In Rai tutti contro Minzolini: la Lei, Mazza e perfino Garimberti. “Il Tg1 affonda”. Lo scoprono solo ora. Il vento è proprio cambiatoy(7HC0D7*KSTKKQ(
+=!"!/!=!%
www.ilfattoquotidiano.it
€ 1,20 – Arretrati: € 2,00 Spedizione abb. postale D.L. 353/03 (conv.in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 comma 1 Roma Aut. 114/2009
Mercoledì 13 luglio 2011 – Anno 3 – n° 165 Redazione: via Valadier n° 42 – 00193 Roma tel. +39 06 32818.1 – fax +39 06 32818.230
GUARDIA DI FINANZA SOFFIATE E INTRIGHI A Mediolanum venivano avvertiti delle ispezioni, dice un ufficiale delle Fiamme gialle ai pm. Tremonti pedinato, nuove rivelazioni Inchiesta P4: nel computer di Bisignani trovato anche un programma con cui il faccendiere intercettava. Papa, Lillo e Massari pag. 2 e 3 z l’affare del nucleare e le crociere
Udi Antonella Mascali SPIATE, ALL’ASTA L’ARCHIVIO SEGRETO “Archivio video-fotografico ricco di serVblicatiendesi vizi paparazzati (e posati) pubblicati e mai pubdi personaggi dello spettacolo italiano e delIl giudice Mesiano pedinato dalle telecamere di Canale5 (FOTO ANSA)
la politica, nazionale e internazionale, della società Spyone group srl”. pag. 9 z
BORSE NELLA BUFERA x A Milano si teme il disastro, poi i titoli chiudono con il segno più
TREGUA, MA I MERCATI CHIEDONO LACRIME E SANGUE Udi Marco Onado Qualcuno comincia a comprare debito italiano NON PRENDETEVELA Riappare Berlusconi: CON LA SPECULAZIONE “Momento difficile, è un genio del male dietro le tempeste finanserve unità”. L’opposizione ziarie che si abbattono da mesi sull’Europa pag. 4 z incontra Tremonti pag. 4, 5 e 6 z e da alcuni giorni sull’Italia?
C’
Salvi per un soffio: ieri sui mercati si è temuto il disastro ( FOTO ANSA)
Biotestamento incivile
La Camera decide chi può morire
Afghanistan
Un’altra mina 40° soldato ucciso
npareri a confronto Deve l’opposizione soccorrere per il bene del Paese un governo incapace? Zanca pag. 7z
Eluana Englaro
di Caterina Perniconi
di Barbara Schiavulli
Camera approva la legge sul Lni diabiotestamento. Dopo 782 giordiscussione, più della metà
Marchini era del GeRforcoberto nio della Folgore, l’unica task e in grado di “pescare” le mi-
dei deputati hanno stabilito come si deve morire. O meglio, come “non si può morire”. pag. 8 z
ne e bonificare le zone. Lutto pure per il presidente Karzai, assassinato suo fratello. pag. 13 z
Roberto Marchini
CATTIVERIE
Senza la Tav perderemmo gli aiuti dell’Unione europea: 672 milioni di euro in lacrimogeni (Marco Vicari)
I ladri della Patria di Marco Travaglio
I
n questi giorni di angoscia per i bollettini di guerra di Piazza Affari, non c’è nulla di meglio, per tirarsi un po’ su di morale, che la lettura dei giornali. I bollettini di Mediaset, Il Giornale e Libero, hanno le idee chiare sul vero motivo delle turbolenze di Borsa: non la crescita zero del Paese e la credibilità zero del governo, ma la sentenza Mondadori e, dietro, la solita terribile sinistra che riesce addirittura a pilotare “gli speculatori per mandare a casa il premier”. Le vecchie volpi rosse hanno colpito ancora: una ne fanno e cento ne pensano. Non per nulla, grazie a loro, ci siamo ciucciati 50 anni di Democrazia cristiana e 17 di Berlusconi. Il meglio, però, sono le soluzioni miracolose che dovrebbero prodigiosamente salvarci dal default (ma la maggioranza non era “solida e coesa”? ma i conti pubblici non erano “in ordine”? ma la manovra non era “severa ma equa”?): l’immancabile “dialogo” tra governo e opposizione auspicato dall’ermo Colle e lubrificato dal solito Letta. Il quale – scrive il sempre urticante Verderami sul Corriere – “rientra in gioco” come “ufficiale di collegamento per Palazzo Chigi nelle relazioni con il Colle e con le forze di opposizione”, insomma “si riappropria della cabina di regia politica di Palazzo Chigi”, mentre Tremonti è out per le “vicende giudiziarie”. Invece, com’è noto, Letta con le vicende giudiziarie non c’entra: i fondi neri Iri li incassava Pulcinella, le tangenti Fininvest ai politici le portava la cicogna, Bertolaso e la cricca riferivano alla befana, Bisignani sussurrava all’orecchio di mia zia. L’idea che nelle alte sfere si conti di scongiurare la tempesta finanziaria aumentando le dosi di saliva e vaselina di Letta-Letta, la dice lunga su come siamo ridotti. Lo sanno anche i bambini che il crollo dei titoli di Stato, anche se frutto di diaboliche manovre speculative, non dipende tanto dai fatti e da numeri, quanto da fattori psicologici come l’affidabilità e la reputazione di chi dovrebbe risanare i conti. Un Paese derubato per 70 miliardi l’anno dalla corruzione, per 130 dall’evasione e per 150 dalle mafie, ma governato da un imputato per evasione e per corruzione per giunta amico di noti mafiosi. Il problema dunque non è l’opposizione, che fra l’altro non è mai esistita. È il governo. Il premier è il politico più sputtanato dell’universo, detto anche “utilizzatore finale” di prostitute (Ghedini), “culo f laccido” (Minetti), “malato” (Veronica e Briatore”), “corruttore attivo” (sentenza Mondadori). Letta è Letta. Tremonti aveva affidato tutte le chiavi – delle nomine, delle Ferrari e dell’appartamento – a tal Milanese, ora a un passo dalla galera. Alla Giustizia c’è un fumetto di nome Alfano, che in tre anni non ha combinato una beneamata mazza, lasciando alla deriva tribunali, procure e carceri e ora si crede il segretario del Pdl. A proposito di giustizia, alcuni ministri sono inseguiti dalla gendarmeria: Fitto, imputato per associazione a delinquere, corruzione e altre cosette; Matteoli, imputato impunito per favoreggiamento; Romano, primo caso di ministro imputato per mafia; Maroni, ministro dell’Interno, che prima mena i poliziotti poi li manda a menare i manifestanti; Bossi, quello delle Riforme, pregiudicato per mazzette e istigazione a delinquere, che ormai parla solo col dito medio (il famoso digitale terrestre); e alcuni “ex” da tempo irreperibili, come Brancher, Scajola, Bertolaso, Cosentino. Poi c’è l’angolo del cabaret: il ministro Frattini Dry, noto come “il fattorino” nei cablo dell’ambasciata Usa; il mini-stro Brunetta, apostrofato “cretino” dal collega Tremonti mentre il collega Sacconi assicura “io manco lo sto a sentire”; la Prestigiacomo – “la matta”, per il collega Romani – che come la Carfagna e la Gelmini era in perenne pellegrinaggio al santuario di San Bisi; e la Brambilla, simpaticamente considerata “la più mignotta di tutte” dal buongustaio piduista. Più che un governo, una comunità di recupero. E il problema sarebbe la mancanza di “dialogo”? Ma andè a ciapà i ratt.
pagina 2
Il no del relatore leghista “È del Pdl, Milanese lo difendano loro”
“P
LOGGIA CONTINUA
oliticamente inopportuno” difendere Marco Milanese per un leghista. “Fa parte del Pdl, lo difenda uno del suo partito”. Con questa motivazione il deputato del Carroccio, Luca Rodolfo Paolini ha rinunciato a essere relatore del caso Milanese davanti alla Giunta delle autorizzazioni. Giunta che tra poco sarà chiamata
Csm, esposto contro Laudati Il pm Scelsi: rallentò le indagini
A
l comitato di presidenza del Csm è arrivato un esposto contro il procuratore di Bari, Antonio Laudati. Lo ha inviato l’ex pm barese, Giuseppe Scelsi, passato alla Procura generale. Il magistrato accusa il suo ex capo di essersi tenuto, impropriamente, il rapporto della polizia giudiziaria che, su mandato di Scelsi, ha indagato sul giro di prostitute legate all’imprenditore Gianpi Tarantini e finite a Palazzo Grazioli. Quel rapporto lo aveva chiesto
ad esprimersi sulla richiesta a procedere nei confronti dell’ex collaboratore di Tremonti, accusato di corruzione, rivelazione del segreto d'ufficio e associazione a delinquere. Ad affidare a Paolini il compito di relatore era stato il presidente della Giunta, Castagnetti, secondo una logica di turnazione. Paolini ha presentato una lettera di rinuncia formale. “Non è un problema
di gravità delle accuse. Sono abituato a difendere casi anche molto delicati. Faccio l’avvocato”. Paolini è entrato in Parlamento nel 2008, primo marchigiano leghista a essere eletto deputato, sia nella circoscrizione Marche, che in quella Toscana (ha optato per quest’ultima). Fino ad ora la sua attività parlamentare è sempre stata allineata alle scelte della maggioranza: non si
Scelsi poco prima del trasferimento in procura generale ma, sostiene l’ex pm, la polizia giudiziaria lo ha invece consegnato a Laudati, perché così avrebbe ordinato il procuratore. L’esposto deve esaminarlo la Prima commissione del Csm, quella che può proporre il trasferimento d’ufficio per un magistrato se ravvisa una incompatibilità ambientale. La stessa Commissione ha già aperto “un’indagine conoscitiva” sempre su Laudati per accertare se è vero, come si legge in un rapporto anonimo, che il procuratore si sia servito impropriamente della polizia giudiziaria per controllare alcuni pm del suo ufficio.
FINANZA, UN “PIZZINO” PER MEDIOLANUM P4, il comandante Spaziante: “Dall’azienda soffiata di una verifica fiscale”. L’affare delle holding in Irlanda
di Marco Lillo inviato a Napoli
ediolanum è stata preavvertita di una verifica fiscale. Una soffiata che, almeno da come la mette giù con una certa vaghezza il deputato Pdl Marco Milanese, potrebbe essere arrivata dalle parti del capo di Stato maggiore della Finanza, Michele Adinolfi, notoriamente vicino ai manager berlusconiani come Adriano Galliani. La Procura di Napoli ha immediatamente trasmesso le carte su questa storia, tutta da verificare, alla Procura di Milano perché accerti le responsabilità del caso. Ma al Fatto Quotidiano risulta che un fascicolo era già stato aperto dal procuratore aggiunto milanese Francesco Greco grazie al pronto esposto del comandante del nucleo di Polizia tributaria che conduceva la verifica: Vincenzo Tomei. La questione è seria anche perché l’accusa è stata lanciata nel caso P4 dal comandante interregionale del centro Italia delle Fiamme Gialle, in corsa per di-
M
ventare il nuovo Comandante Generale: Emilio Spaziante. La novità emerge dai verbali depositati ieri al Tribunale del Riesame dal pm Henry John Woodcock e Francesco Curcio per opporsi alla richiesta di scarcerazione (dai domiciliari dove si trova da un mese ormai) di Luigi Bisignani, difeso da Fabio Lattanzi e Giampiero Pirolo. QUALCOSA sta veramente accadendo nei Palazzi del potere italiano. Cordate di mega generali ben ammanigliati nel centrodestra si stanno fronteggiando con sistemi mai usati prima. Terreno di scontro è l’inchiesta sulla P4. Da un lato ci sono gli amici di Tremonti, come Marco Milanese ed Emilio Spaziante, dall’altra quelli di Gianni Letta e dei berlusconiani, come Michele Adinolfi. L’ultima novità irrompe quando viene letto a Spaziante un brano delle dichiarazioni rese dall’ex collega Milanese il 18 maggio 2011: “Vi dico che il generale Spaziante potrebbe riferirvi particolari su alcune informazioni che l'Adinol-
fi avrebbe "passato" agli interessati in occasione di una verifica fatta dalla GdF a una importante società”. Spaziante non si scompone e tira fuori la bomba: “È possibile che io abbia raccontato all’onorevole Milanese che c'è una “voce” diffusa all’interno del Nucleo di Polizia Tributaria di Milano secondo la quale durante una verifica – credo a Mediolanum – i sottufficiali operanti abbiano trovato un appunto o comunque un documento dal quale sembrerebbe che Mediolanum stessa era stata preavvertita della verifica in oggetto. Il Colonnello Tomei, Comandante del Nucleo di Polizia tributaria di Milano, potrà essere più preciso”. Vincenzo Tomei non solo conferma tutto all'autorità giudiziaria, ma ha già scritto una bella informativa al Procuratore aggiunto Greco. Il nome di Tomei, un ufficiale stimato che da 5 anni lavora alle principali indagini milanesi, era rimbalzato sui giornali quando si parlava dei trasferimenti chiesti nel 2006 dall’allora comandante generale della GdF, Speciale, al mini-
Il braccio destro del ministro L’interrogatorio sulle manovre di B.
stro Visco. Tomei era statointruppato dai giornali nella batteria degli ufficiali delle Fiamme Gialle considerati troppo vicini all’ex capo di Stato Maggiore Emilio Spaziante e, tramite Milanese, a Tremonti. In realtà Tomei era vicino al suo comandante dell'epoca, Mario Forchetti, e in seconda battuta a Spaziante. Ma non conosceva Milanese. Gli interessi in ballo sono enormi. Mediolanum è una società quotata in Borsa che capitalizza
L’appunto ritrovato dalla Tributaria
“
La traccia anche nei verbali del collaboratore di Tremonti Il pm aggiunto Greco apre un fascicolo
”
2 miliardi e 120 milioni, della quale un terzo appartiene a Berlusconi. Come Il Fatto ha raccontato, l’Agenzia delle entrate ha contestato accertamenti per poco più di 250 milioni di euro per gli anni passati sul fronte assicurativo mentre oggi grazie all'inchiesta P4 si scopre un secondo filone, affidato alla Finanza guidata da Tomei, che ha portato ad altri 150 milioni di euro di contestazioni sul fronte bancario per gli anni dal 2005 al 2009. L’aliquota di tassazione reale del gruppo di bancassicurazione sarebbe particolarmente bassa (il 18%) grazie alla domiciliazione in Irlanda delle holding. In questo contesto si inserisce probabilmente la soffiata raccontata ai pm. L’ACCUSA PERÒ è molto scivolosa. Questa di Mediolanum è la terza tegola che arriva dall'inchiesta P4 sulla testa di Adinolfi, dopo l'iscrizione per favoreggiamento di Bisignani, il generale era stato intercettato mentre parlava con Berlusconi delle paure di Tremonti nei suoi riguardi. Adinolfi si rivolge al
premier usando espressioni militaresche degne di un sottoposto verso il Capo, nonostante la legge preveda che la Finanza risponda solo al ministro Tremonti e non al premier. Quando il pm gli fa ascoltare la telefonata, Tremonti commenta: "Non mi sorprende poiché avevo già voci del rapporto di conoscenza di Adinolfi con il Berlusconi attesa la comune passione per il Milan". Il riferimento è a Galliani, amico di Adinolfi da quando, trenta anni fa, il manager era vicepresidente del Monza, dove Adinolfi comandava la GdF. Più stretto è invece il rapporto con Dell'Utri e Gianni Letta. Quanto alla telefonata "militaresca" con il premier, quando il pm chiede a Tremonti se "rientra nella fisiologia istituzionale un rapporto diretto tra il premier e il capo di Stato Maggiore della GdF", Tremonti replica così: "Io mi attengo a criteri istituzionali diversi, e cioè mi relaziono solo con il comandante generale del corpo che, sia detto per inciso, è persona che stimo particolarmente". Su Adinolfi nemmeno una parola.
“Un metodo Boffo per fermare l’ascesa politica di Tremonti” inviato a Napoli
remonti aveva paura di BerTdicato lusconi e del suo uso spregiudella Finanza. Anche se il ministro nel suo interrogatorio ha cercato di smorzare i toni con i pm ("non ho mai detto a Berlusconi che lui voleva farmi fare fuori dalla Finanza") Marco Milanese, il suo braccio destro, conferma invece che la paura c'era. Tremonti disse a Berlusconi che qualcuno lo “seguiva” e che c'era chi stava cercando delle “cose” nei suoi confronti per metterlo in difficoltà e contrastare così la sua “ascesa politica”. Come è noto il braccio di ferro segreto tra Tremonti e Berlusconi e tra i loro bracci operativi nella Finanza emerge nella telefonata del 7 giugno tra Berlusconi e il capo di Stato Mag-
giore Michele Adinolfi. Nell’interrogatorio dello scorso 13 giugno, Marco Milanese spiega ai pm Francesco Curcio e Henry John Woodcock quella che i magistrati chiamano la ‘trama’ ai danni del ministro dell’Economia. A differenza della testimo-
“Anche il generale Adinolfi come partecipante a questo piano ordito nei suoi confronti”
nianza sfumata di Tremonti quattro giorni dopo, quella di Milanese è più netta: "Ho visto il ministro Tremonti qualche giorno fa e mi ha detto che ha avuto uno sfogo con il presidente del Consiglio Berlusconi perché aveva saputo che lui - il ministro - era seguito. O comunque negli ambienti politici si dice che stanno attuando il 'metodo Boffo' anche nei suoi confronti, anche utilizzando intercettazioni fatte nei miei confronti per le mie vicissitudini giudiziarie”. MILANESE è un uomo braccato. Probabilmente sa che a breve alla Camera arriverà una richiesta di arresto per lui e cerca di legare il suo destino a quello di Tremonti. Per lui lo scopo della trama è usare “i miei problemi giudiziari per contrastare l’asce-
sa politica del ministro Tremonti”. “Lui - prosegue - mi ha ribadito che ha riferito a Berlusconi che stanno cercando ‘cose’ per metterlo in difficoltà da un punto di vista politico”. Immancabilmente Milanese punta il dito sul suo nemico numero uno: “Ho capito che faceva riferimento anche alla Finanza e al generale Adinolfi come partecipanti a questo piano ordito nei suoi confronti”. Il premier, secondo il racconto del deputato del Pdl, “ha negato che ciò potesse essere vero e che nessuno stava ordendo nei suoi confronti”, ma “il ministro è convinto che tutto questo sia vero e che tra la questione ci sia anche la nomina del futuro comandante generale della Gdf, dove è il ministro che propone il nominativo del comandante”. Nel corso del-
l’interrogatorio i pm chiedono a Milanese se vi siano rapporti tra Adinolfi, Letta e la Presidenza del Consiglio. “Sono molto stretti risponde - c'è un filo diretto con il dottor Letta. Ricordo l’anno scorso che alla festa del compleanno di Adinolfi, quest’ultimo verso mezzanotte lo chiamò direttamente al telefono. C'era anche il ministro Gelmini con il marito, c'era Galliani (Milan), Lasco (responsabile sicurezza Terna), Stefano Grassi (Poste), l'avvocato Fischetti, il professor Cognetti, Lello Pagnozzi, ad di Coni Servizi, il Colaninno padre e altra gente. Lui mi disse che aveva invitato anche altri ministri. Credo che sia corretto tra i livelli di istituzioni che la presidenza del Consiglio parli con il comandante generale, ma per questioni operative ci sta che interloqui-
sca con gli altri livelli della Gdf, compreso il capo di Stato Maggiore”. POI IL DEPUTATO Pdl precisa i rapporti di Adinolfi nel mondo dello spettacolo. Il deputato che amava trascorrere il Natale a New York con Sabrina Ferilli e Christian De Sica racconta dell'ex collega: "Il produttore Bibi Ballandi è molto amico di Adinolfi e cura tutte le manifestazioni della GdF come pure ricordo in occasione della presentazione del calendario della GdF. In quell'occasione venne Antonella Clerici. Un'altra volta Gianni Morandi. Ribadisco rapporti di grande amicizia". E viene nostalgia dei tempi in cui i generali della Finanza preferivano le stellette impolverate alla polvere di stelle. M. L.
Mercoledì 13 luglio 2011
LOGGIA CONTINUA dell’“inopportunità” politica di un relatore leghista per Milanese. Stamattina la Giunta si riunisce ancora una volta, intanto, per esaminare il caso di Alfonso Papa, per il quale i pm richiedono l’arresto. Dovrebbe votare senza altri rinvii. Mentre le opposizioni voteranno per il sì all’arresto e il Pdl alla fine sembra orientato a dire di no, la Lega non si
registrano voti ribelli, neanche in Giunta per le autorizzazioni. Al momento di votare sull’uso delle intercettazioni di Cosentino, fu il relatore della Lega Nord, sostenendo che fosse giusto negarne l’uso, visto che erano state fatte senza l’autorizzazione della Camera. Ieri come Paolini si è espresso anche il capogruppo della Lega, Reguzzoni, parlando
Sussurri e grida L’affaire GdF nell’illustrazione di Emanuele Fucecchi
sbilancia. “Decideremo domani mattina (oggi, ndr) – ha spiegato lo stesso Paolini – il voto della Giunta è un voto tecnico, non vincolante, perché poi l'aula sarà sovrana”. I voti dei due leghisti (Paolini e Follegot) sono determinanti: con loro la maggioranza ne ha 11 contro i 10 dell’opposizione.
Mani libere Il deputato leghista Luca Rodolfo Paolini
wa.ma.
“Bisignani.exe” Così spiava il faccendiere NEL PC DEL LOBBISTA C’ER A UN SOFTWARE PER INTERCETTARE dall’inviato a Napoli
iavolo di un Bisignani. La Procura pensava di essere riuscita a superarlo e sorprenderlo in materia di tecniche di spionaggio elettronico e invece il presunto capo della P4 li ha anticipati. Bisignani aveva attivato nel suo computer un programma di spionaggio gemello di quello usato dai pm Henry John Woodcock e Francesco Curcio per intercettare mail, docu-
D
I VERBALI Il deputato “amico”
Nucleare, l’ultima tentazione di Papa di Antonio Massari
alla pedicure dell’amante, dalle Mercedes Dbravaalallenucleare suite d’albergo, il parlamentare Alfonso Papa semsempre preso dalla smania di intascare qualcosa. Anche lo stipendio dell’autista o l’affitto della sede della sua segreteria politica. “Intimoriva l’imprenditore Alessandro Petrillo – si legge negli atti – a corrispondergli in due occasioni, per il tramite di tale Willy 3 mila euro per volta, somma che doveva servire a pagare lo stipendio che l’onorevole Papa avrebbe dovuto versare al medesimo Willy (l’ex autista di Cirino Pomicino lo conferma a verbale), in quel periodo alle sue dipendenze nonché a coprire le spese inerenti e riguardanti la segreteria di via Santa Lucia”. Il punto è che in cambio, dagli imprenditori, Papa diceva di offrire notizie riservate sui procedimenti giudiziari o di aiutarli a ottenere appalti. QUESTA È L’ACCUSA che gli muove la Procura di Napoli e il suo “sistema” – sebbene il gip non abbia ravvisato l’associazione per delinquere – lo raccontano proprio i suoi ex “amici”. “Lui – dice l’imprenditore Alfonso Gallo – aveva una ‘squadra’ attivata per monitorare costantemente le nostre vicissitudini presso le Procure ed (...) era in condizione di verificare in più procure d'Italia le vicende giudiziarie pendenti”. “Quando Papa parla di ‘squadra’ sa a chi si riferisce?”, chiedono i pm Henry John Woodcock e Francesco Curcio. “Al maresciallo La Monica – risponde Gallo – e al poliziotto napoletano, di cui non ricordo il nome. Li menzionava come suoi ‘collaboratori’ mentre, come ho detto, il suo referente principale era Luigi Bisignani”. Papa s’interessò persino all’affare dell’energia nucleare, ed è sempre Gallo a raccontarlo: “Nel 2010 (...) sono stato due volte assieme a Papa negli uffici di Bisignani (...). Parlammo degli investimenti in energia nucleare. Papa mi fece una proposta di entrare a lavorare con alcune società dell’Eni, previo pagamento, da parte mia, di corrispettivi in denaro da consegnare a lui personalmente”. Nei verbali, l’imprenditore parla di “consulenze fittizie o finanziamenti” all’associazione ‘Liberali del Mediterraneo’: “L’associazione (…) a me non piaceva e da lì in poi nacque la richiesta di diversificare le forme di pagamento, di redigere contratti fittizi di consulenza con persone di sua fìducia, come con la dottoressa Darsena (Maria Roberta, ndr). L’imprenditore Nicola d’Abundo racconta dell’assunzione fittizia dell’amante di Papa, Ludmyla Spornik (che poi lavorerà per l’Eni) e negli atti si legge della “cessione a titolo gratuito di una Mercedes del valore di 15/20 mila euro, e di pagamenti della sua società (Ali/auro Med Mar)per consulenze alla moglie del parlamentare, Tiziana Rodà”. Poi si scopre che Papa partecipò a una crociera “con magistrati, gente dello spettacolo e generali dei carabinieri”, racconta l’imprenditore, dove “nessuno pagò”. Raccattava tutto, Pa-
pa, inclusi capi d’abbigliamento: “Confermo di aver pagato due o tre camicie dal camiciaio Alberelli”, continua D’Abundo, spiegando di aver chiesto, in cambio di queste “utilità”, “d’incontrare il ministro Matteoli”, “d’intercedere per far ripristinare lo "sgravio" fiscale per i dipendenti marittimi”, “di farmi incontrare con Bisignani”, di “proporre la vendita di un borgo in Toscana a Berlusconi”. È FATTO COSÌ, PAPA, e chi lo conosce – come gli imprenditori Giancarlo Rossi e Simone Chiarella – lo ammette senza problemi: “Alfonso, che soggetto! (...) a me mi fa morire dalle risate (...)”, dice Rossi. E Chiarella gli risponde: “Oggi gli ho parlato, prendiamo un caffè (…) subito dice: senti, ma a Capodanno si può fare al De Russie come sempre? Sono sei anni che ti prendo la suite al De Russie col cenone (...)”. E al De Russie, Papa, ci andava spesso con Ludmyla detta “Luda”, come lei stessa ammette negli interrogatori. La GdF scopre che le suite al De Russie e negli altri lussuosi hotel erano pagati da imprenditori come Chiarella che sborsa, in sequenza, 2.629 euro per il capodanno 2006, 3 mila euro per il 2007 e 2440 per il 2008. Fino al maggio 2011, soltanto per soggiorni al De Russie, si contano spese per altri 6 mila in soggiorni fino al maggio 2011. Circa 3 mila per il principe di Savoia, 2.766 per il Mare Blu, e ben 11 mila euro versati da “Studio immobiliare srl” per la crociera di Luda. Chiarella sborsa altri 3 mila euro per una vacanza a Londra e spesso si contano – per centinaia di euro – servizi inclusi di depilazione, manicure, pedicure, massaggi e “aromessence”. Diversa la situazione per la moglie di Papa, forse meno attenta al pedicure, ma certo più attiva sul fronte lavorativo: Tizia Rodà (che non è indagata) vede passare il suo “volume d’affari” – tra il 2001 al 2009 – dai 21 mila ai 428 mila euro, con un picco da 900 mila euro nel 2006. La Telecom le paga consulenze dai 60 ai 90 mila euro. Autostrade arriva ai 56 mila del 2008, l’Enel passa dai 100 mila del 2005 ai 400 mila del 2009 con un massimo da ben 800 mila nel 2007.
