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Patagonia. I barely know where it is placed on the map of the world. More or less like I barely know how to nail Nils Arvidsson’s backside airs like this one here. Unfortunately I do not; about both things, I mean. It is more likely one day I’ll be gone in Patagonia than I’ll stomp one of his tricks. I will still be happy with just admiring it on a magazine. Enough. NILS ARVIDSSON BY MARKUS ROHRBACHER IN PATAGOLINA
Is there anything that the Matt Georges-Markus Keller pair can not make look like super cool? Don’t think so. The French-Swiss duo, already authors of many oh so beautiful shots, here combine with a third crazily marvellous scenery: Japanese backcountry. For yet another refreshing coolness in 4k. MARKUS KELLER BY MATT GEORGES IN JAPAN
All the way down to Argentina to nail a handplant. Is it really worth the pain? Yes, it is 100% worth the travel. For this picture and for all that is around. Snowboarding is not only trick-trick-trick. DBK BY MATT GEORGES IN ARGENTINA
BY GIACOMO MARGUTTI
In questi giorni c’è la prima gara della stagione, un big air proprio sul suolo italiano – a Milano. Lo organizza la FIS, la stessa federazione che sembra più viva in questo momento difficile dello snowboard competitivo. È riuscita ad introdurre proprio il big air alle prossime Olimpiadi 2018 a PyeongChang (a farne le spese, il PSL, appena introdotto a Sochi 2014), è riuscita a conquistare un terreno da sempre “dell’altra sponda” come gli European Open di Laax mettendoci il timbro della Coppa del Mondo (saranno validi per qualificazione olimpica), l’anno scorso un big air a Boston con 10mila spettatori, insomma si stanno muovendo bene – lasciando perdere per una volta se sia un bene o un male, tanto ai ragazzi che partecipano si è finalmente capito che non importa nulla. Gara è gara, meno o più divertente. Scrivo ciò su un giornale che fortunatamente si occupa del lato più spensierato e “figo” in un certo senso dello snowboard, quello in cui non perde e non vince nessuno, l’amicizia regna sovrana e l’aspetto se non culturale perlomeno ludico prevale. Lo scrivo perchè intervistando Eero Ettala è saltato fuori che c’è ormai un solco enorme tra
chi fa contest e chi fa video/shooting. Nel senso che secondo il leggendario rider finlandese gli snowboarder facenti parte del primo gruppo fanno trick che i secondi ormai non sanno più fare. E sarà sempre peggio. Chi tra di voi sceglierebbe di spaccarsi il culo in palestra, trampolini, allenamenti in pipe/slopestyle di marmo alle 8 del mattino, per poi magari fare due salti in qualifica, sbagliargli e finire 50esimi? Al posto di andare in Alaska o in Giappone e girare in neve fresca tra i boschetti? Non sto dicendo che è più facile o più difficile, anche perchè lo stress che c’è nel chiudere trick per la parte video è molto simile a quello che c’è nelle competizioni. Ma forse c’è un motivo in merito al perchè dell’attuale divisione del mercato: split e backcountry, street e park. A quei livelli, come dice Eero Ettala, forse c’è solo uno come Torstein Horgmo capace di essere competitivo sia in contest che in video. Non è detto che non si possa fare entrambe le cose. Anzi. Fortunatamente noi poveri mortali non dobbiamo per forza scegliere tra le due cose. Ci possiamo godere sia fresca e park. Non è bellissimo non essere tutti dei pro?!
Antti Autti
Ph: Luca Crivelli
In pizza we trust 2016 / 2017 Collection
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EDITOR IN CHIEF Denis Piccolo | denis@tabcommunication.com EDITORIAL COORDINATOR Giacomo Margutti | giacomo@tabcommunication.com EDITORS Denis Piccolo | denis@tabcommunication.com Cristian Murianni | murio@tabcommunication.com ADVERTISING OFFICE welcome@tabcommunication.com ART DIRECTOR George Boutall | george@evergreendesignhouse.com GRAPHIC DESIGN Letizia Macaluso | letizia@evergreendesignhouse.com Andrea Roncolato | info@evergreendesignhouse.com
PHOTOGRAPHERS & FILMERS Cristian Murianni, Davide Fioraso, Marco Morandi, Gianfranco Battaglia, Andrea Schiliro, Matt Georges, Cyril COVER Matt Georges - Markus Keller COLLABORATORS Antonio Isaja, Enrico Santillo, Lisa Filippini, Simone Natale, Marco Contardi, Alessandro Belluscio, Elisa Maria Ferrari COMPANY EDITOR Tab Communication Via Paolo Bassi 29 Milano 20159 welcome@tabcommunication.com
SEQUENCE_MAGAZINE.COM Daniela Micali | daniela@tabcommunication.com
PRINT Grafiche Ambert Verolengo TO
PHOTO SENIOR Matt Georges | hello@mattgeorges.com Denis Piccolo | denis@tabcommunication.com
DISTRIBUZIONE FreePress 30.000 copies distribuited in Italy, Germany, Austria, Switzerland, France, England in 1200 snowboard shops
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per diventare la specialista di slashate epiche. Non mancherete neanche una linea, sarete i primi ad arrivare, anche nei boschetti che tanto fanno divertire i rider amanti del freeride.
design retro, completa di caratteristiche tecniche invidiabili. Su qualsiasi tipo di terreno assicura controllo e stabilità grazie a una versatilità senza pari.
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Una tavola versatile, adatta a qualsiasi tipo di situazione, con
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una leggera propensione al freeride. Reattiva e potente, ha un perfetto galleggiamento durante le giornate in neve fresca, ed è facilmente manovrabile anche nelle strutture dei park.
che fosse precisa, jibbosa, facile alla carvate, una tavola direzionale versatile, disegnata per assicurare controllo e potenza.
154 . 158 . 162
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Una vera e propria arma letale per galleggiare in powder, la ta-
Progettata come una vera all-mountain, il nuovo shape diver-
vola realizzata appositamente per le esigenze del pro rider Kazu Kokubo diventerà senza alcun dubbio un’insostituibile compagna di avventure nei backcountry di tutto il Pianeta.
tente e ispirato alle tavole da surf richiama proprio nella forma di punta e coda le classiche wings che sulla neve diventano un’arma incredibile, specialmente nei boschi più stretti.
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Autti, la Guerrilla ha una larghezza tale che permette un ottimo galleggiamento anche nel pow più profondo con il minimo sforzo.
nibile in sole due grandezze small e large, perfetta per godersi alla grande le giornate in neve fresca. Bella aggressiva durante le slashate e galleggiamento assoluto grazie alla sua larghezza.
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TXT:GIACOMO MARGUTTI PICS: DENIS PICCOLO
BURTON SLX
Pura scienza e dominio della tecnologia in uno degli scarponi da snowboard più comodi e precisi. La scelta Burton per le massime prestazioni, l’SLX unisce gli ultimissimi progressi insieme a un flex versatile e un feel che ti fa sentire a casa in qualsiasi condizione. La nuova scarpetta Life+ è la più comoda di sempre, essendo più leggera, aumentando la reattività e il calore all’ennesima potenza grazie al fatto di essere il solo liner con un Ciclo di Calore Dryride all’interno. Sotto al piede, la suola esterna Vibram Xwing con EcoStep Plus è costituita al 50% di plastica riciclata, riducendo al minimo l’impatto sull’ambiente e garantendo il grip. L’assorbimento degli shock è di pari livello grazie all’esclusiva-Burton ReBounce, per cui l’imbottitura è più vicina al piede e allo stesso tempo riflette il calore corporeo per tenerti sempre al caldo.
DC JUDGE
Il Judge racchiude il perfetto binomio di alte prestazioni e comfort, combinando la comodità dell’esclusiva chiusura a doppio Boa con delle tecnologie innovative e materiali assolutamente pregiati. È dotato del sistema di ventilazione Aerotech che garantisce una perfetta termoregolazione del piede, prevenendo eccessivi surriscaldamenti o brusche perdite di calore, assicurando una perfetta traspirazione. La scarpetta interna è la Black, con strap di regolazione a 360° per un perfetto sostegno (flex 8/10). La costruzione articolata sul collo del piede offre un’eccellente libertà di movimento frontale e un perfetto supporto laterale. Disponibile in tre differenti variazioni cromatiche, è uno scarpone adatto a tutte le tipologie di riding e può soddisfare al meglio le esigenze dei rider evoluti ma anche quelle di chi vuole far progredire il proprio livello di riding in park o backcountry.
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I Vans Infuse, nella versione ideata da Pat Moore, sono l’esempio perfetto della personalizzazione, nonché lo scarpone da snowboard più sofisticato e versatile fra quelli proposti da Vans. La nuova tecnologia Vans Hybrid Plus rivoluziona la precisione delle chiusure e la gestione della flessibilità, attraverso un sistema all-in-one completo che dona massimo sostegno per il freestyle più tirato, per poi selezionare un’allacciatura più morbida senza alcuna difficoltà quando girate più easy. Gli Infuse sono inoltre dotati di rivestimento Custom, che si modella con il calore, per un comfort personalizzato e una stabilità del tallone ideali; suole anatomiche UltraCush V-Cork e suole V-Hex, per il massimo in termini di ammortizzazione e supporto dell’arco plantare; valvole traspiranti impermeabili e Vans Flex Control con rinforzo della linguetta rimovibile ad alta elasticità Hytrel, che consente all’atleta di personalizzare ulteriormente la flessibilità e il supporto.
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They Wear mostra una selezione di outfit da Snowboard di alcuni dei più influenti snowboard shop, i responsabili del reparto vi sveleranno la loro attrezzatura scelta per le loro surfate!
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QUANDO E COME È NATA L’IDEA DI APRIRE UN NEGOZIO DI ACTION SPORT? A fine anni 90 praticavo fuoripista quasi sempre a Sestriere, il mio spot preferito, ma mancava lo shop che facesse da riferimento per gli “action sports”. Un posto dove ritrovarsi a discutere sulle linee e sui jump dopo una giornata con gli amici in montagna, e naturalmente dove guardare e comprare il nuovo oggetto da usare alla prossima occasione. CHE SIGNIFICATI RACCHIUDE PER VOI LA PAROLA SNOWBOARD? Divertimento, montagna, fuoripista. QUALI SONO I VOSTRI INVESTIMENTI NELL’ACTION SPORT? A parte qualche cena con mia moglie non investo in altro! QUALI ATTIVITÀ PROPONETE PER I VOSTRI CLIENTI? “I Love Split”: siamo oramai alla quinta edizione del raduno promozionale di splitboard che permette a tutti quelli che non hanno mai provato la tavola da alpinismo di poterla noleggiare e di avere un maestro a disposizione per fare una gita in sicurezza e terminare la giornata con una festa in bai-
ta tra alpinisti esperti e semplici appassionati. “Peace Love and Powder Day”: è un raduno di snowboarders e skiers con attrezzatura da powder autocostruita, una giornata dedicata alla sperimentazione e alle prove in fuoripista, per poi finire come sempre tutti a festeggiare. “Safety Academy”: è un corso base di sicurezza in montagna, utilizzo di pala sonda e artva, test di nuovi strumenti anti valanga. “Base Camp”: due giorni per i monti, gite e notte in tenda, per chi vuole godersi un weekend al 100% sulla neve, con campo base attrezzato affiancati da professionisti. “Banked Slalom”: torniamo a gareggiare tutti insieme, giovani e veterani delle gobbe e paraboliche, un modo competitivo e goliardico di godersi la montagna. Durante la stagione diamo la possibilità di testare tutti i più moderni attrezzi per il freeride, freestyle e backcountry, e organizziamo gite e lezioni, private o di gruppo. AVETE UN TEAM, CHI NE FA PARTE E QUALI NOVITÀ CI SONO? Il nostro team sono tutti gli amici che vengono a trovarci con cui condividiamo le passioni comuni.
