HUMOUR
G(L)OSSIP Il teatro è radical chic e fa l'effetto di uno shock! di Fabrizio Sebastian Caleffi
«Diventate modelle e modelli, o almeno sembratelo, aggiornatevi, tenetevi al corrente degli ultimi g(l)ossip, la vita e la libertà li avete, adesso prendetevi la felicità, drizzate le orecchie, scopate più che potete, pensate in grande!» Juan Baptiste* Con le mani sporche di attualità, nella giusta e lucida prospettiva attuale, quanta piccolo borghesia da imbucato ai cocktail gauche caviar al Carcano in pè si manifesta nella descrizione refoulè e assai fanè di Giorgio (e anche di Bettino) nella Milano da bere fatta dal narratore del romanzetto Arcodamore. Ecco un estratto dal dente avvelenato: «... Sono andato a fotografare la casa di un regista teatrale con Antonella... lei si aggiustava i capelli come se dovesse sostenere qualche genere di esame definitivo... le ho detto a mezza voce: “È un vecchio trombone, per piacere!”... il regista in piedi nel grande soggiorno tenuto come un museo ha detto: “Ah” finto sorpreso, ma era tutto vestito e atteggiato per l’occasione, con i capelli da vecchia signora riflessati di turchino...». Il Caro Diario a buon mercato è opera di De Carlo che par covare Salvini e i suoi Sciocchini nel manifesto risentimento antiteatrale reso manifesto dalla sua Polaroid nazipop (sta per nazionalpopolare) di Strehler, a cui avrebbe reso invece giustizia un eventuale scatto (in Avanti) di Andy Pop, the pop art’s Pope Warhol, a suo tempo di passaggio in città in visita di rivisitazione a the Last Supper by Brother Leo. Chi legge Andrea campa cent’anni e magari rinnova l’abbonamento al Piccolo ogni anno, ma piccoloborghese rimane (e resta un bel salame). Valga questa premessa a introdurre un check sul vento che gon-o-sgon-fierà le vele della Nave Scuola Teatrale nella stagione in corso, una stagione “oltre i muri”, come da dossier; muri da abbattere, da saltare, da graffitare. Da ricostruire intra moenia? Se navigare necesse est, vivere don’t be, perciò per navigare il palcoscenico della vita è necessario andare a teatro a gonfie vele. Tutti a bordo, dunque, di un cutter per Napoli e per il Ballo in Maschera delle Maschere al Mercadante. Ci voleva Strehler Con quell’aria un po’ impacciata e un po’ tragicamente spacciata che ostentano un po’ per tigna un po’ per civetteria i teatranti quando si offrono alla platea senza altro copione da interpretare che quello della loro vita in arte, al Mercadante distribuiscono e ricevono le MascherePremio in una cerimonia che è un po’ una pizza. Ma siamo a Napule e sappiamo quant’è buona a’ pizza a Naples. Ci voleva Strehler a condurre. E il conduttore lo evoca con uno spezzone della sua parodia del Giardino con Valentina per celebrare in un sol cult la Cortese, la Marchesini e se stesso. Già, ci vorrebbe sempre Strehler.
Hy26
Omen Sta per Destino in latino, in milanese homeni (anche homìni). Pullulano omìni alla ribalta e agli uomini di teatro della tempra di Salines (un bel vincitore a Napoli) si addice il destino di Bill “Big Bill” Tilden che dice al giovane Frederic Prokosch, autore dello smagliante Voices: a Memoir: «Bene, ti dirò, ragazzo mio, il tennis è un’arte, come una recita a teatro. Quando entro, mi sento un’Anna Pavlova. O diciamo un’Adelina Patti. O addirittura Sarah Bernardt. Vedo le luci della ribalta davanti a me. Odo il brusio del pubblico. Provo un brivido gelido. Vincere o morire!». Questo prima di soccombere con l’immensa eleganza di un Federer a Lacoste. Pensateci, ragazzacci in lacoste, prima d’entrare sprezzanti e indifferenti in scena. Se avete poca passione, vi serva da lezione l’esperienza di una lunghissima routine. La fiera delle novità Che dice il cartellone di stagione? Che un’eccellente routine saprà supplire alla penuria di novità? «Noi tutti recitiamo nel grande spettacolo del mondo, passiamo con le nostre maschere variopinte, diciamo bugie e a malapena sappiamo se ci siamo riusciti; io recito l’amore e non è neppure del tutto credibile. Ma spesso si recita meglio ad avere una routine e nessuna passione», Stefan Zweig in Il commediante trasformato edito da Via del Vento. Come cammelli nella cuna Dunque la stagione in corso sia quella dell’abbattimento del muro/ quarta parete tra Broadway e il Berliner Ensemble. Cristo si è fermato al musical e Dioniso è fermato dai vopos. Ma Jesus Star e Dio dell’Ebbrezza devono duettare danzando come Gene & Fred. Quando lessi per la prima volta il memoriale sapienziale del Vagabondo del Karma, il già citato Prokosch, nume tutelare di questo glossip insieme al Baptiste dell’exergo, ero a Epidauro, nella cuna (cruna) del teatro. La sua descrizione dell’emozione alla lettura dell’omerico scudo di Achille mi dette il senso circolare di una narrazione rapsodica di cui la drammaturgia è il vinile. In un ipotetico duello con l’epica ebraica espressa dallo scudo di Davide possiamo rappresentare lo scontro tra l’enfasi figurativa e il rigore della geometria. Come dire: il Michelangelo della Sistina rivisitato da Mondrian. Difficile ma vitale il loro transitare insieme per la cruna dello stage door. Chi è di scena? Il trap di Achille Lauro e il folk di Davide Van De Sfroos. Tra archetipi e futilità, sempre viva la teatralità! In felice «stato di erezione intellettuale permanente» (Salvador Dalì).
*Juan Baptiste: newyorker di origine creola, detto il Basquiat del giornalismo mondano, influencer e columnist del magazine Down Under.