Sgarbi vuole far chiudere Il Fatto: “Diffonde menzogne”. E ci chiede 10 milioni. Non gli bastano quelli incassati per il super flopy(7HC0D7*KSTKKQ( +#!"!\!$!= www.ilfattoquotidiano.it
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Sabato 21 maggio 2011 – Anno 3 – n° 120 Redazione: via Valadier n° 42 – 00193 Roma tel. +39 06 32818.1 – fax +39 06 32818.230
MERCATO RAI
Mentoliptus di Marco Travaglio
DECIDE LEI, COMANDA LUI A
Berlusconi a reti unificate straparla di “bandiere rosse a Milano” In viale Mazzini il nuovo dg prepara nuove nomine gradite al capo Dal Tg1 alle reti Mediaset, comizi clone per la campagna elettorale: “La sinistra vuole una zingaropoli islamica”. Bersani: neanche in Bielorussia. Al Tg2 in arrivo Paragone, a Rai2 Lomaglio, al fedelissimo Nardello D’Esposito e Tecce pag. 2 - 3 z l’ufficio contratti
Pisapia, ieri, tra i cittadini milanesi (FOTO EMBLEMA)
BALLOTTAGGI x La denuncia del candidato
“Contro Pisapia usano anche finti rom che dicono votatelo” Barbacetto e Caselli pag. 4 - 5 z
SOLITUDINI x Una video-lettera al ministro sulla crisi di chi è stato confinato nel limbo del mercato del lavoro
“CARO TREMONTI, NON SIAMO SCARTI” di Stefano Feltri
dicono la stessa cosa: il presidente Iquendellafondo Repubblica, Giorgio Napolitano, e cindisoccupati over 40 che si sfogano in un
Tre dei protagonisti del video “Noi non siamo scarti”
nsciopero dei dipendenti Gruppo Marcegaglia, 50 incidenti sul lavoro nel 2011: la sicurezza la gestisce la cognata di Emma
video su Youtube che in pochi giorni è stato visto da 12 mila persone. Il capo dello Stato ieri ha detto: “Oggi più che mai occorre un diritto del lavoro inclusivo ed equo”. pag. 10 z
MASSIMO
CARLOTTO ALLA FINE DI UN GIORNO NOIOSO
Cannavò pag. 11z
Il Misfatto Domani il fotoromanzo di Letizia
CATTIVERIE
Casini: “Di dare indicazioni di voto non ce l’ha mica ordinato il dottore”. Ma il commercialista www.spinoza.it
MASSIMO
CARLOTTO ALLA FINE DI UN GIORNO NOIOSO
NOIR
UN NOIR FEROCE SULL’INTRECCIO TRA POLITICA E CRIMINALITÀ www.edizionieo.it
www.mekkanografici.com
Un video su Youtube dell’associazione Atdal, che raccoglie i “disoccupati maturi”, denuncia il dramma di chi è troppo vecchio per lavorare e troppo giovane per la pensione
lcuni lettori mi domandano cos’è successo ad Annozero tra me e Belpietro a telecamere spente. In effetti, diversamente dal consueto, qualcosa è successo. Di solito approfitto delle pause pubblicitarie per uscire a fumare e rilassarmi un po’. Giovedì, uscendo, non ho resistito alla tentazione di dirgliene quattro. Poco prima mi ero permesso di ricordare, anche ad Al Gore che mi sedeva accanto, che l’Italia è l’unica democrazia del mondo dove il capo del governo è ineleggibile, controlla abusivamente cinque reti tv, più svariati giornali, e in tale veste stipendia migliaia fra giornalisti, scrittori e intellettuali. Belpietro, sentendosi giustamente della partita, ha tentato di tirarsene fuori sol perché dirige Libero, che non è di B., ma di un deputato di B., Angelucci. Gli ho ricordato in diretta che conduce un programma su Canale 5, dunque è fra i salariati di B. Allora se n’è uscito farfugliando che lo sono anche Saviano, Scalfari e Augias. Gli ho risposto che, per quanto opinabile possa essere la scelta di pubblicare per case editrici di B. e famiglia (Mondadori ed Einaudi), un conto è uno stipendio, un altro i diritti d’autore dei libri. Lo stipendio dipende dal servilismo dei salariati di B., le royalties dal successo di un libro. Nel primo caso si arricchisce il salariato a spese del padrone, nel secondo l’editore a spese dell’autore, che incassa solo una minima parte (10-12%) del frutto del suo lavoro. Inoltre, se B. nomina tizio direttore di un suo giornale, è perché lo ritiene funzionale alla sua politica, altrimenti lo caccia (lo fece con Montanelli nel ’94 e con Feltri nel ’97). Se invece Mondadori mette sotto contratto uno scrittore, è lo scrittore a decidere cosa scrivere nel libro e, se l’editore tenta di censurarlo, è libero di pubblicarlo con un altro editore. Per questo, quando Belpietro ha detto che non c’è differenza tra chi è stipendiato da B. e chi pubblica per Mondadori ed Einaudi, ho ribattuto che è un somaro, nel senso di ignorante che non sa quel che dice. Belpietro allora ha ripetuto le solite scemenze, e cioè che io sarei un “pregiudicato” (falso: mai avuto condanne penali definitive), uno che frequenta brutta gente (mai stato ad Arcore o a Palazzo Grazioli) e un “prescritto come Andreotti” (Andreotti è prescritto per mafia, a me è andata in prescrizione una multa da 3 mila euro dovuta a Previti per un pezzo ritenuto diffamatorio). Quando gliel’ho fatto notare durante la pubblicità, Belpietro s’è alzato di scatto inseguendomi nella pausa sigaretta e seguitando a mentire anche lontano dalle telecamere. Sosteneva che anch’io sarei stato stipendiato dal premier (falso: lasciai il Giornale per la Voce nel gennaio-febbraio ’94, prima che B. lo diventasse, e proprio perché avrebbe potuto diventarlo) e avrei scritto libri per Mondadori dopo che B. diventò premier (firmai un contratto con Mondadori alla fine del ’93 per un libro sui Mondiali di calcio che scrissi all’inizio del ’94 e uscì in primavera, dopodiché mi affrettai a cambiare editore, anche perché Mondadori non avrebbe più potuto pubblicare quello che scrivevo nei libri successivi dedicati a B.). Ho pure tentato di spiegargli che il problema non sono i giornalisti pagati da B., ma il conflitto d’interessi che dovrebbe impedirgli di possedere giornali, tv e case editrici, creando una situazione imbarazzante e unica al mondo. Invano. Rientrato in studio, pancia in dentro e mento in fuori, Belpietro ci ha riprovato con Zucconi, accusando anche lui di essere stipendiato da B., al che Zucconi gli ha ricordato sorridendo che semmai è B. che s’è arricchito grazie ai suoi libri pubblicati per Mondadori. Poi, siccome il nostro dava ancora in escandescenze, ha pregato Santoro di ridargli la Santanchè. A quel punto ho suggerito a Belpietro di provare a scrivere qualche libro anche lui, così magari capirà finalmente la differenza fra stipendio e royalties, sempreché l’eventuale libro lo compri qualcuno. A fine puntata leggo l’sms di un amico: “Secondo me, Belpietro sta sul cazzo anche a se stesso”.
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Usigrai: “Discorso insopportabile, intervenga la Vigilanza”
“I
DECIDE LEI, COMANDA LUI
Il nostro senso di responsabilità è tale da non farci aprire una procedura di sciopero in campagna elettorale, ma il comizio di Berlusconi al Tg1 è semplicemente scandaloso”. Lo afferma in una nota Carlo Verna, il segretario dell'Usigrai. "I giornalisti della Rai hanno
una loro dignità e si dissociano apertamente da questo uso spregiudicato e folle di una risorsa di tutti, il servizio pubblico, che dovrebbe garantire tutti”, prosegue la nota del sindacato dei giornalisti Rai. “Tre minuti e mezzo in apertura al premier e per il resto i consueti pastoni - conclude chi garantisce il
Milano, l’incubo bandiere comuniste
Pisapia vuole una zingaropoli islamica
Con Bossi tutto bene, governo senza problemi
“
“
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Sono stato turbato da falce e martello in città per la vittoria della sinistra
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Arriverà un’invasione di immigrati, sarà la Stalingrado d’Italia
”
pluralismo in Rai? Mi appello al nuovo direttore generale Lorenza Lei e ai presidenti Garimberti, Zavoli e Calabrò. Sappiano che i giornalisti Rai non vogliono essere silenziosi complici di quel che sta accadendo”. Ma le armi della Vigilanza e dell’Autorità di garanzia, nonostante l’attenzione di Zavoli, sembrano spuntate.
Il ballottaggio non influirà sul governo, con la Lega l’unica maggioranza
UNO E TRITO
”
Occupa tutti i canali con comizi-clone e il solito tormentone di “rossi” e immigrati Bersani: nemmeno in Bielorussia di Fabrizio d’Esposito
sul ballottaggio che può essere fatale al berlusconismo.
n fondo, il vero spirito (maligno) del ‘94 è questo: somministrare dosi massicce di propaganda tv nei momenti topici. E così il quinto giorno dopo il lunedì nero di Milano, il Cavaliere si decide a riparlare e a mettere la faccia
I
VOLTO TIRATO, penna in mano, solita cravatta blu con quadratini, Silvio Berlusconi è riapparso a modo suo. Occupando i tg serali di Studio Aperto, Retequattro, Canale Cinque, Raiuno e Raidue, cui devono ag-
di Pino Corrias
La curva della capra DICONO gli esperti di Auditel che non avevano mai visto una curva degli ascolti strampalata come quella che ha imprigionato il povero Vittorio Sgarbi e il suo infantile egotismo pieno d’aria. Dicono che il tracciato verrà studiato in molti laboratori di scienza della comunicazione: non era mai successo che gli stacchi pubblicitari facessero più ascolti del programma. A dimostrare che i pannoloni, i dentifrici, gli sciogli pancia prevalevano sulle chiacchiere in scatola del Vate. La curva non è una curva, ma un precipizio ardito. Per rimanere sul terreno coltivato dal vispo Vittorio Sgarbi (“Non mi occupo dove Berlusconi mette il suo cazzo, ma dove lo metto io”) il precipizio assomiglia a una “demolizione”, termine che il dizionario dei sinonimi e dei contrari indica come il contrario di “erezione”. Il che in effetti corrisponde a certi racconti esilaranti che sue (e mie) amiche ogni tanto apparecchiano per allietare talune cene noiose dove si parla in grande prevalenza di Raffaello, Pasolini, Cossiga, Morgan, le capre. Ma poi anche di lui – dei suoi primi salotti a casa delle vecchie, dove furoreggiava – tanto per farci due risate. Prima che arrivino le ostriche e i brindisi.
giungersi il Giornale Radio del servizio pubblico e un paio di emittenti lombarde. Un’invasione per impedire che Milano diventi, nell’ordine, la “Stalingrado d’Italia, una zingaropoli e una città islamica”. Ancora: “Da milanese sono rimasto turbato dalle bandiere rosse con la falce e martello che hanno invaso la
Cambio strategia dettato dalla paura: mette la faccia sul ballottaggio, ma evita la guerra ai pm città per festeggiare la vittoria di Pisapia al primo turno”. Uno scandalo, quest’occupazione, senza precedenti che fa esclamare a Bersani: “Non siamo mica in Bielorussia”. Meno male che, come andavano ripetendo i suoi collaboratori ieri pomeriggio, stavolta “il premier avrebbe mostrato il vol-
to moderato”. A modo loro hanno ragione perché B. si è allineato all’analisi dell’alleato Bossi (“campagna sbagliata”) e non ha parlato dei suoi guai giudiziari e delle brigate rosse che adesso allignano nelle procure. L’unico riferimento alle toghe è stato per il candidato sindaco di Napoli Luigi de Magistris, “pm d’assalto, uno dei tanti magistrati giustizialisti entrati in politica con la sinistra”. Per il resto, il Cavaliere finto moderato fornisce la sua versione del primo turno delle amministrative: il Pdl resta il primo partito, il terzo polo perde se si allea con la sinistra. Poi la paura di consegnare il paese a Grillo, Vendola, ai centri sociali, al partito delle manette, a quelli che non vogliono l’Expo a Milano e i termovalorizzatori a Napoli. Al contrario, Milano, la sua vera ossessione, sarà “metropoli con meno tasse per tutti perché vinceremo e non la daremo agli estremisti”. AL DI LÀ della sostanza e della faccia non proprio allegra del premier (per lui sono un paio di sorrisi tirati) colpisce la potenza di fuoco messa in campo. Un dato così evidente che contraddice e smentisce l’apparente tranquillità di B: “Il ballottaggio non influirà sul governo e quel-
la con la Lega è l’unica maggioranza possibile”. Avanti tutta come se nulla fosse successo. Un classico del racconto pubblico berlusconiano. Una mossa studiata nei giorni scorsi nell’inner circle di Palazzo Grazioli. E che accontenta sia i falchi, sostenitori dell’applicazione del metodo Boffo in comizi e faccia a faccia, sia le colombe, teoriche dei contenuti. I primi perché così “non è stato costretto a nascondersi come qualcuno voleva, non dimentichiamoci che Silvio è il falco numero uno”. I secondi perché convinti che il premier
sia “tornato presente a se stesso”. La svolta comunicativa è notevole: sinora non si era mai verificata un’occupazione tv così smaccata, dalle 18.30, orario d’inizio del Tg4 dell’amico Emilio Fede, alle 20.30, quando va in onda l’ultimo telegiornale della Rai in prima serata, sulla seconda rete. Lo stile è stato quello classico dei videomessaggi, con lo sguardo fisso alla telecamera, non rivolto al giornalista, come il galateo tv imporrebbe. Le domande, identiche (ballottaggio a Milano e Napoli, tenuta poli-
COSA RISCHIA IL CAIMANO
IL BUFFETTO AGCOM: AL MASSIMO 100MILA EURO DI MULTA inque telegiornali, tre reti duttori dei telegiornali an- lo, Sortino e Lauria: “In di- biente e viceministro ai Beni Crittura Mediaset e due Rai, addi- nunciano un'intervista versi telegiornali è stata mes- culturali nei governi di Berin simultanea al Tg1 e esclusiva di Berlusconi, una sa sotto i piedi ogni minima lusconi. E Martusciello ha rial Tg5, un’intrusione radiofonica. La propaganda di Silvio Berlusconi, a dieci giorni dai ballottaggi, non ha prezzo. Anzi, ce l'ha: stracciato. Al massimo 100 mila euro, questa è la multa canonica che l'Agcom può infliggere a chi viola la par condicio. Quattro commissari dell'Autorità di garanzia, però, chiedono di più: che il presidente Corrado Calabrò intervenga subito, che scelga la più dura sanzione possibile, non i soliti 100 mila euro che, rispetto ai 4 milioni buttati via per Vittorio Sgarbi, sono un graffietto per le casse (del Cavaliere) di Mediaset e per il servizio pubblico. I con-
replica che passa ossessivamente ovunque, e dunque somiglia ai videomessaggi che l'Agcom stessa ha vietato. Scrivono Magris, D'Ange-
Violare la par condicio è uno scherzo. Altro che i 4 milioni che abbiamo sganciato noi per il flop del critico
regola di corretta informazione e violata in maniera macroscopica la par condicio. Si ricorda tra l’altro che i videomessaggi sono già stati proibiti dall’Autorità e ripetuti richiami, diffide e sanzioni sono già stati posti in essere”. I QUATTRO commissari ricordano che la struttura prodotto e servizi dell'Agcom può rimediare immediatamente all'invasione di B., come si augurano le opposizioni dal Pd all'Idv. Ma chi c'è nella commissione prodotto e servizi? Antonio Martusciello, già fondatore di Forza Italia, sottosegretario all'Am-
cevuto il testimone da Giancarlo Innocenzi, dimessosi perché tramava con il Cavaliere e l'ex direttore generale Masi per chiudere Annozero. Come ha dimostrato l'inchiesta di Trani, Berlusconi attraverso Innocenzi cercava “sponde” all'Agcom per bloccare Michele Santoro. In una telefonata disperata, Masi definì le “pressioni” non degne dell'Italia, ma tipicamente dello Zimbabwe con tutta la solidarietà per il Paese africano. Ora per il segretario del Pd, Pier Luigi Bersani siamo cresciuti in longitudine, ma siamo al “regime bielorusso”. È facile capire perché Berlusconi ha frantu-
Capre in tv Sgarbi e il flop del suo programma (F
OTO ANSA)
mato più che violato la legge sulla par condicio, basta chiedere spiegazioni al suo estensore, il senatore Vincenzo Vita: “Lui può parlare se deve affrontare un tema di governo in qualità di presidente del Consiglio, ma se consiglia chi votare a Milano o a Napoli deve avere il contraddittorio”. E più che il contraddittorio, Berlusconi aveva accanto un simbolo enorme del Pdl. Ieri mattina
ha deciso di aver un microfono dai maggiori telegiornali italiani, tranne il Tg3, e tutti l’hanno accontentato. I suoi dipendenti di Mediaset, i dipendenti pubblici di viale Mazzini. Tutti i direttori hanno rispettato il protocollo ordinato da Palazzo Chigi: la notizia in apertura, un giornalista fedelissimo di fronte. Così decretò il governo. E così sia. Car. Tec.
Sabato 21 maggio 2011
I messaggi di Ruby: “Non vedo l’ora di parlare in Tribunale”
“N
DECIDE LEI, COMANDA LUI
on vedo l'ora di venire in tribunale e poter dire la mia, visto che dai giornalisti non vengo ascoltata”. Lo ha detto Karima El Mahroug, detta Ruby, ad alcuni giornalisti che l’hanno incontrata nelle vicinanze della Questura di Milano, dove la ragazza si è trattenuta per alcuni minuti
all’ufficio denunce. Ruby dunque vuole parlare al processo che vede imputato Berlusconi, per concussione e prostituzione minorile per presunti rapporti di tipo sessuale con la diciassettenne marocchina. Il mese scorso, quando si è aperto il processo, Karima non si è costituita parte civile, anche se la procura l’ha inserita fra le parti lese. Il suo avvocato,
Paola Boccardi, spiegò la decisione, attaccando la stampa: Ruby non si sente danneggiata dal presidente del Consiglio, semmai dai media che l’hanno fatta passare per prostituta.
Rai, operazione poltrone Al Tg2 in arrivo Paragone LE NOMINE DEL NUOVO DG IN VISTA DEI PALINSESTI: IL CENCELLI ALL’EPOCA DI B. di Carlo Tecce
imenticate il tragicomico Mauro Masi, che voleva cambiare il servizio pubblico e poi, sconfitto, s'è rifugiato nell'oscura Consap. Prendete nota di Lorenza Lei, riservata e tenace direttore generale che, in rispetto di paradossi e alchimie politiche, spoglia e riveste la Rai con un'infornata di nomine. Per creare una squadra affidabile e poi affrontare i palinsesti: forma e sostanza di una televisione divisa fra megafoni del governo e voci contrarie. Masi puntava a distruggere i programmi sgraditi al Cavaliere, la Lei preferisce avere il comando, scrivere il destino di chi va in onda e di chi li manda. E così inizia con i direttori di rete, lì dove il potere berlusconiano è più debole o più faticoso. E la Rai2 di Massimo Liofredi è un'incognita fra Rai3 di lotta e Rai1 di governo. E per accontentare il ministro Paolo Romani, azionista occulto di viale Mazzini, pensa di proporre in Cda il fidato Gianvito Lomaglio, già caporedattore al Tg3 lombardo. E in tempi di elezioni e di ballottaggi, se una poltrona va al Pdl, una poltroncina va ai leghisti. Scalpita, Gianluigi Paragone, estensione televisiva del Carroccio e anfitrione di Ultima parola, una trasmissione politica con discreti ascolti. Paragone è candidato per il Tg2, una casella vuota per l'addio di Mario Orfeo e ricoperta ad interim da Mario De Scalzi. Il Tg2 è una conquista utile per aumentare il controllo dei telegiornali, anche se l'informazione berlusconiana è incarnata nel Tg1 di Augusto Minzolini. L'operazione più delicata di Lorenza Lei è per la sostituzione di Paolo Ruffini a Rai3. Non la violenta cacciata di Masi nel Consiglio di amministrazione con le opposizioni spaccate tra consiglieri e presidente Garimberti, chi votò
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Il padrone dello schermo Elaborazione di Fabio Corsi tica della maggioranza), un mero pretesto. Come se i cinque intervistatori avessero fatto la fila, attendendo il proprio turno per entrare nello studio di B. IL CAVALIERE non parla quasi mai del suo ruolo di presidente del consiglio. Accenna agli impegni istituzionali al prossimo G8 in Francia, ma nulla di più. La nuova strategia per l’ultima settimana di campagna elettorale non prevede la politica nazionale. “Io sono in campo ogni giorno”, ha detto B. esorcizzando le voci su un pos-
sibile e umiliante ritiro dalla scena per non danneggiare la Moratti e Lettieri, l’uomo di Cosentino a Napoli. Uno scatto politico ma anche psicologico, per scaricare sugli altri la responsabilità del tracollo di domenica e lunedì scorsi. Da Palazzo Grazioli riferiscono che B. “ha sentito molto ma alla fine ha deciso lui, non senza aver testato il messaggio da mandare”. Il problema è chi glielo ha testato. Se hanno fatto come i sondaggi mostrati prima del 15 maggio, B. ha ottimi motivi per preoccuparsi.
AMBULANZE
Sgarbi: arrestate “Il Fatto”!
“O
ra querelo ‘Il Fatto’, lo voglio far chiudere, diffonde solo menzogne. Chiedo 10 milioni di euro per gli articoli dei giorni scorsi, quelli in cui mi si indicava come esecutore della mafia”. Sarà la pozione tra l’inchiesta su Salemi riportata dal nostro giornale e l’abisso d’ascolti di mercoledì, il critico partorisce un cocktail di diffide (“ad eliminare immediatamente dal sito web l’articolo del 17 maggio” dedicato proprio sulle amicizie pericolose del sindaco-critico) e richieste di sequestro preventivo del giornale “nel caso in cui il quotidiano non ottemperasse”. Peccato, perchè invece sotto sotto lui è buono. Prendete il flop dell’altra sera: “La seconda puntata posso anche non farla. Ma siccome non voglio nessun compenso (cachet da 1 milione di euro, ndr) che non sia recuperato con il lavoro, posso scontarlo con le ospitate nei programmi”. Ad augurarsi il lieto fine ieri ci ha pensato Scilipoti: “Se un programma fa cultura, deve andare avanti” ha detto con strenuo senso di responsabilità. Vera satira. Ora chiamate un medico.
Sul tavolo di Lorenza Lei la “soluzione”: i berluscones all’ufficio contratti e al secondo canale
contro e chi a favore e poi un giudice del Lavoro reintegrò Ruffini al suo posto. La Lei offre al giornalista, ideatore di Ballarò e Che tempo che fa, un ruolo in regia: o responsabile di una direzione cultura o vicedirettore generale. E per la successione, accorta nel trattare con la minoranza in Cda, la Lei scommette su Maria Pia Ammirati, una sua buona amica, vicedirettore di Rai1 con delega a Uno Mattina, un fortino per il giornalista a vocazione berlusconiana. La Ammirati, però, è un dirigente di sinistra, di origine dalemiana. Ma la scarica di poltrone, in agenda nei prossimi quindici giorni, ar-
riverà con la nomina dei vertici di una struttura di intrattenimento che sottrae autonomia a tutti i direttori dei tre canali generalisti, in corsa c'è Giancarlo Leone, un nome che può piacere anche al centrosinistra. Una scrivania pesante, seppur ignota ai comuni mortali, andrà al berlusconiano Carlo Nardello: l’ufficio del personale, lì dove transitano contratti vecchi e nuovi, rinnovi e rescissioni. Ecco, appuntati i galloni, la squadra di Lei sarà pronta a compilare i palinsesti, a preparare la stagione autunnale, le trasmissioni di informazione, i contenitori domenicali, i varietà del po-
meriggio. Non saranno create regole speciali per imbavagliare, ma i paletti saranno rigidi, così nessuno potrà fuggire come in uno slalom: “Duri con Sgarbi, duri con chiunque”, profetizza un leggendario dirigente di viale Mazzini che conosce Lorenza Lei da vent’anni. E i contratti di Fazio, Gabanelli, Dandini e Floris? E Annozero? Tutti in discussione, tutti all’ordine di Lei. Che è diplomatica, gentile e secchiona, ma pur sempre scelta dal governo Berlusconi con il suggerimento del Vaticano e le rassicurazioni del presidente di Mediaset, Fedele Confalonieri.
