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bridging the gap between technology & business
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. Francesco Caio: sfide e priorità per l’Agenda Digitale italiana . Jeremy Rifkin: la terza rivoluzione industriale . La Global Supply Chain di Whirlpool . Digital Marketing, come investono le imprese italiane
5-6 NOVEMBRE 2013 MiCo MILANO CONGRESSI
Spunti di ispirazione per migliorare il tuo business
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editoriale
TIMIDE SPERANZE DI RIPRESA E NODI CHE GIUNGONO AL PETTINE di
umberto bertelè presidente advisory board ict4executive
Timide speranze di ripresa e duri redde rationem. È quello che ci sta portando l’autunno. La spirale negativa che affligge la nostra economia da ormai troppo tempo sembra essersi arrestata. L’economia italiana “dopo due anni di recessione mostra segni di stabilizzazione” ed è “prevista per fine anno una crescita (anche se modesta) dovuta soprattutto all’export”, sostiene il Fondo Monetario Internazionale, che evidenzia le indicazioni positive che emergono dai dati recenti: “la fiducia di imprese e famiglie è in crescita e gli ordinativi alle esportazioni sono risaliti, ma l’occupazione e la spesa restano deboli”. Allo stesso tempo però ci sono diversi nodi giunti al pettine: imprese e banche - fra le principali del Paese - in grande sofferenza o in stato preagonico, non tanto o non solo per la virulenza della crisi, ma perché la crisi ha portato in superficie debolezze e peccati di antica data. Sono tre, fra le prime venti, le banche in forte crisi a causa dei comportamenti passati. Il Monte dei Paschi, terza banca italiana, rischia la nazionalizzazione per la ben nota costosissima acquisizione di Antonveneta nel 2007 e per le operazioni finanziarie azzardate poste in essere per coprire il debito. E Banca Carige e Banca delle Marche richiedono iniezioni di capitale molto ingenti, per coprire le conseguenze di erogazioni (si dice) non troppo attente al merito. È in stato preagonico Alitalia, che ha alle spalle una serie almeno ventennale di nefandezze sindacali, errori governativi e salvataggi costosissimi. L’errore governativo peggiore fu quello di non accettare nel 2001, per la resistenza sindacale alla prospettiva di una gestione con criteri economici, l’offerta di Air France di acquisire Alitalia in cambio del 25 per cento della società che sarebbe nata dalla fusione. Il salvataggio costosissimo fu quello del 2008, quando furono iniettate risorse (per la maggior parte pubbliche) pari alla capitalizzazione di borsa di allora di Air France KLM. È in fase di nazionalizzazione (sotto la foglia di fico del Fondo Strategico Italiano) Ansaldo Energia, in cattive acque - con qualche intervallo di tranquillità - da più di 20 anni: un’operazione finalizzata anche a dare respiro a Finmeccanica, tra le poche grandi imprese italiane operanti nelle tecnologie avanzate, che ha una capitalizzazione di borsa di poco superiore alla metà di Ferragamo. È alle soglie di un possibile smembramento la nostra principale impresa nelle telecomunicazioni, Telecom Italia: vittima dell’enormità del debito accumulato nelle due successive scalate subite, della timidezza nell’eseguire i tagli occupazionali richiesti dal mercato e della riduzione dei margini causata dall’iperconcorrenza. Le gravi minusvalenze dovute al crollo della capitalizzazione, scesa da quasi 40 a 12 miliardi di euro negli ultimi sei anni, hanno convinto gli azionisti finanziari - che avevano partecipato nel 2007 alla costituzione del nocciolo duro per il governo della società - a cedere le loro quote alla spagnola Telefonica, a sua volta straindebitata: con forti dubbi sulle prospettive di potenziamento della rete nel nostro Paese. È in grande crisi la principale acciaieria italiana ed europea, l’Ilva della famiglia Riva. La causa, come ben noto di origine diversa, è il mancato risanamento ambientale; ma qualche riflessione meriterebbe di essere fatta sul peso crescente della magistratura nella gestione delle imprese. Per fortuna ci sono imprese che in questi anni sono invece cresciute, stimolate dalla crisi a essere maggiormente internazionali. Fra le più note Techint (gruppo), Luxottica, Prada, Ferrero e Barilla, accanto a molte altre minori. Ma non c’è dubbio che si debba fare di più e che sia la ristrutturazione del Paese, con un ripensamento delle regole, la vera grande priorità. E che l’Agenda Digitale, oggetto della cover di questo numero, rappresenti lo stimolo per avviarla.
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cover story
Agenda Digitale, le sfide e le priorità
di Francesco Caio, Commissario per l’Attuazione dell’Agenda Digitale italiana
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interviste
Pagamenti elettronici, i progressi dell’Italia
Massimo Arrighetti, Amministratore Delegato SIA
Supply Chain, globalizzazione e tecnologie: la ricetta di Whirlpool
Alessandro Piatti, Director Supply Chain Business Development Whirlpool EMEA
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management Advisory Board Umberto Bertelè Presidente Advisory Board Giampio Bracchi Politecnico di Milano Carlo Alberto Carnevale Maffè Università Bocconi Maurizio Dècina Politecnico di Milano Giuliano Noci Politecnico di Milano Paolo Pasini SDA Bocconi Andrea Rangone Politecnico di Milano Francesco Sacco Università dell’Insubria - SDA Bocconi Gianluca Spina Dean - MIP Enzo Bertolini CIO Ferrero Group Nunzio Calì Deputy CIO Fiat Group Automobiles e CIO Fiat Group Purchasing Gianluigi Castelli Executive Vice President ICT ENI Pierluigi Curcuruto COO Intesa Sanpaolo Milo Gusmeroli Vicedirettore Generale Banca Popolare di Sondrio Massimo Milanta Direttore Generale di UniCredit Business Integrated Solutions Alessandro Musumeci Direttore Centrale Sistemi Informativi Ferrovie dello Stato Filippo Passerini President, Global Business Services and CIO Procter & Gamble Mauro Viacava CIO Barilla Holding Nader Sabbaghian Amministratore Delegato BravoSolution Raffaello Balocco Segretario Advisory Board
Energie ‘green’ e Internet: la terza rivoluzione industriale è qui di Jeremy Rifkin, economista
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Strategia, un filo che lega le decisioni Il nuovo libro di Umberto Bertelè
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inchiesta
Digital Marketing, come investono le aziende italiane
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osservatorio
Sicurezza e conformità normativa, un esercizio difficile e costoso
di Gabriele Faggioli, legale
Il Mobile Banking avanza in Italia di Filippo Renga, School of Management, Politecnico di Milano
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reportage
Produzione, perché l’ERP non basta. Neanche per le Pmi
speciale “agenda digitale”
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speciale “dematerializzazione e cloud”
Dematerializzazione, il Cloud Computing è una delle strade
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rubrica | ricerche e studi
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rubrica | nomine
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rubrica | who’s who cio
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Cov e r s tory
di
Francesco Caio
Commissario per l’Attuazione dell’Agenda digitale italiana
Agenda Digitale, le sfide e le priorità In un incontro-dibattito organizzato al Politecnico di Milano, alla presenza del Rettore e dei responsabili dell’Osservatorio Agenda Digitale della School of Management, il Commissario per l’Attuazione Francesco Caio ha fatto il punto sul suo operato di questi primi mesi, indicando le priorità e mettendo in luce alcuni aspetti positivi: l’attenzione dell’esecutivo sulla materia, la concretezza dell’approccio e il legame con l’Europa
Classe 1957, Francesco Caio è uno dei manager italiani più noti a livello internazionale. Dopo la responsabilità, ad appena 37 anni, della divisione telecom e multimedia di Omnitel, primo operatore privato di telefonia mobile in Italia, è stato poi negli anni alla guida di Olivetti, di Merloni Elettrodomestici, dell’inglese Cable & Wireless e di Avio (ruolo che ricopre attualmente), ed è stato anche consulente dei governi inglese e italiano per le politiche industriali di sviluppo delle reti a banda larga. Lo scorso giugno è stato nominato “Commissario per l’attuazione dell’Agenda Digitale” dal Presidente del Consiglio Enrico Letta. In questa veste è stato protagonista di un incontrodibattito organizzato dal Politecnico di Milano per la presentazione dell’Osservatorio Agenda Digitale della School of Management dell’ateneo milanese, tenendo un intervento di cui riportiamo qui una sintesi. | 6 |
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La situazione è certamente complessa, ma ci sono tre aspetti dell’impostazione che sono motivo, se non di ottimismo, almeno di una lettura positiva. Il primo è che l’Agenda Digitale è diventata a tutti gli effetti materia d’interesse della Presidenza del Consiglio: conseguenza del fatto che, anche senza questo nome, la materia è sul tavolo da molti anni. Enrico Letta non è senz’altro un tecnologo, ma è un attento osservatore dei meccanismi e delle problematiche che possono bloccare lo sviluppo, quindi il fatto che sia diventata priorità del Presidente del Consiglio ha un valore. Questo movimento verso il cuore dell’esecutivo indica che si sta forse superando la dicotomia fra mondo reale e mondo digitale: non c’è ancora un’unità ontologica ma è un segno che si sta andando nella giusta direzione. Il secondo aspetto è una forte attenzione sull’attuazione. C’è molta concretezza, c’è focalizzazione sulla realizzazione delle priorità sul tavolo. Con
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il presidente condividiamo la convinzione che non sia necessario farsi venire grandi idee. Anzi, ho l’impressione che l’Agenda Digitale sia come un albero di Natale sul quale i passanti hanno attaccato tante luci per vedere quanto è bello quando si accende. Servono metodi, per far sì che dopo tutta questa carne che abbiamo messo sul fuoco arrivino dei piatti dalla cucina. Questa è una specifica di disegno che mi è stata data. Il terzo aspetto è la dimensione europea. Enrico Letta ha avuto ruoli in Europa, è stato anche ministro per il Parlamento Europeo. Ha visibilità dei meccanismi necessari per ancorare in Europa quello che si fa qui, cosa che in questo caso ha senso per due motivi: primo perché l’Italia è membro fondatore di questa comunità, ed è bene che ci organizziamo per restarlo. Secondo perché sui processi digitali è molto difficile mettere frontiere. Un esempio è il dibattito sul copyright: come si fa a farlo nel “chiuso” di una nazione?
«Isole di eccellenza che vanno integrate» La ricognizione ha fatto emergere un elemento che non mi aspettavo: la grande competenza nella Pubblica Amministrazione su queste tematiche. C’è molta gente preparata che lavora su progetti interessanti all’oscuro nelle stanze dei ministeri e che porta a casa risultati importanti, probabilmente con molta più fatica del necessario e con tempi lunghi. Non è vero che siamo all’anno zero: ci sono isole d’eccellenza a livello locale e nazionale, per esempio il registro delle imprese, che è nato digitale e che rappresenta un paradigma a livello europeo. Quindi c’è una base incoraggiante e robusta su cui costruire, nonostante le difficoltà, tra cui il fatto che la PA ha chiuso le porte al ricambio generazionale. Si è fatto molto, dunque, ma questo ha fatto nascere una selva di sistemi isolati. Se si ragiona in termini di processi, più che di decreti, di fatto il vero
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integratore di sistema della PA in questo momento è il cittadino: dobbiamo girare molti uffici per ottenere servizi che non sono integrati, con costi non calcolati nel bilancio di nessuno ma che pesano in modo molto importante su società, famiglie e imprese. Di fronte a questa situazione e con la consapevolezza che non ci sono soldi e non ci sono mezzi, si tratta di capire qual è l’architettura del sistema. Quel che più è mancato finora, infatti, è una visione di sistema chiara, basata su standard. È il presidio forte di un architetto di questa visione. Sembrerà banale, ma è questo che va fatto. Non è una questione di andare ai margini del sistema per migliorarlo, è che senza questo indirizzo di utilizzo delle tecnologie digitali non c’è più lo Stato. È assurdo non usare, per i servizi a beneficio della collettività, delle tecnologie che sono concepite per liberare energia e intelligenza nella PA. È l’unico modo per mettere nella stessa equazione la disciplina di bilancio e la prospettiva di crescita, il rispetto di un’appartenenza europea e il futuro dei nostri ragazzi: non c’è altro percorso verso uno Stato sostenibile. Ho il compito di facilitare chi deve prendere decisioni sulla governance perché ne capisca la centralità, non certo quello di scrivere software o riscrivere i processi. Tre progetti prioritari Il punto di partenza è decidere quali sono le banche dati strategiche di interesse nazionale, quali sono i flussi di interoperoperabilità, e i meccanismi di sicurezza, di data protection, che vanno a disegnare il perimetro logico di questo patrimonio informativo. Tutto qui. Ho visto una presentazione fatta dai colleghi dell’Estonia, di una semplicità sconcertante, e sto cercando di copiarla. C’è un bus di connettività istituzionale a cui si collegano le banche dati di interesse nazionale. Abbiamo una vasta let-
teratura che parla di connettività, abbiamo risorse come il Sistema Pubblico di Connettività. Lo Stato si deve dare questo obiettivo, rendendosi conto che ci vorranno anni, e che il contesto sarà sempre di volatilità istituzionale, visto che abbiamo avuto 132 governi in 152 anni di storia. Ma almeno esistono una strada e una meta. Abbiamo individuato tre progetti da curare in modo prioritario, rispetto a un lungo elenco di cose da fare. Questi progetti sono: Identità digitale, Anagrafe nazionale della popolazione residente e Fatturazione Elettronica. Sono temi su cui professionisti competenti e vari ministri stanno seriamente lavorando da anni. Adesso bisogna concluderli, anche se le maggiori complessità si trovano proprio nelle battute finali. Serve forte energia da parte di tutte le parti in gioco. L’Agenzia da parte sua deve farsi interprete nella strategia definita dal governo ed esercitarla operativamente in un meccanismo di raccordo progettuale, di garanzia del presidio degli standard. D’altra parte la tecnologia ha avuto degli sviluppi di penetrazione e fruizione che rendono queste tematiche comprensibili a tutti. Le persone non capiscono perchè in Rete si può comprare di tutto, con processi ormai perfezionati, ma quando si cerca di fare un certificato le cose diventano estremamente difficili. L’articolo 117, capoverso r della Costituzione dà allo Stato centrale esclusiva potestà su alcuni elementi, tra cui il coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell’amministrazione statale, regionale e locale. Quindi lo strumento costituzionale c’è, stiamo cercando di concretizzarlo in un tavolo di lavoro. In conclusione, c’è moltissimo da fare, a partire dalla definizione dello Statuto dell’Agenzia, ma c’è una gran voglia di collaborare: per quanto mi riguarda il mio impegno andrà ben oltre il ruolo del Commissario.
«La ricognizione ha fatto emergere un elemento che non mi aspettavo: la grande competenza su queste tematiche che abbiamo nella Pubblica Amministrazione. Non è vero che siamo all’anno zero: ci sono isole d’eccellenza a livello locale e nazionale. Ma è una selva di sistemi isolati» | 8 |
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umberto bertelè
Perchè il paese non può fare a meno del Digitale Attuare l’Agenda significa ristrutturare la PA, innovare le imprese e farne nascere di nuove. Una scelta obbligata, che porterebbe grandi benefici ma che presenta notevoli ostacoli
È possibile per l’Italia fare a meno dell’Agenda Digitale? È questa la vera domanda da porsi, invece che cercare di spiegare perché debba essere adottata. L’Agenda Digitale rappresenta una scelta obbligata - non un optional - se il nostro Paese vuole rimanere nel novero di quelli a maggior sviluppo e uscire dalla logica di mero contenimento del debito: una logica che sta erodendo la nostra economia e che non potrà - se prolungata - non avere impatti anche sul fronte sociale. Ha una denominazione, tratta dal linguaggio Ue, purtroppo incomprensibile ai più e potenzialmente fuorviante (perché può far pensare a una tematica di natura specialistica), ma essa significa ristrutturazione del Paese. Agenda Digitale è ristrutturazione della PA, per ridurne i costi ma ancor più per trasformarla da freno all’economia a strumento di promozione dello sviluppo, approfittando delle potenzialità offerte dalla tecnologia per ripensarne integralmente l’organizzazione. Agenda Digitale significa spingere le imprese che non lo stanno già facendo ad adottare in modo convinto i nuovi strumenti di ge-
stione che la tecnologia mette a disposizione e a incorporare il “nuovo” nei beni e nei servizi che esse producono: per evitare che nei prossimi anni molte di esse muoiano, perché incapaci di comunicare e di interagire con il resto del sistema. Agenda Digitale significa stimolare la nascita di nuove imprese: non solo start-up tecnologiche, che rappresentano una componente importante; ma imprese che, in quasi tutti i settori (e in primo luogo nei servizi), colgano le grandissime opportunità offerte dall’ICT di ripensare l’output e i business model. Agenda Digitale significa creare le condizioni per la messa a punto di un assetto delle infrastrutture di comunicazione in linea con quello delle economie più avanzate. Un obiettivo non facile, per le difficoltà finanziarie delle imprese che devono effettuare i maggiori investimenti, per la molteplicità dei decisori pubblici in materia (non sempre allineati fra loro), per la carenza di risorse pubbliche per il superamento del cosiddetto digital divide. Agenda Digitale significa diffondere le competenze in materia, ma - forse ancor prima
- accrescere la consapevolezza, nell’opinione pubblica e nella classe dirigente del Paese, della necessità di innovare e dei grandi vantaggi che se ne possono trarre: una consapevolezza tuttora assai scarsa, se si guarda al rilievo quasi nullo dato a queste tematiche in occasione delle ultime elezioni. Il nostro Osservatorio Agenda Digitale, di nascita molto recente ma forte delle conoscenze approfondite maturate negli ormai quattordici anni di vita degli Osservatori ICT&Management del Politecnico di Milano, ha provato a quantificare i vantaggi che una implementazione dell’Agenda Digitale potrebbe comportare per lo Stato e per le imprese, in termini di minori costi e di maggiore efficacia: vantaggi cui dovrebbero aggiungersi quelli - non quantificabili ma non per questo meno importanti - per gli individui e le famiglie. I numeri che emergono sono piuttosto impressionanti, e lo sono ancor più se si pensa che i vantaggi conseguibili non sono una tantum, ma strutturali e quindi destinati a ripetersi. Per quanto riguarda la PA, l’innovazione digitale - accoppiata a una ristrutturazione e riorga-
nizzazione della stessa e a un dimagrimento degli obblighi burocratici - potrebbe produrre benefici diretti annui dell’ordine di 35 miliardi di euro: - 15 grazie a maggiori entrate, attraverso misure atte a combattere l’evasione fiscale; - 20 grazie a minori uscite, legate al miglioramento dell’efficienza attraverso una maggiore diffusione dell’eProcurement e attraverso la digitalizzazione dei processi (nell’amministrazione, nella sanità, nella scuola, nella giustizia ecc.). A questi vanno aggiunti i notevoli vantaggi che le imprese potrebbero trarre dal miglioramento dell’interfaccia con la PA e dallo snellimento burocratico. Esse potrebbero ridurre di almeno un terzo i loro attuali oneri burocratici ed evitare i costi dei ritardi (una volta riassorbito il grande debito attuale) nei pagamenti della PA: 25 miliardi di euro circa di risparmi annui. Ma non è tutto. Forti risparmi potrebbero derivare, sul fronte delle imprese, dalla digitalizzazione dei processi interni e di quelli relativi agli scambi com-
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Gli ostacoli all’attuazione dell’Agenda Gli ostacoli all’attuazione dell’Agenda sono rilevanti. Alcuni sono legati alla carenza di risorse, ma la maggior parte di essi nasce dall’inerzia, figlia della scarsa consapevolezza, e dalla resistenza al cambiamento di chi - in un sistema più ordinato e trasparente teme (soprattutto nell’ambito della PA) di perdere il potere che gli deriva dall’enorme discrezionalità o teme (nell’ambito delle imprese e/o delle persone) di non disporre più di facili vie di fuga dal fisco e dagli obblighi previdenziali. Così come altri ostacoli, per il momento sottotraccia, potrebbero nascere da forme di neo-luddismo. Un’Agenda Digitale applicata seriamente avrebbe probabilmente nella fase iniziale, prima del manifestarsi dei vantaggi, conseguenze occupazionali negative: perché metterebbe in luce l’inconsistenza di molte posizioni di lavoro, in particolare nella PA, con problemi non facili (e spesso insolubili) di ricollocazione delle persone; perché comunque permetterebbe di accrescere sensibilmente i livelli di attività senza aumentare il numero di dipendenti o addirittura riducendo il turnover; perché potrebbe accentuare il fenomeno di sottoccupazione, ben visibile ad esempio nel sistema bancario, indotto dal ricorso alle nuove tecnologie; perché, favorendo una maggiore equità fiscale e previdenziale (obiettivo di grande rilevanza sociale ed economica), potrebbe mettere fuori mercato - come in parte già accaduto in questi anni - una serie di imprese marginali che sopravvivevano solamente grazie al risparmio sugli oneri fiscali e previdenziali. Immaginando di superare gli ostacoli, come si possono sfruttare i vantaggi citati? Una considerazione preliminare importante è che i risparmi hanno un significato diverso per un’impresa o per un Paese come l’Italia. Per un’impresa i risparmi si traducono in minori costi e maggiori profitti. Per un Paese, al di là di qualche variazione negli scambi con l’estero, quelli che sono vantaggi realizzati per la PA o per le imprese si traducono - in prima battuta - in sottrazione di risorse disponibili per le famiglie (a causa ad esempio della minore disponibilità di posti di lavoro) o per le imprese fornitrici: le maggiori entrate fiscali, quantificate in 15 miliardi di euro, si traducono ad esempio in una minore disponibilità di spesa (di dimensione equivalente) per le famiglie. È estremamente importante, quindi, l’uso che si fa dei risparmi ottenuti eliminando spese improduttive: se i 15 miliardi di maggiori entrate fossero ad esempio utilizzati per accrescere voci altrettanto improduttive della spesa pubblica, i vantaggi sarebbero completamente vanificati.
merciali; sul fronte delle famiglie, da un maggiore ricorso all’eCommerce B2c. Sono stime realistiche? Sono stime coerenti con i vantaggi derivanti da quanto fatto in questi anni? A nostro avviso sì. Sono fatte con notevole accuratezza e sono facilmente verificabili e replicabili, ma sono necessarie alcune specificazioni. La prima riguarda la loro visibilità, soprattutto in relazione alle imprese. La visibilità è scarsa quando i grandi numeri - come spesso accade - sono il frutto di vantaggi unitari piccoli, ma con una grandissima frequenza di occorrenza. La seconda riguarda la loro concretizzazione, soprattutto in relazione alla PA: concretizzazione solo parziale se le risorse rese esuberanti dalla realizzazione dell’Agenda permangono all’interno delle strutture, senza che vengano individuati impieghi alternativi non fittizi. La terza riguarda la loro interdipendenza. Alcuni risultati sono ottenibili anche procedendo isolatamente, mentre altri richiedono interventi estensivi integrati, con una condivisione dei dati fra le diverse componenti della PA.
alessandro perego
Fatturazione elettronica, un caso emblematico: benefici certi, attuazione a rilento Cosa bisogna fare concretamente per trasformare le idee in fatti? La domanda si riferisce all’emblematico caso della Fatturazione Elettronica, un bellissimo esempio perché rappresenta tante sfaccettature del tema Agenda Digitale. Da un lato è un’azione molto | 10 |
concreta, con confini piuttosto ben definiti, circoscritti, identificabili, e con benefici chiari: un miliardo di euro l’anno per la PA e altri 500 milioni di euro l’anno per le imprese fornitrici della PA, solo in termini di risparmi diretti, che possono diventare 60 miliardi di
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euro all’anno, se le logiche della digitalizzazione fossero estese a tutto il ciclo ordine-pagamento in tutte le relazioni tra imprese. Obiettivi oltretutto raggiungibili con tecnologie già disponibili. Ma in realtà è molto di più: noi l’abbiamo sempre rappresentata come
un esempio emblematico di cosa può rappresentare la digitalizzazione dei processi in senso ampio, e non il mero scambio di fatture in formato elettronico. In terza battuta è qualcosa che parte dalla PA ma che ha riflessi positivi molto importanti sul resto dell’economia, perché sono tante le aziende che interagiscono con la PA, ma molto maggiori sono gli scambi B2B: tutte le imprese possono beneficiare da quel che si impara in un dialogo positivo con la
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Mariano Corso
Sanità, i conti fuori controllo e l’urgenza di digitalizzare La tenuta del sistema è a rischio e l’innovazione appare come una delle poche leve efficaci. Invece si spende troppo poco, si continuano a fare tagli lineari e c’è troppa frammentazione
Sappiamo che la digitalizzazione del Sistema Sanitario potrebbe fruttare benefici per miliardi di euro, ma la situazione di partenza è drammatica. In tre anni siamo passati dal 15esimo al 21esimo posto in Europa per quanto riguarda la qualità del servizio sanitario. Abbiamo una spesa pro-capite che già oggi è inferiore a quella della maggior parte dei Paesi europei, e ben sotto la media dei Paesi OCSE, ma per far tornare i conti, abbiamo già programmato ulteriori tagli. I tagli lineari inoltre ci condurranno verso una situazione in cui il nostro Paese non sarà in grado di reggere
all’aumento della domanda legato all’invecchiamento demografico (il nostro è uno dei Paesi più “anziani” del mondo) e questo porterà a breve i conti delle Regioni fuori controllo. Da 6 anni monitoriamo questo fenomeno cercando di mostrare come una delle poche leve che abbiamo - se non l’unica - è quella di modernizzare il Sistema Sanitario attraverso la digitalizzazione, a meno di non abdicare a quel principio del diritto alla salute sancito anche dalla Costituzione. Due numeri: se solo portassimo il livello di digitalizzazione da quello attuale a quello che è già
conseguito e conseguibile nelle pratiche migliori, potremmo recuperare ogni anno qualcosa come 6,8 miliardi per il SSN e poi evitare circa 7,6 miliardi di euro che oggi sono a carico dei cittadini. Eppure, nonostante i manager della Sanità e i Ministri siano tutti d’accordo, continuiamo in Europa a essere quelli che spendono meno in tecnologie digitali: 21 euro per abitante, quando in UK ne spendono 60 e in Danimarca 70, e non partono con il gap che abbiamo noi. Come se ciò non bastasse, quello che spendiamo, lo spendiamo molto male perché siamo impantanati in un sistema di governance fortemente frammentato: 21 sistemi sanitari diversi con 300 aziende sanitarie pubbliche, ognuna delle quali si sente titola-
ta, al di là dell’esistenza o meno di standard, ad avere libertà di scelta rispetto ai fornitori, ai modelli organizzativi da adottare. Gli ultimi governi sono sembrati finalmente andare nella direzione giusta, ma questo solo in teoria. Mentre a parole si è sancita l’importanza della digitalizzazione della Sanità come chiave per la sostenibilità, nei fatti si è andati avanti con la logica dei tagli lineari e dell’asfissia degli investimenti. Una delle sfide per l’attuazione dell’Agenda Digitale sarà quindi di capire come si possa scardinare questo punto di blocco che si è creato, tenendo conto dell’urgenza e della rilevanza di intervenire sulla modernizzazione del Sistema Sanitario per preservate la tenuta dei conti e la civiltà stessa del nostro Paese.
Ecco i motivi per cui l’informatizzazione del ciclo ordine-pagamenti delle imprese che interagiscono con la PA è improcrastinabile Pubblica Amministrazione, cioè le best practice che nascono qui possono in qualche modo beneficiare tutto il Paese. Sappiamo che dalla digitalizzazione anche solo dei processi amministrativi conseguono benefici importanti e di efficienza, ma anche di competitività sull’estero, perché i nostri 500 miliardi di export sono prevalentemente B2B e le aziende estere vogliono interagire con le imprese italiane attraverso modelli digitali. La grande distribuzione internazionale ha
già superato l’idea di interagire con documenti scambiati in formato analogico. C’è un quarto motivo per cui il tema è particolarmente interessante: è un esempio della distanza che ci può essere tra la teoria e i fatti. Il decreto di obbligo della Fatturazione Elettronica verso la PA è del 2007, e siamo ancora in una situazione in cui - anche se fortunatamente dei passi avanti sono stati fatti - l’attuazione deve ancora avvenire. www.ict4executive.it
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andrea rangone
Le start-up come motori d’innovazione ma il terreno di coltura è l’Università L’Agenda Digitale non riguarda solo la PA. La cultura del digitale deve diffondersi anche nelle piccole e medie imprese, cuore del tessuto economico italiano e poco sensibili al tema Innovare la Pubblica Amministrazione significa ristrutturare il Paese ed è chiaro che da qui bisogna partire. Ma non si può pensare che l’Agenda Digitale sia solo questo: le imprese piccole e medie, che rappresentano il cuore del nostro tessuto economico e produttivo, hanno una sensibilità davvero scarsa sul tema dell’innovazione digitale. Le PMI stanno facendo pochissimo in tal senso: basta pensare che in Svezia l’investimento in tecnologie digitali delle imprese è il 4,6% del PIL mentre da noi è l’1,1%. Il tema Agenda Digitale non può prescindere da questo aspetto. C’è un pezzo di Paese importante che, volente o nolente, oggi deve pensare seriamente all’innovazione digitale come leva di produttività e competitività. Il governo precedente ha voluto includere il tema delle start-up nell’Agenda Digitale, un’azione importante perché finalmente si è cominciato a parlare di questo anche a livello politico. La sensazione, però, è che si sia concretamente scritto e agito troppo poco. Credo, in particolare, che, l’università debba avere un ruolo chiave in tema di nuove imprese e start-up, specialmente nel settore high tech. Se oggi guardiamo alle nuove imprese come motore del rinnovamento del tessuto economico-produttivo e dell’in| 12 |
novazione high tech in tutti gli ambiti, non possiamo non ancorarle fortemente al mondo accademico. Nel recente passato il Politecnico di Milano è stato culla di alcune fra le poche avventure imprenditoriali high tech di successo di questo Paese, come MutuiOnline, Volagratis, Job rapido, Neptuny, solo
per citare le più note. Pur non avendo rivestito un ruolo attivo, l’università ha il merito di aver preparato al meglio le persone che sono poi diventate imprenditori nel mondo
del digitale. Qualcosa si sta già facendo, ma è chiaro che il potenziale in questo campo è veramente enorme: e in questo l’Agenda Digitale può avere un ruolo fondamentale.
giuliano noci
E-government, ci vuole una regia per l’innovazione nella PA Molte le esperienze virtuose, ma il panorama è fortemente frammentato. È necessario un sistema di gestione a tre livelli: l’Agenzia per l’Italia Digitale, le Regioni e i centri servizi per i Comuni L’innovazione organizzativa e tecnologica della Pubblica Amministrazione Locale nel nostro Paese è stata finora sostanzialmente guidata e stimolata da interventi normativi e finanziamenti pubblici degli organismi centrali, privilegiando la libera iniziativa dei singoli Enti. Dal più recente Osservatorio eGovernment della School of Management del Politecnico di Milano emerge però quanto sia sempre più necessario definire meccanismi efficienti per la gestione dell’innovazione nella PA. È una priorità assoluta, visto che la lentezza e la complicazione della macchina burocratica è considerata da
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cittadini, imprese e organismi internazionali come una delle cause della bassa competitività del sistema Paese. In realtà, in oltre dieci anni di progetti di eGovernment realizzati ci sono molte esperienze virtuose, ma il panorama generale è fortemente frammentato. Inoltre la sempre maggior esiguità di risorse economiche rende necessario individuare modelli organizzativi ed economici che rendano l’innovazione capace di auto-sostentarsi. In questo scenario, un formato centrale per il futuro dell’eGovernment è rappresentato dal tema del “riuso”: la possibilità di rendere fruibili ad altri Enti
progetti di successo sembra però non decollare a causa soprattutto della mancanza di una panoramica completa sull’offerta di prodotti a riuso, della difficoltà di fare il match fra esigenze degli Enti riusatori e possibili soluzioni del cedente, della mancanza di disponibilità di tempo e personale da dedicare alla diffusione dei propri applicativi. Le iniziative più soddisfacenti (per esempio il Programma ELISA), a oggi sono i progetti multi-Ente ma, anche in questo caso, molto frammentati geograficamente, cosa che peraltro si riscontra anche per temi come lo Sportello Unico delle Attività Produttive (SUAP),
c ove r st o ry | Ag e n da D ig ita l e , l e sf ide e l e p rio r ità
Alfonso Fuggetta
Una “macchina” per far convergere tutte le azioni innovative Quattro elementi sono determinanti: architetture standard, governance, risorse umane, e procurement della PA
Come conferma Francesco Caio, ci troviamo di fronte a problemi che richiedono anni per essere risolti. Quindi bisogna mettere in piedi una macchina che deve definire un processo convergen-
te: bisogna far convergere un pezzo alla volta questo sistema complesso verso il target cui tutti miriamo. E quindi prima ancora del singolo tema bisogna capire come far funzionare
meglio questa macchina altrimenti le singole azioni rischiano di deragliare, come per altro è successo. Allora quali sono gli elementi per rendere il processo convergente? Caio ne ha indicati tre, io ne vorrei aggiungere un quarto e una piccola appendice. Ha citato le “architetture standard”, la “governance” e l’elemento “risorse umane e competenze”,
o l’integrazione delle banche dati. In un caso su due gli Enti comunicano con soggetti terzi in formato cartaceo. L’ostacolo maggiore nell’integrazione verso l’esterno sembra la difficoltà a interagire con gli altri Enti. Una possibile soluzione potrebbe arrivare, ancora una volta, grazie a un approccio sistemico, governato da una regia. Regia da parte di chi, e a che livello? La Ricerca rileva che secondo i Comuni, un ruolo cruciale di coordinamento, ma anche di indirizzo e formulazione di linee guida operative, può essere svolto dalle Regioni. Ma gli Enti Locali indicano la forte neces-
sità di una regia nella gestione dell’innovazione a livello nazionale. Oggi, grazie anche alla creazione dell’Agenzia per l’Italia Digitale, sembrano emergere le condizioni perché si affermi un sistema di governance dell’innovazione articolato a tre livelli: centrale, di indirizzo e definizione delle macro-strategie,
a cura dell’Agenzia; territoriale, per il raggiungimento di economie da massa critica, imperniato sulle Regioni; infine locale, per la gestione dei servizi ai singoli Comuni, costituito da centri servizi e/o consorzi di Enti. Se questo si realizzasse, potremo finalmente dire «eGovernment & PA: l’Italia fa squadra!»
ma io vorrei aggiungere che siccome poi questi sistemi devono essere realizzati non soltanto dal pubblico, ma anche dal mercato, credo che si debba intervenire anche nel rapporto tra Pubblica Amministrazione e mercato. Abbiamo vissuto in questi anni una depressione profonda e lo vediamo nei fatti: per un nostro laureato a volte basta passare il confine con la Svizzera per guadagnare il doppio di quello che può prendere qui. Questo è sintomo del fatto che abbiamo un mercato depresso, un mercato dove purtroppo dalla fine degli anni ‘90 agli anni Duemila si è innescato un meccanismo per cui il software, l’IT e le tecnologie sono da considerare commodity che si comprano al minor costo possibile, tanto sono tutte uguali. Il risultato è che si è depressa la qualità. Il vero punto è che il mercato dipende dalla maturità dell’offerta, ma anche dalla qualità della domanda: se compro male, il mercato va male. L’approvvigionamento di tecnologie del settore pubblico, quindi, può aiutare a promuovere lo sviluppo del mercato. Un punto di partenza quindi è fare in modo che chi compra nella Pubblica Amministrazione lo faccia meglio. Inoltre penso anche che ci voglia un po’ di passione civile. C’è bisogno non soltanto di competenza tecnica amministrativa, ma anche voglia di fare qualcosa di utile per il Paese.
