum, 2011, pp.3489-3501. I. ZANNIER, Ideologie del paesaggio, in Paesaggio friulano – Fotografie 1850-2000, cit., pp.13-22. G. ELLERO, Il paesaggio in letteratura, in Il mito del paesaggio nella fotografia del Novecento in Friuli, a cura di G. Ellero, Udine 1988, pp.9-10. F. MICELLI, Le Alpi Friulane come laboratorio: le descrizioni della Società Alpina Friulana, in G. BERGAMINI, C. DONAZZOLO CRISTANTE, F. MICELLI [a cura di], La Società Alpina Friulana e le Alpi friulane. Le immagini, la realtà, volume che accompagna la mostra omonima svoltasi a Udine, Museo della Città, 28.9.2000-4.2.2001, Cinisello Balsamo (Milano), Silvana Editoriale, 2002, pp.15-19 (la citazione si trova a p.16). G. BERGAMINI, Fotografie come documento, ibidem, pp.11-13. G. OCCIONI BONAFFONS [Redattore], Guida del Friuli I. Illustrazione del Comune di Udine, Udine, Doretti, 1886: cfr. la sua Prefazione: “La Società Alpina Friulana, fino dal principio della sua istituzione, si propose dimostrare ai meno convinti che l’autonomia, accompagnata da florida finanza e da savia amministrazione, doveva infondere nuova vita all’alpinismo in Friuli, non tanto quale esercitazione ginnastica, ma quale mezzo efficace per far conoscere assai largamente, sotto ogni aspetto, la nostra Regione, sia rivedendo e criticando i vecchi studi, sia promuovendo nuove ricerche. Così nacquero, uno per ciascun anno, i quattro volumi, finora pubblicati, della nostra Cronaca; così’ sorse subito l’idea di illustrare la intiera provincia con una Guida del Friuli, divisa in volumi da stamparsi … di mano in mano che fosse pronta l’ampia materia. Si cominciò da Udine, capoluogo della provincia […]”, p.VI. C. DONAZZOLO CRISTANTE, Il Fondo Fotografico della S.A.F. dal deposito in museo alla mostra, in La Società Alpina Friulana e le Alpi friulane, cit., pp.8-9. A. GIUSA, L’archivio della Società Alpina Friulana, ivi, pp.21-23; F. TAMBURLINI, Le origini del Gabinetto di lettura e della Biblioteca della Società Alpina Friulana, ivi, pp.59-64. F. MICELLI, I geografi e l’esplorazione scientifica della montagna: Veneto e Friuli nel secondo Ottocento, in A. LAZZARINI, F. VENDRAMINI [a cura di], La montagna veneta in età contemporanea. Storia e ambiente, uomini e risorse, Roma 1991, pp.323-331; M. BACCICHET, I pascoli della scienza - L’alpinismo risorgimentale in Cansiglio, Cavallo e Alpago (1867-1902), con una nota di A. Desio, Quaderni dell’Alto Livenza 2, Sacile (Pordenone) 1993. Il passo è riportato in G. ELLERO, I materiali per il paesaggio, in Il mito del paesaggio…, cit., p.8.

17 Si veda il ritratto biografico stilato da F. MICELLI, Marinelli Giovanni, geografo, in C. SCALON, C. GRIGGIO, G. BERGAMINI [a cura di], Nuovo Liruti, Dizionario biografico dei Friulani. 3. L’età contemporanea, Les-Pod, Udine, Forum, 2011, pp.2131-2138. 18 M. BACCICHET, Giovanni Marinelli e il Cansiglio: la conoscenza del territorio liventino nelle osservazioni di un geografo dell’800, in G. MARINELLI, Una visita alle sorgenti del Livenza e al Bosco del Consiglio e un’ascesa al Cimon della Palantina, Quaderni dell’Alto Livenza 1, Sacile (Pordenone) 1991, pp.69-82. 19 ID., Giovanni Marinelli…, cit., p.76. 20 G. OCCIONI BONAFFONS, Escursione da Maniago a Longarone, “Cronaca della S.A.F.”, III, 1883, riportato in M. BACCICHET, Giovanni Marinelli…, cit., p.76. 21 G. MARCHETTI, Il Friuli – Uomini e tempi, vol. II, Pordenone 1979, pp.890-897 F. BIANCO, Comunità di Carnia, Udine 1985; sulla Carnia F. BIANCO, Comunità di Carnia, Udine 1985; V. GRANSINIGH, L’immagine della Carnia nella pittura di paesaggio tra Otto e Novecento, in Tumiec, n.u. per il 75° Convegno della Società Filologica Friulana, Tavagnacco (Udine) 1998, pp.709-710; J. GROSSUTTI, Michele Gortani, geologo e politico, in C. SCALON, C. GRIGGIO, G. BERGAMINI [a cura di], Nuovo Liruti, Dizionario biografico dei Friulani. 3. L’età contemporanea, Cir-Lep, Udine, Forum, 2011, pp.1731-1739. 22 G. BERGAMINI, Augusto Agricola e i primordi della fotografia in Friuli, Udine 1991; R. TOFFOLETTI, I. ZANNIER, Enrico del Torso fotografo (1876-1955), Udine 1990; Il Friuli “Belle Epoque” nelle fotografie di Enrico del Torso, Firenze, Alinari, 1999. Su del Torso vedasi, da ultimo, F. VENUTO e M. DE RE [a cura di], Gli scatti di Enrico del Torso nell’Archivio Fotografico de Brandis, Associazione Udinese Amici dei Musei e dell’Arte, Udine, 2014. 23 Sull’argomento, più in generale, cfr. C. DONAZZOLO CRISTANTE, Territorio, vita e uomini della provincia di Udine. Fotografie di due secoli dalle collezioni dei Civici Musei udinesi, e A. RAMPINI, Obiettivo Friuli. Appunti per una storia della fotografia documentaria nella provincia di Udine, in Obiettivo Friuli 1860-1960 – fotografie di un secolo, catalogo della mostra a cura di C. Donazzolo Cristante e A. Rampini, Udine 2002, pp.15-23, 25-37. Vedasi infine G. BERGAMINI, Malignani Giuseppe, pittore e fotografo, in Nuovo Liruti, Dizionario biografico dei Friulani. 3. L’età contemporanea, Les-Pod, Udine, Forum, 2011, pp.2040-2044. 24 Lo scrittore triestino Giuseppe Caprin (1843-1904) fu autore di Marine istriane - Lagune di Grado (1890), Pianure friulane (1892) e Alpi Giulie (1895); Julius Kugy (1858-1944), nativo di Gorizia ma vissuto tra Trieste e Vienna, viene considerato il padre dell’alpinismo moderno nelle Alpi Giulie. Tra le sue opere figurano, nella traduzione italiana: Dalla vita di un alpinista, L’Eroica, Milano, 1932; La mia vita nel lavoro, per la musica, sui monti, trad. E. Pocar, Tamari, Bologna, 1969 Le Alpi Giulie attraverso le immagini, Bologna, Tamari, 1970; sul personaggio vedasi il seguente saggio: E. MAZZOLI, La guerra di Kugy. Dal fronte delle Alpi Giulie a Caporetto, dal Grappa al drammatico ritorno di un reduce sconfitto, Trieste, Luglio, 2014.

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24 Tra gli innumerevoli testi usciti, ne segnalo, per brevità, solo alcuni, legati al taglio di questo intervento: C. DONAZZOLO CRISTANTE, A. RAMPINI [a cura di], Il Friuli nella Grande Guerra 1915-1918. Immagini, con saggi di C. Domini (La morte in prosa, pp.33-41) e R. Tirelli (La Grande Guerra vista dal Friuli, pp.43-51), IRPAC (Istituto Regionale di Promozione e Animazione Culturale) e Civici Musei e Gallerie di Storia e Arte, Udine, Arti Grafiche Friulane/IMOCO, 2006; A. QUENDOLO [a cura di], Paesaggi di guerra : memoria e progetto, Udine, Gaspari, 2014. 25 G. ELLERO, Il paesaggio in fotografia, in Il mito del paesaggio, cit., pp.5-12; G. BERGAMINI [a cura di], Attilio Brisighelli fotografo, Udine 1989; G. BERGAMINI, C. DONAZZOLO CRISTANTE, I Pignat fotografi in Udine, Udine 1995; R. TIRELLI, Il paesaggio come identità e cultura di un popolo, in Paesaggio friulano – Fotografie 1850-2000, catalogo della mostra a cura di I. Zannier, Milano 2000, pp.8-10. 26 M. BORTOLOTTI, Torviscosa : nascita di una città, Udine, Casamassima, 1988; E. BIASIN, R. CANCI, S. PERULLI [a cura di], Torviscosa. Esemplarità di un progetto, Associazione Culturale Maié; testi di Massimo Bortolotti, Antonio Giusa, Paolo Nicoloso, Viviana Rocco, Roberta Valtorta; Udine, Forum, 2003. 27 M. BORTOLOTTI, [a cura di], Lignan, 91° Congrès, Lignan, 28.09. 2014; Udin, Societât filologjche furlane, 2014, 2 v. , con i numerosi saggi ivi contenuti che ripercorrono dai più diversi punti di vista la storia della località. 28 G. ELLERO, Il paesaggio in fotografia, in Il mito del paesaggio, cit., pp.10-12; Neorealismo e fotografia, Udine 1987; G. ZIGAINA, Verso la laguna, Venezia, Marsilio, 1995; Zigaina. Opere 1947-2000, a cura di C. Pirovano, Milano 2000; M. GOLDIN [a cura di], Zigaina. 1942 – 2009, catalogo della mostra di Villa Manin (21.3-31.8.2009); A. NEGRI, Pittori del Novecento in Friuli-Venezia Giulia, Udine 2000 (con bibliografia). Vari e articolati sono i saggi contenuti in Turoldo e “gli ultimi” – Elio Ciol fotografo di scena, Milano 2001. 29 Tra i numerosissimi titoli cfr.: Friuli, un popolo tra le macerie, con scritti di G.C. Menis, F. Placereani, D. Corgnali, F. Rossi, F. Dal Mas, R. Fabris, F. Piovesana, R. Jacovissi e pre-

