Sequence Magazine 26

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FREE OTTOBRE 2010 - NR. 26 LOLLO BARBIERI




SEASON

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AN ONLINE TOOL AND PRINTED GUIDEBOOK NAVIGATING YOU THROUGH THE FINER POINTS OF SNOWBOARDING.

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goodmorning kalle Ricordo con piacere quella giornata di fine aprile. La stagione stava per finire ma noi avevamo ancora voglia di portare a casa qualche scatto buono. Kalle, Jean, Alex, Rollix, Caro ed io avevamo trovato questa roccia non molto lontano dalle piste. A tutti è venuto subito in mente di costruirci sopra un quarter. Alcuni di non si aspettavano tutto quel lavoro ma alla fine ne è valsa davvero la pena! Good friends, Sunny Day, Nice Shots! Thanks Kalle. PHOTO CRISTIAN SCALCO RIDER KALLE FRASSY SPOT CERVINIA



goodmorning FILIPPO Shootare con Filippo è sempre fantastico. Si è sempre distinto per il suo stile e non gli è mai mancata la creatività nel suo snowboard. Ora, dopo aver girovagato per il globo e filmato con le più importanti crew, è finalmente tornato a girare nelle nostre montagne. Probabilmente si porta ancora dentro un po’ di California… In questo shot è riuscito a far sembrare uno spot di prato nevoso uno spot di Lake Thao. Grazie Fil per questo scatto che è perfetto per il mio desktop del mac. PHOTO DENIS PICCOLO RIDER FILIPPO KRATTER SPOT PRATO NEVOSO CUNEO



goodmorning ENRICO Durante uno shooting Nitro International a Tantadalem in Svezia, ho lavorato con due rider italiani del team, Enrico Cavada e Marco Donzelli. Devo ammettere che sono stato positivamente impressionato‌ tutta la crew si muoveva insieme su qualsiasi struttura che avevamo a disposizione, senza problemi. Enrico, anche in condizioni difficili, con il tramonto alle spalle e il flash negli occhi durante le rotazioni, è riuscito ad ottenere degli scatti veramente emozionanti. Come questo. PHOTO LORENZ HOLDER RIDER ENRICO CAVADA SPOT TANDADALEM - SVEZIA



edito “Annusa la carta non senti odore di powder? ” PHOTO LORENZ HOLDER TEXT DENIS PICCOLO

Con ogni probabilità, il momento migliore per scrivere il primo editoriale della stagione sarebbe il primo giorno di fresca quando, distrutto dalle infinite discese con ancora la neve ghiacciata sulla lente della maschera, salgo in macchina e, guardando il mio compagno di riding, respiro quell’aria pura e piena di soddisfazione. In quel preciso istante vorrei avere il mio mac a portata di mano e, tradurre in parole, le sensazioni che solo chi ha vissuto una giornata di vera powder può capire. In quest’editoriale forse non riporterò quelle precise emozioni, ma almeno cercherò di riproporle nelle pagine del nostro mag. Quest’anno Sequence Snowboarding l’ho immaginata come una rivista più basica, con meno grafica, immagini più grandi, articoli ed interviste di riders che amano e vivono lo snowboard! Vorrei che il nostro magazine lasciasse tracce indelebili, che regalasse emozioni. Per questo motivo ho pensato alle sue pagine come alle prime discese del mattino dopo una lunga nevicata immacolata, nel quale ogni nostro collaboratore traccia la sua scia! Ecco. Così vorrei Sequence Snowboarding: come se ogni pagina contenesse il giorno più bello della stagione. La prima snowboardata in fresca… con le piste non ancora battute dove sembra tutto irreale, il bar ancora chiuso, pochissima gente e lo skipass gratuito. E’ per questo che abbiamo voluto fortemente rendere Sequence FreePress... per regalarti e regalare a tutti i nostri lettori, quelle emozioni che solo il primo giorno di powder può donare; quando la mattina aprite gli occhi vi accorgete che tutto sta per incominciare e che è ora di partire. Giusto il tempo di un caffè bollente. Annusa la carta non senti odore di powder?



LIKE SNOW? LIKE SK8? LIKE SURF? LIKEMILK.COM YOUR DAILY DOSE OF RIDING

CREW EDITOR Denis Piccolo, Paolo Salvatore, Cristian Murianni DIRETTORE Denis Piccolo denis@jpgedizioni.com PHOTO EDITOR Cristian Murianni - Murio murio@jpgedizioni.com ART DIRECTOR George Boutall george@evergreendesignhouse.com WEB LIKEMILK.COM Nicolò Balzani / nicolò@jpgedizioni.com Enrico Santillo / enrico@jpgedizioni.com PHOTO SENIOR Andrea Rigano Cristian Scalco Roberto Bragotto RESPONSABILE COMMERCIALE Paolo Salvatore paolo@jpgedizioni.com SEGRETERIA ABBONAMENTI Michaela Stefania CONTATTI ESTERI Martina Minetti FOTOGRAFI & FILMER Denis Piccolo, Murio, Andrea Rigano Alessandro Killer Miniotti, Marco “Boiler” Boella, Arturo Bernardi, Luca Benedet, Cristian Scalco, Damiano Levati Luca Carta, Vasco Coutinho, Cyril, Eric Bergeri, Creager, Giorgio De Vecchi, Matt Georges, Macho THANX Martina Minetti, Litz, Giani Ramon, Marta, Fabrizio Bertone,Elbo&Matteo Storelli, la Fede, Jena, Dedde, Riccardo Miracoli, Antonio Sallustio, Diego. EDITORE JPG edizioni di Salvatore Paolo Piccolo Denis Cristian Murianni Via Colle di Andromeda, 4 65016 MONTESILVANO (PE) Tel. (085) 9151471 - Fax (085) 9151230 P.IVA: 01875110684 www.likemilk.com benvenuti@jpgedizioni.com STAMPA Grafiche Ambert Via per Chivasso, 27 Verolengo - TO 011.2495371 DISTRIBUZIONE FreePress SEQUENCE SNOWBOARDING rivista mensile registrata al tribunale di Pescara il 14/05/2003 al numero 173/5 COVER Lorenzo Barbieri - Argentera Cuneo Photo Vasco Coutinho



Goodmorning Edito Collophone Sommario The Sound of the Underground Bruslii Itw Rumors of war - Il Morbido Rumors of war - Filippo Garbaccio Pro Setup - Stefano Carini X-Games Tignes France Close the Doors Shooting Iuter Games Nitro International Shooting Positivity Experience It’s all About Snowboard - Rockinthemiddle Trick experience Happy Birthday Munni

contents Sleeping in la Thuile Lost in Paradise California Uber Alles Max Bubba Ferro Itw Shots Products Good Sequence Shop Remember

PATRICK DE LORENZI PHOTO CRISTIAN SCALCO



IL MORBIDO rumors of war “La storia del mio soprannome nasce dallo skate, per ironia, poi si trasferisce nello snowboard e si affianca al mio stile di riding…” PHOTO DENIS PICCOLO BARDONECCHIA - FS SLIDE

Presentati. Sono Dawid Gurbowicz, forse più conosciuto come “il morbido”. Sono nato in Polonia e vivo in Italia da quando avevo tre anni grazie alla passione dei miei genitori per questo paese. Vivo, dipingo e lavoro a Bardonecchia da quasi tre anni. Ho anche un locale “La Ciau” in società con degli amici, venite a berne una?! Perché ti chiamano “il morbido”? La storia del mio soprannome nasce dallo skate, per ironia, poi si trasferisce nello snowboard e si affianca al mio stile di riding… Raccontami la tua storia di snowboarder. Penso che sia lo snowboard che mi abbia portato in giro per l’Italia e mi abbia reso più indipendente e libero. So solo che ormai è parte di me da un bel po’ e non so se me ne potrei separare. Dove hai iniziato a snowbordare? A Lago Laceno. E’ un posticino tra i monti di Avellino, in Campania. Come hai beccato il primo sponsor? Il primo sponsor è stato e rimarrà il Ciccio della Neuro di Modena. Mi riforniva quasi dalla testa ai piedi. Poi, sempre grazie a lui, per un anno ho girato con Forum e Special Blend. Quale rider italiano ti ispira maggiormente? Beh direi Tato Chiala. Il rider più completo e

stiloso della scena italiana, mi è sempre piaciuto fin dalle prime riviste che ho sfogliato. Poi con il tempo mi sono ritrovato a girarci insieme e adesso siamo diventati buoni amici e compagni di riding sia in snow che in skate. Vai più d’accordo con il ferro o l’aria? Non saprei dirti perché mi attirino così tanto i ferracci arrugginiti e spigolosi!!! Senz’altro mi divertono molto ed ancor meglio se li trovo in street… certo che non disdegno l’aria e i jump mi soddisfano con una bella dose di adrenalina. di loro. Farei parte del wc clan, ma in realtà non riesco a girarci insieme perché loro sono negli Appennini, mentre io bazzico con la cricca di Random, che se la spassa per le Alpi nella parte ovest. Dicono che sei uno scova spot? Si bella reputazione..mi dai del ficcanaso?? Beh sai….d’estate in montagna, a parte fare skate al fresco, mi faccio qualche giro e penso a cosa si potrebbe inventare per l’inverno. Quindi, quando mi capitano davanti delle buone idee, me le segno ed aspetto i fiocchi di neve!! L’inventiva è sempre la cosa migliore. Una frase gloriosa che ti appartiene? Fallo con stile..boh non so, l’ ho inventata adesso, ti piace??



filippo garbaccio rumors of war “Mi piace qualsiasi cosa che si possa definire arte. Filmare fa parte di queste, il video è semplice ed immediato per tutti” PHOTO CRISTIAN SCALCO CERVINIA - 50-50 TO POP OUT

Presentati. Sono Filippo Garbaccio, ho 24 anni e gioco a baseball semi “professionalmente” diciamo. Frequento il politecnico di Torino e mi interesso di grafica, fotografia, filming e bici. Raccontami la tua storia di snowboarder. Ho iniziato a 14 anni in Francia. Ero in vacanza con la mia famiglia e stufo di sciare ho affittato una tavola. Mi ricordo ancora oggi come se fosse ieri che aveva una grafica alla Austin Powers. Come hai beccato il primo sponsor? Grazie a Federico, lui mi ha presentato ad Albero Ruaro di Artec che ha subito creduto in me e nei nostri progetti. A chi non vorresti mai assomigliare. Alla gente che fa di tutto per piacere al prossimo comportandosi da idiota, a quelli che parlano con termini tipo gasare e via dicendo... Descrivi la tua giornata ideale di snowboard? Sveglia presto se ha nevicato, colazione enorme e powder tutto il giorno. La sera si accende il generatore e si va avanti finché non finisce la benzina. Lo snowboard in Italia ha bisogno di? Persone che si occupano del settore con passione, dai park alle case produttrici, tutti quanti... Invece non ha bisogno di?

Chi lo fa per soldi fregandosi dei bisogni reali dei consumatori. Cosa dobbiamo copiare dall’America? Copiare nulla, prendere ispirazione sicuro. I Park sono più evoluti, ma noi ci stiamo adeguando ed il livello sta crescendo molto e molto in fretta grazie anche a persone che ci credono. Parlami del tuo blog. Del nostro blog... Elegant Stoner. www.illusionpress.blogspot.com é nato circa due anni fa. Volevamo far vedere alla gente ciò che facciamo e che ci piace fare, nulla di più...Non so quanta gente lo segua, noi continuiamo comunque a crederci e lo aggiorniamo quotidianamente o quasi. La maggior parte dei post sono cagate ma qualcosa di interessante lo si può trovare! Cosa ami e cosa odi? Amo: le lentiggini, l’acciaio, il rock. Odio: I cetrioli, il surriscaldamento terrestre, il traffico, le lamine. Cosa pensi dei contest? Se sono ben organizzati nulla di male anzi, ben vengano! Sono un buon modo per pubblicizzare quello che facciamo. Non fanno per me, anche se guadagnare due soldi non farebbe schifo! Una frase gloriosa che ti appartiene? Sei stoned Mayne!



stefano carini proform “Lo snowboard come sport direi che non ha bisogno delle Olimpiadi e degli snowboarder poser modaioli” PHOTO DENIS PICCOLO

Descrivi il tuo stile di riding. Lo descriverei con le parole morbido, rilassato e abbastanza pulito. La tua prima tavola acquistata. E’ stata una Blackhole, non ricordo il nome però. Aveva un diavoletto disegnato sopra ed era bianca e arancione. La più bella tavola con cui hai mai surfato. Credo sia la Capita Quiver Killer 159. Quante tavole usi ogni anno. In media ne uso due, un 158 e un 160. Non mi piace cambiare tavola perché ci metto sempre un po’ a trovare il giusto feeling! L’ accessorio che non ne faresti mai a meno. Dopo l’Arva, il collare Iuter! Quanto è importante una buona attrezzatura? Fondamentale direi. Tavola e attacchi devono essere una cosa sola e i boots devono assolutamente essere comodi oltre che sicuri. L’abbigliamento deve essere tecnico, waterproof, quindi più è buono meglio è! E anche le maschere e i guanti sono fondamentali: non puoi snowbordare bene con la maschera sempre appannata e le mani gelate! Di cosa lo snowboard ha bisogno e di cosa no. Lo snowboard come sport direi che non ha bisogno delle Olimpiadi e degli snowboarder poser modaioli. Ha bisogno di appassionati e di gente

che si impegna a farlo progredire ogni giorno di più. In Italia ci sarebbe bisogno di più investimenti e di una più intelligente distribuzione di soldi e materiale. La tua tavola. Capita Indoor Survival FK 160 I tuoi bindings. Union Force SL. Il tuo berretto. DC beenie. Il tuo zaino. Avalung. La tua giacca. Protest Curve Jacket. I tuoi pants. Protest Jasper Pants I tuoi boots. DC Judge I tuoi guanti. Moffole DC Il tuo arva. Mammut



BRUSLII itw “Siamo i Bruslii veniamo dall’Inferno, come tu ben sai; suoniamo new wave, o rock wave, o post rock a seconda delle domande che ci fanno i critici musicali come te” PHOTO AND ITW RIGABLOOD