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cover story | Age nda D i gi ta l e , l e s f i d e e l e pr i o rità
Il punto sui provvedimenti normativi Il Decreto Crescita 2.0 ha rilanciato l’Agenda Digitale italiana a fine 2012, seguito a giugno dal Decreto Del Fare. Ecco cosa è cambiato e cosa resta ancora da fare per non far fallire i piani digitali italiani L’Agenda Digitale italiana è un carrozzone che avanza, sì, ma parecchio più lento del previsto. Facciamo un quadro di ciò che si muove e di ciò che dovrebbe essere sbloccato. Grossi risparmi per gli operatori telefonici vengono dal Decreto scavi, che ha terminato l’iter a fine settembre. Ma è un beneficio anche per l’Italia, perché le nuove norme sono un incentivo alle reti di nuova generazione. Il decreto è uno di quelli attuativi del Crescita
2.0, decreto che ha lanciato l’Agenda Digitale italiana a fine 2012. Dà il via libera alle tecniche di scavo innovative dette minitrincee e limita la quantità di asfalto che gli operatori devono ripristinare dopo i lavori. Di fine settembre è anche il decreto del ministero all’Istruzione, università e ricerca, che sancisce il passaggio graduale dalla carta al digitale nelle classi dal prossimo anno scolastico (idea già contenuta nel Crescita 2.0). Tra luglio e agosto
due buone notizie per le startup. Il decreto Lavoro ha alleggerito i requisiti per accedere ai benefici di legge già previsti dal Crescita 2.0 e ha stabilito incentivi fiscali per chi investe nelle start-up (già previsti dal Crescita 2.0); la Consob ha emanato il regolamento che apre al meccanismo innovativo di finanziamento Crowdfunding. Per il resto, molti passi avanti sull’Agenda sono presenti nel Decreto del Fare. Estende ai beni strumentali (e quindi anche ad hardware e software) gli sgravi per le PMI inizialmente pensati per l’acquisto di macchinari e impianti. Spinge sul Fascicolo Sanitario Elettronico fissando scadenze e un budget di spesa. Chiede infatti a Regioni e Province Autonome di presentare un piano di realizzazione del Fascicolo entro la fine di quest’anno, mettendo sul piatto 10 milioni di euro per il 2014 e 5 milioni a partire dal 2015. Importante anche il decreto attuativo pubblicato lo scorso 22 maggio in Gazzetta ufficiale:
definisce le regole tecniche per fare Fatturazione elettronica verso la PA. L’obbligo ad accettare questa modalità di fatturazione scatta entro dodici mesi per ministeri, agenzie fiscali ed enti nazionali di previdenza e assistenza sociale; 24 mesi per le altre amministrazioni incluse nell’elenco Istat, a eccezione delle amministrazioni locali, per le quali appunto si attende entro il 6 dicembre 2013 un ulteriore provvedimento che detta i tempi di decorrenza. Sempre il 22 maggio un decreto con le “regole tecniche per la generazione, apposizione e verifica della firma elettronica avanzata, qualificata e digitale, per la validazione temporale, nonché per lo svolgimento delle attività dei certificatori qualificati”. Prosegue inoltre il piano delle gare pubbliche per la banda larga del ministero allo Sviluppo economico, con fondi europei, anche se qui c’è la prima cattiva notizia: il piano del ministero è stato privato di un pezzetto, 20 milioni, con la promessa però di recuperarli con la prossima Legge Sviluppo. A.L.
agenda digitale, gli ambiti principali
Aumentare l’efficienza della PA Innovazione digitale nella PA
Combattere l’evasione fiscale Semplificare la relazione tra PA, cittadini e imprese
Agenda Digitale
Creazione di infrastrutture e cultura Aumentare gli investimenti in ICT da parte delle imprese Innovazione digitale nelle imprese
Favorire lo sviluppo dei mercati digitali Stimolare la nascita di start-up Hi-Tech
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S S E R VAT O R I . N E T
ict & management
Startup Boosting
MISSIONE
Giocare un ruolo sempre più attivo nello stimolare la nascita e lo sviluppo di nuove avventure imprenditoriali in ambito digitale in Italia: è questo l’obiettivo che gli Osservatori ICT & Management si pongono nella convinzione che ciò rappresenti un ingrediente fondamentale per il rilancio della nostra economia. Per questo motivo nasce il progetto Startup Boosting che intende identificare le idee di business e i progetti imprenditoriali più innovativi nei diversi settori digitali, che saranno supportati e seguiti nel loro sviluppo. CHI PUÒ PARTECIPARE
AMBITI DI APPLICAZIONE
Possono partecipare: • persone fisiche (singole o in gruppo) in possesso di un’idea di business fortemente innovativa; • aziende in fase di startup e con elevato potenziale di crescita; • imprese anche già avviate che abbiano sviluppato innovative idee di business.
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COSA OFFRE
I candidati che supereranno il processo di valutazione: • saranno supportati nella messa a punto del progetto imprenditoriale, con l’obiettivo di accelerarne lo sviluppo e il raggiungimento degli obiettivi di business; • avranno la possibilità di frequentare gratuitamente un percorso di alta formazione presso il MIP – la Business School del Politecnico di Milano – finalizzato ad accrescere le competenze e l’empowerment del gruppo imprenditoriale; • saranno supportati nella ricerca dei capitali di rischio necessari.
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MODALITÀ DI PARTECIPAZIONE
• La partecipazione è gratuita. • Per iscriversi compilare il Form di registrazione sul sito www.startupboosting.com che include una breve descrizione del progetto imprenditoriale, in cui vengono messi in evidenza: prodotti/servizi innovativi erogati, mercato target, principali concorrenti, fatturato previsto e investimenti stimati (anche solo in modo approssimato). • Ogni mese vengono valutate le proposte pervenute.
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Speciale “agenda digitale”
Digitalizzazione dei processi di acquisto e pagamento. Si può fare, da subito
Le disposizioni in materia di “Agenda Digitale” pongono l’innovazione tecnologica alla base delle iniziative di efficientamento degli apparati pubblici, in particolare per quanto riguarda la relazione con i cittadini e le imprese. Nel suo complesso l’eGovernment, che è l’espressione della trasformazione tecnologica in atto, offre alla Pubblica Amministrazione una grande occasione
Dagli approvvigionamenti online alla Spending Review Gli strumenti decisionali per il mondo approvvigionamenti, ovvero le soluzioni che forniscono le informazioni utili per le analisi sulla spesa, intervengono a valle delle attività di acquisto e appalto. Utilizzando algoritmi appositi, i dati vengono organizzati, normalizzati e classificati, anche quando provengono da sistemi gestionali differenti, senza necessità di intervenire sul formato nativo: uno degli esiti più apprezzati è una console che fornisce, in tempo reale, l’analisi dei dati di spesa, con il livello di dettaglio desiderato. Così è possibile sapere, ad esempio, quanto è stato speso con un determinato fornitore nell’ultimo quarter e per quali servizi e prodotti. Trovare queste risposte è usualmente molto complesso nella PA, a causa del disallineamento e della frammentazione dei sistemi informativi.
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Le tecnologie sono ormai consolidate e la loro applicazione nella Pubblica amministrazione permetterebbe Non solo di ottenere un importante beneficio economico, ma anche snellimento burocratico, più efficienza, trasparenza e tracciabilità
di Ezio Melzi Direttore Generale BravoSolution
di “rilancio” nei confronti del sistema Paese, dopo un periodo particolarmente difficile sul fronte della credibilità. Penso ad esempio all’opportunità di far risparmiare 60 MLD di €/anno al Paese digitalizzando le interazioni fra la PA e le Imprese (pagamenti, adempimenti burocratici etc.), come evidenziato dalle ricerche del Politecnico di Milano. Oltre al beneficio economico la digitalizzazione porta, come noto, snellimento burocratico, più efficienza, trasparenza e tracciabilità dei processi. È chiaro allora come questa innovazione possa incidere positivamente soprattutto sui processi cruciali del sistema Paese, fra i quali il ciclo di acquisto “procure-to-pay”, ambito di cui ci occupiamo e che va dalla decisione sul “cosa comprare”, alla selezione dei fornitori, all’acquisto, fino all’invio degli ordini, alla consegna, alla fatturazione e al pagamento. Il ciclo “procure-to-pay” si compone, tipicamente, di fasi strategico-decisionali e di attività più correlate ai processi amministrativi. L’informatizzazione tramite soluzioni specialistiche delle fasi strategico-
Speciale “agenda digitale”
Un approccio innovativo al Procurement consente agli amministratori di attivare processi decisionali trasparenti e sostenibili, perchè basati su quadri informativi oggettivi decisionali (Cosa comprare? A quali condizioni? Da quali fornitori….) riserva grandi opportunità. Un approccio innovativo al Procurement - a partire dalla fruibilità di miliardi di informazioni, difficilmente gestibili manualmente - consente infatti di ridurre i costi di processo, di ampliare la visibilità sulle alternative di fornitura favorendo il confronto, di aumentare visibilità e controllo sulla spesa. Ma soprattutto consente agli amministratori di attivare processi decisionali trasparenti e sostenibili, perchè basati su quadri informativi oggettivi. Come nel Regno Unito, dove il Governo sta attuando la Spending Review grazie ad un’analisi della spesa condotta sistematicamente e periodicamente da enti centrali e locali - peraltro con il supporto di una tecnologia italiana - proprio per decidere cosa comprare ed a quali condizioni. L’automazione del ciclo ordine-fattura-pagamento costituisce un secondo ambito di grande, potenziale, efficientamento per il sistema paese. La Fatturazione Elettronica consente infatti alle organizzazioni pubbliche e alle aziende di ridurre gli errori e il tempo impiegato nella gestione delle attività amministrative, fra le quali riconciliazione e archiviazione sostitutiva dei documenti, di velocizzare il ciclo di pagamento grazie alla consegna delle fatture ai clienti in tempi più rapidi e di migliorare la visibilità del cash flow. La stima di un risparmio medio di € 7 a fattura (Fonte “Osservatorio Fatturazione Elettronica e Dematerializzazione” Politecnico di Milano) correlato alla digitalizzazione e gli obblighi normativi introdotti dal D.M. 55/2013 costituiscono ulteriori e decisive spinte all’adozione. Tutto ciò suggerisce di accelerare quanto più possibile la digitalizzazione del processo “procureto-pay. Le tecnologie per farlo ci sono, sono ormai molto consolidate e pronte all’uso. Non serve reinventare nulla…
Si tratta ovviamente di iniziative complesse, che richiedono alla base scelte “forti” da parte di chi è delegato a guidare i processi di innovazione. Come cittadino italiano, ancora più che come direttore di una società italiana di tecnologia, auspico che tali scelte vengano fatte al più presto.
Governi e grandi aziende gestiscono la spesa con BravoSolution Raro esempio di azienda italiana con un ruolo rilevante nel mercato globale dell’Enterprise software, Bravosolution raccoglie un successo crescente ormai da diversi anni. Nove anni consecutivi di crescita profittevole hanno permesso di raggiungere nel 2012 un fatturato pari a circa 62 milioni di euro (+10%), con 500 dipendenti in 11 Paesi, dei quali circa 100 ricercatori impegnati nello sviluppo del software. La Software Suite per gli acquisti telematici della multinazionale italiana è oggi utilizzata da oltre 60.000 professionisti degli acquisti, in 60 Paesi. Fra questi figurano il governo centrale del Messico, quello degli Emirati Arabi Uniti e quello del Regno Unito, che ha adottato la soluzione nel 2004, quando è stato avviato un progetto per modernizzare la Pubblica Amministrazione in cui la gestione elettronica degli approvvigionamenti era un aspetto chiave. È stato avviato un processo di spending Review in cui è coinvolto direttamente il primo ministro e che riguarda i principali organi del Governo. Un altro progetto rilevante è stato quello dei Giochi Olimpici del 2012: l’intera spesa, oltre 10 miliardi di euro erogati a 20.000 fornitori, è stata veicolata per via telematica attraverso appalti on line, grazie alla piattaforma tecnologica fornita dalla società italiana e accessibile da un portale dedicato. Numerose poi le referenze fra le grandi aziende in tutto il mondo. Fra le italiane: Poste, Autogrill, Astaldi, Impresa Pizzarotti, Banca d’Italia, Telecom, Aeroporto di Napoli, Sky. | 17 |
Speciale “agenda digitale”
Sinergie tra Banca e PA per una nuova Amministrazione Digitale
Intesa Sanpaolo è storicamente la banca al servizio della Pubblica Aministrazione Centrale e Locale, come Tesoriere di oltre 4.000 Enti Pubblici di grandi, medie e piccole dimensioni, ma soprattutto come partner in numerose iniziative e servizi rivolti alla PA e al relativo bacino di utenti (di volta in volta cittadini, fornitori, pazienti, studenti...). Condividiamo dunque la convinzione dell’ADI, che sia necessario mettere in atto un’azione incisiva per mettere al centro i bisogni dei cittadini e innescare un circolo virtuoso tra miglioramento dei servizi, fiducia nell’amministrazione e partecipazione alla vita democratica, per favorire l’affermarsi della nuova amministrazione digitale. E in questo senso abbiamo orientato la nostra azione strategica e commerciale verso la PA, che ci vede impegnati su molteplici ambiti. Per esempio: • Sanità Digitale – Sono ormai consolidati gli effetti positivi che la digitalizzazione della relazione tra sistema sanitario e cittadino produce, in termini di qualità dei servizi resi alla collettività, di riduzione della spesa pubblica e di innalzamento dei livelli di efficienza. Già a ottobre 2012 Intesa Sanpaolo ha avviato il servizio di digitalizzazione dei referti sanitari presso l’ASL 2 di Torino, primo passo verso la realizzazione del Fascicolo Sanitario Elettronico. Al paziente viene offerto un servizio completo e comodo, con possibilità di scegliere la modalità di ricezione dei referti (cartacea o
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intesa sanpaolo È impegnata da tempo A supportare e orientare gli Enti Pubblici del paese verso l’efficientamento e la dematerializzazione dei servizi. numerosi i progetti già realizzati in diversi settori, quali sanità, giustizia e università
di Claudio Fornaro Resp. Prodotti Transazionali/Small Business e PA Direzione Marketing Intesa Sanpaolo
web), in completa sicurezza e nel rispetto delle norme riguardo il trattamento dei dati personali, con notevoli risparmi per l’ASL. Inoltre, da anni abbiamo offerto alle ASL e Aziende Ospedaliere la possibilità di rendere multicanale il pagamento dei ticket sanitari (per esempio utilizzando il circuito dei nostri ATM, i Punti Ticket, il canale web...) con rendicontazione analitica e integrata di tutti i pagamenti. • Giustizia e innovazione digitale – Anche quest’area ci vede impegnati su molteplici cantieri. Cogliendo l’opportunità data dalla nuova piattaforma del Processo Civile Telematico, abbiamo avviato una collaborazione con l’AGID (Agenzia per l’Italia Digitale) e con alcuni Tribunali, finalizzata a rendere possibile il pagamento online di tutte le spese di registrazione, cancelleria e valori bollati attraverso il ‘Portale Giustizia’. Tra i progetti più significativi, c’è poi quello relativo al Portale per la Gestione dei Fallimenti, per il quale già dal 2012 stiamo collaborando con il Tribunale di Napoli alla realizzazione di un sistema integrato e digitalizzato per lo scambio di comunicazioni
Speciale “agenda digitale”
La soluzione Easy Fattura di Intesa Sanpaolo
tra i soggetti coinvolti nella gestione del processo (giudice delegato, cancelliere, curatore fallimentare, banca, comitato creditori...). • Pubblica Amministrazione paperless – È senza dubbio l’area nella quale come banca abbiamo profuso lo sforzo maggiore, per supportare e orientare gli Enti Pubblici di cui siamo tesorieri verso l’efficientamento e la dematerializzazione dei servizi; entro il 2014 vogliamo realizzare la completa eliminazione della carta nella relazione con la PA, che si traduce in primo luogo nell’invio di disposizioni esclusivamente telematiche, con utilizzo di firma digitale. A settembre 2013 il 50% degli Enti di cui Intesa Sanpaolo è Tesoriere sono passati a una gestione attraverso Ordinativo Informatico; sono stati dematerializzati oltre 3,8 milioni di disposizioni di incasso e pagamento e oltre 2 milioni di bollettini M.Av. gestiti per conto di Università, Comuni, Consorzi ed Enti vari, passando alla modalità del M.Av. Virtuale e Online, con benefici in termini di efficacia e di riduzione di costi (stampa, postalizzazione). Collaboriamo inoltre costantemente con il MIUR per estendere l’utilizzo dell’Ordinativo Informatico nelle scuole di ogni ordine e grado. • Pagamenti e Fatturazione elettronica – Per quanto concerne l’area dei servizi di fatturazione elettronica da e verso la P.A., siamo attivi ormai da anni con il servizio Easy Fattura, che prevede la gestione completamente dematerializzata di tutte le fasi di vita delle fatture (attive e passive), nel pieno rispetto della normativa vigente in materia fiscale e civilistica. Il servizio che proponiamo, premiato allo SMAU 2010 nell’ambito del Progetto LIS attivato con l’ASL di Firenze, consente all’Ente e ai relativi fornitori significativi risparmi in termini di costi e tempi dedicati alla fatturazione.
Easy Fattura è il sistema di gestione elettronica delle fatture che permette ai clienti, attraverso la piattaforma web di Intesa Sanpaolo, di esternalizzare presso la banca il processo di fatturazione passando da una gestione cartacea ad una evoluta, con un notevole risparmio dei costi e dei tempi di processo. Easy Fattura consente infatti alle aziende di razionalizzare i processi interni affidando a Intesa Sanpaolo, unico interlocutore, l’intero ciclo di fatturazione, ivi incluse le incombenze e la responsabilità del processo di conservazione sostitutiva a norma. Il servizio offerto dalla Banca é modulabile e scalabile in base alle necessità aziendali. Le principali funzionalità di Easy Fattura sono: • Acquisizione delle fatture nel formato standard XML/ CBI o, in alcuni casi, nel formato scelto dall’azienda. • Invio delle fatture personalizzate per singolo destinatario: posta cartacea, e-mail, CBI, LINKS, portale Guest dedicato alle controparti non clienti Intesa Sanpaolo. • Portale Guest che permette ai nostri clienti di dialogare con i propri debitori inviando le fatture e attivando i processi di approvazione o di disputa • Generazione delle disposizioni di incasso e pagamento. • Tracciabilità dei cambiamenti di stato delle fatture. • Gestione collaborativa del processo di disputa. • Gestione elettronica del fascicolo relativo alla fattura. • Ricerca on-line dei documenti. • Conservazione a norma di legge delle fatture con relativi allegati, dei libri e registri contabili. • Presentazione delle fatture da smobilizzare in modalità telematica (anticipo su fattura) Easy Fattura è basata sul concetto “Pay per Use”: il servizio consente l’utilizzo graduale e modulare delle funzionalità, minimizzando gli impatti organizzativi e informatici a prescindere dalle dimensioni aziendali. Attraverso Easy Fattura: • le PMI possono accedere a soluzioni tecnologiche tipicamente indirizzate alle grandi aziende; • le grandi aziende possono trovare soluzione a specifiche esigenze; • le community possono accedere a soluzioni di integrazione personalizzate.
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I N TE R V IS TA di
manuela gianni
intervista a
Pagamenti elettronici, i progressi dell’Italia
massimo arrighetti Amministratore delegato Sia
Seppur lentamente, nel Paese del contante cresce la diffusione e l’utilizzo delle carte e continuano a calare gli assegni. Ma il passaggio epocale avverrà con lo smartphone, che si candida a diventare lo strumento più comodo e veloce per molte operazioni. L’opinione di Massimo Arrighetti, AD di Sia
Gli italiani amano pagare in contanti, usano poco le carte e fanno meno acquisti on line rispetto agli altri europei. Abitudini consolidate, che non sono solo motivo di sorpresa per molti stranieri che visitano il Bel Paese, ma un pesante fardello per l’economia italiana. Basti pensare che la Banca d’Italia stima che, fra trasporto, sicurezza e altro, l’uso del contante costa all’Italia circa 8 miliardi l’anno, ovvero 133 euro a testa, e oltre mezzo punto di Pil. Senza dimenticare che contante fa rima con sommerso: nel medio-lungo periodo l’uso della moneta elettronica conviene a tutti, perché innesca una spirale virtuosa che porta all’emersione del nero e che, in definitiva, porterebbe a ridurre l’imposizione fiscale. Tra le aziende più impegnate nel favorire la diffusione della “digital money” e spingere l’innovazione nei servizi di pagamento c’è Sia, presente a livello di Gruppo in 40 Paesi e specializzata nelle aree dei pagamenti, della monetica, dei servizi di rete e dei | 20 |
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mercati dei capitali. “Una grande sfida”, secondo l’Amministratore Delegato Massimo Arrighetti, che può trovare un punto di svolta nel Mobile Payment, ovvero nelle soluzioni di pagamento via smartphone, particolarmente apprezzate soprattutto dalla fascia più giovane della popolazione. Dottor Arrighetti, il contante in Italia è ancora lo strumento di pagamento più diffuso. Qual è il trend di utilizzo delle carte e degli altri sistemi elettronici? C’è in atto un graduale processo di sostituzione del contante e degli assegni, legato più che altro al ricambio generazionale. I nostri dati evidenziano a luglio un aumento del numero delle transazioni con carta dell’8% rispetto allo stesso periodo del 2012, quando erano cresciute del 15%: il tasso è rallentato per l’andamento dei consumi, in calo del 3%. Abbiamo registrato anche una diminuzione degli assegni di circa l’8%. Ormai le persone, in particolare chi ha
IN T E RV ISTA | Pag a m e n t i e l e t t ro n ic i, i p ro g re ssi de l l’ I ta l ia
meno di 50 anni, si sono abituate all’uso delle carte: adesso si tratta solo di creare occasioni per utilizzarle sempre con maggior frequenza. Un grosso contributo arriva anche dalle prepagate, emesse da nuovi attori del mercato come Eni e Vodafone, che avvicinano un pubblico più giovane. È un fenomeno interessante: i numeri delle transazioni sono ancora piccoli rispetto al contante, ma le carte emesse iniziano a essere tante e la frequenza di utilizzo è in crescita. In che modo è possibile incentivare l’uso delle carte? È importante sottolineare i benefici che derivano dalla moneta elettronica, creando al contempo meccanismi premianti per chi la usa. Ad esempio, Eni premia con sconti benzina chi utilizza la sua carta. In futuro si potrebbe pensare a vantaggi in termini di comodità per semplificare la vita dei cittadini, come un sistema che consenta di detrarre automaticamente dalle tasse la parcella del medico se viene pagata con la carta. È necessario, insomma, cambiare l’immagine dei pagamenti elettronici volgendo in positivo le perplessità legate alla tracciabilità. Di recente l’Agenzia per l’Innovazione ha pubblicato le linee guida per i pagamenti elettronici nella PA, puntando alla nascita di un sistema unico con cui imprese e cittadini potranno pagare tutti i servizi. Qual è la sua valutazione? La PA può avere un ruolo rilevante nella diffusione dei pagamenti elettronici e credo che l’iniziativa dell’Agenzia sia un segnale molto positivo: rispetto al passato, vedo grande concretezza. Le linee guida parlano infatti di riuso ed è importante quindi utilizzare quello che c’è già, riducendo tempi e investimenti rispetto a progettualità di lungo periodo. Oggi esistono best practice a livello sia comunale sia regionale e il metterle a fattor comune potrebbe consentirci di fare un grosso passo avanti. Come Sia abbiamo sviluppato numerosi servizi, semplici ma innovativi, che riscuotono grande apprezzamento dal pubblico. Per esempio, in alcune Asl della Lombardia, i cittadini quando prenotano una visita o un esame al CUP ricevono un codice che permette di effettuare il pagamento del ticket direttamente da un ATM bancario e potenzialmente anche da casa, con l’home banking, senza doversi recare allo sportello della struttura sanitaria. Un altro esempio riguarda il Comune di Roma che permette di pagare multe e tributi
Chi è Massimo Arrighetti Classe 1957, dopo essersi laureato in Economia e Commercio presso l’Università Bocconi di Milano, Massimo Arrighetti inizia la sua carriera professionale nel 1981 in IBM, per poi entrare in McKinsey & Company come Consulente fino ad assumere la responsabilità di Senior Partner, gestendo numerosi progetti strategici per il settore bancario in Italia e all’estero. Diviene anche membro attivo della “Practice” McKinsey bancaria e uno dei fondatori della “Practice” di Information Technology per le istituzioni finanziarie. Nel 1998 Arrighetti passa in Poste Italiane come Direttore di Divisione di Banco Posta, curando personalmente la stesura e la realizzazione del relativo Piano d’Impresa. Viene anche nominato Amministratore Delegato di Poste Vita, nonché Consigliere di Postecom, Eurogiro e Banco Posta Fondi SGR. Nel 2002, entra in Banca Intesa come Responsabile Divisione Rete. Durante la sua gestione, Arrighetti realizza l’integrazione operativa e commerciale delle reti Comit, Cariplo, Banco Ambroveneto e delle tre direzioni centrali. Lancia, inoltre, il nuovo brand unico Banca Intesa e riorganizza la Divisione Rete e le relative società (Intesa Media Credito, Intesa Leasing e Setefi). Crea, infine, Intesa Vita e Intesa Private Banking. Dal 5 maggio 2010 è Amministratore Delegato di Sia.
attraverso gli ATM bancari, l’home banking e presso i tabaccai abilitati, utilizzando un codice a barre stampato sul bollettino. Si tratta di servizi che per la Pubblica Amministrazione hanno un costo molto limitato, perché non richiedono investimenti infrastrutturali. Un altro importante vantaggio per la PA è che può ricevere in tempo reale la notifica dell’avvenuto pagamento senza dover gestire la documentazione cartacea per la riconciliazione dei bollettini. Il 24 luglio scorso la Commissione Europea ha varato la nuova direttiva PSD2 sui servizi di pagamento e una proposta di regolamento per dare un tetto alle commissioni. Cosa ne pensa? Sono contrario all’abbassamento forzoso delle interchange fee, perché pur nelle sue buone intenzioni rischia di avere un effetto controproducente. Ogni servizio ha un costo ed è il mercato che decide se il prezzo proposto è eccessivo. Pretendere di imporre i prezzi significa intaccare gli equilibri che il mercato si è creawww.ict4executive.it
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INTERVI STA | Pagam e nt i e l e t t r oni c i , i pr ogr e s s i de l l’ I ta l ia
che la Gdo, i franchising, i ristoratori e altre categorie accettano la carta. Laddove non viene utilizzata le motivazioni sono altre. Credo che tutti debbano prendere atto che il costo degli strumenti elettronici è già oggi inferiore a quello del contante.
to negli anni, con ricadute che possono essere anche molto diverse dalle aspettative: ridurre le commissioni agli esercenti per aumentare l’uso di carte, potrebbe creare l’effetto opposto, cioè l’aumento dei costi della carta per il possessore, con il risultato che circoleranno meno carte. La volontà di spingere la moneta digitale è legittima, ma non sono sicuro che questa sia la strada più efficace. Oggi la commissione che gli esercenti pagano si è già molto ridotta nel tempo, tanto è vero
Sia, un Gruppo di sette società Sia è leader europeo nella progettazione, realizzazione e gestione di infrastrutture e servizi tecnologici, dedicati alle Istituzioni Finanziarie e Centrali, alle Imprese e alle Pubbliche Amministrazioni, nelle aree dei pagamenti, della monetica, dei servizi di rete e dei mercati dei capitali. Il Gruppo Sia è attualmente presente in circa 40 paesi ed opera anche attraverso controllate in Ungheria e Sud Africa. La società ha sedi a Milano e Bruxelles. Con 9,2 miliardi di transazioni annue relative a carte, incassi, pagamenti e corrispondenti a oltre 4 miliardi di operazioni effettuate, Sia gestisce 63 milioni di carte e trasporta in rete 11,9 mila miliardi di byte di dati. Il Gruppo si compone di sette società: la capogruppo Sia, le italiane Emmecom (applicazioni innovative di rete per banche e imprese), Pi4Pay (servizi per Payment Institution), RA Computer (soluzioni di tesoreria per banche, imprese e PA) e TSP (servizi di payment collection per aziende e PA), Perago (infrastrutture per banche centrali) in Sudafrica e SIA Central Europe in Ungheria.
