2 | 2020
HEIMATSCHUTZ PATRIMOINE
Finestra in lingua italiana
Villaggio, città, paesaggio
EDITORIALE
TEMI D’AT TUALITÀ
Di città in villaggio
IL COMMENTO
Alla fine di febbraio abbiamo presentato nella nostra rivista oltre ottanta eventi uniti dal motto «Che bel paesaggio!». Si tratta di attività organizzate insieme alle nostre sezioni, grazie ai proventi delle vendite del Tallero d’oro 2020 che avevamo anticipato. Il coronavirus ha costretto anche noi, come tanti altri, a una pausa forzata, per cui abbiamo dovuto cancellare tutte le manifestazioni in programma fino a maggio compreso. Nonostante tutto, rimaniamo fiduciosi e speriamo di poter accogliere nuovamente il pubblico in occasione degli altri eventi che saranno organizzati nel corso dell’anno. Informazioni aggiornate sono disponibili all’indirizzo www.heimatschutz. ch/manifestazioni. Non appena la situazione si sarà calmata, sarà di nuovo possibile dedicarsi senza pensieri alle escursioni in giro per la Svizzera. In questo numero presentiamo la nostra nuova guida della serie «Destinazione beni culturali». Una guida che vi accompagnerà nelle vostre escursioni di città in villaggio, avvicinandovi alla ricchezza del paesaggio e alle sue peculiarità. Sempre in questo numero, ci interessiamo all’Inventario federale degli insediamenti svizzeri da proteggere d’importanza nazionale ISOS. Il rapporto annuale allegato, in una veste completamente rinnovata, fornisce uno sguardo retrospettivo su un 2019 ricco di soddisfazioni. Non ci resta che augurarvi buona lettura, ringraziandovi per la vostra fiducia in qualità di sostenitori di Patrimonio svizzero. Peter Egli, Redattore
5
Il futuro non nasce dal nulla Il 26 febbraio il Consiglio federale ha approvato la Strategia per la promozione della cultura della costruzione. Si tratta di una buona notizia che in tempi di altre e più impellenti priorità ha ricevuto comprensibilmente scarsa attenzione. Un’altra buona ragione per affrontare qui l’argomento e chiederci: «E ora, come portare avanti la strategia?» La strategia federale si basa su una concezione allargata e inclusiva della cultura architettonica, che comprende siti archeologici, monumenti, paesaggi urbani, edifici moderni, infrastrutture e spazi pubblici. Tuttavia, parlare di «cultura architettonica» non comporta di per sé alcun criterio qualitativo. Solo una gestione consapevole, ragionata e di qualità di tutti i progetti è «alta cultura architettonica». Credo che il successo della strategia federale dipenderà essenzialmente da come si riuscirà a stimolare l’interesse di cantoni, città e comuni, e a convincere la politica a mettere a disposizione maggiori risorse finanziarie e umane. Quella che abbiamo di fronte è una strada in salita, ma che vale la pena percorrere. Avere più cultura architettonica non è solo qualcosa di desiderabile ma, come confermano ripetutamente i sondaggi, un ambiente pianificato e costruito con attenzione è essenziale alla creazione di identità. L’ISOS come opportunità L’Inventario federale degli insediamenti svizzeri da proteggere d’importanza nazionale (ISOS), cui è dedicato questo numero della rivista, rappresenta un’eccellente opportunità per discutere delle questioni più rilevanti di cultura architettonica a livello cantonale e comunale. L’inventario, che cataloga ben 1274 oggetti, è unico nel suo genere a livello internazionale. Non è incentrato sui singoli edifici, ma sull’insieme. Comprende sia lo spazio edificato, cresciuto nel corso dei secoli, sia quello non edificato. L’inventario offre una base per una pianificazione consapevole e condivisa dell’ambiente in cui viviamo.
Poiché il futuro non nasce dal nulla, l’ISOS non ha il mero scopo di conservare, ma promuove un uso rispettoso del patrimonio architettonico a favore della qualità della vita per le generazioni di oggi e di domani. Questa è anche la posta in gioco della Strategia per la promozione della cultura della costruzione. Stefan Kunz, Segretario generale dell’Heimatschutz Svizzera
FORUM «DESTINAZIONE BENI CULTURALI» 6
Escursioni alla scoperta degli abitati nel nostro paesaggio La varietà dei paesaggi e dei tipi di insediamenti che si trova nel nostro paese è impressionante. Con la nuova guida della collana «Destinazione beni culturali», la terza della serie, Patrimonio svizzero propone ventiquattro itinerari alla volta di cittadine, borghi e villaggi. Un ottimo punto di partenza per immergersi nelle regioni, per scoprirne e comprenderne meglio le peculiarità.
