The Pill Nike Trail Special IT

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LDV | 1979

ESCAPE | 1984

AIR TERRA ACG | 1991

A I R R E VA D E R C H I I I | 1 9 9 3

AIR TERRA SERTIG | 1997

AIR HUMARA | 1997

A I R T E R R A G OAT E K | 1 9 9 9

AIR TERRA TRIAX | 1999

AIR TEOCALLI XCR | 2002

AIR ZOOM ORIZABA | 2005

NIKE AIR ZOOM TERRA KIGER 2 | 2015

AIR ZOOM WILDHORSE 3 | 2016

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AIR WILDWOOD ACG | 1989

AIR PEGASUS A/T | 1991

A I R R E VA D E R C H I | 1 9 9 3

AIR TERRA ALBIS | 1997

A I R T E R R AVO R E | 1 9 9 8

AIR TERRA HUMARA | 1999

AIR TERRA HUMARA 3 | 2000

AIR TUPU | 2002

ZOOM WILDHORSE N7 | 2013

NIKE ZOOM TERRA KIGER | 2014

AIR ZOOM TERRA KIGER 3 | 2016

AIR ZOOM TERRA KIGER 4 | 2017

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PEGASUS TRAIL 2


Nike Trail Special T E X T S I LV I A G A L L I A N I

L'avventura di Nike nel mondo del trail running risale al 1978. Quell'anno, alcuni dei migliori alpinisti americani raggiunsero la vetta del K2, la seconda vetta più alta del mondo, indossando scarpe da corsa Nike. Nato nel nord-ovest degli Stati Uniti, il brand ha da sempre dimostrato un vero e proprio amore per la vita all'aria aperta, che è diventato in seguito il principio fondante del suo DNA. E quando il fenomeno del trail running ha iniziato a prendere piede, sono stati i dipendenti Nike i primi ad appassionarsi. È stato infatti Mark Parker, ex CEO di Nike, a progettare le prime scarpe da trail running ufficiali dell'azienda in quanto era alla ricerca di modelli da corsa adatti allo sport che già praticava. Fin dall'inizio, Nike ha adottato tutte le caratteristiche ideali per il trail running. Leggerezza, trazione, innovazione dei materiali, allacciature ergonomiche e metodi di fabbricazione che fossero il meno invasivi possibile. Questi sono stati fin dal principio il fulcro dei prodotti Nike per il mercato outdoor e trail. E sono stati numerosi gli atleti outdoor che nel corso degli anni che si sono sentiti allineati all’etica di Nike nei confronti della maggior parte degli sport. Decisione e motivazione, Nike Trail è esattamente ciò che rende Nike, Nike. Nike crede fermamente che il trail running possa essere un antidoto alla corsa. Tradizionalmente la corsa è sempre stata una disciplina legata al tempo su di un orologio, alle gare e alle meda-

glie. Poi c’è il trail, dove le gare sono un aspetto certamente importante, ma uscire a correre per staccarsi dal presente è molto più fondamentale. Sui sentieri non contano ritmo e velocità, non tanto quanto gli sforzi che si fanno. La distanza è di per sé relativa a solo dove si corre: curve strette, fitte foreste, sentieri tortuosi, terreni ripidi. Alla fine, ciò che importa davvero sono le emozioni che il trail sa regalare. Quello che conta è l'esperienza, non il traguardo. Il viaggio invece della destinazione. Il trail running è fatto anche della sua comunità: runner, alpinisti, amanti dell'outdoor. E così come in ogni comunità, quella Nike è formata da un gruppo diversificato di persone, in cui colore della pelle, sesso, background sociale e origini cultural non ti definiscono quando corri. Tutti sono uguali e benvenuti a correre sui sentieri. Rispettare l'ambiente, proteggere il pianeta, renderlo il proprio parco giochi e mantenerlo pulito sono i valori principali del trail running, ed è questo che lo rende sostenibile. Ciò che conta alla fine è scegliere il giusto paio di scarpe da trail in base a diversi terreni che si andrà ad affrontare, l’outfit adatto, e lasciarsi andare al piacere della corsa.

Trail is freedom, trail is power. It’s for everyone. 2


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Contents 6

NIKE TRAIL GENE ALOGY

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NIKE TEAM STORIES

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CESARE MAESTRI

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FRANCESCO PUPPI

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THE TRAILS ARE FOR E VERYONE

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D O R A AT I M

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VA L E R I A M A R G H E R I TA M O S C A

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I L A R IA & STE FA N O

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NIKE TRAIL FOOT WE AR CO LLECTIO N

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LAST WORD

PRODUCTION The Pill Agency www.thepillagency.com EDITOR IN CHIEF Denis Piccolo denis@hand-communication.com E D I T O R I A L C O O R D I N AT O R S Davide Fioraso, Silvia Galliani, Tommaso Bernacchi E D I T I N G & T R A N S L AT I O N S Silvia Galliani

C O M PA N Y E D ITO R Hand Communication, Via Piave 30, Saluzzo CN 12037, Italy hello@hand-communication.com PRINT L'artistica Savigliano, Savigliano Cuneo - Italy, lartisavi.it ADVERTISING hello@hand-communication.com +39 333.7741506 FOLLOW US

ART DIRECTION George Boutall | Evergreen Design House Niccolò Galeotti, Francesca Pagliaro

www.thepillmagazine.com www.facebook.com/thepillmagazine Instagram.com/thepillmagazine

THEPILLMAGAZINE .COM Camilla Pizzini camilla@hand-communication.com

The Pill rivista bimestrale registrata al tribunale di Milano il 29/02/2016 al numero 73

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Nike Trail Genealogy T E X T S I LV I A G A L L I A N I

La storia di Nike nel mondo del trail running inizia nel 1978, quando una squadra composta dai migliori alpinisti americani, indossando scarpe Nike, raggiunge il campo base della seconda vetta più alta del mondo, il K2.