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Sia è impegnata dallo scorso anno in diversi progetti pilota di Mobile Payment con tecnologia NFC. Quale evoluzione prevedete? Nell’ultimo anno sono partite una serie di sperimentazioni, una decina circa, con diverse banche e operatori telefonici che hanno avuto buoni risultati, tanto che alcuni di questi pilota sono stati estesi su richiesta degli utenti. L’utilizzo più frequente è stato sui pagamenti di piccolo importo, inferiori ai 25 euro, che non richiedono quindi il PIN, molto veloci e comodi, tanto che in alcuni casi ci è stato anche chiesto di elevarne la soglia. Abbiamo capito che è un cambiamento epocale: il cellulare può diventare una centrale di pagamenti. Ma lo sviluppo richiede la collaborazione di tutti gli attori coinvolti. Oltre a distribuire le carte contactless, occorre garantire la diffusione dei terminali POS, la verifica del loro funzionamento compresa la realizzazione di un piano di informazione e formazione per gli esercenti. Va fatto gradualmente e in modo coordinato, i POS da sostituire sono circa 1 milione e 200mila. Rispetto ad altre sperimentazioni in corso che sono verticali, legate solo a un singolo operatore, la nostra infrastruttura per i Mobile Payments è aperta a tutte le banche e alle telco. Siamo stati i primi in Europa a realizzare un hub che garantisce la piena interoperabilità. Avete avviato altre iniziative innovative? A fine anno prenderà il via la sperimentazione per il Mobile Ticketing via NFC, una soluzione di bigliettazione aperta, che può essere implementata in tutte le città e utilissima per chi si sposta. La stiamo presentando a diverse aziende di trasporto pubblico: TPER Trasporto Passeggeri Emilia-Romagna, ANM Napoli e START Romagna hanno già aderito. Fra pochi mesi ci sarà l’end date della SEPA: a che punto siamo? Le banche sono pronte, le imprese non ancora. Lancio un appello a chi ancora deve attrezzarsi, di non aspettare l’ultimo momento, perché la scadenza del 1° febbraio è ormai vicina.
publiredazionale
Cambio al vertice di VeriFone Italia: Ilario Bolis nuovo Direttore Generale
Dal primo luglio Ilario Bolis è alla guida di VeriFone Italia, filiale italiana di VeriFone Systems Inc., società leader a livello mondiale nel settore dei sistemi di pagamento. Prima del suo ingresso in VeriFone Italia, Ilario Bolis ha maturato una pluriennale esperienza nel settore bancario e finanziario, attraverso numerose esperienze professionali che l’hanno portato a occuparsi di diversi ambiti, dalle ristrutturazioni aziendali al recupero crediti. In particolare, con riferimento specifico al mondo dei pagamenti, per circa 6 anni, Ilario è stato Deputy General Manager presso una delle società leader acquirer nel mercato italiano, dove ha acquisito una profonda conoscenza delle dinamiche di business legate alle transazioni con moneta elettronica, curando – tra le mansioni principali – la gestione di oltre 10 milioni di carte, le relazioni con i maggiori clienti e la supervisione della divisione commerciale in molte regioni italiane; nonché diversi dipartimenti aziendali tra cui Information Technology, produzione e personalizzazione carte, Helpdesk e frodi, acquisti, operazioni POS, oltre a numerosi progetti speciali dedicati ai settori telco e petrol. Inoltre, durante la sua carriera Bolis è stato membro di diversi board nazionali e internazionali del calibro di Consorzio Bancomat, Visa Italia e dell’acquiring group di Visa Europe e MasterCard, esperienze che hanno contribuito ad arricchire ulteriormente la propria expertise nel settore e ad affinare il proprio orientamento strategico. Insediatosi nel nuovo incarico lo scorso luglio,
l’impegno del manager è quello di favorire la diffusione della moneta elettronica in Italia, grazie alle soluzioni della società che si posiziona tra i protagonisti della filiera e ha già centinaia di migliaia di terminali e soluzioni di pagamento installati
Ilario Bolis Direttore Generale VeriFone Italia
presso la sede centrale di VeriFone Italia a Milano, Bolis ha assunto la guida di un team giovane, composto dal personale di Milano e di Palermo – dove ha sede ABS, azienda acquisita nel 2010 – orientato alla continua ricerca di innovazione e all’eccellenza del servizio per i clienti. «In un Paese come l’Italia dove il 90% delle transazioni avviene ancora in contanti (contro una media UE del 70%), vi sono enormi opportunità per sviluppare e far evolvere il mondo dei pagamenti verso un utilizzo più diffuso della moneta elettronica a tutti i livelli», ha commentato Ilario Bolis. Presente sul territorio nazionale dal 2004, VeriFone Italia si posiziona tra i protagonisti della filiera con centinaia di migliaia di terminali e soluzioni di pagamento installati per l’universo bancario, retail, GDO, trasporti e pubblica amministrazione ed offre una gamma completa di soluzioni di pagamento e, grazie all’integrazione del team di ABS, l’offerta si è ampliata con soluzioni di monetica a valore aggiunto da integrare ai dispositivi di pagamento. Punto di riferimento per numerose realtà operanti in questi mercati, VeriFone è impegnata nella continua innovazione del settore dei pagamenti anche attraverso le partnership con importanti aziende.
p er u lt er i o r i i n f o rma zioni...
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m a n ag e m e nt
di
Energie ‘green’ e internet: la terza rivoluzione industriale È qui
Jeremy Rifkin
economista
Jeremy Rifkin spiega i capisaldi del suo modello di sviluppo sostenibile, basato su meccanismi di gestione collaborativa delle reti energetiche e di comunicazione: l’edificio come micro-centrale di generazione e una ‘smart grid’ per la distribuzione intelligente dell’energia. «Una regione come la Lombardia ha tutto ciò che serve per trainare l’Italia all’avanguardia di questa rivoluzione»
Jeremy Rifkin è forse il più autorevole ‘guru’ dello sviluppo sostenibile: economista e consulente dell’Unione Europea, di Capi di Stato e di multinazionali, è autore di libri, tra cui “L’era dell’accesso”, Economia all’idrogeno” e “La fine del lavoro”, che sono best seller mondiali. Recentemente è stato a Milano, dove ha illustrato in due incontri organizzati dal MIP-Politecnico di Milano e da Assolombarda i principi della Terza Rivoluzione Industriale, tema del suo ultimo libro. Un messaggio – di cui pubblichiamo qui un resoconto – molto dibattuto nel mondo ma estremamente potente per la capacità di proporre una soluzione eco-compatibile ai più grandi problemi dell’umanità: fabbisogno energetico, crisi economica, disoccupazione, inquinamento. La seconda rivoluzione industriale, basata sui combustibili fossili come fonte di energia, ha permesso all’umanità una grandissima evoluzione, ma ora è | 24 |
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al tramonto. Molti sono i segnali che ce lo indicano, vi cito soltanto due fatti avvenuti negli ultimi 5 anni ed estremamente emblematici. Il primo è la quotazione record raggiunta dal petrolio nel luglio 2008: 147 dollari al barile. Questo ha provocato la crescita dei prezzi di tutti i beni e servizi e un crollo generalizzato del potere d’acquisto dei consumatori, ed è stato uno dei fattori d’innesco della grande crisi economica iniziata proprio nel 2008. Il problema è che il prezzo di tutti i beni e servizi che utilizziamo dipende, direttamente o no, da quello del petrolio: dai materiali da costruzione ai farmaci, dall’abbigliamento a servizi primari come elettricità, trasporti e riscaldamento. Quei 147 dollari del luglio 2008 hanno segnato un punto di non ritorno, e ora ogni volta che cercheremo di spingere la crescita ai livelli del 2008 la quotazione del petrolio tornerà a 120-150 dollari al barile, facendo collassare l’economia.
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Chi è Jeremy Rifkin Laureato in economia alla Wharton School della University of Pennsylvania, e in affari internazionali alla Fletcher School of Law and Diplomacy della Tufts University, Jeremy Rifkin è presidente della Foundation on Economic Trends e autore di 19 libri sugli impatti economici, ambientali e sociali dei cambiamenti scientifici e tecnologici, alcuni dei quali – come “L’era dell’accesso”, “Economia all’idrogeno” e “La fine del lavoro” – sono best seller internazionali tradotti in oltre 30 lingue. Nell’ultimo decennio è stato consulente dell’Unione Europea e di capi di Stato come Sarkozy, Merkel, Socrates e Zapatero durante le rispettive presidenze dell’European Council, e lo è tuttora per la Commissione e il Parlamento Europeo. È l’ideatore del concetto di Terza Rivoluzione Industriale, che è stato adottato nel 2007 come piano d’azione dal Parlamento Europeo, presidente della società di consulenza TIR Consulting Group, nonché fondatore e chairman della Third Industrial Revolution Global CEO Business Roundtable, che comprende i CEO di cento multinazionali dei settori energia, costruzioni, edilizia, IT, trasporti e logistica. Dal 1994 è senior lecturer alla Wharton School della University of Pennsylvania, e tiene rubriche fisse su alcuni dei principali quotidiani e periodici mondiali, tra cui Los Angeles Times, Guardian, Handelsblatt, Le Soir, L’Espresso, El Mundo ed El País.
Il secondo evento è il summit sul cambiamento del clima tenutosi a Copenhagen nel dicembre 2009. Quasi duecento capi di Stato non sono riusciti a trovare un accordo di fronte a una situazione in cui è evidente che il clima sta cambiando, e che la causa è l’uomo. Le emissioni provocate dai combustibili fossili provocano un effetto serra che aumenta la temperatura media, e ogni grado in più di temperatura media significa 70% di assorbimento in più dell’umidità a terra da parte dell’atmosfera. Bastano tre gradi in più per devastare il mondo e provocare un’estinzione di massa di piante e animali: l’ecosistema avrebbe bisogno di 10 milioni di anni per ritrovare un equilibrio. Ma già ora vediamo gli effetti permanenti sul clima: gli eventi estremi – dai cicloni alle alluvioni - sono molto più frequenti. Il problema è che il 99,5% delle specie apparse sulla Terra si è estinta, e niente garantisce alla razza umana un trattamento speciale.
Reti che crescono lateralmente La conclusione di tutto questo è che abbiamo bisogno di un nuovo modello economico, di una terza rivoluzione industriale che, come le due precedenti, si deve fondare sulla convergenza di nuove forme di produzione e distribuzione dell’energia da una parte, e delle comunicazioni dall’altra. La prima rivoluzione industriale si è basata sul motore
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Come ricavare energia rinnovabile? Le fonti sono dappertutto: dobbiamo rendere capillare il processo. Ogni edificio deve diventare una micro-centrale energetica www.ict4executive.it
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Cinque pilastri per la rivoluzione Questa terza rivoluzione industriale ha bisogno di cinque pilastri su cui poggiarsi. Il primo è l’obiettivo, che è quello di incentivare e spingere la transizione verso le energie rinnovabili. L’Unione Europea per esempio, che si è data un piano per realizzare la Terza Rivoluzione Industriale, ha l’obiettivo di coprire il 20% del suo fabbisogno energetico con fonti rinnovabili entro il 2020.
Secondo Rifkin condivideremo l’energia attraverso una “smart grid” che la raccoglierà e la smisterà da e verso milioni di edifici in funzione delle esigenze del momento.
a vapore, che ha messo in moto treni e industrie, ma anche le macchine da stampa, permettendo la scolarizzazione di massa. La seconda rivoluzione industriale si è basata sul motore a scoppio e sulle reti a controllo centralizzato per elettricità, telefono, radio e TV. La terza invece si baserà da una parte su mezzi di comunicazione Internet-based, cioè reti distribuite e collaborative che crescono con meccanismi di lateral scaling, e non più di vertical scaling come appunto le reti elettriche o telefoniche, e che hanno ridotto il costo marginale dell’informazione praticamente a zero. Dall’altra su modelli di produzione e distribuzione delle energie rinnovabili, e anche questi basati su meccanismi di gestione collaborativa e lateral scaling. Passeremo quindi dai combustibili fossili, che sono fonti elitarie, perché si trovano in quantità finita solo in siti ben precisi, e richiedono investimenti sempre più forti per essere sfruttate, a fonti distribuite che si trovano in quantità tendenzialmente infinita e a costo marginale praticamente zero in ogni angolo della Terra: sole, acqua, vento, geotermico, biomasse e maree.
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Il secondo pilastro riguarda il metodo con cui ricaviamo energia dalle fonti rinnovabili. Qui il punto è: perché concentrare il processo in alcune centrali, quando le fonti si trovano dappertutto? Rendiamo capillare il processo, trasformando ogni edificio in una centrale energetica. In Unione Europea ci sono quasi 200 milioni di edifici: dobbiamo darci la missione di trasformare ciascuno in una mini-centrale che raccoglie l’energia solare sul tetto, quella eolica sulle facciate, quella geotermica nel terreno sotto le fondamenta, quella delle biomasse dalla conversione della spazzatura, e così via. Questa trasformazione richiederà 40 anni e può dare un’enorme spinta al settore edilizio e a tutti quelli correlati, creando milioni di posti di lavoro a livello locale. Il terzo pilastro è il metodo con cui immagazzineremo l’energia prodotta, e si baserà su diverse tecnologie, ma soprattutto sull’idrogeno. Quando il sole batterà sul tetto dei nostri edifici e i pannelli fotovoltaici produrranno energia, potremo immagazzinare tutto il surplus che non useremo nell’idrogeno contenuto nell’acqua, conservando quest’ultima in semplici serbatoi. Poi quando sarà notte potremo ritrasformare l’idrogeno nell’acqua in energia, al solo prezzo di una piccola perdita termodinamica. Il quarto pilastro è il modo con cui condivideremo l’energia prodotta: lo faremo attraverso una rete intelligente, una smart grid che possiamo chiamare anche ‘energy Internet’, che raccoglierà e smisterà l’energia da e verso milioni di edifici secondo le esigenze del momento, permettendo anche scambi peer-to-peer, proprio come Internet
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Condivideremo l’energia tramite una rete intelligente, una ‘smart grid’ che misurerà moltissimi parametri generando enormi volumi di dati: Big Data che potremo analizzare per aumentare la produttività generale
oggi ci permette di raccogliere e smistare informazioni, file e documenti.
La stampa 3D per la ‘democrazia del manufacturing’
Infine il quinto pilastro è il modo in cui gestiremo i trasporti nella terza rivoluzione industriale: viaggeremo su veicoli elettrici, che potranno rifornirsi presso qualsiasi edificio, perché qualsiasi edificio produrrà energia.
La stampa 3D può rivoluzionare la concezione di supply chain gerarchica e verticalmente integrata tipica della seconda rivoluzione industriale. Una qualsiasi piccola o piccolissima azienda può in teoria stampare componenti di prodotti complessi e assemblarli, azzerando gli investimenti in macchinari e gli scarti di produzione, utilizzando energia autoprodotta per le lavorazioni e per alimentare i veicoli elettrici usati per le consegne. Può anche fare pubblicità e vendere via Internet, anche qui abbattendo i relativi costi.
Big Data dalla rete per aumentare la produttività Questi cinque pilastri sono solo dei componenti. È la loro sinergia che farà la differenza, attraverso la piattaforma tecnologica con cui interagiranno, che è la ‘smart grid’ di cui ho parlato. Sarà la prima infrastruttura intelligente della storia, una rete che potrà apprendere e misurare moltissimi parametri, dalla produzione al consumo dell’energia ai comportamenti dei consumatori, generando enormi volumi di dati, Big Data che potremo analizzare con appositi algoritmi per aumentare i rendimenti dell’utilizzo dell’energia, e quindi la produttività generale. Siemens, IBM, Cisco, General Electric: tutti questi parlano di Internet of Things, Smart City, e concetti similari, ma il punto è che questa smart grid ci permetterà di misurare continuamente cosa sta succedendo, e di analizzare le informazioni con soluzioni analitiche Big Data per aumentare la produttività. Ma l’elemento più dirompente della terza rivoluzione industriale è che la natura distribuita delle reti di comunicazione e delle fonti di energia rinnovabili presuppone meccanismi di controllo collaborativi invece che gerarchici come quelli a cui siamo abituati. Questo apre la strada a un nuovo capitalismo “distributivo” in cui le barriere all’ingresso nei nuovi mercati e i costi transazionali praticamente si annullano, con effetti dirompenti che abbiamo già visto nell’industria della musica e in quella dell’informazione, ma che presto potrebbero evidenziarsi nell’intero settore manifatturiero, grazie a tecnologie come la stampa tridimensionale.
Questa è la democratizzazione del manufacturing, questo è il ‘lateral power’ che dà alle PMI, per esempio quelle della Lombardia, le stesse possibilità di visibilità e costi delle grandi imprese. Non sto dicendo che le grandi imprese scompariranno: le più avanzate sapranno reinventarsi in ruoli di aggregatori, di coordinatori, di gestori delle tantissime reti di imprenditori e piccole realtà che nasceranno. Il concetto con cui vorrei concludere in questa sede però è che una regione come la Lombardia, una delle più avanzate e ricche di piccole e medie imprese dell’Unione Europea, ha tutto ciò che è necessario competenze, università, capitali, tecnologie, business expertise - per trainare l’intera Italia all’avanguardia della terza rivoluzione industriale. Non vi manca niente per raggiungere i livelli per esempio della Germania, che già oggi produce il 20% del fabbisogno energetico da fonti rinnovabili, e ha oltre un milione di edifici che producono qualche forma di energia ‘green’.
Nel nuovo capitalismo “distributivo” le barriere all’ingresso e i costi transazionali praticamente si annullano: l’abbiamo visto nel settore musicale, presto potremmo vederlo nell’intero settore manufacturing, grazie alla stampa 3D www.ict4executive.it
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Strategia, un filo che lega le decisioni Il nuovo libro di Umberto Bertelè fa il punto sui contenuti fondamentali della strategia di impresa, affiancando alla presentazione dei concetti teorici oltre 200 esempi reali scelti fra i più recenti e innovativi, quali Apple e Luxottica
Umberto Bertelè, che presiede l’Advisory Board di ICT4Executive, è ordinario di Strategia e sistemi di pianificazione al Politecnico di Milano, dove è stato tra i fondatori del corso di studi di Ingegneria Gestionale. È presidente onorario del MIP. Pubblichiamo di seguito un estratto dell’introduzione dell’autore. Un termine tratto dal linguaggio militare... Strategós, nell’antica Grecia, era il termine usato per indicare il capo supremo di un esercito. E strategia, fino a poco più di mezzo secolo fa, è stato un termine utilizzato prevalentemente nelle scuole militari, dove si studiavano i modi in cui erano state condotte le guerre e le logiche con cui erano stati scelti i terreni di combattimento e disposte le truppe per le battaglie campali. Significava comprendere il ruolo che l’innova| 28 |
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zione - non solo quella tecnologica concernente le armi ma anche quella organizzativa riguardante la disposizione delle truppe e il loro uso delle armi aveva avuto nel successo di alcuni grandi condottieri. Significava comprendere come i grandi condottieri fossero riusciti a creare un forte spirito di corpo. Significava comprendere come, alla base dei grandi successi, ci fosse una serie di competenze meno eclatanti ma non per questo meno determinanti: come effettuare gli spostamenti delle truppe, come garantire la continuità dei rifornimenti, come addestrarle. Significava comprendere come la capacità di reperire con continuità risorse finanziarie fosse una precondizione per avviare le guerre e per impedire la disgregazione dei propri eserciti. Significava comprendere come il successo in una guerra si potesse anche perseguire stringendo alleanze difensive od offensive.
m a n ag e m e n t | S t rat e g ia , un f il o c h e l e g a l e de c isio ni
... ma con un significato diverso Questa premessa per mostrare come siano molte le analogie fra la strategia di impresa e la strategia militare, ma anche per evidenziare le differenze. Ne metterò in luce tre. Diverse sono le prospettive temporali. Le battaglie e le guerre, oggetto della strategia militare, rappresentano momenti di grande intensità e spesso gravidi di conseguenze, ma temporalmente limitati. La strategia di un’impresa, se si eccettuano i casi delle start-up alla ricerca di un compratore o delle imprese più mature messe in vendita da un fondo di private equity, è proiettata in generale su un orizzonte temporale più lungo e finalizzata alla sopravvivenza, alla crescita o addirittura alla conquista dell’egemonia. Diversa è la numerosità e la varietà di interlocutori. La strategia militare è centrata sulla competizione, con un grande interlocutore che è il nemico. La strategia di un’impresa è competizione sul mercato, solitamente con più competitori; ma è anche acquisizione di imprese concorrenti o complementari, sottoscrizione di alleanze, integrazione lungo la supply chain, ricerca e sviluppo di prodotti e soluzioni innovative, affermazione dei brand e conquista di nuovi clienti, capacità di attrazione delle risorse umane pregiate, conquista della fiducia degli investitori e delle banche e capacità di attrazione delle risorse finanziarie, responsabilità sociale. Può essere anche lobbying, sfruttamento legale delle risorse umane o ambientali (approfittando delle differenze nelle regole nei diversi Paesi), ridotta belligeranza nei riguardi dei competitori (per mantenere più elevati i margini) o elusione fiscale. E - andando al di là della frontiera del lecito - può essere corruzione, collusione, sfruttamento illegale del lavoro, evasione fiscale, inganno dei consumatori o del mercato finanziario, truffa. Diverse sono le regole del gioco e la presenza di arbitri. In guerra tutto è ammesso, mentre le imprese si muovono in un contesto regolamentare complesso, con comportamenti eticamente molto diversi: attenti al completo rispetto delle regole a un estremo, o pronti a individuare tutte le possibili scappatoie legali, o propensi all’altro estremo ad assumersi i rischi di sanzioni anche pesanti pur di perseguire la profittabilità. Una materia in continua evoluzione Che cosa si debba intendere per strategia di impresa, come nasca, quali siano i suoi contenuti
La collana Pixel Pixel è una collana di piccole monografie introduttive alle discipline pubblicata da Egea, e si caratterizza per il prestigio degli autori che firmano ogni titolo e per la capacità di selezionare i nuclei essenziali di ogni ambito disciplinare, accostando a volumi di foliazione contenuta (168 pagine) una ricca serie di materiali di approfondimento (letture integrative, case history, percorsi bibliografici, sitografie) e di tool (glossari, test di autoverifica) in costante aggiornamento, disponibili sulla piattaforma digitale dell’editore, in un’area ad accesso riservato. I formati disponibili sono diversi. • Volume cartaceo con codice personale di accesso alle integrazioni e aggiornamenti digitali (168 pp., 9,90€) • Formato Kindle con codice personale di accesso alle integrazioni e aggiornamenti digitali (4,99€) • Formato Epub con codice personale di accesso alle integrazioni e aggiornamenti digitali (4,99€) • App (nei due formati per iOs e Android) con testo base e materiali integrativi e aggiornamenti integrati (4,49€) www.egeaonline.it/bookshop/catalogo/strategia___.aspx
fondamentali, quali gli obiettivi che essa dovrebbe perseguire e quali quelli perseguiti nella realtà (in dipendenza anche dall’assetto giuridico-proprietario e dal peso relativo delle diverse categorie di azionisti e di partecipanti in genere), sono alcuni dei temi che sono stati oggetto di maggiore dibattito nel trentennio circa intercorso fra i primi anni Sessanta e i primi Novanta. Nel quarto di secolo più recente l’attenzione si è invece principalmente focalizzata sull’impatto – sulle scelte strategiche delle imprese – di una serie di cambiamenti che hanno progressivamente e profondamente modificato il contesto. Quali: • le liberalizzazioni e le privatizzazioni, che a partire dagli anni Ottanta hanno portato a una significativa riorganizzazione dell’economia; • la globalizzazione, anch’essa una scelta di natura politica, che ha indotto un rilevante processo di rilocalizzazione delle attività produttive, ha fatto morire molti mercati nazionali e ha «obbligato» molte imprese a internazionalizzarsi; • lo sviluppo di Internet e quello più recente del mobile e dei social network, con le loro grandi ricadute www.ict4executive.it
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sui modi di vita, sull’organizzazione delle imprese e sui comportamenti di acquisto delle persone, nonché con il loro impatto disruptive su diversi comparti tradizionali dell’economia; • il ribilanciamento, a livello di PIL, fra Paesi sviluppati ed economie emergenti, che ha portato ad esempio la Cina a essere la seconda economia del mondo e il Brasile a superare l’Italia; • l’ingresso sul mercato di circa due miliardi di nuovi consumatori; • la crescita continua, soprattutto nei Paesi tradizionalmente ricchi, dei vincoli ai comportamenti delle imprese: le regole sempre più stringenti di governance, gli obblighi sempre più pesanti di compliance, le spinte sempre più forti alla sostenibilità e alla responsabilità sociale. Il libro Qualche cenno sull’impostazione che ho cercato di dare a questo libro, sfruttando le esperienze accademiche - come docente e studioso della materia
– e allo stesso tempo la conoscenza «dall’interno» dei meccanismi di funzionamento delle imprese maturata come consigliere di amministrazione di diverse grandi società (operanti nell’industria, nei servizi, nel comparto bancario-finanziario e in quello assicurativo). Il primo obiettivo che mi sono posto è di guardare all’impresa nella sua integralità e alle interazioni fra le sue diverse anime: come entità economico-finanziaria, come organizzazione con una connotazione giuridica e con regole di governance da rispettare e come soggetto socio-politico e territoriale. Di guardare all’impresa, come si fa per gli umani, con le sue «virtù» e con i suoi «vizi». Il secondo obiettivo è di dare ampio spazio ai fenomeni emergenti. La forte presenza dell’ICT nella trattazione è motivata proprio dal fatto che è in questo ambito che negli ultimi anni si sono viste le esperienze più innovative. Il terzo obiettivo è di accompagnare sempre la presentazione dei concetti teorici con esempi presi dalla realtà e di dare spazio soprattutto ai casi recenti: dai conti del mio editore sono più di duecento le imprese citate.
Indice del libro Introduzione 1 Due esempi per iniziare 1.1 Apple & Steve Jobs: una strategia di enorme successo 1.2 Luxottica: dal distretto alla leadership mondiale 2 La strategia: un filo che lega le decisioni 2.1 Che cos’è la strategia? 2.2 Tutte le imprese hanno una strategia? 2.3 Perché è importante avere una (buona) strategia? 2.4 Avere una strategia significa avere successo? 2.5 La strategia può essere modificata o addirittura 3 Il valore 3.1 Una strategia è «buona» solo se crea valore 3.2 Lo «shareholder’s value» 3.3 Valore di mercato, valore di libro, extraprofittabilità e crescita 3.4 La capitalizzazione di Borsa 3.5 Valore per chi? 3.6 Valore e strategia finanziaria 3.7 Valore e profittabilità corrente 3.8 Valore e rischio 3.9 Valore e comportamenti ai confini del lecito 3.10 Valore, contenzioso legale e processi autorizzativi 3.11 Valore e responsabilità sociale 3.12 Valore e «anime» dell’impresa 4 Il business model 4.1 Al cuore delle scelte strategiche 4.2 Modellizzare l’impresa 4.3 Porre l’enfasi sulla continuità o sulla discontinuità? | 30 |
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4.4 4.5 4.6 4.7 4.8
Il business model dell’impresa L’output dell’impresa Le attività dell’impresa Il posizionamento dell’impresa nella filiera La dimensione geo-politica
5 La competizione 5.1 I fattori chiave alla base dei differenziali competitivi 5.2 Le economie di scala 5.3 Il grado di utilizzo delle risorse 5.4 Il know-how 5.5 L’immagine e i brand 5.6 Gli standard proprietari 5.7 Le asimmetrie negli accessi e nei costi delle risorse umane 5.8 Le asimmetrie negli accessi e nei costi delle risorse finanziarie 5.9 Le asimmetrie negli accessi e nei costi delle localizzazioni 5.10 Le asimmetrie negli accessi e nei costi degli asset legate a fattori istituzionali 5.11 Il timing 5.12 Le sinergie da portafoglio 5.13 Mortalità dei prodotti e continuità dell’impresa: i fattori-ponte 5.14 La complessità della competizione 6 Le mosse strategiche 6.1 Le azioni organiche per la crescita 6.2 Le acquisizioni, le fusioni e le joint-venture 6.3 Le ristrutturazioni 6.4 Gli IPO 6.5 La morte dell’impresa
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inchiesta di
manuela gianni
digital marketing, come investono le aziende italiane Il digitale prende sempre più spazio nel media mix dei brand: la comunicazione è fluida, il consumatore ha un ruolo attivo e i contenuti sono disponibili sempre e ovunque, attraverso pc, smartphone e tablet. Un giro d’opinioni fra alcune importanti aziende conferma che è il momento di cambiare approccio
Web, Social, Mobile: i consumatori hanno oggi a disposizione nuovi mezzi digitali con cui relazionarsi, in uno scenario che si è completamente trasformato rispetto a pochi anni fa, tanto che per i Responsabili Marketing le scelte sono sempre più complesse. La televisione mantiene ancora il suo ruolo, ma è evidente che per attirare clienti non si può prescindere dall’innovazione e dai canali digitali. Anche perché il consumo mediatico ormai cambia notevolmente nell’arco della giornata, con sovrapposizioni fra i vari canali. Anche i media tradizionali, infatti, sono fruiti con modalità nuove, sia su più device (“multiscreen”), sia contemporaneamente (“multitasking”) sia arricchiti di contenuti, ad esempio grazie all’interazione con altri utenti attraverso Social Network (“social TV”). L’Osservatorio Multicanalità della School of Management del Politecnico di Milano sottolinea come “contenuti sempre più fluidi sono fruibili ovunque e in qualsiasi momento attraverso molteplici device connessi, inserendo il consumatore in un tessuto ininterrotto di fruizione mediatica”. Il PC è il device che presenta la maggiore frequen-
za di connessione, ma ormai sono tantissimi a utilizzare il cellulare per navigare in Rete tutti i giorni, spesso per accedere ai Social Network. Esiste poi un altro fenomeno, che gli esperti chiamano “ibridazione dei mezzi”: consiste nella fruizione di un contenuto attraverso un device differente rispetto a quello per cui il contenuto stesso era stato originariamente pensato. Ne sono esempi l’ascolto della radio tramite il cellulare, la lettura di un quotidiano da PC o la navigazione in Internet attraverso la TV. Sono sempre più rare, infatti, le situazioni in cui l’erogazione di contenuti da parte di un mezzo gode della totalità dell’attenzione che un individuo può dedicare. Molto spesso tale attenzione è suddivisa tra più media, generando per l’appunto il fenomeno noto con il nome di “multitasking mediale”. In questo scenario complesso, per i responsabili Marketing si aprono nuove sfide: sperimentare i nuovi mezzi, verificarne l’efficacia, dimostrare il ritorno dell’investimento, in un periodo in cui i budget sono ridotti all’osso. È quello che molte aziende stanno facendo, come emerge dal giro d’opinioni che presentiamo nelle pagine che seguono. www.ict4executive.it
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CheBanca!, i follower di Facebook scelgono le funzioni dell’App
Luca Prina
La banca è molto attiva sui social network e dedica il 10% del budget di Marketing a sperimentare nuove iniziative digitali. Di recente ha prodotto per la prima volta uno spot dedicato a Internet e lanciato una nuova App per Mobile con le funzionalità più utili secondo i clienti
Direttore Centrale, Marketing e Comunicazione CheBanca!
Nata nel maggio 2008, CheBanca! è la banca retail del Gruppo Mediobanca. Si propone con una nuova idea di banca che vuole andare oltre il modello bancario tradizionale puntando su innovazione e multicanalità. «Siamo un’azienda marketing-centrica, una scelta obbligata dato che siamo partiti con market share pari a zero - racconta Luca Prina, Direttore Centrale, Marketing e Comunicazione -. Il Digital è nel nostro DNA: infatti ci definiamo una Internet company con negozi bancari. Il nostro è un mercato molto normato e complesso, considerato generalmente triste e noioso dai consumatori, e non è facile creare prodotti semplici e user friendly. Malgrado ciò oggi, dopo pochi mesi di vita su Facebook, siamo la seconda banca d’Italia per numero di like: riteniamo sia un successo che gli italiani dicano “mi piace” a una banca». In tema di Digital Advertising, il manager sottolinea come negli ultimi anni c’è stata una proliferazione dei
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mezzi e la pianificazione sia diventata più complessa. «Noi siamo orientati verso la TV e il Web: quest’anno il 40% del budget l’abbiamo dedicato a Internet e abbiamo prodotto per la prima volta uno spot dedicato di 30 secondi, che è andato on line a giugno. Stiamo vivendo una rivoluzione culturale, bisogna prenderne atto. Per questo, adottiamo l’approccio del Learning by doing: il 10% del budget di Marketing lo dedichiamo a sperimentare nuove iniziative», afferma Prina. Presente con una Fan Page su Facebook dalla fine del 2012, dopo un’attenta analisi mirata soprattutto a individuare “gli errori da non fare”, di recente CheBanca! a rilasciato una nuova App per Mobile. «Siamo partiti con un’App puramente informativa e abbiamo chiesto ai nostri follower su Facebook quali funzioni desiderassero avere», racconta il manager. Lo scorso luglio è stata lanciata l’App dispositiva, che prevede appunto poche opzioni, le più utili secondo clienti.
