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Povera Letizia. I berluscones fanno a gara nel dire che è tutta colpa sua. Bell’incoraggiamento in vista del ballottaggio y(7HC0D7*KSTKKQ(

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Martedì 17 maggio 2011 – Anno 3 – n° 116 Redazione: via Valadier n° 42 – 00193 Roma tel. +39 06 32818.1 – fax +39 06 32818.230

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Berluskahn di Marco Travaglio

A Milano aveva detto: è un referendum tra me e i pm È finita con una cocente sconfitta sua e della Moratti Crisi di regime: il Pdl arretra ovunque, la Lega furiosa

La grande occasione di Antonio Padellaro

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on è la prima volta che Berlusconi perde un’elezione. Ma è la prima volta che può perdere Milano, cioè casa sua, cioè la città del patto di acciaio con Bossi, l’alleato indispensabile che adesso non vuole affondare pure lui ma non sa come sganciarsi. Non è la prima volta che il centrosinistra si prende una rivincita. Accadde due volte con Romano Prodi e sappiamo come finì. Ma questa volta non si può più sbagliare. La sconfitta di Berlusconi non nasce da Letizia Moratti, sindaco bollito e ampiamente fallimentare, ma che in queste ore suscita perfino pena, oggetto dello scaricabarile abbastanza infame da parte degli scudi umani del capo. Oggi siamo al termine di un’agonia politica. Quella di un vecchio boss tenuto in vita dalla sua infinita ricchezza e da una immensa corte di miracolati decisi a difendere poltrone e prebende. Un sistema di potere talmente marcio che una mattina l’ultimo dei valvassini può (di testa sua?) ricoprire i muri di manifesti che accusano i magistrati di essere come le Br. O dove il sindaco bollito si segna un clamoroso autogol lanciando accuse false contro un avversario galantuomo nello sbalordimento generale. Berlusconi è finito perché è sempre più assente come premier e come leader. Perché non fa che ripetere sempre le stesse cose. È finito perché perfino la sua gente non lo segue più, a giudicare dal misero numero di preferenze che i milanesi gli hanno elemosinato. Per questo al centrosinistra non è più concesso sbagliare. Non è più il tempo delle piccole tattiche, ma delle parole chiare. Lo diciamo soprattutto al Pd. Si vince con i Pisapia, i De Magistris, i Vendola e con i giovani grillini. Il Terzo polo di Casini, Fini e Rutelli può aggiungersi se vuole, non dettare condizioni. Perdere Milano e Napoli, a un passo dal traguardo, per delle scelte sbagliate sarebbe peggio che imperdonabile. Un tradimento.

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Il candidato del centrosinistra sei punti avanti al sindaco uscente. Batosta per il Caimano: voleva 53 mila preferenze, forse ne otterrà la metà, fa flop anche l’ultrà Lassini. Exploit dei grillini: 10 % a Bologna. Sconfitta del Pd a Napoli pag. 2 - 9 z Illustrazione di Emanuele Fucecchi

SUPER PISAPIA E DE MAGISTRIS VINCONO FASSINO E MEROLA A Bologna e Torino successo al primo turno. A Milano e Napoli i candidati della sinistra e dell’Idv raccolgono consensi anche tra i moderati. pag. 4 - 5 - 6 - 7 - 8 - 9 z Ballottaggi, il terzo polo di Casini e Fini per ora non sceglie

Udi Lidia Ravera

nlo stupro di New York

IO UOMO POTENTE, TU BIDET

Strauss-Kahn resta in carcere e rischia fino a 75 anni

are che gli uomini pensino al sesso ogni 54 secondi (o ogni 7, o 18 volte al giorno, diversi studi danno diversi responsi). Non è rassicurante ma, per fortuna, non sempre al pensiero corrisponde l’atto. pag. 22 z

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Borromeo e Feltri pag. 10-11z

CATTIVERIE “Strauss-Kahn accusato di stupro”. Prova con “L’ho stuprata perché non si facesse stuprare”. Da noi funziona (Fabio Pugliese, www.danieleluttazzi.it)

entile Strauss-Kahn, dia retta a noi: lasci perdere la Francia, che non La merita, e si trasferisca in Italia. Solo qui Lei ha ancora un grande futuro politico. Troverà diversi partiti disposti a candidarLa nonostante l’arresto e il processo per stupro e sequestro di persona, anzi proprio per quelli. E troverà soprattutto i neologismi giusti per trasformarsi da sospettato di un delitto orrendo in perseguitato politico. Il Corriere della Sera stigmatizzerà il riesplodere dello “scontro fra giustizia e politica”. Ostellino scriverà che la cameriera non s’è resa conto di essere seduta sulla propria fortuna e di poterla proficuamente utilizzare per diventare segretaria al Fondo monetario. Pigi Battista insisterà sull’esigenza di abbassare i toni e non demonizzare gli stupratori. Galli della Loggia e Panebianco denunceranno gli agenti rossi annidati nella Polizia di Manhattan. L’ambasciatore Romano ammonirà contro la “gogna mediatica” dalle tv giustizialiste aizzate dal partito delle procure, con immonde riprese di un uomo in manette fra due nerboruti poliziotti. Cicchitto strillerà contro l’ennesimo caso di “uso politico della giustizia” contro un socialista. Quagliariello evidenzierà l’ulteriore scandalo della “giustizia a orologeria” contro il prossimo candidato all’Eliseo. Stracquadanio tuonerà contro le “manette facili”, scattate addirittura sulla scaletta di un aereo, come se il destinatario avesse mai pensato di darsi alla fuga. La Santanchè porterà le foto di una bandiera di Hamas affissa nella cameretta della cameriera (si scoprirà poi che era un poster di George Clooney) e ricorderà che Stalin, Pol Pot, Mao Tse-tung e Fidel Castro han fatto ben di peggio. Il Pd non dirà nulla, se non che occorre evitare facili strumentalizzazioni di una vicenda privata, non va mai dimenticata la presunzione di innocenza e dando dello stupratore a Strauss-Kahn si rischia di fare il suo gioco. Il Garante ammonirà la stampa a non violare la privacy con particolari anatomici sull’arma del delitto. L’Agcom raccomanderà ai talk-show di attenersi alla più scrupolosa par condicio fra avversari e sostenitori dello stupro. Giuliano Ferrara chiederà l’arresto della cameriera per aver provocato il pover’uomo; poi inviterà Strauss-Kahn a candidarsi lo stesso all’Eliseo, cosicché anche la Francia riaffermi il “primato della politica” e sia governata da un vecchio porco; infine organizzerà un convegno in un teatro milanese su un palco ornato da falli di gomma appesi, sul tema: “Basta puritanesimo! Dai, su, chi non ha mai stuprato almeno una cameriera?”. Il Tg1 e Porta a Porta organizzeranno una serie di speciali sulla misteriosa morte di una foca monaca alle isole Hawaii. Sallusti spiegherà che anche Kennedy era solito stuprare le cameriere e comunque il direttore del Fondo monetario ha avuto un bello stomaco a far sesso con una negra, che tra l’altro ha pure goduto. Feltri sosterrà che, da che mondo è mondo, l’uomo è cacciatore e, se gli piace una negra, mica può tagliarsi il pisello. L’on. avv. Ghedini avvertirà: “Si fa presto a dire stupratore: ammesso e non concesso, Strauss-Kahn può essere definito al massimo un utilizzatore finale di cameriere”. Poi chiederà la rimessione del processo al tribunale di Malibu. Il ministro Alfano invierà gli ispettori nel posto di polizia di Harlem dove trattano gli stupratori come delinquenti, poi si farà promotore di un lodo per depenalizzare lo stupro e il sequestro di persona. L’on. avv. Paniz presenterà un ddl sulla “prescrizione brevissima”, essendo scandaloso che i reati sessuali non si prescrivano nello stesso istante in cui vengono commessi; poi farà votare una mozione per sostenere che Strauss-Kahn ha stuprato nell’esercizio delle sue alte funzioni istituzionali, ergo ricade sotto il Tribunale dei ministri, previa autorizzazione del Parlamento che non la darà mai. Belpietro domanderà corrucciato: “Che ci faceva la cameriera appoggiata al pisello di Strauss-Kahn? Chi l’ha mandata e perché?”. Alla fine dirà la sua anche B.: “Embè? Io lo faccio sempre, dov’è il problema?”.

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BERLUSCRAC LASSINI

Il grande flop dell’ultrà anti-pm

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on deve aver pagato granché la sfilata sul pullman del Milan sabato scorso per festeggiare lo

La Russa Casini, Fini, Rutelli Una battaglia senza Al secondo turno si sovrastrutture vedrà caso per caso

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l ballottaggio è inevitabile, ma credo che il ballottaggio sia un’altra partita in cui tutte le sovrastrutture, gli argomenti che hanno pesato sull’immagine della Moratti lasceranno il posto”.

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i ballottaggi il Terzo polo valuterà le scelte con i propri candidati sindaci, di certo non faremo sconti. I voti del Terzo polo potranno essere determinanti per il bene delle città”.

scudetto rossonero. Roberto Lassini, l’autore dei manifesti anti-pm “Via le Br dalle procure” e icona del Berlusconi-pensiero, racimola pochissimi consensi. A circa a meno di un quinto dei voti calcolati a Milano ha guadagnato

appena 134 preferenze. Nel Popolo della libertà, dopo Silvio Berlusconi che comunque detiene la palma del più votato, i campioni delle preferenze al momento sono il vicesindaco Riccardo De Corato (927) e l’assessore di area Cl Carlo Masseroli

Di Pietro Ora un governo da Sel al Terzo polo

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opo la sconfitta di Berlusconi si può preparare un governo di alternativa con Idv, Pd e Sel, aperto alle forze del Terzo polo, a condizione che i centristi non tengano più il piede in due staffe”.

(629). Le preferenze conquistate da De Corato sono comunque di gran lunga sotto alle 1.598 finora conquistate dal leghista Matteo Salvini, considerato il primo pretendente alla poltrona di vicesindaco in caso di vittoria della Moratti.

Vendola Basta divisioni, sì a De Magistris

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l nostro elettorato ci manda un messaggio preciso: quando l’offerta politica di cambiamento è credibile, il centrosinistra vince e guadagna consensi. Ora avanti con Pisapia e De Magistris”.

MILANO NON LA BEVE BALLOTTAGGIO A NAPOLI La disfatta di B: Pisapia stacca la Moratti, De Magistris sfiderà Lettieri. Torino al centrosinistra, Bologna quasi di Paola Zanca

desso tirano fuori le unghie, ma per arrampicarsi sugli specchi. Con Milano e Napoli al ballottaggio, Torino persa al primo turno (e forse anche Bologna), nel Pdl non riescono a nascondere la débâcle: “Un confronto molto più serrato di quello che si poteva prevedere”, dice Maurizio Gasparri. “C’era un’altra aspettativa” confessa il coordinatore Denis Verdini, mentre Gaetano Quagliariello prova a buttarla oltre confine: “Credo che in Italia questa maggioranza si stia difendendo meglio che altrove in Europa”. La verità è che la tecnica delle un-

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ghie di fuori – quella elogiata da Berlusconi quando la Moratti provò ad attaccare Pisapia rispolverando gli anni di piombo – stavolta non funziona. LETIZIA Moratti, dai graffi, è già rimasta ferita. Pdl e Pd sono pari, tutti e due al 28%. Ma la Moratti ha quasi sei punti in meno del suo sfidante. Si ferma al 42%, mentre Pisapia sfiora il 48%. Dopo pranzo si era incontrata con La Russa e Bonaiuti, per decidere la linea da tenere in base ai risultati. Vista la malaparata ha scelto l'alternativa più tragica: chiusa in casa, con figlia e nipotina. Zitta che tutti le stanno già sparando addosso. Bossi invece è chiuso in via Bellerio, quartier

NUCLEARE Il 97% dei sardi dice di “no” n plebiscito. Un’affluenza quasi inaspetUè: 877.982, tata. Una gioia comune. Il numero magico quanti gli elettori che tra domenica e lunedì sono andati in Sardegna a votare il referendum sul nucleare. Di questi, oltre il 97 per cento ha piazzato una diga davanti alle centrali, ha barrato sul “sì” per dire no, qui non ce le vogliamo. “Il popolo sardo ha deciso di decidere il proprio futuro – esulta l’indipendentista di Sardigna Natzione, promotore della consultazione, Bustianu Cumpostu –, ha detto no all’ultima servitù-schiavitù che lo Stato italiano, mediante il suo governo, voleva imporre”. E così è andata. Una vittoria trasversale che accomuna tutta la politica isolana, dall’estrema sinistra alla destra, con lo stesso presidente Ugo Cappellacci, delfino berlusconiano, da tempo schierato con il comitato. Quindi Legambiente, Wwf, tutti pronti a felicitarsi. (F A ) Adesso, però, la partita è un’altra “Ora l’incubo nucleare va abbandonato, insieme ai trucchetti per riproporlo tra due anni: gli italiani hanno il diritto di votare al referendum del 12 e 13 giugno per spazzare via ogni velleità di riaprire le centrali”, ha aggiunto Stefano Leoni, presidente del Wwf. OTO

al.fer.