Vengono dalla Sicilia, terra lontana anni luce dalle scene musicali più in vista del momento, ma non per questo demordono, anzi le motivazioni che han spinto i Bruslii a pubblicare ‘Pure Fighting Melodies’ sono le stesse che han spinto gli Strokes a pubblicare ‘Is This It’. Abbiamo incontrato Andrea, batterista e membro fondatore del combo, che ci ha raccontato come se la passa una rock band indipendente a 1350 km da Milano,in un posto circondato dal mare, dove le uniche ambizioni di successo sono alzare il volume degli amplificatori al massimo e distruggere il locale con dei set al fulmicotone...tutto il resto è fotoritocco… Che ne dici di presentare brevemente la tua band, giusto per iniziare? Siamo i Bruslii e veniamo dall’Inferno, come tu ben sai; suoniamo new wave, o rock wave, o post rock a seconda delle domande che ci fanno i critici musicali come te; ci siamo formati 4 anni fa, nel 2006, io e Ottavio (chitarra/voce) ma suonavamo insieme da una vita, mentre Alberto, il bassista, è praticamente semisconosciuto nella scena musicale di questa sperduta landa. Abbia-

mo realizzato 2 album, anzi per la precisione il secondo è in fase di finitura proprio in questi giorni, e ne potete trovare qualche traccia qui www.myspace.com/bruslii Avete un monicker abbastanza particolare, una storpiatura del mitico Bruce Lee o altri significati particolari che poco si rifanno all’attore più celebrato e conosciuto del kung-fu/movie? Siccome abbiamo in previsione di diventare famosi a breve, non volevamo avere problemi di nessun tipo con il copyright, a parte gli scherzi, abbiamo iniziato a suonare proprio nel periodo in cui uscì in edicola la collezione completa dei film di Bruce Lee, di cui siamo grandi fan…noi li comprammo tutti, poi un giorno ad un festival (Rokka Rock), ci chiesero il nome della band, che ancora non avevamo, e noi: “guarda scrivi pure Bruslii…”. Gli organizzatori lo fecero sul serio, e fu così che diventammo leggenda. Come vi rapportate con il fatto che non siete nati a Manchester ma sulla Riviera Ionica, giù in Sicilia? Di sicuro siete penalizzati molto più chi di vive a Roma o Milano. C’è una scena underground anche qui? Certo! E ti dirò di più: è molto florida nonostan



te le difficoltà logistiche che incontriamo ogni giorno; ma a differenza di qualche anno fa, oggi le band che vengono a galla sono decisamente più professionali e serie, mi spiego: una volta su 20 gruppi c’erano 20 gruppi improvvisati, oggi su 20 gruppi almeno 10 sono competitivi. I festival che organizzano oggi in Sicilia hanno una selezione molto meno dilettantistica rispetto a qualche anno fa. Certo, non riusciamo a spostarci con la facilità che puoi avere al nord, siamo sempre in un’isola,e anche se oggi con ITUNES, MYSPACE, FACEBOOK la tua musica la possono ascoltare ovunque, muoverci da qui non è sempre così immediato: ci sono dei costi maggiorati sia economici che tempistici… diciamo che per suonare in Sicilia e Calabria non abbiamo grossi problemi, per il resto forse, avremmo bisogno di un’agenzia…forse… L’ esempio più evidente che abbiamo di un musicista siciliano conosciuto è quello di Roy Paci… Sicuro, ma quello è un discorso differente. Lui fa il musicista di professione, è stato educato a questo fin da piccino, poi è anche vero che lui ha scelto di vivere a Milano, e da li sai com’è; noi alla fin fine non siamo in grado per ora di fare una scelta così radicale, le nostre attività e famiglie sono qui, al momento va bene così fidati. E le canzoni? Come avviene il processo di scrittura di una tipica Bruslii’song? Chi scrive di voi 3? Io ed Ottavio. Ci troviamo spesso nel suo studio di registrazione e buttiamo giù qualche riff… semplice no? Appunto di questo Ottavio volevo parlare, gira-

no voci che abbia suonato come bass player dei Simple Minds in un paio di date del Festival Bar o mi sbaglio? Almeno da quello che si mormora nei gossip… Confermo l’han chiamato quando si trattava di lanciare il singolo ‘Home’; come tu sai il cantante ha delle proprietà immobiliari a Taormina, amicizia chiama amicizia, il loro bassista in quel periodo era in USA e han pensato proprio ad Ottavio…vabbè dai tanto era in playback, non è che ci fosse poi tutto questo lavoro da fare! Sempre a proposito di Ottavio, mi accennavi del suo studio di registrazione, beh una situazione così non può che avvantaggiarvi musicalmente, non tutte le band hanno un proprio ‘home/studio’ a portata… Infatti siamo fortunatissimi non fortunati; veramente una grande comodità questa, a parte il fatto di evitare di andare ogni volta in posti dedicati per registrare qualsiasi cazzata, è diventata proprio la nostra sala prove, con il vantaggio però che se ci viene in mente qualcosa di valido durante le session, zac 2 microfoni e abbiamo il dat. Tra l’altro lo studio è ben fornito di apparecchiature analogiche quindi il suono che poi ne viene fuori è veramente di levatura superiore. Già che ci sono mi permetto www.myspace.com/ ludnicarecstudio Parlaci invece della tua passione per lo snowboard, so che sei un assiduo praticante…ma cosa significa realmente fare snowboard in Sicilia oggi? Qui in paese avete un proshop (Bretelle) e un grosso snowclub. Infatti, faccio snowboard dal 2000, ho imparato

sulle Alpi perchè ho fatto una stagione come cameriere in Valsusa ed è lì che ho mosso i primi passi; fare snowboard in Sicilia significa principalmente 2 cose, differenti tra loro: primo, sapersi accontentare di quello che c’è, anche perchè diciamocelo la sensazione di avere la neve sotto la tavola penso sia uguale in tutto il mondo, sia che tu sia a Hintertux sia che tu sia sulla Sila; secondo il Vulcano, noi qui abbiamo l’Etna, con annessi e connessi…quindi sensazioni mistiche e panorami mozzafiato (si vede lo stretto da lassù ve lo posso garantire-ndr). Ci puoi andare tranquillamente da gennaio a marzo, quindi poi sta a te giocartela al meglio secondo i tuoi impegni…da qui sono circa 40 minuti di auto per essere in pista. Invece in Calabria non ci vai mai? Anche li si può sciare, sulla Sila ci sono diversi resort, come è lì? Io vado spesso nella Sila Piccola, molto meglio strutturata a livello logistico e con un panorama differente, ci sono laghi, abeti, una situazione molto più montana dell’Etna dove i colori principali sono il nero e il blu… Beh, a questo punto non avete mai pensato di collaborare con qualche video produzione di settore? Come Bruslii siamo dispostissimi a collaborare, primo perchè skate, snow e surf fanno parte della nostro cultura, non esitate a contattarci sul nostro myspace.(www.myspace.com/bruslii).



the sound of the underground BY RIGABLOOD

JAMAICA ‘NO PROBLEM’ (CTRLFRK / COOP)

Inizia la stagione 2010/2011, e noi di Sequence Mag, siamo di ancora qui a cercare di soddisfare la vostra brama di buona musica, sempre secondo quello che ci passa per le mani mese dopo mese, per tutti i 5 numeri che accompagneranno fedelmente il vostro riding durante il prossimo inverno; start up con il nuovo debut dei francesi Jamaica ‘No Problem’, per capirci questi han firmato la musica di tutti gli spot Nike 6.0 dell’estate appena trascorsa alla Roundhouse di Hossegor, ricordate? Beh tenete presente che ‘I Think I Like U2’ è il pezzo più brutto dell’intero album quindi se vi è piaciuto quello immaginatevi il resto; sotto tutto questo esilarante new wave grunge club c’è la manima di Xavier De Rosnay dei Justice e Peter Franco dei Daft Punk, e non poteva essere diversamente visto che Antoine Hilaire, Florent Lyonnel e David Aknin stanno ritagliandosi uno spazio tutto loro nella scena boardcore partecipando come headliner al Quiksilver Pro France di surf.Bisognerà vedere poi come reagirà la ristretta cerchia di cuginetti italiani quando i 3 calcheranno il palco del WahWah Club a Venezia…noi andremo di sicuro per raccontarvi se effettivamente i Jamaica sono una bufala

Jovi, Saliva e quanto di più orecchiabile, commercialmente parlando, sputano fuori quotidianamente le radio USA L’album non è affatto orribile, ma d’altronde se guardiamo il palmares in bacheca di Taylor e di tal James Root (altro compagno di pagliacciate nella band di Des Moines), come potrebbe esserlo? Una super produzione capace di ovattare le fastidiose (all’udito) spigolosità è riuscita ad sedare qualsiasi protesta diehard; alla fine siamo tutti collusi, ci piace il mainstream e non disdegnamo certo la radio. DEVILS BRIGADE ‘S/T’ (HELLCAT)

Devils Brigade ovvero Matt Freeman al basso e voce e Tim Armstrong alla chitarra, aggiungiamogli Dj Bonebracke, membro originario degli X ed il gioco è fatto…qualche ep buttato qua e la e dei singoletti per la famigerate compilation ‘Give’Em Enough Boot’ hanno finalmente segnato il passo con questo omonimo full lenght. Una bomba al fulmicotone non solo per tutti i punkrockers con nel sangue Rancid e Operation Ivy (di cui i 2 boss ne sono fieri “portatori sani”), ma anche per quei “modern psychos” in cerca di una parrocchia non troppo assestata sui vecchi crismi della tradizione; 12 calcioni rifilati con i fidi “Doc M” a scoperchiare tombe gridando “libertà per tutti gli zombies in cadillac e creepers”; Social Distortion meets mexicali (‘Ride Harley’), con l’aggiunta di un pizzico di Clash che non guasta mai (‘Gentleman Of The Road’) in questi casi, si confeziona il disco del mese per la redazione. Per chi fa dello stile la propria religione, del rispetto il proprio credo…paura! FOZZY ‘CHASING THE GRAIL’ (RIOT ENT.)

STONE SOUR ‘AUDIO SECRECY’ (ROADRUNNER)

Chi vorrebbe slidare tutto il giorno rail in street ma non ha abbastanza pelo sullo stomaco e si deve accontentare di un box in park; ecco la nuova creatura di Corey Taylor, uno che quando canta con gli Slipknot guai a fotografarlo senza maschera, ma quando si trasforma in uno Stone Sour diventa il classico new grunge singer senza orpelli, maschere e travestimenti di sorta. ‘Audio Secrecy’ ne diventa l’emblema, del vorrei ma non posso, di chi dismessi i panni del rocker estremista e buffone, inspiegabilmente diventa l’esatto contrario ovvero un miscuglio di Nickelback, Bon

Fozzy, alias Chris Jericho, non è la versione povera e disgraziata del ben più noto Ozzy (Osbourne per la cronaca), ma bensì il progetto metal dell’attuale campione dei pesi massimi nel WWE (anche qui per chi vive nelle incontaminate steppe siberiane sportivamente parlando si tratta di wrestling). ‘Chasing The Grail’ è il loro/ suo capitolo numero 4 di un’altalenante carriera discografica, costruita a “fantapugni” e riffs demoniaci (Rich Ward/Stuck Mojo); una non brillantissima prestazione di trucissimo heavy southern influenzato da Pantera e il più becero glam da classifica che pervade tutta la dozzina di pezzi che compongono il release. Ma c’è un ma, se alle nostre latitudini un disco così potrebbero ascoltarlo solo i fans dei Corrosion Of Conformity più allineati, in America di “redneck” che gira-

no su gipponi truccati da carrodeo c’è piene intere vallate, dunque direi che fa più che bene il nostro campioncino a scimmiottare le rockstar più navigate: in US di dischi se ne vendono sempre. 36 CRAZYFISTS ‘COLLISIONS AND CASTAWAYS’ (ROADRUNNER)

Gli snowboarder l’Alaska la conoscono solamente per le sterminate potenzialità di fare eliskiing nei pendii più affascinanti e famosi dell’intero globo al fianco delle maestose videoproduzioni di settore come Absinthe o Mack Dwag; ma l’Alaska è anche la terra d’origine di questo terzetto che oggi sta per motivi logistici in Oregon.36 Crazyfists, ovvero metalcore all’ennesima potenza; ‘Collision And Castaways’ è il loro nuovo lavoro, che risente indelebilmente della dipartita del talentuoso bassista Mick Whitney, sostituito qui da uno stacanovista Steve Holt; la formula di songwriting che Brock Lindow ha posto in essere quando ha deciso di formare questa band non si è discostata di un metro dai precedenti e più fortunati ‘The Tide And Its Takers’ e ‘Rest Inside The Flames’: solita strofa urlata a squarciagola e refrain melodico per attanagliare i meno avvezzi all’estremo. Una formula in rassegnato disarmo oramai, oggi più che nella potenza si crede nell’embletatico “fai da te” del lo-fi! BOUNCING SOULS GHOST ON THE BOARDWALK’ (CHUNKSAAH)

Celebrare un ventennale di carriera per una band significa anche autoprodursi una raccolta degli episodi più significativi di 8 album e un’infinità di singoli; e questo han fatto i Bouncing Souls, cult punk combo newyorkese che ha deciso con il magnifico ‘Ghost On The Boardwalk’ di regalarsi un disco che chiamare emozionante è veramente riduttivo. 12 canzoni scritte per ricordarsi cosa sono stati i 4 in 20 anni, celebrando le loro origini (sobborghi del New Jersey), le loro avventure su è giù per i palchi di mezzo mondo, e perché no la loro attitudine verso uno stile di vita che li ha portarti a diventare quello che sono oggi. Quindi spazio a songs senza età come ‘Big Eyes’, ‘Gasoline’, ‘When You’re Young’, ‘Boogie Woogie Downtown’, ‘The Mental Bits’ o la commovente titletrack; chiaro che il piglio adottato dal quartetto non è più quello ruvido e spumeggiante degli inizi, oggi i suoni sono più ammorbiditi ma non per questo meno affascinanti. Un ascolto e… di sicuro non vi pentirete.



X GAMES TIGNES “...un super pipe 164 x 20 m illuminato a giorno che accende l’intero paese” PHOTO LORENZO BELFRONT TEXT NICOLÒ BALZANI

Gli X Games per la prima volta in Europa! La risposta europea 2010 alle Olimpiadi di Vancouver. Non ci saremmo sorpresi se la storica diga, porta d’ingresso nella località francese, fosse stata rimessa a nuovo con i colori dell’evento! Per l’occasione Tignes è tutta tirata a lucido e a darci il benvenuto ecco in bella mostra un super pipe (164 x 20 m) illuminato a giorno che accende l’intero paese. L’accoglienza per i media è esaltante, gadget e banchetti imbanditi di ogni leccornia ci accompagnano in tutti i quattro giorni dell’evento. Il giorno del primo contest, lo slope style, scopriamo un percorso lungo e forse troppo lento - molti riders si lamenteranno di questa pecca - ma dal colpo d’occhio veramente impressionate. Travis Rice, i fratelli Helgason, Iuri “iPod” Podladtchikov, sono i nomi più importanti tra gli esclusi dalla finale, che invece vede in gran spolvero il vincitore dello slope style del River Jump di Livigno, l’americano Erik Willet. La sua run è fatta di una cork salad: Double Bs Rodeo, due Cab 9, Bs 7, Bs Rodeo 5 e per finire Double Fs Rodeo, proprio in faccia al pubblico! Erik diventa così lo storico primo rider vincitore degli X Games europei! Silver Medal per l’altra novità americana, Sage Kotsenburg che nella sua run migliore mostra Bs 10, Bs

12, il resto sono trick superiori al 7 e sui rail è veramente nazi grazie a combo velocissime. Per il bronzo la faccenda riguarda solo i due “burtoniani” Stephan Maurer e Marko Grilc… a vincere la sfida è stato Marko grazie a Double Bs Rodeo e Double Back Flip. Ma lo spettacolo vero arriva con la finale del super pipe! Il pipe è gremito e il parterre è talmente colmo di persone che non si vede nemmeno la fine della coda umana di pubblico che assiste all’evento. Basta solo un numero per capire… 65.000! Tante sono state le presenze a Tignes nei giorni degli X Games! Il contest entra nel vivo con le run di finale dove, Mathieu Crepel si presenta bene con un Double Cork bello alto, seguito da Haakon Flip 7, Fs 10, Cab 9 e Mc Twist 5, che lo porterà al secondo posto nella graduatoria finale. Louie Vito mostra 3 (tre) Double Cork in sequenza (impressionante vederli dal vivo), ma alla fine commenta sarcastico la sua terza piazza finale: “Cosa dovevo fare più di 3 Double Cork per essere primo?!” Le sorprese però arrivano con la discesa di Iuri “iPod” Podladtchikov che crea un’abisso tra sé ed il transalpino grazie a Double Cork, Haakon Flip 7 e, udite udite... Double Mac Twist 12, concludendo poi la sua run da paura con un “semplicissimo” Fs10!