La prima vera scarpa da trail running di Nike, infatti, nasce in modo quasi casuale. Nel 1978, John Roskelley e Rick Ridgeway sono fra i membri della prima spedizione statunitense che raggiunge la vetta del K2 senza l'uso di ossigeno supplementare. Nike decide di donare al loro progetto $10.000 nonostante ai tempi non avesse ancora una linea di prodotti dedicata all’outdoor o al trail running, in compenso fornisce loro un paio delle sue nuove scarpe da running, le Nike LDV, per la scalata al campo base di 10 miglia.

da hiking estremamente pesanti. Sui quei sentieri accidentati e rocciosi le LDV performavano meglio delle classiche scarpe da montagna in quanto erano più comodi, più flessibili e più traspiranti. Roskelley e Ridgeway tornano dalla spedizione entusiasti e con numerosi suggerimenti per Nike su come adattare i loro design per la creazione di scarpe da trekking leggere. In quegli anni, Mark Parker, footwear designer e appassionato di trail runner, era alla ricerca di scarpe da corsa uniche per la disciplina che amava. Fu lui a progettare la prima scarpa da trail running ufficiale dell’azienda, testata dai trail runner.

Le LDV erano leggere e comode, completamente l’opposto dei tradizionali scarponi

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Ma bisognerà attendere il 1984 per avere la prima scarpa specificatamente progettata per un uso outdoor/trail. Stiamo parlando del modello Nike Escape disegnato dallo stesso Mark Parker. Erano gli albori del trail running, e Parker e tutti gli altri pionieri di questa disciplina indossavano solamente scarpe estremamente robuste che all'epoca erano sinonimo di stabilità.

la stagione successiva. In pochi anni il trail running prende sempre più piede e Nike, nel 1989, lancia il suo secondo modello specificatamente ideato per questa disciplina. Nike Air Wildwood ACG, diversamente dalla Escape si differenzia per i suoi colori vivaci presentando una suola costruita per terreni accidentati e una tomaia interamente sintetica perfetta per pioggia e fango. I materiali sono leggeri, ideali anche in condizioni di bagnato, mentre i pannelli microforati assicurano traspirabilità.

“Ho letteralmente steso un foglio sul cofano di un'auto e ho disegnato la scarpa” ha successivamente raccontato Parker. La scarpa nasce prendendo in prestito alcuni elementi del modello da running Pegasus, che lui stesso aveva recentemente progettato, aggiungendogli uno stabilizzatore più pesante e una tomaia che risultasse più durevole. Parker realizza alcuni modelli campione facendoli testare dai suoi compagni di pista che rimasero sorpresi dal risultato. L’Escape riceve immediatamente recensioni entusiastiche e viene quindi messa in produzione per

Sin dall'inizio, Nike ha puntato sulle caratteristiche che ancora oggi contraddistinguono i suoi modelli da trail running: leggerezza, trazione, materiali innovativi, allacciature ergonomiche. 8


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Nel 1993 è la volta di Nike Air Pegasus RD che combina le migliori caratteristiche del modello Air Pegasus ad una maggior robustezza ideale per gli ambienti outdoor. Incorporando materiali impermeabilizzanti, rinforzando la suola e la punta del piede, la Pegasus RD è la scarpa ideale per passare dalla strada ai sentieri.

al piede di reagire e rispondere su superfici irregolari. Air Terra Albis presenta le stesse caratteristiche ma declinate in una versione low cut. Ultima a chiudere il millennio è Nike Air Terra Goatek, nel 1999, che presenta una tecnologia della suola unica e innovativa chiamata gomma adesiva G-Tek. La costruzione della gomma è in cuscinetti in uno schema che ricorda gli zoccoli di una capra di montagna che si arrampica su ripide scogliere, da cui deriva anche il nome Goatek. La scarpa presenta anche un distacco mediale dal tallone alla punta e una tomaia resistente all'acqua e all’abrasione.

Nel 1997 arriva Nike Air Humana, progettata dal famoso designer Peter Fogg, si tratta della prima scarpa da trail ad incorporare un rivestimento in tessuto attorno all'intersuola. Altamente innovativa, l'intersuola in tessuto offre una resistenza laterale all'abrasione e maggiore stabilità. Le scanalature flessibili dell'avampiede garantiscono una flessibilità combinata con una configurazione bidirezionale della trazione perfetta durante ripide salite o discese. L'unità Air e l'avampiede Zoom Air la rendono inoltre una scarpa ammortizzata altamente confortevole, ideale sia su percorsi trail che sulle strade di città.

Nel 2005 Nike Air Orizaba inaugura la nuova era di Nike Trail Running. Questa scarpa prende il nome da Pico de Orizaba, la montagna più alta del Messico e la terza più alta del Nord America e presenta materiali innovativi nella tomaia quali Gore-Tex XCR per una maggiore impermeabilità ma senza comprometterne la traspirabilità grazie alla speciale costruzione. L’unità Zoom Air nel tallone e nell'avampiede ne fanno una scarpa dalla grande ammortizzazione e assorbimento degli urti.

Degli stessi anni sono anche i modelli Nike Air Terra Sertig e Air Terra Albis, sempre opera dello stesso Peter Fogg. Il primo modello combina elementi di una scarpa da trail running con uno scarpone da trekking, grazie a punta e parafango resistenti all'abrasione e tomaia in mesh traspirante. Intersuola a profilo molto basso con l'unità Zoom Air nell'avampiede e un'unità Air-Sole di grande volume nel tallone, uniti alla speciale costruzione podolare, offrono stabilità consentendo

Arriviamo ai giorni nostri con i modelli Nike Air Zoom Terra Kiger 7 e Nike Wildhorse 7, giunte ad oggi alla loro ultima edizione, e a Nike Pegasus Trail 3.

