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35.000 COPIES DISTRIBUTED IN ITALY, SWITZERLAND, AUSTRIA, GERMANY, FRANCE, ENGLAND | MARCO MORANDI BY DENIS PICCOLO | POSTE ITALIANE SPA SPEDIZIONE IN ABBONAMENTO POSTALE 70% PESCARA AUT C/PE/55/2015
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Our exclusive collaboration unites the virtually indestructible, Warrantied For Life performance of both the BoaÂŽ Closure System and New England Rope laces for the ultimate in convenience, ease, and adjustability. Available in single and dual zone set-ups, Burton Boots with BoaÂŽ provide an innovative spin on every feature. 13Things.com/Boa
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9/15/15 1:50 PM
Markus really fell in love with Nitro’s Quiver Pow! After riding it in pipe at the Burton European Open in Laax, deserving the respect of all the riders and media up there, he managed to use it for a powder shooting too. Brands should pick these colours for their boards’ base more often like this one here: a true winner for all us photographers! MARKUS KELLER BY MATT GEORGES IN MAYRHOFEN, AUSTRIA
During Finland’s wintertime temperatures hardly get more than 0°, and when you find yourself shooting under a snowfall the usual question comes back again: “Why did I become a snowboarding photographer?”. Still, the opportunity of bumping into a whole powder wall to the groomer’s side, just ready to get slashed and with space enough to place your flashes at its back doesn’t happen too many times. So, fuck the cold! ANTTI AUTTI BY MATT GEORGES IN RUKA, FINLAND
I don’t like this shot at all. Despite the spine was really huge, I couldn’t find the right angle from where to highlight Marco’s jump amplitude. Unluckily, after he stomped the trick, he blew his knee and so kiss the rest of the season goodbye. Come back stronger than ever, Marchino! MARCHINO GRIGIS BY DENIS PICCOLO IN SAN DOMENICO, ITALY
TXT: GIACOMO MARGUTTI PIC: BLOTTO RIDER: BEN FURGUSON
Non tutto è perduto. Prendete ad esempio questo ragazzino qui con la Custom di quest’anno (festeggia i suoi primi venti anni di modelli quasi tutti vincenti, non potevamo non renderle omaggio). Lui si chiama Ben Ferguson, ha vent’anni proprio come la tavola che utilizza, ed è uno di quei nomi che nei prossimi dieci anni sentiremo sempre di più. In tanti dicono che rappresenti il futuro dello snowboard, perchè è forte in pipe, in slopestyle, e soprattutto è divertente da vedere. Le cose che fa, i trick che si inventa, ti fan venir voglia di andare in tavola e provarci anche tu. Perchè non fa solo cose ultra tecniche, tipo uscite in pipe da 5 metri e quad cork. Fa più o meno anche quello in effetti, ma non solo. Il futuro dello snowboard non è perduto perchè finchè c’è eterogeneità c’è speranza. Non possiamo permetterci di ridurre una cosa così bella e divertente come lo snowboard ad un mero esercizio ginnastico-artistico: lo snowboard è un trick
DRA NOR WAV VICT DE L
in park, una carvata in pista, una slashata in fresca, non solo uno street rail di 20 metri o corkate triple/ quad. Se diventasse così perderemmo popolarità, verrebbe a mancare la filosofia di fondo che tiene ancora a galla tutti noi. Come dice fuori dai denti Mark McMorris durante la nostra lunga ma interessantissima chiacchierata: “Ci sono rider che provano a fare il triplo cork e lo chiudono magari, ma la maggior parte di essi non sa curvare in pista. Vanno sui trampolini, si allenano a chiudere il triplo cork e poi non sanno andare da lamina a lamina. Io sono uno snowboarder, non un aerialist o un trampolinista. Provano e riprovano i trick solo per mettere la clip su Instagram. Ma che cazzo di senso ha? Nessuno. Lo snowboard fa schifo se è diventato questa roba qui. Non lo fai per divertirti, ma solo per… boh, aumentare il numero di likes sui social media.” Date un occhio a quello che fa con la sua tavoletta Ben Ferguson. No, non tutto è perduto. Non ancora.
Photo: Chirs Wellhausen
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DIRECTOR
Murio, Alessandro “Killer” Miniotti, Davide Spina, Arturo Bernardi, Ales-
Americo Carissimo
sandro Belluscio, Lorenzo Belfrond, Roberto Bragotto, Lorenz Holder, An-
EDITOR IN CHIEF
drea Rigano, Marco “Boiler” Boella, Luca Benedet, Vasco Coutinho, Cyril
Denis Piccolo (denis@jpgedizioni.com)
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PHOTO EDITOR
Michaela Stefania
Cristian “Murio” Murianni (murio@jpgedizioni.com)
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benvenuti@jpgedizioni.com +39 333 7741506
George Boutall (george@evergreendesignhouse.com)
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Jpg Edizioni di Salvatore Paolo, Piccolo Denis, Murianni
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ILLUSTRATIONS & LETTERING
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PHOTO SENIORS
DISTRIBUTION
Denis Piccolo, Matt Georges
Freepress Sequence Snowboarding rivista mensile registrato
FILMER SENIORS
al tribunale di Pescara il 14/05/2003 al numero 173/15
Marco Morandi
COVER
PHOTOGRAPHERS & FILMERS
Denis Piccolo
BEHIND THE COVER FIRST LAYER POWDER HOUNDS PRODUCT FOCUS KILLER COLLABS TECHNINE BOOT CAMP GOOD TIMES CAMP SPLIT SELECTION 20 YEARS OF THE CUSTOM UNION COLLECTION SUPERTRICK MONTENEGRO DREAMING BROKEN CIRCUIT MARK MCMORRIS MADE IN JAPAN WORD OUT
BY MATT GEORGES
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TXT & PIC: DENIS PICCOLO SNOWMAN: MARCO MORANDI
La costruzione di un jump durante una session in neve fresca è ricca di momenti indimenticabili. Le ore di lavoro vengono precedute dalle poco democratiche discussioni su dove e come costruirlo, si passa dalla scelta della pala migliore fino alle infinite pause merenda e pause sigaretta. Proprio in queste pause, al nostro filmer Marco Morandi - meglio conosciuto dal pubblico femminile come “Johnny il Bello” - viene la strana idea di volere un ritratto con la faccia e la barba piena zeppa di neve. Non sto qui a raccontarvi le liti per chi deve tirare la palata di neve. Per quanto mi riguarda, ancora una volta sono ben felice di dover restare dietro la macchina fotografica. Nicholas Bridgman è il fortunato, quello che deve eseguire il compito, mentre Simon Gruber da vero purosangue tedesco non si stacca un secondo dalla costruzione
del jump. Johnny vive la sua barba come la massima espressione della mascolinità, folta e fitta. Osservandola bene si possono intravedere strane presenze che vivono nel sottobosco. Perfetta per lo scatto, come perfetta è la maglietta in pura lana ereditata da qualche suo lontano parente, perfetto anche lo sfondo e la luce... insomma, ci siamo. 3,2,1… azione! Veloce sequenza e grasse risate nel vedere Jhonny completamente congelato e dalla vaga somiglianza con Babbo Natale. Non ci posso credere: è andato tutto alla perfezione, con la neve incollata perfettamente alla barba. Guardo lo scatto e sono soddisfatto, possiamo finalmente partire con la session al tramonto e concludere la giornata di shooting, così come ora con questo scatto ricco di energia in cover possiamo far partire questa nuova stagione di Sequence Magazine!
PHOTO: JOEL FRASER
SCOTT STEVENS
PURVEYORS OF THE WILD LIFE
WWW.CAPiTASNOWBOARDING.COM
ITW: DENIS PICCOLO PIC: MATT GEORGES
UN NUOVO PROGETTO DI VANS E MATT GEORGES First Layer è un progetto di Vans con l’intento di mettere in mostra il talento enorme della famiglia snowboard di Vans, questi nomi dicono già tutto: Arthur Longo, Sami Luhtanen, Will Smith, Sparrow Knox, Wolle Nyvelt, Enzo Nilo, Markus Keller, Valérian Ducourtil, Tyler Chorlton, Kalle Ohlson, DBK. Il footage di Vans spazia dalla notte lappone alla luce della Patagonia, passando per la neve fresca delle Alpi. Vans vede così lo snowboard: un ottimo mix di street riding, backcountry e viaggi. Il viaggio è stato documentato dal talentuoso fotografo francese Matt Georges, e i suoi migliori scatti sono stati scelti, messi insieme e stampati in un photo booklet, distribuito gratuitamente nei migliori negozi di snowboard in tutt’Europa e pubblicato a Dicembre insieme ad un video per il web di dieci minuti, editato da Pirmin Juffinger. Abbiamo intervistato Matt Georges: QUAL È STATO LO SCATTO PIÙ DIFFICILE? Uno street spot a Ruka in Lapponia, con Sparrow Knox e Will Smith. È un flat rail molto alto con un gap su delle scale con un down rail. Super sketchy e bello grosso, inoltre era una notte buia con un sacco di vento e una tempesta di neve e angoli di ripresa limitati. Non c’era spazio per nessun errore, sia loro che mio. Non si vedeva niente, e i rider praticamente giravano con gli occhi mezzi chiusi. Ho scattato con tre flash ma faceva freddissimo e le batterie si consumavano in fretta. Hanno iniziato con trick semplici e poi son andati giù pesante, ma un flash si era già scaricato, il che mi ha spinto a essere più creativo per far una foto in ogni caso buona.
COSA TI FA CONTINUARE CON LA FOTOGRAFIA DI SNOWBOARD? Prima di tutto è bello lavorare nella natura e fuori da un ufficio. Immaginatevi di esser pagati per viaggiare intorno al mondo per fotografare quello che amate. Potrebbe andar peggio, eh?! Ovvio che dopo un po’ di anni può anche esser noioso a volte, specialmente quando le cose non funzionano, il tempo è brutto, i budget scarseggiano, la gente e i rider vengono licenziati o perdono gli sponsor eccetera. È stato bello lavorare con Vans quest’anno, perchè hanno fatto il contrario di quello che succede ora con altri brand. Al posto di tagliare per salvare il budget, hanno creduto in un progetto figo fino in fondo: questo photo book. Progetti come questo mi tengono vivo e motivato! Far foto di snowboard è costoso e se vuoi avere buoni risultati devi andare all in, e ciò significa che devi sempre avere un minimo di supporto alle spalle. Quando riesco ad avere ciò, allora riesco a fare cose interessanti, altrimenti faccio altro. Ho due bambini ora e devo pensare a portare in tavola da mangiare alla fine del giorno. QUAL È IL TUO SCOPO PER QUESTA STAGIONE? Sto lavorando sulla seconda edizione del mio libro annuale THE.DIRTY.DOGS. Sarà pubblicato il 16 di gennaio. Lanceremo anche questo FIRST LAYER Project in collaborazione a Londra alla House of Vans, con una mostra di foto e un party d’apertura. Sto già lavorando con Vans sul photo book per la prossima stagione. Viaggerò e cercherò di portare a casa il meglio per i miei clienti più affezionati, lavorerò su progetti creativi, da solo o con altri fotografi o art director.
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BY THE EDITORIAL STAFF
ARBOR COSA NOSTRA
BURTON LANDLORD
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Questa tavola incarna due delle caratteristiche Arbor per eccellenza: ecosostenibilità e topsheet in vero legno, intarsiato e creato con gli scarti di produzione. Surf da neve direzionale dotato di tecnologia “The Rocker System”: un’eccellenza in casa Arbor per costruzione, finiture e prestazioni.
L’equilibrio twin shape incontra la precisione direzionale in una tavola da sogno che galleggia e vola in fresca. Dalle radici della Malolo, la Landlord assicura stompaggi precisi e un feel tipo surf.
Se volete divertirvi veramente su qualsiasi tipo di terreno e in ogni condizione, ecco qui la vostra prossima, super versatile, tavola. Dalle curve carvate tipo rasoio fino agli ollie più alti, la Mercury riesce a starvi dietro su tutto quello che volete fare: l’all terrain freestyle è la sua vera anima.
Sapete perché si dice “surfare la neve” quando si parla di andare in fresca? Prendete questa tavola e scoprirete quella sensazione che si prova ad andare sulle onde del mare. Per slashare dalle tempeste invernali al primo sole primaverile. Parola di Corey Smith.
€ 670
€ 650
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DC FOCUS
DRAKE GUERRILLA
FLOW DARWIN
JONES FLAGSHIP
La Focus è una tavola per fare tutto, grazie al suo twin tip e grande flessibilità, è stata specificatamente concepita per aiutare la tua progressione e migliorare le tue abilità.
La Guerrilla con il suo nuovo surf shape prende la forma di una tavola da backcountry, ma è stata creata specificatamente per affrontare tutta la montagna. Risposta immediata e controllo senza limiti, dominando le situazioni più estreme.
Per tutti quelli che cercano sempre la fresca, ovunque si trovino. La Darwin è stata disegnata in collaborazione con Dale Rehberg e Mike Basich e ha cavalcato le onde bianche negli ultimi anni. Ma non è solo per il backcountry: funziona bene anche su neve molto compatta e dura. Coda di rondine: top!
La leggendaria Flagship è la pietra angolare di tutta la linea di tavole Jones. Jeremy Jones in persona ha perfezionato il design di questa tavola da freeride lungo due decenni, e migliaia di rider intorno al mondo ora venerano la Flagship come la tavola da snowboard, potente e reattiva, che ispira più fiducia.
€ 299
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BY THE EDITORIAL STAFF
K2 CARVE AIR
KORUA APOLLO
LIBTECH ATTACK BANANA
NITRO DIABLO
Un mezzo All Mountain solido e potente per spaccare su tutti i terreni, tagliato in coda e allargato in pancia per avere air più alti e carvate più estremi. Macchina veloce e rapida per tweakare, slushare, ruotare, curvare, insomma divertirsi senza pensieri.
Per essere una tavola da powder / neve fresca è abbastanza corta (156), ma galleggia egregiamente tra gli alberelli dove vi divertirete maggiormente grazie alle sue velocissime movenze da felino. E’ quasi un retro-fish, ma girandoci sopra sembra invece una shortboard tra le onde del mare.