ANGELO GUGLIELMI L’inventore di “Quelli che il calcio”
“La destra in tv? Solo una scuderia di signorsì” di Chiara Paolin
a questione è semplice: “L vogliono gente capace o pupazzi da piegare alle esigenze di giornata?”. Angelo Guglielmi, il professore, ha 82 anni e un eloquio brillante. Quello che succede oggi in tivvù lo fa sorridere, e a volte intristire: lui che dal 1987 al 1994 ha diretto Rai3 inventando programmi storici (Blob, La tv delle ragazze, Avanzi, Quelli che il calcio, Chi l’ha visto, Mi manda Lubrano, Samarcanda) non vede un argine al dissesto della tv popolare, gratuita, destinata a chi ha poche alternative per farsi un’idea del mondo. Partiamo da Sgarbi. Ha visto il programma? Sì, un disastro. Era bravo una volta, ma non può pretendere di andare in prima serata improvvisando. Faccia tosta e retorica non bastano, il tonfo era inevitabile. Lui dice di aver fatto come Saviano. Figuriamoci. La tv è un mestiere preciso, un programma funziona quando è ben pensato, messo in mano a gente esperta. Certo, se l’obiettivo è solo fare propaganda, ci si mette davanti a una telecamera e buonanotte. Però la gente si stufa, e cambia canale. Anche Ferrara ha problemi di audience. Fu lei a lanciarlo nel 1987 con ‘Linea Rovente’: allora indossava una toga e processava vip... È un uomo dalle molte virtù televisive che però stavolta ha scelto una missione impossibile, cioè salvare l’immagine del premier da un declino or-
Dai calzini di Mesiano trovati da Brachino agli spot di Ferrara. Chi non si piega resta fuori mai palese. Il guaio è che in quell’area non ci sono facce spendibili: non le hanno selezionate. Maurizio Belpietro? Manca di capacità empatica. Un un nome interessante a destra dovrà pur esserci... Ho visto in giro Pietrangelo Buttafuoco, un tipo capace di stare in pubblico. Ho l’impressione che non ami piegarsi ai diktat della politica, difetto grave per chi si colloca negli spazi destinati a sostenere le tesi della maggioranza. Dà per scontata la sudditanza della tv alla politica. Mediaset è di Berlusconi. I dirigenti Rai sono l’espressione di un Parlamento frequentato da soggetti sempre più scadenti. Il prodotto finale è per
forza di bassa qualità. Un'idea per uscirne? Scegliere alcuni pezzi solidi della scuderia e metterli a dirigere reti, strutture: cito Santoro, Lerner, Augias. Potrebbero pescare in un bacino ampio, dentro e fuori la tv, nei giornali, su Internet. Sai quanta gente in gamba c’è in giro? Basta vedere Mentana: appena lasciato libero, senza mezzi particolari a disposizione, ha fatto subito una cosa buona. Forse nella tradizione berlusconiana contano più i reality dei telegiornali. Storicamente il centrodestra ha una fragile capacità di produrre cultura, almeno nell’accezione colta del termine. Quando si cimenta con formule televisive legate alla libera critica del sistema i problemi sono evidenti. L'episodio di Brachino che dileggia il giudice Mesiano per il colore dei calzini resterà nella storia: nessuno tra i giornalisti autorevoli che ho appena citato avrebbe mai accettato un servizio del genere. Però un Santoro direttore di rete non piacerebbe al Pdl e nemmeno al Pd. Santoro è un animale televisivo di prima qualità, lui come altri pezzi pregiati della scena italiana dovrebbero essere messi al servizio del futuro, anziché osteggiati perché non si allineano. Anche ai miei tempi la politica contava, ma c’erano i concorsi, la ricerca del talento, una volontà di garantire il meglio agli spettatori. Se ora i dirigenti vengono promossi per motivi osceni, che possiamo aspettarci dai palinsesti?
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Lassini a Palazzo Marino se vincerà il centrodestra
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VERSO IL BALLOTTAGGIO
e Letizia Moratti vincerà il ballottaggio di Milano, l’autore dei manifesti anti-pm Roberto Lassini diventerà consigliere comunale: a denunciarlo è l’esponente del Pd Pierfrancesco Majorino, facendo le proiezioni sulle preferenze e l’assegnazione dei seggi in base ai premi di maggioranza che scatteranno al secondo turno. “La destra in queste ore parla a
vanvera di tante cose. Tra queste, scomoda la questione dei moderati – ha attaccato Majorino – la verità, però, è ben diversa da quella descritta. Infatti, se vince Giuliano Pisapia, il sindaco sarà un cittadino galantuomo sostenuto da una squadra di persone oneste. Se vince Letizia Moratti, Lassini diventa un suo consigliere comunale e quindi una delle persone
incaricate a esprimersi sulle scelte strategiche della città”. Con le sue 872 preferenze personali, Lassini si è piazzato 19esimo nella classifica dei votati della lista del Pdl e, stando ai calcoli realizzati dai partiti, la vittoria del centrodestra di Letizia Moratti farebbe entrare nell’aula di Palazzo Marino 21 consiglieri del Pdl, 7 della Lega e uno della lista civica Milano al Centro.
MARCIA SU ROM A Milano la Lega lancia l’operazione “paura” Invasione di islamici, comunisti, stranieri e tossici di Gianni Barbacetto
oni misurati, per vincere a Milano: “Pisapia è pazzo”, “con lui la città diventerà indecente”, anzi, si trasformerà in “Zingaropoli”. Così la Lega ha cominciato la sua campagna per il ballottaggio. E ora, per recuperare voti, promette di alzare ancor più la temperatura, parlando alla pancia delle gente ed evocando scenari apocalittici in caso di vittoria del candidato di centrosinistra.
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IERI IL QUOTIDIANO del partito, la Padania, ha pubblicato dieci domande a Giuliano Pisapia, “candidato dell’estrema sinistra, prese direttamente dal suo programma”. L’iniziativa fa il verso alle dieci domande che Repubblica rivolge da mesi a Silvio Berlusconi sul caso Ruby. Eccole: 1. “Concorsi pubblici aperti ai cittadini stranieri. Cosa ne pensano gli italiani disoccupati, cassintegrati, precari e giovani? Con la Lega e la Moratti, prima
gli italiani!”. 2. “Realizzazione di un grande centro di cultura islamica... Dove la faranno la grande moschea? Magari proprio sotto casa tua? Con la Lega e la Moratti, no alla grande moschea a Milano”. 3. “Rom che si autocostruiscono case. Dove? Con che soldi? Con la Lega e la Moratti, avanti con gli sgomberi dei campi rom”. 4. “Vigili disarmati e impegnati solo a fare multe? Con la Lega e la Moratti, più vigili nei quartieri
sugli autobus e in metropolitana”. 5. “Diritto di voto agli stranieri. Dopo la casa e il lavoro, anche il voto subito. Sei d’accordo? Con la Lega e la Moratti, prima gli italiani”. 6. “Si privilegerà il prelievo sull’utilizzo/consumo della città, rispetto al prelievo sui redditi. Quindi, quali tasse comunali aumenteranno? Il biglietto del tram? I parcheggi? L’acqua? La tassa rifiuti? Con la Lega e la Moratti, a Milano le tasse comunali più basse d’Italia”.
Le dieci domande La Padania lancia la campagna elettorale per i ballottaggio usando le “dieci domande” che Repubblica riservò ai rapporti tra Berlusconi e Noemi Letizia
MEDICI pro Letizia, spot a costo zero Ordine provinciale dei medici chirurghi e odontoiatri di L’Letizia Milano e provincia fa campagna elettorale al fianco di Moratti. Sul trimestrale aprile-giugno, arrivato nei giorni scorsi a casa di migliaia di professionisti, c’è un’intervista con tanto di richiamo in copertina: “Letizia Moratti, una città con il coeur in man”. È stata realizzata quando si sapeva la data del voto e la possibilità concreta che a Milano si arrivasse al ballottaggio. Certo, non si immaginava che Moratti avrebbe dovuto inseguire il suo diretto avversario, Giuliano Pisapia, candidato del centrosinistra. Ed ecco che le pagine dedicate a lei, ora, sono ancora di più un aiuto alla corsa affannosa e in salita per la riconferma a sindaco. Il bollettino, infatti, finisce anche in molti studi medici, nelle sale d’attesa, dove vengono ricevuti centinaia di pazienti. L’ampio spazio dedicato a Moratti si apre con un curriculum certosino. Poi si passa alle domande “megafono”, quelle che servono per pubblicare le risposte dell’interlocutore, sicuro di non essere contraddetto: “Dottoressa Moratti preferisce essere chiamata Sindaco o signora, visti i suoi due primati come donna: la prima ad assumere la presidenza Rai nel 1994 e la prima a essere eletta alla più alta carica della capitale italiana dell’economia? (sindaco di Milano, ndr)”. E ancora: “Oltre all’Expo 2015 quali sono i progetti che l’hanno più occupata e preoccupata?”. Le risposte, ovviamente, sono tutte un elogio per la sua amministrazione. Ecco come si trasforma il giornale di un ordine professionale in un grande spot per Letizia Moratti, a costo zero per le sue tasche. Antonella Mascali
Calderoli promette di portare sotto la Madonnina due ministeri: il suo e quello di Bossi
7. “Pedaggio di congestione. Ecopass per tutti, più ampio e più caro: 5 euro per tutte le auto private, 10 euro per chi trasporta merce. Con la Lega e la Moratti, no a Ecopass più caro e per tutti”. 8. “Revoca delle ordinanza inutili e dannose per il clima dei quartieri. Basta ordinanze contro la prostituzione? Basta controlli negli appartamenti sovraffollati in periferia? Basta controlli nei negozi sospetti? Con la Lega e la Moratti, reati a Milano in calo del 48 per cento”. 9. “Via Padova, laboratorio sociale. Davvero via Padova è un modello da esportare in tutta Milano? Con la Lega e la Moratti, niente ghetti e più controlli”. 10. “Parità dei diritti e dei doveri per tutte le comunità affettive, registro delle unioni civili. Davvero la famiglia, fondata sull’unione fra un uomo e una donna, è ormai fuori moda e superata? Con la Lega e la Moratti, più soldi attenzione e servizi alle coppie e ai bambini”. UN CAMPIONARIO degli equivoci dentro un elenco delle paure. La possibilità di costruire luoghi di culto (chiese cattoliche o moschee che siano), per esempio, è stata garantita dal nuovo Piano di governo del territorio, approvato (ma il leghista Salvini assente). È l’antipasto della campagna elettorale leghista per il ballottaggio. La Lega scende in campo e fa sentire la sua voce. Fino al primo turno era rimasta quasi invisibile, si era fatta sentire poco, tanto da diventare oggetto delle critiche e dei sospetti dei
sostenitori di Letizia Moratti, che hanno accusato gli uomini del Carroccio (ma anche l’area ciellina del Pdl) di aver remato contro, o almeno di non essersi impegnati fino in fondo. In effetti la Lega (come Cl) non ama la Moratti. Umberto Bossi e i suoi colonnelli (che pure quanto a toni urlati di solito non scherzano) hanno avuto parole di critica per i pasdaran e le pasionarie del Pdl che hanno dimenticato i temi cittadini e hanno puntato tutto sulla forsennata campagna contro i magistrati. “Non ci interessa parlare della giustizia”, ripetevano i leghisti, “vogliamo parlare della buona amministrazione della città”. DETTO QUESTO, dopo la disfatta del primo turno, con Pisapia avanti di quasi sette punti su Moratti e la Lega precipitata dal 14,5 (regionali 2010) al 9,6, gli uomini di Bossi si sono rimboccati le maniche. Ma le riunioni nella sede di via Bellerio non finiscono con sorrisi. Le facce sono cupe e preoccupate. “Sarà ben difficile invertire il risultato. A non amare Letizia non è la Lega, sono i milanesi. Comunque siamo in ballo e dobbiamo ballare”. L’ordine di scuderia ora è: cerchiamo di non perdere Milano, che comunque resta per la Lega la città simbolicamente più importante d’Italia. Così, dopo le critiche ai toni duri dei Lassini, dei Sallusti e delle Santanchè, i leghisti si preparano a giorni di fuoco sui temi dell’immigrazione, delle moschee, dei rom, dei gay. Altro che comunicazione della buona ammi-
nistrazione morattian-leghista. E nel quartier generale di Pisapia arrivano segnalazioni di strani movimenti, rom che distribuiscono volantini del candidato di centrosinistra, finti operai che prendono le misure per costruire fantomatiche nuove moschee... Il ministro leghista Roberto Calderoli ha intanto promesso effetti speciali: “Ci sarà la settimana prossima una grossa sorpresa che sarà presentata da Berlusco-
“Finti figuranti contro Pisapia” LA DENUNCIA DALL’ENTOURAGE DEL CANDIDATO: “SI FINGONO ZINGARI O DROGATI” di Stefano Caselli
rancamente alcune cose mi sembrano poco credibili. Eppure, stiamo ricevendo tantissime segnalazioni concordi. Verificheremo…”. Nell’entourage di Giuliano Pisapia si ostenta serenità, ma non è detto che la naturale controffensiva del centrodestra dopo la scoppola del primo turno non nasconda qualche insidia: “Ci sono almeno quattro cose che denunceremo presto – raccontano – la prima è certa: nella notte scorsa tutti i nostri manifesti sono stati ri-
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Giuliano Pisapia (FOTO EMBLEMA)
coperti. Non è una cosa bella, ma pazienza, succede. Le altre sono difficili da credere, ma a quanto pare stanno accadendo davvero. Sembra che ci siano ragazzi trasandati che passano la giornata in metro ascoltando musica a tutto volume; alle proteste dei passeggeri risponderebbero malamente con frasi tipo ‘noi siamo per Pisapia’. Altri cittadini ci segnalano in alcuni mercati rionali la presenza di giovani rom che distribuiscono volantini per Pisapia. Infine, ci è stata addirittura denunciata la comparsa di capannelli di finti operai, con tanto di geometri, intenti a fare sopralluoghi e a prendere le misure per la nuova ‘moschea di Pisapia’. Roba che neanche Amici miei”. Una discreta creatività, in perfetta linea con l’immagine di una Milano in preda a orde di anarchici drogati, islamisti urlanti e rom questuanti, sparsa a piene mani da Pdl e Lega Nord in caso di vittoria di Pisapia. I sostenitori dell’avvo-
“Ci segnalano anche falsi operai intenti a prendere le misure per una nuova moschea”
cato non si scompongono più tanto, nemmeno se gli si fa loro notare che i voti ottenuti da Bruno Ferrante nel 2006 erano più o meno gli stessi di Pisapia: “Non è così – risponde Roberto Basso, direttore della campagna elettorale dello sfidante di Letizia Moratti – rispetto a cinque anni fa ci sono stati 23 mila voti in meno; dunque è come se Giuliano avesse ottenuto settemila voti in più del candidato del 2006. Poi, analizzando i flussi elettorali, risulta che abbiamo recuperato almeno il 4% dell’astensionismo rispetto al 2010”. Ottimismo anche per il ballottaggio: “Il centrosinistra ha storicamente una percentuale molto alta di ritorno alle urne, intorno all’80-85%. Gli altri non lo so...”. Non temete di aver fatto il pieno al primo turno? “Io non credo. Oggi (ieri, ndr) abbiamo distribuito qualcosa come 480 mila pezzi tra volantini e opuscoli elettorali. Adesso bisogna trovare un tipografo che ce ne stampi di nuovi”. Quanto a un nuovo confronto televisivo, è molto difficile che ci sarà: “Giuliano – ancora Basso – non si siede a tavola con una persona che lo ha ingiuriato. Se Letizia Moratti chiede scusa prima del confronto tv se ne può parlare. Altrimenti no”. Il confronto tv, si sa, lo vuole sempre chi è in svantaggio.
Sabato 21 maggio 2011
Città coperta dai manifesti padani contro “zingaropoli”
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VERSO IL BALLOTTAGGIO
ingaropoli con Pisapia. Più campi nomadi, la più grande moschea d’Europa. Vota Letizia Moratti”. Le parole di Umberto Bossi, che aveva definito il candidato del centrosinistra “matto” si sono tradotte in un manifesto che è stato affisso nelle strade milanesi dalla Lega
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ni e Bossi e che cambierà il modo di pensare dei milanesi in vista del ballottaggio. Io sto preparando la sorpresa”. La “sorpresa” dovrebbe essere la proposta di trasferire a Milano due ministeri: quello delle Riforme (oggi guidato da Bossi) e quello della Semplificazione (guidato proprio da Calderoli). Ma il trasloco, con tanto di trasferimento di personale, costa: l’amico Giulio Tremonti allargherà i cordoni della borsa?
per tutti” sono alcuni degli slogan sul programma preparati invece dal Popolo della Libertà, citando letteralmente il programma dello sfidante, cercando di impaurire i cittadini che con un sindaco di sinistra saranno meno sicuri, avranno meno lavoro e pagheranno più tasse. Pronti anche una serie di volantini dello stesso tono.
Faccia a faccia, obbligo o trappola?
di Caterina Perniconi
n altro confronto televisivo a Milano, tra Giuliano Pisapia e Letizia Moratti, si deve fare oppure no? E dopo l’offensiva leghista e del premier, quali devono essere le contromosse del candidato del centrosinistra, in vantaggio al primo turno elettorale? Queste sono le domande che abbiamo posto a quattro autorevoli commentatori per spiegare quale comportamento si aspettano adesso da Pisapia, dopo la nuova richiesta di confronto fatta dalla Moratti, alla luce del risultato dello scorso scontro andato in diretta su Sky, dove il sindaco ha accusato lo sfidante di essere stato legato ad ambienti estremisti in gioventù e di avere una condanna legata al furto di un auto. Il vincitore delle primarie del centrosinistra ieri si è detto disponibile a dei faccia a faccia purché siano “leali”. Mentre confronti “con persone che dimostrano slealtà non li faccio”. La risposta di Pisapia sembra non chiudere tutte le porte, sebbene il candidato abbia spiegato che “non si fanno scuse condizionate e tardive e, soprattutto, non bastano le scuse nei miei confronti, ma deve scusarsi con la città. Soprattutto deve dire chi e con chi ha organizzato questo tranello che è inaccettabile in una città come Milano, soprattutto da parte di chi è stato sindaco e aspira a esserlo ancora”. Dal canto suo la Moratti, evidentemente terrorizzata dall’onda lunga della gaffe nel confronto televisivo, ha fatto della moderazione la sua arma per convincere gli indecisi, licenziando i comunicatori che fin lì l’avevano consigliata. E nel nuovo corso c’è addirittura il tempo di fare gli auguri al suo peggior nemico: “Gli auguro che in queste giornate di intenso lavoro riesca a trovare il tempo per festeggiare come si deve il suo compleanno”.
Nord. Il Carroccio dà quindi battaglia dura per recuperare i suoi elettori, quasi dimezzati rispetto alle regionali dell’anno scorso, a una settimana dal ballottaggio che vedrà la sfida tra Pisapia e Letizia Moratti. “Con Pisapia più tasse per i commercianti”, “Con Pisapia più lavoro agli immigrati e meno ai milanesi” e “Con Pisapia meno sicurezza
DOPO LA PROPOSTA DELLA MORATTI DI UN NUOVO INCONTRO TV, I COMMENTATORI RISPONDONO Furio Colombo “No, lei cambiata solo per il risultato”
Lucia Annunziata “Sì, o passerà altro messaggio”
Nando Dalla Chiesa “No, programmi già valutati”
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o, non credo che Giuliano Pisapia dovrebbe accettare la proposta tardiva e infantile di Letizia Moratti che adesso vuole un secondo dibattito. La Moratti si è preclusa questa strada quando ha rifiutato di scusarsi e anzi ha aggravato la sua inclinazione a mentire con l’insistere nella sua “rivelazione”. Soltanto il voto clamorosamente negativo per lei, e anzi di condanna, ha fatto cambiare atteggiamento all’ex sindaco di Milano e l’ha indotta a fingersi mite. La strada di Pisapia è quella che porta a Milano città europea civile, legale, tollerante. Ma anche pratica, bene organizzata e lucida, libera cioè dall’egemonia di Cl e del suo dominio sugli ospedali, libera dalle ossessioni xenofobe della Lega, libera dalla stretta claustrofobia e umiliante imposta a Milano dal duo Moratti-Podestà che ne hanno fatto un piccolo, marginale centro di provincia. Milano è pronta per tornare a essere una delle grandi metropoli d’Europa, senza guardia padana e senza squadre fasciste. Di questa metropoli liberata Pisapia sarà il nuovo sindaco.
ì, secondo me Giuliano Pisapia dovrebbe accettare il confronto. Io tra l’altro sono parte in causa perché l’ho proposto, e questa volta mentre Letizia Moratti mi ha detto di sì, lui ha detto no. Il contrario della volta precedente. Secondo me sarebbe giusto in generale che chi sta più avanti accetti un confronto, come atto democratico, in ogni circostanza. Anche perché ai cittadini non arriva il fatto che lui rinuncia perché lei la scorsa volta lo ha accusato, ma che non lo fa perché ora è in vantaggio e non gli conviene, comportamento che non si addice a un candidato di centrosinistra. In ogni caso io credo che Pisapia stia facendo bene a non chiudersi nel politichese e che debba continuare a dialogare con la città, fuori dalla resa dei conti del centrodestra. Non avrà problemi a riportare i suoi elettori a votare, perché la crisi mi sembra nella maggioranza, addirittura dentro la stessa Lega.
o, non credo che Giuliano Pisapia dovrebbe accettare un altro confronto. Diventerebbe improprio, perché non si confronterebbero più le idee, anzi. Chi è abituato a parlare attraverso la pubblicità procederebbe per colpi bassi portando in tv slogan da marciapiede. Cosa gli deve dire ancora la Moratti? Che vuole costruire moschee? Che vuole fare zingaropoli? Li può dire da sola nelle trasmissioni che crede. Sui programmi si sono già confrontati. Sarebbe più giusto, semmai, offrirsi in pasto ai giornalisti di vari schieramenti, come fa il candidato alle Presidenziali americane, e farsi intervistare sui temi. Pisapia, intanto, deve continuare a parlare con la parte moderata della città e con i giovani, spiegargli che li faciliterà a fare impresa invece di far proclami come il ministro della Semplificazione che non ha semplificato un bel niente.
Enrico Mentana “Sì, meglio matti che Moratti”
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ì, secondo me Giuliano Pisapia dovrebbe accettare il confronto tv con Letizia Moratti per flair play. Il motivo è il seguente: è vero che una sconfitta nel faccia a faccia sarebbe pericoloso, ma una vittoria confermerebbe le cose positive dette finora. In più la questione è generale perché la Moratti ha concesso il confronto a Pisapia quando tutti pensavano fosse in vantaggio. Ora tocca a lui dare prova di sicurezza e civiltà politica, anche ironizzando sulle accuse più smaccate. Se io fossi lo spin doctor di Pisapia avrei tappezzato Milano con i manifesti “Meglio matti che Moratti”, perché una risata può seppellire anche le affermazioni più forti. La situazione di chi è avanti al ballottaggio è più facile se si tengono i nervi saldi. Il mio consiglio a questo punto è quello di giocare al gatto col topo, di rimessa. perché non ci dovrebbe riuscire? Del resto questa è la parte più divertente della politica.
QUI PADANIA
LEGHISTI STUFI A GALLARATE: “IL SINDACO PDL NON LO VOTIAMO” di Elisabetta Reguitti inviata a Gallarate (Va)
ne, della rivolta del Carroccio nei confronti del Pdl.
o mi turerò il naso, chiuderò gli SONO COSÌ arrabbiati in questa “I occhi e voterò Pd”. Incredibile. parte di profondo Nord che potrebbeChi pronuncia questa frase è Anto- ro pure decidere di dare voti ai catnio, classe 1937, militante leghista dagli anni ‘80, addetto alla “logistica-gazebo” della Lega Nord di Gallarate, provincia di Varese (o come dice qualcuno di Malpensa) comune di 50 mila abitanti, tra i primi 200 al livello nazionale per reddito pro-capite. La dichiarazione di Antonio la dice lunga sul mal di pancia e il malumore che serpeggia tra i padani in vista del ballottaggio a sindaco tra Edoardo Guenzani candidato del centrosinistra (che ha ottenuto 8055 voti) e Massimo Bossi del Pdl (che ha ottenuto 8660 preferenze). La protagonista della tornata elettorale al primo turno è stata infatti la candidata della Lega Giovanna Bianchi Clerici (consigliera Rai) che con i suoi 7895 voti non ne ha ottenuti abbastanza per il ballottaggio, ma a sufficienza per consegnare alla Lega il ruolo di “terzo polo”. Gallarate, infatti, potrebbe diventare il luogo simbolo del ribalto-
to-comunisti. Nulla trapela invece dai vertici di via Bellerio, eppure in città, non si parla d’altro e chi ha votato Lega, oggi di fatto primo partito (cresciuto dal 9 al 22 per cento rispetto alle ultime amministrative) è assai combattuto. “Io, mio marito e mia figlia abbiamo votato Lega ora cosa fac-
ciamo? Non vogliamo fare casini con il ballottaggio”. Di nuovo, incredibile e siamo all’interno del Lega point di corso Italia, di fronte alla storica pasticceria-salotto Bianchi. Chi chiede è una signora di mezza età. La risposta che riceve sembra uscita da un manuale della scuola quadri del vecchio Pci, l’operaio Cipputi non avrebbe saputo dire meglio: “Ancora non ci sono indicazioni, ma ripassi lunedì che le sapremo dire cosa hanno deciso i nostri capi”. I capi leghisti sono gli stessi che tes-
Umberto Bossi con Giovanna Bianchi Clerici (FOTO ANSA)
sono la tela. Di giorno in un modo e la sera in un altro. A Roma fanno e a Gallarate e dintorni disfano. Coperti dall’anonimato addirittura dicono convinti: “Noi non siamo come quei terroni del Pdl che lavorano all’Amsc (la municipalizzata dei servizi comunali) e si mettono in malattia per fare attività politica e andare in giro ad attaccare i manifesti”. ESPUGNARE il bastione del centrodestra avrebbe come diretta conseguenza un riassetto degli equilibri anche nazionali nel Pdl. “Se Guenzani (ex Dc) rivede le posizioni sulla moschea non è poi così male” si erano lasciati scappare, in piazza Libertà, gli amici di Umberto Bossi. Ma come si è arrivati a tanto? Partiamo col dire che la Lega, dopo soli tre mesi dall’insediamento dell’amministrazione, si è schierata con l’opposizione. Il bandolo della matassa
La base non ne può più di Berlusconi Dai vertici del Carroccio nessuna indicazione
sembra essere “l’uomo del lotto” tale Nino Caianiello (Ex forzista) arrivato a Gallarate negli anni ‘80 e gestore, per l’appunto, della concessionaria del gioco del lotto. È stato lui a scegliere un candidato Pdl che avesse lo stesso cognome del Senatùr. “Per confondere gli elettori” sostiene, sempre nel Lega Point, Antonio. Omonimia a parte, Nino Caianiello oggi oltre a presiedere l’Amsc (non a caso la stessa citata da chi parlava dei terroni che si mettono in malattia per attaccare manifesti) guida numerose società satellite. Tra le altre cose a suo carico pendono due procedimenti penali (in uno è imputato per concussione per un progetto edilizio e nell’altro è accusato di peculato per utilizzo improprio del telefono). Detto questo però, sembra che la cosa più grave sia che Caianiello non abbia condiviso bene le “cadreghe”. Una bulimia di potere e politica che potrebbe risultare davvero molto indigesta a tutto il centrodestra. Se ciò accadesse crollerebbero, come in un domino, anche altre pedine del potere Pdl, a cominciare dalla Provincia di Varese e, forse, fin giù a Roma.