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NIKE AIR HUMANA

NIKE AIR ORIZABA

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La Nike Air Zoom Terra Kiger 7 è una scarpa pensata per essere utilizzata su terreni difficili e rocciosi, grazie alle alette multidirezionali dalla forma netta e decisa e il battistrada in gomma morbida che facilitano il contatto con i percorsi e offrono maggiore trazione su superfici bagnate. La tomaia traforata allontana l'umidità e permette maggiore traspirabilità.

Ultima aggiunta in casa Nike Trail è infine Pegasus 3 Trail. Con un look rinnovato e nuove performance, la crossover più versatile di Nike ritorna per la prima volta dopo diversi anni. Nike Air Zoom Pegasus 36 Trail prende ispirazione dalla mitica Pegasus e presenta la stessa forma, lo stesso fit e la stessa sensazione della corsa su strada. La tomaia traforata in mesh assicura comfort e traspirabilità, mentre le unità Zoom Air ammortizzano il passo. Infine le alette sulla suola assicurano la massima trazione per la corsa in salita.

La Nike Wildhorse 7 è una scarpa da trail progettata per offrire il massimo comfort, leggerezza e stabilità. Assicura un'andatura ideale su terreni accidentati, grazie al tessuto multistrato e traspirante. Il robusto piatto suola protegge il piede, mentre l'unità Zoom Air nel tallone ammortizza il passo su sentieri e sterrato. Ad oggi si tratta probabilmente della scarpa da trail running più conosciuta dell'azienda di Oregon e la scelta preferita per i corridori di montagna.

Il perfetto punto di arrivo di una storia iniziata molti anni fa grazie all’amore per la vita all'aria aperta che ha da sempre contraddistinto il DNA del brand e che contribuisce a rendere Nike quello che è ancora oggi.

NIKE AIR ZOOM TERRA KIGER 7

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NIKE WILDHORSE 7

NIKE PEGASUS TRAIL 3

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Nike Team Stories

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Cesare Maestri INTERVIEW DENIS PICCOLO & PHOTOS ANDREA SCHILIRÒ

Quest’anno non abbiamo avuto molte possibilità di spostarci lontano da casa a causa della pandemia. Cosa provi nel correre nei luoghi a te vicini che prima magari non conoscevi? É stato un anno particolare, difficile sotto tanti aspetti, soprattutto all’inizio perché non potevo fare ciò a cui ero abituato. Ho iniziato a riscoprire alcuni luoghi che avevo vicino casa e che non avevo mai esplorato bene, ho inventato circuiti ed ho scoperto tutti i sentieri esistenti nel raggio di casa. Per quanto mi trovassi in luoghi conosciuti, mi sono sentito un esploratore. La cosa più positiva che ho imparato è che senza prendere la macchina ed inquinare si può uscire a correre e trovare tutto quello di cui si ha bisogno.

Un ingegnere immerso nelle Dolomiti di Brenta con una grande dedizione verso la corsa in montagna. Un grande impegno nei confronti dell’ambiente e la voglia di trasmettere ciò che lo appassiona. Atleta della Nazionale Italiana di Mountain Running, Cesare Maestri ci racconta dei suoi sentieri ed i suoi pensieri. Ciao Cesare, raccontaci qualcosa di te! Sono Cesare, atleta della Nazionale Italiana di Mountain Running e vice campione mondiale. Vivo in Trentino e per me il trail running è la simbiosi perfetta tra le due cose che amo di più: la corsa e la montagna. È libertà allo stato puro. Mi divido tra qui e Trento, dove lavoro come ingegnere energetico nel campo delle energie rinnovabili. A 17 anni ho iniziato a correre grazie al mio primo allenatore, Marco Borsari, che aveva notato che alle garette delle scuola correvo forte anche se non facevo atletica, e mi ha spinto a iniziare a correre seriamente. È stato subito amore e non ho più smesso. Credo che adesso potrei considerarmi un atleta di buon livello che ha voglia di continuare a migliorarsi e ad esprimersi al massimo nelle gare, negli allenamenti, nella vita.

Quali sono i tuoi trail preferiti? Sicuramente quelli sulle montagne vicino casa, nel Parco dell’Adamello-Brenta, perché quando corro lì mi sento veramente libero, leggero e in pace con me stesso. Il mio preferito è il Giro dei 5 Laghi che parte da Madonna di Campiglio e tocca 5 bellissimi laghi alpini nelle Dolomiti di Brenta. Quando e perché hai iniziato a correre in montagna? Ho iniziato a correre relati-

Ho iniziato a riscoprire alcuni luoghi che avevo vicino casa e che non avevo mai esplorato bene, ho inventato circuiti ed ho scoperto tutti i sentieri esistenti nel raggio di casa. Per quanto mi trovassi in luoghi conosciuti, mi sono sentito un esploratore.

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vamente tardi, tra i 17 e i 18 anni, perché prima facevo altri sport: sci di fondo, bici, qualche corsa ogni tanto, qualche uscita di sci alpinismo. Ma quando ho cominciato a correre ho subito iniziato a farlo in montagna: è stato un processo naturale visto il posto in cui vivo. È stato amore a prima vista, le prime gare sono andate bene e da lì non mi sono più fermato.

che permette di correre al meglio, un grip multidirezionale che consente una buona tenuta sia in salita che in discesa, una grande reattività grazie al cuscinetto Air Zoom che permette di spingere al massimo e restituisce sempre la giusta energia nei tratti in cui bisogna correre forte. É la mia scarpa preferita in questo momento. La prima cosa che farai finita la pandemia? Non credo ci sarà una cosa in particolare che farò ma penso sarà piuttosto graduale. Dal punto di vista sportivo mi mancano molte cose: allenarmi in gruppo e condividere quei momenti con gli amici, mi manca la possibilità di vedere il pubblico alle gare perché mi dà tanta motivazione, mi manca fermarmi a fare festa dopo la gara. Quando finirà la pandemia spero di poter ricominciare a fare queste cose che mi sono mancate nell’ultimo periodo.

