The Pill Magazine 44 Women's Issue IT

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RRECON ECO N NNECT ECT WITH W ITH NNATURE ATU R E Relax. De-stress. All over the world, we venture out into Relax. De-stress. All over world, we out into nature to reconnect with the ourselves. So venture get out there with nature to reconnect ourselves. Sodown get out with the Mammut Hikingwith collection. Slow andthere experience thethe Mammut collection. Slow down and experience feeling Hiking you only get when you’re outdoors. the feeling you only get when you’re outdoors.

M A M M U T. C O M M A M M U T. C O M



WMN EDITO TE X T MARTA MANZONI

PHOTO BY DENIS PICCOLO

Edito Sei una donna da sposare. Sei una figa di legno. Stai un po’ zitta. Spaventi gli uomini. Non dovresti darla al primo appuntamento. Dovresti darla un po’ di più. A quando un bambino? Brava che sei arrivata in vetta tutta sola. Sei una donna con le palle. Se un uomo fa sesso al primo giro è un figo, la donna una troia. “La Manzoni dovrebbe scrivere sulle riviste femminili non occuparsi di montagna” dice di me un collega, ovviamente alle mie spalle. Se hai successo, agli uomini brucia. È una questione di soldi. Se le donne si fanno vedere attirano più risorse e gli uomini si fanno i conti in tasca. Paura, eh? Secondo Michela Murgia, parlare è ancora considerata la cosa più sovversiva che può fare una donna. “Smetterò di battermi per la parità e l’equal pay il giorno in cui scenderò nella tomba” ha affermato Serena Williams. Sono una femminista: significa che credo nel movimento che ha come fine l’uguaglianza di genere, e la completa emancipazione della donna sul piano economico, giuridico e politico. Vuol dire che auspico un mutamento radicale della società e del rapporto uomo-donna attraverso la liberazione sessuale e l’abolizione dei ruoli tradizionalmente attribuiti alle donne. Arrivare

ai vertici della professione serve proprio a cambiare le condizioni. Potere significa decidere. E arrivate a quel punto, come diceva Madeleine Albright, credo ci sia un posto speciale all’inferno per le donne che non aiutano altre donne. I am not going to the fucking White House. È lo statement di Megan Rapinoe, capitana della nazionale statunitense trionfatrice del mondiale di calcio 2019 e attivista della comunità LGBTQ+: un gesto simbolo della contestazione a Trump, machista per antonomasia. Intanto il Belpaese rimane l’unico stato in Europa a non avere donne nel corpo Istruttori delle Guide Alpine UIAGM. Dopo anni di tentativi, poche settimane fa l’alpinista Anna Torretta ha comunicato di non aver superato le selezioni per diventare Istruttore delle Guide Alpine Italiane, chiedendosi, giustamente, perché le valutazioni per uomini e donne seguano le stesse regole, un criterio molto discutibile. Negli sport e persino nei marines ci sono categorie e standard diversi. “Per guadagnarci il nostro spazio lottiamo per diventare sempre più simili agli uomini. Forse potrebbe esserci un’altra strada: tornare a volgere lo sguardo dentro di noi” scrive Nives Meroi.

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Chiudo con una certezza: Un mondo equo è quello in cui le donne comandano metà delle nostre nazioni e aziende e gli uomini gestiscono metà delle nostre case. E cinque consigli (parafrasando Lilli Gruber):

Dite di no agli uomini.

Siate economicamente indipendenti. Uscite molto con altre donne, in gruppo e divertendovi.

Studiate, sempre, tutto. E il più importante: MAI STARE ZITTA.


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RIBELLE RUN è la scarpa per chi ricerca la precisione assoluta e alte capacità di adattamento su qualsiasi grado di difficoltà e tipologia di terreno, studiata per il trail e skyrunning di breve/media distanza.

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THE CREW PHOTO BY MAT TEO PAVANA

EDITOR IN CHIEF Denis Piccolo | denis@hand-communication.com

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E D I T O R I A L C O O R D I N AT O R S Davide Fioraso, Silvia Galliani

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COVER Wafaa Amer by Claudia Zigler

ART DIRECTION George Boutall | george@evergreendesignhouse.com Francesca Pagliaro, Diego Marmi

PRINT L'artistica Savigliano Savigliano - Cuneo - Italy lartisavi.it

THEPILLMAGAZINE .COM Camilla Pizzini | camilla@hand-communication.com PHOTOGRAPHERS & FILMERS Matteo Pavana, Thomas Monsorno, Andrea Schilirò, Denis Piccolo, Patte Schwienbacher, Achille Mauri, Federico Ravassard, Simone Mondino, Alice Russolo, Claudia Zigler

DISTRIBUTION 25.000 copies distribuited in 1100 shops in Italy, Switzerland, Austria, Germany, France, Belgium, Spain, UK & The Netherlands ADVERTISING hello@hand-communication.com | +39 333.7741506

C O L L A B O R AT O R S Sofia Parisi, Matteo Rossato, Fabrizio Bertone, Enrico Santillo, Dario Toso, Dario Marchini, Eva Bonk, Luca Albrisi, Antonio Isaja, Marta Manzoni, Luca Schiera, Giulia Boccola,Federico Mura, Tommaso Bernacchi, Chiara Guglielmina, Claudia Zigler

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www.thepillmagazine.com | www.facebook.com/thepillmagazine Instagram.com/thepillmagazine The Pill rivista bimestrale registrata al tribunale di Milano il 29/02/2016 al numero 73

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/ E N G I N E E R E D

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D O L O M I T E S

SALEWA.COM

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WMN ISSUE 44 PHOTO BY MAT TEO PAVANA

T H E W M N D A I LY P I L L

P. 6 0

ERIKA SIFFREDI

P. 1 2

WMN BEST MADE

P. 6 4

ANATO M Y O F R E STE SS LE SS

P. 1 6

WMN KILLER COLLABS

P. 6 8

HILLARY GERARDI

P. 2 0

WMN ECO SEVEN

P. 74

CHEZ SISA

P. 2 4

INSIDE THE MIRROR

P. 8 0

STEFI TROGUET

P. 2 6

WOMEN CREWS

P. 8 6

WAFAA AMER

P. 2 8

AK U NATU R E I S CALLI N G

P. 9 4

LUZIA BUEHLER

P. 8

P100

VALE R IA MARG H E R ITA M OSCA

P. 3 0

SCOT T TH E ARTI C T WE LVE

P. 3 2

Y U LIA BAYKOVA

P. 1 0 6

D O RA ATI M

P. 3 4

MIZUNO WAVE DAICHI 6 WMN

P. 11 0

100% WOMEN PEAK CHALLENGE

P. 3 8

COBER GIRLS

P. 114

CARO NORTH

P. 4 2

THE WEAKER SEX

P. 11 8

FEDERICA MINGOLLA

P. 4 4

WIND OF CHANGE

P. 1 2 6

TAMARA LU N G E R

P. 5 2

ELINE LE MENESTREL

P. 1 3 4

SUMMER SELECTION

P. 5 6

ELISA SORTINI

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< 1.0 KG


THE WMN DAILY PILL BY DAV I D E F I O R AS O

G R O E N L A N D I A P R OTAG O N I S TA D E L 6 9 ª T R E N TO F I L M F E S T I VA L È la Groenlandia il paese ospite della 69ª edizione del Trento Film Festival che si terrà dal 30 aprile al 9 maggio 2021. “Dopo lo slittamento dello scorso anno” dichiara il presidente Mauro leveghi, “la 69ª edizione riporta la rassegna nella sua tradizionale collocazione primaverile, confidando nella riapertura delle sale”. Un viaggio cinematografico e artistico in un luogo straordinario e poco conosciuto, un’isola che ha assunto sempre maggiore importanza nello scenario internazionale, interprete delle grandi emergenze climatiche e delle conseguenze ambientali, economiche e geostrategiche. Tra le prime del programma il documentario “La casa rossa” che racconta la vita e il lavoro del noto esploratore e scrittore altoatesino Robert Peroni.

FERRINO: STEFI TROGUET ALL A CONQUISTA DEL DHAUL AGIRI A poche settimane dall’annuncio del suo ambizioso progetto estivo in Karakorum, Stefi Troguet, l’alpinista con il rossetto, ha comunicato l’imminente partenza per il Dhaulagiri. Ad accompagnarla in questa avventura ci sarà Jonatan García. I due hanno intenzione di affrontare il Dhaulagiri con una spedizione leggera e veloce, senza il supporto di portatori d’alta quota e senza l’utilizzo di bombole d’ossigeno. Un particolare che non è nuovo all’alpinista andorrana, che ha già scalato senza bombole la vetta del Nanga Parbat e del Manaslu. Da Kathmandu si muoveranno verso il campo base dell’Everest per un tentativo di vetta tra fine aprile e inizio maggio. Un duro allenamento in preparazione del Broad Peak e K2.

TH E N O R TH FAC E C E LE B R A LE D O N N E C H E N O N S I FE R M A N O M A I Never Stop è la nuova campagna The North Face per celebrare le donne che, ogni giorno, si mettono alla prova e superano i propri limiti. “Come brand siamo convinti dello straordinario potere delle community, e non si possono avere comunità fiorenti e attive senza donne. Nelle nostre prossime collezioni abbiamo voluto coinvolgere e dare visibilità ad alcune straordinarie figure, con la speranza che incoraggino a vivere di più la natura ed entrare in connessione con l’ambiente che ci circonda” ha commentato Amanda Calder-McLaren, Senior Brand Communication Director di TNF. La campagna si svilupperà nel corso di tutta la primavera, con nuove storie e una serie di collezioni pensate ad hoc per supportare le donne nella vita di tutti i giorni, tra passioni e impegni.

I L M O N D O F E M M I N I L E C O N Q U I S TA L’ I N D U S T R I A D E L LO S P O R T Negli ultimi anni l’industria dello sport e dell’outdoor ha compiuto enormi sforzi per attirare il target femminile, raggiungendo ottimi risultati. Nella Giornata internazionale della donna, ISPO ha tirato le somme analizzando in dettaglio diversi fattori chiave, tra cui: la positività delle forme in una nuova immagine di donna che sta prendendo piede, sicura del proprio corpo, la diversità nelle collezioni di oggi, con molti più prodotti women’s specific, l’abolizione dei classici stereotipi, sia nel prodotto (il rosa, ad esempio) che nella comunicazione, nuovi requisiti per materiali e accoppiamenti, con migliorie negli adattamenti e nei dettagli. Infine, la nascita e lo sviluppo di brand “women for women”, con collezioni per donne create dalle donne, come nel caso del nuovo marchio LaMunt.

U Y N I N AU G U R A I L P R I M O E X P E R I E N C E S TO R E I N I TA L I A Il marchio UYN taglia un nuovo traguardo nel suo processo di crescita con l’apertura del primo Experience Store. Il negozio monomarca, inaugurato ad Asola (Mantova), introduce un nuovo concetto nel rapporto con il cliente arricchendo il processo d’acquisto con iniziative esperienziali. Al tempo stesso, presenta l’intera offerta di scarpe e abbigliamento UYN per sport invernali, ciclismo, running, fitness e outdoor. Lo spazio di 250mq, elegante e contemporaneo, è stato strutturato per offrire un’immersione nel mondo UYN e nei suoi valori: sostenibilità e ricerca tecnologica. Attraverso percorsi sensoriali, il cliente può scoprire le materie prime e le tecniche produttive che danno vita alle collezioni high-performance del brand.

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Artcrafts International S.p.A - hokaoneone@artcrafts.it

CHALLENGER ATR 6 Comfortable everywhere.


THE WMN DAILY PILL BY DAV I D E F I O R AS O

M AT I L DA S Ö D E R L U N D N U OVA A M B AS S A D O R H AG LÖ F S La climber svedese Matilda Söderlund è l’ultima aggiunta al team di ambassador e atleti Haglöfs Outsiders. Dal 2003 Matilda si spinge oltre i suoi limiti su vie di tutto il mondo ed è la prima scandinava ad aver scalato un 9a. “Non sono solo le sue incredibili capacità di arrampicata e i suoi risultati a colpirci, ma anche la sincera dedizione nel inseguire la passione della sua vita” dice Victor Adler, Global Marketing Director di Haglöfs. Come ambassador, Matilda condividerà obiettivi e avventure, dando agli appassionati del marchio uno sguardo dall’interno. “Mi sento incredibilmente felice di poter iniziare questo viaggio” dice Matilda. “Haglöfs è un partner con cui volevo lavorare da anni. Prodotti incredibili, grandi valori e una dedizione continua al miglioramento”.

V F C O R P O R AT I O N N O M I N A S U S I E M U L D E R ALLA PRESIDENZA DI TIMBERLAND VF Corporation ha annunciato la nomina di Susie Mulder nel ruolo di Presidente di Timberland a partire dal 5 aprile. Con riporto diretto a Steve Rendle, CEO di VF, Susie Mulder avrà il compito di implementare i piani strategici del marchio, relativi in particolare alla diversificazione del prodotto nelle categorie calzature e abbigliamento, a un approccio basato sul consumatore, al retail e al digital. Mulder raggiungerà il colosso di Denver (che controlla anche i brand Altra, Smartwool, Icebreaker, Vans e The North Face) dopo aver lasciato il posto di CEO della label di abbigliamento Nic+Zoe, che occupava da aprile 2012. Prima di Nic+Zoe, Susie Mulder era partner della società di consulenza McKinsey&Company.

N U OV I S O C I P E R G A R M O N T I N T E R N AT I O N A L Garmont vede l’ingresso di Italian Strategy Private Equity, gestita da Riello Investimenti, nella compagine sociale con il 65% delle quote. Il restante 35% sarà detenuto in maggioranza dall’attuale presidente Pierangelo Bressan, che continuerà a mantenere il ruolo di AD. Nicola Riello ha così commentato: “Siamo molto soddisfatti per l’operazione. Garmont rappresenta perfettamente per dimensioni e qualità il tipico esempio d’impresa che esprime il meglio del Made in Italy. Opera in un settore che sta crescendo molto, particolarmente apprezzato all’estero e, quindi, con le migliori prospettive di crescita. Daremo il nostro sostegno allo sviluppo di Garmont nel rispetto della continuità del management seguendo una logica di partnership.”

U N W E E K E N D D I A R R A M P I C ATA N E L L E D O LO M I T I C O N S A L E WA Cosa accomuna Salewa, la climber francese Eline Le Menestrel, la fibra naturale di canapa e le Dolomiti? Sono tutti ingredienti dell’esperienza che l’Alpine Hemp Quiz di Salewa mette in palio. I 12 fortunati che si aggiudicheranno un posto per il Salewa Alpine Campus 2021 (dal 28 agosto al 3 settembre in Alta Badia) avranno la possibilità di perfezionare le loro abilità alpinistiche in compagnia di Eline e la supervisione di guide alpine. Per vincere è necessario rispondere correttamente a 3 domande sulla canapa, fibra naturale ecosostenibile, la cui coltivazione ha una lunga tradizione in Alto Adige. Il quiz sarà online sul portale Salewa fino al 30 aprile. Salewa fornirà ai partecipanti l’attrezzatura necessaria per le attività, il pernottamento in tenda e i pasti. I vincitori saranno annunciati il 15 maggio.

L A N U O V A C A M PA G N A D I N E W B A L A N C E C E L E B R A L’ E M A N C I PA Z I O N E F E M M I N I L E In linea con l’impegno del marchio verso un’azione guidata da uno scopo, New Balance dà il via ad una serie di storie incentrate sull’emancipazione femminile. L’iniziativa prevede la condivisione di esperienze delle sue atlete attraverso i propri canali. Protagoniste sono le runner Brenda Martinez, Nozomi Tanaka e Amy Hunt, la skateboarder Sammaria Brevard, le calciatrici Rocky Rodriguez e Tatiana Pinto, la tennista Danielle Collins. Tutti i contenuti sono stati realizzati direttamente dalle atlete, per offrire ai fan uno sguardo inedito sulle loro vite quotidiane. La campagna è stata prodotta da 19th&Park, agenzia newyorkese guidata da donne ed orgogliosa di creare campagne che educano e ispirano le giovani generazioni.

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ADV Patagonia


WMN BEST MADE BY DAV I D E F I O R AS O

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1 .T H E N O R T H FA C E

2.ALBA OPTICS

3 . S C A R PA

H I M A L AYA N D O W N PA R K A W M N

D E LTA L E I

SPIN INFINITY

Il ritorno di uno dei capi The North Face più rappresentativi, simbolo delle grandi spedizioni alla conquista degli 8.000. Pensata per l'alpinismo e l'avventura, ma anche per l'esplorazione urbana e la vita di città, la giacca presenta un look oversize in stile retro e caratteristiche tecniche avanzate che offrono protezione e calore. Fodera in poliestere riciclato con tecnologia WindWall e imbottitura in piumino d’oca 550. Nella collezione Icons per la PE2021 il nuovo colore lavanda per la versione femminile.

Occhiale con montatura del DELTA che è stata dipinta con una splendida tonalità iridescente verde/oro/viola metallizzata. Un vero e proprio gioiello. La lente VZUM è stata completamente ridisegnata adattando le forme e le dimensioni ai visi degli atleti di taglia small. Questo ha permesso di produrre degli occhiali più leggeri, pur mantenendo le stesse caratteristiche e prestazioni come ventilazione interna e copertura visiva.

Modello per la lunga distanza. Le caratteristiche di stabilità, ammortizzamento e controllo la rendono ottima per l’allenamento e le gare di Ultra Trail per atleti che richiedono una scarpa comoda e stabile. La combinazione di una forma precisa e avvolgente che consente maggior libertà nell’area dell’avampiede, una tomaia leggera e traspirante, una suola a doppia densità che garantisce il giusto ammortizzamento ed elevato controllo del piede e un battistrada ad alta aderenza.

4 .T H U L E

5 . SA L E WA

6.GARMIN

SPRING

A LPINE HEMP LONG SLEE VE TEE WMN

ENDURO

Easy strolling, easy living. C'è così tanto da vedere, da fare e da vivere! Goditi queste esperienze con Thule Spring, il passeggino funzionale, divertente e smart che rende più facile la tua vita quotidiana. Chiusura facile e rapida con una sola mano, anche quando si tiene in braccio il proprio bambino, manubrio scorrevole regolabile per garantire il fit perfetto, ruota anteriore orientabile e ammortizzata che può essere bloccata in posizione frontale, tettuccio ventilato con estensione parasole integrata.

T-shirt da donna altamente traspirante per l’arrampicata e l’allenamento. È realizzata in morbido ed elastico jersey Alpine Hemp, un misto di canapa alpina, cotone 100% biologico e poliestere riciclato. Il pannello frontale ed i polsini sono dotati di rivestimento in Durastretch per una maggiore resistenza alle abrasioni. Le maniche e le spalline dal design ergonomico offrono una capacità di movimento senza impedimenti per raggiungere gli appigli più alti.

Il mondo dell’Ultra Trail da oggi ha un nuovo protagonista: si chiama Enduro ed è lo sportwatch Garmin caratterizzato da funzionalità specificatamente sviluppate per rispondere alle esigenze dei runner estremi. Un design progettato per resistere a qualsiasi condizione e al tempo stesso pensato per garantire massima vestibilità e comodità, estensione dell’autonomia, analisi delle performance e dei percorsi. Il nuovo modo per vivere la propria passione per la corsa ad altissimi livelli.

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WMN BEST MADE BY DAV I D E F I O R AS O

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7. S I L V A

8 . S AV E T H E D U C K

9.CAMELBAK

TRAIL SPEED 4XT HEADLAMP

A N A I S PA R K A W M N

M U LT I B E V

Trail Speed 4XT è una lampada frontale multi-activity estremamente compatta e potente, progettata per runner, ciclisti o sciatori avanzati che cercano un accessorio leggero e compatto con una grande potenza luminosa (1200 lumen). Nuova vestibilità ergonomica con ampia fascia antiscivolo e piastra posteriore migliorata per una distribuzione ottimale della batteria aggiuntiva da 3.3 Ah. L’ingegnoso Flow Light ottimizza il fascio luminoso fornendo una perfetta sintonia con la tua attività.

Dalla collezione Pro-tech di Save The Duck questa giacca morbida e leggera realizzata in tessuto Gore-Tex Infinium 75D. Una lamina poliuretanica, composta al 100% in poliestere riciclato con finissaggio DWR PFCEC free, dalle altissime performance di impermeabilità, traspirabilità e protezione dal vento. Cuciture nastrate, doppia chiusura water resistant e bottoni clic clac. 4 tasche con patta e zip, cappuccio, fondo e polsi regolabili. Certificazione bluesign e Oeko-Tex per un vero capo Best Made.

CamelBak lancia MultiBev, innovativo prodotto 2 in 1 composto da borraccia e mug da viaggio. Disponibile in due versioni, da 650 o 500ml (e tazza da 470 e 350ml), è realizzato in acciaio inossidabile con isolamento sottovuoto a doppia parete, finitura a polvere e una base in silicone antiscivolo. Il tappo Pak a prova di perdite nasconde il coperchio avvolgibile da abbinare alla tazza e conserva piccoli oggetti essenziali come una bustina di tè. Una soluzione comoda, versatile e sostenibile per l'uso quotidiano.

1 0 . L A S P O R T I VA

1 1 . M O N TA N E

12.DYNAFIT

A IM HOODY WMN

WOMEN'S TRAILBLAZER 16

R ADICAL PRO BOOT WMN

Felpa versatile e funzionale per accompagnarti nelle più intense giornate d’allenamento, concepita per consentire la massima libertà di movimento e offrire termicità nei mesi più freddi. Un capo perfetto per muoversi con facilità sia dentro che fuori la palestra. Apertura frontale con zip, tasca laterale con cerniera a scomparsa, inserto aggiuntivo di tessuto sotto le braccia, polsino elastico. Tecnologia anti-batterica ed anti-odore Polygiene.

Zaino da 16 litri progettato per uscite giornaliere dal ritmo sostenuto, dove leggerezza, stabilità e accesso rapido sono condizioni essenziali. L'innovativo sistema Covalent offre una vestibilità personalizzabile e avvolgente senza limitare i movimenti, con spallacci articolati specifici per il corpo femminile, chiusura toracica Click and Go e cinturino in vita regolabile. Combina un tessuto Raptor Cross Lite 70 D e fodera Halo ad un contact Air Mesh Plus sull'imbracatura.

Dynafit presenta la nuova collezione Radical per l’inverno 21/22, un set up perfettamente ritagliato sulle esigenze degli sci alpinisti classici. Tra le novità Radical Pro, uno scarpone che garantisce peso contenuto (1380g), comfort di calzata e stabilità in discesa grazie ad un nuovo concept della linguetta e all'utilizzo del premiato Hoji Lock System. Compatibile con tutti gli attacchi pin presenti sul mercato, può essere utilizzato anche con attacchi a telaio e ibridi.

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#rideforalba RIDER: Hannah Raymond PHOTO: Federico Vandone Dell’Acqua

DELTA FCS VZUM™ ML LAVA albaoptics.cc


WMN KILLER COLLABS BY DAV I D E F I O R AS O

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1 . B L AC K D I A M O N D X B A B S I Z A N G E R L 9. 2 D RY R O P E

2 . M I L E S T O N E X PA A G O W O R KS TRAILMASTER + RUSH LIGHT

3 . N I C O L E M C L AU G H L I N X CROCS CAMPSITE CLASSIC CLOG

Corda Black Diamond progettata con il contributo dell’atleta austriaca Babsi Zangerl. Ottima in ogni situazione e condizione atmosferica, è caratterizzata da un’anima con trattamento a secco e da una calza esterna che la protegge dall’umidità. Una speciale costruzione a onda 1x1 permette di durare nel tempo e la rende più resistente all’abrasione. L'indicatore a tripla marcatura fornisce un punto centrale facilmente identificabile per richiami più sicuri.

Il brand di accessori outdoor Paago Works (acronimo di Pack and Go!) incontra una delle lighting company più innovative al mondo per una collaborazione del tutto speciale dedicata ai trail runner del Sol Levante. Il marsupio da running della serie Rush incorpora la nuova frontale Trailmaster sviluppata da Milestone in collaborazione con l’ultra-trailer Takeshi Doi. Una sintesi di perfezione e funzionalità: 850 lumen, 80 m di fascio luminoso, batteria al litio da 17 ore di autonomia, impermeabilità IPX5.

Nicole McLaughlin firma la terza e ultima versione della serie collaborativa Project Greenhouse di Crocs. La designer newyorkese, ampiamente riconosciuta per l'upcycling e la moda sostenibile, applica le sue tecniche esplorative alla silhouette distintiva del Classic Clog, trasformandola in un kit di sopravvivenza con caratteristiche funzionali a tutto campo: luce, cordino, bussola, borsellino porta oggetti e moschettone. La garanzia di piedi comodi durante le attività all’aria aperta.

4 .T H E N O R T H F A C E X BRAIN DEAD SIERRA '68 GILET

5.A E T H E R X M I I R T R AV E L T U M B L E R

6.NIKE X S T Ü S S Y I N S U L AT E D S K I R T

La perfetta fusione fra due mondi, parte dell'esclusiva collezione firmata tra The North Face e Brain Dead, collettivo artistico californiano che riunisce influenze post punk e underground. Ispirato al parka Sierra 1968, questo gilet oversize riprende i dettagli del modello originale, come le ampie tasche frontali, la cerniera oversize bidirezionale e il morbido tessuto ripstop, unendoli a una leggera imbottitura Heatseeker e ai loghi di entrambi i marchi.

Tra special releases e versioni custom, oramai non si contano più le edizioni speciali di MiiR, drinkware company fondata nel 2010 da Bryan Papé. Questo travel tumbler da 500 ml, personalizzato per Aether Apparel, outdoor & lifestyle brand con sede a Los Angeles, mantiene la tua bevanda fredda (o calda) per ore. Acciaio inossidabile di grado medicale, tecnologia di isolamento sottovuoto Thermo 3D a doppia parete, design senza perdite che impedisce di versare anche una sola goccia.

Ad accompagnare il drop della Nike Air Force 1, terza collaborazione annunciata nel 2020 da Stüssy e Nike, anche una collezione di abbigliamento SS21 composta da un trio di capi realizzati in nylon ripstop traslucido arricchito da un imbottitura in fibra riciclata Thermore Eco Down. La gonna presenta una chiusura laterale con bottoni automatici, un’apertura con zip laterale, due tasche frontali. A livello grafico combina uno stile semplice e minimale declinato sui toni del grigio e del verde.

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WMN KILLER COLLABS BY DAV I D E F I O R AS O

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7. P A L A C E X G O R E - T E X P CAP JACKET

8 . B U F F X N AT I O N A L GEOGRAPHIC ORIGINAL TUBULAR

9. N I K E X U N D E R C O V E R OVERBREAK OVERCAST

Il binomio Palace Skateboards/Gore-Tex torna a fare notizia dopo un lungo periodo di assenza, regalandoci drop in sequenza con capi e accessori per stagione primaverile. A farla da padrona il completo Paclite Shell, declinato in diverse varianti colore, composto da questa giacca a vento dal design pulito e lineare (con visiera incorporata nel cappuccio), che si abbina a pantaloni cargo con cerniera che diventano dei comodi shorts.

Colori sorprendenti, spirito naturale e qualità BUFF si fondono in una collezione ispirata al National Geographic. Tubolare da collo multifunzionale realizzato con materiali riciclati, privo di cuciture e in grado di proteggere dai raggi UV. È progettato per un utilizzo a 360°, ideale come protezione durante qualsiasi attività outdoor ad alta intensità. Tecnologia Ultrastretch: elasticità in 4 direzioni per la migliore vestibilità e il massimo comfort.

Overbreak offre uno stile sorprendente e un comfort inimitabile fondendo l'estetica sportiva di Blue Ribbon Sports al design ultramoderno di OverReact. Questa edizione speciale dell'innovativa silhouette nasce dalla collaborazione con Jun Takahashi di Undercover. Il design esplora le interazioni tra movimenti fluidi ed elementi stabili. La tomaia in tessuto è abbinata a strati esterni in suede e sottocchielli Kurim, mentre le rose ricamate mettono in risalto la qualità artigianale della scarpa.

10. J W A N D E R S O N X MONCLER GENIUS PHONE CASE

1 1.AURALEE X NEW BALANCE R_C2

1 2 . BAC KC O U N T RY X M E TO L I U S PA RT Y P I T C RAS H PA D

Parte della collezione 1 del progetto Moncler Genius, la JWA Phone Case è realizzata in nylon con cuciture zig-zag ispirate alle vele delle barche. La tracolla regolabile in corda, il tirazip e la piccola coulisse, che decora la tasca frontale, richiamano i nodi da marinaio e sono simboli grafici del progetto. Chiusura principale con zip gommata a contrasto, tasca interna porta carte di credito in pelle. Logo Moncler/JW Anderson sul davanti.

Due realtà apparentemente opposte, capaci di presentare qualcosa di davvero unico che incarna la sensibilità di entrambi. Dopo essersi dilettati sul modello COMP100, Auralee ed il Tokyo Design Studio di New Balance tornano a collaborare per la primavera/estate 2021. La silhouette in questione, la R_C2, offre due colorazioni distinte con rifiniture in pelle scamosciata e rivestimenti in pelle. Membrana Gore-Tex, suola Abzorb in Encap Reveal.

Party Pit è un'area boulder lungo la Little Cottonwood Road, poco distante dall’headquarter di Backcountry.com, famoso retailer online fondato a Park City nel 1996. Da qui il nome per la versione 2.0 del crash pad realizzato in collaborazione con Metolius Climbing. Un modello tuttofare in materiale espanso a cellule chiuse da 4” con robusto tessuto esterno in poliestere 900D anti-abrasione. L’esclusivo sistema di chiusura con patta agevola il caricamento e copre gli spallacci una volta a terra.

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WMN ECO SEVEN BY DAV I D E F I O R AS O

PATAG O N I A A S O ST E G N O D E L P I Ù G R A N D E F I U M E I N C O N TA M I N ATO D ’ E U R O PA Per più di dieci anni, attivisti, scienziati e artisti hanno lottato contro uno “tsunami” di progetti idroelettrici nei Balcani. A settembre 2020 i politici albanesi hanno annunciato la volontà di istituire il Parco Nazionale del fiume Vjosa, il sistema fluviale più grande e incontaminato. Tuttavia, si fanno sempre più allarmati le voci di accordi sottobanco che metterebbero in pericolo la fattibilità. Con le elezioni di aprile, gruppi per la conservazione chiedono ai leader politici di renderne questa istituzione una delle priorità di qualsiasi partito salga al potere. Nell’ambito della campagna, Patagonia ha presentato Vjosa Forever, cortometraggio che chiede di unirsi alla lotta per proteggere oltre 300km di corsi d’acqua che ospitano più di 1.100 specie, molte delle quali in pericolo.

R E PA I R I F YO U C A R E , IL PROGETTO SOSTENIBILE DI VIBRAM Per molti un paio di scarpe è un semplice oggetto da utilizzare e sostituire appena si rovina, per altri rappresenta esperienze, viaggi e storie da raccontare. Vibram lancia la campagna Repair If You Care focalizzata sul concetto di riparazione come approccio sostenibile. Con questo progetto l’azienda si pone l’obiettivo di sensibilizzare le persone a riutilizzare e personalizzare le proprie scarpe come preziosa opportunità per limitare gli sprechi, aumentando la durata di un prodotto per ridurre l’impatto ambientale: qualsiasi tipo di scarpa può essere risuolata e anche il più piccolo contributo può fare la differenza. L’iniziativa ha preso il via attraverso attività sui canali digitali dell’azienda. La sezione cobbler locator darà visibilità a tutti i calzolai presenti, supportando il business della riparazione.