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Referendum, mobilitazione continua in tutta Italia
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el fine settimana le manifestazioni contro il nucleare uniranno idealmente l’Italia. Da Matera a Saluggia (Vercelli), passando per Palma di Montichiaro (Agrigento), Caorso e Montalto di Castro (Viterbo), le città saranno attraversate da lunghe catene umane e stand informativi, organizzati dal Comitato “Vota Sì per fermare il nucleare”. Il presidente di Legambiente,
Vittorio Dezza, parteciperà all’appuntamento di Caorso: “Bisogna far capire al governo che non può negare ai cittadini il diritto di esprimersi su un tema decisivo per il loro futuro”. Lunedì e martedì, invece, è prevista una manifestazione congiunta dei comitati referendari contro il nucleare e “per l’Acqua Bene Comune.” Si tratterà di un presidio di fronte a Montecitorio in corrispondenza della
votazione sul decreto Omnibus: “Una norma secondo i comitati - che prende in giro gli italiani con un finto addio al nucleare e serve a depotenziare anche gli altri quesiti referendari”. Intanto il ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo ha polemizzato con i sostenitori dell’acqua pubblica: “I referendum sono inutili, lo sanno anche i promotori”. “Parole in libertà”, la replica dei comitati.
LETTIERI ARRANCA SOTTO IL PESO DI NICK‘ O MERICANO Sfida tv con De Magistris. Cosentino l’assente ingombrante di Enrico Fierro
ente il peso di Nick 'o mericano, Gianni Lettieri, il candidato del Pdl a sindaco di Napoli. Sente quella presenza ingombrante che ieri gli è stata buttata in faccia anche da Gianfranco Fini. “È difficile dire a un cittadino napoletano – ha detto il presidente della Camera nel corso
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di un seminario pubblico – di votare per un candidato dietro il quale c'è l'ombra di Nicola Cosentino". L'imbarazzo, ma ancora di più la paura di non farcela, lo costringe ad attaccare. "De Magistris onesto?". Risposta: "Non lo so...". PRIMO CONFRONTO (in diretta Sky da Napoli) tra Luigi De Magistris e Gianni Lettieri.
TORINO Morto l’“altro” Coppola improvvisamente nella notte tra giovedì e venerÈavevadì,morto stroncato da un ictus. Domenico Coppola, 52 anni, appena festeggiato con amici e parenti la sua (insperata) elezione al Consiglio comunale di Torino. Candidato sindaco sostenuto da una coalizione di liste improbabili come “Grillo parlante”, “No euro”, “Forza Toro”, “Lega Padana” e “Forza Nuova”, aveva ottenuto ben 16 mila voti, pari al 3,57%. Un risultato raggiunto quasi esclusivamente grazie alla sua omonimia col più noto Michele Coppola, candidato sindaco del Pdl. Domenico, infatti, era una creatura del consigliere provinciale Renzo Rabellino, personaggio noto nella politica torinese come professionista delle liste patacca e civetta. Ex esponente della Lega Nord, Rabellino si presenta puntuale ad ogni competizione elettorale con gli stessi metodi: nel 2001 candidò a sindaco un Gianfranco Rosso, omonimo del “Responsabile” Roberto Rosso, allora in corsa con il centrodestra; nel 2008 scovò un Beppe Grillo per il Parlamento e nel 2010 – ma fu bocciato dal Consiglio di Stato – lanciò una Nadia Cota alla corsa per le Regionali. Iniziative velleitarie, ma questa volta Domenico Coppola aveva fatto il botto. Il neo sindaco, in segno di rispetto, ha annullato la festa concerto prevista per ieri sera in piazza Carlo Alberto. La morte di Domenico Coppola porterà in consiglio comunale il 34enne Denis Martucci (secondo con 25 preferenze), altra vecchia conoscenza del sottobosco politico torinese: in lista compariva ufficialmente come Martucci Stefano Denis detto “Coppola”. È il suo soprannome, dice. Stefano Caselli
"Tu non sei un imprenditore, ma un prenditore di soldi pubblici", è la risposta dell'ex pm, e giù l'elenco delle aziende marchiate Lettieri, fallite e con gli operai in cassa integrazione. L'ex presidente di Confindustria, poco amato dai suoi colleghi napoletani, attacca il magistrato "sulle inchieste che hanno fatto spendere tanti soldi pubblici". Di rincalzo la battuta fulminante dell'ex pm sull'immunità. "Lettieri, tra dieci giorni sarò sindaco di Napoli, mi dimetterò da parlamentare europeo e così potrai querelarmi liberamente". C'era un volta, nel primo turno delle elezioni comunali, una sedia vuota, quella di Gianni Lettieri. Sicuro della vittoria al primo turno, e consigliato malissimo dal suo spin-doctor Claudio Velardi, l'imprenditore aveva rinunciato ai faccia a faccia con i suoi competitor. Ora ha accettato e tirato fuori le unghie attaccando De Magistris anche sulle indiscrezioni circolate in merito alla sua squadra di governo. "Si parla anche di Tommaso Sodano (ex senatore di Rifondazione comunista, prima membro della Commissione parlamentare sui rifiuti, poi presidente della Commissione ambiente, ndr) che fece il piano rifiuti insieme a Pecoraro Scanio". Una frase buttata giù apparentemente a caso, che secondo indiscrezioni raccolte a Napoli preparerebbe altro: una sorta di dossier, pagine al veleno per dimostrare l'equazione De Magistris uguale estremisti, soprattutto quei movimenti che negli anni in Campania si sono battutti contro termovalorizzatori e discariche. Secca la replica di Tommaso Sodano, oggi consigliere provinciale della Federazione della sinistra e
La Cgil denuncia: Sky licenzia i lavoratori di Current ha avviato le procedure per il li- tinuare a trasmettere il canale per altri tre Cpereurrent cenziamento dei suoi dipendenti. Lo fa sa- anni. Joel (Hyatt, socio di Gore, ndr) ha dela Cgil Slc, attraverso una nota del se- ciso di non accettarla e ha chiesto di avere il gretario Riccardo Ferraro: “Il mancato rinnovo del contratto sta producendo un ulteriore danno: questa mattina Current ha inoltrato ai sindacati la lettera in cui annuncia l’inizio delle procedure di licenziamento dei lavoratori delle sedi di Roma e Milano. Una scelta che conferma e aggrava ulteriormente la situazione dell’occupazione e rilancia le ragioni dello sciopero dei lavoratori Sky”. Dopo che giovedì sera Al Gore aveva chiamato in causa i rapporti tra Murdoch e Berlusconi per trovare una spiegazione alla liquidazione della sua rete, la battaglia verbale è proseguita anche ieri. Current ha invitato gli abbonati di Sky a minacciare la disdetta dell’abbonamento e nel pomeriggio l’amministratore delegato di Sky Italia Tom Mockridge ha risposto personalmente a circa 600 mail di protesta inviate al suo indirizzo dai clienti della piattaforma satellitare: “Abbiamo stima di Current e abbiamo fatto un’offerta per con-
doppio di quanto Current percepisce attualmente, una cifra vicina a 10 milioni di dollari: una richiesta decisamente troppo alta, soprattutto in relazione alle performance del canale. I risultati diffusi da Gore sono assolutamente inesatti: i dati Auditel dicono che solo un abbonato di Sky su 25 ha guardato Current almeno per 10 minuti alla settimana nel corso del 2011”. Presto è arrivata la nuova replica di Current, anche questa attraverso una lettera agli abbonati: “Dite a Sky di smettere di mentirvi. L’unica offerta che ci è arrivata, è stata formulata dopo che hanno deciso di cancellarci. Ci hanno proposto un taglio del 70 per cento della nostra fee. Non abbiamo mai chiesto 10 milioni di dollari, ma semplicemente un aumento di 2 centesimi di euro per abbonato, meno del costo di una nocciolina. I nostri ascolti sono cresciuti. Chiedete a Sky Italia di fare a Current un’offerta corretta”.
Un momento della sfida tv di ieri tra De Magistris e Lettieri (FOTO ANSA. ) In alto, Nicola Cosentino (FOTO EMBLEMA)
L’ex pm: “Non devo verificare ogni giorno se i miei eletti sono a piede libero Le mie liste sono tutte pulite” sostenitore di de Magistris. "Le parole di Lettieri dimostrano solo la sua assoluta ignoranza istituzionale. Un presidente di Commissione parlamentare non predispone piani operativi. Ricordo a Lettieri che nel 2003 presentai denunce e dossier alla procura della Repubblica di Napoli sullo scandalo dei rifiuti, mentre Cosentino e i suoi amici si spartivano posti e appalti nei vari consorzi". Saranno proprio i rifiuti al centro
di questi ultimi giorni di campagna elettorale. De Magistris dice alcuni chiari no: "All'inceneritore in città". E alcuni significativi sì: "Alla differenziata, all'impianto di compostaggio e alla definizione della Tarsu in rapporto alla quantità di pattume prodotto". Lettieri dice sì all'inceneritore, ma anche alla differenziata, da portare al 50% entro un anno. "Nel frattempo si fa un accordo con un paese straniero per portare lì i rifiuti. L'ho già individuato e ho già delle disponibilità". Di quale paese si tratta il candidato Pdl non lo dice. Replica, invece, l'ex presidente di Legambiente, Roberto Della Seta, oggi parlamentare del Pd. "Quella dei rifiuti all'estero è una bufala colossale. Esportare in un paese straniero mezzo milione di tonnellate di rifiuti, tanti ne produce in un anno la città di Napoli, è una idea indecente e totalmente irrealizzabile che aprirebbe spazi immensi a una ulteriore ondata
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di illegalità e farebbe felice solo la camorra". LA PAROLA che Lettieri non pronuncia mai. Perché, chiede il conduttore della trasmissione? Imbarazzo. Poi la risposta: "Io la camorra non la dico perché il problema è la microcriminalità. Bisogna togliere la manovalanza alla camorra". "Lettieri non utilizza mai la parola camorra, io sì perché non mi accompagno a Nicola Cosentino, come ha fatto lui per tutta la campagna elettorale. Rispetto a Lettieri non ho il problema che la mattina mi sveglio e devo fare un giro di telefonate per vedere se i miei eletti sono tutti a piede libero. Le mie liste sono pulite. Tutte". Lettieri tace e da Salerno arriva la stoccata del supervotato sindaco Vincenzo De Luca (74% di consensi): "Gianni Lettieri è persona amica e civile. Il suo problema è la compagnia che lo circonda: una brutta compagnia. Io sono schierato con le forze del rinnovamento''.
di Ivana Gherbaz
Anche la Biancofiore vuole lasciare Silvio
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uova grana sul tavolo di Silvio Berlusconi dopo la sconfitta al primo turno di Letizia Moratti a Milano. Nel Pdl scoppia il caso Alto Adige, dove l’elezione alla presidenza del Consiglio provinciale di Mauro Minniti, un ex esponente di An sponsorizzato da Maurizio Gasparri, ha accentuato la rottura all’interno del centrodestra altoatesino, provocando l’irritazione dei ministri Franco Frattini e Roberto Calderoli e della coordinatrice pidiellina Michaela Biancofiore, che, secondo le ultime indiscrezioni, sarebbe pronta a lasciare il partito. Già mercoledì scorso, Biancofiore aveva accusato di tradimento l'Svp e definito “gravissima l’elezione di Minniti, su esplicita proposta del Pd con l’appoggio del se-
natore Gasparri e della Svp”. L'esponente pidiellina aveva, quindi, chiesto “l'immediata espulsione” di Minniti dal Pdl. Da anni il Pdl altoatesino è spaccato tra il gruppo maggioritario della Biancofiore e quello del deputato Giorgio Holzmann, anche lui ex di via della Scrofa. Nei giorni scorsi, in vista della tradizionale rotazione etnica della presidenza del parlamento provinciale, Frattini e Biancofiore avevano dato il via libera alla candidatura della leghista Elena Artioli (rinunciando al loro uomo, il consigliere Maurizio Vezzali), ma alla fine il vicepresidente uscente Minniti ha incassato la fiducia di Svp e Pd. Di qui l’ira della Biancofiore, da sempre berlusconiana doc, che sarebbe intenzionata a lasciare il Pdl.
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I “responsabili” colpiscono ancora: implode Noi Sud
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aos nella 'terza gamba' della maggioranza dove scoppia il caso Noi Sud, con i cinque rappresentanti del partito in guerra tra di loro per contendersi l'eredità di una scissione che affonda i malumori nell’ultimo mini-rimpasto di governo. “Siamo con la valigia in mano” annuncia il segretario di Noi Sud, Arturo Iannaccone. Nessuno di loro viene nominato sottosegretario: Enzo Scotti aveva indicato Antonio Milo,
la nomina era cosa fatta, ma il segretario Iannaccone, puntava su Elio Belcastro e il premier, allora, ha stoppato tutto. E i litiganti restano, tutti e due, senza nomina. Passano le amministrative e Arturo Iannaccone, con Elio Belcastro, rispettivamente segretario e vice-segretario della forza politica, annunciano il progetto di volersi federare con Io Sud e Forza Sud con l’ambizione di costituire in prospettiva gruppi autonomi alla Camera e al
Senato. Una iniziativa bloccata dai compagni di partito: con un vero e proprio blitz il presidente Enzo Scotti, sottosegretario agli Esteri, il capogruppo di Ir, Luciano Sardelli e il tesoriere Antonio Milo vanno da un notaio, convocano un ufficio politico e nominano nuovo segretario proprio Scotti. Ma Iannaccone e Belcastro non ci stanno: solo un nuovo congresso può decidere gli incarichi.
FLI AL VOTO CON B.? NI, ANZI NO Libertà di scelta, guardando a De Magistris e Pisapia di Sara Nicoli
uori il ‘pornoberlusconi’ dal centrodestra. E, soprattutto, ben venga – rapidamente, s’intende – la fine del Cavaliere. È tutta colpa sua, del “grande inquinatore del centrodestra italiano”, dell’uomo che “disdegna la legalità alleandosi con una forza antinazionale come la Lega” e soprattutto, “che appoggia a Napoli un uomo di Cosentino inseguito dalla Procura per fatti di camorra” se la legislatura sta tramontando – e male – anzitempo. Certo, ammette Fini, qualche errore è stato commesso, “ma io rivendico la strategia di un percorso avviato quando eravamo ancora nel Pdl e lo rialzerei anche oggi quel famoso dito; errori sì, ma
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la strategia era giusta. C’è l’estremismo alla base del Pdl e della Lega; dietro Lettieri c’è l’ombra di Cosentino, non si può votare. Comunque, Berlusconi ha perso ma il governo arriverà alla fine della legislatura”. UNA TRISTE considerazione che mal si concilia con un popolo finiano determinato a far fuori il Cavaliere e a costituirsi al più presto come forza politica “di governo”. Che, però arranca e rischia di perdere ancora pezzi. Ma respira la prospettiva di “una nuova primavera che avanza” e sente – almeno a detta di un Carmelo Briguglio in grande spolvero – che “la terza Repubblica è vicina e noi ci candidiamo a governarla”. E se, per arrivare a questo più che
ambizioso traguardo ci si dovrà turare il naso e votare i candidati di sinistra contro Berlusconi, ebbene si faccia: “Come si fa – si è chiesto, impunito, Gianmario Mariniello di Generazione Italia – a superare il berlusconismo votando i candidati di Berlusconi?”. Già. Ecco allora che dietro quelle “mani libere” ai prossimi ballottaggi, strategia peraltro già annunciata qualche giorno fa, ma ratificata ufficialmente ieri dall’assemblea nazionale, si cela un disegno che punta dritto al cuore del Cavaliere; votare e far votare per Pisapia e De Magistris. Insomma, Milano e Napoli valgon bene un voto al centrosinistra. “Berlusconi – è stato l’invito del capogruppo Benedetto Della Vedova – si dedichi alle sue passioni senili e lasci la politica”.
Italo Bocchino e Andrea Ronchi ieri all’Assemblea di Fli (FOTO ANSA)
“Se avessi parenti a Milano – è stato il passaggio di Nino Strano, quello che festeggiò a mortadella e champagne la caduta del governo Prodi – mi verrebbe troppo difficile dir loro di votare Moratti”. Perfino lui. Che ha sdoganato Pisapia benedicendo persino la pazza idea “di trasformare Milano in capitale del turismo gay; San Francisco ne ha beneficiato, in fondo…”. La linea è chiara. Perché, incita Italo Bocchino sempre più a suo agio nei panni dell’incendiario, “Fli non farà mai la ruota di scorta del berlusconismo!”. Qualcuno, invece, ancora ci pensa. E medita di fare le valigie. Ieri, infatti, doveva essere il gran giorno dell’addio di Adolfo Urso e Andrea Ronchi, il primo lusingato da fin troppo tempo dalle invitanti pressioni di La
Urso e Ronchi non lasciano il partito neanche stavolta. Fini: “Il governo arriverà a fine legislatura” Russa e Gasparri, il secondo con tanta voglia di andarsene per una pruriginosa storia personale ancora non risolta e, comunque, in vista di un lauto compenso garantito da Berlusconi. Già: ma Berlusconi è ancora in grado di garantire qualcosa? E, semmai perdesse Mila-
no, quale sarebbe la prospettiva di un doloroso ritorno a casa? Ecco, ieri all’assemblea nazionale di Fli, residence di Ripetta stracolmo di tutto il gotha dei “neri” di un tempo, Urso e Ronchi sono rimasti tutto il tempo immobili tra la platea inneggiante le tonanti parole di Italo Bocchino sotto lo sguardo compiaciuto di un silente Gianfranco Fini. Nessuna presa di posizione ufficiale, solo un “non ora” come risposta alla ripetuta richiesta di fare una scelta definitiva e, soprattutto, apparentemente impermeabili alle critiche feroci che più che un oratore gli ha sparato addosso: “Stiamo sempre a parlare di falchi e colombe – ha ironizzato Fabio Granata – ma almeno chiudiamo una categoria, quella dei piccioni viaggiatori che vanno di qua e di là”. Solo al momento del voto della relazione di Italo Bocchino, Urso e Ronchi hanno lasciato la sala, saettati da sguardi torvi e da qualche fischio sommesso. Se il Cavaliere non perderà Milano, subito dopo i ballottaggi, i due finiani lasceranno senza dubbio Fli, ma fino a quel momento Bocchino potrà parlare di “partito unito, pronto a essere determinante alle prossime elezioni; sconfitto Berlusconi a Milano, avremo una prateria davanti”.
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Sabato 21 maggio 2011
RELAZIONI PERICOLOSE Scandalo pedofilia
GLI AMORI CLANDESTINI E PROIBITI ALL’OMBRA DEL VATICANO
SEPPIA CHOC: “SONO SIEROPOSITIVO”
Storie di preti dalla doppia vita e dei tabù della Santa sede Pubblichiamo un estratto da “Sex and the Vatican”. Preti dalla doppia vita e il loro disagio. di Carmelo Abbate
l giorno dopo che il prete senza nome dichiara urbi et orbi di amare una donna, motivo per il quale ha deciso di lasciare la Chiesa, viene sommerso di e-mail, telefonate, visite a casa. Tutte portatrici di richieste di aiuto. La maggior parte a opera di donne che gli confessano i loro amori segreti. Come questa, firmata, ma che riporto in forma anonima. “Più di nove anni fa nella mia parrocchia è arrivato un nuovo prete. Ero ancora piccola, facevo la terza media, ero ancora un’animata…. E gli animati vedono il don come un idolo, una guida. Soprattutto quando questo don si dimostra estroverso, carismatico, simpatico. Un prete diverso dagli altri. Mi è subito piaciuta la sua energia, mi ha colpito la sua leggerezza. Era un giovane tra i giovani. Con il passare degli anni sono stata contagiata dalla sua vivacità e ho iniziato a trascorrere molto tempo negli ambienti parrocchiali. C’era sempre un suo abbraccio per aiutarmi a trovare la carica. Avevo trovato un amico speciale, una persona che capiva come stavo anche solo con uno sguardo, che aveva fiducia in me e mi aiutava
I
a tirare fuori il meglio in ogni situazione. Sono cresciuta tanto grazie a lui. Sono diventata una donna. Questo rapporto di affetto e di complicità è durato fino a quando il mio don mi ha detto di essersi innamorato di me. Sono rimasta senza parole e non sono riuscita a dire nulla: com’era possibile? Il don si era innamorato di me?! Ma il sentimento ha preso il sopravvento. Anch’io ero innamorata di lui. Da quel momento è iniziata la nostra clandestina e travagliata relazione. Abbiamo tentato più
parazione. Lui è partito per la missione e io sono rimasta nella quotidianità di sempre, tra studi universitari e animazione. Alla fine l’ingiustizia ha vinto. Non riesco a pensare alla mia vita se non con lui. Sono passati ormai due anni dalla sua partenza. Ci sono stati dei momenti in cui ho provato rabbia nei suoi confronti. Momenti in cui ho sentito forte il peso dell’ingiustizia che ho vissuto. Ma perché? Proprio io dovevo innamorarmi del prete? Perché queste regole così assurde da rispettare? Momenti in cui
ho ringraziato dio per avermi fatto incontrare l’amore. Momenti in cui ho sperato di ritornare a vivere quegli istanti magici. Ma soprattutto momenti di dubbio, di incertezza, di precarietà. Cosa vuole la vita da me? Cosa vuole dio da me? Cosa vogliono dirmi? Non ho ancora superato il dolore, ci sono dentro fino al collo. Il mio cuore è immerso. Ti scrivo non per avere risposte ma perché avevo bisogno di condividere quello che mi è successo con qualcuno. Ammiro il coraggio che ha avuIllustrazione di Emanuele Fucecchi
“Ma perché proprio io dovevo innamorarmi del sacerdote?! Ringrazio dio per avermelo fatto incontrare” volte di allontanarci, di fare a meno l’uno dell’altro. Per il tuo e per il mio bene, ci dicevamo. Ma puntualmente ci ritrovavamo l’uno nelle braccia dell’altro, a darci appuntamento in qualche posto sperduto per riuscire a stare insieme, in una gabbia di bugie e scuse incastrate perfettamente perché nessuno sapesse. Era lacerante, pesante, ma anche bellissimo, meraviglioso. Ci siamo amati veramente tanto. E abbiamo sentito la vita presente come non mai. Sono stati due anni della mia vita che non scorderò mai. Eh sì, alla fine è arrivato il momento della se-
to nell’andare controcorrente. È il coraggio che avrei voluto avere anch’io. Ti ringrazio per l’ascolto. Buona vita!”. Ho letto e riletto questa lettera. Ce n’erano altre nella corrispondenza del prete senza nome. Lui non sa che l’ho presa e fotografata di nascosto. Di certo si arrabbierà quando leggerà queste righe. Pazienza. Questa lettera mi ha colpito. Mi hanno colpito la purezza, l’ingenuità, il disincanto, la pacatezza, la scoperta dell’amore, i sentimenti, il tradimento. Ho provato tenerezza, ho provato rabbia. Mi sono commosso. Mi sono incazzato. Ho pensato che questa ragazza fosse una deficiente. Ho pensato che sono io il vero deficiente. Ho preso il nome e il cognome del suo prete innamorato e sono andato a fare delle ricerche su internet. L’ho trovato. Ho trovato un articolo di un giornale locale che riporta una sua intervista. Ho letto le sue parole. Quando parla delle esperienze vissute e di alcune persone che ha conosciuto nel profondo. E dopo aver letto queste parole sono tornato a leggere altre cinque o sei volte la lettera della ragazza. E dopo aver letto la lettera della ragazza sono andato a cercare il don innamorato su Facebook. E l’ho trovato. Sorridente e beato. Buona vita, tanta vita.
Sex and the Vatican PIEMME PAGINE 420 EURO 18,50
“Pataccari? Se lo dice Ferrara...”
