Ideobook 5° concorso letterario 2020 - Antologia Poesia e Poesia dialettale.pdf

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Antologia Poesia e Poesia dialettale

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Uno scorcio della bellissima Chiesa del Gonfalone di Saltara, dove si svolge la cerimonia di premiazione del concorso letterario Ideobook

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IL CONCORSO

Dopo il buon esito delle quattro precedenti edizioni, Ideobook, il concorso letterario promosso da Ideostampa, è arrivato alla sua quinta edizione allargando la platea dei partecipanti a livello nazionale. Ideobook è un contest letterario che vuole promuovere e stimolare gli autori anche utilizzando le nuove tecnologie di stampa digitale che permettono piccole tirature. La partecipazione è gratuita e aperta a tutti, senza limiti di età e quest’anno divisa in quattro sezioni (racconti) e (racconti brevi), (poesia) e (poesia dialettale). Siamo particolarmente lieti di questa quinta edizione di Ideobook, sperando di scoprire nuovi talenti e di creare una occasione di incontro e stimolo culturale nel territorio. Ideobook è solo uno dei diversi progetti sviluppati da Ideostampa con l’intento di creare prospettive inedite sulla produzione culturale dell’intero comprensorio della Valle del Metauro. Alfio Magnesi amministratore Ideostampa

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IL PATROCINIO

È un vero piacere per la nostra Amministrazione concedere anche quest’anno il patrocinio comunale ad Ideobook, il concorso letterario promosso da Ideostampa ed arrivato quest’anno alla sua quarta edizione. Tra le diverse iniziativa che contribuscono - come piccole gocce nel mare - ad espandere il tesoro di conoscenza e cultura collettiva, Ideobook ha avuto, fin dall’inizio, una particolare attenzione per la sua del tutto unica capacità di far emergere dal tessuto territoriale potenzialità letterarie nascoste, portarle almeno per un giorno alla luce dei riflettori di una quotidianità troppo spesso assopita ed indifferente, e premiare i rispettivi autori con piccole tirature della propria “creatura”. Grazie ad Ideostampa, ad Alfio e a tutti i suoi preziosi collaboratori, per questo “dono” che fanno alla comunità metaurense, con l’augurio di sempre nuove e proficue collaborazioni. Andrea Giuliani Assessrore alla Cultura Comune di Colli al Metauro

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LA GIURIA

ELISABETTA FREDDI poetessa ELVIO GRILLI poeta dialettale GIULIA GIOVANELLI giornalista LUIGI STORTIERO poeta, artigiano PIERO TALEVI poeta del Metauro RODOLFO TONELLI ex preside, scrittore e camminatore SANZIO BALDUCCI esperto dialettologo SILVANO CLAPPIS giornalista, scrittore VITTORIA SCHIAVONI ex insegnante, amante della scrittura e della poesia

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INDICE POESIA Amalfitano Alessandro Baldi Ester Battocchio Luisa Belletti Claudia Benvenuto Roberto Berni Anna Maria Berti Mauro Boccolini Maria Grazia Bovini Samuele Bressan Martina Buccioletti Alessandro Calabrese Antonio Caprari Rossana Caranna Cono Caruso Marta Ciceri Felicita Cingolani Silvia Cristofori Dora Cumbo Simone De Luca Ida Del Prete Roberta Di Cioccio Mariella Direnzo Alessandro Dolci Alba Fasani Margherita Foggetti Maria Foti Antonio Gabrielli Adriano Gallina Laura Gambelli Roberto Gasperin Ilenia Giraldi Stefano Giuli Marco Guiducci Roberto

pag. 10 pag. 11 pag. 13 pag. 14 pag. 15 pag. 16 pag. 17 pag. 18 pag. 19 pag. 20 pag. 21 pag. 22 pag. 23 pag. 24 pag. 25 pag. 26 pag. 27 pag. 28 pag. 29 pag. 30 pag. 31 pag. 32 pag. 33 pag. 34 pag. 35 pag. 36 pag. 37 pag. 38 pag. 40 pag. 42 pag. 43 pag. 44 pag. 45 pag. 46 6


pag. 47 pag. 49 pag. 50 pag. 52 pag. 53 pag. 54 pag. 55 pag. 56 pag. 57 pag. 58 pag. 59 pag. 60 pag. 61 pag. 62 pag. 64 pag. 65 pag. 66 pag. 67 pag. 69 pag. 70 pag. 71 pag. 72 pag. 73 pag. 74 pag. 76 pag. 77 pag. 80 pag. 81 pag. 82 pag. 83 pag. 84 pag. 85 pag. 86 pag. 87 pag. 89

Lembo Nigel Lepore Nicoletta Longarini Laura Malvoni Elisa Mammarella Marco Mandia Giuseppe Martino Duilio Mazza Loredana Mazzucchelli Norberto Melnychuk Alla Mencarelli Patrizia Mevi Pasqua Montanari Daniela Morabito Maria Palombo Ida Paolini Roberta Patonico Franco Perasso Nicola Pericolo Corrado Pierandrei Patrizia Ponte Luca Prediletto Vincenzo Pullo Vanessa Quilichini Elios Marco Regna Teresa Renelli Adriana Riva Stefania Romanini Alessio Salamano Walter Santo Antonella Sartori Davide Scatoli Fausto Silvestrini Maria Pia Sposato Laura Spezi Deanna 7


INDICE Spurio Lorenzo Trebbi Walter Tedesco Luigi Danilo Vagnini Luca Valerio Patrizia Vitalini Piergiovanni Zacconi Zeudi

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POESIA DIALETTALE Amalfitano Alessandro Berloni Tommaso Di Cioccio Mariella Negri Maddalena Ponte Luca Prediletto Vincenzo Regini Massimo Rovinelli Stefano Regna Teresa Ricci Roberto Rosaverde Rodolfo Scuola primaria Sant’Ippolito Scatoli Fausto Silvestrini Maria Pia Spurio Lorenzo Trebbi Walter Valerio Patrizia

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APPENDICE Omaggio a Marino Saudelli di Giuliana Aniballi

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Poesia

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Amalfitano Alessandro LAGO D’ AUTUNNO Disteso su di un tappeto Di foglie dorate ed umide Che son volate via Da rami non più frondosi Un sole tiepido Riscalda i miei pensieri Un prematuro tramonto Allunga l’ombra Che quasi abbandona Il mio corpo stanco Percepisco la malinconia Del lago che contemplo Un mare privo di libertà Cinto da terra opprimente Che ne argina l’impeto Umida brezza scalfisce L’argentea superficie Flebili onde aspergono gli argini Una piccola vela contro corrente Lotta e risale la marea Rimpianti di un’estate Fuggita velocemente Si condensano In una goccia di rugiada Che cade sul viso E lo solca Come una timida lacrima Ma dolce Come questo meriggio d’autunno

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Baldi Ester BIANCO Tentennando altalenante all’utopia degli incontri mentali di cataclismi e sguardi di sangue e caos, confondo confusa possibilità e realtà del dicibile delle mani nodose e sincere che degli occhi hanno somiglianza tattile e mi assicuro alle funi inconsumabili scagliate dai tuoi timonieri che tradiscono l’opulenza dello smarrimento rappreso in nascondigli nell’oscurità dei tuoi silenzi miei. Fenomenici quei giorni d’incandescenza mutevole affabile d’umorale timore teso a passione celata di terra e di suoni. I rossori fraudolenti demolitori delle mura in bianco tufo scalfito dalle attenuanti 11


come pegno dell’impegno al tradimento delle mie gesta e dei gesti e degli atti, il tradimento delle parole che per me smettono di splendere per te e tu sciogli i nodi delle mani affogati nelle onde dei sospiri dai fari sorti dalle mareggiate più tiranniche. Sciogli i miei sentieri nodosi e concreti tesi al volo di farfalle inesistenti solo nell’impossibilità per trovare i nessi del non detto, furore utopico di mostruosità interiori che divorano le oscenità messe in scena per cibarsi di giustezza. Sciogli i nodi delle fervide catene e canta il colore delle ciliegie che in questo febbraio dormono già in latenza nel bianco più puro dell’avvento.

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Battocchio Luisa ALZHEIMER Una memoria di ricordi bambini, quando gli occhi non vedevano un mondo così duro, quando bendata percorrevi strade saltando e sorridendo, momenti in cui i fiori erano i tuoi unici amici, e le stagioni cambiavano colori e profumi. Smemorata ed indifesa, i tuoi occhi bendati ora vedono tutto, ma non vedono giusto. Le stagioni sono uguali tra loro, i profumi ci sono, ma non sai più cosa sono. Un cuore batte, e non sai più per chi. Il sangue pulsa, lo si intravede quasi tra le ossa. Un discorso, cento parole, e non sai cosa vorresti dire, non sai come poterlo dire. La mente esperta di un tempo rivanga quei piccoli ricordi di bambina; mani così fragili che per anni hanno scavato terreni aridi, ora sono mani stanche, con la forza nemmeno di salutare. E salutare poi chi? Persone vanno e vengono, chissà se il tuo cuore accelera a quel pensiero, chissà se senti ancora il nostro amore! Forse il tuo silenzio soffre, magari la tua mente vorrebbe ridere. Non capisci, non ricordi, vorrei bendarti e portarti a correre nei prati, vorrei baciare la tua fronte fragile e pensierosa e svuotarla. Vorrei ricordarti chi eri, chi sei stata, chi sono stata io, chi eravamo noi, chi erano loro. Presenze sempre costanti e pazienti che da una vita conosci e conoscevi, amori della tua esistenza che non possono più farsi spazio dentro di te. Ti hanno portata via i tanti anni in questo cielo, ed ora ci saluti, e anche se non capisci e le tue cento parole sono come silenzio, sorridi di tanto in tanto ed il tuo viso, per un istante, si illumina come un tempo.

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Belletti Claudia LA RISPOSTA Un’immagine riflessa nel tempo sfiora i pensieri, ti illumina. Sei forse tu un sole di un altro pianeta, satellite della mia mente? Solitario è il mio muscolo cardiaco, lo soffoco in un grido. Sogno un incontro magico, sogno la vita... mi risponde la tua voce. Adesso ti guardo, mi perdo nella tua iride mi confondo nella serenitĂ del mio essere e ti amo.

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Benvenuto Roberto UN GIORNO DI OTTOBRE Un giorno di ottobre la luce capiterà di notte da imposte aperte Traverserà le cose sino a te Tra nebbie precoci troverà la via In strade di foglie abbandonante dagli alberi A terra tristi tra ricci di castagne Avverto il soffio del legno bruciato nella notte Nel verde dell’umido mattino Proviene da te Il colore del giorno Un giorno di ottobre rosso di tramonto Tu zampilli tra sogno e verità Sei qui Chiara e nitida nel mattino Che inizia questo giorno della nostra vita Col tramonto in autunno.

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Berni Anna Maria DOPO Quando tutto sarà passato quando sarà solo un ricordo non dovremmo dimenticare che il bisogno di non sentirsi soli aveva svegliato l’umanità sopita da tempo. Che la paura l’incertezza del futuro ci aveva avvicinati acceso la speranza riscoperto i valori. I sentimenti più belli erano riemersi ci davano forza ci credevamo. Quando tutto sarà finito non dovremmo tornare ad essere quelli di prima.

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Berti Mauro ABBRACCIAMI FORTE AMORE Abbracciami forte, abbracciami ora, abbracciami adesso. Abbracciami quando piango, quando ballo il tango, quando rido, quando grido, quando mi lamento, quano ho un tormento, quando è festa ma anche quando mi gira la testa, quando sto male, quando l’ansia mi sale, quando sono depresso, quando sono malmesso. Salta, canta piangi, ridi ma abbracciami amore, quando cammino ma poi mi fermo un pochino, quando faccio errori, quando ho dei dolori, quando facciamo l’amore, abbracciami forte amore. Abbracciami ora, abbracciami adesso. Abbracciami forte non aspettare la morte. 17


Boccolini Maria Grazia IL POTERE DELLE PAROLE Parole futili, parole vere, parole importanti, parole sincere. Parole pesanti, come macigni,. Parole incisive, solitarie, silenziose. Parole non dette Parole lacrima, gocce di pioggia. Parole fulmine nel temporale. Parole inutili, dentro bolla di sapone. Lettere mute, gestuali, impronte importanti per l’Anima. Farfalle sospese nel tempo. Parole Sacre, solitarie, stelle del Firmamento. Verbi di Cristo, nel divenire. Faranno capolinea in una tesi, proclamata dal Tempo, nella nostra Esistenza.

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Bovini Samuele IL GIORNO DOPO LA NOTTE Dopo il lento e trascinante sciamare di quei vuoti bagordi ridondanti, siedo tranquillo sull’amata roccia, e osservo la luna lasciare timida il suo posto al sole mattutino. La vuota pazzia nera della notte presenta l’aurora del nuovo giorno, e carica di speranze poi l’alba di colore e di calore esplode in un timido cinguettio d’uccelli. Il giorno che s’insegue con la notte, la notte che s’insegue con il giorno, lo spettacolo che prosegue eterno, tra le immutate attonite quinte del mondo, infinito palcoscenico.