QUANDO CREDETE NELLA VENDITA ONLINE E QUANTO NEL CONTATTO CON IL PUBBLICO? La realtà dei fatti è che le aziende vendono direttamente, i colossi del web fanno la loro parte, c’è chi segue a ruota e passa la vita dietro a uno schermo, ma io preferisco vivere sulla neve e trovare ancora gli appassionati che si fanno consigliare da una faccia abbronzata e non da un pallido schermo. TENDENZE DEL MERCATO MODERNO DELLO SNOWBOARD? Il mercato offre ormai qualsiasi soluzione, non esiste più il marchio indispensabile, è il negoziante che deve saper cosa scegliere per i propri clienti. COSA NE PENSI DEL MATERIALE USATO TECNICO DA SNOWBOARD? Tavole sempre valide fino alla morte, scarpe e attacchi lasciate perdere. QUALI CONSIGLI PER GLI ACQUISTI TI SENTI DI DARE PER UN PRINCIPIANTE CHE SI AFFACCIA IN QUESTO MONDO? Noleggia, trovati un bravo maestro e poi pensa a comprarti una bella attrezzatura ma spendi di più per attacchi e scarponi e meno per la tavola . COSA NE PENSI DI QUESTA FORTE ONDATA DELLO SPLIT E DELL’OP-
POSTO STREET? Da noi la split è una realtà già da anni, mentre lo street è roba dura: io preferisco la neve soffice. LA VOSTRA LOCATION PREFERITA? Beh... noi siamo a Sestriere. IL PUNTO DI FORZA DEL VOSTRO SHOP? Mia madre e Steu. IL VOSTRO PRO RIDER PREFERITO? Jeremy Jones. è anche l’unico rider con cui ho avuto il piacere di fare due curve in fresca. I CINQUE BRAND PRINCIPALI CHE PROPONETE NEL VOSTRO TECNICO SNOWBOARD. Jones Snowboards, Burton, Slash, Rome, 32. PRIMA DELLA PRIMA USCITA CONVIENE SCIOLINARE? A CASA O IN UN CENTRO TECNICO? Dico che è meglio se sciolini tutte le volte vai e non una volta a stagione! COSA PENSI DEGLI SNOWBOARD CLUB? Non mi piacciono le divise addosso ai bambini. Ma se promuovono lo snowboard a 360 gradi potranno dare un futuro a questo sport. PROGETTI FUTURI? Continuare a godermi gli sport anche con i miei figli.
TXT: MATTEO ROSSATO PIC: DENIS PICCOLO
Ancora una volta Skipass ha aperto le porte alla stagione invernale. Ancora una volta ci sarebbe da stilare la classifica dei Like e Don’t Like di questa importante manifestazione che sta cercando di rigenerarsi e di aggiornarsi alle mutevoli necessità di un pubblico sempre più esigente e agli inverni sempre meno prevedibili e assolutamente bizzarri. Sicuramente tra i Like finirebbe la nuova struttura realizzata da F-Tech, con una in-run più lunga e un set di strutture che hanno dato modo ai rider di dare sfogo alla propria creatività. Tra i Don’t Like metterei magari l’evento di Halloween con due deejay di fama indiscussa ma che con il pubblico di Skipass poco c’entravano e il cui costo d’ingresso ha precluso a molti la partecipazione, anche mai avessero voluto. Fortunatamente ad animare la domenica sera ci ha pensato Monster, che ha patrocinato la premiere del progetto Searching For di Marco Morandi, tenutosi al Red Lion Pub dove si erano riuniti tutti gli addetti ai lavori. Thumbs Up alla decisione di reintegrare un po’ di gravity sports con Alessandro Barbero e il suo Kobra BMX team che ha animato le giornate con una demo su una course appositamente allestita. Il padiglione B come al solito ospitava al centro il Moon Cafè intorno al quale erano disposti a raggiera gli stand dei principali snowpark e dei media di settore, tra cui lo stand di Sequence che regalava copie di Fifth Season e dello Skull Diary. Ma veniamo agli Awards: Seiser Alm e Mottolino si dividono la fetta più grande della torta, con rispettivamente Best Super Park, Best Jib & Pro Line il primo, mentre Best Marketing, Best Beginner Line e menzione d’onore per la ventennale attività al secondo. L’Area F di Pila si porta casa l’award per il miglior park del Nord Ovest, Palù Park di Val Malenco quello delle Alpi Centrali e Obereggen quello delle Alpi Est; miglior Park Appenninico invece va allo SWUP di Campo Felice. I riders award invece vedono Emiliano Lauzi miglior male rider, Margherita Meneghetti migliore female rider e infine il russo Vladislav Khadarin miglior Rookie. Per chiudere la
parentesi degli Awards, miglior ambassador è Igor Confortin, allenatore della Nazionale Snowboard Paralimpica. Veniamo ai contest. Ognuno dei quattro giorni di manifestazione vedeva il set-up martoriato dalle lamine dei riders: il primo è stato il World Rookie Tour, dove 33 riders si sfidati a suon di tricks tecnico sul setup, giudicato unanimemente uno dei migliori urban in Europa. In entrambe le categorie sono stati rider d’oltralpe a guadagnare il gradino più alto del podio: lo svizzero Florian Fischer per i rookie e l’inglese Scott Walsh per i Grom. Gli italiani hanno comunque conquistato entrambe i terzi posti con Nicola Liviero per i rookie e Alex Lotorto per i grom. E’ ancora la Svizzera che conquista il resto del podio, con Gian Andrea Sutter nei rookie e Nick Punter nei grom. Il contest Open di lunedì invece ha visto rider nazionali vedersela in modo equilibrato con young bloods provenienti da tutt’Europa; da menzionare il livello tecnico che si è mantenuto davvero alto con rail tricks davvero impressionanti. Loris Framarin alla fine si porta a casa il best trick con un kamikaze bs board dal container al rail sottostante. Invece il primo posto va al 17enne prodigio finlandese Renè Rinnekangas seguito da Max Zebe e dall’austriaco stylemaster Marvin Salmina, con i suoi fluidi press changes sui rail. Il martedì infine è venuto il momento del main event Street Fighter, nel quale 10 pro invitati si sfidavano con i primi 10 classificati della railjam di lunedì per il premio in cash. Sarà Zebe che conquisterà il podio con una performance consistentissima e pochissimi errori, seguito (a ruota) da Dominik Wagner e Simon Pircher. Flo Cornelius si guadagna il best trick con 50-50 fs board transfer dal plug al rail della sezione bassa. Menzione d’onore però va al danese Simon Houlind, che ha letteralmente conquistato giuria e folla con i suoi tricks creativi e gli enormi transfer dal container al rail centrale, durante l’ultimo dei quali ha letteralmente spezzato a metà la tavola tra le grida del pubblico in visibilio. Non ci resta che darvi l’appuntamento a Skipass 2017!
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x 3m, Up Rail 4m, Up Bo Kinked Box 7m, Starship, Kinked Box 5m, Mila-Box 5m, A-Frame Box 6,5m, 8m, Straight-Step Box
BOARDERCROSS BANKED SLALOM KIDS PARK ES: NEW STRUCTUR Citroen Stairset, High Five Hand, e Citroen Rainbow Tub Multiobstacle
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BY MATT GEORGES
Ho aperto la mia piccola casa editrice chiamata THE.DIRTY.DOGS. e ho anche prodotto un omonimo libro-oggetto. Rilegato a mano con un filo di pelle, copertina a sbalzo, tiratura limitata a 500 copie, numerate e datate. 200 pagine, tutto in bianco&nero. Prodotto a mano con amore e con carta europea e riciclata. Questo fu il primo volume. Pubblicato a fine 2014. Esaurito in meno di tre mesi. Senza pubblicità, 100% pubblicazione indipendente e no-profit, racchiudeva i migliori fotografi di snowboard di tutto il mondo e le loro storie invernali. All’inizio l’idea era solo quella di mettere insieme tutte quelle foto che non erano state pubblicate o vendute dai fotografi ai magazine, per farci qualcosa di carino. Per mostrare la pura essenza dello snowboard che non si trova di solito nei magazine. Volevo un progetto senza tempo, con un sacco di foto senza restrizioni di sorta, nessun maneggio politico o di pubblicità/brand dietro, niente di niente rispetto al solito. Così si potevano pubblicare a pagina piena o doppia pagina anche solo dei panorami, o ritratti o lifestyle. 25 pagine per un articolo di viaggio, cose così. Nessuna regola, nessun numero ristretto di pagine, nessun contenuto fisso, niente. Solo lo stato annuale della fotografia di snowboard, o comunque legata all’inverno. Dato che per la rilegatura a mano ci voleva un sacco di tempo, avevo bisogno di una pausa di un anno, ma ora come ora sto già lavorando sul secondo volume di THE.DIRTY.DOGS. che sarà pubblicato un paio di settimane prima di Natale 2016. Questa volta sarà di 250 pagine, di cui 100 a colori, con alcuni pezzi seri e altre cose. Sempre fatto a mano, numerato e pro-
dotto sulle Alpi. L’idea è di fare un format diverso e uno stile diverso per ogni volume, scegliendo una carta diversa, così come rilegatura e packaging differenti. Come se fosse un libro-oggetto d’arte. Questa casa editrice sta anche lavorando su magazine a tiratura limitata e uno stile da quotidiano, che sarà pubblicato nel 2017. Inoltre, ho appena pubblicato il mio secondo progetto FIRST LAYER con Vans, che è una collaborazione per un photobook. Quest’anno è tutto sul Giappone. Un libro di foto di 150 pagine racchiuso in una busta giapponese e cartoline a tiratura limitata. E c’è anche un quotidiano di 50 pagine. Tutto gratuito nei negozi più core. Il declino dei magazine e più in generale della stampa mi ha dato la motivazione per lanciare i miei progetti personali. Non ci guadagno dei soldi, ci perdo un sacco di tempo ma la ricompensa è veramente bellissima. È aria fresca riuscire a produrre tutte queste cose e venderle a un buon prezzo, solo per ispirare una nuova generazione e far sì che amino le cose pure e vere, non solo monitor e pixel. Ecco perchè volevo che tutto ciò fosse abbordabile. 27€ per Dirty Dogs è un prezzo veramente basso, se pensate a tutto il tempo che ci si impiega a crearlo, produrlo, stamparlo, rilegarlo a mano, incartarlo e farlo uscire sul mercato. Ma non è stato concepito per guadagnarci soldi. È anche un modo tutto mio per ridare qualcosa allo snowboard, dato che da tanti anni grazie ad esso posso viaggiare per tutto il mondo per far foto in posti incredibili. Restituisco allo snowboard qualcosina rispetto a quanto lo snowboard mi abbia finora dato.
BY EDITORIAL STAFF
L’Obereggen snowpark, sito nella medesima località Alto Atesina a pochi km da Bolzano, è uno dei più longevi e ben sviluppati park delle nostre Alpi. Sempre sulla scena da tempo ormai immemore, possiamo tranquillamente dire che zitto zitto è un pezzo di storia della nostra scena nazionale. Tra le sue strutture si sono fatti le ossa un sacco di rider, tra più famosi sicuramente Simon Gruber che nei primissimi anni della sua carriera di snowboarder era un local agguerrito con l’ormai ritirato dalle scene Enrico Cavada! In pieni anni ’90 il suo pipe era meta di pellegrinaggi da tutto il nord-est, poi il primo park, poi la congiunzione di park e pipe nella stessa area e la definizione di un set-up, quello odierno, che vede raccolta in un unica area: un pipe, una linea di salti medio grandi, una valanga di rail e box, una easy line decisamente divertente ed una kids line per i più piccoli che è veramente una chicca. Da non dimenticare poi che ogni martedì, giovedì e venerdì sera (dalle 19 alle 22) apre una jib-line perfettamente shapeata con un bel po’ di strutture e illuminata a giorno. A soli 20 minuti di macchina da Bolzano è diventata una valida alternativa per le serate invernali dei local Bolzanini e non solo! Oggi tutto il park è seguito (dalla progettazione alla realizzazione) dalla crew di F-Tech che con cura maniacale e la stretta e professionale collaborazione della società impianti realizza ogni anno il park cercando di miglioralo e introducendo sempre nuove strutture e soluzioni. Questa stagione il set-up comprende: 1 Halfpipe: 100 m di lunghezza per 4,5 metri d’altezza. 10 Kicker: dai 2 ai 16 metri di flat di varie forme e caratteristiche. 16 Rail e Box: Down Box 7m, Rail 6m, Box 3m, Fun Tube
7m, Rainbow Box 3,5m, Down-Flat-Down Rail 9m, Up Rail 4m, Up Box 3m, Kinked Box 7m, Starship, Kinked Box 5m, Mila-Box 5m, A-Frame Box 6,5m, Straight-Step Box 8m e, novità assoluta della stagione, due nuove strutture Citroen Unconventional Team - uno stairset con box, rail e pole e un rainbow tube da 12 m! 1 Kids Park: terreno ideale per le scuole di sci, bambini e principianti assoluti qui maniera giocosa e con l‘aiuto di esercizi di abilità è possibile muovere i primi passi nello snowpark! Sul lato eventi la crew di Obereggen negli anni è sempre stata prolifica e per certi versi ha fatto scuola come il King Of Iron che ha portato per anni i migliori jibber europei in un contest notturno all’ultimo sangue con fiamme e fuoco!
