Hystrio 2019 4 ottobre-dicembre

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critiche Biennale Teatro, drammaturgie plurali per il teatro del XXI secolo Da Oliver Frlijć a Miet Warlop, dai Leoni Jetse Batelaan e Jens Hillje agli italiani Alessandro Serra e Lucia Calamaro, il festival veneziano, terza edizione firmata da Antonio Latella, mette in scena le molteplici declinazioni della drammaturgia. Senza dimenticare i giovani registi premiati alla Biennale College 2018. MAUSER, di Heiner Müller. Regia, scene e musiche di Oliver Frljic. Drammaturgia di Marija Karaklajic e Sebastian Huber. Costumi di Sandra Dekanic. Luci di Gerrit Jurda. Con Franz Pätzold, Götz Schulte, Marcel Heuperman, Nora Buzalka, Christian Erdt. Prod. Residenztheater, Moncao di Baviera (De). BIENNALE TEATRO 2019, VENEZIA.

THE STORY OF THE STORY, progetto e regia di Jetse Batelaan. Drammaturgia di Peter Anthonissen. Scene e luci di Theun Mosk. Costumi di Liesbet Swings. Con Goele Derick, Jente De Motte, Hanneke van der Paardt, Tjebbe Roelofs, Peter Vandemeulebroecke, Jurjen Zeelen. Prod. Theater Artemis, De Bosch (Nl) Het Zuidelijk Toneel, Tilburg (Nl). WAR, progetto e regia di Jetse Batelaan. Scene di Wikke van Houwelingen, Marloes van der Hoek. Costumi di Liesbet Swings. Con Martin Hofstra, Tjebbe Roelofs, Willemijn Zevenhuijzen. Prod. Theater Artemis, De Bosch (Nl). BIENNALE TEATRO 2019, VENEZIA. L’aver aperto la Biennale 2019 dedicata alle drammaturgie con Jetse Batelaan, autore e regista olandese di teatro per ragazzi, è una precisa scelta di poetica e politica. Nei lavori The Story of the Story e War Antonio Latella ha individuato due urgenze: da un lato la possibilità e la capacità di tornare a narrare il contemporaneo con tutti gli spiazzamenti del caso, dall’altro la necessità di investire, di dare pari dignità al teatro della gioventù. Per questo il Leone d’Argento a Jetse Batelaan è un premio non solo a quanto l’artista olandese ha fatto, di cui in Italia si sa poco o nulla, ma ancor

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di più alla prospettiva di un teatro ragazzi che sappia raccontare il contemporaneo alle giovani generazioni con poesia, freddo realismo e un po’ di cinismo. Questi sono gli aspetti di The Story of the Story in cui la nascita di una nuova umanità, forse frutto di una catastrofe atomica/ecologica, si affianca alla presenza di giganti di una famiglia pop in cui il piccolo di casa rappresentato dalla sagoma di Ronaldo - chiede a papà Trump e mamma Beyoncé di raccontare storie e non solo di inseguire la carriera di star del football. In War la guerra è narrata e agita in una stanza-magazzino in cui gli oggetti cadono improvvisamente e all’interno della quale si muovono tre uomini in divisa terrorizzati, un po’ infantili, vittime di un conflitto che scatta magari per una semplice battaglia ingaggiata a colpi di palline di plastica con la platea. Un modus operandi fra teatro post-drammatico e teatro di figura, a tratti difficoltoso, che ha lasciato un po’ perplessi nel suo esito narrativo, ma che ha avuto il pregio di mostrare un altro modo di parlare ai giovani. Una scelta in linea col progetto di Antonio Latella di mostrare altri modi di fare teatro, ma soprattutto di lavorare per il pubblico e gli artisti di domani, o meglio di un presente che deve essere affidato e condiviso con i giovani sia in palcoscenico che in platea. Nicola Arrigoni

È un viaggio nella cecità della violenza, usata dalla rivoluzione e dai regimi come strumento per rafforzare il proprio status e, attraverso l’annientamento del nemico, assicurarsi il consenso cieco, indottrinato fino alla morte. Mauser di Heiner Müller, nella riscrittura registica di Oliver Frljic, è un lavoro fisico, duro, impietoso che non lascia tregua ai personaggi. Il testo di Heiner Müller - il cui ritratto campeggia sul fondale della scena - «affronta il tema della rivoluzione che inizia a divorare i propri figli. Si domanda per cosa oggi siamo pronti a uccidere e, ancora di più, per cosa siamo disposti a morire», scrive il regista bosniaco di stanza in Germania. La violenza delle parole, la consapevolezza che una fine all’orrore ci deve pur essere e la lettura di questa consapevolezza come errore e pericolo per la rivoluzione si traducono nella corporeità oltraggiata dei giovani interpreti. La sopraffazione del singolo, il fratello di un attimo prima che diventa nemico, l’amico che si fa minaccia alla missione rivoluzionaria dominano Mauser, un lavoro in cui la cupezza si fa corpo, in cui l’oltraggio ai corpi non conosce limiti, in cui i corpi stessi degli attori sono materia drammaturgica, sudati, bagnati, denudati e sbattuti come carne da macello. Il testo si intreccia con la biografia di Oliver Frljic che, nel finale, affronta una riflessione sul ruolo dell’intellettuale, partendo da Heiner Müller, la cui posizione nei confronti della Repubblica Democratica Tedesca era alquanto eterodossa e il cui busto di ghiaccio viene fatto a pezzi e poi usato per un buon whisky on the rocks… Quasi a suggerire il ruolo disciolto dell’intellettuale nei confronti della realtà e forse la vacuità stessa della riflessione su violenza e rivoluzione a cui lo spettatore ha assistito. Una virata di senso questa che arriva all’ultimo e che rischia di cancellare la credibilità di quanto è accaduto e mostrato; cambio di registro che risulta eccessivo, un colpo di teatro che non convince fino in fondo, mettendo in crisi l’intera operazione. Nicola Arrigoni


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