Quale sensazioni vivi quando corri immerso nella natura? La sensazione principale che provo è libertà, perché sono solo io all’interno di un ambiente incontaminato e bellissimo con solo le mie scarpe e i miei vestiti. Un’altra sensazione che provo è quella di leggerezza perché mi sento libero da tutti i pesi superflui, a volte anche dai pensieri superflui. La corsa in natura mi porta sollievo, posso staccare da tutto e rielaborare i pensieri delle giornate precedenti, mi aiuta a riflettere e a capire il mio ruolo nel mondo.

Progetti futuri? Un obiettivo, o sogno, è quello di vincere un Campionato Europeo o Mondiale. Non sarà facile e magari nemmeno possibile ma punto in alto e cercherò di lavorare al meglio. Poi mi piacerebbe far conoscere questo sport e lo stile di vita che ne deriva a chi non lo conosce perché credo sia accessibile a molti. Mi piacerebbe anche ripetere qualcosa come quello che ho realizzato insieme a Francesco Puppi con Nike in Cima Tosa per trasmettere un messaggio che vada oltre alla performance e slegato dal contesto gare. Il mio obiettivo come persona è di impegnarmi al meglio nel mio lavoro per rendere l’ambiente in cui viviamo migliore, avere uno stile di vita con pochi consumi e utilizzare al meglio le risorse rinnovabili. Questo è più importante di tutto il resto.

Quanto è importante il feeling con la scarpa? È sicuramente importante visto che nella corsa non si utilizzano molti strumenti, quello principale che si ha deve restituirti buone sensazioni. La scarpa deve essere comoda, \proteggerti nei tratti più difficili e avere la giusta reattività quando bisogna spingere. Ti abbiamo visto correre con le nuove Nike Air Zoom Terra Kiger 7, il tuo feedback? La Terra Kiger 7 è la scarpa che mi accompagnerà quest’anno nelle gare e negli allenamenti più intensi. Mi trovo bene perché racchiude le caratteristiche che cerco quando corro in montagna: leggerezza, ammortizzazione, un differenziale

La corsa in natura mi porta sollievo, posso staccare da tutto e rielaborare i pensieri delle giornate precedenti, mi aiuta a riflettere e a capire il mio ruolo nel mondo.

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Francesco Puppi INTERVIEW FILIPPO CAON & PHOTOS CAMILL A PIZZINI

Francesco non è solo un ragazzo che corre forte (molto forte), ma anche uno dei pochi atleti italiani che si sbatte per fare cultura. In questi anni è capitato spesso di leggere diversi pezzi suoi in diversi posti, non solo sui social. Ha anche un blog, cosa decisamente inconsueta nel panorama italiano.

cuni passaggi della mia crescita . Tante volte mi sento ipercritico nei confronti di ciò che faccio o delle strane dinamiche che segue il nostro sport. Il trail e la corsa in montagna, specialmente in Italia, sono un ambiente piccolo, spesso un po’ limitato e autoreferenziale, e questo è un peccato. Forse non mi basta mai, ed è per questo che tendo a prendere posizione e ad espormi anche su tematiche scomode e solitamente evitate pubblicamente.

Ciao Francesco, come stai? Questo pomeriggio, di rientro dalla Valle d’Aosta, ho avuto il tempo di dormire mezz’oretta e ora mi sto preparando per un’uscita in bici, potrei stare meglio?

In un post, Hayden Hawks diceva che spesso abbiamo il mito della distanza, ma una 30k può essere dura e competitiva tanto quanto una 100 miglia. In altre parole, quello che conta non sono il terreno e la distanza, ma la corsa in sé e l’attitudine con cui si pratica. Tu rappresenti molto bene questa trasversalità, passando dal tartan alle pietre con particolare disinvoltura. Penso che questo sia esattamente l’essenza del post di Hayden. Contano lo stile, l’attitudine con cui si affronta una certa gara. Il valore di una performance è direttamente proporzionale alle energie e al tempo che tu come atleta decidi di investire per produrla, a prescindere dalla distanza. Mi piacciono le cose difficili, la cura dei dettagli, i km solitari, gli atleti che sanno ispirare con le loro performance e il loro stile.

Come atleta prendi quotidianamente posizione su diversi temi, esprimendoti su problematiche sociali e di genere, o legate all’alimentazione, all’ecologia, al doping e all’etica dello sport. Tutto ciò è importante ma anche molto raro. Senza pretese di spostare chissà quali equilibri o dinamiche, mi sento coinvolto e partecipe dell’ambiente in cui si svolge la mia attività come atleta. Gli atleti sono personaggi pubblici, e come tali hanno a disposizione diversi mezzi di comunicazione per far sentire la propria voce. A volte, pur consapevole dei miei errori e di alcuni rischi, ritengo importante farlo. I social sono uno strumento, il blog è più un diario dove, anno dopo anno, cerco di trascrivere al-

Mi sento coinvolto e partecipe dell’ambiente in cui si svolge la mia attività come atleta. Gli atleti sono personaggi pubblici, e come tali hanno a disposizione diversi mezzi di comunicazione per far sentire la propria voce.