Dai racconti dei suoi conoscenti i tanti regali per crociere, consulenze e hotel di lusso
menti e persino le telefonate. Non solo: Bisignani, almeno stando alla data riportata sul desktop del suo pc, aveva attivato nel suo arsenale questa arma informatica tre mesi prima della Procura. LA SORPRENDENTE novità della preda che si fa cacciatore con le stesse armi impugnate dai suoi segugi, prima ancora di finire nel loro mirino, emerge dagli atti depositati ieri dalla Procura di Napoli davanti al Tribunale del Riesame per convincere i giudici a trattenere nel suo appartamento romano il lobbista accusato di associazione a delinquere (semplice e “paramassonica”) e finito ai domiciliari “solo” per rivelazione di segreto e favoreggiamento. Come è noto la Procura di Napoli ha usato ai danni di Bisignani una tecnica di intercettazione modernissima: la società informatica CSH & MPS di Palermo ha fornito a Woodcock e Curcio l’arma letale per riuscire ad ascoltare in diretta le trame ordite nel suo ufficio di Piazza Mignanelli dall’ex piduista già condannato per la tangente Enimont, grazie a una mail civetta che una volta aperta trasformava il suo computer in una sorta di cimice in grado di captare e trasmettere in diretta agli investigatori le conversazioni che si svolgevano nelle immediate vicinanze. Oltre a questa funzione però il software infilato di nascosto il primo dicembre del 2010 nel computer di Bisignani era in grado di compiere “l’estrapolazione in copia del contenuto dei files e di ogni altro dato prodotto o già memorizzato sui personal computers di Luigi Bisignani e della sua segretaria Rita Monteverde”. E proprio studiando il contenuto dell’archivio, Salvatore Macchiarella della Csh & Mps di Palermo, ha fatto un salto sulla sedia: il computer di Bisignani era dotato di un software gemello di quello usato per spiare Bisignani stesso. Il 30 giugno Macchiarella è volato a Napoli e nel corso di una riunione in Procura ha spiegato ai magistrati, più sorpresi di lui, che “l’applicativo informatico è in sostanza
I pm Henry John Woodcock e Vincenzo Piscitelli (FOTO ANSA)
È lo stesso sistema che i pm avevano messo nel suo computer. I dati rubati finivano in mail di Google un sistema di intercettazione telematica ‘gemello’ a quello fornito dalla società Csh & Mps” e ha aggiunto che “questo programma è a sua volta idoneo alla captazione e trasmissione di tutti i dati presenti sui computer ove venga installato”. La Guardia di Finanza riporta in una sua informativa, depositata ieri al Tribunale di Riesame dal pm Woodcock, le considerazioni del perito sulla “insidiosità e pericolosità di tale software anche con riferimento alla capacità di captare sia eventuali chiamate effettuate a mezzo Skype, sia i dati audio delle conversazioni effettuate tra i soggetti presenti nelle vicinanze, fungendo in tal modo da vera e propria microspia ambientale. Tutti i dati raccolti da tale applicativo”, prosegue la Guardia di Finanza, “vengono raccolti e spediti automaticamente in appositi spazi web e in particolare verso account di posta elettronica appositamente creati che interessano principalmente il dominio ...@googlemail.com del provider Google”. NON CI SONO molti dubbi su chi fosse l’utilizzatore del software spione. Il programma era posto in un file zippato in bella vista sul desktop del computer di Bisignani, e si chiamava Bisignani25092010_001.zip. I consulenti informatici della Procura sono poi andati avanti nel loro lavoro e hanno smontato il software decompilandolo. Questo è il risultato: “Dalla lettura del codice si evincono determinate transazioni di raccolta dati che vengono automaticamente spediti in spazio
web e/o email su ‘gmail.com’. Siamo riusciti ad identificare”, proseguono i tecnici informatici di Woodcock e Curcio, “le email che fungono da recipiente di dati. ...da queste email sicuramente ci saranno tracce di collegamenti esterni che prendono questi dati e vengono decriptati in formato leggibile. Si allega ovviamente ciò che è stato decompilato per evidenziare le email recipienti” e giù una lista di decine e decine di stringhe con collegamenti internet che potrebbero corrispondere ciascuno a un’intercettazione effettuata. IL 30 GIUGNO STESSO è partita dal Comando Tutela Mercati di Napoli della Guardia di Finanza una lettera urgentissima diretta al Legal Investigation Support della Google Inc, a Anphiteatre Parkway Mountain View, California. Nella lettera il comandante del Gruppo, Claudio Gnoni chiede: “Per lo svolgimento di urgentissime indagini relative ad un procedimento penale di rilevante sensibilità, si richiede a codesta Società di voler provvedere al congelamento dell’intero contenuto delle seguenti caselle di posta elettronica: purge626@googlemail.com; guess515@fastmaiLfm; tim11235@googlemail.com”. Il 4 luglio scorso Henry John Woodcock ha spedito a Roma al Ministero di Grazia e Giustizia in via Arenula (dove lavorava come direttore generale, per ironia della sorte, l’attuale indagato Alfonso Papa) una richiesta di assistenza giudiziaria urgente per l’Autorità giudiziaria statunitense, perché in applicazione del trattato di mutua assistenza, conceda “l’acquisizione e la trasmissione a questo Ufficio del contenuto attuale e completo (snapshot) dei dati contenuti in tutte le directory di sistema create dall’utente delle caselle di posta elettronica, fisicamente ubicate in territorio statunitense presso la società Google Inc”. Woodcock non vede l’ora di sapere chi fossero gli obiettivi spiati da Luigi Bisignani, che da cacciatore è tornato preda. M.L.
pagina 4
ll nostro debito in mano anche ai cinesi
I
MANOVRA DI BORSA
l debito pubblico italiano ammonta alla signora cifra di 1 miliardo e 843 milioni di euro. Con questa dicitura si intende il debito dello Stato nei confronti di altri soggetti, fra i quali individui, imprese o banche che hanno sottoscritto titoli di Stato (Bot, Cct, Btp) o altre passività (monete e depositi postali), destinati a coprire il deficit
pubblico. Ma come è composto il debito? È costituito per l’83 per cento da titoli e la restante parte da monete, depositi e altre passività. Dei titoli di Stato il 91 per cento sono a medio-lungo termine (vita media residua pari a 7,2 anni). Secondo il New York Times – dato relativo a maggio dello scorso anno – era detenuto per il
36,5 per cento dalla Francia; il 13,6 per cento dalla Germania e il 5,5 dal Regno Unito. Pechino sostiene che la Cina detenga il 13-14 per cento del debito pubblico italiano, ma il Tesoro non ha gli strumenti per sapere se si tratta dell’intero debito o dei soli Btp. Nel nostro paese il 44 per cento del debito è detenuto oltre confine.
SALVI PER UN GIORNO La Borsa risale dopo il panico, si muove la Bce Ma il nuovo debito pubblico ha un costo record
3,67%
di Vittorio Malagutti Milano
opo due giornate da incubo come quelle di venerdì e lunedì, l’Italia non poteva permettersi un’altra batosta. E infatti, a due passi dall’abisso, il mercato ha ingranato la retromarcia. La Borsa ha recuperato chiudendo in rialzo dell’1,18 per cento e anche i rendimenti dei titoli di stato sono tornati, di poco, sotto la soglia di allarme rosso. In mattinata però il panico stava di nuovo travolgendo tutto e tutti con l’indice di Piazza Affari che è arrivato a perdere oltre il quattro per cento e il differenziale di rendimento (spread) dei Btp a dieci anni sui Bund tedeschi ormai vicino a quota 350. Come dire che il rendimento dei titoli decennali è arrivato a sfiorare il 6 per cento, un livello che ci avrebbe pericolosamente avvicinato al punto di non ritorno. Già, perchè una volta superata la soglia del 6 per cento, l’Italia sarebbe ufficialmente entrata nel girone infernale dell’euro che comprende Grecia, Portogallo e Irlanda e a quel punto raccogliere nuovi finanziamenti sui mercati sarebbe diventato assai difficile.
D
PER FORTUNA, per effetto di una serie di circostanze favorevoli, a metà mattinata il vento è girato e nell’arco di alcune ore i mercati hanno consolidato la ripresa. A innescare la rimonta è stata da principio la notizia dell’esito positivo
IL RENDIMENTO DEI BOT COLLOCATI IERI
1,18% PIAZZA AFFARI IERI HA CHIUSO IN POSITIVO
2,90% LA DIFFERENZA TRA BTP E BUND TEDESCHI L’ingresso della Borsa di Milano (FOTO EMBLEMA)
dell’asta dei Bot annuali per 6,75 miliardi di euro. Positivo fino a un certo punto, perchè com’era prevedibile dopo gli sconquassi degli ultimi giorni, i rendimenti si sono impennati toccando il 3,67 per cento, cioè l’1,5 per cento in più rispetto all’ultimo collocamento. Questo significa che lo Stato spenderà 67,5 milioni in più per remunerare gli investitori
che hanno comprato i Bot piazzati ieri. Poco male se l’impennata dei rendimenti resterà un episodio legato a questo periodo di grande tensione sui mercati. Se invece la tendenza al rialzo dovesse proseguire anche nelle prossime emissioni, le conseguenze per il bilancio sarebbero pesanti. A questo proposito un segnale importante è atteso per domani,
quando è in calendario un’asta di Btp. Già ieri comunque, molti commentatori tendevano a vedere il bicchiere mezzo pieno e sottolineavano che nonostante le grandi tensioni di questi giorni la richiesta per i Bot ha superato i 10 miliardi contro i 6,75 messi sul mercato. Il rapporto tra domanda e offerta è stato quindi di 1,55, inferiore rispet-
to all’1,71 dell’asta precedente ma comunque incoraggiante. Al traino di questa prima notizia positiva la Borsa ha progressivamente ridotto le perdite per poi virare addirittura al rialzo in tarda mattinata. Anche la politica ha fatto la sua parte con i partiti, opposizione compresa che hanno assicurato un’approvazione veloce in Parlamento della manovra finanziaria. Tutto fatto entro venerdì, questa la promessa. NEL FRATTEMPO anche Silvio Berlusconi, dopo giorni di mutismo, batteva un colpo assicurando, in una nota scritta, che “le banche sono solide e l’economia vitale”. Non mancava nell’intervento del premier neppure un fervorino finale sull’esigenza di impegno e coesione comune, opposizione compresa, per difendere il Paese e le sue prospettive di crescita. Queste parole non bastano di sicuro a colmare il deficit di credibilità della nostra classe di governo agli occhi dei grandi investitori internazionali. Nel breve periodo le esternazioni dei politici hanno però contribuito a dare respiro ai mercati. In parole povere, la speculazione ha cavalcato i primi segnali di rialzo per portare a casa qualche guadagno dopo i forti ribassi delle due sedute precedenti. La schiarita di ieri non è comunque sufficiente a riportare i mercati in acque tranquille. Segnali più chiari potrebbero arrivare entro venerdì quan-
do secondo indiscrezioni potrebbe essere convocato un vertice tra i leader dei 17 paesi dell’area euro per discutere della situazione. La questione fondamentale resta però la soluzione della crisi greca. In mancanza di indicazioni precise è difficile anche solo immaginare il ritorno a una fase di maggiore stabilità. Così, in mancanza di un’intesa globale a livello politico, gli investitori sono costretti a navigare a vista. E per tenere a bada gli eccessi della speculazione c’è chi immagina soluzioni d’emergenza. Non è un caso che ieri abbiano a preso a circolare con insistenza le voci di acquisti consistenti di titoli di stato italiani da parte della Banca centrale europea. Sarebbe in virtù di questo intervento che gli spread dei Btp sui Bund tedeschi, dopo il boom delle prime ore di contrattazioni, si sono via via ridotti fino a chiudere la giornata a quota 287 punti. Un livello che solo la settimana scorsa sarebbe stato considerato pressochè catastrofico e che invece adesso fa tirare un sospiro di sollievo nel mondo politico e anche ai vertici delle banche nostrane. Queste ultime negli ultimi due anni si sono imbottite di titoli di stato italiani. Si spiegano in buona parte così le ondate di vendita dei giorni scorsi sui titoli dei maggiori istituti di credito. Ieri tutti hanno recuperato terreno, da Unicredit (più 5,89 per cento) a Intesa (più 3,34). Nessuno però è tanto ottimista da illudersi che la tempesta sia finita.
I motivi della crisi
Nessun genio del male, colpa del governo di Marco Onado
è un genio del male dietro le tempeste C’ finanziarie che si abbattono da mesi sull’Europa e da ormai due settimane stanno facendo schizzare verso l’alto i tassi di interesse del nostro debito pubblico (quindi deprimendone i prezzi) e crollare il mercato di Borsa? È tutta colpa delle sordide manovre di una speculazione internazionale orchestrata da pochi operatori senza scrupoli, capaci di condurre al fallimento interi paesi? Purtroppo non è così semplice. Il punto essenziale è che la crisi finanziaria scoppiata ormai quattro anni fa ha rivelato due verità che solo una parte degli economisti continuava a sostenere. Primo: che una gran parte dei paesi occidentali, a cominciare dagli
Stati Uniti, era cresciuta solo grazie a un colossale incremento del debito privato. Secondo: che la finanza era cresciuta molto più dell’economia sottostante e faceva pingui profitti non solo con la tradizionale attività di prestito, ma soprattutto prendendo posizioni su titoli al rialzo o al ribasso. In termini tecnici, questo si chiama speculazione che in economia non è una parolaccia: teoricamente è infatti una condizione importante perché si formino prezzi che riflettono le opinioni e le aspettative di un numero sempre più ampio di operatori. Ma proprio la crisi ha fatto capire (o almeno avrebbe dovuto) che ormai la speculazione ha superato da un bel pezzo questa dimensione idilliaca da manuale teorico. Prima di tutto, ha assunto dimensioni spaventose: il volume complessivo dei titoli derivati è più di undici volte il Pil mondiale; ogni giorno solo sul mercato dei cambi avvengono operazioni per 14 trilioni di dollari (il Pil degli Usa). Come se non bastasse, sono emersi comportamenti scorretti di grandi operatori che con una mano assumevano posizioni al ribasso su un titolo e con l’altra consigliavano ai clienti di acquistare lo stesso titolo. Dunque conflitti di interesse mostruosi, se
Nel lunedì nero della Borsa, il premier era con i legali a discutere di come non pagare i 560 milioni
non vere e proprie manipolazioni di mercato. Ma la speculazione non è un’entità che agisce sotto gli impulsi di un’unica mente diabolica, bensì di migliaia di operatori che prendono continuamente posizione su tutto ciò che può essere trattato, dai titoli pubblici alle merci, “scommettendo” su quali saliranno di prezzo e quali scenderanno, acquistando i primi e vendendo i secondi allo scoperto, cioè senza possederli materialmente. E si badi, questo non riguarda solo una frangia delle istituzioni finanziarie mondiali, come gli hedge fund, non a caso definiti in italiano fondi speculativi. Ogni grande banca internazionale consegue una parte consistente dei propri profitti grazie all’attività di trading sui titoli, comportandosi come un hedge fund. E questo aumenta enormemente l’instabilità dei mercati. Lo sostengono ormai ad alta voce autorità di controllo di molti paesi, a cominciare da quelli più duramente colpiti dalla crisi, come il Regno Unito. Il governatore della Bank of England ha recentemente affermato che di tutti i modi di organizzare l’attività finanziaria, quello di oggi è il meno efficiente. Se lo dice lui, ci si può credere. Dal giorno in cui la crisi finanziaria è scoppiata, alla speculazione non sono state neppure tagliate le unghie perché tutte le prin-
cipali proposte sono ancora di là da venire. Ma è evidente che si tratta di misure che potrebbero ridurne gli aspetti deteriori, non certo eliminarla del tutto. Ma proprio questo avrebbe dovuto indurre ad una gestione ben più decisa delle difficoltà scoppiate nei paesi periferici d’Europa oltre un anno e mezzo fa. La speculazione al ribasso può essere troncata solo con misure serie e credibili, capaci di tagliare l’erba sotto i piedi agli operatori. A Bruxelles invece sono state elaborate soluzioni-tampone che si sono di volta in volta rivelate insufficienti. L’Italia non era stata finora nell’occhio del ciclone, ma si è più volte affermato, anche su queste colonne, che la crisi stava sfogliando l’Europa come una cipolla e poteva prima o poi colpire anche il nostro paese. E ovviamente, se investe i titoli del debito pubblico, investe anche le banche che risentono della situazione economica generale e sono le principali creditrici del Tesoro italiano. Anche e soprattutto nel nostro caso, dare segnali seri e credibili era quindi fondamentale. Ma che credibilità può avere un paese retto dall’uomo che, secondo il più autorevole giornale economico internazionale ha “fottuto un intero paese”? Se i severi redattori dell’Economist abbandonano il loro tradizionale lessico oxfordiano, non ci si può meravigliare
Silvio Berlusconi (FOTO ANSA)
che il nostro paese possa essere oggetto di attacchi, soprattutto dopo una manovra che assicura sì il pareggio di bilancio, ma rinvia la parte consistente al 2013 e che per di più non appare condivisa dalla stessa maggioranza. E dopo che le misure di rilancio dell’economia, fondamentali per assicurare la sostenibilità delle manovre future appaiono sempre più improbabili e inconsistenti. Lunedì Angela Merkel ha chiesto al governo italiano di dare un segnale forte, ma il nostro presidente del Consiglio era troppo impegnato a discutere con i suoi legali come non pagare i 560 milioni dovuti a De Benedetti. E ieri la tempesta, lungi dal placarsi, si è accentuata. Insomma, non c’è un grande vecchio dietro la speculazione, ma c’è un vecchio a Palazzo Chigi che la alimenta amorevolmente.
Mercoledì 13 luglio 2011
“Junk Bond”, anche l’Irlanda ora è un Paese spazzatura
L
MANOVRA DI BORSA
a notizia arriva in serata: l’agenzia di rating Moody’s declassa il debito pubblico dell’Irlanda. E, dopo quelli di Portogallo e Grecia, anche i titoli di debito di Dublino diventano ufficialmente “junk bond”, spazzatura finanziaria. La conseguenza si farà sentire nella giornata di oggi: molti grandi investitori saranno costretti a vendere, perché per
COME RISPONDERE AI MERCATI Aumento immediato dell'età pensionabile a 67 anni per tutti
2. FISCO Portare dentro la manovra la delega fiscale che vale 15 miliardi
3. ANTICIPO Anticipare la correzione da 40 miliardi al 2012 Aumentare l'entità della manovra di 10-15 miliardi dopo l'aumento del costo del debito
5. SALDI Impegno esplicito di maggioranza e opposizione a mantenere invariati i saldi di bilancio nella prossima legislatura
6. PRIVATIZZAZIONI Vendita delle quote che lo Stato ancora detiene in società come Enel e degli enti locali nelle municipalizzate
7. IMMOBILI Vendita patrimonio immobiliare inutilizzato degli enti locali per 40 miliardi di euro
8. LAVORO Riforma immediata del mercato del lavoro. Contratto unico per eliminare distinzioni tra precari e garantiti
9. ORDINI Cancellare quasi tutti gli ordini professionali, come nella bozza della manovra
10. FONDO UE Fondo europeo per gestire a livello europeo il debito pubblico prodotto dalla crisi
Questione di priorità I giornali di destra si preoccupano soprattutto delle sorti del Cavaliere più che di quelle dell’Italia in crisi sui mercati
netto sì, la posta a 1,03, mentre per la fine della comunità si sale fino a dieci volte la scommessa. E l’economista Allen Sinai si sbilancia: “Tra un anno l'euro non ci sarà più, o almeno non come lo conoscevamo. I Paesi più deboli come Grecia, Portogallo e Irlanda saranno fuori: i prossimi mesi ci diranno se l’Italia e la Spagna riusciranno a restare dentro”.
B: “Manovra subito” Il Pd: sì, ma poi a casa
1. PENSIONI
4. AUMENTO
statuto non possono tenere i propri soldi investiti in titoli spazzatura. E la crisi dell’Irlanda, esplosa un anno fa con la crisi di alcune grandi banche in parte poi nazionalizzate, entra in una nuova fase. Salvarla ora sarà ancora più difficile. I bookmaker stranieri già scommettono perfino sulla fine della Ue. L’anglosvedese Unibet.com pone questa domanda: esisterà ancora l’Ue? La risposta più probabile è un
“IL VARO ENTRO FINE SETTIMANA”, PATTO TRA PDL E OPPOSIZIONE CON LA REGIA DEL COLLE di Marco Palombi
lla fine la manovra la approveranno entro venerdì sera: giovedì mattina l’ok del Senato e poi via alla Camera a passo di carica e senza modifiche (la decisione sarà ratificata stamattina dalla capigruppo di Montecitorio). L’opposizione in blocco ha risposto positivamente all’appello di un soddisfattissimo capo dello Stato: dare un segnale chiaro ai mercati rinunciando a qualunque forma di ostruzionismo, anche quello semplice di presentare emendamenti. Di più: Pd, Idv e Udc sono gli artefici di questa accelerazione, visto che era stato il capogruppo centrista in Senato Gianpiero D’Alia a proporla lunedì sera, mentre la maggioranza ancora chiedeva “un sì nei tempi stabiliti, ma senza ritardi” (vale a dire due settimane). Se centrosinistra e Udc hanno fatto la loro parte, però, ora Giulio Tremonti ha difficoltà a far passare alcune delle sue modifiche al decreto proprio nel centrodestra. Due in particolare e proprio quelle che più gli vengono chieste da Bruxelles e dalle Borse: l’anticipo della cosiddetta “clausola di salvaguardia” presente nella delega fiscale e quello al 2015 dell’innalzamento a 65 anni dell’età di pensione per le lavoratrici del settore privato. La
A
prima - vale a dire il taglio automatico del 15 per cento delle agevolazioni fiscali in caso non venga approvata la legge delega in materia, che peraltro ancora non esiste – consente da sola il reperimento di 14,7 miliardi di euro, ma si trasformerebbe in un bagno di sangue sociale: la Cgil calcola in mille euro l’anno di tasse in più a famiglia l’aggravio per la mancata applicazione dei vari tipi di agevolazioni fiscali su lavoro, casa e famiglia senza tagli mirati e forme di redistribuzione. La seconda non è cifrata, ma vale risparmi importanti: la Lega, però, non ne vuole sapere e chiede invece tagli ai costi della politica e alle “pensioni d’oro” (ma non ai favori per chi violò le quote latte). ALTRE MODIFICHE al decreto manovra sono state concordate tra maggioranza e opposizione. L’annuncio ufficiale l’ha dato Anna Finocchiaro, capogruppo del Pd al Senato, dopo l’incontro tra i gruppi di minoranza e Tremonti: il go-
verno ha dato l’ok ad alcuni emendamenti dell’opposizione. In primo luogo gli interventi sull’indicizzazione delle pensioni partiranno da quelle superiori ai 2.350 euro (anziché 1.400) e verrà graduato in maniera sensata l’aumento del bollo sui dossier titoli in banca, che oggi pesa più sui piccoli investitori che sui grandi, peraltro escludendo i titoli di stato. Altri cambiamenti bipartisan riguarderanno il divieto per la Protezione civile di occuparsi dei grandi eventi, il limite dell’1 per cento alla deducibilità degli ammortamenti dei beni devolvibili per le società concessionarie (resterà solo per le autostrade) e, probabilmente, l’addio al tetto di un milione di euro per gli appalti di evidenza pubblica. Qualche buona notizia potrebbe esserci anche per i Comuni con i conti a posto (sblocco delle spese per investimenti). “Ci sono aperture del governo anche su liberalizzazioni, spending review e costi della politica – ha concluso la Finocchiaro – Il nostro giudizio resta negativo ma almeno questa manovra sarà meno ingiusta e meno irrazionale”. Insomma, le opposizioni voteranno no, ma lasceranno via libera al decreto il
Modifiche al provvedimento, ma solo per alleggerirlo su pensioni e tasse sui conti titoli
che, alla fine, equivarrà comunque ad intestarselo politicamente. L’intesa sui tempi di approvazione ieri ha convinto a tornare al mondo – anche se solo con una nota scritta – perfino Silvio Berlusconi, fuggiasco dalle parti di Arcore nei giorni più neri per i nostri conti pubblici: “Abbiamo l’Europa al nostro fianco e possiamo contare su innegabili punti di forza: il governo è stabile e forte, la maggioranza coesa e determinata”, ha sostenuto il premier. Di più: “La crisi ci spinge ad accelerare il processo di correzione in tempi rapidissimi, a rafforzarne i contenuti, a definire compiutamente i provvedimenti ulteriori volti a conseguire il pareggio di bilancio nel 2014”, tanto più che “la nostra capacità di mantenere i conti sotto controllo è stata superiore a quella di altri paesi”. Talmente stonato che persino il moderatissimo Pier Ferdinando Casini ieri s’è spinto a parlare di “delirio”. Le opposizioni in ogni caso che nelle ultime 48 ore si sono mosse con un coordinamento che potrebbe anche dare frutti in futuro – a questo punto chiedono le dimissioni del Cavaliere non appena la manovra sarà approvata: “Quell’uomo ha un costo troppo alto per il paese”, dice il Pd. Da palazzo Grazioli, per ora, stanno zitti, ma solo fino a lunedì prossimo: poi si riparte come al solito.
LE RICETTE DEGLI ECONOMISTI
Le dieci mosse per rassicurare i mercati di Stefano Feltri
mercati esprimono le loro richieste Icomunque con numeri e percentuali, ma sanno essere eloquenti. L’aumento improvviso del costo del debito pubblico italiano indica una domanda di cambiamento che spetta alla politica recepire. Oggi Mario Monti, candidato a guidare un governo tecnico, scriverà sul Financial Times cosa deve fare l’Italia per restare in Europa. Ma le idee che circolano tra gli economisti sono abbastanza condivise. E traumatiche.
approvata. “Bisogna portare subito la delega fiscale dentro la manovra, non si possono tollerare incertezze in questa fase”, sostiene Nicola Rossi, economista e senatore del Gruppo misto, ex Pd, che presiede il liberista Istituto Bruno Leoni. 3. ANTICIPO. “Dobbiamo anticipare subito la correzione più consistente, su 46 miliardi di manovra oggi 40 sono nella prossima legislatura. Se fosse l’Inghilterra a promettere un rinvio di questo tipo sarebbe credibile, l’Italia no”, avverte Roger Abravanel, ex top manager della McKinsey, editorialista del Corriere della Sera.
1. PENSIONI. “Aumentare l’età pensionabile a 67 anni per tutti con effetto immediato”, suggerisce Franco Debenedetti, ex senatore Ds e manager. Perché gli interventi sulla previdenza hanno un impatto che gli investitori riescono a calcolare all’istante. Per ora il governo ha rimandato gli interventi sulle pensioni delle donne al 2020.
4. AUMENTO. L’effetto dell’allargamento degli spread è che la manovra ora non basta già più per raggiungere il pareggio del bilancio. “Le nostre esigenze sono aumentate di almeno 15-20 miliardi, bisogna rafforzare la manovra”, calcola Abravanel.
2. FISCO. Uno dei punti più critici della manovra è la scelta di lasciare 15 dei 40 miliardi di correzione a una delega fiscale che non si sa quando sarà
5. SALDI. Se proprio non si vuole strozzare l’economia tagliando tutto subito, ragiona Nicola Rossi, bisogna almeno che maggioranza e opposizio-
ne “si impegnino pubblicamente a confermare i saldi di questa manovra nella prossima legislatura, a prescindere di quale dei due schieramenti sarà al governo”. 6. PRIVATIZZAZIONI. Ma le promesse sono poco convincenti se non sono accompagnate da azioni concrete. Franco Debenedetti suggerisce che lo Stato potrebbe vendere le azioni che ancora detiene in società come l’Enel. Mario Baldassarri, economista di Futuro e libertà, aggiunge che “si dovrebbe anche privatizzare le ex municipalizzate, ma con il referendum, sotto la mistificazione dell'acqua pubblica, abbiamo consentito alla politica di continuare a mantenere la presa”. 7 IMMOBILI. Volendo dare un segnale più forte, sostiene Rossi, si può mettere mano al patrimonio immobiliare dello Stato: “Vendendo immobili inutilizzati, in gran parte di proprietà degli enti locali, si possono recuperare anche 40 miliardi”.
8. LAVORO. I tagli risolvono una parte del problema, il deficit. Ma i mercati vogliono vedere anche qualcosa per la crescita. Secondo Abravenel è il momento di approvare il contratto unico proposto, in forme diverse, da Tito Boeri e Pietro Ichino: scompaiono i precari, tutti i nuovi assunti sono facilmente licenziabili nei primi anni di lavoro ma con tutele crescenti. I sindacati si oppongono perché per i nuovi assunti non varrebbe più l’articolo 18. Il ministro Tremonti (FOTO ANSA)
9. ORDINI. “Nella prima bozza della manovra c’era l’abolizione di quasi tutti gli ordini professionali, bisognerebbe recuperare quella norma, magari abbinata all’abolizione legale del titolo di studio”, propone Baldassarri. 10. FONDO UE. Vincenzo Visco, ex ministro delle Finanze, propone una soluzione europea: “Il problema degli spread scomparirebbe se l’Unione si facesse carico di una parte del debito pubblico”. L’idea di Visco è un fondo che raccolga “l’extra-debito da crisi”, cioè quello prodotto negli ultimi anni. Il gettito di una tassa (da introdurre) sulle transazioni finanziarie lo azzererà gradualmente.
Dopo questi giorni di tempesta finanziaria, il testo del governo non basta più per arrivare al pareggio di bilancio
pagina 6
Mercoledì 13 luglio 2011
Famiglia Cristiana: “Silvio c’è la crisi, vieni fuori”
“S
FUTURISMI
ilvio, c’è la crisi, vieni fuori”. Così Famiglia Cristiana titola un editoriale online in cui chiede a Berlusconi, nell’attuale tempesta finanziaria che mette a rischio i conti pubblici, “di farsi vedere, battere un colpo, dire qualcosa. Mostrare al mondo, insomma, che l’Italia ha ancora un primo ministro”. I tre giorni di silenzio del presidente del Consiglio non sono piaciuti
al settimanale: “Mentre la speculazione internazionale si abbatte sulla nostra economia, e il secondo partito della maggioranza, la Lega Nord, si esercita sul folklore dei ministeri a Monza - commenta il settimanale dei Paolini - il capo del Governo sparisce in una delle sue 21 ville. Non esattamente una prova da leader della nazione”. ''Dicono che sia furente e amareggiato per la sentenza sul lodo Mondadori, per quei 560 milioni di
euro che gli toccherà versare alla casse della Cir e del detestato rivale De Benedetti”, scrive Famiglia Cristiana a proposito del premier. “Resta il fatto - prosegue - che l’uomo del ‘miracolo italiano’, della crisi che non c'è, della crisi che comunque abbiamo già superato, della crisi che però affrontiamo meglio degli altri, nel giorno in cui i mercati ci mettono al rango di una qualunque Spagna, si nasconde. Comunque, non se la sente”.