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generale del Carroccio, insieme a Calderoli, Cota, Reguzzoni e Bricolo. Zitto anche lui, anche se tutti lo raccontano come parecchio irritato. Nemmeno Berlusconi parla: blindato ad Arcore, solo oggi si pronuncerà. Il silenzio post-elettorale lo rompe Pisapia alle cinque di pomeriggio: comincia a dire che per lui è “un’iniezione di adrenalina”. Stefano Boeri, suo sfidante alle primarie, ora ventre a terra per il candidato di Sel, lo asseconda: “mmmmmm che bella arietta..”. E su Facebook i sostenitori del “sindaco galantuomo” quasi non ci credono e preferiscono scherzare: “Fa talmente caldo che ho chiesto a Pisapia di rubare un condizionatore”. Un'ora prima il ministro La Russa era già nero. Partecipa alla diretta del Tg3 e mordicchia l’asticella degli occhiali per tutto tempo, tranne quando si accorge di essere inquadrato. I seggi sono chiusi da un'ora, eppure l'aria che tira già si sente. Comincia a dire che il ballottaggio “è la normalità”. Fa “i complimenti a l'Idv”, giusto per mar-

care le divisioni napoletane del centrosinistra. Enrico Letta, vicesegretario del Pd, invece è bianco: nel primo pomeriggio a Bologna si rischia il ballottaggio e a Napoli Morcone è messo male. Ma lui dice comunque che “se questi fossero i dati ci sarebbe da brindare” perchè “sul referendum del presidente del Consiglio gli italiani avrebbero risposto”. Poi la vittoria bolognese si fa (quasi) certa: quando sono state scrutinate più della metà delle schede, Virginio Merola supera il 50% dei voti, nonostante un'affluenza scesa del 4 per cento rispetto alle ultime elezioni. ARRIVANO gli altri risultati: al centrosinistra le province di Ravenna, Gorizia e Lucca. I comuni di Savona e Siena. La destra prende Treviso e Campobasso, e poi il Sud: Caserta, Catanzaro e Reggio Calabria. Ma con quattro città (Varese, Crotone, Cagliari e Latina) e sei province (Mantova, Pavia, Trieste, Vercelli, Macerata e Reggio Calabria) al ballottaggio, è ancora

Silvio Berlusconi (FOTO EMBLEMA). Nella pagina accanto, Letizia Moratti (FOTO ANSA), Pier Luigi Bersani (FOTO LAPRESSE) e Umberto Bossi (FOTO LAPRESSE)

Exploit del movimento Cinque Stelle In Fli nuova crisi di nervi tra Urso e Bocchino presto per tirare le somme definitive. A Torino la partita invece si chiude presto. Il Pdl Coppola si ferma al 27%. Bersani telefona a Piero Fassino per fargli i complimenti. Con il 57% dei voti sarà sindaco e, come ha ironizzato la jena de La Stampa, quel posto “é la morte sua”. Mario Morcone è da ore fermo al 20% ma aspetta le nove meno un quarto per scrivere il suo messaggio a De Magistris: “L'unità del centrosinistra è il valore fondamentale, ora occorre la-

vorare affinché a Napoli non vinca la destra”. Il dalemiano Nicola Latorre invita a “una riflessione serissima sulla serie interminabile di errori commessi”: il candidato del Pd (sostenuto anche da Sel) non ce l'ha fatta ad arrivare al ballottaggio e il Pd come partito è solo al 18%. A sfidare il Pdl Lettieri (fermo al 37%) ci sarà Luigi De Magistris che con il sostegno dell'Idv ha toccato quota 27%. “Masaniello è cresciuto, Masaniello è tornato!” canticchia un sostenitore di De Magistris su Facebook, come se l'ex pm fosse il nuovo protagonista della rivolta napoletana. E DI “RIVOLUZIONE” parla il capogruppo finiano alla Camera Benedetto Della Vedova, con il conforto dei falchi Bocchino e Granata, per i quali “il berlusconismo è finito”. Ma le colombe volano verso altri lidi: Urso e Ronchi hanno già fatto sapere di non aver nessuna voglia di partecipare “all'avanzata della sinistra populista”. Non è del Terzo Polo – ma parla

Gli sfoghi di via Bellerio

A furor di Lega: con il Pdl ora basta di Caterina Perniconi

a Lega ha quasi in mano il pae“L se” gridava Umberto Bossi la scorsa settimana durante un comizio elettorale. Quel quasi, ad urne chiuse, sembra ormai profetico. Il leader del Carroccio, infatti, non aveva fatto i conti con i milanesi. Gli stessi che alle regionali di un anno fa lo avevano consacrato come l’alleato più forte di Berlusconi, col 14,49% dei voti, questa volta lo hanno punito, relegandolo ad un risultato a una cifra. Chiuso negli uffici della Lega di via Bellerio, ieri Bossi è apparso ai suoi “irritato e stupito” per il risultato della città meneghina, quello che gli stava più a cuore, e dove non ha potuto presentare un uomo del suo partito. Si è sfogato privatamente, accusando Berlusconi di aver politicizzato il voto e compromesso la partecipa-

zione leghista. “Questa coalizione non è più vincente” è l’analisi arrivata dalla sede del Carroccio, che però ha assicurato di marciare a braccetto con Berlusconi fino ai ballottaggi, dando piuttosto battaglia a Roma sul rimpasto e l’abusivismo. Del resto i risultati usciti dalle urne hanno aggravato la crisi del già incrinato asse nazionale Pdl-Lega, ma dal Senatùr ufficialmente neanche una parola per commentare la debacle, paragonata dal presidente del Consiglio regionale lombardo, Davide Boni, a “un 2 a 0 in casa nella partita d’andata”. Poi, fuor di metafora, il leghista ha spiegato che “è innegabile che a Milano qualcuno della Lega abbia dato un voto disgiunto”. Dato confermato anche da molti ascoltatori di Radio Padania, che commentando in diretta i risultati delle elezioni hanno raccontato di aver barrato il simbolo della Lega,

ma di non aver poi votato per la Moratti. “La discesa in campo diretta di Berlusconi, dopo gli scandali del bunga bunga, è stata molto negativa” ha commentato un ascoltatore di Lecco. “La Lega perde a Milano per l’invasione degli immigrati gestita male dal sindaco” ha detto Donatella da Cremona. Certo è che a Bossi non è bastata l’approvazione del federalismo, incassata in tutta fretta prima delle amministrative, per portare i suoi elettori alle urne. Secondo la lettura dei fedelissimi del leader, la politica della Lega ha pagato la scelta del governo di entrare in guerra contro la Libia e la gestione “sbagliata” da parte di Roberto Maroni degli sbarchi a Lampedusa. Per queste ragioni molti militanti non si sono recati alle urne, facendo scendere di oltre 5 punti i voti leghisti a Milano, e determinando il risultato negativo della Moratti. Che ha fatto infuriare gli

elettori del Pdl, e innescato un conflitto politico via web. “Dove cavolo stanno i voti della Lega?” ha scritto Alkampfer nello “spazio azzurro” sul sito del Popolo della libertà, “avete tradito gli elettori sulla immigrazione, avete fatto solo annunci, ve lo avevo detto che

Il Senatur “amareggiato”, su Internet “guerra intestina” tra base padana e berluscones


Martedì 17 maggio 2011

BERLUSCRAC ORBETELLO

Matteoli bye bye già al primo turno

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rbetello, storico feudo di Altero Matteoli, passa al centrosinistra. Il nuovo sindaco è Monica

Paffetti. Il successo è arrivato con il 56,56% delle preferenze, contro il 43,44% ottenuto da Rolando Di Vincenzo, candidato del centrodestra e aspirante successore proprio del ministro delle Infrastrutture.

MORTERONE

Per 2 voti la sfida nel Comune più piccolo

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ntonella Invernizzi, il sindaco uscente che era stata sfiduciata lo scorso dicembre, è stata rieletta

sindaco di Morterone (provincia di Lecco), comune meno abitato d’Italia, con 38 residenti. Ha battuto lo sfidante Riccardo Amerigo Invernizzi - figlio del sindaco Palmino di due mandati fa - per 16 voti contro 14.

SIENA

L’ex F1 Nannini doppiato

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ex pilota di F1 Alessandro Nannini perde la corsa a sindaco di Siena più che doppiato dal

suo concorrente Franco Ceccuzzi. Nannini, fratello di Gianna, candidato del centrodestra è al momento fermo al 19,3% (21 sezioni scrutinate su 50). I dati del Viminale danno Ceccuzzi oltre il 53% e dovrebbe essere eletto al primo turno.

A destra perde il Caimano A sinistra vincono le primarie B. CROLLA NELLE PREFERENZE PER BERSANI ORA REBUS ALLEANZE di Luca Telese

erlusconi aveva un racconto, per queste elezioni e il gruppo dirigente del centrosinistra no. Però gli elettori progressisti hanno trovato il modo di riscrivere il finale della storia, mentre il racconto di Berlusconi c’era sì, ma era totalmente sballato: un film in bianco e nero in un mondo a colori, un documentario seppiato nel tempo digitale. Quella del Cavaliere è stata una campagna elettorale amministrativa anacronistica. Tutta centrata sulle sue ossessioni più o meno recenti: le battute su “la mela che sa di fica” e quelle sui “magistrati brigatisti”, i proclami condonistici, i regali ai signori delle spiagge. Ieri 12 milioni di italiani nelle urne hanno detto: “Voltiamo pagina”. Cambia il vento. Crollano le roccaforti della destra, Cagliari e Milano, vince

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come loro – il senatore Pd Marco Follini, angustiato tra vizi e virtù: “La crisi elettorale del berlusconismo costituisce la principale virtù del Partito democratico. La crescita della sinistra radicale costituisce a sua volta il principale rischio per il Partito democratico”. Figuriamoci se lui è uno di quelli che sanno che d'ora in poi c'è da “fare i conti” con il Movimento Cinque Stelle. A Bologna hanno quasi sfondato il muro del 10%, a Milano si sono fermati al 3%, a Torino hanno preso il 5%: più del Terzo Polo, fermo ovunque al 5% tranne a Napoli, dove Raimondo Pasquino sfiora le due cifre.

avreste perso” ha aggiunto Rino. E Mara ha sbottato: “...e poi la Lega con i suoi distinguo. Corro da sola ma no vado in compagnia del Pdl, ragazzi ci vuole serietà e coerenza e Bossi ha tirato la corda troppo”. I leghisti hanno risposto sulle pagine di Facebook, attaccando Berlusconi: “É ora di dire basta a certe alleanze – ha scritto un militante – una volta dicevamo che qualcuno era mafioso. Se quel qualcuno deve pagare per i suoi problemi dobbiamo farci tirare nella cacca anche noi? Cambiare subito!”. E ce n’è anche per la Moratti: “Io da leghista l’avrei votata non con il naso tappato, ma con la tuta che si usa per le epidemie di ebola nei villaggi dell’Africa”, ha scritto Marco. Tutto questo accadeva nel pomeriggio, quando il ballottaggio bolognese sembrava scontato. Con lo scendere della notte anche l’umore dei leghisti è diventato sempre più nero.