CALENDARIO EVENTI 10.12.2016 23.12.2016 26.12.2016 05.02.2017 26.02.2017 19.03.2017 25-26.03.2017 02.04.2017 17.04.2017
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BY GIACOMO MARGUTTI DESCRIVITI IN POCHE PAROLE. Mi chiamo David Appel, lavoro come Global Hardgoods Director per DC da cinque anni. C’È STATO UN EVENTO CRUCIALE CHE HA DETERMINATO IL PERCORSO DELLA TUA CARRIERA? Direi che ce ne sono stati molteplici. Iniziai a snowboardare nel 1987 a Dollar Mountain, Sun Valley, nell’Idaho. Nel 1991 mi presero a lavorare da Chick’s sporting goods nel reparto sci e snowboard. Mentre lavoravo lì, incontrai il rappresentante Burton Eric Stoops che mi prese come rappresentante tecnico. Mentre lavoravo in Burton, incontrai dei designer del prodotto, in particolare uno di essi era Paul Maravetz. Paul in seguito mi contattò quando nel 2001 fondò Rome Snowboards. A quel tempo stavo studiando ingegneria meccanica all’Università del Nevada, a Reno. Lui mi offrì uno stage estivo e mi insegnò a disegnare una tavola da snowboard. Ciò aprì il percorso della mia carriera fino a quello che sto facendo ora.
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DC JUDGE
DC SEARCH
IN CASO DI UN PRO-MODEL, DA CHI ARRIVANO LE IDEE PRINCIPALI, DA TE O DAI RIDER? COME SI EVOLVE LA COLLABORAZIONE? Ogni prodotto è sempre il risultato di un’idea che prima di tutto arriva dai rider. Vengono da me con delle idee o dei suggerimenti su come migliorare il prodotto. Oppure se il loro riding è cambiato, vogliono provare a fare qualcosa di nuovo. Da lì in poi cerco di ottenere da loro maggiori informazioni possibili, mettendo su carta le loro idee. Facciamo dei prototipi che i rider possono provare e su cui discutere e cambiare se necessario. QUALE OGGETTO AVRESTI VOLUTO IDEARE? Avrei voluto inventare il cavatappi. SE NON AVESSI FATTO QUESTO LAVORO, COS’ALTRO TI SAREBBE PIACIUTO FARE NELLA VITA? Se non fossi stato in questo giro, avrei voluto far parte di una band a girare il mondo e incidere dischi. E SE AVESSI POTUTO VIVERE LA VITA DI UN ALTRO CREATIVO, CHI SAREBBE STATO? Joe Strummer. QUALI SONO I TUOI OBIETTIVI PRIMARI COME DESIGNER? Buttar via tutte le stronzate in più. Dare al prodotto il suo spazio e far
DC MUNITY
DC CONTROL
DC TORSTEIN HORGMO
DC SCOUT
dimenticare al rider quale prodotto sta usando. QUALI SONO I CAMBIAMENTI PRINCIPALI CHE HAI PERCEPITO NEGLI ULTIMI ANNI PER QUANTO RIGUARDA IL DESIGN DEI PRODOTTI DELL’INDUSTRIA SPORTIVA INVERNALE? Il comfort è la cosa più importante. La montagna è dove la gente vuole andare per scappare dalla città, ma vuole stare sempre a proprio agio. I rider si rifanno di più al proprio stile personale in montagna, sono finiti i giorni dell’approccio che mima qualcun altro. QUAL È IL MIGLIOR PEZZO DELLA COLLEZIONE DC DI QUESTA STAGIONE, DI CUI SEI PIÙ ORGOGLIOSO E CHE TI PIACE MAGGIORMENTE? Mi piacciono i boots di Travis Rice. Siamo partiti da una grande idea che ha avuto lo stesso Travis, e l’abbiamo prodotta. Il risultato è un pezzo di attrezzatura comodo ma anche orientato alle prestazioni. QUALI SONO LE TUE RESPONSABILITÀ PRINCIPALI PRESSO DC? Far sì che DC produca l’attrezzatura da snowboard più importante sul mercato facendo progredire lo snowboard ma mantenendo il divertimento al tempo stesso.
e-mail: info thegroupdistribution.it
ITW: GIACOMO MARGUTTI PIC: MATT GEORGES
Per questa stagione Mammut presenta una linea di zaini airbag completamente riveduta. L’ottimizzazione degli zaini e del sistema airbag ha portato a un peso estremamente basso ad altissima prestazione. Il nuovo sistema airbag 3.0 è talmente piccolo e leggero che non si sente neanche durante la discesa in freeride o sulle lunghe salite. Non esiste più nessuna scusa per non usare questa parte di un potenziale salva-vita per la protezione personale al di fuori dalle piste segnate. Abbiamo intervistato Uberto Piloni, guida alpina da più di 20 anni, per capire meglio i rischi e i pericoli del freeride e di come uno zaino airbag può salvare una vita. PERCHÈ HAI SCELTO QUESTO MESTIERE? La montagna è sempre stata la mia vita e ho pensato che sarebbe stato molto bello condividere queste esperienze con altre persone. QUALI SONO I PERICOLI MAGGIORI CHE SI AFFRONTANO IN MONTAGNA E QUALI SONO I TUOI TRE PRINCIPALI CONSIGLI CHE TI SENTI DI DARE A CHI SI APPROCCIA LA PRIMA VOLTA? La montagna è molto cambiata ultimamente, il clima sta apportando importanti modifiche. Bisogna saper prevedere ed anticipare tutto per tempo, in modo da poter avere un po’ di margine. Tra i consigli sicuramente direi quello di non sottovalutare la montagna, di non prenderla troppo alla leggera. A volte si fa affidamento alla propria forza fisica, ma in certe situazioni serve relativamente. Per le nuove generazioni fare esperienza è fondamentale. Magari si può iniziare proprio con una guida alpina per poi
crescere pian piano. Molto importante è anche la scelta dell’attrezzatura: poche cose che bisogna saper però utilizzare al 100% del potenziale. TI SEI MAI RITROVATO IN DIFFICOLTÀ ALL’INIZIO DELLA TUA CARRIERA O QUANDO NON ERI ANCORA UNA GUIDA ALPINA E NON AVEVI IL MATERIALE ADATTO E GIUSTO PER AFFRONTARE PERICOLI CHE NON CREDEVI CHE ESISTESSERO? COSA TI SENTI DI DIRE A QUELLI CHE INTRAPRENDONO LE LORO PRIME USCITE? All’inizio ho avuto qualche problema con le tempistiche che mi hanno portato a rientri a casa oltre quello che avevamo stabilito, ovviamente creando un po’ di allarme tra i nostri genitori. Per le prime uscite importante è andare per gradi, informarsi sul proprio itinerario, cercare di essere molto modesti e non sopravvalutare la propria preparazione, e nel dubbio sempre meglio ritornare sui propri passi e tornare una seconda volta. A COSA SERVE AVERE UNO ZAINO AIRBAG? PUÒ FARE LA DIFFERENZA? Lo zaino airbag aumenta le possibilità di sopravvivere all’interno di una valanga. Previene la sepoltura completa e favorisce la localizzazione. Sicuramente può fare la differenza, ma purtroppo in Italia la cultura della sicurezza deve ancora fare molta strada. PENSI CHE LE PERSONE “NORMALI” SI RENDANO CONTO DELL’IMPORTANZA DI AVERE IL MATERIALE ADATTO OPPURE PREFERISCANO FARE ALTRE SCELTE COME UNA GIACCA PIÙ CALDA? Molte persone si affidano a consigli che spesso arrivano da amici o
ULTRALIGHT REMOVABLE AIRBAG 3.0 Con il nuovo sistema rimovibile 3.0, il nuovissimo Ultralight Airbag pesa solamente 1500 grammi, uguale a una bottiglia di 1,5 litri. Lo zaino senza il sistema airbag 3,0 pesa solo 500 g. L’airbag offre un eccellente galleggiamento e mantiene la testa emersa dalla superficie della neve.
RIDE REMOVABLE AIRBAG 3.0 Zaino funzionale da 28 o 30 litri con il sistema Removable Airbag di Snowpulse. Offre possibilità di fissaggio e l’integrato sistema antivalanga “Airbag 3.0 System” convince per le funzioni affidabili e l’efficiente maneggevolezza. Tirando la maniglia fissata sulla bretella, si innesca la cartuccia ad alta pressione che in meno di tre secondi riempie l’airbag di forma quadrata.
LIGHT PROTECTION AIRBAG 3.0 Nonostante i 30 litri di volume, questo zaino è un autentico peso piuma provvisto di ampio spazio per l’attrezzatura necessaria nei tour di scialpinismo e snowboard nella neve fresca. In caso di emergenza, l’airbag si apre e protegge le zone della testa, del collo e al torace. Grazie al sistema airbag rimovibile è perfetto anche come zaino estivo.
conoscenti e comunque puntano di più su scarponi, snowboard e attacchi, e solo in ultimo si pensa ad investire su un artva, pala e sonda. Un altro problema che poi si presenta spesso è che molta gente ha sì un artva, ma pochi lo sanno usare correttamente e questo in caso reale di bisogno non è un bella cosa. Si fa ancora affidamento al soccorso alpino ma fondamentale è l’autosoccorso portato dai propri compagni. COSA TI PIACE DI PIÙ DEGLI ZAINI AIRBAG DI MAMMUT? La comodità e il comfort in primis. Poi la qualità dei materiali e l’innesco meccanico che mi rende tranquillo in qualsiasi condizione meteo. QUALE PARTICOLARE MODELLO SCEGLI PER LE TUE USCITE? Un Ride Removibile 30L: ci sta tutto quello che mi serve.
COSA CAMBIA DA MODELLO A MODELLO, QUALE CONSIGLI PER UN PRINCIPIANTE E QUALE PER UN SEMI-PROFESSIONISTA CHE È GIÀ STATO IN MONTAGNA A FARE ESCURSIONI VARIE VOLTE? Mammut ha due sistemi diversi. Uno più rivolto a chi inizia oppure che punta di più sullo skitoring (removable) e uno più rivolto a chi pratica maggiormente freeride e garantisce una maggiore protezione (protection). La scelta è davvero molto varia: ci sono ben 11 modelli in 15 litraggi diversi, ognuno può quindi trovare il suo zaino perfetto, leggero oppure con un litraggio alto, oppure ancora puntare ad avere più protezione. È importante ricordare che tutti gli zaini sono intercambiabili e rimovibili, quindi si possono comprare due zaini di diversa fattura o litraggi e spostare solo il sistema da uno all’altro in base alle esigenze o ancora togliere il sistema e utilizzare lo zaino per una uscita tranquilla.