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Una cosa che affascina della corsa è la tradizione. Un percorso storico ha infatti un fascino completamente diverso rispetto a uno a cui manca. C’è una gara che sogni di notte? Il rapporto con la tradizione è importante. Penso che per un atleta sia fondamentale conoscere la storia dello sport per capirne gli sviluppi e avere una consapevolezza più profonda della propria posizione al suo interno. Senza Vanoni, Snowdon Race, Mount Marathon non ci sarebbero UTMB, LUT, WS, ecc. Esistono gare storiche, con percorsi che oggi faremmo fatica a definire belli, ma con una tale qualità che non possono essere ignorate. È un bene che stiano crescendo e diventando molto popolari anche gare relativamente nuove, ovviamente. Non bisogna essere troppo conservatori, credo sia utile essere consapevoli della tradizione. E rispettarla. Ci sono tante gare a cui non sono ancora arrivato, per adesso ti dico un solo nome, Zegama.

distanza e su particolari sentieri, oppure sulle cime più iconiche delle nostre montagne, in realtà sono una cosa tipicamente americana, anche perché lì spesso i sentieri hanno un nome e un trailhead ben definito, cosa che qui neanche sappiamo cosa sia. Quelle di cui vado fiero ma di cui quasi nessuno sa sono due: Como-Bellagio attraverso la Dorsale del Triangolo Lariano, corsa quando avevo 22 anni a una media al km assurda, e il Brooklyn Bridge a New York nel 2017, poco dopo il mio debutto in maratona. Per storia e per blasone, Nike è forse il marchio simbolo del running. Ma al di là di questo, negli ultimi anni ha trovato la forza di esprimersi e di prendere posizioni anche su temi sociali. Cosa significa per te fare parte di questa squadra? Sono contento che Nike abbia preso posizioni nette su temi sociali quali l’inclusione, la gender equality, il colore della pelle, e stia contribuendo alla rottura degli stereotipi sullo sport femminile o sull’accettazione del proprio corpo. Negli anni Nike è spesso stata criticata, io stesso credo che abbia fatto degli errori, ma ritengo più rilevante l’impatto positivo ha avuto sulle comunità e su moltissime persone. Sento di condividere in maniera essenziale questi valori: per me Nike non significa solo indossare un simbolo su una maglietta, è portare ispirazione e espandere questo potenziale attraverso lo sport.

L’anno scorso hai avuto una parentesi FKT, con il record di ascesa di Cima Tosa, in Brenta, insieme a Cesare Maestri. Non ti chiedo se hai qualche FKT nel mirino, ma è una dimensione della corsa che ti interessa? Campiglio – Cima Tosa – Campiglio non è un record, è stato un modo per condividere il trail con Cesare, mio grande amico e punto di riferimento nella corsa e nella vita. Più che il tempo contava l’idea, il messaggio che abbiamo cercato di trasmettere attraverso la nostra esperienza e il nostro stile di corsa. Le FKT mi attraggono ma appartengono a una dimensione del trail un po’ diversa da quella su cui sto cercando di concentrarmi. Credo siano significative quelle su percorsi di lunga

Le scarpe che porteresti con te in un’isola deserta? Contro corrente, ti dico le Nike Zoom Vomero 14, la scarpa più versatile e audace che abbia mai indossato.

Contano lo stile, l’attitudine con cui si affronta una certa gara. Il valore di una performance è direttamente proporzionale alle energie e al tempo che tu come atleta decidi di investire, a prescindere dalla distanza.

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The trails are for everyone T E X T S I LV I A G A L L I A N I

Persone con caratteristiche diverse e background differenti, ma accomunati da un’unica grande passione: il trail running. Sono gli atleti Nike, che condividono appieno i valori e la visione del trail running come una disciplina aperta a tutti, una vera comunità di amanti dell’outdoor che si ritrovano sui sentieri per condividere un’esperienza e trasformare l’ambiente circostante nel proprio parco giochi. Nike promuove un messaggio di inclusione, venendo in supporto dei runner per quanto riguarda l’attrezzatura migliore da usare sui diversi tipi di terreno. Ciò che conta non è il tempo sull’orologio, né le medaglie vinte in gara. Sui sentieri di montagna ciò che importa veramente sono le emozioni che una corsa a contatto con la natura può regalare, meglio se affrontata con gli strumenti giusti. Curve strette, fitte foreste, sentieri tortuosi, terreni scoscesi. Ognuno sceglie il proprio ritmo. Tutti sono uguali e benvenuti a correre sui sentieri. Finché rispettano i valori dell’ambiente che li ospita. Correre in mezzo alla natura diventa quindi un momento catartico di riappropriazione del proprio essere. Il trail running è divertente, duro, faticoso, gratificante. È libertà e de-

mocraticità. Perché quello che conta, alla fine, è l’esperienza in sé, non il traguardo. È il viaggio, non la destinazione. E se la destinazione è la cima di una montagna, significa che tutti possono tentare di raggiungerla, con le proprie modalità ed i propri tempi. Il trail running è uno stile di vita che non fa distinzioni di background sociale, origine, colore della pelle o sesso. Tutti questi aspetti non ti definiscono quando corri su sentieri. Un approccio al running che sempre più persone stanno scoprendo, anche a causa o grazie al difficile periodo di restrizioni che stiamo vivendo che ci ha “costretto” a riscoprire i sentieri dietro casa dandoci modo di comprendere quanto correre in mezzo alla natura possa essere catartico e liberatorio nei confronti dello stress di tutti i giorni.