il centrosinistra a Torino e Bologna. A Napoli il duello rusticano fra le “due sinistre” proietta De Magistris verso una possibile vittoria. Una lunga notte di numeri e passioni che passerà alla storia come la “Breccia di Pisapia” (CopyrightRiccardo Mannelli). “Ci metto la faccia”, aveva gridato spavaldo Berlusconi candidandosi a Milano: ha preso meno voti delle elezioni precedenti. E COSÌ ORA Letizia Moratti (“È la mamma di Batman, fa finta di essere Mary Poppins, assomiglia a Crudelia“, ha riassunto icasticamente Nichi Vendola) diventa il capro espiatorio di una nuova Caporetto: “Ha sbagliato nel duello su Sky”, dicono i suoi, “È stata troppo fredda”. Quadretto illuminante. Maurizio Gasparri e Gaetano Quagliariello si incrociano nello studio de La 7 mentre arrivano i primi dati della disfatta all’ombra del Duomo: “Hai visto

Milano?”, dice il primo. “Adesso scoppierà un casino...”, risponde il secondo. E’ tutto pronto. Diranno che è stata Letizia a perdere: con i suoi milioni di euro sbattuti con arroganza sul tavolo, il suo colpo basso fuori tempo massimo nel duello elettorale. Adesso le veline ufficiali dicono: “Berlusconi non era d’accordo”. Ma la verità è che lo stesso vento soffia - per esempio - anche all’ombra del Castello, dove il giovane Massimo Zedda strappa il ballottaggio con un risultato miracoloso. E cosa unisce i due candidati di opposizione? Non tanto il fatto che fossero entrambi di Sinistra e libertà, quanto che fossero tutti e due figli delle primarie: con la società civile che riscrive le liste predisposte dagli apparatnik e li sospinge al ballottaggio da posizioni di forza. Non riguarda solo Pisapia e Zedda: le primarie hanno rafforzato anche Piero Fassino (facendo emergere la coalizione

aveva sottoscritto e coperto i due episodi -simbolo della campagna elettorale, il vero trionfo dell’estremismo: ovvero i manifesti sulle procure brigatiste di Lassini (al punto che il candidato è rimasto in lista ed è salito persino sul pullman del Milan campione), e l’attacco sul processo per furto d’auto a Pisapia. La verità è che lo stesso tentativo di trasformare le amministrative in un voto politico ed ideologico si è trasformato in un boomerang: successe anche a Massimo D’Alema, nel 2000, ma continua-

I candidati dell’opposizione tutti legittimati dal voto dei loro elettori no a caderci tutti (diceva Montale: La storia non è magistra/ di niente che ci riguardi”). Il tracollo di Pdl e Lega a Milano è solo la metafora perfetta di un cataclisma, il racconto del punto della storia in cui cambia il vento: la città in cui è nata Mani pulite, hanno trionfato prima la Lega (ricordate Formentini?) e poi il Berlusconismo (prima con la bella faccia del Borghese Albertini, poi con il ghigno cotonato della plutocrate Moratti) può diventare anche quella in cui risorge la sinistra. Su tutto pesa l’incognita della Lega che annulla

GALLARATE L’altro Bossi sgambetta il Carroccio Gallarate, dove il Pdl correva con il suo candidato A(inMassimo Bossi contro la Lega Nord di Umberto Bossi tandem con Futuro e libertà), quella di ieri è stata una giornata al fulmicotone, con la partita per il ballottaggio aperta fino all’ultimo minuto. Alla fine le urne hanno premiato la coalizione guidata dal Pdl che tra due settimane dovrà vedersela con il centrosinistra di Edoardo Guenzani. Non passa la supercandidata del Carroccio, Giovanna Bianchi. Non le sono bastate le sparate elettorali e l’aiuto dei big della Lega, che a Gallarate hanno investito in maniera sostanziosa. Qui, fino all’ultimo giorno utile, il Senatur ha passeggiato nel centro cittadino per caricare la base e raccogliere consensi, picchiando duro sul Pdl “mafioso”. I consensi, malgrado l’esclusione dal ballottaggio, sono arrivati, rosicchiati tutti all’alleato-avversario. Così, nella città più pidiellina della provincia di Varese, il Popolo delle libertà, lascia sul campo metà delle preferenze rispetto all’ultima elezione amministrativa e dovrà sudare parecchio per spuntarla tra due settimane. Alessandro Madron

al centro, con Gariglio, e a sinistra, con Michele Curto) e persino il candidato più debole (Virginio Merola, quello che non sa in che campionato giochi il Bologna!), hanno messo in moto la macchina della mobilitazione. C’erano le piazze piene: 50 mila persone a Milano la sera di Vecchioni; folle imponenti per Vendola in ogni angolo d’Italia (il centrosinistra trionfa, fra l‘altro, in Puglia); c’era un pezzo di società raccolto intorno a De Magistris a Napoli: la tv non aveva raccontato questi fenomeni, e le segreterie non se ne erano accorte. Ma hanno contato. Sì, Berlusconi aveva un suo racconto. La mattina della vigilia, su tutti i quotidiani, il medesimo retroscena: Il Cavaliere sicuro: “A Milano vinciamo al primo turno, la gente è andata a votare per noi”. Curioso strafalcione, nel giorno in cui ha dovuto ammettere: “Sono amareggiato”. Di notte arriva la nuova velina di Palazzo Grazioli: “Ha vinto la sinistra estrema”. In realtà Berlusconi

la conferenza stampa convocata per le sette di sera, per attendere i risultati dei comuni dove il Carroccio corre contro il Pdl, in comuni come Gallarate, o Rho (dove, per esempio, la Lega va al ballottaggio tagliando fuori il Pdl). RESTA IL PROBLEMA del centrosinistra e del Pd: dove prova a riprodurre le logiche degli apparati senza rispondere al bisogno di cambiamento (vedi il pasticciaccio di Morcone a Napoli) il principale partito di opposizione scompare. Dove accetta i verdetti delle primarie, il Pd acquista un senso e la possibilità di vincere (come già in Puglia e a Firenze). Ma ieri la corretta dichiarazione di Bersani (“Vinciamo noi, perdono loro”) era letta con un tono talmente entusiastico da ispirare una battutaccia a Gepi Cucciari (“Sembrava una partecipazione funeraria”). “Questo voto è uno dei tre uppercut a Berlusconi”, gridava raggiante Antonio Di Pietro. E sarebbe sicuramente vero, se non proseguisse il paradosso di una coalizione che vive praticamente in clandestinità, e che non ha mai visto (nemmeno una sola volta!) i suoi leader salire sullo stesso palco. Questo voto è - a sinistra - la migliore risposta agli azzeccagarbugli e ai dalemoni che hanno l’ossessione del “terzo Polo”: questo strano centrosinistra, vitale tra i suoi elettori, e “clandestino” tra i suoi dirigenti, può vincere anche da solo quando lavora sulla realtà e sui problemi veri. Può vincere anche in Italia, se supererà il calcoli di bottega, e sfrutterà le primarie per scegliere una leadership con cui archiviare l’estremismo in bianco e nero del sovrano di Arcore.

TEATRINO TV

Donna Letizia scaricata all’istante

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caricata come un Dell’Utri o un Previti qualunque. Per salvare B., a ogni costo e contro ogni evidenza. Storditi dai primi dati delle proiezioni, i falchi berlusconiani si sono esibiti in un lungo teatrino televisivo per addossare le responsabilità del disastro milanese solo a Letizia Moratti. Nella Champion Lingua a favore del premier si sono esercitati giornalisti e politici in ordine sparso: Minzolini (ovviamente), Bechis, Sallusti, Bondi, Quagliariello e così via. Tesi: a Milano si è perso al primo turno a causa della debolezza della candidata-sindaca. Al contrario, Silvio Berlusconi si è speso eroicamente per trascinare il centrodestra: “La coalizione ha preso il 3 per cento in più della Moratti” (Sallusti, direttore del “Giornale” e artefice del metodo Boffo contro Pisapia, alle sei di sera). Che galanteria, buttare tutta la croce su una donna. Ennesimo caso di machismo berlusconiano. fd’e


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BERLUSCRAC TERZO POLO

Sara Giudice la più votata

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el Terzo polo spicca il risultato di Sara Giudice, l’ex esponente del Pdl diventata

ARCORE

l’“anti-Minetti” per la campagna contro la consigliera regionale dello scandalo Ruby. A lei il titolo di più votata, conteso da Barbara Ciabò, che nei mesi scorsi sollevò in Comune lo scandalo di Affittopoli.

La beffa arriva anche in casa di B.

N

el 2006 la vittoria era andata a Marco Rocchini di Forza Italia con il 52,42 per cento.

Passati cinque anni, anche qui altra storia. Per Piera Rosalba Colombo del centrosinistra il 47 e oltre per cento, contro il 40,43 di Pdl e Lega con Enrico Perego. Alla lista civica con Alessandro Ambrosini, appena il sette per cento.

PISAPIA SE LI PORTA VIA A Milano il centrosinistra avanti di oltre sei punti E alle ore 18 scoppia la festa al comitato elettorale di Gianni Barbacetto

e Davide Vecchi o sconfitto a Milano si chiama Silvio Berlusconi. Aveva chiesto il referendum sulla sua persona, trasformando il voto per il sindaco in uno scontro tutto politico. Anzi, in un giudizio di Dio. “O me o i giudici”, aveva detto, sovrapponendo la sua faccia a quella di Letizia Moratti, candidata debole a caccia del suo secondo mandato. Obiettivo dichiarato – riconferma al primo turno: fallito. Obiettivo realistico – ballottaggio partendo da una posizione di forza: fallito. Giuliano Pisapia, candidato del centrosinistra unito, fa il miracolo che nessuno osava sperare neppure tra i suoi sostenitori: a circa metà dei seggi scrutinati, batte Letizia Moratti, la supera di ben sei punti, 47,8 a 41,8, e trascina tutta la sua coalizione. Perfino il Pd, che lo aveva da principio subìto come candidato sindaco, dopo la sconfitta alle primarie del suo uomo, ha fatto una campagna elettorale leale e ora raggiunge il Pdl attorno a quota 28 per cento. A Milano il Pdl era sopra il 38 alle politiche del 2008, al 37 alle europee del 2009, al 36 alle regionali del 2010. E la Lega, che nelle speranze degli uomini di Umberto Bossi avrebbe dovuto sopperire all’eventuale calo del partito di Berlusconi, non riesce invece a superare il 10 per cento (aveva più del 14 in città, solo un anno fa alle regionali). Certo, bisogna cautamente aspettare risultati più consolidati, ma la gioia trattenuta tutto il pomeriggio alla fine esplode in un grande applauso liberatorio al teatro Elfo-Puccini di corso Buenos Aires, dove si sono dati appuntamento, ieri, i sostenitori di Pisapia.

L

“MILANO STA cambiando davvero”, dice commosso il candidato. Il referendum, alla fine, Berlusconi l’ha perso e Pisapia l’ha vinto. Lui parla poco. Si fa vedere in teatro alle 19.10, poi alle 20.30. Due interventi brevi. “Ringrazio tutti”, ripete. Ma anche volendo, non potrebbe parlare: i mille e più sostenitori presenti applaudono, battono i piedi, scandiscono in coro “Giuliano sindaco, Giuliano sindaco”. Quando gli altoparlanti diffondono un dato che dà Pisapia al 48 per cento, partono i cori: “Sindaco subito”. Qualcuno scherza, molte le battute su Roberto Formigoni che è andato a votare indossando una maglietta di Paperino e sulla Moratti mamma di Batman. Ma la battuta più rapida a diffondersi è: “Attenti, mettete le macchine in garage”, riferita al Pisapia “ladro d’auto”. Risate liberatorie dopo tanta tensione e un po’ di rabbia.