QUAD CORK BY MARCUS KLEVELAND BY ROHRBACHER IN STUBAI, AUSTRIA
Spiegare come fare il trick più difficile che è mai stato fatto con lo snowboard non è sicuramente facile. Inutile dire che richiede un livello di riding altissimo e una buona dose di talento. Il pre-requisito è sicuramente avere un ottimo stacco dal kicker per le rotazioni backside, bisogna saper fare back double e back triple alla perfezione e dopo che si è riusciti a raggiungere questi “piccoli e facili” step si può cominciare a pensare di cambiare la storia e fare un quadruplo come ha fatto Marcus. Per eseguire una rotazione del genere bisogna anche avere un fisico molto potente ed allenato quindi seguire una preparazione atletica di alto livello. A questo punto si è pronti per il drop, ci si concentra sullo stacco come per fare un bs triple ma sul kicker bisogna riuscire a creare una forza di rotazione enorme riuscendo in un secondo momento a contrarre i muscoli dell’addome e mantenerli con-
tratti per tutta la rotazione. Quindi si parte con lo spin tenendo sempre d’occhio con lo sguardo dove si è in aria e concentrandosi sul seguire al meglio i 4 flip e atterrare. Una delle parti più difficile di questo trick è sicuramente la parte mentale: avere la convinzione e il coraggio di partire per eseguire la manovra più difficile che sia mai stata fatta.Beh, che dire, fino ad ora solo Marcus e Billy Morgan hanno raggiunto questo gradino che sembra irraggiungibile e chissà se nei prossimi anni se ne vedranno degli altri. NITRO GOODTIMES BOARD, VENTURE BOOTS, ZERO SHAKA BINDINGS
FS 360° STALEFISH BY ALBERTO MAFFEI BY DENIS PICCOLO IN LIVIGNO, ITALY
Ecco qua uno dei tanti trick che personalizzano lo stile di un rider. Sono solitamente trick di base che richiedono però buone abilità e che tante volte sono sottovalutati da molti rider ma che a mio avviso ne distinguono lo stile e l’unicità. L’esecuzione è quella di un normalissimo Frontside 360: si sta concentrati per eseguire un bello stacco verso l’alto, ma in questo caso si dà un po’ meno spin per non rischiare poi di andare in over nell’atterraggio. Una volta in aria si raccolgono le gambe e si va a grabbare in stalefish. Ora la parte più divertente è cercare di bonare lo stalefish il più possibile andando magari addirittura in over 360 con le gambe, però
bisogna fare attenzione perché più si tira il grab, più sarà difficile chiudere bene la rotazione. Mantenere lo sguardo fisso sul landing è ovviamente fondamentale anche per questo trick per capire bene il momento di lasciare il grab e chiudere la manovra ammortizzando bene con le gambe. NITRO EERO PROMODEL BOARD, TEAM BOOTS, TEAM BINDINGS
TXT & PICS: LORENZO FIZZA VERDINELLI SPOT: ALPE DI SIUSI, FTECH PARK
Completare uno snowpark è un processo molto lungo, fatto di tante ore di programmazione e di altrettante di olio di gomito direttamente spremuto dagli shaper. Per poter completare tutte le strutture però non abbiamo soltanto bisogno dell’uomo, l’aiuto di madre natura è fondamentale perché senza la materia prima per la costruzione possiamo fare ben poco. La scorsa stagione, è partita particolarmente a rilento proprio a causa delle alte temperature e delle poche nevicate. I resort più organizzati riescono tuttavia a sopperire a queste carenze grazie alla neve programmata, ma con una grossa spesa. Produrre la neve artificiale è un procedimento molto costoso che solo in pochi possono affrontare, soprattutto quando bisogna accumulare migliaia di metri cubi di neve per la realizzazione di uno snowpark. Tra le poche località in Italia che non hanno paura di investire nel proprio snowpark troviamo Seiser Alm, l’altopiano di Siusi, in provincia di Bolzano diventato ormai già da qualche anno uno, se non il migliori snowpark nel nostro paese. L’Alpe di Siusi si è quindi riconfermata come capitale del freestyle, completando per prima tutte le proprie strutture, compresa la linea di Kicker Pro con i tre salti in linea sormontati dallo Schlern sullo sfondo, che ormai conosciamo benissimo.
MAX ZEBE
WERNI STOCK
SEPPL RAMSBACHER
MARKO GRILC
MAX ZEBE
Da anni Seiser Alm, grazie al suo super snowpark, ospita la Nazionale Italiana di Freestyle e non solo, moltissimi brand internazionali, scelgono la località Alto Atesina come set per i propri shooting lifestyle a action.
Avere la possibilità di muoversi in motoslitta durante una photosession è una manna dal cielo. I rider si stancano meno, si riesce a girare più velocemente e in una mattinata si riesce a produrre il materiale di due giorni.
Burton non ha perso troppo tempo e ha deciso di provare le nuove strutture appena create da F-Tech, organizzando uno dei primi piccoli shooting con il suo team Europe. All’appello erano presenti Marko Grilc, sempre in cerca di nuovi resort per il suo webshow “The Grilosode”, Wernie Stock e al nostro Max Zebe, nato e cresciuto proprio in questo park. Questo tipo di shooting sono solitamente molto rilassati, quando non si devono realizzare cataloghi di prodotti, tutte le energie vengono spese per girare con la tavola e per produrre materiale “Fun”, proprio come in una normale giornata di snow con gli amici, solo con alcuni dei migliori rider in circolazione.
Sull’Alpe non troviamo solamente la migliore scena freestyle internazionale, ma grazie ai Panettone Bross, crew che da anni si occupa di gestire la casetta dello snowpark è ormai famosa per le sue grigliate e penitenze al gioco del Chiodo e del Martello, in pratica bisogna piantare un chiodo in un tronco con un martello che ricorda più una chiave a pipa da meccanico. Nel pomeriggio, dopo una grigliata in pieno stile Panettone Bross, e la partita a Chido e Martello, Max Zebe e soci, si sono concentrati sui kicker provando prima trick più semplici e poi girando manovre più complesse. I rider Burton si sono subito trovati molto bene con il setup di F.Tech, e nonostante il clima “Relax” non si sono trattenuti, Max Zebe ad esempio ha girato un paio di Double Corck che non gli avevo mai visto fare con uno stile pazzesco, proprio come quando si aggancia sulle ringhiere in street.
L’Alpe è particolarmente indicata per questo tipo di situazioni, anzi ad essere precisi, Seiser Alm è perfetta per ogni tipo di shooting. Il park è diviso in due grandi segmenti in successione, abbiamo la parte alta, tutta dedicata al jibbing, con strutture che vanno da livelli easy a strutture più Pro. Questa area è l’ideale per imparare a prendere confidenza con il freestyle ma anche a scaldarsi e divertirsi seguendo tutte le strutture in fila e prepararsi per affrontare i super kicker della parte bassa. Il cuore dello snowpark è nella parte bassa, dove i tre Kicker in successione sono i protagonisti assoluti del freestyle italiano e internazionale. Marko e soci, si sono quindi scatenati prima sulle strutture nella parte alta del park, tra Box in salita, Mega Batterie AA da grindare e Fun Box da passare in Bs Air, filmandosi in follow e risalendo con una motoslitta per non perdere neanche un minuto.
Il mood della giornata è stato più o meno così, girare, motoslitta, saltare, grigliare, alternati e ripetuti, il tutto condito da un sole praticamente perfetto, in poche parole tutti gli ingredienti giusti per uno shooting coi contro fiocchi! Scommettiamo ad occhi chiusi, che anche per questa stagione Seiser Alm sarà la prima a realizzare il proprio snowpark, vi consigliamo quindi di rimanere aggiornati sulle pagine social del resort per scoprire quando aprirà il park per la nuova stagione e organizzare anche voi il vostro personal photo shooting proprio con hanno fatto i ragazzi di Burton!
MAX ZEBE
SEPPL RAMSBACHER
WERNI STOCK
SEPPL RAMSBACHER
TXT & PICS: MATT GEORGES
Quest’anno sarà l’undicesimo, sì, il mio undicesimo anno che faccio foto di snowboard! Uno si può anche domandare dove le trovi le motivazioni dopo tutto questo tempo trascorso sulla neve. Che però trovo sia fantastico coniugare snowboard e fotografi: è un’opportunità di crescere, di non ristagnare, fuori dal circolo vizioso delle cose già provate e riprovate, anno dopo anno... ma tutto questo, naturalmente, non sarebbe possibile senza le BASI! Sì, le basi sono importanti. E l’ ha capito molto bene Markus, per esempio per chiudere il suo McTwist con la tavolozza a coda di rondine che ha qui in Patagonia, nel backcountry argentino, e che è riuscito ad arrivare fino sulla copertina di questo numero 53 di Sequence. Sua madre gli ha sempre ripetuto da piccolo che è molto importante avere delle buone basi. Così ha girato un sacco in pipe, il che lo ha aiutato molto, come hanno fatto e fanno anche tanti altri rider, per essere poi a propiro agio anche in backcountry dopo poco tempo. Eh già... le nozioni di base!
CLOCKWISE FROM TOP LEFT: DBK IN JAPAN FREDI KALBERMATTEN IN SAAS FEE TOKYO, JAPAN JAMES NIEDERBERG IN SAAS FEE SEVY VAN DER MEER IN NEDAZ, SWITZERLAND FREDI KALBERMATTEN IN SAAS FEE
CLOCKWISE FROM TOP LEFT: NILS ARVIDSSON IN JAPAN SEVY VAN DEER MEER IN NENDAZ, SWITZERLAND LAAX, SWITZERLAND NENDAZ, SWITZERLAND SEVY VAN DEER MEER IN NENDAZ, SWITZERLAND KORUA BOARD IN NENDAZ, SWITZERLAND
Questa tecnica di stampa bluastra in bianco e nero è chiamato cianotipo, ed è stato uno dei primi processi fotografici sviluppati nel 1842 dallo scienziato e astronomo inglese John Frederick William Herschel. È una miscela chimica di citrato ferrico di ammonio e potassio ferricianuro. Dopo aver agitato il mix al 50/50, naturalmente lontano dalla luce, è possibile dare una forma particolare disegnando con spazzole o anche una spugna. Una volta che il foglio (preferibilmente carta da acquerello) si secca, è allora necessario esporre il tutto ai raggi UV del sole, quindi risciacquare con acqua pulita in una vasca da bagno. Questo poi rivelerà un’immagine in bianco e nero dalla colorazione tipo blu-ciano o Blu di Prussia. Ogni stampa è unica perché non si ottiene mai la stessa forma con il pennello quando si diffonde la soluzione chimica. A volte è molto più facile attenersi ai principi fondamentali, senza fronzoli. Spazzole, un foglio di carta e sole una foto bianco e blu, i colori fondamentali della neve! William Herschel, grazie!
Siamo a Innsbruck per qualche giorno percorrendo le strade in cerca di potenziali street spot. Personalmente sono in fondo al van un po’ preso male, ho preso una brutta botta in uno spot a Laax, che mi ha lasciato con qualche giorno di vacanza obbligatorio. Quindi Alex mi fa: “Yo bro, ma se scrivessi la storia del nostro viaggio?!” e io “ci sta di brutto man, let’s do this!”. Inizio del viaggio. Partiamo dal DC Chalet Sabato 20 febbraio a bordo di un minivan bello fresco-freddo targato Estonia. Sulla strada recuperiamo Tom Picamoles, che è pronto a partire dalle 4 del mattino, per un appuntamento alle 4 del pomeriggio, vai a sapere... Prossima fermata: aeroporto di Ginevra dove tiriamo su Kolben e Mahi dopo il loro viaggio in Alaska. Infine ultima tappa: ci becchiamo con Federico e Jack a Laax in un campeggio super hippie con i bungalow a forma di fungo dove abbiamo soggiornato per due giorni. La crew è finalmente al completo! Marco (il tipo che gestisce il campeggio) non perde tempo e ci inonda di alcool appena arrivati. Non siamo qua a pettinar merluzzi e iniziamo dunque a cercare spot dall’alba. La prima che ci cattura l’occhio è questa struttura in cemento lungo la strada dove abbiamo shapato una hip con l’idea di girarci la mattina seguente per avere una migliore velocità. Io chiaramente colgo l’occasione per farmi malissimo al ginocchio e avere il tempo di scrivere questa storia bello tranquillo. Dopo quei due giorni a Laax ci infiliamo nel furgone in direzione Innsbruck. Si gioca a carte, si ascolta musica e si guardano gli scatti fatti durante la session mentre la nebbia sale grazie a Fede e la sua mega sigaretta elettronica. Arrivati in terra austriaca, la maggior parte del team sta in un appartamento in città, mentre Tom ed io siamo stati accolti da Jack, e ci siamo fatti due risate con il rasta pazzo! Lunedì 23 febbraio: primo spot di Innsbruck. Un rail piatto bello tranquillo su cui Alex, Tom, Mahi e Jack si sciallano con dei bei trickoni. Io nel frattempo sono nel furgone, ghiaccio sul ginocchio la penna in prima fila per lo spettacolo. Quanto si sta bene con questi ragazzi dai quattro angoli del mondo (Nuova Zelanda, Italia, Francia e Alaska), è veramente una grande emozioni essere parte di questa squadra, condividere momenti e divertimento costante. Le nostre pale acquistate a Moutiers (Francia) fanno cagare e si rompono una per una. La mattina stessa prima della session siamo dunque a caccia di pale per i negozi di Innsbruck.