Tutti possiamo diventare trail runner, non ci sono barriere d’accesso, non ci sono tempi o risultati da rispettare, tutto quello di cui hai bisogno è un paio di scarpe. 30


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Dora Atim The ultra black runner I N T E R V I E W S I LV I A G A L L I A N I & P H O T O S A M A N DA F O R DYC E

La londinese Dora Atim vanta una lunga esperienza nel mondo del running. Da gare esplosive a maratone fino al trail running e alle competizioni ultra, Dora non smette mai di spingersi oltre i suoi limiti. Attualmente è Nike Run Coach e nel 2020 ha fondato Ultra Black Running, una community che ha come obiettivo quello di aumentare la partecipazione di black women e black non-binary all’interno del mondo della corsa. Ciao Dora! Quando e perché hai iniziato a correre? Ho iniziato attorno al 2013. Da tanti anni praticavo boxe e il mio allenatore mi disse che per migliorare le mie abilità in quella disciplina avrei dovuto iniziare a correre. Per me era un mondo totalmente nuovo ma mi sono appassionata fin da subito. Come sei diventata Nike Run Coach? E cosa significa per te esserlo? È stato un processo lungo che è iniziato quando mi sono iscritta al Nike Run Club anni fa. Ai tempi lavoravo già come running coach e a numerosi progetti con la corsa come comune

denominatore. Attraverso varie comunità di cui ho fatto parte ho conosciuto tante persone diverse con cui ho instaurato numerose relazioni. E ora eccomi qui. Hai partecipato a The Speed Project, una gara non-stop di 340 miglia da Los Angeles a Las Vegas. Ce ne parli? Ancora oggi non riesco a credere di avervi preso parte per due volte! Il primo anno mi sono letteralmente lanciata in qualcosa di completamente sconosciuto. Correre nelle foreste, praticamente sempre off road, è stata l’esperienza più dura che abbia mai affrontato sia fisicamente che mentalmente.

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Pensi che nel periodo di restrizioni e relativa poca libertà che stiamo vivendo correre aiuti le persone a mantenere una sorta di equilibrio? Penso che il lockdown abbia spinto un sacco di persone a cominciare a correre, io stessa correvo tutti i giorni e ben presto ho iniziato a concepire la corsa in modo diverso rispetto a prima. Correvo perché era il mio lavoro, perché mi dovevo allenare per le gare, ma improvvisamente non c’erano più gare a cui partecipare e tutto il mio mondo è cambiato. Allora ho cominciato a darmi dei piccoli obiettivi quotidiani come correre per andare al supermercato. È diventato un modo per affrontare al meglio il lockdown. Ha dato vita a Ultra Black Running, cosa ti ha ispirato? Da anni volevo fare qualcosa per black women e black non-binary ma non sapevo bene cosa. Durante il lockdown vivevo in campagna, erano i giorni in cui prendeva piede il movimento Black Lives Matter e correvo nella foresta tutti i giorni per cercare di far fronte a quello che stava succedendo e che

mi faceva sentire spesso sopraffatta. Finché un giorno ho improvvisamente pensato che il mondo intorno a me fosse talmente rumoroso che ho deciso di prendermi una pausa dai social e uscire a correre senza pensare a niente. Ero così felice che avrei voluto condividere quel momento con tutti. Alla fine è diventata una vera e propria community virtuale. Pensi che running e trail running siano mondi dominati dagli uomini? Cosa si potrebbe fare per far avvicinare sempre più ragazze al mondo running? Purtroppo sì, lo noto anche dal fatto che tutte le volte che lo sostengo ricevo numerosi commenti negativi da parte di soli uomini che mi ritengono pazza per aver dato vita ad una community per sole black women e black non-binary. Purtroppo c’è ancora tanta strada da fare. Credo che per raggiungere sempre più ragazze ci sia bisogno di un buon storytelling e sono già tanti i brand che lo fanno raccontando storie ispirazionali e in cui le persone si possono riconoscere.

Abbiamo bisogno di modelli autentici e positivi alle quali le ragazze possono relazionarsi e dire "Se lo fa lei, posso farlo anche io!"

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Valeria Margherita Mosca The forager INTERVIEW & PHOTOS DENIS PICCOLO

Forager, ricercatrice ambientale e trail runner. Valeria Margherita Mosca è questo e molto di più. Nel 2010 fonda Wood*ing, un food lab che studia l’utilizzo del cibo selvatico per l’alimentazione e la nutrizione umana. I campioni vegetali che analizza li raccoglie lei stessa fra i boschi e negli ambienti naturali incontaminati dove ama correre. Ciao Valeria, quando è nata la tua passione per l’outdoor? La passione per l’outdoor, per la natura e per l’esplorazione fanno parte di me fin da quando ero piccola. Me l’hanno trasmessa sia mia nonna materna, che era una raccoglitrice di professione, che i miei genitori. Sono figlia di un atleta di enduro quindi ho passato tutti i weekend della mia infanzia in un bosco ad attendere che mio padre finisse le gare, mentre mia mamma ha sempre amato camminare. Da loro ho sicuramente appreso l’empatia e la necessità di passare tanto tempo all’aria aperta, una passione che poi ho sempre portato avanti negli anni. Quando hai scoperto il foraging? E come si svolge il tuo lavoro? Il foraging e l’esplorazione ambientale sono sempre stati una mia grande passione e fin da subito ho deciso che sarebbero diventati il mio lavoro. All’università ho studiato antropologia e in seguito ho cercato di fare delle rapide ed intense esperienze per crearmi un ba-

gaglio di competenze che mi dessero la possibilità di aprire quello che oggi è Wood*ing. Faccio ricerca scientifica, consulenze e attività più divulgative come scrivere libri o partecipare ad eventi. Inoltre, grazie all’avvento di quell’attitudine che si è espansa negli ultimi anni di ricercare una sinergia con l’ambiente attraverso le attività outdoor, quello che faccio ha iniziato a diventare un simbolo di sostenibilità e connessione con la natura e questo mi ha portato a lavorare anche con tantissimi brand. Cos’è per te essere sostenibile e quanto è importante? La parola sostenibilità credo che sia una delle più abusate dell’ultimo decennio. Sostenibilità significa “sopportabilità”, ma come possiamo pretendere di essere sostenibili se siamo immersi in un sistema che non è sopportabile? È qualcosa di complicatissimo, quasi un ossimoro, quindi credo che sia più corretto parlare di sviluppo sostenibile. Prima di tutto dovrebbe essere