Il clima è quello di una festa di popolo, di gente che non si conosce e si abbraccia. L’Elfo-Puccini è gremito già alle 18. Centinaia di persone costrette fuori dalla sala riempiono la grande galleria davanti al teatro e dilagano verso corso Buenos Aires, bloccano il traffico, cantano “Chi non salta Moratti è”, sventolano bandiere arancioni (il colore scelto dal candidato del centrosinistra). Anche gli agenti delle forze dell’ordine sorridono tranquilli: è una festa. IL SUO EX avversario alle primarie, Stefano Boeri, gli sta a fianco e commenta: “Si sta profilando un grande risultato a Milano, grazie al successo di Giuliano Pisapia. Una giunta di basso profilo rischia fra quindici giorni di perdere il suo potere arrogante e affarista. Merito di questo risultato straordinario va ai milanesi che hanno fatto cambiare il vento nel nostro Paese, alla forza di un voto cattolico che ha spinto per il cambiamento, alla grande capacità e intelligenza politica di Giuliano Pisapia nel guidare un’ampia e coesa coalizione e a un Partito democratico che ha raggiunto un risultato di grande rilievo. Con questo voto, Milano

Il Pdl si ferma al 28%, la Lega sfiora il 10 Alle Regionali del 2010 avevano rispettivamente il 36 e il 14%

esce dalla Padania e torna nel mondo”. Fallito del tutto il tentativo di Letizia Moratti, negli ultimi giorni, di assecondare la furia di Berlusconi e drammatizzare la campagna elettorale. Ci ha provato con il controproducente affondo in zona Cesarini nel faccia a faccia su Sky, in cui ha dato a Pisapia del ladro d’auto e dell’amico di terroristi, citando maldestramente una sentenza di primo grado e dimenticando l’assoluzione definitiva per non aver commesso il fatto. Il volto tranquillo, i toni misurati di Giuliano il calmo hanno alla fine trionfato. L’incredibile pomeriggio che ha cambiato il clima di Milano era cominciato alle 15. Appena chiuse le urne, era arrivato il primo “intention poll” per Sky: Letizia Moratti al 47,5 per cento, Giuliano Pisapia al 43. È un primo segnale che il sindaco uscente difficilmente otterrà una vittoria al primo turno. Ma un’ora dopo, alle 16, arrivano i primi dati del sondaggio Piepoli per Telenorba: Pisapia, con il 44,4 per cento, è davanti a Moratti, ferma al 44,1. Alle 16.15 arriva la prima proiezione su dati reali (su un campione ancora solo del 5 per cento), realizzata da Ipr Marketing per la Rai: le due coalizioni di centrodestra e centrosinistra sono pari al 45 per cento, ma il candidato Pisapia è, con il 45 per cento, davanti a Moratti, al 44. Poi le proiezioni Ipr si susseguono, ma sempre con Pisapia davanti a Moratti. Alle 18, il candidato del centrosinistra è al 46,5 contro il 42 del sindaco uscente. Alle 19, è al 48 e ha un vantaggio di ben cinque punti e mezzo sulla sua avversaria. E sul risultato non ha pesato l’affluenza alle urne, restata a livelli pressoché identici a quella

delle scorse elezioni del 2006 (67,5 per cento). UN RICONOSCIMENTO, alla fine, arriva da un grande vecchio della Milano riformista, Piero Bassetti, primo presidente della Regione Lombardia: “Che da Milano potesse partire la slavina io lo sapevo e l’avevo detto. Qui è saltato il tappo. La Moratti è in un angolo ormai, la slavina è partita. Ed è una vittoria di Pisapia, solo di Pisapia. È stato capace di catalizzare forze diverse e ha introdotto una comunicazione politica nuova, totalmente nuova. È un nuovo 25 luglio: questo qui (il riferimento è a Berlusconi, ndr) c’è stato 17 anni, l’altro venti. Pisapia ha scatenato il via al rifiuto del berlusconismo”.

L’INTERVISTA Dario Fo

“Ora Berlusconi è con il culo per terra” di Antonella Mascali

li ultimi risultati, voglio “G gli ultimi risultati”. Il premio Nobel Dario Fo ha appena concluso, con la moglie Franca Rame, un incontro all'Università di Verona, all'Aula magna del polo Zanotto. È stremato, dopo letture e ricordi che gli hanno lasciato un filo di voce. Ma la foga è quella di sempre. Soprattutto per la “sua” Milano, città di adozione. Quando lo sentiamo al telefono alle ore 21, Giuliano Pisapia, candidato sindaco del centrosinistra è al 48%, Letizia Moratti, candidata di Pdl e Lega è al 41%. Il maestro scandisce i numeri, li ripete, e quasi urla. Inarrestabile: “È una specie di capovolta generale della situazione. È una sconfitta epocale per Ber-

lusconi. È un’apocalisse per questi governanti che arriverà a crescere. Il voto di ieri è solo la prima botta, come i temporali. Prima una goccia, un lampo, un tuono, poi il diluvio”. Veramente gli esponenti del Pdl continuano a ripetere che la maggioranza ha tenuto. Faranno di tutto per minimizzare, di sicuro non diranno di aver perso. Tanto meno lo dirà Berlusconi. Ma la débâcle è enorme. Ripeto, questo è solo l'inizio. Come se lo spiega il risultato di Milano? I milanesi hanno cominciato a capire che la città non può continuare a essere spettrale, disumana. Ma il voto di ieri non è un miracolo. È un voto che arriva grazie al lavoro di tanti, no-

nostante in questi anni si siano presi scarpate sulle gengive. Immagino che si riferisca a lei e a chi altri? I nomi non li dico perché ne dimenticherei qualcuno. Parlo di artisti, pittori, intellettuali che hanno parlato alla città, insistito. E Pisapia si è circondato di queste persone. Di sicuro non grazie al Pd. Pisapia non era il suo candidato alle primarie, ma le ha vinte e ora è arrivato al ballottaggio davanti a Letizia Moratti. Qual è stata la mossa vincente? Partire dalle periferie e non del centro. Conoscere i problemi di questa città. L'urbanistica scriteriata, i grattacieli che oscurano la luce, il dramma delle case sfitte, l'inquinamento. Pisapia conosce i bisogni

delle persone e non dei salotti. Ma il vincitore di Milano non era nel programma del partito democratico. Il Pd aveva messo un architetto (Stefano Boeri, ndr) non accettato da moltissimi milanesi, compreso me. Ma Boeri ha fatto la campagna elettorale assieme a Pisapia... È vero, oggi è nella struttura portante, ma perché Pisapia è intelligente e ha voluto una squadra compatta, di persone con delle competenze vere. Lei insiste sul Pd. Lo critica solo per la politica milanese o più in generale? Anche per le sue scelte miopi anche in altre città. Prendiamo Napoli: ha candidato un ex prefetto (Mario Morcone, ndr) e ha perso. Per fortuna che da-

vanti alla catastrofe napoletana ha retto l'ex magistrato, Luigi De Magistris. A Torino, però, l'ex segretario dei Ds, Piero Fassino, ha vinto al primo turno. Fassino è stato messo in riserva dal gruppo dirigente del Pd. Ha avuto, però, il coraggio di uscire dal limbo, si è presentato nella sua Torino e ha vinto. Ma è stata una scalata sofferta. Il Pd con queste elezioni deve capire, una volta per tutte, che deve ascoltare la base, il suo elettorato. Capire le indicazioni che gli fornisce, stare sul territorio. Insomma i vertici del Pd devono cambiare registro, ritmo. Torniamo a Milano. Pisapia può vincere al ballottaggio? Ce la può fare con il programma pulito che ha portato in gi-


Martedì 17 maggio 2011

BERLUSCRAC SAVONA

Si aggira per i seggi indagato candidato

È

stato notato mentre si aggirava per i seggi elettorali nel giorno delle votazioni. Per questo

motivo Paolo Marson, candidato del centrodestra a sindaco di Savona, è stato iscritto nel registro degli indagati. Il danno oltre alla beffa: Marson è indietro nella corsa alla poltrona di primo cittadino.

PIONATI DIXIT

“Fini e Rutelli un bluff”. A lui lo 0,1%

“I

l Terzo polo si rivela un bluff che raccoglie sì e no i voti dell’Udc. Rutelli e Fini

sono del tutto ininfluenti e le tensioni in Fli lasciano prevedere ulteriori lacerazioni sui ballottaggi”. Parola di Fracesco Pionati, leader dell’Alleanza di centro che a Milano ha raccolto lo 0,1 e a Napoli lo 0,3%.

MILLY MORATTI

La cognata le strappa l’1,3%

A

nche da casa arrivano i “danni”. La Lista civica guidata da Milly Moratti, cognata del

candidato sindaco del centrodestra, dà una piccola botta a Pdl e Lega per le elezioni comunali. La moglie di Massimo Moratti ha infatti ottenuto l’uno virgola tre per cento, contribuendo al risultato di Pisapia.

TERZO POLO A “CINQUE STELLE” IL GIORNO DI GLORIA DEI GRILLINI A Bologna ottengono il 10%, a Torino toccano il 5%

Sopra, Beppe Grillo. Nella pagina accanto, Giuliano Pisapia festeggia al comitato elettorale. Nel tondo, i militanti del centrosinistra si abbracciano a Milano (FOTO ANSA) In basso, Dario Fo (FOTO EMBLEMA) di Fabrizio d’Esposito

Bologna, che è pure la città di Fini e Casini, il vero terzo polo sono stati loro. Ossia i grillini del Movimento a 5 Stelle. Alle nove di ieri sera, la percentuale del candidato sindaco danzava vertiginosamente vicino alla doppia cifra: 9, 70 per cento, pari a 7.500 voti e passa. Terzo partito al primo turno. Un exploit che migliora, in proporzione, il successo alle regionali dello scorso anno in Emilia Romagna: 7 per cento e due consiglieri. Snobbati dai media dei poteri forti, considerati pericolosi e qualunquisti da tutti i professionisti della politica, i grillini si affermano con numeri importanti in quello che appare come

A

l’imbrunire della Seconda Repubblica. L’equivalente della Lega al tramonto della Prima, almeno in termini di rottura del sistema. Sottovalutati nelle elezioni degli ultimi anni, a partire dal 2008, adesso vanno oltre la marginalità dell’uno o due per cento. E ci vanno praticamente a costo zero, rispetto ai milioni di euro investiti dagli altri candidati. Lo ha detto lo stesso Bugani, festeggiando ieri sera in piazza Maggiore: “È la dimostrazione che è nato qualcosa di nuovo e che la politica si può fare in maniera diversa. Abbiamo investito 4mila euro per questa campagna elettorale contro dei colossi che hanno investito soldi rubati ai cittadini attraverso i rimborsi elettorali”. Bugani ha una storia

familiare di centrosinistra classica e applica il primo comandamento del Movimento a 5 Stelle: il politico di leva, una sorta di servizio civile per i cittadini. A Milano, Mattia Calise ha speso 3mila euro in più di Bugani. Una cifra irrisoria, confrontata coi 15 milioni di euro della Moratti. Un abisso. Eppure Calise è arrivato al 3,2 per cento. Coi suoi voti, Pisapia avrebbe vinto clamorosamente al primo turno. Qui, il Movimento a 5 Stelle supera l’Italia dei Valori, ferma al 2,6. Un anno fa, alle regionali in Lombardia, il dato già si assestava intorno al tre per cento. Anche a Torino, il rassemblement di Grillo diventa il vero terzo polo: 5 per cento per il candidato sindaco Vittorio Bertola. Come l’Emilia Romagna, il Piemonte è