E POI VISSERO AZZOPPATI E SCONTENTI Berlusconi e Tremonti, costretti a stare insieme. Anche ridimensionati di Luca Telese
rima straparla. Poi tace per un incredibile interludio di tre giorni (incredibile quando si tratta di lui). Quindi torna a parlare con una lingua felpata e istituzionale che nella sua bocca è praticamente inedita. C’è un piccolo mistero che si articola nel calendario di questa settimana di primati, quella che ieri Silvio Berlusconi ha suggellato con un ecumenico (quanto inedito) invito all’opposizione: “Dobbiamo essere uniti, coesi nell’interesse comune, consapevoli che agli sforzi e ai sacrifici di breve periodo corrisponderanno guadagni permanenti e sicuri. Questa deve essere oggi la nostra risorsa fondamentale”.
P
IN REALTÀ , dietro la lingua perduta e poi ritrovata (anche se non è la sua di Silvio Berlusconi), si nasconde un cortocircuito fra politica e mercati che può essere compreso solo riavvolgendo la bobina degli ultimi avvenimenti e incrociando quello che accade sulla scena con quello che si agita nel retroscena. Giovedì scorso, per esempio, il Cavaliere aveva praticamente deciso. Dare il colpo di grazia all’immagine di Giulio Tremonti, pesantemente logorata dal caso Milanese, e
aprire una nuova avventura nella storia del suo governo, senza l’ingombro del superministro dell’Economia. Il timing sembrava perfetto, e il venerdì mattina, il titolo cubitale de Il Giornale sulla casa di Tremonti e il doppio editoriale di Vittorio Feltri e di Alessandro Sallusti sono la migliore copertura politica per il colpo di grazia (e solo Libero, molto più prudentemente, titola su De Benedetti e disegna il ministro come un San Sebastiano crocifisso). Feltri bolla “Giulietto” come “l’ultimo socialista” e stronca la sua Finanziaria alla luce di questo anatema: non è l’uomo giusto per tagliare la spesa sociale. Sallusti, ospite in alcuni programmi nella sera della stessa giornata, si spinge a dire che “Tremonti è il problema del governo”. Nelle
stesse ore Silvio Berlusconi – perfettamente in linea con questi toni – sta rilasciando l’intervista a Claudio Tito che, dalle pagine di Repubblica, il giorno dopo sarebbe suonata come il De Profundis definitivo. Eppure, proprio quando tutto sembra convergere verso uno scenario che ripete lo schema della prima clamorosa cacciata dal Berlusconi bis, i mercati dettano un altro finale alla storia. La mattina di venerdì gli uomini del centrodestra (e non sono i soli, tra gli osservatori), restano stupefatti fin dalle prime ore della mattina, per il cataclisma che si abbatte sui mercati. Le speculazioni e il crollo dei titoli delle banche, sottraggono Tremonti al destino che era stato prefigurato. Nel pomeriggio è lo stesso Berlusconi che
I banchi del governo alla Camera (FOTO ANSA)
Dopo tre giorni di silenzio, il premier riprende la parola. Ma il suo è un discorso sottotono
C
i sono giorni fortunati come ieri in cui puoi leggere due interviste a Ennio Doris e avere due dichiarazioni opposte. Il fondatore di Mediolanum, amico e socio di Berlusconi, parla con il “Giornale” di famiglia e, nonostante il crollo di piazza Affari, gloria le nostre banche: il sistema migliore, dice, più forte di Germania e Stati Uniti. Belle speranze anche per l’amico Silvio che non venderà nulla per pagare i 560 milioni di euro alla Cir di Carlo De Benedetti: anzi, sulla Stampa consigliare di aspettare prima di saldare il conto (ma è impossibile, ndr). Sempre sul quotidiano di Torino rimpiange la discesa in campo di Berlusconi: “Non doveva farlo, ora sarebbe più grande del gruppo di Murdoch”. E spiega: “Il Cavaliere è una persona molo indipendente e ama nuove sfide”. Il banchiere, poi, critica qua e là l’Unione europea e svela un desiderio. Pensa al 2013: “Io mi auguro che Berlusconi lasci, così ci guadagna in salute e qualità della vita”. E col resto, chissà.
ti a fondo per sventare il pericolo di un regresso che ci riporterebbe indietro di venti anni. Siamo in prima fila in questa battaglia”. PER LA PRIMA VOLTA (è un evento storico) Berlusconi parla esplicitamente e senza veli, della crisi che si è abbattuta sul Paese. Abbandona i toni ottimistici e i proclami. Sembra dimenticarsi che solo una settimana fa auspicava e annunciava una riduzione delle tasse: “Per noi, per l'Italia – spiega il premier – è un momento certo non facile. La crisi ci coglie nel mezzo del forte processo di correzione dei conti pubblici che abbiamo da tempo intrapreso e rafforzato pochi giorni fa. La nostra capacità di mantenere i conti sotto controllo dopo lo scoppio della crisi finanziaria nel 2009 è stata superiore a quella di altri paesi”. Non solo. Il Berlusconi giannilettizzato si dimentica di quando civettava con la politica anti-euro della Lega: ''La crisi di fiducia che si è abbattuta in questi giorni sui
Ghedini cede: “Pagheremo”
DORIS, L’AMICO DI B.
Lasci, è meglio per la salute
chiama il direttore de Il Giornale (fatto meno frequente di quello che non si pensi) per comunicargli che il suo umore sul caso Milanese è cambiato. Il ministro dell’Economia deve volare a Bruxelles per il supervertice, tutto viene frenato. La maggioranza entra in fibrillazione. Le colombe difendono il ministro dell’Economia. Sabato mattina arriva la mazzata della sentenza sul lodo Mondadori. Il silenzio del Cavaliere diventa d’oro. Lunedì la prudenza e i consiglieri lo inducono a non esternare, per attendere di vedere come si comportano i mercati. Ieri arriva il nuovo verbo del Cavaliere, con una prosa tutta azzurrina e splendidamente giannilettiana. Berlusconi parla con toni davvero inediti: “La crisi di fiducia che si è abbattuta in questi giorni sui mercati finanziari colpisce anche l'Italia, ma la minaccia riguarda tutti, riguarda la moneta comune, il segno più concreto dell'unità dell'Europa. Le autorità europee e i governi nazionali sono impegna-
mercati finanziari – afferma Berlusconi nella sua nota – colpisce anche l’Italia, ma la minaccia riguarda tutti, riguarda la moneta comune, il segno più concreto dell’unità dell’Europa. Le autorità europee e i governi nazionali spiega il premier - sono impegnati a fondo per sventare il pericolo di un regresso che ci riporterebbe indietro di venti anni. Siamo in prima fila in questa battaglia”. Eppure, come spesso capita quando i politici si immergono in una lingua che non possiedono, i toni rassicurativi finiscono per evocare il vero rosario dei problemi, sia pure per negazione: “Abbiamo l’Europa al nostro fianco e possiamo contare su innegabili punti di forza. Il governo - prosegue Berlusconi - è stabile e forte, la maggioranza è coesa e determinata. Le nostre banche sono solide e al riparo dai colpi che grandi istituti bancari esteri hanno dovuto subire e sono state pronte a rispondere agli inviti ad accrescere ulteriormente la loro capitalizzazione. La nostra economia è vitale”. Verrebbe da pensare che sia vero il contrario. Ma la lunga settimana della babele dei linguaggi non è passata senza lasciare traccia. Berlusconi e Tremonti, alla fine del primo round, malgrado i sorrisi di circostanza, sembrano legati da un destino parallelo e non voluto. Il premier costretto a tenersi stretto il ministro, e il ministro costretto ad essere ridimensionato nelle sue aspettative. Nella giornata dei comunicati levigati con la pietra pomice, suonano come carta vetrata le indiscrezioni sugli interrogatori dell’onorevole Milanese che conferma i timori dei tremontiani sul “Trattamento Boffo”. Partiti per celebrare una resa dei conti e un duello rusticano sporco e sleale, Berlusconi e Tremonti si ritrovano abbracciati e azzoppati. Il primo inseguito di nuovo dallo spettro delle dimissioni, il secondo costretto a restare con il fiato sospeso per ogni interrogatorio. Uno strano destino, in questo crepuscolo di fine stagione, per la coppia di fatto del rancore e delle ambizioni sbagliate: e vissero azzoppati e scontenti.
LODO MONDADORI, LA CIR RICHIEDE I 560 MILIONI DI EURO di Sara Nicoli
na sentenza epocale, la holding di De Uprocedure Benedetti che si affretta a chiudere le burocratiche per fare cassa il prima possibile, e il ‘mistero’ che aleggia intorno alle prossime mosse del Biscione che ha davvero i giorni contati per reagire. Ieri il principe degli avvocati del Cavaliere ha tolto l’ultimo velo d’incertezza sulle intenzioni ‘a caldo’ della famiglia Berlusconi: “Fininvest pagherà”, ha detto Ghedini, poche ore dopo che Marina Berlusconi, l’erede designata dell’impero, aveva commentato aspramente: “L’arrabbiatura non mi è affatto passata, ma smentisco l’intenzione di vendere Mondadori”. In qualche modo, comunque, Fininvest reagirà e anche in tempi brevi visto che ieri i legali della Cir hanno inoltrato la richiesta di pagamento dei 560 milioni di euro di risarcimento alla capofila delle banche (Intesa Sanpaolo) che hanno prestato la fidejussione alla capogruppo del Biscione. Entro una decina di giorni, insomma, dentro i forzieri della Cir entrerà questa enorme cifra che tuttavia l’ingegner De Benedetti non potrà spendere almeno fino alla conferma della sentenza da parte della Cassazione, fatto
che non potrà avvenire prima di due anni. Gli avvocati di Berlusconi, comunque, primo fra tutti proprio Ghedini, non hanno affatto gettato la spugna. “Speriamo di avere i soldi indietro dalla Cassazione e che questa faccia giustizia – ha infatti sottolineato sempre Ghedini – perché non c’è mai stato danno per De Benedetti; la Corte d’appello avrebbe potuto sospendere l’esecutività della sentenza, ma non l’ha fatto”. E questo fa chiaramente intendere che anche laddove il collegio di avvocati di Berlusconi riuscisse a scrivere e depositare il ricorso in Cassazione entro dieci giorni, consentendo di chiedere anche la sospensione della sentenza, difficilmente i giudici della Corte d’appello cambierebbero idea. “Certamente non la sospenderanno – ha infatti tristemente ribadito Ghedini – se non lo hanno fatto prima...”. Fininvest avrà comunque a disposizione 60 giorni per presentare il ricorso in Cassazione, ma Ghedini ha anche escluso che anche stavolta possa intervenire qualche progetto di legge a far saltare il tavolo. “Non c’è alcuna ipotesi di legge – ha ribadito l’avvocato parlamentare – lo escludo categoricamente”. Progetti di legge forse no, ad esclusione di quello già abortito, a firma Quagliariel-
Adesso paga Così titolava “Il Fatto quotidiano” il 6 luglio dopo che Berlusconi era stato costretto a rimangiarsi la salva Fininvest lo-Gasparri in Senato, ma la tentazione di inserire in manovra una nuova norma ‘salva Fininvest’ c’è stata fino all’ultimo minuto, ieri sera al ministero del Tesoro durante il vertice sugli emendamenti da inserire nell’articolato. Alla fine ha avuto la meglio il timore che la manovra potesse inchiodarsi proprio su quella norma con conseguenze mostruose per la stabilità economica del Paese. Insomma, alla fine Fininvest pagherà. Ma non è detto che a settembre non si cominci ad accusare ‘le toghe rosse di Milano’ di essere anche responsabili di una marea di licenziamenti che si avvieranno nelle filiere delle tante aziende del Biscione.
Mercoledì 13 luglio 2011
pagina 7
Termoli jet Indagato il presidente del Molise Michele Iorio
S
FUTURISMI
i chiude dopo sei anni l’inchiesta sull’acquisto del catamarano Termoli jet: a finire nel registro degli indagati per truffa aggravata e falso in bilancio sono il presidente della Regione Molise Michele Iorio (Pdl) e cinque assessori regionali in carica nel 2005. Avevano usufruito delle risorse per il rilancio economico post terremoto e post alluvione del 2002. Tutto parte con la joint
venture 'Ltm' tra la regione e La Rivera, per collegare la costa molisana e quella croata. Dalla società mista i privati sono poi usciti e la regione si è accollata 8 milioni di euro per acquisire tutte le quote e, con un sovrapprezzo di 5 milioni di euro, la nave ora alla rada nel porto di Termoli, che in sei anni ha navigato pochissime ore. Per i giudici, invece, sarebbe stato obbligo dell'ente valutare la convenienza
dell'operazione, peraltro avviata individuando il socio privato senza gara. Secondo l’avvocato del presidente Iorio, invece “negli atti non si distingue l'illecito penale da quello amministrativo. Si creano processi che danno vita a ‘quel venticello’ del Barbiere di Siviglia e poi quando ci sono proscioglimenti non si legge nulla sui giornali. Inoltre - aggiunge - laddove vi fossero reati questi, a mio parere, sono già prescritti”.
NO, IL GOVERNO TECNICO NO L’opposizione dopo la manovra: la responsabilità serve a salvare il Paese o soccorre solo B.? Giulio Anselmi
FOTO ANSA
ontano da Roma, a Il Cairo, il segretario del Pd Pier Luigi Bersani ha un dubbio: “Non vorrei – dice – che si aprisse lo sport in cui tutti si mettono a fare il capo dello Stato”. La partita, in realtà, è già ampiamente cominciata, e il calcio d'inizio lo ha tirato il suo stesso partito. Rosy Bindi, Massimo D'Alema, Anna Finocchiaro tutti a dire che dopo la manovra Berlusconi deve dimettersi e lasciare spazio a un governo di unità nazionale “con lo scopo – spiega D'Alema – di affrontare la crisi e di cambiare la legge elettorale per andare poi alle elezioni”. Il leader Udc Pierferdinando Casini è contento perché “sono anni che diciamo che il Paese non si salva senza una coesione più ampia”. L’Italia dei Valori, invece, lo spiega il portavoce Leoluca Orlando, non è d’accordo: “Pensare a ipotesi di galleggiamento o di ‘governissimo’, significa non comprendere che, se entro un anno l’Italia non avrà un governo democraticamente eletto, starà dieci volte peggio della Grecia con grave danno per gli italiani e per la costruzione dell’Europa”. E sull’argomento è tornato a far sentire la sua voce anche l’ex presidente Romano Prodi. “Ci vorranno alcuni punti in cui governo e opposizioni dovranno convergere – ha detto – Una tregua, non un governissimo, perché non reggerebbe un giorno”. Abbiamo chiesto ad alcuni nomi del giornalismo e del mondo accademico che ne pensano. L’opposizione ha il dovere di lanciare una ciambella di salvataggio al Paese o rischia di aggrapparcisi solo il governo?
L
a cura di Paola Zanca
In linea di principio, durante le situazioni di crisi, sembra sempre che un governo di unione nazionale sia un elemento di forza. In realtà, in questo momento non è così: se crolla questo governo, con tutti i suoi limiti e le sue debolezze, attraverseremmo una tale crisi, in termini di economia pubblica e privata dei singoli, che il Paese difficilmente potrebbe superare. Per questo è auspicabile che il governo approvi la manovra in fretta, senza perdere tempo in pretesti vari, e che l'opposizione dia segni di forza e di solidarietà. È quello che ha chiesto il presidente Napolitano, l'unico ad aver dato segnali di credibilità a un Paese dove il governo è silente e anche l’unico ministro, quello dell’Economia, che era sinonimo di stabilità per i mercati, ora non lo è più. In questo momento possiamo compiere un’unica mossa di autodifesa. Chi si augura la caduta del governo è accecato dallo spirito di parte. Superato l'accanimento degli speculatori se ne potrà riparlare. Certo, la crisi non può essere un'amnistia politica per tutte le sciocchezze fatte.
Lucia Annunziata Un governo tecnico è sempre la ratificazione di un fallimento della politica. È l’ammissione di un'incapacità sia della destra che della sinistra di offrire piattaforme, soluzioni, in altri termini governare. Per questa ragione sono sempre stata contraria a soluzioni del genere. La politica ha il dovere di governare e di assumersi responsabilità. In Italia i governi tecnici sono stati usati in alcune congiunture proprio per coprire le mancanze della politica e per permettere a questa politica di trovare soluzioni sottobanco. Il più chiaro esempio di questo uso dei governi tecnici è il governo Dini che fece da cuscinetto tra il governo Berlusconi e la vittoria del primo governo del centrosinistra nel '96. Tuttavia oggi ci troviamo di fronte a una situazione tale che ci può portare non solo ad approvare, ma a sperare che un governo tecnico sia nominato per l'Italia. Anche in questo caso si tratterebbe di un commissariamento e specificatamente di un commissariamento dell'Europa sull'economia italiana. In questo caso, infatti, dichiarare il default del governo ma anche del centrosinistra, è la base da cui far ripartire l'economia.
Paolo Flores d’Arcais
Roberta De Monticelli
Un governo di “salvezza nazionale” è necessario ma è impossibile. Per essere di “salvezza nazionale”, anziché di “salvezza criminale”, dovrebbe essere formato da una dozzina di personalità fuori dai partiti, che rappresentino tutte le tendenze ideologiche costituzionali e alla cui testa sia una figura ex-istituzionale (Zagrebelsky, Monti). Nel programma: l’abrogazione di tutte le leggi ad personam, pene “americane” per falso in bilancio e ostruzione di giustizia, parlamentari senza più immunità almeno per perquisizioni, intercettazioni, ecc., manovra economica immediata e non rinviata al 2014, facendo pagare i 40 miliardi a chi ha rubato, evaso o lucrato, non (solo) a lavoratori, pensionati, disoccupati e precari... Evidente, perciò, che con questo Parlamento è impossibile. D’altra parte ogni governicchio di “salvezza criminale” o inciucio di Casta non avrebbe la credibilità internazionale per difendere l’Italia dall’ondata speculativa e la credibilità interna per ottenere i sacrifici ineludibili.
Se è vero che il mercato ha sfiduciato il governo e colpito la politica di Tremonti, come sostiene l’economista Giacomo Vaciago, se è vero che in questione è la credibilità dell’Italia, rappresentata dall’uomo che ha fatto della menzogna il fondamento della sua vita e purtroppo anche della nostra, se è vero che quell’uomo è a tal punto incapace di parlare senza mentire, che il plateale svelamento della vergogna sua di corruttore e ladro l’ha costretto al silenzio, se è vero che infinite sconcezze di corruzione, abusi e dissipazione di pubbliche risorse emergono anche dai cassetti del suo ministro dell’economia, se è vero che ancora oggi, non appena ha riaperto bocca, il ladro e corruttore di Arcore ha ricominciato a mentire sulla gravità della situazione italiana, allora mi è veramente incomprensibile come si possa chiamare “responsabilità” la disponibilità da parte delle opposizioni a correre in soccorso sia pure provvisorio di questo governo. Sia pure provvisorio: come se non avessimo imparato niente dalle occasioni in cui colui che ha corrotto l’Italia con la nostra colpevole adesione, partecipazione, indulgenza, ha poi fatto saltare ogni tavolo di trattativa quando la trattativa non gli è convenuta più.
DIZIONARIO L’abc delle manovre di Palazzo
Come si dice “inciucio” in politichese? di Fabrizio d’Esposito
ull’onda della “coesione nazionale” Sallunga invocata dal capo dello Stato (e che una tradizione di appelli di altri inquilini del Colle, dalla “pacificazione nazionale” alla “conciliazione nazionale”), tornano le formule in politichese del “governo tecnico” (D’Alema) e del “governo d’emergenza” (Bindi). Tra Prima e Seconda Repubblica c’è un vasto campionario per dare dignità etimologica a quelle che in genere sono manovre di potere nel Palazzo. EMERGENZA L’espressione usata dalla presidente del Pd Rosy Bindi è stata già lanciata alla fine di giugno dal leader dell’Udc Pier Ferdinando Casini. In questa fase di crisi economica, il governo d’emergenza sarebbe sul modello ‘93 degli esecutivi di Amato e Ciampi. TECNICO Il governo tecnico si chiama così perché formato da professori ed esperti non eletti dal popolo sovrano. Nella Seconda Repubblica il governo tecnico
per eccellenza è stato quello varato da Lamberto Dini dopo il ribaltone della Lega di Umberto Bossi alla fine del ‘94. DECANTAZIONE Formula tipica della Prima Repubblica: il primo governo di decantazione fu guidato dal democristiano Giovanni Leone nel 1963 in preparazione della nuova stagione di centrosinistra. Fu chiamato anche esecutivo balneare perché nacque in estate solo per approvare la legge di bilancio e gestire l’ordinaria amministrazione. Ad aprile un governo di decantazione post-berlusconiano è stato chiesto da Walter Veltroni del Pd e Beppe Pisanu del Pdl con una lettera al Corriere della Sera.
SALVEZZA NAZIONALE Dal 2009 a oggi, il record di richieste per un nuovo governo di Palazzo appartiene a Casini, non a caso ex democristiano allievo di Arnaldo Forlani. Il capo dell’Udc ha proposto un governo di salvezza nazionale nell’autunno scorso, prima della mancata spallata del 14 dicembre, quando il Cavaliere è stato salvato dai Responsabili di Domenico Scilipoti. Salvezza nazionale oppure nuovo Cln antiberlusconiano. Il progetto prevedeva lo stesso Casini a Palazzo Chigi e Massimo D’Alema al Quirinale nel 2013. Una spartizione da autentici professionisti della politica. SALUTE PUBBLICA Altra formula dell’instancabile Casini, stavolta del maggio 2010. Il governo di salute pubblica prende il nome dal comitato che istituzionalizzò la rivoluzione francese e consegnò Danton e Robespierre alla storia. Il leader dell’Udc parlò di “governo di salute pubblica o di responsabilità nazionale”.
Campionario ragionato dei grandi classici usati dai professionisti della politica Interpreti d’eccezione: Casini e D’Alema
GOVERNISSIMO In politichese, è l’esatto opposto del governo tecnico. Il governissimo prevede i partiti in prima fila in nome delle larghe intese. Tenne banco nell’estate di due anni fa, dopo le rivelazioni di Patrizia D’Addario sulle notti bianche di Palazzo Grazioli. A chiederlo fu D’Alema, che fu accusato dal centrodestra anche per la profezia della famosa “scossa in arrivo” un paio di giorni prima dello scandalo D’Addario. ISTITUZIONALE Si è meritato qualche riga nella lunga vigilia della fiducia del 14 dicembre scorso. Prevedendo una caduta di B. per lo strappo di Fli, venne ipotizzato un governo di transizione affidato a uno dei due presidenti del Parlamento, Renato Schifani (Senato) o il “traditore” Gianfranco Fini (Camera). Una transizione istituzionale, appunto. Una variante è costituita dal governo del presidente (della Repubblica) che pilota la crisi non solo nella forma ma anche nella sostanza, di concerto con il premier incaricato. A parlare di governo del presidente fu Rutelli quando venne bocciato il lodo Alfano dalla Consulta.
UNITÀ NAZIONALE È la formula più classica da agitare nei momenti di crisi. Ovviamente sia Casini sia D’Alema hanno chiesto anche un governo di unità nazionale. Il concetto rimanda alla tragica solidarietà nazionale tra Dc e Pci, che si concluse con il rapimento e l’omicidio di Aldo Moro. A sua volta la solidarietà nazionale basata sul concetto di compromesso storico fu preceduta da un governo della non sfiducia presieduto da Andreotti. GROSSE KOALITION Altro tormentone casinian-dalemiano, esportato dalla Germania nel 2005 quando i democristiani della Merkel e la Spd di Schroeder “pareggiarono” alle elezioni. Da allora è stato riproposto decine di volte in versione italiana. L’ultima all’inizio del 2011 dall’Udc. MINORANZA Il governo di minoranza è stata una delle ipotesi valutate dal premier prima del 14 dicembre: andare avanti con 306-308 voti alla Camera al posto dei previsti 316 (maggioranza assoluta). Poi sono arrivati i Responsabili.
pagina 8
Mercoledì 13 luglio 2011
DELITTI E CASTIGHI
È VIETATO MORIRE: LA CAMERA APPROVA IL BIOTESTAMENTO Applicabile solo a pazienti senza attività cerebrale. Pd spaccato di Caterina Perniconi
uecentosettantotto voti favorevoli, duecentoquattro contrari. La Camera approva la legge sul biotestamento. Dopo 782 giorni di discussione, più della metà dei deputati italiani hanno stabilito come devono morire i cittadini. O meglio, come “non possono morire”. Il biotestamento (o Dat, dichiarazione anticipata di trattamento) sarà infatti valido solo nei pazienti con “accertata assenza di attività cerebrale integrativa cortico-sottocorticale” praticamente, spiega il senatore e medico Ignazio Marino, “questa legge dice che si possono staccare le macchine solo quando il paziente sarà già clinicamente morto. Bella scoperta”. Nonostante siano trascorsi più di due anni dalla scomparsa di Eluana Englaro, momento nel quale è cominciato il dibattito sulla necessità di una dichiarazione anticipata sulle volontà terapeutiche, il dibattito a Montecitorio si è avvitato sul tema dell’eutanasia. Come se chiedere l’interruzione di nutrizione e alimentazione artificiali - il cosiddetto “sondino di Stato” - sia equiparabile a un’iniezione letale. Nella sua dichiarazione di vo-
D
to in Aula anche l’Udc Rocco Buttiglione è stato costretto ad ammettere che ha pensato molte volte “che fosse meglio nessuna legge rispetto a questa legge”. Ma, dopo le volontà espresse pubblicamente dalla Chiesa, in molti hanno premuto il tasto verde turandosi il naso. Il Partito democratico si è spaccato e ha espresso tre voti diversi: Giuseppe Fioroni, con alcuni dei suoi, ha votato a favore, mentre 13 deputati guidati da Pierluigi Castagnetti hanno preferito non votare
Beppino Englaro: “Una legge incostituzionale, le parole di Berlusconi uno squallore” La protesta dei Radicali ieri sotto Montecitorio (FOTO LAPRESSE)
perché “non serviva una legge, il fine vita deve rimanere affidato a decisioni sobrie, discrete e particolari, da assumere caso per caso, in circostanze che saranno sempre uniche ed irripetibili, come
unico ed irripetibile è il destino di ogni persona umana”. Ma c’è anche chi pensa che legiferare a senso unico su un tema così delicato sia giusto. “La legge sulle Dat approvata alla Camera è un buon testo,
saggio ed equilibrato, che rende finalmente obbligatorio il consenso informato permettendo al paziente di scegliere le terapie”, commenta il sottosegretario alla Salute, Eugenia Roccella. Di tutt’altro av-
viso la Libdem Daniela Melchiorre: “Questa legge arriva ad osare quel che nessuno fino ad oggi ha osato in Italia: privare, per piaggeria politica, l’individuo della disponibilità di se stesso, e nelle condizioni più dure e più difficili. Si annienta la volontà del singolo e la sostituisce con quella altrui: quella di questa maggioranza”. Certo è che tra i voti degli emendamenti e quelli degli articoli la maggioranza cambiava al ribasso. E alla fine 7 deputati del Pdl si sono astenuti dal voto finale, a dimostrazione che la decisione non è tutt’altro che condivisa. Ieri mattina, intanto, in una sala di fronte a Montecitorio, Ignazio Marino ha riunito Mina Welby, moglie di Piergiorgio e Beppino Englaro per commentare, a pochi passi dal luogo dove stava avvenendo la votazione, la norma che il padre di Eluana ha definito “incostituzionale”. E per annunciare la battaglia referendaria che partirà non appena la legge sarà licenziata da entrambi i rami del Parlamento. “Nelle leggi non bisogna scrivere principi etici ma giuridici – ha dichiarato il presidente della commissione d’inchiesta sul Servizio sanitario nazionale – si obbligano le persone, anche coloro che hanno indicato di non volere un tubo
Vittime due volte Beppino Englaro, padre di Eluana, e Mina Welby, moglie di Piergiorgio, ieri mattina davanti a Montecitorio (FOTO ADN)
nell’intestino, a riceverlo per legge. Inoltre le indicazioni che ognuno lascerà non saranno vincolanti per il medico. Questo è incivile e inaccettabile”. Per Marino una consultazione è necessaria “perché bisogna dare un segno a questa politica che non può più calpestare i diritti delle persone”. Alla fine della conferenza stampa Beppino Englaro ricorda le parole del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, che hanno lasciato dentro la sua famiglia una ferita difficile da rimarginare: “Quella ragazza potrebbe anche avere un figlio”. Il commento è commosso, e arrabbiato: “Lui sapeva, era stato informato dal presidente della Regione Friuli Venezia Giulia delle condizioni di Eluana. Quella frase fu una mancanza di rispetto nei suoi confronti, e in quelli di un padre e di una madre che stavano affrontando un momento difficilissimo. Un vero squallore”. Pensiero simile al giudizio sul testo che tornerà al Senato per il voto finale in autunno. Salvo un cambio di governo.
PORTFOLIO Gianni e la sicurezza
Alemanno che tutto fa (tranne il sindaco) 2. Aviatore Il sindaco della sicurezza una ne fa e cento ne pensa. Qui vediamo Gianni Alemanno nei panni del barone rosso mentre sperimenta le nuove tecniche di contrasto ai birbaccioni: si decolla in incognito, si sorvola il territorio nemico e, giocando sull’effetto sorpresa, si bombarda la criminalità dall’alto
3. Camerata Le vecchie ricette deterrenti della Buonanima restano sempre le migliori. Il camerata sindaco intimidisce i delinquenti salutandoli romanamente. Solo che sbaglia braccio. Il destro, cazzo Gianni, il destro!
