Borsa di studio Carlo Locatelli di Valle Imagna e figlio Salvatore
Anno scolastico 2011 – 2012 Classe quinta A della scuola primaria di Selino Basso “Vite di ieri: il cibo, il gioco, l’abbigliamento”
Anno scolastico 2011 - 2012 Siamo gli alunni della classe quinta A di Selino Basso (Sant’Omobono T.) e ci presentiamo Betelli Noah
Emanuelli Matteo
Boffetti Giovanni
Maggiolini Jacopo
Capelli Giada
Manzoni Alessia
Cortinovis Grazia
Ouablal Jawad
Dadda Riccardo
Salvi Simona
Dolci Leda
Todeschini Laura
El Idrissi Yassin
Zanella Irene Insegnante: Tiziana Carminati
La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme... Articolo
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della
Costituzione:
Dopo aver commentato in classe questo articolo della nostra Costituzione, abbiamo voluto conoscere e approfondire il risparmio nel passato analizzando alcuni aspetti della vita quotidiana: l’alimentazione, il gioco, l’abbigliamento. Abbiamo intervistato i nostri nonni e i nostri genitori per avere una visione completa del tempo passato. Ci siamo divertiti a costruire un breve vocabolario in bergamasco per imparare le parole di uso comune e i modi di dire utilizzati dai nostri nonni. È stata un’esperienza significativa che ci ha permesso di conoscere situazioni molto lontane dalla nostra realtà quotidiana. Non siamo certi di aver scritto in modo corretto, ma abbiamo cercato di fare del nostro meglio.
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Alimentazione IERI Al mattino facevo colazione con latte, caffè di cicoria e pane. A pranzo pasta fatta in casa con la farina macinata da noi, in autunno la verza o le patate con cotechino e polenta. A merenda la polenta abbrustolita, in autunno si mangiavano uva e fichi, con quello che c’era. La sera si cenava sempre con la minestra di brodo con le verdure dell’orto e la pasta sempre fatta da noi. La domenica era l’unico giorno in cui si comprava il pane e si mangiava la carne: la gallina bollita, l’anatra o il coniglio. Per risparmiare mangiavamo la frutta e la verdura dei nostri campi e la carne degli animali che avevamo nella stalla senza comprare cibo. Sempre per risparmiare si divideva la pietanza tra i familiari; per esempio il cotechino si divideva in vari pezzi. Inoltre si cucinava tutto l’animale, anche la testa e le interiora. Alcuni proverbi che ricordo sono: sacco vuoto non sta in piedi; cento chili di pensieri non tolgono un grammo di debito; pa’ e nus l’è mangia da spus, nus e pa l’è mangià da ca.
Giovanna, nonna di Leda, 85 anni Ricordo che per risparmiare il cibo si comprava quello che costava poco e si evitavano gli sprechi. Di solito al mattino bevevo il caffè, a mezzogiorno mangiavo la pasta, ma non facevo la merenda; la sera mangiavo abitualmente la minestra. Solo la domenica la mamma mi preparava la polenta con la carne. Come piatti e ricette al risparmio ricordo che si cucinavano piatti casalinghi. Spesso sentivo dire: più spendi meno spendi.
Graziella, nonna di Giada, 62 anni Al mattino si mangiava la PULT che era polenta e latte. Infatti la PULT era fatta con farina gialla, latte e formaggio grattugiato; bisognava mangiarla con il cucchiaio, perché era liquida A mezzogiorno si mangiava la polenta con il formaggio o con lo stracchino. La merenda purtroppo non esisteva, ma a volte si mangiava frutta di stagione: mela, cachi, noci, castagne e nocciole. Rare volte c’era lo zabaione e veniva distribuito a noi bambini per darci la forza di crescere. La sera si mangiava la minestra di latte, la pasta fatta in casa o il riso. La domenica c’era il pollo arrosto insieme alla polenta, il coniglio e nei casi eccezionali il maiale. Voglio precisare che tutti questi animali si allevavano nella stalla vicino a casa. Ai miei tempi non c’era bisogno di risparmiare cibo, perché ce n’era talmente poco che molte volte non bastava per tutti. Ricordo che c’erano fino a 28 persone a tavola!!! Mi sono rimasti impressi in modo particolare due proverbi: la ricchezza ostentata nasconde la miseria; la bocca non è sazia se non sa di vacca.
Marcello, nonno di Giovanni, 77 anni
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Alimentazione IERI Al mattino non potevo scegliere: mangiavo latte e polenta. A mezzogiorno il pranzo consisteva in patate e pezzi di cotechino. A merenda mangiavo la frutta di stagione che avanzava dalla raccolta. La sera dovevo mangiare la minestra o la pasta fatta in casa. Solo la domenica mangiavo la carne di galletto o di pollo. Quando non volevo mangiare, mi dicevano: o te mangèt sta minestra o te saltèt de la finestra. Ricordo alcune semplici ricette al risparmio:“gli sbrofadèi” gnocchetti di polenta avanzata passati nella farina bianca e cotti nel latte bollente. “la smaiasa” dolcetto fatto con farina di polenta, uova, castagne e un po’ di latte. “Farina e zucchero”: farina bianca calda con 2 o 3 cucchiaini di zucchero. “Polenta con zucchero”: polenta fredda con zucchero o marmellata.
Isidoro, nonno di Grazia, 74 anni
Per risparmiare cibo non si mangiavano alimenti costosi come la carne, il pesce o la frutta esotica come le banane; si cercava di mangiare i prodotti dell’orto e gli animali da cortile o i prodotti del bosco (castagne, noci, nocciole, funghi, fragole). Di mattino si mangiava il pane comune con il latte che mio papà andava a prendere dal contadino, a volte si mangiavano i biscotti secchi e il miele. A mezzogiorno si mangiava la pasta condita con il sugo che faceva mia nonna, la verdura cotta o l’insalata e la frutta di stagione. A merenda si mangiava il pane con burro e zucchero, oppure con la marmellata che faceva mia nonna; raramente si beveva il the. La sera si mangiava soprattutto la minestra di verdure, di patate o si mangiava il pancotto che era una zuppa a base di brodo e di pane raffermo. La domenica si mangiava quasi sempre la polenta con il coniglio o con il pollo; spesso nella stagione di caccia o di pesca si mangiavano uccelli arrosto o trote al forno che cacciava o pescava mio nonno. Ricordo semplici piatti che mia mamma ogni tanto mi proponeva: la minestra di latte, fatta di latte e di riso, la minestra di zucca a base di pasta, zucca, di burro e di formaggio grattugiato e la pult a base di latte e di farina gialla. I proverbi al risparmio sono: spendi un soldo in meno di quello che guadagni; se aggiungi poco al poco, ma lo farai di frequente presto il poco diventerà molto: risparmio è doppio guadagno.
Michele, papà di Giovanni, 55 anni Mio papà ricorda molto bene quando, per risparmiare, sua mamma nascondeva il cibo soprattutto il pane. Mio papà abitava in Marocco a Tazarine che è a sud del Marocco ed è l’ultima regione marocchina a sud dove fa molto caldo. Sua mamma nascondeva anche l’acqua in mezzo alle pietre perché evitare che diventasse calda. Mangiavano di mattina il pane, di mezzogiorno pane e latte e non facevano né la merenda né la cena. Mangiavano pane e latte e di venerdì che è il nostro giorno sacro alcune volte il cous-cous, ma senza verdure e senza la carne.
Lhassan, papà di Yassin, 45 anni
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Alimentazione IERI La nostra famiglia era tipo patriarcale e numerosa: ogni anno nasceva un fratellino. Tutto veniva utilizzato, niente veniva sprecato, gli avanzi andavano agli animali domestici ed ai maiali. Nella mia famiglia non esistevano le golosità di oggi. In casa, sfruttando il calore della brace del camino, preparavamo squisite torte e il pane. Non esisteva ancora il frigorifero e alcune verdure venivano messe sotto sale o sotto aceto. Il brodo e la pancetta del maiale sostituivano il burro. Al mattino la colazione consisteva in latte e pane e d’inverno pan cotto o (pult) latte e farina gialla tenera, ben cotta con panna o grana grattugiato, una vera bontà!!! A mezzogiorno era immancabile la polenta servita utilizzando diverse ricette a base di carne, uova e stracchino. A merenda mangiavamo la frutta raccolta nei nostri frutteti e l’uovo sbattuto. Alla sera c’era sempre la minestra di verdura oppure il latte e il riso. La domenica si mangiava meglio, il pranzo era più curato ed era a base di carne e si terminava sempre con una bella coppa di gelato prodotto dalla zia Lina in cambio del latte che noi le fornivamo. I piatti o le ricette al risparmio erano cibi in umido con verdure e legumi prodotti nel nostro orto. Ricordo che mi piacevano gli gnocchi a base di ortiche o di patate, marmellate con la frutta dei nostri campi e le frittelle di Carnevale fatte con uova, farina bianca, zucchero e strutto. Ricordo anche alcuni proverbi particolari: “Il primo risparmiato è il primo guadagnato” “Non fare come la cicala, ma impara dalla formica”.“Chi non risparmia in gioventù piange nella vecchiaia”.
Angela, zia di Irene, 68 anni
Quando ero piccola ricordo che si soffriva la fame, perché c’era poco da mangiare. Al mattino un po’ di latte con il pane. A mezzogiorno polenta, taleggio o cotechino e a volte un uovo. A merenda un frutto di stagione. La sera minestra o insalata o patate. Alla domenica si poteva mangiare il prosciutto con il pane raffermo. Mi piaceva tanto quando la mamma mi faceva il croccante di riso, preparato con il burro fuso, zucchero e riso, il tutto mescolato insieme. A volte mi preparava la torta con i biscotti, cioè i biscotti intinti nel caffè o nella crema di uova e burro, distribuiti in diversi strati, la guarnizione finale era fatta di cacao amaro. Ecco un proverbio che mi è rimasto impresso: Andà i lècc co la sit s’è lea sü guaricc.