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Bressan Martina L ‘AMORE È COME IL VENTO Pochi sguardi, Tanti pensieri, Volano verso te, Rapiti dal vento, Arrivando fin al tuo cuore, Tu che sei il mio amore, Tu che ora sei parte di me Sento il mio cuore fremere, Ardere di te. Di fronte a me, L ‘immagine celata del tuo viso, Che lenta scompare, Perdendosi in questo cielo, Che ci racconta di me di te, E ci ha reso complici di questo amore eterno immortale.

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Buccioletti Alessandro METROPOLI lacrime che rimarranno lì in una pozzanghera di benzina cerchi che scompaiono nello specchio oleoso e questa notte segni sul cuscino del letto domani rugiada e margherite un po’ sporche di quell’aiuola laggiù a lato del marciapiede nero di smog saranno raggi di luce di un’altra giornata sotto grattacieli tra taxi gialli e ventiquattrore che ballano su strisce pedonali

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Calabrese Antonio IL LAGO Dal lago trasparente, Una lingua di terra affiora, Di una immane bellezza Una luce nella giovinezza Ti assorbe con tenerezza Facendoti scordare l’amarezza. Il lago con fierezza La spiaggia accarezza, Spingendo la brezza Verso il paese con sicurezza, Risvegliando i sopiti Sorrisi della fortezza. Si lascia cullare la ragazza Dalla illusione Dei pensieri con lentezza, Guardando il lago dalla terrazza, Chiudendo gli occhi con timidezza, Il blu cobalto memorizza. Un immagine riflessa, Dalle acque viena strizzata Con la sua limpidezza, Aspettando un sogno di purezza, Rimango a guardare la bellezza. Ascoltando nella quiete E guardando la gentilezza Della gente con naturalezza, Nel silenzio della piazza

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Caprari Rossana NEVE SUI CAPELLI Fuori nevica: siamo in pieno inverno. Un tremore mi percorre all’interno non per il freddo, non per lo spavento. La mia anima si annienta col tempo ogni minuto che passa se ne va via col vento. Un annebbiamento. Un aggrovigliamento. Un continuo decadimento. Come quando, quel giorno, il sentimento entrò dentro alla gabbia del mio cuore, pian piano senza fare rumore senza trovare la chiave ma alleviando il dolore aprendo la porta sul retro con la mano. Quella porta dimenticata da ognuno, che, quando la apri, emette un cigolio grave. L’emozione stringe lo stomaco. Un nodo si forma in gola, stretto stretto. Sento l’ansia nel petto. Mi compare una divinità che ha qualcosa di utopico quindi provo a nascondere ogni mio difetto. Parliamo per ore in un bar. Ridiamo con la bocca sporca di panna e cioccolata. Usciamo e mi tieni la mano. Corriamo alla macchina nella città inquinata. Il bianco acceso della neve si confonde coi tuoi capelli, un tempo color castano. Al solo vederti, tremavo in un tempo lontano. Ora che ho vissuto tutta la mia vita con te, tremo ancora nel dirti “ti amo”. 23


Caranna Cono IL GABBIANO E IL PESCATORE Svoli via, oh volatile ferito per ogni dove l’agitato mare. Lontano dall’armonia dello stormo in cerca d’un collega pescatore… egli pure, in stenti fa ritorno. Con l’impetuoso vento da garbino toccar terra è difficile e rischioso. Tu pennuto da forte e poderoso raggiungi a fatica tal natante reputo da meta assai distante. “Si presta” il collega, con piacere pure compiaciuto al suo dovere. Affascinato per il tuo planare pur le tue zampe palmate sulla prua lo fanno soprattutto rallegrare. Non si cura, del mare che è agitato col suo gesto di cuore disperato ti prende con la debita prudenza ti porta con lui diretto in plancia per darti cure col dovuto amore far sì non è scomparso il tuo malore. Or sorpreso, col cibo becchettare del pasto come voi, “molto gradito” pesce scarso… ch’è tanto saporito. Poi persisti giulivo “in coperta” egli affanno col duro lavoro non accetti slanciarti nel volo t’è spiacente lasciarlo da solo. Trai vantaggio di un cielo stupendo v’ è il sereno, nessun turbamento. Schiamazzare e nell’aria librare verso stridulo e col branco sfrecciare. Ed uscendone sano ed indenne: Legati, per la pelle e per le penne. 24


Caruso Marta OGNI TANTO E ogni tanto mi capita ancora, mi capita di sorprendermi a cercarti in una foto, a cercare i tuoi occhi scuri rivolti verso l’obbiettivo rivolti verso me. E ogni tanto mi capita ancora, mi capita di perdermi nei dialoghi e nei ricordi, in quelle parole dette con leggerezza o forse no. E ogni tanto mi capita ancora, mi capita di pensarti nonostante il tempo, nonostante la pietra che entrambi abbiamo messo nonostante tutto. E ogni tanto mi capita ancora Ma a te capita mai?

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Ciceri Felicita DENTRO IL COMO’ DELLA NONNA Quanto di lei, un album di sbiaditi ritratti. Qui dove pareti trasudano essenza di ricordi Quanto di lei, una fotografia un poco sgualcita. Là su una sedia impagliata, a sferruzzare grezzi gomitoli.

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Cingolani Silvia LA GUERRA COMINCIA LI’ Armi da fuoco rumore di esplosioni intelligenti rovine di case già distrutte dalla povertà, file di ciotole lucide aspettano una porzione di riscaldata pietà. Immagini rimandate in differita: la guerra è degli altri. Ma c’è un fronte vicino, quotidiano. E’ negli occhi della gente vestiti di diffidenza, nelle mani serrate che non danno, ma pretendono, è nei cuori contratti e tristi. E la guerra comincia lì. Guerriero solitario la polvere da sparo è bagnata dal tuo sangue. Abbandona ogni resistenza e torna a fare l’uomo!

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Cristofori Dora SONETTO 1 Oh pioggia della metà di Marzo, oh alta foschia che molto offusca e mi bagna, afflitta l’anima amara accompagna da vivi ricordi a patire volta, nè giusta pensa, nè sente, travolta dal mal, che qui garba cosa di rogna mostrarsi, come vano grido sogna lui che sì danneggia e null’esalta. Così sì da voi lungi lungo evo ormai, alba dell’astro, veli e scrosci e venti meno del corso di travagliati guai se l’etere lo testa e gl’elementi piangono nei più bei mesi e giorni gai, chi porrà morte o quando a quei momenti?

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Cumbo Simone ANDARE Me ne andai. Dove non dovevo arrivare. Ora sono nel tempo che grida presenza. Qui, dove tutto è ora...

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De Luca Ida OCCHI I tuoi occhi Una sensazione strana Fanno stare bene con il mondo Fanno paura Smuovono il mio cuore Ridandomi un sogno Sono ciò che non mi aspettavo Ciò che non credevo potesse esistere Mi cullano Come per magia riescono a darmi forza A farmi sorridere il cuore..

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Del Prete Roberta LA STANZA DEI SOGNI Sali, sali e, gradino dopo gradino, trovi la stanza dei sogni… ti attendono tavolozza e colori, intingi un pennello e sulla paziente tela pian piano, sbocciano fiori. Nella stanza dei sogni lieve è l’aria, si mescolano i profumi s’inebria la mente, danza la fantasia un silenzio di cristallo. Nella stanza dei sogni le parole ricamano poesie, i colori dipingono paesaggi, le note dan voce alla melodia che in te risuona. Nella stanza dei sogni rimbalzano le emozioni sulle pareti pulsano istanti senza tempo. Prima di entrare nella stanza dei sogni ascolta bene i battiti del cuore perché una volta entrato è lì che lascerai i tuoi respiri.

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Di Cioccio Mariella NEL CALDO DI LUGLIO Nei bisbigli dell’afa sostano note disperse, s’apposano nei contorni di luce sotto un cielo che stilla il suo terso celeste. Il silenzio si fa voce di lontane nebulose Sull’aria indorata dal caldo di luglio e tutto s’acqueta, solo la natura sembra parlare tra le zolle assetate e canneti di mais, tra covoni di paglia e girasoli ridenti. Sarà di quel grillo Il canto che io cerco? O di quell’ape Il ronzìo del rimorso? Lento sovviene il tramonto ad imbrunir l’apparente quiete, un velo vermiglio che la frenetica notte solleva.

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Direnzo Alessandro E anche se non mi vuoi amare mi piacerebbe vederti ed abbracciarti forte, del mio cuore vorrei aprirti le porte. Vorrei dirti tante cose, tutte racchiuse in un abbraccio, tutte spiegate in un sorriso,in uno sguardo. Ho una battaglia da vincere,la tua paura di soffrire da sconfiggere, dico sempre di volerti bene ma il mio cuore sa che ti amo,non riesco piĂš a fingere.

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Dolci Alba UN FIORE E’ bello quel fiore secco conservato in un libro antico e mi riporta a quella mano che ha lasciato un segno e nello stesso tempo mi commuove perchÊ secco mi mostra la sua bellezza svanita ma riconquistata dal ricordo.

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Fasani Margherita IL CANTO DEL PETTIROSSO Così leggera che il vento la porta. Così un macigno nel cuore lei porta. Sulla spalla destra un pettirosso: accompagna il suo canto, ora commosso. Ma la folla è incapace, ahimè d’udir anche solo una nota, del suo patir. “Oh pettirosso, la gente non sente.” “Nel cuor sopravvive soltanto il niente?” Il suo destino, forse, è segnato: rimaner sola a cantare nel vento. O magari un cuore, d’amor inondato Ascolterà il suo enorme tormento.

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Foggetti Maria RICORDO DI TE La notte avvolge la deserta città con un sottile velo di malinconia sfiorando i colori di un cielo che si cela oltre le sfumature di un tuo sorriso dolcemente respiro il ricordo di te Ancora un po’ ed esso incontrerà i miei pensieri e se mai sogni nascosti mi condurranno a te sul manto della notte dipingero’ il riflesso dei tuoi occhi nei miei

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Foti Antonio VENTO DI SCIROCCO Con la sabbia tra le mani osservo il mare all’imbrunire con l’ultima luce che si spegne su ciò che resta della vita mia. Ultimi raggi di sole persi nel buio della sera, ultimi attimi di luce dissolti nell’immensità del cielo. Con lacrime amare sul mio volto ti penso sempre quando sei lontana ed ho tanta voglia di amarti come un bambino che vuole solo starti un po’ più vicino. Con le mani giunte e gli occhi verso il cielo ti accarezzo in un attimo con un timido sguardo. Donami amore mio il coraggio di voltar pagina, di perdonare e di perdonarmi senza indugi e condizioni, con il solo desiderio di amarti senza più esitazioni. Ricordati in ogni tuo pensiero, in ogni tuo respiro che tra l’istinto e la ragione ho scelto solo di adagiarmi nel tuo grande amore. Dolce vento di Scirocco, elegante signore del tramonto, soffia sul mio corpo con il tuo respiro, spazza via dal mio animo i pensieri più bui e spegni con il tuo vigore quelli più vani e più inutili. Elegante signore della sera, illumina la mia mente con il soffio della tua libertà e donami parole e pensieri orientati verso una nuova lealtà. E’ bello fissare lo sguardo al tramonto quando l’ultima luce del giorno si adagia dolcemente sul mio volto. E’ bello cogliere l’ultima scia calda del sole, quella che ti accende sempre dentro la voglia di pensare ad un domani migliore. E’ magico inseguire con lo sguardo l’ultima luce che si spegne nel cielo come un dolce pensiero dedicato solo a te, come una dolce carezza pensata soltanto per te. Dolce vento di Scirocco, elegante signore del tramonto, soffia sul mio corpo con il tuo respiro, spazza via dal mio animo i pensieri più bui e spegni con il tuo vigore quelli più vani e più inutili. Elegante signore della sera, illumina la mia mente con il soffio della tua libertà e donami parole e pensieri orientati verso una nuova lealtà. Amarti è la voce del mio animo che come l’ultima luce del giorno non vuole andar via senza vederti e pensarti sempre e soltanto mia. 37


Gabrielli Adriano MAMMA Sono arrivato quasi ormai a metà strada, cosa che nel subconscio, non mi aggrada, forse non son riuscito ben, ad interpretare, tutte quelle belle cose, che ha saputo fare. La vita è stata di ricordi e anche rimpianto, da commentar solo, da chi t’e stato accanto, trascorsi anche, in solo modo trascendentale, anche se l’esperienza, non era in stato ottimale, certo, trovandoti in quei frangenti a tale età, si poteva supporre, essere chiusa nell’omertà, forse la tua costanza e carattere indomabile, ha fatto si, che tutto ciò, risultasse possibile, tra alti e bassi della vita, gli anni son passati, che nell’occasione, problemi non vi son stati. Un di il postino, una cartolina venne a portare, trattandosi della chiamata, al servizio militare, e se anche da un pò di tempo aveva sentore, dentro il suo animo, stava a serpeggiar dolore, il che non dovuto, da qualche male o incidenti, era la lontananza, scoperta in quei momenti, ho un chiaro ricordo, come si svolse la scena, quando partii, i suoi occhi eran torrenti in piena. Anche se allor, ci separava tanta lontananza, tutte le settimane, mi scriveva con costanza, che al fin, prima di aprirla, con tanta premura, potevo immaginar, lo svolgimento dla stesura, che immancabilmente, lo scritto era questo, come stai, noi molto bene, tanti saluti, a presto, e questo procedere a pensarmi e contar tempo, altro non fece, che farla cadere in esaurimento, col ritorno a casa, riprendendo la solita vita, dopo poco tempo, si potè considerar guarita, sono tempi che ancor non riesco a classificare, 38


è stata una perdita di tempo, o venne a giovare. La vita continuava senza scossoni ne problema finché un giorno, fummo sommersi da patema, e che in men che non si dica e senza preavviso, in breve al babbo venne a meno, il suo sorriso, era a letto in affanno, noi aprimmo le finestre, ciò non valse, si chiuse cosi il viaggio terrestre. Dopo aver superato pure lui, una vita di stenti, non ha potuto goder della pensione i momenti, certo che sto colpo fu cosi tanto micidiale, che paregonato ad altri problemi, fu ineguale, certo che sta disgrazia, dentro molto ci segnò, ma per sopravvivere alla vita, lottare bisognò. Cosi andammo avanti, in maniera assai blanda, perché dopo tanti guai, il cuor non si comanda, ed ancora, nella vita ha rigiocato la sfortuna, mamma presa da ictus, senza speranza alcuna, messa distesa sopra un letto ed incosciente, che nessuna medicina ha potuto far niente, per quattro anni sei rimasta in simile posizione, senza più riconoscere, ne figli nè persone, e chi per sempre, ti ha custodito e vegliato, è tuo figlio, che del tuo bene non si è scordato, e se e da tanto tempo non ha la tua compagnia, lui ti tiene sempre nel cuore, e non uscirai via, e mentre scrivo, questo il cuore mi balbetta, ed una lacrima dagli occhi, scende in fretta, ti rivedo spesso, ancora stesa, sull’angusta bara con l’immutato dolor, che provavo allora. Tralascio, non perché non abbia altro da dire, i fatti di mamma, un tomo non può contenere.