L’arma di Lib Tech per spaccare su tutti i terreni. Ha un pop sufficiente e una stabilità eccezionale per stompare qualsiasi trick, per galleggiare flottante in fresca, per essere il N.1 in park o tirare carvate estreme col gomito a terra anche sul ghiaccio.
E’ tornata la tavola da backcountry freestyle migliore che sia mai uscita dai reparti di ricerca e sviluppo Nitro. Nose e tail grandi, pronti a solcare in qualsiasi maniera ogni tipo di neve e shape twin asimmetrico per un feeling di surfata sorprendente.
€ 450
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NITRO QUIVER POW 154
RIDE BERZERKER
SLASH NAHUAL
T9 LM BLOCKFATHER
Disegnata a mano da Austin Smith, questa tavola è rapida e veloce, un missile galleggiante in un mare di pow. Il nose enorme e lo shape super affusolato consentono di mantenere la velocità su ogni terreno, sgusciando tra gli alberi ed affrontando ogni cliff.
Il rocker sotto al nose e il camber sotto ai piedi danno proprio quel galleggiamento perfetto e quella stabilità che tutti noi cerchiamo quando stiamo andando a mille e stiamo spingendo in fresca. E’ una tavola eccezionale in poche parole, un ibrido All Mountain che con il flex intermedio può andare bene un po’ ovunque.
La tavola che usa Manuel Diaz. Il Camber 0 piatto e il Rocker solo in punta favoriscono galleggiabilità e manovrabilità. Serve velocità, controllo e un guizzo di pazzia.
Lucas Magoon ha voluto un secondo pro-model che ha dedicato a sua volta a un rider storico come Pat Bridges, The Killington Blockfather. Quello che ne è venuto fuori è una tavola divertente e ottima per il park nonostante lo shape quantomeno curioso. Gooner la usa anche in SFD, guardare per credere.
€ 499
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Uno scarpone top, top, top di gamma, marchiato e garantito dall’esperienza ventennale di Thirtytwo e da quella leggenda vivente del big mountain freeride che si chiama Jeremy Jones. Un boot fatto in questa maniera non si era mai visto prima d’ora e 32 insieme a Jeremy hanno costruito un modello che potrebbe essere esposto al MOMA di New York City talmente è bello e tecnologicamente avanzatissimo. Per quei rider che amano esplorare i punti più remoti in backcountry con le loro split board e non si accontentano di snowboardare dietro casa o nei confini limitati dei resort, ma si spingono sempre oltre. La suola, con un disegno tradizionale, è marchiata Vibram, il massimo in questo campo. L’azienda italiana che Vitale Bramani ha fondato nel 1937 non tradisce mai e potete sempre andar sul sicuro quando vedete il loro logo giallo impreziosire le migliori scarpe tecniche del mondo. Interamente in gomma, questa suola esterna Vibram è ovviamente super resistente e offre un grip pazzesco su ogni tipo di terreno innevato, con un profilo sottile e sagomata in maniera tale da poter essere compatibile con i ramponi. Soluzioni e materiali completamente innovativi, come il primo che salta immediatamente all’occhio – il pan-
nello frontale che chiude ermeticamente la parte anteriore del boot per proteggere i lacci dal congelamento e per impedire l’entrata della neve. Il fit è “performance” (32 ha tre fit differenti, gli altri due sono “comfort” e “team”), mentre il flex è il massimo della rigidità, scelta pienamente giustificata date le alte prestazioni e soprattutto lo scopo di questo modello da freeride. L’interno del boot porta con sé il meglio di casa Thirtytwo, con scarpetta Level 3 e plantare sportivo Level 3, entrambi termoformabili per permetterti di ottenere la calzata definitiva e iper-collaudati nei modelli di punta come il Prime e il Tm-Two. Allacciatura tradizionale, ma con tiranti indipendenti a gabbia sul dorso del piede per garantire una stretta omogenea e progressiva che parte dal basso. L’integrazione tra allacciatura tradizionale e Boa, che Thirtytwo sperimenta anche nello scarpone Session ma con un differente utilizzo, è rivolta a rendere lo scarpone idoneo alla camminata e al movimento associato alla tipica sciata pattinata dello split boarding. Il “Walk Mode” lo si attiva così: allentando il boa, si apre lo sportello posteriore che aumenta l’escursione concessa alla gamba oltre a premettere un miglior esercizio muscolare del polpaccio. Il collo del pie-
TXT: GIACOMO MARGUTTI PICS: DENIS PICCOLO
de in modalità camminata lavora con il sistema BOA, permettendoti di rilasciare la zona del polpaccio per fare delle falcate più grandi in modalità splitboard. La ghetta è realizzata in cordura elastica, la punta delle dita è in gomma e le cuciture sono nastrate, per proteggere il piede e gli scarponi da qualsiasi cosa possa mettersi sulla tua strada mentre esplori il fuoripista. Inoltre lo scarpone esterno ha un flex progressivo nella zona della tibia e un flex più duro sulla punta, il che ti dona una buona flessibilità durante le torsioni e un buon supporto mediano/laterale, creando la combo definitiva tra riding e abilità di camminata. La scarpetta interna dello scarpone è termoformabile nonché compatibile con la modalità camminata, ideale per tenere il piede in una posizione comoda durante le arrampicate o nelle avventure in splitboard. Le cuciture nastrate e le ventilazioni presenti nella scarpetta aiutano a mantenere il piede asciutto e alla temperatura ideale. La scarpetta interna è estraibile per poter camminare e muoversi agevolmente anche in rifugio, in tenda o in bivacco. Il sistema di allaccio è uno dei sistemi migliori presenti sul mercato, con i ganci nella parte superiore, per mettere le stringhe al loro posto,
mentre i passanti nella parte inferiore donano tutto il supporto di cui hai bisogno. Il sistema per mettere in tensione la linguetta è maneggevole e ti permette di regolarlo con precisione sia a livello di calzata, sia a livello di performance dello scarpone. Inoltre una resistente fascia di avvolgimento dona ancora più sostegno alla zona. Il suo prezzo, 539€, è ampiamente giustificato dall’esclusività del modello. CARATTERISTICHE Suola Vibram Compatibilità con i ramponi Collo in modalità camminata Ghetta in cordura elastico Punta in gomma Scarpetta interna intuition in modalità camminata Cuciture nastrate Fascia avvolgente resistente Scarpetta ventilata Flex progressivo sulla zona della tibia
TXT: GIACOMO MARGUTTI PICS: DENIS PICCOLO
L’idea Melon Optics nacque durante un inverno sulle Alpi francesi. Dopo quell’inverno i ragazzi scapparono in Indonesia per surfare e lavorare sul progetto e alla fine lanciarono il brand Melon nel giugno 2013 e la prima maschera fu immessa sul mercato lo stesso inverno 2013. Lo slogan del brand Melon, “Ride Stoked”, dice tutto sulla filosofia di questo marchio di maschere da snowboard: having fun è la cosa principale per loro. Lo snowboard non è solo essere il miglior rider in montagna o saltare sul kicker più grosso del park, ma è anche e soprattutto girare con gli amici e divertirsi. Alcune delle amicizie più profonde si construiscono in montagna durante le stagioni invernali. Il legame creatosi nel girare in tavola insieme ogni giorno, nel costruire strutture o nello spingersi l’un l’altro... lo snowboard significa questo. Melon è un modo per esprimere tutto ciò. Il team dei rider Melon è super importante perchè ognuno di essi porta idee diverse: Pucko (Nejc Puko) è il rider di punta in questo momento, quello che spacca. Ha filmato un progetto video con Janez Kockbek tutto nei boschi, in cui tutte le strutture son state costruite da loro prendendo spunto da quello che c’era lì intorno. Il concetto è molto diverso dal solito e si focalizza sull’idea del “riding your way”: girare in tavola a modo tuo, di nuovo, la filosofia principale del brand Melon. Le maschere di Melon provengono dai più famosi costruttori di goggles
al mondo, il che consente di produrre costantemente maschere tra le migliori del mercato. Due sono i criteri fondamentali per Melon: 1. Non si appannano. 2. Sono fighe. Tutto qui. Il flusso d’aria incredibile in tutte le maschere Melon aiuta quando si cammina e ci si arrampica fino in cima e si sta per droppare pronti per tirare la linea più bella della giornata, perchè la visione è sempre perfetta. Naturalmente tutte le lenti sono intercambiabili, sono presenti anche strap con righe in silicone e tutte le altre caratteristiche che ci si aspetta di avere su una maschera di qualità. In fin dei conti, sono maschere che uno vuole mettersi in faccia per girare tutto il giorno, tutti i giorni. Melon voleva creare qualcosa di nuovo, lasciando ai clienti la scelta dei colori e delle grafiche della loro maschera, customizzandola completamente come piace a loro. Così da esprimere il proprio stile unico. Ci si può spingere fino a 1’500 combinazioni custom tra frame, lenti e strap, disponibili sia presso i rivenditori che online, per creare pattern unici e design che si differenziano da quello che si vede di solito in montagna. È un processo divertente, perchè il risultato è una maschera che è fighissima e pronta per ogni condizione meteo con cui si vuole girare. Per esempio, la nuova Parker è una maschera super comoda e leggera. La lente cilindrica è sempre super pulita e tutta la maschera ha un aspetto stiloso e minimalista, proprio come va ora.
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Duro e puro come il vero stile street wear, questo Outlander boot non è solo robusto di facciata: lo è, punto. Ispirato alle opere artistiche del rider del team Volcom Bryan Iguchi, con dettagli tecnici come il supporto interno del tallone modellato in EVA per una calzata perfetta.
Nitro ha lavorato con il fotografo Steven Stone per catturare il sapore della dipendenza. Roof Chop camber assicura la reattività e lo snap e laminatura Bi-Lite per un comfort giornaliero. Steven ha aggiunto alle grafiche il suo amore per le donne, la vita notturna e delle situazioni uniche.
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Entrambe leader nel settore abbigliamento per l’outdoor, Filson e Burton hanno di nuovo unito le loro forze per fare questa Wheelie Flight Deck Bag. La valigia porta la linea Burton Wheelie a un gradino superiore, con tocchi Filson come la costruzione in twill finitura olio 18oz., insieme a linguette in pelle delle zip e pannelli posteriori in PU.
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Nato dalla prima collaborazione di Giro con Topo Designs, l’Edit è il loro caschetto più leggero di sempre: come il sue nome suggerisce, può vantare un attacco frontale per la massima integrazione con la vostra GoPro. Sistema fit Roc Loc 5 di Giro per regolazioni rapide e 10 punti di ventilazione con un controllo slide-to-adjust.
Questa è la John John Florence Capsule Collection, un progetto collaborativo “Team Designed, Custom Built” tra JJF e il team prodotto di Nixon. Con un’edizione limitata di oggetti che riuniscono la passione per il surf di John, l’amore per la fotografia e la sua prospettiva da viaggiatore nel mondo.
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Uno scarpone da snowboard che supera lo stile da moonboot. Burton è sempre stata al top di questo settore ma, grazie a questa collaborazione con l’italiana Diemme, porta il discorso su un ulteriore livello di stile rispetto al classico boot da snowboard. Lo scafo è ridotto di una misura intera, così il tutto è più leggero, corto e sottile.
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Ispirata dalle comuni radici del New England e dalla stessa unione d’intenti come brand, la collezione Burton x New Balance offre tre New Balance SKU per l’outdoor e tre modelli di scarponi Burton per lo snowboard in edizione limitata che fondono la distinta estetica del design di entrambi i brand.