1. Rocciatore Eletto per l’impavida temerarietà con cui affronta il crimine, Gianni si imbatte in un minaccioso lombrico e, con agile balzo, si mette in salvo arrampicandosi su un muro
6. Spalatore Anche una vanga da campagna può rivelarsi utilissima contro il dilagare della teppaglia urbana, per farla roteare sul capoccione del birbaccione. Specie se l’arma viene maneggiata da due braccia rubate all’agricoltura. E Alemanno, modestamente, le nacque
4. Accendisigari Finalmente una missione all’altezza del suo Quoziente d’Intelligenza. Il sindaco della sicurezza sperimenta col ministro Bossi la nuova arma segreta anti-birbaccioni importata direttamente dalla Padania: il sigaro esplosivo. Purtroppo però sia il suo accendino sia quello della governante Polverini fanno cilecca. Sarà per la prossima volta 7. Cineasta Missione compiuta. Giustamente orgoglioso per la titanica opera svolta, il sindaco sceriffo mostra dal balcone del Campidoglio la città finalmente pacificata a Woody Allen (nella foto, il comico è quello a sinistra)
5. Polentone Alemanno collauda sul campo un’altra arma segreta d’importazione padana, garantita dal ministro Calderoli in persona: il mestolo da polenta taragna della Val Brembana. Appena il birbaccione si avvicina con fare sospetto, gli si rovescia il pentolone addosso. Così impara
8. Utilizzatore finale L’insonne e sempre vigile primo cittadino, con casco e motoretta, provvede personalmente ai rastrellamenti notturni di mondane & affini. Ma, si sa, la carne è debole e crea uno spiacevole effetto Sircana: “50 euroooo? Signorina, lei non sa chi sono io!” a cura di Marco
Travaglio
Mercoledì 13 luglio 2011
pagina 9
SCATTI E RICATTI
IL GOSSIP ALL’ASTA SU E-BAY L’ARCHIVIO SEGRETO DI SPYONE Ci sono foto di politici (anche di Alfano) La società lavorava per “Chi” di Antonella Mascali Milano
endesi “Archivio video-fotografico ricco di servizi paparazzati (e posati) pubblicati e mai pubblicati di personaggi dello spettacolo italiano e della politica, nazionale e internazionale, della società Spyone group srl. Periodo ottobre 2008 - maggio 2011”. L'annuncio, comparso cinque giorni fa su eBay, ha lasciato in molti senza fiato. All'asta online non vanno foto qualsiasi, ma il tesoro di Spyone, l'agenzia fotografica che per due anni l'ha fatta da padrone in Mondadori, mettendo a segno molti dei colpi che hanno fatto felici il direttore di Chi, Alfonso
V
Signorini e il premier Silvio Berlusconi. Adesso nel mondo del gossip, ma non solo, ci si chiede: è un messaggio o una provocazione? Non è chiaro. Sono certe, però, tre cose. La prima: il prezzo tutt'altro che da saldo (la base d'asta è di 250 mila euro). La seconda: quelle foto almeno in teoria sono in grado di far tremare un mucchio di potenti. La terza: Spyone è una delle agenzie fotografiche al centro dell'inchiesta, ancora in corso, del pm milanese Frank Di Maio, su un presunto sistema di scatti e ricatti con molti risvolti politici. L'elenco dei colpi messi a segno da Spyone, una società messa in piedi da personaggi le-
gati a Signorini e al suo braccio destro Gabriele Parpiglia, è del resto lunghissimo. Per esempio, secondo quanto risulta al Fatto Quotidiano, sono stati i paparazzi di Spyone a filmare il giudice civile, Raimondo Mesiano, che a Milano, in primo grado, ha condannato la Fininvest a pagare 750 milioni di risarcimento alla Cir per essersi accaparrata la Mondadori solo grazie a una sentenza comprata. IL VIDEO, trasmesso a ottobre 2009 da Canale5, voleva far passare per matto il giudice: Mesiano fuma “nervosamente” davanti al negozio del suo barbiere. Seduto su una panchina di un giardinetto indossa “calzini tur-
LA CRISI del Tg1 in Cda Rai rissa tra Garimberti e Minzolini consiglio di amministrazione della Ngli elRai previsto per domani si parlerà deascolti del Tg1 e di quello dei canali generalisti. Lo ha annunciato in Vigilanza Rai il direttore generale Lorenza Lei, rispondendo alle domande poste nella precedente seduta dai parlamentari componenti la commissione. “Quando il Tg1 delle 20 registra un ascolto vicino al 20% di share – ha dichiarato il dg – mi chiedo cosa sia successo”. Sul tema è intervenuto anche il presidente Paolo Garimberti: “Il calo è un problema molto serio. Quello che mi preoccupa è il 20,6 per cento di share vuol dire che lo spettatore sente che l'informazione non è completa e adeguata a quella della rete ammiraglia”. Augusto Minzolini ha risposto in concomitanza con l’arrivo di
un comunicato del comitato di redazione che accoglieva di buon grado la proposta del presidente e del dg: “Se fossi in Garimberti, mi preoccuperei più della rete, di Rai1. E la stessa cosa consiglio a Gentiloni, il quale mi sembra alquanto fazioso nel riportare i dati”. E Gentiloni (Pd) aveva appena ricordato come il Tg1 abbia perso 9 punti di share in tre anni. La giornata in Rai si chiude con un altro scontro tra Garimberti e Minzolini. Il presidente dice al direttore di “preoccuparsi di fare bene il suo lavoro invece di dare consigli”. Lorenza Lei ha anche precisato di essere disposta a valutare le eventuali proposte editoriali di Santoro dopo la definitiva uscita dal servizio pubblico come dipendente.
Turchese Dopo la chesi”. Ma i paparazzi hanno anche scattato foto del magistrato, pedinato per più giorni. Foto che non sono mai comparse su alcun giornale. Come quelle del neosegretario del Pdl, Angelino Alfano, ritratto a Natale 2009 in un resort delle Maldive. La posa ricorda il Padrino di Francis Ford Coppola: il ministro della Giustizia, seduto in poltrona, si sta facendo fare la manicure da un'estetista del posto. A vigilare, un uomo della scorta in maglietta. Quelle foto sono rimaste in un cassetto di Chi. Non perché fossero scandalose, ma perché mettevano comunque in forte imbarazzo il ministro, pupillo di Berlusconi. In periodo di crisi, con la maggioranza degli italiani costretta a usare la tredicesima
L’agenzia è al centro del caso Mesiano, il giudice pedinato dopo la prima sentenza Mondadori per pagare mutui e bollette, con la disoccupazione in crescita, vedere un ministro sollazzarsi alle Maldive, fa perdere voti. Ed ecco che Signorini, spin doctor del premier, non pubblica e ci guadagna in riconoscenza. Nell'archivio, ora all'asta, secondo fonti del Fatto Quotidiano, ci sarebbero anche foto del ministro della Difesa, Ignazio La Russa e
sentenza sulla Mondadori, il giudice Mesiano viene filmato per farlo sembrare “strano”. Accanto, la pagina di eBay (FOTO MILESTONEMEDIA)
di altri politici. Il nuovo proprietario della Spyone è Filippo Rey, ex venditore della Corona's, di Fabrizio Corona. Contattato al telefono è laconico: “La Spyone adesso si chiama Cross media company. Ho messo all'asta l'archivio perché non voglio più avere a che fare con la vecchia gestione”. Ma cosa c'è dentro l'archivio? “Non glielo dico”. Clic. Spyone viene costituita nell'ottobre 2008, dall'ex maestro di tennis ed ex amico di Signorini, Alan Fiordelmondo, con altri due soci, Walter Gatti e Roma press. Due anni dopo, nell'ottobre 2010, resta soltanto Fiordelmondo. Due mesi dopo, entrano in Spyone, Rey e il gruppo editoriale Delta. Ad aprile 2011 ancora un cambio societario. Fuoriescono Delta e Fiordelmondo, che adesso lavora all'estero. Rey diventa socio di maggioranza e cambia nome alla società. NEL FRATTEMPO, Spyone-Cross media company, è caduta in disgrazia. Non ha più il portone spalancato in Mondadori. Adesso l'agenzia fotografica in auge è la Roma press di Giuseppe Carriere, detto Clark, ex socio di Spyone, amico e coinquilino di Parpiglia. Il cronista-detective di Chi, che spopola su Canale5 e quando serve, è in prestito al Giornale. Tanto rimane tutto in famiglia (Berlusco-
ni). Ora questo mondo borderline delle foto finto-gossip, usate anche come arma di controllo politico, ha una nuova puntata tutta da capire: l'asta di Spyone (su cui ha scritto Oggi.it) dai possibili sviluppi incandescenti. Per i presunti fotoricatti, il pm Di Maio ha già sentito, lontano dagli occhi curiosi dei cronisti del Palazzo di Giustizia, decine di persone. Fra loro Lapo Elkann, Paolo Mieli, ex direttore
Il nuovo proprietario è Filippo Rey, ex venditore della Corona’s di Fabrizio Corona del Corriere della Sera e presidente di Rcs libri, Emilio Carelli, direttore di SkyTg24. Ma i casi di presunte estorsioni e tentate estorsioni, su cui si è concentrato il magistrato, sono molti di più. E la cifra pagata dalle “vittime” per bloccare la pubblicazione di foto compromettenti arriva anche a 400 mila euro.
Moro, la Storia che si rimargina nel silenzio AGNESE, LA FIGLIA DELL’EX PRESIDENTE DC, INCONTRA A GENOVA L’EX TERRORISTA FRANCO BONISOLI DEL COMMANDO DI VIA FANI di Nando
Dalla Chiesa
a mano di una donna che Luomo stringe nella sua quella di un prossimo al singhiozzo. Lei protettiva, lui quasi travolto dall’ emozione in pubblico. Lei si chiama Agnese Moro ed è figlia di Aldo Moro, lo statista democristiano rapito e ucciso dalle Brigate Rosse nel ’78. Lui si chiama Franco Bonisoli e ha fatto parte del commando che in via Fani rapì Aldo Moro “annientando” la sua scorta. Quelle due mani che d’improvviso si stringono furtive verso il basso sarebbero, se solo qualcuno la scattasse, una foto storica. Non c’è alcuna tivù a riprenderle. Ma al pubblico che affolla il cortile del Comune di Genova quel gesto non sfugge. Una folata di silenzio muto e commosso arriva fino al palco. I due sono in contatto da un anno. Lei non lo avrebbe mai pensato possibile. Ma un gruppo di volontari che sta lavorando sott’acqua per una riconciliazione vera - altra cosa dalla fami-
gerata “soluzione politica”- alla fine li ha fatti incontrare. Agnese ricorda il bivio tra la strada del rancore e quella cristiana dell’”amate i vostri nemici”. Parla di un uomo tenero e gentile che, prima che statista, “era mio padre”. RIDISEGNA il clima di quei mesi e accanto ai terroristi mette i partiti indifferenti, la stampa accecata dal mito della fermezza, gli intellettuali che sciabolavano Agnese Moro (FOTO LAPRESSE)
giudizi su un uomo inerme. Evoca la zona grigia, “che rendeva più ampi i confini del partito armato”. Il colpevole è “chi ha premuto il grilletto”, precisa, perché ogni uomo è libero di scegliere. Ma ricorda, vuole ricordare, un paese rimasto a guardare. Perciò chiede che ora quel dramma diventi occasione per un ripensamento collettivo. Restituisce al pubblico il suo dolore, che le impedì per vent’anni di leggere gli scritti del padre. Che le ha impedito di trovare sollievo nelle condanne giudiziarie, perché “non hanno fatto tornare in vita la persona che amo”. Perché le sentenze, pur necessarie, non portano umanità. “Stare con lui invece mi dà qualcosa”, spiega indicando con gli occhi Bonisoli. “C’è un’umanità che ci unisce”, dice, “siamo due facce della stessa medaglia”. Bonisoli ripercorre la sua vicenda per i più giovani. La clandestinità a diciannove anni venendo da una famiglia reggiana “religiosamente comunista”, il so-
gno di una società senza sfruttati, l’accettazione del rischio più alto per realizzarla. E il disastro delle vite colpite. Non ha nulla del brigatista televisivo che spiega il suo fallimento politico come un partito potrebbe spiegare la sconfitta elettorale. Ammette di avere “tanti debiti da pagare, forse infiniti”, racconta il rimorso per il dolore sparso e di non avere mai voluto scrivere lettere dal carcere ai familiari per lealtà, per non ottenere sconti di pena. RIEVOCA le figure che lo hanno aiutato in uno sforzo che è stato individuale, perché da un certo punto in poi le scelte collettive non si potevano più fare, perché “c’è sempre un tempo in cui ti suona la campanella della coscienza” e non è detto affatto che sia lo stesso per tutti. Tanti uomini di chiesa, dai coraggiosi cappellani delle carceri al cardinal Martini, anche se lui è rimasto laico, tutto sommato viene da una famiglia di mangiapreti. Il
suo volontariato con i salesiani e il rimpianto che a quei tempi qualcuno non gli abbia proposto di farne nel Mato Grosso, “magari avrei fatto ospedali invece che danni terrificanti”. Il suo impegno, parlando con i giovani, anche delle carceri minorili, perché nessuno ricada più nella violenza, “i ponti per arrivarci purtroppo sono sempre aperti”. La mano tesa da Agnese Moro lo aiuta a credere nel futuro. “Se c’è una possibilità di dialogo tra noi”, osserva, “allora mettiamo in crisi questa civiltà dello scontro e del rancore, anche sulle piccole cose”. Agnese annuisce con la serenità dei giusti. Ha colto in lui “il rispetto per la nostra famiglia”. Dice che c’è un giusto, suo padre, che approverebbe questo suo percorso. Che sarebbe bello se una riconciliazione vera avvenisse nel nome di Moro. Il pubblico della Settimana Internazionale dei Diritti, che ha tenuto il fiato sospeso per un’ora e mezzo, si schiera con lei con un applauso lunghissimo.
pagina 10
Mercoledì 13 luglio 2011
MALAITALIA
G8, IL MEDICO DI BOLZANETO HA FATTO CARRIERA Giacomo Toccafondi partecipò ai soprusi in caserma. Premiato dall’Asl di Ferruccio Sansa
il medico in mimetica ricordato da tanti ragazzi rinchiusi nella caserma di Bolzaneto. È uno dei dottori chiamati a rispondere civilmente per gli orrori del G8. Ma per lui nessuna sanzione. Anzi, la sua Asl ha deciso di premiarlo. Genova il 23 luglio ricorderà le giornate più buie della sua storia recente: dieci anni fa si teneva il G8 segnato dalla morte di Carlo Giuliani, dalle violenze inaudite nelle strade della città, nella scuola Diaz e nella caserma di Bolzaneto. La cit-
È
tà vuole chiudere le ferite, ma non è facile: sulle responsabilità è sceso il velo della prescrizione, dell’impunità. Molti protagonisti di quei giorni non hanno subìto conseguenze, anzi, hanno ottenuto promozioni. Sono diventati alti dirigenti, questori. MA NON si parla soltanto degli appartenenti alle forze dell’ordine. Ecco il dottor Giacomo Toccafondi. A dieci anni dal G8 il medico genovese non ha subìto alcuna conseguenza. Eppure è uno dei quattro dottori che, secondo i magistrati, avrebbero partecipato alle vio-
Quando la Rai non andava in ferie er scoprire una Rai che non chiude la produzione da giugno a settembre bisogna andare indietro nel tempo. RiPcordo che un anno lo slogan della rete ammiraglia fu: “Rai1 non chiude per ferie”. Quell’estate Enzo Biagi, dopo aver realizzato Il fatto, girò la Penisola per raccontare gli italiani, Arrigo Levi andò in onda con C’era una volta la Russia. Allora a Rai1 eravamo pronti in qualsiasi momento a produrre speciali. Era tutto più semplice, vi era meno controllo dall’esterno. Il direttore di rete godeva della giusta autonomia. Si coordinava con il palinsesto centrale e con il direttore generale, ma non prendeva ordini dalla “burocrazia” (il male poco oscuro di ogni libera iniziativa), anzi, la stessa si metteva a disposizione di chi realizzava i programmi. Oggi la “burocrazia” può essere uno strumento di censura. Quando arrivò Gad Lerner a dirigere il Tg1, realizzammo una serata dedicata alla beatificazione di papa Giovanni XXIII. La preparammo durante l’estate e il 29 agosto andò in onda. Fu un trionfo di ascolto: 38% di share. In questi giorni la prima serata si vince con il 15%, quasi un terzo del pubblico ha abbandonato le tv generaliste, per il satellite, le private e le pay. Non è vero che l’offerta Rai è così solo perché non
lenze di Bolzaneto. Il processo penale, con decine di testimonianze, ha ricostruito nei dettagli le violenze nella caserma alle porte di Genova. Furono ore di delirio, sopraffazioni, umiliazioni e libero sfogo alle peggiori inclinazioni di alcuni poliziotti e agenti penitenziari. È perfino difficile riuscire a leggere le parole dei testimoni. I magistrati nella sentenza parlano di un inferno, ricordano che “lo shock di questa esperienza fu tale che a molte donne iniziò il ciclo (mestruale, Ndr) prima del ritmo naturale”. Il dottor Toccafondi è uscito indenne dal processo. Ha ottenu-
to la prescrizione anche se dovrà rispondere civilmente. Per la Corte di Appello è stato un medico “che anziché lenire la sofferenza delle vittime di altri reati, l’aggravò, agendo con particolare crudeltà su chi inerme e ferito, non era in grado di opporre alcuna difesa, subendo in profondità sia il danno fisico, che determina il dolore, sia quello psicologico dell’umiliazione causata dal riso
Genova, luglio 2001, la polizia irrompe alla scuola Diaz. Gli arrestati sranno portati alla caserma di Bolzaneto (FOTO ANSA)
dei suoi aguzzini”. Toccafondi è il dottore che “visitava” in mimetica ricordato da tanti ragazzi ospiti di Bolzaneto. Ma neanche l’ombra di una sanzione è arrivata da parte del suo ordine professionale. Già, non sono state soltanto le forze dell’ordine a fare muro per difendere i loro appartenenti. Dall’Ordine dei Medici non è arrivato alcun provvedimento per Toccafondi.
di Loris Mazzetti
ci sono soldi per produrre. Nella scorsa estate clamoroso fu il no di Masi quando il direttore di Rai3 Ruffini chiese di poter andare in onda con uno speciale Ballarò durante lo scontro tra Berlusconi e Fini. Sempre l’ex dg impedì di anticipare il programma di Floris dal 14 al 7 settembre (Fini si stava preparando per lo strappo finale), la ragione fu: “I palinsesti decisi non si cambiano”. Ha ragione Carlo Tecce quando scrive: “Dopo la scomparsa dei fatti, anche le notizie passano a miglior vita”. Il servizio pubblico ha abdicato, ancora una volta, alla concorrenza l’approfondimento (il programma di Telese e Costamagna su La7 viaggia tra l’8 e il 9% di share). Purtroppo quello che dovrebbe essere considerato un’eccezione, la replica, in Rai è diventata una consuetudine. Che ci sia bisogno per 12 mesi l’anno di approfondimento informativo lo dicono i fatti: la politica è inarrestabile, la crisi economica avanza inesorabilmente, nel Nord dell’Africa non c’è pace, nel Corno vi è un esodo apocalittico di 10 milioni di persone causato dalla carestia, mentre i tg preferiscono approfondire il gossip. Sarebbe sufficiente che alla fine della programmazione di Ballarò, Repor t, Annozero, Porta a Porta (i precotti estivi servono solo per arricchire il conduttore), partissero nuovi programmi prodotti da rete e testata con giovani giornalisti: la scoperta di nuovi talenti non farebbe male né alla Rai né ai telespettatori.
MA IL MEDICO di Bolzaneto oltre a non essere punito è stato anche premiato: oggi è un dirigente medico della Asl 3 Genovese, la più importante della Liguria e una delle maggiori d’Italia. Non solo: nel 2004 è stato invitato, proprio dalla sua Azienda Sanitaria Locale, a fare il capo del “Medical Service” in Kosovo al seguito dell’esercito. Un onore cui molti medici aspirano. Adesso, però, ecco l’ultima sorpresa: si scopre che nel 2010, lo stesso anno della sentenza, la Asl 3 oltre a riconoscergli lo stipendio, gli ha attribuito la cosiddetta “retribuzione di risultato” ossia il premio per il conseguimento degli obiettivi. Così Toccafondi ha intascato 4.548,79 euro. Una decisione contro cui Sel ha presentato un ordine del giorno al Consiglio Regionale della Liguria. Scrive Simone Leoncini, coordinatore di Sini-
stra Ecologia e Libertà: “Esprimiamo sdegno per questa decisione. Chiediamo alla Regione Liguria, al suo Presidente Claudio Burlando e all’assessore alla Sanità Claudio Montaldo di intervenire e di ritirare questo premio offensivo. Chiediamo che sia chiarito l’iter che ha portato a questa decisione, e quali siano i criteri deontologici con i quali viene valutato l’operato del personale medico”. Alessandro Benzi, capogruppo della Federazione della Sinistra, aggiunge: “Il dottor Toccafondi ha chiaramente violato le norme etiche alla base della sua professione, quelle norme che sarebbe stato normale considerare prima di assegnargli un riconoscimento”. Valter Ferrando (Pd) e Matteo Rossi (Sel) sono ancora più duri: “Chiediamo a Burlando di verificare al più presto se il comportamento di Toccafondi non si configuri come incompatibile con l’esercizio della professione medica in una struttura pubblica”. E pensare che la sentenza di Appello per le violenze di Bolzaneto (dove passarono 252 ragazzi fermati dopo gli scontri di piazza) era stata particolarmente severa: tutti colpevoli i 44 imputati (funzionari, agenti, ufficiali dell'Arma, generali e guardie carcerarie, militari, medici). Ma pochi o nessuno pagherà. La commissione d’inchiesta parlamentare non è stata fatta e la quasi totalità dei reati – calunnia, lesioni non gravi, abusi vari – contestati ai poliziotti della Diaz così come agli imputati di Bolzaneto sono stati spazzati dalla prescrizione. Restano in piedi le lesioni gravi, che però vanno in prescrizione dopo dieci anni e sei mesi (gennaio 2012) e i falsi che di anni ne prevedono dodici e mezzo (gennaio 2014). I dieci anni dal G8 si celebreranno all’insegna dell’impunità. Così diversa dal perdono invocato da molti.
Il dottore è uscito dal processo solo grazie alla prescrizione, per i giudici agì con “particolare crudeltà”
Il carcere inutile, storie di recidivi e sorvegliati speciali UN GIORNO IN TRIBUNALE RACCONTATO DA UN AVVOCATO: IN PRIGIONE PER UNA CANNA, UN FURTO AL SUPERMERCATO, UN LITIGIO di Elias Vacca*
ho letto le due pagine “Come svuotare le carceri a costo zero” a Qfirmauando MarcoTravaglio sul “Fatto Quotidiano” del 12 luglio, sono saltato sulla sedia. Ero in tribunale in quel momento e si stavano celebrando una mezza dozzina di processi a carico di poveretti. HO VISTO COSE che voi umani... Uno era stato sorpreso ai giardinetti a scazzarsi con un altro non si sa bene perché. Credo per la campagna acquisti del Cagliari. In sé non c’è nulla di male, ma erano entrambi pregiudicati per piccoli reati. E gli avevano dato la sorveglianza speciale con divieto di “associarsi a pregiudicati”. Un altro, pure lui con la misura, aveva omesso per ben due volte in quattro mesi di firmare il registro di P.S. Per il resto condotta irreprensibile. Un altro ancora era rincasato alle 19.20 anziché alle 19. Gli altri tre non so, non li difendo io, ma mi sembravano la stessa roba.
invece, te la regalano per taccheggi o se sei stato pluribeccato col fumo in saccoccia. Il tuo, ovviamente, ma un grammo più del lecito. Se sei tossico, è come avere l’ergastolo potenziale. E allora ti danno la sorveglianza con l’obbligo di dimora (o il divieto di dimora) in un certo paese o città, ti prescrivono di non stare fuori casa, per esempio, dalle 20 alle 8, di non associarti a pregiudicati, di non portare armi e di non sbevazzare nei bar. Poi ti impongono di cercare un lavoro, come se foose facile, e di firmare il registro di P.S. nei giorni stabiliti. Se ti danno l’obbligo di dimorare nella tua città, la misura è considerata grave. Se violi quella misura anche in maniera minima, ad esempio rincasando 10 minuti oltre l’orario, o dimenticando per un giorno di firmar, magari perchè ti sei addormentato, non è neppure contravvenzione, è proprio delitto. Quindi vale per la recidiva. Becchi 8 mesi, dieci mesi, anche un anno. E te li fai tutti. Perchè sei recidivo, sennò perchè avresti la misura? Sei buono per la statistica degli L’inchiesta di Marco Travaglio pubblicata ieri arresti.
La sorveglianza speciale è una misura di polizia. È ai limiti della costituzionalità, c’è letteratura a fiumi sull’argomento. Te la danno come “ premio alla carriera”, anche se non hai mai commesso reati gravi. Il Questore la chiede ed il Tribunale, 99 volte su 100 te la applica. E certe volte ha ragione il Questore a chiederla ed il Tribunale ad applicarla, specialmente se sei un mafioso conclamato, un trafficante professionale di droga, uno sfruttatore di prostitute. Il più delle volte,
Ne ho viste cose... Uno le ha prese anche, non scherzo, da una massaia cui aveva tentato di rubare le buste dal carrello della spesa. Rapina impropria. Dentro. UNO, PRATICAMENTE innocuo, devastato da un venticinque anni di eroina, lo hanno arrestato perchè trovato “in compagnia” di un altro pregiudicato. Gli stava chiedendo da fumare. Ma di qualunque tipo di fumo si trattasse, non era il fumo il problema, era l’interlocutore. Non denunciato a piede libero: arrestato. Ore per i verbali, il processo, la traduzione dell’arrestato, patrocinio a carico dell’erario perché l’imputato è povero in canna. Otto mesi a 115 euro al giorno, sempre a carico dello Stato. Ci costerà, tra una cosa e l’altra, 40 mila euro tra processo e detenzione e, prima e poi, andrà ad ingrossare le fila dei detenuti. Ce n’è un’altro che si chiama Gianni, un tipo più simpatico della media, che l’ultima volta è finito dentro - indulto revocato come è ovvio - per avere depredato una sala giochi d’azzardo, una di quelle dalle quali lo stato lucra sulla disperazione e la propensione degli italiani a buttare via i soldi. Quelle per le quali il governo in carica, ma c’era anche un cattivo segnale
da quello precedente, aveva previsto maxi sanatorie in favore dei grandi gestori. Dunque rubava in casa dei grandi ladri ed aveva rubato trecento euro. Un giorno vado a trovarlo in carcere e mi dice che la sua compagna, ancora minorenne, lavora da un tale che per dieci giorni di lavoro a dieci ore al giorno le aveva allungato 100 euro prima di licenziarla senza averla mai assunta: “E poi il ladro sono io...”. Ad un altro, infine, che aveva tre piante di marijuana ed era sorvegliato speciale hanno dato quattro anni per le piante e due mesi perché, pur sorvegliato, si faceva le canne in casa con le foglie di quelle piante. Confermati in Appello, annullati in Cassazione, assolto definitivamente nel giudizio di rinvio. Tra ex Cirielli, Fini-Giovanardi e compagnia cantante, ha fatto un annetto di custodia cautelare. Ci sarà costato più o meno 100 mila euro ed un posto in cella occupato per un anno. Ah sì, tra l’altro aveva commesso il fatto il 13 giugno 2006. Sarà mica per far temporaneamente posto a lui che, nel luglio di quello stesso anno, il Parlamento ha approvato l’indulto facendo uscire Previti? *Avvocato
Mercoledì 13 luglio 2011
pagina 11
ECONOMIA
“GERONZI USURAIO”
Il pm chiede sette anni. Avrebbe costretto Tanzi a comprare un’azienda patacca di Ciarrapico di Giovanna
Lantini
società siciliana, infatti, si rivelò presto anche ai più come il classico buco nell'acqua: non poteva lavorare perché i macchinari erano vetusti; poteva imbottigliare solo in contenitori di plastica perché non c'erano le condizioni igieniche per il vetro e soprattutto non aveva la concessione demaniale per captare le acque arrivata soltanto un anno e mezzo dopo la compravendita. Ma invano, perché a quel punto il problema fu la rottura della condotta che trasportava l'acqua al fatiscente stabilimento. Di fatto, quindi, l'azienda non entro mai in funzione.
Milano
on solo bancarotta. Ora Cesare Geronzi rischia anche l'usura aggravata. Secondo i pm di Parma, infatti, il banchiere di Marino fresco di condanna a quattro anni in primo grado per il crac Cirio, sarebbe stato il vero dominus della sciagurata vendita delle acque minerali Ciappazzi alla decotta Parmalat di Calisto Tanzi. Naturale quindi che la richiesta di condanna più alta nell'ambito del procedimento in corso nel capoluogo emiliano sia stata riservata a lui che all'epoca dei fatti era presidente della Banca di Roma, oggi Unicredit: 7 anni per tutti i capi d'imputazione che vanno dal concorso in bancarotta ad appunto l'usura aggravata.