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uno sviluppo personale, cioè evolvermi in quanto individuo per diventare sopportabile rispetto al sistema in cui vivo. Come fare ciò può dirmelo solo un’osservazione scientifica e razionale di quello che ho intorno. La chiave per me è la formazione: imparare, osservare e poi scegliere con responsabilità. Quando hai approcciato per la prima volta il trail running? Mi piace correre da sempre. Facevo parte della squadra di atletica a scuola e ho frequentato molto la montagna fin da bambina, quindi credo che correre in montagna sia sempre stato un connubio imprescindibile per me. Cosa si potrebbe fare per far avvicinare sempre più ragazze al mondo del trail running e alla montagna in generale? Se dovessi dare un consiglio su come e se approcciarsi al trail running non avrei nessun dubbio. È uno sport entusiasmante dove la fatica è ripagata da quello che c’è intorno e che regala sensazioni uniche. Prati-

care trail running ti porta a correre su terreni diversi, senza quella monotonia della corsa che si prova in città su asfalto. Dona anche più pace in un certo senso, soprattutto se si ascoltano i suoni della natura che sono sempre diversi: gli uccelli, lo scorrere dell’acqua o i miei stessi passi su terreni differenti. Non c’è bisogno di ascoltare altra musica se non quella della montagna stessa. Progetti futuri? Io vivo molto alla giornata e pensare a quello che farò anche solo fra una settimana mi mette un’ansia pazzesca! Devo dire però che questo difetto mi porta a vivere abbastanza intensamente il presente e alla sera quando vado a dormire sono sempre certa di aver dato il massimo. Una cosa però posso dirla con certezza: anche in futuro non potrei mai pensare di vivere lontana dalla natura. Quando sono distante è qualcosa che mi manca a livello fisiologico, sono un vero animale outdoor.

Il trail running mi ha aiutato a conoscere meglio il mio corpo, i miei limiti e le mie debolezze e mi ha insegnato come allenarmi in modo più sensato per ottenere risultati migliori.

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Ilaria & Stefano Run on the wild side I N T E RV I E W D E N I S P I C C O LO & P H OTO S PAO LO SA R TO R I

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Lei, un’osteopata che ha da pochi anni scoperto una passione per la corsa in montagna. Lui, un personal trainer e preparatore atletico che gestisce anche una piattaforma sul fitness online. Sono Ilaria Magistri e Stefano Bianchi, amici e partner sui sentieri di montagna, uniti dal forte amore per il trail running. Per loro allenarsi e gareggiare insieme significa darsi sostegno a vicenda e condividere questa forte passione che li accomuna.

Ilaria, quando avete iniziato a praticare trail running e che rapporto avete con la corsa in montagna? Ho iniziato a fare trail running nel 2019, Stefano invece ha iniziato a praticare con degli amici che hanno un negozio di abbigliamento sportivo specializzato nel trail. Per me la corsa è libertà, e correre nella natura è la maggior forma di libertà che riesco ad immaginare. Mi parlate del vostro rapporto e di quello che rappresenta l’altro per voi? Ci siamo conosciuti frequentando la stessa università, ma in realtà il nostro feeling è nato correndo. Abbiamo una grande sintonia, riusciamo sempre a trovare tante cose da raccontarci durante i nostri allenamenti, questo fa si che non ci sia mai un momento di noia. Riusciamo ad essere molto profondi, raccontandoci un po’ tutto delle nostre vite, oltre a tutto questo, insieme condividiamo la bellezza della montagna ed i suoi silenzi. È molto difficile trovare un partner con cui correre, qual è il motivo per cui vi allenate e gareggiate insieme? Il motivo per cui ci alleniamo e gareggiamo insieme è perché abbiamo sempre dei ritmi abbastanza simili, a volte capita che uno aspetti l’altro ma poi al traguardo arriviamo sempre insieme. Ilaria, quando è nato l’amore per il trail running? Mi sono innamorata del trail running facendo trekking, e

l’amore per la corsa mi ha portato ad integrare le due cose che trovano la loro perfetta unione nel trail running. In che modo il trail running si inserisce nelle vostre vite personali e professionali? Uno dei grandi vantaggi di essere liberi professionisti è proprio quello di riuscire ad inserire nella nostra vita professionale lo sport e il tempo libero a nostro piacere, e così gli allenamenti e il trail running. Stefano, cosa ha in più il trail running rispetto alla corsa su strada? Quello che mi piace di più della corsa in montagna è che, a differenza della strada, non sono legato a guardare l’orologio, a tenere né il passo né il ritmo né i tempi prestabiliti. Preferisco correre a sensazione, secondo il mio corpo e ascoltando il mio battito. Inoltre i panorami mozzafiato che regala questo fantastico sport sono imparagonabili rispetto a quelli della semplice strada. Cosa significa correre in natura? Significa connessione, sia con noi stessi che con quello che ci circonda. Significa prenderci del tempo per noi. È un momento in cui possiamo isolarci e staccare un po’ dalla vita lavorativa e quotidiana, riconnettendoci con noi stessi e tutto ciò che ci circonda. Stefano, il luogo più incredibile dove avete corso? Ho viaggiato tanto, sia per lavoro che per svago, e ho avuto la fortuna di riuscire a correre in Perù,

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nel Canyon del Colca. Ilaria invece mi ha sempre raccontato dei sentieri nell’area di Courmayeur, intorno al Monte Bianco. Avete corso con la Nike Pegasus Trail 3. Sensazioni? Ci siamo trovati benissimo! La Pegasus Trail 3 si è rivelata una scarpa veloce, altamente ammortizzata e confortevole. Sia sui terreni più rocciosi che nei cambi di direzione si è dimostrata reattiva e performante. Entrambi pensiamo sia un modello veramente ammortizzato, comodo e che garantisce grip e supporto su tutti i tipi di terreno. Quale consiglio dareste a chi si approccia per la prima volta al trail running? Quale pensate sia il modo migliore per evitare infortuni? Il miglior consiglio per chi volesse avvicinarsi al trail running sarebbe quello di puntare su un’ottima calzatura e di investire su attrezzatura di qualità, come un abbigliamento tecnico ideale per ogni stagione. Invece il modo migliore per evitare gli infortuni sono la scarpa e la gradualità degli allenamenti, è sicuramente consigliato seguire i consigli di figure sportive e professionali esperte che possano indirizzare al meglio in questo sport. Ilaria, il tuo sogno nel cassetto? A livello sportivo sarebbe riuscire a correre un giorno il Tor de Geants. Stefano, per te? Fare una gara in Patagonia, nella Terra del Fuoco.