L A C O M M I S S I O N E U E D E T TA C R I T E R I ST R I N G E N T I P E R L A R I PA R T E N Z A Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza torna protagonista con nuovi, stringenti, criteri da parte dell’Unione Europea. Riforme e investimenti, frutto di una distribuzione delle risorse che deve garantire il 37% alla transizione verde e il 20% a quella digitale, da oggi “non dovranno arrecare un danno significativo all’ambiente”, delineando i criteri per determinare se un’attività economica o un investimento possano considerarsi ecosostenibili. Alla base c’è l’individuazione di sei obiettivi: la mitigazione dei cambiamenti climatici, l’adattamento ai cambiamenti climatici, l’uso e la protezione delle acque e delle risorse marine, la transizione verso un’economia circolare, la prevenzione e la riduzione dell’inquinamento, la protezione e il ripristino della biodiversità e degli ecosistemi.

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E tu, come vess in montagna? Segui ancora vecchie indicazioni dei cosiddee “esperr” oppure sei evoluto verso prodoo Fast & Light? L’abbigliamento tradizionale da montagna è rigido, pesante, scomodo e poco funzionale. La filosofia Fast & Light supera quess limii grazie a un fit atleeco, tessuu elassci, traspirann e dandoo capi pensaa per il massimo comfort durante l’aavità sporrva. Il Fast & Light nasce con Crazy nel 1989, quando l’abbiamo introdooo per primi nel mondo dell’abbigliamento outdoor, proprio per superare i limii della vecchia scuola. Crazy da sempre è sinonimo di veloce e leggero. Noi di Crazy abbiamo inventato l’abbigliamento da sci alpinismo agonissco, siamo cresciuu con un cronometro in mano. Imparando dal mondo delle gare abbiamo innovato l’abbigliamento per chi vive la montagna ogni giorno. Ecco alcune innovazioni inventate da Crazy: -

1989 prima tuta da sci alpinismo 1992 primo completo ultralight 1995 primo completo da sky running 2000 prima giacca in piuma con cuciture a macchina piaaa 2007 prima giacca imboota completamente elassca, presentata alla gara Mezzalama 2015 prima giacca in costruzione tubica 2020 JKT LEVITY, la giacca più leggera del mondo

Col tempo molte aziende hanno seguito la strada baauta da Crazy, rendendo il Fast & Light il nuovo capitolo dell’abbigliamento da montagna. Scopri the original Fast & Light mountain clothing e dimennca gli zaini pesann, pieni di “non si sa mai”. www.crazy.it ww


WMN ECO SEVEN BY DAV I D E F I O R AS O

RECYCLE YOUR BOOTS: RICICL A I TUOI SCARPONI CON TECNICA Tecnica, leader mondiale nella produzione di scarponi da sci, presenta Recycle Your Boots, progetto di economia circolare che ha l’ambizione di trasformare i vecchi scarponi in materie di seconda generazione. Dopo un sofisticato sistema di ritiro e trasporto (in cui l’elemento di successo sarà la mobilitazione di negozianti e acquirenti), l’azienda italiana Fecam si occuperà di smontare le singole componenti plastiche e metalliche. Le parti verranno inviate ai vicini impianti di Laprima Plastics per la trasformazione in materie di riciclo, come granuli di plastica e pezzi di alluminio, pronti per essere fusi e riutilizzati nella produzione industriale. L’Università di Padova avrà l’obiettivo di comprendere l’impatto e valutare l’efficacia in termini di emissioni di CO2.

FJ Ä L L R ÄV E N P R E S E N TA S A M L A R E N : N U O VA V I TA A L L E E C C E D E N Z E D I T E S S U T O Fjällräven presenta Samlaren, “il raccoglitore”, un nuovo concetto, contro lo spreco di risorse, che premia la sostenibilità e l’innovazione con l’intento di gettare le basi per un futuro sostenibile. I prodotti in edizione limitata, contrassegnati dall’etichetta Samlaren, sono stati creati utilizzando materiali di recupero sapientemente abbinati con design esclusivi e allegri accostamenti cromatici, offrendo lo stesso livello di praticità, durata e affidabilità che ci si aspetta da qualsiasi prodotto Fjällräven. Il primo lancio consiste in una collezione di classici reinventati (mediante l’utilizzo di eccedenze di tessuto G-1000) tra cui la Greenland Jacket in patchwork color-block, il leggendario zaino Kånken e la borsa Totepack.

T E R R I T O R I O T I P O : L E M O N TA G N E D I V E N TA N O A R T E D I G I TA L E Territoriotipo è un progetto di Fablab Venezia che mette insieme tradizione artigianale, tecnologie digitali, passione per la montagna e attenzione all’ambiente. Modelli fisici 3D delle grandi vette alpine ad altissima definizione per “ricordarci il modo giusto di stare su questo pianeta: conoscerlo e proteggerlo”. Valli e montagne sono stampate in materiale biodegradabile derivato dall’amido di mais e rifinite con una leggera copertura di polvere di dolomia. I primi modelli in vendita contribuiranno alla ricostruzione del Rifugio Pian dei Fiacconi, in Marmolada, travolto da una valanga lo scorso dicembre. Innovazione e tecnologia a servizio del patrimonio ambientale, per un nuovo modo di conoscere e amare le montagne, stimolare consapevolezza e conoscenza, e organizzare la difesa del territorio.

I L C O V I D -1 9 F R E N A L A R I P R E S A G R E E N Nel 2020, le cinquanta maggiori economie del mondo hanno annunciato piani di investimenti da quasi 15 mila miliardi di dollari per una ripartenza verde post Covid, ma solamente il 2,5% è stato realmente speso finora per la lotta al surriscaldamento globale, alla riduzione di emissioni, alla protezione delle biodiversità. Ad affermarlo è il rapporto Are We Building Back Better? condotto su iniziativa dell’Università di Oxford. Nonostante i grandi annunci, pochissimi paesi al mondo hanno investito per una ripresa post pandemia che vada nella direzione di combattere la grande emergenza climatica. Si tratta soprattutto di paesi europei come Finlandia, Norvegia, Danimarca, Germania e Francia. Un concetto che non sembra essere stato accolto in pieno dalle economie mondiali.

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WAVE DAICHI 6

ESPLORARE SENZA LIMITI

ADV Masters

Ben bilanciata e versatile, è la scarpa ideale per correre lungo i sentieri outdoor. Caratterizzata dalla suola in gomma Michelin per un grip impareggiabile e un sistema di calzata ergonomica che garantisce una maggiore stabilità del piede durante la corsa. MIZUNO ITALIA

@MIZUNO.IT

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THE PILL WMN STORY BY E VA TO S C H I

P H OTO M AT T EO PAVA N A

Dentro lo specchio Ho sempre pensato che una riflessione sull’essere donna in montagna avrebbe dovuto essere esaustiva, universale, senza contraddizioni. Ma visto che nulla di quello che penso possiede que-ste caratteristiche, ho sempre evitato l’argomento per non commettere errori. Se non fai, non puoi sbagliare.

Ma cosa siamo noi, donne e uomini, se non individui imperfetti e contraddittori, con i nostri punti di vista soggettivi? Ma soprattutto: è meglio il silenzio, con la sua perfezione, la sua immobilità e impossibilità di errore, oppure la parola, che nonostante tutti i suoi limiti è movimento, è principio, è creazione? Da qualche parte si dovrà pur iniziare. Alcuni pensieri hanno bisogno di diventare parola. Così eccomi davanti allo specchio, a cercare di capire che donna sono, che alpinista sono. Sono alta 157 centimetri e peso 50 chili, forse qualcuno di più. Ho le braccia muscolose, ce le ho sempre avute, la vita stretta, i fianchi larghi, le cosce morbide. Non ho un corpo efficiente per gli sport di montagna. Qualche anno fa, quando mi allenavo duro e scalavo come un’ossessa, avrei fatto di tutto per diventare più forte. Avrei accettato di modificare il mio essere donna in favore di un corpo androgino, perfetto allo scopo. Credo che la questione di come devi essere per fare cosa non riguardi solo la meccanica, ovvero che un corpo con meno grasso, più fibra, sia migliore per arrampicare duro, ma è qualcosa di più profondo. Di più radicato. Fin dagli albori dei primi aggregati sociali, il corpo maschile, solido e muscoloso, aveva un ruolo sociale: doveva proteggere ed infondere sicurezza nei protetti. Il corpo delle donna invece era quello che accoglieva. Quello che generava. Allora mi chiedo: non è che questa tendenza a snaturarci come donne sia non tanto per “diventare forti come uomini” ma per la sicurezza che ci da quel determinato aspetto? Ci sentiamo più forti o lo siamo veramente? In tanti sport allenarsi sodo, essere perfettamente in forma, produrre testosterone è necessario se

si vuole ad esempio battere un record o vincere una medaglia olimpica. Molte donne sono costrette a rinunciare al loro essere donne per ottenere questi risultati. Non parlo solo di una questione estetica, che è puramente superficiale, ma l’esterno è comunque lo specchio di qualcosa che succede dentro e, spesso, in quei casi, dietro quel corpo perfetto come una macchina c’è uno squilibrio, che culmina, ad esempio, con l’amenorrea. Alcune donne sacrificano la loro capacità innata e primordiale del poter generare per ottenere dei risultati sportivi. Ma nell’arrampicata, e non parlo di quella delle competizioni, e soprattutto nell’alpinismo, ha davvero senso rincorrere gli standard, quasi sempre dettati dagli uomini, e modificare quel guscio che dice tanto di noi per ottenere dei risultati? Per scalare una via più dura? Perché, e lo dico soprattutto alla ragazza, alla donna, che vedo dentro allo specchio, invece di cambiare per sentirti più forte non inizi a curare qualcosa di più grande e anche più dif-

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ficile? Perché non abbracci e curi il tuo essere donna per tornare ad essere, anche in montagna, colei che genera, colei che inventa? Non sei fatta per essere forte e impeccabile. Hai un corpo diverso con numerose debolezze e molteplici qualità. Non sei fatta per seguire, sei fatta per creare. E la montagna è lo spazio perfetto in cui farlo.

Ma nell’arrampicata, e non parlo di quella delle competizioni, e soprattutto nell’alpinismo, ha davvero senso rincorrere gli standard, quasi sempre dettati dagli uomini, e modificare quel guscio che dice tanto di noi per ottenere dei risultati? Per scalare una via più dura?



THE PILL WMN CREWS B Y S I LV I A G A L L I A N I

Women crews

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1. Dynafit Girls

Dynafit, il brand austriaco leader del settore degli sport invernali, da sempre promuove uno stile di vita sano a contatto con la natura indipendentemente dal genere. Dynafit Girls è il profilo Instagram che raccoglie le foto di tutte quelle donne che si rispecchiano nei valori dell’azienda e che hanno scelto i prodotti del marchio, famosi per velocità, leggerezza, resistenza e tecnologia, per tutte le loro avventure outdoor. Professioniste, ambassador, semplici appassionate o ragazze che muovono i primi passi in montagna. Chiunque dedito allo sci alpinismo, allo speed touring, al free touring o al trail running, sia in estate che in inverno, può far parte delle Dynafit Girls. Un solo requisito: la passione per la montagna e gli sport alpini.

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2. Outdoor Women’s Alliance

Outdoor Women’s Alliance è stata fondata da Gina Bégin, un’esperta di scienze ambientali e fotografa freelance, nel 2007 a Salt Lake City, Utah. Oggi è un collettivo internazionale nonprofit ed interamente gestito da volontari che ha lo scopo di connettere, ispirare e fare formazione alle donne di tutto il mondo. OWA propone diverse attività outdoor che spaziano da sport di montagna (sci, alpinismo, arrampicata) a quelli d’acqua (kayak, paddling) fino ad arrivare a trail e road running, mountain bike e tanto altro ancora. L’obiettivo è quello di ispirare fiducia e leadership nelle donne di tutte le età, con la ferma convinzione che le donne sicure di sé abbiano il potere di costruire comunità sane e cambiare il mondo.

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3. Gazzelle on the Road

Gazzelle on the Road è una women running crew fondata nel 2015 da Paola, Nicole, Maria e Isabella, quattro amiche che condividono una forte passione per lo sport e i viaggi, il tutto unito ad uno stile di vita sano. “Together as one” è infatti il loro motto, che le rappresenta in tutto ciò che fanno, sempre unite, consapevoli e libere di esaltare la loro propria identità. La crew milanese diventa una ASD nel 2018 ma non smette di raccontare le avventure, i valori nei quali credono e i sogni che questo team tutto al femminile vorrebbe realizzare. Quattro sportive, che nella vita di tutti i giorni si occupano di altro, ma che si ritrovano unite nella passione per la corsa e uno stile di vita sano.

4. Munich Mountain Girls

Fondata da Christine Prechsl, originaria proprio della città di Monaco di Baviera, la community di Munich Mountain Girls riunisce più di 12.000 donne tedesche amanti della montagna. La missione è infatti quella di trovare #bergfreundinnen, ovvero amiche di montagna con cui partecipare a tour e corsi e praticare attività outdoor insieme. Alpini-

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smo, arrampicata, sci alpinismo, freeriding o mountain biking, sono solo alcune degli sport attraverso i quali le partecipanti si scambiano esperienze e suggerimenti. L’obiettivo finale è infatti quello di ispirare, fare nuove amicizie e realizzare sogni audaci. Per far parte della community abilità e prestazioni non giocano un ruolo fondamentale, l'elemento unificante è l'amore per la montagna e la vita all'aria aperta.


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outdoor e vita all’aria aperta. La community, attraverso eventi, hike ed uscite collettive, ha l’obiettivo di mettere in contatto, riunire e ispirare tutte le donne svizzere amanti dell’outdoor. Inoltre il gruppo, attraverso numerose attività e corsi, si occupa di promuovere la formazione in modo che tutte le partecipanti possano godere della montagna in tutta sicurezza e in maniera sostenibile.

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7. Ultra Black Running

Ultra Black Running è una community britannica nata da un’idea della run coach londinese Dora Atim e che ha l’obiettivo di aumentare la partecipazione di black women e persone black non-binary all’interno del mondo del running, del trail running e dell’ultra running. Nato a giugno 2020 in piena pandemia, Ultra Black Running vuole essere un spazio sicuro per persone che non si sentono rappresentate dalle comunità running più consolidate, un luogo dove tutti i partecipanti, accomunati dalla passione per la corsa, possano sentirsi accettati, ascoltati e possano venire inspirati dalle storie degli altri membri della crew mentre sfrecciano assieme fra i sentieri, le foreste e le bellezze naturali del Regno Unito.

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8. Flying Girls Milano

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Una crew italiana tutta al femminile composta da atlete diversissime tra loro, per storia, personalità ed interessi, ma accomunate dalla stessa passione per la corsa. Loro sono Najla, Sofia, Fatima, Lorena, Micol, Arianna, Francesca e Greta. Le “ragazze volanti” che, in partnership con Nike, solcano le strade del capoluogo lombardo al grido di #weflymilano. Per tutte loro far parte di una crew significa condivisione. Le gioie, gli obiettivi, le delusioni, i problemi, le opportunità, si affrontano insieme. Il gruppo infatti è un po’ come una famiglia unita dall’amore per la corsa, dove ognuno ha il suo ruolo ma tutti collaborano e, soprattutto, nessuno è escluso.

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9. I Tacchi sulle Tacche 5. Donne di Montagna

Donne di Montagna è una community che nasce per connettere, ispirare e raccontare la montagna al femminile. L’idea ha origine nel 2016 grazie a Marzia Bortolameotti con lo scopo di colmare la mancanza di presenza femminile ai vertici del mondo outdoor. Donne di Montagna è un blog, un magazine, dei canali social, ma soprattutto una comunità dedicata a tutte le amanti dell’outdoor. Nel corso degli anni la comunità cresce fino a diventare un luogo dove, attraverso esperienze, camp ed eventi per sole donne, tutte

coloro che condividono le stesse passioni possono conoscersi e mettersi in contatto, condividendo avventure, itinerari in montagna, viaggi e obiettivi di vita.

6. Swiss Mountain Girls

Nata nel luglio 2018 da un’idea di Julia Wunsch, la più grande comunità outdoor femminile svizzera, ha sede a Zurigo. Il team tutto al femminile è formato da ragazze appassionate di montagna e sport alpini. Queste ragazze pensavano mancasse una rete in grado di coinvolgere altre donne appassionate di sport

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Attiviste, avventuriere, amiche ma soprattuto appassionate. I Tacchi sulle Tacche è collettivo tutto italiano che mira a fare comunità e prendersi cura di tutti quei luoghi che ci permettono di praticare le nostre tanto amate attività outdoor. Supporto reciproco e tutela ambientale sono i punti cardine di questo gruppo di donne riunite per riscoprire quello che per loro rappresenta lo sport: unione, risate, felicità e cura. Perché il piacere di stare in natura va ben oltre la prestazione. La comunità promuove il supporto reciproco e l’inclusione vissuti attraverso esperienze condivise, attività, corsi e escursioni collettive nel mondo outdoor.


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Aku Nature is Calling

Aku, lo specialista italiano delle calzature da escursionismo, alpinismo e trekking, vanta oltre 40 anni di esperienza specifica nel settore e da sempre i suoi prodotti sono sinonimo di comfort di calzata, funzionalità ed affidabilità. Il brand per la prossima stagione estiva ha deciso di puntare su due super classici della propria linea femminile, Trekker Lite III GTX, la terza generazione di un modello esistente in collezione da molto tempo, e Ultra Light Original GTX, che invece viene riproposto nella versione “original” ovvero con gli stessi materiali, colori e quindi lo stesso gusto autentico con il quale è nato oltre 30 anni fa, caratteristiche che danno al modello un chiaro sapore vintage e senza tempo.

Trekker Lite III GTX

Ultra Light Original GTX

Trekker Lite III GTX è una calzatura protettiva ma al tempo stesso estremamente leggera, pensata per tutti gli escursionisti, dai neofiti fino agli esperti, ideale per escursioni giornaliere anche su terreni di media difficoltà. La tomaia con tecnologia esclusiva AKU AIR8000 e realizzata con materiale sintetico si dimostra ideale per le temperature intermedie estive ed assicura un elevato livello di traspirazione. La fodera in Gore-Tex dona impermeabilità e traspirazione. Aku Trekker Lite III GTX è confortevole fin dalla prima calzata e, grazie alla speciale costruzione del sottopiede con tecnologia ELICA Natural Stride System che copia la morfologia plantare, favorisce la naturale biomeccanica del passo.La Suola Vibram con tasselli ampi e distanziati assicura una tenuta ottimale su tutti i tipi di terreno pur mantenendo il giusto mix di tecnicità e comfort che rendono questo modello uno scarpone da trekking dal look classico ma con soluzioni aggiornate in fatto di materiali e dettagli tecnici. Una calzatura affidabile su ogni tipologia di terreno, anche nei passaggi più difficoltosi, ed adatta ad un pubblico molto vasto grazie alle sue caratteristiche che donano elevato comfort e massima sicurezza.

Questo storico modello da escursionismo vanta 30 anni di storia e di successi nel mercato italiano. Lo scarponcino, totalmente Made in Italy, è infatti la replica del modello originale nato nei primi anni ’80 e appositamente progettato seguendo l’anatomia plantare femminile. Assicura un elevato livello di comfort di calzata che lo rende perfetto per trekking giornalieri su terreni facili e di media difficoltà ma anche per l'attività lavorativa leggera e per il tempo libero in montagna.

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Il modello presenta una tomaia in scamosciato/Air 8000 1.6mm e una membrana in Gore-Tex Performance Comfort che dona un’ottima impermeabilità. La suola Vibram Erica Eve-rest, in combinazione con l’intersuola in EVA microporosa a tre densità e il plantare custom fit, assicura massima stabilità ed una tenuta ottimale su diversi tipi di terreno, caratteristiche che rendono la calzatura ideale per tutti gli escursionisti. Infine, tutti i materiali utilizzati sono di altissima qualità e completamente tracciabili rispetto all'origine.


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Scott The Arctic Twelve Erin Smart è una guida alpina IFMGA originaria di Seattle, Washington. Fin da quando è piccola, passa tutti i suoi weekend invernali fra i monti, nella piccola casa di montagna dei genitori a 2 ore da Seattle. Erin inizia così a sciare, esplorando in lungo e in largo il territorio delle Cascades nello Stato di Washington, l’Alaska e infine le Alpi quando si trasferisce a La Grave, in Francia. Nel 2010, a soli 23 anni, diventa ufficialmente una Guida Alpina. Jackie Paaso è una freeskier professionista nata negli Stati Uniti ma che ora vive ad Åre, in Svezia. Fin da bambina, il suo sogno è sempre stato quello di diventare una sciatrice e attualmente ha alle spalle ben 11 anni di carriera nel Freeride World Tour e molte altre vittorie degne di nota come il Verbier Xtreme 2016. Jackie conosce Erin nel 2014 a Chamonix e da allora le due sono rimaste in contatto con l’obiettivo di condividere, prima o poi, una grande avventura insieme. Il loro primo progetto avrebbe dovuto essere un’impegnativa spedizione in Alaska, ma la recente pandemia ha purtroppo messo fine ai loro piani. Tuttavia non si sono lasciate scoraggiare, si sono rimesse al lavoro e ora sono pronte a partire in direzione Svezia, per portare a termine il loro nuovo grande progetto, The Arctic Twelve. Il 3 aprile voleranno verso il Circolo Polare Artico, l’obiettivo è quello di scalare e poi scendere sciando tutte le dodici vette svedesi di 2000 metri. Fino al 2016 si riteneva che in Svezia esistessero solo 11 montagne che superassero quell'altezza. In seguito ad una rimisurazione è invece stato scoperto che in realtà sono 12, l'ultima aggiunta alla lista è il Sielmatjåkka, la cui cima raggiunge i 2004 metri. Il Sielmatjåkka non è l’unica vetta che si è trovata sotto i riflettori negli ultimi tempi, anche se purtroppo per una notizia negativa. Nel 2020, la vetta più alta della Svezia, il Kebnekaise Sydtopp, è stata ufficialmente superata dal Kebneskaise Nordtopp a causa del riscaldamento globale che ha causato lo scioglimento del suo ghiacciaio facendogli perdere purtroppo 24 metri solo negli ultimi 50 anni, ovvero, in media più di un metro all'anno nell'ultimo decennio.

Le due sciatrici hanno in programma di trascorrere il mese di aprile viaggiando verso nord da Kvikkjokk, Svezia, e toccare i successivi duemila uno dopo l’altro fino a conquistare tutte e 12 le montagne sulla lista. Se tutto va come pianificato, saranno il primo team nella storia a raggiungere la vetta di tutte le 12 cime durante la stagione invernale, nonché il primo a completare la spedizione in una volta sola. Per prima cosa si dirigeranno verso nord attraverso il Parco Nazionale Sarek, dove si trovano ben 6 delle vette svedesi di oltre 2000 metri. Il Parco Nazionale Sarek nel 1967 ha ricevuto il Diploma europeo delle aree protette, una certificazione assegnata a luoghi di interesse paesaggistico di rilevanza europea, che dimostrino di avere una protezione adeguata per la conservazione della biodiversità e che risultino dotate di evidenze culturali, estetiche e scienti-

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fiche. Questo la rende anche è più grande area naturale incontaminata del mondo ancora abitata dal popolo nativo, i Sami. Inoltre, è anche il parco nazionale più antico di tutta Europa. Dopo aver attraversato il Sarek, Erin e Jackie incontreranno il Parco Nazionale Stora Sjöfallets per poi dirigersi alle successive 6 vette che superano i 2000 metri. A nord di Stora Sjöfallet si trovano infatti le montagne più alte di tutta la Svezia, il massiccio del Kebnekaise e la recente aggiunta alla lista, il Sielmatjåkka. Il loro viaggio si snoderà per oltre 330 chilometri, attraversando alcuni dei terreni più magnifici, aspri ed incontaminati di tutta Europa. Accompagnate dai loro partner, Erin e Jackie saranno in grado di farci scoprire alcuni dei migliori e forse meno conosciuti pendii che le montagne scandinave hanno da offrire a tutti gli amanti degli sci.


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Yulia Baykova per sé e per gli altri Quando parla, Yulia ha un leggero accento dell’Europa dell’est, ma se ci si concentra su quello che dice, subito si viene trasportarti dal suo entusiasmo e dal suo modo di vedere il mondo. Trail runner professionista, ambassador Vibram e Masters, organizzatrice dell’Ultra Trail del Lago d’Orta, coach di nordic walking e di atletica, Yulia è soprattutto una donna forte e coraggiosa. Dopo la miocardite fulminante, che ha rischiato di toglierle la vita nel 2015, è nata per una seconda volta. E ora sogna di lasciare la città per vivere a tempo pieno con suo marito nella baita di montagna che frequentano parecchi mesi l’anno.

L’Ultra Trail del Lago d’Orta

Nel 2010 i trail in Italia erano quasi sconosciuti. Lei ha conosciuto questa disciplina grazie a dei suoi amici che andavano spesso all’estero per correre e alla fine l’hanno convinta a provare. É stato amore a prima vista. Quindi perché non organizzare una gara anche nei territori di casa? Così nel 2010 ha preso vita la prima edizione non ufficiale della UTLO. La gara è andata bene e negli anni a seguire è stata migliorata e allungata, fino a diventare una competizione di livello internazionale. L’anno scorso la UTLO è stata una tra le poche gare svoltesi, con un

percorso ridotto di 60km e moltissimo impegno da parte degli organizzatori.

La corsa di Yulia

É evidente che chi decide di organizzare una gara per portare più gente possibile a conoscere i sentieri di “casa” ha una grandissima voglia di trasmettere la propria passione per la corsa. Ma non solo: Yulia oltre che la passione, vuole condividere il rispetto per i sentieri, per la montagna e per gli altri. Adesso che sempre più persone si avvicinano al trail running con un approccio rivolto alla prestazione, è di fondamentale importanza avere atleti che trasmettano qualcosa che va oltre al correre più forte che si può. Quando chiedo a Yulia perché corre, lei mi risponde con la frase più semplice e vera che ci possa essere: perché mi piace. È qualcosa che ha nel DNA e che non ha potuto mollare dopo aver provato. Yulia dà valore a tutto quello che ruota attorno ad una competizione. Sì, ci va per correre e per spingere i suoi limiti, ma soprattutto per rivedere amici, per conoscere nuove persone.

La rinascita

Come molti sapranno, Yulia nel 2015 ha avuto un brutto incidente di salute (una miocardite, fulminante), che ha messo a rischio la sua vita, figuriamoci la sua possibilità di continuare a correre. Ma, gradualmente, ha ricominciato. Il primo periodo è stato tra i più duri, anche perché ha dovuto operarsi per una trombosi alla gamba, ma dopo la prima e vera corsa su sentiero ha capito che poteva

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ricominciare a fissare qualche obiettivo. La prima gara dopo l’incidente è stata il Val Marevola Trail, che per lei ha un significato molto importante, nel 2015, stava preparando proprio quella stessa gara. Il giorno in cui si è svegliata in ospedale, intubata, era il giorno della competizione e il suo primo pensiero è stato che la stavano aspettando, che bisogna avvisare che non poteva esserci. Il ritorno a quella gara è stato emozionante sia per lei che per gli organizzatori, che hanno vissuto completamente quanto le era successo. Dopo è venuta la Maremontana e subito dopo la convinzione di poter provare la CCC, alla quale è arrivata sesta. Da tutto questo Yulia ha imparato soprattutto che bisogna ascoltarsi, sempre. Imparare a cogliere i segnali del proprio corpo vale più di giornate spese a far ripetute.

Il 2021 di Yulia

Essere un’atleta agonista di questi tempi non è certo facile, soprattutto perché non è possibile fissarsi obiettivi. Ma, con un allenamento di mantenimento, Yulia sta provando a pianificare quanto possibile la prossima stagione. A inizio giugno parteciperà all’Antico Trail del Contrabbandiere, organizzato da Masters, alla quale spera di poter rivendicarsi di quando, qualche anno fa, ha subito una brutta caduta a 15km dall’arrivo. A fine agosto spera di poter correre la TDS, gara del Bianco che non ha mai fatto e che la incuriosisce, ma nel frattempo si vive alla giornata. Un chilometro di allenamento dopo l’altro.


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THE PILL WMN TEST BY M I C H E L A TA L LO N E

PHOTO DENIS PICCOLO

Mizuno Wave Daichi 6 Wmn Versatile, ben bilanciata, robusta: una vera rivoluzione estetica e tecnologica. Fedele ad a un concetto più "classico" di scarpa da corsa in montagna, rispetto alle case europee e americane, Mizuno continua a distinguersi con modelli da trail solidi e affidabili.

La sesta versione di Wave Daichi, completamente riprogettata con l'obiettivo di offrire un'esperienza di corsa imbattibile, si propone al mercato integrando la tecnologia Wave ad un nuovo disegno della suola ed un sistema di calzata ergonomica che garantisce una maggiore stabilità del piede, anche sui sentieri più difficili e sconnessi. Ammortizzazione, aderenza e trazione vanno di pari passo con questa nuova versione che assume il ruolo di scarpa da trail più versatile della casa. La tomaia in Airmesh a doppio strato presenta dei rinforzi ai lati per migliorare la resistenza e la protezione dagli impatti, pur mantenendo la traspirabilità e l’ampio comfort dei modelli precedenti. Il puntale rinforzato e le aree termosaldate offrono un supporto favoloso aumentando la sensazione di sicurezza nelle superfici più tecniche. Il sistema di calzata regolabile garantisce un’allacciatura personalizzata per un'adattabilità insuperabile. L’introduzione di un nuovo anello nella zona del tallone permette una calzata più facile e veloce. Tra le innovazioni più significative di questo modello sicuramente l’intersuola in EVA a doppia densità con tecnologia Mizuno Wave che distribuisce l’impatto su tutta la suola. Grazie al suo design, la piattaforma fornisce uguale stabilità nei movimenti laterali per prevenire la pronazione della caviglia, sostenendo la parte mediale del piede senza bloccare il movimento. Insieme alle già conosciute tecnologie AP+ e U4icX applicate alle mescole, aumenta l’assorbimento agli urti massimizzando il ritorno di energia. Un’ammortizzazione morbida e un plus di propulsione che darà spinta extra ad ogni falcata. L’area tal-

lonare rinforzata, che mantiene comunque i suoi 28mm da terra (il drop è di 8mm), aiuta a controllare la velocità sulle discese e a frenare più agevolmente. Riconfermata la suola in gomma Michelin presente fin dalle prime versioni ma con una importante novità nel design, rinnovato con tassellature più spaziate e profonde che evitano l’accumulo di detriti migliorando l'eliminazione del fango e aumentando le prestazioni per terreni morbidi. Delle vere 4x4 in grado di dare una buona risposta su tutte le superfici. Wave Daichi 6, disponibile anche in versione GTX, è una scarpa rivolta a quei runner con impronta neutra che sono alla ricerca di un modello altamente versatile che soddisfi ogni caratteristica in parti uguali (ammortizzazione, protezione, supporto, grip) e che possa gestire (quasi) ogni situazione di terreno e distanza. Un modello completo che si pone come punto intermedio per qualsiasi categoria: dal principiante che cerca una scarpa

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con cui iniziare al runner esperto che cerca la massima fiducia e sicurezza in gara o una scarpa da allenamento quotidiano per ritmi medi. Ottima la risposta del Wave che oltre a fornire ammortizzazione e stabilità, dona una guida più fluida sui terreni difficili.