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TXT: GIACOMO MARGUTTI SELECTION: DENIS PICCOLO
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Splitboard si fa presto a dirlo e da qualche tempo si fa presto anche a farlo. Il filone relativamente nuovo delle tavole per il backcountry è lastricato se non d’oro, perlomeno è di argento: nelle ultime stagioni un po’ quasi tutte le maggiori aziende di tavole si sono buttate sulle split board, gli snowboard che si dividono in due per poter risalire la montagna e poter raggiungere posti immacolati senza l’aiuto o il bisogno di impianti (tenendosi alla larga anche da eventuali masse della powder del fine settimana) e poi si ri-uniscono per scendere. Una volta scietti, cia1. Burton AK 3L Hover 2. G3 Alpinist Climbing Skins 3. G3 Scapegoat Carbon 4. Karakoram PrimeCarbon 5. Melon Chief 6. The North Face Modulator Abs Backpack 7. Lib Tech T-Rice Hp 8. Burton AK Balaclava 9. Stinky Socks Yawgoons 10. Mammut Pulse Barryvox 11. Jones Solution 12. Burton Ak Abs Vario Cover
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spole e tavola in spalla, oggi niente più di tutto ciò. Come detto prima, il mercato delle splitboard in Italia e non solo è esploso insieme a quello dell’attrezzatura relativa, come attacchi superleggeri, airbag per valanga, pelli, pala, sonda, arva, bastoncini, scarponi dedicati e costruiti più per la parte di “alpinismo” che quella freestyle proprio per il tipo stesso di snowboard con le split, abbigliamento ultra-tecnico adatto per le lunghe camminate e tutto quel che ne consegue (come zaini, guanti eccetera), tecnologie innovative per avanzare nella neve fresca e pro-
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13. Anon Blitz 14. K2 Ultrasplit Splitboard Skin 15. Jones Hovercraft 16. Burton Photon Boa 17. Quiksilver Travis Rice 18. Burton Ft Landlord 19. K2 Ultrasplit 20. Spark Arc 21. Ortovox Free Rider Abs. 22. Anon M3 23. Burton AK Clutch 24. Burton Ak 3L Freebird 25. Level Stealth
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fonda... insomma, ormai il backcountry con le tavole split è una vera e propria disciplina a sé stante, dotata di un mercato tutto suo e particolare, ma che ha, se non rivoluzionato, perlomeno energizzato di nuova linfa un sistema-snowboard altrimenti in mezza crisi e senza troppe novità. Oggigiorno la scelta delle tavole e dell’attrezzatura relativa è vasta, ampia e ben variegata: giusto per farvi un’idea, qui avete numerosi esempi di quello di cui potreste aver bisogno. 26. The North Face freethinker 27. Burton Custom 28. Thirtytwo MTB Jeremy Jones 29. Mammut Element 30. Burton FT Fish 31. Evoc Zipon Abs 32. Spark Ibex 33. Burton Hitchhiker 34. Karakoram Split 30 35. Voile Revelator Split 36. Pieps Jetforce
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Dato che lo snowboard esiste solo da più o meno 40 anni, due decadi di innovazione e progresso della Burton Custom non sono poca roba. Un rider fortissimo come Ben Ferguson ha gli stessi anni della Custom, per dirne una. Il 2016 segna infatti il ventennale di questa tavola che è diventata una delle icone del freestyle riding su qualsiasi terreno. Schiere di rider hanno usato in questi ultimi 20 anni la Custom, che è da sempre una delle solette più fotografate in aria nei vari contest internazionali. In Italia è stata usata da Stefano Munari e da Manuel Pietropoli – nella versione X per le competizioni in pipe - all’estero - per citarne solo uno su tanti - un rider della fama di Peetu Piiroinen ha vinto gare su gare per anni portandosi a casa titoli su titoli Ticket To Ride/ World Snowboard Tour sia con la Custom che con la Custom X. Quest’anno una delle tavole più tradizionali e più versatili sul mercato è stata declinata da Burton in tanti modelli, diversificando l’offerta perchè la richiesta si è essa stessa diversificata nel corso di questi ultimi 20 anni. Se un po’ di stagioni fa avevamo la Custom (dotata sin dal suo primo giorno di potenza e reattività) e poi è venuta la Custom X (per quelli che la desideravano un po’ più rigida, più resistente e con più potenza e velocità, soprattutto i pipe rider per esempio), ora oltre a queste due versioni abbiamo anche la Custom Mistery (una bestia da 1’500€, con la massima tecnologia in fatto di riduzione del peso), la Family Tree Custom Split (per gli amanti del backcountry più tradizionale, pelli di foca e camminate per conquistarsi la vetta) e la Custom Twin (con vero twin shape, al posto del twin direzionale). C’è anche la Custom Smalls, per i rookie più piccoli, oltre a naturalmente la versione Flying V – l’ibrido ad ali di gabbiano di casa Burton, che
combina la potenza del camber con il galleggiamento rilassato del rocker, per il meglio di entrambe le soluzioni di bend: più manovrabilità e facilità d’uso, senza intaccarne la tenuta, un ibrido estremamente permissivo, con ponte tradizionale sotto gli attacchi e zone rocker al centro e in punta e coda a sollevare i punti di contatto delle lamine. A livello tecnico e tecnologico la Custom dispone di una ricca dotazione: anima Super Fly II in legno con zone a resistenza differenziata e brevetto Dualzone EGD per ottimizzare la reattività sugli spigoli; laminati in fibra di vetro triassiale con rinforzi 45° Carbon Highlights per trasmettere impulsi alla velocità della luce (questa formula di fibra di vetro ultra-reattiva riduce di molto il peso e incrementa il responso torsionale per un massimo controllo delle lamine e una precisione potente); fianchetti 10:45 a prova di drop e cliff enormi e soletta sinterizzata WFO; lamine Frostbite; punte Pro-Tip assottigliate; larghezza centrale progressiva e tecnologia Squeezebox con profilo a fisarmonica (con sezioni di anima più sottili sotto i piedi e più spesse in mezzo e oltre le zone attacchi per un peso complessivo minore, un riding più potente per ollie più grossi). L’Infinite Ride garantisce che pop, flex e risposta restino sempre quelli del primo giorno, stagione dopo stagione, senza afflosciamenti o cali sostanziali. Inoltre quest’anno Burton, per celebrare proprio il ventennale della Custom, la ripropone in edizione limitata con tre grafiche storiche: la 151cm del 1997, la 154cm del 1999 e la 158cm del 2000. Tutte camber tradizionale, flex medio e twin direzionale (la punta è leggermente più lunga della coda e la boccolatura è arretrata ma centrata rispetto alla sciancratura, che risulta quindi simmetrica – per un riding con sensazioni similari anche in switch).
TXT: GIACOMO MARGUTTI
rk & Nightpark Setup Snowpa RK: SETUP SNOWPA ked Rainbow Box, Kin m), n Rail, Halfpipe (100 m, 4,5 ow il,D Ra , Rail, Wallride, 10 Kicker (2 – 16 m) , Roller, Straight Fun Box, Mini Spine ked Mila Milk Box (Special), x, Kin le Tube, Fun Tube, Flat Box, Down Bo Up Box, Up doub ramide) (Py Box, Rainbow Box, ip rsh Sta Box, Straight Box, Kinked x, Bo e ram A-F C-Box,
P
NEW SETU BOARDERCROSS BANKED SLALOM P & NEW KIDS SETU
ES:
NEW STRUCTUR Double Kink Rail Down Rail
K: la pista Obereggen SETUP NIGHTPAR ma, gi, ve, ore 19:00 – 22:00 lungo di ate ser lle Aperto ne ore 8:30 – 16:30 e tutti i giorni dalle Wave Box x Down Box Rainbow Wave Bo STRUCTURES: nk Ba Kicker s Up & Down Box Kid e Down Tub Up & Down Tube Butter Rail
(2A)
rk .com/snowpa en g eg er b .o w RK // ww EGGEN.SNOWPA ER B /O m o .c k www.faceboo
ATLAS
FC
FLITE PRO
JULIET
MILAN
CIAO MARTINO, SPIEGA AI NOSTRI LETTORI LA TUA FIGURA ALL’INTERNO DI UNION. Sono Martino Fumagalli, Ceo-President di Union. Mi occupo di sviluppo prodotto e produzione principalmente di vendite escluso Europa. COME SI PRESENTA LA COLLEZIONE 2015/16 DI UNION? Per la collezione 2016 ci sono molte novità, che a volte non sono molto visibili ma non meno importanti. Ad esempio dopo alcuni anni di ricerca siamo riusciti a creare con il nostro fornitore un blend particolare per la plastica. Specifico per basse temperature e per usi e abusi durante la pratica dello snowboard. Abbiamo i nuovissimi modelli ST, Contact, Juliet, Milan. Non dimenticando il ritorno del modello Atlas, Ultra e T.Rice. COME, QUANDO E PERCHÈ È NATA UNION BINDING? Union Binding è nata alla fine del 2004, prima collezione presentata ad Ispo febbraio 2005. Ma io, Gp e gli altri soci eravamo già coinvolti in questo settore e in questo prodotto. Semplicemente quello che c’era sul mercato allora lasciava molto spazio per un nuovo marchio tutto basato sul prodotto. Union si è presentata subito in modo solido, e pian piano abbiamo migliorato tutti gli aspetti dell’azienda senza dimenticare l’aver messo insieme il miglior Binding Team in circolazione.
C’È UN MOTIVO PARTICOLARE DEL NOME UNION? Unione di più persone, idee, prodotto, team. Alla fine l’attacco è anche un’unione di tanti componenti. I migliori, possibilmente. Non abbiamo mai acquistato un componente già esistente sul mercato. Abbiamo disegnato e prodotto tutto: dalla singola vite fino ai componenti più importanti come basi e Hi-Backs. QUANDO UNION SECONDO TE HA FATTO IL CAMBIO DI MARCIA PER DIVENTARE LEADER DEL MERCATO DEGLI ATTACCHI? Sinceramente non ricordo il momento giusto, ma quattro anni fa le cose si sono fatte più serie a tutti i livelli, il prodotto ha ottenuto una buona reputazione di qualità e performance. Design, distribuzione e team hanno fatto il resto. QUANTO E DOVE INVESTITE MAGGIORMENTE? Investiamo costantemente sul prodotto: ricerca e sviluppo a 360 gradi. Cerchiamo di migliorare tutti i giorni e mettere sul mercato un prodotto sempre più sofisticato. Circa due anni fa abbiamo investito sulla produzione interna dei particolari in Forged Carbon, un altro materiale esclusivo e molto innovativo; quest’anno abbiamo anche riportato in Italia alcuni modelli dallo stampaggio, verniciature e assemblaggio. Es-
ITW: DENIS PICCOLO
CONTACT PRO
FORCE
LEGACY
ROSA
sendo italiani il design è molto importante, prodotti solo funzionali ma non belli da vedere non ci interessano. Sicuramente anche nel Team/Marketing abbiamo investito molto in questi ultimi anni e importanti novità ci saranno nel prossimo futuro. Alla fine si investe se si crede in quello che si fa, e noi ci crediamo molto. QUAL È L’ATTACCO DI PUNTA DI UNION PER QUESTA STAGIONE 2015/16? Di sicuro è il modello Ultra, perchè si trovano tutti i materiali di punta di Union: Forged Carbon, Vaporlite Bushing, cricchetti in magnesio e anche il nostro materiale plastico esclusivo Duraflex. CONSIGLIAMI UN ATTACCO PER OGNI TIPO DI RIDER: FREESTYLER, FREERIDER, JIBBER E ALL-MOUNTAIN. Contact Pro, Force, Contact, Ultra-Atlas e se ne trovi un paio ancora FC. QUANTO I PRO DEL VOSTRO TEAM COME TRAVIS RICE, TORSTEIN HORGMO O GIGI RÜF, VI AIUTANO CON IL LORO FEEDBACK? Tutti i nostri atleti sono coinvolti nello sviluppo del prodotto, per alcuni modelli come Travis Rice e Gigi Rüf c’è inoltre una partecipazione costante nella messa a punto. Siamo fortunati ad avere atleti che nella maggior parte dei casi ci comunicano le loro esigenze in tem-
ST
MINI CONTACT
TRILOGY
TRAVIS RICE
po reale in modo da migliorare sempre il prodotto. Una decina di giorni fa abbiamo avuto qui da noi per qualche giorno Travis, abbiamo discusso di tante cose: prodotti attuali, futuri, le sue esigenze. Adesso bisogna mettere tutto in pratica. Vedrete che sarà incredibile. CHE CARATTERISTICHE DEVE AVERE UN RIDER PER ENTRARE NEL VOSTRO TEAM? Il Team è gestito al 100% da George Kleckner, un socio di Union che vive in Colorado. Abbiamo regole semplici, niente di complicato. Devo dire che George ha fatto un lavoro incredibile, e il nostro team è tutto composto da ragazzi per bene, che amano lo snowboard come noi. C’È ANCORA SPAZIO NELLA TECNOLOGIA DEGLI ATTACCHI DA SNOWBOARD PER UNO SVILUPPO ULTERIORE? In realtà penso che siamo sempre all’anno zero, tutto è migliorabile e ci sono nuovi materiali e tecnologie che possono essere sfruttati anche nel nostro prodotto. Noi stiamo sempre attenti a questo e forse siamo anche gli unici che investiamo cosi tanto tempo e risorse nella ricerca. Penso che vedremo tante evoluzioni su questo prodotto nei prossimi anni. Noi stiamo già lavorando a tante nuove idee.
ULTRA
cadere in questo errore, infatti la collezione Union è molto compatta e nel 2015 è stata ridotta ulteriormente. Abbiamo tre attacchi d’entrata, tre attacchi medio-alto e tre attacchi alto di gamma, e solo cinque modelli da donna e uno da bambino. Sono e sarò sempre un sostenitore di collezioni compatte e non di collezioni enormi per riempire una pricelist. QUANTO INCIDE IN PERCENTUALE LA SCELTA DEL BINDING NEL FEELING FINALE DEL NOSTRO SNOWBOARD? Questo è uno dei principali motivi del “successo” di Union: da sempre sosteniamo che per troppo tempo negozianti e consumatori hanno trattato questo prodotto come un accessorio. Abbiamo insistito molto e adesso dopo tanti anni si comincia a parlare di Bindings come un prodotto a sè stante. Se parlate con Travis, Gigi, Iguchi e altri vi diranno che l’attacco è importantissimo per un buon feeling con la tavola. Tutti gli attacchi Union hanno un sistema di “bushing” che garantisce alla tavole di mantenere il più possibile il suo flex originale. Questo è molto importante: basi in alluminio o barre in alluminio dentro una tavola ammazzano il flex della stessa. Questo è un discorso molto lungo, ma chi usa Union sa di cosa sto parlando, chi non li usa ancora deve provarli per capire.
ADESSO DOPO TANTI ANNI SI COMINCIA A PARLARE DI BINDINGS COME UN PRODOTTO A SÉ STANTE.
QUAL È IL TUO ATTACCO PREFERITO? L’attacco che uso personalmente è il modello Ultra, leggero e potente. L’attacco a cui sono più affezionato è il Force, perchè è timeless. Ma ogni nostro attacco ha una sua storia, come Union Custom House. Ogni anno sono sempre più sorprendenti.
PERCHÈ UNO SNOWBOARDER DOVREBBE ACQUISTARE I VOSTRI ATTACCHI? I nostri attacchi sono “ready to go”: appena li monti sulla tavola, un paio di regolazioni e sono pronti. Oltre a questo, noi facciamo solo questo prodotto, siamo concentrati su questo da molto tempo e non abbiamo distrazioni. Nessun marchio di autovetture produce anche le gomme: ci sarà un motivo.
NON PENSI CHE A VOLTE UNA COLLEZIONE AMPIA POSSA CONFONDERE LE IDEE AGLI APPASSIONATI? Siamo sempre stati attenti a non
PROGETTI FUTURI? Troppi, ma tutti che seguono e seguiranno la filosofia di Union.
UNION BINDING COMPANY
PHOTO: DARCY BACHA
KAZU KOKUBO THE FORCE BINDING
THE FORCE BINDING ALSO AVAILABLE IN SATTELITE, GREEN, BLACK AND ORANGE
STRONGER.