N
LO SEGUONO a stretto giro l'allora vicepresidente della banca, Alberto Giordano, il direttore centrale Roberto Monza e l'ex consigliere di Fineco, Riccardo Tristano, per i quali con le stesse accuse sono stati rispettivamente chiesti quattro, tre e tre anni. Solo concorso in bancarotta, invece, per gli altri tre dirigenti del gruppo bancario Eugenio Favale, Luigi Giove e Antonio Muto. Per l'altro imputato eccellente, l'ex amministratore delegato di Capitalia entrato in rotta di collisione con Geronzi nel 2007, Matteo Arpe, che inizialmente nella vicenda rivestiva il ruolo di semplice testimone, i pm hanno chiesto 2 anni e sei mesi per concorso in bancarotta con le attenuanti generiche. Al banchiere, in particolare, è contestata la firma sul documento di trasmissione del finanziamento ponte da 50 milioni a Parmalat, già approvato dal cda della Banca di Roma in sua assenza in concomitanza con l'acquisto della Ciappazzi
Per l’accusa merita una condanna a due anni e sei mesi anche l’ex ad Matteo Arpe e subito girato all'ancor più decotta Parmatour, alla quale sarebbe stato proprio impossibile concedere un finanziamento diretto. Nessuna attenuante, invece, per Geronzi, che secondo i magistrati, che hanno formulato le richieste dopo 91 udienze, 70 testimonianze e 6 ore di requisitoria, sarebbe sarebbe stato il regista della compravendita delle acque siciliane del gruppo Ciarrapico, avvenuta nel 2002 per 15,2 milioni di euro, un dodicesimo del prezzo al quale l'azienda è stata faticosamente battuta all'asta dopo il
L’ex presidente di Capitalia Geronzi e l’ex ad Arpe (FOTO ANSA)
crac Parmalat avvenuto a poco più di un anno dall'acquisto. Un'interpretazione in linea anche con le dichiarazioni di Tanzi, che per la vicenda è già stato condannato nell'ambito del filone centrale del processo Parmalat e secondo il quale Collecchio sarebbe stata costretto da Capitalia a comprare l'azienda del gruppo del mediatore tra Carlo De Benedetti e Silvio Berlusconi nella guerra di Segrate per continuare ad avere finanziamenti dalla banca romana fortemente esposta anche nei confronti dell'amico Ciarrapico. Peccato che le acque Ciappazzi avessero un valore pressoché nullo, come sospettavano all'epoca alcuni consulenti della Parmalat (“Difficilmente avrei bevuto un litro di quell'acqua minerale – aveva scritto una di loro in uno dei copiosi documenti prodotti dall'accusa nel corso del processo - avevo un po' di perplessità”) e come dimostrano i fatti successivi alla vendita. La
NON È MOLTO chiaro, dunque, a cosa si riferiscano esattamente i legali di Geronzi che ieri in una nota trasmessa dalla Fondazione Assicurazioni Generali – al cui vertice il banchiere siede ancora oggi, dopo la fortunosa uscita dal Leone di Trieste – hanno definito la vicenda Ciappazzi-Parmatour “una operazione ineccepibile sul piano industriale ed economico”. Alla quale, in ogni caso, sempre secondo i legali, Geronzi non avrebbe avuto ruoli da protagonista, visto che il dibattimento avrebbe chiarito come il banchiere “non abbia mai preso parte alle vicende che hanno condotto Parmalat ad acquisire l’azienda”. Si tratterebbe dunque di un “funambulismo logico” che “non vale a riempire i vuoti” del dibattimento stesso. E, più in generale, di “una lente deformante” attraverso la quale “il Pubblico ministero ha cercato di trasformare le congetture in certezze e gli interrogativi in prove di responsabilità”. Giudicherà chi di dovere, ma non prima del prossimo autunno.
il ricordo
La scomparsa di Targetti di Furio Colombo
trano sentimento. Ho appena visto l’annuncio di una scomparsa Spassato inaspettata, quella di Ferdinando Targetti. E ricordando il tempo insieme a Montecitorio, il primo pensiero è stato “bei tempi”. Se devo spiegare, non dirò qualcosa di ovvio come il fatto che eravamo nella stessa maggioranza per sostenere il primo governo di Romano Prodi e per partecipare alla corsa piena di ostinazione, speranza e fiducia verso l’ingresso dell’Italia nell’euro. Dirò che era diverso lo schermo gigante su cui ci appariva la realtà italiana in quel momento. Su quello schermo vedevi un brutto e disonesto passato allontanarsi in fretta, vedevi un’Italia pulita e perbene venire avanti, conoscevi l’enorme lavoro per restare su quel percorso, ma eri incoraggiato da ciò che nell’America giovane degli anni kennediani si chiamava “buone vibrazioni”. Buona vibrazione era lavorare accanto a Targetti. Di lui sentivi quel pieno senso di libertà che veniva prima di tutto dalla competenza. Targetti era un economista al quale ti rivolgevi non tanto per la spiegazione quanto per il giudizio. E quasi istantaneamente si stabiliva (si è stabilito) un senso di fiducia da cui nasce amicizia. Come ogni buon professore Targetti aveva, ma in modo implicito e con gradevoli buone maniere borghesi, autorevolezza e carisma. Ti resta la domanda: perché quel valore non è stato usato di più? Ma è una domanda che, nel Parlamento italiano di questi anni, torna e ritorna senza risposte. Quando alla fine della tredicesima legislatura, è toccato a me, con Antonio Padellaro, di far rinascere l’Unità che, come alcuni lettori ricorderanno, nella sua rinata versione è stato un giornale piuttosto combattivo, Ferdinando Targetti è venuto con noi, ci ha dato il suo lavoro, la sua competenza, la sua limpida decrittazione degli eventi dal punto di vista di un docente di Economia con una visione larga e niente affatto addomesticata dai media e dalle convenzioni. Qui c’è un tributo che spetta a noi, direttore e condirettore di quella Unità, dedicare all’amicizia e al ricordo. Targetti non si identificava con molte cose che noi scrivevamo allora, e soprattutto sul modo in cui argomentavamo i nostri punti di vista. Ma condivideva lo spirito di libertà, gli piaceva partecipare a quell’avventura che non coincideva con la disciplina di un partito, gli interessava il confronto, con i fatti della vita, con i fatti politici, con il senso economico di quei fatti. Un uomo competente e gentile ha attraversato il Parlamento e ha lasciato un segno di dignità, come aveva fatto e avrebbe fatto ancora nell’insegnamento dopo il Parlamento. Un professore dotato della rara qualità di essere chiaro e comunicativo si è fatto trovare nel giornale più violentemente attaccato in quegli anni, portando il suo equilibrio e il suo prestigio. Un amico con cui abbiamo condiviso sdegni, attese, speranze, lavoro, lascia un bel po’ di rimpianto.
Il pericolo di tagliare troppo la spesa pubblica
Il vero rischio debito è quello di Obama di Vladimiro
Giacché
30 giugno le agenzie hanno batIciaItuto la notizia dell’ennesima minacdi Standard & Poor’s di abbassare il rating del debito di uno Stato addirittura a “D”: selective default, ossia insolvenza su alcune obbligazioni. Però, per una volta, non si trattava dell’Europa, ma degli Stati Uniti. Non era mai successo. Il motivo? La minaccia dei Repubblicani di bloccare la legge per elevare il limite massimo di debito consentito oltre i 14,3 trilioni di dollari
attuali. Siccome il debito Usa presto supererà quella soglia, in assenza della legge un’obbligazione a breve termine in scadenza il 4 agosto, del valore di 30 miliardi, non potrà essere ripagata. Il problema è che i repubblicani, in cambio di un loro voto favorevole, chiedono che Barack Obama, anziché alzare le tasse (in particolare ai ricchi), tagli pesantemente la spesa pubblica. Obama sembra tenere il punto sulle tasse, ma la scorsa settimana è parso invece disponibile a tagliare la spesa pubblica: “Dobbiamo tagliare le spese che non possiamo permetterci in modo da riportare l’economia su basi più solide”. Questa dichiarazione ha sconcertato molti dei suoi sostenitori. Il premio Nobel Paul Krugman l’ha contestata: “Il tentativo di giungere al pareggio di bilancio in tempi di crisi economica è una ricetta per peggiorare la crisi. Tagli alle spese effettuati oggi non riporterebbero l’economia ‘su basi più solide’: ridurrebbero la crescita e aumenterebbero la disoccupazione”. Anche Simon Johnson, ex capo economista del Fondo Monetario Internazionale, parlando davanti alla Commissione economica del Congresso
Usa, ha affermato che tagli immediati alle spese rallenterebbero l’economia. E si è detto preoccupato per la disoccupazione, oggi oltre il 9 per cento. I dati governativi più recenti confermano che questo è il problema numero uno per gli Stati Uniti. L’occupazione a giugno è cresciuta di appena 18 mila unità (e il dato di maggio è stato rivisto al ribasso, da 54.000 a 25.000 nuovi occupati). Non solo: diminuiscono le ore lavorate per addetto, e il tasso di occupazione è sceso al 58,2 per cento (il minimo trentennale). Una ricerca di McKinsey ha offerto un quadro allarmante: dal dicembre 2007 gli Stati Uniti hanno perso oltre 7 milioni di posti di lavoro, e gli Usa torneranno prima del 2020 ai tassi di disoccupazione pre-crisi soltanto nello scenario più ottimistico (che è molto improbabile): si tratta del tasso di recupero più lento del dopoguerra. Ciò che è peggio, la ricerca di McKinsey inserisce quanto è accaduto negli ultimi anni in una tendenza di più lungo periodo. In particolare, dal 2000 in avanti la creazione di nuovi posti di lavoro è stata di gran lunga inferiore
alla media dei 40 anni precedenti. Per quanto riguarda poi le imprese manifatturiere questo decennio evidenzia un saldo negativo di 5,6 milioni di posti di lavoro, e la ricerca ritiene che nella migliore delle ipotesi l’emorragia si arresterà; nello scenario peggiore di qui al 2020 si perderanno altri 2,3 milioni di posti di lavoro. Secondo un altro studio, pubblicato a marzo dal premio Nobel Michael Spence con Sandile Hlatshway, praticamente la totalità della crescita dell’occupazione (il 97,7 per cento) nel periodo 1980-2008 ha riguardato settori non esposti alla concorrenza internazionale. La parte del leone l’hanno fatta il pubblico impiego (che nel 2008 occupava 22,5 milioni di lavoratori) e la sanità (16,3 milioni). Il problema, oggi, è proprio questo. È evidente che i tagli alla spesa pubblica ridurranno l’occupazione proprio in questi settori (dal 2008 gli organici del pubblico impiego sono già stati ridotti di 500 mila unità e anche il settore sanitario è sotto attacco). Non solo. Al termine dello studio, gli autori insistono sul fatto che i problemi dell’occupazione negli Stati Uniti non possono
essere considerati un “fallimento del mercato”, ma il risultato di un funzionamento più efficace dei mercati a livello mondiale. E quindi “ritenere che i mercati siano di per sé in grado di risolvere questi problemi non è una buona idea”. Ma quali politiche possono essere messe in atto per impedire che acceleri la tendenza al trasferimento all’estero di lavori sempre più specializzati, mentre per contro (è notizia di pochi mesi fa) i call center di Wipro e Tata Consultancy Services tornano dall’India negli Stati Uniti? Le proposte degli autori sono queste: investire in alta formazione, sostenere la ricerca di base, privilegiare investimenti in grado di espandere i settori esposti alla concorrenza internazionale e di migliorare le infrastrutture, infine riformare il sistema fiscale in modo da favorire questi investimenti a scapito di altre agevolazioni pubbliche . Con forti tagli al bilancio pubblico però tutto questo non si può fare. Da questo punto di vista, i tagli alla spesa non soltanto aggravano la crisi, come dice Krugman, ma ipotecano la crescita futura. Negli Stati Uniti e non solo.
pagina 12
Mercoledì 13 luglio 2011
ALTRI MONDI Le Monde Svelato il volto di Ophelia
Stati Uniti “I bambini neri stavano meglio da schiavi”
Capelli neri raccolti, viso dai classici tratti africani e un gioiello etnico che le incornicia il decolleté: appare così, nella prima foto circolata sui media e pubblicata da Le Monde, la cameriera che ha accusato di stupro Dominique StraussKahn. L’immagine in prima pagina di “Ophelia”, come era stata ribattezzata la 32enne guineiana prima che fosse resa nota la sua identità, è senza data ed è stata scovata dai cronisti del giornale a Tchakulé, suo villaggio d’origine.
Michelle Bachmann, candidata repubblicana alle primarie 2012 ed esponente del Tea Party, ha firmato un documento di un movimento evangelico denominato Family Leader in cui si sostiene che “lo schiavismo ha avuto un impatto disastroso sulle famiglie afro-americane. Ma, disgraziatamente, un bambino nato in schiavitù aveva più possibilità di essere cresciuto da suo padre e sua madre in una famiglia con due genitori rispetto a un bambino nato dopo l’elezione dell’attuale presidente”.
Haiti
Il ministro spiato e la regola del silenzio
Diciotto mesi di aiuti, nulla è cambiato n anno e mezzo dopo il terUla persone remoto che uccise 230 mie lasciò 3 milioni di
GORDON BROWN CONTRO IL SUN: “PRATICHE DISGUSTOSE” di Andrea Valdambrini
ordon Brown è teso e commosso. Parla lentamente. Davanti alle telecamere della Bbc spiega come nel 2006 il Sun, tabloid del gruppo Murdoch, è riuscito a rubare informazioni sulla salute del figlio Fraser, affetto da fibrosi cistica. L'ex premier laburista allarga dunque il campo dello scandalo intercettazioni che ha portato alla chiusura di News of the World a Sun e Sunday Times, che avrebbe avuto accesso perfino a dettagli riservati come il conto bancario. Nel frattempo ieri, per tutto il giorno, ex ufficiali di Scotland Yard hanno balbettato alla polizia le loro ragioni per aver insabbiato, dal 2009, le prove sul sistema delle intercettazioni illegali, mentre James Murdoch e Rebekah Brooks hanno acconsentito a presentarsi la prossima settimana davanti alla commissione parlamentare sui media. Ne parliamo con John Lloyd, editorialista del Financial Times. Un politico ad altissimo livello spiato e intercettato in quel modo. Non è sconvolgente? Non ci sono parole infatti. In un primo momento io stesso ho avuto difficoltà a capire come dei giornalisti fossero riusciti a ottenere tante informazioni sull'allora ministro dell'Economia. Hanno scandagliato i dettagli non solo della sua vita privata, ma anche dei suoi affari. Ogni giorno lo scandalo si arricchisce di nuovi dettagli, chissà quale livello sarà toccato oggi, domani, o tra qualche settimana. Brown si è spinto a dire che quei giornali hanno “legami con il mondo del crimine”.
G
È stato molto duro, e posso capirne i motivi. Ottenere e pubblicare i dettagli di un figlio malato: è semplicemente inaccettabile. I fatti risalgono almeno al 2006. Perché vengono denunciati solo adesso? La chiave è la paura. Quale politico avrebbe voluto rischiare di inimicarsi un gruppo di media così potente come quello di Murdoch? I suoi quotidiani e giornali popolari hanno per anni appoggiato politici vincenti o scaricato leader impopolari, proprio come è avvenuto per Gordon Brown verso la fine del proprio mandato. Murdoch ha usato i giornali come strumento politico. Michael Wolff, è autore della biografia di Rupert Murdoch “The man who owns the news” (L'uomo che possiede le notizie). A una domanda postagli
Ora che è uscito lo scandalo l’ex premier attacca Murdoch. John Lloyd: l’australiano darà battaglia su Channel 4 a proposito delle possibili ripercussioni dello scandalo negli Usa ha risposto che c'è un rischio, quello che un leader indebolito (dalla Gran Bretagna) potrebbe non essere più capace di guidare il suo impero (in America). È d'accordo? Partiamo da un dato economico.
Gordon Brown con Rupert Murdoch (FOTO ANSA)
L'editoria di giornali rappresenta per Murdoch solo una piccola parte del volume di affari complessivo. Il Times è da tempo in perdita, mentre il tabloid più redditizio, News of the World, è stato costretto a chiudere. Ecco perché cominciano a girare voci di un ritiro dai giornali sul fronte britannico. In America possiede Fox e Wall Street Journal, che per ora nessuno tocca, mentre a Londra, per quanto indebolito, non vuole mollare Sky. Oggi pomeriggio il Parlamento vota un provvedimento, appoggiato da tutti i partiti, per bloccare o almeno ritardare la scalata a BskyB. Adesso va così. Murdoch farà passare del
Chiara Paolin
LA SCELTA DI BENEDETTO XVI
STEPINAC SARÀ SANTO, NEL SEGNO DELLA CROCE (UNCINATA) di Marco Dolcetta
ell’ottobre 1998 Giovanni Paolo II deNAlojzircide la beatificazione di monsignor Stepinac. A Zagabria, ai primi di giugno, papa Benedetto XVI, conferma di fronte ai suoi concittadini, la sua devozione a questo santo uomo, ma non tutti sono d’accordo. Dice papa Benedetto XVI: “Intrepido pastore, un grande cristiano con grande zelo apostolico, un uomo di un umanesimo esemplare”, oggi lo vuole fare santo. Di chi si parla? di Alojzije Stepinac, figura controversa. Da una parte è accusato di collusione con il regime ustascia di Ante Pa-
velic (a cui però in una lettera definì, nel 1943, così il campo di concentramento di Jasenovac: “Vergognosa macchia per lo Stato indipendente croato”), dall’altra viene considerato un martire perseguitato dal regime comunista jugoslavo. Viene citata a sua discolpa la sua capacità oratoria dall’altare negli anni bui dell’occupazione, in aiuto delle minoranze religiose, ma purtroppo niente di scritto… Nato a Krasic, centro non distante da Zagabria, come cittadino austro- ungarico, durante la prima guerra mondiale fu chiamato al servizio militare e dopo sei mesi di servizio divenne tenente e combatté sul fronte italiano. Diventa sacerdote a Roma Il vescovo croato Alojzir Stepinac (FOTO LAPRESSE)
Ennesima svolta
Libia : 48 ore cruciali, ok del raìs alle trattative “NEGOZIATI SENZA CONDIZIONI”: la frase che può sbloccare la crisi libica è del premier Baghdadi al-Mahmoudi, un uomo di Gheddafi, in un’intervista a Le Figaro. “Vogliamo solo che cessino i raid: non si può parlare sotto le bombe”. È la palla che tutti sperano di cogliere al balzo per innescare la fine il conflitto. Il premier francese Francois Fillon dice all’Assemblea nazionale, che autorizza la prosecuzione della missione: “Sta prendendo forma una soluzione politica”. Il ministro degli esteri italiano Franco Frattini chiosa: “Al-Mahmudi capisce che una soluzione politica pacifica va a vantaggio di tutti, specie del popolo libico”. Alle trattative, assicura il premier, eliminando un ostacolo,
tempo, ma su Sky tornerà all'attacco, appena potrà. Quindi non siamo in vista della fine di Murdoch? E neppure andiamo verso un nuovo Watergate, come ha titolato drammaticamente il quotidiano (rivale) Independent? Dal punto di vista del potere, penso che al momento questo enorme scandalo sia comunque limitato, rispetto al confini del suo dominio. Quanto alla politica: Nixon si dovette dimettere in seguito a Watergate, mentre Cameron è in una posizione diversa. L'aver assunto Coulson come portavoce è stato un gesto folle, non criminale.
disperati, Haiti è ancora lontanissima dalla normalità. La rete di nove associazioni Agire (tra cui Amref, Save the Children, Intersos) vuole ricordare un’emergenza mai terminata e ringraziare gli italiani che, donando circa 15 milioni di euro, hanno consentito di portare aiuto a più di 250 mila persone: 41 campi, 23 spazi infanzia, scuole per 17.500 alunni, 18 mila adulti coinvolti nel cash for work, ovvero denaro in cambio di lavoro (sgombero macerie, gestione dei campi, etc). Ancora: 3 strutture sanitarie, 272 punti d’acqua e 1.120 latrine, che hanno contribuito a mantenere condizioni dignitose riducendo l’impatto del colera. “Resta tanto da fare - calcola il direttore di Agire, Marco Bertotto -. La crisi internazionale ha oscurato tragedie immani come l’alluvione del Pakistan. O la siccità del Corno d’Africa, che da tre anni tortura 10 milioni di individui. Ormai non si lanciano nemmeno gli appelli: nessuno ascolta. Ma noi continuiamo a chiedere aiuto. Aiutateci”.
Gheddafi non ci sarà. La crisi libica s’appresta a 48 ore cruciali: oggi, i leader dei ribelli saranno all’Ue e alla Nato; domani, il Gruppo di Contatto si riunirà a Istanbul. Potrebbe venirne fuori un’offerta di negoziato sotto l’egida dell’Onu. Usa e Russia, al livello di presidenti, sono pronti ad avallare trattative. Al-Mahmudi crede, o lascia credere, che tutto possa risolversi in fretta, perchè – spiega - in Libia i rapporti sono tribali e “fra di noi ci conosciamo bene”. La Nato fa sempre la voce grossa: le forze di Gheddafi sono state indebolite, afferma, mentre i ribelli avanzano un altro passettino, e i raid proseguiranno nel Ramadan, se la vita di civili sarà in pericolo. Giampiero Gramaglia
nel 1930, il 7 dicembre 1937 diviene arcivescovo di Zagabria. Stepinac scrive nel rapporto inviato al primate alla segreteria di Stato vaticana nel maggio 1943: “Il governo croato lotta energicamente contro l’aborto che è principalmente suggerito da medici ebrei e ortodossi; ha proibito severamente tutte le pubblicazioni pornografiche, che erano anch’esse dirette da ebrei e serbi. Ha abolito la massoneria e fatto una guerra accanita al comunismo. Eminenza, se la reazione dei croati è a volte crudele, noi la condanniamo e deploriamo, ma è fuor di dubbio che questa reazione è stata provocata dai serbi”.
Per ordine dell’ordinariato episcopale le chiese ortodosse vennero trasformate in luoghi di culto cattolico oppure furono completamente distrutte. Il mese seguente vennero ammazzati oltre cento mila serbi: donne, vecchi, bambini. La chiesa di Glina venne trasformata in un mattatoio. A Zagabria, dove risiedevano il primate Stepinac e il nunzio apostolico Marcone, il metropolita ortodosso Dositej fu torturato al punto che divenne pazzo. Il 26 giugno 1941 Pavelic accolse in pompa magna l’episcopato cattolico guidato da Stepinac, cui promise “dedizione e collaborazione in vista dello splendido futuro della nostra patria”. Il primate di Croazia sorrideva. Gli eccessi furono talmente virulenti che il generale Mario Roatta, comandante della Seconda armata italiana, minacciò di aprire il fuoco contro gli Ustascia che intendevano penetrare nei territori controllati da Roma, e gli stessi tedeschi, diplomatici, militari e uomini dei servizi segreti, inviarono proteste contro il terrore ustascia al comando supremo della Wehrmacht e all’Ufficio esteri. Il 17 febbraio 1942 il capo dei Servizi di sicurezza scrisse al comando centrale delle Ss: “È possibile calcolare a circa 300 mila il numero degli ortodossi uccisi o torturati sadicamente a morte dai croati... In proposito è necessario notare che in fondo è la chiesa cattolica a favorire tali mostruosità con le sue misure a favore delle conversioni e con la sua politica delle conversioni coatte, perseguite con l’aiuto degli Ustascia... È un fatto che i serbi che vivono in Croazia e che si sono convertiti al cattolicesimo vivono indisturbati nelle proprie case... La tensione esistente fra Serbi e Croati è non da ultimo la lotta della chiesa cattolica contro quella ortodossa” (dagli archivi della Gestapo). E questo accadde perché “le azioni degli Ustascia erano azioni della chiesa cattolica”, la quale collaborò fin dal principio col regime di Pavelic. Molti preti cattolici erano membri del partito Ustascia, come l’ar-
civescovo di Sarajevo Ivan Saric; vescovi e sacerdoti cattolici sedevano nel Sobor, il Parlamento croato, che apriva le sue sedute al canto del Veni creator spiritus; padri francescani comandavano i campi di concentramento e lo stesso Pavelic appare in centinaia di fotografie circondato da vescovi, preti, frati, suore e seminaristi. E Stepinac non lo sapeva? Veceslav Vilder, membro del governo jugoslavo in esilio a Londra, a sua volta affermava: “Intorno a Stepinac, arcivescovo di Zagabria, vengono perpetrate le più orribili nefandezze. Il sangue dei fratelli scorre a fiumi... e non sentiamo levarsi la voce sdegnata dell’arcivescovo. Al contrario leggiamo che prende parte alle parate dei nazisti e dei fascisti”. Nel 1944 Stepinac venne decorato da Pavelic con la “Gran Croce con Stella” e il 7 luglio dello stesso anno sollecitò affinchè “tutti si ponessero a difesa dello Stato, per edificarlo e sostenerlo con sempre maggiore energia”. Non è assolutamente credibile che Stepinac non sapesse cose che Radio Londra, la stampa alleata e persino alcuni giornali italiani avevano rese pubbliche; e sapeva tutto anche Pio XII, il quale tacque, come su Auschwitz e tante altre tragedie. In conclusione: dal 1941 al 1945 in Croazia vennero trucidate non meno di 600 mila persone (secondo il generale tedesco Rendulic), spesso direttamente ad opera di preti e frati. Per le strade di Zagabria erano affissi i cartelli “Vietato a serbi, ebrei, zingari e cani”. La Croazia oggi venera Stepinac, il pastore che in pieno terrore ustascia osava denunciare il razzismo dall’altare, ma intanto nel privato del suo diario annotava: “Se vincerà la Germania sarà la rovina dei piccoli popoli. Se vincerà l’Inghilterra, rimarranno al potere la massoneria e gli ebrei, dunque l’immoralità e la corruzione. Se vincerà l’Urss, allora il mondo sarà dominato dal diavolo e precipiterà all’inferno”.
Mercoledì 13 luglio 2011
pagina 13
ALTRI MONDI Irlanda del Nord Scontri come negli anni più bui
Stato di Palestina Anp: Onu unica speranza
Torna alta la tensione in Irlanda del Nord. A Belfast, almeno venti agenti di polizia sono rimasti feriti negli scontri con gruppi di giovani manifestanti, principalmente nella zona cattolica della città. Gli scontri, che coincidono con la stagione delle tradizionali marce protestanti in Irlanda del Nord, hanno preso il via nella tarda serata di ieri, alla vigilia dell’anniversario del 12 luglio, data della battaglia del Boyne nel 1690, quando il re protestante Guglielmo III sconfisse il cattolico Giacomo II.
Avanti tutta sulla strada del riconoscimento dello Stato palestinese da parte dell’Onu: questo è il messaggio dell’Autorità Nazionale Palestinese (Anp). La pace tra israeliani e palestinesi continua infatti ad essere un miraggio nel deserto. Si è conclusa con un nulla di fatto a Washington la prima riunione dei rappresentanti del Quartetto (Onu, Stati Uniti, Unione Europea e Russia), invitati a cena dal segretario di Stato americano, Hillary Clinton, per il rilancio del processo di pace.
LA MINA AFGHANISTAN UCCIDE UN ALTRO SOLDATO ITALIANO Già 40 i militari morti nella missione di Barbara Schiavulli Herat (Afghanistan)
a notizia arriva come una freccia nella base di Herat e si diffonde come una malattia. Un altro soldato italiano morto. Sono quaranta. A metà mattinata non si sa ancora né come, né chi sia, ma non importa: è il figlio, o il marito di qualcuno, è uno dei soldati che sono di stanza nell’ovest dell’Afghanistan. Uno di loro. Quattro mila e 200 soldati, mai un numero tanto grande di italiani. Un brivido scorre lungo la schiena di ogni militare e non è il caldo cocente che impregna l’aria e appiccica le divise sotto i giubbetti antiproiettile di chi esce. È quell’emozione che si può quasi toccare fatta di silenzi e di occhiate. Non si smette di lavorare per un solo minuto, ma i cellulari si accendono, gli internet point si riempiono. Le tv, a mensa, negli uffici e in qualche alloggio, sintonizzate sui notiziari: è morto anche il fratello del presidente Karzai, ucciso da una guardia del corpo; sotto, invece, scorre un banner che scandisce la notizia del soldato italiano, molti scuotono la testa pensando che a casa ogni parente tremerà davanti al video in attesa di sapere il nome dello sfortunato. Un boccone sempre troppo amaro: è ancora vivo il ricordo
L
del 2 luglio scorso: la morte del caporale maggiore scelto Gaetano Tuccillo, quasi nello stesso posto, sempre per un ordigno. Alla fine il nome del primo caporal maggiore Roberto Marchini irrompe. Quando esce, c’è il sollievo dei familiari dei sopravvissuti e la tristezza della sconfitta. OGNI MORTO è un pezzo di missione che si perde. La maggior parte dei militari avvisa casa, rassicura le famiglie. Perché quando muore qualcuno non conta altro, che alleviare la pena di chi aspetta, distante da questo mondo fatto di armi e polvere, di lavoro e sudore, di giornate che sono belle perché si è fatto qualcosa di buono, anche se si è solo distribuito del cibo ai bambini o magari si è catturato un talebano. E le giornate brutte hanno l’aspetto di una bandiera tricolore che avvolge la bara portata a spalla dai compagni. Le lacrime prigioniere di uno sguardo colmo di tristezza di fronte allo sportellone del C130 che inghiottisce una vita spezzata. Tra qualche giorno Marchini avrebbe dovuto tornare in licenza a Viterbo. “Ho appena chiamato mia moglie, anche se sono a Herat. A casa non capiscono che Baqwa è lontana”, mormora un soldato che combatte con le linee telefoniche locali, che ogni tanto non funzionano.