Giuditta, nonna di Grazia, 69 anni.
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Alimentazione IERI Al mattino bevevo il caffè, a mezzogiorno mangiavo la pastasciutta, a merenda pane e salame, alla sera uova, polenta. Solo la domenica potevo mangiare la gallina bollita, il coniglio e il riso.
Giusi, nonna di Matteo, 67 anni Mio nonno era figlio di contadini e, per risparmiare, usava queste semplici ricette: piatto di riso bianco, riso-olio, polenta con la farina bianca e pane con farina, acqua e lievito.
Ennio, nonno di Matteo, 66 anni Le porzioni o il cibo preparato e servito in tavola non era mai abbondante. Se qualcosa avanzava, veniva servito il giorno dopo o veniva riutilizzato. Tutto ciò che produceva la terra veniva usato e conservato. Se si uccideva, un animale ogni sua parte veniva utilizzata. Al mattino bevevo il latte, il caffè e mangiavo il pane. A mezzogiorno mangiavo la polenta, le uova e il formaggio. A merenda pane con fichi o noci. La sera puntualmente si mangiava la minestra, la zuppa o la polenta avanzata. Finalmente la domenica si poteva mangiare la carne di maiale, di gallina o di pollo. I miei cibi preferiti erano le polpette di carne, la polenta abbrustolita, gli involtini di verze. Ricordo che spesso mi ripetevano: “Chi risparmia guadagna”.
Mariangela, nonna di Noah, anni 72 Quando ero piccola, se volevo avere del cibo, molte volte dovevo lavorare. A colazione mangiavo polenta e latte, a mezzogiorno le uova oppure la polenta con la panna: a volte potevo mangiare i cotechini. A merenda si mangiavo frutta di stagione, molte castagne e noci. Alla sera per cena c’era la minestra di latte oppure il brodo e un pezzo di taleggio. Alla domenica di solito si mangiava la gallina o il coniglio, perché la carne si mangiava solo una volta alla settimana.
Margherita, nonna di Riccardo, 65 anni
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Alimentazione IERI Si consumava il necessario e il resto si conservava nella credenza; il cibo comprato o animali allevati non si buttavano MAI!!! Al mattino bevevo il latte se c’era. A mezzogiorno il pranzo era a base di polenta e latte. Non facevo mai la merenda e alla sera mangiavo la minestra di latte. Il latte infatti era la base della nostra alimentazione. Solo la domenica mangiavo la gallina, anche se non sempre. Mia nonna, figlia di contadini, usava prodotti derivati dalle loro coltivazioni. Un proverbio che diceva spesso mia nonna era: “O mangi questa minestra o salti la finestra”.
Angela, nonna di Jacopo, 77 anni Per risparmiare mangiavo la polenta, il latte e la pult. Infatti già dal mattino mangiavo latte e polenta. A mezzogiorno quasi tutti i giorni mangiavo la polenta, l’insalata e mezzo uovo. Di solito non facevo la merenda e la sera avevo molta fame. La mamma mi preparava la minestrina o il minestrone di verdure; alcune volte la panada. La domenica eccezionalmente potevo mangiare le patate con la gallina bollita. Le ricette più conosciute erano a base di pane, latte, patate. Per avere la farina della polenta, non si andava in negozio ad acquistarla, ma al mulino dove dal grano macinato si otteneva la farina. Ricordo che il pane si comprava una volta sola alla settimana. Il burro e lo stracchino si producevano in casa, utilizzando il latte fresco delle mucche. Il latte che avanzava veniva portato in latteria per ottenere in cambio un po’ di farina.
Angiolina, nonna di Alessia, 91 anni
Quando ero piccola ricordo che al mattino bevevo poco latte con il pane raffermo. A mezzogiorno la mamma mi preparava un piatto di pasta o un panino. A merenda un frutto e alla sera la minestra di latte. Solo nelle grandi feste di Natale e di Pasqua si mangiava la carne e in modo particolare la gallina bollita. Ecco alcuni proverbi che ricordo molto bene: pa e nus l’è mangià de spus, nus e pa l’è mangià de ca. Brodo lungo seguitate, è arrivato un altro frate.
Rosalia, zia di Alessia, 59 anni
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Alimentazione IERI 1 RICETTE RISPARMIOSE Panzanella Ottima sia come antipasto che come piatto unico, si può fare vegetariana o con l’aggiunta di tonno, sgombro o salmone in scatole, sott’olio o al naturale. Ingredienti: pane raffermo, pomodori, cetrioli; 1 peperone, basilico, cipolla, aglio (se piace); sale; tonno, sgombro o salmone in scatola. Tagliate la crosta dura, fate a grossi pezzi le fette di pane e mettetele in una ciotola con dell’acqua; fatele ammorbidire per 20 minuti circa, poi strizzatele bene e sbriciolatele in una insalatiera. Fate a pezzetti piuttosto piccoli gli ortaggi e uniteli al pane; aggiungete olio sale e basilico e mescolate bene. A piacere aggiungete tonno, sgombro o salmone. Si mangia fredda ed è ottima in estate.
Tiramisù casalingo Ingredienti: biscotti secchi o altri dolci; crema pasticcera oppure -marmellata oppure mascarpone; latte oppure liquore dolce, acqua, zucchero, frutta secca facoltativa. In una pirofila disponete uno strato di biscotti o di torta o di panettone ecc; bagnatelo con il latte oppure con liquore allungato acqua zucchero; cospargete con uno strato di crema pasticcera, di marmellata o di mascarpone. Continuate così secondo le quantità. Potete finire sia con uno strato di crema che con uno strato di biscotto, sempre inumiditi. A piacere potete mettere frutta secca fra gli strati. Potete guarnire con panna oppure con zucchero a velo o con cacao spolverizzati. Attraverso un colino fine. Lo stesso procedimento si può usare con coppette individuali. Tenere in frigo e servire freddo.
Pult La Pult è una crema di farina cotta in acqua e condita con formaggio grattugiato, un piatto tipico della Valle Imagna di tanti anni fa. Ingredienti: 6 cucchiai di farina bianca, acqua calda quanto basta, olio di oliva, formaggio grattugiato, sale. In un tegame fate soffriggere l'olio, successivamente aggiungetevi la farina. Cuocere il composto per circa 10 minuti mischiandolo in continuazione per evitare che si formino dei grumi. Aggiungere quindi l'acqua calda fino ad ottenere una crema che deve cuocere per circa 15 minuti. A cottura ultimata aggiungere una manciata di grana grattugiato ed un pizzico di sale
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Alimentazione IERI RICETTE RISPARMIOSE Panada La panada è una vecchia ricetta valdimagnina preparata per i bambini in fase di svezzamento e per i convalescenti. È un cibo leggero, digeribile e nutriente. Ingredienti: mollica di pane tagliata a fette, brodo. Mettete la mollica in una padella, bagnandola con sufficiente brodo di pollo o di vitello. Lasciate sobbollire per un po’; passate al setaccio, rimettetela al fuoco e quando ha ripreso l'ebollizione, ritiratela, aggiungendovi contemporaneamente un pezzettino di burro. Potrete unirvi un tuorlo di uovo sbattuto.
Colla di farina
Preparate una tazza (2,4dl ) di acqua bollita. Fate un miscuglio abbastanza fine di 3 cucchiai da tavola (45 ml) di farina bianca e un po’ di acqua fredda. Aggiungete lentamente il miscuglio all’acqua calda mescolando continuamente. Portate a ebollizione. Quando incomincia ad addensarsi spegnete e lasciate raffreddare. Spalmate come ogni altra colla. Per una leggera resistenza in più, aggiungete un cucchiaio da tavola (15 ml ) di zucchero dopo che la pasta si è addensata. Dopo averla usata, riscaldate l’avanzo in un barattolo tappato per sterilizzarla, oppure mettetela in frigo. colla di riso: mescolate una parte di farina di riso con 6 parti di acqua. Riscaldate e mescolate fino a che non avete una pasta liscia e densa. La colla è così pronta da spalmare (non sul pane).
Polenta La polenta è stato per molto tempo il cibo della povera gente, utile per sfamare grandi e piccini. Ingredienti: acqua, farina gialla e sale. Portare ad ebollizione due litri d’acqua, salare e versare a pioggia la farina. Mescolare continuamente per tre quarti d’ora e fino a che sul bordo della pentola si forma una crosta secca e giallastra. Versare e servire ben calda.