Un modello completo che si pone come punto intermedio per qualsiasi categoria: dal principiante che cerca una scarpa con cui iniziare al runner esperto che cerca la massima fiducia e sicurezza in gara o una scarpa da allenamento quotidiano per ritmi medi.


THE PILL WMN TEST BY M I C H E L A TA L LO N E

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PHOTO DENIS PICCOLO


THE PILL WMN TEST BY M I C H E L A TA L LO N E

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THE PILL WMN TEST BY M I C H E L A TA L LO N E

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Get to know the #cobercrew girls ITW CAMILLA PIZZINI

Cosa unisce Silvia, Francesca, Marzia e Camilla? Sono alcune delle girls che fanno parte della #cobercrew, e oltre all’amore per la montagna e gli sport outdoor, le quattro ragazze condividono a pieno i valori e la mission di Cober, l’azienda italiana leader nel settore dei bastoni per gli sport outdoor. Dallo sci freestyle e sci alpinismo fino a trekking e hiking, ciò che accomuna tutte loro è la sensazione di libertà che provano quando praticano sport nella natura, e il rispetto per la montagna, che regala loro tante emozioni.

Silvia Bertagna Skier freestyle nata e cresciuta in Val Gardena, Silvia ha iniziato a sciare intorno ai 3 anni, come capita a tutti i bambini che crescono in montagna. Dopo anni di pattinaggio artistico a livello competitivo, grazie alcuni amici, inizia a praticare sci freestyle fino ad arrivare a prendere parte a gare nazionali ed europee ed infine entrare nella Nazionale Italiana. Una grande avventura che continua tutt’oggi. La gara che più ti è rimasta nel cuore? E quale è stata la miglior giornata della tua carriera? La mia preferita è sicuramente la Coppa del Mondo all’Alpe di Siusi, a casa mia. È la gara che riesco a godermi di più, forse perché posso stare con le persone che conosco. In realtà ci sono molte altre belle gare che mi sono rimaste nel cuore, ad esempio quella fatta nello stadio dei Red Socks a Boston. Invece la mia performance migliore credo sia stata la Coppa del Mondo in Canada. Era l’ultima gara di una stagione piena di problemi ed ero veramente senza energie ma inaspettatamente ho vinto portandomi a casa la coppa di cristallo! Cosa nei pensi dei cambiamenti climatici che stanno mettendo a re-

pentaglio i nostri inverni? Se guardiamo all’evoluzione degli ultimi inverni non si può far altro che essere spaventati ed il primo pensiero che colpisce potrebbe essere: “non c’è futuro per questo sport, non ci saranno più gli inverni”. Per ora siamo ancora fortunati, ma credo che purtroppo questa situazione non sia più nelle nostre mani, anche se dobbiamo impegnarci per fare del nostro meglio per cambiarla. Sei da molti anni nel team Cober, quali poles hai scelto? Il mio bastone preferito per il freestyle è il Freeski Giraffa che grazie alla sua leggerezza e alla manopola in schiuma stretta e fine permette di afferrare lo sci con facilità durante i trick. Per lo skialp ho il Lever che mi risulta molto comodo in salita! Per il trekking in estate invece uso il Freeski Backpack che potendosi accorciare è molto comodo da tenere attaccato allo zaino. Il freestyle sembra essere uno sport prevalentemente maschile, cosa ne pensi? Cosa si potrebbe fare per far avvicinare più ragazze a questo sport? È palese che ci siano più uomini nel mondo del freestyle, anche nelle

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competizioni mondiali le donne presenti rappresentano un numero molto minore. Ad esempio in Nazionale ero l’unica ragazza fino all’anno scorso, adesso finalmente siamo in due! Negli ultimi anni ho pensato molto a come far avvicinare sempre più ragazze a questo sport, l’anno scorso ad esempio avrei voluto organizzare un camp di freestyle per sole ragazze ma purtroppo il Covid-19 ha bloccato tutti i piani. Di certo ci tengo a dire a tutte le ragazze là fuori di provare, osare e cercare di divertirsi. Progetti futuri? La Silvia di domani è un’incognita. Ogni anno dico: “questa sarà la mia ultima stagione” ma alla fine continuo! Di certo non mi fermerò alla fine di quest’anno anche perché le Olimpiadi si avvicinano e non voglio mancare. Poi si vedrà, il futuro non è scritto!


Francesca Pavesi Sono stati i genitori, entrambi skier e snowboarder, a trasmettere a Francesca una grande passione per gli sport outdoor, senza peró forzarla in alcun modo verso una disciplina specifica. A circa 2 anni e mezzo prende in mano gli sci e da allora non li ha più lasciati. Che consigli daresti a chi si approccia al freeride per la prima volta? Una parola sola: sicurezza. Non basta sciare “fuori pista” per poter dire di far freeride. La montagna va rispettata e bisogna imparare a comprenderla per viverla in sicurezza. Il primo consiglio che do è quindi quello di non uscire mai da soli e il secondo quello di attrezzarsi con artva, pala e sonda. Ovviamente bisogna anche imparare ad utilizzarli e soprattutto rimanere sempre in allenamento quindi consiglio vivamente di fare dei corsi periodici. Cosa ne pensi dei cambiamenti climatici che stanno mettendo a

repentaglio i nostri inverni? Ovviamente i cambiamenti climatici sono reali e tangibili, soprattutto per chi frequenta i ghiacciai da anni come me. Cerco di vivere la mia vita nel modo più sostenibile possibile, partendo dalle piccole cose. Ogni piccolo gesto se fatto da tanti diventa grande. Sei parte del team Cober, che modelli usi? Il modello Reverso è in assoluto il mio preferito. I bastoni da sci hanno un ruolo chiave per chi pratica freeride e alpinismo. Il Reverso è un bastone leggero e pratico, allungabile ma che mantiene una misura minima fissa. Questo è molto comodo perché mi permette di adattarlo in salita e di ridurlo al minimo in pochi secondi senza preoccuparmi della misura. Inoltre ha forme e colori eleganti e le rondelle hanno un’ottima presa su ogni terreno. Spesso sembra che il mondo degli sport outdoor sia dominato dagli

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uomini. Cosa si potrebbe fare per far avvicinare più ragazze a questo sport? La passione e perseveranza sono prerogative nel freeride e nello sci alpinismo. Purtroppo non si impara a sciare dall’oggi al domani, ma servono tempo, dedizione e passione e questo purtroppo impedisce a molte persone, uomini o donne, di avvicinarsi a questi sport. Io scio solo con uomini da praticamente tutta la vita ed essere donna non è facile. Non è inoltre un segreto che il livello femminile anche nelle competizioni mondiali sia inferiore a quello maschile. Questo crea molti pregiudizi e secondo me molte donne si sentono scoraggiate ad iniziare. So che molti organizzano camp o lezioni di freeride per solo donne ma non credo sia la via giusta. Serve invece integrazione in modo da far sentire le donne a loro agio e al pari degli uomini per permetter loro di avvicinarsi a questi sport.


Camilla Sebastiani Ragazza solare ed entusiasta, Camilla che non riesce proprio a stare ferma! Quattroanni fa ha deciso che la montagna non poteva essere solamente lo sfondo dei suoi weekend bensì la cornice di ogni singolo giorno della sua vita. Da qui la decisone di trasferirsi a Sestriere dove attualmente lavora come maestra di sci.

Come hai iniziato a praticare questo sport? Ho iniziato a sciare all’età di 3 anni grazie a mio papà, anche lui maestro di sci. Passavamo tutti i weekend a Sestriere e ogni domenica sera piangevo perché volevo rimanere lì, tra le “mie” montagne. A 18 anni ho fatto il corso di maestra di sci e 4 anni fa mi sono trasferita. Amo tutto di questo luogo: le vette che lo circondano, l’aria pulita e i colori magici di alba e tramonto. Credi il crescente aumento delle persone che si recano in montagna possa essere pericoloso? Credo che l’incremento del turismo montano non sia un problema ma un’ottima opportunità se ben gestito. Un’occasione per formare una nuova cultura, istruire e condividere un’idea di montagna pura e genuina. Inoltre sono assolutamente favorevole a corsi di formazione affinché si possano educare al meglio le persone che intendono approcciarsi a questo ambiente.

Sei un’atleta del team Cober, quali valori condividi con il brand? Cober è un’azienda straordinaria che offre prodotti di alta qualità nel pieno rispetto sociale ed ambientale. Condivido totalmente la loro green vision e la loro mission. Il modello che uso maggiormente è l’Adventure Carbon Adjustable, un bastoncino dotato di un’ottima impugnatura lunga e morbida, leggerissimo e perfetto per i pendii più ripidi. Quando insegno o scio fuori pista invece utilizzo XL, un modello robusto e con una lunga manopola che permette differenti impugnature. Spesso sembra che il mondo degli sport outdoor sia dominato dagli uomini. Cosa si potrebbe fare per far avvicinare più ragazze a questo sport? È da un paio di anni che noto, con estremo piacere, che sempre più ragazze si avvicinano e appassionano al mondo outdoor. Uno tra i miei tanti sogni nel cassetto è proprio quello di sostenere, facilitare e favorire la conoscenza del nostro mondo “ad alta quota” a più persone possibili, con un piacere ancora più grande se si tratta di ragazze!

Che consigli daresti a chi si approccia allo ski alp per la prima volta? Il primo consiglio è sicuramente quello di affidarsi ad un professionista. In secondo luogo arrivare con un buon allenamento fisico. In montagna, le condizioni climatiche e meteorologiche mutano rapidamente, avere una buona preparazione fisica e mentale è la base per poter gestire ogni cambiamento. Infine, suggerisco un’abbondante dose di curiosità: chiedete, informatevi e pretendete di sapere il più possibile del luogo in cui andrete.

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“Non basta sciare fuori pista per poter dire di far freeride. La montagna va rispettata e bisogna imparare a comprenderla per viverla in sicurezza.” amicizie che si instaurano, la conquista di una cima tutte assieme sono momenti eccezionali. Come ti trovi con Cober? Che modelli usi? Durante la stagione invernale, a seconda dell’attività che vado a fare, uso due modelli diversi. Per il freeride ho scelto il modello Giraffa che amo alla follia. Per lo scialpinismo uso il Lever, un bastone leggero, comodo e pratico sia per lo sci alpinismo che per divertirsi in fresca! Che consigli daresti a chi si approccia al mondo hiking e trekking per la prima volta? Innanzitutto scegliere l’attrezzatura adeguata, ad esempio un buon scarponcino non troppo rigido e leggero e dei bastoncini che siano un valido sostegno su sentieri con molta pendenza. Nello zaino portare sempre il kit di pronto soccorso, acqua, sali minerali e barrette. Il consiglio poi è sempre quello di iniziare in modo graduale, prima con poco pendenza e pochi chilometri e poi aumentare dislivello e distanza.

Marzia Bortolameotti Marzia ha 38 anni e vive a Trento dove lavora come giornalista e content creator specializzata in digital marketing outdoor. Appassionata di montagna fin da piccola, è riuscita a far coincidere la propria passione con il suo lavoro, attualmente si occupa di comunicazione e marketing per la SAT, la Società Alpinisti Tridentini. Inoltre, nel 2018 ha fondato la community Donne di Montagna che ha come scopo promuovere l’alpinismo femminile. Come è iniziata l'esperienza con Donne di Montagna? La community nasce nel 2016, proprio quando la SAT

mi ha chiesto di organizzare il congresso “Montagna al Femminile”. In quell’occasione, sul palco si sono susseguite tante donne che lavoravano e vivevano in montagna. Storie che mi hanno talmente colpito e affascinato che ho voluto portare sul digitale, aprendo un blog e raccontandole attraverso i social. La miglior giornata di sempre in montagna? Ogni evento che ho organizzato! A fine camp l’emozione più grande è quando tante donne ti ringraziano e vogliono subito partecipare ad un nuovo appuntamento. L’energia che si sprigiona durante gli eventi, le nuove

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Credi che i camp che Donne di Montagna organizza siano un buon modo per avvicinare sempre più pubblico femminile alla montagna? Credo proprio che i camp siano una dimostrazione di come sia bello e piacevole iniziare nuove attività con chi è al tuo pari livello. È un buon modo per non sentirsi giudicati e per stare assieme divertendosi. Sicuramente ci sono altri modi, come organizzarsi tra ragazze e dividere il costo di una Guida Alpina. Con i nostri camp facciamo un passo in più organizzando tutta la giornata, compresi alloggio, pasti e altre esperienze.


Il sesso debole

B Y F R A N C E S C O PA C O G E N T I L U C C I

Rispondetemi in modo sincero. Avete mai visto una tappa del Giro Rosa (il Giro d’Italia delle donne)? Avete idea di chi abbia vinto i mondiali di calcio o di football americano femminile? Io l’unica cosa che so del football americano, di cui sono appassionato, è che è nato come “Lingerie Football League” da uno spot pubblicitario della Budweiser mandato in onda durante il Super Bowl e che ha dato il via a una Lega di squadre in cui le donne giocano in bikini (si chiama infatti “Bikini Football”). Credo che una volta sia anche stato trasmesso da Italia Uno, commentato in modo impeccabile (sì, sono sarcastico adesso) da Guido Bagatta. Bè, per la cronaca esiste anche una Lega di football americano in Italia in cui le donne non giocano in bikini, ma io non conoscevo il nome di nemmeno una squadra, l’ho scoperto due minuti fa cercandolo su Google. Rispondetemi in modo ancora una volta sincero, tanto non dovete dirlo a nessuno, rispondete nel silenzio della vostra mente, senza che nessuno possa sentirvi. Tutte le volte che qualcuno (sia esso uomo o donna) parla di “dare dignità allo sport femminile” non vi sentite un po’ a disagio a rispondere con un diplomatico“ si, sarebbe il caso”? Mentre dentro di voi sapete che nella vita mai succederà che la domenica sera qualcuno guarderà una partita di pallone di una squadra femminile al posto della Juve in TV? Non provate lo stesso disagio di quando qualcuno va fa una ramanzina sul “bisognerebbe mangiare più sano” o “fare stretching dopo l’allenamento”, sapendo che non succederà?

Spero che succeda solo a me, ma temo di non essere l’unico. Farò coming out per primo, dai: io non ho mai visto una tappa del Giro Rosa. E vi dirò di più: conto sulle dita di una mano le ragazze che trovo in falesia non solo in veste di “morose di qualcuno” ma che sono a scalare per i fatti propri. Temo anche che l’unico motivo per cui conosco l’esistenza del biathlon sia perché la Wierer ogni tanto posta delle foto in costume sul suo Instagram. Mi sento a disagio? Sì. Ma non così tanto da immaginarmi una soluzione immediata di questa faccenda, anche perché al momento l’approccio al problema mi sembra essere alla stregua della solita 5 chilometri in piazza contro la schiavitù, contro la violenza, contro la povertà, contro la guerra o contro qualsiasi problema che affligge questo mondo e non si risolverà con una corsa di cinque chilometri e un sacco di magliette, palloncini colorati o braccialetti in silicone prodotti in Cina per pochi centesimi. Potrei dire che mi sono sentito a disagio

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nello scrivere un pezzo su questo tema perché sono un uomo, ma sarebbe solo una giustificazione fasulla. La verità è che credo che sia la stessa società ad alimentare un problema per non risolverlo, perché alla fine fa un po’ comodo a tutti che sia così. Un po’ come quando lo stato fa le pubblicità progresso contro le droghe e poi ti vende sigarette, alcool e cannabis senza THC. Credo sul serio che il mondo dell’outdoor sia in buona parte maschilista. Lo è nella stessa misura in cui lo era la scena punk hardcore negli anni ’70. Credo fermamente che le donne non godano delle stesse opportunità degli uomini, a livello sociale e quindi di riflesso anche nello sport. Tuttavia la soluzione a questo problema, nonché al disagio personale che tutti noi proviamo a riguardo dubito che avverrà come un processo culturale veloce e indolore, alla stregua delle parità di condizioni dei neri rispetto ai bianchi per cui stanno mettendo a fuoco e fiamme le centrali di polizia di mezza America.


Basta andare fuori e misurarsi, trovare il modo giusto. Meno chiacchiere e più chilometri. Meno stupidate e più fatti. Diamo voce a chi merita di parlare, a prescindere dal sesso.

Troppe volte leggo pezzi mediocri scritti da ragazze che non sono altro che influencer da so\cial. Sono persone che non hanno una reale opinione e sono solo “le ragazze di qualcuno” o ancora peggio si sentono fotografe e non hanno nemmeno un portfolio da mostrare di foto in cui non sono presenti loro stesse come protagoniste. Ancora più volte il mio slancio nei confronti della “questione femminile” viene abbattuto quando a parlare del problema sono persone che trattano di alcune questioni e non hanno niente altro da mostrare che il proprio corpo seminudo da vendere per un po’ di vana gloria virtuale. Proverò a essere il più veloce e freddo possibile nell’analisi: il punk hardcore era violento, era troppo violento per poter essere qualcosa che richiamava l’interesse di pochissime ragazze ai concerti. Avrebbero potuto passare anni e anni a lamentarsi della violenza della scena e non sarebbe cambiato nulla finché qualcuna di esse non avesse preso in mano

un microfono per cantare, urlare o dire cosa pensava, dal suo punto di vista. Attualmente ci sono tantissime band in cui a cantare o suonare sono donne e questo ha arricchito tutto il movimento in generale. Pensiamo alle Riot Grrls, ma anche a tutte quelle donne che sono riuscite a lasciare un segno indelebile nel mondo, parlando a tutti, e non solo alla loro cerchia ristretta. È successo nel mondo punk e non poteva succedere in un altro genere musicale. E nello sport? Stessa cosa. Stiamo continuando a inseguire l’idea di visibilità per qualcosa che interessa solo limitatamente alcune persone, ma che difficilmente interesserà o arricchirà tutti. Il mondo dell’outdoor è un mondo potenzialmente diverso da qualsiasi altro settore sportivo. Parlo in particolare dell’ultra running, sport al quale sono più dentro di tutti. In questo sport le differenze di qualsiasi genere si annullano, perché le performance fisiche vengono ridotte a brandelli dalla forza mentale, di soffrire, e dalle motiva-

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zioni degli atleti, a prescindere dal sesso. Ognuno può dire la sua in questo mondo, basta saper soffrire. Nell’ultra running le donne corrono assieme agli uomini e molto spesso hanno la meglio. Esistono le classifiche per genere certo, ma non ci sono leghe e squadre separate, le partenze si fanno tutti assieme e soprattutto si lotta gli uni con gli altri sotto lo stesso riflettore. Giusto ieri Ruth Croft ha vinto la classifica generale della Tarawera Ultramarathon 100K. La prima classificata assoluta della storia di Wasatch Front 100 Mile Endurance Run è stata una donna: Laurie Staton. E basta andare un po’ indietro nella storia di questo sport per trovare molte ragazze nelle prime posizioni delle gare più importanti del pianeta: dal secondo posto di Diana Finkel ad Hardrock 100 nel 2010 che chiuse seconda a Mr. Jared Campbell dopo aver condotto per 90 miglia, alla gara pazzesca di Pam Reed che la vide arrivare prima di ogni altro atleta nella lingua d’asfalto ai 50 gradi della Death Valley in estate durante la Badwater Ultramarathon del 2002. Non serve scomodare le leggendarie Jenn Shelton o Ann Trason per capire questo concetto già di per sé chiarissimo. L’ultra running e gli sport outdoor in generale danno la possibilità alle donne di poter avere la notorietà e il rispetto che si meritano, senza alcun tipo di sensibilizzazione forzata o innaturale. Basta andare fuori e misurarsi, trovare il modo giusto. Meno chiacchiere e più chilometri. Meno stupidate e più fatti. Diamo voce a chi merita di parlare, a prescindere dal sesso.


Wind of change BY M A R TA M A N ZO N I

I numeri ISTAT sono devastanti. Nonostante il blocco dei licenziamenti, su 101mila lavoratori che hanno perso il lavoro a dicembre 2020 quasi la totalità sono donne (99mila) e “solo” 2mila uomini. Durante il lockdown, per le donne è aumentato il carico di lavoro, a causa della chiusura delle scuole e degli asili nido, con conseguenze drammatiche per le lavoratrici. In Italia l’occupazione femminile è la peggiore d’Europa e lo stipendio medio è uno dei più bassi. A che punto siamo? Al punto in cui il lavoro femminile è pagato anche dieci volte meno dello stesso lavoro fatto nello stesso luogo, con le stesse responsabilità di un uomo. Dall’altra parte l’Economist sottolinea come essere una ragazza in un paese occidentale non sia mai stato così stimolante: oggi le giovani

vogliono cambiare il mondo e sono decise ad andarsi a prendere ciò che è loro. Le donne ora si riconoscono, si ammirano, e si tengono, da lontano, per mano, percorrendo lo stesso cammino. Affermazioni confermate dalle imprenditrici con le quali ci siamo confrontati per questo approfondimento dedicato alle donne che lavorano nell’outdoor. Bene: adesso servono azioni e investimenti.

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molti altri settori sembra tenere botta? Quali sono le professioni che ricercate maggiormente sulle quali le donne potrebbero investire?

Giulia Delladio

In generale riceviamo poche candidature femminili, e per alcune professioni, come sales manager e marketing, è difficile che una donna con un alto profilo decida di trasferirsi a vivere in Valle. Vorrei vedere più donne nella divisione ricerca e sviluppo, soprattutto nelle calzature e nello sci alpinismo. Poi mentre nella rete vendita USA ci sono tanti agenti di commercio donne, in Italia sono poche. Un peccato perché, dati alla mano, la donna riesce a trasmettere meglio il dettaglio del prodotto, con più empatia e capacità di creare relazioni. In questi mesi è cresciuta la voglia di outdoor, e nell’ultima campagna vendite il numero di donne ha quasi pareggiato quello degli uomini. Abbiamo chiuso l’anno in positivo e stiamo continuando a crescere.

“Ci dev’essere eterogeneità ai tavoli: se ci sono solo uomini le riunioni si arenano sulle stesse dinamiche.”

Suo bisnonno, Narciso Delladio, calzolaio, nel 1928 fonda l’azienda di famiglia nel cuore della Val di Fiemme. La sua prima fiera internazionale è a nove anni, a Monaco, insieme al padre: da allora non ha mai smesso di cercare il confronto e la relazione. Dopo l’università lavora in Canada per un’azienda di abbigliamento per l’arrampicata, poi vola negli Stati Uniti, dove si occupa dell’ufficio marketing di La Sportiva in Colorado. In seguito entra ufficialmente in azienda, seguendo il marketing di prodotto e la comunicazione.

L’outdoor sembra un mondo piuttosto maschilista. È così? Qual è il valore aggiunto di una prospettiva femminile? È fondamentale che ci sia eterogeneità ai tavoli: se ci sono solo uomini le riunioni continuano ad arenarsi sulle stesse dinamiche. Le donne argomentano da un punto di vista diverso che altrimenti mancherebbe.

Molte donne vedono l’outdoor solo come una passione. Lei è la prova che in questo mondo si può anche lavorare come professioniste. Tre consigli che darebbe alle donne che vogliono a intraprendere una carriera outdoor? Bisogna cercare di non sentirsi in svantaggio solo perché può sembrare un mondo maschile: non è così. La vocazione è fondamentale: è importante costruire un curriculum con competenze specifiche, ma la passione per il prodotto che si vende è imprescindibile.

Polimeni, prima rettrice dell'Università la Sapienza di Roma, ha detto: "Ragazze siate autorevoli, così si combatte il maschilismo. Coltivate l'autostima e la consapevolezza delle vostre capacità". È questa la chiave per essere vincenti? La chiave è coniugare competenza e passione. Non si deve vedere l’outdoor solo come business e lavoro ma viverlo in prima persona. È questa la strategia vincente.

Madeleine Albright ha detto: “c’è un posto speciale all’inferno per le donne che non aiutano altre donne”. Lei come la vede? Amo circondarmi di donne e vorrei che ce ne fossero di più nel mio team, mi aiuta molto la loro opinione. Quando nella selezione non mi presentano profili femminili lo noto, e lo vivo con disappunto.

Qual è l’impegno dell’azienda per favorire la parità di genere? C’è un asilo nido? Qual è la percentuale di donne in azienda? Quante di loro sono ai vertici? In azienda siamo 389 persone delle quali 220 donne e 169 uomini. Nelle seconde linee ci sono diverse donne in ruoli di responsabilità, mentre ai vertici dirigenziali siamo otto persone, di cui due donne, io e una collega.

Con la pandemia i numeri della disoccupazione femminile in Italia hanno raggiunto livelli drammatici. Il mondo outdoor può rappresentare un’opportunità importante per le donne, visto che a differenza di

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Il mondo outdoor può rappresentare un’opportunità importante per le donne, visto che a differenza di molti altri settori sembra tenere botta? Quali sono le professioni che ricercate maggiormente sulle quali le donne potrebbero investire? Digital IT e digital marketing, customer service e customer care, dove il tema delle lingue è fondamentale. Anche product management e design. Poi mi piacerebbe incontrare più donne nel sales.

Ruth Oberrauch “Noto la grinta e la sicurezza di alcune giovani colleghe e mi rende orgogliosa la loro determinazione: il contesto sta cambiando radicalmente.”

L’outdoor sembra un mondo piuttosto maschilista. È così? Qual è il valore aggiunto di una prospettiva femminile? È stato un contesto molto maschile, basta pensare al termine “conquistare” le montagne, ma sta cambiando radicalmente. Ci sono più donne che vanno in montagna, organizzandosi da sole. Si vede anche nei numeri: i prodotti venduti femminili si avvicinano sempre di più a quelli maschili.

La prima esperienza professionale è in un negozio di abbigliamento, per toccare con mano il settore. In seguito lavora a Londra per un’azienda sportiva, dove ha l’opportunità di conoscere diverse divisioni. A venticinque anni entra nell’azienda di famiglia, seguendo il marketing di Salewa e Dynafit, e, più avanti, costruendo la strategia di sostenibilità di Oberalp e lavorando nelle HR. Da un anno si occupa della creazione di LaMunt, un nuovo brand dedicato alle donne.

Polimeni, prima rettrice dell'Università la Sapienza di Roma, ha detto: "Ragazze siate autorevoli, così si combatte il maschilismo. Coltivate l'autostima e la consapevolezza delle vostre capacità". È questa la chiave per essere vincenti? Bisogna divertirsi nel proprio lavoro. La strategia vincente è unire professionalità e passione. Non basta la formazione, bisogna capire il linguaggio della montagna, vivere le sue emozioni. Ma non basta neanche la passione per la montagna se non c'è voglia di impegnarsi.

Molte donne vedono l’outdoor solo come una passione. Lei è la prova che in questo mondo si può anche lavorare come professioniste. Tre suoi consigli alle donne che vogliono a intraprendere una carriera outdoor? Esprimere sempre la propria passione, quando si scrive un curriculum e durante i colloqui. Investire sulle lingue. Le esperienze extra lavorative, come volontariato o gestione di un evento, sono esperienze importanti soprattutto per i giovani che entrano nel mercato del lavoro.

Qual è l’impegno dell’azienda per favorire la parità di genere? C’è un asilo nido? Quante donne sono ai vertici? Siamo circa il 44% donne e il resto uomini. Nel middle management ci sono donne che hanno fatto una bella carriera all’interno dell’azienda. Nel senior management, su circa 20 persone siamo quattro donne. C’è un asilo nido in Oberalp, che agevola la vita famigliare. Diamo la possibilità di allungare maternità e paternità fino a un anno, integrando, come azienda, il compenso, portandolo al cinquanta per cento. Un mondo equo è quello in cui le case sono gestite metà da uomini e metà da donne. LaMunt, il nuovo brand del Gruppo dedicato alle donne, sta dimostrando che le donne sono sempre più decise e consapevoli delle proprie capacità.

Madeleine Albright ha detto: “c’è un posto speciale all’inferno per le donne che non aiutano altre donne”. Lei come la vede? È un’affermazione che vale anche per chi ha più esperienza e non la trasmette ai giovani. Il contesto sta cambiando, noto la grinta e la sicurezza di alcune colleghe appena entrate in azienda e mi rende orgogliosa la loro determinazione, c’è un approccio diverso rispetto a dieci anni fa. Con la pandemia i numeri della disoccupazione femminile in Italia hanno raggiunto livelli drammatici.

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renza di altri settori sembra tenere botta? Se l’Italia vuole aumentare il PIL deve incrementare l’occupazione femminile: c’è ancora un gap culturale nei confronti della parità di genere, per questo è stata necessaria una legge ad hoc (legge Golfo-Mosca del 2011). Le infrastrutture a supporto della famiglia, come gli asili nido, sono estremamente carenti.

Anna Ferrino

“Le donne devono aspirare alle stesse posizioni degli uomini, senza limitarsi e puntando in alto.”

L’outdoor sembra un mondo piuttosto maschilista. È così? Qual è il valore aggiunto di una prospettiva femminile? Un bilanciamento di genere e anagrafico è molto importante per il successo di un’azienda: consente la trasmissione del sapere e offre un punto di vista diverso. Le donne devono aspirare alle stesse posizioni degli uomini, puntando in alto, senza preconcetti. Devono avere un curriculum robusto e una buona conoscenza del settore. Costruire una carriera sin da giovani è fondamentale. È importante investire su nuove professioni come quelle legate alla comunicazione digitale e l’e-commerce.

Vita sportiva, vacanze in campeggio. Il mondo outdoor scritto nel DNA, da 150 anni. Una storia d’imprenditrice che corre in parallelo a quella della sua vita. Inizia a lavorare per una tessitura francese, dove si occupa di abbigliamento, seguendo la parte commerciale e il marketing. Dopo un lungo periodo di “gavetta” si avvicina alla sua azienda, dove per dieci anni sviluppa la distribuzione in Italia di Columbia Sportswear. Molte donne vedono l’outdoor solo come una passione. Lei è la prova che in questo mondo si può anche lavorare come professioniste. Tre consigli alle donne che vogliono a intraprendere una carriera outdoor? La vita lavorativa richiede sacrifici, soprattutto se si vuole arrivare ai vertici: la passione agevola in ogni ambito e aiuta a capire le intenzioni dei consumatori. È importante toccare con mano diverse realtà. Bisogna porsi degli obbiettivi e perseguirli con fermezza. Una carriera è come una grande partita a scacchi: fai una mossa ma devi già sapere quella successiva. I mentori possono favorire un percorso di crescita e diventare una bussola. Meglio scegliere un’azienda con la quale ci si sente in sintonia, e capire, all’interno del team, chi possono essere le persone di riferimento per il cammino professionale.