CLOSE THE doors bardoNECCHIA “...il design del percorso era da maniaco della play station” PHOTO GEORGE BOUTALL TEXT MURIO

Aprile generalmente è tempo di chiusura degli impianti. Costinate di Pasqua con gli amici, primi week end al mare o infiniti pranzi dai nonni iniziano a prendersi lo spazio che meritano. La scorsa stagione l’inverno ci ha però regalato grandi soddisfazioni, portandoci grasse e potenti nevicate sopratutto a fine stagione. Ecco allora che gli amanti dello street e del park si sono potuti sfogare prima del letargo estivo. Cristian di Doors e tutto il suo team hanno deciso di sfruttare a pieno la situazione. Grazie alle molte ore di gatto e alla tantissima fantasia, hanno creato un park per una photosession esclusiva dedicata al video Random e al nostro Mag. Aspettatevi molte immagini nel corso della stagione nelle pagine di Sequence. Cristian è un perfezionista e il design del percorso era da maniaco della play station. Tutto sembrava così perfetto e irreale che quasi dispiaceva girarci sopra. Dopo pochi minuti di seggiovia ti trovavi in partenza un Plug (tubo) da “sgheppare” di 8 metri o a scelta una scalinata da 9 metri. Oppure se eri più timoroso una serie di box in pieno skate style dove non si contano le infinite combo a disposizione! Giusto il tempo per gustarsi la chiusura del trick e percepire il rumore degli otturatori dei molti fotografi presenti, che in rapida sequenza ci si

doveva confrontare con un kicker pool jam da 12 metri e un kicker da 18 metri largo oltre 3 gatti (12 metri). Un bel parco giochi per i maniaci di jibbing trick, in perfetto stile Ammmericano. Non si contano le città di provenienza di tutti i riders che si sono presentati allo shooting. Tra i più famosi si notano: David De Palma, Tato Chiala, Federico “Scienza”, Matteo Ferraris, Matteo Tuberosa, Jhonny Morandi, Simon Gruber, Plazy, Max Stampfl, Massimo Galfrè, Olver Mondino, Yujiro Kondo, Ricky Suppo, Matteo Borgardt, il morbido e tutto il team HG Crew al completo. Grazie alla situazione di polleggio classica di fine stagione ed ad una temperatura rovente da camp estivo, i presenti si sono gasati ed hanno chiuso centinaia di trick che mi piacerebbe descrivere ma non basterebbero tutte le pagine del giornale. A fine session, uccisi dalla stanchezza e dalla fame che contorceva lo stomaco, tutti a gustarsi la carnazza alla griglia accompagnata da fiumi di birra fresca, d’altronde è Pasqua anche per chi sta sulla neve no?



IUTER GAMES bardonecchia “Non sono un contest, non sono una sottospecie di gara con strani circuiti a tappe o punteggi dettati da chissà quale assurdo criterio… sono, semplicemente, gli Iuter Games” PHOTO AND TEXT ROBY BRAGOTTO

E come ogni anno, come al solito, come sempre, quando si parla di scrivere un articolo sugli Iuter Games, una sola frase mi passa incessantemente per la testa: non so cosa scrivere. Proprio così… perché alla fine credo che gli Iuter Games siano quel genere di evento nel quale parole su carta o racconti vocali, non riuscirebbero mai a descrivere del tutto la loro vera essenza. Bisogna esserci stati almeno una volta, viverli durante il giorno o la notte… perché alla fine non sono un contest, non sono una sottospecie di gara con strani circuiti a tappe o punteggi dettati da chissà quale assurdo criterio… sono, semplicemente, gli Iuter Games. Ovvero un raduno, un ritrovo di amici, un motivo per stare insieme, una sorta di aggregazione tra passato e futuro, una scusa per divertirsi e per trovare una scappatoia dalla quotidianità, una ragione per salire sopra una tavoletta con un sorriso, un evento non evento, un buffo modo per vedere un gatto delle nevi rompersi poco prima di un kicker, un’occasione per ammirare delle ottime persone sopra uno snowboard, un’occasione per ammirare delle ottime persone in una pista da ballo in disco, un’occasione per dimenticarsi della sera prima, la situazione perfetta per capire come un bassanese trasferitosi a Fuerteventura sia riuscito a vincere

la medaglia di S-Bronzo. Un pretesto per vedere Lollo Barbieri arrivare primo e Marco Jhonny Morandi secondo, un’occasione per starsene con il naso all’insù a fissare le nuvole, un’occasione per essere spensierati, allegri, felici. Un’occasione, almeno in quel giorno, per starsene lontani dalla realtà. E come ogni anno, come al solito, come sempre, non sono riuscito a descriverli.



nitro team val senales “come per magia senti quel gelo nelle narici che ti fa capire che la neve non è lontana” PHOTO AND TEXT DENIS PICCOLO ENRICO CAVADA MARCO DONZELLI FILIPPO KRATTER

Quando Max Gionco di Nitro Italia e Alex di Fakie Shop decidono di organizzare lo shooting Nitro in Val Senales, un classico da che garantisce scintille, difficilmente sbagliano qualcosa. Ero indeciso se partire causa i mille impegni di fine stagione. Poi, mentre scrivevo mail a raffica davanti al Mac pregustandomi il primo caldo, mi arriva la news letter di F.Tech con alcune immagini di come era stato allestito il park. Dalle foto capisco perchè Alex mi stava chiamando al cellulare da giorni… Forse avrei fatto meglio a rispondergli!!! Di corsa al bancomat, prelevo un centello, pieno di gasolio nel Berlingo, controllo di avere il telepass, passo a caricare il mio nuovo compagno di viaggio Max e via dritti dalla parte opposta della penisola. Voci di corridoio mi avvertono che in viaggio c’è sono anche il team dei Road Warriors; il mio obbiettivo è di arrivare prima di loro! Sento le chiappe gelare e devo accendere il riscaldamento; piccola pausa per prendere un caffè e come per magia senti quel gelo nelle narici che ti fa capire che la neve non è lontana, siamo quasi arrivati. La mattina al bar non manca proprio nessuno: tutta la crew dei Road Warriors è già bella calda per salire, sotto le loro maschere appannate riconosco Markus Keller, Marc Swoboda, Thomas Feuerstein, An-

ton Bilare, Nils Arvidson, Basti Rittig, Domink Wagner ed il loro immancabile team manager Andi, che ci racconta come la stagione per loro sia stata ricca di viaggi e snowboardate in fresca. Poco dopo arrivano anche i nostri portabandiera: Enrico Cavada, Marco Donzelli, Max Stampfl e Filippo Kratter con la sua dolce metà Federica. Per la verità hanno tutti la faccia ancora un po’ addormentata ma sono gasati per girare…basta una buona colazione. Ora siamo proprio pronti a salire. L’ impatto visivo del park allestito da Alex è incredibile: si riconoscono le strutture attraverso le perfette geometrie create ad opera d’arte dagli shaperdurante la notte. Il classico kicker di 25 metri rasenta la perfezione, sembra quasi disegnato da un architetto. Da sempre questo kicker è il punto d’interesse dei riders che visitano la stazione: i ragazzi del team europeo girano quasi tutte le manovre che un buon snowboarder dovrebbe avere nel proprio bagaglio. A ruota anche Enrico, Marco, Filippo e Max chiudono le loro oneste manovre per portare a casa qualche clip e qualche scatto d’autore. Sembra proprio che iniziare e chiudere la stagione in Val Senales sia di buon auspicio! Quindi che dire…ci si vede su per l’imminente opening?



positivity experience “E’ assurdo ma una volta entrati da quella porta la cognizione del tempo cambia” PHOTO AND TEXT ELEONORA RAGGI AIE BENUSSI - VAL FORMAZZA

Se a giugno ti venisse voglia di fare un’esperienza alternativa, a contatto con la natura in un camp che non è proprio un camp la risposta è una sola: Positvity Eco Edition. Tra marmotte che ti osservano e fiori di montagna puoi apprezzare veramente quel senso di incontaminato di montagna che spesso si dimentica, la tua concentrazione rimarrà comunque sul sentiero in salita che devi ancora percorrere. La soddisfazione più grande è quando giunti al Rifugio 3A guarderai dall’alto i chilometri percorsi e aprirai la porta di legno, ad aspettarti la triade Giordan, Cameroni e Maurino con tutta la famiglia del camp. E’ assurdo ma una volta entrati da quella porta la cognizione del tempo cambia, il feeling con la gente intorno a te è del tutto più rilassato, si dorme nella stessa casa, ci si sveglia presto e dopo le discussioni serali si va a dormire a mezzanotte. Un progetto onlus nato undici anni or sono da un gruppo di snowboarder in collaborazione con i gestori del rifugio 3A O.M.G. In Alta Formazza che dopo un’interruzione di qualche anno fa ha ripreso vita, alla grande oltretutto. Test materiali in quota e lezioni di snow con Lollo Barbieri, nello snowpark linea easy tutta in legno e Pro line con 2 kicker in sequenza e uno skilift dedicato, non serve altro! Il gruppo partito quel martedì era

decisamente vario: un Aie Benussi messo a dura prova dalla mancanza di internet, un rookie terrorizzato dalla salita, Francesco Brutto, un filmer che su quella salita ci aveva lasciato un polmone, Yeye, e una fotografa con il suo inseparabile zaino perennemente oversize. Un paio di giorni per portare a casa qualche immagine rubando qualche scatto anche ai rider che si trovavano già in quota, Munni, Ruggero, Lollo, Bianco e ad un certo punto il team Deelux. Il meteo non era stato clemente la settimana precedente, e lo si poteva leggere in faccia a chi era in quel rifugio da 7giorni e 7notti quando guardando fuori dalla finestra, la mattina del mercoledì, vedeva finalmente oltre ad una massa grigia. Gli shaper capitanati dall’austriaco Stefan Plattner avevano fatto un lavoro incredibile anche senza visibilità, andando letteralmente a tastoni, il kicker grosso era tagliato chirurgicamente e dopo due giri di riscaldamento era stato constatato che era perfetto anche da altri punti di vista. Non rimaneva che saltare fino a chiusura impianti per poi prepararsi psicologicamente al rientro... una sorpresa da scoprire una volta salutato il 3A, ci si vede il prossimo anno.



IT’S ALL ABOUT SNOWBOARD DIREZIONE SUD “Il racconto del trip di rockinthemiddle verso l’Appennino meridionale” PHOTO SAVAGE CLICK TEXT ROCK IN THE MIDDLE SOPRA: NICOLÒ CIMINI

A distanza di parecchi mesi, nel ripercorrere le tappe di questo trip nell’Appennino meridionale, la cosa che più mi torna alla mente è il forte contrasto che è emerso tra il nostro modo di interpretare la montagna, sempre di fretta e con un gran da fare per costruire e filmare, ed invece la quiete che domina i luoghi che abbiamo attraversato, così lontani dal caos di interminabili file e la frenesia che ormai caratterizza la maggior parte dei resort più noti. Negli ultimi anni il divertimento sembra dipendere sempre di più dall’affluenza delle persone e dai party degli apres ski, perdendo di vista alle volte il potere rigenerante di un weekend in montagna, fatto anche di silenzio e pace. L’idea del video It’s all about Snowboard, era di girare un po’ di più per le nostre montagne appenniniche, di esplorare e far conoscere questo territorio da nord a sud attraverso i rider e gli spot. Questo ci ha spinto a considerare una alternativa mai valutata prima: andare a snowboardare verso Sud… verso la Calabria e la Sicilia. Generalmente queste sono mete turistiche ambite nel periodo estivo, ma in questa occasione si sono rivelate il territorio perfetto per il nostro shredding invernale. I punti interrogativi erano tanti. A cosa andremo incontro? Ci sarà la neve? Che temperature

troveremo? Siamo sicuri di voler fare la Salerno - Reggio Calabria? Queste domande hanno caratterizzato non solo il periodo prima della partenza, ma anche tutto il proseguimento del viaggio. In questi luoghi l’inverno è veramente instabile: violente nevicate si alternano a terrificanti ondate di scirocco e la SA-RE, aimè, è ancora l’unica via percorribile... Nonostante questo ciò di cui ci avevano parlato ci dava la carica positiva di credere in questo trip. Volevamo vederle queste montagne incantate e selvagge poco affollate e colonizzate dall’uomo, i bellissimi laghi sugli altopiani della Sila, il fumo del vulcano e le colate di lava nera, mescolata al bianco della neve, il mare a vista e soprattutto il famoso pino loricato, un relitto di un tempo lontano quando anche quaggiù si estendevano i ghiacciai. E alla fine è arrivato il momento dell’imbarco ai traghetti di Reggio Calabria, vissuta da noi come una sorta di teletrasporto, con un miscuglio di sensazioni di timore e aspettative, un vero salto nel buio, visto anche l’orario a cui ci siamo imbarcati dopo ben 10 ore di macchina sulle spalle. 20min di navigazione, giusto il tempo di farci riprendere dalla sicurezza del traghetto (non si può skatare sulla nave), e come degli zombi eravamo già sistemati nei nostri letti in


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“L’elemento più visibile e caratterizzante dell’Etna è senza dubbio la roccia lavica, nera e tagliente come un rasoio” SOPRA DA SX: ALBERTO MARTINELLI PALUMBO SILA - METHOD AIR FLAVIO PATANÀ ETNA - NOSE GRAB

casa Patanè, coccolati come dei figli da una vera mamma siciliana! Arancini e altre leccornie come se piovessero ed una ospitalità degna di un albergo a 5 stelle! L’indomani dal nostro arrivo la giornata si è aperta con un panorama tra i più suggestivi del pianeta, il Monte Etna imbiancato dalla neve, davvero maestoso con i suoi 3300 metri di quota, dal quale abbiamo persino potuto ammirare la nostra successiva tappa, i monti della Sila in Calabria celati da una leggera foschia ma in realtà separati solo dal mare. Grazie al contributo di Luca di etnasnow.com e alla disponibilità della stazione di Etna Nord nell’arco della sola mattinata siamo riusciti a fare un buon programma per i due giorni inquadrando gli spot da portare a casa, sempre gambe permettendo… L’elemento più visibile e caratterizzante dell’Etna è senza dubbio la roccia lavica, nera e tagliente come un rasoio. Non potevamo perdere l’occasione di ridarla in qualche modo. Noi tutti siamo abbastanza abituati ad inventare dal nulla le nostre giornate di snowboard, ma qui la situazione era ben diversa, l’inventiva deve diventare parente stretta dell’esperienza e dell’intuito e con soli due giorni di Etna e due di Calabria le tempistiche non giocavano certo a nostro vantaggio.