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Alimentazione IERI LESSICO FAMILIARE ILLUSTRATO “ANGÖRIA”: anguria
“BESCOCC”: biscotti
“BÖSÉCA”: trippa, carne immersa nelle verdure
”BROCOLA”: broccoli
“BUTIR”: burro
“CAFE E LÀCC”: caffè e latte
“CAMAMÈLA”: camomilla
“CASTÉGNA”: castagna
“CHESÖL”: polenta e formaggio
“CIARIGHÌ”: uovo al burro
“CUDIGHI”: cotechino
“CUNÌ”: coniglio
“ERS”: verze
“FIC”: fico
“FORMÀI”: formaggio
“FRIGÙ”: fragola
“FRITADA”: frittata
“FUNS”: fungo
“GNOCC”: gnocchi
“I” o “VI”: vino
“LÖGANGHINA”: salsiccia carne
“MENÈSTRA”: minestra
“MIL”: miele
“MILÙ”: melone
“NISÖLA”: nocciola
“NUS”: noce
“ÖA”: uva
“ÖF”: uova -
“ÖF EN CAMISA”: uovo al latte “ÖF SBATÌT”: uovo sbattuto col vino o col marsala “OSÈI”: uccelli
“PÈS”: pesce
“PA”: pane
“PAGNUTINA”: brioche
“PANADA”: minestra
“PÈRSEC”: pesca
“PIERÙ”: peperone
“STRINU’”: cotechino
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Alimentazione IERI “PIR”: pera
“POLENTA UCIA”: polenta unta
“POM”: mela
“POMATE”: pomodori
“PUCI”: intingolo
“PULT”: minestra
“
“RESSÖMADA”: albume e tuorlo d’uova sbattuto con lo zucchero “RISOTT”: risotto
“ROÀIA”: piselli
“RÒST”: arrosto
“SARISE”: ciliegie
“SELÈM”: sedano
”SÖCA”: zucca
”SÖCHER”: zucchero
”STRACHI”: taleggio
“SUCHÌ”: zucchina
“TURÙ”: torrone
OGGETTI “BARGIA”: piatto in legno su cui viene versata la polenta calda “BICER”: bicchiere
“BEÉLA”: ciotola
“CORTEL”: coltello
“CÖGIÀ”: cucchiaio
“CULÌ”: colino
“FORVÈS”: forbici
“GAÈTA”:
filo per tagliare la polenta “GRATICOLA”:
“PALÈTA O COLTÈLA”:
griglia
oggetto in legno per tagliare la polenta
“PIRÙ”: forchetta
“SCHESANUS”: schiaccianoci
“STEGNAT”: paiolo della polenta
“STOPACC”: tappo
“SCÖDÈLA” : scodella
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Alimentazione IERI MODI DI DIRE “PER Ü FAMÀT GH‟È PIÖ DULS GNA SALÀT”: per uno che ha fame non c‟è dolce né salato.
“LA FAM L‟È LA PIÖ BUNA PIETANSA”: la fame è la migliore pietanza. “LA FAM LA FA EGN BÙ TÖCC I BUCÙ”: la fame fa diventare buono ogni boccone.
“L‟È SÈMPER MESDÈ PER CHI CH‟È GH‟À FAM”: è sempre mezzogiorno per chi ha fame “GH‟È ANCHE CHI CANTA PER DIGERÌ LA FAM”: c‟è anche chi canta per digerire la fame. “OL PÀ DI ÒTER L‟GH‟À ÖNA CRÒSTA E SÈT CRUSTÙ”: il
pane degli altri ha una crosta e sette crostini.
“BUON APPETITO! MANGIA E FA SITO”: buon appetito! Mangia e sta‟ zitto. “PÀ E NUS, MAIÀ DE SPUS, NUS E PÀ, MAIÀ DE CÀ”: pane e noci, cibo da sposi, noci e pane, cibo da cane. “POLÈNTA DÜRA LA MANTÉ LA CREATÜRA”: polenta dura mantiene il fisico. “PIÉ COMPÀGN D’ÜN ÖF”: sazio come un uovo. “CATIF COMPÀGN DE L‟ÀI”: cattivo come l‟aglio. “L‟ÈRA PRÒPE COMPÀGN DE QUÈL CHE DÒPO TRÈ FÈTE L‟À CAPÌT CHE L‟ÈRA POLÈNTA”: era
proprio
come quello che dopo tre fette capì che era polenta. “MÀGHER COMPÀGN D‟ÜN ÈREM”: magro come un lombrico. “CO LA PANSA PIÉNA S‟RAGIUNA MÈI”: a stomaco pieno si ragiona meglio. “L‟È MÉI „N’PÓ DE FAM CHE TRÒP PIÉ: meglio un po‟ di fame che troppo sazio. “PERISTÀ BÉ MÈ, MAI MAIÀ ASSÉ”: per star bene non bisogna mangiare abbastanza. “LA CRUS COL PA L’È MEI PORTÀ”: La croce con il pane è meglio portare. “ÓL VÌ BÙ L'È'L BASTÙ DI ÈCC”: Il buon vino è il bastone dei vecchi.
CALENDARIO LEGATO AL CIBO “SE L‟AN L‟COMÉNSA DE ENERDÉ, CIAPA SÖ L TÒ PÀ E TÉGNEL PER TE”: se
l‟anno comincia di venerdì
prendi il tuo pane e tienilo per te. “AN BISÈST AN INDIGÈST”: anno bisestile anno indigesto.
“ SÒTA LA NIF PÀ, SURA LA NIF FAM”: sotto la neve pane sopra la neve fame. “MARS SÖCC, PÀ PER TÖCC”: marzo asciutto, pane per tutti. “A UTUER BÖRÖLE E Ì E PO‟ S‟VÀ I‟ LÈCC A DÜRMÌ”: a SÖCHE E MELÙ A LA SÒ STAGIÙ”: zucche e
ottobre caldarroste e vino e poi a letto a dormire.
meloni alla loro stagioni ossia c'è un tempo per ogni cosa.
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Alimentazione IERI INDOVINELLI “TÖCC I L’ LA CIAPA PER OL CÒL”: tutti la prendono per il collo. La boteglia
“PIÖ L’È CÒLT PIÖ L’È FRESCH”: Ol pà.
La bottiglia
più è caldo più è fresco. Il pane
“DE IF L’ GH’À I BÖDÈI DE DÈT DE MORT L’È DÈT I BÖDÈI”: Ol porsèl
da vivo ha le budella dentro, da morto è dentro le budella. Il maiale
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Gioco IERI Durante l’anno scolastico, dai sei agli undici anni, è facile immaginarlo, la mattinata trascorreva così: al mattino si frequentava la scuola e nel pomeriggio si dedicava un po’ di tempo ai compiti, un po’ allo svago e poi si viveva in famiglia con i genitori, gli zii, i nonni; ci si prendeva cura anche delle sorelline più piccole e si giocava con loro. A volte la mamma mi incaricava di farle dormire nelle loro culle soprattutto le gemelline, così lei poteva svolgere altre mansioni. Devo dire che anziché giocare con le bambole dovevo farlo con bambole vere e vive: le mie sorelline! Appena avevo un momento libero dovevo aiutare la mamma a tenere la casa pulita. Durante le vacanze estive seguivo il papà in campagna a pascolare le mucche; lo aiutavo a fare il fieno, a raccogliere gli ortaggi, a togliere le erbacce dall’orto. Eravamo una famiglia numerosa per cui a ciascuno veniva affidato un compito adatto all’età. Pensando a oggi, devo dire che sembrava una piccola azienda. Le bambine non avevano chissà quali giocattoli, come le bambole di celluloide oppure di stoffa imbottita. Per questo i giochi soprattutto si inventavano. I giochi che preferivo erano: il gioco dell’oca, delle biglie, il girotondo, nascondiglio, mosca cieca, le belle statuine, l’altalena, palla capitano, palla prigioniera; erano anche molto diffusi i giochi di contrada con amici e coetanei. I maschi d’estate si divertivano al fiume a prendere i pesciolini, a fare capanne, a raccogliere ferro da vendere e giocavano a pallone o salivano sulle altalene. D’inverno giocavano sul ghiaccio con lo slittino; con i compagni di classe si costruivano i carrettini e le trincee per fare la guerra. Il dono che chiedevo nella letterina a S. Lucia era un cavallino di legno, perché mi piaceva tanto.
Angela, zia di Irene, 68 anni I bambini, ai miei tempi, andavano a scuola, mangiavano e poi sistemavano la casa o aiutavano i genitori. Le bambine giocavano con la corda e con l’elastico, i bambini con la pallina e i sassolini. Appena avevamo un po’ di tempo giocavamo a lupo o a nascondino nel giardino fuori casa. Il mio gioco preferito era quello con i sassolini che si svolge così: si prendono cinque sassolini, quattro dei quali vanno appoggiati a terra, quello tenuto in mano va lanciato in aria, contemporaneamente con la stessa mano si cerca di si raccogliere uno dei quattro sassolini a terra e di prendere al volo il sasso lanciato in aria.
Giuditta, nonna di Grazia, 69 anni
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Gioco IERI
Dai sei agli undici anni durante tutto il periodo delle Scuole Elementari giocavo molto con le mie due sorelle minori, con i miei cugini e con gli amici che abitavano vicino a casa mia. Si giocava però solo dopo aver studiato. Solitamente si iniziava verso le quattro del pomeriggio con una gustosa merenda e poi si giocava fino a sera. I maschi amavano giocare liberi nei prati, arrampicarsi sugli alberi oppure scambiarsi le figurine doppie dei calciatori. La bicicletta era la nostra compagna e con lei ci esibivamo per dimostrare chi era il più bravo, a volte finiva male e rimediavamo alcune sbucciature sulle ginocchia. Il mio gioco preferito, oltre a confezionare abiti per la mia Barbie, era costruire case sugli alberi e a questo gioco tutti volevano partecipare. Tutti insieme andavamo alla ricerca dei materiali come cellophane, stoffe, tende e tutto quello che riuscivano a sottrarre di nascosto ai nostri genitori e poi procedevamo nella costruzione della capanna. Era un gioco che richiedeva fantasia, fatica e abilità e per questo chiedevamo aiuto anche agli amici più grandi di noi. La mia casa sull’albero aveva anche un camino fatto di sassi messi in cerchio e con al centro legni e foglie secche. Per me era un gioco divertente e con i miei amici ho costruito tante case sull’albero. Ancora oggi ricordiamo questo nostro modo di giocare come uno dei momenti più divertenti e piacevoli della nostra infanzia.