Regula Steinmann, Patrimonio svizzero
Le colline costellate di piccole fattorie ed edifici sacri della campagna appenzellese, i nuclei storici dalla tipica disposizione spontanea delle case nella campagna zurighese, la planimetria regolare delle strade di Carouge: la varietà dei paesaggi e dei tipi di insediamenti che si trova nel nostro paese è impressionante. Ogni regione e ogni località hanno caratteristiche paesaggistiche, storiche, architettoniche e agricole specifiche. Attraversare questi luoghi a piedi e scoprirne le particolarità è già di per sé un’esperienza emozionante, ma farlo con occhio attento e con qualche informazione di base a disposizione permette di riconoscere e capire in modo più approfondito le specificità locali. Villaggi e stalle sparse nella Valle di Visp La strada che porta a Visperterminen risale al 1941. Un tempo, i 700 metri di dislivello tra il paese e il fondovalle erano percorribili soltanto a piedi o a dorso di mulo. L’antico sentiero conduce attraverso il tipico paesaggio brullo del Vallese, passando da piccoli nuclei e stalle isolate testimonianze dell’antica civiltà contadina. Ancora fino ai primi anni del Secondo dopoguerra i
2 Finestra in lingua italiana 2 | 2020
valligiani vivevano di sussistenza. Si trattava di un’agricoltura itinerante dettata dai ritmi del lavoro e della natura, con orti e vigneti a valle e pascoli in altitudine. Il fieno, i cereali, gli ortaggi e il vino venivano immagazzinati in vari punti lungo il percorso. Nei pressi di Oberstalden, un villaggio ancora ben conservato, si trova il vigneto più alto d’Europa, dove si coltiva il famoso vitigno Heida. La gita termina nella cittadina industriale di Visp. Nel 1518, un incendio distrusse buona parte delle case di legno, per cui gli edifici del centro storico risalgono perlopiù al XVI secolo. I nuclei compatti del Lavaux La viticoltura ha avuto un forte influsso sul paesaggio e sulla struttura degli insediamenti nella regione del Lavaux. Basta passeggiare per i vigneti e i fitti abitati tra Cully e Saint-Saphorin per rendersene conto. Furono i monaci cistercensi a dissodare a partire dal XII secolo i ripidi pendii coperti di bosco e sterpaglia. Il paesaggio antropico che possiamo osservare oggi è il risultato di secoli di lavoro e dello sviluppo di tecniche per il terrazzamento del terreno e per la coltivazione della vite. I muri di sostegno furono costruiti con materiali trovati in loco. Per prevenire l’erosione del suolo furono scavati canali di scolo che dividono verticalmente i terrazzi. Allo scopo di massimizzare lo spazio da dedicare alla vigna, gli insediamenti furono costruiti in modo molto compatto. Le tipiche case dei viticoltori della regione sono strette e addossate le une alle altre. Spesso dal tetto emerge una sorta di ampio abbaino, il cosiddetto dôme, al quale era fissata una carrucola che permetteva di portare in solaio la legna per il fuoco. Il pianterreno e la cantina erano infatti riservati alle attività di produzione e stoccaggio del vino. Paesaggio culturale tra Heinzenberg e Domleschg Partendo da Thusis, si può scoprire un magnifico paesaggio antropico sorto nel corso del XIX secolo. Impressionanti opere ingegneristiche hanno permesso di domare le forze della natura nel cuore delle Alpi. L’apertura di una via di transito attraverso la Gola della Viamala, l’imbrigliamento del pericoloso torrente Nolla o ancora la costruzione di impianti idroelettrici ne sono solo alcuni esempi. Situata in posizione strategica, Thusis fu in passato un’importante tappa per chi valicava il Passio dello Spluga o quello del San Bernardino. Dopo il devastante incendio del 1845, il borgo dall’aria vagamente italiana fu ricostruito seguendo un piano ortogonale. Le stalle e i fienili che sorgono dietro alle case lungo la strada principale ricordano quanto in passato fosse importante l’agricoltura. La grande opera di arginatura del Reno Posteriore e del torrente Nolla, realizzata nel XIX secolo, ebbe il duplice scopo di proteggere l’abitato dalle piene e di ricavare nuovi terreni per l’agricoltura e le abitazioni. L’itinerario escursionistico finisce proprio nell’area un tempo soggetta agli straripamenti del Nolla e oggi occupata da giardini, dalla clinica Beverin e dagli alloggi per il personale. → Indossate scarpe comode e partite alla scoperta dei paesaggi svizzeri e degli insediamenti che li caratterizzano! Nella nuova pubblicazione della collana «Destinazione beni culturali», la terza della serie, troverete 24 proposte d’itinerario corredate da cartine e interessanti informazioni storico-culturali.
UN INVENTARIO TECNICO PER CAPIRE GLI INSEDIAMENTI 10
Scoprire la Svizzera con l’ISOS L’Inventario federale degli insediamenti svizzeri da proteggere d’importanza nazionale (ISOS) raccoglie una quantità sterminata di informazioni sulle perle del patrimonio architettonico del nostro paese. Chi vuole accedere a questo sapere deve però addentrarsi nei meandri di un inventario tecnico. Patrick Schoeck, Patrimonio svizzero
L’ISOS è innanzitutto uno strumento di lavoro per gli specialisti della pianificazione del territorio, dell’urbanistica, dell’architettura e della tutela dei beni culturali. Non privo di una certa aridità scientifica, consultarlo non è proprio come leggere un romanzo seduti in una comoda poltrona. Eppure, con un po’ di impegno e prendendosi il tempo necessario, la lettura dell’ISOS può essere un’esperienza gratificante. Una volta capito come sono strutturate le singole parti degli inventari di ciascun insediamento, come interpretare le mappe e come metterle in relazione con i testi e le tabelle, si accede a un inestimabile tesoro di conoscenze raccolte nel corso di vari decenni. Il modo più semplice per approcciarlo è cominciando dal geoportale federale (map.geo.admin.ch), dove basta inserire il testo «ISOS» nel motore di ricerca: sulla carta nazionale appariranno oltre 1200 risultati. Probabilmente molti di questi luoghi vi saranno noti. Quando si clicca su un punto rosso, appare un documento in formato PDF con una fotografia aerea e un breve testo descrittivo in prima pagina. Il mio domicilio è facile da indovinare se si legge la descrizione (in tedesco) sul documento ISOS: «La più grande città svizzera, in posizione privilegiata sul Lago di Zurigo. Centro storico compatto su ambedue le sponde del fiume Limmat, circondato dall’area commerciale con costruzioni rappresentative del XIX secolo. Cintura di quartieri residenziali di vario genere: blocchi con cortili interni, città giardino, sobborghi di torri e palazzine». Le pagine seguenti presentano fotografie in bianco e nero che documentano l’aspetto delle strade e vedute più caratteristiche. Nel caso della mia città, si tratta di istantanee del centro storico intorno alla Limmat, di viste panoramiche con le Alpi sullo sfondo e l’intrico di binari presso la stazione centrale, che divide la città in due. Nel caso della famosa località turistica di Interlaken abbiamo la via Höheweg con i suoi imponenti alberghi e l’inconfondibile vista sull’Eiger, sul Mönch e sulla Jungfrau, ma anche il quartiere storico. A Oberneunforn, in Turgovia, dominano le graziose costruzioni a graticcio, a Mont-sur-Rolle, nel Canton