Polimeni, prima rettrice dell'Università la Sapienza di Roma, ha detto: "Ragazze siate autorevoli, così si combatte il maschilismo. Coltivate l'autostima e la consapevolezza delle vostre capacità". È questa la chiave per essere vincenti? Essere ben preparate, andare sempre ai colloqui, non limitarsi. È questa la strategia vincente. Bisogna essere professionali e al tempo stesso “avere le mani in pasta” frequentando questo mondo. Le donne hanno metodo e organizzazione mentale, sono abituate a gestire tante cose insieme, e questa caratteristica è fondamentale per fare carriera. Qual è l’impegno dell’azienda per la parità di genere? Quante donne sono ai vertici? In Ferrino siamo più donne (60%) che uomini (40%). Ho ereditato una policy di genere favorevole alle donne, fa parte del nostro DNA: abbiamo una politica retributiva omogenea, per esempio e assecondiamo il più possibile la conciliazione. La maggior parte del management è legato alla famiglia, ma abbiamo molte responsabili di ufficio donne.

Con la pandemia i numeri della disoccupazione femminile in Italia hanno raggiunto livelli drammatici. Il mondo outdoor può rappresentare un’opportunità importante per le donne, visto che a diffe-

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Cristina Parisotto

“Senza una vocazione non si può costruire una storia di successo.” matici. Il mondo outdoor può rappresentare un’opportunità importante per le donne, visto che a differenza di molti altri settori sembra tenere botta? Quali sono le professioni che ricercate maggiormente sulle quali le donne potrebbero investire? La disoccupazione è il risultato di una crisi globale, di una scarsa attenzione alle problematiche di genere. Il nostro, come ha osservato recentemente il Censis, è un paese che ha le ruote quadrate e che quindi, nonostante i mille sforzi, fatica a progredire.

C’è chi la chiama visionaria e chi eclettica. Le celebri Mojito di Scarpa sono una sua idea. La storia di Cristina Parisotto nasce dalle tante esperienze vissute: dalla vendita fino alla ricerca e sviluppo. Una vita non sempre semplice, proprio perché l'outdoor veniva percepito come un mondo maschile. Tuttavia, negli ultimi anni, afferma l’imprenditrice, il contesto è cambiato, e le donne, grazie alla loro capacità di tessere relazioni, di profondo impegno, e di passione, sono oggi protagoniste nel mondo dell'outdoor. Molte donne vedono l’outdoor solo come una passione. Lei è la prova che in questo mondo si può anche lavorare come professioniste. Tre consigli alle donne che vogliono a intraprendere una carriera outdoor? La passione è la chiave di volta in ogni professione. Senza una vocazione non si può costruire una storia di successo. C'è bisogno di dedizione, di studio. È fondamentale osservare, saper costruire relazioni e interpretare i bisogni degli appassionati: si deve dare un senso alla capacità di produrre innovazione nei processi e nei prodotti.

L’outdoor sembra un mondo piuttosto maschilista. È così? Qual è il valore aggiunto di una prospettiva femminile? Il valore aggiunto della donna? Il suo essere donna! Essere in grado di trovare soluzioni che nascono dal mettere insieme mondi che convivono, a volte con qualche conflitto: la passione e la ragione, o, se si preferisce, la passione, la ragione e il sentimento. Polimeni, prima rettrice dell'Università la Sapienza di Roma, ha detto: "Ragazze siate autorevoli, così si combatte il maschilismo. Coltivate l'autostima e la consapevolezza delle vostre capacità". È questa la chiave per essere vincenti? L’autorevolezza si conquista, si osserva dall'esempio continuo mentre si svolge la propria professione. Non nasce a caso, è espressione di un lavoro costante, continuo, spesso faticoso, e non privo di difficoltà.

Madeleine Albright ha detto: “c’è un posto speciale all’inferno per le donne che non aiutano altre donne”. Lei come la vede? Le donne tessono relazioni, non sono divisive. Ha ragione Albright. Penelope tesseva una tela per salvare la sua famiglia senza cercare un conflitto. Con la pandemia i numeri della disoccupazione femminile in Italia hanno raggiunto livelli dram-

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Con la pandemia i numeri della disoccupazione femminile in Italia hanno raggiunto livelli drammatici. Il mondo outdoor può rappresentare un’opportunità importante per le donne, visto che a differenza di molti altri settori sembra tenere botta? Ben venga lavorare per obbiettivi grazie allo smartworking ma purtroppo in Italia le aziende non possono fare affidamento su una legislazione favorevole. Al momento l’outdoor ha una marcia in più rispetto ad altri settori ma non credo ci potranno essere molte opportunità per il 2021: abbiamo perso una stagione.

Laura Zaltron

“Stabiliti gli obbiettivi bisogna crederci fino in fondo e perseguirli con tutte le forze.” Mentre suo padre nel 1977 fonda l'azienda veneta Masters, Laura Zaltron cresce a pane, imprenditorialità e outdoor. Presto capisce che “stare dall’altra parte” come dipendente è fondamentale per sviluppare un approccio di ampio respiro. Appena laureata segue come tirocinante un grande evento sportivo, poi diventa impiegata commerciale e infine approda a un’agenzia di comunicazione. Esperienze che si dimostrano fondamentali quando, a ventinove anni, entra nella sua azienda.

Quali sono le professioni che ricercate maggiormente sulle quali le donne potrebbero investire? Digital, in particolare i social, con qualche competenza di grafica. Persone creative e open-minded. Polimeni, prima rettrice dell'Università la Sapienza di Roma, ha detto: "Ragazze siate autorevoli, così si combatte il maschilismo. Coltivate l'autostima e la consapevolezza delle vostre capacità". È questa la chiave per essere vincenti? Patti chiari e amicizia lunga. L’autorevolezza fa parte della persona e della posizione, così come il rispetto per sé stessi e per l’altro. Nell’outdoor questa linea è più sottile ma si può comunque essere professionali, magari in maniera più leggera. Quando mi accorgo che il limite viene superato blocco subito il mio interlocutore, con diplomazia e stile. Non bisogna farsi mettere i piedi in testa.

Molte donne vedono l’outdoor solo come una passione. Lei è la prova che in questo mondo si può anche lavorare come professioniste. Tre consigli alle donne che vogliono a intraprendere una carriera outdoor? È fondamentale gestire in maniera efficace il tempo. È importante essere curiose, di ogni tematica: in questo modo si sviluppa senso pratico ed elasticità mentale. È necessario “toccare con mano” il mondo outdoor, anche come appassionate. Poi ci vuole perseveranza e determinazione: una volta stabiliti gli obbiettivi bisogna crederci fino in fondo e perseguirli con tutte le forze.

Qual è l’impegno dell’azienda per favorire la parità di genere? C’è un asilo nido? Qual è la percentuale di donne e uomini? Quante donne sono ai vertici? Siamo 40% donne e 60% uomini. Quasi tutte le donne hanno un contratto part-time. Le posizioni manageriali sono occupate da me, una mia collaboratrice e quattro uomini. Pianificazione della produzione e ricerca e sviluppo possono rappresentare altri due settori sui quali investire, con una formazione di ingegneria gestionale.

Madeleine Albright ha detto: “c’è un posto speciale all’inferno per le donne che non aiutano altre donne”. Lei come la vede? Io sono una femminista, che significa supportare le altre donne e volere l’uguaglianza di genere. Sono per l’autonomia della donna, quindi se posso cerco sempre di aiutarle. Andrò in paradiso?

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Valeria Colturi

“Una donna, per essere credibile, a parità di posizione professionale con un collega uomo deve avere molta più competenza di lui.”

visto che il settore, a differenza di molti altri, sembra tenere botta? Per me non è un problema prettamente legato alla pandemia ma più generale, legato al sistema di garanzia di lavoro per le donne.

Ex atleta di sci di fondo, alle scuole superiori inizia a creare vestiti per lei e le amiche. Poi un certo signor Longoni le commissiona un centinaio di pantaloncini per ciclismo e lei recupera fondelli e cuce di notte per finire in tempo il lavoro. A vent’anni apre la sua boutique per sportivi a Bormio: l’obbiettivo è rivoluzionare il modo di vestire in montagna. Armata dei suoi campioni inizia a girare e proporre. Così nasce Crazy Idea, azienda di Tirano, in provincia di Sondrio.

L’outdoor sembra un mondo piuttosto maschilista. È così? Qual è il valore aggiunto di una prospettiva femminile? In Crazy, la mia azienda, le donne sono oltre il 70%. In generale il mondo dello sport si sta sempre più avvicinando al fashion, ma con i meccanismi tipici delle aziende industriali strutturate. Quindi le donne possono puntare sulla loro curiosità, perspicacia e in generale all’attenzione che dimostrano per tutto quello che riguarda il bello.

Molte donne vedono l’outdoor solo come una passione. Lei è la prova vivente che in questo mondo si può anche lavorare come professioniste. Tre suoi consigli alle donne che vogliono a intraprendere la loro carriera nell’outdoor? È importante partire dalla passione e fare in modo che non si assopisca mai.

Polimeni, prima rettrice dell'Università la Sapienza di Roma, ha detto: "Ragazze siate autorevoli, così si combatte il maschilismo. Coltivate l'autostima e la consapevolezza delle vostre capacità". È questa la chiave per essere vincenti? Sono completamente d’accordo. In questo mondo per le donne è molto più difficile perché vengono sempre screditate. Per essere credibili, a parità di posizione professionale con un collega uomo, devono avere molta più competenza di lui. Ma alla fine le donne ne escono sempre a testa alta.

Madeleine Albright ha detto: “c’è un posto speciale all’inferno per le donne che non aiutano altre donne”. Lei come la vede? Credo fortemente nelle donne e nelle loro capacità. La mia azienda è formata per lo più da donne e mi piace così. Sono persone che si sono distinte per l’atteggiamento, la passione e la determinazione.

Qual è l’impegno in azienda in termini di parità di genere? Qual è la percentuale di donne in azienda e quante sono ai vertici? Circa il 75% della mia azienda è femminile. Ho fondato io l’azienda e per i primi anni è stata un’azienda prettamente femminile. Di loro, il 50% occupano posizioni importanti e di responsabilità.

In questi mesi di pandemia i numeri della disoccupazione femminile in Italia hanno raggiunto livelli drammatici. Il mondo outdoor può rappresentare un’opportunità di lavoro importante per le donne,

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Il mondo outdoor può rappresentare un’opportunità importante per le donne, visto che a differenza di altri settori sembra tenere botta? Quali sono le professioni che ricercate maggiormente sulle quali le donne potrebbero investire? Credo che il mondo outdoor possa rappresentare una grandissima opportunità. Consiglio anche a tutte quelle donne che vedono il mondo outdoor come qualcosa di distante, di fare un tentativo perchè rimarrebbero meravigliate dalle realtà che ci sono. Marketing, comunicazione, sales, grafica, design del prodotto, produzione: non ci sono limitazioni per le donne in questo settore.

Alice Covini

“Esprimete sempre la vostra opinione, anche se diversa da quella dell’establishment.”

L’outdoor sembra un mondo piuttosto maschilista. È così? Qual è il valore aggiunto di una prospettiva femminile? È stato così per tanti anni e in parte lo è ancora. Ormai però è più una percezione che la realtà. Ci sono tante donne imprenditrici e manager di successo in questo settore, Assosport ha nominato come presidente Anna Ferrino, che stimo molto. Per un’azienda è importante che ci siano entrambi i punti di vista, femminile e maschile, per raggiungere un obiettivo comune.

Inizia la carriera nel mercato dell’arte contemporanea, a Londra. Durante gli studi svolge esperienze in diversi paesi del mondo, che la portano ad acquisire skills trasversali. Poi entra in Cober, l’azienda di famiglia, come sales manager, creando sinergie e sviluppando collaborazioni tra mondi diversi, grazie al suo background.

Polimeni, prima rettrice dell'Università la Sapienza di Roma, ha detto: "Ragazze siate autorevoli, così si combatte il maschilismo. Coltivate l'autostima e la consapevolezza delle vostre capacità". È questa la chiave per essere vincenti? Il nostro mondo è più informale rispetto ad altri settori, ma la passione non esclude la professionalità, anzi: essere autorevoli non è sinonimo di giacca e cravatta. Coltivare la propria autostima ed essere consapevoli delle proprie capacità è fondamentale, così come impegno, dedizione e spirito di sacrificio.

Molte donne vedono l’outdoor solo come una passione. Lei è la prova che in questo mondo si può anche lavorare come professioniste. Tre consigli alle donne che vogliono a intraprendere una carriera outdoor? Essere curiose e informate: leggere giornali, blog, social che hanno a che fare con il settore ma non solo. Essere determinate e non farsi demoralizzare da qualche no, sono quelli che aiutano di più. Esprimere la propria opinione: anche se diversa da quella dell’establishment, non lasciarsi convincere facilmente ma essere disposte ad ascoltare gli altri e a cambiare idea.

Qual è l’impegno dell’azienda per favorire la parità di genere? C’è un asilo nido? Qual è la percentuale di donne/uomini? Quante donne sono ai vertici? Da sempre cerchiamo di avere un equilibrio tra il numero di donne e uomini impiegati in qualsiasi dipartimento dell'azienda; attualmente il rapporto è circa metà donne e metà uomini. Per quanto riguarda le cariche, attualmente i dipartimenti commerciale, marketing e amministrazione hanno tre donne manager, e collaboriamo anche con tante donne. Anche all'interno della nostra #cobercrew la percentuale di donne è cresciuta ed è destinata ad aumentare ancora in futuro.

Madeleine Albright ha detto: “c’è un posto speciale all’inferno per le donne che non aiutano altre donne”. Lei come la vede? Sono d’accordo con l’ex Segretario di Stato Americano: è fondamentale che le donne si sostengano tra di loro. Questo non significa assecondarsi in tutto: amo il confronto, ma alla base deve esserci trasparenza e libertà di esprimersi. E un pizzico di sana competitività. Con la pandemia i numeri della disoccupazione femminile in Italia hanno raggiunto livelli drammatici.

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Eline Le Menestrel ITW BY CAMILLA PIZZINI

PHOTOS STORY TELLER LABS

Il suo cognome non passa di certo inosservato nella comunità climbing, la giovane atleta francese originaria di Fontainebleau, patria del bouldering, ha infatti seguito le orme di suo padre, Marc Le Menestrel, uno dei pionieri dell’arrampicata in quest’area. Eline però, pur rimanendo fedele alle proprie origini, fa parte di quella generazione di nuove leve consapevoli delle proprie abilità ma al tempo stesso attenti alle tematiche ambientali.

Ciao Eline, raccontaci qualcosa di te. Sono una climber e musicista di 22 anni che vive a Marsiglia, dove studio scienze umane. I miei sogni e progetti orbitano attorno al mio amore per l'arrampicata, alla mia fede nella natura e alla mia convinzione, a volte ingenua, che tutto sia possibile. Sono preoccupata per il futuro del nostro pianeta e della nostra società, ma voglio ancora credere nell’umanità.

3 mesi negli Stati Uniti dove mi sono ritrovata a salire The Nose in Yosemite anche se non era previsto. È stato fantastico, un'esperienza che mi ha cambiato la vita. L'anno dopo sono stato selezionata per far parte del programma FFME Roc Aventure e ho imparato tante tecniche in parete. Cos’è la sostenibilità per te? Mi piace vedere la sostenibilità come “lo spazio tra il fondamento sociale del benessere umano al di sotto del quale nessuno dovrebbe scendere e il limite ecologico di pressione sul pianeta che non dovremmo oltrepassare” (Kate Raworth). Quindi, se è un luogo, significa che è un posto dove possiamo decidere di andare o da cui allontanarci. Un po’ come la cima di un grande muro quando sei ai suoi piedi. Ad essere sincera ho paura che per scalare questo muro dovrò rinunciare ai miei sogni d'infanzia. Ad esempio, amo viaggiare. Una parte di me vuole continuare a farlo. E se finissi per non provare vie che ho sempre sognato perché non si può fare ora? E se non fosse più possibile viaggiare? Ma allon-

L'arrampicata è un affare di famiglia, ti senti influenzata da ciò che tuo padre ha realizzato? Come è nata la tua passione per i grandi muri? Mio padre diceva che l'istruzione serve per dare ai figli gli strumenti di cui hanno bisogno per vivere la propria vita, non quella che i genitori hanno immaginato per loro. Allo stesso tempo sono molto influenzata da quello che ha fatto mio padre. Mi piace ripetere le vie difficili che ha aperto. Mi sento molto vicina a lui e posso parlargli di qualsiasi cosa, condividiamo molto di più della sola arrampicata. Ho iniziato ad scalare a 20 anni dopo un viaggio di

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Qualche progetto futuro? Dove ti vedi in 10 anni? Il mio progetto attuale è guarire dal brutto infortunio che ho avuto recentemente. Mentre in 10 anni mi vedo come qualcuno che ha una voce nella comunità outdoor. Voglio unire la mia passione per l'arrampicata con il mio desiderio di creare un mondo migliore.

tanarmi dal “grande muro della sostenibilità” mi terrorizza. Temo per la natura e ho paura che il riscaldamento globale raggiungerà punti critici portando a cambiamenti irreversibili a lungo termine. Tutto questo mi fa sentire totalmente sopraffatta. Quindi metto da parte le mie paure e ricomincio dall'inizio chiedendomi: dove ho influenza? E quale battaglia dovrei combattere in base alla voce che ho? Come atleta comunico la mia visione della sostenibilità, la condivido con altri, ispiro brand a realizzare un cambiamento, metto in discussione il modo in cui arrampico e viaggio, prendo in considerazione nuove opzioni e mi impegno per dar vita a nuove opportunità.

Come atleta comunico la mia visione della sostenibilità, la condivido con altri, ispiro brand a realizzare un cambiamento, metto in discussione il modo in cui arrampico e viaggio, prendo in considerazione nuove opzioni e mi impegno per dar vita a nuove opportunità.

Come è iniziata la tua collaborazione con Salewa? Cosa ti piace del brand? È iniziata condividendo dei valori comuni. La prima volta che sono arrivato in sede ho incontrato il mio manager Simon, siamo andati a scalare e siamo diventati amici. Ho condiviso con lui alcuni dei miei sogni e delle idee più folli. Sei mesi dopo mi ha presentato un progetto basato sulle pazze conversazioni che avevamo avuto. Mi ha stupito molto. Ho capito quanto velocemente le idee potevano diventare progetti reali con Salewa.

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Elisa Sortini Con le ali ai piedi BY MARTA MANZONI

“Non riuscivano a credere che si potesse correre tanto senza una ragione particolare.” Forrest Gump

Chi sei nella vita di tutti i giorni? Cosa fai nel tempo libero? Sono impiegata in un istituto bancario locale dove mi occupo di recupero crediti. Tempo libero ne ho poco e quindi cerco di non sprecarlo. La sera, appena esco dall’ufficio, corro: per allenarmi o per godermi un tramonto… Comunque sia, corro. Mi piace molto anche andare in bici, la Valtellina si presta a giri fantastici, mentre d’inverno faccio sci alpinismo. Poi leggo e cucino dolci.

Elisa Sortini è una scultura in movimento. Nata in Valtellina, cresce a pane e sport, allenandosi per regalare emozioni allo stato puro. La corsa in montagna nel DNA, da sempre: la passione le viene tramandata dagli zii sin da quando gareggia nella categoria “cuccioli”. Da allora superarsi è l’unica cosa che conta. La sua forza sono l’ottimismo e la disciplina: una personalità ambiziosa che nasce dall’impegno costante per migliorarsi. Per lei lo sport è un’attitudine: l’ha educata al rispetto per sé stessa e verso gli altri. Nel 2014 c’è lo sparo alla partenza della Nazionale agli europei di Gap (Francia), ed è subito oro, insieme a Elisa Desco (che dal 2018 è la sua coach), Valentina Belotti e Alice Gaggi. Nel 2018 indossa di nuovo i colori della Nazionale al mondiale di corsa in montagna di Andorra e vola al dodicesimo posto, migliore italiana. Le cose si fanno serie: l’atleta ora crede davvero in sé stessa e alza l’asticella. Nel 2019 arriva il quinto posto assoluto (migliore italiana) agli europei di Zermatt e uno scintillante oro a squadre, Elisa Sortini sale di nuovo il gradino più alto, con la consapevolezza di aver dato tutto. Poi ancora la maglia nazionale nel novembre 2019 per il mondiale in Argentina, ottavo posto assoluto e prima italiana. Elisa Sortini, piè veloce.

Cosa cerchi in montagna? Perché corri? I trail, i vertical, le skyrace, hanno in comune un ambiente unico, la montagna. Correre su sentieri più o meno tecnici nella natura, all’aria aperta, alternando boschi, prati e creste, cambiando il passo e adeguandosi al terreno e alla pendenza, significa essere pronta a reagire e rilanciare. Nulla è scontato e non è detto che sia il più veloce a vincere. Ma comunque vada vieni sempre ripagata: dai panorami e dal senso di libertà. È uno sport individuale, devi per forza fare i conti con te stessa. Sono gioie e dolori. È anche una valvola di sfogo dalla routine e dallo stress, e poi mi diverto! Con la pandemia ho riscoperto il piacere di correre solo per guardare la luna piena, il tramonto.

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Ogni tanto ti capita di stare un giorno sul divano in pantofole? Mai! Solo quando ho la febbre.

Se vincessi 10 milioni di euro cosa faresti? Darei le dimissioni e partirei per il giro del mondo. Al ritorno diventerei un’allenatrice.

Hai detto che allenarsi senza un obiettivo non è facile e si rischia di perdere la motivazione. È così anche nella vita di tutti i giorni? Sì. È importante avere un traguardo, degli stimoli, in ogni aspetto della vita. Sono una “testa dura”: se faccio una cosa la faccio bene, altrimenti lascio perdere. Con la corsa tutto dipende da te, dal tuo impegno, dal tuo sacrificio. Con il lavoro non è sempre così, ci sono logiche diverse, non ho trovato l’equilibrio “sacrificio-soddisfazione” che poi ho cercato e trovato nella corsa.

Cosa mangi e non mangi per essere in forma? Qual è il tuo piatto preferito? Mangio di tutto, ma nei periodi di gare seguo un piano alimentare preciso che stabilisco con il mio preparatore Hylmi: cerco di stare attenta per dare al mio corpo quello di cui ha bisogno. Il mio piatto preferito? I dolci! Il tiramisù forse più di tutto. La mia maledizione invece è la Nutella. Il tuo sogno più grande? Prossimi obiettivi a breve e lungo termine? Sportivamente mi piacerebbe crescere ancora: credo di aver ancora molto da dare e tante esperienze da vivere. Mi piacerebbe allungare le distanze e fare una gara in coppia con la mia coach Elisa Desco: mi ha insegnato tanto e la stimo molto come donna, mamma e atleta. Se avrò una famiglia voglio riuscire, come lei, a continuare con la mia passione. Le idee sono tante, ma questo 2021 è ancora incerto e non ho fatto un calendario. Il 2020 è stato un anno difficile, sono rimasta fino all’ultimo in attesa di un eventuale mondiale che poi è stato annullato. Io sono pronta a tutto: chi vivrà vedrà.

Come vedi il futuro della tua disciplina? È un movimento in rapida crescita. Oggi ci sono atleti professionisti davvero completi, il livello cresce ogni anno e per eccellere non si può lasciare nulla al caso. Spero di vedere un giorno la corsa in montagna tra le discipline olimpiche. Di cosa hai paura? Invidi o temi qualcuno? Ho paura della noia. Invidio l’età delle mie avversarie: vorrei avere una decina di anni in meno!

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Erika Siffredi Con la neve negli occhi BY M A R TA M A N ZO N I

“La montagna: semplicemente una pienezza, quella bellezza che invade occhi e cuore. È più quello che mi da, nonostante io non cerchi niente.” Ti faccio spazio dentro di me, in questo incrocio di sguardi che riassume milioni di attimi e di parole. Pablo Neruda Erika raccontaci la tua storia. Sono nata e cresciuta a Rivoli. Mi sono laureata in giurisprudenza a Torino e in seguito ho fatto un periodo nel milanese, in un ufficio del personale, un lavoro che mi piace molto. Ma mi mancavano le montagne e i milanesi non mi erano molto simpatici: corrono sempre e non si capisce dove vadano. Poi mi sono spostata nelle Langhe per aprire un negozio Decathlon e da quel momento ho fatto carriera all’interno dell’azienda, ora sono Department Manager. Mi piace, anche se sarebbe stimolante lavorare per un grande marchio outdoor più di nicchia e interessante dal punto di vista tecnico. Ti occupi di risorse umane per un’azienda outdoor, cosa cerchi in una/o candidata/o? Che consigli daresti alle donne che vogliono intraprendere la loro carriera in questo mondo? Partirei dalla passione che le anima. Se una persona è davvero entusiasta per questo mondo, se vedo quella luce negli occhi, la riconosco ed è sicuramente quella giusta. Non arrendetevi mai. Ponetevi degli obbiettivi, che siano di gran lunga superiori alle vostre possibilità. Puntate sempre in alto e ogni tanto date una gomitata, se vi passano davanti. Arrabbiatevi quando le cose non sono giuste, ma poi rialzatevi, perché tanto gli sgambetti ve li faranno comunque. E poi con onestà mettetecela tutta: è inutile che ce la raccontiamo, è un mondo di uomini.

Qual è il valore aggiunto di una prospettiva femminile nell’outdoor? In cima alla piramide ci sono solo uomini: è difficile dalla base riuscire a buttarli giù. Per questo non bisogna accettare compromessi. Non si deve però neanche pensare solo al lavoro: se una donna ha al tempo stesso il desiderio di fare carriera e di diventare moglie e madre, può fare tutto. Cosa cerchi in montagna? Nasco come nuotatrice e il mio ambiente principale fino all’università è stata l’acqua. Ho iniziato a scalare a dodici anni insieme a mio padre, sono una figlia d’arte. Non cerco qualcosa in particolare in montagna: mi offre semplicemente pienezza e quella bellezza che invade occhi e cuore. Ci sto bene. È più quello che mi da, nonostante io non cerchi niente. È questo che mi fa tornare ogni volta, nonostante il freddo, le lacrime, la fatica. Prima di conoscere Cala la mia attività preferita era l’arrampicata. Poi con lui mi si è aperto un mondo. Abbiamo fatto un po’ di alta quota: partivamo di notte, al buio, e quando capitava che mi mettessi a piangere perché avevo freddo alle mani lui mi chiedeva se volessi arrendermi, la metteva sulla sfida personale. E allora pensavo “no, certo che non mi arrendo! È ovvio che voglio arrivare in cima!”. C’è sempre stata una sana competizione con me stessa, mai con le altre donne. Come hai conosciuto Cala? Sei anni fa stavo uscendo da una storia con un tizio che mi faceva stare male e un mio amico mi disse che voleva presentarmi uno che mi sarebbe piaciuto tantissimo: “si chiama Cala Cimenti”. Ho visto qualche sua foto su Facebook e ho pensato: “ma per carità, guarda che naso! Proprio no!” Ma il mio amico ha insistito: “fa un sacco di cose belle in montagna! Seguilo su Facebook”. Allora gli ho chiesto l’amicizia, e

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da quel momento Cala mi ha scritto ogni giorno, per due settimane. Poi mi ha inviata a sciare a Pragelato specificando però di raggiungerlo la sera così il giorno dopo saremmo stati più veloci. Io in realtà non mi sono fatta troppo pregare e sono finita a mangiare dei tortellini a casa sua, senza conoscerlo e ciao! Colpo di fulmine. Sci, arrampichi, vai in bici. Quale attività preferisci? Sulle vie lunghe lascio il cuore ogni volta. Stare sulla punta dei piedi mi piace da morire. Scalare è davvero una danza sulle scarpette, ti permette di fare dei movimenti molto puliti, eleganti. Con Cala il fine di ogni viaggio era l’arrampicata, poteva essere l’Alpamayo, una delle più famose montagne della Cordillera Blanca, nelle Ande peruviane, così come i vulcani in Ecuador o il trekking in Nepal. Qual è stato il tuo viaggio preferito con Cala? In Nepal mi ha chiesto di sposarlo, sull’Alpamayo ci siamo andati in viaggio di nozze. È difficile scegliere! In Ecuador siamo stati tanto tempo ed è stato stupendo, siamo saliti su tutti vulcani e poi siamo andati alle Galapagos. Cala Cimenti senza gli sci, nella vita di tutti i giorni, com’era? Uno con il quale non si poteva litigare. Sono riuscita a discuterci solo una volta. Non che non mi desse modo di arrabbiarmi, ma per lui non c’era tempo per queste cose. Ha vissuto pensando di non avere tempo e ogni momento era buono per fare festa e bersi una birra. Su questo eravamo gli opposti perché io sono più un orso. Lui invece conosceva chiunque, era l’amico di tutti. Tanti sapevano chi fosse, e anche se a volte lui non si ricordava i nomi, faceva comunque sentire tutti importanti. Amava le persone. Era preso bene, aveva sempre voglia di fare. Era proprio un figo. Aveva un carattere stupendo, si stava bene con lui.


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La montagna viene spesso raccontata come una cosa figa ma forse ogni tanto si trascura il tema della sicurezza. Dall’altra parte la frase “se fai scialpinismo te la vai a cercare” si sente ancora spesso. Tu cosa ne pensi? Sono sempre andata in montagna e ho sposato un alpinista. Ho sempre saputo che la montagna può essere pericolosa e toglierti tutto. Indipendentemente da quello che fai, in cuor tuo, devi sapere che può andarti male. Lo devi accettare, altrimenti stai a casa. Il rischio zero in montagna non esiste, neanche quando si fa una passeggiata. Cala ha compiuto delle imprese eccezionali, si buttava dagli ottomila e ha fatto un sacco di sci ripido. E poi è stato colto da una valanga su una piccola collina, in più mentre saliva: si è staccato il crostone sopra ed è crollato tutto, non se la sono tirata addosso. Bastavano cinque minuti in più o in meno. Quando sono arrivata e c’erano i soccorsi ho guardato la montagna e ho pensato che non era possibile. Ho anche chiesto conferma che li stessero cercando proprio in quella zona, mi sembrava inverosimile. Alcuni giorni Cala usciva da casa dicendomi “se torno, stasera andiamo a mangiarci la pizza”. Tutti gli altri giorni forse me lo sarei aspettato, ma quel giorno no. Io ero in ferie ma sarei dovuta andare con loro, poi ho avuto un contatto con una persona positiva al Coronavirus e sono dovuta rimanere in quarantena. Cosa significa per te essere la moglie di un alpinista? Accettare. Io so che lui in montagna era completamente sé stesso. Se gli toglievi la montagna lo rendevi triste, e se ami davvero una persona vuoi vederla felice. È ovvio che avessi paura quando andava in spedizione, o quando diceva “se stasera torno, andiamo a mangiarci la pizza”. Tutte le volte che tornava però era così contento, così pieno di bellezza. Aveva gli occhi pieni di neve e mi diceva: “ti sto portando la neve”. E cosa vuoi dirgli a uno così, di non andare in montagna? È vero che sono stati solo sei anni, però non avrei voluto un solo giorno diverso. Va bene così, io sono demolita, ma per lui sono contenta.