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Esselunga, con i canali digitali le promozioni diventano personalizzate L’insegna della GDO ha sviluppato un’applicazione che fornisce suggerimenti al cliente in base al suo comportamento nel fare la spesa, attraverso il sito Internet, l’App e i chioschi situati nei punti vendita
Stefano Piazzolla Responsabile Marketing Informativo Esselunga
Sono passati più di 10 anni, eppure tanti ricordano ancora i buffi personaggi ideati da Armando Testa per la pubblicità di Esselunga, una campagna innovativa che ottenne un grandissimo successo. Da allora, l’insegna della GDO ha cambiato l’approccio alla comunicazione istituzionale dando maggiore spazio alle short promotion, come ad esempio la campagna Disney Pixar, quella delle pentole Alessi o dei buoni benzina, ottenendo sempre ottimi risultati. E nonostante il settore sia in calo, il fatturato Esselunga continua a crescere anche in questi anni di contrazione dei consumi. «In anticipo rispetto al periodo di recessione, qualche anno fa il posizionamento dell’insegna è tornato a quello degli anni 60 e 70, quando il claim era “prezzi corti” - racconta Stefano Piazzolla, Responsabile Marketing Informativo -. In parallelo, negli ultimi 10 anni il CRM ha avuto un’esplosione: utilizziamo i canali tradizionali del direct mail, prima con la carta e ora anche con le email e, in misura minore, con gli sms. Abbiamo un data base di 4,8 milioni di clienti e misuriamo con molta precisione dati quali la frequenza della spesa o la “share of wallet” dei clienti; lavoriamo anche sul problema del churn, l’abbandono di un insegna per un’altra». Per il futuro, la sfida di Esselunga è quella di effettuare azioni promozionali personalizzate, di tipo one-to-one, naturalmente con il permesso dei clienti
e nel rispetto delle normative sulla privacy. In questo il digitale è fondamentale. I canali utilizzati al momento sono il sito Internet, l’App e i chioschi, situati nei punti vendita. «Abbiamo sviluppato un’applicazione che fornisce suggerimenti personalizzati al cliente, in un’ottica di up sell e cross sell, ovvero di aumento del potenziale di spesa e completamento delle categorie merceologiche, che sono oltre 100: cerchiamo di capire come mai un cliente compra solo determinate categorie», racconta il manager. In pratica, se un cliente non acquista cibo per cani, potrebbe non avere un cane, oppure potrebbe rivolgersi ad un altro supermercato, ipermercato, discounter, oppure al canale specializzato e in queste circostanze può essere invogliato a comprare con un’offerta ad hoc. L’esperienza ha evidenziato che quando si utilizzano i canali digitali, la misurazione dell’efficacia delle campagne è più complessa e meno precisa rispetto a quando vengono veicolate sui canali tradizionali. Altre iniziative che Esselunga sta valutando riguardano la copertura Wi-Fi dei punti vendita e il volantino digitale. «Fino ad ora non si è ancora vista la killer app del volantino sfogliabile - afferma Piazzolla -. Tuttavia, alcuni comuni hanno vietato la distribuzione dei volantini perchè l’impatto ambientale è rilevante: questo episodio ha aumentato la consapevolezza che il passaggio al digitale è importante, ma ci vorranno anni prima che il volantino di carta scompaia». www.ict4executive.it
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Fiat e Alfa, un successo le campagne Mobile legate al calcio Nel 2013 per i due brand della casa automobilistica il budget di Mobile Marketing è stato incrementato del 50%. È sempre importante trovare il compromesso fra i formati di grande impatto e gli spazi ristretti di smartphone e tablet
Roberta Barba Digital Marketing Manager, Emea Region Fiat Group Automobiles
Negli ultimi tre anni gli strumenti digitali hanno conquistato uno spazio crescente all’interno del Marketing di Fiat: dalle prime sperimentazioni si è arrivati rapidamente a investimenti sempre più significativi, con la definizione di una strategia integrata che include Social, Web e Mobile. «In ambito Mobile per i brand più attivi, che sono Fiat e Alfa, nel 2013 abbiamo incrementato l’investimento del 50% – racconta Roberta Barba, Digital Marketing Manager, Emea Region, Fiat Group Automobiles –. I dati di redemption ci hanno convinto che si tratta di un canale efficace e consolidato. Le operazioni che danno i risultati migliori sono quelle in cui riusciamo a colpire il target giu-
sto: un esempio recente di successo sono le offerte per Fiat Professional, brand da sempre vicino al mondo del calcio, che sono state inserite nel week end su tutte le App e gli mSite di Mediaset dedicati allo sport». Un aspetto importante quando si parla di smartphone e tablet è il formato: «È necessario trovare il compromesso fra i formati di grande impatto e gli spazi ristretti del Mobile», specifica la manager, che aggiunge: «È un “Learning by doing”. Il nostro obiettivo per il futuro è arrivare alla generazione di lead, cioè di contatti “caldi” di utenti interessati a ricevere info dai nostri brand per portali poi in concessionaria a finalizzare l’acquisto: questo lo facciamo nell’ambito di un progetto più ampio che stiamo portando avanti in Fiat. E punteremo sui video, su tutti i canali».
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Il pinguino di Vodafone spopola su Internet e smartphone Le più recenti campagne pubblicitarie triangolano fra Mobile, web e tv, puntando a creare un’interazione fra il brand e il cliente. Sempre con un contenuto particolarmente originale, che ottiene successo e viene così reso virale In Vodafone, azienda giovane e orientata al digitale per sua stessa natura, le sperimentazioni e le innovazioni sono assolutamente caldeggiate in ogni ambito, anche nella comunicazione. Le più recenti campagne triangolano fra Mobile, web e tv, per seguire quello che, come spiega Geraldina Marzolla, Head of Brand & Advertising di Vodafone Italy, è il nuovo paradigma, radicalmente cambiato nell’arco di un decennio. «Se prima l’approccio era top down, ovvero le aziende “parlavano” e il consumatore recepiva i messaggi in modo passivo, oggi è il consumatore che ha la palla in mano, e si fa da solo un’idea del prodotto e del brand consultando i siti e le opinioni degli altri consumatori. Non ci si può più approcciare ai singoli mezzi come se fossero silos che vengono integrati in un secondo momento, perchè il flusso della comunicazione è continuo: inizia su un mezzo, passa per un altro e continua su un altro ancora. La comunicazione è diventata liquida, ed è il consumatore che la dirige». In questo nuovo paradigma, il Mobile Advertising è l’ultimo mezzo arrivato, ma è anche la ciliegina sulla torta. Ha un ruolo fondamentale perché oggi le persone passano la maggior parte del loro tempo con uno smartphone in mano, e non più solo per telefonare: basta pensare ai 23 milioni di iscritti a Facebook in Italia, di cui 17milioni lo usano tutti i giorni e spesso dallo smartphone. Secondo Marzolla, «Convertion rate e lead generation sono importanti, ma l’obiettivo principale delle campagne oggi è costruire una relazione con il brand: l’interazione con il cliente è l’elemento di
Geraldina Marzolla Head of Brand & Advertising Vodafone Italy
rottura e passa attraverso un contenuto particolare». La pubblicità del Pinguino che canta con la voce di Elio, un grande successo, ha centrato l’obiettivo. Alla pubblicità televisiva, i 30 secondi che restano sacri per chi pianifica, è stata associata l’App di Shazam, per andare a creare l’esperienza: l’utente vede lo spot in
tv, va su Shazam e ne scarica i contenuti, segue percorsi diversi a seconda se è un cliente Vodafone o no. «Abbiamo avuto risultati molto positivi - racconta la manager -. Lo spot è stato lanciato a Sanremo e in tre giorni 2 milioni di persone lo hanno visto e commentato su twitter. I contenuti sono importanti, e se piacciono vengono resi virali dai Social. È quello che gli inglesi chiamano Talkability del brand: se ne parla. Abbiamo circa 10mila utenti al giorno di Shazan, e continuano ad aumentare man mano che si diffonde la conoscenza di quello che si può fare con questa App». www.ict4executive.it
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Ford accelera sui Social Media Dopo due anni di esperienza con Facebook, utilizzato non come canale di promozione ma di conversazione, è in arrivo in Europa una piattaforma social proprietaria, ford.social.eu, già attiva da inizio anno negli Stati Uniti Elena Cortesi direttore Earned e Social media Ford Europa
Comincia a dare risultati la nuova strategia social Ford, che quindi ha deciso di aumentare ancora di più l’impegno sui nuovi canali digitali: a ottobre lancerà un proprio social network europeo, non accontentandosi più di Facebook. Già qualche mese fa ha debuttato quello americano. È un impegno al rialzo, quindi, con un budget potenziato negli ultimi due anni e una struttura dedicata. Ce ne parla Elena Cortesi, direttore Earned e Social media di Ford Europa, incarico a cui è approdata nel 2012 dopo aver ricoperto per sei anni il ruolo di Direttore Comunicazione e Relazioni Esterne di Ford Italia. Cortesi a settembre ha ricevuto il premio Eurostar 2013 appunto come Best social media executive dell’industria automobilistica europea, dal magazine internazionale Automotive News Europe. State vivendo una vera e propria svolta social. Sì, due anni fa Ford ha deciso di cambiare tutto. Ha creato un’area di comunicazione per tutto ciò che non concerne prettamente l’auto e qui rientrano anche le attività social. Io in Europa gestisco gli eventi riguardanti quattro temi: qualità, sicurezza, green, smart (tecnologia usufruibile dal cliente). Ho 50 persone, di cui cinque sui social. Vogliamo così rivolgerci non solo al pubblico che compra auto e che legge riviste automobilistiche. Quali sono i capisaldi della vostra strategia sui social? Sono tre. Primo: ci poniamo come ascoltatori del mondo social. Secondo, vogliamo creare contenuti che | 40 |
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siano interessanti per il consumatore. Terzo elemento, coinvolgerlo sempre più per aiutarci a comunicare meglio i nostri prodotti e dare una base alle iniziative di cui siamo promotori. Abbiamo un team dedicato in ciascuno dei principali Paesi europei. Non solo quindi diffondiamo messaggi decisi centralmente da Ford ma anche agiamo con un’autonomia per ciascun Paese. Chi sono le persone coinvolte? Per ciascun Paese c’è un community manager. Un local writer crea contenuti ad hoc. C’è poi chi monitora quello che succede sui social e inoltra a chi di dovere eventuali richieste degli utenti. Bada bene, non facciamo attività push sui social, a differenza di altre aziende. Per noi non è un canale di promozione ma di conversazione. Entriamo quindi nel dettaglio delle vostre attività. Come ascoltate il consumatore? A livello centrale Ford usa un software (sviluppato da un’agenzia che lavora per noi) che analizza il tono delle conversazioni. Evitiamo così che ci siano contenuti violenti, a sfondo razziale o sessuale, con un filtro per parole chiavi. È un’analisi superficiale. Poi, per fare un’analisi approfondita, all’interno di ogni Paese c’è un’agenzia responsabile che monitora le conversazioni e fa un report quotidiano sul sentiment online. Ci dice qual è l’argomento più citato, se ci sono reclami e richieste particolari, se c’è soddisfazione o no.
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«In ogni Paese c’è un’agenzia responsabile che monitora le conversazioni e fa un report quotidiano sul sentiment online. Ci dice qual è l’argomento più citato, se ci sono reclami e richieste particolari, se c’è soddisfazione o no»
Come create invece contenuti interessanti per gli utenti? Con un gruppo chiamato content factory: fa testi, video, foto, infografiche. Per esempio, abbiamo un video su Youtube sulla nostra presenza all’Ifa di Berlino o uno su come funziona il SYNC, il nostro sistema che consente la gestione vocale di molte funzioni a bordo. Sul sito di Ford (www.fordmedia.eu) ci sono infografiche per spiegare come funziona un’auto elettrica o un motore eco boost. Siamo anche promotori di un progetto di training gratuito per la guida sicura dedicato ai più giovani e chiamato Driving Skills For Life (www. drivingskillsforlife.it). E come coinvolgete il pubblico? È un’attività condivisa con il Marketing. Per esempio, invitiamo gli utenti a pubblicare foto della propria vettura o a interpretare alcuni aspetti della Ford. Di recente abbiamo lanciato una campagna che stimola gli utenti a darci suggerimenti e a creare loro stessi video per spiegare le nostre tecnologie.
Ford Motor Company Ford Motor Company, con sede a Dearborn (nel Michigan), produce e distribuisce autoveicoli su sei continenti. Con circa 177.000 dipendenti e 65 stabilimenti in tutto il mondo, la società è presente, fra gli altri, con i marchi automobilistici Ford e Lincoln. Le prime auto Ford arrivarono in Europa nel 1903, nell’anno stesso della fondazione di Ford Motor Company, mentre la produzione europea ebbe inizio nel 1911. Ford Europa si occupa della produzione e della vendita di veicoli a marchio Ford, nonché della fornitura di servizi di manutenzione sui propri prodotti in 50 diversi mercati, potendo contare su circa 47.000 dipendenti, 67.000 includendo le joint-venture. Oltre a Ford Motor Credit Company, le attività di Ford Europa comprendono la Divisione assistenza clienti Ford e 22 stabilimenti di produzione, di cui 13 di proprietà o di joint venture consolidate e 9 di jointventure non consolidate.
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Che tipo di consigli avete richiesto agli utenti? Abbiamo sponsorizzato attività per avere consigli su come migliorare le nostre auto. Ci hanno detto qual è la tecnologia più utile e che cosa vorrebbero avere. È emerso un grande interesse per la sicurezza. Molti hanno richiesto una maggiore sicurezza per i bambini a bordo, soprattutto. Ci sono stati inoltre suggerimenti per migliorare i consumi. Li abbiamo presi tutti in considerazione. Avete mai realizzato ciò che vi veniva suggerito? Ancora non abbiamo realizzato tecnologie che ci sono state consigliate dal pubblico. Però il feedback ci ha portato a integrare su alcune auto (quelle più ecologiche) un dispositivo che evidenzia quanto stanno consumando in base allo stile di guida, momento per momento. Veniamo ai costi-benefici di queste attività. Quanto vi investite? È un investimento del 15 per cento sul budget totale. Due anni fa era il 2 per cento: c’è stata una svolta. Purtroppo non possiamo rivelare le cifre assolute. E i risultati? I risultati concreti e tangibili cominciano a vedersi sulle campagne di pre lancio della B-Max, presente da settembre 2012 sul mercato. È anche la prima su cui abbiamo implementato questa strategia di comunicazione. Ancora prima che ci fosse uno spot televisivo, abbiamo venduto tre mila vetture. In passato, invece, era solo la pubblicità televisiva a dare l’avvio alle prevendite. Ancora oggi è la macchina più venduta in Europa nel suo segmento. Quanto ad altri risultati: abbiamo due milioni di fan sulle pagine di Facebook in Europa, di cui 250 mila in Italia. Per noi è un gruppo interessante, con cui passare alla fase due. Ecco, appunto: qual è il futuro della nostra attività? Stiamo lavorando su una nostra piattaforma social, ford.social.eu, che lanceremo a ottobre in Europa (negli Usa è già attiva da inizio anno). Qui inviteremo gli utenti a produrre contenuti e intrattenere una conversazione con noi. Già, perché Facebook ci limitava. Come sapete è Facebook a decidere la calendarizzazione e la prioritizzazione dei contenuti. Finalmente, con la nostra piattaforma, potremo gestire queste cose, anche se continueremo ad essere presenti su Facebook. Inoltre potremo avere un contatto diretto one-to-one con i nostri utenti, senza passare da filtri.
PROSSIMI EVENTI LA SCHOOL OF MANAGEMENT
La School of Management del Politecnico di Milano, con oltre 240 docenti, e circa 80 fra dottorandi e collaboratori alla ricerca, dal 2003 accoglie le molteplici attività di ricerca, formazione e alta consulenza, nei campi del management, dell’economia e dell’industrial engineering che il Politecnico porta avanti attraverso le sue diverse strutture interne e consortili. Fanno parte della Scuola il Dipartimento di Ingegneria Gestionale, le Lauree e il PhD Program di Ingegneria Gestionale e il MIP, la business school del Politecnico di Milano. La School of Management ha ricevuto nel 2007 l’accreditamento EQUIS. Dal 2009 è nella classifica del Financial Times delle migliori Business School d’Europa.
GLI OSSERVATORI ICT & MANAGEMENT
Gli Osservatori ICT & Management della School of Management del Politecnico di Milano (www.osservatori.net) vogliono offrire una fotografia accurata e continuamente aggiornata sugli impatti che le tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT) hanno in Italia su imprese, pubbliche amministrazioni, filiere, mercati, ecc. Gli Osservatori sono ormai molteplici e affrontano in particolare tutte le tematiche più innovative nell’ambito delle ICT: Agenda Digitale; B2b – eProcurement e eSupply Chain; Big Data Analytics & Business Intelligence; Canale ICT; Cloud & ICT as a Service; eCommerce B2c; eGovernment; Enterprise 2.0; eProcurement nella PA; Fatturazione Elettronica e Dematerializzazione; Gestione dei Processi Collaborativi di Progettazione; Gestione Strategica dell’ICT; Gioco Online; HR Innovation Practice; ICT & Business Innovation nel Fashion-Retail; ICT & Commercialisti; ICT & PMI; ICT & Professionisti; ICT Accessibile e Disabilità; ICT in Sanità; ICT nel Real Estate; ICT nelle Utility; ICT Strategic Sourcing; Information Security Management; Intelligent Transportation Systems; Internet of Things; Intranet Banche; Mobile & Wireless Business; Mobile Banking; Mobile Device & Business App; Mobile Internet, Content & Apps; Mobile Marketing & Service; Mobile Payment & Commerce; Multicanalità; New Media & New Internet; New Slot & VLT; RFId; Smart Working; Startup Digitali; Unified Communication & Collaboration. OSSERVATORIO E-COMMERCE B2C
14 NOVEMBRE 2013
Convegno di presentazione dei risultati della Ricerca 2013
Politecnico di Milano Aula Carlo De Carli Campus Durando Via Durando 10, Milano
Durante il Convegno, promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano in collaborazione con Netcomm, verranno presentati i risultati della nuova edizione dell’Osservatorio eCommerce B2c. La Ricerca 2013, basata su oltre 200 studi di caso, si è posta i seguenti obiettivi: monitoraggio del mercato italiano dell’eCommerce attraverso un’analisi puntuale dell’offerta; confronto con lo scenario internazionale nei principali mercati occidentali (Europa e USA), emergenti (Brasile, Cina, Russia, ...) ed evoluti (Giappone, Korea, ...); analisi degli acquisti in Italia tramite Smartphone e Tablet, con un approfondimento sulle evoluzioni in atto; approfondimento sui modelli multicanale adottati dai merchant italiani, con particolare attenzione ai benefici e alle criticità connesse all'utilizzo congiunto e integrato dei diversi canali (online, fisico, mobile e social); identificazione delle principali dimensioni dell'innovazione, attraverso esempi rappresentativi dei trend in atto nell’eCommerce; analisi dei servizi logistici a supporto dell’eCommerce B2c. La presentazione dei risultati della Ricerca sarà seguita da una Tavola Rotonda a cui parteciperanno alcuni dei principali operatori dell’eCommerce B2c italiano. OSSERVATORIO CLOUD & ICT AS A SERVICE
19 NOVEMBRE 2013
Convegno di presentazione dei risultati della Ricerca sulla Pubblica Amministarzione
Sala del Garante Sala Conferenze P.zza di Monte Citorio 123/A, Roma
Il Convegno, promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano in collaborazione con Almaviva, APC by Schneider Electric, Fastweb, IBM, NetApp, Orsyp, Telecom e VMware, si aprirà con la presentazione dei risultati della Ricerca verticale inerente l'adozione del Cloud Computing nella Pubblica Amministrazione italiana e il ruolo che le Società In-House possono rivestire in questa evoluzione. La Ricerca si è posta i seguenti obiettivi: delineare possibili scenari di razionalizzazione del patrimonio infrastrutturale e applicativo della PA; identificare i nuovi modelli di erogazione dei servizi alla PA locale e centrale; stimare i benefici tangibili e identificare quelli intangibili. Alla presentazione dei risultati della Ricerca seguirà un approfondimento sullo stato attuale dei Data Center della Pubblica Amministrazione e sulle linee guida per la razionalizzazione in linea coi principi dell'Agenda Digitale. L’esposizione di “case history” relativa a Pubbliche Amministrazioni che hanno implementato interessanti soluzioni Cloud Computing e le Tavole Rotonde a cui parteciperanno alcuni dei principali attori del processo di evoluzione della PA daranno il quadro di quanto è stato fatto e di quanto è ancora possibile fare per una diffusione sistemica del Cloud.
OSSERVATORIO GESTIONE STRATEGICA DELL'ICT - MANAGEMENT ACADEMY FOR ICT EXECUTIVES
3 DICEMBRE 2013
Convegno di presentazione dei risultati della Ricerca 2013
Politecnico di Milano Aula Rogers Campus Leonardo Via Ampère 2, Milano
Il Convegno, promosso dalla School of Management del Politecnico di Milano, è l'evento annuale rivolto alla Community dei CIO e sarà l’occasione per discutere dello sviluppo e del ruolo delle tecnologie digitali con i decisori protagonisti dell'economia nazionale nel quadro più generale dell'attuale contesto economico e dell'internazionalizzazione. Il programma prevede la presentazione delle evidenze emerse dalle attività svolte durante l’anno dall'Academy, attraverso il contributo di oltre 400 tra CIO ed Executives di Line delle principali imprese italiane, nonché da evidenze di un anno di lavoro degli Osservatori ICT & Management. Saranno inoltre presentate le anticipazioni della Survey CIO 2014 con particolare focus sulle previsioni del budget ICT per il 2014, le relative priorità di investimento e trasformazione organizzativa, le conseguenti scelte di sourcing e il necessario sviluppo delle competenze per le Direzioni ICT. Faranno seguito interventi di alcuni dei principali protagonisti della domanda e dell’offerta ICT in Italia. Seguirà prossimamente l'agenda.
P E R M A G G I O R I I N F O R M A Z I O N I V I S I TAT E I L S I T O
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Os s e r vato rio
di
Sicurezza e conformità normativa, un esercizio difficile e costoso
Gabriele Faggioli
legale Adjunct Professor MIP-Politecnico di Milano
I responsabili dei Sistemi Informativi devono oggi fare i conti con una lunga serie di adempimenti e vincoli, sia di carattere generale che di settore. Per non rischiare di incappare in spiacevoli inconvenienti, è opportuno predisporre un percorso che garantisca sia l’adeguamento alle norme, sia la costruzione di un’adeguata politica di sicurezza, coinvolgendo figure professionali diverse
Negli ultimi anni il tema della compliance, soprattutto in Italia, è esploso tanto da diventare un vero e proprio elemento critico da affrontare e gestire spesso con strutture interne appositamente dedicate, talvolta anche imposte a livello legislativo. La complessità normativa non ha risparmiato la funzione sistemi informativi, che deve oggi fare i conti con una serie di adempimenti o vincoli normativi sia di carattere generale, cioè trasversali al mercato, che di settore, con particolare riferimento al settore bancario e al settore delle telecomunicazioni. È bene ricordare che se il d.lgs 518 del 1992, che ormai oltre 20 anni fa riconobbe ai programmi per elaboratore dignità di opera dell’ingegno di carattere creativo, può essere considerata la prima normativa settoriale inerente i sistemi informativi, sono poi stati numerosi gli interventi legislativi, anche a livello di autorità preposte a particolari | 44 |
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settori, che oggi insistono sui sistemi informativi e di telecomunicazione, spesso con la finalità di spingere pubbliche amministrazioni e aziende ad aumentare il livello di sicurezza delle proprie infrastrutture ICT. Tuttavia, dopo alcuni anni di aggravamento degli obblighi normativi, nel biennio 2011-2012, complice la crisi, il legislatore ha mutato in parte direzione e ha quindi iniziato un’opera di alleggerimento degli obblighi a carico delle aziende e delle pubbliche amministrazioni. In particolare, è intervenuto su adempimenti di carattere generale ritenuti eccessivamente onerosi o sproporzionati: si pensi alla abrogazione del documento programmatico sulla sicurezza o alla de-tutela dei dati inerenti le persone giuridiche, che oggi non è più nel perimetro del d.lgs 196/03. Parallelamente, tuttavia, sia il legislatore che talune autorità amministrative fra cui in particolare il
o s s e r vato r i o | S i cu r e z z a e c o n f o rmità n o rmat iva , un e se rc iz io dif f ic il e e c o st oso
Garante per la protezione dei dati personali, sono intervenuti con una serie di provvedimenti, spesso settoriali, finalizzati a aumentare il livello di sicurezza in talune specifiche circostanze. Si pensi per esempio a: - Provvedimento del Garante per la protezione dei dati personali del 12 maggio 2011, inerente la tracciabilità degli accessi ai dati bancari che, mirato solo ed esclusivamente alle banche e ai gruppi bancari, ha imposto una serie di obblighi di controllo sui dati bancari estremamente onerosi. - Decreto Legislativo n. 69/2012 che, nella parte riferita alle società di telecomunicazione, impone una serie di obblighi particolarmente stringenti mirati a prevenire, e nel caso gestire, eventuali perdite di dati. - Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 24/01/2013 n° 67251, che ha introdotto una politica di gestione della sicurezza nelle infrastrutture critiche. Approcci diversi per garantire la conformità A livello aziendale, o di pubbliche amministrazioni, l’impatto delle normative inerenti la sicurezza, e in generale la conformità normativa a livello ICT, vede coinvolte diverse competenze, e le scelte che le aziende adottano per gestire tale tematica non
risultano certamente uniformi. In linea generale, pur trattandosi di tematiche legali, molto spesso è direttamente la funzione ICT che prende in carico le singole problematiche, soprattutto quando il rispetto normativo è caratterizzato da una forte componente tecnologica. Si pensi, in via esemplificativa, all’adeguamento al provvedimento sugli amministratori di sistema del Garante per la protezione dei dati personali del 27 novembre 2008.
tabella 1 - i Principali adempimenti legali e di compliance che coinvolgono anche la funzione ict
Tematiche Misure di sicurezza adottate Documento Programmatico Sicurezza (oggi abrogato) Data Retention & Data Breach per società offerenti al mercato servizi di comunicazione elettronica Provvedimento del Garante sugli Amministratori di Sistema Applicazione generale d.lgs. 196/03 Marketing
Altri soggetti interessati
Coivolgimento/ responsabilità Direzione ICT
Impatto potenziale
Legali
Interessato
Medio
Legali - Compliance
Interessato
Alto
Legali
Interessato
Alto
Legali - HR/relazioni industriali - Security
Responsabile
Alto
Legali
Interessato
Medio
Legali - Marketing
Conoscenza
Basso
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osservatori o | Si cu r e z z a e confor m i tà nor m at iva , un e se rc iz io dif f ic il e e c o st o so
tabella 2 - i principali tipi di policy interne e settoriali di compliance e sicurezza ict
Altri soggetti interessati
Coivolgimento/ responsabilità Direzione ICT
Impatto potenziale
Legali
Conoscenza
Media
Policy utilizzo strumentazioni informatiche e telematiche
HR/relazioni industriali - Legali Security
Interessato
Alta
Policy interne in linea generale inerenti l’IT e la sicurezza
HR - Legali - Security
Interessato
Alta
Policy inerenti le strumentazioni e i sistemi di controllo adottati dall’azienda (controllo accessi, DLP, controllo uso internet e e-mail)
HR/relazioni industriali - Legali Security
Interessato
Alta
Servizi generali Security - Legali
Verificare area competenza
Media
Gestione incidenti informatici e gestione acquisizione evidenze digitali per indagini interne
Security
Conoscenza
Bassa
Parti speciali Modelli Organizzativi 231/01 delitti informatici/tutela della proprietà industriale
Legali Compliance
Conoscenza
Alta
Tematiche Policy inerenti la registrazione dei dati inerenti le telefonate
Adempimenti videosorveglianza
La Management Academy for ICT Executives La School of Management del Politecnico di Milano punta da sempre alla collaborazione Università-Impresa per fornire agli Executives una visione strategica e manageriale dell’innovazione. In questo contesto si inserisce il progetto culturale della Management Academy for ICT Executives del MIP che, facendo leva sulla conoscenza sviluppata dagli Osservatori, ha favorito in questi anni la crescita delle competenze manageriali dei decisori ICT attraverso attività di formazione, workshop e tavoli di lavoro, che hanno coinvolto più di 1.200 manager in questi ultimi 4 anni. Lo spirito dell’Academy è infatti quello di rappresentare la “casa” di tutti i principali protagonisti della community ICT italiana, dove incontrarsi, riconoscersi, confrontarsi e crescere professionalmente, in una logica precompetitiva. La Management Academy for ICT Executives 2013 è realizzata con il patrocinio di ASSI, Aused, CIO AICA Forum e ClubTI e il supporto di Accenture, IBM, Nolan Norton Italia, Verizon, Avanade, Dell, NetApp e Orsyp. Il programma si articola in tre filoni principali di attività: • Un ciclo di Workshop a invito, con frequenza mensile, attraverso un collaudato format fortemente basato sulla relazione e la condivisione di esperienze tra gli ICT Executives invitati, i rappresentanti dei Partner e prestigiosi ospiti. • Un insieme di percorsi di Formazione avanzata. • Una serie di Ricerche condotte in esclusiva con focus sui principali trend nella governance e nell’organizzazione dell’ICT. Per maggiori informazioni: Alessandra Luksch - luksch@mip.polimi.it
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In altri casi, invece l’adeguamento normativo viene spesso gestito dalla funzione legale (o compliance, se esiste) con il supporto dei sistemi informativi. Esempio tipico di questa modalità di gestione è l’aggiornamento dei modelli organizzativi ex decreto legislativo 231/01, che le aziende che hanno scelto di adeguarsi alla normativa hanno dovuto porre in essere quando i reati informatici sono stati ricompresi fra i reati rilevanti. Le tabelle 1 e 2 sintetizzano questi aspetti. Rappresentano da un lato il coinvolgimento della direzione ICT per singola tematica normativa avente impatto in termini di compliance ICT, dall’altro quali sono tipicamente le altre direzioni aziendali coinvolte e, infine, l’impatto potenziale del mancato rispetto normativo. Sono state presentate lo scorso 6 giugno a Roma al 5° Workshop della Management Academy for ICT Executives, focalizzato sul tema della Compliance e Security in ambito ICT, a cui hanno preso parte 27 CIO e Security Executives di aziende della domanda e 18 membri del Club Dirigenti Tecnologie dell’Informazione di Roma. È bene considerare che ogni tematica inerente la sicurezza dei sistemi informativi e di telecomunicazione si porta appresso due principi: da un lato il legislatore pretende che le aziende e le pubbliche amministrazioni aumentino il livello di sicurezza di infrastrutture, dati personali, informazioni e ciò, in generale, a tutela della continuità operativa delle strutture stesse e, quindi, di tutti gli stakeholders. Dall’altro però il legislatore stesso fissa una serie
Event ICT4EXECUTIVE SUPPORTA I PROPRI CLIENTI NELL’IDEAZIONE E NELL’ORGANIZZAZIONE DI EVENTI A VALORE RIVOLTI AD UN TARGET BUSINESS SELEZIONATO
BRIDGING THE GAP
Organizzazione di diverse tipologie di evento (tavola rotonda a porte chiuse, evento open, smart meeting, webinar, ecc.) in una formula “chiavi in mano”, a supporto delle attività di lead generation.