Vaud, le case di viticoltori inserite nel paesaggio vitivinicolo. La documentazione fotografica offre uno scorcio sulla diversità e la bellezza delle tradizioni architettoniche svizzere, evidenzia le particolarità regionali e invita a conoscere meglio questa ricchezza culturale. Il valore scientifico dell’ISOS, tuttavia, si rivela solo dopo la serie di immagini introduttive, nelle pagine in cui l’immensa quantità di informazioni frutto di ricerche condotte sull’intero territorio nazionale è raccolta ed esposta in modo sintetico, sempre attraverso una mappa generale, una tabella e informazioni sulla storia e sul tipo di insediamento. Un viaggio di scoperta attraverso l’ISOS È vero, familiarizzarsi con questo sistema non è facilissimo. Sul sito dell’ISOS (www.isos.ch) l’Ufficio federale della cultura ha tuttavia allestito la rubrica «L’Inventario in breve», sotto la quale si trova una semplice Introduzione all’ISOS in formato PDF. Sotto la stessa rubrica si possono scaricare le Direttive concernenti l’ISOS, che includono una descrizione completa del metodo applicato. Una volta lette queste spiegazioni il viaggio di scoperta può cominciare. L’assenza dei nomi delle vie sulle mappe è un piccolo ostacolo a cui è necessario abituarsi. Segue una tabella che indica a che cosa corrispondono le superfici delimitate da linee tratteggiate o continue, contrassegnate da numeri arabi e romani. I numeri arabi segnalano «superfici edificate» autonome, per esempio un nucleo o un quartiere con uno schema di costruzione ben riconoscibile. Dentro o fuori da questi «perimetri edificati» è possibile riconoscere «gruppi edilizi» caratterizzati da una coerenza strutturale. Il numero 1.1, per esempio, potrebbe indicare un gruppo edilizio legato a una superficie contrassegnata dal numero 1. I numeri romani segnalano invece «intorni circoscritti» (aree vicine all’edilizia da proteggere) con caratteristiche che influiscono indirettamente sulla conformazione dell’insediamento. Tutti questi elementi sono descritti e valutati nella tabella. All’apparenza è abbastanza complicato, ma basta applicare il sistema a un luogo che si conosce bene per capire come funziona: è meno complesso di quanto sembri. Per esempio, io abito nel «perimetro edificato» 9 sul foglio d’inventario «Zurigo Unterstrass». L’ISOS lo descrive come un quartiere residenziale la cui disposizione si basa su un piano di sviluppo urbano del 1925. È caratterizzato da case monofamiliari e palazzine edificate parallelamente rispetto alla strada, con vari tipi di spazi aperti, pubblici e privati. L’inventario federale, dopo aver operato un confronto a livello nazionale, raccomanda di non stravolgere la struttura urbana e architettonica del quartiere. La nostra casa si trova nel «gruppo edilizio» 9.2, descritto come il complesso Favorite: un’insieme spazialmente circoscritto del tipo «città giardino» con case a schiera disposte in file lunghe, in parte spezzate, attorno a una grande area aperta con campo da tennis; edifici Heimatstil riccamente strutturati, ornati di vari abbaini e sporti, con ampi giardini prospicienti; 1912-1920. Qui la Confederazione raccomanda la conservazione della sostanza e un divieto di demolizione. Rispetto alla letteratura disponibile sul nostro complesso residenziale e sullo sviluppo urbanistico dell’area di Zurigo Unterstrass, le informazioni contenute nell’ISOS sono naturalmente piuttosto limitate. D’altronde, l’inventario federale non si prefigge di esporre in modo esaustivo le conoscenze disponibili per
2 | 2020 Finestra in lingua italiana 3
ciascun oggetto di ogni singolo quartiere o insediamento. Lo scopo è piuttosto quello di raccogliere tali informazioni in una sintesi che consenta di farsi un’idea delle peculiarità urbanistiche del luogo e di operare un confronto. La ricchezza delle tradizioni architettoniche Il grande merito dell’ISOS è la visione d’insieme su tutto il territorio nazionale, da Dardagny a Müstair e da Merishausen a Chiasso. Prendendo l’esempio di queste quattro località agli estremi cardinali, si notano la grande varietà delle tradizioni architettoniche degli insediamenti di importanza nazionale e il rigore scientifico che contraddistingue il metodo adottato per l’inventario. Del resto non esiste, nemmeno all’estero, un altro metodo che consenta di registrare, descrivere e valutare l’insieme degli insediamenti di un paese secondo un sistema uniforme per tutti i siti. Il metodo dell’ISOS è rimasto lo stesso per quattro decenni, fino a oggi, e questo è dovuto alla costanza e alla determinazione delle autorità federali. Complessivamente l’ISOS raggruppa decine di migliaia di raccomandazioni, descrizioni e valutazioni relative a insediamenti, perimetri edificati, gruppi edilizi, intorni circoscritti e singoli oggetti. Rimane da chiedersi se nell’era di Google Maps uno strumento come l’ISOS abbia ancora senso. In fondo oggi la tecnologia ci permette di conoscere quasi ogni centimetro del nostro paese con una visuale a 360 gradi. La risposta è sì, anzi, oggi più che mai! Infatti, non basta poter vedere per capire quello che si vede. Eppure capire la sostanza edilizia esistente è un prerequisito indispensabile per riuscire a riflettere sullo sviluppo futuro del nostro territorio. L’Ufficio federale della cultura è tuttavia ben cosciente che dopo oltre quarant’anni di progressi tecnici è giunta l’ora di presentare tutto il sapere accumulato dall’ISOS in una forma più agevole: gli insediamenti per i quali è necessario aggiornare l’inventario oggi vengono inseriti nel geoportale della Confederazione. E a chi cercasse sin d’ora un accesso più immediato alle meraviglie del nostro paese, non mi rimane che consigliare le pubblicazioni della collana di Patrimonio svizzero «Destinazione beni culturali».