sentazione di David M. Turoldo, Roma, Borla, 1977; M. T. BINAGHI OLIVARI [et al.], Le pietre dello scandalo: la politica dei beni culturali nel Friuli del terremoto, prefazione di Andrea Emiliani, Torino, Einaudi, 1980; L. PERISSINOTTO, G.P. NIMIS, Gemona. Un recupero di storia, una prospettiva del futuro, Udine, Istituto per l’Enciclopedia del Friuli Venezia Giulia, 1980; A. BELLINA, Venzone. L’anastilosi nella ricostruzione del Friuli: limiti e modi del restauro per anastilosi in alcune applicazioni a Gemona e Venzone dopo il sisma del 1976, Venzone, Associazione Amici di Venzone, 1986; Segreteria generale straordinaria per la ricostruzione del Friuli, Direzione generale dell’istruzione, della formazione professionale delle attività e beni culturali [cura di], Friuli ricostruzione: 1976 – 1986 [redazione: Alessandro Giacomello], Trieste, Regione autonoma Friuli - Venezia Giulia, 1988, 2 vol.; G.P. NIMIS, La ricostruzione possibile : la ricostruzione nel centro storico di Gemona del Friuli dopo il terremoto del 1976, introduzione di Francesco Tentori, Venezia, Marsilio, 1988; I. ZANNIER [a cura di], Terre a Nordest : Friuli-Venezia Giulia 1996 a vent’anni dal terremoto, Firenze, Alinari, 1996; C. AZZOLINI, A. GIUSA [a cura di], Memorie : arte, immagini e parole del terremoto in Friuli, catalogo della mostra tenuta a Passariano di Codroipo, a cura di, Skira, 2016; C. AZZOLLINI, G. CARBONARA [ acura di], Ricostruire la memoria : il patrimonio culturale del Friuli a quarant’anni dal terremoto, Udine : Forum, 2016. 30 P. VALLE, Alpe Adria senza. Paesaggi contemporanei a nord est, Trieste, Maqom haze, 2014. 31 Itinerari e cantine, [testi di Movimento turismo del vino FVG], Udine, Editoriale FVG spa, 2008. 32 D. CINELLO, A. MUCCHINO, Friuli, terra di larghe vedute = A land of Broad Views, Udine, CCIAA, 2006; D. CINELLO, F. MICELLI, Frîul : visions e visuâls, Maniago, Esaprint, 2007; M. DE RE, Diego Cinello : panoramica di una vita, testi di M. De Re, M. Minuz, F. Venuto; Associazione Udinese Amici dei Musei e dell’Arte, Udine, 2013; D. CINELLO, Friuli a volo d’uccello/ Friûl a svôl di sisile, Pasian di Prato, Lithostampa, 2014.

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Amedeo Gracco, Il Ricovero Marinelli. Sullo sfondo il Monte Coglians, settembre 1901. 19



Lo Sguardo Attento Tra le fotografie dell’archivio della SAF Paolo Sacco

prenderla, ha potuto affrontare quel percorso di ricerca sul campo. Esso richiede sempre attenzione, curiosità e fantasia per scoprire, capire, definire e poi cercare di comunicare agli altri. Scoprire è forse la parte più divertente del lavoro. Ovviamente si scopre ... l’acqua calda! I materiali documentali storici che rivestono una importanza tale da essere conservati e in qualche modo ordinati sono reperibili presso chi li ha prodotti e ne ha usufruito o sono conservati da Enti pubblici e privati che li hanno essi stessi prodotti o accolti nel loro patrimonio, siano essi veri e propri archivi o semplici collezioni. Nel peggiore dei casi, più spesso quando si tratta ancora di collezioni familiari (ma non solo ...) li troviamo invece dal rigattiere, magari all’interno di qualche mobile antico di cui qualcuno ha voluto liberarsi! Qualche volta è capitato che fossero recuperati fortunosamente appena prima della loro distruzione, sia essa frutto di semplice incuria o di atti deliberati. Non di rado sono andati dispersi. Queste sono le tracce da seguire. L’archivio della S.A.F. è stata una delle prime inevitabili e fortunate riscoperte nel panorama locale, facilitata anche dalla disponibilità fornita dai soci dello storico sodalizio friulano, nato nel 1874 a Tolmezzo come sezione del Club Alpino Italiano, trasferi-

Alla fine degli anni Ottanta del secolo scorso inizia un periodo particolare per la Fotografia, sia in regione che anche nel resto d’Italia. L’accessibilità anche se in forma ancora non strutturata ai primi strumenti informatici per la gestione dei dati assieme ad una attenzione alla storicizzazione della Fotografia come Bene Culturale che comincia a farsi più consistente, risveglia nuovi interessi anche verso questa disciplina tecnica, sia che essa sia vista come documentazione di qualcos’altro che sia invece soggetto-oggetto di valore estetico e culturale. Gli archivi e le collezioni fotografiche storiche cominciarono a diventare qualcosa di più di meri strumenti per la illustrazione di contenuti diversi o essere la “decorazione” di libri prestigiosi. Si comincia a pensare più attentamente alla catalogazione fotografica e a definirne la struttura autonoma. La Fotografia assume una connotazione riconosciuta di Bene Culturale a sé stante. Ricordo con simpatia quel momento, in un certo senso pionieristico, dove le strade erano ancora da tracciare, il percorso da iniziare, l’entusiasmo non mancava. L’obiettivo primo era la ricerca degli archivi storici fotografici presenti sul territorio regionale per cominciare a costruire gli strumenti moderni per come pensavamo potesse essere la memoria futura. Chi come il sottoscritto ha avuto molta attenzione agli itinerari culturali anche storici della Fotografia per arrivare a meglio com21


loro incroci raccontano i momenti considerati significativi della storia dell’associazione. Questi materiali di diverso tipo che sono andati gradualmente a costituire l’archivio societario, conservati e ordinati funzionalmente agli scopi prefissi, hanno seguito le vicissitudini anche associative della S.A.F., che modificò lentamente la sua attività nel tempo passando dall’originario approccio scientifico del periodo dei fratelli Giovanni e poi Olinto Marinelli ad una concezione decisamente più escursionistica, mano a mano che l’accesso alla montagna divenne una pratica sempre più diffusa. L’avventura dei personaggi che la fondarono e la frequentarono è stata comunque un momento unico nella storia friulana ed è fortunatamente anche oggi fonte di stimolo e studio per coloro che li hanno seguiti, siano gli attuali soci della S.A.F. o i diversi studiosi dei fenomeni sociali locali, gli appassionati attenti e i semplici curiosi. Numerosi saggi e pubblicazioni sono stati prodotti nel corso degli anni dalla S.A.F. utilizzando la grande competenza dei soci, le loro ricerche e i diversi materiali reperiti, a partire dalle ben note Guide sull'area friulana e le pubblicazioni “Cronache della Società Alpina Friulana” e poi “In Alto”. Nel complesso dell’archivio si ritrovano le tracce e si ricostruisce la storia di questi importanti momenti. Va fatto presente invece che, ad un certo momento della evoluzione della Società Alpina Friulana, per questioni sia logistiche che gestionali, i soci presero la sofferta decisione di trasferire i materiali storici ad enti più titolati ovvero all’Università di Udine per quanto riguardò la ricca biblioteca e la cartografia e, in un secondo tempo, anche l’archivio fotografico venne trasferito in deposito presso la fototeca dei Civici Musei di Udine (1997). Una