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Gallina Laura LA FRODE DI FREUD Illustre dottore, neurologo ed anche più, padre di concetti, che si basano sugli aspetti della sessualità. Intesa come sfera, s’intende. Ma, come già fece Jung, che ben più trovo di mio gusto, il buon Gustavo attribuì energie non limitate alla libido, ma all’intero essere, in concilio con l’Universo tutto, e, dopo averlo appreso, la teoria della libido, mi pare solo un pensiero brutto, certamente geniale, ma andava arricchito, ristudiato, elaborato. Così fu fatto, dai tuoi seguaci, poi nemici. Ecco Klein, Abraham, Lor signori han proseguito, ma, il Gustavo, ha ben più ampliato. Mai più terapie, per me, da pipe fumose E pippe lagnose, sul sesso, la prossima terapia, giuro, la farò con uno Junghiano, 40


che mi apra le porte dell’I-ching e degli Archetipi l’arcano. Ti saluto dottore, anzi, Professore, va pure ad interpretar sogni da chi te li vuole dipingere in bianco e nero. Io voglio i colori del Cielo, e l’odor di pipa, m’infastidisce.

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Gambelli Roberto POESIA IN UNA NOTTE D’ESTATE Avvolti dal buio Di questa calda notte d’estate Ci abbracciamo senza dire inutili parole E tu sei fresca rugiada Sulla mia pelle bruciata dal sole Ogni tua carezza È una leggera brezza che mi tocca il cuore Stringimi forte Prima che ci separi la morte Che ormai non può portarci via Questo momento di poesia

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Gasperin Ilenia NATURA UMANA Tronchi di betulla che s’intrecciano in un abbraccio infinito come stessero danzando sulle note di chissà quale melodia e m’invitano eleganti a riflettere sulla vera natura dell’essere umano bisognoso di sostegno bisognoso di un abbraccio per affrontare sereno il cammino della sua esistenza.

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Giraldi Stefano PER LA VITA CHE SFUMA Per i muri infranti di profumi scomparsi, eccessi di incanti imperiosi; ariosi soffitti, cosparsi di infantile stupore, inarrivabili sempre nei sensi dissennati di una nostalgia infiltrante. Per quel sorriso accavallato tra le rughe, migrante in un taglio di luce; mentre la voce di giunco, appena matura, è un sasso di crudeltà nello stagno della memoria. Per quello sguardo oltre le montagne, là dove ogni cosa affonda nella storia, la dove ora dilaga l’oblio, là dove la sera versa il vino, e l’ineffabile destino si ubriaca di dolore per vestire di ombre l’invadente candore di un’età sfiorita. Per quella vita vissuta. Per questa vita evocata. Per la vita che sfuma.

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Giuli Marco DUE CORI APPANNATI SU ROMA So dieci giorni che non te vedo e me ne sto da solo mentre appanno il vetro di questa macchina disegnando due cuori attraverso i quali riesco a vedè fuori. E fuori c’è Roma, con tutta la sua bellezza anche quando piove, te vede e t’accarezza anche quando non ci sei, ma tanto sto tranquillo perchè tanto stai a tornà, e manco a farlo apposta al telefono uno squillo. Se illumina lo schermo, il tuo profilo riflesso al vetro fa da sfondo ar cuppolone, mentre il cielo diventa nero e i gabbiani salutano Roma, dai Parioli a San Giovanni Sta città è anche quella signora che s’affretta a ritirà i panni Sta città è quel pischello, che corre fracico mentre piove ma non è soltanto quello, so anche i vicoli stretti del rione è discutere al bar di pallone, e dei politici corrotti ma poi arriva il prosecco e alla fine te ne fotti Attraverso sti due cuori, ormai quasi del tutto appannati vedo scorrere sto tevere, complice degli innamorati e penso al tuo sorriso, perfetto nella sua incertezza la tua voglia sempre di un abbraccio e io di una carezza. Metto in moto e finalmente rispondo a sto telefono sto arrivà, te dico. due minuti e sto al semaforo so dieci giorni che me manchi e i cuori sul vetro non se vedono più fuori ha smesso anche di piovere, il cielo sopra Roma è tornato a esse blu.

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Guiducci Roberto PORTO IL VESTITO DI CHI VA VIA come uno sbaglio come il successo che segue la fanfara ad un passo dalla tenda che cambia scena dietro a se le stoffe rosse scarlatte gonfie di vento e sabbia nella cittĂ fantasma europa america africa resto del mondo

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Lembo Nigel Hai visto. Anche io sono capace di finire le parole. E quando sto zitto sono come una mosca che si posa sul vetro e mi guardano, e mi parlano, e mi stancano. Vedi. Tramonta presto il sole dove fa piĂš caldo non hai portato abiti pesanti. Basteranno i miei anni. Hai visto, scrivo sempre nello stesso modo qualcuno lo chiama stile per non farlo sembrare una cosa ripetitiva, ma a me non importa davvero nulla di tutte queste chiacchiere e delle parabole degli ignoranti. Guarda. Mi fermo e riparto. I dubbi hanno sempre meno carburante delle cazzate. E sono bravo. Se son bravo a fare cazzate. Per questo, lo vedi, per questo si ama o si odia, la medesima cosa, la medesima cosa che ci strugge e ci consola che ci costringe e ci da gioia la medesima cosa la medesima cosa. 47


Hai visto, non sono poi così bravo con le parole. E faccio un casino e mi brucio cartucce che non vendono più, che non vendono più-come le lucciole conservate e nascoste dietro casa tua, per il momento che le avrei liberate e fatte navigare barche lontane per farti felice invece una voce che non sento, non sento più, -come le lucciolee non le hai viste mai, e non le vedrai, hai visto che parole banali sono capace di raccattare, ed eri l’unica che amava quello che scrivevo fosse stata la lista della spesa. Vedi. Come te lo faccio a dire. Vedi io sono sempre uguale. Vedi. Anche se non puoi vedere. Poi cosa importa. Da tempo ho sepolto ogni sogno sotto il fondo del mare. E si sa, il sale corrode quanto l’amore.

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Lepore Nicoletta DISINCANTO L’amore invocato che credevi perso per sempre appare come un raggio di sole a sciogliere la tristezza di interminabili giornate scandite al ritmo dei ricordi. All’orizzonte intravedi una nuova Storia che risveglia il desiderio di baci caldi ed appassionati. Assapori attimi di infinita tenerezza nell’incanto di una estate rigogliosa di promesse. Ma ai primi assaggi di pioggia l’amore si trasforma, non ti lascia respirare, ti toglie il sonno, ti avvolge nella sua ragnatela dorata. Ti senti prigioniera di una realtà sconosciuta. Rimpiangi la bellezza dei tramonti. Nuvole sempre più oscure si addensano nell’aria. Poi lo squarcio di un fulmine rompe l’incantesimo. La pioggia cade sul viso e finalmente, il risveglio.

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Longarini Laura Avrei voluto fermare il tempo Avrei voluto fermare il tempo riavvolgere il nastro e cambiare faccia a quell’evento. Avrei voluto sognare, cosicché con il risveglio tutto scompare. Avrei voluto strappare alla vita quella maschera da Arlecchino che si era messa a fare dispetti proprio con il destino. C’è una battaglia da affrontare e non c’è tempo di fortificare muscoli, cuore e cervello, richiamati tutti all’appello. Un ostacolo improvviso non può cambiare per sempre l’espressione al viso. C’è un primo momento disarmante dove la paura è lacerante. L’unica cosa da fare è buttarsi a terra e disperare. Ma noi siamo esseri umani, incredibili viventi che sanno piangere e stringere i denti. Crediamo in qualcosa di assai grande e sovraumano, nella fortezza che nasce tenendosi stretti per la mano, nell’immenso amore di nostro Signore, nella forza che fiorisce dentro al cuore, nel coraggio che cresce quasi con stupore e nel sostegno di quell’abbraccio finora mai avuto di qualcuno che vuol soccorrerci e darci aiuto. “Ma che straordinaria magia è sbocciata in questa strada dissestata per una salute bersagliata?” E allora ci prepariamo a duellare con quel “mostro” da debellare perché la vita è quell’inestimabile dono per cui siamo fieri di lottare. 50


E la forza d’animo si veste dei colori dell’arcobaleno che non può esistere se il cielo rimane sempre sereno. E nel cuore la certezza di quel sentimento di nome amore la cui potenza mai non muore ma si espande in ogni cuore soprattutto per chi ha lottato e in cielo è stato “premiato”.

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Malvoni Elisa MARACHI Nei mocassini spaiati e sui capelli spettinati hai la polvere spazzata sulle spalle ineguali e le anche sbilenche hai i cenci buttati via da noi. Statuina africana per l’Italia un ricordo sei soprammobile d’ebano sei immobile per la foto con tua madre dietro la pancia. Arrangiate una coppia asimmetrica con le bocche di più diesis che avori serrate storte di rancore alla malasorte. È uno scatto senza armonia è un divario senza proporzione tra la tua storia e la mia.

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Mammarella Marco GRAVITÀ Il peso che ti spezza la schiena, gamba mossa su e giù. Testa china e tu sotto... ecco, in quel momento, un fruscio un gesto una parola sono fonti di massimo disagio. Come pungoli delle tue corde-nervi, sempre più sensibili, crolli a vomitare. Occhi bassi, capello umidiccio, guardi un punto fisso che si muoverà. Il tempo è forza di gravità sul tuo corpo, ogni istante. Se tu stessi immerso in una vasca potresti vederlo, come scorre, più o meno lento mentre tu affondi o galleggi, peso morto o boa. E adesso che sei sveglio, e tutto intendi, come un tronco troppo pesante, lentamente affondi, ma risalirai.

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Mandia Giuseppe MONDI E’ un avviso di tramonto il mondo che ho dirimpetto che nasce di traverso con un salto senza ossigeno ché ignora la sinfonia di quei mattini di un bell’azzurro innamorante. Ci venisse incontro un orizzonte meno sordo di un granito almeno un poco più leggero che dell’amaro abbia solo l’inizio di qualche verbo. Questo delle mie fughe è un lago a me sconosciuto non ho memoria delle sue pareti grigioverdi delle mani sue fonde ad annegare l’alchimia di fusti e foglie attorno a geometrie di mura stelle e ori certi o allacciate a prominenze ermetiche con simboli di luce evanescenti attorno a ricetti di ventura a complicati approdi di mezzodì. Il mio albero intanto sfoglio nel sudario di un pensiero scoglio quello che ha pagine sventurate di un diario allattato da pigro sole cieco che rimescolo, rimargino e ne faccio equazione, groviglio. Fumaioli di lontano fanno pensare a famiglie raccolte, a promesse di raccolti a voci e ali aperte su ginestre, fieno e amori. Policrome danzano innanzi a me le mie paure figlie di giacche logore e scricchiolii di giorni e anni. Ma non mi lascio all’occhio acciduo della luna alle gole turgide del tempo, all’agonia del momento. Si sfanno le coltri di tristezza i lugubri pensieri alla barba dei cipressi. In alto si sveste il muro delle fate. Girotondo vela e approdo d’oltrelago. Forse un bacio diventa. 54


Martino Duilio SEZIONE C Fate del vostro vivere poesia Ai giovani direi: gli scudi deponete e ripudiate l’armi; senza il suolo umiliare poi muovetevi leggiadri e riguardosi volando se potete come se della brace sacra bruciasse sotto ai vostri passi. Fate luce su tenebre dei vivi le più oscure quietudini ascoltate senza agitare ignobili sonagli. Assumete il silenzio quale voce che il solo esempio l’urlo vostro sia per scavare la roccia - così come con flemma fa la pioggia e goccia dopo goccia col sorriso plasmate l’universo. Fate del vostro vivere Poesia e abbracciando educate col rifulgente esempio e cortesia... vite verdi svezzate offrendo ai figli fresca melodia.