INSTAGRAM: @UNIONBINDINGCO UNIONBINDINGCOMPANY.COM
UNION IS DISTRIBUTED IN ITALY BY CALIFONIA SPORTS TEL 011 9277 943 / WWW.CALIFORNIASPORT.INFO
THE FORCE BINDING RIDDEN BY KAZU KOKUBO
UNION BINDING CO. 2015 - 2016
Marzo 2015. AL1 Distribution - distributore europeo Technine assieme ad Atelier Du Snowboard - dealer ufficiale di Les 2 Alpes - cominciano a concretizzare l’idea di riunire il neo-ufficializzato Team Europa nella capitale dello snowboarding estivo per una settimana di riding, filming, ma soprattutto socializzazione. Il team infatti, anche se esistente da diverse stagioni, non si era mai incontrato prima e questa era un’ottima occasione perché i membri provenienti da tutta Europa si conoscessero tra di loro e facessero sentire il group effect nel famigerato resort francese. Quello che infatti contraddistigue i rider technine da altri atleti sponsorizzati non è tanto il livello tecnico sul ferro, ma è il senso di appartenenza a qualcosa che ha un significato profondo e che ha inciso diverse tracce nella “discografia” che è la storia dello snowboard. L’idea si è concretizzata grazie all’aiuto di SMK camp, che ha messo a disposizione un appartamento per la settimana che andava dall’1 all’8 agosto. Quello che non ci si aspettava era la carestia di neve che ha colpito il ghiacciaio della Val d’Isere, quando negli ultimi anni al contrario
a Ferragosto non raramente è arrivata in regalo qualche fiocco di neve. Questo comunque non ha fermato i rider che sono arrivati da tutta Europa: Benno Bauer dall’Austria, Jack Errichiello dall’Italia, Thomas Löttl e Michal Bisa dalla Repubblica Ceca, Robert Butscher dalla Germania, Jacob Roberts gentleman inglese trapiantato a 2Alpes, Isabella Groenestein dalla Svizzera ed infine Jordy’t Gilde e Thomas De Laet dal Belgio. Si sono uniti a loro i locals Ulysse Grosejan e Laure “Bulle” Bertiere, già d’istanza a Les 2 Alpes. A tenere a bada la sporca dozzina c’era Sylvain Nurdin, titolare di Atelier Du Snowboard e uomo dalle mille risorse: per l’intera settimana ha tenuto unito il gruppo portandolo in giro il pomeriggio, filmandolo tutte le mattine e assicurandosi che andassero a letto con la pancia piena, grazie anche alla preziosissima collaborazione con uno dei locali più belli di Les 2 Alpes, The Spot. L’evento era poi stato aperto anche ai camper, che nonostante la situazione-neve sono venuti a conoscere, condividere ancore e banconi e divertirsi con il team Technine Europe. Al loro arrivo era stato riservato un aperitivo di
ITW: MATTEO ROSSATO PICS: ORELI B.
benvenuto con gadget Technine in regalo, e che i camper hanno subito vestito orgogliosamente tutta la settimana, cosa che faceva sembrare la crew Technine con la sua coda di camper amici e fans un distaccamento francese di una gang di Los Angeles. In ghiacciaio poi le cose si sono fatte molto interessanti: dopo una prima giornata di warm-up, i rider hanno preso confidenza con le features e si sono visti i primi ballsy tricks: da una parte c’era il butter style di Butsch che portava una ventata di skateboarding in ghiacciaio con tiratissimi blunt e tailslide, dall’altra la tecnicità di Thomas e Michal, con in coda il G-style di Benno e i trick Do Or Die di Jack. Isabella lasciava le mascelle slogate con un riding testosteronico, mentre Ulysse prendeva i kicker e la spina ad una velocità smodata uscendo dai denti con trick olimpionici ma soprattutto atterrandoli senza alcun sforzo ma soprattutto arrivando al landing quando molti altri si appoggiavano nella pancia del flat, tanto la neve era lenta: sarebbe da chiedere con cosa sciolinasse la tavola tutte le mattine. Durante i giorni del camp, tra l’altro, l’head shaper Sylvain Garabos, nell’ambito di un pro-features contest che è durato tutta la stagione estiva, ha realizzato un setup dedicato al buon Jack Nine, che assieme alla niners crew non si è risparmiato nel fresarne ogni superficie. La routine della giornata prevedeva la mattina in ghiacciaio all’apertura per sfruttare quella piccola finestra tem-
porale dove la neve era della giusta consistenza, slushy ma non pappa, ritorno in valle mediamente a un’ora abbondante dopo la chiusura, chilling pomeridiano al lago o in giro per 2 Alpes con puntatina finale ad Atelier per un paio di chiacchiere e una buona bionda gelata, e infine cena al The Spot tutti assieme con camper e staff; le notti a volte finivano presto, altre volte non finivano affatto. A metà della settimana, inoltre, la shaping crew e il buon Sylvain hanno organizzato uno shooting al tramonto con il team, mettendo a disposizione gatto, motoslitte e staff per portare i rider ai run in. La settimana si è conclusa con un party al The Spot, dove Dj B.Kill ha tenuto banco con sano hip hop fino a tarda notte, quando alcuni, non ancora spezzati, si sono diretti verso l’Avalanche per concludere la settimana degnamente. Una settimana di gomito a gomito ha trasformato questi undici rider provenienti da culture e paesi lontani in un gruppo, tant’è che si sono lasciati con una serie di programmi per la stagione in arrivo per riunire la crew; è stato infine veramente rincuorante vedere come in un periodo come questo di non splendore per il nostro sport, c’è ancora tanto affiatamento e amore indissolubile non solo per lo sport, ma per un brand core come Technine che non ha mai ceduto alle tentazioni del mainstreaming e che anzi ha sempre mantenuto la sua immagine, a dispetto di mode e correnti temporanee: One Love!
PICS: DENIS PICCOLO & MARKUS ROHRBACHER TXT: MAX GIONCO MAH HORN: HANDPLANT BY MARKUS ROHRBACHER
“Built For Good Times” è il concetto alla base di ogni cosa che produciamo in Nitro. Vogliamo creare prodotti che garantiscano alla gente di ogni parte del mondo di passare del “tempo felice” in montagna e in ogni altro posto! Il passo logico successivo è quello di portare questo concetto anche al di là dei nostri prodotti e per questo la scorsa stagione abbiamo organizzato il nostro primo Camp Good Times a Kitzsteinhorn, in Austria, in collaborazione con Elooa Snowboard Camps. Oltre ad un bel po’ di campers “regolari” sono venuti anche più di un centinaio di componenti delle Nitro Family tra designer, distributori, rappresentanti e ovviamente rider. Questo perché noi di Nitro amiamo lo snowboard, snowboardare e soprattutto farlo in compagnia! In totale più di 160 snowboarder sono arrivati da oltre dieci nazioni: americani, cinesi, tedeschi, svizzeri, russi, australiani, italiani, svedesi, norvegesi, finlandesi, francesi, sloveni, cechi, croati, tutti riuniti per passare del “good times” con la Nitro Family che si è presentata quasi al completo. Erano infatti presenti i due fondatori e attuali proprietari ed amministratori di Nitro, Sepp Ardelt e Tommy Delago, tutti i collaboratori più stretti dall’ufficio marketing a quello ricerca e sviluppo e un bel po’ di team rider tra cui Eero Ettala, Elias Elhardt, Griffin Seibert, Sven Thorgren, Marc Swoboda, Gjermund Braaten, Benny Urban, Dominik Wagner, Torgeir Bergrem, Ana Rumiha e tantissimi altri! Tutti sanno che fare snowboard è una cosa divertente e fighissima (o, per lo meno, chi va in snow lo sa!), ma c’è qualcosa di ancora più speciale, quasi magico, quando si gira insieme in un gruppo gigantesco di rider nello stesso park tutti riuniti per lo stesso motivo. Ogni mattina ci siamo svegliati in tranquillità per salire a girare nel custom park che la crew di Kitzsteinhorn aveva preparato appositamente per noi, dopo i primi giorni le “differenze” di provenienza e abilità sono praticamente sparite e in poco tempo eravamo semplicemente tutti rider, amici, semplicemente lì per divertirci. Di età differenti, di paesi differenti, di abilità differenti ma prima di tutto snowboarder: questo è stato ovviamente fighissimo per i camper “comuni” ma rider stagionati come Eero Ettala ne sono stai altrettanto colpiti: “E’ stato così d’ispirazione snowboardare con Tommy e Sepp, prendere la seggiovia con uno dei camper alle prime esperienze in park e parlare con lui dei nuovi trick... di come vede e vive lo snowboard” - racconta Eero, uno dei rider presenti più gasati
dalla formula easy del camp - “Percepire come lo snow sia così sentito da tante altre persone così diverse ma tutte accomunate dalla stessa passione è stato veramente bello e motivante”. Nel mini movie Camp Good Times che stiamo preparando si vede proprio questo con trick di ogni tipo e difficoltà, tante facce diverse ma tanti sorrisi uguali! Non ci sono così tante aziende in giro i cui fondatori girano in park con i loro figli, i rider e i collaboratori della loro azienda e normali camper... e si fermano a chiacchierare e a condividere la bellezza di fare snowboard. Ogni giorno il programma prevedeva colazione tutti insieme con vicendevole gasamento per la giornata di riding che ci stava aspettando, riding in park con soste random alla bbq station messa proprio a metà park, filming e photo shooting. Dopo lo snowboard ovviamente partivano i più disparati tornei di calcio o le session sulla mini da skate, ma soprattutto le partite a ping pong sono state il vero fulcro dei pomeriggi. Eero Ettala ed Elias Elhardt sono risultati due veri pro anche in questa disciplina! Il Camp Good Times in definitiva è anche questo: un mix di cose e un mix di persone difficilmente riscontrabile in altre parti, un easy party privato aperto a tutti gli snowboarder. Venerdì sera è stato organizzato un party speciale al vecchio castello di Kaprun: abbiamo affittato l’intero castello! Sono stati allestii due bar e un palco dove Marc Swoboda ha suonato con la sua band e a un certo punto della serata anche il fondatore di Nitro Tommy Delago si è messo alla batteria (Tommy è un super batterista) e abbiamo fatto festa fino a tarda notte... una festa tra amici a concludere una settimana tra amici! 160 snowboarder felici e in vena di fare casino liberati in un antico castello: gli episodi “simpatici” sono stati tanti, parecchi dei quali rimarranno custoditi tra i segreti dell’antico maniero.In conclusione il camp è andato talmente bene che abbiamo già confermato la prossima edizione (quindi se leggendo queste righe vi è venuta voglia di farne parte ne avrete la possibilità!) e stiamo pensando di organizzare anche qualche evento e camp più piccolo in altre località... quindi state connessi ai nostri social e al nostro sito www.nitrousa.com per tutte le novità. Ricordatevi che lo snowboard è stato creato per divertirsi, è nato dal divertimento di scivolare su un pezzo di legno giù per una montagna, per ridere con gli amici di una caduta in neve fresca, per il gasamento che dà anche nelle piccole cose e per tutte le cose che ci fanno amare il nostro sport!
C’È QUALCOSA DI ANCORA PIÙ SPECIALE QUANDO SI GIRA TUTTI INSIEME.
BASTI RITTIG: STALEFISH BY MARKUS ROHRBACHER
ALBERTO MAFFEI: HANDPLANT BY DENIS PICCOLO
EERO ETTALA: FS ROCK BY DENIS PICCOLO
MARC SWOBODA: BS NOSEBONE BY MARKUS ROHRBACHER
PREPARARAZIONE Se volete fare il trick in street, oltre ad avere le capacità motorie necessarie, sarà importantissimo trovare uno spot ideale e prepararlo al meglio. Se non avete mai costruito in street prendete spunto dalle mille riviste che leggete per gasarvi. APPROCCIO Per capire transizione e velocità fate qualche speed check e se anche voi avete intenzione di sgappare l’ultima parte del rail vi consiglio di farlo prima in frontside boardslide o semplicemente in 50-50. INRUN E STACCO Quando ve lo sentite gasatevi e droppate a tavola piatta verso il rail. Sul dente mettete il peso leggermente sulle punte e ollare ruotando spalle e gambe in backside, appoggiando la tavola alla ringhiera all’altezza dell’attacco posteriore. MANOVRA Se avete agganciato bene la struttura mantenete la posizione delle gambe, mentre le spalle continuano la rotazione. Arrivati al kink ollate per staccare dal rail e recuperate le gambe che seguiranno la rotazione delle spalle. ATTERRAGGIO Questo è il momento della verità. Se avete azzeccato velocità, stacco e posizione sul rail dovreste trovarvi a mezz’aria con lo sguardo verso l’atterraggio. Questo è il momento di bloccare la rotazione di spalle e lasciare che siano le gambe a completare la rotazione di 270° dal rail. Piegate le gambe in atterraggio per evitare impatti troppo forti alle ginocchia.
BY MATT GEORGES IN FINLAND
RIDE RODEO | RIDE KINK | VANS HI-STANDARD
BY MATT GEORGES IN CERVINIA
PREPARAZIONE Le fasi delicate di un salto in fresca sono senza dubbio l’inrun, compreso di stacco, e l’atterraggio. Quando costruite il salto e preparate l’inrun è quindi importantissimo evitare di creare dossi perchè potrebbe compromettere o rendere più difficile lo stacco. Fate poi qualche speed check per capire la velocità giusta. APPROACH Durante l’inrun non avrete lo spazio di un salto in park e la vostra traiettoria dovrà essere il più lineare possibile. Arrivate quindi sul dente a tavola piatta, gambe piegate e solo prima di staccare portate il peso sui talloni. TAKE OFF Lo stacco è una fase molto delicata, appunto perchè non potete giocare tanto di controcurva, come solitamente si fa in park. In questo caso lo spin deriva per lo più dal movimento di gambe e spalle. A fine transizione distendete le gambe per ollare e con le spalle date l’impulso rotatorio necessario. MANOVRA Raccogliete le gambe e con la mano sinistra grabbate la tavola tra gli attacchi sulla lamina delle punte e se avete il pieno controllo della manovra distendete la gamba destra in nosebone. Il braccio destro sarà invece fondamentale a mantenere l’equilibrio durante la fase aerea. Tenete il grab più a lungo possibile per esse più stilosi. LANDING Quando mancano più o meno 90° di rotazione mollate il grab, bloccate la rotazione con le spalle e lasciate che le gambe ruotino di 720°. A terra portando il peso sul tail, altrimenti il nose finirà sotto la neve e la clip finirà nella sezione bail della tua videopart. RICORDA: Non esagerate con la controcurva e il peso sulla lamina quando staccate da un salto in fresca o rischi di dover ricostruire il dente ad ogni run.
