DANZA
Le emozioni della musica protagonista della danza
Betroffenheit
BETROFFENHEIT, coreografia e regia di Crystal Pite. Testo di Jonathon Young. Scene di Jay Gower Taylor. Costumi di Nancy Bryant. Luci di Tom Visser. Musiche di Owen Belton, Alessandro Juliani, Meg Roe. Con Christopher Hernandez, David Raymond, Cindy Salgado, Jermaine Spivey, Tiffany Tregarthen, Jonathon Young. Prod. Kidd Pivot e Electric Company Thatre, Vancouver. FESTIVAL TORINODANZA, TORINO. È possibile tramutare in ar te il proprio sentimento di “costernazione” o sbigottimento? Questa la fluida traduzione della parola tedesca che dà il titolo allo spettacolo frutto della collaborazione fra la coreografa Crystal Pite e il danzatore/attore/ drammaturgo Jonathon Young. L’allestimento è un tentativo di rielaborazione del lutto che, partendo dall’esperienza sofferta in prima persona dal poliedrico artista, possa acquisire catartica universalità. Un ambiente freddo e spoglio, delimitato da una porta metallica che suggerisce un luogo di cura; un tavolo metallico che è anche barella; un uomo che dialoga con una stentorea voce fuori campo
Hy92
che gli impartisce asettiche indicazioni per superare il suo stato di prostrazione. E, a tratti, la “visita” di creature perturbanti che accompagnano il protagonista in un nightclub, dove egli si esibisce in una sorta di standup comedy che, gradualmente, si tramuta in cupo cabaret espressionista. Gli incubi dell’uomo prendono vita sulla scena, mescolandosi al ricordo bruciante dell’incidente vissuto. Sentimenti che, nella seconda parte dello spettacolo - abitato soltanto da una colonna al centro del palco vuoto - diventano pura coreografia: i gesti brevi e nervosi raccontano lo sforzo di riacquisire consapevolezza di sé e di ripristinare il contatto col mondo esteriore. Ed è proprio in questi quaranta minuti - dominati dalla tecnica impeccabile, eppure empatica, e peculiare dei sei interpreti - che lo spettacolo riesce a realizzare il suo obiettivo. Se la prima parte appare infatti più convenzionale, nella seconda l’atmosfera si fa concentrata e urgente, il dolore o, meglio, l’incapacità ad affrontarlo percorre nervosamente azioni e volti e che, nella tutt’altro che consolatoria conclusione, afferma la propria tenace sopravvivenza. Laura Bevione
DISPLACEMENT, coreografia di Mithkal Alzghair. Con Rami Farah, Shamil Taskin, Mithkal Alzghair. Prod. Godsbanen, Aarhus (Dk) e altri 6 partner internazionali. PRELUDE, di e con Sina Saberi. Costumi di Reza Nadimi. Luci di Ali Kouzehgar. Musiche di Aliakbar Moradi, Keyhan Kalhor. Prod. Maha Collective, Tehran. FESTIVAL INTERPLAY, TORINO. Il trentottenne coreografo e danzatore Mithkal Alzghair ha studiato e lavorato a Damasco ma, nel 2010, si è stabilito definitivamente in Francia: se tornasse in Siria sarebbe obbligato a completare il servizio militare e ad andare in guerra. Particolari esistenziali, questi ultimi, che sono alla base del suo Displacement, articolato in due parti - un assolo e un trio di soli uomini - costruito sulla contaminazione di danze tradizionali mediorientali con il linguaggio della contemporanea. Al centro il tema dello “spostamento”, l’emigrazione forzata di chi fugge dalla guerra e da un destino che non ha scelto: ecco allora gli anfibi, calzature pesanti che inficiano i movimenti del danzatore e di cui è necessario liberarsi per ritrovare la
propria intima identità. Lo stesso vale per la camicia e, nella seconda parte, per le magliette indossate dai danzatori che, rimasti a petto nudo, paiono capaci di sfidare col proprio corpo “consapevole” guerre e frontiere. Ricerca della libertà che si coniuga ai motivi della dittatura e della fuga, così come a quelli della fratellanza e dell’ansia di autenticità. Alzghair utilizza una danza tradizionale siriana, la Dabke - e siriane sono pure le musiche che interrompono solo a tratti un silenzio denso dei rumori dei passi ovvero delle mani che battono - e la interpola con la “libertà” di movimenti concessa dalla danza contemporanea. La regolarità delle azioni dei tre uomini che eseguono i medesimi passi tenendosi per la vita è drammaticamente variata da braccia che si alzano - per arrendersi, ovvero per segnalare la propria esistenza - gambe che crollano improvvisamente sotto il peso di un dolore inatteso, corpi che si aggrappano l’uno all’altro a comporre una disperata pietà. E se la dolorosa esperienza esistenziale è qui evidente, essa risulta invece poeticamente trasfigurata nel concentrato assolo Prelude, dell’iraniano Sina Saberi. Misticismo mediorientale, ombre e luce, candore della veste e buio che a tratti avvolge il palco, movimenti - a terra, lungamente, poi in posizione eretta fluidi, reiterati a velocità progressivamente accelerata, quasi un tastare la realtà così da trovare in essa il proprio spazio. E poi quell’avanzare nella semi-oscurità verso il proscenio, le braccia in alto, sussurrando parole che paiono una preghiera laica. Un gioiello di luminosa e lirica perfezione. Laura Bevione PRESENT CONTINUOUS, ideazione, coreografia e regia di Salvo Lombardo. Con Cesare Benedetti, Lucia Cammalleri, Daria Greco, Salvo Lombardo. Prod. Festival Oriente Occidente, Rovereto. QUESTO LAVORO SULL’ARANCIA, coreografia di Marco Chenevier. Con Alessia Pinto, Marco Chenevier. Prod. Aldes, Torino. FESTIVAL INTERPLAY, TORINO. Il coreografo Salvo Lombardo ha avviato una ricerca artistica fondata sull’osservazione di movimenti e atteggiamenti in contesti “reali”. Con Present continuous i quattro performer propongono sulla scena pose, gesti e dinamiche osservate nel corso