Abbiamo girato davvero molto, quattro giornate di snowboard con oltre 40 ore passate tra camminate alla ricerca di spot, costruzione e riding, davvero devastante sia nel fisico che nella mente, ma nello stesso tempo un’ esperienza che auguro a tutti di fare almeno una volta nella vita. Siamo riusciti a girare in posti molto differenti l’uno dall’altro, abbiamo saltato, bonkato, sgappato, slidato un tetto di una casetta. Il tutto sempre accompagnati dal caratteristico suono della soletta quando entra in contatto con la lava. Al termine dei due giorni sull’Etna infatti le tavole erano letteralmente da buttare, piene di solchi profondi fino al legno, come una sorta di deriva per il surf. Altre due cose ci hanno colpito molto della Sicilia in particolare. La prima riguarda la scorrevolezza della neve che nonostante le temperature alte sopra lo zero ed il colore nerastro a causa della fuliggine del vulcano è estremamente veloce e dura, forse per la salsedine che proviene dal mare, chi lo sa, comunque un fenomeno davvero singolare. La seconda riguarda invece la quantità di Siciliani che sciano sull’Etna. Chi pensa che i siciliani guardino solo al mare è fuori strada. Il padre di Flavio, per esempio, ha un vero e proprio ski service in garage dove abbiamo potuto sciolinare oltre alle tavole anche le nostre idee! Purtroppo neanche il tempo di ambientarci per



“La Sila è un luogo veramente selvaggio, ricchissimo di vegetazione e con un potenziale notevole” SOPRA: ALBERTO MARTINELLI BS 180 NOSEGRAB - LORICA

benino che è arrivata l’ora di cambiare location e spostarci in Calabria. La trasferta non è stata delle più motivanti, una pioggia torrenziale ci ha accompagnato per tutto il viaggio e purtroppo non si trasformava in neve nemmeno man mano che salivamo in quota… Nonostante questo la Sila ci ha riservato diverse sorprese a partire dal ragazzo che ci ha accolto nel resort di Palumbosila, il mitico Giovanni Scalise, con parenti e conoscenti vari che ci hanno ospitato davvero calorosamente dandoci tutto il supporto di cui avevamo bisogno. La Sila è un luogo veramente selvaggio, ricchissimo di vegetazione e con un potenziale notevole. Nonostante avesse piovuto pesantemente, anche nei giorni

precedenti il nostro arrivo, la neve aveva retto bene ed è stato difficile decidere quali spot fare. Quelli che alla fine abbiamo scelto si sono rivelati tra gli spot più radicali del video. Il primo è un acid gap del muro di contenimento della partenza della seggiovia di Palumbosila, veramente pericoloso, soprattutto per la precarietà della rampa costruita su due instabili panchine prese in prestito dal baretto li di fronte che ha anche acceso la musica a palla per gasare lo show. Il secondo invece lo abbiamo trovato vicino agli impianti di Lorica. Un sogno che si è avverato. Non ci crederete, ma tutti stavamo pensando ad un salto della strada con il lago sullo sfondo e cercando bene alla fine abbiamo trovato il posto ideale, o almeno così sembrava. Le ore passavano ed il tempo stringeva, ma la voglia di saltare la strada era molta, tanto da farci sottovalutare che stavamo costruendo il primo “road gap to flat” della storia, massacrante! Purtroppo abbiamo toppato la scelta degli orari e delle tempistiche, finendo di saltare ormai con il buio, contribuendo ad aumentare il sapore di sfida durante la rincorsa che dal boschetto di pini ti proiettava direttamente nel lago Arvo. Che bomba! Questo viaggio verso sud ci ha insegnato molto, per molti di noi è stato il primo ed unico trip di snowboard organizzato e finalizzato alla produzione di materiale a cui abbiamo mai partecipato, ha reso il gruppo più unito preparandolo ad un finale di stagione scoppiettante, ma soprattutto è servito di stimolo alle realtà locali per fare meglio e sfruttare al 100% le possibilità del territorio. Non saremmo mai riusciti in questa impresa senza il l’aiuto di tutte le persone che hanno supportato il nostro progetto, interpretato al meglio le nostre esigenze ed il reale motivo di questo trip verso sud. I ringraziamenti da fare sono tanti a partire dagli sponsor Salomon, Artec, Omatic, Flux, Bonfire, Elm Company, Brux e Skullcandy, i rider RITM e WC-Clan, i resort di Linguaglossa Etna Nord, Palumbosila e Lorica, la Savage Click per le foto, la famiglia Patanè, Luca Basley, Giovanni Scalise, tutte le splendide persone che abbiamo incontrato durante il viaggio e infine Sequence che ha creduto fin dal primo momento in questo progetto di promozione dello snowboard, dandoci la possibilità di raccontarlo anche attraverso queste pagine.



Enrico Cavada Sw Bs 540 Melon

APPROACH. APPROCCIO. Parti in switch e approccia il dente facendo una controcurva verso sinistra (destra per i regular) con il peso leggermente sui talloni, in transizione sposta il peso verso le punte per arrivare allo stacco sulla lamina front. TAKE OFF. STACCO. Chiudi la spalla anteriore e olla per dare l’impulso rotatorio. Contemporaneamente porta lo sguardo sopra la spalla posteriore e grabba in melon (switch stalefish). MANEUVER. MANOVRA. Se hai staccato bene rimani composto e controlla la rotazione con la mano libera per arrivare al momento prima del landing in posizione ottimale e mantieni il grab più a lungo possibile. LANDING. ATTERRAGGIO. Molla il grab, blocca la rotazione con le spalle e porta lo sguardo in atterraggio. Ammortizza con le gambe appoggiando la tavola il più piatto possibile. TextENRICO CAVADA RICORDA. REMEMBER. Porta lo sguardo sopra la spalla posteriore durante lo stacco per evitare di PhotoDENIS PICCOLO corkare troppo e perdere il controllo della rotazione. Non anticipare troppo la rotazione rischiando un LocationVAL SENALES controlamina sui talloni o di uscire dal dente in diagonale rispetto al salto. BEFORE & AFTER. E’ utile saper staccare bene in switch bs e avere confidenza in fs360. Distendi la gamba anteriore in nosebone per essere ancora più stiloso, un trick che non puoi non saper fare!




Daniele Colturi 50-50 Fs 360 Out

APPROACH. APPROCCIO. & TAKE OFF. STACCO. Arriva sul dente a tavola piatta e aggancia la struttura mantenendo la tua posizione di riding e tenendo il peso centrale. Chiudi la spalla anteriore e olla per dare l’impulso rotatorio. Contemporaneamente porta lo sguardo sopra la spalla posteriore e grabba in melon (switch stalefish). MANEUVER. MANOVRA. Rimani in 50-50 con le gambe piegate. Quando ti avvicini alla fine della struttura ruota testa e spalle verso sinistra (destra per i goofy) e contemporaneamente distendi le gambe per ollare e controlla la rotazione con le braccia. LANDING. ATTERRAGGIO. A 270° blocca la rotazione con le spalle e termina la rotazione con le gambe atterrando a 360° con la tavola piatta e ginocchia piegate. RICORDA. REMEMBER. Quando stacchi dal rail non guardare l’atterraggio TextENRICO CAVADA ma porta lo sguardo oltre le spalle, altrimenti finisci per fare solo un fs180. Scegli tu la struttura che più PhotoROBY BRAGOTTO ti gasa, questo trick lo puoi fare su monotubi in discesa, pole jam o box in park. BEFORE & AFTER. Vai LocationBEAR MNT CALIFORNIA per gradi e sulla stessa struttura prova prima un 50-50, poi fs180 e quando ti senti pronto il fs360 lo porterai a casa subito. Quando sarai stufo di chiuderli tutti prova bs360 out o sw50-50 cab 360 out.



happy birthday munNI PHOTO ALESSANDRO BELLUSCIO TEXT VALENTINA TRENTINI

STEFANO MUNARI


happy birthday munNI QUI: GIORGIO CIANCALEONI DI LA: STEFANO MUNARI

Anche se la luna piena non si è fatta vedere, il “Full Munny Party” si è svolto al meglio, sempre ai piedi dell’ormai noto Halfpipe olimpico di Bardonecchia. Il 13 Febbraio nessuno sapeva a che cosa si andava incontro; questo evento non si presentava come una semplice gara ma neanche come uno shooting. Un mix ben shakerato dei due elementi creato dalle menti diaboliche di Fiat con Vans. Questa collaborazione ha dato vita ad un format tutto nuovo che l’Italia non aveva mai visto

prima. Il tutto ben pensato per il loro e nostro atleta di punta Stefano “Munni” Munari. Munni ha invitato rider amici italiani e stranieri. Così all’appello, il Venerdì sera, si sono presentati Giorgio Giancaleoni, Tato Chiala, Lorenzo Buzzoni, Lorenzo “Lollo” Barbieri, Davide Vagheggi, Ruggero Naccari, Enrico Predeval, Filiberto Piller Cottler e i rider francesi Valèrian Docourtil, Robin Raymond e Bruno Rivoire. Dopo la prima notte passata in alloggi di primordine di fronte all’halfpipe, la mattina seguente tutti i rider hanno cominiciato a scaldarsi. Con le pettorine



happy birthday munNI STEFANO MUNARI

come pass per scavallare l’interminabile coda, hanno girato prima in park per poi terminare le loro run nel pipe tirato a lucido apposta per l’occasione. Fotografi e filmer accorsi, sono spuntati come funghi: lo shooting aveva inizio. Dopo i panini distribuiti da Erika di FaccioSnao e Marta di Fiat, per rifocillare le minuscole bocche degli atleti, al calar del sole tutto era pronto per cominciare. I fari da stadio che illuminavano il pipe si sono accesi, il palco era pronto e ben posizionato e tutti i rider erano carichi per portarsi a casa l’highest-trick. Tutti schierati in cima al pipe, alla prima nota della chitarra elettrica degli stoner-rock milanesi “Loud Nine” lo show era cominciato. Freddo “siberiano” a parte, la jam session di 45 minuti aveva un particolare metodo di giudizio: l’auto-votazione, supervisionata dal capo giuria e partecipante attivo alla gara, Enrico Predeval. Il dj-set di Giulia Salvi di Virgin Radio ha fatto da sottofondo per la

vera rivelazione della serata, Lollo Barbieri, che non avendo mai girato in pipe si è dimostrato all’altezza dei molti rider presenti. Protagonisti della run finale per l’highest-trick sono stati Giorgio Ciancaleoni, Lorenzo Buzzoni, Stefano Munari e Valerian Docurtil. Vista la difficoltà di decidere quale air fosse più alto fra quelli di Munni e Valerian, si è fatto ricorso alla moviola come nelle migliori puntate di Controcampo. Tutti i rider si sono radunati per stabilire chi fosse il vincitore e, dato che la gara era di Munni e i rider li ha invitati Munni, non si può mica aver tutto!!! Così il vincitore della chitarra Sig. Diavoletto della Epiphone è stato il francese Valerian Decourtil. Dopo festeggiamenti e foto di gruppo, abbiamo deciso di andare tutti a far festa al pub di Bardonecchia, finale perfetto per uno shooting-gara organizzato coi fiocchi. Speriamo che l’evento possa ripetersi.




PHOTO MATT GEORGES TEXT ALVARO VOGEL FILMING TRUE COLOR FILMS


FILIPPO KRATTER


ALVARO VOGEL


FILIPPO KRATTER



inquadrature e Matt, che per trovare l’inquadratura giusta, scivola dal bank ghiacciato e quasi rompe la macchina fototgrafica…una volta collezionati gli scatti e gli shot che volevamo, Filippo e René sono scesi a valle. Io, non contento ho provato ancora un handplant con un grab differente: risultato = caduta + lussazione della spalla sinistra e lì, durante la prima session, è praticamente finita la mia stagione. True Color Films è una nuova film crew sul mercato che non ha una sola provenienza. E’ una film crew che appartiene a tutti i riders e filmakers che la compongono e per questo motivo True Color Films è anche un po’ Italiana. Italiana perché tre elementi fondamentali di True Color Films sono Filippo Kratter, Arturo Bernardi (Filmer) e Maurino Castellani (Filmaker) tutti ormai veterani della scena snowboard italiana ed internazionale. Oltre a questa parte mediterranea di True Color c’è anche quella Austriaca che ha come porta bandiera Lisa Filzmoser e René Schnöller. C’è infine la sezione svizzera composta da Nicholas Wolken ed Alvaro Vogel (rider e produttore di True Color Films). A differenza dalle comuni produzioni video, non produce un DVD alla fine della stagione, ma produce episodi web sui loro viaggi e giornate sulla neve che possono essere visionati su www.truecolorfilms.com. Il primo viaggio e di conseguenza il primo video è stato girato in Italia, più precisamente in Valle d’Aosta a La Thuile, una delle ultime località della valle prima di arrivare in Francia. La Thuile è una località fantastica, che vanta un comprensorio di oltre 150 km di piste, 37 impianti e un terreno più che perfetto per la pratica dello snowboard: boschetti, cliffs, pillows e windlips a volontà, ma prima di arrivarci nessuno di noi lo sapeva; il motivo per cui ci siamo mossi verso La Thuile è stato quasi esclusivamente la meteo: il radar di snowforecast aveva previsto forti nevicate nei giorni successivi e, visto che la situazione del manto nevoso in Austria e Svizzera non era eccezionale ci siamo messi in viaggio. Così dopo un paio di telefonate con Filippo e Arturo, che si trovavano all’Argentera (Powder-park privato di Random films) ci siamo messi in viaggio verso La Thuile. Innsbruck (Austria) – Aosta è un bel viaggetto, considerando che siamo partiti alle 17:00 e, non avendo un GPS a bordo, abbiamo pure perso la rotta un paio di volte! Questo però ci ha dato l’opportunità di conoscere René. Il piccolo, per la sua statura. René viene dall’ultimo paese della valle Die Ötz: Sölden; gli piace comandare, tant’è che si è guadagnato il soprannome di Adolf dopo solo un paio di ore insieme. Una volta arrivati a destinazione abbiamo ritirato il nostro microscopico appartamento e stanchi morti ci siamo messi a letto. Della parte italiana della crew nemmeno l’ombra. Nel momento in cui ci stavamo per addormentare sentiamo Filippo entrare in casa, fa cadere tutte le tavole, ribalta tutto quello che c’è da ribaltare e si precipita in camera mia. Era ormai da prima dell’estate che non ci vedevamo perciò tra una battuta e l’altra abbiamo fatto notte fonda. Il primo giorno lo abbiamo sfruttato un po’ per conoscere il comprensorio che, causa il vento fortissimo, è rimasto per metà inaccessibile. I primi giorni di filming per una crew nuova sono sempre difficili perché bisogna riuscire a “rompere il ghiaccio”, non c’è ancora confidenza col filmer e con la crew; tutti vogliono dare il meglio di sé per cui c’è una ricerca dello spot giusto da parte dei rider e una ricerca dell’inquadratura perfetta da parte del filmer. Tutto questo per noi dura solo alcune risalite, fino a quando René trova una pillow line. La neve non è veramente fresca, ma va benissimo per collezionare il primo shot della stagione; lo segue a ruota Lisa che trova un cliff tra due alberi. Più tardi, troviamo anche un bank di neve artificiale, praticamente una lastra di ghiaccio, dove decidiamo di fare una session tutti insieme. L’affiatamento e lo spirito di gruppo sale. Tra “High fives”, Filippo che dirige il traffico dei turisti, Arturo che riprende tutto con mille