Massimo Ciancimino (FOTO ANSA) di Giampiero Calapà
l Foglio inaugura le liste di Il’infamia proscrizione. Oggetto delcolleghi giornalisti definiti “pataccari”. La loro colpa? Aver riportato notizie sulle dichiarazioni di Massimo Ciancimino. Per il Foglio solo patacche a cui hanno dato credito dei pataccari di professione: il primo della serie è stato Maurizio Torrealta di Rainews, poi Francesco La Licata della Stampa, Sandro Ruotolo di Annozero, fino a Marco Travaglio, vicedirettore del Fatto. Torrealta, lei è il primo dei pataccari indicati dal Foglio di Giuliano Ferrara. Proprio adesso stavo riguardando un servizio del collega Roberto Morrione (morto l’altra notte all’età di 69 anni, ndr), che rimanderemo in onda su Rainews: un’inchiesta sulla P2. Ovviamente fu etichettata come inchiesta-patacca. Rispetto al
on Seppia, cappellano al DPonente, Santo Spirito di Sestri ha chiesto il trasferimento dall’istituto penitenziario Marassi di Genova. Accompagnando la richiesta con una dichiarazione choc: “Sono sieropositivo”. Un’informazione delicata che completa l’identikit tracciato nell’ordinanza di custodia cautelare del gip di Milano Maria Vicidomini. La richiesta di trasferimento è stata subito accolta dai dirigenti del carcere, che pare abbiano deciso di destinare il sacerdote all’istituto penitenziario di Sanremo. Secondo don Seppia la situazione a Genova s’era fatta “insostenibile” nonostante fosse rinchiuso in una cella singola e tenuto sotto stretto controllo. “Allo stato attuale – ha detto il suo legale, Paolo Bonanni – non sono state modificate le contestazioni, quindi rimane ferma l’accusa di aver dato un bacio a un ragazzino senza il suo consenso”. Formula light per confermare che l’impianto d’imputazione regge: violenza sessuale su minori, cessione di droga a minori, induzione alla prostituzione minorile.
CARMELO ABBATE
TORREALTA nella lista di proscrizione del Foglio
Foglio credo che esser definito “pataccaro” da Giuliano Ferrara, uno che ammette di esser stato a libro paga della Cia, sia un titolo di merito. Ferrara mette in discussione la credibilità di Massimo Ciancimino. Ciancimino è una persona complessa, vuole togliersi di dosso una parte di storia personale ma sta con i piedi in due staffe: da una parte la voglia di una vita normale, dall’altra quel giro sporco che il padre gli ha lasciato in eredità e da cui non si è liberato. Il Foglio l’accusa di aver costruito un libro, “Il quarto livello”, su una vera patacca. Il pizzino tirato fuori da Ciancimino con l’elenco dei registi della “trattativa”, con il nome di Gianni De Gennaro, ex capo della polizia, aggiunto col copia e incolla. È vero o no? I tredici nomi comparsi su quel foglietto meritavano un’analisi. Dovevo forse aspettare le perizie della polizia scientifica? Ho fatto un lavoro mettendo insieme dei fatti, ma non dando per
di Chiara Paolin
scontato che quanto dichiarato da Massimo Ciancimino fosse vero. Che, secondo me, è stato incastrato da qualcuno di quel giro sporco a cui ho fatto riferimento prima, altrimenti non avrebbe fornito una prova-patacca. L’accusano anche di aver “santificato” con un ap-
“Non ho mai dato per certo che quanto dichiarato da Ciancimino jr. fosse vero” posito libro il capitano Ultimo per poi “fargli le pulci” sulla “trattativa”. Ha cambiato idea sull’uomo che ha arrestato Totò Riina? Prima ho scritto quel libro, poi è arrivata la sentenza in Cassazione (sulla strage di via dei Georgofili, a Firenze) che fa esplicito riferimento a una “trattativa” tra Stato e Cosa nostra. Di tutto questo Ultimo non mi aveva parlato. L’elenco dei pataccari continua sulle pagine del Foglio: La Licata, Ruotolo,
Travaglio... Appunto, La Licata è uno dei più grandi esperti di Cosa nostra, Ruotolo lavora per una trasmissione di successo e Travaglio è il vicedirettore dell’unico giornale che fa soldi senza prenderne dallo Stato. Mi pare chiaro. E mi faccia dire un’altra cosa.
Prego. Nel 2005 va in onda il servizio, mio e di Sigfrido Ranucci, su Falluja, sullo scandalo del fosforo bianco usato sulla città irachena dagli Stati uniti. Gianni Riotta sulla Stampa scrisse che si trattava di una patacca, sono cose che non si dimenticano.
DELL’UTRI Assolto dalla tentata estorsione arcello Dell’Utri assolto a Milano con la vecchia inM sufficienza di prove, al processo d’appello “tris” in cui il senatore del Pdl era imputato per tentata estorsione ai danni di Vincenzo Garraffa, ex patron di una squadra di basket a Trapani. L’accusa aveva chiesto due anni di pena, senza le attenuanti generiche. Garraffa, parte civile, si è detto “deluso”. Il suo avvocato, Vincenzo Culicchia, farà ricorso. Ha definito il verdetto “sorprendente, dato che la Cassazione, quando ha disposto il nuovo appello, ha definito come acquisiti l’attendibilità della testimonianza di Garraffa e gli incontri che ha avuto prima con Dell’Utri e poi con Vincenzo Virga (capomafia di Trapani, ndr)”. La vicenda risale al 1991-1992, quando il senatore , già condannato per concorso esterno in associazione mafiosa, era a capo di Publitalia, il colosso pubblicitario della Fininvest. Dell’Utri, insieme al boss Virga, avrebbe minacciato Garraffa, per recuperare in nero metà dei soldi, 530 milioni di lire, offerti alla sua squadra da uno sponsor, attraverso Publitalia.
AGGHIACCIANTI i testi degli sms inviati dal cellulare del prete verso chi pare avesse il compito di ingaggiare le giovani vittime. “Trovami un bambino di 10 anni, lo voglio tenero”, scriveva il parroco al pusher Franky. “Ho trovato” risponde l’interlocutore. “Ma ha meno di 15 anni?”, continuava il prete. “Diciotto”, la risposta dello spacciatore. “Eh no…, a me piace con meno di 14 anni”, controbatteva il parroco per concludere: “Ma puoi trovare qualche madre con un bambino, una donna che ha bisogno di coca?”. Nella stessa inchiesta ieri è stato arrestato e incarcerato – sempre a Marassi – un ex seminarista di 41 anni, Emanuele Alfano, un croupier che stava imbarcandosi su una nave da crociera. Per lui le accuse sono induzione e favoreggiamento della prostituzione minorile per aver procacciato ragazzini al parroco. L’INTERROGATORIO dell’uomo, durato 5 ore, ha portato a un nuovo nome nel registro degli indagati: si tratterebbe di un 18enne, accusato anche lui di favoreggiamento per aver procurato ragazzini a don Seppia. Nuove dichiarazioni sono giunte da Bagnasco che ribadisce: “Non sapevamo nulla”. Ma don Piercarlo Casassa, parroco di don Seppia nel 1985 a Recco (Genova), ai carabinieri di Milano ha raccontato: “Don Seppia stava fuori tutte le notti e dormiva per l’intera mattina, la sua non mi sembrava una vera vocazione. Così ho avvertito i miei superiori”.
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GENERAZIONE ZERO
“Meglio fottere che subìrli”
Meglio fottere GIULIA INNOCENZI EDITORI RIUNITI PAGINE 200 EURO 15
Giulia Innocenzi (FOTO OLYCOM)
GIULIA INNOCENZI CONTRO I “VECCHI” AL POTERE di Federico Mello
iovani italiani bamboccioni? Non provate a dirlo a Giulia Innocenzi, già impegnata in politica e ora titolare dello spazio “Generazione Zero” da Santoro. Mercoledì esce il suo primo libro. “Meglio fottere (che farsi comandare da questi)”. Fottere in che senso? “Ho preso il detto mafioso ‘meglio comandare che fottere’, e l’ho ribaltato: se sono questi gli strumenti con cui si governa, allora meglio che ti dedichi ad altro”. “Meglio fottere” è un romanzo originale, ambientato in un’Italia contemporanea condita da inserti fantascientifici: “Sono quattro storie intrecciate di giovani che si cimentano con i partiti italiani. C’è una parte di fantasia ma ci sono anche i veri discorsi dei leader”. Parli del “Partito dei buoni”, quello “dei Forti”, “dei Puri”, “dei Molti”. Ogni partito ha i suoi dogmi, alcuni veri riti religiosi. Ad esempio, il ragazzo che vuole entrare nella Lega (il partito dei Forti),
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dovrà affrontare prove legate a una tradizione che non esiste. Il “Partito dei Puri” è Grillo? Esatto. La loro è una religione della purezza. I ragazzi di Grillo dicono “siamo leader di noi stessi”, ma lo statuto del Movimento dice che solo Grillo può autoriz-
zare l’uso del simbolo. Grillo è solo questo? No, la nostra democrazia gli deve essere grata per aver proposto Internet come forma di partecipazione. E i suoi temi sono cruciali per il futuro del Paese. Gli altri partiti?
ALDOVRANDI La Rai nasconde l’inchiesta stato morto un ragazzo”, il documentario di Filippo “È Vendemmiati, cronista Rai di Bologna, finalmente andrà in onda, questa sera su Rai3 in un orario improbabile per il pubblico più giovane, sabato sera ore 23.45. Il documentario, vincitore del David di Donatello, è la storia della morte di Federico Aldrovandi durante un controllo della polizia e la difficile ricerca della verità nei processi e fuori. Il documentario doveva andare in onda lunedì scorso in prima serata per permettere a tutti di conoscere una storia dolorosa e ancora misteriosa. Ma la Rai, dopo le richieste degli avvocati difensori di chi è coinvolto nell’inchiesta, ha deciso di farlo slittare e così di nasconderlo. La Rai si è dimostrata ancora una volta autolesionista visto che ha interessi nelle vendite del dvd e del libro del suo giornalista.
Il Pd non dice niente per rappresentare il maggior numero di persone possibile. Una scelta sbagliatissima perchè si è dimenticato di essere progressista. Il Pdl? Un partito-televisione, seleziona la classe dirigente col casting. Hai 27 anni ma di partiti ne hai conosciuti... Nasco in una terra rossa, a Rimini, da famiglia berlusconiana. Berlusconi non l’ho mai apprezzato e cercavo una forza liberare di destra. A sedici anni ho provato con Alleanza nazionale: pensa quanto potessi essere confusa. Alla prima riunione uno dei ragazzi tira fuori un santino di Mussolini e me ne sono andata schifata. E poi? Poi sono venuta a Roma, alla Luiss, e mi sono avvicinata ai Radicali. Nel 2006 ho fatto un tirocinio all’associazione Luca Coscioni e non li ho più mollati. Da radicale ti sei candidata alla primarie del Pd. Una battaglia per la democrazia in un partito che di democratico ha molto poco, ancor di più tra i
giovani. Dopo tre anni ancora mancano i risultati ufficiali di quelle primarie. E poi il “Grande Fratello”. (sbuffa). Ti prego, basta. Chiariamo Partecipavo alle primarie del Pd. Mi chiama la Endemol e mi dice: vieni a fare i provini del Gf. Dico: “Non sono interessata”. Mi rispondono: se vieni possiamo ospitare in altri programmi. E sei andata. Sì. Inquadrata e registrata dico: “Non sono qui per fare il Gf”. Poi esce la notizia e non ti tiri indietro. L’ho fatto per dire: esiste davvero uno snobismo della sinistra che ritene stupida la gente che guarda i reality. Un concetto che io disprezzo: bisogna capire come parlare a queste persone. Come arriva Annozero?. Quando capisco che la politica si può fare anche con altri strumenti, e non solo attraverso i partiti. Ma è anche una casualità. Ero stata ospite ad Annozero, dopo Santoro mi chiama e accetto la sua proposta. Da lì mi si apre un mondo un mondo in cui ca-
pisco il valore dell’informazione e anche molto di più sull’Italia. Fai la giornalista o politica? Sono portavoce dei giovani che hanno delle difficoltà, delle testimonianze, qualcosa da dire. Recentemente, ti sei avvicinata a Montezemolo. Parla ai cittadini esclusi dalla vita politica che invece vorrebbero di dare il loro contributo. Sono del tutto d’accordo con lui. Come vedi i giovani italiani? Un bacino di competenza, energia e professionalità non utilizzato. Perciò molti di loro sono è rassegnati, altri esasperati, altri fuggiti. La cosa più urgente da fare in Italia? Riportare al centro il merito: una rivoluzione per la nostra società. Via il clientelismo, via il sistema delle raccomandazioni, via la gerontocrazia, via gli apparati burocratici. Perchè un Facebook non può nascere da noi? Ottimista o pessimista? Assolutamente ottimista. La classe politica è rimasta immobile a parlare un mondo che non c’era più, ma nella società c’è stato un movimento incredibile, a cominciare dai giovani che sono pronti a diventare protagonisti. Sei “indignata” anche tu? Gli indignados ci fanno sperare molto. È quello che aspettavamo: la primavera araba che si sposta verso Nord. Ma per cambiare davvero bisogna passare anche dalla protesta alla proposta.
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Sabato 21 maggio 2011
ECONOMIA di Stefano Feltri
n fondo dicono la stessa cosa: il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e cinque disoccupati over40 che si sfogano in un video su Youtube che in pochi giorni è stato visto da 12mila persone. Il capo dello Stato ieri ha detto: “Oggi più che mai occorre un diritto del lavoro inclusivo ed equo”. Cioè leggi che rendano il mercato del lavoro “attento alla tutela dei diritti della parte più debole contrattualmente e alla riaffermazione rigorosa dei relativi doveri”.
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NEL VIDEO di 4 minuti su Youtube dal titolo “Non siamo scarti”, Marco Sanbruna, 46 anni, Dilva Giannelli, 58 anni, Fedele Sposato, 63 anni, Nicola Di Natale, 57 anni, Giovanni Laratta, 54 anni, si appellano al ministro dell’Economia Giulio Tremonti: “Vogliamo dirle che noi, onorevole Tremonti, noi espulsi dal lavoro quando avevamo già compiuto i 40 anni, da questa crisi non siamo ancora usciti”. A promuovere l’iniziativa è l’associazione Atdal, per la tutela dei diritti dei lavoratori over 40. Armando Rinaldi racconta com’è nata: “Sono un ex dirigente della Philips ora in pensione. Mi hanno buttato fuori a 51 anni, nel 1999, quando mi mancavano cinque anni alla pensione, quindi ho dovuto lavorare come free lance”. In quei cinque anni prova a scalfire la solitudine che prova chi è nella sua situazione: “So che può sembrare incredibile, ma è andata così. Compro cinque o sei giornali al giorno, leggo sempre le rubriche delle lettere dei lettori. Così ho iniziato a scrivere a tutti quelli che raccontavano situazioni analoghe alla mia, in un anno ho messo insieme 3-400 contatti a livello nazionale. Poi è nata l’associazione, nel 2002”. Vi partecipano “disoccupati maturi”, come vengono pudicamente definiti, con storie come quelle dei cinque protagonisti del video. Persone come Dilva Giannelli, 58 anni, pubblicitaria vittima di un “tagliatore di teste aziendale” che dieci anni fa viene convinta ad acettare una buonuscita, soltanto per poi dover aprire una partita Iva e mettersi in competizione con giovani precari a 750 euro al mese. Nicola Di Natale ha 57 anni e lo sguardo triste di chi si è trovato in mobilità con la promessa di ritrovare il suo posto di autista in una multinazionale milanese. L’azienda si è ripresa ma non ha ripreso lui: “T’è capì i furbacchioni?”, commenta in milanese. Unica prospettiva realistica: aspettare la fine di ogni ammortizzatore sociale e scoprirsi povero. Peggio perfino dei “working poor”, i lavoratori con salari da fame, la categoria che più appassiona oggi i sociologi. I “DISOCCUPATI maturi” sono tanti: secondo l’Istata 512 mila tra i 35 e i 44 anni, 327 mila tra i 45 e 54 anni, altri 100 mila tra i 54 e i 65. Senza contare gli scorag-
PER NON ESSERE SCARTI Su Youtube la denuncia dei disoccupati over 40 vecchi per lavorare e giovani per la pensione MARCO SANBRUNA
“ERO LAUREATO, HO TROVATO LAVORO SOLO COME VIGILANTE A 5 EURO ALL’ORA” il ‘deserto dei tartari’ in cui Marco aveva come unica compagnia il suo distintivo da vigilante e la clessidra del tempo che, giorno dopo giorno, ha capovolto la sua vita di laureato, figlio di un piccolo imprenditore, in quella di un precario e poi di un disoccupato. “Ho centinaia di foto – racconta – di fabbriche scattate in tutta la Lombardia. Si possono utilizzare per un video clip? Chissà quanto costerebbe?”. Durante gli studi universitari, Sambruna aveva iniziato a lavorare con il padre e gli zii all’interno di una piccola ditta che distribuiva radio, tv, hi-fi e materiale elettrico, poi spazzata via dalla grande distribuzione. Dieci anni fa è iniziata la deriva quando Marco ha scoperto per la prima volta di giati che non cercano più lavoro pa. Su Youtube si accumulano le Il giornalista Mimmo Lombezzi ha avuto l’idea del essere ‘vecchio’, a 36 anni. All’inizio ho pensato e i cassintegrati che sono spesso storie, nei commenti al video. Un breve documentario “Non siamo scarti”, disponibile di potermi ricollocare. Avevo una grossa espedisoccupati mascherati. Ma i loro certo Marco scrive: “Vi invito a su Youtube. Prodotto da Atdal, l’associazione che rienza nel mio settore – la vendita di radio, tv, sono drammi individuali, che fa- incanalare le energie verso l'imorganizza chi ha perso il lavoro in età matura, con la hi-fi ed elettrodomestici – sono laureato in Letticano a trovare una narrazione pegno per contrastare l’assurdità regia di Stefano De Felici e la fotografia di Paolo tere e specializzato in Psicologia. Ma questa ilcomune. “Mi piacerebbe abbrac- di questo mondo del lavoro che Negro. Ecco l’intervista a uno dei protagonisti del lusione è durata qualche mese. Ho spedito 600 ciarli a uno a uno e urlare loro ci vuole escludere. Scegliete voi video, Marco Sanbruna. curricula, ma ho scoperto che suerata una certa «non permettete a nessuno di uc- la forma: impegno sindacale, paretà diventava quasi impossibile ricollocarsi. Ho cidere i vostri sogni», ma le mie titico, associazionismo. Ma non di Mimmo Lombezzi capito di essere già vecchio”. sono solo parole increspate da rassegnatevi a essere scarti”. Si atPerché hai scelto di lavorare come vigilante? “È un’emozione”, scriveva giovedì tende la risposta del ministro Tren atleta che corre senza stancarsi mai. Un l’unica opportunità che mi è stata offerta. È un Massimo Gramellini su La Stam- monti. maratoneta del tempo che attraversa fabbrilavoro che ti costringe a turni masche abbandonate attraverso la fosacranti. E con stipendi bassisresta pietrificata della crisi simi: 5 euro lordi all’ora. Senza globale. È il video che vorstraordinari lo stipendio arriva rebbe girare Marco Sanbrua 800-850 euro, con gli straorna, che nelle fabbriche abdinari a 950 euro. Lavorare cobandonate non poteva corresì è possibile per non più di re, ma doveva passare intere due o tre anni poi subentrano notti. Un video per esorcizzare stanchezza cronica, perdita di concentrazione e di memo“Non ci sono scarti” ria”. Con pesanti conseguenLa rubrica di Massimo ze sulla vita privata: “A causa Gramellini su La Stampa LA VIDEO-LETTERA dei turni i tempi per la vita sodi giovedì dedicata al video Un milione e mezzo di scarti, di persone ciale o familiare sono inesiche all'improvviso sono state gettate in stenti. Ci si ritrova soli. E nel un limbo: troppo vecchie per trovare un giorno di riposo non puoi fare altro lavoro e troppo giovani per andare nulla perché devi recuperare le forze. Questo in pensione. Vede signor ministro, quanstato è l’anticamera della depressione. Ci si condo lei parla della crisi e delle strade per vince di essere dei falliti, di non avere nessuna ignor ministro, onorevole Tremonti. espulsi dal lavoro quando avevamo già uscirne, dice che bisogna tornare ai chance di rientro nel mondo del lavoro”. Lei ha detto più volte che è finita in compiuto i 40 anni, da quella crisi non grandi valori dell'Ottocento: come Dio, L’ultimo posto offerto a Marco era stare in piedi Europa l'età dell'oro, che è finita la fiaba siamo ancora usciti. Che adesso quella patria e famiglia. Noi, gli scarti, le chieall’ingresso di un ipermercato a imbustare le del progresso continuo e gratuito, che crisi pesa ogni giorno di più sulle nostre diamo di ascoltare la voce di centinaia di borse dei clienti in sacchetti di plastica in modo sta arrivando un tempo di ferro. Bene spalle e sul futuro dei nostri figli. Gli im- migliaia di italiani, che il dio mercato ha da prevenire piccoli furti: otto ore senza sedersi signor ministro, noi l'età dell'oro non ab- prenditori, abituati a ripetere che si può privato di tutto, che, derubati del loro e senza pause. Marco ha rifiutato: “A 46 anni” biamo avuto il piacere di conoscerla, produrre fino a 65 anni, sono gli stessi passato e del loro futuro, provano verdice “non ho più il fisico per reggere una cosa perché vivevamo solo del nostro lavoro, che fanno di tutto per liberarsi delle per- gogna, anche di fronte alla loro famiglia. del genere”. Marco ha visto cadere uno dopo ma siamo stati i primi a conoscere il tal- sone vicino ai 50 o addirittura ai 40 anni. E che la patria dimentica ogni giorno. l’altro tutti i suoi sogni. Tranne uno: sposarsi. Ha Marco Sanbruna, 46 anni lone di ferro della crisi. Quella crisi che, Nelle piccole imprese, lei lo sa, è facile, una fidanzata a Foggia che diventerà sua moglie Dilva Giannelli, 58 anni secondo i tg del suo governo, è ormai alle perché non è necessaria la giusta causa. il 4 agosto. “So che non ho quasi nulla da offrirle Fedele Sposato, 63 anni nostre spalle. Quella crisi dalla quale di- Ma è diventato facile anche nelle grandi, ma è l’unico progetto a cui non voglio rinunNicola Di Natale, 57 anni cono che usciremo rafforzati. Vogliamo perché si aggira l'articolo 18, con il mobciare perché vorrebbe dire rinunciare all’idea Giovanni Laratta, 64 anni dirle che noi, onorevole Tremonti, noi bing. In Italia siamo un milione e mezzo. stessa della felicità”. Riescono a vedersi ogni 45 giorni. Quando Marco trova i soldi per il treno.
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“Mi avevano cacciato, leggevo la posta dei lettori e scrivevo a chi era come me, è nata un’associazione”
CARO MINISTRO, NON SI DIMENTICHI DI NOI SENZA FUTURO
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Sabato 21 maggio 2011
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ECONOMIA
TREMONTI SFILA LA POLTRONA A MONTEZEMOLO Un comma del decreto sviluppo minaccia i conti di Frau-Cassina di Giorgio Meletti
a celebre chaise longue disegnata da Le Corbusier nel 1928 è un oggetto brevettato e brevettabile o va considerata di dominio pubblico e quindi liberamente riproducibile, come l’arcobaleno o la ruota?
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LA DOMANDA è solo apparentemente filosofica. E la risposta che ha dato pochi giorni fa il ministro dell’Economia Giulio Tremonti con il cosiddetto “decreto sviluppo” vale parecchi milioni di euro. In più per i numerosi produttori e commercianti italiani di chaise longue. In meno per Luca Cordero di Montezemolo, che con la sua Cassina (gruppo Poltrona Frau) rivendica di essere il padrone assoluto del “marchio” Le Corbusier. Adesso, dunque, occhio agli emendamenti. Tutti possono vedere direttamente la partita, se incuriositi. Basta entrare nel sito della Camera dei deputati (www.camera.it) e seguire attraverso l’iter del provvedimento n. 4357: è la legge di conversione del decreto legge n. 70 del 13 maggio 2011. Al comma 10 dell’articolo 9, in una formulazione ostrogota, c’è scritto che la proprietà intellettuale su opere dell’ingegno umano come il disegno di una poltrona è ammessa da adesso in poi solo se si tratta di opere a suo tempo registrate. Il comma chiude una volta per tutte una lunga battaglia giuridica a colpi di interpretazioni e di legislazioni stratificate. Se non arriva un emendamento a ribaltare di nuovo il gioco, Montezemolo ha perso ogni diritto su Le Corbusier. Il grande architetto di ori-
gine svizzera non ha mai registrato i suoi bozzetti di poltrone divani e quant’altro, perché non erano oggetti pensati per lo sfruttamento industriale. Al contrario, i grandi architetti degli anni ‘20 e ‘30 molto spesso intendevano le loro creazioni come doni all’umanità. E infatti da anni tutta l’Europa si dibatte in una confusa partita giuridica e culturale, tra le ragioni del diritto d’autore e la ugualmente legittima opposizione alle rendite ingiustificate. In una successione di leggi nazionali ed europee talvolta contraddittorie, si è sviluppato un mercato di fatto in cui la chaise longue Cassina costa 2.500 euro, mentre se ne trovano esemplari a meno di 600 euro. Con i tribunali intasati di cause e i magistrati confusi. Due cause identiche intentate da Cassina contro i presunti “contraffattori” della chaise longue hanno dato due sentenze di segno opposto: il 4 aprile scorso gli avvocati di Montezemolo hanno perso a Firenze, il 28 aprile hanno vinto a Milano. LA MOSSA di Tremonti, ispirata dal ministro dello Sviluppo economico Paolo Romani, ha chiarito, ma proprio per questo ha provocato un’alzata di scudi della Confindustria. Che è divisa tra la tutela di pochi grandi iscritti come Montezemolo, che difende con le unghie l’esclusiva della chaise longue, e le ragioni di tanti iscritti più piccoli che rivendicano la libertà di produrre a prezzo competitivo un oggetto d’uso comune. Finora tutti gli esponenti del mondo imprenditoriale hanno scelto Montezemolo, con prese di posizione addirittura sorprendenti.