LE ELEZIONI LÌ AL NORD

INCUBO 11 SETTEMBRE A SORESINA, LA LEGA VINCE CON LA PAURA

L ro per i quartieri, senza giochi di prestigio, senza fango, come gli altri. C'è una vampata nuova, la gente è stufa di questi politicanti, più di quanto si pensi. Bisogna continuare senza tirapiedi, sulla strada dei valori che l'hanno portato a essere davanti alla Moratti. È sicuro che Berlusconi ha perso, senza se e senza ma? Sicurissimo. Ha preso una sberla che l'ha messo in ginocchio. D'ora in avanti gli andrà tutto male. Per lui ci sarà uno tsunami. Come si dice in milanese, è cont el cü per tèrra (è con il c. per terra, ndr)

a torre civica colpita da un aereo pilotato da un kamikaze proprio come le Twin Towers. Stessa scena di New York. Accanto l’immagine di un bel minareto a fianco della chiesa parrocchiale di San Siro avvolta dalla neve. Ad affiggere questi manifesti a Soresina non è stata al Qaeda, non sono stati i musulmani residenti in paese, ma la Lega Nord con il candidato sindaco Giuseppe Carlo Monfrini, sostenuto dal Pdl e da liste civiche. Ha vinto le elezioni amministrative con il 40,6% dei voti contro il 38,7% della lista di Sinistra “Rinnova Soresina” guidata da Marco Ghirri e il 20,5 % della lista “Soresina libera”. I due manifesti sono apparsi proprio in chiusura di campagna elettorale davanti alla scuola

un’altra culla del movimento. Sempre alle regionali del 2010 (media nazionale dell’1,77 per cento con quasi 400mila voti), i grillini presero due consiglieri, con punte del 30 per cento nella Val di Susa, roccaforte dei No Tav. Un’altra affermazione arriva dalle comunali di Trieste: sei per cento per il candidato sindaco Paolo Menis. Dati più bassi, invece, a Napoli e a Cagliari: rispettivamente 1,2 per cento per Roberto Fico e 1,8 per Emanuela Corda. La carrellata vittoriosa riprende con Varese, la Betlemme della Lega, dove il 3,14 di Francesco Cammarata, per esempio, è superiore alla civica di Mauro Della Porta Raffo, il gran pignolo del Foglio di Giuliano Ferrara. A Savona Milena Debenedetti svetta al 9 per cento, così come Pietro Vandini a Ravenna. Il boom dei grillini alle amministrative, che saranno storiche anche per questo, corona un ciclo di un lustro e più avviato da Beppe Grillo sul suo blog. Quando, cioè, tra il 2005 e il 2006 nasce il social network Meet Up. È l’humus morale, per una politica pulita e concreta sull’acqua, sui rifiuti, sui servizi sociali, su cui sorgeranno nel 2007 le liste civiche. Ma il 2007 è soprattutto l’anno del primo

Campagna elettorale a costo zero: 7 mila euro per Calise contro i 15 milioni dell’ex sindaco

materna Verta, ben visibili a tutti. Inequivocabile il messaggio comunque esplicitato dalla scritta “Se non vuoi una nuova torre alla tua chiesa vota i candidati della Lega Nord”. I fotomontaggi realizzati dai leghisti e affissi negli spazi elettorali, hanno creato non poco stupore e sul blog di “Soresina Libera” è partita la condanna: “Perché vi permettete di usare un simbolo religioso che appartiene a tutta la comunità soresinese? E come potete sfruttare l'immagine di una tragedia come l'11 settembre per la vostra meschina campagna elettorale?”. Fotografie che sono state ritenute offensive da diversi cattolici ma che non hanno impedito alla Lega di giocare la propria campagna elettorale proprio su un allarmismo ingiustificato sulla possibile realizzazione di una moschea. Alex Corlazzoli

Vaffa-day a Bologna, altra colonna portante del movimento, seguito da quello del 2008 a Torino. La vera svolta politica coincide con la caduta del governo Prodi, tre anni fa. Grillo inizia a chiamare il Pd come Pdmenoelle. Una casta uguale a quella del Pdl. Tra aprile e novembre i grillini iniziano a raccogliere consensi in un numero sempre maggiori di centri. Il trionfo alle europee, quando la Rete di Grillo annuncia di appoggiare due candidati dell’Idv: Luigi de Magistris (con cui poi il comico genovese litigherà) e Sonia Alfano. Il Movimento a 5 Stelle nasce ufficialmente il 4 ottobre 2009,

con il famoso comunicato politico numero venticinque di Grillo sul suo blog, che si conclude così: “Siamo arrivati alle battute finali di una farsa. Dalla Papuasia alla Terra del Fuoco l’Italia è diventata sinonimo di puttanopoli, di mafiopoli, siamo derisi insieme allo psiconano in ogni angolo della Terra. Nei prossimi mesi si sbraneranno tra loro, hanno già iniziato, con dossier e controdossier, ma quando si mette la merda del ventilatore tutti ne hanno una parte. Loro non si arrenderanno mai (ma gli conviene?). Noi neppure”. Da ieri la farsa è sempre più alle battute finali. Anche grazie ai grillini.

DALLA TV

“MIRACOLO ROSSO” COMMENTATORI IN TILT di Chiara Paolin

re 15 e un secondo, parte Oal ballottaggio. il colpo su Sky: Milano va La7 rilancia al volo con Aldo Cazzullo: “Ormai la gente è sgamata, a Bologna la storia delle amanti con bancomat di servizio ha punito Merola”. “Meglio non parlare di bancomat a un direttore di tg” rasoia Mentana lanciando la palla al Tg1 che parte con la faccia scura di Francesco Giorgino: “Sono le 15.27, alle 16.15 avremo le prime proiezioni per valutare la presunta valenza nazionale del voto”. “Eh già – gli fa eco Bianca Berlinguer partita regolarmente alle 15.30 con lo speciale Tg3 – quest’anno la Rai ha deciso di cambiare metodo, però gli intention poll di Sky dicono che la Moratti non ce la fa: che ne pensa La Russa?”. Occhio ceruleo, sorriso tirato, il ministro sta in trincea: “Aspettiamo, vediamo, capiamo. L’ho sempre detto che vinceremo al secondo turno, e comunque mi darete atto che non mi risparmio”. La Russa regge eroicamente fino alle 18, quando Stefano Folli, posato editorialista del Sole 24 Ore, commenta i dati milanesi su Rai1: “Se continua così, Pisapia rischia di passare al primo turno” ridacchia proprio mentre sulla poltrona a fianco arriva il direttore Minzolini. Giorgino sente la necessità di ricordare che, oltre a guidare il tiggì, Minzolini “è un giornalista politico capace di decifrare i dati anche quando sono difficili da capire”. Il direttorissimo parte con un discorso incomprensibile da cui emerge che “la sinistra riformista è in trappola”. Folli non re-

siste: “Un attimo, diciamo che a Milano non ha perso la Moratti ma Berlusconi, sennò non si capisce più niente”. Giorgino offre il petto: “Ma non è possibile calcolare il danno fatto dalla candidata con la sua uscita su Pisapia!”. Mazzata finale di Bechis, vicedirettore di Libero: “Veramente possiamo: i sondaggi del prima e dopo spiegano che la bufala è costata due punti. Berlusconi a Milano ci ha messo la faccia, ha fatto quel che si poteva. Piuttosto: il crollo della Lega?”. Sonia Sarno, collegata da via Bellerio, assicura che Bossi&C sono in conclave per riflettere sui risultati di Bologna, ma Donadi ride a scena aperta e perfino Vittorio Feltri ammette: “Qua sono spariti dei voti, sia Pdl che Lega. Bisogna capire dove siano finiti se vogliamo salvare il ballottaggio”. Minzolini si gratta la testa, Sallusti riesce a infilare una noticina rosa (“il Pdl ha preso 3 punti in più della Moratti”) ma la classe vera è quella della Santanchè chez Fede. Da Palazzo Marino l’inviata testimonia: “Clima di attesa. La gente viene, guarda i tabelloni e se ne va. Senza commentare”. Fede: “Ah bene, senza commentare”. Santanchè: “Vincere al primo turno con la Moratti sarebbe stato un fatto eccezionale”. La verità, finalmente, ma niente festa delle opposizioni in video: Bersani sciamanico, Di Pietro incazzoso, Fassino espansivo come un grissino. Tutti in rassegna dentro un Porta a Porta con titolo choc “Miracolo rosso a Milano”, dettagli pulp da Benevento a Trieste e un’aria di densa incredulità: sta venendo giù tutto davvero?


pagina 6

Martedì 17 maggio 2011

BERLUSCRAC BROGLI

Va a votare e scopre di averlo già fatto

È

andato a votare, ma ha scoperto che qualcuno l’aveva già fatto al posto suo. È successo a. M.C. al seggio

della scuola Tito Livio di Napoli. La denuncia è arrivata dal commissario regionale dei Verdi Campania, Francesco Emilio Borrelli, con la lista Napoli riformista che hanno istituito un osservatorio sul voto pulito e libero a Napoli e

provincia. “Dopo i pacchi regalo, i biglietti del calcio Napoli, i 50 euro a voto, le schede doppie consegnate ai votanti adesso, scopriamo anche i cittadini che hanno già votato pur non essendosi recati al seggio”.

PROMESSE

Mastella e il suicidio annunciato

“S

e Luigi De Magistris va al ballottaggio mi suicido”. L’aveva annunciato Clemente Mastella, anche lui

in corsa per Palazzo San Giacomo con l'Udeur, dando voce a una ruggine che nasce dalle inchieste condotte dall'ex pm. E così i sostenitori di De Magistris su Facebook gli chiedono il conto: “Mastellaaaaaaa guarda che ti aspettiamo!!!”.

LA NUOVA ERA DI NAPOLI De Magistris va al ballottaggio con Lettieri Esce Morcone e muore il bassolinismo

di Enrico Fierro inviato a Napoli

a passato il pomeriggio barricato nella stanza dell’ex Jolly Hotel. Ha mangiato una “margherita” con la madre, i figli e la moglie Maria Teresa e ha divorato assieme al fratello Claudio e a pochi fedelissimi dello staff, istant poll, exit poll e proiezioni. “Non ci voglio credere, stiamo vincendo”. Poi alle otto della sera Luigi De Magistris è sceso al secondo piano dell’albergo dove era stato allestito il suo quartier generale. “Lettieri perderà, ha già perso, io sarò il sindaco per Napoli”. È la frase che volevano sentire i suoi scossi dall’altalena dei dati e da una campagna elettorale da soli contro tutti. “Contro i poteri forti della città, contro il sistema consociativo che ha avvelenato Napoli, contro Gianni Lettieri, il prestanome di Nicola Cosentino”. Ultimissime proiezioni: Lettieri 40,5%, De Magistris 26, Morcone 18,5. L’ex magistrato delle inchieste scottanti, il pm costretto a lasciare la toga (la stessa indossata dal nonno e dal padre), tormentato da ispezioni ministeriali, ricorsi e querele, è visibilmente commosso. “È un risultato senza precedenti per Napoli, per l’intero Mezzogiorno e per un nuovo modo di fare politica. Devo ringraziare i napoletani: hanno creduto che un sogno potesse diventare finalmente realtà”. Nei corridoi dell’ex Jolly i ragazzi e le ragazze che hanno creduto al sogno, i dirigenti della Federazione della sinistra che hanno scommesso sull’alternativa, giovani e vecchi che applaudono Giuliano Pisapia (“Napoli e Milano uniti nella lotta”), cantano “Bella ciao”. Cose d’altri tempi. Cose nuo-

H

vissime. Come la campagna elettorale fatta nei quartieri, coi comizi. “Mi sono proposto – dice De Magistris – come il sindaco per Napoli, ho fatto centinaia di incontri, ho mangiato a Scampia con la gente delle Vele, continuerò a parlare solo ai napoletani”. Cambio di scena, altri umori. Nel Comitato elettorale di Gianni Lettieri facce sorridenti. Per forza. Nicola Cosentino, l’uomo che ha voluto contro tutto e tutti, soprattutto contro l’opinione degli industriali, la candidatura dell’ex presidente di Confindustria Lettieri, canta vittoria. “È il miglior risultato del Pdl a livello nazionale. Al secondo turno vinceremo, i moderati stanno con noi”. Ma basta chiamare chi nel partito del Cavaliere fa la fronda al “clan Cosentino” e sentire un’altra musica. Gli ambienti vicini a Fulvio Martusciello, una volta padrone del partito a Napoli insieme al fratello Antonio, ricordano i dati del 2006. Allora il centrosinistra con Rosa Iervolino stravinse col 57% e il centrodestra si fermò al 38. “Gianni – dicono – dopo i disastri della Iervolino, la monnezza per strada e le primarie fallite del Pd, ha raggiunto il grande risultato di conquistare due punti in più”. 40%, un dato lontanissimo dal 49 conquistato da Stefano Caldoro appena un anno fa, quando si votò per la Regione. Appello ai moderati, quindi, a quel terzo polo che ha schierato il Rettore Raimondo Pasquino e che ha portato a casa tra il 9 e il 10%. “Risponderò con la progettualità alla demagogia di De Magistris – si fa forza Gianni Lettieri – i moderati non voteranno mai per lui”. Per il momento il terzo polo non si pronuncia sul dopo, Ciriaco De Mita, che è il vero padrone dell’Udc in Campa-