Baqwa, un distretto nella provincia di Farah, uno degli ultimi sotto il controllo degli italiani, dopo averla rilevata dagli americani. Sapevano che sarebbe stata una spina nel fianco. Due morti in dieci giorni è un pugnale che si conficca nella missione. Una zona di deserto e campi di oppio, a nord di quel sud dove ogni giorno combattono i soldati inglesi e statunitensi, dove i talebani risalgono e si muovono. Dove colpiscono. Marchini stava facendo sicurezza. “In quella zona si costruirà una caserma per i militari afghani, per aumentare la loro presenza – ci spiega il maggiore Marco Amoriello, portavoce del contingente italiano in Afghanistan – bisognava verificare che la zona non sia pericolosa, a 3 km dall’avamposto italiano, i nostri soldati hanno visto tre ordigni, come se ne trovano ogni giorno spesso, sono scesi dai mezzi e hanno seguito le procedure di sicurezza. Durante questa fase è scoppiato un quarto ordigno che ha colpito Marchini”. Era uno dell’8° Genio Guastatori della Folgore. “L’assetto del Genio è l’unico unico in grado di
senza e ci chiamano quando si imbattono in un ordigno”. Ma una guerra così potrebbe durare il per sempre, fino a che ci sarà qualcuno che vuole colpire senza combattere. Lo sanno bene gli afgani, ieri, meglio di tutti il presidente Karzai, che durante la conferenza stampa con il collega francese Sarkozy, ha annunciato la morte del fratello Ahmad Wali, ufficialmente capo del Consiglio provinciale di Kandahar, ufficiosamente capo del cartello della droga di quella provincia, accusato anche di essere sul libro paga della Cia.
Una pattuglia di militari italiani a Herat. Nel riquadro, Roberto Marchini. Sopra, Ahmad Wali (FOTO ANSA, LAPRESSE)
poter intercettare le minacce e recuperare il materiale”, ci aveva detto solo qualche giorno fa, il colonnello Varesano, comandante della task force Genio della Folgore. Ma per capire bisogna conoscere, gli ordigni vengono studiati e messi a disposizione di una banca dati di tutta la Nato: “Questo tipo di minaccia deve
Una guardia del corpo ammazza il fratello del presidente Karzai, dietro strani traffici internazionali
essere sconfitta con la prevenzione – precisa Amoriello sottolineando che l’ordigno dei militanti è un’arma a doppio taglio – le vittime principali sono i civili, i bambini. Gli afghani apprezzano il nostro aiuto, spesso sono i medici della Folgore a prestare le prime cure, e loro reagiscono favorevolmente alla nostra pre-
SOPRAVVISSUTO ad almeno quattro attentati negli ultimi tre anni, non poteva immaginare che il colpo, rivendicato dai puntualmente dai talebani – “uno dei migliori risultati ottenuti nei dieci anni di guerra” – potesse esplodere dal kalashnikov di un amico di famiglia: Sardar Muhammad, comandante di polizia, a sua volta ucciso da una guardia del corpo di Wali. Una morte che non mancherà di avere ripercussioni nella regione di Kandahar, considerata roccaforte dei talebani.
SIRIA I costi del perfetto supporter di Assad di Franco Ragnoli
Primo match del nuovo Stato africano
Il SudSudan esiste, ma perde di Vincenzo
Giardina * Juba (SudSudan)
tirano fuori i manganelli Imamapoliziotti alla fine lasciano fare. Per la priassoluta della nazionale i ragazzi si sono arrampicati fin sui tetti delle tribune: gioca il Sud Sudan e quando mette la palla in rete James Joseph, il numero 9 tornato da Dubai, viene giù lo stadio. L’indipendenza è arrivata da poche ore. L’impianto di Juba è nuovo di zecca, ha le luci artificiali e un prato verde che in questa terra d’Africa uscita da 22 anni di guerra non si è mai visto. I petrolieri della Malesia e della Cina, quelli che hanno messo i soldi, l’avevano promesso: la partita è gratis, si festeggia anche con il calcio. “I biglietti non servono, quando non ci entra più nessuno chiudiamo il cancello”, dice Daniel Abas, il tesoriere della federazione cittadina. Funziona così anche sui campi di terra e polvere dove i bambini corrono con le magliette dei club europei: Manchester United e Barcellona, ma da
quando trasmette la televisione sudafricana anche Roma e Juve. “I sud-sudanesi amano il calcio più degli altri sport anche se finora le uniche stelle le abbiamo avute nel basket”, racconta in tribuna un tifoso innamorato di Manute Bol, un gigante da 2 metri e 30 che prima di morire di Aids aveva conquistato l’Nba americana. Ma sulle gradinate non c’è tempo per la malinconia. Il Tusker Fc, il club keniano che ha accettato la sfida, è subito sotto. SI VA AVANTI in un tripudio di bandiere rosso nero verde giallo e blu, i colori di una nazione che per dimenticare le bombe di Khartoum sogna i Mondiali del Brasile. “I giocatori li abbiamo dovuti scegliere tra quelli che erano a Juba per la festa dell’indipendenza” racconta Jacqueline Inijo, una giornalista dell’emittente “Radio Bakhita”, convinta che tra un mese o due le strade a buche e pozzanghere non impediranno
Amichevole a Juba dopo la proclamazione di indipendenza: 3 a 1 da una squadra keniota
Damasco i bambini crescono in fretta. Imparano da Aprender giovani a capire che tutto ha un prezzo. Quello per parte ai cortei a favore del presidente siriano Bashar Al-Assad è di 2 o 3mila lire, circa 30 euro. Chi vi prende parte viene retribuito in contanti e sono soprattutto giovani e giovanissimi che ne fanno un dopolavoro e con il quale si pagano i libri di studio oppure l’uscita la sera. Hanno una divisa: maglietta bianca con impresso il volto stilizzato del presidente e cappellini con i colori della bandiera siriana. Ovviamente tutto in omaggio. SEPKY PARK è il luogo all’aperto dove di solito vengono retribuiti i ragazzi che protestano di fronte all’ambasciata americana; il parco dista da questa qualche centinaio di metri. Ci sono anche tante ragazze con i capelli sciolti, poche donne portano il velo sulla testa e sono vestite all’occidentale. I ragazzi più grandi sfilano per le strade in macchina, con le bandiere del partito di Assad fuori i finestrini, come se avessero vinto il mondiale. Gli adulti poco abituati al rumore dei clacson li guardano ai bordi della strada perplessi e qualcuno si chiede come si faccia a inneggiare per chi “ammazza decine di loro fratelli. Vogliono più morti?”.
In campo per la prima volta il SudSudan di far arrivare i migliori da tutti e dieci le regioni del Paese. Il Sud Sudan, in tenuta bianca e strisce rosse, sul campo ce la mette tutta. Sono ovazioni continue per gli scatti di Joseph e i filtranti di Khamis Leono, il capitano che gioca in Yemen. Poco importa che alla fine vinca il Tusker tre a uno per la gioia dei keniani, qui a Juba negozianti o carpentieri, immigrati comunque ben accetti per aver sempre accolto i rifugiati del sudanesi. All’ora del tramonto fuori dallo stadio risuonano i tamburi e le danze multicolori dei bari, una delle cento etnie di un Paese finalmente felice. * agenzia Misna
MA SICCOME LA LIBERTÀ non ha prezzo, a questi cortei pro-regime non si arriva a contare le cento persone. A loro della politica non importa nulla. Come causa dell'assalto alle ambasciate americana e francese, si è parlato di incitamento da parte della tv filogovernativa, ma è stata solo questione di denaro. La tv di stato viene vista poco e niente. La grande maggioranza della popolazione ha la tv satellitare e si informa su Al Arabiya o Al Jazeera. Sono molto diffusi anche i canali religiosi, che in questo periodo trasmettono i video delle proteste contro Assad. Inoltre, decidere qualunque azione violenta è difficile anche se è fatta per far piacere al regime. In Siria ci sono 18 differenti corpi di polizia e agenti in borghese e armati ovunque. L’assalto alle ambasciate occidentali ha dovuto dunque avere il nulla osta della polizia, deciso dal regime e messo in atto da ragazzi incoscienti che per far questo hanno avuto un extra sulla normale tariffa.
pagina 14
Mercoledì 13 luglio 2011
SECONDOTEMPO SPETTACOLI,SPORT,IDEE in & out
FABIO PICCHI
Il libro del patron del Cibreo di Firenze
Beatles Paul e Ringo tornano a cantare insieme per le Olimpiadi
Prima tv Stasera su La7 L’orchestra di Piazza Vittorio
Federer Dona 3,3 milioni di dollari ai bambini del Malawi
CHE SAPORE HA UN ROMANZO NOIR? di Silvia Truzzi
S
cartando il pacco Mondadori, qualche settimana fa, è saltato fuori un titolo: Il segreto della mezzaluna. Il pensiero non è volato né ad Astolfo né a Margherita Hack. Piuttosto a una cucina e una mamma con il grembiule anni Settanta, guardata dal basso in alto, punto di vista (e d’olfatto) di una cinquenne. Un’’“assina” di legno, in mano lei ha la mezzaluna: insostituibile strumento per cucinare il soffritto perfetto. Poi sono arrivati i tritatutto, i robot da cucina, il coltello elettrico: tutta un’altra storia. Nessuno di questi portenti della modernità taglia le cipolle e le verdure nello stesso modo. Il che, nel suo piccolo, spiega perché non sempre il progresso porta con sé l’evoluzione. CHE C’ENTRA il soffritto con il mistero? Non sarà un libro di ricette, o peggio di pseudo-filosofia da tavola, quelli in cui si definisce un vino “arguto”? Lo si svelerà, tra un po’ ma solo un po’ (sennò che gusto c’è? e qui veramente è il caso dirlo), a colloquio con il signore che troneggia in copertina. È Fabio Picchi, patron del Cibreo di Firenze, inventore (con la moglie Maria Cassi) del Teatro del Sale, blogger del fattoquotidiano.it, soprattutto grande Magellano di sapori, parole, storie. Perché, tra un pollo fritto e un pomodoro in gelatina, un cuoco decide di preparare anche un romanzo? Intanto per un libro amatissimo e consunto da cento riletture, il Candido di Voltaire (notate bene che i nasi servono, oltre che a reggere gli occhiali, anche a sentire i profumi). E poi per Nero Wolfe, Agata Christie, Simenon. “In me alberga il desiderio folle di mettermi sulla loro scia”, spiega Picchi. “Niente paragoni per carità, solo una grande ammirazione. Il fatto è
che io non potevo fare né il commissario, né l'investigatore. Però come cuoco, in trent'anni, ho girato il mondo in lungo e in largo: da Parigi a New York, da Aspen a Tokyo, fino all'Africa profonda. Questo poter guardare il mondo dietro le quinte del mio lavoro, mi ha sempre dato un vantaggio straordinario nell'intendere chi e cosa incontravo. Così mi sono inventato un alter ego, che naturalmente fa il cuoco”. È Igor Rogi – la carta d’identità in un palindromo – protagonista di un'avventura nel Sol Levante. Un giorno, raggiunto da una lettera “di preziosa carta di riso” lo chef viene convocato nel Paese del Sol Levante. Il mittente è una vecchia signora che tempo prima gli aveva fatto una proposta: portare il suo ristorante dalla Toscana a Tokyo. Si può fare, ma a una condizione: ricreare un orto con i prodotti tipici toscani. Un anno dopo la sfida, l'orto c'è e sorge ai bordi di un campo da golf. Assieme alla missiva, un biglietto aereo che non resterà nella busta. Illustrazione di Doriano
“Portando la cucina italiana in Giappone, Igor incontra quelle altrui. Tra un piatto e l'altro svela alcuni misteri, ma per mantenere la cifra del noir un vero mistero tiene la trama del libro. Sullo sfondo c'è il mondo femminile che ho realmente incontrato quando, negli anni ‘80, ho vissuto in Giappone. Sono donne forti e agguerrite, anche se si sottraggono alla prima fila. Ho sempre pensato che la soluzione del Giappone stesse in mano a quel-
Un alter ego che parte per il Giappone: cibo, misteri e riflessioni sulla gastronomia di plastica
le donne che mandano avanti gli uomini con tutti i loro saldi e sciocchi convincimenti”. A questo fascino, autenticamente muliebre, il cuoco Igor non resisterà. E non c’è bisogno di scomodare l’ovvio, il paragone tra i piaceri della cucina e quelli dell’alcova. “Gli uomini, se sono capaci, s’innamorano come le donne. Lo dico in un senso positivo, di avanzamento: è una condizione che permette loro di non essere più aridi, di diventare generativi. Come le donne”. L’amore e l’amicizia: sempre di cuore si tratta. Così nel Segreto della mezzaluna s’incontra un guerriero che in realtà vuol fare il sommelier e che stringerà un’alleanza con Igor oltre l’apparente distanza culturale. Le differenze possono essere frontiere o incontri: dipende dagli occhi. “Scavalcando la loro formalità e la nostra disinvoltura, trovo una grande somiglianza tra il popolo giapponese e quello italiano. Penso alle mafie o alla corruzione della politica: meccanismi che albergano
Rugby Dal 2012 il 6 nazioni si giocherà allo stadio Olimpico
CALIGOLA Torna a Nepi la statua rubata Pezzo dopo pezzo, il Nucleo polizia tributaria della Guardia di finanza di Roma sta riportando alla luce una statua marmorea raffigurante l'imperatore Caligola di eccezionale importanza archeologica. Decisive per il ritrovamento le indicazioni di due tombaroli che tre anni fa avevano condotto una scavo clandestino nei dintorni del Lago di Nepi per ridurre a frammenti e trafugare il colosso riferibile all’imperatore assiso in trono e assimilabile a Zeus. Nel corso d una conferenza stampa tenutasi ieri al ministero per i Beni culturali è stato annunciato che la statua sarà restaurata nei laboratori di Palazzo Massimo, poi restituita al Museo delle Navi a Nemi. Nel frattempo, la speranza è continuare i sondaggi sul sito: "Ci servono, per il 2012, almeno 200 mila euro", avverte la sovrintendente Marina Sapelli Ragni.
ma, non sottrazione; contatto non isolamento. “Anche in cucina la distanza Italia-Giappone è meno vasta di quanto sembri. LoIL ROMANZO , non solo per- ro hanno, come noi, cibi reali, ché noir, ma soprattutto per la vi- quotidiani, cibi che giungono da vacità complessa di chi lo ha altri popoli. Come il tradizionale scritto, è una staffetta di inattese tempura che risale all’incontro irruzioni. La parte finale ospita con i marinai portoghesi e con i un mini-ricettario: stai per legge- gesuiti o la soba che vuol dire prore, in papillare tranquillità, le prio spaghetto cinese. Il cibo istruzioni per un’acciugata e in- passa le frontiere perché è la civece t’imbatti in un’intemerata fra della libertà intima di un pocontro la gastronomia con la pla- polo. Abbiamo, tutti, un rapporstica facciale. Che dice così: to primordiale con il cibo: è cer“Tecniche orientali scimmiotta- tamente materia che si trasforma te da cuochi occidentali per sod- in materia, ma prima si trasforma disfare l’ignoranza, e non solo, di in spirito. Parlo da laico naturaluna fragile e anaffettiva borghe- mente: ci sono morsi che sono sia (...). Riviste patinate che, con un’autentica pacificazione con il la complicità di falsi gastronomi, mondo. Una parmigiana di mepropongono la rinuncia a un sa- lanzane, per esempio, ti può far pere, sfregiando la nostra mille- partire lo sguardo verso l’oriznaria cucina e i suoi mille e ter- zonte: non si può ridurre tutto ritoriali indotti”. Il cibo è som- alla cultura del frigorifero, che ha cacciato le tavole dalle case per sostituirle con i divani daIl mistero vanti alla tv, dove della consumiamo pasti mezzaluna come automi”. La riFabio Picchi, cetta? “Due ingreElecta Mondadori, dienti. Tornare alle 139 pagine, dispense, con buon 17 euro senso. Riscoprire, con gioia, le endorfine”. sia nell’uno che nell’altro paese. Qui come là c’è una grande mistificazione della realtà sociale”.
Mercoledì 13 luglio 2011
pagina 15
SECONDO TEMPO
FESTIVAL IN CRISI
BYE-BYE MILANESIANA La kermesse costa molto e piace sempre meno. Specie da quando il vento è cambiato
di Andrea
Scanzi
i è conclusa ieri la dodicesima edizione: l’ultima, forse. La Milanesiana, l’happening fortissimamente voluto da Elisabetta Sgarbi, chiude tra le polemiche. Successo o flop? Il sito della rassegna è più sobrio di quello della Sgarbi (meno sarebbe impossibile), ma non nasconde trionfalismi – e qualche refuso, tipo “Ingesso Stampa” che fino a ieri sera campeggiava a destra della home page. Il presidente di Provincia, Guido Podestà, in un video che trasuda il carisma dei bradipi assonnati, ricorda che “la collaborazione con Elisabetta Sgarbi è assolutamente proficua”. Il sito snocciola numeri: “Quasi 140 ospiti internazionali in scena tra cui 5 Premi Nobel, 1 Medaglia Fields, 1 Premio Pulitzer, 2 Booker Price, 1 Premio Goncourt, 1 Premio Principe delle Asturie” (eccetera).
S
Milanesiana costa molto e non piace a tutti. Ieri, sul “Giornale”, Elisabetta Sgarbi ha ricordato che la Provincia dà 200 mila euro e il Comune 75 mila (“Il resto, e non è poco, sponsor privati che io stessa contatto”). L’edizione 2012 è in forse. A Milano esiste già Officina Italia, di Carlo Ber-
Non contenta di ospitare il fratello, la “Sgarbina”ha aperto le porte al Teatro di Verdura di Dell’Utri
tante e Antonio Scurati. E in questi giorni i colossi dell’editoria stanno lavorando a un nuovo evento, che tutti si affrettano a ritenere “non alternativo alla Milanesiana” ma che si presenta come la risposta al vento cambiato (con Pisapia). Lo stesso Giornale, dopo avere deliberatamente frainteso l’inchiesta di Rolling Stone su De André per sostenere che i miti di sinistra sono sopravvalutati (mentre Lando Buzzanca è Marlon Brando), intende ora dimostrare come il Pdl si sia pervicacemente sbattuto per fare di Milano un avamposto culturale (come no). La Milanesiana, come da sottotitolo, intende parlare di “Letteratura musica cinema scienza arte filosofia e videogiochi”: cioè tutto, anzi troppo. Il tema 2011 era “Bugie e verità”, che per un evento pa-
trocinato dal centrodestra suona (involontariamente) comico. Nel 2010 furono i “paradossi”, magari nel 2012 “Anacardi & Anacoluti”: un ardito tentativo di coniugare cucina ricercata e figure retoriche care al Manzoni (meneghino, si sa). Nonostante un cartellone di sicuro valore, benché confusionario, La Milanesiana sembra un festival che contiene un po’ di tutto, ma pecca in coinvolgimento. UNA BELLA esercitazione di stile: un grazioso recinto con tante figurine dentro ma poca anima. Da qui il mezzo flop (le malelingue sostengono che l’unico evento con sala piena sia stato proprio quello con il Premio Nobel Herta Mueller, andatasene senza salutare perché indispettita con gli organizzatori). L’ulteriore
trovata einsteniana di prevedere incontri alle ore 12, in piena canicola, non ha aiutato. E poi c’è la “Sgarbina”, come la chiama chi lavora con lei. Dirige Bompiani e al tempo stesso organizza La Milanesiana: quantomeno inelegante. È sorella di Vittorio, che entra magicamente ogni anno nella rassegna e che Elisabetta difende ogni volta dalle critiche. A spada tratta. E’ successo anche quest’anno, paradossalmente durante un reading a cui partecipava anche Roberta Castoldi, sorella di Marco (Morgan): un’esondazione di “sorelle di”. Giovedì 7 luglio Vittorio Sgarbi ha ricevuto il Premio Montblanc. La sorella era al Premio Strega. Si è impegnato in una lectio rigorosa, incravattato e disinnescato (è durato poco: due giorni dopo coccoElisabetta Sgarbi, ideatrice e direttore della Milanesiana, con il fratello Vittorio, anche quest’anno discusso habitué
QUALCHE defezione (Giuseppe Tornatore), qualche problema tecnico (Umberto Eco), qualche spruzzata dark (cara all’ideatrice). Più di 35 appuntamenti, sei location milanesi, l’extended play a Torino. “Quest’anno c’era un sestino, in un quartino tutto il programma non stava”: also spracht Elisabetta. Il comunicato stampa parla di 12 mila persone, dai 6 mila al Teatro del Verme ai quasi 4 mila in Sala Buzzati. Forse sono gonfiati e forse no: in ogni caso, non un risultato epocale per una rassegna di 18 giorni. La
(FOTO LAPRESSE)
lava la folla di Polignano a Mare a suon di “drogato”, “spacciatore” e “ubriacone”). Si è lamentato (ironicamente) di come lo sponsor non gli avesse regalato un orologio. Poco dopo, al Teatro del Verme, c’era lo spettacolo di Shel Shapiro, a cui Sgarbi ha assistito in prima fila (non mancando di sporgersi platealmente quando è passata una bella donna). Così Marcello Corvino, produttore teatrale di Shapiro: “Ho trovato molto volgare la celebrazione di Sgarbi. Tutti a riverirlo. La serata è stata un mezzo insuccesso, non ci saranno state più di 300 persone. Non vorrei che La Milanesiana celebrasse ormai un’Italia – destra o sinistra che sia – legata a un brutto passato e spero superata”. Per molti la colpa maggiore di “Sgarbina” è un’altra: avere aperto le ultime edizioni al Teatro di Verdura. Cioè a Marcello Dell’Utri. Una sorta di baratto, in cambio della pubblicazione col sottotitolo farlocco “(Veri o presunti)” – dei Diari di Mussolini per Bompiani. Boia chi molla. Forse.
Se il pallone non rimbalza più IL ROMANZO NERO DELLO SPORT NAZIONALE TORNA IN UNA NUOVA EDIZIONE Esce oggi in libreria una edizione aggiornata di “Il calcio alla sbarra” che si arricchisce di una nuova introduzione firmata da Oliviero Beha, che parte da Scommettopoli. Ne anticipiamo l’inizio.
di Oliviero Beha l pallone non rimbalza Ibalza più. Per lo meno non rimnormalmente, come dovrebbe, come siamo abituati a vedere da oltre un secolo. Non rimbalza in mezzo al campo, perché “il terreno di gioco” è ormai una palude, e nella palude la sfera non rimbalza ma si ferma, si spiaccica e muore lì. Ma il calcio, il campionato, le partite devono andare avanti, per mille motivi per lo più evidentissimi. Quindi qualcosa si deve pur fare. E allora i gestori del pallone, che in buona parte coincidono con i gestori del Paese oppure da essi strettamente dipendono in filiere sempre più corte, sono costretti a chiedere agli arbitri un piccolo favore: le
giacchette giudiziarie, il terminale in calzoncini della giustizia sportiva che si regge sul concetto di lealtà secondo le carte federali, per far rimbalzare la palla come da regolamento devono cercare il duro ovunque si trovi, anche per centimetri quadrati. In tutte le zone del campo, centrali o anche periferiche, magari nei punti vicini alle bandierine del corner, o addirittura in quelle fasce chiamate dal leggendario Sandro Ciotti “nel campo per destinazione” che delle linee bianche che lo delimitano formano qualche metro di bordo. Non mi meraviglierei che
Il calcio alla sbarra Oliviero Beha e Andrea Di Caro Bur Rizzoli 11,90 euro 710 pagg.
prima o poi, ma temo di questo passo assai presto, il direttore di gara di turno, pur davanti a una superficie visibilmente e completamente putrefatta, sia obbligato dalla necessità e dal business a far rimbalzare il cuoio plastificato nella piccola area tecnica di fronte alle panchine, dove per regolamento agli allenatori è permesso muoversi e agitarsi senza debordare… Così che si può sempre affermare in regime di semi-verità che il pallone rimbalza, il campo dunque è agibile e la partita si può giocare. LA LUNGA metafora può essere immediatamente comprensibile se si ripensa a quella domenica di maggio del 2000, anno del Giubileo, in cui si giocò a Perugia un Perugia-Juventus ultima di campionato e decisiva per lo scudetto. Si giocò comunque,
nell’impraticabilità quasi assoluta (nel “quasi” c’è tutto del calcio di oggi), dopo una pausa per l’uragano durata oltre ogni immaginabile proroga, e l’arbitro era quello che sarebbe poi stato giudicato il miglior arbitro del mondo, Pier Luigi Collina. Lo stesso poi intercettato e documentato nei suoi incontro con il tal Meani dello scandalo di Calciopoli, un ristoratore uomo di Galliani e da lui contrattualizzato perché seguisse i rapporti con gli assistenti di linea da parte del Milan. Lo stesso poi diventato designatore arbitrale dei fischietti nostrani a cifre folli benedette dalla Federcalcio, così da “viziare” il mercato degli arbitri dall’alto in basso, lo stesso poi passato ad ottimo incarico Uefa. Lo stesso, insomma… L’OBIEZIONE di chi legge, sapendo come andò a finire quella partita, con la Juve perdente e la Lazio di Cragnotti pre-galera campione d’Italia, è che in fondo in qualche modo era stata ridistribuita una fetta di torta,
Maggio 2000. Collina ispeziona il campo di Juventus-Perugia dopo anni in cui la Juventus di Agnelli ne era stata consumatrice vorace. Che un arbitro disponesse molto discutibilmente (eufemismo!) del suo libero arbitrio per restituire ad altri un po’ del cosiddetto “maltolto” nell’egemonia juventina raramente scalfita nella decade a cavallo del secondo millennio, sembrò al tifo italiano anti-juventino e alla vox populi una specie di rifusione. Come fosse avvenuta, importò poco. Non si è sempre detto – io credo truffaldinamente – che alla fine (di un campionato, di una stagione, di un lasso di tempo, di quel che volete voi) “nel calcio torti e ragioni si compensano”? E perché dovrebbero compensarsi, mi domando io, in base a quale criterio razionale, filosofico o manzonian-provvidenzia-
le? Forse che nella vita succede così? E allora perché dovrebbe accadere nel calcio? PER RACCONTARE a braccio quello che sta succedendo in questo periodo alla Rotondocrazia italiana, al regno della sfera e del tifo assediato dal nuovo scandalo di “Scommettopoli” (e chiedo perdono per la scarsa fantasia neologistica… usando il termine per chiarezza, brevità e informazione “pubblicitaria”), si potrebbe dunque partire da lontano, da ben prima del 1982 da cui prende le mosse la ricostruzione “storica” di quasi un quarto di secolo che trovate qui, più avanti. Oppure da vicino, da molto vicino, dalla cronaca di questi giorni che mi ha suggerito la metafora del campo pressoché impraticabile.
pagina 16
Mercoledì 13 luglio 2011
SECONDO TEMPO
+
IL PEGGIO DELLA DIRETTA
TELE COMANDO TG PAPI
Un grande caldo di Paolo Ojetti
g1 T E chi se non Lui? Lui “rompe il silenzio, prende carta e penna e, sulla scia di Napolitano prende su di sé...”. È un rientro trionfale dopo il letargo, annuncia che i sacrifici di oggi daranno buoni frutti domani. Ma non è solo. Il Tg1 assicura che “nessuno dalle parti di Palazzo Chigi, passata la buriana, rinuncerà a lavorare per la crescita”. A parte Tremonti che ha incontrato le opposizioni e ha accolto subito, a voce e sulla parola, tre emendamenti, immaginiamo Calderoli e Bossi, la Brambilla e la Carfagna (ma soprattutto Brunetta) tutti al “lavoro per la crescita”. E un pensiero per la “buriana”: siamo alle solite, è sempre colpa del maltempo e del destino. C’è il grande caldo, un cavallo di battaglia del Tg1, i consigli per i vecchietti e i bambini, le
diete, i litri d’acqua, i trucchi e anche la domandona: cosa sta accadendo? Ma niente, non succede niente: è estate. g2 T La Borsa italiana respira, una boccata d’ossigeno dopo le notizie che la “manovra” sarà approvata a razzo. Opposizioni disponibili anche se – come ricorda il Tg2 – per Bersani non è vero che “Berlusconi vuol dire fiducia”. La lettura di questa disponibilità delle opposizioni può essere intesa in molti modi. Si può parlare di berluscones a braccia aperte o di sbracamento di Bersani, Casini e Di Pietro, si può dire che Berlusconi è un fenomeno, visto che l’Europa applaude (di questi applausi ce n’è un’inflazione). Ma c’è una lettura che viene messa in disparte e che è la più drammatica e convincente: la situazione economico-finanziaria italiana è gravissima e
conviene non spargere il panico in un paese già stremato come l’Italia. Insomma, questo voto a scatola chiusa è come un’opera di misericordia. g3 T Pierluca Terzulli la dice tutta: “Berlusconi si è sentito commissariato dall’iniziativa di Napolitano”. Ma aggiunge che Tremonti “è indebolito dopo l’inchiesta che lo riguarda”. Una cosa è certa, Berlusconi è in ritardo con la politica e con la storia. Tutti si sono mossi di fronte all’incendio – come ha detto Casini – per salvare la baracca dalla totale distruzione. L’unico che sembrava disinteressato era proprio Berlusconi: Terzulli ipotizza (molto più che un’ipotesi) che il “premier” fosse sotto choc per la sentenza Fininvest. Ghedini lo ha fatto rinsavire: “Non ci saranno leggi ad hoc”. Ma, spento l’incendio, il vero problema nazionale è la sopravvivenza di Berlusconi alla guida (da tempo non guida) del governo. Il Tg3 evidenzia anche un altro problema. Si tratta di Bossi, che ha alzato il dito medio contro un cantante che ha osato dire: Viva l’Italia. Si è beccato una querela per ingiurie. Ma, senza tagliargli il dito medio, qualche provvedimento andrebbe preso.
di Luigi
Natura televisiva Galella
ominare la natura, per Nrazzo. l’uomo, è fonte di imbaE improponibile è il richiamo nostalgico a un mondo delle origini, che avremmo col progresso corrotto. Perché tali e tante sono le compromissioni con la cultura, che ha progressivamente trasformato la natura, che ogni qualvolta ci accostiamo ad essa, nel bene o nel male, anche semplicemente per osservarla, rischiamo di contaminarla. L’uomo è il grande manipolatore di se stesso e dell'ambiente in cui vive, a tal punto che, secondo le peggiori ipotesi catastrofistiche, potrebbe essere la causa prima dell'estinzione di ogni forma di vita. O quasi. È possibile infatti che alcune specie, superstiti dall’era dei dinosauri, di cui hanno visto l’arrivo e la partenza milioni di anni fa, possano sopravvivere perfino ai figli di Adamo, continuando a tessere la tela paziente e costante della propria immutabile esistenza. La tartaruga, ad esempio. Con la sua magnifica corazza, che è insieme scheletro e guscio. E che ci riporta ai presocratici e a quel celebre paradosso (Zenone di Elea) che
la voleva vincente, contrapposta ad Achille piè veloce. Regale nella sua flemmatica, sapiente andatura, la vediamo incedere alla ricerca di frescura (“Missione natura”, La7, domenica, 21.30) e rintanarsi in una galleria che aveva precedentemente costruito. Non possiede come i mammiferi ghiandole sudoripare e per raffreddare il proprio corpo ha bisogno di ricercare temperature più miti. Ma ecco alle sue spalle una piccola telecamera munita di quattro ruote, telecomandata, per seguirla nel suo umido, remoto rifugio, mentre un serpente a sonagli si introduce di soppiatto, anch'esso bisognoso di refrigerio. La presenza dell’uomo è invadente anche nelle sue più nobili intenzioni. E anche questa è tele-visione, come direbbe Paul Virilio. La nascita di un mondo unitario, unito dall'ubiquità e dall'immediatezza, in cui il tempo locale della tartaruga scompare, a vantaggio di quello globale della planetaria tele-visione. Emblematica, la presenza della telecamerina in miniatura e delle luci che Vincenzo Venuto conduce “Missione Natura” domenica su La7
illuminano l’antro della testuggine. Perché a noi malati di tv non può non evocare lo spazio illuminato dagli infrarossi delle notti del “Grande Fratello”, con la spudorata presenza dell'occhio dello spettatore, al quale nulla sembra precluso. Nemmeno gli inaccessibili fondali marini dove Vincenzo Venuto, conduttore e consulente scientifico del programma, oltre che primattore, nell’Isla del Coco, incontra un branco di piccoli squali pinna bianca stesi sulla sabbia, che non sono costretti a nuotare per respirare, rispetto ai loro più grandi parenti. Per quanto la tv ne depotenzi la portata estetica e ne raffreddi la suggestione, lo spettacolo della natura, dalla vita imprevedibile e multiforme e dai colori sfavillanti, è ineguagliabile. Ma è come se da tanto sublime fossimo ormai irrimediabilmente distanti, come in una sindrome di Stendhal rovesciata, in cui in luogo della vertigine e della confusione, subentra senza averla mai realmente potuta attingere l’assuefazione da bellezza. Colma di razionale disincanto – nel godimento mediato della tele-visione – per aver troppo visto e nulla veramente vissuto.