Stefania, mamma di Irene, 45 anni Dai sei ai undici anni prima di tutto facevo i compiti, nel tempo libero giocavo a biglie, con le palline di terracotta: chi riusciva a far scontrare una biglia con un’altra, faceva punto. I giocattoli per le bambine erano bambole fatte di pezza costruite dalle bambine stesse o dalle mamme. Visto che i papà erano falegnami costruivano carrozzine e culle di legno che ogni bambina teneva con cura. I bambini giocavano con la palla di pezza costruita col fazzoletto del naso, ma anche a nascondino e a lupo. Si giocava sulla piazza della chiesa, in mezzo alla natura, sul balcone, nei prati, sulle strade perché non c’erano le automobili di oggi, ma i carri trainati dai cavalli. Il mio gioco preferito era quello del pallone. Mi ricordo che il primo tiro lo feci con un pallone di cuoio che si bucò subito, perché si infilò proprio sopra le corna di una capra. Ricordo che quando andai in Svizzera ebbi la possibilità di giocare in una squadra che si chiama Superga.
Marcello, nonno di Giovanni, 75 anni
14 Dai sei agli undici anni durante tutto il periodo delle Scuole Elementari giocavo molto con le mie due sorelle minori, con i miei cugini e con gli amici che abitavano vicino a casa mia. Si giocava però solo dopo aver studiato. Solitamente si iniziava verso le quattro del pomeriggio con una gustosa merenda e poi si giocava fino a sera. I maschi amavano giocare liberi nei prati, arrampicarsi sugli alberi oppure scambiarsi le figurine doppie dei calciatori. La bicicletta era la nostra compagna e con lei ci esibivamo per dimostrare chi era il più bravo, a volte finiva male e rimediavamo alcune sbucciature sulle ginocchia. Il mio gioco preferito, oltre a confezionare abiti per la mia Barbie, era costruire case sugli alberi e a questo gioco tutti volevano partecipare. Tutti insieme andavamo alla ricerca dei materiali come cellophane, stoffe, tende e tutto quello che riuscivano a sottrarre di nascosto ai nostri genitori e poi procedevamo nella costruzione della capanna. Era un gioco che richiedeva fantasia, fatica e abilità e per questo chiedevamo aiuto anche agli amici più grani di noi. La
Gioco IERI Io ogni giorno andavo a scuola, facevo i compiti e giocavo con mio fratello Ivano. Le bambine avevano le bambole, i giochi di società e, a volte, le biciclette. I maschi avevano le ruspe, le macchinine, i trenini e, a volte, le biciclette e i giochi di società. Si giocava in casa oppure, con la bicicletta, sul piazzale del laboratorio. Il mio gioco preferito era giocare a mamma e papà con le bambole. Io facevo la mamma e mio fratello il papà.
Rosanna, mamma di Grazia, 44 anni
1. Andava a scuola , faceva i compiti e giocava con suo fratello Ivano. 2. Le bambine avevano le bambole, e i giochi di società e, a volte, le biciclette. Dai sei agli undici anni nel tempo libero facevo i compiti da sola; se c’era bisogno, a I maschi avevano le ruspe, trenini, volte,3.mio papà mi chiamava per lavorare con lui. Inmacchinine estate accudivo glieanimali: polli, tacchini, conigli, canarini, cani, gatti, in tutto centouno. Aiutavo anche mia mamma nelle volte lecucinavo, biciclette, i giochi diper società. faccendeadomestiche: pulivo leeverdure dell’orto poi congelarle. Giocavo con il mio cane di nome Luki, con le bambole, andavo a passeggiare nei boschi e a volte 4. Si giocava in casa oppure, con la bicicletta,sul giocavo a calcio con mio fratello. I giocattoli per le bambine erano le Barbie, il Big-Jim, i bambolotti; si giocava del a far laboratorio. finta di essere genitori, maestre e dottori. Mi piaceva anche piazzale giocare ad elastico ed insieme a bambini a toc cioè lupo, a rimbalzo, a nascondino, al tiro alla 5. funeIlesuo a domino. I bambini giocavanoera con le macchine, normali o telecomandate, gioco preferito giocare a mamma e figurine di calcio o a calcio sul piazzale della chiesa di Cepino e spesso a nascondino. Mi con le bambole. Lei nei faceva piaceva papà tantissimo giocare all’aperto, nei prati, boschi, la sullamamma piazza della e chiesa; appena ne avevo la possibilità invitavo a casa gli amici. Abitavo molto lontana dal paese suo fratello il papà per cui giocavo con mio fratello che è più grande di me. Il gioco che mi piaceva di più era andare nel bosco con il mio cane Luki e la mia bambola Olfei; andavamo alla ricerca di luoghi sconosciuti e misteriosi ricchi di muschio e di fiori che raccoglievo per mia mamma. Al ritorno mi fermavo vicino a casa per bagnare i piedi e ascoltare i suoni e i rumori dell’acqua.
Sabina, mamma di Giovanni, 37 anni
15 Dai sei agli undici anni durante tutto il periodo delle Scuole Elementari giocavo molto con le mie due sorelle minori, con i miei cugini e con gli amici che abitavano vicino a casa mia. Si giocava però solo dopo aver studiato. Solitamente si iniziava verso le quattro del pomeriggio con una gustosa merenda e poi si giocava fino a sera. I maschi amavano giocare liberi nei prati, arrampicarsi sugli alberi oppure scambiarsi le figurine doppie dei calciatori. La bicicletta era la nostra compagna e con lei ci esibivamo per dimostrare chi era il più bravo, a volte finiva male e rimediavamo alcune sbucciature sulle ginocchia. Il mio gioco preferito, oltre a confezionare abiti per la mia Barbie, era costruire case sugli alberi e a questo gioco tutti volevano partecipare. Tutti insieme andavamo alla ricerca dei materiali come cellophane, stoffe, tende e tutto quello che riuscivano a sottrarre di nascosto ai nostri genitori e poi procedevamo nella costruzione della capanna. Era un gioco che richiedeva fantasia, fatica e abilità e per questo chiedevamo aiuto anche agli amici più grani di noi. La mia casa sull’albero aveva anche un camino fatto di sassi messi in cerchio e con al centro legni e foglie secche. Era per me il gioco più divertente e con i miei amici ho costruito tante case sull’albero, Ancora oggi ricordiamo questo nostro modo di giocare come uno dei momenti più divertenti e piacevoli della nostra infanzia.
Gioco IERI Da bambina trascorrevo le giornate andando al mattino a scuola e nel pomeriggio a raccogliere la legna e le foglie. Mi piaceva costruire bambole di stoffa o di carta con cui giocavo spesso. Ricordo che i maschi di giocattoli non ne avevano, ma giocavano nei campi ad arrampicarsi sulle piante, nei torrenti o a nascondino nei boschi. Tutti amavamo giocare all’aperto nei prati, nei boschi e nei torrenti. Il mio gioco preferito era palla prigioniera, all’oratorio.
Angelina,nonna di Jacopo, 77 anni
Trascorrevo le mie giornate giocando, andando a scuola e aiutando la mamma nelle faccende di casa. Le bambine avevano bambole e chiacchieravano insieme alle amiche. I maschi avevano camion e macchinine, alcune volte costruiti in modo artigianale. Appena era possibile giocavamo all’aperto in cortile. Il mio gioco preferito era lupo, perché vincevo sempre io. Mi piaceva anche giocare ad un gioco inventata da me, chiamato “salta salta”. Consisteva nel saltare su due balle di fieno e vinceva chi faceva più salti. Solitamente si giocava in due o più giocatori.
Ilenia, mamma di Alessia, 39anni Alla mattina andavo a scuola e nel pomeriggio da una mia zia che aveva un campo con alberi da frutto, animali e giocavo con i miei cugini. La sera stavo in casa con la mia famiglia. Le bambine giocavano con le bambole della Barbie e si divertivano a pettinarle. I maschi giocavano con il legno, il meccano, i soldatini, le macchinine, le trottole e a calcio nel cortile. Io giocavo nel mio cortile che si trovava nella periferia di Milano. Il mio gioco preferito era quello dei soldatini, con i quali giocava anche mio fratello: avevo gli alpini, i marines, l’artiglieria, la fanteria, le truppe da sbarco, i carri armati, gli uomini con bazooka e con missili.
Valerio, papà di Jacopo, 48 anni
16 Dai sei agli undici anni durante tutto il periodo delle Scuole Elementari giocavo molto con le mie due sorelle minori, con i miei cugini e con gli amici che abitavano vicino a casa mia. Si giocava però solo dopo aver studiato. Solitamente si iniziava verso le quattro del pomeriggio con una gustosa merenda e poi si giocava fino a sera. I maschi amavano giocare liberi nei prati, arrampicarsi sugli alberi oppure scambiarsi le figurine doppie dei calciatori. La bicicletta era la nostra compagna e con lei ci esibivamo per dimostrare chi era il più bravo, a volte finiva male e rimediavamo alcune sbucciature sulle ginocchia. Il mio gioco preferito, oltre a confezionare abiti per la mia Barbie, era costruire case sugli alberi e a questo gioco tutti volevano partecipare. Tutti insieme andavamo alla ricerca dei materiali come cellophane, stoffe, tende e tutto quello che riuscivano a sottrarre di nascosto ai nostri genitori e poi procedevamo nella costruzione della capanna. Era un gioco che richiedeva fantasia, fatica e abilità e per questo chiedevamo aiuto anche agli amici più grani di noi. La mia casa sull’albero aveva anche un camino fatto di sassi messi in cerchio e con al centro legni e foglie secche. Era per me il gioco più divertente e con i miei amici ho costruito tante case sull’albero, Ancora oggi ricordiamo questo nostro modo di giocare come uno dei momenti più divertenti e piacevoli della nostra infanzia.