tosi a Udine nel 1879 e oggi ancora vivo e vegeto nel panorama regionale. Ma gli archivi hanno una vita e una dinamica che segue quella dell’ente di appartenenza. Più di 140 anni ad oggi non sono pochi per un archivio privato: di mezzo ci sono state le ultime due guerre mondiali e una società che si è evoluta, passando anche periodi movimentati e difficili, ad un ritmo sempre più veloce. La Società Alpina Friulana ha attraversato anch’essa questi cambiamenti talora traumatici. Lo spirito iniziale, il periodo d’oro che rimane indelebile nella memoria e punto di riferimento e orgoglio fu proprio quello ottocentesco e primo novecentesco in cui l’attività dei soci fondatori, alcuni riconosciuti geografi, si incentrava nel rapporto con un territorio e una montagna ancora da scoprire, realizzato in una modalità che è stata anche definita come “alpinismo scientifico”; i partecipanti all’avventura rappresentavano l’”intellighenzia” scientifico/culturale del Friuli. L’approccio era quindi quello della ricerca e l’obbiettivo la conoscenza del territorio, in questo caso il Friuli. Importanti erano le loro attività sul campo e importante la diversa documentazione correlata, sia reperita che autoprodotta. Di conseguenza ricchi son stati i diversi materiali organizzati e conservati nel tempo per ragioni di studio e documentazione: relazioni, documenti diversi, appunti, comunicazioni, libri, cartografia, fotografie e quant’altro potesse essere utile allo scopo. In effetti le fotografie di cui in questa pubblicazione presentiamo un compendio non sono un vero archivio a sè stante, ma sono il fondo fotografico dell’Archivio della S.A.F.; osservazione non da poco perchè palesa la inevitabile correlazione esistente tra le diverse tipologie dei materiali che, pur separati solo per questioni pratiche, costituiscono un unico corpus armonico e nei 22


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contenuti, derivati sia dalla produzione diretta dei soci nel corso delle diverse escursioni/spedizioni, sia da una intelligente operazione di raccolta di fotografie già realizzate per altri fini da fotografi più blasonati. All’interno della selezione effettuata per questa pubblicazione sono evidenti le diverse motivazioni che hanno portato alla formazione di questo eterogeneo fondo fotografico che oggi ci restituisce nel suo insieme una visione ampia e interessante del territorio friulano del periodo, visto attraverso il paesaggio urbano, quello rurale e anche -oserei dire- sociale, dove le persone, oltre a essere metro della dimensione generale, diventano parte integrante del paesaggio stesso e lo arricchiscono di quei dati antropologici che per noi sono così importanti storicamente oltre che essere elementi caratterizzanti dal punto di vista estetico. Emblematici di questi diversi approcci sono due straordinarie serie di cui in questo volume vengono presentati alcuni scatti: la serie sulla Val Raccolana realizzata da Giacomo di Brazzà (1859-1888) nel corso della prima esplorazione scientifica dei luoghi (autunno del 1881), confezionata in una cartella telata marrone; la serie sulla Ferrovia Pontebbana realizzata dallo studio Sorgato & Brusadini, filiale udinese del famoso fotografo Antonio Sorgato (1825-1885) veneziano di attività e padovano di origine, confezionata anch’essa in una cartella/album in tela rossa decorata con iscrizioni a stampa in oro. La prima documenta con immagini significative ed esteticamente accattivanti la escursione realizzata dal di Brazzà allo scopo di effettuare una campagna di rilevazione topografica dell’area della Val Raccolana: una vera documentazione autoprodotta, considerata indispensabile per quell'attività di esplorazione alpina; la seconda descrive i punti salienti dell’itinerario e i manufatti della

scelta dolorosa, allora inevitabile, speriamo reversibile per il domani. Fu quindi negli anni ‘90 che, alla ricerca dei materiali fotografici storici più significativi della nostra provincia, mi imbattei in questo straordinario fondo; venni introdotto dall’allora presidente Federico Tacoli giusto in tempo per dare qualche significativo consiglio per la conservazione e la valorizzazione di materiali così delicati e importanti. Da quel momento, per ragioni diverse, non mi è stato più possibile abbandonarlo. Ma veniamo alle fotografie presentate in questo volume. Esse fanno parte della straordinaria sezione ottocentesca dell’archivio fotografico (quasi 800 immagini su un totale di ca. 2500 realizzate tra l’800 e il primo decennio del ‘900 ca.) che ci è giunto fino ad oggi dopo aver passato le varie traversie dovute alle vicende storiche e culturali del Novecento e dopo aver subito gli acciacchi dovuti al tempo che passa inesorabile, producendo quell’inevitabile seppur lento deterioramento dell’immagine chimica. Un patrimonio di immagini fotografiche positive, insostituibile e unico -sia qualitativamente che quantitativamente- per quel che riguarda il panorama assoluto dei documenti fotografici originali esistenti sull’area friulana. 1 Le fotografie, come detto tutte originali , seguono la tradizione dell’epoca ovvero sono quasi nella totalità stampe all’albumina montate su quei particolari supporti cartonati, spesso decorati, che oltre a dare consistenza trasformano la fotografia in un vero e proprio oggetto complesso e sono caratteristici della produzione ottocentesca e primo novecentesca. La sezione ottocentesca è tematicamente formata da diversi nuclei o gruppi di immagini tutto sommato omogenei per autori e 23


matica e geografica per offrire un orientamento generale nel territorio friulano. Si è voluto mettere accanto ad alcune immagini già conosciute e necessarie per rendersi conto del patrimonio presente, quelle meno note ma pur altrettanto significative per chi conosce i luoghi e di essi è curioso. In fondo la fotografia documentarista, con la sua necessaria formalizzazione di inquadratura, rapporti interni e momento scelto, offre quella base di oggettività per cui ognuno è in grado di apprezzare e trovare al suo interno quel che gli è più congeniale e spesso riesce a scoprire quel che vuole cercare aggiungendo valore alla lettura dell'immagine. Come è stato detto, le fotografie conservate nell’archivio furono realizzate anche da professionisti (ad es. lo Stabilimento Malignani, Antonio Sorgato, Francesco Missini, e altri) ma più spesso dai numerosi soci dilettanti (ad esempio Giacomo Savorgnan di Brazzà, Arturo Ferrucci, Emilio Pico, Ugo Camavitto, Edoardo 3 Tellini e numerosi altri) . La differenza è sostanziale non tanto nella qualità fotografica, quanto nelle caratteristiche dei contenuti rappresentati. Infatti le foto dei primi fanno evidentemente parte di serie prodotte dai fotografi in autonomia, per i loro scopi commerciali e solo successivamente acquisite dalla S.A.F.; quelle dei secondi hanno soggetti e finalità più specifici e vanno oltre la classica impeccabile inquadratura di paesaggio presa da punti panoramici o della vista monumentale del centro urbano per addentrarsi in dettagli specifici. Ma a ben vedere anche i professionisti (almeno i friulani) dovevano essere amici e simpatizzanti della S.A.F.. Lo scopo finale era comunque quello di fornire materiale per illustrare le diverse relazioni e le Guide che vennero successivamen-

Ferrovia Pontebbana, per arrivare alla realizzazione di un album fotografico di 40 vedute da mettere in vendita al pubblico a celebrazione della grande opera, come era abitudine di quel tempo. Entrambe le serie, con valenze e prospettive diverse, propongono la descrizione di alcune caratteristiche peculiari del territorio che erano ritenute di interesse per la S.A.F. e si concretizzavano nell’attività “esplorativa” sul campo e sul reperimento di tutte le informazioni esterne utili agli scopi prefissi e alla realizzazione delle numerose relazioni e saggi. A questo punto va evidenziata una straordinaria caratteristica della fotografia: al di la del perchè nasce, ognuno è in grado di vederla, leggerla, apprezzarla e usarla a proprio modo! Noi che vediamo queste foto dopo quasi 140 anni le possiamo positivamente contestualizzare ma inevitabilmente le osserviamo con altri occhi, aggiungendo valore ai contenuti originali che ci sono noti, creando nuovi collegamenti con argomenti e tematiche attuali. Ma è sui contenuti originali che dobbiamo porre comunque oggi più attenzione cercando di arricchire la originale catalogazione -necessariamente inventariale- con i contenuti reperibili anche nello stesso archivio cartaceo, evitando che vengano perduti o trascurati: un compito certamente impegnativo, che non è stato ancora affrontato. Oltre alle fotografie che hanno un senso a sé stante, numerose sono le altre serie che emergono e che danno conto sia della produzione diretta che della gestione delle diverse acquisizioni da parte dei soci fotografi/studiosi/archivisti della S.A.F.. Lo spirito di questa pubblicazione e della selezione effettuata è funzionale alla lettura delle fotografie, a presentare contenuti, tematiche e tipologie di immagini tali come sono, senza suggerire scelte o itinerari particolari al di là di una ampia suddivisione te24