La famosa chaise longue di Le Corbusier prodotta dalla società Cassina di Luca Cordero di Montezemolo (FOTO ANSA)
Confindustria in rivolta per la legge che liberalizza i diritti sul design di Le Corbusier Associazioni di categoria come Federlegno hanno invocato la Convenzione di Berna per la protezione delle opere artistiche. L’imprenditore Carlo Guglielmi definisce il decreto di Tremonti “una vergogna”, che fa male “alle aziende che fanno ricerca e innovazione” (concetto curioso per un industriale, oggetti come la chaise longue sono colpi di fortuna o doni dell’Onnipotente, nessuna azienda investirebbe un euro sulla creazione di un long seller). Addirittura anonimi citati dal Corriere della Sera dicono che Giorgio Napolitano non avrebbe dovuto firmare l’immondo provvedimento (e così per la prima volta la Confindustria attacca il Colle, e guardate per che cosa). Anche il pacato industriale tessile Paolo Zegna ha contribuito alla causa di Montezemolo: “Il decreto sviluppo dovrebbe supportare chi investe e non chi fa free riding sugli investimenti altrui”.
Ma pagare ogni anno una misteriosa cifra alla Fondazione Le Corbusier per intestarsi i diritti sulle sue creazioni in tutto il mondo si può considerare un investimento? Dipende dai punti di vista. Certo è che già cinque anni fa, al momento della quotazione in Borsa della Poltrona Frau (che ha in pancia la Cassina, detentrice dei diritti su Le Corbusier ridotti a carta straccia dal governo), fu autorevolmente notato che il patrimonio del gruppo che si offriva ai risparmiatori era costituito per il 60 per cento da avviamenti e marchi: un po’ troppo “intangibile” come patrimonio. Anche perché, guardando il bilancio del gruppo Frau, salta agli occhi una discrepanza: come mai si attribuisce al marchio Poltrona Frau un valore di poco più di 3 milioni di euro e al marchio Cassina un valore di ben 56 milioni di euro? Il bilancio non dà informazioni in proposito, però si può ricordare che la Cassina fu acquistata nel 2005, alla vigilia della quotazione in Borsa di Poltrona Frau, e pagata abbastanza caro anche perché vantava, e tuttora vanta, di avere in portafoglio “alcune tra le più significative opere dell’ingegno di designer – tra cui Le Corbusier, Charles Rennie Mackintosh, Giò Ponti...”. Il timore è che, se un provvidenziale emendamento non salva in extremis i diritti di Cassina, per il polo del lusso targato Montezemolo, già in acque non floride, il decreto sviluppo si trasformi in un disastro.
La Marcegaglia si è inventata il premio per la sicurezza, ma la sua azienda non lo vincerà di Salvatore Cannavò
“riparatore” Ndellaell'incontro con i parenti delle vittime ThyssenKrupp, avuto qualche giorno fa, Emma Marcegaglia ha proposto un “premio per la sicurezza” dedicato alla memoria di quegli operai arsi vivi nello stabilimento torinese dell'azienda tedesca. Un impegno necessario dopo che all'assemblea degli industriali di Bergamo era scattato un applauso di solidarietà rivolto all'amministratore delegato della Thyssen condannato a 16 anni di carcere. QUEL PREMIO, però, molto probabilmente Emma Marcegaglia o, meglio, la sua azienda, non lo vincerà mai. Continuano infatti i casi di infortuni sul lavoro presso gli stabilimenti del gruppo, uno dei più grandi nella lavorazione dell'acciaio con 50 stabilimenti in tutto il mondo – l'ultimo, inaugurato qualche set-
timana fa a Yangzhou, in Cina – e circa 6000 dipendenti. Lo denuncia la Fiom lombarda, e quella mantovana, provincia in cui la Marcegaglia ha la sua base direzionale. Solo nei primi quattro mesi del 2011, spiega al Fatto Quotidiano Mirco Rota, segretario della Fiom della Lombardia, “gli incidenti sono stati 50”. Rapportati su base annua fa una stima di 150 infortuni, molti di
Nel 2011 già 50 incidenti, i controlli li fa formalmente una ditta terza Ma è gestita dalla cognata di Emma
più dei 135 registrati nel 2010. Ieri gli operai dello stabilimento di Forlì hanno scioperato per il rinnovo del contratto aziendale che viene loro negato da oltre un anno. Tra i punti del mancato accordo c'è proprio la richiesta dell'azienda di legare gli aumenti di produttività all'andamento delle assenze per malattie e agli infortuni. Una richiesta che, unitaria-
mente, i sindacati respingono. Lo sciopero è stato infatti indetto da Fiom, Fim e Uilm con un'adesione del 90 per cento e altre 4 ore sono state indette per i prossimi giorni. Il prefetto di Forlì, tra l'altro, per evitare blocchi stradali ha convocato le parti per giovedì prossimo. GLI INFORTUNI, dunque, costituiscono una spada di Damocle su tutta l'azienda e sono le stesse denunce fatte da Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (Rls) a confermarlo. Solo lo scorso 18 maggio dagli Rls sono partite due lettere rivolte all'azienda per denunciare un avvio di incendio nello stabilimento di Milano e poi la caduta del braccio di un carroponte con tanto di acciaio arrotolato (per 80 quintali di peso) che fortunatamente non ha fatto vittime. Le denunce vengono fatte dagli Rls solo quando i casi sono particolarmente gravi oppure
GRECIA La Francia condanna Atene er avere la poltrona più alta del Fondo monetario PDominique internazionale, quella appena lasciata libera da Strauss-Kahn, si può anche sacrificare un Paese, la Grecia. La Francia ha deciso di immolare Atene. Il candidato più forte per il Fmi è Christine Lagarde, il ministro delle Finanze del governo francese di Nicolas Sarkozy. E ieri la Lagarde ha concesso un’intervista al tedesco Standard dicendo: “La Grecia è a rischio bancarotta. Lunedì abbiamo espresso le nostre preoccupazioni circa la lentezza del processo di privatizzazione in corso”. É il segnale: la Grecia è morta. Prima la Banca centrale europea comunica che non accetterà più i buoni del Tesoro greci, che quindi così sono ufficialmente senza mercato, poi la Francia pronuncia la sentenza di morte. Parla la Lagarde, ma è come se parlasse già il Fondo monetario dove è finita l’era della diplomazia di Strauss-Kahn. Il direttore uscente, infatti, cercava di prendere tempo, di ritardare l’esplosione della bancarotta ateniese sostenendo le privatizzazioni e approvando ulteriori finanziamenti (si parlava di 60 miliardi aggiuntivi, oltre ai 110 già previsti congiuntamente da Unione europea e Fondo monetario). Visto che la Grecia è tecnicamente spacciata da tempo, ma che ora il consenso politico intorno alla finzione della sua sopravvivenza sembra scemare, la Lagarde sceglie di accreditarsi come più tedesca dei tedeschi, inflessibile nel rigore. La Bce, con il presidente Jean-Claude Trichet e il membro italiano del direttorio Lorenzo Bini-Smaghi, si opponeva al default, ma la scelta di rifiutare i bond greci significa che anche a Francoforte si sono arresi all’inevitabile. La missione della troika, Ue, Fmi e Bce ad Atene è stata sospesa. Mentre il governo di George Papandreou prova a resistere ancora, insistendo con riforme che non basteranno mai a risollevare i conti, le agenzie di rating calano la ghigliottina sulla Grecia. Ieri Fitch ha abbassato ancora il giudizio su un debito che già era spazzatura. Motivazione: senza nuovi aiuti la bancarotta è assicurata. E la dichiarazione della Lagarde indica che i nuovi aiuti non arriveranno. Ste. Fel.
quando si verificano ripetutamente. L'azienda, nella risposta data alle sollecitazioni sindacali, si è impegnata a fare il massimo per garantire il controllo e ampliare il coinvolgimento dei lavoratori che viene giudicato, tra l'altro, “gradito”. Però non può fare a meno di sottolineare che la responsabilità principale dei controlli è demandata alle ditte che hanno in appalto la manutenzione e la sicurezza e che, a loro volta, devono rispettare i controlli e le indicazioni della Asl. Solo che a coordinare gran parte di questo lavoro è oggi la Made Hse che “cura il coordinamento della Commissione Interna Sicurezza e Ambiente del Gruppo Marcegaglia” e “svolge un ruolo consultivo alle Direzioni di stabilimento ed ai Servizi di Prevenzione e Protezione, nella gestione delle problematiche inerenti la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, la tutela del-
l’ambiente”. Un ruolo istituzionale, come viene specificato sul sito del gruppo, con intervento del personale “presso tutte le unità produttive, fornendo supporto ai Servizi di Prevenzione e Protezione interni”. LA MADE HSE, però, è già finita sotto i riflettori nel caso di irregolarità nello smaltimento dei rifiuti che ha visto indagato il fondatore del gruppo, Steno Marcegaglia. Il laboratorio di analisi, allora sequestrato nell'ambito dell'inchiesta “Golden Rubbish” era proprio della Made Hse e al suo interno venivano redatti falsi certificati di analisi sui rifiuti da smaltire. Un passato imbarazzante. Con un ultimo particolare, segnalato dalla Fiom: a presiedere la Made è la moglie del figlio di Steno Marcegaglia, Antonio. Insomma, la sicurezza in azienda Emma Marcegaglia l'affida alla cognata, Carolina Toso.
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DAL MONDO
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ZAPATERO E LA SINDROME RIVOLUZIONE
ONU-ITALIA
Membro Consiglio diritti umani
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Italia è stata eletta dall’Assemblea Generale Onu al Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite (di cui ha fatto parte dal 2007 al 2010), con sede a Ginevra. Lo ha annunciato al Palazzo di Vetro il presidente dell’Assemblea, Joseph Deiss, aggiungendo che il mandato dell’Italia e degli altri Paesi eletti sarà di 3 anni.
Rischio scontri con la polizia per i giovani di Democrazia Real alla vigilia del voto di Alessandro Oppes Madrid
a piazza è dei giovani, i politici si sono dovuti rifugiare all’interno di spazi chiusi e ben vigilati per celebrare – tra iscritti e fedelissimi ai partiti – l’atto finale di una campagna elettorale trasformatasi in un incubo. A mezzanotte, con l’inizio della giornata di riflessione che precede le amministrative di domani, è scattato il divieto di manifestazione deciso, tra le polemiche e con un solo voto di scarto, dalla Giunta centrale elettorale dopo sette ore di dibattito infuocato. Ma, mentre l’estrema destra mediatica gridava ieri mattina a un fantomatico “boicottaggio della democrazia” rappresentato dai ragazzi accampati alla Puerta del Sol di Madrid e in decine di altre piazze spagnole, il ministro dell’Interno Alfredo Pérez Rubalcaba ha chiarito
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con tre parole la linea del governo: “Opportunità, congruenza e proporzionalità”, ha spiegato il numero due di Zapatero, saranno i principi che guideranno l’azione della polizia nelle prossime ore. “Ciò che faremo è compiere il mandato costituzionale, e quello delle forze di sicurezza è applicare le leggi. Perché si capisca meglio, dove c’è un problema la polizia non ne crea un altro, nè altri due o tre”. L’IMPEGNO, INSOMMA, sembra essere a non intervenire, visto che le proteste si sono svolte finora in forma completamente pacifica. Anche ammesso che le rivendicazioni del movimento Democracia Real Ya possano in qualche modo condizionare l’andamento della giornata elettorale, conseguenze ben più gravi sul voto avrebbe – come fa notare in un editoriale il quotidiano El País – l’eventuale decisione di sgom-
brare con la forza migliaia di persone riunite in piazza, tra l’altro sotto gli occhi delle tv di tutto il mondo. A subire un effetto devastante sarebbe, ovviamente, il governo socialista, già alle prese con una delicatissima tornata elettorale che, se si confermano le previsioni dei sondaggi, potrebbe dover fare i conti con la più clamorosa batosta da quando – sette anni fa – José Luis Rodríguez Zapatero andò al potere. Il Psoe rischia di perdere alcune delle sue roccaforti storiche, come i municipi di Barcellona e Siviglia, dove governa da trent’anni, e la regione di Castiglia La Mancha. In bilico anche altri feudi socialisti come l’Estremadura, Aragona e le Asturie, mentre i popolari dovrebbero restare ben saldi al potere tanto a Madrid come a Valencia nonostante – in questa regione – il presidente Francisco Camps (paragonato ieri dal New York Times a Berlusconi)
di Lidia Ravera
cchi bassi, capelli sciolti, faccia pulita, le mani, tutte e due, aggrappate al braccio della matrigna che, in questa fiaba triste, è buona, vuole bene al marito e quindi anche a lei, Camille Strauss-Kahn. La fotografia che le ritrae così, la più giovane avvinghiata alla più vecchia, mentre, entrambe, subiscono, senza via di scampo, l’attenzione mondiale, intenerisce anche i più inflessibili fra i moralizzatori, anche quelli che si ostinano a sognare una classe dirigente più virtuosa che viziosa, magari perché pesi meno la distanza di qualità della vita, fra i pochi che contano e i milioni che tirano a campare. L’ammirazione, si sa, è l’unico antidoto all’invidia. Non è colpa nostra se abbiamo bisogno di ammirarli, i numeri uno, due e tre, padroni dei nostri destini. Certo, la figura dell’idolo caduto, accasciato in un’aula di Tribunale, non è più oggetto d’invidia, quindi gli si perdona, mentre sta punito, la colpa di non suscitare apprezzamento o rispetto. Questo per quanto riguarda la vita pubblica. Purtroppo è la vita privata, però, quella che i crimini a sfondo sessuale, inevitabilmente, illuminano. E lì è l’immagine di Camille, smarrita fino al punto di cedere a quel gesto da bambina, che commuove. Le colpe dei padri ricadono sui figli. Ma sulle figlie picchiano più duro.
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sia imputato di corruzione assieme ad altri quattro alti funzionari dell’amministrazione locale. Attesa anche per i risultati delle comunali nel Paese Basco dove, a 8 anni dalla messa fuorilegge di Batasuna, ritorna sulla scena la sinistra indipendentista con la lista Bildu: autorizzata nei giorni scorsi dal Tribunale costituzionale con una decisione che ha provocato durissime polemiche soprattutto tra le organizzazioni di vittime del terrorismo, potrebbe sfiorare il 20% dei consensi. Ma l’andamento della giornata elettorale sembra essere tutt’altro che al centro delle preoccu-
pazioni tra i protagonisti del “maggio spagnolo”. Nonostante i divieti, e le polemiche roventi che li circondano, loro hanno ben chiaro che questa esperienza di partecipazione è appena agli inizi. Scatta la giornata di riflessione? E allora “noi continuiamo con l’esercizio di riflessione collettiva”, assicurano. E, visto che oggi è vietato manifestare, subito dopo la mezzanotte, alla Puerta del Sol, hanno risposto così: a centinaia, con la bocca coperta dal nastro adesivo, che tutti insieme hanno strappato via per lanciare un “grido muto al cielo”.
La morale britannica: “Tradire la moglie, tradire lo Stato”
Strauss-Kahn, la foto
CAMILLE E LE COLPE DEI PADRI
Giovani accampati a Plaza del Sol a Madrid (FOTO ANSA)
di Caterina Soffici Londra
er la serie diverse moralità, ieri i giornali inglesi spiattellavano in prima pagina l’ennesimo scandalo a sfondo sessuale. “Tradire la moglie, tradire lo Stato” e rivelano la relazione extraconiugale dell’ex amministratore delegato di Royal Bank of Scotland Fred Goodwin. Abbiamo il diritto di sapere, è la tesi della stampa, perché vogliamo capire se la relazione con la ex collega abbia influito sul collasso della banca. L’uomo è notevolmente odiato. È lui il fautore del collasso da 45 miliardi di sterline dell’Istituto, salvato poi dallo Stato, e per questo “premiato” con una buonuscita da quasi 17 milioni di sterline. Goodwin era diventato uno dei simboli della crisi del 2008, il catalizzatore dell’odio contro i banchieri, i loro bonus e i privilegi: un gruppo che si firmava Bank bosses are criminals gli devastò la casa di Edimburgo e distrusse una macchina parcheggiata in giardino. Sir Fred Goodwin (“sir” perché “nobilitato” per meriti di business, da figlio di un elettricista di Glasgow a potente squalo bancario tagliatore di teste), sotto inchiesta per il crac della banca, aveva chiesto una superinjunction, cioè una specie di bavaglio che qui un personaggio famoso può chiedere per proteggere la sua privacy.
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La pratica è in voga da qualche tempo, ed è origine di una polemica senza fine sui limiti della libertà di stampa, tanto che Cameron ha dato incarico ai ministri della cultura e della giustizia, Hunt e Clark, di mettere mano a un progetto di legge che regolamenti l’intricata materia. Sono temi che noi conosciamo bene e rispondono sempre alle stesse domande di base: la vita privata di un personaggio pubblico è privata o pubblica? Dove inizia il diritto di cronaca e dove finisce il diritto alla privacy? Si può mettere un bavaglio alla stampa per tutelare una persona non ancora condannata? La superinjunction di Goodwin era stata accettata dal giudice che aveva secretato tutto, sia la storia della relazione con una collega sposata, sia che il protagonista dell’indagine fosse un banchiere. Ma un conto è discutere sul bavaglio alle storie di letto di un calciatore o di un vippetto delle notti londinesi. Un conto è la vicenda privata di un personaggio pubblico che ha avuto in risvolto significativo nella vita politica ed economica della nazione. Infatti non ci è voluto molto per far alzare il velo. La superingiunzione chiesta dall’ex capo della Royal Bank of Scotland per nascondere la tresca con l’ex collega è stata accantonata nella camera dei Lord, quando Lord Stoneham ha chiesto chiarimenti in nome del diritto dei contribuenti di sapere tutta la verità su una vicenda che è costata all’erario qualche miliardo di sterline.
LIBIA
Affondata la flotta di Gheddafi
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e navi militari delle forze fedeli Gheddafi sono per la Nato un bersaglio “più che legittimo”. Così l’ammiraglio Giampaolo Di Paola, presidente del comitato militare della Nato, in riferimento all’affondamento di 8 unità militari a Tripoli e in altri porti libici. “È evidente” che Gheddafi (riapparso ancora una volta in tv, foto sopra) ha le ore contate. “Le defezioni ci sono” così come “la prospettiva politica”, ha spiegato ieri il ministro degli Esteri Frattini.
GIAPPONE
Si dimette il capo della Tepco
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l disastro nucleare di Fukushima dell’11 marzo abbatte i conti della Tepco, il gestore dell’impianto, che segna un rosso da 1.250 miliardi di yen (10,6 miliardi di euro) nell’ esercizio 2010-11, il più pesante mai accusato da una compagnia nipponica non finanziaria. “Mi dimetto perchè sono responsabile del crollo di fiducia dell’opinione pubblica nell’energia nucleare e per aver causato tanti problemi e paure alla gente: chiedo scusa a tutti”, ha annunciato il numero uno della utility, Masataka Shimizu.
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DAL MONDO
OBAMA E NETANYAHU LONTANI SU TUTTO LA PACE FREDDA DI ISRAELE Il nuovo piano Usa per il Medio Oriente non convince di Roberta Zunini Tel Aviv
e il mondo arabo non ha esultato dopo il discorso del presidente americano, in Israele si respira un’aria di preoccupazione impastata di rabbia non solo per ciò che ha detto Obama ma anche per la risposta del premier israeliano Netanyahu che ieri è volato a Washington. La reazione del premier - sintetizzata nella sua dichiarazione “gli americani hanno molte cose da nascondere sotto il tappeto” - al nuovo corso mediorientale di Obama, non ha convinto la stampa e tantomeno la leader del principale partito di opposizione Kadima, Zipi Livni. Secondo Livni, Netanyahu sta mettendo a rischio il sodalizio con gli Usa. In Israele criticare il rappresentante dello Stato, nel momento in cui si appresta a incontrare all'estero il presidente di un'altra nazione, non è consueto. Anzi, è considerate una mossa lesiva dell'Istituzione. Ma molte cose sono cambiate da quando a settembre fallirono i negoziati di pace. L’establishment israeliano è scettico sulla possibilità di un “nuovo Medio Oriente”, e di certo il comportamento di Bibi non aiuta a imboccare una direzione diversa.
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FORSE I NODI non verranno al pettine ma la primavera araba soffia tutto intorno a Israele e le folate si sono fatte più forti tanto da essere arrivate dentro il cuore di Gerusalemme. Di cui Obama non ha parlato ma che continua a costituire, assieme al problema del ritorno dei profughi palestinesi e della costruzione di nuove colonie in Cisgiordania, principale fonte di ansia per i vertici politici di Israele. La spartizione della Città santa, sarebbe del resto ipotesi intollerabile per chi come Netanyahu - per non parlare della destra ultraortodossa rappresentata dallo Shas - considera Gerusalemme tutta, Ovest ed Est, capitale unica dello Stato ebraico. Potrebbe sembrare fuori luogo parlare oggi di Gerusalemme, quando solo due giorni fa Obama ha proferito per la prima volta, nella storia dell'amicizia simbiotica tra Stati Uniti e Israele, il termine “occupazione” e la frase
te alle necessitá del paese dopo che le rivolte hanno paralizzato l’economia, che per altro non era sanissima prima del 25 gennaio. I 2.000 milioni di dollari promessi da Obama “aiuteranno ad alleviare i problemi economici, ma tutto dipenderà dalla velocità con cui saranno messe in pratica queste promesse”, nelle quali ha fiducia Mustafa Kamal, professore di Scienze Politiche dell’Università americana del Cairo. Forse non saranno molti e non arriveranno abbastanza velocemente, ma i soldi offerti da Obama indicano soprattutto un cambio di strategia di Washington, che per la prima volta cerca la stabilità e la sicurezza dell’Egitto attraverso l’aiuto economico e non solo militare.
“Israele entro i confini del ‘67”, resta il fatto che la sorte della capitale delle tre religioni monoteiste e di un futuro Stato palestinese, è in fondo il problema principale. Perché l’ampliamento degli insediamenti ebraici nella parte eEst, non è e non potrà mai essere, materia di discussione per Bibi. Questioni dirimenti di cui nessuno ha parNetanyahu e lato. “Se Netanyahu è fuObama durante il rioso per la questione colloquio alla Casa dei confini del '67, figuBianca. In alto, riamoci cosa potrebbe Zipi Livni (F A ) accadere quando si dovranno affrontare questioni essenziali come il destino di Gerusalemme”, si dice negli ambienti progressisti. Tutti indistintamente, progressisti ed elettori di destra, laici e ortodossi sperano che il premier non continui a considerare gli OTO
Il presidente: “Ci sono divergenze” Il premier: “Non possiamo tornare ai confini del ‘67” americani come ostili: “Perseverare nel trattare gli americani come nemici, prima o poi li trasformerà davvero in tali”, ha ribadito ieri sera Zipi Livni, mentre il premier incontrava il segretario di Stato Hillary Clinton. E il presidente americano durante l’incontro con Netanyahu ha riconosciuto l’esistenza di “divergenze” con gli israeliani su come far avanzare il processo di pace; in risposta l’israeliano ha affermato che i “confini del ‘67 sarebbero attualmente indifendibili”, bocciando di fatto la proposta americana. La speranza di un'inversione di tendenza della dirigenza israeliana, seppur sempre più difficile, è comune anche palestinesi dell'Anp che verrebbero facilitati in questo senso nella difficile gestione in corso della riconciliazione con Hamas.
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L’orgoglio degli egiziani: “No all’elemosina americana” di Francesca Cicardi Il Cairo
el discorso di Obama rivolNha ricevuto to al mondo arabo, l’Egitto moltissimi elogi, nessuna avvertenza e l’unica promessa concreta: gli Stati Uniti cancelleranno un miliardo di dollari di debito – che saranno investiti nella crescita del paese - e faciliteranno l’accesso a un altro miliardo di dollari per finanziare in particolare la creazione di posti di lavoro. La disoccupazione – che si calcola sia del 40% tra i giovani - è uno dei principali problemi che affronta il nuovo Egitto ed è anche stata la miccia che ha fatto esplodere il Nord Africa, quando un giovane tunisino disoccupato si è dato fuoco lo scorso mese di dicembre, essendo poi il protagonista del discorso del presidente Obama a Washington 5 mesi dopo. “Vogliamo solo poter avere un lavoro e vivere meglio”, dice Mohamed, che ieri cercava di guadagnare qualche euro dipingendo i colori della ban-
diera egiziana sulle guancie dei manifestanti che per l’ennesimo venerdì si sono ritrovati a piazza Tahrir, sulle rive del Nilo, per non fare morire lo spirito della rivoluzione. IL PRESIDENTE degli Stati Uniti ha apprezzato nel suo discorso questo entusiasmo e reso omaggio alla piazza Tahrir, dove le sue parole non sono però piaciute, interpretate da molti come una intromissione nelle vicende degli egiziani. “È logico che ci sia una crisi economica dopo una rivoluzione, ma è un proble-
ma nazionale che risolveremo da soli”, assicura Araby spingendo il suo carretto di bibite. “Non siamo così poveri e disperati”, dice una ragazza di classe alta di nome Riim, che spiega che il discorso di Obama è stato positivo ma non era quello che aspettavano in Egitto: “Abbiamo bisogno dell’appoggio morale e il riconoscimento politico, non dei soldi”, afferma, e aggiunge: “oltre tutto, non sono neanche tanti!”. Il governo calcola che l’Egitto avrebbe bisogno di 10 miliardi di dollari nel 2011 per far fron-
NEGLI SCORSI ANNI, l’Egitto dittatoriale di Mubarak riceveva più di 1.000 milioni di dollari per le forze di sicurezza e l’Esercito del paese, divenuto per questo il secondo più potente esercito della regione dopo quello di Israele. Ma nell’ “Egitto democratico”, come l’ha descritto Obama, questo modello non è più valido, anche se la sicurezza continua ad essere l’obbietivo ultimo, garantita dallo sviluppo economico e la soddisfazione del popolo. Gli Stati Uniti aiuteranno il nuovo Egitto anche a recuperare i fondi “rubati” dal regime di Mubarak e trasferiti all’estero, molti dei quali in America, e il cui ritorno è una delle aspettative fondamentali degli egiziani.