A COLLOQUIO CON LUKAS BÜHLMANN 15
«Ora controlliamo meglio la crescita degli insediamenti» Inizia nel 1986 presso l’Ufficio federale della pianificazione del territorio, nel 1991 passa a EspaceSuisse (ex ASPAN) e nel 2003 ne assume la direzione. L’impegno di Lukas Bühlmann nella pianificazione del territorio dura da quasi un quarto di secolo. Alla fine del 2019, a sessantadue anni, ha lasciato l’incarico. Una conversazione con il decano della pianificazione territoriale svizzera. Marco Guetg, giornalista, Zurigo
4 Finestra in lingua italiana 2 | 2020
In un articolo sulla NZZ del 2016 aveva previsto che in Svizzera avremmo presto dovuto far fronte a una mancanza di pianificatori del territorio. L’allarme lanciato a sortito qualche effetto? Sono state create alcune nuove offerte formative e si sono potute mantenere quelle esistenti, ma non è affatto sufficiente. La richiesta di specialisti competenti nella pianificazione del territorio è ancora enorme. Si tratta di un compito che ricade soprattutto sui due Politecnici, ma è anche necessario stimolare l’interesse dei giovani per la pianificazione del territorio. Qual è il fascino di questa professione? Il pianificatore si trova al centro della vita. Con il suo lavoro dà forma agli spazi e all’ambiente, incontra molte persone e deve pensare in termini interdisciplinari. In questo modo ha l’opportunità di stringere contatti con esperti in diversi campi del sapere. In breve: quello del pianificatore è un lavoro affascinante… …che può anche portare a importanti gratificazioni: nel 2017, grazie al suo impegno, ha ricevuto un dottorato honoris causa dall’Università di Basilea… È stata una gradita sorpresa. Mi ha fatto particolarmente piacere che nella laudatio per il conferimento del dottorato sono stato definito un costruttore di ponti, una persona capace di creare legami tra i cantoni e i comuni, naturalmente anche grazie al ruolo svolto dall’associazione. Sono stati apprezzati il mio impegno nei confronti della scienza e della ricerca, così come i miei sforzi per metterne in pratica i risultati. Un bel riconoscimento a conclusione della sua carriera, iniziata nel 1986 presso il servizio giuridico dell’Ufficio federale della pianificazione del territorio e proseguita nel 1991 in seno all’Associazione svizzera per la pianificazione del territorio (ASPAN). Di che cosa si occupavano i pianificatori negli anni Ottanta? Soprattutto dell’attuazione della nuova Legge sulla pianificazione del territorio del 1979. Era l’epoca dei primi piani direttori cantonali, che il governo federale approvava senza troppe esitazioni. Questo provocava alcuni attriti. In aggiunta, anche la protezione dell’ambiente stava acquistando sempre maggiore importanza. Si parlava di morte dei boschi e di inquinamento delle acque. Tali problemi si sono sostituiti a quelli della pianificazione del territorio. Uno dei grandi meriti di Rudolf Stüdeli, all’epoca direttore dell’ASPAN, fu di ridefinire il ruolo dell’associazione e di aggiungere al suo programma la protezione dell’ambiente. Dopotutto, era chiaro che la pianificazione del territorio e la protezione dell’ambiente si muovevano sullo stesso binario. All’inizio il mio lavoro all’interno dell’ASPAN era appunto di coniugare queste due aree di interesse. L’importanza di questo duplice approccio è stata confermata negli anni Novanta, quando la creazione di centri commerciali e grandi nego-
zi specializzati su tutto il territorio nazionale ha generato le ben note conseguenze: più traffico, più rumore e più inquinamento dell’aria. All’epoca la popolazione comprendeva l’importanza della pianificazione del territorio e della protezione dell’ambiente? La sensibilità della popolazione è cresciuta progressivamente per poi diminuire negli Novanta per effetto della crisi edilizia. Se l’economia va male ne risentono anche l’ambiente e la pianificazione del territorio. Il boom edilizio degli anni Duemila ha però generato una nuova presa di coscienza. Ci stiamo muovendo verso una situazione ideale? Ideale forse no, ma sono molto colpito da quanto accaduto negli ultimi anni. C’è stato un chiaro miglioramento per quel che riguarda i nuovi piani direttori cantonali. Molti cantoni hanno affrontato il problema e hanno iniziato ad approvare le riconversioni di terreni. Ma non è stato affatto facile! Ora devono muoversi anche i comuni, ma si vedono già alcuni esempi virtuosi. Nel 2012, con la revisione della Legge sulla pianificazione del territorio (LPT), è stato compiuto un passo decisivo. Molte delle sue rivendicazioni sono diventate realtà. Adesso può davvero ritirarsi soddisfatto. Da allora controlliamo meglio lo sviluppo degli insediamenti. Le norme più severe hanno portato a un cambio di paradigma: dallo sviluppo centrifugo, verso l’esterno, a quello centripeto, verso l’interno degli insediamenti. La separazione tra aree edificabili e aree non edificabili è uno dei risultati più importanti della pianificazione del territorio. Senza questi interventi, la Svizzera si sarebbe trasformata in un paesaggio rurale completamente edificato e inframezzato da un po’ di verde. L’intensa attività di costruzione al di fuori delle zone edificabili è un dato molto preoccupante. La Confederazione intende risolvere il problema con una nuova revisione della LPT. Bisogna risolvere questa situazione: tutti gli edifici agricoli, gli stabilimenti di ingrasso, le strutture ricreative... Naturalmente conosco le disposizioni in materia di protezione degli animali e mi rendo conto della pressione subita dagli agricoltori a causa della concorrenza. Tuttavia, sono convinto che si possa spesso fare di meglio, specialmente riguardo alla scelta dei luoghi, alla classificazione delle strutture esistenti e alla qualità degli edifici. In questa seconda revisione della LPT mi sembrano particolarmente importanti due aspetti: la questione della strategia compensatoria e l’obbligo di demolizione. Quali sono le maggiori resistenze che incontra questa seconda revisione della LPT? Per gli agricoltori la revisione si spinge troppo oltre. Le associazioni ambientaliste hanno invece criticato un’eccessiva apertura. Al Consiglio nazionale si è quindi creata una maggioranza contraria alla revisione. Diversamente dalle associazioni ambientaliste, credo che si dovrebbe accogliere il progetto di legge del Consiglio federale e poi migliorarlo durante l’iter parlamentare. Si possono fare delle previsioni? Presto o tardi il Parlamento tornerà sul progetto del Consiglio federale e lo migliorerà.