Gioco IERI Trascorrevo le giornate così: la mattina a scuola e quando tornavo a casa facevo i compiti, ma superficialmente, perché dovevo lavorare nei campi e soprattutto dovevo accudire gli animali. Le femmine giocavano con le bambole di pezza e utilizzavano dei pezzi di corda per saltare. I maschi non avevano molti giocattoli e preferivano giocare con la natura e con gli animali. Spesso si giocava nei prati o se pioveva in casa, ma c’era pochissimo tempo da dedicare al gioco, perché ai miei tempi anche i bambini dovevano lavorare. Il mio gioco preferito era nascondino, un gioco molto divertente, perché ci si doveva nascondere solo in luoghi che avessero lo stesso colore dei vestiti che indossavamo. Per questo ci vestivamo sempre di uno solo colore, principalmente il verde, anche per mimetizzarci meglio con la natura.
Carlo, nonno di Laura, 72 anni Quando ero piccola, il momento più importante era la scuola, poi nel tempo libero giocavo con i vicini, che era il momento più bello. Le bambine generalmente, giocavano con le bambole o con giochi tranquilli. I maschi, invece, giocavano con la palla, andavano in bici e facevano giochi più movimentati. Io giocavo nel prato perché era molto morbido e naturale, specialmente quando c’era l’erba alta. Mi piaceva giocare con i maschi a calcio, a pallavolo, nascondino e in bici. I miei genitori avevano anche gli animali e quindi nel tempo libero, mi piaceva accudirli.
Giuseppina, mamma di Laura, 41 anni Nel periodo scolastico la mattina mi alzavo presto, facevo colazione e prima di andare a scuola andavo a catechismo; al pomeriggio facevo prima i compiti, poi aiutavo la mamma nelle faccende di casa. Nel periodo estivo aiutavo a fare il fieno per le mucche. Noi bambine avevamo le bambole di pezza che costruivamo insieme alle nostre mamme. I maschietti giocavano con le fionde e i fucili sempre fatti da loro, con dei legnetti; insieme si giocava a nascondino. Il mio gioco preferito era tagliare e cucire i vestitini alle bambole.
Rita, zia di Leda, 64 anni
17 Dai sei agli undici anni durante tutto il periodo delle Scuole Elementari giocavo molto con le mie due sorelle minori, con i miei cugini e con gli amici che abitavano vicino a casa mia. Si giocava però solo dopo aver studiato. Solitamente si iniziava verso le quattro del pomeriggio con una gustosa merenda e poi si giocava fino a sera. I maschi amavano giocare liberi nei prati, arrampicarsi sugli alberi oppure scambiarsi le figurine doppie dei calciatori. La bicicletta era la nostra compagna e con lei ci esibivamo per dimostrare chi era il più bravo, a volte finiva male e rimediavamo alcune sbucciature sulle ginocchia. Il mio gioco preferito, oltre a confezionare abiti per la mia Barbie, era costruire case sugli alberi e a questo gioco tutti volevano partecipare. Tutti insieme andavamo alla ricerca dei materiali come cellophane, stoffe, tende e tutto quello che riuscivano a sottrarre di nascosto ai nostri genitori e poi procedevamo nella costruzione della capanna. Era un gioco che richiedeva fantasia, fatica e abilità e per questo chiedevamo aiuto anche agli amici più grani di noi. La mia casa sull’albero aveva anche un camino fatto di sassi messi in cerchio e con al centro legni e foglie secche. Era per me il gioco più divertente e con i miei amici ho costruito tante case sull’albero, Ancora oggi ricordiamo questo nostro modo di giocare come uno dei momenti più divertenti e piacevoli della nostra infanzia.
Gioco IERI Durante il periodo scolastico al mattino andavo a scuola mentre nel pomeriggio, dopo i compiti, aiutavo in casa o andavo nel bosco a prendere la legna o il fogliame per il letto delle mucche. D’estate facevo il fieno e quando c’era bisogno aiutavo in casa. La sera, quando mi comportavo bene, avevo il permesso dalla mamma di giocare con gli altri bambini della contrada. Noi bambine avevamo le bambole e i maschi avevano le macchinine, le fionde, i fucili eccetera alcuni costruiti da loro. A me non piacevano le bambole e insieme agli altri bimbi giocavo a nascondino, a mimo, a toc, a nomi- coseanimali, a carte; in particolare mi piaceva fare la raccolta delle figurine dei giocatori di calcio.
Marina, mamma di Leda, 47 anni Durante l’inverno, dopo la scuola mi incontravo con le mie amiche e vicine di casa a fare i compiti e poi insieme giocavamo a fare le bambole di pezza. D’estate giocavo a palla, a bandierina e andavo all’oratorio. Avevo delle bellissime bambole di pezza con cui trascorrevo molto tempo libero; mi piaceva anche giocare con l’hula- hoop, un giocattolo circolare di plastica, che bisognava far ruotare costantemente attorno al bacino. I maschi giocavano con le figurine, con la fionda, con i tappi delle bottiglie di vetro e le biglie. Io andavo spesso all’oratorio o giocavo nel cortile di casa. I miei giochi preferiti erano “bandierina” e “nascondino”.
Giusy, nonna di Matteo, 67 anni
Dopo la scuola, il pranzo e i compiti, giocavo con le mie amiche per interi pomeriggi all’aria aperta. Trascorrevo infatti il tempo in cortile, nel giardino, ma anche in casa. Il mio gioco preferito era palla battaglia ma anche le bambole, le Barbie; mi piaceva giocare a “mamme” cioè a fingere di essere già grandi.
Norma, mamma di Noah, 41 anni
18 Dai sei agli undici anni durante tutto il periodo delle Scuole Elementari giocavo molto con le mie due sorelle minori, con i miei cugini e con gli amici che abitavano vicino a casa mia. Si giocava però solo dopo aver studiato. Solitamente si iniziava verso le quattro del pomeriggio con una gustosa merenda e poi si giocava fino a sera. I maschi amavano giocare liberi nei prati, arrampicarsi sugli alberi oppure scambiarsi le figurine doppie dei calciatori. La bicicletta era la nostra compagna e con lei ci esibivamo per dimostrare chi era il più bravo, a volte finiva male e rimediavamo alcune sbucciature sulle ginocchia. Il mio gioco preferito, oltre a confezionare abiti per la mia Barbie, era costruire case sugli alberi e a questo gioco tutti volevano partecipare. Tutti insieme andavamo alla ricerca dei materiali come cellophane, stoffe, tende e tutto quello che riuscivano a sottrarre di nascosto ai nostri genitori e poi procedevamo nella costruzione della capanna. Era un gioco che richiedeva fantasia, fatica e abilità e per questo chiedevamo aiuto anche agli amici più grani di noi. La mia casa sull’albero aveva anche un camino fatto di sassi messi in cerchio e con al centro legni e foglie secche. Era per me il gioco più divertente e con i miei amici ho costruito tante case sull’albero, Ancora oggi ricordiamo questo nostro modo di giocare come uno dei momenti più divertenti e piacevoli della nostra infanzia.
Gioco IERI Al mattino, alle cinque andavo in chiesa dove partecipavo alla santa Messa; ricordo che quando c’era la neve alta la mamma mi portava sulle spalle per evitare che mi bagnassi i piedi. Dopo la Messa trascorrevo il resto della mattinata a scuola e dopo pranzo facevo i compiti. Nel pomeriggio se il tempo era bello giocavo all’aperto oppure in casa con le mie amiche. Di sera ci si trovava con i vicini nelle stalle per recitare il Rosario, per ascoltare storie che ci facevano ridere, pensare e a volte, soprattutto a noi bambini, un po’ paura. Se non si andava nelle stalle si recitava il Rosario in famiglia e il papà ci leggeva storie tratte dalla Bibbia e da altri libri come “Cuore”. Io da bambina possedevo delle bambole di pezza che la mamma mi costruiva. Un giorno poi ho ricevuto la mia prima bambola di ceramica che mi regalò mio papà al ritorno della Svizzera. Con le mie bambole io e le mie amiche giocavamo a mamme e ci improvvisavamo casalinghe raccogliendo cocci, foglie, sassi e oggetti ritrovati in casa. Il tempo da dedicare al gioco non era molto, perché stavamo molte ore nei campi a raccogliere noci, castagne o granturco. Il mio gioco preferito era Cip.
Mariangela, nonna di Noah Trascorrevo le mie giornate a lavorare nei campi, controllavo le mucche e se avevo tempo giocavo. Noi bambine utilizzavamo bambole di pezza fatte in casa con gli stracci. I maschi avevano carriole di legno, fatte artigianalmente, che usavano per raccogliere i sassi del fiume. Spesso giocavamo insieme nel cortile di casa. Mi piaceva giocare a nascondino soprattutto vicino ai covoni di fieno. Un altro gioco che mi piaceva tanto era la “sgarella”o lippa, un gioco tradizionale molto semplice e di poco costo che può essere giocato ovunque, utilizzando un bastoncino lungo e uno corto, la lippa, un legnetto a forma di fuso. Un giocatore colloca la lippa sulla base di legno e con il bastone colpisce la lippa in modo da alzarla in aria; con un secondo colpo al volo ribatte la lippa cercando di farla andare il più lontano possibile.