TXT: VICTOR LORON PICS: KOLBEN SAETRE
VICTOR LORON
GIACOMO ERRICHIELLO
GIACOMO ERRICHIELLO IN ITALY
MAHI MAINS
GIACOMO ERRICHIELLO
Arriviamo allo spot, a bordo lago in un posto bellissimo, c’è un donkey rail bello incazzato. Le scale alla sinistra del rail e un albero mooolto vicino alla sua destra non lasciano molto margine di manovra. Ma non così tanto, alla fine! La session inizia alle 11, con Jack, Alex e Tom. Passano le ore e i trick arrivano. Sono ormai le 16, rimane un soldato Kiwi in cima alla scalinata: Alex Stewart! Si riscalda per sparare dei backlip. Una manovra impressionante, vista la vicinanza dell’albero, una volta attaccato il backlip, doveva ritornare in 50-50 per una frazione di secondo per evitare l’albero, per poi ritornare in backlip, assorbire il kink ed atterrare il trick. Non saprei esprimere la difficoltà del gesto tecnico che ci vuole! Il numero di try si scrive con tre cifre. Tutta la squadra è concentrata e motiva Alex. Kolben sta tirando fuori degli scatti, Fede sta filmando, Brad è a comando del drone. “DROP IIIIN! “ Gli spettatori austriaci ci sono e le carrozze che attraversano la strada di fronte alla macchia rendono il momento magico! Passano due ore tra cartelle senza senso sbattendo la testa ogni volta. La stanchezza si fa sentire, ma non c’è bisogno di dire nulla. Infine, con un un casco incrinato, cartelle a destra e a sinistra, ma Alex è ancora in piedi e... il trick tanto ambito è nella saccoccia! Mercoledì 25: io ed Alex come due Bro© ci piazziamo nel van a congelare i nostri dolori articolari. La squadra è la fuori intenta a shapare un wall ride nei dintorni di Innsbruck. La session comincia, dal cielo piovono fiocchi di neve e BANGERS! La parola “Bangers” per Rusty è quando un trick spacca davvero tanto e qualifica qualsiasi cosa come “estremamente figo”. Giovedì 26: siamo in uno spot bello cattivo, due rail che si concatenano lungo un castello. Le opzioni per i tricks sono infinite. C’è un problema però: i proprietari arrivano da noi e sono abbastanza incazzati, perché un sacco di rider vanno lì per fare quello per cui siamo qui oggi. “Ogni inverno i ragazzi vengono qui e degradano il nostro posto. È un problema, capite?!” Ma noi siamo comprensivi e ottimi negoziatori, riusciamo a portare a casa un accordo. 25€ di birra e non avremmo rotto nulla. Alex sta già correndo verso il supermercato. Sabato 28: proseguiamo il viaggio e per un paio di giorni andiamo a rilassarci a Milano. Tra skate e pizza, cocktail e la settimana della moda, Tom e io abbiamo apprezzato il loro in Italia stando da Francesco. Lunedì 2 marzo: saliamo di nuovo nel Banger Van in direzione Briançon per poi rimanere in città a Vauban. Ci guardiamo a destra e sinistra con attenzione e sulla strada troviamo un bel rail, proprio di fianco all’autostrada... All’arrivo a Vauban, dove abbiamo soggiornato tre giorni, pensiamo di avere le allucinazioni. Il numero di spot, transfer e pareti potenzialmente ridabili che questi bastioni offrono è senza paragoni. Giovedì 5 marzo: arriviamo ad Andorra. Siamo gentilmente ospitati dai ragazzi del “Llop Gris” un hotel a 4 stelle situato ai piedi delle piste da sci. Si prendono cura di noi come dei re qui, c’è un centro benessere con piscina, palestra, una mini rampa da skate e un campo da squash. Il ristorante ci rifornisce costantemente di energia per andare a costruire un’infinità di spot durante il resto della giornata. Becco Brad la mattina dopo una grossa serata con un’andatura da zombie: “Ci siamo andati giù un po’ troppo pesante ieri Victor...”. Sentendo ciò mi sento rincuorato di non essere uscito per la fotta che avevo di girare il giorno dopo! Il nostro tempo qui si divide tra shooting per l’hotel, giro pomeridiano per shapare gli
ALEX STEWART IN LAAX, SWITZERLAND
ALEX STEWART IN SEEFIELD, AUSTRIA
spot trovati in giro, e tardo pomeriggio andiamo a girare in park notturno, dalle 18 fino alle 21. Ma in realtà questo è solo il riscaldamento. Organizziamo il materiale è all’interno di questo hotel “Peretol” che si trova ai piedi del park, un altro luogo in cui ci sentiamo i benvenuti. Ora inizia il momento in cui bisogna spaccare (dopo tre caffè e sei rum) tra le 22 e le 7 del mattino fino a che sorge il sole. Francesco ha trasformato il park in un gigantesco cartone animato con il suo proiettore. Questi ragazzi sono dei geni dell’intraprendenza quando si tratta di fare i pazzi sulla neve! Alle 8 del mattino, finita la nostra “giornata-tipo” siamo tornati in albergo in tempo per la prima colazione, centro benessere per i più coraggiosi e a letto per un paio d’ore prima di tornare allo stesso programma per un altro giorno. Il nostro ritmo di vita qui è pari a quello di un pipistrello. Il direttore dell’hotel aiuta Alex ad installare un drop dal primo piano sopra la piscina, per saltarci dentro con la sua tavola da snow da 7-8 metri di altezza, e sua figlia Arami ci aiuta ad asciugare le nostre cose dopo. Non c’è bisogno di ripetere quando fossimo i benvenuti! E visto che deve esserci sempre un momento in cui qualcosa non va, il nostro 5° giorno in Andorra il van ha smesso di funzionare. Dobbiamo trovare quindi un modo per spostarci verso il park notturno del Peretol. Un mio amico che si chiama “Gesù” che vive in Andorra ci salva (“Jesus saves”) e ci porta al park la sera per il nostro shooting notturno e viene addirittura a recuperarci all’alba. Armati di generatore, proiettore e litri di rum si comincia a lavorare in questo park con strutture paragonabili a quelle degli Stati Uniti. Vai ci resta ancora una session notturna nel park ancora parecchio stock da filmare, ce la possiamo fare. Le ore passano, il sole si avvicina, il tasso alcolemico sale all’inverosimile e... cazzzz non abbiamo ancora finito! La pressione aumenta. Ora ci resta uno shot solo, dobbiamo proiettare delle immagini sul furgone e indovinate?! Il generatore non parte il serbatoio è vuoto. Siamo nel parcheggio, fa freddo ed è tutto ghiacciato, le stazioni di servizio sono chiuse ovviamente: siamo fottuti. In preda alla disperazione Alex va a frugare al “Peretol”, e torna con un tubo di plastica e il fascino di un leone. Il ragazzo non è mai a corto di idee… E quindi ci mettiamo a sifonare la benza dal furgone per riempire il generatore. Jack aveva deciso di trascorrere la maggior parte della notte a dormire nel furgone (causa alcool), si sveglia quando Alex sta sifonando e cerca di spiegargli come si fa, senza averne la minima idea. “Jack non abbiamo tempo per le tue minchiate torna a dormire!” Alex si arrabbia e cerca di dare un calcio ad una bottiglia di rum, la manca e finisce rovinosamente per terra, Francesco che sta cercando di sistemare proiettore e camere nel caos generale, vede la scena e sopraffatto dal delirio e dalla stanchezza scoppia a ridere accasciato al suolo. La luce sopravviene ma riusciamo infine a filmare questo shot! Abbiamo trascorso 13 ore in questo park, sono le 7 passate del mattino, la missione è compiuta. Ora è il momento di una piccola-dej per l’hotel e un pisolino prima di tornare a casa. Il nostro viaggio è finito, lasciamo l’hotel “Llop Gris” che ci ha accolto così calorosamente. Il tempo di dire un grande grazie a tutto il personale, due parole dolci e un piccolo pianto se necessario.
Al prossimo inverno!
VICTOR LORON IN SEEFIELD, AUSTRIA
VICTOR LORON IN SEEFIELD, AUSTRIA
GIACOMO ERRICHIELLO IN LAAX, SWITZERLAND
GIACOMO ERRICHIELLO IN SEEFIELD, AUSTRIA
PORTRAIT & ITW: GIACOMO MARGUTTI PICS: MARKUS ROHRBACHER & PASI SALMINEN
BY MARKUS ROHRBACHER IN FINLAND
CIAO EERO, COSA HAI FATTO ULTIMAMENTE? La scorsa stagione è stata più tranquilla e ho viaggiato meno del solito. Ho fatto parte di tre viaggi con Nitro in Finlandia e alla fine della stagione siamo andati anche alle Svalbard per un’intera settimana. Ho quindi filmato tre settimane con Nitro e poi sono andato a fare un paio di viaggi con Method Mag con il mio amico Antti Jussila. In tutto siamo sulle quattro settimane durante l’intera stagione, ma son riuscito comunque a portare a casa diciamo sui 20-30 scatti, che sarebbero stati sufficienti per un’intera parte video anche se proprio in “Ender” ho detto che non mi andava più di filmare parti video. Mi piace comunque filmare ma come ho già det to nel mio video, non vedo più il motivo di parti video specialmente dopo averlo fatto per ben 15 anni. Quest’estate invece me la son presa con ancora più calma, dato che ho solo skateato, andato in bici, giocato a squash e badminton. Mi son goduto l’estate e preparato per questa nuova stagione – ho in mente delle cose fighe. COME TI STAI PREPARANDO APPUNTO PER QUESTA STAGIONE?
Ho un bel progetto con Pablo Films e Red Bull Media House. Filmiamo per una sola settimana e lo mettiamo su internet non appena finiamo le riprese. Tutto girato a Helsinki. Tipo verso gennaio o febbraio. Anche Nitro sembra voglia fare un video, tipo un documentario, e ne farò parte. COSA NE PENSI APPUNTO DELL’INFINITO E COSTANTE FLOW DI VIDEO E CLIP SU INTERNET E SUI SOCIAL? Non saprei in verità che dire. Mi sembra che ci siano troppi contenuti su internet che vengono pubblicati ogni giorno a tutte le ore. È per questo che filmare una parte intera non mi sembra abbia più senso. Lavori molto duramente per cinque o sei mesi e poi la tua parte esce, va su Facebook, sta lì per due giorni e poi sparisce. Non so cosa si potrebbe fare ma qualcosa di diverso si deve fare. O una cosa super assurda, tipo nuovi tricks, oppure viaggi pazzeschi che nessuno ha mai fatto. Sennò finisce tutto nel calderone e va dimenticato in poco tempo. Non ho una soluzione facile né c’è una risposta semplice. Lotto anch’io come tutti. QUAL È LA TUA SOLUZIONE PER FAR SÌ CHE I TUOI VIDEO SIANO
BY PASI SALMINEN IN FINLAND
POPOLARI? Provo a mettere su Instagram e su Facebook tutto quello che mi piace. Non dev’esser per forza qualcosa di speciale, penso che alla gente che mi segue sui social piaccia vedere un front board con il mio stile classico piuttosto che vedermi provare a fare uno switch backside triple cork. Amo lo skate e guardo un sacco di video di skate. A me piace di più guardare il mio skater preferito che fa un bel frontside kickflip piuttosto di vederlo provare un 540 flip giù da qualche parte. Ci deve essere sempre qualcosa di classico in un video, quando cresci e ti piace uno skater o un rider specifico vuoi vedere le cose che hanno sempre fatto bene, quelle che fanno meglio. Mi ci è voluto tanto tempo per capire questa cosa. Quando giravo pensavo sempre “devo esser capace di fare tutti i trick che esistono, devo esser capace di girare in ogni direzione e chiudere tutti i 1080.” Ma poi nelle mie parti video c’erano anche dei switch backside 7 o 9 ed erano terribili e quindi pensavo “ma perchè devo per forza fare queste cose quando non sembrano affatto belle?”. Meglio concentrarsi sulle cose che si sanno fare bene, perchè così le persone che ti guardano e ti apprezzano ne traggono ispirazione.