La doppia iniziativa per la biodiversità e per il paesaggio promossa dalle associazioni ambientaliste potrebbe dare una spinta a questo processo. Soprattutto l’iniziativa sul paesaggio, perché riguarda le costruzioni fuori dalle zone edificabili. Ricordiamoci che nel 2012, durante la prima revisione della LPT, il Parlamento stava facendo i conti con la precedente iniziativa per il paesaggio promossa dalle associazioni ambientaliste. Senza tale pressione, la revisione non sarebbe stata così rigorosa. Adesso potrebbe succedere la stessa cosa. Penso che impedire l’aumento del numero degli edifici fuori dalle zone edificabili come chiede l’iniziativa sia un buon obiettivo di riferimento, basato sul principio secondo cui per ogni nuova costruzione approvata fuori dalla zona edificabile bisogna rimuoverne una vecchia da qualche altra parte. Anche l’iniziativa sulla biodiversità contribuirà a fare pressione? In misura minore. Ma è comunque importante. Se la biodiversità entra in un articolo costituzionale, dovrà per forza essere tenuta in considerazione quando si costruisce fuori dalle zone edificabili. Se le aree per la tutela della biodiversità, il patrimonio naturalistico e culturale, così come gli insediamenti sono protetti, questo incide chiaramente sulla ponderazione degli interessi in gioco. Un aspetto importante della LPT è la densificazione. Si tratta di un principio spesso in contrasto con la protezione degli insediamenti. Sì. La legge prescrive lo sviluppo all’interno degli insediamenti a scapito di quello verso l’esterno. Questo genera inevitabilmente dei conflitti. Inoltre, nel 2009 il Tribunale federale ha stabilito che non solo la Confederazione ma che anche i cantoni e i comuni devono tenere conto delle disposizioni dell’Inventario federale degli insediamenti svizzeri da proteggere (ISOS). In realtà, l’ISOS è uno strumento di cui dovremmo essere orgogliosi. Quale altro paese può vantare un inventario che documenta così bene gli insediamenti di importanza nazionale? Penso quindi che i ripetuti tentativi da parte del Parlamento di indebolire le direttive dell’ISOS non abbiano molto senso. Certo, capisco bene che l’ISOS e la sua applicazione richiedono un grandissimo impegno. Il peso giuridico dell’Inventario non è percepito chiaramente e così c’è una certa confusione anche riguardo al ruolo svolto dai singoli attori in campo, come i proprietari dei terreni, le autorità preposte al rilascio dei permessi e le commissioni federali di esperti in materia (CFNP, CFMS). Inoltre, parte dell’Inventario risale a parecchio tempo fa e nel frattempo lo sviluppo edilizio ha modificato significativamente gli insediamenti. Quindi che cosa bisogna fare? La risposta è contenuta nella stessa LPT, che prescrive una densificazione di alta qualità. Credo che sia molto importante la gestione degli insediamenti e del patrimonio architettonico. Perché molte persone si preoccupano per lo sviluppo odierno? Non è solo a causa della distruzione del paesaggio antropico ma anche perché alla tutela degli insediamenti non viene attribuita la debita considerazione. Le città e i villaggi si sviluppano senza misurarsi con la storia, la struttura e le peculiarità del posto. Il risultato sono spesso insediamenti anonimi, senza un volto, in cui le persone si sentono sradicate e non più a casa propria.
2 | 2020 Finestra in lingua italiana 5
EspaceSuisse e Patrimonio svizzero hanno molto in comune… ... e quindi intrattengono anche sempre degli ottimi scambi. Inoltre, da quanto il tema dello sviluppo centripeto ha assunto maggiore importanza, la nostra collaborazione si è intensificata, anche per quel che riguarda la promozione della cultura architettonica. Devo davvero congratularmi con Patrimonio svizzero per il suo ottimo lavoro e per come negli ultimi anni ha saputo affrontare temi sempre nuovi. Pubblichiamo questa intervista in un numero della rivista dedicato non ai monumenti, ma ai paesaggi urbani, agli insediamenti sparsi e al paesaggio antropico circostante. Si tratta di uno sguardo d’insieme. Questo è il momento ideale per un simile approccio, perché lo sviluppo centripeto riguarda anche gli spazi aperti, le aree verdi e la loro relazione con le zone esterne, con il paesaggio. Uno sguardo d’insieme è oggi più necessario che mai poiché, oltre alla densificazione, anche il cambiamento climatico richiede una maggiore attenzione verso le aree verdi. Da questo punto di vista le città hanno già fatto molto. Si tratta ora di capire se questi risultati sapranno resistere alla prova della densificazione. E cosa succede al «resto» del paesaggio? Le perle del nostro paesaggio sono tutelate dagli inventari. Altrettanto preziosi e a rischio sono però anche i paesaggi ordinari. La loro distruzione procede lentamente e quasi inavvertita. Bisogna essere attenti. Per questo servono norme stringenti anche per le costruzioni fuori dalle zone edificabili. Alla fine del 2019 è andato in prepensionamento per dedicarsi da maggio alla sua ditta Bellaria Raumentwicklung. Intende riprendere da dove ha lasciato? Sì, ma con un carico di lavoro ridotto. Mi piacerebbe poter trasmettere le conoscenze e l’esperienza che ho accumulato negli anni. Lukas Bühlmann, 62 anni, giurista di formazione, vive a Rosshäusern, nella campagna bernese. Dopo gli studi all’Università di Berna, ha lavorato al segretariato della Commissione della concorrenza e in seguito per la Delegazione delle finanze delle Camere federali. Nel 1986 è passato al servizio giuridico dell’Ufficio federale della pianificazione del territorio, dove ha scoperto ciò che da allora non ha mai smesso di appassionarlo: l’impegno per l’ambiente e il paesaggio. Dopo quattro anni, è passato all’Associazione svizzera per la pianificazione del territorio (ASPAN, oggi EspaceSuisse), che ha diretto dal 2003 fino al suo prepensionamento nel 2019. Da maggio 2020, mette a disposizione le proprie conoscenze e la sua esperienza con la sua società di consulenza Bellaria Raumentwicklung di Berna.
