Heimatschutz/Patrimoine 1-2018: Finestra

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1 | 2018

HEIMATSCHUTZ PATRIMOINE

Finestra in lingua italiana

Patrimonio culturale a rischio

EDITORIALE

TEMI D’AT TUALITÀ

Un bell’inizio per l’Anno del patrimonio culturale 2018

IL COMMENTO

Nel 2018, eccezionalmente l’Heimatschutz Svizzera ha assegnato l’ambito Premio Wakker non a un comune bensì alla Nova Fundaziun Origen, che dal 2006 organizza un rinomato e apprezzato festival culturale nel villaggio grigionese di Riom. Afflitta dal problema dello spopolamento, questa piccola località di montagna può così tornare a guardare con una certa fiducia al futuro. Giovanni Netzer, il direttore del festival, ci parla del suo progetto in un’intervista in cui spiega, fra le altre cose, come la fondazione Origen fa rivivere edifici da tempo abbandonati. Così, in un’appartata valle alpina il passato diventa la fonte da cui attingere soluzioni per il futuro. Si tratta di un segnale forte con cui cominciare l’Anno del patrimonio culturale, ma non è certo l’unico. Nelle pagine che seguono, presentiamo anche la versione aggiornata e rielaborata della nostra Lista rossa, uno strumento che sin dal 2003 ci aiuta a lottare contro la distruzione dei monumenti storici, come l’antica casa di legno di Steinen SZ, oggi a rischio. Da febbraio, sul sito della Lista rossa potrete sostenere attivamente la campagna per salvare questo edificio risalente all’epoca della battaglia di Morgarten. In allegato al presente numero trovate anche il programma delle attività previste per l’Anno del patrimonio culturale. Le nostre sezioni organizzano un’ottantina di eventi all’insegna del motto «Salvaguardia del patrimonio: perché e per chi?»: non mancate! Adrian Schmid, Segretario generale dell’Heimatschutz Svizzera

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Utilizzare per conservare Edifici trascurati nei centri storici, negozi deserti, stalle senza animali, chiese inutilizzate: non sono le opportunità a mancare. Ma per attirare gli investitori, alle vecchie strutture vanno trovate nuove destinazioni. La conservazione di tipo museale è da prendere in considerazione solo in casi eccezionali. La regola è un diverso impiego degli edifici. Da sempre le fortezze sono state trasformate in castelli, le stalle in abitazioni (e viceversa) e i conventi in stabili amministrativi o in alberghi. Per quanto riguarda le chiese, abbiamo ancora qualche scrupolo dettato da un senso di rispetto che, come nota con un monito Jacques Herzog nella NZZ, può essere a tutt’oggi giustificato. Più facile è invece il recupero di manufatti industriali e la loro trasformazione in spazi abitativi o culturali, l’insediamento di uffici in antiche residenze signorili o di attività alberghiere e di ristorazione in castelli o addirittura in vecchie prigioni. In questi casi diventa decisivo in che misura viene conservata la struttura storica dopo la riqualificazione. Prima di intraprendere cambiamenti di tipo strutturale, si dovrebbe sempre riflettere sulle conseguenze in termini di eredità culturale degli edifici. Si prenda l’esempio dell’accorpamento dei tribunali distrettuali dei Cantoni Vaud e Berna e del loro trasferimento in anonimi stabili amministrativi, che ha costretto a trasformare in musei o in case di vacanza quei castelli che sin dal tardo Medioevo erano stati sedi del potere giudiziario. Sovente le autorità, i proprietari e gli architetti insistono nel voler abbattere o sventrare edifici storici che si potrebbero invece rinnovare con interventi più lievi. Nei vecchi edifici è contenuta molta energia grigia. Sono spesso costruiti e isolati meglio rispetto a quelli del dopoguerra, quando l’energia per il riscaldamento costava poco e il risparmio energetico non era una preoccupazione. In questi casi la demolizione non è una soluzione in linea con la sostenibilità. Quando le stufe, le


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