La manifestazione di ieri a piazza Tahrir al Cairo (FOTO ANSA)
Non solo consensi nel paese elogiato da Washington come esempio del nuovo corso arabo
Doppia repressione del regime
Siria, le stragi del venerdì e il ricatto dello sport di Franco Ragnoli Homs (Siria)
mmaginate che a un mese dalla fine del campionato italiano, quando ormai il Milan sta tirando la volata finale al titolo, un decreto legislativo vieta le poche partite che restano da giocarsi. Il torneo viene annullato, il titolo non è aggiudicato e la tv smette di andare in onda come nulla fosse successo per mesi. Non è il brutto sogno di Aldo Biscardi, ma un altro aspetto della tragedia che vive il popolo inerme siriano. Un mese fa è stata interrotta la Syrian League, il campionato di calcio a 14 squadre. Troppi scontri tra le tifoserie si trasformavano in occasione di tensione, anche politica, fra le frange pro-regime e quelle che lo avversano. Lo stadio era una occasione per riunirsi. Le adunate di folla sono vietate dalle leggi a eccezione della preghiera del venerdì in moschea e degli incontri di calcio la domenica. Chi considera il pallone una fede religiosa ha però avuto poco da protestare per lo stop. Un altro motivo ancora meno nobile è stato l’uso degli stadi come prigioni di fortuna. Con i
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sequestri, gli arresti e i fermi che la polizia ha compiuto negli ultimi due mesi, le celle regolari seppur strapiene non bastavano più. Gli stadi sono costruiti come carceri di emergenza. IL CALCIO È LO SPORT di gran lunga più popolare in Siria. È, come in Italia, una religione non ufficiale. Lo scorso anno è stato l’Al-Karamah, squadra di Homs, epicentro delle ultime proteste, a vincere il torneo. Quando è stato interrotto un mese fa, la squadra di Aleppo, Al-Ittihad, guidava la classifica, ma tutto era ancora da decidere. Per strada vedi i ragazzi giocare ovunque, non importa se con la palla bucata, in jeans e con le ciabatte. Cristiano Ronaldo del Real Madrid è il campione più ammirato, ma la squadra più amata è il Barcellona. Fino a un mese fa nei bar eri solito trovare la bandiera di una delle due squadre di calcio spagnole, ora invece sono state sostituite con i quadri e i poster del presidente Bashar al-Assad come vogliono i regolamenti cittadini. Ieri il giornale sportivo Riada (in arabo Sport) riportava la notizia che domenica riprende il campionato. Per recuperare le giornate perse saranno
DAMASCO censura su vittime e fughe a tv di Stato siriana ha negato che le forze di sicurezza Lgoverno abbiano represso i manifestanti scesi in piazza contro il in molte città del paese, nel venerdì della libertà, Lo stadio di Homs (FOTO DI F. R.)
effettuati due incontri a settimana e ai tifosi che vogliono andare allo stadio, occorrerà un foglio timbrato dalla società che si dovrà prendere la responsabilità delle loro azioni. Non si potrà né andare, né stare in gruppo, ma da soli e in settori con un limitato numero di persone, separati da polizia e sbarre. Questo c’è scritto nell’ar ticolo che, sebbene in città non si parli d’altro, è appena un trafiletto nelle pagine interne. In 24 ore tutto può cambiare, soprattutto dopo l’ennesimo venerdì di sangue. È il nuovo ricatto del regime: fate i buoni e vi ridiamo il calcio.
come era stato nominato il decimo venerdì di preghiera e protesta di fila. L'emittente ha smentito quanto riportato da numerosi blogger e attivisti, secondo i quali almeno una trentina di persone, tra cui un bambino di 7 anni e un 16enne, avrebbero perso la vita negli scontri scoppiati dopo la preghiera di mezzogiorno. Nel corso di un programma, la tv di Damasco ha invece mostrato una manifestazione a favore del presidente Bashar al-Assad in corso ad Aleppo, dove alcuni uomini in una moschea hanno affermato che “la situazione è calma”. Intanto si moltiplicano le voci di defezioni di reparti militari di confine con il Libano e la fuga oltrefrontiera di civili e anche di un gruppo di prigionieri del carcere di Albukamal, al confine con l’Iraq.
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SECONDOTEMPO SPETTACOLI,SPORT,IDEE in & out
PAOLO SORRENTINO
Io, Sean Penn e la sigaretta della maturità
Renato Zero Il cofanetto di 6 dvd entra in classifica: è subito primo
Cher Compie 65 anni e promette: “Voglio fermare il tempo”
Contador Giro “austriaco”: lo spagnolo sigilla la corsa
Alonso Fresco di rinnovo con la Rossa, 5a posizione al GP di Spagna
IL REGISTA IN ODORE DI PALMA D’ORO SI RACCONTA di Federico Pontiggia
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pplausi internazionali e la sensazione che tutto sia possibile, il metallo prezioso: This Must Be The Place di Paolo Sorrentino conquista Cannes. È la sua quarta volta, sarebbe il secondo premio, dopo la regia del Divo nel 2008: oggi il divo è un altro, Sean Penn che lo premiò e poi volle farsi dirigere. Lo ritroviamo à la Robert Smith dei Cure: capello lungo e pazzo, rossetto, mascara e unghie laccate, la sua ex rockstar Cheyenne fa il pensionato di lusso e depresso a Dublino, ma non durerà. Il padre che non vede da 30 anni muore, trovare il nazista che lo umiliò ad Auschwitz è una missione di maturità: così il film si mette on the road in America, per fare della Croisette la strada dell’oro. Ispirato a Una storia vera di Lynch, da noi arriverà in ottobre. Sorrentino, Penn parla di Palma, lei è scaramantico? Addirittura... non voglio capire questa domanda. Che sguardo ha portato in America? Cheyenne ci manca da 30 anni, io non sono mai andato a New York e S. Francisco: abbiamo la
Il nostro cinema non è mai morto, né rinato: siamo solo una piccola cinematografia
stessa ingenuità, il mio non è un road-movie presuntuoso. Ma si accosta a temi universali, la Shoah per primo. È una tragedia enorme e incomprensibile: al riguardo, esistono solo intuizioni, perché racchiude tutte le degenerazioni umane. Un film può dare un piccolo contributo alla memoria. Nel frattempo, è polemica per le dichiarazioni antisemite di Von Trier, dichiarato “persona non grata”. Alle sue parole deliranti io rispondo con il film, e basta. Non si infierisce su chi sbaglia: è una pratica fin troppo diffusa. Viceversa, ho trovato bello Moretti e un capolavoro Malick. Il padre di Cheyenne cerca per tutta la vita chi l’aveva umiliato ad Auschwitz. Tra quelle brutte, l’umiliazione è sensazione più dolorosa, quella che si dimentica più difficilmente. Agli inizi di carriera, l’ho provata anch’io. Oggi invece pensa di aver trovato il suo The Place, un posto nel cinema mondiale? Ho ambizioni decisamente minori. E poi ho scritto un libro, e sono più tranquillo: non dovessi più riuscire col cinema, un editore lo trovo. Intanto, ha diretto Sean Penn: dice che lei è il pianista e lui il voltapagine. È stato molto facile dirigerlo: è un attore magnifico, e come Servillo a teatro è anche un regista. Si mette a disposizione, si fida, e dà tutto coraggiosamente: avesse sbagliato misura, Cheyenne sarebbe diventato una macchietta. Non solo, il personaggio che ho scritto con Umberto Contarello non è mai cambiato, ma Penn ha aggiunto sfumature: la voce in falsetto, l’andatura lenta e le risatine. Come succede con i grandi, da subito lo conosceva meglio di me. Chi è Cheyenne? Un candido, un bambino di 50 anni, portatore di gioia e di bontà, e che sa ascoltare. This Must Be The Place è il suo romanzo di formazione da cinquantenne: in Italia ci sono anche ottantenni che ne avrebbero bisogno. Ha scritto il film pensando a Penn? Ideato, immaginato e scritto
per lui: non avesse accettato, il film non esisterebbe. E la stessa cosa vale per Frances McDormand e David Byrne (firma la colonna sonora, ndr). E l’ha girato per un pubblico internazionale? Non si può mai pensare al pubblico: neanche in Italia, figuriamoci a livello mondiale. È un film grande, ma me ne accorgevo solo alla mattina, perché sul set c’erano più camion. La spaventa il doppiaggio? In un mondo ideale mi piacerebbe immensamente che il film rimanesse in lingua inglese. Ma in Italia abbiamo doppia-
Sean Penn in una scena del film di Sorrentino
tori bravissimi. Con l’inglese come se l’è cavata sul set? Nel cinema si fanno sempre un sacco di domande, molte inutili: non padroneggiare la lingua m’ha aiutato. Se le offrissero un miliardo
di dollari per cinque film dove li girerebbe: Italia o Usa? Dipende quanta parte di quei soldi va a me. Comunque, il nostro cinema non è mai rinato, ne è mai morto: in fondo, siamo solo una piccola cinematografia. Lei fuma il sigaro, Cheyenne
una sola sigaretta: quella della maturità. Fino a due anni fa fumavo due pacchetti al giorno, come ancora fa Penn. È la prima volta che interpreta un non fumatore, ed è stato molto divertente: almeno per me.
Palma o non palma? ì Le Havre di Aki Kaurismäki
Drive di Nicolas W. Refn
Habemus Papam di Nanni Moretti
This must be the place di Paolo Sorrentino
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a ricevuto l’applauso più compatto e l’entusiasmo unanime della critica. Il regista finlandese ha confezionato un film universale, fiaba agrodolce sulla dignità dei semplici. Una summa del suo stile, senza perdere gradazione alcolica. Tra antieroi e migranti nella città di Le Havre si ride, si piange e si pensa.
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el Festival dei grandi autori, un film di genere e su commissione: il genietto danese Refn è la promessa già mantenuta del Terzo millennio su grande schermo. Dirty Harry e Michael Mann per padri, cornice action-thriller e un Ryan Gosling di straordinaria impassibilità. Questo pilota senza nome, stuntman e criminale, merita di tagliare il traguardo più ambito.
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umanissimo pontefice eletto in crisi identitaria e i cardinali macchietta hanno confuso il pubblico straniero, in attesa di un Moretti più cinico. Ma è stato chiaro a tutti che non è un film satirico, bensì un inno all’inadeguatezza, carico di ironia e commozione. Forse non sarà “impalmato”, ma il magnifico Michel Piccoli è in pole per il premio al miglior attore.
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orrentino sbarca in America, gira in inglese e dirige la star Sean Penn: non il suo film migliore, ma il più intelligente per l’export. Protagonista l’ex rockstar Cheyenne sulle orme dell’aguzzino nazista del padre: parte il road-movie alla Wenders, ma solo un po’: intimo e universale, lirico e introverso, si guadagna un posto al sole nel cinema che conta. E la Palma?
The artist di M. Hazanavicius
Melancholia di Lars Von Trier
La piel que habito di Pedro Almodòvar
The tree of life di Terrence Malick
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na delle sorprese. Perché nessuno prevedeva tale leggerezza da un film muto e in bianco e nero. Ecco The Artist del francese Hazanavicius, esperimento vintage sull’età d’oro del cine hollywoodiano. Di scena il sogno americano di una comparsa assunta a star, che salva dal declino il divo di culto, ostile all’avvento del parlato.
pologia del nazismo per il più masochista dei registi: Lars Von Trier “persona non grata” al Festival e contratti disdetti. Rimane in lizza il film: un pianeta blu termina il mondo, ma non è la fine del mondo per Kirsten Dunst. Peccato, Melancholia è l’opera meno malata e più compatta dell’ultimo Von Trier: il brutto scherzo l’ha suicidata.
tornato per vincere, mettendo in campo chirurgia estetica, cambio di genere e pure il sedere del ritrovato Antonio Banderas: basterà ad Almodovar per l’agognata Palma? Non crediamo proprio: troppo barocco e postmoderno, compiaciuto e annoiato, questo thriller fantascientifico è tutta pelle e zero arrosto.
he Tree of Life è subito apparso un’opera-universo, onnisciente ed onnicomprensiva. Dove la risposta al senso del tutto parte dal Caos originario e ripiega nel mare della pace, in cui l’umana specie è riconciliata. La pellicola del regista di culto americano ha diviso: da Film-dei-film al Grande Bluff. Noi tendiamo al Grande Dubbio.
a cura di Anna Maria Pasetti e Federico Pontiggia
Sabato 21 maggio 2011
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SECONDO TEMPO
CALCIO D’ALBIONE
LONDRA NEL PALLONE
Viaggio nella periferia della Capitale tra il caviale di Briatore e i prosciutti dell’East End di Luca Pisapia Londra
Londra il calcio brilla anche all’ombra delle tre superpotenze Arsenal, Chelsea e Tottenham. In quella zona buia dove si officiano riti pagani minori che entrano a fare parte della mitologia calcistica senza bisogno dei riflettori delle televisioni, il flusso vitale del football lo si trova nelle piccole squadre che vivono nel ricordo di un’antica gloria o nel sogno di un radioso futuro che spesso tarda ad arrivare. Come nell’East End, dove il calcio è fondamento costituente della comunità e dove Millwall e West Ham sono l’unica via di fuga da una delle aree più ostili e depresse della città e del Paese. Gli Hammers, i “prosciuttini”, sono appena retrocessi,
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Il West Ham è retrocesso e sarà di nuovo derby con il Millwall, uno dei più sentiti e violenti
grazie alle malefatte dei re del porno Gold e Sullivan che nel 2010 hanno rilevato il club dalla bancarotta finlandese puntando tutto sul bando governativo per poter utilizzare dal 2014 lo Stadio Olimpico di nuova costruzione che ospiterà i giochi di Londra 2012: un miraggio speculativo che si è tradotto in una pessima gestione del club. Hanno vinto il bando, ma nel frattempo si sono indebitati per 80 milioni di sterline e la retrocessione produrrà mancati introiti quantificabili in altre decine di milioni: e ora il trasferimento nel nuovo stadio è a rischio. PER LA GIOIA dei tifosi Millwall, stesso ceppo sociolinguistico cockney, che li aspettano nell’inferno chiamato “The Den”, per il derby più caldo della Championship, la serie B inglese. Tra le due squadre c’è infatti una rivalità ultracentenaria, che dagli anni ’70 si è trasformata nella valvola di sfogo di una comunità alienata prima e dimenticata poi dal declino dell’impero britannico con scontri razziali, risse, coltellate, vetrine infrante e cassonetti bruciati tra le firm (i gruppi organizzati) che proprio nell’est londinese diedero vita al triste fenomeno hooligan: come racconta anche il film Green Street, dal no-
fronte allo stadio. E a chi si lamentava ha risposto: “Se non vi piace trovatevi un’altra squadra!”. Di tutt’altro genere sono invece i proprietari del Afc Wimbledon: gli stessi tifosi. Una volta era il Wimbledon Fc, storica squadra del sudovest londinese assurta a mito negli anni ’80. Brutta, sporca e cattiva, la crazy gang di Wimbledon arrivò a vincere una finale di FA Cup, la Coppa d’Inghilterra (il torneo di calcio più antico del mondo), guidata dal carisma Vinnie Jones.
Il derby tra West Ham e Millwall, qui nel 2009 in Carling Cup con l’invasione di un tifoso (FOTO LAPRESSE)
me della via che conduce allo stadio del West Ham. Dall’altra parte della città, nell’opulento ovest, c’è il Queens Park Rangers dei nuovi ricchi. I tifosi delle case popolari di Hammersmith, quei bianchi che i Clash in uno dei loro pezzi più intensi chiamavano all’integrazione razziale e alla rivolta, da qualche anno vivono nel paradosso. Una squadra priva di grandi nomi, escluso il fenomeno
marocchino Taarabt, che quando ha voglia pare il nuovo Zidane. Uno stadio tra i più brutti della capitale, un catino dove si può ancora fumare dentro e con la visuale impedita da numerosi piloni, e i prezzi della tribuna più alti di Inghilterra. I padroni Briatore ed Ecclestone sono infatti più interessati a offrire ai pochi che se lo possono permettere un’esperienza più vicina alla F1 che non al
Talenti di tutto il mondo, esibitevi AL TEATRO VITTORIA DI ROMA UNA RASSEGNA RISERVATA ALLE PICCOLE COMPAGNIE madrina Maya Sansa, in quattro settimane si esibiscono quattro compagnie: come le ha scelte? “Gliel’ho detto, vagando ai margini della cultura istituzionale e anche oltre, cercando nei sottosuoli della creatività. Al buio brillano fiammelle che, se potessero, saprebbero rischiarare tutta questa opacità con bagliori straordinari. Da tre anni cerco di portare alla luce questi sommersi”. Riuscendoci, visto che nelle edizioni passate spettacoli come Tiergartenstrasse 4. Un giarLa locandina di “Salviamo i talenti” dino per Ofelia di Daniele Muratore o Lettere al padre, da Kafka di Eugenia Romanelli di Gabriele Linari sono arrivati al Festival di Todi: “Basta fare spazio. Se il teatro istituhi è stanco dell’intrattenimento zionale prendesse il coraggio di fare un pasusa-e-getta, raggiunga il Teatro Vittoria so indietro, nel suo stesso interesse, vedi Roma dove, fino all’11 giugno sono di drebbe come le sale tornerebbero a riemscena le compagnie di giovanissimi selezio- pirsi”. nate da Viviana Toniolo, direttrice artistica del teatro, per la rassegna Salviamo i talenti. IN GIRO, SEMPRE gli stessi nomi, le stesPremio Attilio Corsini. “Ho fondato questa se compagnie, gli stessi spettacoli, le stesse manifestazione tre anni fa – racconta Tonio- scuole: come si fa a interrompere il ciclo? lo – per agitare una rivolta nella prosa. Ho “Frequentando i teatri indipendenti o partecominciato a girare per i piccoli teatri off, di cipando a rassegne come queste. Quando ho periferia, autogestiti e indipendenti. Ho scoperto che le piccole compagnie autoproscoperto un mondo”. Voleva bissare il ta- dotte per recitare devono addirittura pagarsi lent scouting degli anni Settanta e Ottanta, l’affitto del teatro, mi sono resa conto che quando dalle cantine emersero nomi come dobbiamo fare qualcosa, noi che un teatro ce Carmelo Bene, Nanni, Kusterman, Leo De l’abbiamo, noi pubblico. Altrimenti rischiaBerardinis, Gigi Proietti, Antonio Calenda? mo di perdere artisti e voci critiche di cui ha “Una notte in cui non riuscivo a dormire, tanto bisogno qualunque società, per restare ebbi l’illuminazione: se non c’è ricambio, viva”. Chi acquista l’abbonamento per Salci si estingue. Per questo la locandina della viamo i talenti è costretto a vedere tutti gli rassegna è un panda grande che tiene in spettacoli? “Sì. Insieme a produttori, giornabraccio un panda piccolo: è ora che gli at- listi, direttori di teatri, registi, attori, direttori tori adulti facciano spazio ai nuovi talenti. di doppiaggio e autori tv, anche il pubblico è Anche questa è un’arte”. Sotto l’ala della giudice e, alla fine delle quattro pièce, vota la
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migliore. Il premio sarà essere prodotti dalla Compagnia Attori & Tecnici del Teatro Vittoria e inseriti nel cartellone 2011/2012”. La manifestazione è self-made? “Certo. Noi non frequentiamo i salotti, nessuna istituzione, oltre a farci i complimenti, ci ha mai sostenuto economicamente. Riusciamo grazie al successo di sala e al fatto che gli spettacoli scelti sono già prodotti”. Si parte con uno spettacolo catanese, Io in valigia mi porto, di Gabriella Saitta, con le musiche originali di Franco Lazzaro: “Non è una rappresentazione di teatro tradizionale, piuttosto un esperimento ispirato al teatro terapeutico. Lo spettacolo racconta il percorso personale e professionale degli artisti nel laboratorio in cui si sono formati: sono loro gli autori del testo, che appunto è felicemente corale”. Dal 26 al 28 invece “Il cestino delle mele”, di Alessio Mosca: “Forse è quello che mi ha toccata di più, ma lascio giudicare al pubblico. Si svolge in un carcare, sotto la guerra: tre compagne di cella, molto diverse tra loro, vendono la quarta coinquilina, nuova arrivata, per una mela. Non aggiungo altro”. Di omosessualità e pedofilia nella chiesa parla invece “Il clown dal cuore infranto”, dal 2 al 4 giugno: “La compagnia è bolognese e Simone Toni riadatta la commoventissima lettera di Oscar Wilde dal carcere di Reading. In un momento in cui è esploso lo scandalo dei preti pedofili e continuano le aggressioni agli omosessuali, questa storia ci fa riflettere sul rapporto fra trasgressione, legge e società. Agghiacciante”. Dal 9 all’11 “La bottega del caffè: come mai Goldoni? “Le porte sono aperte alla bravura e in Luca Bargagna, il regista, ce n’è in abbondanza. Quindi ben vengano anche i testi classici. Questo, in particolare, è il saggio di regia del 2011 all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica”. Buona visione.
calcio: con aragoste e champagne servite tra un calcio d’angolo e una rimessa laterale. Adesso che i Rangers sono stati promossi in Premier, si misureranno con il Fulham di Mohamed Al-Fayed, ex proprietario dei grandi magazzini Harrods. Anche lui, più che pensare alla squadra e ai tifosi, preferisce concedersi stravaganze personali. Come la statua di Michael Jackson, appena eretta di
JONES, EX MASTINO di centrocampo che ora si è reinventato una carriera da brutto ceffo a Hollywood e che all’epoca riuscì addirittura a farsi squalificare “per avere disonorato il football”, commercializzando una videocassetta dove, invece che il controllo palla, insegnava a macellare gli avversari. All’inizio del millennio il Wimbledon Fc è stato trasferito dalla proprietà nella città dormitorio di Milton Keynes, fuori Londra, cambiando nome. Ma un manipolo di tifosi ha rifondato la squadra come Afc Wimbledon e dopo averla fatta partire dalle leghe amatoriali la sta riportando tra i professionisti. E il sogno di quel football londinese figlio di un dio minore continua grazie all’autogestione.
Ex Libris
Penna, un poeta fuorilista I 150 Grandi Libri dell’Unità, i Presenti e gli Assenti, i Buoni e i Cattivi; e poi i 5 superlibri della vita, le dieci parole e i 35 giornalisti che hanno raccontato l’Italia (tra cui Bruno Vespa). Nella vertigine della lista che ha pervaso il Salone del libro, e che pervade la nostra vita quotidiana, scandita da almeno 5 eventi imperdibili al giorno, la lista più impressionante è quella di cui ci ha parlato ieri Alfonso Berardinelli sul “Corsera”. Appena 15 spettatori presenti all’incontro in cui si celebrava Sandro Penna e si dava conto della futura edizione delle sue poesie curata per Garzanti da Giuseppe Leonelli. Dieci spettatori in meno dei famosi 25 lettori dei Promessi Sposi; e soprattutto, un numero risibile in rapporto alle turbe oceaniche in continua migrazione tra gli stand, a caccia di una firma copie, di una tavola ro-
tonda o di una tavola calda. La stupefatta domanda che si fa Berardinelli -“Cosa sa il grosso del pubblico di che cos’è un vero poeta?”- è conseguente. E poi: che cosa vuole davvero questo pubblico montante dei festival e dei saloni, al di là di quello che gli si suggerisce di volere? Il guaio delle liste è che a forza di ricordare, vertigine dopo vertigine, ci si dimentica del resto. Ma il resto è tutto. Può avvenire che ci si dimentichi di un poeta così vero da passare inosservato. Dimenticare Penna, questo poeta semplice e solitario, allergico a ogni lista, sarebbe un delitto ma soprattutto un castigo, perché la sua poesia tanto poco cerebrale (e dunque antimoderna) non chiede di essere spiegata, forse nemmeno conosciuta. Chiede di solo essere letta, e ascoltata, come si vede qui di seguito. La poesia e nient’altro.
La vita... è ricordarsi di un risveglio triste in un treno all’alba: aver veduto fuori la luce incerta: aver sentito nel corpo rotto la malinconia vergine e aspra dell’aria pungente Ma ricordarsi la liberazione improvvisa è più dolce: a me vicino un marinaio giovane: l’azzurro e il bianco della sua divisa, e fuori un bianco tutto fresco di colore
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Sabato 21 maggio 2011
SECONDO TEMPO
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TELE COMANDO TG PAPI
“premier”, punta sulla annunciata “sorpresa” promessa (consigliata dalla Santanchè?) da Berlusconi e Bossi.