INVENTARIO FEDERALE DEGLI INSEDIAMENTI SVIZZERI DA PROTEGGERE D’IMPORTANZA NAZIONALE 18
Com’è nato l’ISOS Se oggi esiste l’ISOS, è grazie a Sibylle Heusser e J. Peter Aebi. Ripercorriamo le tappe che portarono alla creazione dell’ISOS, dagli inizi negli anni Settanta fino alla sua introduzione, per decisione del Consiglio federale, nei Cantoni di Zurigo e Ginevra. J. Peter Aebi, dipl. arch. ETH, già responsabile e organizzatore dell’ISOS
6 Finestra in lingua italiana 2 | 2020
Nel maggio del 1962 il popolo svizzero approvò con un’ampia maggioranza l’articolo costituzionale sulla protezione della natura e del paesaggio. La relativa Legge federale entrò in vigore nel 1966, in seguito a un’altra votazione popolare. Erano i tempi in cui la popolazione cominciava a preoccuparsi per il paesaggio e per gli insediamenti storici, minacciati dal boom edilizio del secondo dopoguerra. L’apprensione popolare era condivisa da economisti, autorità e politici di quasi tutti i partiti. La perdita di terreni coltivi e la crescita incontrollata, sia delle città sia dei piccoli centri, erano diventati evidenti: la pianificazione del territorio non era a quel tempo tra le priorità dell’amministrazione pubblica. In un simile contesto, il «Decreto federale su alcuni provvedimenti urgenti nell’ambito della pianificazione del territorio» annunciato dal consigliere federale Kurt Furgler non incontrò resistenze. Il decreto fu approvato dal Parlamento ed entrò in vigore già nel marzo del 1972. Il professor Martin Rotach fu nominato delegato alla pianificazione del territorio, con Marius Baschung e Jean Pierre Vouga quali vice-delegati. Il mandato di Rotach consisteva nell’inserire, in collaborazione con i Cantoni, le golene, le rive lacustri e i nuclei storici degni di protezione in mappe provvisorie. Il lavoro fu svolto principalmente dagli uffici cantonali specializzati, ma siccome alcuni Cantoni non avevano l’esperienza necessaria né disponevano di un ufficio dei beni culturali, Furgler organizzò un servizio di consulenza. Nell’autunno del 1972, mi contattò Willi Eugster, assistente di Martin Rotach e responsabile dell’assunzione di collaboratori specializzati in pianificazione. Quattro anni prima avevo aperto il mio studio di architettura. Da tre anni lavoravo come consulente per la sezione bernese di Patrimonio svizzero. Ero riuscito a disporre di un po’ di tempo per questo incarico grazie al sostegno dei miei due colleghi. Rotach mi presentò Vouga, che durante un’ora circa mi spiegò quello che c’era da fare. La sera stessa Willi Eugster mi confermò che avrei cominciato il lunedì successivo. Contemplando il paesaggio L’ASPAN (oggi EspaceSuisse) aveva elaborato una proposta su come procedere con l’operazione di salvaguardia. La cosiddetta «squadra volante» doveva incaricarsi dei Cantoni Obvaldo, Turgovia, Appenzello interno e Vallese. Mi resi subito conto che non ce l’avrei mai fatta con le risorse previste. Willi Eugster chiamò in aiuto quattro liberi professionisti provenienti da uffici di pianificazione di diverse aree del paese. Durante la prima riunione a Berna iniziammo a studiare la documentazione dell’ASPAN, ma dovemmo constatare che non rappresentava una base sufficiente per procedere con il lavoro pratico. Ci recammo allora sul Mont Vully. Contemplando il paesaggio con i suoi insediamenti, le rive dei laghi e dei fiumi, riflettemmo sul da farsi. Tracciammo i primi piani di conservazione sulle mappe che avevamo portato con noi. Quella sera stessa stabilimmo anche un piano di lavoro.