Executive
BETWEEN TECHNOLOGY & BUSINESS
Event Event BRIDGING THE GAP
BETWEEN TECHNOLOGY & BUSINESS
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EVENT
L’ESPERIENZA DIVENTA MULTICANALE Strategie e strumenti per la creazione di valore KEYNOTE SPEAKER
Prof. Giuliano Noci
Ordinario di Marketing presso il Politecnico di Milano
PARTNER
WHEN
WHERE
08 Marzo 2011 10:00 – 13:00
Spazio Chiossetto Via Chiossetto 20, Milano
DESCRIPTION
AGENDA
ICT4Event, in collaborazione con Oracle, è lieta di invitarla alla tavola rotonda “L’esperienza diventa multicanale: strategie e strumenti per la creazione di valore” che si rivolge ad un numero selezionato di Responsabili Marketing delle maggiori imprese italiane. La tavola rotonda, presieduta dal Prof. Giuliano Noci della School of Management del Politecnico di Milano, si focalizzerà sui temi del Customer Experience Management e della Multicanalità, la cui valenza strategica si sta sempre più affermando all’interno di qualsiasi impresa, grazie all’evoluzione delle esigenze dei clienti, alla diffusione sempre maggiore di dispositivi mobili Smartphone, Tablet PC, Pad, ecc. - e alla possibilità per l’impresa di sfruttare soluzioni basate sui paradigmi del Web 2.0, che consentono una partecipazione attiva dei propri clienti nel processo di co-creazione del valore.
PER MAGGIORI INFORMAZIONI
GIULIANO NOCI è ordinario di Marketing presso il Politecnico di Milano. Dal 2007, è opinionista del TG1, TG2, SkyTg24 e Radio24. L’ultimo suo libro si intitola “Open Marketing: costruire con il cliente un’esperienza multicanale” e si propone di evidenziare i principali cambiamenti indotti nel processo di marketing dalla crescente pervasività delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione e dalla sempre maggiore rilevanza giocata dal cosiddetto fenomeno del Web 2.0.
Progettazione della strategia di comunicazione multicanale verso un target selezionato da un database di oltre 400.000 contatti.
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Registrazione e welcome coffee
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Benvenuto di Oracle
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L’esperienza diventa multicanale: strategie e strumenti per la creazione di valore Prof. Giuliano Noci, School of Management Politecnico di Milano
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Dibattito e confronto con i partecipanti
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Fine dei lavori e light lunch
| www.ict4event.it
Ideazione e realizzazione di contenuti a valore (presentazioni, realizzazione di casi di studio, ecc.) grazie ad una partnership con i migliori docenti universitari ed analisti delle differenti tematiche.
P ER I N F O RMAZI O N I | tel. +39 02 87 06 94 87 | info@ict4executive.it | www.ict4executive.it |
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CyberSecurity, un confronto ad armi impari tra attaccanti e difensori Chi attacca ha a disposizione, a basso costo e nell’anonimato, un ventaglio di opzioni amplissimo. Chi difende si deve confrontare con costi elevati e con norme complesse. Intervista a Marcello Fausti, Responsabile Technical Security di Telecom Italia Information Technology Per Telecom Italia oggi uno dei temi più pressanti è senza dubbio la CyberSecurity, anche alla luce dei dati emersi da una recente indagine che vede l’Italia collocata al settimo posto a livello mondiale per attività malevola prodotta, e in particolare Roma come la quarta città al mondo dopo Taipei, Tokyo e Nanning (Cina) per numero di computer infetti da malware. «In Telecom Italia siamo consapevoli della complessità dello scenario che vede confrontarsi attaccanti e difensori - spiega Marcello Fausti, Responsabile Technical Security di Telecom Italia Information Technology -. Mentre molti attaccanti puntano a colpire il maggior numero di target indistintamente, altri mirano invece a un obiettivo specifico, spesso utilizzando una vulnerabilità sconosciuta e mai attaccata in precedenza: il cosiddetto zero day attack risulta così lo strumento principe del cybercrime». I difensori vedono come principali driver di rischio il cambiamento nelle strategie d’attacco, l’incremento delle attività di social hacking, la diminuzione del costo delle tecnologie che possono essere utilizzate per organizzare attacchi, la sempre maggiore diffusione, anche in azienda, di device evoluti (smartphone e tablet) e la obsolescenza delle tecnologie delle reti di telecomunicazione. «Da ciò deriva la conclusione che tra attaccanti e difensori esiste un’asimmetria evidente: chi attacca ha a disposizione a basso costo e in modo anonimo un ventaglio di opzioni amplissimo; chi difende si deve confrontare con costi elevati e con una complessa navigazione tra norme nazionali e comunitarie. Paradossalmente, sia l’innovazione che l’obsolescenza pongono problemi rilevanti: l’innovazione introduce nuove opportunità ma anche nuove minacce; l’obsolescenza, invece, solo minacce», conclude il Responsabile Technical Security di Telecom Italia Information Technology. In questo panorama Telecom Italia ha definito una strategia di gestione del rischio che si articola su vari punti tra cui un modello organizzativo articolato in 3 livelli (Governance, Operations e Controllo) e due livelli di steering (Sicurezza e Compliance e Controllo Rischi); una buona capacità di prevenzione basata su un efficace processo di risk management; la capacità di stare al passo con l’evoluzione delle minacce sia attraverso una capacità autonoma sia tramite la connessione a network di peer; un’eccellente capacità di controllo e reazione basata sul monitoraggio 24x365 della rete pubblica e dei Data Center; nonché lo sviluppo di competenze e capacità di eccellenza, anche attraverso il centro sulla CyberSecurity a Torino (Security LAB).
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di limiti alla possibilità per gli stessi soggetti di porre in essere controlli e di adottare sistemi di sicurezza. E infatti da un lato la normativa a tutela dei lavoratori (tipicamente lo Statuto dei Lavoratori e in particolare l’articolo 4) e dall’altro la normativa a protezione dei dati personali, vincolano le aziende nell’adozione di sistemi di sicurezza che, se potenzialmente permettono il controllo sull’attività lavorativa, possono essere installate solo previo accordo sindacale, e comunque nel rispetto delle normative poste a limitazione del potere del datore di lavoro. Attività preventive e possibili reazioni Occorre quindi sempre considerare che gli obblighi di compliance imposti normativamente trovano un limite nei vincoli che i datori di lavoro hanno relativamente al potere di controllo. E allora, in un percorso di adeguamento normativo e di costruzione di una politica di sicurezza ICT, occorrerebbe domandarsi perlomeno da un lato quali siano le attività preventive che si possono effettuare ponendosi alcune domande: quali informazioni devo raccogliere? Cioè quali sono gli obblighi normativi di data retention; quali informazioni posso raccogliere? Cioè in che limiti e con quali procedure posso utilizzare sistemi che permettono di raccogliere informazioni riferibili, tipicamente ma non necessariamente, ai lavoratori; per cosa posso usare le informazioni che vengono raccolte? Cioè entro quali limiti le informazioni che raccolgo tramite sistemi di controllo sono utilizzabili; quali controlli preventivi possono essere posti in essere? Cioè quali controlli possono essere avviati senza che vi sia una preventiva evidenza di comportamenti illeciti? E se dovessero servire le informazioni, come occorre acquisirle e mantenerle? Da un altro punto di vista, invece, cioè a livello reattivo e in particolare quando vi sia l’evidenza della commissione di un illecito e si decida di intervenire, occorrerebbe chiedersi: quali fattispecie potrebbe configurare l’illecito su cui si decide di intervenire? In particolare, è opportuno capire la rilevanza civile e/o penale del fatto per decidere al meglio come impostare una strategia di intervento: quali competenze è opportuno coinvolgere (tecniche, HR, relazioni industriali, legali)? Quali procedure e tempistiche prescrizionali occorre rispettare? Quali informazioni ci sono in azienda? Quali sono le fonti? Per quanto tempo sono conservate? Per quali motivi sono raccolte e mante-
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Executive MBA
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nute? Domande essenziali per poter conoscere e valutare non solo gli elementi per impostare una strategia di intervento, ma anche i possibili usi processuali delle informazioni, e in ultima istanza la forza di un’eventuale azione giudiziaria. Le informazioni presenti possono essere prodotte in sede processuale? Potranno essere considerate dal magistrato in sede processuale a fondamento di una decisione? È bene considerare che oltre al piano legislativo il tema della sicurezza e della compliance è oggetto di costante attenzione anche da parte della magistratura, in quanto sempre più spesso nascono contenziosi. Negli ultimi anni particolarmente
rilevanti sono state due sentenze della Corte di Cassazione (Cassazione n° 4375/2010 e Cassazione n° 2722/2012) che hanno delimitato e chiarito il rapporto fra obblighi normativi, potere di controllo del datore di lavoro e limiti, nell’ambito dei sistemi di controllo, dell’utilizzo delle strumentazioni informatiche e telematiche da parte dei lavoratori. E’ opportuno quindi oggi che le aziende e le pubbliche amministrazioni non solo impostino una politica di compliance in ambito ICT che tenga conto degli obblighi normativi ma, nel contempo, che siano ben chiari i limiti entro cui le scelte in materia di sicurezza possono essere adottate per evitare, nell’eccesso di adeguamento, di porre in essere comportamenti illeciti.
Security e Compliance, la vision di Bulgari Secondo Guido Sandonà, Chief Information Security Officer della società del lusso, l’obiettivo è raggiungere il miglior compromesso possibile tra sicurezza e funzionalità, traducendo l’informatica in “linguaggio di rischio” affinché siano evidenti al management le potenziali perdite economiche Bulgari S.p.A. è la casa madre e proprietaria del marchio BVLGARI, quotata dal 1995 alla Borsa Italiana. Il Gruppo opera nel mondo attraverso 41 società in 24 Paesi, circa 4.000 dipendenti e una qualificata rete di distributori internazionali composta da 295 boutique, 174 delle quali di proprietà, operanti nel travel retail e nel canale domestico, localizzate nelle aree dello shopping più esclusive del mondo. Dal 1884 Bulgari crea alcuni dei più importanti ed esclusivi gioielli italiani. Per un’azienda di questo settore e dimensione le sfide da affrontare in ambito di Compliance e Security sono numerose. Uno dei compiti del Chief Information Security Officer di Bulgari è quindi quello di razionalizzare i controlli, che dipendono sia dalle normative nazionali e internazionali sia da compliance
interne all’azienda stessa. «La vision di Bulgari mira a far sì che la Compliance non sia più percepita come un costo e semplicemente reattiva rispetto ai pericoli che l’azienda fronteggia; deve piuttosto essere legata a una visione più ampia della gestione dei rischi, con una componente decisionale rilevante e con controlli sempre più efficaci ed efficienti, lavorando attentamente alla loro razionalizzazione», spiega Guido Sandonà, CISO dell’azienda. In questo quadro il rispetto della compliance PCIDSS (ossia l’applicazione di controlli di sicurezza a protezione delle transazioni di acquisto effettuate con carta di credito) si rivela un fondamentale strumento d’azione: «Esso riduce l’esposizione alle frodi, e permette di ottenere migliori condizioni economiche presso le banche e un ritorno di immagine verso i nostri clienti», commenta Sandonà, Una delle principali sfide di Bulgari è infine la protezione dei dati personali dei propri clienti nel rispetto delle diverse legislazioni internazionali, garantendone al contempo l’uniformità di trattamento e conservazione. «In Italia ho personalmente svolto con successo un’azione di sensibilizzazione del Garante per la protezione dei dati personali verso le esigenze di un’azienda in cui la frequenza d’acquisto non è particolarmente elevata rispetto a retailer di settori differenti - conclude Sandonà -, al fine di prolungare la durata di conservazione del dato (prevista di un anno per la GDO) fino a 10 anni».
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Il progetto si declina in un trimestrale cartaceo, in una serie di newsletter digitali verticali e in un insieme di siti tematici, che si rivolgono a specifiche community di Manager, Professional ed Executive. Le tematiche coperte sono molteplici e includono, tra le altre, Cloud Computing, Dematerializzazione, Supply Chain, Logistica, Acquisti, Sanità, Piccole e Medie Imprese, Internet of Things, ICT per i Professionisti, Canale ICT.
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publiredazionale
IFM Group, un percorso evolutivo nel segno dell’innovazione
Da oltre 15 anni nel mercato italiano delle tecnologie evolute di comunicazione, IFM Group, oggi, guarda all’innovazione come presupposto per una strategia che punta sulla diversificazione a tutti i livelli. In un momento socio-economico quanto mai complesso e sfidante, cio’ che ancora è in grado di fare la differenza è la tecnologia che si pone al servizio delle persone, abilitando lo sviluppo di quei rapporti di interazione socio-commerciale, basati sulla condivisione e sulla collaborazione, che creano la Link Society. Una realtà orizzontale in cui i confini fra aziende e clienti vengono a cadere per vincere insieme le sfide di un mondo che cambia. Da qui parte il processo di rinnovamento di IFM che fa, di innovazione tecnologica, internazionalizzazione, nuovi modelli commerciali e un’organizzazione interna sempre più efficiente, il proprio mix vincente. A livello di offerta, oltre ai prodotti e servizi tradizionali in ambito Contact Center e CRM, l’attenzione del Gruppo si sta focalizzando in particolar modo sul Machine-to-Machine-to-People (M2M2P). Una delle frontiere più innovative che non sta tanto ad indicare la semplice connessione fra le macchine quanto fa riferimento al ben più complesso ambito della gestione dei processi conseguenti la conoscenza del contesto. Oggi, infatti, anche le macchine sono in grado di comunicare e tutti i dispositivi digitali contengono informazioni che possono essere trattate in maniera intelligente. IFM è partita proprio dal mondo dei Contact Center, dove il ricevimento di una chia-
Tecnologie all’avanguardia, internazionalizzazione, nuovi modelli commerciali e un’organizzazione interna sempre più efficiente: è il mix vincente del Gruppo, che fornisce soluzioni e servizi in ambito Contact Center e CRM, e Machine-to-Machine-to-People
mata, un’e-mail o un fax innesca particolari processi, per arrivare ad estendere l’applicazione delle logiche, alla base della gestione degli eventi, a una porta che si apre, una luce che si accende o qualsiasi altra transazione che determini un’azione o la conoscenza di uno stato. In questo contesto si inserisce la suite di soluzioni disegnate dal Gruppo con l’intento di far interagire eventi, cose e persone. assistenza multimediale con Angel Pad Fra queste, merita particolare attenzione Angel Pad, un sistema multimediale pensato per fornire assistenza e protezione ai soggetti fragili, adottato, fra le varie realtà, dalla Regione Carinzia. Si tratta di un’iniziativa particolarmente innovativa che ha permesso di dotare 18 appartamenti, nei pressi di Klagenfurt, dei sistemi multimediali di remote care Angel Pad, per offrire assistenza, protezione e sicurezza a un gruppo selezionato di anziani e migliorare il livello qualitativo della vita. Grazie all’interconnessione con una centrale operativa, è possibile rispondere alle esigenze degli assistiti, gestire i loro appuntamenti, segnalare scadenze importanti, fornire assistenza per i trasporti e in più, grazie al collegamento con una rete di sensori wireless, è possibile rilevare eventuali situazioni di pericolo quali fughe di gas, allagamenti o addirittura l’assenza di movimento all’interno dell’abitazione per un periodo troppo lungo, garantendo così un intervento immediato. Si prevede che entro breve tempo il numero degli appartamenti che saranno forniti di questo crescerà fino a toccare il centinaio di unità.
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Os s e r vato rio di
Daniele Lazzarin
filippo renga school of management Politecnico di Milano
Il Mobile Banking avanza in Italia Una ricerca del Politecnico di Milano fa emergere che il 90% delle banche ha attivato il canale Mobile e 2,5 milioni di possessori di smartphone e tablet fruiscono dei servizi, con livelli di soddisfazione molto alti. Prevale l’uso informativo, ovvero la verifica di saldo e movimenti del conto corrente, ma crescono bonifici e ricariche telefoniche, mentre sono molto più rari i servizi di pagamento di bollettini con QR Code, di MAV/RAV e del canone RAI
Il Mobile Banking è ormai una realtà concreta in Italia, non solo per la qualità e varietà di servizi disponibili, ma anche per l’effettivo uso del canale da parte dei clienti. E’ questo il principale responso del rapporto 2013 dell’Osservatorio Mobile Banking, coordinato da ABI Lab e dalla School of Management del Politecnico di Milano, e recentemente presentato presso la sede ABI di Milano. Obiettivo del rapporto è sia di fotografare lo stato dell’arte dei servizi Mobile delle banche italiane, grazie a una survey su 30 banche/gruppi bancari (rappresentativi del 65% del numero di sportelli in Italia), sia di analizzare il comportamento dell’utente di Mobile Banking italiano attraverso varie fonti, tra cui soprattutto un’indagine specifica su un campione di 700 persone. In Italia ci sono circa 25 milioni di utenti di smartphone e 3,6 milioni di utenti di tablet (dati di fine 2012), ha spiegato Filippo Renga, della School of Management del Politecnico di Milano, alla pre| 54 |
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sentazione del rapporto, e di questi circa 2,5 milioni utilizzano servizi di Mobile Banking, il 6% dei quali da tablet: «Non sono pochi, ma potrebbero essere di più. Negli USA secondo la Federal Reserve il 48% dei possessori di smartphone ha usato servizi di questo tipo negli ultimi 12 mesi». Il 76% accede almeno una volta alla settimana Per avere un’idea complessiva del fenomeno va tenuto conto che in Italia altri 4,5 milioni di persone fruiscono di servizi di Mobile Banking sottoforma di messaggi SMS. Ma considerando solo i 2,5 milioni di utenti di smartphone e tablet, nel 2012 gli accessi da App sono stati leggermente superiori a quelli da Mobile Site, e le funzionalità più usate sono state quelle informative (saldo e movimenti del conto corrente, per l’83% dei rispondenti), con buona predisposizione però anche per operazioni dispositive, come rica-
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riche telefoniche (55%) e bonifici (40%). I servizi di geolocalizzazione per trovare Bancomat (45%) e filiali (41%) vicini alla propria posizione sono pure usati con buona frequenza, e sono l’esempio più chiaro dello sfruttamento delle potenzialità specifiche dei device mobili. Il livello di soddisfazione medio risulta molto alto (7,93 su una scala 1-10) - grazie soprattutto all’accessibilità in tempo reale, alla velocità, e all’autonomia nella gestione del proprio conto - e così anche la frequenza d’uso: il 76% si può definire ‘heavy user’ (accede una o più volte alla settimana), dato ben superiore al 61% dei Mobile Surfer generici. Passando all’offerta, circa il 90% delle banche in Italia ormai offre servizi Mobile Banking (un bel passo avanti rispetto al 71% del 2011), e l’80% aggiunge almeno un servizio di Trading: «Praticamente tutte ormai hanno attivato il canale Mobile, ma la varietà è enorme: abbiamo censito 727 servizi di 25 banche su 4 piattaforme: SMS, App, Mobile Site, SIM». Idee molto diverse per le App Forte varianza emerge anche nei pareri su come dev’essere un’App di Mobile Banking per smartphone: tutte le banche concordano su user experience e facilità d’uso, quasi tutte su robustezza e sicurezza
dei dati, ma il resto è fortemente disomogeneo. «Stupisce per esempio che l’integrazione con altri canali offline sia ritenuta importante solo dall’11%». Anche rispetto allo sviluppo di servizi Mobile per i tablet non c’è convergenza: c’è chi replicherà servizi già esistenti per pc (35%) o per smartphone (12%), chi svilupperà soluzioni intermedie tra quelle esistenti per pc e smartphone (30%), o servizi nuovi ad hoc per i tablet (23%). «Questo si inquadra in uno scenario in cui, come confermano varie ricerche, tablet e smartphone sono usati dagli utenti in modo molto diverso». Anche per quanto riguarda il Mobile Banking, dal rapporto emerge la preferenza del tablet per operazioni dispositive o legate al trading. All’estero si trasferisce denaro via Facebook Un’area in cui il Mobile è fonte di grande innovazione per le banche è quella dei servizi di pagamento e invio denaro. «Le ricariche telefoniche sono un esempio di successo, il 100% delle banche ora le permette, mentre sono molto più rari i servizi di pagamento di bollettini con QR Code, di MAV/RAV e del canone RAI». Le idee più avanzate arrivano dall’estero, dove l’Osservatorio ha riscontrato diversi casi di trasferimento di denaro peer-to-peer dal
operazioni più frequenti realizzate da smartphone 83%
Campione: 648 utenti di Mobile Banking da smartphone
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Sottoscrizione nuovi prodotti
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Sottoscrizione di prodotti di investimento
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F24 (modello di pagamento unificato)
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Attività di compravendita titoli
Prenotazione appuntamento in filiale
Informazioni su tassi e quotazioni
Informazioni su valuta
Saldo/lista movimenti conto titoli
Ricarica carta di credito prepagata
Saldo/lista movimenti conto deposito
Bonifici e giroconti
Ricerca filiali più vicine
Ricerca sportelli Bancomat/ ATM più vicini
Ricarica cellulare
Saldo/lista movimenti c/c
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Fonte: Osservatorio Mobile Banking 2013, Politecnico di Milano, dati Doxa
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osservatori o | Il M ob i l e Bank i ng avanz a i n I ta l ia
specifici progetti. Dall’estero, continua Renga, arrivano anche interessanti esempi di servizi Mobile delle banche ben al di là del conto corrente, come gestione dei piani pensionistici (ICBC), proposta di polizze assicurative (BNP Paribas), servizi informativi su mostre e musei (Deutsche Bank), ricerca di case in vendita (ING Direct), App per la sostenibilità ambientale (La Caixa). Solo due banche su tre controllano rete e social media
Il 76% degli utenti di Mobile Banking si può definire ‘heavy user’, ovvero accede una o più volte alla settimana
conto corrente a contatti sul telefono, pagamenti di fatture, deposito assegni, invio di denaro tramite SMS o via Facebook. A proposito di Facebook, i social network si prestano a diversi servizi innovativi come assistenza in tempo reale (soprattutto su Twitter), concorsi e promozioni, condivisioni di operazioni bancarie (per esempio donazioni), o apertura di conti correnti condivisi per
Il Rapporto dell’Osservatorio Mobile Banking offre molti altri spunti che non approfondiamo per ragioni di spazio (valutazione di impatti e benefici dei progetti Mobile, casi di studio, inserimento del Mobile in una strategia multicanale integrata, ecc.), soffermandoci su un ultimo aspetto: il monitoraggio della Rete e dei Social Media, in particolare rispetto ai servizi di Mobile Banking offerti. Emerge che solo due banche su tre (64%) effettuano un controllo sistematico, oltretutto con motivazioni molto diverse, tra cui prevalgono sentiment analysis sulla banca e sui competitor, individuazione di nuove esigenze della clientela, raccolta di feedback dei clienti. «Insomma il Mobile Banking è un percorso non semplice: molte sono le fonti di incertezza, e molti aspetti sono profondamente nuovi - ha concluso Filippo Renga -. Ma anche le opportunità sono molte e diverse: si possono sfruttare momenti della vita quotidiana dell’utente che prima erano inaccessibili per la banca, le prospettive sono positive, nelle banche ci sono già competenze forti per gestire questi servizi, e soprattutto i benefici sono spesso quantificabili in modo molto chiaro».
ING Direct, il Mobile al cuore della strategia per conquistare clienti in Italia Damiano Castelli
L’olandese ING - uno dei principali gruppi bancari e assicurativi al mondo - è presente In Italia dal 2001 con ING Direct, e oggi ha oltre un milione di clienti (con l’obiettivo di arrivare a un milione e mezzo in 4 anni) e 23 miliardi di euro di volume di attività. Il modello di business, inizialmente basato solo su Web e call center, è cambiato nel tempo, con l’aggiunta prima di un canale di vendita attraverso agenti e in seguito, nel 2011, delle filiali: oggi sono 13, con un piano di aperture che prevede di arrivare a 25 nel 2017. La decisione nasce dopo il lancio del Mutuo Arancio: «Ci siamo subito resi conto che vendere online un mutuo in Italia non è così facile: da qui l’esigenza di unire a Web e call center il canale fisico tradizionale - spiega Damiano Castelli, CEO di ING Direct Italia -. Un passo ulteriore l’abbiamo
CEO ING Direct Italia
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o sse rvat o rio | I l Mobil e B a n kin g ava n z a in I talia
fatto nel 2008, con il lancio del conto corrente. Il punto di contatto sul territorio facilita l’accesso alla banca e aumenta il nostro potenziale di crescita. Oggi il 50% dei nuovi clienti arriva da canali face-to-face e il 50% da Web e call center. Ma una volta acquisito, il cliente diventa digitale: il 95% delle operazioni avviene tramite canali digitali e l’obiettivo per i prossimi 5 anni è arrivare al 98%». L’approccio ING Direct si basa sul “self-first” e “advice when needed”, che significa fornire al cliente tutti gli strumenti che lo rendono autonomo nella gestione dei propri risparmi, in modo che gli agenti vengano utilizzati solo per fornire consulenza sui prodotti più complessi. E in questo il ruolo del Mobile è fondamentale: la relazione viene disintermediata, è il risparmiatore ad avere il controllo, con il risultato di una reale migliore esperienza con la banca. «Crediamo che il Mobile abbia tutta la potenzialità per diventare nel giro di qualche anno un canale di
contatto e di utilizzo pressoché quotidiano anche nel rapporto con la banca», afferma Castelli. La nuova App di ING Direct ha avuto un ottimo riscontro: nei primi 6 mesi ha registrato 200.000 download con una media di 1.100 al giorno, e i dati di accesso a ingdirect.it da Mobile sono raddoppiati in un anno. Da un’indagine internazionale realizzata da ING, inoltre, arriva la conferma che l’adozione del Mobile Banking influisce sui comportamenti finanziari e di risparmio degli utilizzatori: 7 italiani su dieci dichiarano di avere un controllo maggiore del proprio denaro, dato leggermente superiore alla media europea (66%). Inoltre, il 56% afferma di andare meno in “rosso” e quattro su dieci riescono a risparmiare di più. Il motivo del maggior controllo sui propri risparmi è da ricercare probabilmente nella frequenza con cui si accede al proprio conto, che è maggiore per l’86% di chi utilizza smartphone e tablet.
Intesa sanpaolo, il percorso da Mobile Banking a Daily Banking Da Mobile Banking a Daily Banking, con un radicale rinnovamento delle App (per iOS e Android) e del sito Mobile (per BlackBerry e Windows Phone). «Il cliente che accede alla banca con device mobili ha bisogno di qualcosa di più di un’App per vedere conto e titoli e fare disposizioni - spiega Giancarlo Esposito, dell’Ufficio Web, Mobile Banking e Extranet di Intesa Sanpaolo -. Più contatti significa più opportunità». Un primo obiettivo è stato quindi di entrare nella vita quotidiana del cliente proponendo anche funzioni non bancarie, come le news dall’Ufficio Studi di Intesa Sanpaolo e da fonti esterne di attualità, economia, cultura e così via («circa il 25% dei clienti ora apre l’App solo per i servizi non bancari»), potenziando anche l’integrazione con i social network. «Si possono pubblicare post sulla nostra pagina Facebook di Servizio Clienti direttamente dall’App». Il secondo obiettivo riguarda l’usabilità. Sono stati attentamente curati design e navigabilità dell’App, in funzione delle peculiarità dei diversi device, e il suo funzionamento viene monitorato continuamente (comportamento sui vari terminali e sistemi operativi, analisi di crash, bug, ecc.). Terzo obiettivo la “total satisfaction”: «L’accessibilità è indipendente da device e conoscenze tecniche dell’utente, e l’integrazione con gli altri canali della banca è completa». Tra i risultati, Esposito cita oltre 500mila download, 3,5 milioni di sessioni e il 62% di utilizzo mensile. Un utente iPhone su 5 addirittura usa l’App ogni giorno. Da un’indagine su 10mila utenti è poi emerso che le
Giancarlo Esposito Ufficio Web, Mobile Banking e Extranet intesa sanpaolo
nuove App non hanno fatto calare le operazioni informative su Internet (salite anzi da 17 a 19 al mese per utente), generandone però un numero doppio da Mobile, quindi l’App non cannibalizza il sito Web e ha triplicato le occasioni di contatto. Quanto alle disposizioni, il rilascio dell’App per iPad ha fatto diminuire quelle via Internet, ma altre grazie al Mobile diventano più frequenti, come le ricariche telefoniche, per cui il numero di operazioni, tra Web e Mobile, è aumentato del 40%. «Questi numeri - conclude Esposito - confermano che il Mobile crea occasioni d’uso totalmente nuove, che non sostituiscono ma si aggiungono all’Internet banking, aprendo opportunità per la banca che prima non esistevano». www.ict4executive.it
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Mossi Ghisolfi Group, un’App per la gestione e il rilascio di Ordini e richieste d’acquisto
Con 3 miliardi di dollari di fatturato e circa 2000 dipendenti, la multinazionale italiana Mossi Ghisolfi Group (M&G) è tra i maggiori produttori di PET al mondo e player globale nell’ EPC, con presenza in Brasile, Stati Uniti, Messico, India e Cina e un forte impegno verso la sostenibilità ambientale. Inoltre l’azienda opera anche nel campo dei biocarburanti e ha progettato e costruito il primo impianto di nuova concezione in grado di produrre bioetanolo non più da mais o grano come si è fatto finora, ma da componenti vegetali non destinati al consumo alimentare. I manager della multinazionale sono spesso in viaggio. Per questo, uno dei compiti dell’IT è quello di metterli in condizioni di svolgere le proprie attività quando sono lontani dalla propria scrivania nel modo più semplice possibile, anche in considerazione del fatto che questi utilizzatori ricoprono ruoli senior. «Al momento i nostri manager utilizzano terminali BlackBerry, ma stiamo rivedendo la nostra strategia per la Mobility, valutando diverse soluzioni presenti sul mercato anche in ottica di BYOD - racconta Marco Maraz, Corporate IT Application manager -. In questo momento di evoluzione, avevamo comunque necessità di dotarci di una soluzione per l’approvazione/rilascio di richieste e ordini di acquisto che fosse in linea con la tecnologia odierna ma aperta ai nuovi sviluppi». La scelta è caduta sulle Web App sviluppate da GreenSharp, System Integrator specializzato in ambito SAP (sistema gestionale utilizzato da Mossi Ghisolfi Group). Si tratta di myRdAMobile e myOdAMobile, rispettivamente per
I manager della multinazionale italiana utilizzano con ottimi risultati l’applicazione sviluppata da GreenSharp, integrata con il gestionale SAP e adatta a qualunque dispositivo mobile di nuova generazione, smartphone o tablet
Marco Maraz Corporate IT Application manager Mossi Ghisolfi Group
l’approvazione/rilascio delle richieste ed ordini di acquisto, sviluppate in HTML5 e jQuery Mobile, tecnologie che consentono di disaccoppiare l’applicazione e il device: ora sono utilizzate sui BlackBerry, ma in futuro potranno essere usate anche su altre piattaforme. Le App sono integrate direttamente con SAP. «Sono utilizzate con ottimi risultati da circa un anno dai manager che operano nel processo acquisti/approvvigionamenti, nei diversi business del gruppo, nei vari paesi in cui operiamo. Sono semplici e intuitive, personalizzate nell’aspetto e nei contenuti», specifica Maraz, che prosegue: «Siamo molto attenti alla tecnologia e al rapporto con i fornitori. GreenSharp è molto competente nell’integrazione fra sistemi e nello sviluppo di API e già lavora con noi da tempo». Uno dei principali vantaggi riscontrati è che l’uso delle App non comporta costi di licenza né di infrastruttura aggiuntivi, pur nel pieno rispetto dei nostri stringenti requisiti di sicurezza. Per M&G, GreenSharp ha anche sviluppato appositamente un sistema lean di gestione del laboratorio (LIMS) dedicato ai campioni analizzati nel processo di produzione che permette agli operatori di tenere sotto controllo ogni fase del ciclo produttivo.
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POLITECNICO DI MILANO SCHOOL OF MANAGEMENT
CORSI BREVI
STARTUP PROGRAM Boot Camp 18 - 23 novembre 2013
From Developer to Startupper StartUp Program Boot Camp è un programma intensivo per developer, startupper e aspiranti imprenditori finalizzato a: • potenziare le competenze e le attitudini imprenditoriali dei partecipanti; • supportare concretamente i partecipanti nello sviluppo del proprio progetto imprenditoriale e nel reperimento delle risorse finanziarie necessarie; • condividere esperienze e storie imprenditoriali particolarmente significative nel panorama italiano. StartUp Program Boot Camp è organizzato in 6 giornate, da lunedì a sabato, durante le quali si alterneranno: • “lezioni”, finalizzate a condividere strumenti metodologici e approcci efficaci per l’analisi e la gestione di una startup; • testimonianze di imprenditori e investitori; • lavoro sui progetti imprenditoriali con il supporto di mentor e docenti. Durante l'ultima giornata del corso i progetti saranno presentati e valutati da una commissione formata da docenti e investitori.