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Mazza Loredana TRISTEMENTE...... e da quel giorno, il signor rispetto, con la moglie, signora coerenza, furono banditi dal paese della menzogna, la dove si viveva sotto mentite spoglie, giudicando gli altri per poi riderci insieme, invocando la sincerità e proclamando la serietà d’intenti ancheggiando per le vie prive di ogni luce, ricoperti di falsità... Rispetto e coerenza, vissero per sempre nel mondo dell’oblio, dimenticati da tutti coloro che ne proclamavano a gran voce l’importanza...

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Mazzucchelli Norberto IL BACIO Ieri sera abbiamo litigato. Avevo lasciato sporco il lavandino … m’hai guardato come un orco guarda un bambino, occhi sbarrati per l’indignazione … e m’avresti forse divorato, m’avresti mangiato in un boccone se non t’avessi detto che sono indigesto insipido disgustoso amaro … e m’hai donato il bacio più caro.

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Melnychuk Alla HOMELESS: STORIE DI PERSONE Non osavano più sognare Marcin si rannicchiava dietro i ricordi. Una giornata di lavoro a indovinare vernici e una donna che al ritorno lo attendeva sulla porta. Stordito mal si riparava con una bottiglia ormai vuota impaurito da una selva di palazzi, occhi, parolacce che volevano solo vederlo finire. Lorenzo in Germania aveva smarrito la sua lingua madre dove si era occupato di realizzare progetti altrui senza poter sapere che il suo sarebbe stato in balia di un inciampo dell’economia. Divideva i cartoni con se stesso, così i giorni al gelo e i racconti al vento ostinatamente in tedesco. Sara, acquartierata in un vecchio pastrano, girava e rigirava sotto i portici dove dormiva che restavano gli unici testimoni della sua aggressione, lei che aveva fatto della sicurezza la sua professione. Poi una mano, più mani, una comunità e la loro vita ha ripreso senso, tempo, spazio, dignità. Adesso Marcin vede la strada da una stanza calda non ha bisogno di bottiglie e spedisce domande di lavoro per riempire il suo tempo di nuovi colori. Lorenzo ha messo i suoi cartoni in una roulotte e parla alla sua gente, quella che sa la povertà eccezionalmente in italiano, dice per questioni di lealtà. Sara vede i portici dalla sua nuova residenza sogna di avere un bimbo che si chiamerà Egidio se verrà. 58


Mencarelli Patrizia CRISTO SI È FERMATO AL PINCIO fra icone sbiadite russoucraine finte madonne con figlio del ‘600 Annibal Caro in rame con la dedica siede un tronco di Gesù al mercato dell’antiquariato: le gambe allungate sulla breccia il corpo mutilo di braccia un fendente sul viso scolpito come un eroe di guerra un bandito da tempo ormai aspetta invano un cliente un prete pietoso che sieda accanto silenzioso Lo accarezzi piano, Lo doni ancora agli affamati della sua Parola

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Mevi Pasqua MANTO AL TRAMONTO Se hai setacciato lande di rovi e gli sterpi ti hanno attorniato il timore lasci spazio alle aiuole di flora vestite e di erbette sempre verdi Così come la tua persona si sentirà avvolta da manto al tramonto per ricondurti verso l’alcova a donarti soffice ristoro.

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Montanari Daniela OH VITA! Oh vita, fammi tornare indietro che gli racconto una favola. Gli dico che suo padre non lo vuole, che è un egoista. Perché farlo crescere con l’idea che suo padre è bravo - vedrai che sta arrivando, adesso te li fa gli auguri, vedrai che ti telefona, vedrai che adesso ci porta i soldi non è servito a nulla. Non l’ho salvato, il mio bambino. Non l’ho protetto, il mio animale ferito. Se invece mi fai tornare indietro gli dico che il mondo è cattivo, che solo io lo amo. E una volta adulto scoprendo ogni giorno una meraviglia, si arrabbierebbe con me: “Ti odio mamma. Mi hai detto che papà era cattivo invece sei tu quella cattiva che mi ha tenuto lontano da tutto e da tutti”. Io saprei come tenergli testa, capirei il suo sfogo e io il mio bambino - perché resterà sempre il mio bambino troveremmo il modo di fare la pace. Saprei come trattarlo, saprei sempre cosa dirgli. Invece, i migliori propositi, la vita è bella, tutti ti amano, e poi? Poi sei arrivata tu, oh vita. E adesso, cosa racconto a mio figlio?

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Morabito Maria Non ti amo più Perché dovevi proteggermi mi hai lasciato nella bocca dei leoni. Ti sei vestito da pecora mentre prima eri un lupo. Una lepre con la pelle da coniglio. Non ti amo più perché l’amore arriva passa come un treno quando alla fermata non sa attendere la sua donna per abbracciarla, consolarla nel momento del bisogno. I giorni volano, gli anni si scompigliano sono come quei capelli al vento che intrecci fino a lasciarli divenire fili d’argento senza mai strecciarli per noia e indifferenza. Non ti amo più perché hai piantato il seme della discordia nella mia anima non so riconoscere il battito della vita. Da quale parte adesso si trova il mio cuore? Forse attaccato allo stomaco a volte mi rotola dentro vorrei poterlo vomitare. Non ti amo più Perché non amo l’amore in sè stesso ora conosco soltanto qualcosa che assomiglia alla vendetta un sentimento strano mai esistito durante il mio percorso di vita. Ma la colpa non è stata solo tua ti sei limitato a seguire i passi del sangue del mio sangue di quel padre che ha generato i figli di caino Le mie parole non conservano 62


Il prezioso tesoro di un tempo Sono impastate di sale erba amara Veleno che uccide. Dovresti versarmi miele dalla testa ai piedi scavarmi dentro addolcire l’asprezza del mio dolore dovresti prendere ad uno ad uno i figli di caino staccargli la testa appenderla nella terra della desolazione forse…solo così ritornerebbe in me uno spiraglio d’amore ma tu conservi ancora l’amore che mi hanno strappato non comprenderai mai le mie assurde parole quando camminerai nell’oscurità della notte e ti guarderai le spalle perché la tua ombra aprirà le braccia per coprire il tuo corpo quando la tua voce ti farà eco ogni istante fino a stordirti allora forse capirai perché non ti amo più.

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Palombo Ida ANTICA POESIA INFINITA Vorrei essere poeta per un giorno intero per dare luce a un cuore e al suo destriero… Cuore gettato tra le mani a un sogno… vorrei volar per quel breve tempo: sovra l’intera memoria del viver mio e della passata storia. Narrar la poesia del mondo trasformando con la voce e in canto sulle note di un infinito tempo l’ inenarrabile racconto: narrar che alcun mai ha compreso per essere tramandato, ma che radici ha messo in un cuore innamorato… E se temo di dimenticare e che amor possa scomparire col mio finir di sospirar e soffrire… E se le stelle accendono lo sguardo della notte su un paesaggio di luce infinita… Io prego il Destino in tanta appassionata vita, che possa esser Lui per un giorno intero, poeta e destriero di un Amore Vero.

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Paolini Roberta IL RUMORE DEL SILENZIO A volte mi sveglio all’improvviso e mi fermo ad ascoltare il rumore del silenzio. Il silenzio muove le ombre, riordina i pensieri che durante il giorno non ascolti e che fuggono veloci. Il silenzio è avvolto dal chiarore della luna, rotto dal miagolio dei gatti randagi. Il silenzio è il respiro dell’anima al soffiare delle note musicali, è un frastuono perso nel tempo. Il silenzio è pace.

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Patonico Franco CARA GRETA La terra non sarà più come prima, e tu Greta Thumberg, cara ragazza, ci ricordi che sta cambiando il clima e che il rimedio non sarà una bazza. Chi governa è un temporeggiatore e non ascolta troppo i tuoi consigli; il mondo è dato in presto dal Creatore, per lasciarlo così ai nostri figli. C’è chi si comporta come un maiale, lui pensa a pastrocchiarsi e soprattutto non crede che siam messi così male: che il pianeta nostro può andar distrutto. Ma se poi ci accadrà sarà normale che finito il bello, rimanga il brutto.

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Perasso Nicola L’IO È UNA TELA DI MONET Fluide e limpide, le emozioni fluttuano come ninfee in riverberi cangianti... A volte percepisco nella mia inquietudine le fruscianti ombre del sottobosco e le vibrazioni dei petali di agapanto ed emerocallide. A volte odo il mormorio dei castagni di Saint Germain des Prés nelle periferie dell’addio. Le tonalità acquamarina del disgelo bisbigliano nella mia nostalgia e la neve di Boulevard Capucines si adagia sulle cicatrici. A volte relego la tristezza nelle brune armonie liquefatte delle Cattedrali e nell’offuscato arancio della lontananza. Le mie rabbie mugghiano nel blu tempestoso di Étretat e cozzano impotenti contro falesie ed archi rupestri. A volte la gioia erompe improvvisa come una moltitudine di gladioli ed iris gialli e volteggia nell’aurora come le foglie di Fontainebleau. A volte avverto l’agonia degli scaricatori di carbone sotto il ponte di Argenteuil e assorbo il grigio delle volute vaporose della Gare Saint Lazare. Le mie speranze sono sfocate come onirici nembostrati sul pentagramma collinare. A volte mi perdo nella dissoluzione astratta degli 67


orizzonti e nella pioggia vegetale d’indaco e viola di Giverny. Lo stupore appare mistico e vago come il miraggio di Antibes e divengo una lacrima solare nella foschia bordeaux. A volte, nella vasta e trasversale onda smeraldo dell’estasi, riesco a sottrarre alla luce quell’effimera nota porpora che precede gli uragani. Scarlatte e indelebili, le emozioni lasciano orme di papavero sul velo dell’eternità.

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Pericolo Corrado CREDO Credo nella bellezza come carezza, s’apre l’infinito e resto basito. Credo nella bellezza priva di coscienza, l’irraggiungibile sarà meta e da sognatore in quel volo d’aquiloni ecco la bellezza che ammiro!

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Pierandrei Patrizia VENTO D’AMORE Ondeggiano al vento gli steli dei fiori come magici veli, che nascondono i sentimenti, mentre nel cuore emozionato battono i minuti del tempo con un fremito in movimento. Sussurri di voci carezzevoli si intrecciano tra le nuvole mutevoli, che portano nel cielo ombroso un pensiero di vita orgoglioso, volando nell’infinito di un immenso blu radioso. Fischiando il vento una musica, che irradia sulle onde delle nubi, si muovono i sensi conturbanti, come dentro i corpi di nudi amanti. Vorrebbero insieme toccarsi, ma il vento li sposta di continuo, facendo un salto repentino, che li costringe ad allontanarsi. Violenta scoppia la tempesta, che urta le membra e la testa, dovendosi così abbandonare in un sogno da desiderare. In un volo di angeli azzurri si scioglie il contatto fugace, lasciando un leggero segno di pace, che forse un seme genererà e sulla terra fecondo cadrà!

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Ponte Luca PAOLA BORBONI Come il magma che sale dalla terra e modifica i fondali degli oceani, crea correnti e manda alla deriva i continenti Come il fiato di fuoco che non ha costrizioni e nello spazio genera campi magnetici, pulsazioni ed echi, stimoli e gravitazioni Ăˆ l’energia che viene dal profondo che ti fa scintillare gli occhi mentre li attraversa e nei brividi che dĂ la tua mimica sfoga la sua tettonica Vecchia capra, hai lunghissime corna di alabastro e di rame e un bastone che fendi come uno spadone Puoi strappare il sipario coi denti e incendiarlo con uno dei tuoi vulcani, dopo averlo spogliato con gesti limpidi e seducenti come i tuoi seni rimasti negli anni Venti

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Prediletto Vincenzo A PALMA, STELLA DEL SUD Sei bella, mediterranea, splendente fiera e forte come una palma d’oriente. Quando incrocio il tuo sguardo mi inebria e tento un gesto d’azzardo. Quel dolce sorriso col primo saluto del mattino mi tiene compagnia come se Tu mi stessi vicino, così in modo più lieve e sereno il mio lavoro va senza alcun veleno. Uomo, venuto dal Peloro e dallo Stretto, Ariete, segno di fuoco da Vulcano protetto, chi, se non Lei, forse ti tenderà la mano, nel ricevere un segno d’affetto e percepirlo sincero e non vano? Tu sei autentica perla di luce, nata in nobile città di Magna Grecia, da terra salentina sbalzata come una meteora a Senigallia sulla spiaggia di velluto. La tua femminilità è pura magia che intime emozioni dà: Palma, ogni giorno mi regali un attimo di felicità.