Cominciammo dal Canton Obvaldo. In autunno, Johann Mürner ed io elaborammo i primi progetti e individuammo soluzioni per la catalogazione degli oggetti e degli insediamenti più importanti. Con l’aiuto di un altro collaboratore ci dedicammo ad Appenzello interno e il lavoro, basato su quanto già fatto per Obvaldo, fu concluso abbastanza rapidamente. Nell’inverno del 1973 mi fu chiesto di occuparmi di Svitto e Einsiedeln. Il consigliere di Stato Karl Bolfing mi consegnò delle grandi mappe della regione. Ma per lavorare con esse e raccogliere le mie impressioni sul posto, avevo bisogno di un ufficio. Poiché presso la Direzione militare e della polizia non c’erano spazi disponibili, Bolfing fece aggiungere una scrivania nel suo studio. Avrei dunque dovuto lavorare fianco a fianco con lui! Alla prima telefonata che ricevette accennai a uscire, ma Bolfing mi fece capire che non disturbavo e che potevo continuare. Fu un bellissimo periodo e diventammo buoni amici. L’importanza della struttura degli insediamenti I miei primi tentativi di catalogare gli elementi più importanti per descrivere una località non diedero i risultati sperati. Poco prima di finire con Svitto, salii in cima al campanile per scattare una serie di foto da allegare alla documentazione. Osservando Herrengasse, la via centrale del nucleo, mi resi finalmente conto di quali informazioni occorrevano per un inventario: non tanto le singole case signorili di pregio situate nel centro storico e oltre, bensì le strutture che caratterizzano l’insediamento e i suoi dintorni. Tuttavia, in quel momento non mi era ancora chiaro come tradurre la mia intuizione a livello pratico. In ogni caso, l’idea ora c’era. Di ritorno a Berna ne parlai con Martin Rotach e Theo Hunziker, capo della sezione per la protezione della natura e del paesaggio e segretario della CFNP presso l’ispettorato forestale. Entrambi appoggiarono l’idea e vollero sapere quanto tempo ci sarebbe voluto per realizzare un lavoro simile su tutto il territorio nazionale e quanto denaro sarebbe servito. Basandomi sull’esperienza di Svitto e Einsiedeln stimai la durata a circa tre anni per un costo di più o meno 900 000 franchi. Martin Rotach mi incaricò di trovare un esperto in inventari. Contattai subito l’allora segretario della CFMS Martin Fröhlich, che rifiutò, ma suggerì quale possibile responsabile del progetto Georg Germann. Fece anche il nome di Sibylle Heusser, assistente e supplente del professor Paul Hofer al Politecnico di Zurigo. Ebbi un piacevole incontro con Germann, ma alla fine anche lui declinò. Mi indicò vari specialisti e alla fine menzionò a sua volta Sibylle Heusser. La incontrai nell’autunno 1973. Pranzammo insieme e fummo d’accordo su tutto. Era disposta ad accettare l’incarico. L’inventario nazionale doveva comprendere tutti gli insediamenti, comprese le aree circostanti, ed essere redatto in modo comprensibile anche ai non specialisti, in particolare ai politici. Sibylle Heusser lasciò il suo posto di assistente universitaria e si buttò con entusiasmo nella nuova impresa. Si mise quindi alla ricerca di giovani che stavano studiando architettura e storia dell’arte, che potessero aiutarla nel lavoro e nell’elaborazione del sistema. Poco dopo trovammo degli uffici in uno stabile vicino alla stazione di Zurigo che stava per essere demolito. Nel frattempo, il consigliere federale Hans-Peter Tschudi mi aveva scelto come responsabile del servizio per la protezione della natura e del paesaggio presso l’ispettorato forestale.
La prima cosa da fare era creare un sistema. Di grande aiuto fu l’apporto di Walter Hunziker, architetto dell’ETH da poco laureato e collaboratore di Sibylle Heusser. Le singole fasi del processo furono testate in alcune località del vicino Oberland zurighese e del Canton Argovia. In poco tempo il sistema era collaudato e potemmo presentare i primi risultati alla sottocommissione incaricata della CFNP, la quale ci diede via libera per proseguire il progetto. Ci mettemmo subito all’opera sul territorio dei Cantoni di Zurigo e Argovia, tralasciando in un primo momento i grandi centri urbani. Ben presto fu chiaro che le mie stime delle risorse finanziarie e dei tempi necessari non erano state realistiche. Ci concentrammo quindi su Zurigo e Ginevra, poiché volevamo concludere quanto prima l’inventario di un cantone svizzero tedesco e di uno romando, affinché il Consiglio federale potesse dare la sua approvazione ufficiale. Nel frattempo era cominciata la categorizzazione dei diversi luoghi in oggetti d’importanza locale, regionale e nazionale, come definito dalla legge. A volte partecipavano alle sedute anche gli uffici cantonali della pianificazione territoriale e dei beni culturali. Patrimonio svizzero era rappresentata dall’architetto Beate Schnitter che, fatta eccezione di Sibylle Heusser, era l’unica persona ad aver visitato tutti i siti. Come pianificato, terminammo gli inventari di Ginevra e Zurigo quasi contemporaneamente e potemmo così sottoporli ai due Cantoni. Da Ginevra ricevemmo molti elogi. Il Canton Zurigo approvò il lavoro, ma fece osservare che avrebbe considerato vincolante soltanto l’inventario zurighese realizzato dall’Ufficio dei beni culturali. Qualora la Confederazione decidesse di estendere il suo inventario a tutto il territorio nazionale, non vi si sarebbe tuttavia opposto. Con questi documenti in mano, potemmo consegnare il nostro lavoro al consigliere federale Hans Hürlimann. Poco tempo dopo entrambi gli inventari furono convalidati ufficialmente e andarono in stampa con una prefazione dello stesso Hürlimann. A quel punto fu chiaro che interrompere il lavoro non avrebbe avuto senso e che il proseguimento del progetto era ormai garantito. L’ISOS è un’istantanea Quando iniziammo, nessuno avrebbe immaginato che il lavoro sarebbe durato più di vent’anni e che sarebbe costato 50 milioni. Ma la storia dell’origine e della realizzazione dell’ISOS dimostra che un’idea può essere concretizzata con successo anche senza sondare preventivamente quanto i vari uffici considerino il progetto opportuno e concordare con loro tutti i dettagli su tempistiche e finanziamento. Nel mio lavoro mi sono stati spesso fatti notare, soprattutto da Patrimonio svizzero, progetti edilizi o di demolizione in contrasto con l’ISOS. In realtà l’inventario non ha un peso legale sufficiente a garantire la protezione di un bene culturale. Inoltre, nessun luogo oggi esistente risale a una singola epoca. Ogni località ha la sua storia e si è formata nel corso di anni, se non secoli. L’ISOS è un’istantanea di una determinata porzione di territorio, non una campana di vetro che isola tutto ciò che cataloga da ogni possibile cambiamento. Ad ogni modo, grazie all’inventario oggi nessuno può più dire di non conoscere il valore di un determinato luogo o elemento paesaggistico. Gli insediamenti storici devono poter continuare a evolvere e l’ISOS deve servire da punto di riferimento per il loro sviluppo. → Il presente testo riassume il saggio (in tedesco) di J. Peter Aebi che può essere ordinato in formato PDF per e-mail (redaktion@heimatschutz.ch).