LA TV DI OGGI 11.25 TELEFILM Don Matteo 6 13.30 NOTIZIARIO TG1 14.00 NOTIZIARIO TG1 Economia 14.10 ATTUALITÀ Verdetto Finale 15.00 PRIMA TV RAI FILM La nave dei sogni - Viaggio di nozze a Madeira 16.50 ATTUALITÀ TG Parlamento 17.00 NOTIZIARIO TG1 Che tempo fa 17.15 ATTUALITÀ Estate in diretta 18.50 GIOCO Reazione a catena 20.00 NOTIZIARIO TG1 20.30 DOCUMENTI DA DA DA 21.10 AMORI ALL’IMPROVVISO - PRIMA TV RAI FILM Notte brava a Las Vegas 23.05 RUBRICA Obiettivo Castrocaro 0.10 NOTIZIARIO TG1 Notte
13.00 NOTIZI. TG2 Giorno 13.30 RUBRICA TG2 E... state con costume - Medicina 33 14.00 TELEFILM Ghost Whisperer 14.50 TELEFILM Army Wives 15.35 PRIMA TV TELEFILM Squadra Speciale Colonia 16.20 TELEFILM Las Vegas 17.05 PRIMA TV TELEFILM One Tree Hill 17.50 NOTIZIARIO SPORTIVO Rai TG Sport 18.15 NOTIZIARIO TG2 18.45 TELEFILM Cold Case 19.35 TELEFILM Senza traccia 20.30 NOTIZ. TG2 - 20.30 21.05 TELEFILM Squadra Speciale Cobra 11 22.50 NOTIZIARIO TG2 23.05 RUBRICA Seconda Serata Estate 0.10 DOCUMENTARIO Rai 150 anni La Storia siamo noi 1.00 ATTUALITÀ TG Parlamento
13.10 TELEFILM Julia 14.00 NOTIZIARIO TG Regione - Regione Meteo 14.20 NOTIZIARIO TG3 Meteo 3 14.45 RUBRICA FIGU 15.00 SPORT Ciclismo, Tour de France 2011 11a tappa: Blaye-les-Mines Lavaur, 167,5 Km (DIR.) 18.05 DOCUMENTARIO GEOMagazine 2011 19.00 NOTIZIARIO TG3- TG Regione-Regione Meteo 20.00 VARIETÀ Blob 20.15 TELEFILM Sabrina vita da strega 20.35 SOAP OPERA Un posto al sole 21.05 ULTIMA PUNTATA ATTUALITÀ Chi l’ha visto? 23.15 NOTIZIARIO TG Regione 23.20 ATTUALITÀ TG3 Linea notte estate 23.55 ATTUALITÀ Doc 3 0.55 RUBRICA Rai Educational Gate C
20.57 PREVISIONI DEL TEMPO Meteo 21.00 NOTIZIARIO News lunghe da 24 21.27 PREVISIONI DEL TEMPO Meteo 21.30 RUBRICA Meridiana - Scienza 1 21.57 PREVISIONI DEL TEMPO Meteo 22.00 ATTUALITÀ Inchiesta 3 (Interni) (REPLICA) 22.30 NOTIZIARIO News lunghe da 24 22.57 PREVISIONI DEL TEMPO Meteo 23.00 RUBRICA Consumi e consumi 23.27 PREVISIONI DEL TEMPO Meteo 23.30 RUBRICA Tempi supplementari 23.57 PREVISIONI DEL TEMPO Meteo 0.00 NOTIZIARIO News lunghe da 24 0.27 PREVISIONI DEL TEMPO Meteo
/ Il Ciclone
/ Notte brava a Las Vegas Jack, fresco di licenziamento, e Joey, scaricata dal fidanzato, decidono di dimenticare i propri guai trascorrendo una folle notte nella sfavillante Las Vegas. I due non si conoscono ma, complice qualche bicchiere di troppo, finiscono per sposarsi.Al mattino, al risveglio, si ritrovano con due problemi: divorziare e, soprattutto, spartirsi i 3 milioni di dollari che Jack ha vinto “investendo” un quarto di dollaro di Joy.
Rai 1 21,10
Canale 5 21,20
12.20 RUBRICA Giffoni - Il sogno continua 12.25 NOTIZIARIO Studio Aperto - Meteo 13.00 NOTIZIARIO SPORTIVO Studio Sport 13.40 CARTONI ANIMATI Detective Conan-I Simpson 15.00 PRIMA TV TELEFILM How I Met Your Mother 15.30 TELEFILM Gossip Girl 16.25 TELEFILM The O.C. 17.20 TELEFILM Hannah Montana 18.30 NOTIZIARIO Studio Aperto - Meteo - Studio Sport 19.25 TELEFILM C.S.I. Miami 20.20 TELEFILM The Mentalist 21.10 FILM Presa Mortale 23.00 FILM Austin Powers: il controspione 0.50 RUBRICA SPORTIVA Poker1mania 1.40 NOTIZIARIO Studio Aperto - La Giornata
11.20 TALK SHOW Benessere 11.30 NOTIZIARIO TG4 Meteo 12.00 TELEFILM Più forte ragazzi 13.00 TELEFILM Distretto di Polizia 2 13.50 REAL TV Il tribunale di Forum - Anteprima 14.05 REAL TV Sessione pomeridiana: il tribunale di Forum 15.10 TELEFILM Finalmente arriva Kalle 16.15 SOAP OPERA Sentieri 16.25 FILM Straziami, ma di baci saziami 18.55 NOTIZIARIO TG4 Meteo 19.35 SOAP OPERA Tempesta d’amore 20.30 TELEFILM Renegade 21.10 FILM Montecristo 23.55 CINEMA D’ESTATE FILM Keith 1.45 NOTIZIARIO TG4 Night News
11.25 TELEFILM Chicago Hope 12.30 TELEFILM Due South - Due poliziotti a Chicago 13.30 NOTIZIARIO TG La7 13.55 FILM Il prossimo uomo 16.05 DOCUMENTARIO Atlantide - Storie di uomini e di mondi (REPLICA) 17.30 TELEFILM Chiamata d’emergenza 18.25 REAL TV Cuochi e fiamme 19.35 VARIETÀ G’ Day (REPLICA) 20.00 NOTIZIARIO TG La7 20.30 ATTUALITÀ In Onda 21.10 REAL TV S.O.S. Tata (REPLICA) 0.10 NOTIZIARIO TG La7 0.25 DOCUMENTARIO La storia proibita del ‘900 italiano 1.25 TELEFILM NYPD Blue 2.30 ATTUALITÀ In Onda (REPLICA)
PROGRAMMIDA NON PERDERE
TRAME DEI FILM Estate del 1996. In un paesino della Toscana vive la famiglia Quarini, il padre Osvaldo e i tre figli Levante (Leonardo Pieraccioni), Libero (Massimo Ceccherini) e Selvaggia (Barbara Enrichi). Un giorno una compagnia spagnola di flamenco arriva al casolare, scambiandolo per l'agriturismo dove era previsto soggiornasse per tre giorni in occasione della festa locale... Pioggia di premi e consacrazione per Pieraccioni.
11.00 REAL TV Forum 13.00 NOTIZIARIO TG5 Meteo 5 13.40 SOAP OPERA Beautiful 14.10 SOAP OPERA CentoVetrine 14.45 FILM Ricomincio da capo 16.35 ATTUALITÀ Pomeriggio Cinque 18.50 GIOCO Chi vuol essere milionario 20.00 NOTIZIARIO TG5 Meteo 5 20.40 VARIETÀ Paperissima Sprint 21.20 FILM Il ciclone NOTIZIARIO TGCom Meteo 5 (ALL’INTERNO) 23.30 ATTUALITÀ Storie di Donne 0.10 ATTUALITÀ Nonsolomoda - 25 e oltre 1.00 NOTIZIARIO TG5 Notte - Meteo 5 Notte 1.30 VARIETÀ Paperissima Sprint (REPLICA)
/ Keith Per chi la osserva da fuori Natalie ha una vita decisamente invidiabile: studentessa modello, eccellente atleta, nonché reginetta della scuola. Poi nella vita di Natalie arriva Keith. Riservato, per non dire enigmatico, Keith attira Natalie in un vortice di avventure a bordo del suo malandato pickup. Più Keith fa il misterioso, più Natalie è curiosa di scoprire chi sia realmente e che cosa abbia di così diverso dagli altri...
Rete 4 23,55
In Onda
Storie di donne
Sarà il leader dell’UDC Pier Ferdinando Casini l’ospite dell’ottava puntata di In Onda, il programma di approfondimento condotto da Luisella Costamagna e Luca Telese.Al centro della puntata odierna i temi più scottanti dell’attualità. In particolare si parlerà: dell’attacco finanziario all’Italia, della tenuta della maggioranza e della manovra finanziaria che si sta cercando di approvare in tempi strettissimi.
Il programma che dà voce all’universo femminile attraverso racconti esclusivi ed emblematici di donne famose e donne comuni questa sera si occuperà di: Sara Simeoni, la campionessa olimpica e primatista del mondo di salto in alto con due record raggiunti nel 1978, rivive gli anni dei successi; la storia di Sara una ragazza ventunenne decisa a cambiare sesso; infine un’intervista a Maddalena Corvaglia.
La 7 20,30
Chi l’ha visto Nell'ultima puntata della stagione di “Chi l’ha visto?”, il programma condotto da Federica Sciarelli, si torna a parlare dei casi di Melania Rea, di Elisa Claps e dei due bambini scomparsi in Sicilia, Mariano Farina e Salvatore Colletta. La verità sulla loro scomparsa è forse in un pozzo? A poca distanza dal luogo della loro sparizione era stato ritrovato l’orologio di uno dei due ragazzi.
Rai 3 21,05
Canale 5 23,30
Mercoledì 13 luglio 2011
pagina 17
SECONDO TEMPO
MONDO
WEB
IL PIÙ “SEGUITO” È ZUCKERBERG
10 milioni su Google+ davvero notevole la perforÉnetwork mance di Google+, il social lanciato due settimane fa dal motore di ricerca Google. Come rivelato ieri da Ancestry.com – che ha realizzato un calcolo basato sulla ricorrenza dei cognomi americani e la loro presenza su Google+ – sarebbero ben dieci milioni gli utenti del nuovo social network. Una cifra ancora più imponente considerando che per ora l’iscrizione non è libera, ma possibile solo su invito. Dopo che per giorni, infatti, si era assistito a momenti di isteria in rete – alcuni inviti in vendita su eBay sono arrivati a costare anche alcune decine di dollari – le maglie si sono allargate: adesso tutti gli iscritti possono invitare a loro volta degli amici. Google+ sfida apertamente Facebook e propone alcuni miglioramenti (qualcuno parla di vero e proprio plagio) rispetto al sito blu. Plus permette un maggiore controllo sui contenuti pubblicati online e, soprattutto, fin dall’iscrizione obbliga
l’utente ad aggiungere gli amici in base a delle “cerchie” (amici, lavoro, ecc), e poi, per ogni contenuto pubblicato, obbliga a selezionare con chi si desidera condividere. Il social network, anche in Italia, si sta popolando. Se alcuni blogger già intravedono la scomparsa dei blog (il creatore di Digg, Kevin Rose, ha annunciato che il suo blog si trasferisce su Plus in quanto permette una migliore interazione con i lettori), è singolare quale sia la classifica degli utenti più seguiti sulla creatura di Mountain View. Al primo posto, udite udite, c’è Mark Zuckerberg, il creatore di Facebook che, iscrittosi subito, ha già raccolto 134,328 followers. A ruota seguono i due fondatori di Google Larry Page (73,319 follower) e Sergey Brin (56,015) e quindi Vic Gundotra, vicepresidente di Google (38,302). Anche su Plus quindi, Zuckerberg svetta, ma deve mettersi al lavoro seriamente per rispondere all’offensiva di Mountain View. f.mello@ilfattoquotidiano.it
è “VIVA BERLUSCONI E HAI LO SCONTO” ALLA CONAD DI POMIGLIANO. MA È UN FALSO
“Se alla cassa dici viva Berlusconi hai il 10 per cento di sconto!”. La notizia, clamorosa, arriverebbe dal supermercato Conad di Montano di Pomigliano d’Arco, ed è stata lanciata ieri da Liberazione in edicola. Il tam tam è partito in un attimo sul web, dove è comparso il di Federico Mello video di una telefonata in cui alcuni attivisti, al telefono con un lavoratore della catena di supermercati, criticano l’iniziativa. In giornata è arrivata però la smentita di Conad che in un comunicato promette denunce nei confronti di un è LA SIAE SBARCA SU FACEBOOK anonimo “responsabile del furto di identità RACCOGLIE 200 FAN E NUMEROSE CRITICHE consumato ai danni del titolare del punto Esordio della Siae su Facebook. Da ieri è vendita Conad di Pomigliano d’Arco” e che su attivo il profilo con cui la Società Italiana Facebook ha diffuso la falsa notizia. degli Autori e degli Editori intende dialogare e confrontarsi col maggior numero di persone possibile. La stessa Siae in una nota spiega di volersi aprire al dibattito sul diritto d'autore. Il profilo ASSANGE ALLA SBARRA finora ha raccolto poco più di 200 “fan” e IERI È COMINCIATO IL PROCESSO A LONDRA molti utenti si lamentano perchè a loro dire Il mandato di arresto spiccato contro Julian i commenti critici verrebbero cancellati. La Assange è “irregolare” e, soprattutto, i Siae, da sempre capofila della lotta al crimini sessuali di cui è accusato non download di contenuti protetti su Internet, sarebbero considerati tali in Gran Bretagna: è non ha mai raccolto in Rete grandi simpatie. intorno a questi due punti che la difesa del fondatore di Wikileaks ha dato ieri battaglia di fronte alla Royal Court of Justice di Londra, nel processo di appello contro la richiesta di estradizione giunta dalla Svezia. Vestito grigio, camicia bianca e cravatta blu, Assange si è presentato in aula senza rispondere alle domande dei giornalisti che si accalcavano all’entrata mentre alcuni suoi sostenitori gli gridavano: “Julian, continua a lottare contro l’impero americano”. Quindi è iniziata l’udienza, durante la quale l’avvocato Ben Emmerson, che fa parte del nuovo team legale, ha inaugurato una strategia decisamente più soft, rinunciando alle provocazioni del passato (“lo manderanno a Guantanamo”, “È il nemico pubblico numero uno”) e privilegiando una linea più tecnica centrata appunto sull’irregolarità del processo. L’avvocato svedese del fondatore di Wikileaks, Bjorn Hurtig, si è tuttavia mostrato piuttosto pessimista: “Il rischio che, alla fine, arrivi qui in Svezia è davvero grosso”, ha dichiarato alla radio pubblica svedese. Oggi è il giorno dell’accusa: l’avvocato Montgomery rappresenterà il governo svedese.
feedback$ Commenti al post su ilFattoQuotidiano.it: “Manovra, approvazione lampo entro venerdì. B. rompe il silenzio: ‘Uniti per bene comune’” di Davide Vecchi è B., DA Antigua?
jail è CERTO che B. quando deve risolvere una crisi internazionale tra Russia e Georgia si fa’ in quattro, non combina una cippa lo stesso però si sbatte prende aerei parla di qua parla di la’! Per noi un po’ meno eh? L’avete visto voi? E' uscito dal buco solo oggi per dire due *******te ma si sa lui è uno statista di rango internazionale cosa volete che gli freghi dell’Italietta nostra, ben altri sono i suoi pensieri. Paolo è SU ASSIST dell’utente LEFT, la nuova hit dell’estate! La Coeso Dance! Tutti coesi! Una mano alla cintura! (una ma-no al-la cin-tù-ra!). Una mano alla cabè-za! (una ma-no al-la ca-béza!). La cohesiòn es cosa du-ra! Ohi mamita me han coheso... ahi mamita como duele! Pero no es que no me guste… càsi càsi ne vogli’an-cò-re... Luigi Pacetti è VALE più di cento commenti incoesi.
Google Plus; la Siae su Fb; Assange ieri a Londra; Zuckerberg su Google+
Nico5 è NON C’È PIÙ la coesione di una volta!
Nico5
LO SPORT
I FILM SC1= Cinema 1 SCH=Cinema Hits SCP=Cinema Passion
SCF=Cinema Family SCC=Cinema Comedy SCM=Cinema Max
19.25 L'arte della SCM guerra 3 21.00 Le Divorce SCP Americane a Parigi 21.00 Double Identity SCM 21.00 La concessionaria più pazza d'America SCC 21.00 Prima tv Un principe tutto mio 4 SCF 21.00 The Kennedys "Invasioni fallite, promesse mancate" THC 21.10 I Love You, Man SCH 21.10 Master & Commander Sfida ai confini del mare SC1 22.35 L'aereo più pazzo del mondo... sempre più pazzo SCC 22.35 Daddy Sitter SCF 22.40 Rec 2 SCM 23.00 Solaris SCH 23.05 L'oggetto del mio desiderio SCP 23.35 Bright Star SC1 0.05 Vampiro a Brooklyn SCC 0.10 Prova a volare SCF 0.45 Capitalism: A Love Story SCH
SP1=Sport 1 SP2=Sport 2 SP3=Sport 3
19.00 Calcio, Copa America 2011 Uruguay - Messico (Replica) SP1 20.00 Rugby, Super 15 2011 Finale Reds - Crusaders (Sintesi) SP2 21.00 Golf, PGA European Tour 2011 Barclays Scottish Open: 4a giornata (Replica) SP2 21.00 Tennis, ATP World Tour Masters 1000 2010 Mutua Madrilena Madrid Open finale: Federer - Nadal (Replica) SP3 21.15 Calcio, Copa America 2011 Cile - Perù (Replica) SP1 23.00 Beach volley, Campionato italiano 2011 Lecce: finale maschile (Replica) SP2 24.00 Calcio, UEFA Champions League 2010/2011 Fase a gironi terza giornata Manchester United - Bursaspor (Replica) SP3 0.15 Calcio, Copa America 2011 Paraguay - Venezuela (Diretta) SP1 1.45 Rugby, Super 15 2011 Finale Reds - Crusaders (Replica) SP2
RADIO A “Radio3 Mondo” Istanbul censura Internet Nella puntata di “Radio3Mondo” in onda questa mattina dalle 11.30 alle 12.00 si discuterà del nuovo pacchetto di leggi per regolamentare l’accesso a Internet che il governo turco, presieduto dal moderato Recep Tayyip Erdogan, sta per varare.A Istanbul sono già cominciate le manifestazioni di protesta perché, secondo gli internauti della Mezzaluna, le nuove regole rappresenterebbero di fatto una censura mascherata, limitando drasticamente l’accesso ad alcuni siti ritenuti "offensivi" dalle autorità, tra cui molti indirizzi di orientamento omosessuale. Per oltre un anno ad esempio in Turchia non è stato possibile accedere a YouTube perché secondo il partito islamico di Erdogan venivano diffusi video "insultanti" per la comunità musulmana. La giornalista Anna Mazzone chiederà il parere dell’attrice turca Serra Yilmaz, protagonista dei film del regista Ferzan Ozpetek.
Radiotre 11,30
DIPENDENTI DALLO SMARTPHONE IL 25% LO USA “PER FARE TUTTO”
Quando il cellulare è entrato a far parte delle nostre vite, rispondendo e alimentando il bisogno comune di essere vicini, superando i confini dello spazio e del tempo, era difficile prevedere che si potesse diventare dipendenti da questo strumento e in misura superiore al computer. E invece da un sondaggio del Pew Internet Project è emerso che la gran parte degli intervistati (2.277 utenti adulti statunitensi) è ormai dipendente dal proprio cellulare più del computer. Dalla ricerca svolta tra aprile e maggio scorsi – che riguarda il mercato degli Stati Uniti, ma da cui è possibile trarre un’indicazione di tendenza destinata a coinvolgere altri mercati – è emerso che l’83% di questi possiede un cellulare e il 42% ha uno smartphone, cifra equivalente al 35% del totale. Cresce dunque il numero dei possessori di smartphone e sempre più utenti lo sfruttano per connettersi a Internet. La ricerca del Pew Internet Project conferma la volontà e il desiderio di molte persone di usare il proprio smartphone come dispositivo unico: il 25% dei possessori di smartphone lo usa per navigare in Internet al posto di un computer, è questa una percentuale non indifferente, il telefonino è diventato il principale strumento di navigazione. Dal sondaggio risulta inoltre che Android è la piattaforma più sfruttata seguita da iPhone e Blackberry. La connessione tramite è ELETTRONICA SCHIAVISTA? cellulari segnala CINA: CONDIZIONI DISUMANE PER LAVORATORI una tendenza che, in Le condizioni di lavoro nell’industria futuro, potrebbe elettronica cinese sono “disumane”, convincere sempre secondo un rapporto dell’organizzazione è DIGITALIZZARE TUTTO più gente a China Labor Watch, fondata 11 anni fa da LA COREA DEL SUD PUNTA SULL’EBOOK connettersi in esuli cinesi negli Usa. Il rapporto è basato Addio ai libri entro quattro anni nelle modalità mobile. su interviste condotte tra l’ottobre 2010 e scuole della Corea del Sud. Secondo il giugno 2011 a 408 lavoratori impiegati da (Pasquale Rinaldis) quanto scriveva ieri la Cnn nella sua multinazionali tra cui la Dell, la Salcomp, versione online, il governo di Seul ha l’Ibm, l’Ericsson, la Philips, la Microsoft, la intenzione di digitalizzare entro il Apple, la Hp e la Nokia. Nel documento si 2015 tutti i libri, spendendo una cifra pari a circa 2,4 afferma che i salari medi “sono insufficienti miliardi di dollari. La digitalizzazione di tutto questo ad affrontare i costi minimi della vita” e materiale sarà visibile anche su iPad e smartphone, ma che nei periodi nei quali la domanda è alta i oltre a tutto ciò sarà anche possibile la condivisione dei lavoratori vengono costretti a straordinari documenti mediante una sorta di network cloud, in che vanno dalle 36 alle 160 ore al mese. abbinamento alla banda larga. In questo modo la Corea del Secondo il rapporto l’intensità del lavoro è Sud sarà il primo Paese al mondo a dare la possibilità agli eccessiva, dato che ad alcuni operai è studenti di seguire lezioni anche non direttamente nelle richiesto di eseguire il loro compito in tre aule, in caso di malattia o nella impossibilità dei giovani a secondi e di rimanere in piedi fino a dieci recarsi negli istituti. Le scuole elementari inizieranno nel ore consecutive. Per l’organizzazione 2014, le medie e superiori un anno dopo. questa situazione “riflette non solo le condizioni dell’industria elettronica cinese ma anche dei seri problemi permanenti dell’industria elettronica internazionale”.
è MI HANNO riferito che ieri dopo il crollo della Borsa, Vespa ha parlato a Porta a Porta di un delitto di cronaca nera. È vero? Left è “SON QUI, tra le tue braccia ancor, coesa come l’edera”. Isla mas Afuera è IL PIÙ Grande Statista degli ultimi 150 anni rimane senza parole in un momento simile? In Europa non pendono dalle sue labbra? Ma non eravamo migliori della Germania? Ma la crisi non era passata? Silvio… per gli affaracci tuoi sei impareggiabile, ma per il resto... Alber to1111 è LA CRISI è uno stato psicologico per il guru dal sole in tasca: andava custodito o nelle patrie galere o in reparto psichiatrico. Gli italiani hanno preferito Palazzo Chigi: non si lamentino, ora. Vonifacio3 è ORA IL DITTATORE non solo finalmente si accorge che c’è quella crisi sempre negata ma dopo aver per venti anni spaccata l’Italia si accorge che occorre unità!!!!!!! Sai come gli darei la risposta per l’unità? Con la stessa risposta che lui dette a Veltroni quando gli dissero che voleva discutere con lui: “e chi se ne frega!!!!”. musicamer è NON dimentichiamoci che delle disfatta della azienda Italia, fanno parte oltre che Bossi e la sua Lega, pure Fini con la sua ex A.N. e pure U.D.C. che gli hanno dato corda fino a poco tempo fa. akab (ex nessuno)
pagina 18
Mercoledì 13 luglio 2011
SECONDO TEMPO
PIAZZA GRANDE La Chiesa e l’etica part-time di Marco
Politi
na modesta proposta: il Vaticano si trasferisca in America. No, non in esilio. Solo per un anno, diciamo per uno stage, un corso per respirare l’aria di una società reale dove chi bara al gioco non può sedere al tavolo come se nulla fosse. Immaginiamo la scena. Il portavoce (americano) della Curia annuncia a New York che nel consiglio d’amministrazione di un ospedale cattolico statunitense sull’orlo del crac la Santa Sede manda un uomo condannato da ben due giudici a sei mesi di carcere, perché coinvolto in un giro di mazzette per appalti a mense scolastiche e ospedaliere. Si scatenerebbero la stampa e la tv (americane) e farebbe a pezzi la decisione. Non è inutile tornare sulla decisione del cardinale Bertone di rimaneggiare il consiglio di amministrazione della Fondazione Tabor (che controlla il San Raffaele afflitto da un miliardo di debiti, su cui ancora non è stata fatta luce) inserendo accanto a un ex presidente della Corte costituzionale (Giovanni Maria Flick) e al presidente dello Ior (Ettore Gotti Tedeschi) una persona condannata in prima e seconda istanza: il presidente del Bambin Gesù Giuseppe Profiti.