Walter Bonatti diceva: “Le grandi montagne hanno il valore degli uomini che le salgono, altrimenti non sarebbero altro che un cumulo di sassi”, tu come la vedi? Sono d’accordo. L’umanità è portata alla ricerca della bellezza, e per riuscire a saziare questo desiderio sale le sue montagne. Ognuno poi spiritualmente la vive a suo modo. Ma quando lo vedevo arrivare a casa, veramente aveva la neve negli occhi. Cosa stesse cercando non lo so, ma dalle sue spedizioni portava un’energia che non avevo mai trovato in nessun altro uomo. Che spirito era Cala? Era laureato in lettere e filosofia ed era una persona molto spiritosa. Buttava sempre tutto sul ridere, ma secondo me spesso andava in montagna per trovare pace alle sue inquietudini. Era un irrequieto. Con le persone era sempre preso bene: anche quando gli facevano un torto non si arrabbiava mai. Ma con sé stesso non aveva tempo. Ha perso il papà quando aveva trent’anni: erano molto legati, lui era la persona che lo portava in montagna, e che gli ha tramandato l’amore per i viaggi. Cala ha sempre avuto questo desiderio di vivere al meglio. Cose normali per qualsiasi coppia, come fare un trasloco, con lui erano impossibili: pensava fossero una perdita di tempo. Tutto quello che lo distoglieva dalla montagna, dalle spedizioni, dal parapendio, dalla bici, sembrava non avere senso. Per te e per voi però il tempo lo trovava? Sì, anche se avevamo fatto molti compromessi. Quattro giorni alla settimana, mentre io lavoravo, faceva quello che voleva, mentre due giorni e mezzo me li dedicava completamente. E quando eravamo insieme, lui c’era davvero, al cento per cento, totalmente e pienamente. Nei miei giorni liberi organizzava solo cose che potessero piacere a entrambi e si riservava il tempo solo per noi. C’è un’avventura insieme a Cala che vuoi ricordare? In sei anni non siamo stati a casa un weekend. Mai. Prendevamo il furgone e andavamo al mare o in montagna. Facevamo un viaggio all’anno dall’altra parte del mondo, poi tanti micro giri: una settimana in Marocco, un’altra

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in Corsica. Finché c’era un briciolo di neve si sciava, e appena arrivava la primavera iniziavamo a scalare. L’ultimo viaggio è stato il giro della Sicilia in bici: lui si è portato un carrello dove teneva il parapendio e tutta l’attrezzatura per scalare. Mi ha fatto fare Catania-Etna in bici super carica con un caldo incredibile! Indimenticabile. Quando Cala ti ha veramente sorpresa? Quando mi ha chiesto di sposarlo. Me l’aveva già chiesto e gli avevo detto di no. La prima volta me l’ha chiesto una sera sul divano, e gli ho detto “ma sei scemo? No!” E sono andata a farmi una doccia per lavare via i pensieri, lasciandolo lì. Ma lui insisteva nel parlare di matrimonio e io gli chiedevo perché mai avremmo dovuto sposarci. “Perché dobbiamo fare le cose grandi” mi rispondeva. La seconda volta eravamo a 5.800 metri, stavamo facendo un trekking in Nepal, si è inginocchiato, con tutte le bandierine nepalesi intorno e mi ha regalato una collana. Era un posto davvero meraviglioso, da togliere il fiato: si vedevano diversi ottomila e un lago poco sotto. Io non mi faccio avvicinare tanto dalle persone, per difendermi: ho sempre avuto paura che qualcuno potesse ferirmi. Ma lui riusciva a tirar fuori la dolcezza, le cose belle. Così gli ho risposto: “sì, però giurami che non mi farai mai uno sgambetto”.

"Ho sempre saputo che la montagna può essere pericolosa e toglierti tutto. Indipendentemente da quello che fai, in cuor tuo, devi sapere che può andarti male. Lo devi accettare, altrimenti stai a casa. Il rischio zero in montagna non esiste, neanche quando si fa una passeggiata".


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Anatomia dell’irrequietezza

BY M A R TA M A N ZO N I

P H OTO S M AT T EO PAVA N A

γνῶθι σεαυτόν «Conosci te stesso». - Socrate Lui corre veloce giù dalla montagna e si lancia nel vuoto. Io ho qualche mese di vita. Lo guardo danzare nel blu infinito mentre sfiora gli uccelli. Sarà felice? Morirà o tornerà a casa? Lo odio e lo amo con tutta me stessa. Il parapendio e mio padre. Mia sorella e io siamo cresciute sui campi di volo. Quando io sono nata lui era a fare freeride ad Alagna. C’era una polvere da urlo, a quanto pare. Semplicemente, mio padre non c’è mai stato. Forse se diventiamo perfette lui ci vorrà bene. Le più brave a scuola, le più belle e, soprattutto, super sportive. Snowboard, barca a vela, mountain bike, sci alpinismo, surf, atletica, equitazione, nuoto. Mia sorella consegue addirittura, come lui, la patente nautica, il brevetto da sub e quello di parapendio, pur di incrociarlo qualche attimo in decollo e in atterraggio. Ovviamente nulla funziona. Intanto al liceo classico Manzoni di Milano divento la ragazza più popolare. Chissenefrega. Penso di essere qualcosa di diverso. E così, in quinta ginnasio arriva la mia Tempesta Vaia: mi sradica e mi scaglia nel vuoto, a testa in giù. Chiedo a mio padre di tagliarmi i lunghi rasta biondi e mi lascio avvolgere dal mio buco nero. Nella vita non c’è abbastanza tempo per leggere tutti i libri che esistono. Divoro letture.

Piange nel mio cuore, piange senza ragione. Forse se mi svegliassi circondata dalle montagne non starei così male. Il mio pensiero felice. Sono stata concepita su una piccola barca a vela, forse per questo mi sento cittadina del mondo e sono ancora apolide. A Milano mi sono sempre sentita un animale in gabbia. Prima di entrare nella distesa di cemento, mi viene sempre il mal di pancia. Anche mio padre l’ha sempre odiata ma non è mai andato via, chissà perché. Io non farò la sua fine, lo giuro. L’ho sempre visto leggere fino a notte fonda. Forse, se un giorno tra quelle pagine troverà le mie parole sarà un po’ come stare insieme. I giornalisti vengono pagati per viaggiare. Queste due ragioni mi sembrano più che sufficienti per scegliere il lavoro della mia vita. È lui che mi ha indicato la strada. La maieutica è l’arte di far nascere la verità, senza manifestare il proprio pensiero. “Diversivo. Distrazione. Fantasia. Cambiamento di moda, di cibo, amore e paesaggio. Ne abbiamo bisogno come dell’aria che respiriamo. Il moto è la migliore cura della malinconia”. - Bruce Chatwin. Ogni porto sconosciuto, lingua incomprensibile, occhi che ridono. Viaggiare. Un mese all’anno per noi quattro,

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Ci vuole forma e sostanza. La routine non la sopporto. In montagna non voglio fare l’eremita. Non voglio sfogarmi e fuggire via. Non voglio giocarmi la vita spudoratamente e spregiudicatamente. Più che una fuga, una rivoluzione. Il riscatto verso il modo di vivere la montagna di mio padre. dall’altra parte del mondo. Il fine di ogni avventura è ovviamente volare: sull’arcipelago di barriere coralline della Polinesia Francese, in Mongolia sopra i gher del deserto dei Gobi. Il mio primo biposto è a Lima, in Perù: stacco i piedi e guardo giù, poi su. Una scogliera a picco sul Pacifico, come vicini di casa Cielo e Mare. Viaggiare mi piace ancora di più del gelato. Critica della ragion pura. Ci vuole forma e sostanza. La routine non la sopporto. In montagna non voglio fare l’eremita. Non voglio sfogarmi e fuggire via. Non voglio giocarmi la vita spudoratamente e spregiudicatamente. Più che una fuga, una rivoluzione. Il riscatto verso il modo di vivere la montagna di mio padre. Guarda che in Trentino sono tutti degli orsi! Non mi sembra, anzi sono molto calorosi. “Tra me e la montagna penso ci sia un dialogo assolutamente intimo, e una lotta meravigliosa, che alle volte può essere piacevole, atre terribile. Comunque, in fondo a tutto, non ci sono né vincitori né vinti”. W di Walter.

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La Val di Fiemme: tremila alberi a persona. Pianoforti, arpe, clavicembali e chitarre. Qui il legno è musica: gli abeti rossi, tra le mani dei liutai, creano armonia. Lo chiamano il bosco dei violini, o foresta Stradivari: la leggenda narra che il violinista selezionasse di persona il legno per i suoi strumenti. La Magnifica Comunità di Fiemme, ente pubblico di origine storica, si prende cura dei suoi boschi, dal 1111 d.C. In un libro del 1973 intitolato La vita segreta delle Piante, i giornalisti Peter Tompkins e Christopher Bird affermavano che le piante hanno un’anima, emozioni, e preferenze musicali, provano dolore e assorbono psichicamente i pensieri di altre creature, possono seguire il movimento dei pianeti e prevedere i terremoti. Alcuni sostengono che abbiano previsto persino Vaia, creando una quantità maggiore di pigne, dentro le quali sono custoditi i loro semi. La scienziata Suzanne Simard parla di Alberi Madre che inviano messaggi di saggezza alla prossima generazione di piantine. Papillon ha scelto il Lagorai come casa: gli orsi sono indice di un ecosistema sano. Sento una connessione spirituale con queste foreste. L’esplorazione è dell’anima. Qui posso essere semplicemente me stessa.


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Hillary Gerardi without ever stopping BY CAMILLA PIZZINI

P H OTO DA N PAT I T U C C I

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Da un rifugio negli Stati Uniti alla Alpi francesi, Hillary Gerardi è oggi una delle skyrunner più quotate al mondo. Pur avendo iniziato la sua carriera agonistica quasi per caso, si è trovata a stabilire con costanza nuovi record, ma per lei la corsa non è altro che divertimento allo stato puro. Ciao Hillary, quando è nato il tuo amore per la corsa in montagna? Per la maggior parte della mia vita sono stata più una montanara che una runner. Ho lavorato per tanti anni in alcuni rifugi negli Stati Uniti passando molto tempo all’aperto ma pensavo che correre fosse estremamente noioso. Ho iniziato a dedicarmi seriamente alla corsa nel 2012 anche se ho preso parte alla mia prima sky race solo nel 2016. Sono andata per la prima volta a Limone per caso e mi sono completamente innamorata di quel tipo di competizione e dell'ambiente intorno ad una gara del genere. Per me tutt’ora correre e gareggiare sono puro divertimento.

raggiungerli. Nessun posto è lontano se vuoi davvero raggiungerlo. La gara che ti è rimasta nel cuore? È davvero difficile scegliere uno o due eventi che si distinguono nella mia carriera perché ho avuto la fortuna di fare tante belle esperienze. Credo che una di queste sia il Trofeo Kima, una gara che ho sognato a lungo di fare. Non è una competizione facile da affrontare, solo un numero limitato di persone può partecipare a questo evento che si svolge ogni due anni. Così nel 2018 quando ho sono riuscita a partecipare è stato davvero un sogno che diventa realtà e ho finito per raggiungere un risultato migliore di quanto pensassi.

Come ti prepari per una competizione? Prima di una gara ovviamente mi alleno. Seguo un piano preciso su cui lavoro con il mio allenatore e cerco di sviluppare quelle competenze specifiche che potrebbero essermi utili. A seconda della gara, varia anche il tipo di allenamento. Non mi piace troppo la routine, non faccio sempre la stessa cosa prima di una gara e non mangio mai lo stesso cibo. Alcuni atleti sono molto severi nel seguire una routine ma personalmente ritengo che essere flessibili sia davvero importante quando si gareggia a questi livelli.

Correre ad alti livelli comporta anche uno sforzo mentale. Come affronti le difficoltà? Quando sono in difficoltà prova a ricordare a me stessa perché lo sto facendo. Spesso mi ripeto di quanto sia incredibile che il mio corpo sia capace di spingere così forte e questo mi aiuta a non mollare. Un'altra cosa che faccio è spesso costringermi a sorridere. Trovo che quando sorrido tutto sembri un po’ più facile, e anche se all'inizio il sorriso è forzato alla fine diventa reale e mi diverto. Con quale scarpa corri? Scegliere Scarpa per correre per me è sempre stata una scelta ovvia. Essendo una persona che ha sempre trascorso molto tempo in montagna, ho conosciuto Scarpa in quel contesto ed era l’azienda perfetta per il tipo di attività che volevo fare. I miei modelli preferiti sono Spin, Spin Ultra, Spin RS e la nuova Spin Infinity. Sono leggere, dinamiche e hanno un ottimo grip. Il drop basso per me è perfetto perché mi piace essere in grado di sentire il terreno, soprattutto quando si corre veloci o su terreni tecnici.

Com’è organizzata una tua settimana tipo? Cerco di gestirmi la settimana con tre o quattro uscite da un’ora, un’ora e mezza. Nel week end allungo le distanze e cerco di uscire almeno tre o quattro ore. Corro sui sentieri vicino a casa, sul Monte Bianco. Quando posso cerco di viaggiare, di scoprire nuovi luoghi. In me c’è un animo da esploratrice, la gara è solo un passaggio. Mi piace andare lontano, correre a lungo, cercare sulla mappa luoghi nuovi e

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Le donne sono particolarmente competitive e nelle gare di ultra si sono spesso viste prestazioni piuttosto notevoli. Personalmente sono anche molto ispirata dalle donne che stanno spingendo la conversazione nello sport. Quanto è importante l'attrezzatura che usi quando fai sky running? Un’attrezzatura è ottima quando, nel momento in cui la uso, va così bene che non devo nemmeno pensarci, mi dimentico quasi che la sto usando. Se si hanno vestiti, zaini e bastoncini che funzionano davvero molto bene, non si hanno problemi, non ci si infortuna e non ci si sente a disagio nell’usarli. Finché tutto funziona come dovrebbe, ci si può dimenticare il fattore attrezzatura e concentrare soltanto sulla corsa. Scegliere degli strumenti o dei capi che si adattano veramente alle mie esigenze è molto importante: ad esempio un aspetto fondamentale sono i bastoni e personalmente mi affido ai Black Diamond Distance Carbon Z, mentre per gli allenamenti o le gare in notturna prediligo la headlamp Black Diamond Sprint 225. Inoltre penso sia fondamentale allenarsi sempre con dei prodotti che in seguito si useranno anche in gara, perché bisogna essere in grado di abituarsi e saperli gestire al meglio, così quando ci si trova in una situazione di gara non bisogna nemmeno pensarci.

tutt’oggi ci sono ancora gare che non permettono alle donne di partecipare. Tutto questo crea un ostacolo enorme per le donne nello sport. Nessuno parla di quello che succede e penso che questi argomenti non dovrebbero essere un tabù. Anche le gare dovrebbero essere meglio adattate alle esigenze femminili. Se vogliamo davvero raggiungere la parità di genere nello sport abbiamo bisogno di lavorare su tutti questi diversi aspetti. Possiamo costruire una comunità e incoraggiarci a vicenda ed organizzare più eventi per le donne, ma abbiamo bisogno che anche le gare, gli allenatori e i brand ci aiutino ad abbattere tutte le barriere già presenti. Nella storia del trail running è però capitato spesso che alcune donne ottenessero grandi risultati, anche superando le prestazioni degli uomini. Che ne pensi? Le donne sono particolarmente competitive e nelle gare di ultra si sono spesso viste prestazioni piuttosto notevoli. Penso ad esempio a Rory Bosio o a Ruth Croft che di recente ha vinto l'ultra maratona di Tarawera in Nuova Zelanda. Personalmente sono anche molto ispirata dalle donne che stanno spingendo la conversazione nello sport. Alysia Montaño, Kara Goucher, Mirna Valerio, Gina Lucrezi. Sono tutte donne che stanno lavorando per cercare di rendere il mondo della corsa più inclusivo parlando apertamente delle loro esperienze e dei diversi problemi che le donne incontrano.

Pensi che trail running e sky running siano dei mondi prevalentemente maschili? Cosa si potrebbe fare per portare più donne in questi sport? A prima vista nel trail running non ci sono barriere per le donne. Hai solo bisogno di un paio di scarpe per correre. Dovrebbe essere facile per chiunque iniziare ma tuttavia non c’è ancora una vera e propria parità di genere. Ci sono molti più uomini che donne in questo sport e penso che ci siano molte ragioni, spesso legate alla dominazione storica e culturale. Molte donne non sentono lo sport come un ambiente accogliente ed altre, a seconda di dove vivono, potrebbero non sentirsi sicure a correre da sole. Un altro aspetto che disincentiva le donne a correre è la minor scelta di attrezzatura adatta alle esigenze femminili. Un altro problema sta nelle barriere istituzionali: premi disuguali tra uomini e donne, disparità di retribuzione da parte degli sponsor o cessazioni di contratto quando le donne rimangono incinta. Infine

Un messaggio per tutte le ragazze? Non è mai troppo tardi per iniziare a correre. Io stessa ho iniziato relativamente tardi. Un’altra cosa da tenere a mente è quella di trovare un modo per rendere la corsa divertente. Per me correre significa divertirsi e quando non mi divertirò più penso che smetterò di farlo. Naturalmente non voglio dire che ogni singolo giorno sia divertente. A volte è davvero difficile, alcuni giorni non ho voglia di allenarmi e di uscire, ma sono sempre contenta di farlo alla fine. Mi fa sentire bene alla fine della giornata. E questo aspetto mi motiva giorno dopo giorno.

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Chez Sisa Il posto migliore del mondo: casa BY E L I SA “ S I SA” VOT T E R O

PHOTOS & INTRO ALICE RUSSOLO

È la mattina della festa della donna e dal terrazzo di casa sua filtra una bellissima luce calda. Alle pareti ci sono stampate le foto delle sue avventure. E sono tantissime. Si sente forte il suo profumo. Sì, il suo profumo, perché ogni volta che Sisa si muove ne lascia traccia. Intenso e deciso, ma con una nota dolce. Qui però il suo profumo è ovunque. È casa di Sisa. Da una parte ci sono i suoi sci, separati dalle scarpe e dalle bici solo da altre foto appese alla parete. Mi mostra orgogliosa parte di quelle che ha stampato. Sfogliando le foto si racconta, i suoi occhi sorridono nel rivivere quei momenti. C’è la sua Brigi, c’è l’estate, l’inverno, le Dolomiti, il Giappone, il Chile, le VagaBionde e, tra un viaggio e l’altro, c’è sempre casa. Anche sul sul corpo ci sono dei pezzi di casa, sotto forma di tatuaggi. Nell’ultimo anno ha stravolto (in positivo) la sua vita, e l’ha fatto nel posto dove c’è la cantina dove lascia gli sci a riposare prima della prossima stagione, nel posto dove iniziano, o finiscono, le sue pedalate. Vedo Sisa come una sognatrice che ora ha aperto il cassetto dei suoi desideri e ne ha tirato fuori uno, dandogli una forma.

Alice Russolo

Vedo taggato “il posto migliore del mondo: casa” nei post di Sisa da prima di conoscerla di persona. Le nostre strade si sono incrociate piacevolmente per caso, non è stato merito della fotografia e nemmeno dello sci. Appena la conosci vieni travolto da un fiume in piena. Impossibile rimanere indifferenti di fronte alla sua presenza: sorriso smagliante e risata contagiosa. Un anno fa chiudevo le valigie e lasciavo quella che per dieci anni è stata la mia casa a Courchevel, dove lavoro come maestra di sci, senza sapere esattamente cosa stesse succedendo al e nel mondo. Un anno fa avevo già il pensiero che prima o poi mi sarei fermata, ma non credevo che quel momento potesse arrivare così in fretta. Un anno fa ricordo di aver detto ad un'amica: "scordiamoci la prossima stagione invernale come maestre" e tra un suo "ma vaaaa" e l'altro non riuscivo a perdermi d'animo. Un anno fa cercavo di avere la forza di non lasciarmi sopraffare dai (non) eventi. Come il resto del mondo, mi sono trovata chiusa in quattro mura, ma forse (e aggiungo per fortuna) abitare in un posto come il mio mi ha fatto percepire meno forte tutto quello che stava realmente accadendo. Le mie giornate sono state lunghe esattamente come le vostre,

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ma non pesanti. Ho seguito le varie mode del momento: dirette social, cucinare, classi virtuali di yoga, chiamate su zoom. Alcune cose con grande successo, altre meno come i miei tortini al cioccolato. Sì, ammetto di aver fatto anche qualche workout davanti alla televisione con un mister muscolo che mi urlava in inglese di non mollare. È stato imbarazzante, ma almeno ha rallentato la corsa della forza di gravità sui miei glutei da quasi trentenne. Uno stop forzato quindi, una giostra che improvvisamente si ferma e finalmente non sei più in ritardo su niente e nessuno. Tutti fermi. Ed è li che ho cominciato a rivalutare tutto. Ho sempre avuto un piccolissimo sogno nel cassetto: aprire un posticino tutto mio nel posto migliore del mondo, casa. (Rido perché mi prendono sempre tutti in giro quando dico questa frase). Uscita


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dal primo lockdown, mi sono goduta le ultime gite con gli sci e mi sono messa a pedalare, una cosa che mi chiarisce sempre le idee. Fantasticavo sul colore delle pareti del mio angoletto nel mondo. Come capita spesso d'estate lavoricchio qui e là sui monti per tenermi occupata, quello che più mi piace è stare a contatto con le persone (bel periodo direte voi), ma io sono così, mi piace parlare con chi viene a prendere un caffè dove lavoro e memorizzare le loro abitudini, così da farli sentire a casa la prossima volta. Quello che invece odio è rispondere a un "padrone" e intendiamoci, anche il titolare migliore della terra è pur sempre un titolare. Non fraintendetemi, ma certe libertà se il locale non è tuo non puoi prendertele e questa cosa mi fa sentire limitata, da sempre. Sento che non posso dare il mio contributo per migliorare l'accoglienza di quel luogo. Sono fatta così, solare, in un mondo a volte troppo buio. Così dopo un'altro agosto di gavetta, prima di partire per uno dei miei viaggi in sella, ho preso il coraggio a due mani e ho fatto la mia prima proposta per comprare un locale. Pazza direte, ora non è il momento di comprare. Niente di più sbagliato. Intendiamoci, non sarò sicuramente io ad insegnarvi a fare affari, sono piuttosto una che segue le decisioni di pancia piuttosto che le statistiche, e quando fai business sono i numeri a parlare non le farfalle nello stomaco, ma sentivo che avrei potuto farcela in un modo o nell’altro. Così nel bel mezzo della Calabria Ionica (lì mi trovavo quando ho ricevuto la risposta alla mia proposta) l'ormai vecchio proprietario mi scriveva questo: "Ciao Elisa, spero che le tue vacanze stiano trascorrendo piene di entusiasmi e soddisfazioni come del resto la tua vita. Il mio consiglio è quello di goderti il più possibile questi ultimi giorni anche perché quando tornerai a casa non sarà facile trovare tanti spazi per i divertimenti se vuoi fare diventare

Secondo la tradizione ogni persona porta dalla nascita, legato a sé, un invisibile filo, lunghissimo e indistruttibile. Non esiste alcun limite, il filo rosso potrà annodarsi, tendersi o allungarsi, ma non si romperà mai. Mi piace pensare che l’altro capo del mio filo termini qui, a casa mia. il locale il fiore all'occhiello di Cesana. E sì, alla fine hai vinto tu, ma sono contento perché una donna piena di entusiasmi come te se lo merita. Ci sono ancora alcune cose da sistemare nel nostro accordo, ma lo faremo al tuo ritorno, ora divertiti come una matta”. Lo so, lo so, non ho fatto niente di che, chissà quanti prima e chissà quanti dopo faranno la stessa cosa, ma quel giorno ho aperto un nuovo gigantesco capitolo della mia vita. Dal mio ritorno all'effettivo atto di acquisto non è stato tutto rosa e fiori. Dopo l'estate, che avevamo passato dignitosamente, siamo ricaduti. Preparavo business plan su business plan con mio zio per convincerci che stavamo facendo la cosa giusta. Mio papà diceva “non ora”. Io battevo i piedi e dicevo “vedrai". In un attimo è arrivato dicembre, tutto questo tran tran mi ha tenuto occupata, mi sono dimenticata di tutto il resto perché ero completamente concentrata su di me. Non avevo energie da sprecare. Stavo facendo un nuovo viaggio e dovevo essere presente, più che altro dovevo capire tutto quello che mi diceva il commercialista, dovevo produrre documenti, scrivere mail, rispondere al telefono. Dovevo trovare anche il tempo per piangere, cosa da non sottovalutare mai se non vuoi impazzire del tutto. Però la situazione fuori dalla mia bolla peggiorava sempre di più. Un Natale strano, io che prendevo tempo e chi voleva vendere pressava, volevo liberarmi da quella morsa, fare quel passo per sentirmi di nuovo leggera.

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03/01/2021

Firmo il mio primo grande traguardo, da sola. E per quando mi stessi per "chiudere in un locale" mi sentivo finalmente libera. 14/01/2021

Apro le porte del "Il Filo Rosso”. Conoscete la storia? Il filo rosso è un antica leggenda orientale. Secondo la tradizione ogni persona porta dalla nascita, legato a sé, un invisibile filo, lunghissimo e indistruttibile. Questo legame ci porta nel corso della nostra vita, indipendentemente dal tempo, dallo spazio e da altre circostanze, a trovare tutto ciò a cui eravamo destinati. Non esiste alcun limite, il filo rosso potrà annodarsi, tendersi o allungarsi, ma non si romperà mai. Mi piace pensare che l’altro capo del mio filo termini qui, a casa mia. Febbraio è stato una bomba. Chi è passato di qui mi ha dato una boccata di “normalità”. È stato un mese di aneddoti post gite e piatti tradizionali, birre troppo strong per stomaci ormai non più abituati. È stato un mese di lettere inaspettate, fiori e complimenti, che non servono ma aiutano. È stato un mese di coraggio. È stato un mese al femminile, con le due donne che lavorano per me. Ora aspetto un nuovo DPCM e nel mentre mi prendo cura della mia anima, il mondo ne ha bisogno. PS: le pareti sono esattamente come le avevo fantasticate.


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Stefi Troguet the mountaineer with lipstick BY GIAN LUCA GASCA

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Nell’estate 2019 è apparsa dal nulla in cima al Nanga Parbat. Era il suo primo Ottomila e di lei non si sapeva quasi nulla. Stefi Troguet, andorrana classe 1992, ha fatto la sua comparsa in modo inaspettato. Non è da tutti scoprire l’altissima quota scalando la nona montagna della Terra. Il suo nome incute timore, riporta immediatamente al pensiero dei tanti alpinisti che vi hanno perso la vita. Eppure Stefi con il suo stile scanzonato e con quel dettaglio, quelle labbra carnose rosse di rossetto, ha reso allegro anche il Nanga Parbat. L’ha salito senza ossigeno, così come le dice di fare la sua etica personale. Passano due mesi e Stefi è di nuovo protagonista, questa volta sul Manaslu. Anche qui su fino in cima con semplicità, leggerezza, senza mai prendersi troppo sul serio e, soprattutto, senza bombole d’ossigeno. Un’esplosione di colori che ha saputo conquistare nel serioso mondo alpinistico. Si è saputa impossessare del suo spazio ad altissime quote con grazia e stile. Due caratteristiche che lasciano disorientati quando la si osserva salire con decisione verso la zona della morte. Oggi il suo sogno è completare la salita dei 14 Ottomila. Due li ha già nel cassetto, il terzo lo sta provando in questo momento.

paese in lungo e in largo finché il pensiero non si è spostato verso altre mete. Sono arrivata sulla vetta più alta della Catalogna, poi dei Pirenei e dopo ancora sul Monte Bianco. Sono stata sul Kilimangiaro e sull’Aconcagua, ma anche in vetta all’Ama Dablam. Tutte belle esperienze ma nulla di paragonabile al Nanga Parbat. Il Nanga Parbat era un obiettivo molto grande e non sapevo come il mio corpo avrebbe potuto reagire a quelle quote. Per fortuna non ho avuto problemi ed è stata un’esperienza incredibile. Non voglio dire che sia stato facile, anzi. Ogni passo è duro da compiere sul Nanga, la vetta te la devi guadagnare. Se ci riesci allora diventa stupefacente. Com’è nata la tua passione per la montagna? Molto banalmente perché sono nata tra le montagne. Ho sempre amato la vita all’aria aperta e in mezzo alla natura. Inoltre mio papà è un maestro di sci e penso che mi abbia insegnato a sciare quando ancora non sapevo camminare. Crescendo ho fatto per molti anni agonismo e una volta adulta sono diventata anche io maestra.

Stefi, come sei arrivata agli Ottomila? Penso sia stato un percorso naturale. Quando inizi a scalare ti poni degli obiettivi che ti spingono sempre più in là. Io ho iniziato sulle montagne di casa, quelle andorrane, e nel giro di poco mi sono ritrovata a girare il

Un paio di mesi dopo il Nanga Parbat hai salito il Manaslu e ora, dopo un anno di stop a causa del Coronavirus, stai provando il Dhaulagiri. Come mai questa

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montagna? Dopo le prime positive spedizioni del 2019 mi sono innamorata dell’Himalaya. Nel 2020 purtroppo ho dovuto annullare i progetti a causa del virus che ha fermato il mondo. È in quel periodo che insieme a Jonatan García, il mio compagno di spedizione, ho iniziato a immaginare questa impresa. Lui ci ha già provato una volta, per me è un buon banco di prova per riprendere dopo questo duro inverno.

Quali prodotti Ferrino utilizzerai per la tua salita? Avrò tenda, zaino e sacco a pelo Ferrino. La tenda Maverick 2 della linea HighLab ci offrirà riparo anche nelle condizioni più estreme, poi il morbido e caldo saccopiuma HL Revolution e ancora lo zaino Instinct, leggero e resistente. In più avrò la tuta d’alta quota che hanno realizzato appositamente per me. La Sportiva invece? I loro prodotti li uso praticamente sempre, anche a casa. Per allenarmi, per correre, per fare sci alpinismo e anche qui in Himalaya. I miei preferiti sono gli scarponi Olympus, fantastici in altissima quota, e i TX5 GTX per il trekking di avvicinamento.

Ti riferisci al K2? Sì, ho perso molti amici in questa stagione invernale. Mettermi alla prova sul Dhaulagiri mi è utile come test, non solo per il fisico ma anche per la mente. Ho bisogno di riprendere il contatto con la montagna, di entrare in simbiosi con lei per ritrovare la giusta motivazione.

Toglici un’ultima curiosità, come mai usi il rossetto anche a ottomila metri? Questo particolare sorprende sempre tutti. Nasce tutto da una mia questione caratteriale. Sono molto nervosa e spesso sfogo questo nervosismo togliendomi le pellicine dalle labbra. Il risultato non è molto bello da vedere, così ho iniziato a coprirle con il rossetto sia per mascherare il problema che per frenare il mio impulso. Poi ho continuato a usarlo e mi sono accorta che in montagna è anche utile a proteggere le labbra dal sole.

Dopo questa prima esperienza ti aspettano, in estate, Broad Peak e K2. Due obiettivi davvero molto ambiziosi, come li immagini? Non ho aspettative particolari. Voglio godermi l’esperienza prendendo quello che viene giorno per giorno. Ovviamente punto alla vetta e darò tutta me stessa per riuscirci, ma senza pressioni dall’esterno. Con te in queste nuove avventure ci sarà anche un pizzico di Italia, quali prodotti ti supporteranno nelle tue scalate? Sì, ci sarà tantissima Italia con me! Con Ferrino e La Sportiva mi sento come in famiglia. Mi hanno supportato fin dall’inizio, fidandosi di me e continuiamo ancora oggi. Dormire sotto le stelle con Ferrino mi fa sentire più sicura, senza parlare dei loro zaini disegnati per noi donn che sono bellissimi mentre l’abbigliamento e le scarpe La Sportiva sono la mia seconda pelle, senza di loro andare in montagna non è la stessa cosa.