Tornando verso casa abbiamo però cominciato a chiederci quando sarebbe arrivato questo anticiclone gonfio di neve; dopo un veloce check del meteo siamo rimasti tutti un po’ delusi perché il famoso anticiclone sembrava essere in ritardo di alcuni giorni, mentre il forte vento in alta quota non si sarebbe calmato nei giorni seguenti. Così aspettando la POW POW abbiamo iniziato a dare un’ occhiata al villaggio per vedere se ci fossero delle possibilità di costruire qualcosa e ridare. Dopo alcune ore di vagabondaggio abbiamo trovato all’imbrunire alcuni spot per i giorni seguenti. Il secondo giorno incominciò nel migliore dei modi: una bella colazione all’Italiana alla partenza della funivia. Dopodichè, invece di salire in montagna, ci siamo diretti subito verso questa galleria. Non era niente di così speciale, ma viste le condizioni del manto nevoso e il vento fortissimo in quota, non avevamo altre alternative. Di buona voglia, chi più e chi meno, abbiamo costruito questo dente, direi abbastanza incazzato, visto che l’obiettivo era quello di andare più in alto che in lungo… Finita la costruzione del dente e dell’inrun era ormai mezzogiorno perciò sono andato a comprare il pranzo per la crew: 4 pizze fumanti per riprendere energia dopo la sbadilata. Un po’ d’incertezza e scetticismo era nell’aria, ma dopo alcuni tentativi la session si è animata con dei bei backflip da parte di Lisa e rotazioni basic da parte di Filippo e René. Nessuno di loro, sì perché io purtroppo ero completamente fuori uso, aveva mai costruito qualcosa del genere e tanto meno nessuno di noi avrebbe pensato che la giornata sarebbe diventata così produttiva. Durante la notte il benedetto anticiclone è arrivato e il giorno seguente ci siamo svegliati con oltre 30 centimetri di neve fresca in paese. Sembrava che il paese non si fosse neanche svegliato. Un silenzio insolito regnava tra le stradine del paese. Arrivammo tardi per la prima funivia, ma subito dopo aver bevuto il nostro caffé ristretto, con un sorriso stampato sui nostri visi siamo saliti in quota…sembrava di essere in paradiso, oltre 50 centimetri di neve fresca super leggera. Ognuno di noi ha cominciato a droppare a destra e sinistra mentre Matt, il nostro fotografo, correva da uno spot all’altro, cambiando obiettivi, macchine fotografiche e non perdeva un secondo per immortalare il panorama con la sua ultra “old school” Polaroid. Io purtroppo non mi sono divertito così tanto perché la mia spalla non era in condizione per poter saltare e godere di una giornata del genere: ogni movimento era sufficiente per lussarla…tant’è che così è andata…spalla lussata solo preparando un “ollie-pad”. La giornata è volata in un battibaleno: ci ritrovammo ancora in montagna nel momento in cui il sole tramontava ma il morale in generale era alle stelle. La stessa sera siamo partiti direzione Bardonecchia, stanchi, ma felici e curiosi di scoprire la parte backcountry di quest’ultimo spot. Dopo due ore e mezza di slalom sull’autostrada tra autoveicoli senza pneumatici invernali o con le catene in autostrada siamo finalmente arrivati a Bardonecchia. Poldo e Erica di Facciosnao ci avevano organizzato cena, appartamento e tutto quello di cui avevamo bisogno per i giorni seguenti. Lisa, unica ragazza della crew, si è dimostrata molto determinata e completamente a suo agio tra cliffs, pillows e situazioni sketchy… Questa esperienza è stata caratterizzata da giornate stupende in ambienti quasi surreali, dove nemmeno i cellulari hanno campo, lontani dalla frenesia delle città, lontani dallo smog, lontani dal quel rumore continuo prodotto dal traffico…solo con gli amici e la mia tavola. Questa è la vera essenda dello snowboard.


RENE SCHNOLLER

LISA FILZMOSER


PHOTO DENIS PICCOLO ROBY BRAGOTTO VASCO COUTINHO TEXT STEFANO CARINI FILMING RANDOM VIDEO

MATTEO BORGARDT LUKAS GOLLER PHOTO DENIS PICCOLO



MAX BUBBA FERRO PHOTO VASCO COUTINHO


MAX STAMPFL PHOTO ROBY BRAGOTTO



MATTEO BORGARDT PHOTO ROBY BRAGOTTO FS 900



STEFANO CARINI PHOTO DENIS PICCOLO



FILIPPO KRATTER PHOTO DENIS PICCOLO


Argentera è un posto unico, avvolto nella magia di una valle incantata. Lassù, abbarbicato in mezzo a vette fiere, ispide e selvagge, dimenticato da dio, dimenticato dall’uomo, questo piccolo paese nasconde un paradiso che poche persone hanno avuto la fortuna di scoprire. La natura qui è sovrana, feroce, imprevedibile. La bellezza della montagna toglie il fiato, incantando chi vi giunge per la prima volta, o chi, venuto una volta, non può fare a meno di tornare. Non c’è altro qui, solo cime irraggiungibili, boschi secolari popolati di spiriti e ripidi pendii gonfi di neve. C’è pace in questi luoghi: qua l’uomo da sempre ha dovuto lottare per confrontarsi con la potenza degli eventi e delle stagioni. Gli inverni sono eternamente lunghi, rigidi, governati da neve, ghiaccio e gelo: non è posto per l’uomo, è luogo per bestie piuttosto. O per meglio dire, non è posto per tutti, ma solo per pochi, per chi sa aspettare, per chi sa aver fede e speranza. Perché qui le condizioni sono spesso avverse, il tempo è spesso estremo, ma esiste un disegno in tutto questo, e il segreto per poterne godere sta nel saper aspettare, fiduciosi. Argentera è come un sogno: come in un sogno i pendii sono perfetti e sempre coperti di neve fresca, come in un sogno si può costruire ovunque ed ovunque si possono sfruttare le sinuose linee della montagna. I boschi sono imponenti, ma come in un sogno gli alberi sono posizionati ad una distanza perfetta, e ogni tanto, come in un sogno, appare un piccolo cliff, un improvviso pillow. Come in un sogno c’è una sola, piccola, lunga seggiovia che arriva in cima ad una montagna immensa, dove volendo non si fa due volte la stessa run in un’intera giornata. Come in un sogno c’è sempre pochissima gente, quasi nessuno. Come in un sogno, ogni due-tre giorni nevica e tira vento, in modo che le tracce, per quanto profonde, siano ogni settimana ricoperte e il “parco giochi” sia di nuovo pronto a far divertire. Come in un sogno qui lo shaper è meglio dei Gentlemen, persino meglio di Mino: impossibile? Fidatevi, qui è Dio che ogni settimana ci prepara il park, un park personale tutto in backcountry. Come in un sogno non si finisce mai di scoprire nuovi terreni, nuovi spot, come in un sogno non esistono confini alla creatività, ed alle possibilità. A dir il vero forse Argentera è addirittura meglio di un sogno. Non è possibile? Beh, secondo me si, ed il motivo è semplice: di mattina, il risveglio non sta ad indicare la fine della meraviglia, come in un sogno, ma ne sancisce solamente l’inizio.

LUKAS GOLLER PHOTO ROBY BRAGOTTO CAB 540



IN QUESTA VALLE FANTASTICA, LONTANA DAL CAOS DI TANTI ALTRI POSTI, LONTANA DALLA CALCA DELLE DOMENICHE, HO INFINITI RICORDI, EMOZIONI E SENSAZIONI... Cercherò di raccontarvi la storia che ci lega a questo paradiso, centro di tutte le nostre attenzioni per oltre metà dell’inverno scorso. Permettetemi però di partire da lontano, dall’immagine di un bambino che osserva fuori dal finestrino gli enormi fiocchi di neve che cadono come palle da tennis da un cielo plumbeo, mentre la macchina scorre in mezzo a due enormi muri di neve. Ricordo la felicità, ogni Natale, quando si lasciava Torino, spesso sotto una leggera nevicata, e si prendeva la tangenziale sud, diretti verso Cuneo. Il viaggio pareva eterno e io non vedevo mai l’ora di arrivare, di poter respirare quell’aria così pura e di bere quell’acqua così incredibilmente fredda, pulita, sana. Si arrivava a Borgo san Dalmazzo, dove la strada curvava bruscamente a destra ed iniziava una lunga, inesorabile arrampicata su per quella stretta valle, la Valle Stura, incastrata tra due linee di montagne titaniche. Era allora che iniziavo davvero a non stare più nella pelle. Il paesaggio cambiava improvvisamente, la neve si faceva più fitta, i boschi sparivano sotto un pesante candido mantello e tutto pareva così bello, così semplice. La strada correva veloce, tagliando a metà piccoli paesi, paesini fantasma, per lo meno all’apparenza. Il paesaggio continuava a cambiare, strettoie e ampi slarghi si susseguivano nella valle, man mano che la macchina saliva, e la neve continuava ad aumentare. Era a Vinadio che capivo di essere veramente vicino. A stento riconoscevo i luoghi, così diversi rispetto all’estate. La neve nascondeva tutto, ammorbidiva il paesaggio che pareva fatto di marzapane e glassa zuccherata. E poi d’improvviso ci si trovava di fronte a quel muro di pietra che sancisce la fine del mondo e con esso l’inizio del paradiso, al cospetto di ciò che sembra nient’altro se non l’opera perfetta di una rabbia e di una forza sovraumane, divine forse: le Barricate, la faccia verticale di una montagna insuperabile, ove soltanto camosci e stambecchi osano sfidare la forza di gravità, arrampicandovisi senza paura. Una volta superata quest’ultima barriera, passando per un tunnel, pochi tornanti mi dividevano dalla casa dei nonni, il luogo in cui ho imparato ad amare e conoscere la montagna, il luogo in cui ho piantato nel mio cuore un seme, quello della passione, che mai avrei pensato sarebbe maturato a tal punto, diventando la mia vita. È ad Argentera che ho messo gli sci la prima volta e che ho provato la tavola per la prima volta. In questa valle fantastica, lontana dal caos di tanti altri posti, lontana dalla calca delle domeniche, ho infiniti ricordi, emozioni e sensazioni, ed è per questo motivo che niente nello snowboard mi ha reso più felice se non la possibilità di trascorrere lo scorso inverno qui, con i miei più cari amici e di condividere con loro le giornate più belle mai trascorse in montagna. È iniziato tutto a gennaio, quando le prime grosse nevicate sono arrivate sulle Alpi, prediligendone il sud ovest, esattamente là dove le volevamo. Ero con Killer, Whazza e Tania, e siamo partiti subito, senza pensarci, senza indugiare. Non c’era niente che potesse distrarci dal nostro obiettivo: raggiungere Argentera il prima possibile e starci il più possibile. Non sapevamo allora che avremmo passato metà inverno, filmandoci gran parte del video e riempiendoci gli hard disk di almeno tre fotografi. Soprattutto non sapevamo allora che Argentera sarebbe diventato il nostro resort preferito e che tutti i riders della Random Crew ci sarebbero passati rimanendone affascinati. Per strada abbiamo sentito Emi, amico formidabile, che con la sua formidabile famiglia gestisce il Polar Cafe, ristorante nel parcheggio degli impianti: gasato come al solito, ci diceva che non si poteva credere quanta neve stesse scendendo e che gli impianti erano stati chiusi tutto il tempo

ragion per cui l’indomani, un lunedì, sarebbe stato tutto vergine e pronto per essere sverginato da noi. Sembrava appunto l’inizio di un sogno, ma era vero, ed era anche meglio di ciò che ci aspettavamo. Ci sono molte altre cose che fanno di Argentera un luogo magico: una di queste è lo spezzatino di cervo con polenta di Pietro, cuoco del Polar Cafè, nonché padre di Stefi, moglie di Emi. Posso cercare a fatica le parole per descrivere le emozioni che mi legano a questa valle, ma è impossibile per me trovarle quando si tratta di descrivere il piacere dell’arrivare, a fine giornata, in un posto caldo, gestito da persone così speciali e mangiare qualsiasi cosa che lo chef Pietro abbia cucinato! Credo di trovarmi d’accordo con tutti coloro che vi siano passati. Ma torniamo a noi: a pochi metri dal Polar Cafè parte la seggiovia a due posti che in 20 minuti porta in cima al “paradiso”. Si passa attraverso boschi incredibilmente silenziosi, ove le uniche tracce sono quelle di lepri e cervi, e subito l’occhio corre alla ricerca dei segni: c’è abbastanza fondo? Ne ha fatta abbastanza? È rimasta polvere… Tutto positivo, e allora serve solo scendere dalla seggiola allacciarsi e tagliare a destra o a sinistra: poi iniziano i boschi più divertenti del mondo. C’è l’imbarazzo della scelta: bosco ampio o canale incazzato con sponde a mo’ di pipe? Magari prima uno poi l’altro, tanto ci sono altre dieci persone a parte noi e la montagna ha spazio per tutti. Così iniziò quel lunedì, immersi fino alle ginocchia in una delle prime polveri dell’anno a fare delle gran curve con degli enormi sorrisi stampati in faccia. Ma non eravamo lì solo ed esclusivamente per divertirci. Dovevamo anche lavorare: avevamo un intero video da filmare, e Killer aveva bisogno di tirarsi un po’ su il morale dopo aver centrato due tronchi, uno su uno stinco uno sull’altro, nell’arco di due run… Perciò il pomeriggio abbiamo deciso di valutare se gli spot che conoscevamo fossero fattibili, e siamo tornati a casa… MATTI, direte voi, ma non avete capito niente. No, non è colpa vostra, è che non vi ho ancora spiegato uno dei tanti motivi per cui adoriamo l’Argentera. Bene, ora ve lo spiego. Avete mai sognato di avere un vero e proprio park in backcountry, proprio lì davanti a casa? Kicker ad uncino, step down più o meno grossi, con bonk senza bonk, gap, channel gap, gobbe, linee e tutta quella roba che si vede nei film? Non dover sbattersi a guidare, prendere impianti, esplorare, camminare per ore con la neve fino alla cintola per trovare il posto dove costruire? Semplicemente uscire di casa, allacciarsi i boots e snowbordare in fresca, saltare, e poter finalmente dire mentre si è in aria: “posso vedere casa mia da qua”? Beh, io ho avuto questo sogno fin da quando ho iniziato a snowbordare: ad Argentera, l’anno scorso, il mio sogno si è avverato. La montagna davanti a casa dei miei nonni, all’inizio di Bersezio, piccola frazione di Argentera, è uno snowpark disegnato dalla natura e dalla storia. Il pendio, sei-settecento metri di dislivello esposti a nord-ovest, è spaccato in due da un profondo canale scavato dalle valanghe. Ai due lati del canale i contadini nei secoli hanno modellato il terreno per poterci coltivare qualcosa. Il risultato di questo incredibile lavoro è il paradiso dello snowboarder: una serie infinita di gradini, un intero pendio fatto a scaletta con gap più o meno grossi, rincorse perfette e atterraggi perfetti. E volete saperla tutta? Da in cima agli impianti, se si cammina dieci minuti in cresta si può fare una run di dieci minuti prima in pendio aperto, poi nel bosco, fino ad arrivare ad una linea di gobboni che immette nella rincorsa di un bell’uncino dove si decolla. Si atterra, ci si stacca la tavola si cammina cinque minuti e si può osservare gli altri dal balcone di casa, perché tanto la botta di adrenalina è talmente alta che si può anche evitare di tornare su.