Leonida D'Agostini, Vista del Gruppo del Monfalcon di Forni [foto commentata come traccia della successiva pubblicazione che avverrĂ su In Alto n. 2 del 1902 con una grafica di G. Tonizzo], 1900 . 25


Pensando all’oggi e al domani appare evidente come da questo patrimonio collettivo si diramino numerose tracce da seguire: sono quelle dei materiali dispersi nel corso degli anni, sono i nomi dei diversi fotografi e soci, sono gli argomenti toccati e i diversi spunti evocati da indagare. Questo vuol dire che ci sono ampi margini di arricchimento e di approfondimento dei materiali già esistenti, che l’archivio è tuttora ben vivo e può essere catalizzatore di nuova attività anche sulla contemporaneità. Sappiamo che c’è chi lo sta facendo per passione personale, ma crediamo anche che possa e debba diventare un rinnovato obiettivo della S.A.F.. C’è da domandarsi anche se non sia possibile ed efficace ripensare all’interno della S.A.F. un tipo di attività finalizzata a conservare la affollata e volubile memoria dei nostri giorni, che riprenda gli spunti del passato aggiornandoli alle nuove tecnologie in cui -senza mancar di rispetto a nessuno- le prospezioni col teodolite e le fotografie del di Brazzà possano diventare le une tracce GPS e le altre fotografie digitali georeferenziate a disposizione di tutti gli interessati, riprendendo qualche spunto dal glorioso passato per riportarlo ad una intelligente e sensata attualità. Nella tradizione divulgativa dei prodotti realizzati dagli Amici dei Musei di Udine l’obiettivo è tener vivo l’interesse su temi ed argomenti che hanno comunque una precisa collocazione nella cultura e storia locale, grandi o piccoli che siano. Questo veloce compendio di immagini uniche e di scritti intriganti vuole seguire tale spirito e servire come stimolo a conoscere e approfondire. Confidiamo di esserci riusciti.

te prodotte nel corso degli anni. Ecco come appare evidente l’insostituibile legame tra i diversi materiali dell’Archivio della SAF e la importanza di impegnarsi a consolidarlo e a ricostruirne le relazioni. Dal momento della “riscoperta” dell’archivio fotografico dei primi anni Novanta sono state realizzate alcune importanti iniziative espositive ed editoriali per presentare al pubblico questo patri4 monio e spesso alcuni gruppi di fotografie, collegati per tematiche o soggetto, sono stati richiesti ed esposti in diverse occasioni, sono serviti e vengono abitualmente consultati e richiesti per ricerche storiche e iconografiche su singole realtà locali. Percorrendo con curiosità la selezione di fotografie qui proposte ci si può render conto che ogni immagine è allo stesso tempo collegata alle altre da una logica complessiva ma ognuna ha una sua propria storia da raccontare e ci stupiscono per la loro bellezza estetica o ci suggerisce nuovi pensieri sull’attualità. Due esempi molto differenti per tutti: le impeccabili e nitide immagini di Fernando Grosser, dilettante fotografo, come esplicitamente si autonominava, ci presentano una visione nitidamente estatica del paesaggio in cui le immagini sono conchiuse in se stesse (ma comunque utili alla S.A.F.!) e di grande effetto per chi le vede; la situazione della vegetazione che si evidenzia scorrendo i diversi paesaggi: borghi, pianure, colline e montagne ci appaiono decisamente brulle rispetto a oggi, segno della prevalente economia agroforestale di quel periodo in cui gli spazi coltivabili o dedicati al pascolo erano decisamente prevalenti al bosco e l’uso del legno per il riscaldamento domestico era una risorsa insostituibile. Sarà compito di chi guarda individuare altri percorsi e relazioni per lui soddisfacenti. 26


Fernando Grosser - Dilettante, Corso d'acqua presso San Giorgio di Nogaro, 1900 ca. 27


Note 1. Non sono state ad oggi reperite le lastre originali da cui le stampe provengono e che risultano nella storia dell'archivio. Segnaliamo solo la presenza di alcune lastre corrispondenti agli originali a stampa, conservate presso la Biblioteca Comunale “Vincenzo Joppi” di Udine facenti parte del lascito Mistruzzi. 2. Nel 1891 la S.A.F. mise a disposizione dei soci una macchina fotografica formato 13x18cm. Cfr. Moreno Baccichet, L'Archivio della Società Alpina Friulana/ La Fotografia come Strumento per l'Esplorazione Scientifica della Montagna Friulana (1881 - 1903), in "Immagine Cultura", n. 2, pg. 12, nota 7, Guarnerio Editore, Udine, marzo 1995. Questo saggio presenta la prima ricostruzione critica del ruolo della fotografia all'interno del percorso culturale della S.A.F.. 3. Una prima analisi sull'archivio fotografico della S.A.F. che ne dettaglia le linee fondamentali della evoluzione e presenta il primo e ancora non superato elenco dei fotografi è stata realizzata e pubblicata da Antonio Giusa in Fotografi e Fotografie della S.A.F., in "Immagine Cultura", n. 2, pp. 22-32, Guarnerio Editore, Udine, marzo 1995. Il contributo è stato possibile grazie alla catalogazione inventariale del fondo realizzata nel 1992 dalla Cooperativa Guarnerio d'Artegna per conto dell'allora Centro Regionale di Catalogazione e Restauro dei Beni Culturali di Villa Manin di Passariano. 4. Due sono state le principali iniziative espositive: la prima si è tenuta dal 21 dicembre 1992 al 24 gennaio 1993 dal titolo Uno Sguardo sul Territorio organizzata dalla Cooperativa Guarnerio d'Artegna e curata da Paolo Sacco con sede di esposizione a Udine presso l'allora Museo della Città e itinerazione successiva a Tolmezzo sempre nel 1993. Dopo il deposito dell'archivio presso i Civici Musei di Udine (1997) si è tenuta la seconda dal titolo La Società Alpina Friulana e le Alpi Friulane, dal 28 settembre 2000 al 4 febbraio 2001, organizzata e curata dai Civici Musei di Udine e diretta da Giuseppe Bergamini, presso l'allora Museo della Città. Questa mostra è stata corredata da un importante catalogo curato da Giuseppe Bergamini, Cristina Donazzolo Cristante e Francesco Micelli. Esso accoglie un consistente e importante numero di contributi scientifici e di approfondimenti a definizione del contesto, delle motivazioni e delle diverse aree di interesse che sono ruotate intorno alla S.A.F. e al suo Archivio, avendo come spunto la fotografia. Cfr. La Società Alpina Friulana e le Alpi Friulane,le immagini, le realtà, Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo (MI), 2000.

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Antonio Krammer, Il Monte Tricorno visto dalla Deschmannhutte, 9 settembre 1899. 29



Quello che i documenti raccontano Tra le storie e le memorie della Società Alpina Friulana di Raffaella Tamiozzo

A testimonianza delle vicende che hanno segnato la vita e le vicissitudini della Società si colloca l’archivio documentario, ignaro e maltrattato strumento delle pratiche quotidiane prima, tangibile e preziosa fonte storiografica ora, che ha trovato nuova luce a seguito di un intervento di riordino e inventariazione effettuato nel 2008 grazie a un contributo regionale successivo alla dichiarazione di interesse culturale da parte del Ministero per i Beni Culturali e il Turismo. Quando si parla di archivi – e il caso dell’Alpina ne è un chiaro esempio – si fa riferimento ad una molteplicità di informazioni, testuali, iconografiche, digitali, su un’altrettanta molteplicità di supporti, documenti, fotografie, volumi bibliografici, cartografia. È interessante notare la capacità di questi archivi di raccontare, indipendentemente dal tipo di informazione e di supporto, non solo le grandi vicende della nostra Storia ma anche una dimensione quotidiana del passato, una sorta di diario delle vicende e degli avvenimenti delle donne e degli uomini comuni che lo hanno popolato. Ed è proprio a questo punto che l’archivio diventa un’inesauribile fonte di intrecci romanzeschi: basta sfogliare una serie di documenti che i fatti della Storia si popolano di piccoli e grandi eroi, vite vere e brevi episodi quotidiani; basta sfogliare una collezione di oltre 2000 fotografie come quella posseduta dall’Alpina per vedere quelle storie tramutarsi in immagini, volti