Lunedì - Industry foresight, Strategy & Business Model Progettazione del business model, innovazione creativa della value proposition, analisi del vantaggio competitivo.
Lavoro sui progetti imprenditoriali con il supporto Analisi e valutazione del mercato, approccio lean startup, dei mentor prototipazione rapida, test e customer feedback.
Martedì - Market Insight & Lean Approach
Mercoledì - Operations and Organization Design Progettazione dei processi chiave, identificazione e dimensionamento delle risorse chiave, people management, progettazione dell’organizzazione.
Giovedì - Economics Ricavi e revenue driver, struttura dei costi e cost driver, analisi del cash flow, stima del fabbisogno finanziario, fonti di finanziamento (venture capitalist, business angel, family office, ecc.).
Venerdì - Personal Development Sviluppo delle capacità personali di innovazione, leadership, comunicazione e motivazione.
Sabato - Pitch Presentazione dei progetti imprenditoriali sviluppati durante il programma ad una commissione formata da docenti e investitori.
SONO DISPONIBILI BORSE DI STUDIO DA PARTE DI MIP E INVESTITORI.
WWW.MIP.POLIMI.IT/STARTUP/BOOTCAMP
Campus Bovisa Via Lambruschini, 4/c - 20156 Milano
Management In Progress
Testimonianze di imprenditori e investitori
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gestire i processi di pianificazione economica e simulazione finanziaria
Il 19 settembre presso la sede di YAMAHA MOTOR RACING, NTTsight ha presentato le innovative soluzioni PowerPlanSight & PowerFinSight: i due framework applicativi ideati da NTTsight per supportare i processi di simulazione economica-patrimoniale e finanziaria in logica multidimensionale per scenari e in partita doppia. Il framework applicativo è articolato sui tre pilastri della proposta tecnologica Microsoft in ambito BI&CPM: Microsoft Excel Power Pivot, SQL Server e Sharepoint. PowerPlanSight è una soluzione di Performance Management a supporto dei processi di pianificazione e simulazione economica, finanziaria e patrimoniale, con scritture in partita doppia autoquadranti, su orizzonti temporali rolling (dai 24 ai 36 mesi) e in logica multidimensionale. Consente di gestire processi di simulazione in logica Top-Down e per dimensioni, un processo di Workflow e di versioning management e storicizzazione degli scenari di pianificazione e di simulazione. PowerFinSight è il modulo di Ottimizzazione Finanziaria: consente di simulare a partire dal Fabbisogno Finanziario Netto prospettico su 24/36 mensilità il costo finanziario “ottimo” in funzione di tutte le variabili contrattuali che caratterizzano le linee di credito in essere (o in previsione) con i diversi istituti. Le soluzioni nascono dall’approccio di NTTsight che da sempre combina ricerca ed applicazione; le evidenze dettate dal trend di mercato portano le aziende alla necessità di dotarsi di strumenti di Forecasting e Simulazione, ‘orientati al futuro’, che
Il solution framework proposto da NTTsight consente al management di comprendere e valutare le implicazioni relative alle scelte strategiche e ai diversi scenari di mercato. Uno sguardo verso il futuro sempre più necessario per la gestione aziendale
consentano al management di comprendere e valutare le implicazioni relative a determinate scelte strategiche e scenari di mercato, combinando le caratteristiche fondamentali di flessibilità, completezza e semplicità di utilizzo. PowerPlanSight e PowerFinSight sono stati pensati per risolvere le problematiche legate alla valutazione prospettica della tridimensionalità delle performance (economica-patrimoniale e finanziaria) e si articolano su un modello multidimensionale adattabile per la singola realtà (Natura, Centro di Costo/ Profitto, Area Strategica d’affari, Company). Gli strumenti acquisiscono in automatico i dati di consuntivo da qualunque fonte interna o esterna; permettono di effettuare simulazioni e pianificazioni guidate, legate ad algoritmi pre-impostati, o di definire in autonomia i drivers della simulazione.
NTTsight è la società del gruppo NTTAGIC, specializzata nelle discipline dei “Big Data & Business Analytics”, del Performance Management, del Social CRM e nello sviluppo di Portali Web e Strumenti di Gestione Documentale. NTTsight nasce nel luglio 2013 dall’integrazione all’interno della struttura di Bisight (società con esperienza decennale nella progettazione e realizzazione di soluzioni per la pianificazione e il controllo delle performance aziendali) delle Business Unit relative alle practices del Customer Relationship Management (CRM) e dello Sviluppo di Portali Web e Gestione Documentale di NTT IS.
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I N TE R V IS TA di
Supply Chain, globalizzazione e tecnologie: la ricetta di Whirlpool
Daniele Lazzarin
Alessandro Piatti director Supply Chain business development Whirlpool EMEA
Tra gli obiettivi in ambito produttivo e logistico per i prossimi due anni ci sono l’introduzione della variabile profitto nel bilanciamento tra capacità produttiva e domanda, l’accorciamento dei tempi dei processi, per avvicinarsi sempre più al Make to Order, e l’enfasi sulla execution e sulle decisioni operative a livello di fabbrica. Novità tecnologiche quali il controllo da remoto degli elettrodomestici e gli ordini online avranno forti impatti sulla catena di distribuzione
Le tendenze verso la globalizzazione e la virtualizzazione delle Supply Chain di molti settori industriali portano le aziende capofiliera a governare ecosistemi sempre più complessi, estesi in tutto il mondo in termini di approvvigionamento, produzione, distribuzione e vendita di prodotti e servizi, pur controllando direttamente sempre meno attività di tale Supply Chain. Uno degli esempi più significativi è Whirlpool, leader mondiale nel settore dei grandi elettrodomestici, che produce e distribuisce in tutti i continenti e in quasi tutti i Paesi del mondo. Abbiamo parlato delle priorità della multinazionale americana in questo ambito con Alessandro Piatti, Director Supply Chain Business Development di Whirlpool EMEA. «Gli obiettivi per i prossimi due anni riguardano soprattutto tre aspetti: S&OP, cioè Sales & Operation Planning, processi e organizzazione», spiega Piatti. Nel primo caso, il concetto di S&OP in ambito Supply Chain è consolidato, con tante interpretazioni, ma la | 62 |
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sua essenza è l’ottimizzazione del bilanciamento tra domanda e offerta, e quindi tra capacità produttive e richieste del mercato, in modo da produrre ciò che richiede il mercato al minor costo possibile. «In questo quadro, noi da circa due anni stiamo evolvendo verso un concetto di S&OP arricchito da un’altra ‘P’, cioè PS&OP, con l’introduzione anche della variabile ‘profitto’: si definisce un volume di produzione che soddisfi la domanda, ma al suo interno si sceglie il mix più profittevole per l’azienda». Sotto il profilo dei processi invece Whirlpool sta puntando sempre più su strumenti per ridurre i tempi di approntamento delle produzioni, per una risposta sempre più veloce alle esigenze del mercato. «L’enfasi è sempre più sul modello Make To Order, e cioè su una schedulazione della produzione basata direttamente sugli ordini dei clienti, per ovvie ragioni di contenimento di tempi e costi, riducendo all’indispensabile le movimentazioni di merce dalle fabbriche
I NTE R V I S TA | S u pply c h a in , g l o b a l iz z a z io n e e t e c n o l o g ie : l a ric e t ta d i W h irl p ool
a magazzini, centri di distribuzione e grande distribuzione». Decisioni operative verso la fabbrica Date queste premesse, l’organizzazione deve rispondere enfatizzando l’esecuzione. «Le decisioni operative, per esempio se fare un certo lotto di produzione oggi o domani, o se fare una spedizione con camion o con treno, si ‘abbassano’ sempre più a livello della struttura operativa di fabbrica, e quindi con connessione più diretta con la pianificazione di produzione e la gestione dei materiali. A livello più alto, quindi, ci si potrà concentrare in modo più attento sulle decisioni di make or buy e di ottimizzazione dei volumi delle fabbriche». Più in generale, precisa Piatti, a livello organizzativo si va sempre più verso un’integrazione della funzione Supply Chain con la gestione dei materiali e dei componenti inbound, e verso una logistica più integrata e pronta a rispondere alle esigenze dei clienti e a tradurle in input verso i fornitori di componenti, accorciando sempre più i tempi dei passaggi. «L’obiettivo generale è ridurre i silos organizzativi, gli elementi intermedi che aumentano i tempi di risposta, in modo da ottimizzare il working capital, cioè gli stock di prodotti finiti, materiali e componenti: quanto più riesco a ottimizzare l’uso di materiali e componenti e ridurre i tempi di risposta, tanto più riduco le scorte di prodotto finito».
pio è riprodotto all’interno del sistema, coinvolgendo le funzioni di prodotto, marketing e Supply Chain in funzione dei mercati di riferimento, con procedure e customizzazioni fatte ad hoc sulle nostre esigenze». Scendendo invece a livello di fabbrica, Whirlpool ha un MES (Manufacturing Execution System) per il controllo operativo giornaliero e orario della singola commessa di produzione, in un contesto di miglioramenti strutturali introdotti negli ultimi 4 anni negli stabilimenti, ispirati alle metodologie Lean e Toyota. «Abbiamo rivisitato flussi interni alle fabbriche, competenze e figure professionali, layout di fabbriche, linee e magazzini, con obiettivi di maggior fluidità alle operazioni, flessibilità rispetto alla domanda, e velocità e facilità di pianificazione, oltre che di riduzione costi». Il frigo ordinerà il ricambio da solo Quanto alle tecnologie più innovative di cui si parla oggi per l’IT aziendale, tra cui Internet
Le tecnologie: pianificazione avanzata, BI e MES La piattaforma tecnologica con cui Whirlpool gestisce la Supply Chain si basa su tecnologie SAP sia per l’ambito ERP sia per la pianificazione avanzata di produzione (APO). «Abbiamo adottato anni fa questa soluzione con motore CPM (Capable To Match), poi siamo passati al motore Optimizer perché ci consente prestazioni migliori in termini di definizione dei piani giornalieri di produzione per le fabbriche e di spedizione per i magazzini primari verso quelli secondari o il cliente stesso». A completamento ci sono poi sistemi di Business Intelligence con repository di dati ed estrazione di informazioni e report, personalizzati per le esigenze specifiche di Whirlpool. «Il processo S&OP per esemwww.ict4executive.it
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INTERVI STA | Supply c hai n, gl ob al i z z az i one e t e c n o l o g ie : l a ric e t ta d i W h irl p o o l
«Al momento nel nostro settore l’interlocutore più importante resta la grande distribuzione, con ordini di una certa dimensione: la consegna di pezzi singoli al consumatore a seguito di ordini online aprirebbe uno scenario B2C completamente nuovo per le Supply Chain»
A volte poi anche in una multinazionale l’adozione di tecnologie innovative non avviene in base a piani prestabiliti, ma a partire dalla sperimentazione di una struttura locale. «Per esempio qualche anno fa una delle nostre organizzazioni locali iniziò a lavorare con Transporeon (un e-marketplace online dedicato alla logistica, ndr) per l’assegnazione delle commesse di trasporto e la gestione delle finestre temporali di carico e scarico, e in seguito il suo utilizzo si è diffuso in tutte le nostre strutture operative».
of Things, Mobile e Big Data, per ora non sono nelle priorità immediate di Supply Chain management di Whirlpool, osserva Piatti, ma è solo questione di tempo. «Presto gli elettrodomestici avranno chip interni per il controllo da remoto, in grado di segnalare per esempio un’anomalia di un componente con richiesta d’intervento entro 3 giorni, o addirittura lanciare l’ordine via web del ricambio da consegnare direttamente al consumatore: questo avrà sicuramente ripercussioni sulla catena di distribuzione e su interi processi del post-vendita».
Stesso settore, scelte di globalizzazione diverse
Un altro potenziale grosso impatto verrà dall’accentuarsi della componente di domanda composta da ordini online. «Al momento nel nostro settore l’interlocutore di gran lunga più importante resta la grande distribuzione, con punti vendita di ampia superficie, e quindi ordini di una certa dimensione: la consegna di pezzi singoli al consumatore chiaramente aprirebbe uno scenario B2C completamente nuovo per le Supply
Infine una considerazione sulle diverse modalità di globalizzazione della Supply Chain che si possono trovare nello stesso settore. «Alcuni concorrenti adottano strategie diverse. Dipende molto dalla struttura organizzativa: noi siamo presenti in tutto il mondo con prima articolazione in quattro regioni - Nord America, Sud America, EMEA e Asia -, e ogni struttura regionale fa delle scelte per l’operatività sul territorio.
Il quartier generale europeo è in Italia Whirlpool Corporation è uno dei colossi mondiali nella produzione e commercializzazione di grandi elettrodomestici tra cui forni, cappe, piani cottura, frigoriferi, lavastoviglie, lavatrici, climatizzatori. Ha realizzato nel 2012 un fatturato annuale di 18,1 miliardi di dollari - di cui il 52% nel Nord America, il 27% in America Latina, il 16% in EMEA e il 5% in Asia -, con 68.000 dipendenti e 65 centri di produzione e di ricerca tecnologica in tutto il mondo. L’azienda commercializza vari marchi, tra cui oltre a Whirlpool i principali sono Maytag, KitchenAid, Jenn-Air, Amana, Brastemp, Bauknecht. In Europa - dove conta oltre 10mila dipendenti e sette siti produttivi - Whirlpool è presente dal 1989, grazie a una joint venture con la divisione elettrodomestici di Philips, poi acquisita due anni dopo. Philips a sua volta aveva acquisito l’italiana Ignis nel 1972: per questo motivo il quartier generale europeo di Whirlpool si trova tuttora a Comerio, presso Varese, che era appunto la sede di Ignis.
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Chain del settore elettrodomestici». Quanto a soluzioni e dispositivi Mobile, «noi ci appoggiamo a società specializzate per il trasporto e la gestione dei magazzini. In questi contratti di outsourcing fissiamo livelli di servizio sui tempi, costi, tracciabilità di prodotti, ma le tecnologie con cui controllare il rispetto di questi SLA, tra cui l’uso di device mobili con RFId o bar code, sono di pertinenza degli outsourcer. Non è escluso però che gradatamente gli smartphone possano diventare strumenti anche per il controllo di operazioni interne di inbound delle fabbriche o confronto ordini».
A livello centrale resta la gestione globale di alcune attività, tra cui il trasporto del prodotti, e in particolare il trasporto marittimo. «Qui abbiamo fatto la scelta, da otto anni, di globalizzare: le fasi di negoziazione, decisione e accordo con le grandi compagnie di navigazione sono fatte da un unico team per tutto il mondo, pur in uno scenario di gestione della Supply Chain che è per natura regionale, perché ogni regione ha la sua struttura produttiva e distributiva e i suoi vincoli. I nostri principali concorrenti in quest’ambito hanno fatto scelte diverse». Inoltre, conclude Piatti, «operiamo con una pianificazione centralizzata che rilancia piani di richiesta verso qualunque fornitore nel mondo, quasi sempre tramite connessione e scambio elettronico diretto di informazioni e notifiche con i fornitori, che vengono governate molto spesso a livello di headquarter regionali. Ci sono concorrenti che invece hanno affidato tutte le attività di pianificazione a un outsourcer, compresa la gestione della piattaforma per comunicare con i fornitori».
È il sito di riferimento per il Mobile Business: migliaia di news, centinaia di casi di studio italiani, articoli di approfondimento firmati dai più autorevoli esperti italiani e internazionali e interviste ai CIO delle più importanti imprese del nostro Paese. Tra i temi trattati: Mobile Internet, Mobile Office, Supply Chain, Mobile Marketing, Payment, Field Force e Work Force Automation, RfId e molto altro.
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PRODUZIONE, PERCHé L’ERP NON BASTA. NEANCHE PER LE PMI Nello scenario manifatturiero odierno, con processi di complessità crescente e tempi di risposta richiesti sempre più ridotti, pianificare la produzione è indispensabile anche per realtà non grandi. In situazioni di Supply Chain complesse, il software gestionale principale va integrato con un sistema di Advanced Planning & Scheduling (APS). Se ne è parlato in un roadshow in quattro città italiane organizzato da ICT4Executive con IBM
Oggi le aziende manifatturiere si muovono in uno scenario di globalizzazione dei mercati, crisi economica e continuo intensificarsi della competizione, che in ambito produttivo-logistico si traduce in processi sempre più complessi e nella continua riduzione dei tempi di risposta che il mercato richiede. Sono fattori che impattano pesantemente non solo sulle grandi imprese, ma anche su quelle medie e piccole. Per questo ormai anche nelle PMI oggi è ormai indispensabile pianificare la produzione, gestire questo processo con un buon sistema informativo, e mantenerne i dati sempre omogenei e aggiornati. Per discutere questi temi ICT4Executive ha organizzato insieme a IBM un roadshow che negli scorsi mesi ha toccato quattro città italiane note per i loro distretti manifatturieri: Brescia, Treviso, Varese e Firenze. I quattro eventi, dal titolo “Soluzioni e metodi per pianificare e ottimizzare la produzione”, hanno | 66 |
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visto l’intervento di Maria Caridi, Professore Associato di Supply Chain Management del Politecnico di Milano, che ha illustrato lo scenario di mercato e i fattori da considerare per scegliere e inserire in azienda una soluzione di pianificazione della produzione, e di Marco Bertocchi, Consulente Area Produzione di IBM Italia, che ha descritto le caratteristiche di pianificazione del modulo di produzione del sistema ERP ACG Vision4. Tutto quello che l’ERP non fa All’evento di Varese in particolare - dove erano presenti oltre 30 responsabili di produzione, tra cui quelli di Goglio, Cobra, Husqvarna Motorcycles, Whirlpool Europe, Salumificio Beretta, e Caleffi Maria Caridi del Politecnico di Milano ha spiegato che i sistemi ERP, pur molto evoluti rispetto ai primi software gestionali di 40 anni fa, non bastano per una buona pianificazione della produzione. «L’ERP
r e p or tag e | P RO DUZ IO N E , P E RC H é L’ E RP N O N B A STA . N E A N C H E P E R L E PM I
stituisce l’ERP e non può esistere senza l’ERP (perché va alimentato con dati transazionali attendibili), non guida l’operatività di fabbrica, ma in pratica dice all’ERP quello che deve fare, rispondendo a tutte le esigenze che esso non soddisfa, in particolare con un Master Planning più ampio che copre tutte le funzioni coinvolte nel processo di produzione». Un altro punto di forza degli APS è di essere ‘RAM Resident’, cioè basati su una tecnologia di gestione della memoria diversa dall’ERP, che permette elaborazioni più veloci, e quindi si presta a usi “simulativi”, consente di gestire anche modelli molto complicati e realistici di produzione (eliminando la necessità di post-processamenti manuali), e permette di cercare soluzioni più vicine all’ottimo assoluto, senza accontentarsi della prima, «anche se va detto che questi tre obiettivi non si possono ottenere contemporaneamente: occorre un trade-off». Una sessione di pianificazione in pochi secondi
supporta benissimo le operation, ma non aiuta per scelte come la collocazione di un magazzino, la conformazione della rete di fornitura, la valutazione del passaggio da produzione a commessa a ConfigureTo-Order, e neanche nel prevedere la domanda o schedulare le lavorazioni». Inoltre l’ERP classico, continua Caridi, oggi non gestisce incidenti, imprevisti e rischedulazioni dovuti a ordini consuntivi diversi dalle previsioni, non concilia gli obiettivi di diverse funzioni (per esempio acquisti e produzione), cioè non ‘vede’ il processo nella sua interezza, e ragiona su Distinte Base già nel database, mentre oggi moltissime aziende accettano ordini di configurazioni di prodotto mai fatte prima, e quindi inesistenti nel database. «Quindi in presenza di situazioni complesse di supply chain, comuni anche nelle PMI, la soluzione migliore è integrare l’ERP con un APS (Advanced Planning e Scheduling): è una soluzione che non so-
Un APS quindi deve avere requisiti ben precisi per poter supportare un pianificatore nel modo più efficace nello scenario produttivo odierno, ha spiegato Marco Bertocchi di IBM, a cominciare dall’integrazione - possibilmente nativa, come avviene per ACG Vision4 di IBM - con il sistema ERP, in modo da poter lavorare su dati univoci e sempre aggiornati provenienti dai vari processi aziendali coinvolti. «Inoltre il sistema dev’essere flessibile in termini di accessibilità, tenuto conto che sarà utilizzato in diversi siti dell’azienda e attraverso diversi dispositivi: l’ideale è ovviamente l’accessibilità web tramite un semplice browser. Per lo stesso motivo può es-
«Un ERP classico non gestisce incidenti, imprevisti e rischedulazioni per ordini diversi dalle previsioni, non concilia gli obiettivi di diverse funzioni e ragiona solo su Distinte Base già nel database» www.ict4executive.it
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reportage | P RODU Z I ONE , PE R CHé L’ E R P NON BAS TA . N E A N C H E P E R L E P MI
Maria Caridi docente di Supply Chain Management AL Politecnico di Milano
sere utile la gestione della multiutenza, soprattutto in aziende multisito e strutturate, con un sistema di autorizzazioni e visibilità della storia delle modifiche introdotte da ciascuno». Un’altra prerogativa importante è dare la possibilità di superare i limiti storici dei moduli MRP (Material Requirement Planning), e in particolare la tecnica di pianificazione degli eventi “all’indietro”, che può generare ordini da far partire in una data già nel passato, e cioè impossibili (MRP ‘a capacità infinita’). «ACG Vision4 rimedia a questo problema con la pianificazione reticolare, un’altra elaborazione che parte subito dopo l’MRP ma si concentra solo sugli articoli che il pianificatore ritiene critici per raggiungere l’obiettivo (tipicamente il rispetto delle date di consegna) e soprattutto lavora con logica opposta, calcolando le migliori date possibili di soddisfazione dei fabbisogni, ovvero le date ‘al più presto’, e riposizionando in avanti gli eventi ‘in avanti’». Il requisito più decisivo però è la velocità d’esecuzione: oggi non ci si può più permettere ‘run’ di pianificazione che durano ore o notti intere. «Per rispondere a questa esigenza ACG Vision4 è multiprocessore con indirizzamento a 64 bit, e lavora non direttamente sul database del sistema ERP, ma importando i dati nella RAM (in-memory database): tutto ciò permette di ridurre i tempi di una sessione di pianificazione a poche decine di secondi, un risultato inimmaginabile fino a pochi anni fa».
«Parlare oggi di sistemi informativi di produzione oggi non è molto ‘di moda’, ma si tratta comunque di sistemi decisivi per il successo di un’azienda manifatturiera» | 68 |
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Un sistema veloce è l’ideale, nelle situazioni sempre più diffuse di forte incertezza della domanda, per simulare piani alternativi in corrispondenza di diversi scenari (analisi ‘what if’), e prendere la migliore decisione a ragion veduta. Un altro elemento di grande aiuto è la possibilità all’interno del sistema di rappresentare graficamente lo stato d’avanzamento dei cicli di lavorazione, e i risultati della pianificazione, evidenziando criticità e colli di bottiglia. se l’algoritmo euristico non basta Infine è ovviamente opportuna la facile configurabilità, e anche la disponibilità di una certa gamma di moduli opzionali, in modo da coprire anche esigenze molto specifiche, senza nel contempo appesantire la versione “di base” con funzionalità sovrabbondanti soprattutto per le piccole aziende. «L’offerta di ACG Vision4 per esempio comprende moduli basati su algoritmi di ottimizzazione matematica (tecnologie ILOG), in grado di individuare appunto la soluzione ottima in condizioni e per obiettivi particolari - ha precisato Bertocchi -. Di solito infatti i moduli standard di un sistema di pianificazione sono tipicamente basati su algoritmi euristici, in grado di trovare per successive approssimazioni soluzioni molto buone in situazioni (quelle tipiche di una produzione a distinta base complessa) in cui ottimizzare non è possibile o non è economicamente conveniente». In conclusione, quindi, come ha sintetizzato Maria Caridi del Politecnico di Milano, parlare oggi di sistemi informativi di produzione non è molto ‘di moda’, ma si tratta comunque di sistemi decisivi per il successo di un’azienda manifatturiera, in particolare per quanto riguarda gli APS. «L’importante è definire bene come ‘mixare’ l’azione di ERP e APS in funzione dei gradi di velocità, precisione del modello e ottimalità della soluzione che vuole raggiungere, tenendo bene a mente che l’APS non sostituisce l’ERP».
eventi
A ottobre la seconda edizione di TEDxlecce
Bill Gates, Al Gore, Richard Branson, Philippe Starck, Stephen Hawking, Isabel Allende, Gordon Brown sono solo alcuni degli ospiti che in circa 30 anni hanno calcato il palco del TED. Iniziata come una conferenza di quattro giorni in California 30 anni fa, TED è cresciuta nella sua “mission“ attraverso molteplici iniziative e un programma di eventi locali. Nel 2012 sono state organizzate oltre 3000 conferenze TEDx in 46 lingue, in più di 130 Nazioni. Grazie al lavoro e all’impegno dell’associazione Diffondere Idee di Valore dall’anno scorso anche Lecce ha il suo Tedx. Sabato 26 ottobre sul palco del Teatro Politeama Greco, venticinque relatori di rilievo nazionale e internazionale si alterneranno per raccontare le loro storie di coraggio nei campi di economia e informazione, scienza e impresa, arte e design, impegno sociale e diritti umani e civili. Il coraggio è una virtù della forza intesa come quella capacità di vivere secondo ciò che si crede giusto per sé e per la collettività, seguendo scelte precise di valore che danno senso alla vita come contenuto e direzione. Molto ricco e variegato l’elenco degli speaker: Maryam Al Khawaja, giovane vicepresidente del Centro per i diritti umani del Bahrain; Massoud Hassani, designer nato e cresciuto a
Sabato 26 ,sul palco del Teatro Politeama Greco, venticinque relatori di rilievo nazionale e internazionale racconteranno le loro storie di coraggio nei campi dell’economia e informazione, scienza e impresa, arte e design, impegno sociale e diritti umani
Kabul; Azadeh Moaveni, giornalista e scrittrice statunitense di origine iraniana; Christophe Deloire, direttore Generale di Reporters sans Frontieres; Yvan Sagnet, attivista contro lo sfruttamento dei braccianti agricoli; Filippo La Mantia, chef; Selene Biffi, imprenditrice sociale; Arturo Filastò, hacker; Federico Morello, attivista della banda larga; Riccardo Luna, giornalista; Antonio Daniele Pinna, chirurgo; Sandra Savaglio, astrofisica; Andrea Loreni, funambolo; Salvatore Barbera, attivista sociale e direttore delle campagne di Change.org in Italia; Stefano Cucca, consulente strategico e docente di management; Jaromil, programmatore GNU/Linux; Dario Carrera, innovatore sociale; Andrea Rangone, docente di Business Strategy ed E-business presso il Politecnico di Milano; Massimo Arcangeli, linguista, sociologo della comunicazione, critico letterario e saggista; Gino Castaldo ed Ernesto Assante, giornalisti. Non mancheranno alcune eccellenze pugliesi come il trombettista Vincenzo Deluci, il cooperatore sociale Alessandro Leo, la information designer Angela Morelli, l’imprenditore Claudio Quarta. «Le storie che racconteremo o meglio che si racconteranno ci insegneranno molte cose. Tracceranno una via. Potranno offrirci speranza o essere il nostro modello», sottolineano gli organizzatori nel Manifesto. Questa seconda edizione sarà, inoltre, arricchita da altri due giorni di confronti. Dal 25 al 27 ottobre, infatti, XOff ospiterà una quindicina di incontri su economia e impresa, politiche giovanili e lavoro, diritti e inclusione sociale, libertà di informazione, Medio Oriente e attivismo digitale, lingua della politica.
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Speciale “dematerializzazione e cloud”
Dematerializzazione, il cloud computing è una delle strade Se in Italia nelle relazioni B2b tra imprese, e tra imprese e PA, si digitalizzasse lo scambio dati della sola fase di fatturazione, il beneficio sarebbe di 12-15 miliardi l’anno, che diventano 60 miliardi nel caso in cui la digitalizzazione si estendesse a tutto il Ciclo Ordine-Pagamento, con completa copertura dei processi. Si tratta di valori compresi tra lo 0,7% e il 4% del PIL annuo, ma immaginiamoci di applicare la stessa logica a tutti i documenti aziendali, affiancando ai benefici della dematerializzazione anche quelli del Cloud Computing. Uno scenario da affrontare con le dovute cautele a fronte di compliance e normative, ma certamente ricco di potenziali opportunità
Nel ciclo attivo, la fatturazione è solo lo stadio conclusivo, eppure la digitalizzazione di questa fase può produrre forti benefici di produttività della manodopera dedicata, miglior accuratezza dei processi (per la drastica riduzione di attività manuali), riduzione dei tempi dei processi, e dei costi (materiali, spazio e consumabili legati alla gestione di documenti cartacei e archivi). Secondo l’Osservatorio Fatturazione Elettronica della School of Management del Politecnico di Milano, con la Fatturazione Elettronica verso la PA si possono ottenere risparmi potenziali diretti di oltre un miliardo di euro all’anno nella sola PA, e di altri 500 milioni di euro/anno nelle imprese fornitrici della PA.  Se poi si affianca alla Fatturazione Elettronica verso la PA l’adozione di processi d’autorizzazione digitali, si ottengono altri risparmi economici di efficienza (produttività), ma anche un maggior controllo nei tempi d’autorizzazione al pagamento, con benefici ulteriori che l’Osservatorio stima in circa 800-1.200 milioni di euro l’anno. Un elemento estremamente interessante è però che le | 70 |
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logiche della digitalizzazione viste per le fatture possono essere applicate a tutti i documenti del ciclo dell’ordine, in una prospettiva di processo e di collaborazione di filiera tra organizzazioni partner. Secondo l’Osservatorio il costo complessivo della gestione di un intero “ciclo ordine-pagamento” varia tra 15 e 45 euro, per la singola impresa, per cui la digitalizzazione dell’intero processo può portare a ottenere risparmi fino a circa l’80% dei costi complessivi: prevalentemente migliorando la produttività del personale, ma anche l’accuratezza, la tempestività e l’efficacia. Il beneficio potenziale complessivo – in termini di aumento di produttività –, a livello di Sistema Paese nel suo complesso, è di 12-15 miliardi di euro all’anno, se nelle relazioni B2b tra imprese, e tra imprese e PA, si digitalizzasse solo lo scambio dati della sola fase di Fatturazione. E diventa di circa 60 miliardi di euro l’anno nel caso in cui la digitalizzazione si estendesse a tutto il Ciclo OrdinePagamento, con completa digitalizzazione dei processi. Si tratta di valori impressionanti, compresi tra lo 0,7% e il 4% del PIL annuo. Immaginiamoci quindi di applicare
Speciale “dematerializzazione e cloud” la stessa logica a tutti i documenti aziendali, affiancando ai benefici già intrinseci nella dematerializzazione anche quelli del cloud computing - costi ridotti a un canone mensile, nessun investimento software e hardware, software aggiornato sempre e automaticamente, ecc. - nelle aree in cui sono disponibili soluzioni già consolidate e affidabili in software-as-a-service. Per le esigenze strettamente di document management esistono già per esempio offerte commerciali di cloud content management, con sistemi di crittografia dei dati che soddisfano i requisiti di privacy e sicurezza della normativa italiana. Ma in generale praticamente tutte le aree d’attività aziendali, anche quelle più mission-critical coperte tipicamente dai sistemi ERP, sono gestibili con soluzioni in software-asa-service. Non è sempre facile far rientrare la complessa relazione tra azienda e outsourcer di un servizio di conservazione sostitutiva nei generici e standardizzati contratti di servizi di cloud computing che il mercato offre: i nodi normativi da sciogliere sul cloud computing sono ancora molti, e occorre procedere con le dovute attenzioni e cautele. I vantaggi del cloud computing però sono innegabili,
e molti utenti sono già nella condizione di non volervi rinunciare per nessun motivo. Disponibilità, accessibilità e archiviazione di dati e documenti in ogni momento, gratuitamente e da qualunque dispositivo collegato alla rete sono in effetti ormai praticamente irrinunciabili per l’utente della società dell’informazione.
Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale delle regole tecniche, la firma elettronica avanzata è pienamente operativa e ha completa validità per la sottoscrizione di atti e contratti
La firma elettronica è pienamente operativa D’ora in poi possiamo convalidare documenti direttamente con un pennino su un tablet Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del d.p.c.m. 22 febbraio 2013, “Regole tecniche in materia di generazione, apposizione e verifica delle firme elettroniche avanzate, qualificate e digitali”, la firma elettronica avanzata è pienamente operativa. Fino a oggi, la disposizione del Codice dell’amministrazione digitale sull’equiparazione del documento informatico con firma elettronica avanzata alla scrittura privata, mancando le regole tecniche, era priva d’effetto. È evidente, pertanto, l’impatto che questo provvedimento avràe sulle soluzioni tecnologiche di sottoscrizione dei documenti adottate da banche, imprese e PA. A oggi, le applicazioni più diffuse sono quelle di firma grafometrica (apposizione della sottoscrizione autografa su un particolare tablet e firma apposta tramite “one time password”). Per poterle qualificare come “firma elettronica avanzata” è necessario verificare se garantiscono le condizioni richieste dalle regole tecniche. Quali sono queste condizioni? Prima di tutto la garanzia dell’identificazione del firmatario, la connessione univoca della firma al firmatario, il controllo esclusivo del firmatario del sistema di generazione della firma, ivi inclusi i dati biometrici eventualmente utilizzati per la generazione della firma. Poi la possibilità di verificare che il documento informatico sottoscritto non abbia subito modifiche dopo
l’apposizione della firma; la possibilità per il firmatario di ottenere evidenza di quanto sottoscritto; l’individuazione del soggetto che ha erogato la soluzione di firma elettronica avanzata; l’assenza di qualunque elemento nell’oggetto della sottoscrizione atto a modificarne gli atti, fatti o dati nello stesso rappresentati; la connessione univoca della firma al documento. Il ricorso a soluzioni di firma elettronica avanzata è subordinato all’adesione, sempre revocabile, dell’utente che, dopo essere stato identificato e adeguatamente informato sulle caratteristiche della soluzione, esprime l’adesione sottoscrivendone le condizioni. Si prevedono, inoltre, obblighi di conservazione dei documenti identificativi dell’utente firmatario e obblighi di copertura assicurativa. Altri adempimenti sono richiesti dalle norme in materia di protezione dei dati personali. La firma grafometrica infatti prevede la raccolta di dati biometrici come la velocità e la pressione rilevati all’atto di apposizione della sottoscrizione. La raccolta di questi dati biometrici richiede un’informativa e la richiesta del consenso al trattamento, salvo che ricorrano casi di esclusione del consenso. Giusella Finocchiaro - Professore Ordinario di Diritto di Internet e di Diritto Privato dell’Università di Bologna www.ict4executive.it
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Speciale “dematerializzazione e cloud”
Nebulaerp, l’ERP cloud tricolore al servizio anche delle realtà associative
La piattaforma di software-as-a-service della modenese Interprise è stata adottata da Sixtema, società di software e servizi IT della CNA, che la utilizza e la eroga a sua volta alle associazioni locali
NEBULA
ERP
In ambito software-as-a-service, una delle iniziative italiane più interessanti è NebulaERP, della modenese Interprise. Si tratta di una piattaforma concepita per il Cloud e per l’erogazione multi-tenant (una sola istanza serve tutti i clienti), che propone le classiche funzioni ERP (contabilità, fatturazione, gestione di vendite, magazzino e agenti) con tutti i vantaggi del SaaS: accesso via browser, nessuna installazione software e hardware nè costi, tranne il canone mensile per utente, e inoltre aggiornamenti, manutenzione e sicurezza a cura del provider. «Tutto lo stack si basa su prodotti open source, e al contrario di quanto si crede il modello multitenancy permette anche forti personalizzazioni - spiega Guerrino Cassani, responsabile commerciale di Interprise -: è verificato sul campo, ogni settimana introduciamo aggiornamenti mantenendo le personalizzazioni». L’offerta NebulaERP si basa su due data center (a Modena e Prato), uno con le istanze dei clienti e l’altro per backup e disaster recovery, e su una rete di rivenditori nel Centro-Nord: «Seguiamo direttamente circa 30 clienti, e molti altri sono gestiti dai nostri partner, per un totale di 1200 posti di lavoro: sono in gran parte realtà di logistica e servizi, anche perché abbiamo una specializzazione nella gestione del ticketing, per aziende di servizi di assistenza e manutenzione”. Tra le principali referenze di NebulaERP c’è Sixtema, società di software e servizi IT di CNA (Confederazione Nazionale Artigianato), che ha adottato il sistema ribattezzandolo P@ndora, e lo eroga dal proprio data center alle associazioni territoriali CNA, che lo utilizzano per adempimenti contabili e fiscali, contabilità analitica, calcolo tariffe, fatturazione e incassi. «P@ndora è
Guerrino Cassani Responsabile Commerciale Interprise
Alberto Papotti Amministratore Delegato Sixtema
poi strettamente integrata con l’intero Sistema Servizi di CNA che eroghiamo dal nostro data center, e quindi anche con la nostra applicazione proprietaria di gestione paghe e il master data», spiega Alberto Papotti, amministratore delegato di Sixtema. Oggi con P@ndora Sixtema gestisce una settantina di associazioni con 4000 postazioni, ed eroga il sistema in SaaS a 25 sedi CNA provinciali con circa 650 utenti complessivi. «La soddisfazione è alta, prima avevamo un gestionale proprietario con costi di manutenzione importanti, che ora invece sono irrilevanti; inoltre le conversioni nelle associazioni non hanno dato problemi, e registriamo rilevanti riduzioni di costo per il minor numero di risorse necessario a parità di attività», conclude Papotti.
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Speciale “dematerializzazione e cloud”
TESISQUARE, un nuovo brand per consolidare il successo
Innovazione, attenzione al cliente e focalizzazione sulla gestione delle relazioni B2B delle aziende. Su queste basi Tesi ha costruito il proprio successo in quasi 20 anni di attività sul mercato italiano, raggiungendo un fatturato di 18 milioni di euro con oltre 200 dipendenti, costruendo nel tempo un rapporto duraturo con numerosi e importanti clienti. L’area di attività, più nello specifico, è quella della progettazione e nella realizzazione di soluzioni di collaboration per la gestione della Supply Chain e dei trasporti, oltre che di soluzioni specifiche per le esigenze del mondo Gdo & Retail. Ora la società intende fare un ulteriore passo in avanti, per conquistare nuovi clienti ed estendere il raggio d’azione sui mercati esteri. Per questo, ha rinnovato il proprio brand, trasformandolo in TESISQUARE - where IT happens e ha ridefinito la propria strategia per la crescita, in un’ottica di continuità rispetto al passato e di costante innovazione tecnologica. Ne parliamo con Giuseppe Pacotto, Amministratore Delegato della società. Quali sono le motivazioni che vi hanno spinto a rinnovare il brand? Tesi oggi è un’azienda solida, seria e orientata al cliente nel panorama del B2B italiano. Vogliamo partire da qui, facendo leva sulla nostra esperienza ventennale, per crescere ancora, insieme ai clienti di cui siamo partner e a quelli che si affideranno a noi in futuro.
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L’AD Giuseppe Pacotto racconta gli obiettivi di crescita, in Italia e all’estero, della società specializzata nella collaboration B2B e nel Retail, che in quasi 20 anni di attività è diventata un punto di riferimento nel mercato, grazie anche all’impegno costante nell’innovazione
Giuseppe Pacotto Amministratore Delegato Gruppo Tesi
L’obiettivo è di rafforzare la nostra identità, farci conoscere meglio e dare così un messaggio più chiaro al mercato (sia italiano che estero): Tesi è un’azienda affidabile e concreta, sempre pronta a strutturarsi per affrontare nuove sfide e supportare le nuove esigenze dei clienti. Il nuovo brand nasce, quindi, dai nostri valori, dai risultati fin qui conseguiti e dalla voglia di affrontare nuove sfide per crescere ancora. Perché la scelta del termine Square? Nelle nostre discussioni interne e con alcuni dei nostri clienti più importanti il concetto di “piazza”, rappresentato da “Square”, è emerso in più occasioni. Da un lato rispecchia il nostro approccio al mercato, che è aperto e collaborativo, perché vogliamo essere co-partecipi del successo del cliente. Dall’altro, rispecchia la nostra vision sui prodotti e sulle soluzioni informatiche a supporto delle relazioni di Business. La visibilità sulle relazioni di Supply Chain, il monitoraggio delle prestazioni, la tracciabilità delle informazioni e la condivisione tra gli attori di una filiera
Speciale “dematerializzazione e cloud”
rappresentano oggi strumenti indispensabili per affrontare il business. Le aziende lo hanno compreso e danno sempre più importanza alla gestione delle relazioni commerciali, di acquisto o di vendita, con il mondo esterno. TESISQUARE indica, dunque, la volontà di diventare una piazza di incontro dove tutti gli attori coinvolti possono trovare gli strumenti e il contesto più idoneo a costruire e cementare solidi canali di comunicazione e di business, che aprono opportunità di crescita e percorsi di innovazione. Accanto al brand TESISQUARE ne abbiamo introdotto anche un altro, TESISQUARE RETAIL, che ci consente di esprimere al meglio le competenze maturate in questo settore, in cui storicamente ci siamo ritagliati una posizione di forte leadership nazionale, proponendo anche ingredienti innovativi. Quali sono in concreto gli aspetti che vi differenziano rispetto ad altri operatori del mercato B2B? Ciò che ci caratterizza è la capacità di innovare costantemente e, al contempo di dare ai clienti continuità, anche dopo molti anni di utilizzo delle soluzioni. Un altro punto di forza è la focalizzazione sulle soluzioni B2B: a me piace chiamarle di “B2B Resource Planning”, un neologismo che si contrappone a Enterprise Resource Planning. Mi spiego meglio: oggi l’ERP è il baricentro intorno al quale le aziende hanno organizzato i processi, ma questo troppo spesso è un modello monolitico, che non dà abbastanza spazio agli aspetti di condivisione dei processi ed alle relazioni B2B. Credo invece che in futuro saranno questi gli aspetti importanti per le aziende di successo. Avete intenzione di internazionalizzare la vostra offerta? All’estero ci siamo già da tempo: negli anni, abbiamo accompagnato alcuni clienti multinazionali fuori dai confini geografici del paese, utilizzando le nostre soluzioni di Supply Chain e Transportation: non a caso i nostri servizi di Help Desk sono già erogati in lingua inglese in oltre 15 paesi. Oggi però stiamo consolidando in modo significativo la nostra presenza in Olanda e Francia, dove con l’apertura delle sedi di Amsterdam e Parigi siamo in grado di cogliere interessanti stimoli dal confronto con nuovi mercati, utili a migliorare le nostre soluzioni; ma al tempo stesso siamo orgogliosi di esportare un I.T. “made in Italy” che viene sempre più apprezzato all’estero. In altri paesi, quali la Turchia e gli Usa, prevediamo di operare a breve tramite partner. Naturalmente ci
Bayer, Supply Chain sotto controllo Bayer in Italia ha voluto migliorare la propria gestione dei trasporti di medicinali, prodotti per il parafarmaceutico e pet food, e ha scelto di farlo con il prodotto di Transportation Management di TESISQUARE. La Supply Chain, complessa e articolata (oltre 200.000 Documenti di Trasporto all’anno diretti a più di 14.000 clienti tra grossisti, farmacie e ospedali), soggetta a normative rigide e a condizioni mutevoli, è oggi completamente sotto controllo, governata dal sistema che ne coordina tutte le fasi e tiene traccia dei costi del trasporto, primario e secondario. Un progetto andato a regime in soli 4 mesi.
aspettiamo che il nuovo brand ci possa aiutare anche in questo percorso: la sfida è importante e vogliamo affrontarla con consapevolezza. In dettaglio, come è composta la vostra offerta? Oltre alle già citate soluzioni di Supply Chain, Transportation, HelpDesk 24h e RETAIL, possiamo vantare anche un’offerta tra le più complete in Italia per la gestione dell’EDI (lo scambio dei documenti del ciclo commerciale tra clienti e fornitori). Senza dimenticare la suite per la Gestione dei Rischi e della Compliance, la soluzione indispensabile per inventariare, descrivere e gestire i rischi e la documentazione normativa. E infine le soluzioni per l’HR management che coprono anche gli aspetti meno tradizionali delle attività dell’ufficio del personale.
Costa Crociere, forniture in ogni porto Un’azienda come Costa Crociere, in ogni crociera, di fatto sposta un “paese” fino a circa 5.000 abitanti fra ospiti e marittimi, con l’obiettivo di garantire un livello di servizio altissimo, che rappresenta un elemento indispensabile per la soddisfazione dei propri clienti. Tutto questo richiede una sapiente gestione dei rapporti con i fornitori, degli approvvigionamenti e un’impeccabile gestione delle esigenze nave dell’ultimo minuto. La Supply Chain di Costa Crociere è quindi un insieme di processi complessi e molto articolati: il nostro orgoglio è che per la loro gestione, Costa abbia scelto le soluzioni di TESISQUARE.
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Nuovi scenari per la gestione documentale: nasce il Social Business
Fattura elettronica, comunicazioni telematiche e PEC obbligatorie, la “morte” del fax nella PA, sono tra le innovazioni più importanti che il legislatore ha portato negli ultimi mesi nelle imprese italiane e negli enti pubblici. Novità del tutto attese per Top Consult, società che da oltre 25 anni lavora nel campo del software per la gestione documentale, presente con il proprio prodotto TopMedia, sviluppato in Italia, e pioniere della conservazione sostitutiva fin dal ‘99. «I nuovi obblighi normativi rendono oggi indispensabili gli strumenti sui quali abbiamo lavorato per anni, per rendere più efficienti le imprese e aiutarle a ridurre il peso degli archivi cartacei», spiega Pier Luigi Zaffagnini, Amministratore di Top Consult. Vantaggi che, grazie al legislatore, potranno diventare sistemici e incentivare gli usi più avanzati della gestione documentale. Top Consult ha rilasciato in questi giorni TopMedia Social NED, la nuova piattaforma documentale con caratteristiche enterprise, all’insegna della facilità d’uso e delle funzionalità “social” della rete, come ci spiega Zaffagnini in questa intervista. Cosa cambia nella gestione documentale? Fattura elettronica e digitalizzazione si tradurranno nell’utilizzo indispensabile della gestione elettronica dei documenti. Questo valorizza le direzioni di sviluppo prese in passato con il nostro prodotto TopMedia, guardando oltre l’obiettivo immediato dell’archiviazione digitale per fare della gestione
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Pier Luigi Zaffagnini, Amministratore di Top Consult, spiega perché è ormai indispensabile introdurre la gestione elettronica dei documenti nei processi aziendali e presenta TopMedia Social NED, la nuova piattaforma documentale enterprise con funzionalità utente di tipo social e di collaborazione
Pier Luigi Zaffagnini Amministratore Top Consult
elettronica dei documenti un complemento naturale del sistema informativo aziendale. Fin dall’inizio abbiamo pensato alla facilità d’uso e alla capacità di gestione dei flussi di lavoro. Tre anni fa abbiamo deciso di avviare una integrale riprogettazione del prodotto secondo tre direttrici: supporto per l’esigenza delle grandi imprese di gestire grandi volumi di documenti; integrazione delle modalità d’interazione “social” e per i mobile worker; infine supporto a una collaborazione aziendale più efficiente e real time, sostitutiva dell’e-mail. Cosa chiedono gli utenti a un moderno sistema di gestione dei documenti? Innanzitutto che risponda alle esigenze di chi ha grandi volumi di documenti e quindi che supporti load balancing e scalabilità e sia altamente affidabile. Sul mercato esistono già piattaforme con queste caratteristiche, ma non sono italiane, non hanno la nostra focalizzazione ed esperienza nelle normative, sono più complesse e costose. Un sistema moderno dev’essere usato da tutti e ovunque. In passato la gestione documentale era usata quasi solo in ufficio e con client specifici
Speciale “dematerializzazione e cloud”
installati sul PC. Oggi molte più persone devono interagire con i documenti aziendali: manager che devono approvare decisioni o acquisti, tecnici o commerciali che lavorano presso il cliente e così via. In molti casi si tratta di mobile worker, che accedono saltuariamente e che avrebbero invece bisogno di essere costantemente collegati con il sistema documentale. Il nuovo TopMedia Social NED mette a disposizione un client completo con funzionalità uguali su PC, tablet e smartphone, progettato per essere usato in modalità social. Gli utenti possono quindi ricevere notifiche attraverso l’interfaccia standard del loro telefonino, fare ricerche di documenti, discuterne con i colleghi con modalità che già conoscono. Il nuovo sistema permette agli utenti mobili di fare ricerche libere, come accade con motore di ricerca Internet. L’uso delle interfacce native dei dispositivi non obbliga gli utenti a imparare le funzioni di un client, come invece richiedono altre piattaforme. Al di là dell’interfaccia, cos’è davvero “social” nella nuova piattaforma? È il nuovo modo di interagire con il sistema documentale, che si adegua alle specifiche esigenze di ciascun utente. Rimangono ovviamente le funzionalità di ricerca complesse tramite i dati di classificazione, ma a queste sono state aggiunte ulteriori funzionalità derivate dall’uso dei dispositivi mobili, come ad esempio preferiti, recenti, tag, ricerca libera, notifiche. I mobile worker non avranno quindi problemi a lavorare con il sistema, pur non avendolo mai visto prima. Finora i criteri di archiviazione dei documenti erano necessariamente rigidi e prestabiliti dall’amministratore del sistema in funzione dei processi aziendali relativi. Top Consult ha aggiunto l’uso dei tag, dando agli utenti la possibilità di definire volta per volta degli ulteriori strumenti di classificazione personale; mutuato dai social network , il concetto di tag consente così una maggiore flessibilità e semplicità nel lavoro degli utenti stessi. Nuove sono anche le funzionalità di Groupware che consentono una migliore collaborazione. Più persone possono contribuire alla stesura di un documento, esprimere pareri e valutazioni, senza che tutto questo si traduca in un diluvio di e-mail da conciliare tra loro. Il “social” è insomma un modo efficace per avvalersi delle idee di tutti, favorendo l’intelligenza collettiva e liberando energia creativa. I primi esempi applicativi, realizzati negli USA, sono rivolti al Web Marketing e al coinvolgimento dei clienti: la nostra idea invece è stata quella di applicare il nuovo approccio alla gestione elettronica dei documenti e quindi ai processi aziendalii.
Perché, secondo voi, l’e-mail ha i giorni contati nella collaborazione aziendale? Non abbiamo nulla contro l’e-mail, ma pensiamo che se ne faccia cattivo uso nell’ambito della collaborazione aziendale e che sia vantaggioso rimpiazzarla con l’utilizzo più esteso delle funzioni di Groupware. Sia che l’utente usi il PC in ufficio o sia in movimento con il tablet o lo smartphone in tasca, non serve ricevere un’e-mail con un link per l’approvazione di un documento. La notifica raggiunge lo stesso scopo, non intasa le caselle ed è più immediata nel suo utilizzo L’integrazione con i meccanismi di notifica permette all’utente di approvare un documento semplicemente cliccando su un’icona senza aprire alcuna interfaccia client. Le modalità di collaborazione “alla social network” attraverso la creazione di gruppi, l’uso dell’instant messaging e della condivisione dei documenti, evitano di intasare le caselle e-mail con messaggi inviati allegando documenti. Con il Groupware si crea una social network privata aziendale. La condivisione permette ai tecnici, persone di marketing e vendite di collaborare sullo stesso documento, mentre il sistema si preoccupa di gestire check-in/check-out (per evitare sovrapposizioni, ndr) e la catalogazione delle versioni. Nasce così il Social Business: i metodi delle social network portati in ambito business generano grande efficienza. Inutile dire che le nuove modalità di lavoro sono molto apprezzate dai giovani, ormai “nativi digitali”.
La piattaforma TopMedia Social NED La piattaforma TopMedia è usata da circa 500 aziende italiane ed europee, tra cui realtà come Lavazza, L’Orèal, ACI Informatica, Registro Italiano Navale, TAG Heuer. «Con il nuovo TopMedia Social NED abbiamo innovato fortemente il prodotto, come ci hanno testimoniato i clienti che hanno fatto da pilota. Siamo certi di aver fatto con TopMedia Social NED un prodotto più competitivo, per il livello di scalabilità della potenza, per l’affidabilità e per la flessibilità d’uso», commenta Pier Luigi Zaffagnini, Amministratore di Top Consult. Il nuovo TopMedia Social NED può essere utilizzato dalle grandi organizzazioni come piattaforma enterprise per realizzare progetti articolati conservando la semplicità di personalizzazione, il rispetto delle leggi italiane e con costi minori rispetto alle piattaforme documentali internazionali. Per le PMI invece sono stati realizzati i Pacchetti Applicativi TopMedia Social NED, pronti all’uso e contenuti nei costi, fruibili sia in house che su cloud.
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Gestione paghe, i vantaggi dell’outsourcing e del Cloud
I sistemi gestionali sono oramai entrati nella vita quotidiana di ogni azienda. Un’esigenza imprescindibile che però oggi deve fare i conti con la pressione sui costi e la richiesta da parte del management di guadagnare in efficienza ed efficacia. In questo contesto, molte aziende stanno rivedendo le proprie soluzioni per la gestione delle paghe, valutando le opportunità che si aprono oggi con il Cloud e l’outsourcing. I costi della gestione “in casa” del software Fino a pochi anni fa, generalmente le aziende e i professionisti appoggiavano i propri sistemi a una infrastruttura interna, ovvero pc, server, connessioni di rete e via dicendo, ricorrendo a personale dedicato per le attività di configurazione, sistemistiche, di aggiornamento, ecc. Queste attività generano costi diretti ma anche molti costi indiretti e intangibili di cui, spesso, non si valuta correttamente l’impatto. Quanti infatti, sono in grado di calcolare quanto costa l’attività di aggiornamento di un gestionale, o il periodico adeguamento tecnologico, sia in termini di hardware sia di impegno delle persone dedicate? Si tratta di costi che sfuggono a un preciso controllo e spesso incidono in modo significativo sui conti economici, ma che sono considerati un male necessario per il buon andamento della vita stessa dell’impresa. Ma nell’era della crisi perenne, ogni buon imprenditore è portato inevitabilmente a riflettere sui propri processi di lavoro, limando il limabile e tagliando il superfluo. Un’opportunità
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Delegare le attività a un partner esterno o ricorrere al Software as a service: due scelte percorribili che permettono di ridurre i costi e migliorare il servizio. A patto di scegliere il partner giusto, senza farsi abbagliare da offerte poco trasparenti
Fabio Giuccioli Responsabile della Comunicazione Software Wolters Kluwer Italia
massimiliano favoti Responsabile Software Lavoro Wolters Kluwer Italia
in questo senso viene dall’outsourcing, ovvero dalla esternalizzazione di queste attività. Le aziende che vanno in questa direzione sono sempre più numerose, tanto che quello dell’outsourcing è un mercato in costante crescita. Non da meno, anche se molto più giovane, è il mercato del Cloud, e in particolare il Software as a Service (SaaS), ovvero la fruizione di applicativi che risiedono fisicamente su infrastrutture che si trovano all’esterno dell’azienda. L’outsourcing, che spesso è accompagnato da una scissione di un ramo di azienda ceduto appunto all’outsourcee, consente alle imprese di rendere variabile il costo del servizio o dell’intero processo, e al
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contempo di usufruire di tecnologie sempre allo stato dell’arte e di competenze sempre aggiornate. L’outsourcing dei servizi paghe Un campo di applicazione ideale dell’outsourcing sono i servizi paghe. Ogni azienda, infatti ha un suo ufficio risorse umane che spesso svolge due servizi distinti fra loro: la gestione delle persone e la gestione amministrativa delle paghe. Quest’ultima attività è oggetto sempre più frequente di esternalizzazione. La decisione di affidare ad una società specializzata la gestione amministrativa del cedolino paga porta infatti l’azienda ad eliminare tutti i costi annessi e connessi al gestionale paghe interno (le licenze, la manutenzione IT, ecc.). A fronte quindi della periodica immissione delle presenze-assenze dei propri dipendenti, l’azienda riceverà l’elaborazione dei cedolini pagando l’outsourcee in proporzione al numero dei propri dipendenti. Questa scelta prevede spesso il mantenimento da parte dell’azienda del consulente del lavoro, figura di riferimento necessaria all’azienda. La scelta del partner determina il successo dell’operazione «Fondamentale - afferma Fabio Giuccioli, Responsabile della Comunicazione Software di Wolters Kluwer Italia - è la corretta scelta del partner a cui affidare la propria attività. Occorre infatti individuare un partner solido, di comprovata affidabilità, capace di garantire continuità e di offrire una corretta scalabilità, oltre a disporre di strumenti tecnologici all’avanguardia per la gestione dei servizi». Il mercato italiano ha visto infatti il proliferare di “services” minori o locali la cui qualità è spesso messa in discussione da pratiche commerciali “border line”. Un prezzo attrattivo, quindi molto basso, è il primo campanello di allarme da valutare con attenzione. I conti vanno fatti a fine anno: le condizioni commerciali attrattive sono spesso maggiorate nel corso dell’anno da una serie di eccezioni fastidiose che invece l’utente giustamente considera come attività standard. Ristampare un cedolino, conteggiare la tredicesima, consegnare i CUD, sono esempi di attività che potrebbero non essere comprese nell’offerta iniziale. I clienti, invece, hanno bisogno di trasparenza: un prezzo chiaro, omnicomprensivo, che non includa solo il minimo indispensabile per erogare le paghe. Si evitano così sorprese durante l’anno, rendendo possibile una programmazione dei costi chiara e precisa. La soluzione tecnologica utilizzata, inoltre, può fare la differenza. Privilegiare un outsourcee che si avvale di un software paghe evoluto e che mette a
disposizione del proprio cliente degli strumenti informatici online, vuol dire avvantaggiarsi in efficienza e in flessibilità. È sufficiente pensare a come si possono facilmente inputare le informazioni sulle presenze/assenze dei propri dipendenti senza inviare fax o mail, o a come alla possibilità di ricevere tutti gli output sui un portale e metterli a disposizione anche dei dipendenti stessi, eliminando carta e tempi di consegna. Spesso poi questi strumenti, disponibili 24 ore su 24, offrono anche la libertà di intervenire per gli aggiornamenti sulle anagrafiche, gli estremi bancari, i familiari a carico, etc. Oggi sono pochi i partner che possono offrire in tutta affidabilità soluzioni di outsourcing e soluzioni in Cloud nel mondo delle paghe. «Wolters Kluwer Italia ha le carte in regola per essere scelta come partner a livello nazionale perché offre la garanzia di conoscenza della materia, grazie all’esperienza pluriennale di brand di riferimento quali Ipsoa e Indicitalia, e soluzioni Web e Cloud di ultima generazione. A ciò si aggiunge capacità di investimento e solidità economico finanziaria, che un gruppo multinazionale come il nostro può offrire», conclude Giuccioli.
Cloud o outsourcing completo: la proposta di Wolters Kluwer Italia per la gestione paghe HRinService è il servizio di outsourcing delle paghe di Wolters Kluwer Italia, una soluzione completa e scalabile che comprende in modo chiaro e trasparente tutti gli adempimenti obbligatori dell’elaborazione del cedolino, oltre agli aspetti legati al costo del personale e relativo budget. Il tutto in una piattaforma Web evoluta che consente un significativo risparmio di costi e tempi sia nella digitazione delle presenze che nella ricezione dei cedolini e altri documenti necessari, compreso il portale per i dipendenti. «Il cliente può optare anche per l’utilizzo del servizio Cloud - spiega Massimiliano Favoti, Responsabile Software Lavoro di Wolters Kluwer Italia - ovvero la piattaforma Giotto per la gestione delle paghe: è completamente on line e integrata al mondo editoriale e tabellare Ipsoa/Indicitalia, con il vantaggio che produrre i cedolini diventa più semplice e sicuro. Infatti, l’attività può essere affidata anche a un operatore con poca esperienza che può essere guidato e controllato nello svolgimento del suo lavoro. Questo permette di contenere i costi di personale esperto, anche nell’ottica di sostituzioni momentanee».
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VMware completa il puzzle per i data center virtuali
Cloud, virtualizzazione della rete e dello storage sono stati i temi fondamentali del recente VMworld 2013 di San Francisco, evento in cui VMware ha annunciato 12 nuove soluzioni e mostrato le tecnologie in corso di sviluppo. Soluzioni che danno più concretezza al concetto del “software-defined data center” annunciato un anno fa e declinato nella realizzazione di soluzioni capaci di estendere la virtualizzazione alle infrastrutture e quindi consentire una gestione attraverso il software dell’intero data center. «È un passo avanti verso una rivoluzione che ridurrà i tempi per l’innovazione delle imprese - promette Alex White, vice presidente enterprise system per l’area EMEA di VMware -. Una vision che ci porta a sviluppare strumenti per la semplificazione dei cloud ibridi, per la virtualizzazione del networking e dello storage». Un cambiamento anche culturale per l’IT. «Vogliamo dire la nostra nel campo del management, perché vediamo che i tool di gestione sul mercato sono ancora pensati per l’IT di tipo tradizionale, - precisa White -. Con il Cloud non serve un Configuration Management Data Base e ITIL perde importanza perché è diverso il modo in cui si opera». Da qui nascono le soluzioni più importanti presentate al VMworld: VMware vCloud Suite 5.5, vSphere Operations Management 5.5, NSX e Virtual SAN. Migliorare la gestione dei cloud Tra le novità del VMworld c’è l’annuncio delle nuove soluzioni di cloud management nell’ambito della vCloud Suite che ampliano il supporto sia
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Al recente VMworld sono state presentate le componenti per rendere effettiva la promessa dei “software defined data center“ attraverso soluzioni per la gestione dei cloud ibridi e l’estensione della virtualizzazione alle infrastrutture di rete e dati
Alberto Bullani Regional Manager VMware
delle fasi operative sia di quelle gestionali. «Il focus di VMware è sulla semplificazione dei Cloud ibridi e quindi sulle soluzioni per integrare il mondo dei data center», ha precisato White. Con VMware Cloud Management l’obiettivo è un’infrastruttura automatizzata e programmabile che consenta all’IT di operare come broker di servizi a fronte di richieste interne ed esterne. Una direzione strategica che ha ottenuto un buon riscontro di mercato secondo IDC, società di ricerca che nel “Worldwide Cloud Systems Management Software 2012” ha assegnato a VMware la leadership del settore con il 20,5% del market share. Le soluzioni hanno all’interno capacità analitiche e supportano approcci innovativi all’integrazione e, attraverso l’automazione basata su policy, la gestione delle performance, delle capacità, delle configurazioni e dei costi. Le funzionalità di Automation Center e vCenter Operations Management Suite sono state incorporate nelle diverse versioni della VMware vCloud Suite 5.5. Funzioni di capacity planning, performance e health monitoring sono state aggiunte a vSphere Operations Management 5.5. A fianco del completamento funzionale delle soluzioni cloud, VMware ha dichiarato un maggiore impegno nello sviluppo dei partner nell’ambito
Speciale “dematerializzazione e cloud”
del cloud management, promettendone un raddoppio nel corso del 2013. VMware ha predisposto specifici aiuti per gli operatori che vorranno aggiornarne il loro business nell’ambito cloud. La rete al centro Il concetto di software-defined data center richiede astrazione a livello dell’infrastruttura attraverso la virtualizzazione, il pooling e la gestione automatizzata basata su policy delle funzioni di ottimizzazione e provisioning. Il nuovo VMware NSX punta a disaccoppiare le funzioni di rete e di security dall’hardware sottostante, permettendo di sfruttare le capacità di trasporto e controllo in modo diverso rispetto al passato, con costi più ridotti. Come per la virtualizzazione dei server, le capacità della rete sono messe in pool e assegnate on-demand alle applicazioni. VMware NSX riunisce le funzioni di Nicira NVP e VMware vCloud Network and Security in una piattaforma unificata, offrendo l’intero modello di rete e sicurezza (layer 2 – 7 della pila OSI) sotto forma software. Le reti virtuali create da NSX supportano le applicazioni esistenti senza modifiche e restano integrate con l’hypervisor. Questo consente di avere servizi scalabili per far fronte alle necessità delle applicazioni. Anche la virtualizzazione della rete ha bisogno di uno sforzo culturale. «In molte aziende italiane, la responsabilità delle reti e della sicurezza sono separate da quelle dei sistemi e affidate a differenti persone. Questo crea delle resistenze che vanno superate per ottenere i benefici promessi dal cloud in termini di ottimizzazione», spiega Alberto Bullani, Regional Manager di VMware Italia. VMware ha concepito NSX come piattaforma estendibile che permette ai partner di aggiungere propri servizi. Tra questi, sono previsti gateway per unire ambienti fisici e virtuali; piattaforme di sicurezza di rete, firewall e sistemi di prevenzione delle minacce; servizi di application delivery tra cui il bilanciamento del carico, application delivery e di ottimizzazione WAN. Al VMworld una ventina di partner hanno annunciato il loro supporto a NSX e dimostrato soluzioni che saranno rese disponibili in seguito al rilascio dello stesso NSX. Lo storage nel mirino Al VMworld è stato confermato dell’impegno di VMware in campo dello storage, area in cui l’utilizzo spinto della virtualizzazione può contribuire a migliorare l’efficienza dell’IT. Sulla scia di NSX, VMware ha lavorato a sistemi che consentono di unire e gestire in modo ottimale lo storage esterno. Al VMworld ha rilasciato la beta pubblica di VSAN (virtual SAN), che fa storage pooling e permette la creazione di array ibridi che usano sia dischi a stato solido sia magne-
tici. L’integrazione di VSAN con l’hypervisor fa sì che la gestione possa essere automatizzata sulla base di policy. L’acquisizione di Virsto, avvenuta all’inizio dell’anno, ha permesso a VMware di annunciare al VMworld un’inedita tecnologia di hard disk storage che riordina le richieste di accesso ai dati delle macchine virtuali in funzione della posizione fisica sui dischi, velocizza l’accesso e le prestazioni dello storage. Con vSphere Flash Read Cache è stato reso disponibile un sistema che assegna spazio di cache sui server in funzione delle esigenze di ogni macchina virtuale in modo che lo spostamento da un server all’altro sia accompagnato dalle impostazioni più idonee.