"Ho bisogno di riprendere il contatto con la montagna, di entrare in simbiosi con lei per ritrovare la giusta motivazione."

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Wafaa Amer Going beyond, round the corner T E X T M AT T EO PAVA N A

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Con l’imminente uscita del nuovo corto firmato La Sportiva sulla climber egiziana Wafaa Amer dal titolo Hura (libera), Matteo Pavana ci regala il dietro alle quinte di questa storia rara, offrendoci un ulteriore spunto interessante. non incuriosisce il fatto in sé, ma il perché. Esiste un’attrazione verso il binomio dolore+riscatto che è più forte di noi. Abbiamo spontaneamente l’inclinazione ad immedesimarci e provare empatia, come si trattasse di una sorta di terapia catartica. Forse è proprio questa la spinta che tanto mi incuriosisce: è la speranza. La speranza mantiene vivi, sempre. A chi non è capitato di aggrapparsi a qualcosa di grande, magari per sentirsi brillare nell’esistenza? È un pò come credere che, prima o poi, nascosta tra le prese minuscole di una sezione strapiombante, ci sarà la zappa che ci farà riprendere fiato e che ci permetterà di arrivare in catena.

Tutte le storie vanno trattate con cura. Alcune però più di altre. Avete presente il mare? Raccontare una storia equivale ad immergersi. Le onde sono una superficie mossa, riflettono in maniera distorta, ingannano. Alle volte ci si ferma proprio lì, in superficie, un pò perché fa comodo, un pò perché non si è in grado o semplicemente non si vuole andare più a fondo. Scavare, immergersi appunto, porta lontani dalla luce: è difficile vedere dove si sta andando quanto da dove si è venuti. Raccontare la storia di qualcuno significa proprio questo: brancolare nel suo buio e cercare una direzione verso un risvolto positivo e, se possibile, condiviso. Occorre portare maggiore attenzione verso alcune storie proprio perché sono delicate.

Hura è anche una storia di arrampicata. Eccezione fatta per le prestazioni che hanno spostato inequivocabilmente il concetto di limite umano (la salita di Honnold slegato su Freerider o quella di Silence per Ondra sono due esempi di riferimento), il sugo delle vicende arrampicatorie, stringi stringi, è sempre la stesso: l’allenamento sempre più duro, la sfida più grande, le prese più piccole. È limitante, sia per chi vive l’arrampicata, sia per chi la comunica, sia per chi, di conseguenza, la subisce. Io ho vissuto quel tipo di arrampicata, ma lascia il tempo che trova. L’arrampicata (e di conseguenza la montagna) è molto più di quello che siamo abituati a masticare e digerire. Hura non è la storia del raggiungimento del grado o della rottura della barriera del limite, ma è la storia della difficoltà e della rivincita o, per meglio dire, della libera consapevolezza e della consapevole libertà. Che poi Hura, in arabo (la lingua nativa di Wafaa) significa proprio questo: libera.

Sono quelle che ti entrano sotto pelle, ti muovono le viscere. Sono le storie che ti insegnano realmente qualcosa.

Hura non è una storia di arrampicata. D’altronde, come sarebbe potuto esserlo? Wafaa è un’arrampicatrice popolare in Italia. La storia della sua vita, per chi non la conoscesse, è quella di una giovane donna musulmana immigrata in Italia assieme alla sua famiglia che ha dovuto lottare duramente per la sua libertà. Non una lotta qualsiasi, ma una guerra interiore contro le sue radici, la sua cultura e, sfortunatamente, contro la sua stessa famiglia. Avete mai constatato che, come esseri umani, ci interessiamo generalmente a vicende che trattano situazioni complicate? A me

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Hura, oltre ad essere una storia di rara bellezza, è il tentativo per chiarire quanto sia importante prendere una posizione forte, fare scelte significative, pensare come una collettività, salvaguardare quello che abbiamo di più importante, e soprattutto, voler imparare. Hura è andare oltre.

buto sull’onda degli esempi positivi che ho avuto modo di constatare negli ultimi mesi all’interno del settore dell’outdoor. Cito per fare un esempio lo schieramento politico da parte di numerose aziende nel corso delle elezioni americane, la rescissione da parte di arrampicatori professionisti di contratti da migliaia di euro nei confronti delle multinazionali, l’istituzione da parte degli stessi di fondazioni benefiche, la presa di posizione da parte dei media nel riconsiderare l’utilizzo dei social media e gli altri numerosi esempi che, di base, stanno dando lo stesso messaggio: il tempo delle vie di mezzo sta per finire (è una semplice questione di coerenza).

Rappresenta il mio nuovo modo di raccontare l’arrampicata, più in generale la montagna e, ancora più in generale, qualsiasi cosa mi circonda. Avete presente che da quando siamo stati colpiti dalla pandemia abbiamo continuato a parlare di ritornare al lato umano delle cose? Suona banale, me ne rendo conto. Eppure è anche vero che la banalità è figlia del buonsenso. Io pensavo che l’arrampicata non avesse più niente da insegnarmi. Sapevo che è una delle più calzanti metafore della vita: provi, cadi, fallisci, perseveri fino a raggiungere l’obbiettivo. Della serie: “Il successo passa per l’insuccesso”. Sapevo che quando è nata, essa non era altro che un gioco, una forma di evasione dall’alpinismo eroico sulle grandi montagne. Rappresentava il bisogno inespresso verso qualcosa di più genuino e leggero rispetto ad una maliziosa ambizione narcisista. Della serie: “Il successo passa solo ed esclusivamente per la vetta”. Sapevo che l’arrampicata è convivialità e birrette. Amicizia e birrette. Scoperta e birrette. Viaggio e anche l’ultima birretta (quella del viaggio). Scherzi a parte, ciò che non avevo avuto l’opportunità di approfondire da vicino finora era che l’arrampicata potesse anche educare, insegnare.

Hura non si ferma a raccontare l’arrampicata in maniera diversa. Hura, oltre ad essere una storia di rara bellezza, è il tentativo per chiarire quanto sia importante prendere una posizione forte, fare scelte significative, pensare come una collettività, salvaguardare quello che abbiamo di più importante, e soprattutto, voler imparare. Avete presente quando parlavo di “andare a fondo, oltre la superficie”? Ecco, penso abbiate capito il concetto. Andare oltre, per quanto sia piccolo il nostro passo, può davvero salvarci. Giorgia, una persona i cui occhi parlano prima delle labbra, me l’ha spiegato così: “Sono nata quadrata, ma vorrei tanto morire tonda”.

Ascoltare Wafaa è stata per me l’opportunità imparare. Raccontare Hura mi piacerebbe fosse un modo per trasmettere un messaggio ed educare (senza salire in cattedra eh!).

E se allora siamo nati quadrati, visto che si parla delle geometrie della vita, giriamo l’angolo. Per magari, un giorno, accorgerci che quell’angolo non è mai esistito. Per magari, un giorno, morire tondi.

Ho sentito il bisogno di dare il mio piccolo contri-

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Luzia Buehler the future is unwritten ITW CAMILLA PIZZINI

FOTO DENIS PICCOLO & CAMILLA PIZZINI

Luzia Buehler nasce in Svizzera e tuttora vive a Flimps, un paesino vicino Laax. Non stupisce quindi che abbia un passato da skier e snowboarder. Tuttavia dopo anni sulla tavola scopre un grande amore per il trail running che l’ha portata a competere in tutte le gare internazionali più importanti. Ciao Luzia, quando è nata la tua passione per il trail running? La mia passione per il trail running è nata quando aveva circa 20 anni. Sono sempre stata una persona atletica e che ama la natura quindi è stato naturale approcciarmi a questa attività. Pratico anche sci e snowboard in inverno ma fin da bambina ho sempre corso perché amo la vita all’aria aperta e la montagna.

Hai vinto un Holden ticket per WS. Pensi che esistano differenze nell’approccio al trail running tra USA ed Europa? Sicuramente gli statunitensi hanno un approccio al trail running molto più rilassato. Gli europei sono molto più rigorosi quando si tratta di gare, infatti arrivano sempre agli eventi decisamente con largo anticipo mentre capita che gli americani si presentino anche solo 5 minuti prima della partenza. Sono un po’ più folli ma in senso buono!

Com’è organizzata una tua settimana tipo? Normalmente mi alleno 5 o 6 volte alla settimana. Le mie giornate iniziano abbastanza presto perché comincio a lavorare intorno alle 6 e mi alleno in pausa pranzo o nel pomeriggio quando torno a casa dal lavoro. Quando ho un giorno libero invece preferisco dormire un po’ più a lungo, fare una bella colazione e poi uscire a correre. I miei allenamenti sono abbastanza flessibili ma quando non lavoro normalmente corro dalle 4 alle 6 ore a sessione.

Mi commenti il tuo pensiero “the future is unwritten”? Significa semplicemente che ogni giorno comincia sempre allo stesso modo, siamo noi poi che ci alziamo e decidiamo in che direzione andrà la nostra vita. Ovviamente ci sono cose che dobbiamo fare per forza come lavorare ma la scelta di cosa succederà in futuro dipende comunque sempre da noi.

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Spesso sembra quasi che trail running sia un’attività principalmente maschile. Credi che nei prossimi anni ci sarà un avvicinamento al trail da parte di un numero crescente di ragazze? Penso che sia un’attività adatta sia a uomini che a donne ma credo che sempre più ragazze vi si appassioneranno in futuro perché vedo di anno in anno un crescente interesse anche grazie alle tante atlete forti che sono diventate dei modelli di riferimento per le nuove generazioni, sicuramente più di quanto lo fosse in passato. Io stessa conosco tante runner bravissime e corro spesso con altre donne anche quando mi alleno. Penso che per avvicinare più ragazze al mondo del trail running un ruolo fondamentale lo giochi la community che deve coinvolgerle ed appassionarle.

La gara a cui hai partecipato che non ti dimenticherai mai? La gara che ricorderò per sempre è stata la prima a cui ho partecipato. È stata così dura e difficile che in certi momenti pensavo sarei morta! Non me la scorderò mai. Progetti futuri? E come pensi cambierà il mondo del trail nei prossimi anni? Pensare al futuro del trail running è abbastanza difficile. Penso che ci sarà sempre di più un ritorno alle origini ed un approccio più sano alla disciplina perché, se ci pensi, per iniziare a correre non hai bisogno di nient’altro che un paio di scarpe. Per quanto riguarda me invece credo che sarò sempre la stessa ma spero un po’ più forte!

"Vedo di anno in anno un crescente interesse anche grazie alle tante atlete forti che sono diventate dei modelli di riferimento per le nuove generazioni, sicuramente più di quanto lo fosse in passato".

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Valeria Margherita Mosca the forager ITW CAMILLA PIZZINI

FOTO DENIS PICCOLO & CAMILLA PIZZINI

Forager, ricercatrice ambientale e trail runner. Valeria Margherita Mosca è questo e molto di più. Nel 2010 fonda Wood*ing, un food lab che studia l’utilizzo del cibo selvatico per l’alimentazione e la nutrizione umana. I campioni vegetali che analizza li raccoglie lei stessa fra i boschi e negli ambienti naturali incontaminati dove ama correre. Ciao Valeria, quando è nata la tua passione per l’outdoor? La passione per l’outdoor, per la natura e per l’esplorazione fanno parte di me fin da quando ero piccola. Me l’hanno trasmessa sia mia nonna materna, che era una raccoglitrice di professione, che i miei genitori. Sono figlia di un atleta di enduro quindi ho passato tutti i weekend della mia infanzia in un bosco ad attendere che mio padre finisse le gare, mentre mia mamma ha sempre amato camminare. Da loro ho sicuramente appreso l’empatia e la necessità di passare tanto tempo all’aria aperta, una passione che poi ho sempre portato avanti negli anni.

da delle stagioni. Faccio ricerca scientifica, consulenze e attività più divulgative come scrivere libri o partecipare ad eventi. Inoltre, grazie all’avvento di quell’attitudine che si è espansa negli ultimi anni di ricercare una sinergia con l’ambiente attraverso le attività outdoor, quello che faccio ha iniziato a diventare un simbolo di sostenibilità e connessione con la natura e questo mi ha portato a lavorare anche con tantissimi brand. Cos’è per te essere sostenibile e quanto è importante? La parola sostenibilità credo che sia una delle più abusate dell’ultimo decennio. Sostenibilità significa “sopportabilità”, ma come possiamo pretendere di essere sostenibili se siamo immersi in un sistema che non è sopportabile? È qualcosa di complicatissimo, quasi un ossimoro, quindi credo che sia più corretto parlare di sviluppo sostenibile. Prima di tutto dovrebbe essere uno sviluppo personale, cioè evolvermi in quanto individuo per diventare sopportabile rispetto al sistema in cui vivo. Come fare ciò può dirmelo solo un’osservazione scientifica e razionale di quello che ho intorno. La chiave per me è la formazione: imparare, osser-

Quando hai scoperto il foraging? E come si svolge il tuo lavoro? Il foraging e l’esplorazione ambientale sono sempre stati una mia grande passione e fin da subito ho deciso che sarebbero diventati il mio lavoro. All’università ho studiato antropologia e in seguito ho cercato di fare delle rapide ed intense esperienze per crearmi un bagaglio di competenze che mi dessero la possibilità di aprire quello che oggi è Wood*ing. Il mio lavoro è piuttosto vario e cambia a secon-

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"Se dovessi dare io stessa un consiglio su come e se approcciarsi al trail running non avrei nessun dubbio. È uno sport entusiasmante dove la fatica è ripagata da quello che c’è intorno e che regala sensazioni uniche. Praticare trail running ti porta a correre su terreni diversi, senza quella monotonia della corsa che si prova in città su asfalto. Direi che dona anche più pace in un certo senso, soprattutto se si ascoltano i suoni della natura che sono sempre diversi". vare e poi scegliere con responsabilità.

se si ascoltano i suoni della natura che sono sempre diversi: gli uccelli, lo scorrere dell’acqua o i miei stessi passi su terreni differenti. Non c’è bisogno di ascoltare altra musica se non quella della montagna stessa.

Vivi la natura in tutte le sue forme e per farlo ti immergi, cammini e corri in essa. Quanto é importante per te fare sport a contatto con la natura? Per me sport significa fare attività fisica all’aria aperta. Non avrebbe nessun senso chiudermi in un luogo indoor perché amo correre, fare trekking e camminare immersa in un ambiente naturale. Mi appaga molto di più a livello psicologico.

Credi che il trail running sia un’attività più per uomini? Non credo che sia uno sport così prettamente maschile, forse perché ho la fortuna di essere circondata da tante donne che lo praticano e lo vivono come una parte fondamentale della loro quotidianità. In realtà credo che sia uno sport molto più femminile perché regala davvero la possibilità di entrare in empatia con quello che ci sta intorno.

Quando hai approcciato per la prima volta il trail running? Mi piace correre da sempre. Facevo parte della squadra di atletica a scuola e ho frequentato molto la montagna fin da bambina, quindi credo che correre in montagna sia sempre stato un connubio imprescindibile per me.

Cosa ti ha insegnato il trail running? Il trail running mi ha aiutato a conoscere meglio il mio corpo, i miei limiti e le mie debolezze e mi ha insegnato come allenarmi in modo più sensato per ottenere risultati migliori.

Cosa si potrebbe fare per far avvicinare sempre più ragazze al mondo del trail running e alla montagna in generale? Generalmente non faccio tanta differenza tra uomo e donna anche se so che è una discussione aperta e molto sentita. Se dovessi dare io stessa un consiglio su come e se approcciarsi al trail running non avrei nessun dubbio. È uno sport entusiasmante dove la fatica è ripagata da quello che c’è intorno e che regala sensazioni uniche. Praticare trail running ti porta a correre su terreni diversi, senza quella monotonia della corsa che si prova in città su asfalto. Direi che dona anche più pace in un certo senso, soprattutto

Progetti futuri? Io vivo molto alla giornata e pensare a quello che farò anche solo fra una settimana mi mette un’ansia pazzesca! Devo dire però che questo difetto mi porta a vivere abbastanza intensamente il presente e alla sera quando vado a dormire sono sempre certa di aver dato il massimo. Una cosa però posso dirla con certezza: anche in futuro non potrei mai pensare di vivere lontana dalla natura. Quando sono distante è qualcosa che mi manca a livello fisiologico, sono un vero animale outdoor.

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Dora Atim

the ultra black runner I T W S I LV I A G A L L I A N I

La londinese Dora Atim vanta una lunga esperienza nel mondo del running. Da gare esplosive a maratone fino al trail running e alle competizioni ultra, Dora non smette mai di spingersi oltre i suoi limiti. Attualmente è Nike Run Coach e nel 2020 ha fondato Ultra Black Running, una community che ha come obiettivo quello di aumentare la partecipazione di black women e black non-binary all’interno del mondo della corsa. Ciao Dora! Quando e perché hai iniziato a correre? Ho iniziato a correre attorno al 2013. Da tanti anni praticavo boxe e il mio allenatore mi disse che per migliorare le mie abilità in quella disciplina avrei dovuto iniziare a correre. Per me era un mondo totalmente nuovo ma mi sono appassionata fin da subito, tanto che la boxe è poi passata in secondo piano. Come sei diventata Nike Run Coach? E cosa significa per te esserlo? È stato un processo lungo che è iniziato quando mi sono iscritta al Nike Run Club anni fa. Ai tempi lavoravo già come running coach e a numerosi progetti che avevano la corsa come comune denominatore ma che per me ha sempre rappresentato molto di più che dell’attività fisica in sé. Attraverso varie comunità di cui ho fatto parte ho conosciuto tante persone diverse con cui ho instaurato numerose relazioni. E ora eccomi qui. Hai partecipato a The Speed Project, una gara non-stop di 340 miglia da Los Angeles a Las Vegas. Ce ne parli? Ancora oggi non riesco a credere di avervi preso parte, ed il bello

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è che l’ho fatta per ben due volte! Il primo anno mi sono letteralmente lanciata in qualcosa di completamente sconosciuto, sapevo di non essere in grado di correre a tutta per giorni quindi l’ho presa un po’ come se fosse un road trip. Ho partecipato con un paio di amici ed è stato folle, mi ha davvero aperto la mente! Correre nelle foreste, praticamente sempre su strade off road, è stata l’esperienza più dura che abbia mai affrontato sia fisicamente che mentalmente perché non avevo mai praticato trail running prima di allora. È stata una sfida veramente intensa che mi ha lasciato dei bellissimi ricordi, in particolare incontrare persone da tutto il mondo nel bel mezzo del nulla e scambiarsi consigli e storie personali è stato fantastico. La rifarei al volo! Pensi che nel periodo di restrizioni e relativa poca libertà che stiamo vivendo correre aiuti le persone a mantenere una sorta di equilibrio? Qua in Regno Unito abbiamo avuto 3 lockdown. Il primo è capitato in primavera quando il tempo era migliore e questo ha spinto un sacco di persone a cominciare a correre, io stessa correvo tutto il giorno tutti i giorni e ben


"Per quanto mi riguarda cerco solamente di trasmettere alle persone una sana abitudine. Credo che per raggiungere sempre più ragazze ci sia bisogno di un buon storytelling e sono già tanti i brand che lo fanno raccontando storie ispirazionali e in cui le persone si possono riconoscere. Servono dei modelli autentici e positivi in cui le ragazze si possano rispecchiare e pensare “se lo sta facendo lei allora posso riuscirci anche io!"

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presto ho iniziato a concepire la corsa in modo diverso da come ero abituata a fare. Prima correvo perché era il mio lavoro, perché mi dovevo allenare per le gare, ma improvvisamente non c’erano più gare a cui partecipare e tutto il mio mondo è cambiato. Ho iniziato a chiedermi perché dovessi continuare a correre, per quale motivo lo stavo facendo. Allora ho cominciato a darmi dei piccoli obiettivi quotidiani come correre per andare al supermercato o per salutare gli amici mantenendo le giuste distanze. In questo modo è diventato un modo per affrontare al meglio il lockdown e tante altre persone mi hanno confermato la stessa cosa. Come hai scoperto il mondo del trail running? Ho scoperto il trail running durante The Speed Project, prima di allora avevo sempre e solo corso su strada. Correre giorno e notte circondata dalle montagne con la strada illuminata dalla sola luce della luna è stata un’esperienza straordinaria che mi ha letteralmente fatto innamorare del trail. La gara o esperienza che non dimenticherai mai? Sicuramente la London Marathon perché la guardavo da piccola in televisione e correrla è stata un’esperienza unica e indimenticabile. Poi la Chicago Marathon perché mi trovavo in una città che invece mi era completamente nuova. Infine non posso non citare The Speed Project perché è stata una gara così intensa e fuori dagli schemi per me che a volte mi sembra irreale avervi partecipato. Com’è organizzata una tua settimana tipo? Prima della pandemia mi stavo allenando per una gara ultra e per una maratona quindi durante il lockdown ho continuato ad correre come già stavo facendo per essere pronta per questi eventi che all’inizio erano solo posticipati. Al momento mi alleno tutti i giorni con solo un giorno di pausa, il sabato, ma si tratta di un training molto flessibile dove alterno uscite veloci a sessioni più rilassate o

di recupero. Inoltre faccio anche diversi workout a casa che a volte sono persino più duri della corsa in sé. Quali sono i tuoi trail running essentials? Per quanto riguarda le scarpe sicuramente le Nike Pegasus Trail 2 e le Nike Terra Kiger 7. Ho sempre corso con le Pegasus e le trovo comodissime, invece preferisco le Terra Kiger 7 per le mie corse più veloci. Un'altra cosa che non può mai mancare sono gli occhiali da sole, li porto con me anche quando nevica! Inoltre mi piacciono outfit colorati e con stampe originali, penso che rappresentino al meglio la mia personalità un po’ esuberante. Hai dato vita a Ultra Black Running, cosa ti ha ispirato? E quali sono gli obiettivi della community? Da anni volevo fare qualcosa per black women e black non-binary ma non sapevo bene cosa. Durante il lockdown mi sono ritrovata a vivere in campagna per qualche mese, erano i giorni in cui prendeva piede il movimento Black Lives Matter in seguito all’uccisione di George Floyd, correvo nella foresta tutti i giorni per cercare di far fronte a quello che stava succedendo e che mi faceva sentire spesso sopraffatta dalle situazioni. Succedeva però che sempre tante persone mi fermavano per chiedermi cosa stessi facendo, all’inizio pensavo che volessero solo delle indicazioni o cose simili ma mi sono ben presto resa conto che mi stavano proprio domandando perché stavo correndo lì, come se non mi fosse concesso. Ho iniziato a provare ansia, riuscivo a correre per non più di 30 minuti perché non mi sentivo al sicuro e a volte scoppiavo addirittura a piangere. Finché un giorno ho improvvisamente pensato che il mondo intorno a me fosse talmente rumoroso che ho deciso di prendermi una pausa dai social, lasciare il telefono a casa e uscire a correre senza pensare a niente. Per la prima volta ho corso di nuovo per più di mezz’ora ed ero così felice che avrei voluto condividere quel momento con tutti. Alla fine è diventata

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una vera e propria community virtuale. Pensi che running e trail running siano mondi dominati dagli uomini? Purtroppo sì, lo noto anche dal fatto che tutte le volte che lo sostengo ricevo numerosi commenti negativi da parte di soli uomini che mi ritengono pazza per aver dato vita ad una community per sole black women e black non-binary. Mi ha fatto riflettere tantissimo un commento ricevuto sotto a un mio post dove mi si accusava di “segregazione” del running da parte di un noto fotografo sportivo. Sono andata sul suo profilo e aveva solo foto di uomini bianchi sulla linea di partenza, non contemplava nemmeno le donne bianche in gara. Quest’uomo puntava il dito contro di me che stavo solo portando avanti un progetto che mi appassionava ma non vedeva minimamente il problema che dimostravano le sue foto. Purtroppo c’è ancora tanta strada da fare. Cosa si potrebbe fare per far avvicinare sempre più ragazze al mondo del running? In primo luogo penso che vari a seconda di che genere di persone stai cercando di coinvolgere perché ci sono tanti tipi diversi di runner e differenti sono gli obiettivi per cui la gente inizia a correre. Per quanto mi riguarda cerco solamente di trasmettere alle persone una sana abitudine. Credo che per raggiungere sempre più ragazze ci sia bisogno di un buon storytelling e sono già tanti i brand che lo fanno raccontando storie ispirazionali e in cui le persone si possono riconoscere. Servono dei modelli autentici e positivi in cui le ragazze si possano rispecchiare e pensare “se lo sta facendo lei allora posso riuscirci anche io!”. Progetti futuri? Sto lavorando ad un paio di cose al momento sia dal punto di vista sportivo che social. Mi sto allenando per correre delle ultra non appena si potrà ma vorrei anche dar vita ad una gara per la mia community a cui chiunque possa iscriversi. Sogno di far avvicinare sempre più persone al mondo del trail running.


100% Women Peak Challenge B Y S I LV I A G A L L I A N I

Il 2021 segna un anniversario importante, sono infatti trascorsi 150 anni dalla prima salita al Cervino realizzata da una donna, Lucy Walker, e lo scorso 8 marzo, in occasione della Giornata internazionale della donna, Svizzera Turismo ha lanciato, in collaborazione con il Club Alpino Svizzero CAS, l’Associazione svizzera delle Guide Alpine e Mammut, un'iniziativa chiamata 100% Women Peak Challenge. Un progetto che ha l'obiettivo di connettere le donne e permettere loro di scoprire nuove ed emozionanti esperienze. 100% Women Peak Challenge ha come scopo principale quello di portare le donne in cima alle più maestose montagne svizzere, condurle su possenti ghiacciai, su pareti scoscese e ripide creste. Creato dalle donne per le donne, il progetto è un invito alle scalatrici a conquistare in cordate di sole donne tutte le 48 cime di oltre 4000 metri della Svizzera nel giro di sei mesi, ma sempre attraverso una preparazione specifica e un comportamento che tenga conto della sicurezza in montagna. Abbandonare i sentieri battuti, attraversare un ghiacciaio in assoluto silenzio e raggiungere la vetta ai primi raggi di sole regala delle sensazioni impareggiabile. Stare in cima a una montagna di 4000 metri, ci permette di sperimentare una sensazione di libertà sconfinata. Tuttavia, è necessario lavorare sodo per ottenere questa libertà. 100% Women Peak Challenge accompagnerà alpiniste più o meno esperte a scalare nuove vette, mostrando loro la via più sicura verso le cime innevate

e, allo stesso tempo, insegnando loro ad evitare gli errori più comuni che possono essere commessi su un quattromila. Solo grazie alle corretta preparazione, all'attrezzatura adeguata, all’esperienza maturata o all'accompagnamento di uno specialista della montagna, la sfida diventerà alla fine un successo indimenticabile. Mammut Alpine School darà una mano a tutte le partecipanti a raggiungere questo obiettivo. Che sia in estate o inverno, attraverso un corso di formazione o un’escursione in vetta, nel fine settimana o in vacanza, la scuola di montagna di Mammut offre una vasta gamma di attività indimenticabili grazie all'esperienza di Franz Widmer, capo della Mammut Alpine School, e di Caro North, guida alpina e atleta del Mammut Pro Team, che insieme hanno messo a punto tutti gli aspetti fondamentali per portare a termine escursioni sicure in alta quota. Chiunque voglia accettare la sfida può prendere parte al 100% Women Peak Challenge dove sarà Caro North stessa a guidare la cordata grazie alla sua grande esperienza come Guida Alpina. Insieme a lei, la Mammut Alpine School ha programmato una serie di tour esclusivamente al femminile che vi porteranno veramente in alto. Per tutte coloro che desiderano fare la loro prima escursione in alta quota su un quattromila, la Mammut Alpine School offre visite guidate sul Breithorn, Allalinhorn, Sustenhorn e Vrenelisgärtli, ma sempre tenendo massimo conto della sicurezza in montagna.

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Mammut Alpine School offre una vasta gamma di attività indimenticabili grazie all'esperienza di Franz Widmer, capo della Mammut Alpine School, e di Caro North, guida alpina e atleta del Mammut Pro Team, che insieme hanno messo a punto tutti gli aspetti fondamentali per portare a termine escursioni sicure in alta quota. Ci sono infatti alcune cose si devono necessariamente conoscere prima di avventurarti in un'esperienza ad alta quota. Prima di tutto, è necessario partire da una buona condizione fisica. I tour in alta quota non sono semplici escursioni domenicali. Anche durante quelli tecnicamente più facili sono tante le ore in cui si è in movimento. Una buona condizione fisica è quindi un prerequisito fondamentale perché più si è in forma, più a lungo si mantiene la concentrazione che aiuta ad evitare errori e incidenti. Inoltre, chiunque voglia muoversi in modo indipendente in montagna dovrebbe avere una solida conoscenza di base per cui i diversi corsi di escursionismo in alta quota diventano fondamentali. La Mammut Alpine School propone sia un corso base di alpinismo su roccia e ghiaccio per principianti che un corso intensivo per escursionisti già esperti di alta quota. Anche la pianificazione del tour gioca un ruolo importante. Ciò include lo studio di guide turistiche e mappe dell'area, l'analisi di sezioni chiave difficili e la corretta autovalutazione. Le Guide Alpine Mammut conoscono il percorso e sanno benissimo come gestire i tempi. Questo consente ai partecipanti di concentrarsi completamente su sé stessi e sul proprio corpo, soprattutto nei punti più critici o in condizioni meteorologiche mutevoli dove è importante saper reagire correttamente a qualunque imprevisto.

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Ultimo ma non meno importante, è fondamentale dotarsi dell’attrezzatura giusta. Oltre all'attrezzatura tecnica di base composta da corda, ramponi, piccozza e imbrago da arrampicata, c'è da prendere in seria considerazione anche la scelta del proprio abbigliamento. Prima di tutto, è essenziale indossare le scarpe adatte. Venendo alla parte superiore del corpo, la famosa tecnica del vestirsi a cipolla si dimostra sempre valida. Infatti al mattino presto o sulle cime più alte e talvolta ventose, può fare sorprendentemente freddo anche in estate. Anche qui è importante chiedere consiglio, attingere dall’esperienza degli esperti e, soprattutto, esercitarsi con le attrezzature tecniche di base. Infine, il consiglio più importante è quello di dare tempo al proprio corpo. Invece di lanciarsi su un quattromila come primo tour in alta quota, è consigliabile iniziare con vette intorno ai 3000 metri. Le altitudini superiori ai 2500 metri hanno un grande effetto sul corpo e sulla psiche, quindi nell'acclimatazione è fondamentale dare al corpo il tempo di abituarsi lentamente all'aria più rarefatta. Fermarsi a dormire attorno ai 2500 metri prima di raggiungere la vetta aiuterà il corpo a riprendersi dallo sforzo iniziale durante la notte, ad acclimatarsi alle condizioni estreme e quindi a poter affrontare la salita in quota il giorno successivo nel migliore dei modi.