Mariarosa, nonna di Alessia, 62 anni
19 Dai sei agli undici anni durante tutto il periodo delle Scuole Elementari giocavo molto con le mie due sorelle minori, con i miei cugini e con gli amici che abitavano vicino a casa mia. Si giocava però solo dopo aver studiato. Solitamente si iniziava verso le quattro del pomeriggio con una gustosa merenda e poi si giocava fino a sera. I maschi amavano giocare liberi nei prati, arrampicarsi sugli alberi oppure scambiarsi le figurine doppie dei calciatori. La bicicletta era la nostra compagna e con lei ci esibivamo per dimostrare chi era il più bravo, a volte finiva male e rimediavamo alcune sbucciature sulle ginocchia. Il mio gioco preferito, oltre a confezionare abiti per la mia Barbie, era costruire case sugli alberi e a questo gioco tutti volevano partecipare. Tutti insieme andavamo alla ricerca dei materiali come cellophane, stoffe, tende e tutto quello che riuscivano a sottrarre di nascosto ai nostri genitori e poi procedevamo nella costruzione della capanna. Era un gioco che richiedeva fantasia, fatica e abilità e per questo chiedevamo aiuto anche agli amici più grani di noi. La mia casa sull’albero aveva anche un camino fatto di sassi messi in cerchio e con al centro legni e foglie secche. Era per me il gioco più divertente e con i miei amici ho costruito tante case sull’albero, Ancora oggi ricordiamo questo nostro modo di giocare come uno dei momenti più divertenti e piacevoli della nostra infanzia.
Gioco IERI Dai sei agli undici anni ho aiutato tanto mia mamma nelle faccende di casa. Noi bambine avevamo le bambole di pezza fatte dalla mamma o dalla nonna; giocavamo a nascondino e a fare le “casalinghe”. I maschi giocavano a nascondino o aiutavano il papà a mettere in casa la legna o mungevano le mucche. Si giocava all’aperto e quando pioveva si stava in casa per aiutare la mamma. Il mio gioco preferito erano le bambole di pezza alle quali preparavo io stessa i vestiti e poi facevo finta che fossero bambine vere. Mi piaceva invitare a casa mia le amiche per giocare a bambole e per scambiare i vestiti.
Marinella, nonna di Simona, 67 anni Quando ero piccolo vivevo in Marocco. Dalle otto fino alle dodici andavo a scuola, tornavo a casa, pranzavo e poi dalle due fino alle cinque e mezza restavo ancora a scuola. Le femmine giocavano a corda e facevano molte gare oppure giocavano a carte, un gioco molto divertente. Noi maschi, invece, giocavano con una palla di plastica in strada dove passavano pochi mezzi o nei campi pubblici. Il mio gioco preferito infatti era il calcio, uno sport molto diffuso in Marocco. Anche il “casc-casc” era molto divertente, ma adesso non ci gioca quasi più nessuno. Era un gioco semplice e con materiale facile da trovare: cinque sassi. Un giocatore seduto a terra, con una mano lanciava un sassolino in aria e con la stessa mano ne raccoglieva un altro cercando di afferrare quello lanciato in aria, prima che cadesse a terra e lo metteva da parte; ripeteva poi gli stessi gesti con gli altri tre sassi. Il gioco si faceva più difficile quando si passava al secondo giro, perché si dovevano raccogliere due sassi alla volta; al terzo giro si raccoglievano tre sassi al primo lancio e uno solo al secondo. Al quarto giro si lanciava un sasso e si raccoglievano quattro sassi contemporaneamente. Al quinto giro si lanciavano in aria tutti e cinque i sassolini che poi si dovevano riprendere con il dorso teso della mano. Quando si sbagliava a raccogliere i sassi in aria o per terra, si passava il gioco ad un altro giocatore. Vinceva chi riusciva a terminare per primo il gioco senza sbagliare.
Lhassan, papà di Yassin, 45 anni
20 Dai sei agli undici anni durante tutto il periodo delle Scuole Elementari giocavo molto con le mie due sorelle minori, con i miei cugini e con gli amici che abitavano vicino a casa mia. Si giocava però solo dopo aver studiato. Solitamente si iniziava verso le quattro del pomeriggio con una gustosa merenda e poi si giocava fino a sera. I maschi amavano giocare liberi nei prati, arrampicarsi sugli alberi oppure scambiarsi le figurine doppie dei calciatori. La bicicletta era la nostra compagna e con lei ci esibivamo per dimostrare chi era il più bravo, a volte finiva male e rimediavamo alcune sbucciature sulle ginocchia. Il mio gioco preferito, oltre a confezionare abiti per la mia Barbie, era costruire case sugli alberi e a questo gioco tutti volevano partecipare. Tutti insieme andavamo alla ricerca dei materiali come cellophane, stoffe, tende e tutto quello che riuscivano a sottrarre di nascosto ai nostri genitori e poi procedevamo nella costruzione della capanna. Era un gioco che richiedeva fantasia, fatica e abilità e per questo chiedevamo aiuto anche agli amici più grani di noi. La mia casa sull’albero aveva anche un camino fatto di sassi messi in cerchio e con al centro legni e foglie secche. Era per me il gioco più divertente e con i miei amici ho costruito tante case sull’albero, Ancora oggi ricordiamo questo nostro modo di giocare come uno dei momenti più divertenti e piacevoli della nostra infanzia.
Gioco IERI Ricordo molto bene che dai sei agli undici anni trascorrevo le giornate a giocare con le bambole e aiutavo mia mamma nelle faccende di casa e alcune volte andavo al cinema. Le bambine giocavano con le bambole, a nascondino, a lupo, con le case delle bambole e anche con i giochi in scatola. I maschi giocavano a pallone, con le macchinine e trenini. Si giocava all’aperto, in casa o nei boschi. Il mio gioco preferito erano le Barbie con le quali trascorrevo molte ore della giornata.
Nadia, mamma di Simona, 41 anni Quando ero piccola la mattina andavo a scuola e il pomeriggio giocavo con i miei fratelli e le mie sorelle; aiutavo anche i miei genitori a lavorare la terra nei campi. Io non ho mai avuto una bambola, ma giocavo con palle di pezza o di stracci che mi faceva la mia mamma. I maschi avevano anche loro le palle di pezza come noi femmine. Si giocava all’aperto nel fienile, nei prati, giocavamo anche nella stalla con i vitellini. D’inverno stavamo in casa quando pioveva, mentre quando nevicava andavamo fuori a giocare con la neve. Il mio gioco preferito era “SGARELLA” , si giocava in tanti con i bastoncini oppure con le palle di pezza. Io mi divertivo tanto, perché si giocava in compagnia.
Elvira, nonna di Giada, 64 anni Da piccola la mattina andavo a scuola, il pomeriggio facevo i compiti e nel tempo libero giocavo con i miei amici. Noi femmine giocavamo con le bambole, le Barbie, le pentoline e molti giochi liberi o organizzati all’aperto. I maschi avevano macchinine giocattolo di legno, palloni e si divertivano a giocare al campo sportivo o nelle contrade. Si giocava all’ aperto nei prati dietro le case oppure sulla piazza della chiesa o in casa di altri amici. Io non avevo un gioco preferito: mi piaceva giocare e divertirmi con gli amici.
Paola, mamma di Giada, 36 anni
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Gioco IERI PER GIOCARE COME I NONNI
LA PALLA Questo è un vecchio gioco con la palla. L’abilità consiste nel riuscire a fare contemporaneamente tre cose: recitare una filastrocca, lanciare la palla al muro e riprenderla ad ogni verso della filastrocca ed eseguire i movimenti suggeriti dalla filastrocca. Per giocare bene, ci vuole concentrazione e rispetto delle seguenti regole: non si deve far cadere la palla, non si devono eseguire i movimenti nella maniera sbagliata, in caso di errore, si passa la palla al/alla compagno/a. Ecco le fasi del gioco: * Per due volte si lancia la palla al muro e si riprende. * Si lancia la palla e si sta a piedi uniti, senza muoversi. * Si lancia la palla e si sta fermi su un piede solo. * Si lancia e si prende la palla con una sola mano. * Le mani vengono battute prima davanti e poi dietro la schiena. * Si lancia e si fa il giro su se stessi. * Si lancia e si ruotano le braccia come le pale del mulino. * Si lancia e si alza la mano destra aperta come saluto. * Si lancia e prima di riprenderla si fa un inchino.
L’ELASTICO Anche l’elastico è un gioco antico che piace tanto anche ai bambini di oggi. Si tratta di saltare saltando (e talvolta agganciando con i piedi) un elastico tenuto teso dai polpacci e/o dalle ginocchia dei ragazzi. Inizialmente (a piedi uniti) si deve saltare in mezzo poi di lato (agganciando l'elastico tenuto teso a metà polpaccio) con il piede. Poi si alza piano piano l'elastico costringendo i bambini a saltare più alto. Vince che riesce a saltare correttamente.
Classe quinta A
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Gioco IERI TÓCH È un gioco di gruppo. Con una conta si stabilisce chi deve stà sóta / stare sotto. Questi rincorre gli altri cercando di prenderne uno toccandolo con le mani; chi è toccato deve a sua volta cercare di toccare un altro e così di seguito. MONDO Il primo giocatore lancia un sasso nella prima casella. La pietra deve atterrare all'interno della casella senza toccare alcuna linea o rimbalzare fuori. Il giocatore quindi salta di casella in casella lungo il percorso, ma senza entrare nella casella in cui è presente la sua pietra, cosa che lo costringe ad effettuare un balzo più lungo del solito. Raggiunta la base, il giocatore può fermarsi per poi voltarsi, effettuando mezzo giro, e rifare il percorso a ritroso. Giunto in corrispondenza della casella con la sua pietra, la deve raccogliere, senza perdere l'equilibrio e completare il percorso tornando al punto di partenza. A questo punto il giocatore lancia la pietra nella casella contrassegnata dal numero due e così via. Se il giocatore tocca una linea, non visita una casella dovuta o perde l'equilibrio, il turno passa al giocatore successivo. Quando sarà nuovamente il suo turno, riprenderà dal punto in cui si era interrotto. Vince chi per primo con la sua pietra visita tutte le caselle, completando ogni volta il percorso.