Soluzioni per la forza lavoro mobile Al VMworld VMware ha risposto alle esigenze delle imprese di gestire una forza lavoro sempre più mobile con lo sviluppo delle componenti Desktop-as-a service e Smartphone VMware Ready che si aggiungono al sostegno della comunità di partner che ha fatto della Horizon Suite una base per l’offerta di soluzioni di cloud mobile. Con Desktop-as-a-service per VMware Horizon View viene proposta una soluzione per passare dai PC ai desktop virtuali e quindi consentire ai dipendenti aziendali l’accesso ai propri dati dal Cloud, scegliendo tra i service provider preferiti. Entro la fine dell’anno Horizon View sarà disponibile anche sotto vCloud Hybrid Service, consentendo all’IT di avvalersi di una piattaforma unificata per portare desktop e data center nel Cloud. Con Smartphone VMware Ready, VMware ha messo a punto una risposta al BYOD (bring your own device) che offre soluzione alle esigenze di controllo e sicurezza degli amministratori IT ed è supportata sui dispositivi dei maggiori costruttori. Si aggiunge a Horizon Workspace 1.5 che offre una piattaforma mobile unificata che facilita la gestione basata su policy delle applicazioni. | 81 |
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Conoscere l’ICT per innovare il business LE
TECNOLOGIE
DELL'INFORMAZIONE
E
DELLA
svolgono un ruolo sempre più pervasivo e strategico in qualsiasi organizzazione, diventando una potente leva di innovazione e di miglioramento delle performance. Una corretta conoscenza di queste tecnologie e, soprattutto, del loro impatto sul business può portare una qualsiasi azienda a sfruttarle efficacemente per ottenere benefici significativi e migliorare la sua competitività. Gli Osservatori ICT & Management della School of Management del Politecnico di Milano nascono proprio con l’obiettivo di contribuire a questa conoscenza con un insieme ampio e articolato di vicende che analizzano la migliore esperienza italiana, con una forte attenzione agli scenari internazionali. COMUNICAZIONE (ICT)
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RCE B2C COMME
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PAY M E OBILE
COMM NT &
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ccesso asi d i su sono i c Ita lia in • Qua li t n e e P ay m d i Mobil ro? e st ’e ll a e elco, olo d i T ema (r u st in Ita lia si rà o e c e erm • Qua le er) si a ff id ent? v m ro y P a e P Mobile B a nc he pp o d e l u il sv lo p er
• Quanto vale l'eCommerce B2c in Italia nel 2013 e quali sono le potenzialità di sviluppo nei prossimi anni? • Come sta evolvendo il Mobile Commerce in Italia? Come sono utilizzati i Social Network a supporto del processo di interazione con il consumatore?
S TA R T U P D I G I TA L I
M O B I L E I N T E R N E T, C O N T E N T & A P P S
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NEW MED IA & NEW INTERNET • Quanto va le il mercato dei Media digitali in Ita lia?
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OBILE • Quan MARKE TING to del Mo vale il merca to bile Ad ver e quali sono le tising prospe ttive? • Quali sono i be di Mob ile Mar nefici di inizia keting & Serv tive ice?
SERVICE ICT AS A CLOUD &
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tà • Quali sono le priori di invest imento ICT nel 2014?
& B U S IN LY T IC S
• Quanto vale il mercato delle Mobile Application in Italia?
• Quanto va le il mercato dei finanziamen ti in startup hi-tech? • Quali sono gli attori co involti nell’ecosistem a italiano de lle startup?
• Quali sono i comportamenti degli utenti che scaricano applicazioni dal telefonino?
TELL E S S IN
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FAT T U R A Z I O N E E L E T T R O N I C A
• Quali sono i benefici di una soluzione di Fatturazione Elettronica e come si valutano concretamente? • Quali sono i principali “fattori critic i di successo” di un progetto di integrazion e del Ciclo dell’Ordine?
r ub r ica | r ice rche e st ud i a cura di
paola capoferro ronchetta
Le grandi imprese italiane innovano nel segno della Mobility Due imprese su tre hanno già fornito ai manager dispositivi New Tablet, mentre le Mobile Business App sono state introdotte dal 35% delle grandi imprese. La fotografia dell’Osservatorio Mobile Device & Business App Il ruolo della Mobility a supporto dei processi di Business conserva - e addirittura rafforza - la propria rilevanza nelle “agende dell’innovazione” delle principali imprese italiane. «Nel 2013 un’impresa su due la ritiene una priorità alta o medio alta; diventeranno due su tre nel 2014», ha affermato Andrea Rangone, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Mobile Device & Business App. Il 57% delle imprese ha già introdotto New Tablet per una o più famiglie professionali e il 35% utilizza già anche Business App: nel breve-medio termine diventeranno, rispettivamente, il 90% e il 96%. Inoltre, il 58% delle imprese che hanno già introdotto delle Mobile Business App ha adottato anche una piattaforma di Enterprise Application Store, cioè un Application Store interno, aziendale, finalizzato alla gestione delle applicazioni e dei device mobili usati dal personale. È quanto emerge dalla fotografia scattata dall’Osservatorio Mobile Device & Business App della School of Management del Poli-
tecnico di Milano nella ricerca “Mobile Enterprise: tap your Business!”. Le risposte fornite da 200 CIO di grandi aziende sopra i 250 dipendenti mostrano come già il 57% abbia introdotto New Tablet e il 62% si dichiari soddisfatto della scelta effettuata. I fruitori sono in particolare il top management - nel 2012, il 64% dei CIO li ha forniti a Executive & C-level e un altro 12% li introdurrà nel breve periodo - e personale di vendita, che in parte li sta già utilizzando (41% delle aziende, in crescita rispetto al 29% dello scorso anno) o li utilizzerà in futuro (16% a breve e 25% a medio/lungo). E a quest’ultima categoria si rivolgono le Mobile Business App più adottate in azienda: le App di Sales Force Automation sono utilizzate dal 59% delle aziende; mentre le App di Field Force Automation si attestano al secondo posto con il 41% di diffusione. I CIO sono consapevoli dell’importanza di queste soluzioni: il 35% le ha già introdotte e il 61% conta invece di introdurle in futuro (25% a breve e 36% a medio termine).
La diffusione degli Enterprise Application Store e del BYOD
Per la pubblicazione, installazione e aggiornamento delle applicazioni, il 58% delle aziende che ha già introdotto Mobile Business App ha adottato anche una piattaforma di Enterprise Application Store, che consente di controllare gli accessi, gestire il licensing e profilare gli utenti per garantire la sicurezza dei dati delle App e tutelare il rispetto delle policy aziendali. Anche l’attenzione verso il paradigma del «Bring Your Own Device» cresce sensibilmente in tutti gli attori coinvolti nella Ricerca: è, infatti, raddoppiato il numero di Grandi Imprese che permettono l’utilizzo di dispositivi personali per attività lavorative, passando dal 20% del 2012 al 45% del 2013. L’adozione nelle PMI
Le PMI sono restie a investire nell’IT ma 1 su 3 ha adottato i New Tablet, destinandoli nel 63% dei casi di adozione alla forza vendita. La penetrazione delle Mobile Business
la mobility vista dalle grandi imprese: il grado di adozione dei mobile device Smartphone tradizionali
Pc convertibili e Slate PC
17%
22%
9% 68%
Con riferimento alle nuove tipologie di dispositivi Mobile presenti sul mercato, quali sono già stati introdotti nelle Grandi Imprese italiane? 52%
5%
6%
21%
Smartphone “grandi”
Ultrabook
Base empirica: 171 CIO
New Tablet 10%
10% 8% Fonte: Politecnico di Milano
22%
23% 60%
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6% 14%
Prossima introduzione (decisione già presa)
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53%
20%
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Prossima introduzione (decisione non presa)
Nessun interesse
R U B R ICA | ricerc h e e st u di
App si ferma però al 25% delle PMI e di queste solo un 46% ha adottato un Enterprise Application Store. «La ricerca effettuata su un campione statisticamente significavo di 421 PMI con meno di 250 dipendenti evidenzia come, nella maggior parte dei casi, le PMI siano restie a cogliere le opportunità dell’innovazione legate ai nuovi Mobile Device e alle Business
App», afferma Paolo Catti, Responsabile dell’Osservatorio Mobile Device & Business App.Tale inerzia può essere analizzata attraverso due chiavi di lettura. In senso assoluto, l’ancora carente cultura sulle opportunità offerte dalle soluzioni digitali; nel dettaglio, la limitata capacità di riuscire a comprendere i molteplici benefici derivanti dall’adozione di soluzioni di Mobile Business.
«Tuttavia c’è un altro ambito in cui delle piccole imprese stanno mostrando elevata dinamicità», afferma Andrea Rangone. «Sono 878 le startup che, a livello internazionale, operano nel Mobile e che, negli ultimi due anni, hanno ricevuto finanziamenti da investitori istituzionali; di queste, circa il 10% opera nel mercato delle soluzioni a supporto della Mobility aziendale».
Il Cloud italiano cresce dell’11% ma ancora molto resta da fare Le grandi imprese restano ancora il fruitore principale del mercato, che solo per il 5% riguarda le PMI Il mercato cloud in italia 2013
195 mln E
GRANDI
219 mln E PUBLIC 8 mln E
PMI
10 mln E
230 mln E
GRANDI
253 mln E private 10 mln E
PMI
11 mln E 2012
443 mln E
2013
493 mln E
Business e cogliendo le opportunità di mercato -, di apertura dei propri confini organizzativi (67%) -condividendo applicazioni con utenti selezionati anche esterni all’azienda -, di personalizzazione (55%) - grazie alla composizione di “mattoncini” diversi si possono ricombinare informazioni, strumenti e servizi per creare ambienti e condizioni di lavoro altamente personalizzati e flessibili -. A livello di diffusione, poi, in Italia «Il 70% delle grandi aziende adotta le tecnologie Cloud in modo pervasivo o con sperimentazioni avanzate almeno su un ambito di utilizzo. Il 26% ha dichiarato un interesse concreto, mentre solo il 4% dichiara di non utilizzare il Cloud e di non avere alcun interesse a introdurlo», ha afferma Alessandro Piva, Responsabile della Ricerca dell’Osservatorio Cloud & ICT as
Fonte: Politecnico di Milano
Il mercato italiano del Cloud è cresciuto dell’11% rispetto allo scorso anno sfiorando il mezzo miliardo di euro (493 milioni) e le grandi imprese restano ancora il fruitore principale del mercato, che solo per il 5% riguarda le PMI. A porre l’accento su questi aspetti, andando ad analizzare il livello di diffusione delle iniziative Cloud in Italia, il rapporto “Cloud Journey: un cambiamento possibile!” dell’Osservatorio Cloud & ICT as a service. Quest’anno gli analisti della School of Management del Politecnico di Milano si sono chiesti se le opportunità derivanti dall’adozione della nuvola sono state perse. Già, perché se è vero che il mercato italiano del Cloud è cresciuto è anche vero che il Cloud rappresenta solo il 3% del comparto IT. E l’idea che la Nuvola potesse rimetterci al passo con gli altri Paesi si è sciolta in una pia illusione: non solo siamo più indietro rispetto ai partner occidentali, ma il divario sta aumentando. E ci troviamo a rincorrere nazioni come il Messico, l’Indonesia, la Turchia, la Polonia che crescono 3 volte tanto sul Cloud (per non parlare dei classici paesi emergenti, Cina e India). «Non ci si rende conto che rifiutando il Cloud le aziende rinunciano a benefici tangibili e concreti», ha commentato Mariano Corso, responsabile scientifico dell’Osservatorio. Chi utilizza la nuvola ha beneficiato di vantaggi in termini di virtualità (77%) - rendendo disponibili alle persone, in qualunque luogo e situazione si trovino, gli strumenti e le informazioni necessarie per svolgere il loro lavoro -, di agilità dell’organizzazione (73%) - mettendosi in condizione di costruire il proprio vantaggio competitivo facendo leva sulla velocità di risposta alle esigenze delle Line of
+11%
Totale
a Service. Per quanto riguarda le PMI, fra le aziende comprese tra 50-249 addetti la percentuale di diffusione è del 28%, che scende al 20% per quelle tra 10-49 addetti. «Ancora molto elevata la percentuale di non interesse delle tecnologie Cloud (rispettivamente 41% e 33%) e di non conoscenza della tecnologia (10% e 25%)», continua Piva. A rafforzare questo concetto quanto dichiarato da Stefano Mainetti, responsabile scientifico dell’Osservatorio: «Assistiamo a una forte dicotomia fra chi non ha compreso il Cloud e chi lo adotta con successo. I numeri di mercato non sono così incoraggianti perché sono ancora molte le aziende che non hanno capito appieno le potenzialità del Cloud e si trincerano dietro falsi miti come la sicurezza dei dati o il lock-in».
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RUBRI C A | ricerch e e stu di
recruiting, i manager più richiesti sono esperti di efficienza ed export Per gli analisti di Michael Page cresce anche la ricerca di eCommerce Manager, Chief Technology Officer e Proposal Manager La crisi porta in primo piano manager esperti di efficienza ed export. Ecco i profili dirigenziali più richiesti al momento secondo Michael Page, multinazionale del recruiting. Iniziamo dal Lean manager: ottimizzatore di risorse, esperto di tecniche lean, è laureato in ingegneria, e con 3-5 anni di esperienza può guadagnare 30-50mila euro lordi, che diventano 70mila con più di 5 anni. Michael Page stima un aumento del 15% di richieste per questo manager, che ha il compito d’applicare tecniche just in time e di lavorare su tempi d’evasione degli ordini e sprechi, riducendoli al minimo. Molto richiesto anche l’Export manager: la crisi s’affronta meglio espandendosi sui mercati esteri, e infatti questa figura segna una crescita del 20% di richieste. Fra le competenze c’è la motivazione della forza vendita, lo sviluppo di key customer e la ricerca di nuove opportunità. Oltre a conoscere bene i mercati esteri, il professionista è in grado di interpretare i segnali che danno indicazioni sui trend futuri. È essenziale la conoscenza di almeno una lingua straniera e un know-how commerciale di statura internazionale. La retribuzione media con 5-10 anni d’esperienza è sui 45-70 mila euro l’anno, 70-80mila per chi ha 10-15 anni di pratica. Per l’eCommerce manager la crescita di richieste è del 25%: deve avere una solida esperienza sul Web, saper elaborare strategie di lancio di prodotti o servizi via Internet, saperne di marketing e essere pronto a una formazione continua. Precisione e attitudine al problem solving sono pure essenziali, insieme alla conoscenza dei mercati internazionali, marketing e controllo di gestione legato all’eCommerce. Sono richieste anche competenze di tipo economicogestionale e tecniche come SEO, affiliazione, logistica/trasporti e modalità di pagamento. Tra 5 e 9 anni d’esperienza va da 45 a 80mila euro lordi l’anno, con 9-12 anni di esperienza arriva a 80-100mila. Buona la domanda anche per il Chief technology officer: la laurea è in ingegneria o informatica e l’occupazione è di definire le strategie aziendali sul fronte high tech. Deve coordinare il team IT e l’evoluzione di carriera lo porta a essere un chief information officer. Con 5-7 anni d’e| 86 |
sperienza guadagna 50-60mila euro lordi l’anno che diventano 60-90 mila con 7-10 anni alle spalle. Infine il Proposal engineer. Figura cruciale per le imprese che lavorano su commessa, lavora con l’area sales per preparare le offerte. Si occupa delle gare
d’appalto formulando i preventivi. Requisiti sono la laurea in economia o discipline tecniche e buone capacità relazionali con clienti e team di progetto. Con 5-7 anni d’esperienza si arriva a 40-50mila euro l’anno, con più di sette si possono raggiungere 70mila euro.
Il Mobile Internet italiano vola a 1,25 miliardi, Content e App a 620 milioni L’Osservatorio annuale della School of Management del Politecnico di Milano certifica il perdurante boom della Mobile Economy Nel 2012 in Italia il Mobile Internet - ovvero la connettività da cellulari e smartphone - è cresciuto del 53% annuo, raggiungendo un valore di 1.247 milioni di euro, e triplicando così i propri ricavi negli ultimi tre anni. Molto bene anche il mercato Mobile Content & Apps, che crescendo del 20% sull’anno precedente ha raggiunto i 623 milioni di euro, trascinato in particolare dalla componente App (+76%). Questi, in estrema sintesi, i confortanti responsi dell’edizione 2013 dell’Osservatorio Mobile Internet, Content & Apps della School of Management del Politecnico di Milano. In particolare se per il mercato Mobile Internet i ricercatori si aspettano in questo 2013 un ulteriore incremento del 33% - trainato dal successo delle tariffe Flat, che per la prima volta nel 2012 superano la metà del valore del mercato, e dai 27 milioni di possessori di smartphone -, per quello Mobile Content & Apps, si auspica un aumento del 28%, rispetto ai 623 milioni di euro del 2012, di cui l’86% proviene dalla spesa degli utenti (ricavi Pay) e il 14% dagli investimenti pubblicitari (Mobile Advertising), Interessante in particolare il trend dei contenuti visualizzati o scaricati accedendo ai siti Mobile i cui ricavi crescono del 24%, e delle App comprate dagli Application Store che hanno registrato un incremento del 76%, raggiungendo quota 118 milioni di euro che potrebbero raddoppiare nel 2013. Tra i generi di App di maggior successo figurano i giochi (60% dei ricavi), seguiti da utility, mappe, contenuti di infotainment & education, e contenuti social. L’86% del
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mercato App è gestito dagli Owner degli Application Store e, tra questi Apple mantiene la leadership gestendo quasi l’80% dei ricavi. «L’introduzione del credito telefonico come nuova modalità di pagamento sarà uno dei fattori chiave per garantire un’ulteriore crescita di oltre il 20% nel 2013 di tutto il settore Mobile Content & Apps a pagamento - ha afferma Marta Valsecchi, Responsabile dell’Osservatorio Mobile Internet, Content & Apps -. Questa soluzione offrirà una valida alternativa alla carta di credito, in grado di catturare, in particolare, quel 29% di Mobile Surfer che oggi rinunciano ad acquisire App. Atro fattore di sviluppo del mercato - secondo Filippo Renga, responsabile dell’Osservatorio - è la forza propulsiva di alcuni brand come WhatsApp, Deezer, Spotify, insieme ai grandi publisher di giochi: «Queste realtà stanno abituando l’utente a pagare per contenuti di valore, ma è necessario che Content Provider, Sviluppatori e Software House puntino sull’innovazione nell’offerta di contenuti riuscendo». Secondo Andrea Rangone, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio, «Quello delle App è un mercato altamente competitivo. Riteniamo che siano pochi player a fare la stragrande maggioranza del fatturato. Rispetto alla vasta quantità di Sviluppatori, Software house e Content provider che provano a giocare una partita nel mondo delle App, quasi la metà del fatturato è fatta da poco più di un centinaio di player. Ma non mancano le opportunità offerte da questo mercato anche per sviluppatori brillanti e startup creative provenienti dall’Italia».
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Roma, 13 - 14 novembre 2013 Ergife Palace Hotel, Via Aurelia 619 www.omat360.it Orientarsi non sempre è facile ma, oggi più che mai, stare al passo con lo sviluppo delle tecnologie digitali è un aspetto cruciale per ogni attività di business. Dal 1990, OMAT è la più importante mostra convegno italiana dedicata alla gestione delle informazioni digitali e dei processi aziendali, un punto di incontro puntuale per tutti i protagonisti dell’information management e per chi desidera affrontare il mercato in modo sicuro, intelligente e vincente. L’innovazione procede a tutta velocità. Tutte le strade portano a OMAT.
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r u b r ic a | n om in e Gianni Onorato CEO Msc Crociere
Alessandro Bogliolo CEO Diesel
A partire da inizio settembre, Gianni Onorato ha assunto l’incarico di Chief Executive Officer di Msc Crociere. Nel nuovo ruolo riporterà al Consiglio di amministrazione del gruppo Msc e all’Executive Chairman, Pierfrancesco Vago, suo predecessore nel ruolo di CEO. Con alle spalle quasi 30 anni di esperienza nell’industria crocieristica, Onorato vanta un’approfondita conoscenza del settore e un’ampia esperienza in posizioni di senior executive, essendo stato direttore generale di Costa Crociere per oltre nove anni. Laureato in Lingue e letterature straniere presso l’università degli studi di Napoli L’Orientale nel 1983, si è in seguito specializzato in amministrazione aziendale presso la SDA Bocconi di Milano e l’Insead di Fontainebleau, in Francia.
Diesel, l’azienda veneta di jeans wear che fa capo alla holding Otb di Renzo Rosso, ha nominato Alessandro Bogliolo nuovo CEO. La carriera di Bogliolo inizia come consulente presso Bain & Co prima a Parigi e poi a Milano. Dopo un’esperienza nell’automotive in Piaggio in Spagna e in Cina, entra a far parte di Bulgari nel 1996 come General Manager nel Sud-Est asiatico. Nel 2009 diventa il direttore operativo (COO) dell’azienda occupando la posizione fino al 2012, quando passa al gruppo di profumerie Sephora, sempre con la stessa carica con responsabilità del Nord America, con base a San Francisco. Il nuovo CEO ha recentemente dichiarato: «Ho sempre guardato a Diesel
come a uno dei pochi marchi iconici a livello mondiale e a un’azienda dalle performance straordinarie. Pensare di poter contribuire a disegnare i prossimi anni e una nuova fase del suo sviluppo è un’emozione incredibile».
Andrea Mangoni CEO e Presidente, Sorgenia Andrea Mangoni è il nuovo Chief Executive Officer e Presidente del consiglio di amministrazione di Sorgenia, operatore energetico italiano controllato dal gruppo Cir e partecipato dall’utility austriaca Verbund. Mangoni, 50 anni, proviene da Telecom Italia, dove è entrato a luglio 2009 come presidente esecutivo di Telecom Italia
Sparkle. Nello stesso anno è diventato Chief Financial Officer mentre nel 2012 è stato nominato Chief Executive Officer di Tim Brasil e direttore generale per l’America Latina. Dal 1996 al 2009 ha lavorato in Acea con incarichi di crescente responsabilità. In particolare, è stato Amministratore Delegato dal 2003 al 2009.
Elio Catania Presidente, Assinform L’Assemblea di Assinform, l’associazione di Confindustria che raggruppa le principali imprese IT, ha eletto Elio Catania a nuovo Presidente. Catania, che subentra a Paolo Angelucci, ha trascorso gran parte della sua carriera in Ibm fino a raggiungere la posizione di Presidente di Latin America, South Europe and Italy. Nel corso della | 88 |
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sua carriera è stato, inoltre, Presidente e Amministratore Delegato di Ferrovie dello Stato e dell’Azienda Trasporti Milanesi. Attualmente è vice presidente vicario di Alitalia, membro del Consiglio di amministrazione e del Comitato Esecutivo di Telecom Italia. Il neo presidente diventerà anche vice presidente di Confindustria Digitale.
RUBRICA | nomine
Luca Bertolini Amministratore Delegato Les Copains Novità ai vertici di Les Copains. L’azienda bolognese Bvm SpA, proprietaria del marchio, ha annunciato la nomina di Luca Bertolini come Amministratore Delegato. Entrato in Bvm da poco più di un anno con la carica di Direttore Generale, Bertolini assume ora questo nuovo incarico a sostegno della crescita ed espansione del business soprattutto sui mercati internazionali. Bertolini, 50 anni, vanta una lunga carriera maturata nel comparto moda. Un percorso professionale iniziato nel 1987 presso Maska spa in qualità di responsabile commerciale worldwide. Nel 1998 ha fondato l’azienda di licensing di lusso Jaya srl (Mila Schon, Ungaro,
Fuchsia) ricoprendo il ruolo di Presidente e Amministratore Delegato. Nel 2008 entra in Mariella Burani Fashion Group con il ruolo di Direttore Generale Apparel Division. Nel 2010 assieme a Daniele Drago fonda 2FF srl società di consulenza strategico-direzionale che nel 2011 partecipa in Venture srl, società attiva nello sportswear di lusso.
Gianluca Cimini Amministratore Delegato BT Italia Gianluca Cimini è il nuovo Amministratore Delegato di BT Italia, la realtà italiana di British Telecom che, dal 1995, offre servizi di comunicazione alle imprese e alla pubblica amministrazione nel nostro Paese. Cimini nel nuovo ruolo riporterà direttamente a Corrado Sciolla, ex Amministratore Delegato di BT Italia, promosso a febbraio President BT Global Services per le attività in Europa e in America Latina. Nato 43 anni fa, Gianluca dopo la laurea in Economia e Commercio presso l’Università “La Sapienza” di Roma consegue un Master in Business Administration in Gran Bretagna e frequenta un Executive Course alla Harvard Business School. Prima di entrare nel 2010 in BT Italia, ha avuto esperienze professionali in GE, Novartis, Fcc Group e Deloitte.
Claudio De Conto Amministratore Delegato Artsana Group Il gruppo Artsana - titolare tra l’altro dei marchi Chicco, Pic Solution, Lycia, Control e della catena retail Prénatal - ha nominato Claudio De Conto nuovo Amministratore Delegato. Per la prima volta un manager esterno alla famiglia Catelli prende le redini dell’azienda, che dalla morte del suo fondatore, Pietro Catelli, - avvenuta nel 2006 - è sempre stata gestita dai figli Michele, Enrico e Francesca. Nato a Milano nel 1962, De Conto si laurea in Finanza Aziendale nel 1986 presso l’università commerciale Luigi Bocconi. Dopo
l’esordio in Ernst & Whinney in Inghilterra, nel 1988 entra nel Gruppo Pirelli dove ricopre ruoli di responsabilità via via crescente: CFO in Spagna e Germania, Direttore Generale Amministrazione e Controllo Pirelli &C., Direttore Generale operativo Pirelli & C., consigliere di amministrazione di Pirelli Tyre, presedente di Pirelli Broadband Solutions, Amministratore Delegato Finanza di Pirelli & C. Real Estate e Presidente Esecutivo Pirelli Real Estate Credit Servicing. È stato anche Consigliere di amministrazione di Rcs MediaGroup e Senior Advisor di Mckinsey e CVC.
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Andrea Cioffi, Responsabile dei servizi ICT, ING Direct Italia 45 anni, laureato in Ingegneria Elettronica al Politecnico di Milano, Andrea ha iniziato la sua carriera professionale in Nolan Norton Italia, partecipando a numerosi progetti come consulente per le organizzazioni IT di primarie banche e assicurazioni italiane. Nel 2001 partecipa alla startup Datanord Multimedia poi confluita nel Gruppo internazionale Fullsix. Qui sviluppa un’importante esperienza nel mercato dei servizi digitali per le aziende, contribuendo allo sviluppo del Gruppo Bipop prima e di Fineco in seguito. Nel 2004 entra a far parte di ING Direct come IT Project Manager gestendo progetti strategici per lo sviluppo commerciale della
Banca, tra i quali il lancio del Mutuo Arancio, dei prodotti di investimento e in particolare del Conto Corrente Arancio, oggi prodotto di punta della Banca. Nel 2008 diventa Responsabile dell’Area sviluppo IT, dove gestisce un innovativo processo di digitalizzazione dei servizi IT, attraverso lo sviluppo del canale Mobile e dei canali fisici della Banca. Dal 2010 è a capo dei servizi ICT, dove guida un ambizioso programma di evoluzione tecnologica della banca, attraverso la virtualizzazione dei servizi ICT, la Customer Digital Experience e il Cloud Computing, elementi essenziali per assicurare uno sviluppo innovativo alla banca on-line.
Renato Marchi è Corporate CIO di Gruppo PAM SPA, azienda italiana della grande distribuzione che conta oggi più di 800 punti vendita ed un fatturato di Gruppo di circa 2,6 miliardi di euro. Con più di 27 anni di esperienza lavorativa ha ricoperto funzioni manageriali, in aziende nazionali e multinazionali, in ruoli sia di General Management, che di Staff dedicati alla pianificazione strategica ed alla gestione operativa di ambienti ICT complessi. Renato Marchi è anche co-fondatore di Beyond The Future srl; una piccola azienda specializzata nella consulenza strategica orientata all’advisory tecnologico degli investimenti in mercati Hi-Tech. È stato CEO e General Manager di Volendo.com (Il canale Internet del Gruppo Lombardini, partecipato anche da due noti fondi d’investimento ); MRO Business Unit Mana-
ger e COO di Fast Buyer SpA che è stata la “Centrale Acquisti” del Gruppo Fiat (per materie prime, utilities, componenti elettronici, MRO’s, Servizi ICT) e la piattaforma di eProcurement per il Gruppo Fiat e per il mercato esterno sia privato, che legato alla pubblica amministrazione. Ha ricoperto il ruolo di Corporate CIO di Autogrill SpA: in questo ruolo ha completamente ridisegnato e resi operativi i Sistemi Informativi a supporto delle nuove stra-
tegie di sviluppo ed internazionalizzazione seguenti la privatizzazione. È stato CIO del Gruppo Lombardini con particolare enfasi alla revisione dei processi e del modello organizzativo a supporto; Nei primi anni del proprio percorso professionale ha lavorato nel settore Gate Arrays-MOS di quella che oggi si chiama STMicroelectronics SpA (Fusione di SGS Microelettronica e Thomson Semiconducteurs). In seguito ha ampliato la propria esperienza lavorando come analista di sistema e supporto del marketing di prodotto per Ing. C. Olivetti & C. SpA ed in Andersen Consulting (ora Accenture) nella “practice” tecnologica. Renato Marchi è stato co-fondatore del Consorzio NetComm (Consorzio Italiano del Commercio Elettronico) dove è stato membro del CDA. È laureato in Ingegneria Elettronica presso il Politecnico di Milano.
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Andrea Cioffi è il Responsabile dei servizi ICT di ING Direct Italia la succursale italiana del gruppo Olandese, presente in Italia dall’aprile 2001 e affermatasi nel mercato dei prodotti di risparmio grazie al successo commerciale del conto di deposito Conto Arancio.
renato marchi CIO, gruppo pam
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