A reti occupate di Paolo Ojetti
g3 T Con toni alquanto duri e scandalizzati, il Tg3 parla di
parlare, tutti i giorni, dieci volte al giorno, ed è fatta.
g1 T g2 Ed ecco, faccia a faccia, il “premier” e Sonia Sarno, la ti- T Seconda puntata dell’oc-
gre di Saxa Rubra. Domanda violenta: “Lei scende in campo?”. Risposta difficile: “Io sono sempre in campo”. Milano, che ne sarà di Milano? Destino terribile, la sinistra estremista sogna una “Stalingrado d’Italia”. Sonia si allarma: “L’affermazione di Pisapia ha dato slancio alla sinistra estrema?”. Certo, arriveranno più tasse per tutti, i centri islamici, la moschea, gli zingari “potranno costruirsi le baracche dove vogliono”, il voto agli immigrati: in confronto a Pisapia, Bin Laden era un santo. Finale incantatore: “Noi abbiamo – il “premier” arrotonda – cento progetti, due metropolitane, più attenzione per anziani e bambini e meno tasse per tutti”. Chissà perché Bersani protesta: lasciatelo
cupazione paramilitare delle televisioni e dei telegiornali “fedeli”. Rieccolo, in un mix delle varie interviste dove, sia pure in ordine diverso, dice sempre le stesse cose che ha detto anche prima della catastrofe, fatta eccezione per i magistrati e le toghe rosse, che non hanno pagato. Ieri, partito da “Studio Aperto” delle 18,30, rinnovato dal Tg1, ripreso da Canale 5, sbrodolato all’infinito dal Tg4, sezionato dal Tg3, è stato riciclato con entusiasmo anche dal Tg2, per poi impazzare fino a notte. Roba che non si vede più nemmeno nella Siria di Assad e che avrebbe fatto sorgere qualche scrupolo anche al Gheddafi dei bei tempi. Il Tg2 non si pone di questi problemi e, dopo l’orazione del
“offensiva mediatica”, interviste “a raffica” e fa toccare con mano questa indegna occupazione televisiva del presidente del Consiglio che, dopo soli 5 giorni di silenzio e di tormenti, ha deciso di tornare alla carica per la Moratti e, più cautamente, per Napoli. Non che dica cose alate, batte sempre sullo stesso tasto della sinistra estremista, le bandiere con falce e martello, di milanesi che “non consegneranno” Milano a quella specie di terrorista di nome Pisapia perché lui, Berlusconi, è “in campo ogni giorno”. La presenza di Berlusconi è stata così totalitaria che – se si misurasse la presenza nei media tv del Caimano con quella dell’opposizione – sarebbe come mettere sui piatti di una bilancia della democrazia da una parte un elefante e, dall’ altra, una pulce. Il Tg3 sta dalla parte della pulce: non manda in onda neanche una parola di Berlusconi. Chiusura malinconica, salutando Roberto Morrione, un collega di quando la Rai era una Rai migliore.
SALISCENDI
Il dolce Stilnovo (di Ruffini)
di Carlo Tecce
Ruffini è un giornaPco aolo lista riservato, parla poe si vede pochissimo. Ha scritto un libretto di settanta pagine dal titolo Scegliete, discorso sulla buona e cattiva televisione (Add editore), sintomo che la quantità spesso contrasta con la qualità, la sua è un'opera veloce eppure densa di significati. Lui è il direttore di Rai3 dall'aprile 2002, il contrappeso mediatico al Cavaliere nell'ultimo decennio: la sua televisione è buona per le opposizioni e cattiva per la maggioranza. Il senso di Rai3 (e del libretto) di Ruffini è un passaggio in fondo a ricordi, citazioni e anche confessioni: “Quello che mi ha spinto a scrivere queste riflessioni era trovare le parole giuste per rispondere a chi dice basta. Le ho trovate: scegliete! Cambiate canale!”. E il pubblico ha premiato Rai3, una rete (ora si chiama canale) con dei programmi forti e simbolici come In Mezz'ora, Che tempo che fa, Parla con me, Ballarò e Report : dal 2002 ad oggi perde un punto di share (da 9,5 a 8,5), ma in prima serata è oltre i 2,5 milioni di tele-
spettatori, quasi 400 mila in più nel 2011 rispetto al 2010, grazie all'evento di Vieni via con me di Fazio e Saviano. Rai3 è minoranza nel servizio pubblico per opportunità e necessità, anche perché Rai1 e Rai2 sono militarizzate dal governo di Berlusconi. Rivendica Ruffini: “Vieni via con me è figlio di una rotta diversa nel mare grande della televisione. Da una parte c'era la tv dei reality, dall'altra c'eravamo quasi solo noi”. Ruffini conosce le logiche politiche perché le ha vissute, almeno incontrate, e dipinge così il rapporto perverso tra chi governa e chi
Paolo Ruffini direttore di Rai3
va in video: “La politica ha occupato la televisione. La ama di un amore malato. Ne è ossessionata, ci si specchia”. E poi indica in Rai3 una trincea, una rete di resistenza che ferma chi invada tutto il resto, il solito signor B: “Sono anni che si cerca di avvelenare il pozzo di Rai3. Di far passare che la sua acqua sia avvelenata solo perché non è una minestra riscaldata”. E a volte ci riescono: Ruffini fu sostituito con un colpo di mano in Consiglio di amministrazione, votò a favore anche il presidente che si definisce di garanzia, Paolo Garimberti. Arrivò Antonio Di Bella, ex direttore del Tg3, e durò il tempo del reintegro di Ruffini con una sentenza del Tribunale del Lavoro. C'è un equivoco di fondo nella Rai3 di Ruffini, che vince anche per mancanza di avversari: non è una rete eversiva piena di rivoluzione, c'è poco di garibaldino in Fazio e Floris, semplicemente fanno con il loro mestiere senza omaggiare il sovrano, più o meno equidistanti al potere, più o meno scafati uomini di mondo. Elaborazione dati Auditel Studio Frasi.
LA TV DI OGGI 11.00 RUBRICA Appuntamento al cinema 11.10 RUBRICA 7+ 12.00 VARIETÀ La prova del cuoco 13.30 NOTIZIARIO TG1 14.00 RUBRICA Easy Driver 14.30 VARIETÀ Le amiche del sabato 17.00 NOTIZIARIO TG1 Che tempo fa 17.15 RUBRICA RELIGIOSA A sua immagine 17.45 DOCUMENTARIO Passaggio a Nord Ovest 18.50 GIOCO L'eredità 20.00 NOTIZIARIO TG1 20.30 NOTIZIARIO SPORTIVO Rai TG Sport 20.35 GIOCO Affari tuoi 21.10 VARIETÀ Me lo dicono tutti 23.40 RUBRICA Italia mia, esercizi di memoria 0.25 RUBRICA Cinematografo 1.15 NOTIZIARIO TG1 Notte - TG1 Focus
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14.50 RUBRICA SPORTIVA Magazine Champions League 15.20 NOTIZIARIO TG3 L.I.S. 15.25 EVENTO SPORTIVO Ciclismo, 94º Giro d'Italia 8a tappa: Sapri - Tropea, 217 Km (DIRETTA) 17.10 RUBRICA SPORTIVA Processo alla tappa 18.05 RUBRICA SPORTIVA 90° Minuto - Serie B 19.00 NOTIZIARIO TG3 TG Regione - Meteo 20.00 ATTUALITÀ Blob presenta Vota Antonio 20.10 ATTUALITÀ Che tempo che fa 21.30 DOCUMENTARIO Ulisse: Il piacere della scoperta 23.25 NOTIZIARIO TG3 TG Regione 23.45 ATTUALITÀ Un giorno in Pretura 0.45 NOTIZIARIO TG3 0.55 RUBRICA TG3 Agenda del mondo
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/ Underdog
/ La banda dei coccodrilli Otto ragazzi e una ragazza. Sono loro i “coccodrilli”, la banda del quartiere. Si conoscono da sempre, tranne Kurt: lui è il nuovo arrivato, da anni è su una sedia rotelle e non è stato facile convincere la banda a considerarlo “uno di loro”. Ma Kurt ha un asso nella manica. Una notte un negozio viene rapinato e Kurt spia i ladri con il suo telescopio. Questa è l'occasione che aspettava: può dare informazioni importanti ai Coccodrilli.
Sky Cinema Family 21,00
Italia 1 21,10
13.55 EVENTO SPORTIVO Motomondiale 2011 GP Francia: Prove Classe MotoGP - Prove Classe 125cc - Prove Classe Moto2 (DIRETTA) 16.00 EVENTO SPORTIVO Tennis, Internazionali BNL d'Italia 2011 Dal Foro Italico - Roma Seconda Semifinale Femminile (DIRETTA) 18.30 NOTIZIARIO Studio Aperto - Meteo 19.00 CARTONI ANIMATI Scooby Doo 19.25 FILM Cani dell'altro mondo 21.10 FILM Underdog - Storia di un vero supereroe 22.50 EVENTO SPORTIVO Tennis, Internazionali BNL d'Italia 2011 Dal Foro Italico - Roma Seconda Semifinale Maschile (DIFFERITA) 0.30 RUBRICA SPORTIVA Studio Sport XXL 1.30 ATTUALITÀ TV Moda (REPLICA)
11.30 NOTIZIARIO TG4 Meteo 12.00 TELEFILM Wolff - Un poliziotto a Berlino 13.00 TELEFILM Distretto di Polizia 9 13.50 REAL TV Forum: sessione pomeridiana del Sabato 15.15 FILM Poirot: Il ritratto di Elsa Greer 17.00 TELEFILM Detective Monk 18.55 NOTIZIARIO TG4 Meteo 19.35 SOAP OPERA Tempesta d'amore 20.40 TELEFILM Walker Texas Ranger 21.30 FILM Il momento di uccidere 0.20 FILM Il commissario Wallander - Il punto debole 2.05 NOTIZIARIO TG4 Night News 2.30 MUSICA Festivalbar 1991 - La Finale
11.00 DOCUMENTARIO La7 Doc "Couples & Duos" 11.25 TELEFILM Ultime dal cielo "La fuga del coniglietto" "Un ospite regale" 13.30 NOTIZIARIO TG La7 13.55 TELEFILM Dio vede e provvede "Vicini di convento" "Il principe azzurro" 16.00 FILM Il fiume dell'ira 18.05 TELEFILM Relic Hunter "La suora decapitata" "Il giorno della bandiera" 20.00 NOTIZIARIO TG La7 20.30 ATTUALITÀ In Onda "L'era dell'Homo Videns" 21.30 TELEFILM L'ispettore Barnaby "Omicidi sul campo da golf" 23.30 TELEFILM Medical Investigation "Mission La Roca - prima parte" 0.30 NOTIZIARIO TG La7 0.40 ATTUALITÀ M.O.D.A 1.25 FILM Come all'inferno - A Glimpse of Hell 3.10 DOCUMENTI La7 Colors
PROGRAMMIDA NON PERDERE
TRAME DEI FILM Shoeshine è un cane di razza beagle, giovane e senza fissa dimora, che un giorno finisce tra le grinfie del Dr. Barsinter, uno scienziato pazzo sempre alle prese con nuovi esperimenti genetici. Shoeshine riece a scappare, ma a causa di un incidente, si ritrova a possedere dei superpoteri che lo trasformano in Underdog. Come ogni supereroe che si rispetti, anche lui ha un meraviglioso costume e una difficile missione...
9.45 TELEFILM Il Mammo 10.15 FILM I ragazzi della mia vita 13.00 NOTIZIARIO TG5 Meteo 5 13.40 FILM Il fascino di Grace 15.30 ATTUALITÀ Verissimo - Tutti i colori della cronaca (ULTIMA PUNTATA) 18.50 GIOCO Chi vuol essere milionario 20.00 NOTIZIARIO TG5 Meteo 5 20.30 ATTUALITÀ Striscia la Notizia - La voce dell'improvvidenza 21.10 REALITY SHOW Italia's got talent 0.30 VARIETÀ Chiambretti Night & Day - Solo per numeri uno 1.30 NOTIZIARIO TG5 Meteo 5 Notte 2.00 ATTUALITÀ Striscia la Notizia - La voce dell'improvvidenza (REPLICA) 2.20 FILM La banda
/ Il momento di uccidere Canton, Mississippi.Tonya Hailey, una bambina di 10 anni, viene brutalmente violentata da due razzisti, James Louis Willard e Billy Ray Cobb. Più tardi, mentre il corpo straziato e in fin di vita della piccola viene trasportato d'urgenza in ospedale, i due si scolano birra al bar raccontando le proprie “eroiche” gesta. Carl, il padre di Tonya, vuole evitare che una simile ingiustizia si ripeta. L’uomo uccide i due assalitori...
Rete 4 21,30
Che tempo che fa
Ulisse: Il piacere della scoperta
Renato Zero è l’ospite d’eccezione di “Che tempo che fa”. Renato Zero, il cantautore più eccentrico, innovativo e provocatorio del panorama musicale italiano, parla del suo nuovo progetto, Sei Zero, triplo DVD pubblicato il 10 maggio in tiratura limitata e numerata. E poi Elvira Dones, scrittrice e documentarista albanese, dal 24 aprile è in libreria con “Piccola guerra perfetta”, quella combattuta in Kosovo.
Questa sera Alberto Angela accompagna gli spettatori in viaggio nel passato per raccontare com’è nata la Civiltà. Come si è passati dai cacciatori di mammut ai faraoni? La storia delle popolazioni che vissero 12.000 anni fa, alla fine della Preistoria, grazie alle quali si arriva all’invenzione dell’agricoltura.E’ proprio in quel periodo che l’uomo fa un’altra grande invenzione: l’arco, un’arma molto utile per cacciare.
Rai 3 20,10
Eurovision Song Contest Torna con Raffaella Carrà la grande musica de L’Eurovision Song Contest, la più importante manifestazione canora europea ospitata quest’anno a Düsseldorf, in Germania. In gara 43 Paesi, con altrettanti artisti selezionati. L’Italia torna all’Eurovision Song Contest, dopo 13 anni di assenza: a rappresentarla, Raphael Gualazzi, che con la sua “Follia d’amore”ha fatto incetta di premi all’ultimo Festival di Sanremo.
Rai 2 20,55
Rai 3 21,30
Sabato 21 maggio 2011
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SECONDO TEMPO
MONDO
WEB
BATTUTE E TORMENTONI IN RETE
di Federico Mello
Effetto Pisapia per Red Ronnie
è FB: LEGHISTA ABBRACCIATO A MUSSOLINI È CONSIGLIERE NEL COMUNE ANTI-IMPASTATO
Chi sono gli estremisti? Per l’ennesima volta un amministratore della Lega Nord viene beccato online a pubblicare contenuti fascisti. Nicola Locatelli, consigliere comunale con delega alle politiche giovanili e “ai rapporti con le Parrocchie” del Comune di Ponteranica (Bg) ha pubblicato su Facebook una foto abbracciato a Mussolini che ora rischia di costargli il posto. Ovviamente si tratta di fotomontaggio ma, sulla sua pagina, vengono ostentati anche le adesioni a gruppi come “Benito Mussolini” e “Duce”. Il comune in questione è lo stesso salito all’onore delle cronache per la decisione del sindaco di cancellare l’intitolazione della biblioteca a Peppino Impastato.
Led Zeppelin a la sciura Le- me premestruale”. Tanto il sucDRedaitizia il salto è stato breve. Ma cesso, che è nata anche un’apRonnie, ex Dj e dispensato- posita pagina Facebook: “È tutre di rock per le masse, è convinto che il futuro di Milano sia proprio la Moratti (di cui è amico e dal 2008 consulente per l’immagine video). In vista del ballottaggio Red è partito in quarta pubblicando materiale pro-Moratti sul suo account Facebook e accusando apertamente Pisapia: “Primo esempio del vento che sta cambiando a Milano: cancellato LiveMi. Dava spazio a gruppi e artisti emergenti che potevano esibirsi con brani propri. In compenso Pisapia sta pensando a un mega-concerto con Jovanotti, Ligabue e Irene Grandi”. Mal gliene incolse a Red: gli utenti si sono scatenati creando il tormentone “Effetto Pisapia” e invadendo la sua bacheca di messaggi sulle “colpe di Pisapia”: “La particella di sodio si è suicidata per solitudine... Pisapia colpevole!”; “Pisapia ti cambia nella forma e nel colore”; “È colpa di Pisapia se hai la sindro-
SCF=Cinema Family SCC=Cinema Comedy SCM=Cinema Max
17.45 Wild Target SCC 18.40 Jerry Maguire SC1 19.10 28 Giorni SCP 19.10 Dolf e la crociata dei SCF bambini 19.15 X-Men le Origini: Wolverine SCH 19.20 Inganni di sangue SCM 19.25 Amore a prima vista SCC 21.00 The Getaway SCM 21.00 Notorious SCP 21.00 La dura verità SCC 21.00 Prima tv La banda dei coccodrilli indaga SCF 21.10 Il nastro bianco SCH 21.10 Prima tv La vita segreta delle api SC1 22.40 Generazione 1000 Euro SCC 22.40 Un Indiano in città SCF 23.00 Triplo Inganno Wrong Number SCM 23.05 Lei è troppo per me SC1 23.10 Amabili resti SCP 23.40 Lezioni di piano SCH 0.15 Sinbad: La leggenda dei sette mari SCF 0.30 Evolution SCC
RADIO A “Radio2 Live” il concerto di Bario Biondi Radio2 propone in esclusiva lo straordinario concerto anteprima del nuovo tour di Mario Biondi. L’artista siciliano, voce caldissima e fantastica dalle mille sfumature soul e jazz, offre al suo pubblico un evento davvero speciale. Infatti, dopo il grande successo dell’album live “Yes You”, Mario Biondi torna dal vivo con un nuovo tour all’insegna dei grandi numeri: una Big Orchestra da 40 elementi, proprio come 40 sono i suoi anni. Uno spettacolo completamente nuovo con nuovi arrangiamenti che rispolverano la natura jazz di Mario, in cui protagoniste assolute saranno la musica e la sua inconfondibile voce, profonda, sensuale, eppure limpida e sicura, che da sempre “suona” come quella di un grande soul singer americano. Sul palco con Biondi, oltre alla Big Orchestra, anche la consolidata band composta da musicisti e solisti di primo piano, che hanno accompagnato Biondi anche nel recente Spazio Tempo Tour.
Radiodue 21,00
vera identità di Batman”; “Se vinco, vicesindaco sarà Strauss-Kahn”; “Se vinco, ci sarà una nuova serie di Lost”; “Se vinco raddoppio lo stipendio a Red Ronnie”; “Se vincerò il ballottaggio, istituirò un ‘Ministero per le accuse a Pisapia’”. In modo intelligente e con autoironia, lo staff del candidato di centrosinistra ha fatto sua questa campagna spontanea. E ieri proprio Pisapia ha pubblicato un sondaggio su Facebook: “Quale citazione vorreste sulle magliette della redazione web? Pisapia ha incastrato Roger Rabbit; Pisapia è il fumo nero di Lost. Pisapia ha ucciso Laura Palmer”. Vince la prima proposta e, sul web, ha già vinto lui. f.mello@ilfattoquotidiano.it
è ECCO, questi sono i discorsi che volevo sentire da molto tempo. In realtà Grillo e il m5s non hanno inventato niente, tutto ciò è lo spirito che stava dietro alla nostra costituzione e la linea con la quale si fa politica seria (o almeno ci si prova) all’estero. Karagul
è VEDRAI che se Moratti e De Magistris perdono tutti si addosseranno al movimento, che avrà voglia a negare la responsabilità! Paolo Cattaneo è ALIAS e tu devi metterti in testa che fino ad adesso c’è stata l’ombra del Pdl a dargli una mano !Nirananda108
Pisapia in versione “Hannibal Lecter”; “aggressore di Belpietro” e ladro di auto. Sotto, il fotomontaggio del consigliere leghista (dal blog di Daniele Sensi)
è NON È VERO che tutti i politici sono uguali, Pisapia e De Magistris sono dei galatuomini i loro avversari tutt’altro, questo per me si chiama qualunquismo e con questo non si va da nessuna parte, credete di essere i soli detentori della verità ma questo lo pensavano anche Hitler e Stalin. Begbie65 è SPIEGAMI con che logica Calise ha preso circa 20.000 voti e il nano 27.000? E come la rapporteresti a quello che spende e si intasca uno e l’altro? Sinceramente da chi ti senti rappresentato? Nirananda108
SP1=Sport 1 SP2=Sport 2 SP3=Sport 3
17.55 Rugby, Heineken Cup 2010/2011 Finale Northampton Saints - Leinster (Diretta) SP2 17.55 Calcio, Liga 2010/2011 38a giornata Malaga - BarcelloSP1 na (Diretta) 18.00 Automobilismo, IndyCar SP3 2011 San Paolo (Replica) 19.30 Hockey ghiaccio, NHL 2010/2011 Playoff - Finale di Conference, Gara 4 Tampa Bay Lightning - Boston Bruins (Diretta) SP3 19.55 Calcio, Liga 2010/2011 38a giornata Real Madrid SP1 Almeria (Diretta) 20.25 Basket, Serie A maschile 2010/2011 Playoff - Quarti di finale, Gara 2 Air Avellino Benetton Treviso (Diretta) SP2 21.55 Calcio, Liga 2010/2011 38a giornata Deportivo La Coruna - Valencia (Diretta) SP1 23.00 Rugby, Heineken Cup 2010/2011 Finale Northampton Saints - Leinster Rugby (Replica) SP3
Commenti all’intervista su ilFattoQuotidiano.it: “Beppe Grillo: “Adesso dobbiamo trovarci un’identità politica” di Ferruccio Sansa
è GRILLO si deve mettere in testa che i partiti non sono tutti uguali e che se non appoggia Pisapia e De Magistris darà una mano ai alla destra a malgovernare, ancora il paese. Alias
LO SPORT
I FILM SC1= Cinema 1 SCH=Cinema Hits SCP=Cinema Passion
ta colpa di Pisapia” che ha raccolto in poche ore oltre 10 mila fan. Anche qui gli utenti si esercitano in accuse assurde: “Le fette biscottate cadono per terra dalla parte della marmellata per colpa di Pisapia!”; “Pisapia non esiste, è un’invenzione dei comunisti”; “Per colpa di Pisapia finalmente Carlo Conti inviterà anche Red Ronnie a ‘I migliori anni’... prima nessuno si ricordava chi fosse”; “‘In prigione senza passare dal via’ lo ha inventato Pisapia”. Anche su Twitter non è mancato il tormentone: #morattipromises (che segue #morattiquotes) era il tag più caldo ieri sul social network. Il giochino è uguale, anche se questa volta protagoniste sono le promesse della Moratti: “Se vinco io, costruiamo la Morte Nera”; “Comunque vada sarò ricordata come il miglior sindaco di Gotham City!”; “Se vinco offro coca cola con l’aspirina a tutti”; “Se vinco vi rivelo la
feedback$
è INFATTI Calise, candidato sindaco a Milano per M5S, non ha nemmeno potuto votare perché non ha la residenza nel Comune per il quale si è candidato e che avrebbe voluto guidare (sic!). A proposito di coerenza con i propositi espressi dal guitto miliardario, cominciamo bene. GiorgioIV
IL CAPO DI AL QAEDA? È UMBERTO ECO
LO SVARIONE DELLA PADANIA
Chi ha preso le redini di al Qaeda dopo la morte di Bin Laden? La Padania, quotidiano della Lega Nord, lo spiega in un pezzo uscito giovedì: Saif al-Adel e al Ayman al-Zawahiri. Ma, ad accompagnare il pezzo, al posto di una foto del terrorista è è 140 PROGETTI SU INTERNET stato pubblicato PRESENTATI DALLA COMMISSIONE EUROPEA un fotomontaggio con “Il mio motto è: far entrare in rete tutti i la faccia di Umberto cittadini europei entro il 2013”. È la Eco (con tanto di promessa fatta su Twitter da Neelie Kroes, è NUOVA INTRUSIONE A SONY turbante). A Internet commissaria Ue responsabile per l’Agenda DOPO IL FURTO DI DATI AL PSN la “svista” dei Digitale. Anche in questo senso sono stati Non c’è pace per Sony. Una pasionari “anti-Islam” presentati ieri 140 progetti dedicati alla Rete nuova intrusione informatica è non è sfuggita. su cui la Commissione europea punta per stata registrata dal gruppo rafforzare le infrastrutture tecnologiche e nipponico: un accesso illecito ai aumentare la competitività europea. Se ne è server di una controllata parlato a Budapest dove si è svolta la giapponese ha causato il furto dei punti omaggio di un “Settimana dell’Internet del futuro” centinaio di clienti, mentre il colosso dell’elettronica organizzata dalla Commissione. I progetti di cerca di superare la débâcle della gigantesca perdita ricerca rientrano nell’ambito Fia (Future di dati personali del servizio Playstation Network. Il Internet Assembly) e uniscono business, nuovo incidente è avvenuto tra il 16 e il 17 maggio ai tecnologia e sviluppo europeo. Uno dei danni del provider Internet So-net, che conta in progetto di ricerca è Sensei: crea nuovi Giappone oltre quattro milioni di abbonati. L’azienda luoghi intelligenti per far incontrare il mondo ha immediatamente sospeso il programma punti e digitale e quello reale. Per esempio, con invitato i clienti a cambiare le password di accesso, Sensei, il cittadino che è alla ricerca di un ma le conseguenze d’immagine, ancora una volta, autobus potrà essere avvisato tramite sono disastrose. sensori wireless, connessi a Internet, posizionati sui bus che sono nelle vicinanze. Tra i Paesi che hanno portato avanti il progetto Sensei c’è anche l’Italia.