LÈPA O SGARÉLA Il giocatore colloca la lippa sulla base di legno; colpisce la lippa con il bastone sulla parte rastremata per farla alzare in aria; con un secondo colpo al volo ribatte la lippa cercando di farla andare il più lontano possibile. Il campo di gioco, generalmente un prato, deve essere lungo almeno 100 metri e largo circa metri 50 entro il cui spazio deve ricadere la lippa.
Classe quinta A
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Gioco IERI LESSICO FAMILIARE ILLUSTRATO
“BALU”: pallone
“CAALÌ”: scavallino
“CICALI”: sonaglietti, campanellini per i più piccini
“CICHE”: biglie
“ELASTÈC”: elastico
“FA GATÌ”: fare solletico
“FUSIL”: fucile
“LUF”: lupo
“PÖE”: bambole
“SCONDÈS”: nascondino
“SLETA”: slitta
“TOCH”: toccare
“FÀ I CARTE”: fare le carte “DÀ FÒ I CARTE distribuire le carte “LEÀ I CARTE”: nel gioco, alzare le carte “MESCIÀLE”: mescolare le carte “ZÖGÀ A CARTE”: giocare a carte
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Gioco IERI MODI DI DIRE “L’È Ü SÖGATÙ”: persona non seria, non affidabile. “SÓ MIA DRE A SÖGA”: non sto giocando, sto lavorando. “COL SIGNÙR A S’PÖL MIA SÖGA”: non si può prendere in giro il Signore. L’È URA DE FINILA DE SÖGA, ADÈS TE SE GRANT”: non sei più un bambino. “PRIMA ‘L DOÉR E DOPO ‘L PIASER”: prima il dovere e poi il piacere.
Filastrocche e conte TRATA BÖRATA LA CÙA DELA GATA LA CÙA DEL MICÌ TRATA TRATA MURATÌ
staccia murata la coda della gatta la coda del micino staccia staccia burattino ÜGI BÈL SÒ FRADÈL URIGINA BÈLA SO SORELA BOCA DE FRÀ CAMPANÈL DE SUNÀ
BATTI BATTI LE MAGNINE CHE RIVERÀ’PAPÀ ‘L PORTERÀ I BISCOTI E ‘L / LA (nome) GLIA MANGERÀ MARMELÌ SPUSALÌ MATA LUNGA FRÉGA ÖCC CÓPA I PIÖCC
occhietto bello suo fratello orecchietta bella sua sorella boccuccia da frate campanello da suonare
batti le manine che arriverà il papà i biscottini porterà e ... li mangerà. mignolino sposalino, anulare matta lunga, medio frega occhi, indice ammazza pidocchi, pollice
CHÈSTO L’È BURLÀT ‘N DOL PÓS CHÈSTO ‘L L’À TIRAT FÒ CHÈSTO ‘L L’À SÜGÀT SÓ CHÈSTO L’À FÀCC SÖ LA PANADA CHÈSTO ‘L L’À MAIADA TÖTA
questo è caduto nel pozzo questo l’ha tirato fuori questo l’ha asciugato questo ha fatto il pan cotto questo l’ha mangiato tutto.
PIM PÌN USILÌ PA E MÒL PA FRÈSC ENDÜINA CHÈ L’È CHÈSTO CHE.
Pimpi uccellino pane e mollica pane fresco indovina è questo qui.
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CLASSE QUINTA A
Abbigliamento IERI Ricordo che nei giorni feriali indossavo vestiti diversi dai giorni festivi. In inverno indossavo il maglione di lana e sopra uno scialle fatto a mano da mia mamma. In estate indossavo magliette poco costose e calzavo zoccoletti. Il guardaroba era poco fornito, ma sempre molto pulito. Mia mamma per risparmiare mi comprava i vestiti al mercato oppure acquistava i gomitoli di lana e poi me li preparava fatti a mano. Era abitudine a Pasqua comprare un vestito nuovo.
Graziella, nonna di Giada, 64 anni Nei giorni festivi indossavo vestiti più eleganti rispetto ai giorni feriali. In estate mettevo vestiti leggeri di cotone e in inverno vestiti pesanti e maglioni di lana fatti a mano. Quando andavo a scuola mettevo dei vestiti poco costosi e semplici. Per risparmiare mia mamma riutilizzava i miei vestiti passandoli alle mie sorelle e ai miei fratelli più piccoli.
Angela, nonna di Jacopo, 77 anni Nei giorni feriali indossavo magliette, gonne o vestitini , mentre la domenica mi mettevo i vestiti eleganti che tenevo con cura, evitando di sporcarli. Quando andavo a scuola non mettevo il grembiulino, ma indossavo la tuta o abiti poco costosi. Per risparmiare mia mamma cercava di farmi tanti maglioncini a mano utilizzando lana o cotone.
Giuditta, nonna di Grazia, 70 anni
26 Dai sei agli undici anni durante tutto il periodo delle Scuole Elementari giocavo molto con le mie due sorelle minori, con i miei cugini e con gli amici che abitavano vicino a casa mia. Si giocava però solo dopo aver studiato. Solitamente si iniziava verso le quattro del pomeriggio con una gustosa merenda e poi si giocava fino a sera. I maschi amavano giocare liberi nei prati, arrampicarsi sugli alberi oppure scambiarsi le figurine doppie dei calciatori. La bicicletta era la nostra compagna e con lei ci esibivamo per dimostrare chi era il più bravo, a volte finiva male e rimediavamo alcune sbucciature sulle ginocchia. Il mio gioco preferito, oltre a confezionare abiti per la mia Barbie, era costruire case sugli alberi e a questo gioco tutti volevano partecipare. Tutti insieme andavamo alla ricerca dei materiali come cellophane, stoffe, tende e tutto quello che riuscivano a sottrarre di nascosto ai nostri genitori e poi procedevamo nella costruzione della capanna. Era un gioco che richiedeva fantasia, fatica e abilità e per questo chiedevamo aiuto anche agli amici più grani di noi. La mia casa sull’albero aveva anche un camino fatto di sassi messi in cerchio e con al centro legni e foglie secche. Era per me il gioco più divertente e con i miei amici ho costruito tante case sull’albero, Ancora oggi ricordiamo questo nostro modo di giocare come uno dei momenti più divertenti e piacevoli della nostra infanzia.
Abbigliamento IERI Ricordo che avevo un vestito per i giorni festivi diverso da quello che indossavo nei giorni feriali. In inverno indossavo abiti pesanti, come il cappotto di lana, la sciarpa e i guanti; in estate mettevo dei vestiti leggeri e spesso andavo scalza. Mia mamma mi comprava pochi vestiti e per risparmiare li passava ai miei fratelli più piccoli. Io infatti ero la più grande e quindi la più fortunata, perché a me li comprava nuovi. Mia mamma mi ripeteva spesso un proverbio: meglio un vestito brutto, ma che tenga caldo.
Margherita, nonna di Riccardo, 65 anni Mettevo sempre gli stessi vestiti sia nei giorni feriali che nei giorni festivi. In inverno di solito indossavo un maglione, i pantaloni, gli stivali, il cappello, la sciarpa, i guanti e il cappotto. In estate mettevo una vestina senza maniche. Per andare a scuola mettevo il grembiule nero con il colletto bianco. Per risparmiare mia mamma mi faceva indossare gli abiti smessi di mia sorella oppure mi metteva delle vestine che aveva indossato lei stessa da piccola.
Mariarosa, nonna di Alessia, 62 anni Anch’io non facevo distinzione tra gli indumenti da mettere nei giorni feriali o festivi. In inverno, per non sprecare i soldi, indossavo i vestiti pesanti che erano stati di mia mamma. In estate indossavo una maglietta leggera, perché ogni giorno dovevo andare a lavorare nei campi. Per andare a scuola mi mettevo il grembiule e il colletto, perché tutti gli scolari che frequentavano la scuola in quel periodo dovevano indossare una divisa. Per risparmiare indossavo più volte lo stesso vestito anche se era sporco.
Giovanna, bisnonna di Alessia, 86 anni Quando ero bambina avevo i vestiti della domenica e delle ricorrenze speciali: un abito, una gonna, un maglioncino ed il cappotto da indossare nella occasioni particolari. Per andare a scuola tutto andava bene, purché fosse pulito e in buono stato. D’estate indossavo una maglietta a maniche corte ed una gonna, d’inverno mettevo una giacca pesante e i pantaloni lunghi. Spesso indossavo abiti portati dalle mie cugine che a volte passavo a chi veniva dopo di me.
Norma, mamma di Noah, 41 anni
27 Dai sei agli undici anni durante tutto il periodo delle Scuole Elementari giocavo molto con le mie due sorelle minori, con i miei cugini e con gli amici che abitavano vicino a casa mia. Si giocava però solo dopo aver studiato. Solitamente si iniziava verso le quattro del pomeriggio con una gustosa merenda e poi si giocava fino a sera. I maschi amavano giocare liberi nei prati, arrampicarsi sugli alberi oppure scambiarsi le figurine doppie dei calciatori. La bicicletta era la nostra compagna e con lei ci esibivamo per dimostrare chi era il più bravo, a volte finiva male e rimediavamo alcune sbucciature sulle ginocchia. Il mio gioco preferito, oltre a confezionare abiti per la mia Barbie, era costruire case sugli alberi e a questo gioco tutti volevano partecipare. Tutti insieme andavamo alla ricerca dei materiali come cellophane, stoffe, tende e tutto quello che riuscivano a sottrarre di nascosto ai nostri genitori e poi procedevamo nella costruzione della capanna. Era un gioco che richiedeva fantasia, fatica e abilità e per questo chiedevamo aiuto anche agli amici più grani di noi. La mia casa sull’albero aveva anche un camino fatto di sassi messi in cerchio e con al centro legni e foglie secche. Era per me il gioco più divertente e con i miei amici ho costruito tante case sull’albero, Ancora oggi ricordiamo questo nostro modo di giocare come uno dei momenti più divertenti e piacevoli della nostra infanzia.