Sorpresa partenopea A sinistra De Magistris festeggia, a destra Lettieri (FOTO ANSA)

Lo sfogo di un militante del Pd: “Nel Pci eravamo partito di lotta e di governo. Mo nun simme nisciuno” nia, è al governo della Provincia e della Regione (suo nipote Giuseppe è il vice di Caldoro). Non è detto che romperà col centrodestra, ma neppure che appoggerà Lettieri. La storia politica del leader di Nusco, come è noto, è piena di imprevisti. Bizantinismi archiviati dal voto, dall’“arrevuoto” (una sorta di disordine inaspettato e creativo) che ha sconvolto la politica a Napoli. Ne esce distrutto il Pd che non arriva neppure al ballottaggio, si frantuma il partito di Vendola (il cui gruppo dirigente a Napoli e in Campania è fatto di ex, bassoliniani, con un passato da assessori ed ex uomini di potere) spaccatosi sul

no all’alleanza con De Magistris. “Quando eravamo del Pci si diceva che dovevamo essere partito di lotta e di governo. Mo nun simme nisciuno”, si sfoga un anziano militante. È una débâcle per il partito di Bersani, al governo del comune dal 1993, l’anno della speranza, subito tradita dalla trasformazione di un modello di governo in ferreo sistema di potere. Finisce l’era di Antonio Bassolino. E nel peggiore dei modi. Pesa sul voto lo scandalo delle primarie e l’imposizione della candidatura di Morcone. Lo stesso prefetto in uno sfogo ammette che “il partito è stato freddo. Evidentemente la candidatura di De Magistris è apparsa più credibile per un cambiamento radicale”. Un sorriso amaro e qualche frecciatina: “Napoli è devastata dalla crisi dei rifiuti, è una città amministrata malissimo negli ultimi anni”. Tornerà a Roma a fare il prefetto. Basta con la politica. “C’è tempo per capire di chi sono le responsabilità, ora bisogna ricostruire l’unità delle forze che hanno a cuore Napoli attorno a De Magistris”. A parlare è Umberto Ranieri, un uomo di sinistra vicinissimo al capo dello Stato, per storia, cul-

tura e formazione politica lontanissimo dall’ex pm, ma profondo conoscitore degli umori della sua città. “L’apparentamento col Pd non è automatico. Il nostro è un grande progetto di cambiamento, per questo chiedo i voti agli elettori del Pd,

che rispetto, di Sel, dei moderati e della destra. Non bisogna consegnare Napoli al prestanome di Nick ‘o mericano”. Luigi De Magistris chiude così la sua giornata di gloria. Mancano poche ore all’inizio di una nuova campagna elettorale.

NINO D’ANGELO

“AVREI PREFERITO L’EX PREFETTO, MA STO CON CHI SFIDA IL CENTRODESTRA” di Wanda

Marra

a sinistra come al solito “L si è divisa e ha messo due candidati. Se non fosse stato così ce la poteva pure fare al primo turno. Ma oggi l’importante è che il centrodestra non si pigli pure il Comune. Poi chi vince, va bene”. Nino D’Angelo è tra i volti più noti di Napoli. E ieri sull’Unità aveva espresso la sua preferenza per Mario Morcone. Quando è ormai chiaro che il ballottaggio sarà invece tra Lettieri e De Magistris mette il suo volto al servizio di chi correrà per il centrosinistra. Non senza sottolineare qualche criticità. Berlusconi è venuto a Napoli: ha promesso ancora

una volta di liberare la città dai rifiuti e anche di bloccare le demolizioni delle case abusive, peraltro con un occhio di riguardo all’illegalità. Non ha convinto la gente? La gente sta cominciando ad

“Bassolino? La giustizia dirà È stato il nostro miglior sindaco Ma ora è importante tenere la città”

aprire gli occhi, si è stancata delle promesse elettorali. Sempre sotto le elezioni si inventano queste cose. Io li chiamo colpi di scena. Penso che la gente sia stanca di parole, stanca delle stesse facce, delle stesse persone.

Berlusconi un anno fa ha detto che toglieva l’immondizia e poi l’immondizia è tornata. Il centrosinistra ha vinto, nonostante le primarie annullate... Alla fine non si è neanche capito se le primarie fossero davvero truccate... la verità non si sa mai. Tutto viene strumentalizzato, sempre. Lei aveva espresso la sua simpatia per Morcone. Perché? Si è speso per il Trianon, il teatro che ho diretto a lungo. E poi mi sono fidato dell’indicazione del Pd e di Vendola. Ma perché la gente ha scelto De Magistris? È stato un voto di protesta? L’ha visto come uno più nuo-

vo, più popolare. Morcone è uno sconosciuto. Ma l’importante è che la sinistra sia andata bene, anche se il Pd non ne esce proprio bene. Si vede che la gente non ha sopportato come sono andate le primarie: anche perché una certezza che i brogli ci siano stati non c’è. Io penso che Cozzolino abbia subito un’ingiustizia: se aveva vinto, aveva vinto. Però Bassolino rappresentava un sistema di potere corrotto... La giustizia farà i suoi percorsi, ma Bassolino è stato il miglior sindaco di Napoli. Comunque ora il Pd deve fare un mea culpa e deve finire di fare l’antiberlusconismo: non combattere Berlusconi, ma presentare delle propo-

ste. Che vuole fare il Pd? Oggi è una bella giornata per Napoli? Per la sinistra sì. Per Napoli vedremo: molti politici mi hanno deluso. Adesso sosterrà De Magistris? Chi va al ballottaggio, io lo sosterrò, l’avevo detto. L’importante adesso è mettersi d’accordo: dare anche Napoli alla destra no. Ho sempre pensato che al primo turno non ce l’avrebbe fatta nessuno. Ora però sta tutto ai partiti: sta a loro mettersi d’accordo, stare tutti uniti. Cosa pensa di De Magistris? Non lo conosco personalmente, però dev’essere una persona in gamba. È un napoletano, che ama la gente.


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BERLUSCRAC FLOP

La Cracchi non supera i decimali

U

n flop assoluto quello di Cinzia Cracchi, la ex fidanzata ed ex segretaria dell’ex

MR PREFERENZE

sindaco, Flavio Delbono, scintilla del “Cinzia-gate” che ha portato al commissariamento del Comune. Le preferenze della sua lista civica stanno sui decimali. Ma lei incassa bene.

Il Cev. svetta su tutti

M

ister Preferenze si conferma tale. Maurizio Cevenini, capolista del Pd a

Bologna, fa un nuovo pienone di consensi, svettando sopra tutti gli altri. L’ictus ha fermato la sua corsa a Sindaco, ma non ha trattenuto la gente dal votarlo.

MEROLA AVANTI DI UN SOFFIO Il centrosinistra tiene a Bologna, la Lega non sfonda la linea del Po di Ferruccio Sansa inviato a Bologna

ui a Bologna sono nati i primi asili nido comunali. Prima le donne erano madri o lavoratrici. Negli anni Sessanta ne abbiamo realizzati 52, i migliori d’Europa”, racconta Adriana Lodi. Ma che c’entrano le parole di un assessore di cinquant’anni fa con le elezioni di ieri? C’entrano eccome. Gli asili sono il simbolo dell’amministrazione rossa all’avanguardia. Spiegano l’affermazione del centrosinistra. Almeno quanto il senso di appartenenza al partito e l’estraneità dei bolognesi al berlusconismo. E poi c’è la stanchezza di una città che da 14 mesi era guidata da un Commissario, pur apprezzato: insomma, governava Roma. Certo, è stata una sofferenza. Per

“Q

leggere i risultati bisognava guardare i volti dei sostenitori di Virgilio Merola nella sede del suo comitato. Prima le proiezioni lasciavano intuire un ballottaggio, poi i risultati hanno preso un’altra piega: Virginio Merola 50,8% (348 seggi su 449), Manes Bernardini (Lega-Pdl) fermo al 30,16%. Per il centrosinistra, che si vada o no al ballottaggio, è un successo. Bersani lo aveva detto: “Vinceremo al primo turno”, ma dietro le quinte regnava l’incertezza. Adesso tutti con gli occhi puntati sui voti per il sindaco. Ma in gioco c’è molto di più: gli equilibri all’interno ai due schieramenti. I risultati di Bologna raccontano molte cose. A cominciare dal centrosinistra: “Il Pd regge, naviga intorno al 38,9% (40,6 alle Regionali 2010)”, racconta Camillo, sostenitore del partito di Bersani. Ma

non basta: “Amelia per Bologna” vola al 10,23% per cento. È la lista di Amelia Frascaroli, la candidata alle primarie sostenuta da Flavia Prodi. Insomma, gli ambienti vicini al Professore in un Comune guidato da Merola sarebbero essenziali. Secondo, l’Italia dei Valori non sfonda, si ferma al 3,74% (6,4% alle Regionali), forse soffrendo la concorrenza del Movimento Cinque Stelle. E a destra? La Lega non sfonda la linea del Po. Il Carroccio, secondo i primi risultati, arriva al 10,6%. Meglio che alle precedenti comunali, ma un brusco rinculo rispetto alle Regionali (13,7%). Mentre crolla il Pdl, passando dal 24,6% di un anno fa al 16,7%. Certo, di mezzo c’è la nascita di Fli, ma le elezioni di Bologna non vanno bene (4,6%) nemmeno per la lista “Stefano Aldovrandi sinda-

La vita è fatta di alti e bassi.

co”, appoggiata da Gianfranco Fini e Pierferdinando Casini. Entrambi bolognesi. E adesso sono aperte ipotesi e recriminazioni. Opposti umori nel centrosinistra, diviso sulla scelta di Merola: un passato come casellante delle autostrade seguito da una lunga militanza nel partito fino alla carica di assessore con Cofferati. “Se avessimo scelto un candidato della società civile,

avremmo vinto a mani basse”, sostiene chi teme lo strapotere del Pd. I fedeli del partito ribattono: “Un risultato la nostra forza”. Occhi bassi nel comitato di Bernardini. Si spera ancora nel ballottaggio, ma il risultato comunque è deludente. E già tra Pdl e Lega volano coltelli: “Un candidato di centro avrebbe preso cinque punti di più”, attaccano gli azzurri. I leghisti replicano: “Balle. Ber-

nardini è un moderato, non ha fatto le sparate di Letizia Moratti”. Vero, il trentanovenne amico di Bobo Maroni è un leghista light: certo, ha messo sicurezza e immigrati nel programma, ma si è concesso solo una polemica: “Chi non è bolognese doc certe cose non le sente”, ha puntato il dito sulle origini campane di Merola. Uno scivolone: nemmeno Renato Zangheri, sindaco mito del Pci, era un bolognese doc. Intanto lo spoglio continua: gli unici sicuri vincitori sono il Movimento Cinque Stelle. Alle ultime comunali non avevano superato il 4%, alle regionali erano già saliti al 7%. Ma adesso Massimiliano Bugani arriva al 9,54%. Gli ultimi spiragli non si sono ancora chiusi, c’è chi si appende ancora al sogno del ballottaggio. Ma sarebbe, probabilmente, come posticipare di due settimane una sentenza già scritta. Lui, Merola, può essere soddisfatto: ha sfiorato il 50%, voto più, voto meno. Nonostante il passato di uomo di partito, le gaffe, ma soprattutto le dimissioni del suo predecessore Flavio Del Bono che ha patteggiato una condanna a un anno e sei mesi. Ma il merito della vittoria è anche di quegli asili costruiti cinquant’anni fa. Insomma, della Bologna modello di amministrazione. Per questo hanno votato i bolognesi. Merola deve dargli un futuro.