COSA NE PENSI DEL LIVELLO DEI CONTEST E DEI TRICK CHE SI È RAGGIUNTO OGGIGIORNO? Le gare sono assurde. C’è un gap pazzesco tra i rider che filmano solamente e quelli che partecipano ai contest. Qualsiasi rider che filma non riuscirebbe a finire sul podio di un contest. Ok, magari Torstein (Horgmo) ci riuscirebbe, ma è uno dei pochissimi che potrebbe farlo. Filmare e fare gare intendo. I contest stanno portando lo snowboard in una direzione completamente diversa. Il gap è tecnico, i rider da contest devono essere capaci di fare quelle cose e avere anche una certa costanza. Sta diventando tutto molto acrobatico, a volte non mi sembra più nemmeno che si tratti di snowboard. Perchè spesso è solo questione di girare su te stesso varie volte, e non credo nemmeno che si rendano così conto di quello che sta succedendo in aria. Non ti puoi concentrare sullo stile quand’è così. Per questo ritengo sia importante che alcuni rider filmino ancora, perchè ciò rispetta le radici dello snowboard, l’eredità che portiamo avanti, lo stile. C’È UN RIDER DA CONTEST CHE TI PIACE? Mi piace molto Alek Oe-
BY MARKUS ROHRBACHER IN SVALBARD
streng. Non è il tipico rider da contest. Fa sempre cose strane, grab diversi dagli altri, cambia sempre ogni volta le sue run. I rider come lui sono fighi da guardare perchè non si sa mai quello che possono fare. Possono chiudere praticamente qualsiasi trick, con qualsiasi grab e aggiungere variazioni. Possono fare handrails, handplants, quad corks, triple corks e così via. Come Danny Davis in pipe per esempio. O Alek in slopestyle appunto. O Markus Kleveland: lui è pazzesco e chissà cosa potrà fare nei prossimi due anni. È sicuramente un rider che per ora è tra quelli “acrobatici”, perchè vuole vincere i contest, ma penso che abbia tutto il potenziale per essere anche uno di quei rider che filmano non appena finisce di gareggiare. Markus ha un futuro fantastico davanti a sé. IL BIG AIR FARÀ PARTE DELLE PROSSIME OLIMPIADI NEL 2018, E IN QUELLE ESTIVE DEL 2020 CI SARANNO SIA IL SURF CHE LO SKATE. CHE NE PENSI? Tutto ciò è a riprova del fatto che tanti sport olimpici sono vecchi e i più giovani non guardano più le Olimpiadi perchè non ci sono molti sport interessanti. E questo è un modo per reagire a tut-
to ciò da parte del Comitato Olimpico, vogliono di nuovo essere fighi. Non hanno praticamente altra soluzione se non fare entrare lo skate, il surf e lo snowboard nel programma olimpico. Lo snowboard ha sempre un’altissima audience, come l’hockey e pochi altri sport fighi che i giovani praticano sul serio. Se dai un occhio ai dati televisivi del salto con gli sci o dello sci di fondo capisci bene che non interessano più a nessuno. Dato che non faccio più gare, personalmente non posso che essere contento di guardare in televisione alcuni degli sport che più mi piacciono. Non per forza tutto ciò porta lo sport nella giusta direzione, ma penso che così sempre più persone magari provano questi sport, e alla fine ci saranno anche più soldi per tutti. Almeno durante il periodo delle qualificazioni, per quei ragazzi che parteciperanno ai contest. MI SEMBRA CHE TU E POCHI ALTRI, TIPO PER ESEMPIO UNO COME MARKO GRILC, SIETE RIUSCITI A MANTENERE I RAPPORTI COSTANTI CON I LORO PARTNER DA PARECCHI ANNI E PURE DURANTE QUESTI TEMPI DURI. QUAL È IL SEGRETO? La cosa più impor-
BY MARKUS ROHRBACHER IN SVALBARD
tante è che ho capito che la fedeltà paga sempre. Quand’ero più giovane e giravo già per Nitro e Oakley, ricevevo offerte continuamente per andare con altri sponsor. Alcune volte molto seducenti. Ma alla fine giro per Nitro da 16 anni e se fossi andato male per un anno non si sarebbero concentrati solo su quell’anno preciso e avrebbero detto “ok, questo tizio qui è stato con noi per 16 anni, e un anno difficile non significa nulla.” Ma se sei nuovo nel team e finisce che ti infortuni proprio durante il primo anno, magari ti sbattono fuori. La fedeltà funziona per entrambe le parti. Se rimango fedele a un brand, ho più di una chance che il brand stesso mi rimanga fedele quando attraverso tempi bui. Penso che se sei fedele ai tuoi sponsor, loro sicuramente ti rispetteranno di più. CHE CONSIGLI HAI PER I GIOVANI CHE VOGLIONO SEGUIRE LE TUE ORME E AVERE UNA CARRIERA COME LA TUA? Quello che accomuna me e Marko Grilc è che vediamo lo snowboard anche come un lavoro, non solo come un divertimento da fare in montagna. Vediamo anche l’aspetto economico di esso. Io capisco perchè Nitro mi
sponsorizza, e perchè ci tengono che certi progetti vengano realizzati. Si deve anche capire la prospettiva da parte degli sponsor, perchè vogliono tener qualcuno nel team e qualcun altro no. È da lì che capisci perchè devi fare un certo tipo di scelte e cosa è bene per la tua carriera, come fare il proprio video, fare gli episodi per il web, filmare con una certa azienda. Si deve sempre pensare a “se faccio ciò, se investo i miei soldi e il mio tempo in ciò, mi ritornerà qualcosa nel lungo periodo?”. Più tempo lavori per una stessa azienda, più ti guadagni il loro rispetto, e più entrambe le parti ne traggono profitto. HAI RAGGIUNTO UN DISCRETO NUMERO DI TAVOLE PRO-MODEL NITRO. QUAL È LA TUA PREFERITA? In termini di grafica si è sempre portati a pensare che quella più nuova è quella più figa, perchè quando giri con quella “vecchia” per un anno poi ti stufi e sei sempre più gasato a girare con quella nuova. Ma mi piace questa nuova con l’Aurora Boreale perchè è bellissima e da quanto sento in giro alla gente piace molto. Non penso solo ai numeri di vendita, ma cerco sempre di raccontare
BY PASI SALMINEN IN FINLAND
un qualcosa di me tramite la grafica. E l’Aurora Boreale, per me che sono finlandese, è un qualcosa di naturale da vedere in Lapponia. La grafica stessa è un po’ più matura di alcune delle mie tavole, perchè di solito scelgo disegni tipo cartoni animati ma sto cercando di staccarmi da quelle cose. Volevo una tavola che riflettesse il fatto che si trova verso l’alto di gamma nella collezione di Nitro. Il mio pro-model è abbastanza caro e per il target di clienti che la comprano – dato che ci sono solo due misure 55 e 58, quindi non è per i più piccoli – la mia tavola è molto interessante e son contento per come sia venuta. COSA TI HA DATO LO SNOWBOARD? Mi ha formato nella persona che sono ora. Senza tutti questi viaggi e senza incontrare tutte queste persone con cui ho lavorato, senza avere tutte queste possibilità non sarei potuto essere qui oggi a parlare della mia vita e probabilmente non avrei nemmeno parlato in inglese. Tutte queste cose che ho vissuto tramite lo snowboard mi hanno dato tantissimo.
HAI QUALCHE RIMPIANTO? Non proprio. Ovvio che non avrei voluto avere tutti gli infortuni che ho avuto con il mio ginocchio. Ma allo stesso tempo grazie agli infortuni sono cresciuto come persona e mi rispetto di più. Tutto ciò è stato un’esperienza di vita e di crescita, e mi ha dato un sacco di motivazioni – l’essersi infortunato e sentir gente che mi diceva “non riuscirai mai a tornare ad essere quello di prima, allo stesso livello.” E’ a quel punto che riesci a fare uscire tutta la tua forza interiore. Quando inizi a lavorare più duro per tornare a essere quello di prima, per girare allo stesso livello. Ma a parte ciò, no, non ho nessun rimpianto. Sono stato molto fortunato ad avere incontrato le persone che ho incontrato, tipo Heikki (Sorsa) che mi ha preso sotto la sua ala protettrice, ad aver filmato con Standard Films e da lì essere passato a farlo con Mack Dawg, che erano le due più grosse produzioni video di quel periodo, e poi ad aver fatto il mio TV show con Oakley, e da lì l’aver fatto i miei episodi online e ora il mio film. Credo di essere riuscito a raggiungere tutti gli scopi che mi ero riproposto. Di sicuro non ho rimpianti, e penso che lo snowboard mi abbia dato molto di più di quello che mi aspettavo. Se penso a quello che
BY GIACOMO MARGUTTI IN MILAN
ho vissuto, di sicuro non cambierei niente. COSA PENSI CHE SIA STATO IL TUO RISULTATO PIÙ IMPORTANTE? L’essere riuscito a fare “Ender”, tutta la mia carriera in un solo video: l’aver portato a termine una cosa così grossa. L’aver qualcosa che vorrò rivedere a 60 anni e un giorno poter dire “questo è quello che ho fatto”. Se chiedi ai miei sponsor probabilmente direbbero che la cosa più importante che ho raggiunto è stato vincere gli X-Games o la mia parte finale nel video con Mack Dawg, ma per me ha un grosso valore anche l’essere riuscito a fare ilmio video personale perchè è stato molto stressante il percorso, avevo tanti dubbi ed è stato difficile riuscire a ottenere il budget da Red Bull. Quando organizzi tutto da solo e hai anche dei dubbi sul riuscirci, e tutto il tour negli Stati Uniti e tutti gli stop in Europa e poi il vedere la gente gasata nel vedere il mio film... insomma, tutto ciò è la ricompensa più grande che avrei mai potuto avere. Una bella carriera e il rispetto delle persone.
PENSO CHE SE SEI FEDELE AI TUOI SPONSOR, LORO SICURAMENTE TI RISPETTERANNO DI PIÙ.
TXT: ALESSIA GUALLA PICS: ROBERTO BRAGOTTO
ETHAN MORGAN
SIMON GRUBER
MARCO GRIGIS
LA VITA DA CAMPER È DIFFICILE MA SVEGLIARSI A 100 METRI DALLO SPOT E VIVERE COSÌ INTENSAMENTE IL CONTATTO CON LA NATURA VALE TUTTO IL RESTO.