LORENZO BARBIERI (COVER) PHOTO VASCO COUTINHO

TANIA DE TOMAS PHOTO DENIS PICCOLO


LUKAS, DOPO AVER CONTROLLATO IL METEO PER GIORNI, E DOPO AVER PARLATO PRIMA CON EMI E POI CON NOI AL TELEFONO STAVA DISPERATAMENTE CERCANDO UNA MACCHINA PER RAGGIUNGERCI... Così per tirare su il morale a Killer, con gli stinchi doloranti, quel lunedì pomeriggio siamo andati nel nostro parco giochi davanti casa, per iniziare a costruire i primi kicker. Le condizioni della neve erano perfette e con il morale alle stelle abbiamo girato uno zancone gigantesco, e dopo aver scelto il primo spot abbiamo tirato fuori le pale dallo zaino e abbiamo incominciato il lavoro. Nel frattempo dall’altra parte delle Alpi, da qualche parte a Innsbruck, uno degli appassionati di Argentera più accaniti che ci siano, bestemmiava incarognito, alla ricerca di un qualsiasi mezzo che lo potesse portare nel luogo dei suoi sogni. Lukas Goller, dopo aver controllato il meteo per giorni, e dopo aver parlato prima con Emi e poi con noi al telefono stava disperatamente cercando una macchina per raggiungerci. Lukas è arrivato l’indomani insieme ad Enrico Cavada, verginella dell’Argentera. Con la crew al completo abbiamo trascorso una delle più belle, produttive e divertenti settimane che io possa ricordare. I primi giorni ha fatto bel tempo e noi abbiamo costruito e saltato, a raffica, fino allo stremo delle forze. Ognuno di noi osservava la montagna con occhi diversi, ma con in mente lo stesso obiettivo, ed ognuno di noi vedeva strutture dove altri faticavano a vedere, e non sempre è stato facile mettere d’accordo tutti. Poi quando abbiamo esaurito le energie, è successo qualcosa di magico ed io ho capito quello che mi diceva sempre mio nonno da bambino quando il tempo cambiava: “quando il vento arriva da nord porta con se la neve”. Un pomeriggio il vento è cambiato, la temperatura è crollata sotto lo zero, il cielo, che fino a poco prima era limpido, si è coperto di nuvole pesanti ed è arrivata la neve. Non una nevicata da niente ma tre giorni di bufera che ci hanno regalato il tempo per recuperare le forze e per riorganizzarci. All’alba del quarto giorno? Sole, mezzo metro di polvere, una nuova crew composta da Filippo Kratter, Arturo Bernardi, Max Stampfl e Plazy, e tutto da rifare, tutti gli atterraggi di nuovo vergine, tutta la montagna ancora una volta solo per noi. Le giornate le abbiamo trascorse a spazzare i vecchi kicker, a costruirli un po’ diversi, a trovarne di nuovi, come quello di fianco all’arrivo della seggiovia, trovato da Emi che un giorno mi fece: e costruire un bel balconcino li?... Troppa sbatta la rincorsa, - gli dissi io - ma che cazzo dici, mi disse lui, con la motoslitta è un attimo! Capite perché Argentera è magica? Non ancora, allora continuo. Bam, un’altra settimana è andata via così, tre giorni di bel tempo di riding senza tregua, a progredire sulle strutture, ogni giorno più grosse, ogni giorno ad osare un po’ di più cercando quel limite che sembra non arrivare mai, per fortuna, e poi due giorni di bufera, con Dio che decide di darci tregua e nel frattempo ci shapa il park… Che fare quando il tempo è brutto ad Argentera? Magari quello è il punto debole, un po’ di noia direte voi: e invece no. Quando il tempo non è gran che, o quando si è troppo stanchi per andare in snowboard c’è Mario, il vecchio pastore e cacciatore che conosce tutti i segreti della valle e sa dove trovare tutti gli animali. E via ad osservare stambecchi, cervi, camosci, mufloni, caprioli, aquile e chi più ne ha più ne metta: sembra di essere in un documentario di Piero Angela. E poi dopo giorni e giorni passati a costruire, a camminare, a saltare, a prendere cartelle, un paio di giorni di brutto tempo a settimana sono il miglior toccasana che possa capitare! Così è trascorsa metà stagione ad Argentera. Un kicker dietro l’altro, alla ricerca dello spot perfetto, sempre, o per lo meno quasi sempre, davanti a casa. La sveglia mai troppo presto, non ce n’è il bisogno, la stufa in casa sempre accesa, con il the sempre pronto alla mattina, perché c’è sempre qualcuno già sveglio che lo prepara e aspetta magari fumando, con la

carogna, sul balcone mentre osserva il park che giorno dopo giorno si fa più completo. Pigramente si prepara lo zaino, ci si veste, e via, con la tavola in mano si attraversa la strada e si scende al ruscello. La stradina ormai è dura, battuta da settimane e non è difficile raggiungere i primi kickers, che ancora una volta sono coperti da trenta cm di powder. Che sogno cazzo, che sogno! Siamo tornati un’ultima volta ad Argentera poco dopo gli Iuter Games in marzo. Una nevicata pazzesca aveva di nuovo gonfiato il sud ovest e noi non aspettavamo altro: Argentera chiamava di nuovo e noi non ci siamo fatti pregare. Eravamo io, Lukas, Whazza e Lollo, il quale non ci era ancora mai stato. La strada a sto giro era davvero quasi impraticabile: il cielo era nero e sembrava che stesse venendo giù il mondo. Il meteo era stato chiaro: una perturbazione gigantesca interessava tutto il nord Italia, ed in particolare i quadranti alpini del sud ovest… ahahah perfetto cazzo!!!! Inoltre, le temperature, grazie ad un fronte freddo dalla Russia, sarebbero state glaciali per le due settimane seguenti. Così abbiamo passato il primo giorno liberi da ogni impegno di filming a surfare la neve più bella dell’anno, nei boschi pù fighi del mondo senza pensieri e senza paranoie, con Lollo estasiato, gasato, elettrizzato! Killer ci a raggiunto con Vasco e Bubba qualche giorno dopo. Abbiamo tutti deciso di cercare qualcosa di nuovo per shootare, ed alcuni fortini della seconda guerra mondiale, usati dai partigiani durante la Resistenza, ci hanno dato da fare nei giorni di brutto mentre si aspettava il bel tempo per costruire “the ultimate kicker”, il jump che avrebbe messo la parola fine all’avventura di Argentera. Il sole è arrivato il pomeriggio seguente, proprio mentre si tornava verso casa dopo aver shootato alla diga di Pietraporzio. Èd è proprio tornando verso casa che abbiamo notato qualche intruso nel nostro park personale: io e Lukas ci siamo catapultati fuori dall’auto e di corsa a fermare i dissacratori. Divertente è stato scoprire che i due intrusi fossero Joni Malmi e Daniel Ek, dalla Scandinavia con furore ad invadere le nostre terre… Ma non questa volta, non qui. Mancava ormai solo un ultimo kicker, quello che fin dall’inizio dell’inverno e forse fin dall’anno prima avevamo tutti osservato più volte, chiedendoci se fosse fattibile. Ora, dopo aver costruito praticamente tutto il costruibile e anche di più, non c’era più spazio e tempo per esitare e per cagarsi sotto. Era arrivato il giorno di mettersi davvero alla prova, e testare il nostro coraggio e la nostra voglia di progredire. La costruzione del kick è durata un giorno intero. Alla fine, in piedi sul lip l’impressione era davvero notevole: sembrava che sparasse nell’ignoto. In realtà da qualche parte laggiù, dall’altra parte del canale c’era l’atterraggio, ma in mezzo c’era un buco gigantesco. Ricordo bene la tensione quella mattina, quando mentre mi allacciavo i boots ho chiesto a Whazza se ero solo io o se anche lui si stesse cagando sotto… Ma non c’era spazio per ripensamenti, e Lollo era già li che correva verso il fiume, in preda alla foga per saltare! Lo ha aperto lui, seguito a ruota da Lukas e Whazza, io per ultimo. La rincorsa era perfetta e si arrivava sul dente a stecca, velocissimi. Giusto il tempo di un’aggiustatina con la lamina e via, si decollava verso l’infinito e oltre: che sensazione incredibile, indescrivibile. In quegli istanti infiniti, eterni, in cui il tempo si dilata in una nuova dimensione, il cervello riesce a compiere giri funambolici e a farci provare una miriade di emozioni. Ed è così che si è conclusa la nostra esperienza ad Argentera, con una birra sul balcone di casa sotto un sole ormai piacevolmente caldo, dopo una delle session più spesse mai shootate in Italia, con lo sguardo perso nel vuoto, a pensare se esista al mondo un altro posto più bello, puro e pacifico di questo.


ENRICO CAVADA PHOTO DENIS PICCOLO FS 540


PHOTO AND TEXT ROBY BRAGOTTO


DAVIDE COLTURI E FILIBERTO PILLER COTTRER ROAD TO LAS VEGAS



RUGGERO NACCARI

FILIBERTO PILLER COTTRER


FILIBERTO PILLER COTTRER HOLLYWOOD - LOS ANGELES


DANIELE COLTURI POLEJAM TO BS 180


DANIELE COLTURI

Si può descrivere a parole una cosa che quando la osservi ti lascia senza fiato? Come si fa? Da dove si inizia? Come posso solo pensare di riuscirci? Sono queste le domande che questa terra meravigliosa ha generato nella mia testa… sono queste le domande che continuano a ronzarmi nel cervello ogni qualvolta mi capita di ripensare a questo viaggio… ovvero quasi ogni giorno. Nel mio piccolo non posso far altro che raccontarvi la mia storia, senza consigli e senza presunzione, perché credo fermamente che l’America, e in particolare la California, debba essere vista, vissuta e assaporata in ogni suo più piccolo dettaglio. Ma in prima persona. Era la mia prima volta in America… la mia prima volta in quella terra tanto sognata sin da quando ero un ragazzino, da quando me ne restavo con gli occhi spalancati a guardare le VHS della Plan-B come Questionable o Virtual Reality… da quando ho conosciuto la tavoletta senza rotelle e dai tempi di The Hard, The Hungry and the Homeless, passando per Stomping Grounds, Simple Pleasures fino ad arrivare a quel video che un po’ cambiò la storia… Decade. Gli occhi aperti e fissi su quelle immagini che apparivano tanto irreali, lontane, di un altro mondo. Appunto. Perché ciò che vedevo, ciò che quel nastro magnetico mi faceva osservare, era proprio quello, un altro mondo. Speranze, sogni ed illusioni: “Un giorno andrò lì anch’io… - Un giorno anch’io, con la mia tavoletta, scivolerò tra Bear Mountain e Mammoth… - Un giorno anch’io riuscirò ad arrivare così lontano…”, infatti, al tempo, non restavano altro che speranze, sogni ed illusioni. Non avrei mai pensato di andare in America davvero… figuriamoci di finire tra quelle montagne che per anni ed anni ho visto soltanto nei video… e figuriamoci se potevo mai immaginare di finirci grazie alla fotografia e allo snowboard… era un sogno talmente irrealizzabile che anche il solo pensiero non mi sfiorava.