Da oltre un secolo, la Società Alpina Friulana si è contraddistinta per le finalità scientifiche nella conoscenza, nello studio delle montagne e del territorio e nella promozione dell’alpinismo. Il ruolo propositivo e innovatore dei grandi personaggi che hanno intrecciato la loro vita con quella della S.A.F. – Marinelli, Taramelli, di Brazzà, Leicht, Desio, Feruglio, Gortani, solo per citarne alcuni – ha portato ad un intenso programma di studio e descrizione geografica e topografica che ha dato i natali allo sviluppo dell’esplorazione alpinistica friulana. Ma come sono giunte fine a noi le storie e le memorie della S.A.F.? La consapevolezza che ad una intensa campagna di ricerca e di indagine dovevano corrispondere adeguati strumenti e supporti tecnici da mettere a disposizione ai soci ha determinato, alla fine del XIX secolo, la costituzione del gabinetto di lettura, una moderna biblioteca specializzata sui temi dell’alpinismo e della geografia, e la formazione dell’apparato fotografico e cartografico. La cartoteca raccoglieva le mappe prodotte dall’ambiente scientifico udinese e dall’Istituto Geografico Militare; l’archivio fotografico fu inaugurato con la donazione di una serie di foto eseguite dal giovane esploratore Giacomo di Brazzà in Val Raccolana tra agosto e settembre 1881 e successivamente incrementato dai soci: a tutti gli effetti, si tratta dell’inizio della fotografia alpina in Friuli. 31


la funzione per il quale è stato creato; i nodi burocratici fondamentali che ne caratterizzano l’esistenza possono essere ad esempio gli atti di compravendita, piuttosto che quelli di affittanza ai vari gestori o le opere di manutenzione o ampliamento. 1 L’archivio, ad esempio, ci restituisce un atto di notorietà datato 22/05/1930 sottoscritto dall’allora Pretore di Udine Luigi Dianese con il quale si attestava che in data 24/04/1930 i fratelli Cozzi, con atto n. 13553, rep. N. 7319 del notaio Marpillero di Tolmezzo vendettero alla Società Alpina Friulana il fondo esistente a forcella Moraret in comune di Paluzza sul quale venne costruito nel 1901 il ricovero allora denominato “Giovanni Marinelli”. All’interno del medesimo fascicolo è possibile anche verificare l’avvenuto pagamento all’Ufficio del Registro di Tolmezzo della tassa di registro sull’atto di vendita di L. 130,90. Questo è il fatto. Ma quali sono le vicende quotidiane che si intrecciano dietro la vita di un rifugio? Vediamo qualche esempio. Il 6 luglio 1969 viene inaugurato il nuovo rifugio “Giacomo di 2 Brazzà”: il fascicolo ripercorre tutti i momenti organizzativi della giornata, dall’elenco delle autorità da invitare (molte delle quali, come ancora oggi accade, declinarono cortesemente), alle veline degli inviti (tra cui spicca quella inviata al conte Alvise di Brazzà, discendente di Giacomo, il quale successivamente risponde accettando favorevolmente la proposta), alle bozze del discorso inaugurale, alle bozze del clichè che venne usato per i cartoncini d’invito. Vi sono anche raccolte le testimonianze di coloro che ringraziarono l’allora presidente Oscar Soravito per l’invito a partecipare all’evento. Tra questi anche il settantaduenne Ardito Desio il quale però con telegramma dell’8 luglio scrive “Impedito partecipare inaugurazione rifugio Brazzà invio fervida adesione riconoscente cari luoghi mia giovinezza et preparazione alla

e paesaggi; basta scorrere i titoli di una biblioteca alpinistica e scientifica per comprendere la passione che ha animato quei volti e quegli episodi. Questi itinerari di ricerca, soprattutto negli archivi del Novecento in quanto più ricchi da un punto di vista documentario e più vicini ai racconti dei nostri genitori e nonni, portano a riannodare memorie evocative degli eventi che hanno segnato il secolo scorso. Ma la memoria non può esistere senza la conservazione: in tal senso, va il plauso ai soci che con cura e zelo hanno preservato dalla distruzione o della dispersione i propri archivi, riconoscendone il valore e l’importanza. Vicende, momenti, episodi, nomi e luoghi: un prezioso patrimonio, fatto di parole e di immagini, dove i protagonisti della Società Alpina Friulana si sono mossi e di cui tra poco verrà dato un breve saggio. Fare una selezione è sempre un’operazione complessa, da un lato non si vorrebbe far torto a nessuno, dall’altro bisogna lasciar spazio a chi in futuro avrà il desiderio e la voglia di raccontare. E da qui la scelta di alcuni brevi scorci, talvolta ironici, talvolta curiosi, talvolta drammatici: nella speranza che alla fine di queste storie vi sia la voglia di continuare, di trovarne altre o di arricchire gli spunti che sono stati dati. Basilare per l’attività di un qualunque ente privato, sono gli aspetti burocratici che hanno definito le tappe principali della sua esistenza come l’atto di costituzione o i verbali degli organi societari o le modalità di assolvimento delle attività dal proprio oggetto statutario: uno degli aspetti che caratterizza l’attività di una associazione di alpinisti e appassionati di montagna è la gestione di strutture alpine, come i rifugi, i bivacchi, i ricoveri. La storia di un rifugio inizia nel momento della sua acquisizione o costruzione (o ricostruzione) e continua a dipanarsi nello svolgimento del32


Anonimo, Discorso di Olinto Marinelli in occasione dell'Inaugurazione del Rifugio De Gasperi, 3 ottobre 1925. 33


vita”: l’epilogo della vicenda sulla paternità della conquista del 3 K2 era evidentemente ancora un pomo della discordia . Gli inventari dei beni mobili di un rifugio ci forniscono ad esempio un interessante spaccato dell’arredamento che in quel periodo si utilizzava, dalla dotazione della cucina a quella delle camere da letto e la relativa biancheria. Da un confronto degli stessi se ne potrebbero desumere le modifiche e le migliorie portate nel tempo, in quanto ovvio ammodernamento per l’inevitabile usura o per il mutamento della storia politica italiana. Sappiamo, ad esempio, che verso la fine degli anni Venti nella sala da pranzo di quello che ancora si chiamava rifugio Nevea erano appesi 6 qua4 dri con fotografie sotto vetro e 3 carte topografiche e che per il 1929 si prevedeva già una spesa di L. 25 per l’acquisto di due ritratti, uno di S. M. il Re e una di S. E. Mussolini; l’acquisto si ritrova infatti nell’inventario del 1931, insieme a 8 quadri con 5 fotografie sotto vetro e 5 carte topografiche e in quello del 1934 , 6 sempre con gli stessi quadri con fotografie. Ma già nel 1938 si contano 2 carte topografiche, 1 quadro a olio (Pic di Carnizza) e 11 quadri vari con cornice su cui non si hanno ulteriori informazioni. Sempre in riferimento allo stesso rifugio, le piccole storie quotidiane raccontano che nell’ottobre del 1946 venne fatta denuncia al Corpo delle Foreste di Udine e al sindaco di Chiusaforte che “ignoti” avevano tagliato e asportato tre grosse piante di abete 7 all’interno della proprietà : segnalazione forse precipitosa alla quale il Corpo delle Foreste rispose cortesemente che le piante furono abbattute da una ditta concessionaria del Comune di Chiusaforte in quanto infette dal bostrico e che solo una di queste era all’interno della proprietà e che la ditta si sarebbe impegnata, quale indennizzo per la pianta tagliata, alla restituzione di

Bozza autografa di Olinto Marinelli relativa al programma dell'inaugurazione del Rifugio De Gasperi (vedi a dx), settembre 1925.

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Programma di inaugurazione del Rifugio De Gasperi commentato per uso interno [incollato sotto e qui non visibile, sta l'elenco dei numerosi partecipanti ufficiali con il trasposto che useranno per raggiungere il rifugio], settembre 1925.