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Caro North I N T E R V I E W B Y S I LV I A G A L L I A N I

Caro North è nata in Svizzera, ha iniziato a sciare a 3 anni e ad arrampicare a 10. A 16 anni parte per la sua prima spedizione raggiungendo la vetta dell’Aconcagua. Dopo questa prima avventura, ne sono seguite molte altre verso luoghi remoti per aprire nuove vie, scalare vette incontaminate e sciare su linee mozzafiato: Himalaya indiano, Patagonia, Iran, Alaska, British Columbia, Antartide sono solo alcuni dei nomi più noti. Oggi fa parte del Deutscher Alpenverein, il primo club alpino tedesco femminile ed è una Guida Alpina Svizzera certificata IFMGA. Ciao Caro, raccontaci qualcosa di te! Chi sei e qual è la tua storia. Sono un’alpinista, scalatrice, Guida Alpina IFMGA e membro del Mammut Pro Team, ma soprattutto sono una grande appassionata di montagna e di vita all’aria aperta. Amo scalare sia in inverno che in estate, sciare su ripide pareti, fare spedizioni in luoghi remoti e lontani e condividere la mia passione con le persone con cui lavoro. Vivo una vita nomade girando le Alpi a bordo del mio furgone rosso e trascorro diversi mesi in giro per il mondo per scalare, fare alpinismo, sciare ed esplorare nuovi posti e culture. Ho iniziato a sciare e ad arrampicare da piccola e mi sono appassionata fin da subito capendo presto che quella sarebbe stata la mia vita. La mia grande motivazione mi ha portato a far parte del Deutscher Alpenverein, il primo club alpino tedesco femminile. In seguito ho portato a termine numerose altre spedizioni, sono poi diventata una Guida Alpina svizzera certificata IFMGA e ora mi piace molto portare le persone in montagna. Come ti sei appassionata all’alpinismo e all’arrampicata? Ho iniziato ad arrampicare a 10 anni quando facevo parte di gruppo di bambini con cui mi recavo spesso in montagna per imparare a praticare diverse attività: arrampicata, alpinismo e sci alpinismo. La tua prima spedizione è stata sull'Aconcagua quando avevi 16 anni, come mai questa idea? E come hanno reagito i tuoi genitori? A

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quel tempo vivevo in Argentina e avevo già scalato diverse montagne delle Alpi, quindi per me è stata una scelta logica tentare di salire in vetta all'Aconcagua. I miei genitori sono stati dei grandi e mi hanno sostenuto pienamente firmando tonnellate di documenti in modo che potessi farlo visto che ero ancora minorenne. Sono molto grata ai miei genitori per il supporto che mi hanno dato nel perseguire la mia strada! Quando hai deciso di diventare Guida Alpina? Desideravo diventare Guida Alpina già da dopo la fine del liceo. Ma la maggior parte delle persone non riusciva a capirlo e mi diceva che avrei dovuto trovarmi “un lavoro vero” perché avevo voti abbastanza buoni a scuola. A quel tempo mi mancava ancora l'esperienza per iniziare il corso per diventare Guida ed ero molto più coinvolta nei miei progetti personali. Così ho partecipato a diverse spedizioni per un paio d'anni, arrampicando sulle Alpi e in giro per il mondo mentre studiavo scienze ambientali. Alla fine ho deciso di dedicarmi un po’ meno ai miei progetti personali e fare il corso per diventare Guida Alpina. Com'è essere una donna in un mondo fortemente dominato dagli uomini come quello delle Guide Alpine? Non è una domanda a cui è facile rispondere brevemente perché la risposta cambia di volta in volta. Mi sento accettata dalla maggior parte dei miei colleghi e trattata allo stesso modo di tutti gli altri, ma a volte i clienti o altre persone non riescono a credere che una ragazza come me possa essere una Guida Alpina. Cercano persino di dirmi come fare le cose, anche quando la loro esperienza e il loro livello sono molto inferiori ai miei. Molto spesso devo dimostrare più di un uomo che sono in grado di muovermi in montagna. Spero che questa situazione cambierà e che in futuro ci sarà sempre più uguaglianza, indipendentemente dal sesso a cui uno appartiene, perché alle montagne non importa se sei maschio o femmina.


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Qualche consiglio per le donne che vorrebbero iniziare a praticare alpinismo? Non esitate, buttatevi e basta! Ma è da tenere sempre a mente che, soprattutto per l'alpinismo, se non si ha esperienza, non c’è da preoccuparsi nel chiedere consigli e cercare il supporto di un professionista. Molti dei tuoi progetti, ad esempio la spedizione in Antartide, potrebbero essere descritti come “estremi”. “Estremo” è un aggettivo che credi ti rispecchi? Penso di vivere una vita di estremi. Sia alti che bassi, non sono proprio in grado di vivere una vita mediocre. Ho questi alti durante le grandi spedizioni o scalando vie dure e impegnative ma poi sono così esausta che posso cadere abbastanza in basso. In qualche modo ho bisogno di vivere in maniera intensa e non potrei immaginare di condurre una vita completamente equilibrata. Di quali delle tue avventure sei particolarmente orgogliosa? La scalata in free solo del Cerro Torre come prima squadra tutta al femminile, mi ci sono voluti tre anni e diversi tentativi per raggiungere la cima. Una delle prime salite invernali in giornata del The Walker Pillar sulla parete nord del Grand Jorasses. Scalare la vetta incontaminata del Monte Iñaki (5000m) nell’Himalaya indiano. E la via Astroman in Yosemite. Recentemente, molte persone che erano abituate a viaggiare dall'altra parte del mondo sembrano aver riscoperto le montagne di casa. Cosa ne pensi? Sono completamente d'accordo e vale lo stesso per me. La scorsa estate mi sono imbarcata in una “spedizione casalinga” in bicicletta, dalla Svizzera orientale a quella occidentale, concatenando le più importanti pareti e scalando vie di più tiri. Insieme a Ines Papert abbiamo trascorso un mese spostandoci solo spinte dalle nostre gambe e portandoci dietro tutta l'attrezzatura e le tende nei rimorchi per bici. Una splendida avventura vicino casa! Il cambiamento climatico è reale. Tuttavia al giorno d'oggi sembra esserci una maggiore consapevolezza ambientale. Sei pessimista a riguardo o pensi che abbiamo ancora tempo per salvare il pianeta? Penso decisamente che

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dobbiamo agire ora e ripensare il nostro modo di vivere, viaggiare e interagire con l'ambiente. Qualunque piccola azione è un passo avanti verso la giusta direzione. Tutti possiamo sperimentare il cambiamento climatico e questo dovrebbe farci agire in modo più sostenibile e rispettoso nei confronti dell’ambiente. Deve essere un movimento che coinvolga tutti, come ad esempio Mammut ha fatto lo scorso autunno con il progetto “Together for Glacier”. Perché tutti noi, membri della comunità outdoor e non, dobbiamo impegnarci per salvare i ghiacciai, le montagne e il nostro pianeta. Cos’è la Mammut Alpine School? La Mammut Alpine School è la scuola di montagna di Mammut che offre diverse proposte, dalla formazione di base alle escursioni verso le grandi vette delle Alpi in inverno ed estate. È anche un modo per testare diversi prodotti Mammut durante questi tour e prenotare alcuni corsi di formazione per acquisire esperienza, ad esempio, con la gestione delle attrezzature di sicurezza in caso di valanghe. Cosa significa per te questa progetto? È l'opportunità per molte donne di vivere la montagna con meno stress e pressione, affrontando diverse esperienze in team completamente al femminile. Questo è quello che ho sperimentato durante i primi tour per sole donne e il feedback è stato sempre molto positivo. È incredibile vedere come tutte le partecipanti si sentano più sicure nel far parte di un unico gruppo femminile. Quindi penso che sia una grande opportunità per connettere donne che condividono la stessa motivazione e passione. Quali sono gli errori più frequenti che si commettono su un quattromila? Sottovalutare gli effetti dell'altitudine e salire troppo velocemente. Quale equipaggiamento non può mai mancare nelle tue spedizioni? Un piumino. Adoro tutte le mie giacche imbottite e non vado da nessuna parte senza. Una delle mie preferite è l'Eigerjoch Advanced della collezione Mammut Eiger Extreme V. Hai portato a termine molte avventure emozionanti. Progetti futuri? Moltissimi, ho così tante idee e sogni che una sola vita non basterebbe per realizzarli!


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Federica Mingolla Su placche danzanti BY CHIARA GUGLIELMINA

P H OTO S F E D E R I C O R AVAS SA R D, E V I G A R B O L I N O, M AT T EO PAVA N A

L’incontro con Federica non è stato come avrei voluto. Parlare di qualcuno, o più in generale scriverne, è una grande responsabilità, se si ha rispetto per le storie e per le persone. Raccontare di un fiondo di venti metri su un 8a, senza essere mai caduti nel vuoto, lo trovo presuntuoso e, come diceva il saggio scrittore John Ruskin: “La presunzione può gonfiare un uomo, ma non lo farà mai volare.”

Di Federica non ho potuto apprezzare né la bellezza di cui parlano, né le dita agili con cui ha danzato su pareti vertiginose. Scambiamo qualche parola al telefono e, seppur a fine giornata, m’investe di energia, trasmette quell’antica voglia, in via d’estinzione, di rimboccarsi le maniche. Oltre a essere un’atleta d’eccellenza nel panorama dell’arrampicata su roccia e dell’alpinismo europeo, è Guida Alpina dalla fine di gennaio: una delle più giovani in Italia con i suoi ventisei anni. Fin da bambina la sua sconfinata curiosità ha caratterizzato le sue scelte facendone una sportiva a 360 gradi: dal nuoto prima, all’arrampicata poi.

raggiungimento di un obiettivo simile. Dalla mia devo ammettere di essere sempre stata molto motivata, forse anche per via della giovane età. Cosa ti ha spinto ad allontanarti dal mondo delle competizioni sportive per abbracciare la pratica outdoor? La curiosità, sono una persona letteralmente incapace, per via della mia personalità, di fare una cosa soltanto e di ostinarmi nel ripeterla, non ne trovo lo scopo. Odio la routine. Con l’arrampicata è stato amore a prima vista, ma l’arrampicata sportiva (specialmente per come è intesa oggi), è una realtà estremamente monotona fatta di gare, allenamenti, calendari e rigide tabelle. Tutto organizzato per l’agonismo, com’è giusto. Ma non fa per me. Non mi piace il mondo delle competizioni per il modo che ha di ripetersi, di continuo, senza grandi variabili. Avendo questa visione delle cose era inevitabile che, presto o tardi, avrei perso interesse per le gare. La vera bellezza per me esiste e consiste nell’essere in uno stato di evoluzione continua. È con questa filosofia che ho cominciato a scalare su roccia, quella vera: di granito, gneiss, calcare o dolomia. Negli anni ho provato diversi tipi di arrampicata: multipitch, falesia, boulder. La trad, tuttavia, rimane la mia specialità. Riavvicinandomi poi anche allo sci, allo sci alpinismo e all’alpinismo, è cominciata un’esplorazione dell’arrampicata, attraverso le montagne, completa.

Esiste un limite di età per inseguire il sogno di diventare Guida Alpina? Assolutamente no. Ho avuto diversi colleghi di corso che avevano 45 anni o più. Uomini che hanno lavorato in montagna per tutta la vita, ma che hanno scelto tardi di formalizzare l’esperienza maturata in una professione come lo è quella di Guida Alpina. Probabilmente, a quell’età, rappresenta il coronamento di una vita intera trascorsa tra roccia e ghiaccio più che un’effettiva professione. In ogni caso no, non c’è un’età per realizzare sé stessi. Lo fai quando c’è la voglia e la motivazione per farlo. Io, ad esempio, non ho iniziato a quindici anni con il sogno di diventare Guida Alpina, ma è stata la montagna stessa, con le sue mille sfumature, a farmi intraprendere un cammino capace di portarmi al

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"Più che una scalata la vedo come una danza verticale la mia. Fluida. Lenta, ma costante. Indubbiamente più simile alla danza moderna che a quella classica. Un movimento continuo figlio della mia filosofia di vita: cerco di non fermarmi mai." In questo “tempo clandestino” hai avuto modo di pensare a qualche progetto futuro? Paradossalmente la pandemia mi ha fatto passare la voglia di andare troppo lontano. Ho sempre avuto il sogno della Patagonia e sempre l’avrò, ma adesso è il tempo dei sogni dietro casa. Proprio la Patagonia, ad esempio, è “IL SOGNO” per eccellenza, ma non è il mio sogno. O meglio, non è il primo o il solo. Ho creduto lo fosse perché è il sogno generalizzato di tante persone. Di recente mi sono invece focalizzata su quelli che sono i miei desideri, cose magari piccole o di poco conto agli occhi degli altri, ma con valore inestimabile per me. Obiettivi che rappresentano quello che voglio fare dell’arrampicata e dell’alpinismo e, in sintesi, del mio andare in montagna.

do siano in pochi a saperlo. Amo anche leggere, recentemente ho letto Shantaram di Gregory David Roberts e appena finisce questa pandemia, mi son detta, andrò in India con uno zaino e un paio di vestiti dentro. Nient’altro. Che importanza dai ai gradi? Non ho mai dato abbastanza importanza ai gradi, privilegiando piuttosto l’estetica della linea. Nella mia carriera d’arrampicatrice questo approccio è sempre stato il mio più grande crimine. Non riesco a riconoscermi nella schiera degli arrampicatori proprio per questo motivo: io non ho mai lavorato un tiro. Le difficoltà che ho raggiunto, (ritenute basse al giorno d’oggi) come l’8b+, le ho sempre superate in pochi tiri. Non sono mai arrivata a più di cinque o sei tentativi su un tiro, per intenderci. Da una parte me ne infischio perché io sono così, ho sempre seguito il mio istinto. Dall’altra invece mi spiace perché spesso, ad esempio, il motivo per cui non riesco a lavorare un tiro è perché mi annoio. Fissata sulla ricerca costante del nuovo. Sono arrivata alla conclusione che, pur essendo questa la mia indole, devo impegnarmi a trovare un compromesso. Ho sempre fatto quello che pareva a me e il mio stesso personaggio è stato costruito sulla mia impulsività. Quindi, come proposito per il 2021, mi sono ripromessa di chiudere almeno un tiro duro per non perdere di credibilità.

Toglimi una curiosità: voi atleti del 2021, figli dell’epoca social, lo sentite come un peso questo implicito “dover pubblicare”? Anche qui come in falesia ho sempre fatto solo quello che mi andava di fare. Mi mostro per quella che sono e ho sempre rifiutato i classici lavori da influencer. Non ho mai stretto collaborazioni che non rispecchiassero quella che sono io. Quando mi sono trovata in particolare sintonia con alcune realtà o brand, ho appoggiato la causa, ma mai andando contro i miei principi. Nel privato è ancora più semplice: se ho voglia di pubblicare qualcosa lo pubblico, altrimenti no. Se scelgo di scrivere un post è perché sono ispirata e mi va di farlo, non perché sono trascorsi tot giorni o perché sento il bisogno di like e views per stare bene.

Come definiresti il tuo modo di muoverti sulla roccia? Più che una scalata la vedo come una danza verticale la mia. Fluida. Lenta, ma costante. Indubbiamente più simile alla danza moderna che a quella classica. Un movimento continuo figlio della mia filosofia di vita: cerco di non fermarmi mai. Inoltre tento, in quanto donna, di sfruttare il più possibile la mia elasticità e tutte le compensazioni che il mio corpo mi può offrire per ottimizzare la forza. È un’arrampicata intelligente ed efficace.

Hai fatto della tua più grande passione il tuo lavoro. Riesci a ritagliarti del tempo che sia davvero tuo? A coltivare qualcosa di diverso? Mi piace tantissimo scrivere quindi scrivo, ho scritto anche degli articoli. Quella è una passione più mia e non sempre pubblico, ma il prossimo Up Climbing, ad esempio, avrà due articoli miei. Cre-

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"La sua impulsività la mostra senza imbarazzo. Di certo non è una che conta fino a dieci, non credo arrivi nemmeno a tre. Piace o non piace, ma nel frattempo, mentre gli altri perdono tempo a contare lei cambia le cose. E va avanti." Come affronti la paura su una via? Non è né facile né immediato il processo che porta al superamento delle paure. Bisogna corteggiarle, ma serve saperlo fare. Non è solo una questione fisica, è un vero e proprio esercizio spirituale. Posso dirti che io, ad esempio, inizio a sognarla quella cosa che mi fa paura, a cercare di vivere quella sensazione immaginandola o evocandola attraverso altro. Poi ci dormo sopra, in tutti i sensi, per ben più di una singola notte. A poco a poco entro in sintonia con quella sensazione e questo mi permette di comprendere nel profondo se si tratta di qualcosa che sono in grado di superare o se, invece, mi sto spingendo troppo oltre.

tema, ho avuto tre biciclette a Torino e me le hanno rubate tutte. Non voglio essere drammatica, ma sono delusa. Anche per questo amo stare in Valle d’Aosta, per allontanarmi da quella grigiastra cappa cittadina. Lasciare una traccia positiva di sé è un’aspirazione molto diffusa, vorresti contribuire lasciando il tuo segno? Offrendo un consiglio? Non mi sono mai vista come un esempio da seguire. Scoprire però di poter essere un punto di riferimento per qualcuno è sicuramente un onore. Quello che dico sempre a chi mi domanda questo è che, in tutto ciò che ho fatto, ho seguito il cuore piuttosto che ascoltare la ragione. Avrei potuto fare fisioterapia, mi piaceva e poteva garantirmi un futuro più certo, forse. Ma io ho scelto di scalare. Ci sono tante persone che antepongono la sicurezza al proprio talento. Ognuno ha la propria indole e la propria personale attitudine da coltivare. Consiglio semplicemente di seguirlo. Al contempo mi rendo conto che non tutti, purtroppo, hanno la possibilità di seguire i propri sogni, per svariate ragioni. A chi rientra in quest’ultima categoria consiglio di ritagliarsi del tempo per fare ciò li rende felici. Non me la sento di dispensare ulteriori consigli perché comprendo che non tutti possano avere la mia fortuna.

In veste di Guida Alpina, cosa pensi e quanto ti spaventano gli effetti del Global Warming? Mi mette tristezza vedere queste montagne tanto calde. Giornate di fine febbraio facilmente confondibili con le ultime uscite dopo Pasqua, quelle di fine stagione. È come se ci stessimo avvicinando, e nemmeno troppo lentamente, a un clima tropicale più che mediterraneo. Con monsoni e siccità annessi. Questo a me preoccupa e sconforta. Nel mio piccolo faccio quei piccoli gesti ormai noti, e spero anche adottati, da tutti. Ma è un problema talmente grande che dovrebbe essere affrontato dall’alto. Siamo in un sistema che non funziona sotto questo punto di vista e la cosa mi avvilisce ulteriormente. Siamo tutti consapevoli che ci sia un problema e allora mi domando: “Cosa aspettiamo per fare qualcosa di concreto?” Mi sembra che in Italia manchi del tutto la mentalità per questo

È la prima volta che parlo con Federica: è senza dubbio una tosta. La sua impulsività la mostra senza imbarazzo. Di certo non è una che conta fino a dieci, non credo arrivi nemmeno a tre. Piace o non piace, ma nel frattempo, mentre gli altri perdono tempo a contare lei cambia le cose. E va avanti.

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Tamara Lunger it was nice to come visit you BY M AT T EO PAVA N A

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In un pomeriggio qualunque, una chiacchierata tra sacro e profano con Tamara Lunger. “Matteino, è stato un incubo. Questa è stata la mia ultima spedizione invernale sugli Ottomila.”

“Pavanaaaaaaaaaaaaa!” La sento cantare mentre sbuca dal balcone come un merlo dal suo nido. Tempo di salire le scale e la trovo sulla soglia di casa più sorridente che mai. Mi sembra ieri l’ultima volta che ci siamo visti. A quanto pare certi sorrisi hanno il potere di dilatare e contrarre il tempo a proprio piacimento, infischiandosene delle leggi della vita.

Lo sai Tami che avevi detto la stessa cosa l’anno scorso dopo i Gasherbrum, vero? Che sensazioni ti ha trasmesso la montagna? È difficile da spiegare. Quest’anno il K2 era terrificante. Un freddo mai sentito prima, l’arrampicata mai facile, i chiodi che si piegavano e uscivano dalla roccia, le corde statiche che erano sempre più ingarbugliate ed usurate (risultato di anni e anni di tentativi, estivi e invernali). La montagna sembrava potesse cadere a pezzi da un momento all’altro. Ogni progressione o calata su quelle corde era accompagnata da una preghiera perché il mio controllo, per quanto scrupoloso, poteva non essere sufficiente. Poi va beh, i sassi cadono ripetutamente e ovunque. Ho sentito più volte la montagna che mi gridava 'vattene via’.

“Come lo bevi tu il caffè Matteino? Duro o normale?” “Se per duro intendi forte, va benissimo duro Tami.” In verità è da più di un anno che Tamara e io non ci vediamo. Eravamo di ritorno dalla spedizione ai Gasherbrum, che si trovano esattamente nella ramificazione del ghiacciaio del Baltoro opposta rispetto a quella degli altri due famosi Ottomila pakistani, il Broad Peak e il K2 appunto. Del K2 ho un ricordo abbastanza nitido. Ci stavano estraendo in elicottero il giorno successivo l’incidente che aveva coinvolto Tamara e Simone nell’icefall che dal Campo Base portava a Campo 1. Ho scattato una fotografia dall’elicottero a quella montagna gigantesca. Che poi definire gli Ottomila semplicemente “montagne” è un pò come sminuirne la scala. Tamara mi porge un tazzone di caffè fumante e un barattolo di miele dorato. Il mio completo disinteressamento alla spedizione invernale al K2 credo sia l’unica spiegazione logica per cui in questo momento ascolto la sua testimonianza a cuor leggero. La prima invernale al K2 passerà agli annali come la salita lampo da parte del fortissimo e organizzatissimo team nepalese. I successivi e immediati tentativi della prima ripetizione verranno invece ricordati come una sequenza tragica di eventi. Gli uomini che hanno perso la vita sul K2 questo inverno sono stati cinque: Sergi Mingote, Atanas Skatov, JP Mohr, Muhammad Ali Sadpara e John Snorri. Non esiste un modo per parlare con qualcuno della morte, mai. Meno che mai quando a parlarne è qualcuno che la morte l’ha vista in faccia più volte. Questa è la testimonianza di un’amica, in un pomeriggio qualunque di marzo.

Come ti senti, Tami? Sono chiusa in casa da due settimane perché devo scontare il periodo di quarantena. Sono uscita solo per prendere un pò di aria. Sono un pò confusa al momento. Ho avuto molto tempo per pensare. Ho ripensato a quanto ho sognato il K2, già a partire dall’estate scorsa. Avevo delle sensazioni positive a riguardo. Una volta arrivata lì, il sogno è diventato incubo. La prima invernale da parte del team di Nirmal Purja sembrava di buon auspicio, ma con la morte di Sergi poi tutto ha preso una piega peggiore. Quell’episodio mi ha scosso molto. È caduto sullo scivolo ghiacciato che collega Campo 1 al Campo Base Avanzato. Ero con Alex Gavan, quando è successo. Abbiamo prima sentito le sue urla e poi abbiamo visto il suo corpo. Ci siamo precipitati subito da lui. Aveva fratture ovunque, il viso sfregiato, respirava malamente. Ero sotto shock. Non potevamo muoverlo, abbiamo provato a tenerlo al caldo. Ho avuto la lucidità di digitare subito il numero di Simone nella speranza riuscisse a contattare l’esercito pakistano affinché potessero soccorrerlo velocemente con l’elicottero. Purtroppo Simone era al campo base del Manaslu ed era raggiungibile solo

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tramite Whatsapp. Il satellitare in quel caso era del tutto inutile. Sono servite più chiamate per incrociare le nostre comunicazioni, ma era già troppo tardi. Quando Sergi ha smesso di respirare abbiamo potuto solo avvisare l’esercito che non c’era più bisogno dell’elicottero. Sono saliti degli sherpa ad aiutarci a riportare il corpo al Campo Base. La sua anima era già altrove, mentre la mia non esisteva più. Ho pianto per la prima volta dopo due giorni. Alex Gavan dopo quell’episodio ha lasciato la spedizione. Io sentivo invece il bisogno di elaborare il lutto ai piedi del K2, per non portare a casa pensieri ed emozioni che dovevo vivere in quel luogo. È in quel momento che ho conosciuto JP.

trambi abbiamo trovato in quel momento. Tentare nuovamente la scalata è diventato il modo più naturale possibile per oltrepassare il dolore della perdita. Abbiamo proseguito perché volevamo farci curare dalla montagna, sicuramente non per ambizione o fama. Dal punto di vista alpinistico JP era letteralmente su un altro pianeta. Forte, determinato, energico. La vita ai campi avanzati è ostile, ma lui la trasformava in qualcosa di gradevole. Una notte al Campo 3 faceva freddissimo, con temperature che toccavano i -60 °C. Io avevo il materassino rotto. Lui è stato in grado di dirmi: ‘Anche questo è il bello di andare in montagna e fare fatica’. Giusto per farti capire il suo temperamento. Ci sono stati dei momenti in cui sono riuscita quasi a dimenticarmi della tragedia che aveva coinvolto entrambi poco tempo prima.

Devi perdonarmi Tami se non so cosa dire. Ho i brividi solo al pensiero. Mi dispiace tanto. So che con JP, prima che anche lui morisse, hai stretto un rapporto intenso. Hai voglia di raccontarmi di questo tuo amico? JP ed io ci siamo conosciuti in un momento di forte dolore perché Sergi, oltre ad essere un mio amico, era il compagno di spedizione di JP. Ci siamo aiutati a vicenda, tentando di elaborare il lutto assieme. Non riesco a spiegare a parole l’energia che en-

Nel frattempo il gruppo di nepalesi aveva già salito la montagna. JP, Alì, John, il figlio di Alì ed io ci siamo organizzati per salire la montagna in una buona finestra di bel tempo o presunta tale. Il giorno del summit push era fissato per il 5 marzo. Abbiamo discusso molto sulla strategia migliore da adottare. Io ero l’unico membro che voleva fare un Campo 4, mentre gli altri volevano salire diret-

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Evidentemente ho ancora qualcosa da compiere su questa terra prima di doverla lasciare. In ogni cosa che succede esiste un insegnamento, nel bene e nel male, ma solo se siamo disposti a vederlo. Ognuno sceglie come vedere le cose. tamente alla vetta partendo dal Campo 3, una salita non-stop con 1300 metri di dislivello positivo. Poco importava la strategia, visto che poi le basse temperature, l’altitudine e la nostra fatica hanno deciso al posto nostro. In tutto questo sono anche stata molto male già a Campo 1, probabilmente a causa di un acclimamento incompleto. Ho tenuto duro fino a Campo 3, ma ero esausta. Lì ho capito che aveva più senso scendere e considerare quel tentativo una rotazione. In tutto questo, JP mi aveva già rassicurato promettendomi che, nel caso in cui avesse completato l’ascesa assieme agli altri componenti del team, mi avrebbe ugualmente accompagnato in un ulteriore tentativo, perché mai mi avrebbe lasciato da sola.

morbidire quell’irrequietezza. JP, come Alì, John, Atanas e Sergi, ha compiuto il suo destino. Perderlo è stato brutale. Non è possibile dare un perché alla morte. Non si può comprendere. Io credo solo che quel perché, in un qualche modo, esista. Pensi che sarebbe possibile per te inseguire quel genere di alpinismo se non fossi così credente? Non avessi una profonda fede in Dio non credo potrei. La prima cosa che mi ha scritto mia madre quando è venuta a conoscenza di queste ripetute tragedie è stata che sperava che questa esperienza non avesse fatto vacillare il mio credo. Mi è rimasto impresso. Perché mai dovrei perdere la mia fede? Sono stata molto fortunata perché a quest’ora, non fossi stata male a Campo 3, io sarei stata sicuramente con tutti loro. Evidentemente ho ancora qualcosa da compiere su questa terra prima di doverla lasciare. In ogni cosa che succede esiste un insegnamento, nel bene e nel male, ma solo se siamo disposti a vederlo. Ognuno sceglie come vedere le cose.

Sapendo quello che è successo dopo posso solo dirti che mi dispiace molto. So che tu che sei molto credente. Posso chiederti che significato hai dato a questa esperienza da un punto di vista religioso? Probabilmente questa esperienza doveva essere brutale. Da quando ho iniziato a scalare gli Ottomila sono sempre stata vicino alla morte. Ho trascorso mesi a sognare il K2, ma viverlo in quest’incubo è stato l’unico modo per farmi capire che è tempo di andare oltre. Matteino, per me è già tutto scritto. Era scritto che dovessi innamorarmi di quella montagna, che ci andassi con Alex, che vedessi morire Sergi e che accompagnassi JP verso il suo destino. Ti dico questo perché JP, come me, era una persona molto spirituale, ma anche molto fragile. Prima di tentare il K2 aveva avuto un anno difficile. Aveva perso suo padre. Durante la spedizione invece ha perso un caro amico in un incidente stradale. Non godeva di un rapporto pacifico con la morte, se così si può definire. Ho avuto la fortuna di conoscere un suo caro amico e suo cugino. Entrambi mi hanno confidato di essere felici del fatto che avesse trascorso con me i suoi ultimi giorni, che io abbia potuto am-

E tu come decidi di vederle? Io vorrei essere d’aiuto. JP, oltre ad essere un alpinista talentuoso, era anche un rinomato architetto. Da anni seguiva numerosi progetti di volontariato in Cile e all’estero. In Pakistan stava tentando di costruire palestre di arrampicata in cui le persone dei villaggi potessero scalare gratuitamente. Il suo sogno vive in coloro che gli sono stati vicino. A luglio mi piacerebbe tornare in Pakistan ed essere di aiuto in prima persona. La sua associazione si chiama FOUNDACIÓN DEPORTE LIBRE (per maggiori info @fundaciondeportelibre o www. deportelibre.cl). Sento che è la cosa giusta da fare. Ecco, le cose decido di vederle in questo modo. Spero di averti risposto. Certo Tami, grazie. Comunque è bello venire a trovarti.