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Nike Trail Footwear Collection WILDHORSE 7 Ideale per le corse su sterrato più dure ed estreme grazie

alla sua fattura robusta. La tomaia in mesh offre una traspi-

rabilità costante e supporto dove è più necessario mentre la pelle sulla punta garantisce resistenza sui terreni accidentati. L'intersuola in schiuma Nike React offre ammortizzazione e reattività per un'andatura morbida e fluida.

Le alette di trazione multidirezionali sulla suola in gomma antiabrasione aiutano a migliorare l'aderenza in discesa e

in salita. Infine il sistema Dynamic Fit sull'area mediale

avvolge e sostiene il piede per le corse su sentieri rocciosi. TOMAIA MESH INTERSUOLA NIKE REACT FOAM DROP 8MM PESO 328,4G PREZZO €1 19,99

PEGASUS TRAIL 3 Modello che offre resistenza e reattività a runner, trail run-

ner e amanti dell'outdoor. La schiuma Nike React dal tallo-

ne alla punta garantisce una stabilità reattiva, assicurando ammortizzazione, comfort e transizioni fluide su terreni

rocciosi. Il sistema di fascia dinamica intorno all'area mediale offre un supporto sicuro anche sui percorsi irregola-

ri. Il mesh nelle aree chiave della tomaia assicura traspirabilità e migliora la circolazione aiutando a far defluire

l'acqua. La suola in gomma presenta un motivo che richiama le onde d'urto ed è ispirato agli pneumatici da bici. TOMAIA MESH INTERSUOLA NIKE REACT FOAM DROP 9,5MM PESO 321,4G PREZZO €139,99

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AIR ZOOM TERRA KIGER 7 Veloce e leggera, questa scarpa offre una calzata traspirante

e stabile sui sentieri rocciosi. Le alette di trazione multidirezionali sul tallone donano stabilità anche in discesa. Presenta la tecnologia Nike React, una schiuma leggera e resi-

stente che assicura un'andatura reattiva. L'unità Zoom Air nell'avampiede offre una migliore reattività e un ritorno di

energia ottimale lungo i sentieri. Tomaia in mesh e materiale sintetico, robusto piatto suola sul tallone che protegge

il piede sui terreni accidentati e collare avvolgente e am-

mortizzato per comfort, morbidezza e un look essenziale. TOMAIA MESH + SYNTHETIC INTERSUOLA NIKE REACT FOAM DROP 4,5MM PESO 309,4G PREZZO €139,99

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Last word Ripercorrere la storia di qualsiasi sport è una faccenda complicata. E la corsa è forse la disciplina più difficile da studiare secondo una prospettiva storica. Come trovare il punto di partenza di una pratica che gli esseri umani portano avanti da millenni? Dopo avere iniziato a camminare in posizione eretta, la corsa è nata quasi come comportamento innato utile per cacciare e sopravvivere. Mentre questo aspetto è ovviamente venuto meno al giorno d’oggi, l'essenza della competizione è pressoché rimasta invariata: i più veloci o più forti si guadagnavano la sopravvivenza. Il trail running non è altro che correre in un ambiente naturale, non importa se in montagna, deserto, bosco o collina. Si corre su terreni generalmente sterrati e con dislivelli importanti. Seguendo questa semplice definizione, il trail running può essere considerato l'attività più antica praticata dall’uomo. Numerosi i resoconti di corse del mondo antico. Nell’epoca precristiana ci sono tracce di un gran numero di competizioni, l’antica società greca organizzava gare di corsa nei suoi giochi olimpici, quelle che oggi conosciamo come ultramaratone risalgono forse ai messaggeri dell’antichità. Nel XII secolo i servi dovevano seguire a piedi le carrozze dei loro padroni anche per lunghe distanze. Mettere l'uno contro l'altro due domestici di famiglie diverse era un modo popolare per scommettere denaro. Questa pratica si è evoluta fino a diventare un vero e proprio sport alla fine del 1700 dove non erano più i soli servi a gareggiare. Tutto ciò sarebbe confluito in quello che ai giorni nostri chiamiamo corsa su pista, ma che ai tempi era ancora una pratica off road.

Al giorno d’oggi, trail running è un termine che utilizziamo per diverse forme di corsa, la cui unica costante è quella di svolgersi “fuoristrada”. Il trail, da attività praticata da tanti nel mondo antico a disciplina di nicchia nel mondo moderno, si è ora evoluto ulteriormente fino a riconquistare il posto che merita sotto i riflettori. Oggi più che mai, quello che conta è la persona che corre, piuttosto che l’eventuale vincitore o perdente. Il trail running coinvolge e scatena dibattiti su svariati temi sociali: inclusione, ribaltamento degli stereotipi di gender, etica dello sport, sostenibilità ambientale. Gli atleti oggi ridefiniscono i propri obiettivi mettendo l’accento su quello che correre a contatto con la natura regala in termini di esperienze e qualità di vita piuttosto che sulla competizione in sé. Perché se è vero che il concetto di corsa si è modificato tanto nel corso dei secoli, quello che non è mai mutato è quanto questa attività possa cambiarti la vita.

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