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1953 viene richiesto all’allora gestore che fine abbia fatto la targa! Purtroppo le carte non ci raccontano altro e non possiamo sapere come la vicenda si concluse ma ad oggi abbiamo la certezza che il rifugio di Sella Nevea porta orgogliosamente il nome che i soci dell’Alpina nel 1941 votarono all’unanimità. La storia dell’Alpina Friulana si dipana anche tra le grandi tragedie che hanno attraversato il nostro Paese e la nostra Regione. Subito dopo la fine del secondo conflitto, l’Alpina cominciò a 9 fare la conta dei danni. Da una relazione del 1948 sappiamo che il Gilberti fu “completamente distrutto (restarono in piedi solo i quattro muri perimetrali)”, il De Gasperi “completamente distrutto in conseguenza dello scontro avvenuto tra un reparto cosacco, al servizio del tedesco, e un pugno di Partigiani asserra10 gliati all’interno” , il Divisione Julia “svaligiato e parzialmente incendiato”; la sorte “migliore” toccò al Marinelli che patì “i danni della mancata manutenzione durante il periodo di irraggiungibilità (occupazione della Carnia da parte delle truppe 11 Cosacche )”. In particolare, per il rifugio Gilberti risulta toccante 12 la relazione presentata dai soci Ezio Da Pozzo e Massimiliano Zilli a seguito di un sopralluogo effettuato in data 14/05/1944 su incarico dell’Alpina. Se da un lato inizia l’iter per la domanda di risarcimento per danni di guerra (e che continuerà anche per buona parte degli anni Cinquanta), dall’altro si cerca di recuperare quanto disperso. Peculiare fu il caso del rifugio Divisione Julia che possiamo seguire attraverso il racconto dello stesso presiden13 te Spezzotti : “Nel 1943 l’8 settembre, il rifugio Divisione Julia, a causa degli eventi bellici, venne antecipatamente [sic] chiuso ed il custode signor Paolo De Monte, con encomiabile senso del dovere, provvide al trasporto a valle di suppellettili, masserizie e quanto di asportabile in dotazione al rifugio stesso e ciò al fine di

altrettanta legna da ardere. E un po’ meno cortesemente lo stesso Corpo delle Foreste faceva notare che “le tre piante di cui trattasi […], a distanza di una cinquantina di metri dal medesimo, sono state abbattute in pieno giorno, ed il custode del suddetto rifugio avrebbe potuto benissimo constatare da chi era stato effettuato il lavoro di abbattimento ed allestimento delle stesse”. Ed è sempre lo stesso rifugio al centro della nostra storia. Il fatto principale è che nel corso dell’assemblea sociale straordinaria del 8 20/03/1941 , “ricordando con devota e grata ammirazione le eroiche gesta della Divisione Alpina Julia che trae dalle genti friulane il maggior contingente dei suoi valorosi e volendo onorare durevolmente nel proprio ambito il valore ed il sacrificio che già ebbero altissimo riconoscimento nell’assegnazione della medaglia d’oro all’intera Divisione”, venne votata la modifica dell’intitolazione del rifugio di Sella Nevea in “Divisione Julia”. La notizia ha eco nella stampa locale, dalla Cronaca di Udine al Gazzettino di Udine del 21/03/1941 e la cerimonia viene fissata per il 24 agosto dello stesso anno: il fascicolo testimonia tutti i passaggi. Poi però accade qualcosa un imprevisto: nell’ottobre del 1945 il presidente Gortani chiede lumi ai gestori in merito ad un ritorno alle origini della denominazione del rifugio rispetto a quanto aveva deliberato l’assemblea del 1941. I gestori confermano il cambiamento e lo motivano con il fatto che “alcuni militari in transito, ritenendolo di proprietà militare, espressero la pretesa di volerne prendere possesso” e inoltre che “la sua posizione nei pressi dei confini ne determina una situazione delicata per la quale una denominazione deve essere per ragioni contingenti valutata secondo queste necessità e ad esse adeguata”. L’Alpina ne prende atto e autorizza a rimuovere la targa e a conservarla in luogo adeguata. Passano gli anni e nel giugno del 36


di dovere di rimettere in efficienza il proprio patrimonio costituito dai rifugi. Meno fortuna sembrano avere però gli altri rifugi. Nel marzo 14 1947 il vice Presidente Colotti scrive all’Ufficio Sanitario di Udine e al governatore alleato colonnello Harold Norman Bright (Udine ritornerà amministrativamente e giuridicamente all’Italia il 15 settembre dello stesso anno) denunciando le condizioni economiche della società e i danni subiti dai rifugi sia strutturali sia dovuti agli spogli degli arredi e delle suppellettili e richiedendo ai primi una cassetta di medicinali, coperte e lenzuola e ai secondi qualunque tipo di materiale utilizzabile. Se l’Ufficio Sanitario riesce ad assegnare alcuni beni nel maggio del 1947, l’Alpina dovrà attendere il luglio 1948 quando il reinsediato Comune di Udine assegna 100 coperte di provenienza alleata “perché sia provvisto alla riattrezzatura dei rifugi alpini devastati durante la guerra”. Il senso di attaccamento e affiliazione nei confronti dei rifugi dell’Alpina emerge chiaro dai registri dei frequentatori: taluni hanno lasciato solo un nome e una data del loro passaggio ma 14 molti hanno lasciato brevi memorie come Attilio che l’11/11/1945, rievocando le conseguenze dei fatti bellici appena conclusi, scrive “Meravigliato per la rapidità della rimessa a nuovo del bel rifugio Nevea”, la triestina Jolanda che, nel pieno della questione giuliana, il 18/11/1945 scrive “Viva Trieste italiana e che resterà italiana che che [sic] ne dicano gli altri”, un gruppo di faceti escursionisti CAI che il 15/08/1948 affettuosamente ringraziano i gestori “Se giri tutto il mondo / per quanto lungo e tondo / non troverai maggior birba / dei due fratelli Burba”, il caporale a Ezio del Gruppo 22 Batteria di Belluno che laconico il 21/09/1950 scrive “La fidanzata non mi scrive più, vada a re-

sottrarlo ad ulteriori distruzioni o rapine. Il materiale recuperato venne depositato a Piani di Val Raccolana, ma reparti di partigiani e singoli valligiani qualificanteisi per tali, si impadronirono di tali oggetti e procedettero alla vendita di una parte, mentre per l’altra la trasportarono nelle proprie case. Questa società, non appena possibile, tentò ricuperare presso i pochi acquirenti, a fatica individuati, quanto di sua proprietà ma con risultato quasi nullo. Da una parte l’omertà dei valligiani che non vollero fornire indicazioni, e dall’altra l’eccessiva pretesa di un pagamento esorbitante per oggetti acquistati a misero prezzo, misero questa Società di fronte ad un nullo di fatto”. La pratica per il recupero dei materiali inizia già con la fine del 1945 e il fascicolo riporta puntualmente l’inventario dei beni requisiti, i nominativi di chi lo aveva prelevato e il valore economico: la storia continua fino al 1948 quando Spezzotti di rivolge al Prefetto di Udine per addivenire ad una soluzione e finalmente pare giungere l’epilogo tanto atteso. I Carabinieri di Piani di Val Raccolana, su ordine prefettizio, provvedono ad effettuare il ritiro del mobilio e a restituirlo alla Società; il gestore ci informa anche che “il mobilio è abbastanza in buone condizioni”; sappiamo anche che non tutto fu recuperato ma l’Alpina provvide a corrispondere un assegno di L. 11.000 al comune di Chiusaforte quale premio da corrispondere proporzionalmente a coloro che avevano restituito i mobili. Il comune però, imbarazzato circa il criterio da adottare per distribuire equamente l’importo, decise alla fine di destinarlo all’Ente Comunale di Assistenza: ma questa è un’altra storia. Ma ciò che emerge evidente dai documenti è il grande lavoro effettuato dall’Alpina, voce inascoltata tra le milioni che chiedevano aiuti e sussidi, nonostante le gravose difficoltà economiche, per il senso 37


o

costituzione nel 1881 ai giorni nostri: ecco ciò che documenti ci raccontano.

mengo”, Gio Batta dell’8 Reggimento Alpini il 16/09/1951 rileva che “Fatta tutta la guerra qui 15-18 e anche battaglie amorose” e non da ultimi gli innumerevoli escursionisti che hanno tessuto lodi per il vino e la cucina del rifugio. Il pretesto di questo articolo ha fornito l’occasione per dare al lettore una serie di spunti, nella speranza di aver fatto nascere la voglia e la curiosità di continuare a percorrere la strada della ricerca. Le fonti sono notevoli e toccano diversi aspetti, dagli atti costitutivi e i regolamenti sezionali, ai verbali delle assemblee del Consiglio Direttivo e dei Soci, alle assemblee dei soci, all’organizzazione dell’annuale assemblea nazionale del C.A.E.N. (Confederazione Alpinistica ed Escursionista Nazionale), ai convegni sociali annuali, alla gestione dei soci, alla gestione amministrativa e contabile, alle circolari, all’organizzazione delle manifestazioni in occasione di celebrazioni o commemorazioni, ai rapporti con le sottosezioni fino ad arrivare alle attività di quelle che sono attualmente le Commissioni e la gestione dei rifugi e infine il rapporto con il C.A.I. ed altri enti e le pratiche relative alle guide alpine. Storie e memorie della Società Alpina Friulana dalla sua