Noi ci siamo in entrambi i casi. Lo sappiamo che la vita non sempre va come l’avevi immaginata. Per questo ascoltiamo con attenzione ogni tua esigenza. Perché tu possa contare su di noi in qualunque sfida o opportunità che incontrerai sulla tua strada. Ed è così che noi siamo: una banca concreta, sempre vicino a te. unicredit.it Numero verde: 800.32.32.85


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Martedì 17 maggio 2011

BERLUSCRAC TORINO

Il finto Coppola al 4%

Q

uando il Tg de La7 lancia la prima proiezione per il Comune di Torino sembra un

errore: al quarto posto, addirittura al 5%, c’è Domenico Coppola. E invece è tutto vero: non quarto, ma sesto, con un bottino superiore al 3,5%. Unico merito, l’essere omonimo del più noto candidato del Pdl.

RAPAGNANO (FERMO)

Remigio Ceroni ancora sindaco

P

er ora la Costituzione non cambierà come proponeva lui, per dare maggiore potere al

Parlamento, ma un nuovo mandato di sindaco di Rapagnano (Fermo), Ceroni – finito recentemente al centro anche di una vicenda di violenza sulla moglie – l’ha ottenuto facilmente, con quasi il 73% dei voti.

FASSINO VINCE ANCORA L’ultimo segretario dei Ds commosso: “Sarò il sindaco di tutti”. Telefonata con Pisapia

di Stefano Caselli Torino

n lieve tremore della mano destra appoggiata sul leggio, tipico di emozione mista a stanchezza. E poi, addirittura, la voce rotta dalla commozione. Capita quando ringrazia la moglie Anna Serafini, “sempre al mio fianco”. Piero Fassino si presenta così, poco dopo le 19, al comitato elettorale traslocato per l’occasione a Palazzo Bertalazone, a pochi passi da Palazzo di Città, il municipio sabaudo. Chissà, forse nemmeno lui credeva a una vittoria così netta. O forse sì. Ma il rischio ballottaggio, nelle ultime settimane, non sembrava impossibile. Non tanto per la forza degli avversari, quanto per la quantità (12 candidati alla poltrona di sindaco per 37 liste, un record). Alla fine, tuttavia, Torino si conferma la capitale del centrosinistra italiano: qui Berlusconi non ha mai sfondato e la Lega, che alle regionali del 2010 aveva ottenuto un risultato mai raggiunto, ritorna indietro: “È un risultato – dichiara Fassino – che segna un mutamento dei rapporti di forza in tutto il Nord”. Tra il pubblico scatta l’applauso, ma l’ovazione più convinta c’è quando il neosindaco racconta di una “telefonata straordinariamen-

U

te calorosa” con Giuliano Pisapia. L’ultimo segretario dei Ds stravince con una percentuale probabilmente superiore al 55 per cento (57,14% a oltre metà scrutinio). Il candidato del Pdl Michele Coppola (26,78%) rischia di fare addirittura peggio di Rocco Buttiglione, che nel 2006 si fermò al 29,44%. Certo, anche Piero Fassino è ben lontano dal trionfo del suo predecessore (66,59%) Sergio Chiamparino, ma nel quartier generale del Pdl in corso Vittorio tira aria di mestizia: “Una sconfitta così – ammette Agostino Ghiglia, vicecoordinatore regionale del partito – non ce l’aspettavamo”. Molto al di sotto delle aspettative anche la performance del Nuovo Polo di Alberto Musy che, accreditato alla vigilia di un sette-otto per cento, potrebbe non raggiungere il cinque. E così, il vero terzo polo, sarà il Movimento a Cinque stelle rappresentato dall’ingegnere trentasettenne Vittorio Bertola, che la soglia del 5% dovrebbe superarla (andando oltre il 3,9 per cento raggiunto in città al debutto delle regionali del 2010). ALL’INTERNO delle coalizioni, è ottimo il risultato del Partito democratico, che si attesta intorno al 35 per cento delle preferenze, quattro punti sotto le politiche del 2008, ma

Palazzo di Città Fassino affacciato insieme al predecessore Chiamparino

Chiamparino arrivò al 66% Ma Coppola fa peggio di Buttiglione Pdl e Lega in caduta libera dieci sopra le Regionali dell’anno scorso; discrete performance di Sel (poco sotto il sei per cento) e Idv (tra il quattro e il cinque), vero exploit per la lista “Moderati per Fassino” che, con quasi il dieci per cento dei voti, si attesta stabilmente come seconda forza del centrosinistra. Nel centrodestra la Lega Nord torna ai livelli del 2008 (poco oltre il 6 per cento), lontano dal 10 conquistato l’anno scorso sull’onda di Roberto

CAGLIARI al ballottaggio

Cota. Male il Pdl, che non solo perde parecchi voti rispetto all’aggregato FI+An del 2006 e al risultato delle regionali 2010, ma addirittura dimezza la percentuale ottenuta alle politiche del 2008, quando toccò il 31,5 per cento. Male l’esordio di Futuro e libertà (1,4%), non meglio l’Udc (2,5). Tra gli altri candidati – oltre all’1,5% del candidato della federazione della Sinistra Iuri Bossutto – spicca l’incredibile, anzi

preoccupante, 3,6 per cento ottenuto dallo sconosciuto Domenico Coppola, candidato creato dal consigliere provinciale Renzo Rabellino, professionista delle liste civetta o patacca, lo stesso che nel 2000 presentò un Rosso sindaco (omonimo del candidato del centrodestra) e nel 2010 una Cota presidente (omonima del candidato del centrodestra). L’altro Coppola, scelto forse sfogliando l’elenco telefonico,

entrerà molto probabilmente in Consiglio comunale. Il Pdl sa che avrebbe perso comunque, ma l’irritazione è comprensibile. E lo stesso vale per il Movimento a 5 stelle: tra le sette, improbabili liste a sostegno del Coppola inventato c’è anche una “lista del Grillo” che arriva all’uno per cento. Un fenomeno non nuovo a Torino e in Piemonte, che dovrebbe allarmare ben oltre l’orizzonte della Mole.

REGGIO resta a destra

Fenomeno Zedda di Cinzia Simbula Cagliari

a passeggiato per tutto il pomeriggio nel Hne candidato centro di Cagliari. Massimo Zedda, il giovadel centrosinistra, ieri ha scelto di stare lontano dalle sedi di partito e dai numeri che sin dallo spoglio delle prime schede lo davano in vantaggio su Massimo Fantola, candidato della corazzata di centrodestra “orfana” di Fli. Semplicemente assaporando i profumi della città dove è nato 35 anni fa, facendosi cullare dalla leggera brezza di primavera che per lui, forse, ha anche un altro significato. “Ora tocca a noi, ora tocca all’efficienza e alla trasparenza” è stato lo slogan della sua campagna elettorale, a voler indicare la voglia di cambiamento, di rottura rispetto al passato dominato dal centrodestra. Lo spoglio delle schede va avanti con estrema lentezza nella notte, tanto più che si è dovuto prima procedere allo scrutinio del referendum. Intorno alle 22, nel capoluogo sardo, lo spoglio arriva a 23 mila schede su un totale di 97.762, poco meno del 25 per cento, con una percentuale del 47,5 per cento in favore di Zedda e di circa il 46 per Fantola. Uno scenario che, seppure con dati parziali, fa ipotizzare una nuova sfida al ballottaggio. Non è poco, per il centrosinistra, in una città roccaforte del

centrodestra. Dalla Sardegna potrebbe arrivare anche un messaggio al Governo, una sorta di preavviso di sfratto a Berlusconi? Michele Piras, coordinatore regionale di Sel (il partito di Zedda), sorride e dice: “Se incrociamo i dati plebiscitari del referendum con quelli, seppure parziali, delle amministrative, direi che l’aria che tira è proprio questa. Sembra che il vento stia cambiando, soprattutto se ci soffermiamo a guardare l’andamento storico: il centrosinistra a Cagliari non toccava palla dal ‘93 e io considero questi primi dati molto importanti, seppure con la dovuta cautela. Da ciò che sta venendo fuori dai seggi mi pare che il ballottaggio sia lo scenario più probabile, c’è un testa a testa e questo per Cagliari è già un risultato ottimo perché i nostri avversari vincevano sempre al primo turno”. Cautela è la parola d’obbligo, seppure nessuno nasconda un certo entusiasmo. In via Emilia, sede del Partito democratico, c’è un clima quasi euforico: “Un segno evidente della volontà di cambiamento – dice il segretario Silvio Lai – i sardi non si fidano più delle promesse della destra”. Decisamente diverso il clima in casa Pdl, anche se le dichiarazioni sono all’insegna della fiducia: “Si tratta di dati parziali, ma il trend è soddisfacente in uno scenario non favorevole alla coalizione. Al ballottaggio sarà un’altra partita”.

Scopellitti non molla di Antonio Massari inviato a Reggio Calabria

dieci della sera c’è un venticello leggero, che Atra llespira a Reggio Calabria, lungo corso Garibaldi, le sedi dei due sfidanti più accreditati alla poltrona di sindaco: Massimo Canale e Demetrio Arena. Il soffio - che inizia a infastidire il governatore Giuseppe Scopelliti - spira dal dato delle elezioni provinciali: il candidato del Pdl, Giuseppe Raffa, non sembra in grado di vincere al primo turno. La tensione in corso Garibaldi – al di là delle prime previsioni (una decina di sezioni scrutinate, Arena in vantaggio con il 56 per cento e Canale all’inseguimento con il 26) – si concentra su un primo dato oggettivo: Raffa, che nel resto della provincia viaggia intorno al 47 per cento, sebbene sostenuto da 10 liste del centrodestra, a Reggio si ferma al 45 per cento. Segno che il Pdl, in città, sta perdendo colpi. Il presidente della provincia uscente, Giuseppe Morabito (Pd più altre liste), è a quota 27 per cento ma, in città, supera abbondantemente il 30. È questo che conta, quando ancora si naviga a vista, perché alle nove della sera pare che la città di Scopelliti mostri i primi, sensibili segni d’un cambiamento. È questo che, a urne appena aperte, s’inizia a valutare nei due quartieri generali: Reggio Calabria, che sin da giovanissimo ha prima catapultato Scopelliti nel ruolo di sin-

daco (con il 70 per cento, nel 2007) e poi alla guida della Regione (stessa percentuale), dedica al candidato delle provinciali solo il 45 per cento. E se questo è l’atteggiamento di Reggio verso il Pdl, allora qualche speranza d’arrivare al ballottaggio contro Arena, per Massimo Canale, sostenuto da Pd, Rifondazione comunista e due liste civiche, inizia a farsi concreta. E nell’attesa del risultato definitivo, che s’attende in nottata, il clima nelle due sedi, quelle di Arena e Canale, inizia lentamente a riscaldarsi. Canale punta sul voto disgiunto. Arena inizia a temerlo. Nella sua segreteria al primo piano di corso Garibaldi, la differenza di stile, con la sede di Arena, è particolarmente evidente. Porta aperta e accesso a chiunque, senza bisogno di pass, in un clima familiare: Canale non se n’è mai allontanato, per tutta la giornata. “Sono in ritiro. Sono in periferia”, ci risponde Arena al telefono, nel pomeriggio: ha posizionato la sua sede a pochi metri di distanza da Canale, in un prestigioso angolo del corso, di fronte al trafficatissimo tapis roulant che porta al lungomare. Lo staff ci spiega che Arena – “per scaramanzia” – si farà vivo soltanto a risultati definitivi. Canale ordina pizze per tutti: la notte è ancora lunga, i calcoli del suo staff continuano a concentrarsi sul voto disgiunto. Sorride: pare che il 10%, delle 11 liste che sostengono il Pdl, abbiano messo la croce sul suo nome. C’è parecchio da attendere, dieci sezioni sono poche.