L’inverno del 2016 non è stato affatto semplice: le temperature erano atipiche ed instabili, a febbraio non si erano ancora viste perturbazioni significative, ed era così in tutt’Europa. Non aveva senso stabilire tempistiche con dei piani precisi, o decidere di andare a filmare in determinati spot. Allora è nata l’idea: bisognava seguire le perturbazioni in arrivo, non importa dove, non importa quando. E per farlo, l’unico modo era procurarsi una casa con le ruote. A disposizione c’erano tre rider, un filmer, un fotografo e un mese di tempo. Il focus principale doveva essere il backcountry, che si sposava molto bene con lo stile del road trip – vivere alla giornata, andare a cercare la neve fresca, camminare, immergere anima e corpo nella natura. Così la decisione è stata quella di affittare un camper van e andare a cercare le condizioni adatte per filmare e godersi un po’ di fresh pow. I protagonisti di questa storia sono: Simon Gruber – lo conosciamo bene. È uno degli snowboarder più esperti e versatili della scena Italiana, gira grossissimo e fa dei Backside Air infiniti. Li abbiamo visti al Nine Knights, e lì non si scherza affatto! Gli piace un sacco il freeride, e quando lo vedi girare sembra che stia facendo la cosa più facile della terra. A volte fa festa fino alle 6 del mattino e poi butta delle bombe atomiche in park che ti chiedi da quale pianeta arrivi. Ethan Morgan – È nato in Giappone, ha un doppio passaporto americano e tedesco, vive in Austria. Nessuno ci ha capito niente di questa storia, ma l’importante è sapere che è un atleta di fama internazionale, stilosissimo, in grado di adattarsi a qualsiasi situazione. Lui adora saltare, ma gli piace mixare un po’ di tutto. Infatti beve un sacco di RV Juice. (spiegheremo più avanti di cosa si tratta). Marco Grigis AKA Marchino – anche lui è di famiglia, snowboarder italiano in uno dei momenti più alti della sua carriera, giovane, sorridente, suona il benjo da paura e ultimamente gli piace stare appeso per aria in mezzo alle montagne in equilibrio su una slack line. Marco Morandi AKA Johnny – filmer. Ormai un’istituzione nel panorama dello snowboard italiano, si sta spingendo sempre di più a livello internazionale e non ha niente da invidiare ad altri filmer del mondo. Quest’anno, tra il resto, ha filmato anche per Method Magazine e il suo nome sta rimbombando in giro per l’Europa. Ha una storia personale complessa, ma dato che è molto bravo a raccontare quelle degli altri, ne ha fatto un mestiere che gli riesce piuttosto bene. Nessuno si spiega come abbia fatto a lasciare il suo Jack Russel, Houston, a casa per tutto questo tempo. Sono inWseparabili. Roby Bragotto – lui non vuole un AKA, lui è proprio solo Roby. Ed è il fotografo. Dice sempre che i suoi scatti fanno schifo, e poi vince a mani basse il Click on The Mountain dove è l’unico italiano invitato. Ha una vena artistica stupefacente, un animo sensibile e un cuore gigantesco, la cosa che più ama fare è snowboardare con i suoi
ETHAN MORGAN
amici. L’altro hobby è rompere gli attacchi in mezzo ai canali e dare la colpa a Simon perchè non gli ha regalato quelli nuovi. Si sono incontrati a Seiser Alm, Alpe di Siusi. Simon aveva appena partecipato a una tappa di Coppa Europa di Slopestyle, Ethan ha fatto qualche giro in park durante il giorno, poi hanno caricato il camper e sono partiti. Era il momento di lasciarsi alle spalle la competizione, i giudizi, il tempo scandito dalle run e da una pettorina con un numero, lo spin for win e tutte le paranoie. “Johnny aveva ideato questo progetto insieme a Monster. Quando si è deciso che i rider sarebbero stati Simon e Marchino mi hanno contattato: ho lavorato tante volte con loro e soprattutto siamo molto amici. Non me lo sono lasciato chiedere due volte, quando me l’hanno proposto ho detto ‘Subito! Vengo!’,” inizia a raccontare Roby. “All’inizio non sapevamo dove andare, poi consultando qualche sito meteo abbiamo visto che la perturbazione si stava formando sopra all’Austria, e quindi abbiamo deciso che quella sarebbe stata la prima tappa,” continua Johnny. “Di base abbiamo semplicemente seguito le perturbazioni, anzi, a dirla tutta probabilmente abbiamo sempre seguito la stessa che si è spostata sulle Alpi, dall’Austria, all’Italia e alla Francia per poi finire in Svizzera, e ancora in Italia.” Arlberg si trova su un passo a 2800 metri di quota, non c’è molto da quelle parti, qualche ristorante, un paio di alberghi e qualche casa. Durante i primi giorni l’obiettivo era abituarsi alla “Gipsy Life”, affrontando i primi intoppi. “Ad esempio il fatto che c’erano -22 gradi e non c’era verso di scaldarsi: il Van è fatto per i viaggi estivi, quelli in cui ti fermi nelle aree camper, ti attacchi alla corrente e tutto funziona perfettamente. Ecco, non era il nostro caso. C’era la bombola a gas per il riscaldamento, ma quella dura un giorno e mezzo. La soluzione quindi è stata puntare delle sveglie ogni due ore per accendere il motore – e quindi l’aria calda,” racconta Johnny. Insomma in cinque in un camper teoricamente da sette, ma con l’attrezzatura da snowboard e un freddo becco. Ci si sente stretti all’inizio, ma poi ci si abitua ed è tutto di guadagnato. Parola d’ordine AMICIZIA, si parte con lo stesso spirito con cui si affronta la gita delle medie: divertimento, tanto entusiasmo, e tanta confidenza. Simon, Marchino, Roby e Johnny si conoscono da una vita, hanno lavorato insieme mille volte, ma non avevano mai affrontato un viaggio del genere insieme. Erano esaltati come dei bambini che hanno mangiato troppo zucchero, ed Ethan li ha seguiti a ruota, come se fosse stato anche lui parte della crew da anni. “Ci ha messo davvero poco ad ambien-
SIMON GRUBER
MARCO MORANDI
MARCO GRIGIS
MARCO GRIGIS
tarsi, già a Seiser Alm ancora prima di partire era perfettamente in sintonia con tutti, sembrava davvero di conoscersi da una vita,” dice Roby. “Subito, quando ho sentito l’idea del camper, non ero preso benissimo: insomma, hai sempre la roba bagnata, non hai mai un momento da solo, tutto è di tutti, persino i letti sono di tutti, perchè alla fine uno dei letti era il tavolo ribaltato, c’è roba in giro dappertutto. Mi aspettavo il peggio, e invece poi non è stato così tragico, anzi, è stato fighissimo. Ci siamo divertiti come dei pazzi” ci racconta Simon. E la doccia? “La doccia era il nostro sgabuzzino. Tenevamo lì i boots e le tavole,” dice Johnny. “Usavamo i bagni dei ristoranti o ci infilavamo negli alberghi per andare nei bagni pubblici e lavarci, era impossibile riuscire a fare una doccia in camper. La nostra giornata tipo era così: sveglia alle 6-6:30, colazione e bisogni fisici al bar, camminata con le ciaspole di un’ora/un’ora e mezza, si shootava tutto il giorno. La sera andavamo al ristorante, schnitzel e patate, e ci servivamo del bagno pubblico per fare qualcosa di vagamente simile a una doccia. Poi tornavamo in camper, bevevamo qualche birretta e giocavamo a carte,” racconta Johnny. Il padrone di casa lì era Ethan, che abita a 40 minuti; pare che ci siano moltissimi spot da quelle parti, soprattutto per costruire kicker; Roby stesso era già stato insieme a Simon e Marchino per un mese a shootare, ma Ethan ha giocato la carta dei secret spot sul versante opposto. I primi tre giorni c’era brutto tempo, e sono serviti per costruire, poi è arrivato il sole e cinque giorni incredibili sono seguiti. La vita da camper è difficile da affrontare, ti senti stretto, non riesci a lavarti, dormi al freddo, la mattina non riesci ad aprire la porta perchè ci sono le stalattiti di ghiaccio attaccate. Ma svegliarsi a 100 metri dallo spot e vivere così intensamente il contatto con la natura vale tutto il resto. Tanto più se si è così amici, si tratta di vivere esattamente quello per cui esiste lo snowboard: divertirsi, ridere insieme, galleggiare sulla neve a cuore leggero e senza stress. E poi c’era Marchino che suonava il benjo ed elargiva energia hippie a tutti quanti. “Quando siamo arrivati pioveva, un disastro. Abbiamo cominciato a costruire sotto la pioggia, e poi la fortuna ha girato dalla nostra e si è messo a nevicare, perciò una volta finito di costruire i salti erano duri come il marmo e l’atterraggio perfetto, avrà messo giù mezzo metro di powder. E poi, finalmente, il sole! Non poteva andare meglio,” dice Simon. Passata una settimana, il tempo era molto bello, ma la neve non più. In questi casi sai che hai tot giorni per tirare fuori il materiale, poi finisce la perturbazione, un altro paio di giorni ed è ora di andare. La neve non è più fresca, i landing sono ormai tutti tritati. “Non esiste un momento in cui sei sicuro al 100% di avere il materiale che ti serve e pensi ok, sono a MARCO GRIGIS
posto possiamo andare. Semplicemente senti che è ora di andare via, e se sei soddisfatto di quello che hai, vai via con il sorriso,” commenta Roby. La perturbazione si era spostata verso l’Italia occidentale, proprio sopra al Monte Bianco, e così è iniziato il viaggio verso Courmayeur, dove sono stati raggiunti da un altro ospite...L’inverno del 2016 non è stato affatto semplice: le temperature erano atipiche ed instabili, a febbraio non si erano ancora viste perturbazioni significative, ed era così in tutt’Europa. Non aveva senso stabilire tempistiche con dei piani precisi, o decidere di andare a filmare in determinati spot. Allora è nata l’idea: bisognava seguire le perturbazioni in arrivo, non importa dove, non importa quando. E per farlo, l’unico modo era procurarsi una casa con le ruote. A disposizione c’erano tre rider, un filmer, un fotografo e un mese di tempo. Il focus principale doveva essere il backcountry, che si sposava molto bene con lo stile del road trip – vivere alla giornata, andare a cercare la neve fresca, camminare, immergere anima e corpo nella natura. Così la decisione è stata quella di affittare un camper van e andare a cercare le condizioni adatte per filmare e godersi un po’ di fresh pow. I protagonisti di questa storia sono: Simon Gruber – lo conosciamo bene. È uno degli snowboarder più esperti e versatili della scena Italiana, gira grossissimo e fa dei Backside Air infiniti. Li abbiamo visti al Nine Knights, e lì non si scherza affatto! Gli piace un sacco il freeride, e quando lo vedi girare sembra che stia facendo la cosa più facile della terra. A volte fa festa fino alle 6 del mattino e poi butta delle bombe atomiche in park che ti chiedi da quale pianeta arrivi. Ethan Morgan – È nato in Giappone, ha un doppio passaporto americano e tedesco, vive in Austria. Nessuno ci ha capito niente di questa storia, ma l’importante è sapere che è un atleta di fama internazionale, stilosissimo, in grado di adattarsi a qualsiasi situazione. Lui adora saltare, ma gli piace mixare un po’ di tutto. Infatti beve un sacco di RV Juice. (spiegheremo più avanti di cosa si tratta). Marco Grigis AKA Marchino – anche lui è di famiglia, snowboarder italiano in uno dei momenti più alti della sua carriera, giovane, sorridente, suona il benjo da paura e ultimamente gli piace stare appeso per aria in mezzo alle montagne in equilibrio su una slack line. Marco Morandi AKA Johnny – filmer. Ormai un’istituzione nel panorama dello snowboard italiano, si sta spingendo sempre di più a livello internazionale e non ha niente da invidiare ad altri filmer del mondo. Quest’anno, tra il resto, ha filmato anche per Method Magazine e il suo nome sta rimbombando in giro per l’Europa. Ha una storia personale complessa, ma dato che è molto bravo a raccontare quelle degli altri, ne ha fatto un mestiere che gli riesce piuttosto bene. Nessuno si spiega come abbia fatto a lasciare il suo.
SIMON GRUBER
PAROLA D’ORDINE AMICIZIA: SI PARTE CON LO STESSO SPIRITO CON CUI SI AFFRONTA LA GITA DELLE MEDIE.