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Pullo Vanessa HO IMPARATO Ho imparato che la vita può cambiare da un giorno all’altro. Che si è soli con il proprio dolore perché, anche se c’è chi ti sostiene, sei tu che devi superarlo. Che le paure bloccano i processi e creano fantasmi, ma è inevitabile non averne. Che a volte si ama tanto, ma non sempre basta. Che le certezze sono solo speranze a cui ci attacchiamo e l’unico momento di cui godere è il presente. Che ci sarà sempre un ricordo che ti farà male, ma imparerai a conviverci. Perché non puoi spegnere il sole che hai dentro, altrimenti verrà fuori come un leone affamato. Ho imparato che dietro ad ogni sofferenza si può scorgere l’infinito, ma devi avere la grinta e la tempra per crederci. Che devi amare te stesso prima degli altri e che quello che provi, compresi i tuoi sentimenti, non potrà mai portartelo via nessuno.

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Quilichini Elios Marco MANCANZE - Bambino perché salti allungando la mano verso il cielo? - Vorrei provare a raggiungerlo, sento che manca solo un pelo. - Raggiungere chi? Non vedi che c’è l’infinito tra la punta delle tue dita e la luna? - L’infinito è solo la distanza che ognuno di noi dà a qualcosa, ma se pensiamo che la distanza sia minima allora lo sarà anche l’infinito. - Non sembri tanto normale, sembri un pazzo a sentirti, non lo sai che i pazzi non trovano posto sulla terra? - Se così fosse allora vorrei esserlo per davvero, io voglio arrivare lì. - Lì dove? Sulla luna? - Sì, ora fatti più in là, devo prendere la rincorsa per saltare ancora. - Ma perché? Cosa c’è di speciale sulla luna? - C’è un amico sincero che evidentemente è diventato pazzo perché sulla terra non c’è più, della luna aveva il colore e spesso capitava che ululasse verso di lei. - Ma stai parlando di un cane? - Sto parlando di un amico, con quattro zampe, due orecchie a punta e giusto un po’ di pelo. - Allora è proprio un cane! - Solo i non pazzi non riconoscono la differenza tra un cane e un amico e per loro non c’è spazio nella luna. Ora spostati, devo prendere di nuovo la rincorsa, 74


se chiudo gli occhi mi sembra già di vederlo, mi sta venendo incontro, sta abbaiando dalla felicità, mentre ulula verso la terra con tutti quei pazzi che guardano in su senza vedere nient’altro che l’infinito mentre noi due guardando giù vediamo tutto quello che è finito.

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Regna Teresa PARCO Soffice spuma di nuvole bianco-grigie decora il cielo blu elettrico. Pare spuntare dagli alberi verde acido che accerchiano ninfee e pesciolini. Circondato da tanta bellezza il cuore smette di sanguinare.

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Renelli Adriana CIMITERO DI CAMPAGNA Quanto silenzio in questa nuda collina E quanta sferza di sole e di vento Appena sei giunto e l’occhio s’allarga E travalica l’ampia valle Dove il fiume distende Il suo laccio che porta al mare Tra i verdi mossi di questa landa Che stringe in bianchi crocchi La moltitudine dei caseggiati E le moderne ville Qui dove il piede si arrampica O discende sul fine pietrisco Di viottoli che conducono Alle vie del silenzio L’aria si gonfia di luce e l’erba Appena tagliata sui costoni nudi In questa mattina d’estate Odora di menta e di more Sui bruni pendii indifesi Vedi i segni delle recenti piogge Quando l’acqua impazza selvaggia E rovina verso il fondo e apre Prepotente i suoi rigagnoli di fango E oltraggia di ciottoli e sterpi I tumuli esposti Sotto il nitore Di un cielo appena lavato La macchia d’argento di un ulivo Solitario si volge paterna sulle mute 77


Case i visi dei dormienti Stampati sul marmo Nei riquadri che fermano l’attimo Di una esistenza circoscritta Negli spazi di ore felici Dalle vicine siepi escono a frotte I passeri in volo come monelli Ciarlieri in picchiata, Quanti di quelli che incontravo Ogni giorno ritrovo In questo arioso camposanto E tanti che non mi accorgevo più Di incontrare Sfilano davanti a me dai loculi Pieni di fiori che rendono meno Aspro il distacco Noi ospiti smemorati affamata La nostra carne d’aria e di sangue Ha piantato radici profonde E stabili accampamenti Che ci sopravviveranno In questa terra a tempo In questo campo aperto al cielo E alla sua furia Si azzera l’ora dei nostri Giorni in fuga Leggi su ogni nuova lapide Il grido all’insensato andare Ma l’uomo è cieco e impenetrabile Ad ogni richiamo Già varca il cancello del ritorno 78


E si sente eterno Qui è concessa una sosta al fiato E torna il pensiero estraniato Su se stesso per poco E tutto gli basta Ogni cosa inconclusa Qui è compiuta. Sui freschi tumuli sparge la notte Le sue lacrime Che l’alba imperla Fruscia tra l’erba che sa di selva Una spaurita lucertola Si ferma e alza la testa in ascolto Solo flebili voci trasognate E fischi di vento E frinir di cicale.

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Riva Stefania Eppure rimani assente in una eterna vigilia di ascolto. La membrana sulla quale poso il mio orecchio è chiamata “distanza”. Sottile è il tocco delle tue parole. Ogni tanto, dietro i miei passi, tu cammini. Non mi volto, per non farti sparire. Solo se non ti guardo la realtà rimane assente. Mi arriva e sei tu -la tua presenzaquel soffio d’ala che sfida le cime della tempesta come falco al ritorno. Il mio cuore batte come ala d’oro nella tempesta.

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Romanini Alessio GEMITO IMBROGLIONE Si spezza il singulto silente afflato trafitto dolente. Immobili dĂŹ girovagando sospirando dolor scheggiato. Di rosse stelle foglie nel firmamento tramontato. Accartocciato ricordo sordo e muto, o futuro cordoglio. Mareggiata di scoglio, vespro di porpora come Stella di Natale. Povero amor nato dalla virente pianta. Corale sentimento immiserito, dal rosso scolorito. Piangi malinconico singhiozzo, strozzo il sorriso nel funesto luccicone! Sghignazza, singhiozzo singulto, gemito imbroglione.

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Salamano Walter QUANDO GLI OCCHI Quando gli occhi chiuderò, per riaprirli dopo lo spazio di molti respiri senz’aria, in un’altra forma, vorrei danzare la vita d’una farfalla, il vento smisurato, e l’ombra del sole che nutre, ed il suo raggio, che gocciola in colori tra le corolle, a tessere le mie ali. Anche se per un giorno, effimero tra gli effimeri, null’altro che l’obbligo del volo libero, e del dono dell’oro, raccogliendo polvere ed ombra nelle matrici dei fiori.

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Santo Antonella Coltre di sogni sospesi nei giorni muti ricopre le attesa infinite. Infinite le mie notti sgualcite trascorse a contare le ore bistrate dalla noia persistente.

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Sartori Davide FIGLI DEL VENTO Ti condurrà un sussurro salato attraverso archi di verdi chiome, sono alberi che hanno imparato a non violare luoghi con un nome. Vedrai nascere un sole rosso sangue della notte che ha trafitto le lacrime dell’afa addosso, non dormirai più sotto un soffitto. E le tue dita nella sabbia serpenti in cerca di un tesoro, capirai d’aver vissuto in gabbia e poco importa s’era d’oro. E il tuo corpo disteso sulla riva e l’animo preda dell’onda te lo restituirà quella che arriva, solo il tormento affonda. Non potrai ascoltare la ragione qui nulla le appartiene ma se vincerai l’esitazione potrai sentir cantare le sirene. Gratterai scogli, affetterai tronchi, assaggerai sogni; spremerai nuvole, raccoglierai i rivoli, sorseggerai favole. Seguendo l’ombra che si allunga potrai trovare grotte in cui attendere la notte, ti porteranno in grembo. Poi anche il mare in cerca di riposo fra le braccia della roccia durante il matrimonio silenzioso tra il vespro e la bonaccia. Concepito da un sogno partorito dalla pietra come la vita che si avvera vedrai la luce con la sera. 84


Scatoli Fausto Arranca sulla salita un vecchio stanco della sua vita. Ultima età : la strada è finita. Un fiore bianco fra le sue dita.

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Silvestrini Maria Pia SOLSTIZIO D’ESTATE IL sole all’apice della lucentezza esprime vigore. Straripante di bellezza, la Natura a braccia aperte respira l’oro delle spighe, sorride con labbra del rosso fiammante dei tulipani. Nel cuore del girasole l’ape si impollina di nettare prezioso. Il fratino danza la vita, lievi le sue impronte conservate dalle timide onde. L’invisibile si fa palpabile all’ orizzonte, per rivelare l’essenza del mistero. La magnificenza dell’Altissimo nella fragilità delle creature terrestri. Vulnerabile Eternità.

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Sposato Laura FILASTROCCA DELLA VITA Un giorno credi e un giorno ti perdi. Un giorno speri e un giorno disperi. Un giorno preghi e un giorno imprechi. Un giorno credi di essere sulla strada giusta e un giorno cambi strada. Un giorno credi di aver trovato il tesoro e un giorno ti senti il più povero. Un giorno guardi l’orizzonte e un giorno ti fermi al tuo dito. Altalena che va che sale, che scende più avanti, più indietro. Gioco più bello non c’è fino a quando non scopri che il ramo si sta spezzando. E tu precipitando. 87


Ripeti a memoria la filastrocca che cantavi con la chiusa bocca. Corre corre la vita finché si ferma perché è finita. Le cose belle non ce l’hai più perché non le hai tenute quando eri laggiù? Un giorno credi e un’altra storia rivedi.

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Spezi Deanna “...CANTO D ‘AMORE...” Per ogni bimbo torni a brillare la sua Stella un Angelo musico lo accompagni nelle meraviglie delle belle intenzioni tra le barriere di gelsomini, l’incanto, la fertile gioia del rimpiattino per ritrovarsi nell’intimo calore degli abbracci materni; nella seduzione della Voce del padre viandante nella stabilita’/instabilita’esistenziale, la fiducia. Baciato dal sole in fronte, guerriero di innocente follia contro i draghi demoni dello stupore e della paura oltre l ‘oltre dei tanti orizzonti innalzare un canto d’Amore per l ‘innocenza perduta.

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Spurio Lorenzo NON È UN COLORE Non è un colore che dici perfetto, tra la piana che non vedi e parure di violette cercavo la corda di corallo che aiuta il percorso, tra conchiglie e pezzi di luna per l’atrio dell’infinito. Si arriva all’arco che incute timore, fenicotteri doppi senza testa, fili di gambe e vette sicure a un certo punto, nel chiostro dove la storia è fasce di marna, sorpreso tra l’aria giovane, fresca, una musica contornata di licheni che allontana e traballa. Forse c’è da dire del ciuffo che l’erba esprime con grazia se l’occhio lieto nel respiro avvita il cambio. È la forza, un rapporto che stritola gioielli e fonde viaggi. L’atmosfera assorbe il vermiglio; la casa lontana è una libellula ferma.

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Trebbi Walter OASI Quel giorno d’aprile sospese nel vuoto ho sentito cantare le allodole. Mi sono fermato ho brindato all’aria profumata di verde tra gli alberi c’è pure il vento che suona d’incanto. Salute anche a voi belle farfalle benvenute son tutte le anime che ogni giorno mostrano le vesti più belle. La natura sa come far fiorire immagini, sogni e fantasia e nel bello della terra mia ho pensato anche al Messia: “San Liberio… tu che sei potente fa che questa magia abiti a lungo nella mia mente.

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Tedesco Luigi Danilo SAN LORENZO Guardo il firmamento Non solo la notte di s. Lorenzo PerchĂŠ scruto le stelle Con lo stesso interesse Per un destino Che mai migliore metafora Incarna un astro.... Che con un lampo di luce Si spegne... Cadendo.

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Vagnini Luca LA NOTTE SBIADITA La luna piena Sulla collina dipinta Le strade bianche Nella salita ripida Il tramonto lento Alle spalle allungate La brezza florida Sul grano maturo Le lucciole impavide Nel bosco tenebroso Il temporale vago Sul mare malinconico La famiglia nuova Verso casa vecchia Le gioie naturali Del cuore semplice Il sole splendente Nella notte stellata

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Valerio Patrizia DI MIA PACE Nella solitudine m’inoltro pei campi e pei sentieri dove orma di uomo non posa e solo alla natura fedele apro il mio cuore che gonfio tracima diletto. Ho timore dei sentimenti, gelosa mi ravvedo e scopro un tal clamore che dentro mi assale, mi scuote l’animo incerto fino a ieri, l’oggi è fecondo. Danza l’amor che sento nutre queste mie cellule, allontana dubbi, esitazioni. Qui tutto tace, posso finalmente intendere, i battiti del mio cuore. Sarà la morte la fine dei miei anni e ciò che m’attende, e se tal sarà il mio presente, del mio futuro incerto assottiglio le pene.