2 | 2020 Finestra in lingua italiana 7
HEIMATSCHUTZ SVIZZERA FONDAZIONE VACANZE IN EDIFICI STORICI 34
La cultura architettonica in montagna Da ormai quindici anni la Fondazione Vacanze in edifici storici è impegnata nella salvaguardia e nella conservazione del patrimonio architettonico. Dall’anno scorso riceve il sostegno dell’Aiuto svizzero alla montagna. Nancy Wolf, Fondazione Vacanze in edifici storici
Dal 1943, attraverso aiuti finanziari destinati a progetti per il miglioramento dei mezzi di sussistenza e delle condizioni di vita, l’Aiuto svizzero alla montagna promuove lo sviluppo dell’habitat alpino. Anche l’ambiente costruito è parte dell’habitat. Partendo da questa la considerazione è stata instaurata una cooperazione con la Fondazione Vacanze in edifici storici. Un turismo sensibile alla natura e alla cultura Non è raro che i monumenti architettonici cadano in rovina e scompaiano a causa della mancanza di risorse finanziarie sufficienti a garantirne la conservazione. È un fenomeno che incide sull’aspetto degli insediamenti e del paesaggio antropico che conosciamo e amiamo. Spesso, la scarsa fruibilità di questo tipo di costruzioni viene addotta a motivo per abbandonarle al loro destino, ma se dal paesaggio collinare e montano sparissero le fattorie, le capanne, i nuclei storici con le loro tipiche case di legno o di pietra, perderemmo una parte importante della nostra storia e della nostra identità. Lo pensa anche l’Aiuto svizzero alla montagna, che attraverso questa nuova collaborazione vuole ridare vita ai nuclei storici, valorizzandoli come luoghi d’incontro per la popolazione locale e i visitatori, e favorendo un turismo sensibile nei confronti della natura e della cultura. Dal 2019 sono stati individuati due edifici che saranno restaurati con il sostegno finanziario dell’Aiuto svizzero alla montagna. Casa Portico a Moghegno TI Casa Portico, nel nucleo di Moghegno, è una tipica costruzione in pietra risalente al medioevo. La particolarità dell’edificio è la sua
struttura involuta. Esso è così avviluppato dagli edifici adiacenti, che l’accesso alle singole stanze, distribuite su più piani, è possibile solo tramite le scale esterne in pietra. Casa Portico è stata lasciata per decenni in stato di totale abbandono, fino al punto da minacciare la stabilità delle case vicine. La Fondazione Vacanze in edifici storici ne ha riconosciuto il potenziale e ne ha assunto la gestione in base al diritto di superficie. Nell’aprile 2020 sono finiti i lavori di ristrutturazione e sono state arredate le stanze. Non appena il Ticino riaprirà le porte ai turisti, nei mesi estivi potranno alloggiarvi fino a tre persone che avranno in questo modo la possibilità di vivere da vicino la cultura architettonica ticinese. Maison Heidi a Souboz BE Il secondo edificio è una casa contadina costruita nel XVII secolo nel Giura bernese. Si trova ai margini del villaggio di Souboz, un po’ appartata e affacciata sul paesaggio boschivo e collinare. Questa tipica casa contadina giurassiana cattura l’attenzione per l’ottima conservazione della sostanza architettonica e per l’ampia cucina a volta al centro della costruzione. In origine era provvista di un focolare aperto e il fumo usciva direttamente dal tetto. Anche in futuro, sarà utilizzata come cucina e area centrale della casa. Dopo un lungo periodo in cui è rimasta inutilizzata, i proprietari hanno deciso di valorizzarla e l’hanno data in gestione alla Fondazione Vacanze in edifici storici. L’inaugurazione è prevista per l’estate 2021. La Maison Heidi potrà accogliere fino a sei ospiti, i quali avranno la possibilità di vivere appieno la cultura architettonica giurassiana. Un valore aggiunto per le regioni Con la Casa Palü a Stampa (GR) e la Susta a Splügen (GR), altri due edifici hanno potuto beneficiare di questo partenariato. Dal 2019, entrambe le case alpine vengono affittate attraverso la Fondazione Vacanze in edifici storici. Grazie all’Aiuto svizzero alla montagna, i proprietari hanno beneficiato di una riduzione sul prezzo di registrazione nel catalogo della fondazione. La collaborazione con l’Aiuto svizzero alla montagna rappresenta per la Fondazione Vacanze in edifici storici un’importante opportunità per estendere la propria azione nelle regioni di montagna e offrire ai villeggianti un ventaglio ancora più ampio di possibilità per vivere la cultura architettonica svizzera. Il rinnovamento degli edifici storici e il loro utilizzo come case di vacanza portano alle regioni un valore aggiunto: la maggior parte del denaro investito va infatti alle imprese artigianali locali. I lavori di restauro, e in seguito la gestione degli immobili, sono presi in carico da personale del posto. Inoltre, la presenza degli ospiti favorisce a sua volta le imprese locali e i produttori della regione, il tutto in perfetta sintonia con lo spirito del turismo sostenibile.
IMPRESSUM I testi in italiano sono curati, adattati e a volte ridotti da Sándor Marazza 2/2020: 115mo anno Editore: Heimatschutz Svizzera (redazione: Peter Egli) Stampa: Stämpfli AG, 3001 Berna Grafica: Stillhart Konzept und Gestaltung, 8003 Zurigo Appare: a scadenza trimestrale Indirizzo: Redazione «Heimatschutz/Patrimoine» Villa Patumbah, Zollikerstrasse 128, 8008 Zurigo T. 044 254 57 00, redaktion@heimatschutz.ch ISSN 0017-9817
SCHWEIZER HEIMATSCHUTZ PATRIMOINE SUISSE PATRIMONIO SVIZZERO PROTECZIUN DA LA PATRIA