ETHAN MORGAN
MARKUS KELLER
Che io mi ricordi, il Giappone è sempre stata una meta di pellegrinaggio per tutti gli snowboarder. Lungo il corso dell’inverno si può sempre contare su infinite e fitte nevicate che ricoprono l’intera terra del sole nascente. E come degli automi, ogni inverno, un sacco di rider da varie parti del mondo si recano in Giappone per assaporarne la magia. Per la maggior parte di noi, questo viaggio dall’altra parte del mondo rimane sempre e comunque lunghissimo, e così decidemmo che fosse giunta l’ora di rifarlo... UN’ALTRA VOLTA! Sì, un’altra volta. Perchè mettendo insieme tutte le nostre visite, in Giappone c’eravamo già stati più di 20 volte. Veramente tante volte, lo so, ma ogni volta sembra sempre un’esperienza totalmente nuova, e ogni volta troviamo nuovi spot. Markus c’era già stato sette volte, Nils tre, Valerian due, me stesso otto e solo DBK era al suo primo viaggio in Giappone: decisamente il rookie della nostra crew. E così, sì, di nuovo decidemmo che era ora di riabbracciare le montagne giapponesi dell’isola del nord di Hokkaido, immersa in un ambiente pacifico e ghiacciato. Il clichè era proprio quello: neve profonda, ottimo terreno e un sacco di camminate. Da una Tokyo sovrappopolata, l’isola di Honshu, fino alla desolazione di Asahidake, l’Isola di Hokkaido... insomma, vivemmo tutte le contraddizioni giapponesi al massimo livello. E, come già avevamo sospettato, il Giappone era DI NUOVO una scelta perfetta! La nostra prima missione era quella di incontrare l’amata crew del Car Danchi e passare un po’ di tempo insieme a loro girando in fresca. Sfortunatamente la barriera del linguaggio non ci ha di certo aiutato a incontrare Hayato Doi (AKA Sharky Boy) e Kazuchi Yamauchi (AKA Orange Man AKA YAMA SAN) e sfortunatamente alla fine siamo riusciti a passare un solo giorno insieme. Se questi nomi vi sembrano personaggi da cartoni animati, non andate molto lontano dalla realtà. Girano solo su tavole a coda di rondine tutti vestiti solo di arancione (incluse calze, mutande e anche i copri-ruota del loro van), pregano Krishna prima di ogni loro run, si stretchano come Plastic Man... insomma, questi ragazzi giapponesi sembrano venire veramente dallo spazio.
TXT & PICS: MATT GEORGES SPOT: JAPAN
NILS ARVIDSSON
NILS ARVIDSSON
In Giappone hanno queste cose chiamate “Onsen”, che fondamentalmente sono delle sorgenti di acqua calda. Questi bagni rilassanti si servono dell’acqua che arriva dalle montagne e che viene riscaldata in maniera naturale dalle attività vulcaniche sottoterra, e può anche puzzare di uova marce. Lasciate perdere pure questa parte: sono fantastiche! La cosa speciale del Giappone è che non solo fanno questi bagni caldi termali, ma hanno anche delle piscinette di acqua ghiacciata che vi si stringe il sacchettino delle palle fino alla grandezza di palline da ping pong nel giro di tre secondi. Ma passare dall’acqua bollente a quella ghiacciata e il contrario è veramente ottimo per curare i muscoli affaticati: così, più si rimane nell’acqua ghiacciata, meglio è il corpo. E dato che la fresca era la cosa che facevamo di più durante il viaggio e nessuno si voleva fermare per fare il classico giorno di riposo, Nils e DBK uscirono di testa per questi onsen e ci andavano ogni giorno dopo aver girato. La “cura” alla fine ci aiutò veramente perchè la crew riuscì a girare per ben 11 giorni di fila. Dopo quello, le gambe però somigliavano di più a degli spaghetti stracotti... Questi rider nomadi del movimento Car Danchi passano la maggior parte del loro inverno a vivere in un camioncino, inseguendo la neve fresca ogni giorno, scansandosi dal delirio delle città sovrappopolate e perdendosi negli angoli più nascosti dell’Isola di Hokkaido solo per slashare della pura powder tutto il giorno come fosse in slow motion. Danno sempre un occhio alle ultime recentissime tormente di neve e inseguono i fiocchi che cadono copiosi per godere delle linee infinite e accessibili direttamente dalle strade, dispersi sui passi, nel bel mezzo del nulla più assoluto in mezzo alla natura. Certo, quando dormi sul tuo van, specialmente dopo un lungo giorno fuori al freddo, meglio sapere dove parcheggiare e dove andare per uno spot onsen per rilassarsi per bene. E così i loro unici tre sbattimenti sono: trovare un buon terreno, un’ottima powder e un onsen pubblico lì vicino. È tutto quello che gli serve! Il Giappone è probabilmente il posto dove si può trovare la neve più leggera e più profonda del mondo, ma è anche il posto in cui si scarpina più di tutti. Mi ricordo il primo giorno in cui Markus ci portò in quell’area gigante vicino a Niseko. Una volta arrivati, vedemmo una foresta infinita piena di oro bianco già dalla strada! Immediatamente, ognuno di noi iniziò a guardarsi in giro. Non so bene perchè, ma a Valerian saltò in mente di prendere lo zaino e perdersi completamente sul lato opposto della strada che avevamo preso noi altri. Probabilmente voleva trovare uno spot più vicino e più velocemente. Ah! Tipico stile francese, quelli lì non ascoltano mai... (cazzo, anch’io sono francese!). Ma raggiungendo lo spot si rese conto che la velocità non sarebbe stata sufficiente e così continuò a camminare verso quello successivo, ma lì c’era un albero in mezzo all’in-run. E così di nuovo si mise a cercarne un altro ma aveva il landing troppo flat... e così via. Andò avanti in questa maniera per più di due ore e a un certo punto si rese conto che era forse meglio di smetterla e cercare il resto della crew. Ma al ritorno si trovò davanti a un cliff perfetto: proprio quello che stava cercando per tutto il giorno. Sia l’atterraggio che la rincorsa sembravano a posto, era tutto perfetto. Doveva solo andare in cima a controllare. Eccitato per la scoperta, finì dentro in un buco. L’unica cosa che riuscì a fare prima di cadere ancora più profondamente nella grotta profonda di un fiume era aggrapparsi alla sua tavola. Ma con il nulla sotto ai suoi piedi era veramente difficile risalire e uscire da lì. Lontano dal resto della crew, nessuno sentì le sue urla che chiedevano aiuto. Ci mise più di un’ora per recuperare le forze e riuscire a uscire da quel buco per poi ritrovare noi nel nulla. Fu fortunato in quel caso, dopo aver commesso un errore da principiante – lasciare il resto della crew e recarsi da solo nella direzione opposta. Il giorno successivo era completamente cotto e, ovvio, non così tanto “picky” riguardo agli atterraggi piatti e le in-run sketchy... Un paio di giorni più tardi grazie a un’altra lunga camminata in quella neve fresca così profonda (e forse anche grazie al jet lag), era completamente morto di fatica e si prese un momento di pausa, e finì che si addormentò durante una tempesta di neve. Si svegliò solo quando le sirene dei poliziotti ci fecero scendere dal nostro spot. Stavano per rimuoverci il camioncino e forse anche per darci una multa, dato che è proibito parcheggiare in questa zona. Questo è un problema
DBK
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NILS ARVIDSSON
comune sui passi giapponesi, perchè tanti spot sono giusto vicino alla strada ma si deve in realtà parcheggiare da un’altra parte in certi punti segnalati. A volte è più semplice scavare un bel buco e piazzarci la macchina, ma a volte ci si deve arrangiare all’italiana (sì, lo so, sono pieno di clichè). Quel giorno non riuscimmo a parcheggiare come loro avrebbero voluto che facessimo e così ci fecero visita sia il controllo strade che la polizia. Per scovarci dovettero usare le loro sirene a tutto spiano e urlarci nel loro buffo inglese cose come “NO SNOWBOARDING – PLEASE GO – NO SNOWBOARDING – NO PARKING – PLEASE GO...” che risuonò in tutta la montagna. Un po’ pauroso all’inizio, ti sembra che ti stiano arrestando dopo aver fatto una rapina in banca sulla quinta strada di New York, ma alla fine ti sei solo perso nel nulla più assoluto del backcountry giapponese. Alla fine, se non fosse stato per i poliziotti, Valerian starebbe ancora dormendo in quel posto, di nuovo! Dopo esser stati isolati nelle foreste per un po’, decidemmo che era ora di goderci un po’ di civiltà e così andammo a girare di notte nella resort di Niseko. Di solito girare in tavola di notte vuol dire generatori, filmer, flash e un sacco di freddo. In poche parole, tanto lavoro e poco divertimento rispetto al lavoro diurno, sia per i rider che per i filmer o i fotografi. Fatto sta che il night riding in Giappone sembra sia una cosa di grande importanza. Qua e là, le resort accendono a giorno un pezzo di montagna, così da farla sembrare un’isola flottante nel mare nero. Ci sembra di stare sulla luna. La gente va a girare di notte dopo il lavoro per staccare un po’ il cervello dalle cose pesanti e c’è addirittura abbastanza luce per buttar lì qualche sprayata in pista. Abbiamo trovato delle condizioni pressochè perfette in Giappone, ogni fine pomeriggio eravamo piuttosto devastati dopo aver shootato per tutto il giorno. Ma ancora dovevamo assaporare il gusto di girare di notte nella famosa Niseko. Valeva proprio la pena infilarci di nuovo l’abbigliamento bagnato da snowboard e andare in pista con tutta la crew, perchè ci divertimmo tantissimo a girare in tavola a mille per ore e ore! Nils trovò in macchina un cartone di tipico vino giapponese di prugne (dato che eravamo otto persone in un van, era pieno di roba che veniva persa e ritrovata...). Quei drink ci aiutarono a sciogliere i muscoli. Ci divertimmo tantissimo e ci sembrò di essere quasi in vacanza nel mezzo del nostro viaggio in Giappone. Finalmente niente arrampicate, camminate, nessun tempo perso ad aspettare il tempo bello, nessuno zaino, niente ciaspole ai piedi... solo l’intera crew e un cartone di vino giapponese a caso. Hell yeah! Era la prima volta in Giappone per DBK ed era ovvio che fosse quello più eccitato! Non c’è neanche da aggiungere che dopo aver passato tutti quei giorni in tavola, ci rimaneva solo da visitare Tokyo tutti insieme. Dato che sull’Isola di Hokkaido nevicava giorno e notte, non avevamo avuto nessun giorno di pausa... shootammo proprio ogni giorno. Questo significò che tornammo a casa ogni notte molto tardi e molto stanchi e che non ci fu proprio spazio per qualche birra saltuaria al bar. Così, dopo un periodo fantastico sulla neve, non vedevamo l’ora di buttarci a capofitto dentro a Tokyo. Comparata a Hokkaido, l’Isola principale del Giappone era abbastanza calda e sembrava essere fatta proprio per gli stranieri come un meraviglioso e strano posto dove poter giocare. Un paio di esempi per completare il quadro: notti insonni, karaoke, persi nella metro, mercato del pesce dopo i club, in accappatoio per strada, discussioni con i buttafuori, all you can drink, voli persi, tatuaggi last minute... classic! Arigato gozaimasu Giappone! ANCORA UNA VOLTA!
DBK
TXT: GIACOMO MARGUTTI PICS: MATT GEORGES RIDER: MARKUS KELLER
Durante un viaggio in Giappone son passato da Tokyo e, così, per provare una nuova cosa, sono stato a dormire nei capsule hotel. Sono hotel in cui si dorme in blocchi modulari in plastica sui due metri di lunghezza e un metro di larghezza. E fin qui niente di che – più o meno. Ma la vera questione è che le capsule, appunto, sono alte poco più di un metro. Una stanza, cioè un letto, costa pochissimo, sui 15/20€ al giorno. Tiri una tendina alla fine del loculo in cui ci si corica e così anche per quanto riguarda la privacy diciamo che è fatta. Praticamente si dorme in una lavatrice per esseri umani, solo che non ci si sveglia più bianchi e splendenti. Claustrofobia a parte, questa sistemazione per una notte è ok se volete arricchire il vostro bagaglio culturale e farvi due risate con gli amici quando ritornate a casa. Ora, fare un paragone tra una capsula in cui dormire e una discesa in neve fresca giapponese, la più pura che ci sia, è scontato ma è probabilmente quello che anche Markus e i suoi compagni di viaggio hanno pensato lì per lì.
PHOTO: TBIRD
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