UNION ATLAS | RIDE SUPERNATANT | DC JUDGE
PICS: DENIS PICCOLO TXT: ACHILLE MAURI & ANDREA BERGAMASCHI
ANDREA BERGAMASCHI: BACKFLIP
Flashback: - Montenegro?! Sei sicuro Ste? - Certo, man, è una bomba per fare fresca, nevica un botto e non ci va nessuno! - E che crew sarebbe? - Lollo, Manuel, Buzzo, Andre, Denis e Massi! - Paura... con una crew così, devo per forza venire! Flash Forward: Ore 6 e mezza, Aeroporto internazionale di Malpensa. Con tutta l’attrezzatura, la gente ci guarda e dice: guarda quei pro rider che vanno in Alaska! Oppure: chissà che discese andranno a fare in Canada! E invece: Milano-Belgrado, e poi Belgrado-Podgorica. Viaggio tranquillo, a parte Lollo che smatta giustamente per via del secondo aereo non troppo moderno. Arriviamo comunque sani e salvi nella capitale del Montenegro: Podgorica. Ad aspettarci ci sono amici di amici di Andre (Bergamaschi) che gentilmente ci hanno messo a disposizione un furgone con il quale possiamo muoverci. Questi amici hanno una palestra di arrampicata e organizzano viaggi in Montenegro, e conoscono locals che hanno degli chalet in cui poi avremmo soggiornato. Lo snowboard passa immediatamente in
secondo piano, dopo che tutti ci siamo resi conto in che tipo di nazione siamo capitati. La guerra è finita, ma neanche troppo tempo fa. Le case, i negozi i campi e le persone sono segnate dalla distruzione che negli anni ha colpito questa parte d’Europa, non così lontana dall’Italia. Podgorica la visitiamo con questo nostro amico montenegrino. È una città con molti contrasti, con zone molto ricche, macchinoni e donne con pellicce da papponi in un mix con ghetti, siringhe per terra, e palazzi mezzi diroccati ancora dai tempi di guerra. Sembra una città che piano piano si sta riprendendo dal suo passato, e si sta rivalutando, ma i segni si vedono ancora tutti. Proseguiamo il viaggio in silenzio, ognuno con i proprio occhi e ognuno con i propri pensieri... nel giro di un paio d’ore arriviamo nella fredda Kolesin, già ai piedi delle montagne. Quattro stupendi chalet in legno con tutti i comfort sono lì calde ad aspettarci. Beati noi. Per ora tutto bene, anche se di neve sembra proprio non essercene in giro, ma i locals ci “tranquillizzano” dicendo che
LORENZO BARBIERI: MILLER FLIP
LO SNOWBOARD PASSA IMMEDIATAMENTE IN SECONDO PIANO. LA GUERRA È FINITA, MA NEANCHE TROPPO TEMPO FA.
MANUEL PIETROPOLI: CRIPPLER FLIP
nel giro di qualche giorno sarebbe arrivata una perturbazione che avrebbe fatto nevicare parecchio. Il primo giorno siamo stati nel resort di Kolesin, che è piccolo e ha solo quattro seggiovie. Facciamo un po’ di giri di ricognizione, per cercare un po’ di spot fattibili per cliff e per costruire kicker, anche se la neve praticamente manca. I giorni seguenti cerchiamo di arrangiarci con quello che c’è, facendo degli spot in street e anche qualche check in giro per essere più rapidi ed efficienti possibili nel momento della nevicata. Il secondo giorno proviamo a fare un’escursione con i gatti delle nevi, nel territorio super selvaggio in cui non c’è praticamente nessuno. C’è da fare un’ora secca di strada con questo gatto delle nevi vecchissimo che proprio in partenza riesce a stringere subito una curva e a tranciarci le tavole. Pronti-via, 1-0 per il Montenegro. Dopo un’ora arriviamo in cima rischiando parecchie volte la vita, la strada è larga due metri e mezzo: i cingoli esposti al pendio passano totalmente fuori. Il rischio in Montenegro è il loro mestiere: l’Arva non sanno nemmeno cosa sia, per dirne un’altra. Snowboarder sono pochissimi, e quelli che ci sono sembrano re-
duci degli anni ‘80 nella bergamasca. Con il gatto invece arriviamo in un territorio super selvaggio in cui sembriamo essere i primi a provare a far qualcosa. Io parto a ciaspolare per trovarmi delle linee, vorrei poter dire “in fresca”, ma in realtà è solo crosta secca. Ciaspolare in effetti non è nemmeno giusto: camminare. Gli altri vanno a vedere altri spot, piccoli perchè la neve è quello che è. Lo spot non è nemmeno niente male ma bisogna attendere altri duetre giorni. Non ci sono altre possibilità. Il gruppo è solido, si muove bene, Belgrado o scusa malgrado le condizioni non siano buone e la maggior parte dei rider non siano “street” ma bensì camosci da fresca. Siamo a metà settimana, dobbiamo svoltare questo trip... ma come?! Ci avevano promesso fresca... ma dov’è?! Le previsioni davano 65cm, ora ne danno il doppio. Dai che ci siamo. Altro avanti veloce: - MAN, guarda! Nevica! - Boooom! Speriamo che continui tutta la notte. Già 50cm e continua nevicare… ci alziamo dal letto ed è incredibile, il paesaggio è completamente cambiato. Pala, arva, sonda check batterie e materiale fatto, direzione nel piccolo resort che abbiamo visitato il primo giorno
ARRIVIAMO IN UN TERRITORIO SUPER SELVAGGIO IN CUI SEMBRIAMO ESSERE I PRIMI A PROVARE A FAR QUALCOSA.
MANUEL PIETROPOLI: 50/50 TO 360° MELON
che potenzialmente con la neve potrebbe rivelarsi molto divertente. Non c’è possibilità di salire con il gatto, quindi il resort è l’unica nostra chance di portare, finalmente, a casa qualcosa. Lollo, Buzzo, Manuel partono e vanno a cercare spot. In questi casi il pericolo valanghe è molto elevato perché lo strato di neve nuovo non si è ancora attaccato a quello “vecchio” per la differenza di temperatura. Ci dividiamo, sapendo che dobbiamo evitare pendii troppo ripidi o spazi troppo aperti, quindi i boschetti sono la soluzione più intelligente. Cominciamo a inanellare run sull’unica seggiovia aperta causa troppo innevamento. Ad un certo punto rimaniamo addirittura bloccati in seggio perchè c’è un blackout che poi si scoprirà è allargato in tutta la nostra regione, che rimane senza corrente elettrica per ben due giorni. Con un generatore riescono a farla ripartire e a questo punto proviamo a cercare uno spot in fresca. Io infatti rimango con Denis e Massi facciamo una discesa e quando decidiamo di fare una foto su un pillow in mezzo al bosco. Intanto che risalgo a piedi in un canalone improvvisamente si stacca da un masso poco più sopra di noi una
bella slavina che mi colpisce in pieno frullandomi come le onde del mare e lasciandomi a una decina di metri più sotto. Silenzio, sono sotto la neve di non so quanto. Sono vivo. Cerco di tranquillizzarmi. Spingo con tutto il corpo, ma non mi muovo. Sento che sopra si muove qualcosa. “Ach! Ach!” Spingo come un pazzo da ogni parte del corpo. Esce una mano. Denis poi fa il resto. L’ho vista brutta… Torniamo a casa un po’ scossi per l’accaduto ma comunque più consapevoli di quello che sta succedendo là fuori. A metà maggio poi Andre riceve una telefonata da uno dei nostri amici montenegrini comunicandoci di aver ritrovato la mia tavola, che era rimasta incastrata sotto alla slavina per due, tre mesi. L’han trovata quando si è sciolto tutto. Per farvi capire come sono andate le cose e quanto fosse profonda. Andiamo a prenderci qualcosa da bere giusto per smaltire la paura. A casa scopriamo la vera ciliegina sulla torta di quella giornata assurda: il blackout ha colpito non solo la resort, ma anche il paese e tre quarti del Montenegro. Cioè: rimaniamo per due giorni al buio senza corrente, gas, acqua calda ecc... la situazione comincia farsi
IMPROVVISAMENTE SI STACCA DA UN MASSO POCO PIÙ SOPRA DI NOI UNA BELLA SLAVINA CHE MI COLPISCE IN PIENO.
ACHILLE MAURI: HAND DRAG
tesa. Solo la luce del camino e quella dei nostri cellulari. Rimaniamo completamente bloccati lì. Kolesin ha solamente un mezzo che pulisce le strade, e non riesce a star dietro a quanta neve sta buttando giù. Ma non si molla. Dato che non puliscono le strade, purtroppo non abbiamo più la possibilità di salire fino a quel posto fighissimo in cui siamo finiti con il gatto delle nevi. Così cominciamo a fare spot dietro casa perchè le strade sono impraticabili, aspettando che passi il brutto tempo per andare a tracciare linee nei posti che ci eravamo segnati. Passano due giorni difficili, ma molto intensi, senza wifi e altre tecnologie che possano distrarci, impariamo a stare in silenzio, far da mangiare con il fuoco, risparmiare quello che si è comprato e conoscerci di più con lunghe chiacchierate intorno al fuoco. L’essenza del viaggio è questa, non i trickkoni. Andiamo anche un paio di volte al ristorante a Kolesin, altra esperienza molto particolare. I camerieri senza denti, musica sparata a cannone dalle casse stile Gigi D’Agostino, talmente alta che faccia-
mo fatica a parlare tra di noi, gente di fianco a noi che mangia, balla e fa casino. Il tipico folklore balcanico. Finalmente il cielo si apre, le condizioni si stabilizzano e ognuno comincia a esprimersi al meglio con la montagna. Il sabato dobbiamo partire, non siamo nemmeno riusciti a filmare più di tanto. Andre vuole rimanere un’altra settimana, con Lollo, Buzzo e Massi. Io, con Denis e Manuel, purtroppo devo tornare a casa. Da lì in poi, date le condizioni migliori, purtroppo per noi che ce ne siamo andati è iniziato il vero divertimento. Cliff, powder, spine, tutte cose in natural che mi Andre mi ha raccontato. È stato comunque un vero snowboard trip, pieno di emozioni. Bisogna in primis ringraziare Stefano Bergamaschi di Gnarcolate che ha permesso tutto questo, se ci fossero più realtà così, il mondo dello snowboard sarebbe di gran lunga più unito e puro. Un grazie anche ad Andrea Marangoni della palestra di arrampicata Vert Climb di Gessate per l’organizzazione e ai montenegrini sempre disponibili a ogni nostra richiesta.
SLASH: LORENZO BUZZON
IMPARIAMO A STARE IN SILENZIO E CONOSCERCI DI PIÙ CON LUNGHE CHIACCHIERATE INTORNO AL FUOCO.
ANDREA BERGAMASCHI: FUNKY ARGOGUN BOOTS: VANS V66 BINDINGS: UNION FLITE PRO LORENZO BARBIERI: CAPITA MERCURY BOOTS: DC LYNX BINDINGS: UNION T-RICE GOGGLES: SPY BRAVO LORENZO BUZZONI: DC MEDIA BLITZ BOOTS: DC LYNX BINDINGS: UNION ATLAS GOGGLES: SPY RAIDER MANUEL PIETROPOLI: DC MEDIA MEGA BOOTS: DC JUDGE BINDINGS: UNION CONTACT GOGGLES: SPY MARSHALL
ITW: DENIS PICCOLO PICS: DENIS PICCOLO, ROBERTO NANGERONI & ALEXANDER KLERUD
SIMON GRUBER: CAB 540° MUTE BY DENIS PICCOLO IN PASSO ROLLE, ITALY
OIVIND FYKSE: BS OLLIE BY ALEXANDER KLERUD IN NORWAY
OIVIND FYKSE: METHOD TO TRANNY FINDER BY ALEXANDER KLERUD IN NORWAY
QUANDO È NATA L’IDEA DI CHIAMARE IL VIDEO “ BROKEN CIRCUIT” ? PARLAMI ANCHE DEL PERCHÉ HAI SCELTO QUESTO NOME. Broken Circuit perché a mio avviso il mondo dello snowboard è come un circuito elettrico guasto, ma non ancora rotto del tutto. Il messaggio di Broken Circuit è proprio questo: nonostante le difficoltà dobbiamo continuare a tenere vivo lo spirito dello snowboard. L’idea di chiamare il progetto Broken Circuit mi è venuta una domenica dello scorso Dicembre quando, portando il vecchio computer in discarica, ho visto un container pieno di circuiti, da lì l’idea di prendere circuiti vecchi per creare le grafiche del video e utilizzare appunto il nome Broken Circuit. È MOLTO PIÙ DIFFICILE PRODURRE VIDEO RISPETTO A QUALCHE ANNO FA, MOTIVO PRINCIPALE I BUDGET SIA PER LE PRODUZIONI CHE PER I RIDER STESSI. CHE DIFFICOLTÀ HAI INCONTRATO LA SCORSA STAGIONE? COME GESTISCI I TUOI BUDGET? QUANTO TI LIMITA TUTTO QUESTO? QUANTO LIMITA I RIDER? Sarebbe falso dire che non ci sono problemi e che sia le aziende che i rider non sono in difficoltà. Ma allo stesso modo credo che come tutte le cose, se si crede in qualcosa sia i budget che le motivazioni sia da parte delle aziende che dai riders, si trovano. LA TUA CREW VARIA DA RIDERS ITALIANI A EUROPEI, DA FREERIDER A STREET RIDER, UNA SCELTA DOVUTA AGLI SPONSOR O È UN PERCORSO CHE STAI SEGUENDO PER UNA TUA EVOLUZIONE? Fin dal primo full movie Shadows firmato DVP, la mia idea era di rappresentare lo snowboard in tutti i suoi aspetti, dal backcountry allo street, passando anche da qualche shot in park. Chiaro è che in primis sono i ri-
der che “decidono”. Ogni rider ha il suo stile e il suo “ambiente preferito” dove dimostrare le sue capacità. Quest’anno ho avuto la possibilità di filmare con rider come Simon e Bridgman che prediligono powder e park, ma anche Oivind, Jesse e altri rider europei che sono delle vere e proprie macchine in street. Sicuramente non è facile combinare il tutto, ma penso che anche quest’anno ci sia stato un netto miglioramento rispetto a Octopus e questo soprattutto grazie all’impegno che tutti, filmer e rider hanno messo in questo progetto. PARLAMI DI OGNI SINGOLO RIDER E DI COM’È ANDATA LA SUA STAGIONE E IL SUO LAVORO CON TE. Partendo da Simon Gruber, che ha l’opener part del video, direi che nonostante le difficoltà meteo e condizioni di neve non ideali per filmare, non poteva andare meglio. Simon ha filmato la sua video part in fresca praticamente in tre uscite, non oso pensare di cosa avremmo potuto filmare avendo avuto a disposizione un’intera stagione. Jesse Augustinus è una macchina da trick, purtroppo non avendo avuto pieno appoggio dagli sponsor per poter avere due full part in due differenti progetti, abbiamo avuto la possibilità di fare solo due trip insieme. Nonostante ciò penso che abbia uno stile unico e a oggi sia uno dei nuovi street rider che sicuramente farà parlare di sè in futuro. Max Vieider, o anche detto Max “Punk” direi che ha dimostrato nelle poche occasioni che ha potuto filmare essendo preso con F-Tech di essere un vero Punk... cercando di filmare trick diversi in spot un po’ inusuali. QUALE RIDER DEL TUO VIDEO TI HA FATTO GODERE DI PIÙ E PERCHÈ? Penso che Oivind sia il rider che mi ha più colpito. È il primo anno che abbiamo avuto la possibilità di filmare per un intera stagio-
SIMON GRUBER: FS 720° MELON BY DENIS PICCOLO IN PASSO ROLLE, ITALY
ne insieme e sicuramente si è meritato la ender part in Broken Circuit. Ha uno stilo unico e un bagaglio di trick assurdo. Lo shot che mi ha sicuramente gasato di più è la line tutta in switch filmata al double wood set di Lillehammer oltre all’ender shot. Epico!