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Vitalini Piergiovanni L’ESSENZA DI DUE COSE L’essenza del fato la disperata constatazione dell’imprevedibilità dell’evento. Il desiderio smorto di guardare al di sopra dei giorni e delle stagioni, ma sappi che non sono segreti per la verità e non si compra a buon mercato l’amore. L’essenza tra il valore del passero e del falco, chi è più importante per la vita? La sincerità del volo di chi non ha pregiudizi. Una preghiera di ringraziamento al dio dell’infinito, l’oggi che è stato, il domani che verrà! Ho fatto tante cose ma non so ancora cos’è la vita ... ... abbi almeno la forza di essere qualcosa!

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Zacconi Zeudi E SARÀ LIBERTÀ Pungenti carezze tra morsi e biscotti che vomito addosso alla maglia di lana che mi regalasti per scaldarmi la vita, tra un sogno mentito ed un’altra ferita. Ora incrocio le dita mentre sanguina il naso in ginocchio pentita per aver respirato un po’ più forte dei passi di là da quell’uscio che sbatti e poi avanzi mai sazio d’insulti. Sussulti nel petto che si accascia ai tuoi colpi ai tuoi occhi di fuoco che incendiano i miei piedi e come su carboni ardenti avanzo di notte.. tengo stretta fra i denti la chiave di porte da cui andrò via quando tu dormirai. E sarà libertà.

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Poesia Dialettale

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Amalfitano Alessandro Napoli

‘A NOTTE

Pe te fa arripusà

‘A notte è nu canciello S’arape all’intrasatta Mentre ca stai cercanno O modo e t’ arrepusà

Perché te verimmo stanco Afflitto e scunsulato Ma ‘a vita va vissuta Cerca ‘e te rincuorà

‘O tiempo e piglià suonno E vire a mamma toia Ca mentre ca t’abbraccia Accumencia a suspirà

‘A notte è meraviglia Se encontrano ‘e parient Tu pienze ca l’hai perdute Ma loro stanno ‘cca

Mammà tu me vuò bene? Oinè ma che dumanda? Tu ir ‘o core mio Te voglio bene assaje

Si ‘e pienze nun se ne vanno Si ‘e chiamm loro s’affacciano Areto a stu canciello Te vonno salutà

Po arriva papà tuoie Uagliò che stai facenno ? Papà te penzo semp’ Nun pozz’ continuà Uagliò che chiagne a fa ? ‘A vita è semp’ stata a toia Mò si rimasto sulo Cerca e nun t’avvilì’ Mo si crisciuto assai Si omm, è overo o no? Va addò te porta ‘o core Isso nun pò sbaglià Nuie e vote ce affacciammo Areta a stu canciello Ma nun te disturbammo 98


LA NOTTE

Per farti riposare

La notte è un cancello Si apre all’improvviso Mentre che stai cercando Il modo di riposare

Perché ti vediamo stanco Afflitto e sconsolato Ma la vita va vissuta Cerca di rincuorarti

Il tempo di addormentarti E vedi tua mamma Che mentre ti abbraccia Inizia a sospirare

La notte è meraviglia Si incontrano i parenti Tu pensi di averli persi Ma loro sono qua

Mamma tu mi vuoi bene? Ma che domande fai? Tu eri il mi ocuore Ti voglio tanto bene

Se pensi a loro non se ne vanno Se li chiami loro si affacciano Dietro a questo cancello Ti vogliono salutare

Poi arriva tuo padre Figlio mio che stai facendo? Papà ti penso sempre Non ce la faccio ad andare avanti Figlio mio perché piangi? La vita è sempre stata tua Ora sei rimasto solo Cerca di non avvilirti Ora sei cresciuto Sei un uomo e vero o no? Vai dove ti porta il cuore Lui non sbaglia mai Noi a volte ci affacciamo Dietro a questo cancello Ma non ti disturbiamo 99


Berloni Tommaso Serrungarina (PU)

en ce n’ei men de tre quintei. Dietra chesa tun canton, babo tneva a rimbucon, una pila de mastei, mica pcini, de chi bei, qualca bott per fai bullì, i trepied puggiet malì.

L’ ORDINANSA Ogni ann al mes de Agost, c’era un giorne predispost, do babo c’è ubligheva, a ste a chesa un giorn intera. È da un mes chera avvertit, ogni impegn niva bandit, grandi e pcini giù al lavor, se tuccheva fe i pumdor!

Mentre invec per custodii, c’era un mucchi de butii, d’coca cola, d’aranceta,

Oh, ma me sta facenda, ma savut sempre tremenda. “Mo babo dim perchè? ma per co i farin a fe? ti negossi in ti scaffei, ce ne davera quant ne voi, c’è cla fina e ben passata, che è chiameta vellutata, se invec quella en te va, c’ è la rustica più in là, se anca questa en la vu più, ce i pelati poc più giù. sen te gustne manca quei? quei a pess, i magnarei?”

d’succ de frutta e de cedreta, de gasosa, birra e spuma, en sne buteva via nisciuna. Anca i baratti en ricercati, per le pacc e pi pelati, e tra questi el più ambit, quel da tutti preferit... el più amato dalla folla, è quel sa la chiusura a molla, che quant stagna sel vu aprì, un bel pess tei da rabì.

E lu pront me rispondeva: “sta sitte che en è vera! en fe sti ragionament! che chi compri en sa de nient!” e purtropp vua o non vua, la ragion era la sua. Quant se cmincia a fe i pumdor, ce volne i cuntenitor, sopratutt se quant i fei, 100

Se avvicina el mes de Agost, se capisce dai discors.. in fameia e sa la gent, babo ha sol un argument, “Quest ann quant vann al chil? Farò fe qualc preventiv? Mo ste mes quan fa la luna? Sno me chiopne en ne salv una! “Ma ai Belocchi a quant i vend” Sit siguri..mo i dan nient?” Passa ogg e passa dman,


do tel mez a na pescolla, veg mama tutta molla, sai do bracc dentra al mastel leva e i butta in tun lavell, che nonno pu el strascina, vers nonna e vers la Gina, (en s’incontrene da un ann, per perlè se scialaran), e trai discors, mill process, scartne i cui e fan i pess.

part la corsa ai San Marsian, sa la Panda pina ben, veg ma babo che m’arvien, per putè carghè più chii, ia cavet anca i sedii, i vag otra, i pian in do, scarigan tutt chi platò, in tun lett de giurnei, i stenden sensa macchei, babo pres da l’emusion, ogni tant ne magna un.

El gran giorne è arrivet, m’ sa miland c’fussa passet.

Un gocc d’latte sal caffè, pu el lavor c’è anca per me, cum ariv in produsion, babbo ruspa tun scatlon, ed el veg che tira fori , la mechinetta di pumdori. Tutti do ce meten giù, e carga io che pisti tu, la conserva scend a fium, rimpin più de tre lavlon, tutti sporchi e squiseti, en ce sim mei fermeti, e per fe el lavor ben ben, pian le bucce e le arpassen.

En le sett e mez adè, già da fora sent sbraitè, spost la tenda un pelarin, guard de sotta tel giardin, già è pin d’lavoratori, na catena Miralfiori, sa maestria e precision, babo rimp do o tre bidon, i careggia tutt sa un viagg, ed i svoida in tel lavagg,

Nonno che de taiè a fnit, ce guarda tutt stupit, pia na petria e un ramaiol, e imbutiglia chel pumdor, babbo m’lascia da per me, e se sposta per tappè, e tun men che non se dica, la cunserva è tutta fnita, tutta bella imbutiglieta, sigilleta ben tappeta.

Avrei forse esageret? ei rimpit el purtichet! Quel che i dig manca el sent, a bocca pina magna e stend, pu me dic: “cum aven fnit, ne pian do per fe el cundit, vara quest cum invita, el spacan sa la mulica, un fil d’oli de chel bon, pu el cucen in tel fugon”.

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Pu va a piè la bot più grand, che tun clatra en ce stan, e la poggia tel trepied, i so stuf, bsogna c’me sied, mo el padron me guarda mel, “alsa el cul da chel sgabel! Che aven fnit..adè cargan!” Part un svelt passa man, cle buttiii una per una, sensa fan caschè nisciuna, le vrichian in tun giurnel, l’impilan dentra el calder. “Oh babo i me tir fori, ciò la nausea di pumdori, è da stamatina che triboll, adè chiapp e bocc a moll!” “Beda gì che c’è armast poc, ce mett l’acqua e cend el foc, do n’arcolta e lascian gi, che so belle stuff anc i!” Sa na cena, ringrasian, tutti quanti i’aiutant, nonno, nonna e anca la Gina, che saria pu la vicina. Mentre babo surident, parla de atre argument, la bot boll a tutto spiano, io crol, in tel divano. L’indomani en en le sett, Non so cum so git a lett, me sfreg i’occhi ,mentre fori, ec arsent di gran rumori.. sent ma babo c’se lamenta, 102


e la Gina i dic: “pacensa!” Spost la tenda un pelarin, guard de sotta tel giardin.. “E’ sucess un bel casin!” Veg la bott.. “io mel sentiv!” co ce dentra en se descriv, C’è la carta straccia e molla, la cunserva mez a galla, e tra cla densa pultiglia, vien su el coll de cla butiglia, messa a mol sa tant amor, per pu arcoia ste dulor. Babo ci ha la faccia viola, butta i cocci in tla cariola, ogni diec butii chiupet, una o do i sne salvet. T’un attim de scunfort, sent che sgaggia e roga fort: “mo perchè, mo percum, tant lavor me git in fum..” pu la fres peggior davera, da en durmì per qualca sera. “mo tant io, so più testard, ogg i’arcompre e dman i’arfag! de sigur ce sin capiti... dman i’impegn aren banditi!” A cmandè c’è anca la pansa, ec che arscatta l’ordinansa.

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Di Cioccio Mariella Bugnara (AQ)

STÀ NAZIAUNA NOSTR Com’è bèll stà Naziauna nostr té lu mar, i mont i l’ campagn, addor d must i d’lmon, profum d’ fior, i d’ l’ pan s’sent l’arom. Tanta storia té da raccuntà i d’ l’tradzion saj n’ ce nassamarà scurdà, sempre che lu sguarde alla modernità, E’ la terr d’ poet, d’ scenziat i d’p’ttor, d’ tanta bràv giuventù, ch, l’énutra lassà, propr com i nonn nuostr tra na lacrm i tant speranz, ch i suonn déntr na valoiçe Com’è bèll stà Naziauna nostr, ma, ciort vot, c’n’ scurdémm propr, invece d’ trattarla com na regin, la maltrattémm com na peccatrice, l’assamrà vestoj com na bèlla spos, invece l’rattuppém tutt l’ vonne d’ na vot l’ hènne svennèut com na pèzza vecchja i, invece d’purtarl allu galuopp, l’ hènne l’ assat a gerè da sol com na trottl. N’apprezzémm propr stu gioièll che tenémm, p’ l’atr tèrr iémm sempr scarruzzèn, p’ iètr mar iémm sempr natènn, quand bastéss ‘uardà nu poche de chiù attuorn, p’ truà lu Pararois dentr stà Tèrra nostr!

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QUESTA NOSTRA NAZIONE Com’è bella questa nostra Nazione ha il mare, i monti e le campagne, odora di mosto e di limoni, profuma di fiori, e del pane si sente l’aroma. Tanta storia ha da raccontare, e delle sue tradizioni non ci dovremmo mai dimenticare, sempre con lo sguardo verso la modernità. E’ la terra di poeti, di scienziati e di pittori, di tanta brava gioventù, che l’hanno dovuta lasciare, proprio come i nonni nostri, tra una lacrima e tante speranze, con i sogni dentro una valigia. Com’è bella questa nostra Nazione, ma,a volte, ce ne dimentichiamo proprio, invece di trattarla come una regina, la maltrattiamo come una peccatrice, la dovremmo vestire come una bella sposa, invece le rammendiamo tutte le vecchie gonne, l’hanno svenduta come una vecchia pezza, e, invece di accompagnarla al galoppo, l’hanno lasciata a girare da sola, come una trottola, Non apprezziamo proprio questo gioiello che abbiamo, per le altre terre andiamo sempre in giro e per altri mari andiamo sempre nuotando, quando basterebbe guardare un po’ di più intorno per trovare il Paradiso in questa nostra Terra!

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Negri Maddalena Casalpusterlengo (Lodi)

DUN I ÈN I SIRÉŜ ? Cinquant àni inséma I èn tànti! Fèsta grànda la tùrta èl “scatulìn” de lϋ: bùculi presiùŝi d’or e rϋbìn. I a méti, me spégi: òci gràndi segnàdi d’età, la camìŝa de séda per l’ucasiòn, …un fil d’malincunìa. D’impruìŝa un birulòn, tϋt gìra, nel spèc bϋta ‘na fiulìna biùnda e ridénta cun sirèŝe vernighénte che pénd da i urèc. Agùst el brìla de rus. Quaidϋn ciàma, me scurlìsi: Dun i èn i siréŝ? I s’èn deŝlenguàde nel sul d’ l’estàd. …Gh’è ‘péna i rϋbìn!