Note 1 2 3. 4 5 6 7 8 9 10

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Archivio della Società Alpina Friulana, fasc. n. 498 Archivio della Società Alpina Friulana, fasc. n. 451 Archivio della Società Alpina Friulana, fasc. n. 325 Archivio della Società Alpina Friulana, fasc. n. 419 Archivio della Società Alpina Friulana, fasc. n. 450 Archivio della Società Alpina Friulana, fasc. n. 419 Archivio della Società Alpina Friulana, fasc. n. 445 Archivio della Società Alpina Friulana, fasc. n. 431 Archivio della Società Alpina Friulana, fasc. n. 392 Archivio della Società Alpina Friulana, fasc. n. 390. Il drammatico racconto dell’ultima notte del De Gasperi continua: “Nel combattimento, durante l’intera giornata, perdevano la vita tre Partigiani nostri, trai i quali una donna, mentre il resto dei compagni riusciva ad evadere durante la notte ed assisteva sbigottito dalle alture circostanti all’immenso rogo che la rabbia nemica aveva appiccato alla casa ospitale, non risparmiando neppure l’attigua cappelletta dedicata a Maria Ausiliatrice, né la sottoposta caseretta” Archivio della Società Alpina Friulana, fasc. n. 388 Archivio della Società Alpina Friulana, fasc. n. 391 Archivio della Società Alpina Friulana, fasc. n. 393 Archivio della Società Alpina Friulana, fasc. n. 399



Medaglia commemorativa della conquista del K2, consegnata dalla Provincia di Udine ad Ardito Desio e Cirillo Floreanini il 20 novembre 1954. ProprietĂ Umberto Sello.

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Alla ricerca della memoria perduta Percorsi tra collezionismo e ricerca Umberto Sello

Il collezionista tout court è invece interessato a raccogliere e ad arricchire sempre più materiali che vanno a soddisfare la sua piccola o grande mania. E' geloso delle sue cose, spesso non si fa scrupoli anche ad attingere a oggetti di provenienza per lo meno dubbia. Se il suo scopo è solo quello di accumulare può essere anche una delle ragioni dello smembramento degli archivi .... o può essere una risorsa inaspettata nel ricostruire archivi incompleti o già saccheggiati. Il collezionista va alla ricerca di oggetti, documenti, foto, tutto quello che più lo interessa, setaccia i mercatini domenicali, analizza siti specializzati magari per trovare dall’altra parte del mondo le lacune della sua raccolta. Ed è così che, da timido e sotto false spoglie, guarda, acquista in silenzio e giorno dopo giorno entra a far parte di un mondo ristretto e in parte autoreferenziale dove i rigattieri/venditori lo riconoscono, sanno cosa cerca e su questo si va a costruire un gioco reciproco. A volte sono gli stessi venditori che cercano per suo conto, si propongono, sanno che spesso a certe offerte non si può dire di no, sanno indurre in tentazione! Ma è spesso vero che se uno ha predisposizione a cercare, sapendo quasi sempre cosa vuole trovare, viene spesso aiutato dalla fortuna o forse da un celato destino incrociato: sono gli stessi og-

Quale sia la giusta ricetta per preservare la memoria storica è un fatto non semplice a definirsi. Oggi la gran parte degli archivi consultabili sono pubblici o per lo meno sono fruibili presso istituzioni pubbliche. Nel tempo sono stati depositati come i produttori o i donatori li avevano organizzati, in alcuni casi sono stati faticosamente catalogati, a volte e solo parzialmente analizzati e studiati nei loro contenuti ma, in realtà, restano in attesa di un fruitore timidamente alla ricerca di fonti per suoi lavori o furbescamente alla ricerca di fama sulle imprese altrui. Gli archivi che nascono e rimangono privati invece, hanno origine dall’entusiasmo di un singolo, a volte di un piccolo gruppo di amici o di soci illuminati di qualche sodalizio; sono vivi per definizione, sono in continua evoluzione, sono in continua implementazione e seguono, nel bene e nel male le vicende di chi li ha voluti. Il privato illuminato raccoglie documenti per i suoi scopi qualsiasi essi siano, a breve o a lungo termine; ogni tanto opera come un collezionista o può esserlo, magari anche piuttosto geloso delle sue cose ma alla fine si trova direttamente o indirettamente a prendere la fatidica decisione di divulgare le sue scoperte, condividerle con altri, forse anche per dar soddisfazione ad una non troppo nascosta ambizione personale. 41


udinesi: la Società Alpina Friulana e il Circolo Speleologico Idrologico Friulano, associazioni con una origine ottocentesca comune ma che ora viaggiano per binari non sempre paralleli. Una associazione con oltre 2500 soci ed una formata da una elite di massimo 50 persone: entrambe soffrono della mancanza di persone e motivazioni che possano assicurare una continuità della preservazione della loro storia. Come tutte le associazioni hanno sofferto di alti e bassi, vicende tragiche come la ritirata di Caporetto, terremoto, cambi di sede, alcune volte anche insensate iniziative di drastiche pulizie senza una accurata selezione. Eppure gli archivi in qualche modo hanno resistito. Oggi penso con preoccupazione a ciò che resterà dei periodi attuali dove tutto è effimero, virtuale, non si scrivono relazioni come un tempo, non si scattano e soprattutto non si stampano su carta le fotografie realizzate ma restano solo vulnerabili "documenti digitali" di una memoria che non sappiamo come supererà il passare del tempo: insomma nel futuro avremo parecchi problemi a tracciare un ennesimo capitolo di storia. Probabilmente lo potremmo ricostruire solo con i ritagli stampa o qualche dubbia ricerca su internet! E veniamo a cosa è oggi la Società Alpina Friulana, spogliata almeno provvisoriamente della sua biblioteca storica consegnata in comodato all’Università di Udine, dell’archivio fotografico storico composto da quasi 2500 scatti ottocenteschi, concesso in comodato ai civici musei di Udine. Tutto il resto è quello che ai tempi era l'archivio corrente di una importante associazione friulana; è rimasto per lustri in polverosi armadi di legno fino a pochi anni fa quando è stato parzialmente riordinato e sommariamente catalogato, sottoposto a vincolo dalla Soprintendenza ai Beni

getti che sembrano cercarlo, lo richiamano e non di rado appaiono nei luoghi più inattesi. Succede spesso di vagabondare percorrendo itinerari diversi da quello prefissato e magari trovarsi a scoprire in una vetrina qualcosa che interessa la ricerca attuale. Non molto tempo fa mi è capitato di trovare a Udine un ricco album di fotografie probabilmente di una collezione di famiglia, belle già di loro, molte del Laboratorio Malignani di Udine: erano appartenute alla persona della quale stavo facendo in quel momento una biografia. Pensare che era morto nel 1904! Chissà che percorsi quell'album ha fatto prima di arrivare in mio possesso. In un'altra occasione sono passato davanti ad una bancarella di libri e ho trovato un piccolo ed insignificante libricino di poesie di Alfredo Lazzarini con all’inizio una ode in occasione della visita del Circolo Speleologico di Udine alla grotta di Adelsberg ( ora Postojna) e, guarda caso ..., stavo preparando proprio un articolo per una rivista in ricordo di quella visita. E così via, non può essere una mera casualità. E' l'angelo custode del ricercatore! Dopo aver trovato la foto, il documento o quant’altro, nasce la vera sfida, dare ad essa una collocazione nello spazio e nel tempo, scoprirne il perché, chi sono i protagonisti, attribuirle una data certa. E’ questo l’entusiasmo che anima il vero collezionista/ricercatore, anche se non è un vero professionista della ricerca storica. Quante delle mie occasionali scoperte sono partite da un casuale ritrovamento per arrivare ad incroci di storie e fatti davvero curiosi ed insospettabili! Ho la fortuna di essere oltre che un collezionista appassionato proveniente da una famiglia di conservatori e tradizionalisti, anche il responsabile di due archivi storici di associazioni storiche 42


Album donato dalle nipoti a Grato Maraini. Presso il "Casino" Maraini a Nevea, Grato Maraini è fotografato mentre legge, 1901. Proprietà Umberto Sello. 43


Archivistici de Friuli Venezia Giulia ma già di gran parte dei documenti citati nel 1963 da G.B. Spezzotti nel suo testo L’alpinismo in Friuli e la Società Alpina Friulana edito nel 1963 dalla stessa S.A.F., non c’era più traccia. Come ricostruire questi importantissimi tasselli mancanti? Attivando l'entusiasmo del collezionista/ricercatore: cercando e spulciando negli elenchi dei vecchi soci, organizzando interviste, chiedendo di sentire dalla loro viva voce ricordi, fatti e pensieri che tra qualche anno non saranno altrimenti reperibili; recuperando dall’ignavia di eredi, troppo spesso disinteressati e distratti da mille cose, quanto possa essere utile al nostro fine; ricostruendo storia e relazioni attendibili dei personaggi chiave con tutti imezzi disponibili. Seguendo le tracce inevitabilmente lasciate spesso le scoperte sono notevoli e di grande soddisfazione. E’ interessante pensare a quante persone devono il loro posto nella storia a ricercatori o appassionati che a distanza di tempo ricostruiscono il carattere, i fatti, gli stati d’animo senza averne conoscenza diretta, prendendo in esame i documenti storici, le lettere, analizzando una fotografia e approfondendone i contenuti. Anche se ogni tanto scappa qualche strafalcione .... I diari personali, intimi o schematici o didascalici che siano, sono la vera miniera di notizie e verosimilmente sono fonti storiche inequivocabili. L'intreccio di queste relazioni assieme alla mia curiosità personale sta dando i suoi primi frutti ed ha portato già ad alcune scoperte -che si sono trasformate in donazioni- di materiale fotografico molto interessante ed il rinvenimento di documenti dei primi periodi dell’Associazione, alcuni sconosciuti allo stesso Spezzotti. Il lavoro ovviamente è in evoluzione continua per dare un nome alle persone rappresentate nelle ingiallite foto d'epoca, non sem-

Una tra le prime tessere emesse dalla neonata Sezione del CAI di Tolmezzo. 1874. Proprietà Umberto Sello.