1’500 euro di viaggio. Quindi penso che il rider ideale utopicamente sia quello che riesce a portare a casa dieci shot al giorno e il filmer ideale quello oltre a non perdere neanche uno di questi shot, quello che riesce a farli sembrare uno più figo dell’altro.
CHE DIREZIONE E CHE EVOLUZIONE STA SEGUENDO LO SNOWBOARD? 7/8 anni fa ricordo che a Bardonecchia quando ancora facevo lo shaper passavo le serate in casa a giocare ad Amped. Oggi lo snowboard ha raggiunto e superato quei livelli presenti solo alcuni anni fa nei videogame. Rider che chiudono triple e quad cork come se fosse niente, street spot disumani e rider che fanno linee in fresca contro ogni legge di gravità.
DIMMI LE DIECI REGOLE PRINCIPALI PER FILMARE CON TE! TIPO I DIECI COMANDAMENTI?! Hahaha… non penso di poter dare regole e non penso ci siano nello snowboard delle regole. Penso che una qualità che pero’ deve necessariamente avere un rider per filmare con me è la Voglia. La voglia di sbattersi, la voglia di filmare.
CARTA, VIDEO, INTERNET, SOCIAL, EVENTI, ECCETERA. RISPETTO A QUALCHE ANNO FA LO SNOWBOARD HA MOLTE PIÙ POSSIBILITÀ DI ESSERE COMUNICATO, MA IN REALTÀ HA PERSO UN PO’ DI APPEAL RISPETTO AL GRANDE PUBBLICO, QUAL È IL MOTIVO? Penso che in realtà lo snowboard non abbia perso appeal, ma ci sia solo una selezione maggiore degli utenti a cui in realtà interessa. Penso che come lo skate, il surf e altri sport non potrà mai diventare main stream, soprattutto in Italia. Quello che possiamo fare noi media è dare la giusta immagine che merita. COM’È IL RIDER IDEALE PER UN FILMER? Hahaha… forse è meglio chiedere a un rider qual è il filmer ideale. Tutti abbiamo la nostra testa, pregi e difetti, chiaro che non è facile combinare il tutto. Può sembrare facile e divertente ma in ogni viaggio e shooting c’è sempre stress. Lo stress di tornare a casa senza shot, dopo magari aver speso
IL WEB È BOMBARDATO DA CONTINUI VIDEO DI BASSA E MEDIA QUALITÀ, COME DIFENDI IL TUO PROGETTO E IL TUO LAVORO DA QUESTA AGGRESSIONE DIGITALE? Penso che l’unico modo di poter emergere è puntare sulla qualità dei progetti e dei video. Qualità di filming e di editing che deve andare di pari passo alla qualità del riding. QUALI SONO I VIDEO DELLA STORIA DELLO SNOWBOARD CHE TI HANNO ISPIRATO IN QUESTI ANNI? Direi che ci sono diverse produzioni video a cui mi ispiro e da cui inevitabilmente “rubi” sempre qualcosa. Se dovessi dirne un paio penso a Robotfood,People e Videograss. QUALI SONO INVECE I VIDEO EUROPEI CHE RISPETTI MAGGIORMENTE IN QUESTO MOMENTO E PERCHÈ? Penso che Postland Theory sia la produzione video che come DVP ha avuto il maggior riscontro negli ultimi tre anni. Penso che entrambe le produzioni siano cresciute nello stesso modo e che da piccole crew siano diventate ad oggi due
SIMON GRUBER: METHOD BY DENIS PICCOLO IN PASSO ROLLE, ITALY
NICOLÃ’ PEZZATO: MILLER FLIP BY ROBERTO NANGERONI IN MADESIMO, ITALY
NICOLÒ PEZZATO: FS 360° NOSEBONE BY ROBERTO NANGERONI IN MADESIMO, ITALY
delle maggiori produzioni video ancora presenti ed attive in Europa. Sicuramente i video sono “fatti” dai rider, ma la differenza penso che la faccia anche chi sia dietro le quinte dei progetti, che con nuove idee rendono i video differenti dalla massa. HAI GIÀ IDEA DELLA CREW CON CUI FILMERAI IL PROSSIMO ANNO? È inevitabile che essendo ora Novembre inoltrato abbia già un progetto, progetto che prevede due differenti video, uno ambientato in powder e uno in street. Comunque non voglio svelare tutto subito, ma sicuramente protagonisti saranno i rider che più si sono distinti in questi ultimi due anni più qualche altra new entry che non guasta mai. CHE VIAGGI HAI IN MENTE DI FARE? L’idea è di fare un tour in camper di 2/3 settimane in Europa andando a cercare le migliori condizioni per filmare backcountry e altri 3/4 viaggi tra Nord ed Est Europa per lo street. DI NOTTE PRIMA DI ADDORMENTARTI COSA SOGNI DI SOGNARE? Ti sembrerà strano ma sogno di avere una famiglia e di poterla mantenere facendo questo lavoro.
SE SI CREDE IN QUALCOSA, SIA I BUDGET CHE LE MOTIVAZIONI SI TROVANO.
JESSE AUGUSTINUS: FS BLUNT PRETZEL BY ROBERTO NANGERONI IN MADESIMO, ITALY
PICS: BLOTTO, SCOTT SERFAS, FRODE SANDBECH
PORTRAIT: DENIS PICCOLO
ITW: GIACOMO MARGUTTI
10 medaglie agli Xgames (5 d’oro + 5 d’argento), una medaglia di bronzo a Sochi 2014 (con una costola rotta), il primo uomo sulla faccia della terra a chiudere un backside triple cork 1440 in contest, quasi 500mila followers su Instagram (Shaun White ne ha 380mila... oops!), una bellissima ragazza che fa la pro di surf, un suo reality show con suo fratello su MTV Canada, ora il primo film (“In Motion”) tutto su di lui. Ah, il 9 dicembre fa 22 anni. Nonostante tutto ciò, Mark McMorris è il classico ragazzo con i piedi per terra, quando non li allaccia a una tavola per volare. Lo trovo semi-sdraiato su un divano di un elegante hotel a quattro stelle di Milano. Intorno, business man giapponesi, russi e italiani cercano di capirsi in una lingua che dovrebbe essere inglese mentre altri con i badge appiccicati sulla giacca si affrettano per raggiungere la sala congressi del loro evento. Mark è un po’ in botta da fuso orario ma, pur essendo così giovane, ormai ne ha già viste di tutti i colori e non è uno che fa troppo il diplomatico. Le cose che pensa te le dice e te le tira in faccia. “È un lavoro, il mio. Difficile e duro a volte. Ma è anche il lavoro più bello del mondo.“ La promozione di questo film è stata divertente finora perché non è andata come quelle di altri video. Questo è il mio film e quindi la gente viene per me e tutti mi vogliono far bere e divertire anche se, come qui a Milano, il giorno dopo vorrei salire in montagna e girare in tavola con i miei amici. E non posso dire di no se mi vogliono offrire una birra o un drink, la gente viene per festeggiare e per celebrare questo evento e non posso tirarmi indietro prendendola tranquillamente. Se fai i conti è stata dura fin qui, dato che abbiamo fatto premiere un po’ ovunque: Vancouver, Toronto, Montreal, New York, Park City, New Port Beach, Denver, e ora Europa. Non son mai stato in un posto per così tanto tempo. Starò in Europa per ben due settimane, quasi due e mezzo, che in effetti fa ridere a pensarci, ma per me è una cosa fuori dall’ordinario! È bello per una volta spostarsi senza prendere aerei. Innsbruck - Milano in auto, e ritorno forse già stanotte dopo il party.” Sì, lui presenta il film a Milano, tutta una giornata di interviste, carta stampata, radio, incontri con i media e i fan, e poi a mezzanotte torna a Innsbruck per essere la mattina dopo in montagna a girare in tavola.
senza parole, lo idolatravo. Quando mi hanno fatto partecipare al Red Bull Supernatural mi colpirono anche Nicholas Müller e Jake Blauvelt. Entrambi hanno uno stile personalissimo, riconoscibilissimo, e pazzesco. Io avevo pochissima esperienza in fresca e lì ho capito che è tanto, tanto diverso rispetto a saltare in contest “normali”. E in tanti mi hanno aiutato ad ambientarmi. È stato fighissimo entrare in quella cerchia ristretta di super rider.” TU SEI STATO UNO DEI PRIMI A GIRARE IL TRIPLO CORK. ORA MARCUS KLEVELAND, CHE HA SOLO 16 ANNI, HA APPENA CHIUSO UN QUAD 1800. CHE NE PENSI DI TUTTO CIÒ? “Sono stato a girare un paio di giorni a Stubai prima di venire qui a Milano e lassù ci sono tonnellate di rider che chiudono tripli su tripli: è diventata una cosa normale, una run su tre è un triplo cork, non capisco. Non ha senso tutto ciò, ora siamo già passati al quadruplo cork, cos’è diventato lo snowboard? Apri Instagram e quello che si vede è solo una cazzo di gara sui trampolini. Sono “trampolin aerialist. It’s fucked.” Fa schifo il fatto che devono farlo questo quadruplo (dice proprio così, “it really sucks that they have to do that”). Non c’è nessuno che l’abbia ancora chiuso bene: Max Parrot ha praticamente fatto un triplo backflip, Billy Morgan non l’ha chiuso preciso e Marcus Kleveland è stato quello che ci è andato più vicino nonostante abbia tagliato un po’ di rotazione fuori asse… ma, hey, massimo rispetto per lui, eh. E, nonostante ciò, tutti a provarci in training. Che senso ha? Giri talmente veloce che se prendi un controlamina sulle punte fai una scorpionata che ti ammazza sul colpo, sicuro. So sketchy. E’ troppo pericoloso. Son sicuro di poterlo chiudere, cosa ci vuole, è solo una rotazione in più alla fine. Ma non lo voglio provare in training. Se sono in gara tipo alle prossime Olimpiadi nel 2018 e so che mi serve un quadruplo cork, lo faccio e lo chiudo first try, sicuro. Ma non sarà divertente. Per niente. Penso invece che sia terribile questa moda. Per gli spettatori magari alla televisione è divertente vedere chi lo fa, chi si ammazza eccetera. Ma non per me. E non ha senso farlo per far vedere che si è capaci. Non è questo il senso dello snowboard. Voglio dire, ho visto anche rider mai visti prima, perfetti sconosciuti, che su a Stubai provavano e riprovavano triple cork solo per mettere la clip su Instagram e sui social media. Ma che cazzo di senso ha? Nessuno. Lo snowboard fa schifo se è diventato questa roba qui. Non lo fai per divertirti, ma solo per… boh, aumentare il numero di likes sui social media. Secondo me ha senso solo nei contest, altrimenti… mah. Ci sono rider che per esempio provare a fare il triplo cork, e lo chiudono magari - come lo fanno, con che stile, lasciamo anche perdere ma la maggior parte di essi non sa curvare in pista, o non sa andare da lamina a lamina. Vanno sui trampolini, si allenano a chiudere il triplo cork e poi non sanno andare da lamina a lamina. Io sono uno snowboarder, non un aerialist o un trampolinista. Non sanno come uscire dal kicker, non si spostano da una lamina all’altra per impostare la rotazione; praticamente si mettono a slidare sul kicker di traverso per fare la curva che si fa prima della transizione. Hai mai visto come esce dal kicker Max Parrot? Sideways, e con le braccia dietro alla schiena! Sono aerials, non è più snowboard. I’m sorry I’m talking too much shit right now, ma devo dirlo. Tutto ciò non ha senso per me: non è divertente, non si è capaci di girare in tavola per bene, è diventato solo una gara di trampolini. Non voglio parlarne più ora, ho già detto troppo.”
APRI INSTAGRAM E QUELLO CHE SI VEDE È SOLO UNA CAZZO DI GARA DI TRAMPOLINI.