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DOVE SONO LE CILIEGIE? Cinquant’anni insieme Sono tanti! Festa grande la torta e lo “scatolino” di lui: orecchini preziosi d’oro e rubini. Li metto, mi specchio: occhi grandi segnati d’età, la camicia di seta per l’occasione, …un filo di malinconia. D’improvviso un capogiro, tutto gira, nello specchio appare una bambina bionda e ridente con ciliegie vermiglie che pendono dalle orecchie. Agosto brilla di rosso. Qualcuno chiama mi scuoto: Dove sono le ciliegie? Si sono liquefatte nel sole dell’estate. …Ci sono appena i rubini.

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Ponte Luca Genova

PENDOLO PENDOLINO Co-e brasse segnae da troppe agogge / camminn-a e a no cure, a neutte / lunga, triste / Co-a primma luxe, ti e veddi e ciaghe / e ‘na figgia menua / bello faççin ch’o no rie / co-o rosajo fra e die / ma a gh’a i euggi che no luxan / no cianze, a taxe / Pâ ’na foa, de votte / me pâ de vedde ancon a famiggia reunia / o lumme aççeiso, a çenn-a in scia toa / Lunn-a calante, Lunn-a storta / no ti ghe creddi ma tì t’arrecordi / a lalla co-a seu cateninn-a ch’a fava: pendolo pendolo pendolin / dimme de lë, dimme ‘n pittin: / in te sta câ quest’anima piccinn-a e desperâ / cosse vorrià? / Seu moae dov’a l’é anâ? / Tì no ti m’ae mai daeto a mente / ch’a l’é ‘na câ dove se ghe sente / ti dixi che son de superstisiuìn / tegnite pure e teu raxuìn, miga te diggo ninte mì / quande ti t’engreuppi in taera e ti fae “om” / t’abbrassi i erboi o te salui o So -nescia che t’é- da-o barcon / Ti vorriae levâme a coae / ma a çerte cose mì ghe creddo ascì se no e veddo / No gh’é ciu gexa ni famiggia / solo mae moae ferma in t’un letto / a piccinn-a ch’a ghe tegne compagnia / e a speransa ch’a no l’é ancon finìa / Co-e margheitinn-e e o cornin gianco di fratti: / pendolo pendolo pendolin / cosse t’é ‘n to belin? / In scia mae stradda / manco un carso in cu, mai ninte de badda / Mae nin, restighe chì / ‘n po’ da soeu o da moae, ti sae / comme purriò, o fajò / Lunn-a calante, Lunn-a morta / a vegne de lungo, da ancheu o da véi, no so / ma no n’à de bezeugno che gh’arvimmo a porta

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PENDOLO PENDOLINO Le braccia segnate da troppi aghi, cammina e non corre la notte, lunga, triste. Con la prima luce le vedi le piaghe. E una bimba minuta con un faccino che non ride, col rosario fra le dita, gli occhi senza luce, non piange. Sembra una favola, ma ci sono volte che mi sembra di vedere ancora la famiglia riunita, il lume acceso e la tavola apparecchiata. Luna calante, Luna storta, tu non ci credi ma te la ricordi la zia che con la collanina faceva: pendolo pendolo pendolino, dimmi di lei, dimmi un po’. In questa casa quest’anima piccina e disperata cosa cercherà. Dimmi di sua mamma, dove sarà andata. Tu non ci hai mai voluto credere che sia una casa dove si sentono delle cose, dici che sono superstizioni. Tieniti pure le tue convinzioni, mica ti dico niente, io, quando ti annodi a terra a fare “om”, abbracci gli alberi o saluti il Sole -stolta che sei- dalla finestra. Vorresti levarmi gli entusiasmi, a me che alle cose ci credo anche senza vederle. Non ci son più valori, famiglia, solo mia madre ferma in un letto, la piccina a farle compagnia, e la speranza, che non è ancora finita. Con le collanine o il cornetto bianco comprato dai frati: pendolo pendolino, cos’hai nel cuore; sulla mia strada manco un calcio in culo, mai niente di regalo. Ma tu, bimba, resta qui: un po’ da sorella un po’ da madre, tutto quello che posso fare farò io. Luna calante, Luna morta. Ritorna sempre, da dove non so, ma non c’è bisogno di aprirle la porta.

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Prediletto Vincenzo Genova

‘A VUCI DU MARI Sentu ‘a vuci du mari, a volti fastidiusa, arroganti, un ruggitu putenti di forti lamenti; autri voti suadenti, di cantilena invadenti, pallidi noti di arpeggi trimanti. Miludia incantata chi calma ‘a menti, l’affannu addummenta, ‘u duluri addulcisci, ‘nta l’infinitu svanisci. ‘ A vuci du mari ‘o cori sapi arrivari ...

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LA VOCE DEL MARE Ascolto la voce del mare. A volte intensa, arrogante, un ruggito possente di forti lamenti. A volte suadente, di nenia invadente, pallide note di tremuli arpeggi. Melodia incantata che placa la mente, sopisce l’affanno, lenisce il dolore, nel tutto si annulla. La voce del mare sa giungere al cuore.

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Regini Massimo Fano (PU)

IL SILENZIO En ce cregg en me per vera che propi ogg venerdì sera tra la rabbia e el stupor s’è rott el televisor Chiema svelt ma l’assistensa non possiamo restar sensa. Me dic forsa portle giù per capì perch’en va più. I spieg ben, parol e gesta mentre el tecnic sbatt la testa e da quest me fa capì che per ogg resta malì. Torne a chesa tutt vilit un po’ mosc e un pò contrit non sapend quel che m’aspetta bocand dentra tla saletta. El purton l’epre pian pian cend la luce sa na man e m’acorg propi prest prest che è subit tutt divers!!! El silensi è disarmant una musa inquietant. I rumor i senti tutti quelli belli e quelli brutti. Senti el frigo c’rumoreggia el vicin che ben scoreggia sa la moi che i s’incassa perch’en piscia mei tla tassa!!! Me fag forsa e p’en pensè cminc a cocia da magnè. Cend i foc, épre i fornei 112


ma i pensier en sempre quei. Mentre cuocio la fetina m’entra in ment la ghigliottina, coc do ov a occhi d’bue sa tla testa el TG2. Forsa scaccia sti pensier mo co è, daver daver che un utensil da cucina, t’una sera acsi meschina, tel silensi più assordant sal respiro ansimant te confond e te sbalotta manca fussa la Leotta!!! Me c’ha vlut un pera d’or per arprenda el bonumor. Te dirò che se sta ben sensa vincoli e caten che te spign ad ogni istant a cerchè el telecomand per trovè na trasmission che t’attira l’attension. Sol na roba non capisc, s’è na radio oppur un disc. C’è na voc che prima en c’era che risuona forestiera. Stag atenti più che poss e resto quasi anca un po’ scoss quand m’acorg tutta d’un tratt ch’è mi moi che m’ha distratt!!! Nel silensio più totel questa voc va tel cervel, ogni tan un sgacc de spicc sembra cum un motopicc!!! Prendo el telcomand per sbasela all’istant 113


mo s’incassa e sent adèèè ch’i la fa a fela sbasè!!! Che serata amici miei ogg per poc en fnisc ti guei. Ho imparet, a spese mia, ch’el silensi è n’utopia e i rumor sa Rai o Sky più en nascosti e meglio stai. Io te preg sensa timor… torna prest televisor!!!

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Rovinelli Stefano Fano (PU)

LA NUSTALGÌA La nustalgìa se sà ch’è ‘na carògna perchè se te èn la cerchi, ariva lia èn chièd mâi el permès, èn se vergògna Te fâi l’indiferènt ma ‘si in balìa di giòrne, di ricòrd d’la vita tua è cum ‘na droga è cum una mania E quànd te pensi c’hâi guarìt la bùa a l’impruvìs artórna, lia te trova el sà du stâi de câsa, el sà el fàt sua Èn te cunvièn dâi còntra, èn fâ la prova è mej prèndla a bracèt cum una sposa indurmentâla un pò sopra l’alcova Un pò starâi tranquìl finchè riposa ma quànd se svèja e ved ch’è armàsta sola t’artròva ‘n’altra volta, lia è curiosa En pârla mâi, èn dič una parola è cum un pugn tel mus a l’impruvìs fa mâl piu d’una lâma d’na tajòla

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Regna Teresa Pietramelara (CE)

FRIDDO Comm’ fa fridd’ ‘ncopp’ a ‘sta terra. Par’ na cupert’ fatta ‘e ghiaccio ca c’hann’ miss’ ‘ncuoglio. Ma ‘o cchiu pegg’ fridd’ ‘e tutt’ ‘o munn’ è chill’ ca s’ trov’ int’ ‘o cor’ ‘e gl’ uomm’n’.

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FREDDO Come fa freddo su questa terra. Sembra una coperta fatta di ghiaccio che ci hanno messo addosso. Ma il freddo peggiore di tutto il mondo è quello che si trova nel cuore degli uomini.

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Ricci Roberto Fano (PU)

UN FÒJ E NA MATITA Sta storia che per tùti s’chiâma vita M’apiâc de véd’la cum fùsa un fòj biànc Uguâl per tùti, sènsa mànch na scrìta E i ségn da mét’ce, s’vòj, ne tròvi’n brànch E pù sal fòj, de sòlit, cu te dàn? Un làpis, un penìn, un carbuncìn Cârt’asurbènt, ‘na riga, góma d’pàn S’hâi vòja de scanclàn un cuncinìn E sa l’inchiòstre opùr sa un ségn d’matita Sópra ste fòj ugnùn ce scrìv la sua Paròl o scarabòchi, gìta per gìta Quél che c’è scrìt tel fòj è roba tua Si qualchidùn, pù, câpita ch’el lègg Ce tròva sól i ségn che c’hâi mìs te Scrìti de pùgn, tel mèj upùr tel pègg E quàlca volta sènsa un vér perché C’è chi ce scrìv quàtre paròl in cróc Chi scrivarìa un rumàns mó, en basta el fòj Chi da la fónt c’arìva, giù la fóc Chi, navigànd, va a sbàta cóntra un scòj Per tùti, cùm la va, sia pùr che sia Déntra ch’él fòj c’armàn sèmper qualcò E quél ch’è scrìt tel fòj dla vita mia El pudrìt lègia quànd più en ce sarò 118


Rosaverde Rodolfo Cartoceto (PU)

GIVA MEI QUAND GIVA PEG Ogg el mond è tut gambiet sembra che tut se sia arbaltet Cum sin ardotti ji vria capì se gin avanti acsì do girin a fni No givne a balè ale nov anca sal Landini tutti armuliti, petineti e blini Ades se part a mezanot dop la cenetta e se artorna alle sei sa la navetta Sa le don na volta giva un po’ dura se te becheva el pedre se feva scura Ades sal telefunin se fan le smorfie e invec de gi giù el fium se mandne un selfie Na volta el can tel mitul era leghet faceva la guardia e baieva tut arabiet Quei da caccia curivne fra la maies ades ti brac, sa la caputina anca tle chies I gat dna volta cerchevne i top ti grep Ogg la carne o el pesc tle scatulet Quand arnivi dalla scola en vdevi l’ora de prenda el palon e gi de fora Ades se chiudne tla camera sa la television e giocne sa la Play a la copa di campion Na volta sa qualca lira facevi la vita bella de sti temp sa l’euro toca magnè la mortadella Al ristorant magnevi el fritto de paranza ades se en magni el suchi en fei tendenza Ogni tant te fevi un bel brudet ogg se en cnosci el tofu en si gourmet Na volta piuveva fort e nevicheva ma nisciun quasi ne parleva 119


Scuola Primaria di S. Ippolito Poesia scritta dagli alunni di classe 5^

I GAMBIAMENT DEL TEMP IN TEL MOND E’ propi vera: el temp e le stagion en enn più quell! Anca el Mont Bianc, ma la su t’le Alp s’sciòj: è nùt un sorveglièt spécièl: manc fussa un carc’rèt particolèr! L’ stagiòn d’ mezz èn cènn più: d’istèt s’ crépa dal cald, d’invern o fa él nevòn o tira la Curina … Avrà ragiòn c’la fiulìna svèdés, com’ s’ chièma … Aspetta … è ‘nom c’ asmeja ma la terra … Creta! Quella sa c’l do treciulìn fin fin com la coda di sorc’, ch’i forasaccc ch’ scapp’n da le mucchi d’la legna! Pora monella, a dilla com’ la sta, è anca brutina! Epur tutti i giornej parl’n d’lia, s’ved t’la televisiòn, fa j sciopr, i discors e incanta ma quei d’l’ONU … e intant èn va a la scòla, èn c’ha i compìt da fè, gira èl mond anch in barca a vela, véd un sacc’ d’ gènt nòva e s’ divert a scorazè. Dic’ ch’fa el sciopr d’la scola per salvè èl clima: èl gissa arcontè ‘ma qualcun atr, che lia è birba! Pro a pensac’ bén podria anca avè ragiòn: sta a véda c’ sém daver d’ front a ‘na minaccia esistenzièl … I chep d’l’ naziòn digg’n ch vol’n bén a l’ giov’n generaziòn, ma m’sa ch’èn è véra, perché èn fann gnènt per gambiè. Macché tocca lasciè gì d’avlénè la terra e l’èria: I scienzièt digg’n ch’ogni ann mor’n e sparisc’n j animej perché en trov’n più da magnè e un post do viva … Oh, machì tocarà fè qualcò d’ sostanziòs, c’minciand propi a sostiéna, guarda un po’, ma c’la monella! Qualcò m’avrò da metta a fè j, qualcò atr pro, fall anca te; d’ist’mod, tutti insiém, podemm provè a gambiè el mond!