è POR QUÈ todo el mundo habla a Beppe Grillo como si fuera el gran jefe? lo bueno del movimiento 15-M es que es espontaneo y no tiene lìderes. Seguid asì, y si quereis llevar la protesta a Italia hablad con los italianos, no con Grillo. Gasko è COME faranno i grillini a governare da soli??????????? Come faranno da soli a far valere le loro proposte???? Sandrofuturo è VAI A seguire il “lavoro” di Favia e & nella Regione Emilia-Romagna e capirai che non sta governando da solo ma sta facendo da solo assai di più degli altri che stanno governando!!! Buffo vero? ahahaha Nirananda108 è MI DICI una sola cosa che hanno fatto? Hanno solo detto che si fanno pagare solo 2500 euro e invece si fanno pagare come gli altri… se poi devolvono una parte del loro stipendio al MoV well è la stessa cosa che tutti quelli di sinistra fanno da 60 anni. CaneVagabondo
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SECONDO TEMPO
PIAZZA GRANDE Fassino, attenzione alla Lega di Diego Novelli
a personalità di Piero Fassino a livello nazionale ha spinto il neosindaco di Torino, nella sua prima conferenza stampa, ad aprire alla Lega, non certamente per la Sala Rossa ma per far sapere a Bossi che senza il centrosinistra se lo scorda il federalismo. L'ex segretario dei Ds fa sapere che farà di tutto affinché si apra un rapporto dal suo partito e gli inventori della Padania, chiedendo loro di mettere in discussione l'alleanza con Berlusconi e di rivedere l'approccio che la Lega ha, dal punto di vista politico e ideale, sull'immigrazione. Che Umberto Bossi possa rivedere l'abbraccio con il Cavaliere non costituirebbe una novità, visto che proprio lui mise in crisi il primo governo del Berlusca, accusando l'allora leader di Forza Italia di essere un mafioso, scaricandogli addosso le peggiori improperie.
L
non esprimere, è la barbarica cultura che la Lega va predicando fin dalla sua nascita, infarcita di razzismo e xenofobia, impregnata di egoismo e di disumanità non soltanto nei confronti degli immigrati stranieri, ma di tutti gli italiani che vivono a di sotto della linea del Po. NELLO STATUTO della Lega permane tuttora la ragione costitutiva di questo movimento: la secessione. Lanciare proposte di ipotetiche alleanze con la Lega non solo è diseducativo per quei giovani che ancora hanno un concetto alto della politica, ma incentiva l'opinione tanto diffusa che in po-
litica siano tutti uguali. Il Partito democratico, senza presunzione e moralismi, dovrebbe avere a nostro parere una funzione culturale e pedagogica nella società italiana per far crescere la coscienza democratica dei cittadini di questa Repubblica: dalle Alpi alla Sicilia, compresa la Padania che è un'invenzione di Bossi.
Piero Fassino (FOTO ANSA)
Addio a Morrione, cronista innamorato delle notizie di Beppe Giulietti (*)
IL SENATÙR è noto a tutti, non è un raffinato della politica. Per essere più vicino “al suo popolo” non disdegna il turpiloquio, la volgarità, il cinismo. E il suo attaccamento al potere, cioè alle poltrone, lo ha dimostrato a Roma (non più ladrona) e nel Nord, dove ha il maggior seguito elettorale, arraffando posti nelle aziende e nelle società partecipate nei Comuni, nelle banche, in tutte le istituzioni pubbliche e, senza esitazioni, nella tanto deprecata “Casta”. Il federalismo di Roberto Calderoli, col quale Bossi, da buon imbonitore un po' grossolano, ha fatto credere agli sprovveduti di essere l'unico in grado di cambiare l'Italia, è una gigantesca bufala che a conti fatti peggiorerà, da un punto di vista finanziario, la salute degli Enti locali. Ma ciò che più conta, nel giudizio negativo che ogni persona civile non può
ome è andata l'iniziativa per l'apertura dello sportello a tutela dei giornalisti minacciati dalle mafie? Come andranno le prossime elezioni? Avete parlato con i ragazzi di Libera Informazione? Non lasciateli soli, fatemi sapere, e mi raccomando coraggio...”, con queste parole ci aveva salutato Roberto Morrione, detto Bob, quando, appena pochi giorni fa, eravamo andati a trovarlo in ospedale con Roberto Natale e Franco Siddi, il presidente e il segretario della Federazione della stampa, il suo sindacato. Lo avevamo trovato stremato dalla lunga battaglia condotta contro il devastante tumore che aveva contrastato per anni, con la stessa determinazione e con la stessa grinta che avevano animato tutta la sua vita professionale, politica, civile. Per l'ennesima volta, persino in questa ultima occasione, respirando a fatica, era stato lui a farci coraggio, a trasmetterci quella carica che non gli era mai mancata, tanto che veniva scherzosamente soprannominato "Il Samurai", a significarne la forza interiore, ma anche la sua laica fede nell'etica della responsabilità e dell'impegno civile. Roberto era un capoccione, un testardo, uno di quelli che non rinunciavano mai alle sue convinzioni profonde, che non era disposto a compromessi quando si trattava di difendere una dignità lesa. Eppure Morrione era un uomo
“C
Salgari, viltà e memoria di Alessandro Schwed
l 25 aprile sono cominciati i grandi festeggiamenti per un secolo dallo sventramento industriale di Salgari. I promotori non sono un gruppo di satanisti. E’ l’editoria assatanata. Il 25 aprile 1911 non è la data di nascita del più grande scrittore italiano di pirati, ma la data di un omicidio editoriale, passato per suicidio. Salgari si aprì il ventre con il rasoio e lasciò questo biglietto: “Ai miei editori: a voi che vi siete arricchiti con la mia pelle mantenendo me e la mia famiglia in una con-
I
Il neosindaco di Torino apre al Carroccio: è diseducativo per quei giovani che ancora hanno un concetto alto della politica e incentiva l’opinione tanto diffusa del “sono tutti uguali”
tinua semi-miseria od anche più, chiedo solo che per compenso dei guadagni che io vi ho dato pensiate ai miei funerali. Vi saluto spezzando la penna Emilio Salgari”. IL 25 APRILE 1911 non è l’epilogo di una vecchiaia, è il tracollo sulla punta di un rasoio. Eppure si sono messi in testa di ricordare il Corsaro Nero e Sandokan con il suicidio dell’autore, come se a essere pieni di debiti fossero i pirati della Malesia. Così i filologi, gli esegeti, gli italianisti si riuniscono sotto la cupola del suicidio e fanno finta di parlare delle opere. Sono
di parte, cresciuto nel Pci di Enrico Berlinguer, fiero della sua identità, ma proprio per questo, e non nonostante questo, aperto ad ogni novità, rispettoso delle identità altrui, capace di ascoltare i più lontani e di intrecciare amicizie indistruttibili anche con chi non condivideva le sue convinzioni; anche per questo Veltroni, amico di sempre, lo aveva voluto come coordinatore della campagna elettorale del 1996. Era tra quelli che credeva che a un cronista, perché Morrione è stato un cronista di razza, spettasse il compito di cercare la notizia, anzi di "cacciare la notizia", di verificarla e poi di darla, a costo di scontentare amici e compagni. La storia di Morrione non è legata solo alla Rai, perché quando andò in pensione, e alcuni si dimenticarono persino di salutarlo, decise di mettersi a disposizione di Don Ciotti e di Libera e realizzarono Libera informazione, una straordinaria redazione di ragazze e di ragazzi che è diventata il punto di riferimento per chi si batte contro le mafie. Noi Morrione lo vogliamo ricordare così e lunedì, nella sala della Provincia di Roma, alle 14, quando lo ricorderemo, proporremo di dedicargli una iniziativa legata al giornalismo d'inchiesta, una borsa di studio dedicata ai giovani cronisti che vogliono onorare i fatti e raccontarli. Un abbraccio alle figlie Gaia e Irene, e a Mara, la sua coraggiosa compagna che ha davvero condiviso, sino all'ultimo istante, le battaglie private e pubbliche di Bob. (*) portavoce di Articolo21
L’editoria “assatanata” ricorda l’anniversario del suicidio dello scrittore: nessuno si occupò di lui, di Luigi Tenco o di Noschese quando erano vivi, poi tutti pronti a celebrare tutti lì che si guardano di sottecchi e sussurrano: grande autore, si è suicidato. E le rasoiate arrivano di nuovo. Poi su tutto il sangue passa la saponata della cronaca culturale. Del resto, gli artisti sono irregolari, garibaldini della cultura: vivono repentini e sulla vita irregolare c’è distrazio-
ne. Nessuno che si occupasse di Salgari, di Luigi Tenco o di Noschese quando erano vivi, e dopo tutti a occuparsi di Salgari e di Tenco. Di Noschese no. Coi libri e i dischi si può ancora raschiare il barile, con le imitazioni in bianco e nero non si batte un chiodo. Ora il centenario salgariano è lanciato in una nebbiosa indeterminatezza, tra sapone e vita maledetta. Si riuniscono in una piazza e scoprono il monumento a Emilio. Tirano giù il lenzuolo e c’è un rasoio. Alla fine è una curiosa sintesi: Emilio Salgari si è suicidato, che vuoi, era un grande scrittore. Peccato,
Battibecco
É
di Massimo Fini
TRUFFA DEMOCRATICA M
e lo aspettavo. Me lo aspettavo che le rivolte maghrebine si sarebbero estese ai Paesi democratici del Mediterraneo. Ha cominciato la Spagna. Decine di migliaia di giovani che si definiscono 'indignados' occupano da giorni Puerta del Sol a Madrid, l'ombelico della vita e del potere spagnolo (che ha lo stesso significato simbolico di piazza Tahrir del Cairo) le piazze di Barcellona, di Siviglia, di Granada e di decine di altre città iberiche. Gli 'indignados' si sono autoconvocati, come in Tunisia, come in Egitto, attraverso Internet, Twitter, Facebook. Ma la similitudine non si ferma a queste somiglianze formali. I contenuti sono gli stessi. In Tunisia il detonatore della rivolta fu la tragedia di un giovane ingegnere che, costretto a fare l'ambulante, si diede fuoco quando gli fu sequestrata la sua misera bancarella. Anche in Spagna, come del resto in Italia, esiste una disoccupazione intellettuale giovanile altissima. Sono gli effetti combinati della modernizzazione e della globalizzazione che è, in estrema sintesi, una spietata gara fra Stati, per rimanere competitivi, per restare sul mercato, che ha strangolato prima i Paesi del Terzo mondo poi Paesi più strutturati, come la Tunisia, l'Egitto, l'Algeria e ora lambisce le coste del Mediterraneo occidentale, la Grecia, il Portogallo, la Spagna e, nonostante tutte le rassicurazioni in contrario, anche l'Italia. La competizione globale esige dalle popolazioni più lavoro, salari ridotti al minimo, mestieri precari o semplicemente mancanza di lavoro oltre che di un futuro. "In questo caso però – scrive il Corriere – il tiranno da combattere non ha un volto né un nome". Invece un volto e un nome ce l'ha: si chiama democrazia rappresentativa. Sotto la spinta del collasso economico globale i giovani e i meno giovani, stanno finalmente scoprendo quello che a me è parso chiaro da anni (“Sudditi. Manifesto contro la democrazia”, 2002) e cioè che la democrazia rappresentativa non è la democrazia, ma una truffa ben congegnata (e infatti gli 'indignados' invocano 'Democracia real va': democrazia vera, ora). La democrazia rappresentativa è un sistema di minoranze organizzate, di oligarchie, politiche ed economiche, che escludono il cittadino che non ne fa parte da ogni momento decisionale ingannandolo col rito elettorale. E infatti la contestazione degli 'indignados' è contro i partiti, contro le banche, contro il sistema elettorale. Gli 'indignados' sono degli anti-sistema, che non contestano questa o quella forza politica ma, più o meno consciamente, l'intero modello di sviluppo occidentale che ha ormai occupato tutto il mondo e ha ridotto il cittadino, l'essere umano, all'inesistenza di cui ora sembra rendersi finalmente conto. Chissà se gli 'indignados' arriveranno anche in Italia. O se, slombati come siamo, ci accontenteremo della vittoria di Pisapia sulla Moratti, del trionfo di un ex magistrato come De Magistris sul Pd o del fatto che Berlusconi dovrà alla fine sgombrare il campo. Che sono tutti dettagli che, chiunque comandi, cambiano forse l'estetica ma non la polpa del sistema.
sarebbe bastato parlare di romanzi. Ma le pompe funebri piemontesi volevano che i lettori si tuffassero come delfini ammaestrati nella mitologia della miseria. Stupidi. La miseria è ingovernabile, molto peggiore della cronometrica povertà. La povertà è svizzera, la miseria è lappone. Congela, poi bisogna amputare. I manager della cultura pensavano di metterci al buco della serratura e farci guardare il corpo di Salgari messo di traverso ai debiti. E LA VERA jungla nera dello scrittore: tre romanzi l’anno da consegnare senza il tempo di rileggere, glieli strappano di mano e lui piange. Tre ore di sonno a notte e non paga alla moglie nemmeno la retta del manicomio. Ma il piatto forte sono i contratti suicidi con gli editori e il successo editoriale inutile: qui c’è tutto un servizio di rasoi che spolpa Salgari co-
me un florido manzo di scrittore appeso al gancio dell’editoria. Le nuove rasoiate lo rendono un’irriconoscibile, gigantesca salsiccia. E a proposito di pulp, la fiaba salgariana della nostra infanzia si è trasfigurata: niente più lacrime per l’isola di Mompracem che salta in aria. Adesso che hanno scoperchiato la tomba, e una vita che è stata una tomba, il marsala a garganella, cento sigarette al giorno, la moglie al manicomio, la figlia con la tisi, il rasoio infilato nella pancia, e i figli suicidi anche loro, su Salgari tira aria di Avetrana. Il prossimo sceneggiato non sarà sui pirati della Malesia, ma un solido pulp sui pirati dell’editoria. Stavolta, col centenario è andata malino, ma il mercato non si scoraggi: il 26 agosto 2050 c’è la possibilità di festeggiare il centenario di un altro suicidio (Cesare Pavese).
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SECONDO TEMPO
MAIL Problemi di congiuntivi
Furio Colombo
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Non c’è solo il “se avrebbe fatto” di Lettieri, ma anche “se al comune di Napoli otterrebbe gli stessi risultati”. Autore di tale frase è nientepopodimeno che... Cicchitto mentre attacca De Magistris nell’ultima puntata di Ballarò.
BOX A DOMANDA RISPONDO IL CASO STRAUSS-KAHN
aro Colombo, ma non è esagerato quello che sta succedendo all’ex presidente del Fondo Monetario Internazionale Strauss-Kahn? Non sto parlando di reato, che mi sembra odioso, e di pena, che sarà adeguata. Sto parlando di televisioni e giornali e del processo prima del processo. Mi sembra che il principio sacrosanto sia “la legge è uguale per tutti”, non impiccare subito e poi discutere. Cristina
C
Un lettore
La nuova impostazione di Bossi Bossi ha detto che a Milano la destra ha perso il primo tempo per una campagna elettorale sbagliata, dai toni troppo accesi. Vuole quindi vincere la partita, anzi è sicuro di vincerla, ricorrendo a metodi molto più delicati ed idonei alla situazione. E infatti, in omaggio a questa nuova impostazione, ha definito Pisapia “un matto” che “vuole trasformare Milano in una zingaropoli”. Bossi è un vero signore, non come la Moratti che aveva definito il suo contendente ladro e contiguo al terrorismo. Era ora, sentivamo veramente la necessità di una maggiore pacatezza. E di una compostezza che solo la Lega ed il suo guru potevano regalarci. Grazie Ministro, continui così, vedrà che al ballottaggio raccoglierà a piene mani i frutti di questa sua nobile conversione. E spero che il nostro Parlamento, mai così autorevole e rappresentativo come adesso, consideri seriamente l’opportunità di poterLa avere, un giorno, come Presidente della nostra gloriosa Repubblica, quella Repubblica a Lei così cara e che, unitamente ai Suoi amici, non perde occasione di onorare con il Suo esempio e le Sue sagge parole.
CI SONO ormai due versioni di questa tremenda storia. Una è quella americana, spietatamente legata ai fatti. Proprio perché potente, la parola della vittima è più importante del presunto colpevole. La seconda versione è quella francese. Non proprio quella del complotto, come spesso si dice, ma della diffidenza. Trattano così Strauss-Kahn perché è francese. Se poi è colpevole si vedrà. Temo che ci sarà presto una terza versione, tutta italiana. Vi si potrà arrivare (ovvero vi arriveranno certi solerti addetti ai lavori) solo se nella vicenda americana del potente che aggredisce e stupra la cameriera, vi sarà qualche svolta anche modesta a favore dell’uomo attualmente imputato. Sarà il momento di far notare quali guasti e quali ingiustizie può provocare il furore mediatico come quello che, ogni volta, viene dedicato a... Lascio al lettore di scrivere il nome del personaggio locale spesso accusato in questo Paese, anche per fatti gravi come la prostituzione minorile, e sempre tenuto al riparo da grandinate come quella che ha colpito il potente uomo di Stato francese. So però che prima o poi qualche serio editorialista di qualche serio giornale “al di sopra delle parti” ci arriverà e ci ammonirà a non accusare prima del tempo (che in questo Paese non è mai quello giusto). La domanda è se c’è una posizione giusta o almeno più equilibrata di quella che sta svolgendosi nei media americani. Provo a dirlo così: 1) La denuncia del reato fa scattare Polizia e giudice con tutta la rapidità e la forza di cui dispongono perché ciò che è accaduto si configura come violazione grave di un diritto civile e questo fatto si sovrappone alla norma penale comunque violata. È un concetto unicamente
americano introdotto dal Civil Rights Bill (1962). Alcuni in Italia (io sono nel gruppo) sostengono che non si può avere uno Stato federale, ovvero con vasti poteri demandati a sindaci e presidenti di Regione, senza una garanzia federale a tutela dei diritti di ciascun cittadino, ovvero una legge che tutela sui diritti civili. 2) Il presunto colpevole è un uomo molto potente, con legami di altissimo livello nazionale e internazionale. Ciò fa scattare un allarme in più per polizia e magistratura americane: colpire subito, anche con eccesso di visibilità e di forza, per eliminare ogni illusione o sospetto o paura della particolare posizione di dominio della persona. La modalità è rozza, e anche con qualche eccesso teatrale, ma il messaggio deve essere chiaro e tempestivo: abbassare il colpevole dal livello della sua posizione a quello del suo reato. È un modo duro ma efficace per dire: tutti sono uguali di fronte alla legge. 3) Conoscendo il sistema giuridico americano, si può dire con certezza che non è stato fatto niente di speciale (ovvero di specialmente odioso o intenzionalmente cattivo) contro Il direttore del Fondo Monetario Internazionale. Ma niente gli è stato risparmiato per principio (la legge è uguale per tutti) e anche con l’intenzione pedagogica di far sapere in giro che nella giustizia americana non ci sono privilegi. L’intento pedagogico è frequente e tipico nella vita pubblica americana, e questo spiega le dimissioni immediate in caso di sospetto. Non si tratta di norme, si tratta di rispetto per l’opinione pubblica, che viene considerato un obbligo per chiunque abbia visibilità e vita pubblica, dall’ignoto funzionario al più celebre senatore. 4) C’è un pregiudizio antifrancese o antistraniero, ovvero Strauss-Kahn è più sospetto perché non è americano? Se sì, come è improbabile ma possibile, gli ottimi avvocati del presente, illustre imputato straniero ne beneficeranno a mano a mano che la vicenda giudiziaria si svolge. Infatti (se fosse vero e dimostrabile) incasseranno un diritto che si trasformerà gradatamente in un beneficio forse grande nella decisione finale. Furio Colombo - Il Fatto Quotidiano 00193 Roma, via Valadier n. 42 lettere@ilfattoquotidiano.it
Enzo Chinè
Il centrosinistra e i moderati Ricompaiono i manifesti urlanti paura. Se voti Pisapia Milano sarà invasa da moschee, da immigrati e zingari, i centri
sociali semineranno violenza, la droga scorrerà a fiumi (come se al tempo della Moratti non fosse già un problema). Moderati/progressisti un ossimoro che non è più proce-
LA VIGNETTA
dimento retorico ma comportamento reale; un paradosso in contrasto con l’opinione che ha un comune elettore di buon senso. Si dicono moderati coloro che tappezzano Milano con i manifesti che innescano paura e desolazione; il partito dell’amore ha al suo interno persone che scaricano sul contendente politico: livore, dileggio, offese, menzogne. Nessun progetto di coesione sociale, non un progetto di rilancio per i bisogni della cittadinanza, non un’idea contro l’inquinamento a favore dell’ambiente e della salute dei cittadini. Basta di essere trattati da parìa! Le nostre idee (veramente moderate!) ci derivano da Gramsci, Calamandrei, Pertini, Bobbio e da una borghesia illuminata che non lasciava indietro nessuno. A Napoli “la monnezza” è servita alla campagna elettorale; a fasi alterne a seconda che dovesse dimostrare l’efficienza del Presidente del Consiglio o l’inefficienza del sindaco Iervolino. Sui progetti socio/culturali,
ambientali, sanitari, occupazionali - nulla! Ci dicono coglioni, matti, sporchi, brutti. Siamo nelle condizioni ideali per tirarci su con orgoglio e determinazione.
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Iole Pozzi
Il movimento 5 stelle e la riforma del sistema In risposta all’articolo di Flores d’Arcais avente come titolo “Caro Grillo, non siamo tutti eguali”, voglio sottolineare che il problema non sono le persone ma il sistema politico soggiogato ai partiti e ai rimborsi elettorali. Infatti obiettivo primario del Movimento 5 Stelle è quello di riformare il modo di fare politica eliminando i rimborsi elettorali, tagliando stipendi e pensioni ai parlamentari e via dicendo. La politica per noi va intesa come servizio civile (un paio di legislature) e poi a casa a tornare a fare il proprio lavoro, una politica volontariato portata avanti da persone incensurate e senza tessere, al reale servizio dei cittadini.
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IL FATTO di ieri21 maggio 1973 “Le parole sono ancelle d’una Circe bagasciona e tramutano in bestia chi si lascia affascinare dal loro tintinnìo”. Così parlò Carlo Emilio Gadda e forse, già in questa citazione criptica e tranchant, c’è il senso della sua sfida ai comuni registri e alla povertà del linguaggio dominante, della sua trasgressiva inventività stilistica, ingarbugliata come una caotica nebulosa, barocca e musicale anche quando intrisa di dialetto, soprattutto quello lombardo, l’unico a produrgli una “gioia fonica assoluta”. Stravagante e vulcanico, rivoluzionario e conservatore, Gadda è caso letterario che divide ancora. Venerato autore del “Pasticcio” e lui stesso “pastiche”, come dirà di sé, compiaciuto dei suoi acrobatici virtuosismi lessicali e di un certo sadismo verbale, infallibile nel contemplare gli eventi minimi, nel rappresentare frammenti di esistenze, nel cogliere condizione fisica e metafisica dei suoi personaggi. Affascinato dall’intrico delle cose, ma anche carico di sguardi molli di malinconia, come nella “Cognizione del dolore” o nell’“Adalgisa”, tenero affresco sulla Milano scomparsa degli anni Dieci. Un solitario, morto in volontario esilio in una modesta casa della periferia romana il 21 maggio ‘73. Giovanna Gabrielli
Nel mio piccolo ho potuto constatare che non è poi così difficile capire ciò che serve alla comunità da ciò che è inutile o addirittura dannoso. La frustrazione nasce dal fatto che la vecchia politica non considera le nostre istanze o attacca Beppe Grillo come se fosse solo lui il Movimento 5 Stelle. Ma Beppe in poche parole sintetizza quello che noi approfondiamo sul territorio: strategia rifiuti zero, risparmio energetico, acqua pubblica. Paolo Lovera (uno dei tanti attivisti del Movimento 5 Stelle)
Diritto di Replica In riferimento al recente articolo da voi pubblicato in data 12 maggio 2011 “Vuoi lavorare all’ALER: racconta i tuoi gusti sessuali” che ha avuto per oggetto l’utilizzo del test ‘Cognitive Behavioural Assessment - Batteria CBA-2.0 Scale Primarie’ nella “selezione di direttore tecnico” desideriamo precisare alcuni aspetti, in qualità di autori del test suddetto. 1) Non è esatto dire che tale test sia ‘un test psicoattitudinale’ (tantomeno “che violi la legge contro la discriminazione sui luoghi di lavoro”); CBA-2.0 è un test psicologico di tipo clinico ideato e diffusamente utilizzato dal 1985 per aiutare lo psichiatra o lo psicologo clinico ad avere una valutazione ‘ad ampio spettro’ di aspetti di vita della persona che si rivolge loro per cure. 2) E’ falso affermare che tale test “misura in modo superficiale la depressione e l’ansia”; come indica il nome completo, si tratta di ‘Scale primarie’ che aiutano a scegliere ‘Scale secondarie’ di successivo approfon-
dimento. Si tratta dunque di livelli temporali e gerarchici di analisi, non di livelli più o meno ‘superficiali’. La misura della depressione e dell’ansia avviene approfonditamente e secondo i più elevati standard internazionali. 3) Nonostante il nome inglese, CBA-2.0 è in massima parte frutto di ricerca italiana, vanta una documentazione scientifica di primo ordine ed oltre un centinaio di articoli e contributi scientifici in Italia ed all’estero ed è tra i test più utilizzati nell’ambito clinico, nell’ambito forense e nella ricerca. Al di fuori di dette indicazioni e della relativa letteratura scientifica, non è giusto imputare al test responsabilità per impieghi non previsti. Giorgio Bertolotti, Paolo Michielin, Ezio Sanavio, Giulio Vidotto e AnnaMaria Zotti, autori del test
Grazie delle precisazioni, ma l’articolo metteva in discussione l’utilizzo del test nella selezione del personale, non in campo clinico. E ovviamente l’eventuale illegalità prospettata dal consigliere dell’Aler che ha denunciato l'episodio - è relativa a questo aspetto, non al test in se stesso. Il giudizio di superficialità non è nostro, ma di una psicologa intervistata. Infine, il fatto che il Cba 2.0 non sia un test psicoattitudinale e che gli autori stessi parlino di “impieghi non previsti” rafforza la tesi dell’articolo e di chi ha voluto sollevare il caso. (m.p.)
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