QUANDO INIZIA QUEST’AMORE SCONFINATO PER LO SNOWBOARD? “Ho iniziato a snowboardare con mio fratello nel giardino dietro casa. Sono di Regina, nella provincia del Saskatchewan, Canada, e da quelle parti non ci sono montagne, è tutto piatto. Ma un giorno i nostri genitori ci portarono in montagna, così provammo ad andare in tavola e fu amore a prima vista. Da lì in poi, appena avevamo un attimo libero: lo snowboard e solamente lo snowboard. Ci inventavamo le cose con quel poco che avevamo e quando i nostri genitori ci portavano, giravamo sulla collina più vicina da casa nostra, a 40 minuti di strada. Sarà stata tipo 300 metri, ma ci bastava. Dopo aver snowboardato dietro casa, ci andava bene tutto. Non aveva nemmeno una seggiovia quel posto. Non c’erano neanche salti, solo un paio di box. Ci inventavamo le cose da fare.” CHI ERANO I TUOI EROI ALLORA? “Da piccolo il mio idolo era JP Walker. Avrò visto e rivisto la sua parte in Technical Difficulties migliaia di volte. Ho consumato la videocassetta. Volevo essere come lui, saper girare in tavola come lui, diventare come lui. E poi impazzì per Eero Ettala. La sua parte in Follow me Around è assolutamente una delle mie preferite. Soprattutto i pezzi in fresca. Dei rail non mi è mai interessato molto, i rider che girano solo in street non li ho mai capiti, mi sembra un modo “povero” di intendere lo snowboard. Ma Eero è uno dei migliori all-around snowboarder. È uno di quei rider che quando ho conosciuto dal vivo son rimasto
E MENO MALE CHE SI FERMA. DI CERTO DICE QUELLO CHE PENSA E IL CONTRARIO. È UN FIUME IN PIENA, PARTE CON UN ARGOMENTO ED È DIFFICILE FERMARLO. “Quand’ero a Vancouver per la premiere ho chiesto a dei rookies del team canadese se volessero venire con me a skateare. Sai cosa mi hanno risposto? Che non
FS 360° NOSEBONE BY SCOTT SERFAS
BY SCOTT SERFAS
MICHELCHUCK TUCK KNEE BY FRODE SANDBECH
potevano perchè dovevano saltare sui trampolini. Are you fucking kidding me?! Sul serio? Perché stanno diventando tutti così? Lo snowboard è diventato questo tipo di sport qui, ora come ora. Devi fare palestra, devi allenarti anche quando non vai in tavola. Per me lo snowboard è andare tutti insieme in tavola, migliorarsi l’un l’altro, divertirsi. È per questo che per una stagione ho lasciato perdere le competizioni, non ne potevo più di quella roba lì. Prima di Sochi 2014 ogni settimana per mesi e mesi ho preso parte a un contest. Big Air, Slopestyle, X Games, Air&Style, European e US Open… tutto ho fatto. Andavo, partecipavo, salivo sul podio o meno, prendevo un altro aereo, andavo, partecipavo, e via così per un anno. Ogni tre giorni ero da qualche parte nel mondo a fare una gara. Stavo impazzendo. Non era vita, sembrava di andare in ufficio. Era bello perché poi c’è la gente che ti gasa se vai bene, ma devi sopportare una pressione pazzesca. E il tutto si è concluso con le Olimpiadi, che è stata una cosa altamente stressante. Sono arrivato a Sochi con una costola rotta, ho dato il meglio di me e sono arrivato terzo. Con tutto quello che si è detto, che avrei dovuto vincere io e non Sage, oppure Staale, chi lo sa. Fatto sta che dopo Sochi non ne ho voluto saper più nulla di gare e ho preso una pausa. Volevo cambiare “vita” per un anno, e così mi son buttato in questa cosa del video “In Motion” tutto mio. In effetti credevo che girare in neve fresca per un anno fosse una maniera ottima per distrarmi dal solito tran-tran dei contest, ma ho scoperto che c’è addirittura più pressione che per salire sul podio! È più difficile fare tutto, chiudere i jump, trovare un buon posto per costruire i salti, camminare in neve fresca... insomma, tutto. E poi hai sempre l’angoscia di capire se quello che hai filmato vada bene o no, se funzioni o meno, se sia sufficiente il materiale che hai girato. Poi magari vai in qualche posto che ti avevano detto esser fantastico, tu ci vai, e non c’è neve o fa brutto tempo per una settimana. E giorno dopo giorno ti chiedi se ne è valsa la pena. Alla fine ho scoperto che c’è un sacco di stress anche nel girare un video in fresca, di più che fare solo contest. Questa stagione infatti vorrei fare una via di mezzo. Tornerò a fare gare, perché alla fine mi piace. Dopo aver provato l’esperienza di fare solo powder e fresca, competere contro altri o contro me stesso sembra quasi più facile haha.” TI ALLENI ANCHE IN PALESTRA? “Sì, chiaro. Non è detto che se ti alleni per bene e migliori il tuo corpo allora vuol dire che non sei un vero snowboarder. Ora bisogna fare anche quello, è necessario. Prendi ad esempio gli skaters. Loro per riprendersi da tutte le stecche che prendono fanno i bagni di ghiaccio tutti i giorni. Bisogna solo prendersi cura del proprio corpo se si vuole fare questo mestiere. Il mio corpo è la mia fonte di guadagno (“my body is my income” dice proprio così).” HAI ACCENNATO ALLE OLIMPIADI DI SOCHI 2014. TI SEI PORTATO A CASA PIÙ RICORDI NEGATIVI O POSITIVI? “Tornai da Sochi con sentimenti sia positivi che negativi. Al posto di Sage avrebbe potuto essere chiunque là sopra con la medaglia d’oro. Avrei potuto essere io, o Staale. Sage è un’icona di uno snowboard felice, si diverte ed è sempre positivo, e ci sarebbero potuti essere rider e persone peggiori di lui a vincere quella medaglia d’oro e se qualcun altro avesse battuto Staale, mi sarei incazzato tantissimo. Ma i giudici hanno scazzato lo stesso. Nel pannello dei giudici c’era questa Phoebe Mills, una che ha vinto un bronzo alle Olimpiadi nel 1988 in ginnastica artistica. Una che fa la coach di trampolino. Non c’entra nulla con lo snowboard. Non c’erano i giudici degli XGames, c’erano queste persone random. Non avevano idea di quello
che fosse un trick più difficile o meno sui rail. It is what it is. Non voglio nemmeno riguardarla quella gara perchè da allora ho sempre una frustrazione pazzesca ogni volta che ci penso.” ALLE OLIMPIADI IN COREA NEL 2018 CI SARÀ ANCHE IL BIG AIR, OLTRE ALLO SLOPESTYLE. “Ora come ora voglio andare alle prossime Olimpiadi e far bene. Ma tanta acqua deve ancora passare sotto ai ponti. Nel Big Air se ne vedranno delle belle perché può succedere di tutto. In Slopestyle chi è bravo lo si vede subito: ci sono almeno sei strutture su cui bisogna saltare in sequenza, mentre il Big Air alla fine è una disciplina tipo i tuffi o i trampolini. L’inrun è dritta, si salta, si atterra, boom, finito. Fortunatamente hanno scelto un’ottima maniera per giudicare, che è quella di prendere le due migliori run su tre, e si deve cambiare il senso di rotazione - si devono almeno fare due trick. Non come prima in qualche contest in cui contava solo un trick su tre. Perlomeno non vedremo un vincitore - come certe volte si è visto in passato in certi contest di Big Air - che fa praticamente un solo trick e poi ci aggiunge mezza rotazione. Sarà comunque interessante di sicuro perché salteranno fuori tantissimi rider sconosciuti in Big Air, vedrete: cinesi, gente che non sa scendere con la tavola ai piedi da una montagna in pista… Prendi ad esempio il cinese Yweii Zhang. Questo non sapeva andare in tavola fino a cinque anni fa: ora è stato il primo a chiudere il triplo in pipe e l’anno scorso ha vinto a Park City, con uno stile e una tecnica pazzesca. Chi se la immaginava anche solo tre anni fa una roba del genere? Ovvio che voglio partecipare alle Olimpiadi del 2018: voglio vincere sia in Big Air che in Slopestyle. Ma non è così scontato, perché nel team canadese ci sono tantissimi rookie che spaccano e tutti sanno già chiudere il triplo. Se penso al livello dello snowboard nel 2012 e quello che c’era nell’anno di Sochi 2014, bisogna pensare al livello che si arriverà nel 2016 in proiezione 2018. Potrà succedere di tutto, ancora. Se vai su in questi giorni a Stubai vedrai che ci sono centinaia di bambini che si allenano sulla linea piccola dei salti e che già fanno underflip ogni tre run. Ragazzini russi che non si sono mai sentiti prima, non sanno nemmeno raidare verso il salto ma fanno triple cork. Quindi? Vediamo. C’è anche da dire che è anni che vedo in giro ragazzini che fanno double qui e là e poi non sanno mettere insieme una run decente in contest.” QUANDO HAI CAPITO CHE LA TUA VITA ERA CAMBIATA PER SEMPRE? “Direi che è stata una cosa abbastanza graduale, tuttavia molto cambiò dopo Sochi 2014. Prima della medaglia olimpica, direi che il primo passo verso il professionismo fu la mia prima vittoria in Coppa del Mondo FIS nel gennaio del 2010 a Calgary, proprio in Canada. Mio padre è sempre stato dalla mia parte, ma mia madre non era tanto d’accordo che mollassi la scuola per fare il pro-rider. Dopo che ha visto i primi risultati positivi e i 12mila dollari del primo premio... beh, diciamo che ha cambiato idea, haha. Durante la stagione 2010/11 mi hanno invitato al Dew Tour, mentre stavo cercando di farmi conoscere a livello internazionale. Avevo appena firmato i contratti con Red Bull e Burton, qualcosa stava cambiando ma comunque dovevo partire da pre-qualificazioni, qualificazioni, semifinali eccetera. Quella volta arrivai secondo dietro a Torstein [Horgmo], e da lì in poi ricevetti un invito agli XGames 2011 in slopestyle, arrivai secondo e così mi invitarono all’Air&Style di Innsbruck, ma al rookie contest. Allora io risposi che non sarei andato, e così dieci minuti dopo ricevetti un’email in cui mi invitavano al contest quello vero. Tutta quella stagione 20102011 fu pazzesca, una figata dietro l’altra. Poi nel 2012 vinsi due
BS AIR BY FRODE SANDBECH
BS ALLEY-OOP INDY BY FRODE SANDBECH
ori agli XGames e feci il triplo cork. In quel momento capì che la mia vita stava veramente cambiando. Poi inserirono lo slopestyle alle Olimpiadi e da lì in poi il mio obiettivo divenne vincere l’oro a Sochi 2014. L’anno successivo ci furono quei rumours su me contro Shaun White quando vinsi di nuovo gli XGames battendolo, ma furono le Olimpiadi nel 2014 la svolta definitiva. Come ti ho già detto prima, è andata come è andata. Ovvio che sarebbe potuta andare peggio, avrei potuto fare un quarto posto e sarebbe stato peggio del bronzo. Ma la cosa più incredibile successe in seguito – fuori da quella bolla di Sochi. Lo slopestyle fu la prima disciplina di tutte le Olimpiadi e tornai a casa proprio nel bel mezzo delle altre gare, quando in TV c’erano solo le Olimpiadi 24 ore su 24. Io e la mia ragazza Coco andammo a vedere una partita NBA dei Toronto Raptors, e accadde una cosa pazzesca, mai successa prima: le body guard intorno a noi due cercavano di tener lontana la folla di gente che voleva salutarmi, fare un selfie con me, un autografo. Una cosa assurda, tant’è che la gente quasi entrava in campo e i giocatori non riuscivano a riscaldarsi. Mi chiesi come tutte quelle persone potessero sapere chi io fossi. Non erano snowboarder, per niente, lo si poteva vedere. Holy shit! Le Olimpiadi in Canada sono… sono dio. Niente può battere la fama che ti possono dare le Olimpiadi. It sucks, but it’s true. Perché tutti sanno cosa sono gli XGames, ma anche le nonne sanno cosa sono le Olimpiadi. Non potevo girare per strada a Toronto, non potevo andare da nessuna parte che la gente mi fermava. Ovunque. Non importa chi tu sia, è un evento che c’è ogni quattro anni, la cosa più importante che ci sia nel mondo dello sport.” CHI È IL RIDER PIÙ SOTTOVALUTATO AL MONDO? “Mikkel Bang, di sicuro. Gira in tavola da dio, ha uno stile incredibile e fa sembrare tutto più semplice di quello che sia, specialmente quando salta in fresca. Lo ammiravo già quando era piccolo, quando i rookie Burton forti erano lui, Luke Mitrani e Freddi Austbo. Guardavo i video Burton con loro tre e pensavo che un giorno sarebbe stato bello arrivare a dove erano arrivati loro. Nonostante ciò, non credo che Mikkel internazionalmente abbia tutto questo riconoscimento che si meriterebbe. Ci sono un sacco di altri rider che spingono molto meno di lui, ma hanno più risalto e non capisco perché.”
solito mi piace più surfare che skateare perché le caviglie o le spalle ne risentono meno. Ma allo stesso tempo odio un sacco di cose riguardanti il surf. Per esempio non capisco… perchè alcuni surfer odiano altri surfer e diventano matti l’un l’altro per un’onda? Magari c’entra la natura, nello snowboard c’è spazio per tutti e ci sono tante direzioni. La gente nel surf si comporta come se quell’onda lì, o l’intero Oceano fosse solo roba loro. Quel lato del surf mi lascia senza parole. Nello snowboard si gira tutti insieme come amici, si condivide lo stesso amore per la natura, un sacco di avventure, se si trova un qualcosa da fare, lo si fa insieme. E un’altra cosa: anche se fai schifo ad andare in snowboard, nessuno ti urla dietro “Fai schifo!”. Nel surf può succedere. Sono pazzi. Alle Hawaii c’è gente che se non gli piaci ti tengono la testa sott’acqua per un tempo infinito. Pazzi.” OLTRE AI NUMEROSI ASPETTI POSITIVI, CI SONO ANCHE QUELLI NEGATIVI NELLO SNOWBOARD? “Gli unici che mi vengono in mente sono gli impatti che il corpo riceve, a volte. Quando si cade, quando ci si fa male e devi stare fermo per un po’. Io finora sono stato molto fortunato, altri meno purtroppo per loro. Penso anche che un sacco di incidenti e di infortuni si potrebbero evitare se gli shaper dei park fossero tutti bravi e del nostro livello. Un sacco di shaper non sono capaci, non riescono a star dietro all’evoluzione del nostro riding. Voglio dire, si sa benissimo prima quale inrun-kicker-flat-landing funziona o meno. Già a vista si capisce, è una formula matematica. Perché non costruiscono tutti solamente salti sicuri? Sappiamo quali sono sicuri e quali no. Non capisco. Già dieci anni fa, la Gap Session mostrò al mondo come si costruisce un salto sicuro. Basta fare tutti i salti come quello! Così se qualcuno sbaglia in atterraggio, non sta fuori infortunato per due mesi. È frustrante perché in giro non ci sono tanti bravi shaper di park e di salti. Il park builder di Perisher e di Whistler costruisce solo safe jumps, che funzionano. Perché non è dappertutto così? L’airtime non cambia, ed è più sicuro, è semplice e invece non lo fanno. È terribile quando ti fai male e non puoi girare in tavola per tanto tempo. Anche nella off season divento più triste. Ma d’altra parte è anche saggio avere quei due mesi senza girare in tavola perché lo snowboard è uno sport che chiede tanto al tuo fisico e al tuo corpo. Fa bene stare senza tavola, anche se è noioso. Ma ora come ora questi nuovi ragazzini non si fermano mai. Vanno da un park all’altro senza mai prendersi una pausa. Non so come facciano. Ci sono rider, la maggior parte direi, che non si prendono mai una pausa. Mai, mai, mai. La stagione scorsa è finita? No. Sono andati in Australia, poi in Nuova Zelanda, poi a Saas Fee, ora sono tutti a Stubai… si divertono? Chi lo sa.”