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Scuola Primaria di S. Ippolito Poesia scritta dagli alunni di classe 4^

UN SCHÉRZ MANCÌN Dop’ un ann d’ fatìg e dur lavòr d’mazè ‘l porcèll è ‘rivèta l’ora. Nonn ha chiamèt un rinomèt mac’lèr, è nùt da distànt: da Mont Paganùcc’. Quand è ‘rivèt c’aveva ‘na bèlla sachétta: déntra c’érn i cortèj d’tutt l’ qualità. Dòp i salùt s’ènn missi sùbbit al lavòr: chi fèva ‘na robba, chi ‘natra ancora. J m’ so mìss t’un cantuncìn a guardè, perché nonn s’era arc’mandèt un bèl po’ ch’én avéva da intralcè l’facènd... Quand hann inc’mincèt a macinè la carn Nonna c’métt bocca e dic’ al mac’lèr: “Fèt quel ch’ v’ pèr: guastèt la spalla, él presciùtt, ma l’sancicc’ én l’fèt salèt! Avét capìt?” “Sci,sci, a métc’ él sèl vien sempr’ d’ora”. Al mac’lèr j brill’n j occhi, j’vién da rìda e fa l’ochiulìn m’a nonn. J capìsc ch’ vòl fè un schérz ma nonna. Lù pìa ‘na palutìna d’carn e la tocca tél sèl Po’ dic’ ma nonna d’còc’la per sentì s’era giusta. Nonna la métt s’la gratìcla, él sèl s’sciòj e ... Quand è cotta, nonna la sènt e...alza i bracc’, métt l’mèn t’la faccia, i capéj j vann p’r’èria c’mincia a sgagè e a curra vèrs él mac’lèr... “M’éra arc’mandèta ch’én l’avièt da fè salèt, én s’magn’n, c’ho fatighèt un ànn a daj da magnè mal porcèll”. A lù j vién da rìda, a nonn li stéss, a me uguèl. Nonna capìsc’ ch’j han fatt’ un tìr mancìn. Sàn gran nervòs butta la carn giù per terra: svélt èl gatt scappa da sotta él tav’lìn e la pìa. Nonna léva él zinèl, sciòj él fazolétt, sbàtt la porta e tutta rabìta fugg’ déntra chèsa. 121


Scatoli Fausto

Desenzano del Garda (BS)

QUATER GACC Quater gacc i camìna per strada giü l’è bianc, giü l’è négher, giü rós èl quart l’è na gàta tigràda fada apéna de pèl e de òss. L’è la màma de töcc i óter tre e la sa chèl che öl dì trübülà per rià a maià argót töcc i dé e ogni ólta èsser bùna a scapà. Le la scàpa da töt e da töcc e la cur, la rampéga e la salta la gà ist àga i àtim pö bröcc ma l’è sèmper riàda a sta atènta. Chèla ólta che ‘l capitarà quater gacc i deentarà tre. Sènsa mama e sènsa bubà riarài a passà un óter dé? Èl bubà no i l’a mai cunusìt ma se la mama na mare l’è stàda sènsa póra e con èl có drit i tre gacc i narà per la strada.

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QUATTRO GATTI Quattro gatti camminano per strada. Uno è bianco, uno nero, uno rosso il quarto è una gatta tigrata fatta solo di pelle e di ossa È la mamma degli altri tre e sa cosa significa faticare per riuscire a mangiare ogni dì e ogni volta essere capace di scappare. Scappa da tutto e da tutti e corre, si arrampica e salta. ha visto anche i momenti più brutti ma è sempre riuscita a cavarsela. Quella volta che capiterà, quattro gatti diventeranno tre. Senza mamma e senza papà, riusciranno a sopravvive un altro giorno? Il papà non l’hanno mai conosciuto, ma se la mamma è stata una madre, senza paura e con la testa alta i tre gatti andranno per strada.

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Silvestrini Maria Pia Senigallia (AN)

AMATA TERRA ‘N Spigul d’ paradis la terra mia. Mori rinviguriti, spigh undulat, vigneti fiuriti, panocchie durat. Mi padr sa ‘n can.strin d’ fol ‘ntra ‘l primizi dell’ort, arcoi mielat mor. Na pocalis su l’amata terra: Morigelsi stradicati, spigh sut.rat, tutuli grandulati fossi, cascatell v.l.nat. ‘Ntra st’ diaulerio, Si c’ fuss babb mia dal dulor nun r.sist.ria, senza l’ombra d’l g.nialogich mor muriria d’ crepacor.

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AMATA TERRA | Angolo di paradiso la mia terra. Gelsi vigorosi, spighe ondulate vigneti fioriti, pannocchie di granoturco dorate. Mio padre con un cestino di favole, nelle primizie dell’orto raccoglie mielate more. Una apocalisse sull’amata terra: Gelsi sdradicati, spighe sotterrate, grandine sulle pannocchie di granoturco, fossi e cascatelle avvelenate. Tra questo dispiacere, se ci fosse mio padre non resisterebbe dal dolore, senza l’ombra del genealogico gelso, morirebbe di crepacuore.

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Spurio Lorenzo Jesi (AN)

LA LUNA, STASÉRA Se diría che ´l ciélo ride morbído ´nté lo sguárdo a cercà ´ntra le cubèrte pesànti e le pièghe quèl tèmpo che s´artíra e rappàre. Zaffìri sciólti ´ndo navigo dall´alto de ´sto pónte de luce a rómbi -prôa pure cuscì - ´ntel zómpo sigùro del ritmo accèso, ´ntra voci e righiàmi la luce piàtta che ´nónda a tóndi concèntrighi, ´l lampiò co´i baffi. Tireremo le rèdi co nóva forza, ´nsètti ´nginògghiàdi pe´ la bonàccia, quànno la luna princìpia ´l ballo e ´l respìro se sciòje ´ntra grani de sale.

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LA LUNA, STASERA Si direbbe che il cielo sorrida, lieve nel guardo a cercare tra i manti pesanti e le pieghe quel tempo che si ritira e riappare. Zaffiri fusi che navigo dall’alto di questo ponte di luce a rombi - prova pure cosÏ - nel balzo sicuro del ritmo acceso, tra voci e richiami la luce piatta che inonda a cerchi concentrici, il lampione coi baffi. Tireremo le reti con nuova forza, insetti inginocchiati per la bonaccia, quando la luna inizia la danza e il respiro si frange tra grani di sale.

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Trebbi Walter Fano (PU)

LUČLA Tèl fè d’nòt te mustrèvi ma nó cupèrta d’òr, fatina de giugn, eri spicichèta ma na mudèla pareva che gudevi tel fèt veda e tutti nó incanteti a guardèt el culacin! Lučla cum’era bel … quand da ragàs te vdèva! che meravija incuntres tramèsa tut chi udòr … quant mistèr in cla lampadina che piculina arlùciva tl’uscurità. Luciolina, vien da me ! tant ser ce se divertiva sól sa cle cursèt, na volta près anicò svaniva: el pansción, l’incànt e l’ilusión. Dl’uscurità che lampegiéva de puntìn e de chi panorama profumèti… én el so chi l’ha decìs... ma adè la campagna s’è ardòtta guesi ceca e silensiosa. Dop la moltitudin e i strafèri fàt… cum regàl ma la storia mia tla mènt cla magia sménia e vèlne cum òr… cle cocòl… i ricord…

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LUCCIOLA Giunta la sera ti mostravi a noi coperta d’oro, fatina di giugno, somigliavi a una modella pareva che godevi nel mostrarti e tutti noi incantati a guardarti il posteriore! Lucciola com’era bello … quando da ragazzo ti vedevo! che meraviglia incontrarsi in mezzo a tutti quegli odori … quanto mistero in quella lucina che piccolina brillava nello scuro. Lucciolina, vien da me! godimento di tante sere le rincorse, una volta prese tutto svaniva: l’affanno, l’incanto e l’illusione. Del buio colorato di puntini e di quei contorni profumati… non so per che ordine misterioso... ma ora la campagna s’è fatta quasi cieca e silenziosa. Dopo la moltitudine e l’enormità di cose fatte… come regali alla vita mia nella mente le emozioni smaniano e sono come oro… quelle carezze… i ricordi…

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Valerio Patrizia Sulmona (AQ)

CIELE STELLATE Cumma brille stanotte stu ciele, pare che le stelle s’hanne date appuntamente, j fanne a gare, a chi chiù luce spanne. La luna piene s’appicce è nu fare che tutte rischiare, la campagne , ju fiume , la muntagne, se chenuscene, come fosse mezzijuorne, Ste stelle massere parene pettate, da nu pittore appassiunate, che conquistate sparge brillante, j tutte recopre de polvere d’ore. Ah , stanotte fatate invita all’amore, stanne core a core tutti j n’annamurate, ju ciele è nu recame pregiate, j pure le stelle tra lore, s’ hanne ‘ncapricciate.

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Appendice Omaggio a MARINO SAUDELLI (Poeta dialettale di San Giorgio di Pesaro) 1907 – 1992 Un po’ gerb e poch cortes, i so el Ruzz, el sangiorges Autodidatta, molto attento alla produzione di testi in prosa e in poesia dialettali di tutta Italia, con predilezione per autori marchigiani. L’unico testo reperibile, diffuso e conosciuto, è “LA VRITÀ RIDEND” edito da S.I.T.A. s.a.s. Ancona – 1970. Ha partecipato a concorsi di poesia dialettale in varie località delle Marche e delle regioni limitrofe (Concorso Internazionale di Poesia “Gradara”). Fu dotato di eccellente curiosità per osservare a fondo la vita paesana (e non solo quella), e di sorprendente talento naturale per descriverne gli aspetti intimi e più preziosi. Negli anni trascorsi in Argentina, fu anche inventore e titolare di brevetto riguardante l’allestimento dei ponteggi. I suoi versi, in dialetto sangiorgese, descrivono con originale acutezza, affetto e bonaria ironia un mondo che, usando rituali quasi scomparsi, si dibatteva nelle stesse pene, i medesimi sentimenti che ci riguardano e ci riguarderanno sempre. Un testimone autorevole e un caro amico che cammina accanto a noi e ci racconta. Giuliana Aniballi

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LA PRESENTAZIONE DEL POETA Un gior-n a S. Giorg, (sarà s-sant’an-n!) era el prim d’april, quant m’han fatt nasc. Babb a ch’el temp coceva el pan, intant che mamma m vrichiava1 tl fasc.

Da grandicell en m’ha piaciut d fa l fornar! Per gì a la scola ho fatt sempr el labbr, 2 alora so gitt amparà l caldarar, e dop sò gitt a fà ancora el fabbr.

Quei c’àn provat d’insegnam calcò 3 en han avut tanta sudisfazion! Perché ma me m piaceva d fa nicò 4 pro da nisciun vleva l’istruzion!

Dò fastidi ma na mucchia d strument, na sonatina guasi sa tutti la tir fora; la mussiga pro en la cnosch pergnent! e d’amparalla en ciò manch fatt la prova!

Ho gambiat un gran belpò d lavor. A biganton spess sò gitt pel mond, in Italia e fora ho fatt anch l’inventor, un par d volt sò gitt al front! 1 4

I post, com diggh, n’ho gambiat tant, d’usanz n’ò cnosciut un belpochett; sol en ho mai lasc-gì d’ess ignorant, ecca perché alora scriv in dialett! avvolgeva tutto

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voglia di piangere 132

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qualcosa


MILANES SANGIORGES Quant m fan compasion chi milanes, sa tutt cl gran industri e tutt cl’impres! Distant dalla natura pel lavor, camp-n sol d nott, com fàn, i minator!

Pla nebbia e l cas, el sol l’han razionat, com a S. Giorg l’acqua durant l’istat! Quant vàn a magnà drenta cla cucinina, han più prescia d chi mett la benzina!

E ch’el magnà ch mett su tra i dent, ma la grazia d Dì, en i ià puzza manch d parent! D chi cib ch dàn drenta chi ristorant, piggh mei i lupin ch s’arcoi giù per i camp!

Sn’arfan perché sforzesch ciàn el castell! A S.Giorg sensa sforzacc ciaven anch quell. Ciàn l bell piant! Mo i fàn la permanent, guardat dietra i ort da no sensa fai gnent?!

A S. Giorg t pu sdraià sotta l cercv d Rocch, da lora en el pu fa perchè c’è l smocchh! Essà ch na volta a l’an-n han bsogn d nì, fora, per god un po’ d mond ch’en c’è da lora!

Quant volt tla ment d tutt chi sangiorges, che da un po’ s’en fatt tutt milanes, zzarà un pensier pla strada dla Cupetta, na cotta d’erba, el pciol tla boccaletta!

En i vdet quant vien-n pl vacanz, qualchd’un, o qualchid’una en stravagant, bsognarà pro chi compatit, alme-n argiran otra spelegrit! 133


Questo volume è stato stampato nel mese di Giugno 2020 dalla tipografia Ideostampa srl Colli al Metauro (PU) Tel. 0721 891655

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