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pre corredate dalla descrizione che qualche illuminato non avesse già messo sul retro quale informazione indispensabile per sè e per i posteri. Lo scopo ovviamente è la costruzione di una memoria collettiva condivisa disponibile al pubblico: il mio sogno è un centro di documentazione friulano sul tema della montagna che, in un futuro non molto lontano, possa divenire un polo di attrazione, uno stimolo positivo per le associazioni che ora languiscono, hanno un futuro incerto e che per esprimersi al meglio hanno bisogno anche di conoscere le proprie origini e la memoria per poter capire e andar oltre. Certo non sono prodotti mirati per il grande pubblico, ma questa è un'altra questione. L'obbiettivo deve essere quello di arricchire e integrare delle parti mancanti i contenuti già esistenti e magari riuscire a tramandare questa passione a qualcun altro che accolga questo spirito da "detective della memoria". Poi è chiaro, non siamo eterni e bisogna individuare per tempo la destinazione futura di questi patrimoni di interesse collettivo, per non rendere vani i lunghi anni della ricerca e i ritrovamenti perseguiti o casuali, ma soprattutto per dar valore e ruolo storico a chi in origine ha costruito quella straordinaria esperienza che è stata la S.A.F.. Concludo con una frase che mi ha profondamente colpito e dice: "ognuno di noi vive, dopo la morte, fino a che c’è ancora qualcuno che lo ricorda e parla di lui. Poi ritorna nel nulla".

Ritratto di Leonida D'Agostini (1880-1904) uno tra i più prolifici soci fotografi della S.A.F.. Proprietà Umberto Sello.

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Anonimo, Veduta di Udine da via Aquileia col Castello sullo sfondo, 1880 ca. 47


Anonimo, Il colle del Castello di Udine visto da Piazza Patriarcato, 1880 ca. 48


Anonimo, Piazza San Giacomo a Udine, 1880 ca. 49


Premiato Stabilimento Fotografico Malignani, Banchina fluviale a Porto Nogaro, 1890 ca. 50


Stabilimento Malignani, Veduta della Basilica di Santa Maria Assunta in Aquileia, 1880 ca. 51


Premiato Stabilimento Fotografico Malignani, Duomo dogale in piazza Grande a Palmanova, 1890 ca. 52


Anonimo, Veduta dell'abitato di Cividale del Friuli e del fiume Natisone, 1890 ca. 53


Premiato Stabilimento Fotografico Malignani, Duomo di San Vito al Tagliamento in Piazza del Popolo, 1890 ca. 54


Premiato Stabilimento Fotografico Malignani, Veduta di San Daniele del Friuli dalla stazione del tram, 1890 ca. 55


Stabilimento Malignani, Castel del Monte presso Cividale del Friuli, 1890 ca. 56


Premiato Stabilimento Fotografico Malignani, I Castelli di Zucco e Costalunga presso Faedis, 1890 ca. 57


Anonimo, Castello di Caporiacco, 1890 ca. 58


Anonimo, Castello di Pinzano, 1890 ca. 59


Federico Cantarutti, Il Castello di Prampero presso Artegna, 1880 ca. 60


Anonimo, Il Castello Craighero [oggi Valdajer] presso Paularo, 1880 ca. 61


Stabilimento Malignani, Piazza Municipio a Gemona del Friuli. A destra la loggia municipale, 1890 ca. 62


Stabilimento Malignani, Piazza Municipio e Palazzo municipale (a sx) a Venzone, 1880 ca. 63


Stabilimento Malignani, Il ponte sul torrente Fella e l'abitato di Moggio, 1880 ca. 64


Stabilimento Malignani, Prato di Resia, 1880 ca. 65


Anonimo, Veduta di Pontebba dal monte Fortin, 1880 ca. 66


Anonimo, Via del Canale a Tolmezzo, 1890 ca. 67


Federico Cantarutti, Presa del Canale "Ledra - Tagliamento", 1880 ca. 68


Edoardo Tellini, Ponte sul torrente Fella tra gli abitati di Chiusaforte e Raccolana, 1880 ca. 69


Enrico Passero, Crollo del Ponte sul Chiarsò presso Paularo, luglio 1894. 70


Leonida D'Agostini, Il Ponte di Mezzo Canale sul Cellina, agosto 1899. 71


A.Sorgato - S. Brusadini, Lavori sul ponte in ferro della Ferrovia Pontebbana sul torrente Dogna, 1879. 72


A.Sorgato - S. Brusadini, Viadotto presso il rio Cadramazzo, 1879. 73


A.Sorgato - S. Brusadini, Lavoratori presso la baracca della ditta Comboni, 1879. 74


A.Sorgato - S. Brusadini, Lavoratori presso il ponte sul fiume Fella a Chiusaforte, 1879. 75


Emilio Pico, Due vedute del Forte di Raibl [Cave del Predil - Tarvisio], 1890 ca.

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Ugo Camavitto, L'abitato di Cave del Predil, 1904 ca. 77


Giuseppe di BrazzĂ , Portatori sotto il Monte Buinz Alto del Gruppo del Montasio , agosto-ottobre1881. 78


Giuseppe di BrazzĂ , Misurazioni col teodolite. Sullo sfondo i monti Prevala e Forato, agosto-ottobre 1881. 79


Edoardo Tellini, Ricovero Schnabblegger, 1890 ca. 80


Edoardo Tellini, Ricovero Nevea in costruzione, 1893. 81


Federico Cantarutti, Palazzo Micoli Toscano presso Mione, 1885. 82


Enrico Passero, Abitato di Zuglio con la chiesa di San Pietro sullo sfondo, 1892. 83


Enrico Passero, Veduta dall’alto dell’abitato di Arta e dello Stabilimento Acqua Pudia, 1892. 84


Anonimo, Veduta dall’alto dell’abitato Paluzza, 1898. 85


Enrico Passero, Ponte sul torrente Pontaiba presso Treppo Carnico, 1894. 86


Arturo Ferrucci, L’abitato di Paularo con il Monte Sernio sullo sfondo, 1890 ca. 87


Enrico Passero, La Cascata di Salino presso Paularo, 1890 ca. 88


Odorico Valussi, Gola del Torrente Lumiei in localitĂ Sac di Coronis, 1895 ca. 89


Leonida D'Agostini, Rio Grasia, 1900 ca. 90


Leonida D'Agostini, Il Clap Forât presso Enemonzo, 1900 ca. 91


Anonimo, Corso Vittorio Emanuele II a Pordenone, 1880 ca. 92


Anonimo, Veduta da Piazza del Duomo verso la Torre dell'Orologio, 1880 ca. 93


Anonimo, Veduta urbana di Aviano, 1890 ca. 94


Anonimo, Veduta di Maniago dal Castello, 1890 ca. 95


Federico Cantarutti, Padiglione per l'inaugurazione del ricovero Quintino Sella, 1 luglio 1884. 96


Anonimo, V. Congresso della S.A.F.f al Castello di Susans presso San Daniele del Friuli, 13 Settembre 1885. 97


Anonimo, Gruppo per il Congresso della S.A.F. a Pontebba, 8 settembre 1890. 98


Anonimo, Gruppo di partecipanti ad una iniziativa della S.A.F., 1890 ca. 99


Ugo Camavitto, Veduta di Sappada, 2 settembre 1904. 100


Ugo Camavitto, Gruppo all'esterno di una casa in pietra ad Alesso, 1904 ca. 101


Arturo Ferrucci, Panoramica del Gruppo del Coglians visto dal Monte Floriz, 1893.

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Emilio Pico, Escursione sociale della S.A.F. alla vetta dello Jof del Montasio, 3 agosto 1890. 103



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