U
VALE LA PENA perché la coltre del silenzio calata immediatamente sulla vicenda rischia di accreditare la tendenza dei potentati politici ed ecclesiastici – largamente alimentata in questa stagione, ma preesistente al berlusconismo – a praticare gratuite assoluzioni e a considerare non esistenti le condanne penali. Non ne esce bene, però, la Santa Sede in questo gioco. Perché “concorso in turbati-
va d’asta” – questo il reato per cui è stato condannato Profiti per il suo coinvolgimento attivo nello scandalo delle mense in Liguria – significa che nel gioco del mercato qualcuno è stato sleale, ha imbrogliato, ha truccato con mezzi illeciti le regole della libera concorrenza. Profiti non è stato condannato per un reato d’opinione, perché ha trasformato in veranda il terrazzino o per sbaglio ha investito il cane del vicino IN AMERICA, ma anche in Germania, patria del Papa e nelle altre democrazie mature, chi bara non può veder-
si affidate le chiavi per trattare con i creditori di un fallimento, per cercare finanziamenti, per rappresentare il vertice di una società. Non si tratta di aggrapparsi all’attesa della sentenza di Cassazione – anche Berlusconi lo fa in questi giorni e cerca di far dimenticare di avere corrotto un giudice – invocando la presunzione d’innocenza. C’è un principio di prudenza, un doveroso rispetto dell’opinione pubblica che impone scelte limpide. Specialmente limpide, se fatte dal Vaticano. Al nuovo direttore del Fondo monetario si chiede di “osservare i più alti standard etici di condotta”, da lui si esige l’impegno ad “evitare anche la minima parvenza di condotta impropria”. È troppo chiedere che le nomine compiute da un soggetto come la Santa Sede, che si pone come istanza morale a livello mon-
È arrivato l’instant classic di Luca
Archibugi
nstant coffee, instant English, instant love. Addirittura instant karma. Ora c’è anche l’instant classic. Che cos’è l’instant classic? Ormai i classici abbondano, scrivono in italiano corrente, taluni, addirittura, con quello accessibile a tutti impastato dagli editor: mi diverto a immaginare uno di loro alle prese con una qualsiasi opera di Gadda. Gadda è un caso limite? Allora immaginiamo sempre lo stesso editor davanti alla prosa di Landolfi.
I
L’ULTIMO instant classic è stato sancito su quello che fino a qualche tempo fa era considerato il miglior quotidiano italiano per quanto ri-
guarda la cultura, Repubblica. Bisogna avere due requisiti: essere (o esser stati) best-seller e non avere più di dieci anni di vita. Non v’azzardate a considerare un classico Manzoni o Leopardi, per non parlare di Tolstoj o Torquato Tasso! Non parlano la lingua della nostra epoca e, detto in una parola, si fa fatica a leggerli. Vedere per credere come Gian Arturo Ferrari ha decretato classico Io non ho paura di Niccolò Ammaniti: “Ed è l’invenzione di questa piccola Antigone laziale, non retorica e velata d’ironia, che trasforma Io non ho paura in un prodigio di equilibrio e di misura narrativa, lo fa rientrare, definitivamente, nella poco ammanitiana categoria del classico e ne giustifica da ultimo la celebrazione”.
diale, rispondano alle stesse esigenze? Ignorare una duplice condanna per tangenti e appalti truccati non è un buon esempio. È questa l’etica proposta dal Vaticano? È vero, nell’Italia di Bisignani, della cricca di Anemone e Bertolaso, di Milanese e dei tanti militi ignoti e seminoti della corruzione capillare, la mensopoli di Genova appare quasi un dettaglio. Ma non lo è. Benedetto XVI ha dedicato l’ultima sua enciclica Caritas in veritate a spiegare che l’economia e gli affari devono necessariamente essere animati da un afflato etico. Gestire dal cda del Tabor un co-
Nell’ultima enciclica papale si legge che l’economia non è separabile dalla morale. Ma allora perché indicare nel Cda della Fondazione Tabor un condannato per turbativa d’asta? losso sanitario è un’impresa economica. E il pontefice è stato molto preciso. Non c’è un “prima”, l’impresa, e un “poi”: l’etica. TUTTO È intrecciato. Sarebbe bene che i collaboratori del pontefice se ne ricordassero e non disprezzassero in maniera così plateale ciò che due giudici in Italia hanno certificato. L’episodio rivela anche un’altra cosa. Oltretevere si è capito che Berlusconi è ormai avviato inesorabilmente verso la caduta, ma non si è letto
il badante
É
di Oliviero Beha
IL RATING DELLA DEMOCRAZIA D
icono che è proprio nei periodi di crisi che si presentano le migliori opportunità di cambiamento. Dicono che ciò riguardi sia le risorse individuali che quelle strutturali di una società. Dicono che sia la crisi e soltanto la crisi a poter produrre sino in fondo il significato del una rigenerazione antropologica e culturale. Dicono che la voto di quei ventisei milioni ricchezza di ipotesi che si possono avanzare in un passaggio di elettori, fra cui parecchi epocale non sia concepibile in alcun altro momento, perché in milioni di cattolici, che hanquesto passaggio si infilano insieme la cronaca e la storia. no espresso al referendum Dicono… Dicono un sacco di cose, per la verità, ma rifuggono dal una sete enorme di legalità e raccontarci con chiarezza quello che sta per accadere prima che di trasparenza. Un bisogno di accada, ma con tutte le carte già sul tavolo, così da poter pensare regole osservate e fatte applia degli antidoti. Non lo fanno, se non gli conviene o non vi sono care nella società ma anche costretti, in ritardo. E se lo fanno a tempo debito, o sono nell’istituzione ecclesiastica. inascoltati o viene messa loro la sordina. Per esempio della crisi strutturale che stava arrivando, a partire dalla bolla del mattone SBAGLIATO fingere di Usa e dai mutui subprime per continuare con le sabbie mobili non capire questo diffuso bidelle banche internazionali e nazionali, delle agenzie di rating, dei sogno popolare. Più sbagliato ancora credere che la guru della finanza planetaria, uno come Paolo Sylos Labini, Chiesa possa praticare un morto giovanissimo intellettualmente a 85 anni nel dicembre doppiopesismo. A riguardo 2005, parlava e scriveva già da anni. Come faceva a saperlo? fa certo impressione che nelAveva la palla di vetro? No, aveva le palle al posto giusto e non le le riunioni fra esponenti ecgiostrava come accade ai nostri maggiorenti infojati. Ma venendo clesiastici, politici cattolici e a oggi, domenica 3 luglio scorso su “Repubblica” il premio Nobel associazioni cattoliche (conindiano per l’Economia, Amartya Sen, metteva in guardia sulle vocate freneticamente in agenzie di rating e sul loro fare e disfare a piacimento. Per carità, queste settimane per progetquesta volta era poco più che un esercizio di stile, visto ciò che era tare il dopo-Berlusconi) tra i già successo in Grecia, ma insomma tutto sarebbe utile per temi forti vengano indicati il conoscere, ragionare e poi magari decidere diversamente. Anche “bene comune”, l’“etica pubperché da profano non capisco come mai tali agenzie di rating blica”, l’ “assunzione di resiano indiscusse quando alzano il prezzo e “criminali” quando sponsabilità”. favoriscono la speculazione. Non saranno due facce della stessa Mai che fossero state organizmedaglia? Quale medaglia? Quella che mette insieme nel Terzo zate negli anni del berlusconismo rampante riunioni del millennio democrazia e capitalismo. O meglio, questo livello di genere, promosse dalla Sedemocrazia variamente declinato e declinante e questa forma di greteria di Stato e presiedute capitalismo esasperato che ha acquistato la politica al mercato da esponenti vaticani, con alun tanto al kg. Mi viene il dubbio che o questa relativa l’ordine del giorno lo scardidemocrazia molto malata non si possa permettere un capitalismo namento della legalità, la dicosì efferato e senza regole, oppure più semplicemente questa sgregazione dell’unità naziofase capitalistica non possa contemplare se non cascami di nale, l’affarismo senza pudodemocrazia. E quindi che si sia a un bivio, a una crisi… Ma non lo re! Quando è a intermittenza, si dice, non esageriamo con le questioni epocali, abbiamo già il richiamo ai grandi valori è tanti problemi con lo spread nei confronti dei tedeschi… Per chi sempre strano. Se non struconsiderasse troppo siderale un discorso del genere, prendiamo mentale. dalle cronache ultime dell’ex Belpaese Il premio Nobel Amartya Sen. Sotto, Niccolò Ammaniti (EPA) caimanizzato il caso di Marco Milanese, il faccendiere deputato, quindi non arrestato. Per ora. Ha a che fare con il capitalismo? Ha a che fare con la democrazia? Ha a che fare con un orrendo impasto delle due voci che ha reso l’Italia quella che è? Temo di sì, basta guardare i risvolti della storia, di Tremonti, dell’insieme. Ma non da oggi: davvero pensavate che il caso Milanese fosse di oggi? Solo perché nessuno tra tv, radio e grandi giornali ne aveva detto alcunché? Ma no: il mensile “La Voce delle Voci” nel numero di dicembre 2008 (avete letto bene), copertina con “Divo Giulio” riferito a Tremonti e non più ad Andreotti, raccontava tutta la ragnatela di Milanese, dei rapporti con graduatissimi della Guardia di Finanza, con la politica nazionale e locale ecc. Chi se li è filati? E chi si sta divorando briciole di democrazia sul davanzale? Cercasi agenzie di rating, per saperlo.
Un tempo non bastava una vita per passare alla storia. Oggi a uno scrittore bastano 10 anni, ma anche solo due per diventare “grande autore italiano”. Il confine tra la Pleiade e l’autogrill è sempre più sottile
riguarda tante rockstar. Se fracassi in palcoscenico una chitarra elettrica, l’assegno raddoppia. Se comodamente seduto nel Ninfeo di Villa Giulia, durante lo Strega, sbraiti contro il mondo letterario corrotto, poi, è il massimo: l’effetto Nirvana è as-
Non pago, Ferrari dichiara non scontato che Ammaniti accetti l’epiteto, giacché lo scrittore – oh tapino – è tanto ribelle! Che importa se pubblica con il maggior gruppo editoriale italiano di proprietà della famiglia B.? Inezie, moralismi. Che importa se ormai da molti anni è un autore presente perfino negli autogrill? Più si strilla contro il sistema e più si viene pagati, si sa. Il fenomeno
sicurato. Che colpa ne ha Ammaniti? Finché qualcuno gli dà del classico, lui se lo prende. D’ALTRONDE il Corrierone della Sera ha inaugurato in pompa magna una collana di racconti di “altissima qualità” che si chiama Inediti d’autore, una “straordinaria collezione di romanzi brevi di grandi autori italiani”. Un “irrinunciabile invito alla lettu-
ra”. Immancabile, ovviamente, il fresco vincitore del Premio Strega, Edoardo Nesi. Che cosa c’è di più alto dell’altissimo? Dobbiamo pensare che, tanto per citare alcuni autori presenti nella collana, Fabio Volo, Federico Moccia, Silvio Muccino, Chiara Gamberale, Carlo Lucarelli siano già assurti nell’olimpo cui appartengono Goethe e Dostoevskij? Si è incominciato con Silvia Avallone. Dato che costei mi pare abbia esordito due anni fa, i tempi per diventare classici potrebbero accorciarsi. C’è qualcuno che vuole proporsi per primo nel decretare la Avallone un classico? Di sicuro, batterebbe Ferrari sul tempo. La cosa grave non è che gli autori citati diventino dei classici (è quasi impossibile), ma che ciò avvenga per Ammaniti: si assottiglia sempre di più il già sottile discrimine che separa un libro di valore da un classico prendi due paghi uno. Un luogo comune disperante aleggia sul tempio della classicità: raccontare il tempo in cui viviamo. È una di
quelle frasi fatte che non vogliono dire un fischio, buona per tutte le occasioni. “Questo racconto è interessante, però non racconta il tempo in cui viviamo”: - è l’immaginaria risposta di un immaginario editore che si veda recapitare su tavolo La metamorfosi di Franz Kafka. Ecco, lui proprio no, non può essere un classico. Si potrebbe obiettare: “Però, con Kafka te la fai facile!”. Va bene, proviamo a simulare la risposta di chi si trovi al cospetto di Tifone: “La narrazione sarà pure coinvolgente, ma oggi chi trasporterebbe seicento pellegrini stipati nella stiva a zonzo per tutto l’Oceano Indiano?” “Non è vero – risponderebbe Joseph Conrad punto sul vivo – basta guardare Lampedusa, Tifone è di stretta attualità”. Con tutta la buona volontà, qui si impone una brusca sterzata di malinconia: Conrad non pronuncerebbe mai una frase del genere. Prenderebbe sottobraccio il suo manoscritto e alzerebbe i tacchi. Ma sembra perduto lo stampo di quei tacchi.
Mercoledì 13 luglio 2011
pagina 19
SECONDO TEMPO
BOX
MAIL Io deputato e assessore prendo un solo stipendio Caro Direttore, nella pagina delle lettere del “Fatto Quotidiano” di ieri il sig. Luciano Cantaluppi mi accusa di incoerenza per non essermi dimesso dal Parlamento dopo aver accettato l'incarico di assessore al Bilancio al Comune di Milano. Il signor Cantaluppi mi addita ad esempio negativo, contrariamente all'esempio positivo offerto dal sindaco di Torino Fassino. L'accostamento è non solo improprio, ma sbagliato. I sindaci, come i presidenti di Provincia, sono incompatibili per legge con il mandato parlamentare e quindi hanno il dovere di dimettersi. Il sindaco Fassino, correttamente, ha rispettato la legge. Molti altri sindaci e presidenti di provincia, di tutti gli schieramenti, non lo fanno, approfittando del fatto che la legge non prevede decadenze automatiche o sanzioni. E questo è un problema serio. Per quanto mi riguarda, nel caso degli assessori (come il mio caso) la legge prevede il divieto di cumulo dello stipendio di assessore con quello di parlamentare. Come il sindaco Fassino si è adeguato prontamente alla legge che concerne i sindaci, io mi sono adeguato dal primo giorno alla legge che concerne gli assessori: ho rinunciato al compenso del Comune e svolgo il mio lavoro giustamente senza retribuzione, assumendomi in ogni caso la responsabilità penale e civile di ogni provvedimento che firmo nell'esercizio delle mie funzioni a Milano. Avrei potuto fermarmi qui, ma oltre a rispettare la legge vigente, ho presentato una proposta di legge in Parlamento che renda incompatibili anche gli assessori, ritenendo che il rischio di conflitti di interesse potenzialmente esista. Se il Parlamento la voterà (e io naturalmente sarò il primo a votarla) non attenderò un secondo a rispettare la nuova normativa. Come ho sempre fatto con assoluta coerenza. Bruno Tabacci Ass. Bilancio Comune di Milano
La Questione Morale vista da destra e da sinistra La Questione Morale è rientrata come “un pugno nell'occhio”, per usare un'espressione gramsciana,
Furio Colombo
7
A DOMANDA RISPONDO LA DURA FINE DEL BERLUSCONISMO
aro Colombo, crollano le Borse, affinché Berlusconi non paghi, o Berlusconi non pagherà perché sono crollate le Borse? Tano
C
CIÒ CHE IL LETTORE
sta chiedendo è se vi sia un rapporto tra una brutta crisi e un cattivo governo. E non gli dispiace insinuare che il cattivo governo potrebbe essere corresponsabile di quel che sta accadendo, se c’è qualcosa da guadagnare, per esempio scansare sentenze gravose e sgradevoli. Diciamo che c’è un pregiudizio, in una simile valutazione dei fatti, e il rischio di non tener conto della enormità di ciò che sta accadendo nel mondo. No, io non credo che vi sia qualcuno, per quanto ricco, bizzarro e privo di scrupoli, capace di assumersi la regia e il controllo di un crollo. Però c’è chi esplode un colpo di pistola, magari solo per rabbia, in un punto in cui una scintilla può essere fatale, e fa saltare tutto in aria. Nel caso italiano, che è certamente grave, si può provare a seguire un percorso causa-effetto. Causa è la situazione mondiale. Basti pensare all'assedio della destra americana e della destra del mondo (qui non si parla di partitini ma di grandi movimenti di potere, non sempre, non tutti alla luce del sole) per capire di che cosa si tratta. Occorre stroncare il “socialismo” di Obama e “riportare i bilanci in pareggio” che vuol dire tagliare tutta la spesa sociale. Non si tratta di odio per la spesa sociale. Si tratta di controllo del potere. Intanto in Grecia avviene un fenomeno completamente diverso: conti falsi. E dunque una scivolata grave e difficile da correggere, perché coinvolge un governo socialista e perché pone nel modo più drammatico una questione di fiducia. Portogallo e Spagna vengono trascinate in campo. Qui niente bugie, niente conti falsi, niente tradimenti, soltanto conti fragili e riserve stremate. Purtroppo
nel dibattito interno alla sinistra, dopo i noti scandalosi episodi che hanno coinvolto direttamente esponenti del Partito democratico. È stato direi quasi naturale richiamare a questo proposito la figura di Enrico Berlinguer e la sua “pro-
IL FATTO di ieri13 luglio 1954 La Casa Azul di Coyoacàn, ha conservato gli antichi colori. I rossi, i verdi e quel blu maya che Frida Khalo amava tanto. Nella grande casa con gli amati pappagalli e scimmiette, Frida, pittrice e pasionaria messicana, era morta il 13 luglio ‘54, dopo essere già stata “assassinata dalla vita” come aveva scritto nel suo diario, autoritratto visionario come le decine di quadri dedicati a se stessa, “…la cosa che conosco meglio”. Frida, capace di trasformare i suoi incubi in simboli surreali, di rendere astratto il mostruoso. Nei suoi dipinti, febbrili e terrifici, c’è tutto il calvario del suo corpo. Martoriato a sei anni dalla poliomielite e poi frantumato da un corrimano che, in un incidente d’autobus, le trafigge la colonna vertebrale, il bacino, l’utero. Costretta a diventare “ocultadora” delle sue cicatrici, del suo corpo intero, mascherato in enormi, variopinti abiti indigeni tehuani, come per un’interminabile fiesta. Frida dal bel volto luminoso, due volte sposa del muralista Diego Rivera, amata da Trotskij, adorata da Picasso e Bréton, pasionaria comunista, avida di vita, di pittura, di sesso. Morta di cancrena e finalmente in pace col suo corpo, raccolto in cenere in un vaso precolombiano Giovanna Gabrielli
l’Europa non si fa avanti e non difende. Lascia che Portogallo e Spagna restino esposte al rischio dell’attacco e debbano difendersi da sole. Qui entra in scena l’Italia. Perché è attaccabile? Perché Berlusconi è solo, incapace, senza reputazione. Perché nessuno guida la diligenza. Perché il ministro dell'Economia, che al momento non è in buone relazioni con il suo Capo, viene improvvisamente attaccato da voci e testimonianze gravissime contro di lui. Lui parla di “trattamento Boffo”, una specialità di casa Berlusconi. Berlusconi è stato condannato a pagare, per corruzione, una cifra grande persino per lui. Vuole vendicarsi? Dovrebbe parlare e tace. Dovrebbe cercare aiuto, nel suo partito e nel Parlamento, e si isola. Dovrebbe chiarire, appellarsi, chiedere e offrire. Ma tace, tanto che persino la Cancelliera Merkel lo invita a fare, per una volta, il suo lavoro. Tace l’uomo più ciarliero del mondo, mentre i suoi alleati (la Lega) esigono, come in preda a una loro follia, di portare ministeri al Nord. La grande destra della speculazione vede un'occasione unica. Un Paese senza governo, in cui i soli ministri fervidi e attivi sono i ministri della Lega, cioè coloro che governano contro l'Italia. E così tanti italiani sono costretti a sperare che Giorgio Napolitano, da solo, faccia un miracolo. Furio Colombo - Il Fatto Quotidiano 00193 Roma, via Valadier n. 42 lettere@ilfattoquotidiano.it
fetica” intervista rilasciata nel luglio di trent'anni fa ad Eugenio Scalfari. Il segretario del Pci aveva denunciato con coraggio il degrado a cui erano giunti i partiti (non la politica, come qualche stolto lo accusò), sollecitando dall'interno di uno di essi, cioè il suo, un riscatto, capace di restituire fiducia e speranza ai cittadini, rivendicando la peculiarità del Partito Comunista Italiano, il cui statuto prescriveva “una vita esemplare” per i suoi aderenti. Come è stato ricordato in questi giorni quel monito di Berlinguer sollevò riserve e critiche da parte di alcuni esponenti dell'ala cosiddetta “migliorista”, che tacciarono il loro leader di “moralismo”, di dare spazio all'antipolitica e quindi al qualunquismo, nonché di settarismo, soprattutto per le sue rigide posizioni nei confronti della deriva craxiana della “Milano da bere”. Non erano quindi, tutte rose e fiori le vicende interne al Pci dell'epoca. Ad esempio, chi scrive questa nota, nel 1983, sindaco di Torino, venne definito da un autorevole membro della direzione comunista un “cretino moralista”, per aver indirizzato alla Procura della Repubblica un imprenditore
• Abbonamento postale annuale (Italia) Prezzo 200,00 € • 4 giorni Prezzo 290,00 € • 6 giorni E' possibile pagare l'abbonamento annuale postale ordinario anche con soluzione rateale: 1ª rata alla sottoscrizione, 2ª rata entro il quinto mese.
• Abbonamento postale semestrale (Italia) Prezzo 120,00 € • 4 giorni Prezzo 170,00 € • 6 giorni • Modalità Coupon * Prezzo 320,00 € • annuale Prezzo 180,00 € • semestrale • Abbonamento online PDF annuale Prezzo130,00 € Per sottoscrivere il tuo abbonamento, compila il modulo sul sito www.ilfattoquotidiano.it
Modalità di pagamento • Bonifico bancario intestato a: Editoriale Il Fatto S.p.A., BCC Banca di Credito Cooperativo Ag. 105 Via Sardegna Roma Iban IT 94J0832703239000000001739 • Versamento su conto corrente postale: 97092209 intestato a Editoriale Il Fatto S.p.A. - Via Valadier n° 42, 00193 Roma Dopo aver fatto il versamento inviare un fax al numero 02.66.505.712, con ricevuta
Diego Novelli
Le donne di “Se non ora, quando?” e la politica Gentile Direttore, a 35 anni dalla nascita del femminismo e dalla scelta di identificare nell’uomo l’avversario o addirittura il nemico, il neo movimento delle donne visto in Piazza del Popolo a Roma qualche mese fa e oggi a Siena, nonostante l’urgenza dello slogan di riferimento, sembra prendersela abbastanza comoda e rimanda all’autunno per un approfondimento “della coscienza di sé delle donne”. L’impressione è che si riparta da zero, che ci sia una grande confusione sul “che fare”, anche se vi è una nota di grande maturità, che è quella di aver fischiato le donne dei partiti (Turco, Perina, Bongiorno, Bindi) che all’interno dei rispettivi partiti, non hanno fatto nulla per meritarsi la riconoscenza delle donne, e sono lì a rappresentare partiti fasulli, con un piede nella fossa, senza futuro. Continuo a pensare che sia un errore insistere su una questione di genere se si vuole fare politica con la P maiuscola, e affrontare i problemi della crisi, del precariato, della disoccupazione, dell’ambiente, dell’energia, dei rifiuti, della sa-
LA VIGNETTA
lute, della pace, in presenza di una globalizzazione feroce che promette salari più bassi per tutti, più carichi di lavoro, più precarietà, divieto di sciopero. Oggi vi è l’urgenza di occupare l’enorme spazio politico che si è creato in Italia, dopo che i partiti si sono chiusi nel Palazzo e nei compiacenti salotti televisivi, Noi tutti, donne e uomini, viviamo oggi in un paese profondamente in crisi, con una corruzione così diffusa da sembrare quasi la regola. La questione vera è che tutti i vecchi partiti sono corresponsabili di questa situazione, Pdl e Pd in particolare. Nessuno ha proposte alternative per uscire da una crisi di sistema che ha bisogno del rinnovamento totale della nomenklatura, di nuove strategie, di nuove regole, di proposte dal basso tipo salario sociale di disoccupazione di 500 euro, referendum propositivo, una nuova legge elettorale con l’adozione immediata della migliore cura di salute pubblica anticricche, che è quella di rendere ineleggibile chiunque abbia percorso due legislature. Con i saluti più cordiali Paolo De Gregorio
Pdl senza vergogna Pensavo che i protagonisti delle telefonate “scomode” intercettate e pubblicate ultimamente dai giornali, non dovessero avere il coraggio di presentarsi ancora in televisione a recitare le sceneggiate di sempre. Invece lunedì sera, a una trasmissione di approfondimento su La7, si è presentata (o meglio, ce l’hanno mandata) Daniela Santanchè. Nella prima parte della trasmissione – si parlava della manovra – devo dire, era quasi irriconoscibile. Poi, dal momento in cui si cominciò a parlare di Berlusconi, del lodo Mondadori e dei famosi 560 milioni che deve pagare a De Benedetti, improvvisamente è rinsavita ed è ritornata agli antichi splendori: Berlusconi è un perseguitato; i magistrati di sinistra; da quando è entrato in politica 30 processi (mi pare sia questo il numero che stavolta le è uscito di bocca) e così di seguito nella sequenza che tutti ormai conoscono a memoria. Mi chiedo: ma veramente nessuno, nella maggioranza, si rende conto che gli Italiani non sono più disposti ad ascoltare simili fandonie? Un’ultima considerazione: qualcuno del Pdl ha detto che Berlusconi ha la serenità necessaria per potere governare, in questo difficile momento. C’è qualcuno che ci crede? Ma va là, direbbe Ghedini. Pasquale Trobia
IL FATTO QUOTIDIANO via Valadier n. 42 - 00193 Roma lettere@ilfattoquotidiano.it
che gli aveva denunciato presunti fatti illeciti nell'amministrazione comunale. Ciò detto, venendo all'oggi, acclarato che nel Partito Democratico il patrimonio politico-culturale e morale del Pci è stato dai più catalogato come un residuato bellico (vecchio, anzi, non moderno) nel disastro della vita politica a cui stiamo assistendo, non è accettabile che tutti vengano messi sullo stesso piano. L'aspetto più grave che si manifesta è che di fronte all'evidenza incontestabile dei fatti accertati dagli inquirenti (in ordine di tempo il caso Milanese-Tremonti) non una sola
Abbonamenti Queste sono le forme di abbonamento previste per il Fatto Quotidiano. Il giornale sarà in edicola 6 numeri alla settimana (da martedì alla domenica).
voce si è sentita da parte dei sodali della maggioranza di centrodestra. Per carità, non per condannare, ma almeno per un distinguo. Ad esempio l'onorevole avvocato Maurizio Paniz, quello dal permanente sorriso ebete stampato sul viso, è già in azione, per dimostrare il “fumus persecutionis” nei confronti dell'onorevole Milanese per il quale è stata chiesta l'autorizzazione all'arresto. La malconcia sinistra attuale almeno ci ha risparmiato personaggio come l'avvocato Paniz.
di pagamento, nome cognome, indirizzo, telefono e tipo di abbonamento scelto. • Pagamento direttamente online con carta di credito e PayPal. Per qualsiasi altra informazione in merito può rivolgersi all'ufficio abbonati ai numeri +39 02 66506795 - +39 02 66505026 +39 02 66506541 o all'indirizzo mail abbonamenti@ilfattoquotidiano.it * attenzione accertarsi prima che la zona sia raggiunta dalla distribuzione de Il Fatto Quotidiano
Direttore responsabile Antonio Padellaro Vicedirettore Marco Travaglio Caporedattori Nuccio Ciconte e Vitantonio Lopez Progetto grafico Paolo Residori Redazione 00193 Roma , Via Valadier n°42 tel. +39 06 32818.1, fax +39 06 32818.230 e-mail: segreteria@ilfattoquotidiano.it sito: www.ilfattoquotidiano.it Editoriale il Fatto S.p.A. Sede legale: 00193 Roma , Via Valadier n°42 Presidente e Amministratore delegato Giorgio Poidomani Consiglio di Amministrazione Luca D’Aprile, Lorenzo Fazio, Cinzia Monteverdi, Antonio Padellaro Centri stampa: Litosud, 00156 Roma, via Carlo Pesenti n°130, 20060 Milano, Pessano con Bornago , via Aldo Moro n°4; Centro Stampa Unione Sarda S. p. A., 09034 Elmas (Ca), via Omodeo; Società Tipografica Siciliana S. p. A., 95030 Catania, strada 5ª n°35 Concessionaria per la pubblicità per l’Italia e per l'estero: Poster Pubblicità & Pubbliche Relazioni S.r.l., Sede legale e Direzione commerciale: Via Angelo Bargoni n°8, 00153 Roma tel. + 39 06 68896911, fax. + 39 06 58179764, email: poster@poster-pr.it Distribuzione Italia:m-dis Distribuzione Media S.p.A., Sede: Via Cazzaniga n°1, 20132 Milano tel. + 39 02 25821, fax. + 39 02 25825203, email: info@m-dis.it Resp.le del trattamento dei dati (d. Les. 196/2003): Antonio Padellaro Chiusura in redazione ore 22.00 Iscrizione al Registro degli Operatori di Comunicazione al numero 18599
pagina 20
MercoledĂŹ 13 luglio 2011