TUTTI SANNO COSA SONO GLI XGAMES, MA ANCHE LE NONNE SANNO COSA SONO LE OLIMPIADI.
ESSENDO LA TUA RAGAZZA UNA PRO DI SURF, IMMAGINO TU ABBIA PASSATO ANCHE ABBASTANZA TEMPO PER CONOSCERE LA SCENA INTERNAZIONALE DI SURF. FARESTI A CAMBIO? “Oh, la scena surf è molto diversa rispetto a quella dello snowboard. È più competitiva. Molto di più. Si odiano, tutti si odiano: a vicenda. Non sono capici di essere amici tra di loro, come magari lo siamo noi dopo i contest. Vogliono battersi, e vincere, e farlo con ogni mezzo. In acqua c’è un sacco di trash talking, perché le run dei contest son diverse l’una dall’altra. Uno prende un’onda giusta, l’altro ce l’ha schifosa. Non è come noi, che abbiamo tutti più o meno delle condizioni uguali per tutte le run. E’ uno sport uno contro uno. Nei contest di snowboard alle fine dei conti sei solo contro te stesso. Puoi prendertela solo con te stesso, non con un altro. Che è una cosa che adoro. Mi piace essere in un tour in giro per il mondo con gente che mi piace. È diverso, forse sono fortunato ad essere uno snowboarder. Faccio surf anch’io e ovviamente son sempre in acqua con pro surfer e faccio schifo paragonato a loro; ma tra gli snowboarder mi considero uno dei più bravi a far surf. Terje [Haakonesen] è uno dei migliori, lo vedi subito. Ha uno stile anche nel surf che è incredibile. Lo vedi anche quando è in tavola in fresca. Tutti gli sport “sideways”, come il nostro, lo skate o il surf, sono accumunati da questa cosa: se uno è stiloso, lo si vede in tutto. Di
COME SAREBBE LA TUA VITA SENZA LO SNOWBOARD? “Gioco tanto a hockey, vado molto in skate… non saprei dirtelo. Potrei fare qualcosa così, ma non mi piace nemmeno pensare a quello che sarei o farei nella mia vita senza lo snowboard. Farebbe schifo la vita senza una tavola ai piedi. Sin dalla prima volta che mi son allacciato gli attacchi, è stata la mia passione. Per sempre. Amo uscire in barca sul lago, andare a skateare, ma niente può battere le sensazioni che lo snowboard mi dà. Tutte le volte, sin dal primo giorno. Mi ricordo che quand’ero piccolo volevo guardare tutti i video di snowboard che uscivano, tutti, non ne perdevo uno. Ho veramente una grande, grande passione per lo snowboard, è persino difficile da spiegare. La cosa più figa di fare lo snowboarder sai qual è alla fine? Sapere di essere di ispirazione per qualcun altro. I ragazzini fanno quello che una volta facevo io da piccolo: idolatrare altre persone, prendere altri rider ad esempio. È figo essere ammirato e guardato come qualcuno da cui trarre ispirazione.”
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BY BLOTTO
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PICS: PHILIPP STRAUSS TXT: ALVARO VOGEL
Il Giappone è uno dei posti più belli al mondo e la scorsa stagione ho avuto l’opportunità di fare parte del team Northwave & Drake per un’intensa settimana di divertimento.Il programma era molto tirato, quindi abbiamo dovuto programmare tutto veramente bene e sperare che la neve fosse ancora sufficientemente buona per apprezzare la leggerissima powder giapponese.
tercontinentale, iniziammo a guidare verso gli spot. Nel tardo pomeriggio arrivammo finalmente a Asahidake. I bank di neve erano sporchi e degli strati crostosi coprivano l’intera montagna, ma eravamo troppo stanchi per pensare anche a ciò quindi ce ne andammo a dormire in modo da essere a posto il giorno dopo e iniziare a divertirci.
Ci incontrammo tutti a Sapporo all’inizio di marzo, quando una brezza calda ci accolse nell’Isola del Nord del Giappone. La vibra era quella giusta, ma vedevo un po’ di ansia negli occhi di Antti e David. Kohei era un po’ più rilassato, probabilmente perché sapeva già quello che sarebbe successo da lì a un paio di giorni. Dopo aver girato un po’ per il parcheggio dell’aeroporto, finalmente trovammo la nostra auto. Neil Hartmann, l’uomo che stava dietro al video Car Danchi, fu estremamente gentile nel prestarci la sua macchina per i successivi due giorni a Hokkaido. Completamente sotto jet-lag e stanchi morti per via del viaggio in-
Ci svegliammo il giorno successivo o, meglio dire, ci svegliammo solo cinque ore dopo, perché il vento era così intenso che gli alberi si piegavano in tutti le direzioni. Il meteo era schifoso, ma eravamo andati fin lì per girare in tavola e quindi decidemmo di stare bassi nei boschetti a causa del forte vento, per trovare un po’ di spot divertenti giusto per cominciare a filmare. Era il mio quinto viaggio in Giappone e la mia quarta volta a Asahidake. Antti era già stato più di una ventina volte in Giappone negli ultimi dieci anni e Kohei conosce a perfezione tutta Hokkaido, quindi fu abbastanza semplice trovare dei posti carini per girare. A causa
ANTTI AUTTI: BS AIR
del vento e delle alte temperature, la neve era abbastanza tremenda, ma non a sufficienza per fermarci. La motivazione era talmente alta che in meno di un’ora ognuno di noi aveva già uno spot. Le condizioni erano però terribili e io iniziai a essere preoccupato. Il vento iniziò a soffiare ancora più forte e cominciò anche a piovere seppur leggermente, ma i ragazzi erano super motivati così dopo aver impresso uno scatto a testa ci dirigemmo alla ricerca di altri spot. Dopo aver guidato per poco tempo giù dalla montagna, trovammo un ottimo spot perfetto per ottimi rider di transizioni proprio come Antti, Kohei e David: costruimmo così un bel quarter pipe. Costruimmo tutto il pomeriggio sotto la pioggia, eravamo bagnati fradici quando ce ne andammo da lì, ma qualcosa cambiò molto in fretta: mentre ci dirigevamo verso il nostro mini van la temperatura scese improvvisamente e la fitta pioggia divenne fitta neve. Una volta in auto, la neve coprì di bianco tutta la strada e vidi la luce negli occhi dei miei compagni di team. Iniziammo tutti a sognare e a raccontare a Dave storie circa le pesanti nevicate giapponesi sebbene tutti fossero consapevoli del fatto che eravamo già in là con
la stagione e il meteo avrebbe potuto di nuovo cambiare improvvisamente tornando primaverile in meno di un’ora. Andammo tutti a dormire con la stessa speranza: di svegliarci con un buon metro di neve fresca. Il giorno dopo ci svegliammo e sfortunatamente il vento aveva continuato a soffiare tutta la notte, e le temperature erano scese ancor di più, rendendo i fiocchi di neve ancora più piccoli. Dopo colazione ci sedemmo tutti insieme e iniziammo a fare un piano per la giornata, anche se sapevamo che rimaneva solo un giorno ancora e volevamo essere il più efficienti possibile. Saltammo in macchina e scendemmo in strada. La struttura di Antti era la prima pronta e iniziammo a incamminarci in mezzo ai boschetti. Dave era il rookie della nostra crew ed era anche il più gasato di tutti a girare in neve fresca. Lui era al suo primo viaggio in Giappone ed era più che motivato di esser lì con una crew di gente che spacca. Da un certo punto di vista era ottimo per lui perché lo aiutavano molto, dall’altro aveva anche un sacco di pressione addosso per far qualcosa di positivo e qualche volta cercava spot complicati al posto di scegliere cose più semplici
KOHEI KUDO: FS RODEO
IL GIAPPONE HA DELL’OTTIMA NEVE E UN TERRENO PERFETTO, ED È FACILE IMMAGINARSI A GIRARE SUI PILLOW, MA QUELLO CHE SPESSO I ROOKIE NON CONSIDERANO SONO LE INRUN E LE OUTRUN.
KOHEI KUDO: HAND DRAG
CAMMINAMMO PER TRE GIORNI, NON PRENDEMMO MAI UN IMPIANTO DI RISALITA E GIRAMMO TUTTI I GIORNI PER TUTTO IL GIORNO DALL’ALBA AL TRAMONTO.
KOHEI KUDO: BS AIR
e più sicure che Kohei e Antti gli mostravano. Penso che tutto ciò faccia parte della curva di apprendimento che ogni rookie deve attraversare quando affronta per la prima volta un nuovo terreno con una crew di gente brava. Il Giappone ha dell’ottima neve e un terreno perfetto, ed è facile immaginarsi a girare sui pillow, ma quello che spesso i rookie non considerano sono le inrun e le outrun di quasi tutte le strutture. Alcune sono veramente complicate e a volte anche più tecniche del trick in sè. Passammo tutto il giorno a saltare su qualsiasi cosa si trovasse dinanzi a noi e finimmo la giornata al quarter pipe che avevamo costruito il giorno prima. Come Team Manager e filmer non avrei potuto essere più felice di vedere tutti i miei ragazzi chiudere i trick, e del fatto che tutti tornarono a casa con un grosso sorriso in faccia, e questa è l’essenza pura dello snowboard: scoprire posti nuovi e divertirsi con gli amici. Non ci sono regole o stili di cui si ha veramente bisogno, chiunque può girare ed esprimere sé stesso nella maniera in cui vuole.
La tempesta di neve però non si placò, e così il giorno successivo ci svegliammo con più di un metro di fresca. Fiocchi di neve enormi continuavano a scendere dal cielo e i miei ragazzi andarono avanti a girare e fare trick su trick tutto il giorno fino al tramonto. Ero anche più contento del giorno prima: ero per la prima volta in Giappone come filmer e guardare attraverso l’obiettivo Antti, Kohei e David divertirsi era qualcosa di indescrivibile. Tutte le camminate, lo zaino pesante e le dita congelate… si dimentica tutto ciò una volta che si portano a casa degli scatti fantastici e guardare quanto sia divertente girare in tavola sprofondando nella neve fresca nel mezzo del nulla. Camminammo per tre giorni, non prendemmo mai un impianto di risalita e girammo tutti i giorni per tutto il giorno dall’alba al tramonto. Saltammo, girammo sui pillow e camminammo ancor di più dopo esser stati in un Onsen. I nostri primi tre giorni volarono letteralmente e così ci ritrovammo in men che non si dica in macchina a guidare verso Sapporo per partecipare all’AIR MIX a Gala il giorno successivo. Volammo dall’Isola del Nord a Tokyo e poi prendemmo lo Shinkansen fino a Gala, dove i nostri amici di Northwave/Drake
Japan ci accolsero con una cena deliziosa. Il giorno successivo ci presentammo al contest con le gambe di marmo a causa dei giorni precedenti - tutto quel camminare in backcountry e viaggiare attraverso il Giappone con i mezzi pubblici. I ragazzi erano motivati e le strutture erano molto belle, ma credo che tutto quel viaggiare li stancò un po’. Volevo filmare ancora un po’ e così iniziammo una bella sessione di handplant sul quarterpipe in fondo al park. Divenne in fretta una session nella session, tutti si unirono a noi benché il contest vero e proprio stava per iniziare. Girammo in quel park per due giorni in condizioni primaverili, facemmo un party per il trentesimo compleanno di Antti al Pirates Bar e incontrammo un sacco di gente cool che condivideva con noi l’amore per lo snowboard. Ma sfortunatamente alla fine dovemmo anche andarcene perr prendere il volo di ritorno verso casa il giorno dopo. I team trip sono sempre divertenti, ma questo in particolare non lo dimenticherò mai. Andammo incontro a qualsiasi tipo di condi-
zione meteo, viaggiammo per tutto il Giappone solo per girare in tavola, per testare la nuova attrezzatura e, cosa più importante, per divertirci. Incontrammo un sacco di gente interessante e facemmo nuove amicizie e il nostro team Northwave/Drake divenne una famiglia. Ognuno era lì per aiutarsi l’un l’altro e per condividere il divertimento. I trip in Giappone sono un must per me e son contento di aver potuto portare il mio team nella terra dove nasce il sole. Secondo me è il miglior posto al mondo per girare in fresca e per divertirsi. Il cibo, la cultura, l’ospitalità, le montagne, la neve e le città sono assolutamente incredibili. Puoi viaggiare per tutto il globo in cerca delle migliori condizioni della neve ma se vuoi essere sicuro di trovarle, devi solo comprare un biglietto per il Giappone e viaggiare. Il nostro viaggio di sette giorni in Giappone finì con un divertentissimo shred day di primavera e con delle birre ghiacciate giapponesi. A presto Giappone,
DAVID DJITÉ: SLASH
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TXT: GIACOMO MARGUTTI PIC: DENIS PICCOLO
“Passano due giorni difficili, ma molto intensi, senza wifi e altre tecnologie che possano distrarci, impariamo a stare in silenzio, far da mangiare con il fuoco, risparmiare quello che si è comprato e conoscerci di più con lunghe chiacchierate intorno al fuoco.”
occhio alla foto in questa pagina. Non vedete trick, non documenta chissà quale evoluzione incredibile: state guardando quattro amici, che tornano a casa con il sorriso stampato in faccia dopo una giornata passata in fresca. Talmente tanta fresca che possono usare la tavola come mezzo di locomozione su strada.
“L’essenza del viaggio è questa, non i trickkoni.” Queste le parole di Achille Mauri, a conclusione del suo report sul suo viaggio in Montenegro. L’amicizia, oltre al divertimento in sé, è una costante se si parla e si scrive e si vive di snowboard. Date un
Questo numero l’abbiamo aperto e chiuso con un sorriso e la neve fresca, perchè di solito vanno di pari passo. Che sia di buon auspicio per tutti noi e per tutti voi. Buon inverno.
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