Abbigliamento IERI Da bambina non avevo molti vestiti. Solitamente non si compravano come al giorno d’oggi, ma venivano confezionati in casa da mia mamma, con l’aiuto delle zie che vivevano con noi. Le stoffe venivano acquistate presso un ambulante che passava con il carro nella vicina via ogni mese. I vestiti dei giorni festivi si potevano indossare solo per andare alla messa e durante le alte cerimonie. Gli inverni erano molto freddi e lunghi e ci coprivamo con tanti maglioni e per ultimo con mantelle. I cappotti e i piumini non esistevano. In estate era tutto più semplice: zoccoli ai piedi, camicette senza maniche e soprattutto gonne, perché nella mia famiglia i pantaloncini li indossavano solo i maschi. I vestiti per la scuola erano semplici, ma rigorosamente puliti; sopra indossavo un grembiulino nero con il fiocco bianco e con il colletto inamidato che la mamma mi faceva trovare putito ogni settimana. Mia mamma non buttava nulla, tutto veniva riciclato a favore dei miei fratelli e sorelle più piccole. Ad esempio quando un maglione di lana non veniva più utilizzato da alcuno, ricordo che veniva disfatto; con la lana ricavata mi ricordo che facevo un bel gomitolo e così con questa lana riciclata, la mamma, nei suoi momenti liberi, mi prepararla tante paia di calze per l’inverno o calde sciarpe di vari colori.
Angela, zia di Irene, 68 anni
Quando ero bambina, la nostra famiglia era composta da otto persone, compresi i genitori; per vestirci non avevamo il necessario e ciò ci costringeva ad usare a turni alcuni abiti. Io andavo a scuola, anche in inverno, con gli zoccoli in legno, fatti da mio padre. Eravamo una famiglia povera; avevamo le mucche, quindi il cibo era abbondante, ma l’abbigliamento era scarso. D’estate non era un problema, perché faceva caldo ed eravamo poco vestiti, mentre in inverno dovevamo usare per più giorni gli stessi vestiti, che sicuramente non seguivano la moda. Quand’ero piccola, non si eliminavano facilmente i vestiti come al giorno d’oggi, ma si scambiavano con i cugini o vicini e così si andava avanti spendendo pochi soldi per l’abbigliamento.
Maria, nonna di Laura, 64 anni
28 Dai sei agli undici anni durante tutto il periodo delle Scuole Elementari giocavo molto con le mie due sorelle minori, con i miei cugini e con gli amici che abitavano vicino a casa mia. Si giocava però solo dopo aver studiato. Solitamente si iniziava verso le quattro del pomeriggio con una gustosa merenda e poi si giocava fino a sera. I maschi amavano giocare liberi nei prati, arrampicarsi sugli alberi oppure scambiarsi le figurine doppie dei calciatori. La bicicletta era la nostra compagna e con lei ci esibivamo per dimostrare chi era il più bravo, a volte finiva male e rimediavamo alcune sbucciature sulle ginocchia. Il mio gioco preferito, oltre a confezionare abiti per la mia Barbie, era costruire case sugli alberi e a questo gioco tutti volevano partecipare. Tutti insieme andavamo alla ricerca dei materiali come cellophane, stoffe, tende e tutto quello che riuscivano a sottrarre di nascosto ai nostri genitori e poi procedevamo nella costruzione della capanna. Era un gioco che richiedeva fantasia, fatica e abilità e per questo chiedevamo aiuto anche agli amici più grani di noi. La mia casa sull’albero aveva anche un camino fatto di sassi messi in cerchio e con al centro legni e foglie secche. Era per me il gioco più divertente e con i miei amici ho costruito tante case sull’albero, Ancora oggi ricordiamo questo nostro modo di giocare come uno dei momenti più divertenti e piacevoli della nostra infanzia.
Abbigliamento IERI Quando ero piccolo avevo vestiti diversi a seconda dei giorni della settimana: la domenica indossavo abiti grigi o più chiari e durante la settimana vestiti scuri come il nero. Gli abiti a mia disposizione in inverno erano pochi: indossavo i pantaloni di stoffa, i calzettoni, i maglioni di lana e infine un cappello che mi copriva anche le orecchie. In estate mi vestivo come in inverno, ma il maglione era fatto di stoffa. Per andare a scuola mettevo abiti scuri con una cartella di legno costruita da mio papà; ricordo che la mia giacchetta aveva una fascia nera messa di traverso e una “M” stampata sul petto. Per risparmiare mia mamma usava la lana delle pecore, la lavorava con gli aghi e mi preparava caldi maglioni. A volte tagliava il retro dei pantaloni di mio padre, lo riutilizzava per cucire gli abiti dei bambini e usava lo stesso procedimento anche per le magliette.
Marcello, nonno di Giovanni, 74 anni.
Nei giorni feriali mi mettevo vestiti semplici e poco costosi, mentre nei giorni festivi mettevi abiti e completino eleganti. Avevo un armadio con i vestiti estivi e uno con i vestiti invernali, che mia mamma ogni stagione riponeva con cura. Quando andavo a scuola indossavo tute, felpe, gonne, tutti capi poco costosi per evitare sprechi inutili. Per questo mia mamma mi preparava parecchie maglie fatte a mano. Ricordo che provvedeva subito a riparare o aggiustare i capi che io puntualmente bucavo o rompevo.
Marinella, nonna di Simona, 77 anni.
29 Dai sei agli undici anni durante tutto il periodo delle Scuole Elementari giocavo molto con le mie due sorelle minori, con i miei cugini e con gli amici che abitavano vicino a casa mia. Si giocava però solo dopo aver studiato. Solitamente si iniziava verso le quattro del pomeriggio con una gustosa merenda e poi si giocava fino a sera. I maschi amavano giocare liberi nei prati, arrampicarsi sugli alberi oppure scambiarsi le figurine doppie dei calciatori. La bicicletta era la nostra compagna e con lei ci esibivamo per dimostrare chi era il più bravo, a volte finiva male e rimediavamo alcune sbucciature sulle ginocchia. Il mio gioco preferito, oltre a confezionare abiti per la mia Barbie, era costruire case sugli alberi e a questo gioco tutti volevano partecipare. Tutti insieme andavamo alla ricerca dei materiali come cellophane, stoffe, tende e tutto quello che riuscivano a sottrarre di nascosto ai nostri genitori e poi procedevamo nella costruzione della capanna. Era un gioco che richiedeva fantasia, fatica e abilità e per questo chiedevamo aiuto anche agli amici più grani di noi. La mia casa sull’albero aveva anche un camino fatto di sassi messi in cerchio e con al centro legni e foglie secche. Era per me il gioco più divertente e con i miei amici ho costruito tante case sull’albero, Ancora oggi ricordiamo questo nostro modo di giocare come uno dei momenti più divertenti e piacevoli della nostra infanzia.
Abbigliamento IERI LESSICO FAMILIARE ILLUSTRATO “ASOLA”: occhiello per il bottone
“BEGARÖL”: grembiule
“BRAGHE”: pantaloni
“BUTÙ”: bottone
“CALSE”: calze -
“CALSITÙ”: calzettoni
“CAMISA”: camicia
“CAPÈL”: cappello
“COÈRTA”: coperta
“COLÈT”: colletto
“CORPÈT”: maglia intima pesante
“FASSÖL”: fazzoletto
“GUANCC”: guanti
“GULFÌ”: golfino
“ISTINA”: vestitino
“ LEROI”: orologio
“ÖGIAI”: occhiali
“MAGLIÈTA”: maglietta
“MAGLIÙ”: maglione
“MOLÈTA”: molletta, fermaglio
“PALTÓ”: cappotto
“SANDAI”: sandali
“SCARSÈLA”: tasca
“SCOSAL”: grembiule
“SEBRÈCC”: ciabatte
“SINTURA”: cintura
“SÒCOI”: zoccoli
“STÉAI”: stivali
“STRASS”: stracci
“URUGÌ”: orecchini
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Abbigliamento IERI MODI DI DIRE
“A CÜS SENSA GRÓP A S’CUS PER OL NEGOT”: a cucire senza nodo al filo, si cuce a vuoto. “ULÌ MIA ES N’DI PAGN DE ERGÙ”: non invidiare a una persona la sua posizione. “TAIÀ I PAGN ADÓSS”: sparlare di qualcuno, criticarlo alle spalle. “N’DA A PENEL”: vestito indossato bene. “TIRÀ LA CINGHIA”: avere problemi economici. “TACÀ BUTÙ”: avere una conversazione con una persona sconosciuta “A MASS A S’LAGA FÓ I STRASS”: a maggio ci si alleggerisce i vestiti. “BÈI EN FASA, BRÖCC’N PIASSA”: belli in fasce, brutti in piazza (da adulti). “ANCHE Ü PAL L’È BÈL ISTIT SÖ DÉ CARDÉNAL”: anche un palo è bello vestito da cardinale
“FENA AL QUARANTA DE MASS, CAA MIA FÒ I STRASS”: Fino alla prima decade di giugno
non levarti i vestiti.
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Ciao a tutti!