DANIELE COLTURI 50-50 TO FS 180 TO SWICH 50-50


Ritrovarmi di colpo con i piedi sul suolo americano, a Los Angeles, in California……., beh, è una di quelle sensazioni talmente inspiegabili… capace di lasciarti letteralmente senza fiato. Grazie a Sequence e Quiksilver Italia, mi sono ritrovato con un passaporto in mano e con uno strano accento italo-americano davanti ad un poliziotto pronto a rilevarmi impronte digitali e a farmi la scansione della retina dell’occhio per controllare che non fossi un clandestino. Totalmente inebetito credo di essere tornato alla realtà proprio in quel momento, quando quel gentile poliziotto di frontiera, probabilmente divertito dalla mia totale incredulità, iniziò a chiedermi come si scrivesse in italiano “mano destra” e “mano sinistra”… fantastico. Già… i poliziotti, in un modo o nell’altro, hanno sempre avuto il dono di svegliarmi. Mah. Nonostante la mia totale incredulità, alla fine di tutto mi ritrovavo proprio lì, in quella terra tanto sognata, con i piedi e la mente a Los Angeles, in compagnia del team Quiksilver composto da Filiberto Piller Cottrer, Daniele “Dadino” Colturi, Ruggero Naccari e Filippo Crudeli (quest’ultimo purtroppo infortunatosi alla caviglia a Livigno soltanto due giorni prima della partenza), assieme al filmer Riccardo Pirola e con in mano le carte per recuperare la macchina a noleggio che ci aspettava. Tra carte di credito generiche, contanti, carte di credito nominali e con un gigante pizzico di fortuna inaspettata e imprevista, ci ritroviamo tutti e sei dentro ad un fantastico Van della Ford in puro stile americano: incredibilmente spazioso, cambio automatico, cruise control e motore a benzina di non so quanti cavalli… ora… potrei continuare a scrivere per ore ed ore su come sia continuata quell’assurda e incredibile prima giornata americana, tra jetlag dimenticati e superati in un batter d’occhio, spiagge incredibili, incontri casuali, un personaggio che ancora adesso mi chiedo se sia mai esistito veramente, personal trainer, improvvisazioni rap, una dormita mai così desiderata senza pagare un solo dollaro, un risveglio alle cinque del mattino e la prima alba d’oltreoceano…, ma credo che per ora vi basti sapere che dopo un rapido passaggio tra Beverly Hills e Hollywood, in completa tranquillità siamo arrivati alla prima tappa del viaggio: Bear Mountain. Il problema è che anche descrivere Bear Mountain risulta un’impresa davvero complessa… Nella mia vita credo di aver visto parecchi snowpark: sicuramente tutti quelli italiani degni di nota e tra Austria, Svizzera, Francia, Spagna, Svezia e Norvegia, anche i maggiori snowpark Europei sono passati sotto i miei piedi. Beh, Bear Mountain è letteralmente lo snowpark più divertente del mondo. Proprio così, del mondo, sì. E senza alcun dubbio. Ogni suo più piccolo angolo è progettato e pensato al divertimento, alla fantasia, all’immaginazione. L’intero comprensorio è uno snowpark. L’intera montagna, a solo due ore da Los Angeles, è uno snowpark. Ogni struttura è pensata e posizionata in modo perfetto. Tutto è suddiviso in almeno quattro chilometri di piste interamente dedicati allo snowboard, la seggiovia è velocissima e ogni kicker e ogni landing si può usare in almeno due-tre modi differenti e in ogni altro modo che la fantasia riesca a immaginare. Strutture di qualsiasi tipo e per tutti: box corti, lunghi, a kink e di qualsiasi forma. Rail tondi, piatti, corti, dritti, in discesa, a kink. Strutture divertentissime e ideate appositamente per migliorare ogni genere di rider, per “farsi il piede”. Nulla di gigante, nulla di enorme. E nonostante fossimo in aprile con il sole californiano che si faceva non poco sentire e a solo due settimane dalla chiusura degli impianti, nulla era lasciato al caso: non ricordo nemmeno quante persone ho visto lavorare nell’intera Bear Mountain, una quantità incredibile di ragazzi che ogni mezz’ora sistemavano e shapeavano struttura per struttura, chiudendola momentaneamente per salare l’invito

o il kicker… e tutto ciò, giornalmente. Posteggiatori simpatici e sorridenti, persone poste all’arrivo della seggiovia pagate per sorridere augurandoti una bella giornata e gestori disponibilissimi ad ascoltare le nostre esigenze nonostante fossimo gli ultimi arrivati… sì, perché a Bear Mountain, dove nell’ufficio skipass si può trovare un poster di Shaun White con tanto di dedica e tessera gold, è normale ritrovarsi in seggiovia con gente come Mikey LeBlanc o LNP… o vederti passare di fianco come se nulla fosse un certo Lucas Magoon in compagnia di Cale Zima con la crew di Transworld sempre appresso e sempre pronta a girare un nuovo Sunday in The Park… proprio così, perché solo passando per Bear Mountain si può capire perché le clip di Sunday in The Park sono girate proprio lì… perché non esiste al mondo un posto migliore di quello, con uno snowpark così grande e divertente. Un paradiso perfetto per la tavoletta senza rotelle e per di più a solo due ore di macchina da alcune delle spiagge più belle e famose al mondo, capaci in ogni momento di farti pensare di restartene lì per sempre… credo che ognuno di noi l’abbia pensato ogni giorno. Credo che lo penserebbe ogni persona che si trovi a leggere queste righe e che chissà come o quando avrà modo di metterci piede. La nostra scoperta dell’America però non poteva fermarsi lì, avevamo ancora più di sedici giorni a nostra disposizione e davanti a noi una terra talmente incredibile e vasta e meravigliosa per viaggiare che non potevamo restare completamente affascinati da quel posto meraviglioso. E così, tra uno Starbucks mattiniero, un Subway pomeridiano, un Motel Six notturno, qualche decisione presa a tavolino e soprattutto dopo aver controllato le pessime previsioni meteo che ci aspettavano a Mammoth Mountain nei giorni successivi, abbiamo ben pensato di aspettare il sereno rifugiandoci nella città degli eccessi, del consumismo, della finzione e della totale contraddizione: Las Vegas. Proprio così, L-A-S V-E-G-A-S. Dopo giorni di snowboard, con all’orizzonte un paio di nottate di bufera che ci attendevano a Mammoth Mountain e a solo quattro ore di macchina da dove ci trovavamo, potevamo forse farci sfuggire l’occasione di ammirare e perderci in quella città mai stata tanto vicina ai nostri sogni? Beh, ovviamente no. Cruise control acceso, deserto, strade dritte come un chiodo, deserto, cassette delle poste nei luoghi più insensati, deserto, montagne di roccia e sabbia, deserto, confine con il Nevada, deserto, vento forte e caldo, deserto, nessun’anima viva per miglia e miglia, deserto, cespugli di fieno che ti attraversano la strada, deserto… e di colpo, come dal nulla, sbam! Autostrade a sette corsie, luci accese ovunque nonostante fosse pieno giorno, grattacieli in mezzo al nulla, cartelloni pubblicitari enormi pronti a sponsorizzare qualsiasi film prossimo all’uscita o qualche concerto degli ACDC, giardini perfettamente curati con fontane ovunque e un’incredibile ammasso di persone provenienti da ogni dove pronte a giocarsi una fortuna, o lo stipendio di un mese, o i risparmi di una vita. Persone di ogni razza, di ogni genere, di ogni età. Persone di ogni ceto sociale, religione e pensieri differenti. Semplici turisti, abitudinari, commercianti, ladri e tossici. Ma chiunque, chiunque, con il sogno di poter cambiare la propria vita in una sola notte… perché è questo che principalmente ti offre Las Vegas, un sogno. Ti catapulta nella sua realtà irreale, facendoti pensare che in quella città ogni cosa sia possibile e chissà, forse lo è per davvero… Las Vegas, tappa obbligatoria del suolo americano, bisogna saperla vivere e affrontare senza lasciarsi prendere la mano. E’ talmente assurda e priva di ogni ragionevolezza che merita un passaggio, una sola notte al Bellagio, una sola notte di paura e delirio… perché “Whatever happens in Las Vegas, stays in Las Vegas”. E’ proprio vero... e così resterà anche per questo articolo… il primo di tre, il primo racconto di questo incredibile viaggio, di questa terra straordinaria, la prima delle tre tappe che ho affrontato e che vi racconterò in questi mesi… il primo di tre sogni realizzati… il primo articolo che spero possa farvi in parte vivere quell’incredibile terra di contraddizioni, sogni e speranze chiamata America. Quella terra che è stata capace di iniettarmi dentro un enorme tesoro di esperienze, che mi ha fatto riscoprire me stesso, che mi ha donato occhi diversi con cui guardare il mondo in cui vivo e che è stata in grado di lasciarmi senza fiato. Senza parole. Per ora.


LNP PRO ROME (LAURENT NICOLAS PAQUIN) AMERICAN STYLE


PHOTO DENIS PICCOLO CRISTIAN SCALCO - BOILER FILMING RANDOM VIDEO ITW CRISTIAN SCALCO INTRO STEFANO CARINI


PHOTO CRISTIAN SCALCO



LA THUILE PHOTO CRISTIAN SCALCO


LA THUILE PHOTO BOILER


COLLE SAN CARLO PHOTO CRISTIAN SCALCO


IN QUESTI ULTIMI DIECI ANNI, GRAZIE ALLO SNOWBOARD, HO AVUTO LA FORTUNA DI CONOSCERE UN INFINITO NUMERO DI PERSONE. DI QUESTE, MOLTI SONO STATI INCONTRI OCCASIONALI, VELOCI, DAI QUALI NULLA È SCATURITO: NELL’AMBIENTE DELLO SNOWBOARD, COME IN TANTI ALTRI, NON È FACILE INCONTRARE PERSONE VERE, CHE NON SIANO FALSE ED IPOCRITE, PIENE DI CHIACCHIERE E NIENT’ALTRO. È PER QUESTO MOTIVO CHE STIMO E RISPETTO BUBBA, PERCHÉ IN LUI HO TROVATO UNA PERSONA VERA, SEMPLICE, CHE NON HA MAI AVUTO PAURA DI DIRMI LE COSE COME STAVANO, CHE NON SI È MAI NASCOSTO DIETRO UNA FACCIATA MENTRE TRA I DENTI MI DICEVA ESATTAMENTE COSA GLI PASSAVA PER IL CERVELLO, SENZA PAURA DI OFFENDERE, SENZA PAURA DI DOVER POI LITIGARE. NON RICORDO IN CHE OCCASIONE CI CONOSCEMMO, MA RICORDO BENE LE CENTINAIA DI VIAGGI E GIORNATE TRASCORSE INSIEME E DIFFICILMENTE LE DIMENTICHERÒ. NO, MAX NON È IL MIGLIOR RIDER CHE IO ABBIA MAI CONOSCIUTO, NEANCHE IL PIÙ STILOSO O IL PIÙ INCAROGNITO, MA QUESTO NON IMPORTA, PERCHÉ CIÒ CHE LO RENDE UNICO È LA SUA SMODATA PASSIONE PER LA MONTAGNA, PER LO SPORT, PER LA NATURA ED INFINE PER LA NEVE. RARAMENTE HO AVUTO COMPAGNI DI RIDING PIÙ DIVERTENTI IN UNA GIORNATA DI POWDER, RARAMENTE HO VISTO PERSONE PIÙ FELICI SOTTO UNA FITTA NEVICATA. IN LUI AMMIRO E STIMO LA SEMPLICITÀ, LA VOGLIA DI CONTINUARE AD EVOLVERSI, L’AMORE SPASSIONATO PER QUESTO SPORT E LA PROFESSIONALITÀ CON CUI CI SI È SEMPRE DEDICATO. SONO CONTENTO CHE ABBIA QUESTA NUOVA INTERVISTA PERCHÉ GUARDANDONE LE FOTO RIESCO A VEDERE LA SUA RICERCA PER CIÒ CHE LO RENDE LIBERO, PER CIÒ CHE IN CUOR SUO LO RENDE PIÙ FELICE. PURTROPPO QUESTO È SPESSO DIMENTICATO IN UN’ERA IN CUI I DOUBLE CORKS E I MILLE OTTANTA SEMBRANO ESSERE L’UNICA COSA CHE CONTA: MA LA REALTÀ È BEN DIVERSA. LA REALTÀ È CHE IL CUORE DI QUESTO SPORT È IL DIVERTIMENTO, E LA POWDER NE È L’ANIMA: CREDO CHE QUESTA INTERVISTA AIUTI A RICORDARCELO. CIAO BUBBA, COME STAI? TUTTO BENE? Ciao, si tutto bene grazie, sono da poco rientrato da les deux Alpes, dove ho trascorso tutta l’estate lavorando come maestro da facciosnao.

TRA POCO USCIRÀ IL NUOVO VIDEO PRODOTTO DA RANDOMVIDEO “TOO MUCH TOO SERIOUS”. PARLACI UN PO’ DI COM’È ANDATA LA SCORSA STAGIONE E DELLA TUA VIDEO PART. La scorsa stagione per me è stata molto particolare perché ho dovuto conciliare il corso maestri che mi ha occupato veramente molto tempo con il resto degli impegni con e senza snowboard, per cui il tempo che avevo messo in programma per filmare con Random erano poco più di due settimane. Fortuna o sfortuna il caso ha voluto che durante quelle due settimane abbia spesso nevicato e così una delle poche cose possibile da fare durante una nevicata è andare a divertirsi nel bosco e così abbiamo fatto! Per saperne di più dovrete aspettare l’uscita del video allegato al secondo numero di sequenze!

DA SEMPRE FILMI PER LE PRODUZIONI ITALIANE, COME

SI SONO EVOLUTE E COME SONO CAMBIATE DAI PRIMI SNOWBOX E I PRIMI ZOMBIES VIDEO? Le cose cono cambiate parecchio. c’è molta più organizzazione nella programmazione delle uscite, nella scelta delle location e degli spot, c’è molto meno park e soprattutto c’è molta più selezione delle riprese fatte. Anni addietro si andava in park a girare ogni tanto si filmava e se ci si trovava nel posto giusto, durante una nevicata magari si facevano immagini in fresca. sotanzialmente non si andava in un resort per filmare, era una cosa in più, invece adesso c’è chi organizza l’inverno anche solo in base a questo.

C’È LA SENSAZIONE CHE IN ITALIA UNA VOLTA SI FACEVANO DEI VIDEO MENO TECNICI MA PIÙ DIVERTENTI, ORA SEMBRA CHE CI SIA UN INVERSIONE DI TENDEZA, A DIFFERENZA DEI VIDEO AMERICANI CHE CERCANO DI DARE MOLTO SPAZIO ALLE PARTI LIFESTYLE E FUNNY DEI VIDEO. questo dipende molto dalle scelte della produzione, anche in base alla linea guida che si è deciso di tenere ad inizio anno e alle immagini buone che si decidono di usare al momento del montaggio. non credo che ci sia questa inversione di tendenza che tu dici.

CHE COSA SIGNIFICA PER TE FILMARE UN’INTERA STAGIONE A STRETTO CONTATTO CON AMICI TRA MILLE DIFFICOLTÀ E ALTRETTANTE SODDISFAZIONI? Beh come ti dicevo prima quest’anno per vari motivi non ho più potuto dedicarci un’intera stagione, ma paradossalmente quel poco tempo che ho passato con il resto della crew ho cercato di vivermelo al cento per cento cercando di sfruttare ogni minuto della giornata per fare delle buone immagini. Organizzare uno shooting in powder è abbastanza difficile soprattutto quando si cerca di fare cose “natural” cioè senza costruire niente oppure linee freeride, perché c’è spesso solo un tentativo, dal secondo ci sono già le tracce a rovinare l’immagine.

RICORDO I GIORNI TRASCORSI INSIEME A LA THUILE, LE ABBONDANTI NEVICATE, LA PASTA DI ARTURO E I RAGAZZI DI ABSINTHE CHE CI CHIEDEVANO INFORMAZIONI ALLA PARTENZA DEGLI OVETTI. COSA NE PENSI DI QUESTO INTERESSE CRESCENTE DA PARTE DI CREW STRANIERE VERSO IL NOSTRO “BEL PAESE”? Come potrei dimenticare un fine stagione così generoso: aprile, un metro di polvere, temperature invernali e pochissima gente a tracciare! I video di snowboard, come tutti sanno, sono nati in America, qualche anno fa se volevi avere la possibità di filmare per le grosse produzioni dovevi trasferirti per buona parte dell’inverno oltreoceano. Era semplicemente una questione di comodità: produzioni americane, maggior parte dei rider locali più la possibilità di usare la motoslitta ovunque chiudeva un pacchetto perfetto. Dopo alcuni anni però si sono iniziati a vedere nei video sempre gli stessi spot, così le alpi hanno iniziato ad essere invase da crew di snowboarders e skiers di ogni dove e per forza anche l’Italia è diventata meta ambita. Se poi ci sommiamo il crescente numero di produzioni e riders europei e alcune tra le montagne più belle nel mondo tra le quali il monte Bianco e il monte Rosa il gioco è fatto.