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CORTINA D'AMPEZZO CORTINA D'AMPEZZO CORTINA D'AMPEZZO CORTINA D’AMPEZZO CORTINA D’AMPEZZO CORTINA D’AMPEZZO CORTINA D’AMPEZZO CORTINA D’AMPEZZO CORVARA IN BADIA CORVARA IN BADIA COURMAYEUR COURMAYEUR COURMAYEUR COURMAYEUR COURMAYEUR CREAZZO CUNEO CUNEO CUNEO CUNEO CUNEO CUNEO DARFO BOARIO TERME DESENZANO DEL GARDA DESIO DIMARO FOLGARIDA DOBBIACO DOBBIACO DOLZAGO DOMODOSSOLA DOMODOSSOLA DOMODOSSOLA DUEVILLE FAENZA FALCADE FANO FAVRIA FELTRE FELTRE FERMO FERRARA FERRARA FERRARA FINALE LIGURE FINALE LIGURE FINALE LIGURE FINALE LIGURE FINALE LIGURE FINALE LIGURE FINALE LIGURE FIRENZE FIRENZE FIRENZE FIRENZE FIRENZE FIUMALBO FORLÌ FORLÌ FORMIGINE FORMIGLIANA FOSSANO FRABOSA SOTTANA FROSSASCO GENOVA GENOVA GENOVA GENOVA GENOVA GENOVA GENOVA GENOVA GENOVA GENOVA PRA' GIAVENO GODEGA S. URBANO GRADISCA D’ISONZO GRAVELLONA TOCE GRESSONEY-SAINT-JEAN GROSSETO GUSSAGO ISEO ISERA ISERNIA IVREA L'AQUILA L’AQUILA L’AQUILA LA VALLE AGORDINA LA VILLA LANA LECCO LECCO LEVATA LIMONE PIEMONTE LISSONE LISSONE LIVIGNO LIVIGNO LIVIGNO LIVIGNO LIVIGNO LIVIGNO LIVIGNO LIVIGNO LOCATE DI TRIULZI LONATO LONGARONE LOVER LUCCA LUCCA LUINO LUTAGO MADONNA DI CAMPIGLIO MADONNA DI CAMPIGLIO MANARO SUL PANARO MANAROLA MANTA MANTOVA MANTOVA MARTELLAGO MATELICA MEOLO MERANO MERANO MERANO MERATE MESTRE MEZZOLOMBARDO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MILANO MODENA MODENA MOENA MONDOVÌ MONIGA MONTEBELLUNA MONTEBELLUNA MONTEBELLUNA MONTEBELLUNA MONTESACRO MONTESILVANO MONTESILVANO MORBEGNO MORBEGNO MORI MUCCIA NAPOLI NATURNO NEMBRO NEMBRO NICHELINO NICOLOSI NICOLOSI NOICATTARO NOVA LEVANTE

331. 332. 333. 334. 335. 336. 337. 338. 339. 340. 341. 342. 343. 344. 345. 346. 347. 348. 349. 350. 351. 352. 353. 354. 355. 356. 357. 358. 359. 360. 361. 362. 363. 364. 365. 366. 367. 368. 369. 370. 371. 372. 373. 374. 375. 376. 377. 378. 379. 380. 381. 382. 383. 384. 385. 386. 387. 388. 389. 390. 391. 392. 393. 394. 395. 396. 397. 398. 399. 400. 401. 402. 403. 404. 405. 406. 407. 408. 409. 410. 411. 412. 413. 414. 415. 416. 417. 418. 419. 420. 421. 422. 423. 424. 425. 426. 427. 428. 429. 430. 431. 432. 433. 434. 435. 436. 437. 438. 439. 440. 441. 442. 443. 444. 445. 446. 447. 448. 449. 450. 451. 452. 453. 454. 455. 456. 457. 458. 459. 460. 461. 462. 463. 464. 465. 466. 467. 468. 469. 470. 471. 472. 473. 474. 475. 476. 477. 478. 479. 480. 481. 482. 483. 484. 485. 486. 487. 488. 489. 490. 491. 492. 493. 494. 495. 496. 497. 498. 499. 500. 501.

ALBY SPORT DF SPORT SPECIALIST OLGIATE DF SPORT SPECIALIST ORIO SALEWA ORIO CENTER THE NORTH FACE ORIO UNDER ARMOUR MAMMUT ORTISEI SPORT GARDENA SPORT SCHMALZ SPORTLAND ORZINUOVI FREE TIME STORE SPORTLAND OSPITALETTO BIG WALL LA COCCINELLA ACTIVE CREMA SPORT INTELLIGHENZIA PROJECT SALEWA PADOVA SPORTLAND PALAZZOLO PELLISSIER SPORT PIRCHER GUNTHER ALPSTATION PARMA FREE SPORT MOVE MOUNTAIN LOVERS SEVEN SUMMITS FERRARI SPORT SPORTWAY NOVARA OLIUNÌD MILANO UKU PACHA MONDO VERTICALE SPAZIOUTDOOR ALTA QUOTA PESCARA KING LINE RRTREK PESCASSEROLI DF SPORT SPECIALIST PIACENZA L'ALTROSPORT OUTLANDERS SPORT IN MONTAGNA OUTDOOR LIFE VERTICAL PIETRAMURATA PIANETA SPORT ASPORTSTATION STIMM ZAMBERLAN ARIAPERTA M.C.RUNNING ONBOARD EUROSPORT SPORT HUB PINZOLO SPORTLAND PISOGNE SELMI TECHNOSPORT VALLEE SPORT PEAK PERFORMANCE STORE AMORINI OUTDOOR SPORTWAY PONTE KAPPAEMME SPORT MOUNTAIN SHOP BERGAMO SPORTLER PORDENONE TOFFOLI SPORT MIVAL SPORT LA SPORTIVA POZZA DI FASSA BLOSSOM SKI IL CAMPIONE PRATO SALEWA PREDAZZO V10 BERGFUCHS OVERLANDER OUTDOOR RAVENNA ROSSIGNOL UDINE REGGIO GAS A1 CLIMBING GINETTO SPORT MONTAGNA VERTICALE SALVATORI SPORT THE NORTH FACE RIMINI PERTINGER MOUNTAIN SICKS SPORT NATURA ALP3 MONTAGNA ALTA QUOTA ROMA BOTTIGLIERIA CAMPO BASE ROMA CLIMBER STORE GEOSTA LBM SPORT MONTURA ROMA MOUNTAIN AFFAIR ROMA ONERACE OUTDOOR EXPERIENCE PATAGONIA ROMA ROCK IT ROSSIGNOL PARMA RRTREK ROMA STAR WALL THE NORTH FACE THE NORTH FACE THE NORTH FACE UNDER ARMOUR STORE OMNIA SPORT SPORTLAND RONCADELLE SHERPA ATLANTE MONTELLO BLOCK3 CABAS SPORT CABAS SPORT MAKALU' SPORT MONTURA ROVERETO SPORTLIFEE MACIACONI ANIMA SPORTIVA PIÙ SPORT ALPSTATION AOSTA PAPIN SPORT SPORT HOLZER LAGAZOI SPORT SPORT HUB CHIAVENNA DF S.G. MILANESE SPORTLAND SAN LEONARDO SPORTLER SAN MARTINO TURNOVER SPORT SAN MARTINO SPORT SLALOM CLASSIC SLALOM DONNA SLALOM SPORT PARETI WEGER UNICO SPORT ALPSTATION BRESCIA NEW VIAGGIANDO GIUGLAR LAB IS SPORT FAMA SPORT ALPSTATION SARZANA 3.30 RUNNING STORE BESSON SPORT GIUGGIA SPORT MOUNTAIN EXPERIENCE ALPSTATION SCHIO MAX SPORT VALLI SPORT PIANETA CICLO ART CLIMB BRUNO SPORT ACTIV SPORT CABOT COVE OUTDOOR CAFÈ SALEWA OUTLET SERRAVALLE KINIGER SPORTMODE MAXI SPORT SESTO S.G. XL MOUNTAIN IL MARATONETA SPORT RONDIRO PASSSPORT SIGNORESSA SPORTLER CLIMBING CENTER SPORTLER TREVISO DF SPORT SPECIALIST SIRTORI ALTERNATIVA SPORT ALPIN SPORTS K&K SPORTS ROCK & ICE SOLDA SALEWA OUTLET VERONA CENTRO SPORT FIORELLI SPORT SONDRIO SPORTLAND SONICO CAMPO BASE SPILAMBERTO BERGER SCHUKE SPORTLAND STEZZANO SPORTLAND SUZZARA ALPSTATION TARVISIO SPORTLER TAVAGNACCO ZANI SPORT

NOVALESA OLGIATE OLONA ORIO AL SERIO ORIO AL SERIO ORIO AL SERIO ORIO AL SERIO ORTISEI ORTISEI ORTISEI ORZINUOVI OSIMO OSPITALETTO OSTERIA DEL GATTO, FOSSATO DI VICO OVINDOLI PADOVA PADOVA PADOVA PADOVA PALAZZOLO SULL’OGLIO PAQUIER PARCINES PARMA PARMA PARMA PAVULLO NEL FRIGNANO PERGINE VALSUGANA PERNATE PERO PERTOSA PERUGIA PERUGIA PESCARA PESCARA PESCASSEROLI PIACENZA PIACENZA PIACENZA PIANCOGNO PIANELLA PIETRAMURATA PIETRASANTA PIEVE D’ALPAGO PIEVE DI SOLIGO PIEVE DI TORREBELVICINO PINEROLO PINEROLO PINEROLO PINZOLO PINZOLO PISOGNE PISTOIA PLAN FELINAZ PONT SAINT MARTIN PONTE DI LEGNO BS PONTE FELCINO PONTE NELLE ALPI PONTE SELVA DI PARRE PONTERANICA PORDENONE PORDENONE POVE DEL GRAPPA POZZA DI FASSA PRATA CAMPORTACCIO PRATO PREDAZZO QUARTU SANT’ELENA RASEN-ANTHOLZ SÜDTIROL RAVENNA RAVENNA REANA DEL ROJALE REGGIO EMILIA REGGIO EMILIA REGGIO EMILIA RIETI RIETI RIMINI RIO DI PUSTERIA RIVAROLO CANAVESE ROCCA DI MEZZO ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMA ROMAGNANO SESIA RONCADELLE RONCO BRIANTINO RORETO DI CHERASCO ROVERETO ROVERETO ROVERETO ROVERETO ROVERETO RUFFRE' - MENDOLA S. CRISTINA SACILE SACILE SAINT CHRISTOPHE SAN CANDIDO SAN CANDIDO SAN CASSIANO SAN CASSIANO SAN GIULIANO MILANESE SAN LEONARDO IN PASSIRIA SAN MARTINO BUON ALBERGO SAN MARTINO BUON ALBERGO SAN MARTINO DI CASTROZZA SAN MARTINO DI CASTROZZA SAN MARTINO DI CASTROZZA SAN MARTINO DI CASTROZZA SAN PANCRAZIO SAN PAOLO SAN VENDEMIANO SAN ZENO NAVIGLIO SANSEPOLCRO SANT'AMBROGIO SANT’AGOSTINO SARONNO SARZANA SASSUOLO SAUZE D’OULX SAVIGLIANO SAVIGNANO SUL RUBICONE SCHIO SCHIO SCHIO SCOPPITO SEDICO SELVA GARDENA SELVA VAL GARDENA SENIGALLIA SERAVALLE SCRIVIA SESTO SESTO SAN GIOVANNI SETTIMO VITTONE SIENA SIENA SIGNORESSA SILEA SILEA SIRTORI SISTIANA SIUSI SIUSI SOLDA SONA SONDRIO SONDRIO SONICO SPILAMBERTO ST. NIKOLAUS ULTEN STEZZANO SUZZARA TARVISIO TAVAGNACCO TEMU


502. 503. 504. 505. 506. 507. 508. 509. 510. 511. 512. 513. 514. 515. 516. 517. 518. 519. 520. 521. 522. 523. 524. 525. 526. 527. 528. 529. 530. 531. 532. 533. 534. 535. 536. 537. 538. 539. 540. 541. 542. 543. 544. 545. 546. 547. 548. 549. 550. 551. 552. 553. 554. 555. 556. 557. 558. 559. 560. 561. 562. 563. 564. 565. 566. 567. 568. 569. 570. 571. 572. 573. 574. 575. 576. 577.

PIÙ SPORT 502. PIÙ SPORT IOCORRO! 503. IOCORRO! VERTIGINI SPORT 504. VERTIGINI SPORT MONTURA FIEMME 505. MONTURA FIEMME SPORT VENTURA 506. SPORT VENTURA CRAZY STORE507. TIRANOCRAZY STORE TIRANO TECNICAL SKI508. TECNICAL SKI ALPSTATION TORINO 509. ALPSTATION TORINO ASD BOULDER 510. BAR ASD BOULDER BAR BSHOP BRACCINI 511. BSHOP BRACCINI BSHOP RAVINA 512. BSHOP RAVINA BSIDE CLIMBING 513. VILLAGE BSIDE CLIMBING VILLAGE CUORE DA SPORTIVO 514. CUORE DA SPORTIVO FERRINO STORE 515. TORINO FERRINO STORE TORINO FRESH STORE516. FRESH STORE GRASSI SPORT 517. TORINO GRASSI SPORT TORINO JOLLY SPORT518. JOLLY SPORT JOLLY SPORT519. JOLLY SPORT MIZUNO STORE 520. MIZUNO STORE MONTURA TORINO 521. MONTURA TORINO PASSION SPORT 522. PASSION SPORT RONCO ALPINISMO 523. RONCO ALPINISMO SALEWA TORINO 524. SALEWA TORINO SASP 525. SASP THE NORTH FACE 526. TORINO THE NORTH FACE TORINO GULLIVER TORRE 527. PELLICE GULLIVER TORRE PELLICE SPORTLER VICENZA 528. SPORTLER VICENZA LEZARD 529. LEZARD CATTI SPORT 530. CATTI SPORT LA SPORTIVA531. TRENTOLA SPORTIVA TRENTO MONTURA TRENTO 532. MONTURA TRENTO ROCK & ICE TRENTO 533. ROCK & ICE TRENTO SHERPA3 PATAGONIA 534. SHERPA3 PATAGONIA SPORTLER ALPIN 535. TRENTO SPORTLER ALPIN TRENTO SPORTLER TRENTO 536. SPORTLER TRENTO TECNOSCI 537. TECNOSCI VERTICAL SPORT 538. TRENTO VERTICAL SPORT TRENTO MAGNITUDO539. MAGNITUDO LE BLOC SHOP 540. LE BLOC SHOP ALPSTATION TRIESTE 541. ALPSTATION TRIESTE AVVENTURA 542. DUE AVVENTURA DUE SPORTLER TRIESTE 543. SPORTLER TRIESTE FIASCARIS 544. FIASCARIS K2 SPORT 545. K2 SPORT SPORT CENTER 546. SPORT CENTER SPORT CORONES 547. SPORT CORONES SPORT MODE548. MARIA SPORT MODE MARIA FIORELLI SPORT 549.VALMASINO FIORELLI SPORT VALMASINO SALEWA OUTLET 550.VALMONTONE SALEWA OUTLET VALMONTONE BASE CAMP 551. BASE CAMP SKICENTER 552. SKICENTER LODO SPORT553. LODO SPORT VERNAZZA SPORT 554. VERNAZZA SPORT CAMPO BASE555. VERONA CAMPO BASE VERONA MONTURA VERONA 556. MONTURA VERONA ROSSIGNOL VERONA 557. ROSSIGNOL VERONA THE NORTH FACE 558. VERONA THE NORTH FACE VERONA CONTROCORRENTE 559. CONTROCORRENTE MARATONANDO 560. MARATONANDO OLIUNID VICENZA 561. OLIUNID VICENZA GILIOLI SPORT 562. GILIOLI SPORT MONDO MONTAGNA 563. MONDO MONTAGNA VERTICAL NO564. LIMIT VERTICAL NO LIMIT DHO SPORT 565. DHO SPORT ROSSI 566. ROSSI SPORTLAND 567. VILLANUOVA SPORTLAND VILLANUOVA AFFARI & SPORT 568.VILLASANTA AFFARI & SPORT VILLASANTA BAROLI SPORT 569. BAROLI SPORT CALZATURE BAROLI 570. CALZATURE BAROLI HERBERT PLANK 571. SPORT HERBERT PLANK SPORT RUNNER 572. RUNNER HELLWEGER INTERSPORT 573. HELLWEGER INTERSPORT LA SPORTIVA574. ZIANO DI LAFIEMME SPORTIVA ZIANO DI FIEMME TIRABOSCHI 575. SPORT TIRABOSCHI SPORT CRAS 576. CRAS TABIA SPORT577. TABIA SPORT

TERAMO TERNI TERNI TESERO TESERO TIRANO TOLMEZZO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORINO TORRE PELLICE TORRI DI QUARTESOLO TRADATE TRAVERSETOLO TRENTO TRENTO TRENTO TRENTO TRENTO TRENTO TRENTO TRENTO TRENTO TREVISO TRIESTE TRIESTE TRIESTE UDINE UDINE VAL DI VIZZE 19 VALDAORA VALLES VALMASINO VALMONTONE VALSESIA VARNA VERMIGLIO VERNAZZA VERONA VERONA VERONA VERONA VIADANA VIAREGGIO VICENZA VIGNOLA VIGNOLA VILLAIR-AMERIQUE VILLANOVA MONDOVI VILLANOVA MONDOVI VILLANUOVA SUL CLISI VILLASANTA VILLENEUVE VILLENEUVE VIPITENO VITERBO WELSBERG-TAISTEN ZIANO DI FIEMME ZOGNO ZOLA PREDOSA ZOLDO ALTO

Germany 578. 579. 580. 581. 582. 583. 584. 585. 586. 587. 588. 589. 590. 591. 592. 593. 594. 595. 596. 597. 598. 599. 600. 601. 602. 603. 604. 605. 606. 607. 608. 609. 610. 611. 612. 613. 614. 615. 616. 617. 618. 619. 620. 621. 622. 623. 624. 625. 626. 627. 628. 629. 630. 631. 632. 633. 634. 635. 636. 637. 638. 639. 640. 641. 642. 643. 644. 645. 646. 647.

MOUNTAIN-SPORTS 578. MOUNTAIN-SPORTS ROHRMEIER 579. OUTDOOR ROHRMEIER OUTDOOR CONDITION STEIGENBERGER 580. CONDITION STEIGENBERGER BERGSPORTHÜTTE 581. BERGSPORTHÜTTE RIAP SPORT 582. RIAP SPORT STADT LAND 583. FLUSS STADT LAND FLUSS BERGSPORT GEISTALLER 584. BERGSPORT GEISTALLER CAMP 4 585. CAMP 4 GLOBETROTTER 586.BERLIN GLOBETROTTER BERLIN MONT K 587. MONT K PATAGONIA BERLIN 588. PATAGONIA BERLIN THE NORTH FACE 589. BERLIN THE NORTH FACE BERLIN UNTERWEGS 590. BIELEFELD UNTERWEGS BIELEFELD KRENN MODE 591. UND SPORT KRENN MODE UND SPORT GLOBETROTTER 592.BONN GLOBETROTTER BONN UNTERWEGS 593. BONN UNTERWEGS BONN UNTERWEGS 594. BREMENUNTERWEGS BREMEN UNTERWEGS 595. CELLE UNTERWEGS CELLE DER SKANDINAVIER 596. DER SKANDINAVIER MAGIC MOUNT 597.ALLESMAGIC MOUNT ALLES GLOBETROTTER 598.DRESDEN GLOBETROTTER DRESDEN UNTERWEGS 599. DUISBURG UNTERWEGS DUISBURG GLOBETROTTER 600.DÜSSELDORF GLOBETROTTER DÜSSELDORF SACK & PACK601. SACK & PACK UNTERWEGS 602. ERFURTUNTERWEGS ERFURT FREILAUF 603. FREILAUF BERGSPORT MÜHLBAUER 604. BERGSPORT MÜHLBAUER UNTERWEGS 605. FLENSBURG UNTERWEGS FLENSBURG GLOBETROTTER 606.FRANKFURT GLOBETROTTER FRANKFURT SALEWA STORE 607. FREIBURG SALEWA STORE FREIBURG SPORT BOHNY 608. SPORT BOHNY SPORT KIEFER 609. SPORT KIEFER DOOROUT.COM 610. DOOROUT.COM NORDWAND611. SPORTSNORDWAND SPORTS ALPINSPORT 612. BASIS ALPINSPORT BASIS BERGSPORT WN 613. ALPIN BERGSPORT WN ALPIN SPORT CONRAD 614. GARMISCH SPORT CONRAD GARMISCH BERGZEIT 615. BERGZEIT GLOBETROTTER 616.HAMBURG GLOBETROTTER HAMBURG GLOBETROTTER 617. HAMBURG GLOBETROTTER HAMBURG UNTERWEGS 618. HAMM UNTERWEGS HAMM BSZ BERGSPORTZENTRALE 619. BSZ BERGSPORTZENTRALE ADVENTURE 620. COMPANY ADVENTURE COMPANY SPORT NENNER 621. SPORT NENNER BERGZEIT 622. BERGZEIT UNTERWEGS 623. HÖXTERUNTERWEGS HÖXTER SPORT CONRAD 624.IFFELDORF SPORT CONRAD IFFELDORF UNTERWEGS 625. JEVER UNTERWEGS JEVER BASISLAGER 626. SPORT HANDELS BASISLAGER SPORT HANDELS SCENIC SPORTS 627. SCENIC SPORTS BERGSPORT MAXI 628. BERGSPORT MAXI UNTERWEGS 629. KIEL UNTERWEGS KIEL GLOBETROTTER 630. GLOBETROTTER GLOBETROTTER 631.KÖLNGLOBETROTTER KÖLN SPORT GRUNER 632. SPORT GRUNER ALPINSPORTZENTRALE 633. ALPINSPORTZENTRALE ALPEN STRAND 634. ALPEN STRAND 635. LEIPZIG THE NORTH FACE THE NORTH FACE LEIPZIG UNTERWEGS 636. LEIPZIG UNTERWEGS LEIPZIG BIWAK 637. BIWAK EISELIN SPORT 638. EISELIN SPORT ALPIN OUTDOOR 639. LADEN ALPIN OUTDOOR LADEN ENGELHORN640. SPORTSENGELHORN SPORTS OUTDOORTRENDS 641. OUTDOORTRENDS MAGIC MOUNT 642. MAGIC MOUNT GLOBETROTTER 643.MÜNCHEN GLOBETROTTER MÜNCHEN KELLER SPORTS 644. KELLER SPORTS KELLER SPORTS 645. KELLER SPORTS PATAGONIA MÜNCHEN 646. PATAGONIA MÜNCHEN RUMRICH STONE 647. PROJECTS RUMRICH STONE PROJECTS

ANSBACH ASCHAFFENBURG ASCHAU AUGSBURG BAD REICHENHALL BAD TÖLZ BERCHTESGADEN BERLIN BERLIN BERLIN BERLIN BERLIN BIELEFELD BISCHOFSWIESEN BONN BONN BREMEN CELLE COBURG DORTMUND DRESDEN DUISBURG DÜSSELDORF DÜSSELDORF ERFURT ERLANGEN FELDKIRCHEN WESTERHAM FLENSBURG FRANKFURT AM MAIN FREIBURG FREIBURG FREIBURG FULDA FÜSSEN GARMISCH-PARTENKIRCHEN GARMISCH-PARTENKIRCHEN GARMISCH-PARTENKIRCHEN GMUND-MOOSRAIN HAMBURG HAMBURG HAMM HANNOVER HEILBRONN HINTERTUX HOLZKIRCHEN / GROSSHARTPENNING HÖXTER IFFELDORF JEVER KARLSRUHE KAUFBEUREN KEMPTEN 87435 KIEL KÖLN KÖLN KONSTANZ LANDSBERG AM LECH LANDSHUT LEIPZIG LEIPZIG LIMBURG LÖRRACH MAINZ MANNHEIM MARKTOBERDORF MENDEN MÜNCHEN MÜNCHEN MÜNCHEN MÜNCHEN MÜNCHEN

648. 649. 650. 651. 652. 653. 654. 655. 656. 657. 658. 659. 660. 661. 662. 663. 664. 665. 666. 667. 668. 669. 670. 671. 672. 673. 674. 675. 676. 677.

SCHUSTER SPORTHAUS THE NORTH FACE MUNICH UNTERWEGS MÜNSTER SPORT CONRAD MURNAU SPORTHAUS SCHÖNHERR TRAVEL & TREK BASTIAN SALEWA STORE OBERSTDORF SCHRATT 1803 UNTERWEGS OLDENBURG DER OUTDOORLADEN DENK SPORT CONRAD PENZBERG E-XPLOSION GIPFELSTÜRMER LAUF UND BERG KÖNIG SALEWA STORE REGENSBURG MONTAGNE-SPORT BERGWERKER STUTTGART GLOBETROTTER STUTTGART GLOBETROTTER HARZ SCHNEIDER RAD+SPORT VIKING ADVENTURES BIWAKSCHACHTEL GLOBETROTTER ULM SALEWA OUTLET WERTHEIM UNTERWEGS WESEL SPORT CONRAD WIELENBACH UNTERWEGS WILHELMSHAVEN BASISLAGER WÜRZBURG SALEWA OUTLET ZWEIBRÜCKEN

MÜNCHEN MUNICH MÜNSTER MURNAU NEUSTIFT NÜRNBERG OBERSTDORF OBERSTDORF OLDENBURG PADERBORN PASSAU PENZBERG PFORZHEIM RAVENSBURG REGENSBURG REGENSBURG ROSENHEIM STUTTGART STUTTGART TORFHAUS (HARZ) TRAUNSTEIN TRIER TÜBINGEN ULM WERTHEIM WESEL WIELENBACH WILHELMSHAVEN WÜRZBURG ZWEIBRÜCKEN

Austria 678. 679. 680. 681. 682. 683. 684. 685. 686. 687. 688. 689. 690. 691. 692. 693. 694. 695. 696. 697. 698. 699. 700. 701. 702. 703. 704. 705. 706. 707.

ALPIN LOACKER ALPIN LOACKER ALPSTATION INNSBRUCK BERGFUCHS BLACK DIAMOND INNSBRUCK BERGSPORT BERGWERK HIGH LIFE HANDELS KAMAX BOOTS ONSIGHT BERGSPORT PATAGONIA INNSBRUCK PETE SPORT PETE SPORT ROCKNROLL MOUNTAIN STORE ROCKNROLL MOUNTAIN STORE SALEWA OUTLET PARNDORF SALEWA STORE HÖRHAGER SALEWA STORE LINZ SALEWA STORE SAALFELDEN SALEWA STORE SALZBURG SALEWA STORE SCHLADMING SALEWA STORE WIEN SPORT HILBRAND SPORT4YOU SPORTLER SPORTLER SPORTLER WITTING STEPPENWOLF THE NORTH FACE INNSBRUCK ZIMML ALPINAUSSTATTER

BERGHEIM SALZBURG BLUDENZ GÖTZIS GÖTZIS GRAZ INNSBRUCK INNSBRUCK INNSBRUCK INNSBRUCK INNSBRUCK KIRCHDORF IN TIROL KIRCHDORF IN TIROL KUFSTEIN LIENZ LIENZ LINZ MAYRHOFEN MITTELBERG PARNDORF SAALFELDEN SCHLADMING SÖLDEN ST. ANTON AM ARLBER ST. ANTON AM ARLBERG ST. ANTON ARLBERG STEYR WIEN WIEN WÖRTHERSEE ZAMS

Switzerland 708. 709. 710. 711. 712. 713. 714. 715. 716. 717. 718. 719. 720. 721. 722. 723. 724. 725.

TRANSA BASEL TRANSA BERN BÄCHLI BERGSPORT STILE ALPINO LUGANO PLANET ENDURANCE TRANSA LUCERNE DF SPORT SPECIALIST LUGANO SALEWA STORE PONTRESINA STILE ALPINO SAMEDAN BOOSPORT TRANSA ST. GALLEN MONTAIN-AIR BAYARD SPORT SALEWA STORE ZERMATT THE NORTH FACE ZERMATT THE NORTH FACE ZURICH TRANSA ZURICH BÄCHLI BERGSPORT

BASEL BERN BERN-BREITENRAIN CANOBBIO ECUBLENS LUCERNE LUGANO PONTRESINA SAMEDAN SIERRE ST. GALLEN VERBIER ZERMATT ZERMATT ZERMATT ZURICH ZURICH ZURICH-OERLIKON

France 726. 727. 728. 729. 730. 731. 732. 733. 734. 735. 736. 737. 738. 739. 740. 741. 742. 743. 744. 745. 746. 747. 748. 749. 750. 751. 752. 753. 754. 755. 756. 757. 758. 759. 760. 761. 762. 763. 764. 765. 766. 767. 768. 769.

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770. 771. 772. 773. 774. 775. 776. 777.

TWINNER SAINT GERVAIS ESPACE MONTAGNE AU VIEUX CAMPEUR SALLANCHES AU VIEUX CAMPEUR THE NORTH FACE STRASBOURG AU VIEUX CAMPEUR CHULLANKA TOULOUSE TERRE DE MONTAGNE

SAINT GERVAIS SAINT MARTIN D'HERES SALLANCHES STRASBOURG STRASBOURG THONON LES BAINS TOULOUSE VILLE LA GRAND

778. 779. 780. 781. 782. 783. 784. 785. 786. 787. 788. 789. 790. 791. 792. 793. 794. 795. 796. 797. 798. 799. 800. 801. 802. 803. 804. 805. 806. 807. 808. 809. 810. 811. 812. 813. 814. 815. 816. 817. 818. 819. 820. 821. 822. 823. 824. 825. 826. 827. 828. 829. 830. 831. 832. 833. 834. 835. 836. 837. 838.

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Spain

The Netherlands 839. 840. 841. 842. 843. 844. 845. 846. 847. 848. 849. 850. 851. 852. 853. 854. 855. 856. 857. 858. 859. 860. 861. 862. 863. 864. 865. 866. 867. 868. 869. 870. 871. 872. 873. 874. 875. 876.

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877. 878. 879. 880. 881. 882. 883. 884. 885. 886. 887. 888. 889. 890. 891. 892.

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UK England


LAST WORD TEXT CHIARA GUGLIELMINA

Se davvero è ancora consentito sognare, lasciatemi esprimere in tutta la mia compiuta follia. Che nulla ho di più caro nei momenti difficili. Che sono a raccontarvi che se nascessi domani vorrei essere riccio di mare. Asessuati e liberi, che nel riprodursi non si moltiplicano come l’uomo, inquinando ogni cosa, ma si frammentano senza rompersi. Il corpo d’un riccio, come quello d’un alpinista caduto, è diviso in due o più parti ma, mentre per noi uomini tutto finisce, dai frantumi d’un riccio si generano nuovi animali individuali. Che se potessi esprimere un sogno vorrei esser montagna, che pur vedendo dall’alto non sa discriminare, che ti scarica addosso fiumi di neve senza badare al colore del tuo imbrago, che t’ingoia in un crepaccio profondo senza notare se sfoggi barba o rossetto, che non crea nuovi appigli se sei troppo corto né venti più caldi se sei troppo magro. Che ti regala gioie immense che tu sia bianco, nero, giallo o misto. Ma siccome son lucida e non folle, son donna e non montagna, vorrei essere libera davvero. Che non servano un paio di tacchi a esaltare le mie forme che bastino i miei movimenti a mostrarne la forza immensa, che non serva il mascara sulle ciglia a farmi trattenere un pianto che basti il rispetto che ho di me per questo.

PHOTO MAT TEO PAVANA

Che la mia femminilità non venga misurata dalla lunghezza dei miei capelli men che meno da quella della mia gonna. Che Il mio essere me, non mi renda meno donna. Solo più libera. Cosa, più di questo, esprime femminilità? E, in risposta a una cara amica… Il mio stato d’animo, ora che m’imbatto di nuovo in queste parole, è invariato. Non so cosa mi abbia cambiato né quando, ma non ho più con me la grinta d’un tempo. Rileggendo mi trovo a riscrivere con la stessa pacatezza; mi ripeto. Che a essere il “sesso debole”, trovo gratitudine senza spazio per la polemica, non di certo per la rabbia. “Innocente!” … “Ingenua!” mi han detto più volte. Ma nel rispondere in poesia a offese feroci, lì io trovo cambiamento. Trovo compiutezza dove avete visto banalità e orgoglio dove avete compatito l’innocenza. Che se “a pensar male si fa peccato ma quasi sempre s’indovina”, a pensar bene si sbaglia di più, ma il premio ha gran valore. E a costo di essere compatita a vita, in me non troverete ira. Se è questo che cercate, passate oltre. Perché qui vedrete amore, dove avete sempre visto lotta. E dovrete essere preparati, per sopportarlo. Chiara (ultima parola, dal sesso debole)

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