SO CHE LA SCORSA STAGIONE HAI FINITO IL CORSO MAESTRI IN PIEMONTE. QUAL È LA TUA OPINIONE SU ISTRUTTORI, MODULI, ESAMI E TUTTO QUELLO CHE GIRA INTORNO A QUESTO MONDO? HAI INTENZIONE DI DEDICARTI A TEMPO PIENO ALL’ INSEGNAMENTO? Da inizio estate sono diventato maestro. Personalmente prima di affrontare il corso ero un pò prevenuto, non sapevo bene quello che mi sarebbe aspettato. Tirate le somme, posso dire che il corso è ben organizzato e serio. Prima di farlo avevo sentito voci di ogni tipo: è ridicolo, non serve a niente, ti fa passare la voglia di andare in snowboard, non si apre il libro per gli esami ecc. Quello che posso dire io è che mi è servito molto soprattutto


MONGINEVRO PHOTO DENIS PICCOLO


per l’approccio con i principianti, la voglia di andare in snowboard non mi è passata e il libro oltre che ad averlo aperto ho dovuto impararlo bene per passare gli esami. L’ unica cosa che cambierei è la selezione, che andrebbe impostata più sul freestyle.

PERCHÈ DOPO MOLTI ANNI NEL MONDO DELLO SNOWBOARD HAI SCELTO, TRA LE MOLTE SCELTE CHE AVEVI, LA VIA DEL MAESTRO? COS’ALTRO TI SAREBBE PIACIUTO FARE? Diciamo che non ho proprio scelto la via del maestro. ho voluto fare il corso per avere una possibilità lavorativa in più, che mi dà la possibilità di farlo ad intermittenza così che quando nevicherà potrò ancora farmi qualche curvetta in pow. Poi in futuro chi lo sà, bisogna sempre lasciare tutte le porte aperte!

L’ INVERNO PASSATO HAI PARTECIPATO AD ALCUNE TAPPE DEL FREERIDE WORLD TOUR (WWW.FREERIDEWORLDTOUR.COM). COM’È ANDATA? PARLACI DI QUESTA ESPERIENZA. Ho partecipato a due gare del circuito di qualifica una a Flaine in Francia e la seconda a Gressoney in Valle d’Aosta dove sono arrivato ripetitivamente 13esimo e quinto. Avrei voluto farne di più ma essendo tutte gare a numero chiuso per potervi partecipare era necessario o il ranking dell’anno precedente o una white card data dagli organizzatori, di conseguenza alle altre quattro a cui avevo fatto domanda non sono stato accettato. E’ stata una bella esperienza, le gare sono ben organizzate, il giudizio non dipende dal tempo che utilizzi nel scendere ma dalla linea che hai scelto, cliff e fluidità. Di conseguenza diventa anche molto importante scegliere la linea giusta e ricordarsela una volta arrivati in partenza.

HAI INTENZIONE DI RIPETERTI LA PROSSIMA STAGIONE, MAGARI PARTECIPANDO ANCHE A QUALCHE GARA LONTANO DALLE ALPI? Mi piacerebbe molto, al momento non ho ancora programmato niente ma se ci sarà l’occasione sarebbe bello fare qualche trasferta lontano dalle alpi.

IL FREERIDE STA PRENDENDO SEMPRE PIÙ PIEDE IN QUESTO SPORT E SO CHE TU NE SEI UN GRANDE ESTIMATORE PUR AVENDO AVUTO UN PASSATO TRA STREET RAIL E PARK. PENSI CHE SIA UN PASSAGGIO OBBLIGATO CON IL TRASCORRERE DEGLI ANNI O C’È QUALCOSA DI PIÙ? Assolutamente no! ci sono un sacco di riders sia nostrani che stranieri che pur essendo intorno ai trenta continuano a fare street rails e park ad alto livello. Personalmente dopo tanti anni trascorsi in montagna ho cominciato a vederla in maniera diversa, ad apprezzarla non soltanto d’inverno ma tutto l’anno e mi sono accorto di quant’è ancora più affascinate lontana dalle piste. Quando sono in cima ad una montagna o in un bosco durante una nevicata mi sento quasi parte dell’ambiente e questo mi fa stare davvero bene. Luoghi così perturbanti, ambienti che emanano una tale potenza di suggestione, non possono certo essere guardati con indifferenza: o si è respinti o se ne è attratti.

PERCHÈ SECONDO TE C’È QUESTA VOGLIA DI STREET E DI RAIL DA PARTE DELLE NUOVE LEVE? Semplicemente perchè è più facile.

NELLO SNOWBOARD MOLTI RAGAZZI, SPECIALMENTE LE NUOVE LEVE, SOTTOVALUTANO LA PREPARAZIONE FISICA ED UN BUON ALLENAMENTO PRE-STAGIONALE, SINTOMO DI SCARSA PROFESSIONALITÀ E DI POCO IMPEGNO VERSO UNA PRATICA A DIR POCO ESSENZIALE PER QUALSIASI ALTRO SPORT.CHE IMPORTANZA

HA PER TE MANTENERSI IN FORMA ED AVER CURA DEL PROPRIO CORPO IN FUNZIONE DI UN’ ATTIVITÀ SPORTIVA? Purtroppo in Italia quando si parla di snowboard arriviamo sempre in ritardo, da noi è ancora considerato un gioco, un passatempo che va ben d’accordo solo con le feste e l’essere figo. In realtà bisognerebbe far capire soprattutto ai giovani talenti che non basta più fare snowboard per diventare forti e poter competere alle gare internazionali, ma è d’obbligo seguire una preparazione fisica durante tutto l’anno organizzata e programmata secondo gli impegni più importanti come avviene per tutti gli altri sport. Questa è la sola strada da percorrere per vedere un giorno i nostri riders ai massimi livelli.

SEI LAUREATO IN SCIENZE MOTORIE E SEI UN MAESTRO. COME PENSI DI UNIRE ENTRAMBI IN QUALCOSA DI PRODUTTIVO? Mi piacerebbe molto allenare un gruppo di ragazzi con la voglia di imparare e migliorare. Spero di avere presto la possibilità di farlo!

UN TUO PARERE SULL’ EVOLUZIONE DELLO SNOWBOARD NEGLI UTLIMI ANNI E SULLA SCENA ITALIANA. VEDI UN FUTURO ROSEO O C’È ANCORA MOLTA STRADA DA FARE? Negli ultimi anni sono nati e si sono consolidati dei buoni park in Italia, le scuse che non ci sono park per allenarsi credo che dovrebbero finire. Al momento la possibilità c’è, alcuni giovani talenti li abbiamo, quindi bisogna solo aggiungere a questo come dicevo prima un buon allenamento e molto impegno e sicuramente qualche risultatò ci sarà.

IN ITALIA CI SONO MOLTE RIVISTE DEL SETTORE. MOLTI FOTOGRAFI. CREDI SIA GIUSTO CHE OGNUNO ABBIA LA POSSIBILITÀ DI PROVARCI O PENSI CHE COSÌ FACENDO SI VADA A PERDERE IN QUALITÀ? Credo sia giusto che ognuno abbia la possibilità di provarci, ma non credo che ci sia per forza bisogno di fare una rivista… così facendo si perde in qualità oppure si rischia di fare uscire delle brutte copie di riviste straniere con materiale di scarto comprato all’estero.

TU FAI PARTE, SE SI PUÒ DIRE, DELLA “VECCHIA SCUOLA VALDOSTANA”. COSA NE PENSI DI UNA REGIONE CHE INVESTE POCO NELLO SNOWBOARD FREESTYLE E DELLA SCARSITÀ DI GIOVANI VERAMENTE TALENTUOSI? Neglii ultimi anni abbiamo delle realtà freestyle anche qui in Valle D’Aosta, i park di Pila e Cervinia ne sono un esempio, il problema è che fino a quando gran parte degli snow club saranno allenati da maestrini da quattro soldi che di freestyle non sanno nulla non si può pretendere di fare crescere nuove promesse, andrebbero prima cambiati gli allenatori…

LA STAGIONE È ALLE PORTE.CHE PROGETTI HAI E COSA TI ASPETTI DA QUESTO INVERNO 2010/2011? Beh sicuramente lavorerò un po’ come maestro in oltre mi piacerebbe fare alcune gare di freeride e un po’ di foto ma soprattutto un sacco di powder!

E’ GIUNTO IL MOMENTO DI SALUTARCI MA NON PRIMA DEI DOVUTI RINGRAZIAMENTI E SALUTI. Ringrazio voi di Sequence per l’intervista inaspettata. Saluto e ringrazio la mia famiglia e mia mamma in modo particolare. Ringrazio i miei sponsor: k2,Etnies,32,Spy,PlanetEarth,Iuter,Pow,Switshop e Valle d’Aosta. Saluto Killer e Arturo di Random,Poldo,Erika e Alby,Kinder,Riki,Tato,Gigi,Torc hio e Matte,Max Stampfl e gli Hobbit,Ciccio, Boiler,Suding,Gianni,Piotta, Galimba,Dani e tutti i black arrows,Giacomo e Filippo,tutti gli Iuter boys ,Olly,Zeman e Pongi,Whazza e Tania,Devid e Jhonny,Mary e Virginia,Bazza e Ivo,Dan e Davide,Gesù e Don Giuseppe,Taz,Vasco, Ag, Elena...tutti!


LA THUILE PHOTO CRISTIAN SCALCO



Shots PICCOLO DENIS

MATT GEORGES

ROBY BRAGOTTO

CYRIL CRISTIAN SCALCO SIMON GRUBER PHOTO MATT GEORGES


ROLAND BARMASSE PHOTO CRISTIAN SCALCO


MANUEL PIETROPOLI PHOTO CYRIL


MATTEO TUBEROSA PHOTO DENIS PICCOLO



DEVID DE PALMA PHOTO CRISTIAN SCALCO


MAX STAMPFL PHOTO ROBY BRAGOTTO


MARCO CONCIN PHOTO ROBY BRAGOTTO



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BOARDS A CURA DI NICOLÒ BALZANI BY FIFTH SEASON

FORUM CONTRACT

BURTON JEREMY JONES

BATALEON EVIL TWIN

YES THE DUDES

BLACK HOLE BANANA

La tavola più estrema della linea! Per un jibbing urbano senza precedenti, base super resistente e tecnologia scelta e testata dal Team Forum. Il Pop Camber con extra pop sulle estremità permette ollie potenti e un controllo mai provato prima.

Un’autostrada per la zona di pericolo. Dinamica come il suo ideatore, la tavola di Jeremy Jones è reattiva e permissiva, capace di farti sentire padrone della situazione durante ogni tipo di riding. Disponibile anche in versione mid wide.

Studiata per dare il massimo soprattutto nel jibbing, ma adatta anche per affrontare le transizioni. Questa “true twin” è un TBT con anima in pioppo e faggio rilegati tra loro con fibre di vetro e rinforzi in carbonio per ollie e resistenza agli impatti.

IL top model di casa Yes adatto soprattutto per il freeride e kicker in fresca. Multiradius con shape Rocker, ha grandi proprietà di galleggiamento e nello stesso tempo è molto rapida e precisa grazie agli inserti in carbonio.

Nuovo eccezionale stampo rocker con un incredibile relazione qualità prezzo. Ottima in ogni situazione, Reverse Camber Twin Tip, per il top della resa in fresca ma anche sui rail!


ROME ARTIFACT

SALOMON SALOMONDER

DC IKKA PRO

NITRO EERO ETTALA

VOLKL JIBSTER SQD

Da ormai 6 anni è la tavola perfetta per affrontare i rail, le rampe, i box ed ogni altro tipo di ostacolo. Dotata della tecnologia Quick Grip Sidecut, con un’anima super resistente agli urti e leggera. Con Artifact il divertimento è assicurato ed il prezzo è davvero conveniente!

Tavola leggera, ma con ottima tenuta e flex, cha la fa scorrere sui rail in tutta libertà. Potrete divertirvi nei jib e nei flat tricks! Salomonder è una tavola adatta chi non vuole un rocker accentuato per ottenere più pop possibile.

Ikka e partito da una MLF per costruire il suo promodel. Iikka ha scelto l’amico Jani Tolin, come graphic artist per disegnare la grafica della sua tavola, il risultato finale è uno stile cittadino e graffittaro come il riding del suo ideatore.

Eero è un mago! Da anni in piena progressione tecnica, non smette mai di provare nuovi trick e nuove esperienze portando il suo riding a livelli di precisione incredibili. I suoi pro model si evolvono ogni anno con il suo stile!

Con lei niente più rovinose cadute mentre si eseguono lipslide sui rail o mega rotazioni. Grazie alle sue tecnologie, il Freestyle Rocker e la base convessa garanzia di un riding fluido, la Jibster SQD sarà l’arma segreta per ogni jibber.


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d a s x v e r s o d x d a l l ’a l t o v e r s o i l b a s s o : Boots DC Park, Bindings Union Danny Kass Royal, Helmets Giro Shiv Googles Electric Eg1, Bindings Flux Sf45, Boots Northwave Decade Risto, Bindings Burton Cartel Googles Smith I/OS, Googles Dragon Rogue, Boots Head Team.


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d a s x v e r s o d x d a l l ’a l t o v e r s o i l b a s s o : Sneakers Cmyk Corpo, Jacket Rusty Ultraviolet, Beanie Coal Logo, Protest Radway, Jacket RoxyGrey Fox Jacket Nike 6.0 Kampai, Jacket & Pant Bastard Goja & Lupa, Jacket Quiksilver Trip 8K, Jacket Special Blend Gunner Gloves Level SubUrban, Volcom Allure Armored Down Jacket, Gloves Pow Sniper, Jacket Zimtstern Hood, Sneakers Dc Pure XE, Sneakers Elemetn HI 8


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Cervinia, siamo intorno all’anno 2000. In quel periodo i camp estivi più in voga per i pro erano Cervinia, per la possibilità di girare nel pipe di Zermatt e Val Senales con il suo famoso kikkone da 30 metri. Come per i riders europei anche a Filippo Kratter, Giacomo Kratter, Stefano Carini e Tommy Tagliaferri non bastava più girare solo ed esclusivamente nel periodo invernale, la voglia di Snowboard era insaziabile, quindi nel periodo estivo il ghiacciaio era una meta scontata. Grazie alla possibilità di allenarsi durante l’estate il livello si è alzato notevolmente, fino a raggiungere i trick incredibili che ammiriamo nei video e nei magazine.


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