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BERLUSCRAC CASTIGLIONE DELLA PESCAIA

Senza la Faenzi adesso è Bulgaria

C

astiglione della Pescaia: vince Giancarlo Farnetani, centrosinistra, con un

“bulgaro” 94,7% dei voti. Elezioni senza Pdl per errori di compilazione della documentazione, della lista sostenuta dal sindaco uscente Monica Faenzi. Il Pdl aveva puntato sull’astensione, ma ha votato il 51,2%.

POLLICA (SALERNO)

Pisani dedica vittoria a Vassallo

“I

l mio primopensiero è andato ad Angelo”. Così, il neosindaco di Pollica (Salerno), Stefano

Pisani eletto alla guida della cittadina cilentana dopo l’uccisione, lo scorso settembre, di Angelo Vassallo. “Subito dopo la notizia della vittoria – ha spiegato Pisani – sono andato a pregare sulla sua tomba”.

LATINA RISPONDE PENNACCHI CHI? Fallisce il progetto fascio-comunista appoggiato dallo scrittore di Carlo Tecce inviato a Latina

o ve lo dovevo dì, mo’ so cazzi vostri”, Antonio Pennacchi cerca l’ennesima sigaretta nel taschino, sospeso sul bastone marrone e ciondolante con una sciarpa rosso fuoco, tratti cromatici di un passato di fabbrica e di lotta: “Fateme fumà. Che stavo a dì?”. Che Latina-Littoria, due nomi stessa identità, è un laboratorio politico, un esperimento culturale. Forse è pure una prova di risorgimento: “Non de’ resistenza, perché qua stamo peggio con la democrazia del piffero che io chiamo oligarchia. Qua stamo spiegando che le categorie del Novecento sono finite. Io so de sinistra e a volte so de destra”. E basta, nulla più: i risultati con crudele lentezza segnano una distanza abissale tra il candidato del centrodestra Giovanni Di Giorgi (ex missino), in bilico tra il 51 e il 49 per cento, il centrosinistra con Claudio Moscardelli, Futuro e Libertà con Pennacchi (intorno all’1 per cento) e il resto di 13 liste, un aspirante consigliere ogni cento abitanti. Il romanzo che diventa cartello per il Municipio, il fasciocomunista, il nome di Pennacchi nel simbolo di Futuro e Libertà per le comunali di Latina: una bella suggestione mediatica, una raffinata fusione di costume, il rosso e il nero, la falce, il martello, il saluto romano. Una passerella per i duri e puri di Fli, in trasferta per sostenere un reduce di Alleanza Nazionale, l’avvocato Filippo Cosignani: Fabio Granata capolista, il deputato Claudio Barbaro, il futurista Filippo Rossi, lo storico Franco Cardini. Un po’ di curiosità o fin-

“I

to entusiasmo per una Latina pragmatica, tirata con le righe come la disegnò Mussolini. Una città capoluogo con il duce in periferia, il senatore Claudio Fazzone, il principe di Fondi, di quel comune che il prefetto Frattasi chiedeva di sciogliere per infiltrazioni mafiose. Latina è tornata al voto con un anno di anticipo perché il gruppo del Pdl, all’ordine del senatore Fazzone, decise di sfiduciare il proprio sindaco. Ricordate Vincenzo Zac-

cheo? Protagonista di un video rubato con Renata Polverini su Striscia la notizia, non pagò per una preghiera che nega di aver mai detto (“pensa alle mie figlie”), ma per un affronto al principe di Fondi: “Non appaltare a Fazzone”. E anche liberare Latina dal senatore, già caposcorta di Nicola Mancino, Pennacchi pensò di metterci la faccia, il prestigio, la creazione: “Fascio e comunisti insieme e oltre. Io nun seguo i numeri, io misuro il mio va-

Per Fli, che qui ha candidato Fabio Granata è un disastro: neppure l’1%

BENEVENTO

Pdl, disastro totale dal 25 al 9%

A

Benevento il candidato a sindaco del Pdl non è in partita nemmeno per il

ballottaggio già a metà scrutinio. Raffaele Tibaldi, infatti, è terzo, con decine di punti percentuali in meno rispetto a Fausto Pepe e Carmine Nardone. Il sindaco uscente, Pepe, è sostenuto dal centrosinistra.

PLEBISCITO

DE LUCA INVINCIBILE: QUESTA È SALERNO LO SCONFITTO È COSENTINO di Vincenzo Iurillo Salerno

accontano i suoi agiografi che ieri mattina il sindaco Pd, VinRcomecenzo De Luca, era in giro per Salerno a controllare cantieri se le elezioni ancora in corso non lo riguardassero affatto. Antonio Pennacchi (FOTO ANSA)

lore con la coscienza, i miei figli e i miei nipoti non me potranno rompe’: non ho taciuto”. Pochi l’hanno ascoltato. E chi ha ascoltato Italo Bocchino dovrà dimenticare la sua promessa: “Latina è una sfida importante per Fli”. Un disastro. I fasciocomunisti di Cosignani vanno peggio di Alleanza di Centro, Movimento 5 stelle, Destra nazionale, la civica il Patto e compete per l’ultimo posto con Alternativa Comunista e Noi Sud. E pensare che An a Latina valeva Forza Italia, ora è una guerriglia nell’atomo, una piccola frazione di elettorali tra la coppia antiberlusconiana Granata-Bocchino e la coppia moderata (o nostalgica di B.) Urso-Ronchi. E il terzo polo? Non esiste. Con l’8 per cento l’Udc consegna il primato a Di Giorgi e l’Api di Rutelli preferisce il Pd. Una scheda per volta le sorprese lasciano Latina e Pennacchi, seduto accanto al cugino “carnale” trotzkista, sente la gioventù di un sessantenne che vinse il premio Strega con Canale Mussolini: “Nun me frega niente, sarà per la prossima perché noi avemo creato er futuro. Sta città è nata in 6 mesi con Mussolini e so 15 anni che aspettamo la via Pontina. A me ‘sta democrazia fa schifo”. E quel pezzo di ignoranza, superficialità, illegalità. I dirigenti maosti, quelli piacciono al compagno Pennacchi, sempre un passo avanti al popolo: “Non mille. Sennò nun ce capisci un cazzo. Apprezzo il coraggio di chi cambia idea come Massimo D’Alema e Gianfranco Fini, loro devono tirarci fuori!”. E la sua città è dentro schemi ammuffiti eppure vincenti. E i fasciocomunisti, la provocazione di Fli nelle urne è zero, piatta come l’orizzonte di Latina.

Una puntata in Piazza della Libertà, prima pietra posata venerdì, dove è previsto il faraonico Crescent, poi un salto in via Leucosia a visionare la demolizione di un vecchio stabilimento balneare, infine una visita a una inauguranda villa comunale ad Arbostella. Un breve passaggio nel suo ufficio poi l’attesa dei risultati a casa, cellulare staccato e bocca cucita fino alle 20, quando si è rifiondato nel Palazzo di Città per commentare un successo ormai certo da ore e dai numeri plebiscitari (alle 21 sfiorava il 75%, oltre dieci punti in più delle sue liste). Con addosso il vestito scuro della festa, De Luca ha liquidato i media con poche battute durante una conferenza stampa senza domande: “Questa è Salerno, non ci si ferma un attimo, il risultato dimostra che è stato colto il fatto che era in discussione un programma gigantesco di investimenti legati alla trasformazione urbana, al quale era legata la possibilità di creare lavoro per i nostri giovani. Ma è stata colta anche la necessità di difendere la sicurezza di Salerno da infiltrazioni esterne”. Frase che va spiegata con l’equazione deluchiana Pdl uguale Nicola Cosentino. MORTIFICATA a un modesto 17%, sette punti in meno delle sue liste, la candidata azzurra Anna Ferrazzano, lanciata dal presidente della Provincia di Salerno Edmondo Cirielli, approvata da Cosentino e apertamente osteggiata dal ministro salernitano Mara Carfagna. Agli altri le briciole. Il candidato del Terzo polo, Salvatore Gagliano, raggiunge il 4%. Dovrebbe restare fuori dal Consiglio la candidata di Idv Rosa Masullo, che supera di poco il 2%. La scelta di Di Pietro di non sostenere De Luca non ha fatto nemmeno il solletico al primo cittadino. Fuori dal Consiglio anche il grillino Andrea Cioffi, sotto al 2%. Il segnale della certezza del quarto mandato di De Luca negli ultimi 18 anni si materializza verso le 16, quando di fronte al comitato elettorale di piazza Amendola alcuni operai iniziano a montare il palco dal quale in serata De Luca comizierà la vittoria. Il primo colpo di martello segue di pochi minuti l’uscita dell’exit poll che assegna al sindaco una forbice tra il 62 e il 66%, dato che durante lo spoglio si rivelerà persino pessimista. Con De Luca ha vinto il Pd che accetta di fare un passo indietro di fronte alla potenza del sindaco. Sulla scheda, infatti, il simbolo non c’era. Chiarisce il deputato Fulvio Bonavitacola, tra gli spin doctor del sindaco: “De Luca è storicamente il candidato di una coalizione di programma e ha sempre vinto le amministrative senza il logo del suo partito, ma con la sua lista civica, Progressisti per Salerno”.

Trieste al ballottaggio, si risente profumo di caffè LA RISCOSSA DEL CENTROSINISTRA CHE SENZA ILLY NON HA PIÙ VINTO di Elisabetta Reguitti inviato a Trieste

orpresa e attesa per la città più a Stempi est d’Italia, che ritorna come ai di Illy a guardare al centrosinistra. Ballottaggio permettendo. Ma a Trieste in piazza dell’Unità d’Italia, mentre cominciavano ad arrivare le notizie dello spoglio, era palpabile la percezione che un’inversione di tendenza fosse possibile. E alla fine il gradimento per il segretario del Pd Roberto Cosolini, già assessore regionale con Illy, ha avuto conferma. Ma lungo il molo Audace ieri soffiava già il vento dell’attesa per il ballottaggio. L’aspettativa che il centrosinistra si compatti veramente per il secondo turno. Cosa che farà il centrodestra intorno al candidato Roberto Antonione, scelto dal sindaco uscente Dipiazza (due mandati), nome che pe-

rò aveva spaccato il Pdl con la corrente di Giulio Camber (eminenza grigia triestina). Caber tra l’altro condannato in via definitiva a 8 mesi di reclusione per corruzione, perché secondo i magistrati il senatore avrebbe chiesto 100 milioni di lire per tentare di bloccare la procedura di liquidazione coatta della Banca di Credito di Trieste-Kreditna Banka, che poi sarebbe pure fallita. Ma vento nuovo a Trieste è spirato per la lista Movimento 5 stelle e il 38enne candidato Paolo Menis, che è riuscito a portare oltre il 6 per cento di preferenze. Un risultato davvero inaspettato dagli stessi grillini triestini che sono andati meglio dei loro compagni di Milano. “Non eravamo tra i favoriti e al contrario invece rischiamo di essere più di outsider”, il commento di Menis mentre in Comune, davanti alla teleca-

mere, Antonione e Cosolini si stringevano la mano. Sorpresa e attesa ora anche per il rottamatore del centrodestra triestino, Franco Bandelli (l’inventore della maratona la “bavisela”) che, con l’11 per cento, pare avrebbe giurato di non volersi appaiare con quelli del Pdl. SorpreL’ex sindaco Riccardo Illy (FOTO ANSA)

sa anche per la Provincia di Trieste, che va verso il ballottaggio, con un successo personale della presidente uscente, Maria Teresa Bassa Poropat sostenuta da Pd, Psi, Sel, Federazione della Sinistra, Idv. Poropat ha parlato di risultato “estremamente positivo” perché ha precisa-

to: “Ho vinto ovunque anche nelle sezioni notoriamente di centrodestra”. Successo del centrosinistra anche per la Provincia di Gorizia e il candidato Enrico Gherghetta. Trieste, città che non ha un piano regolatore (il Piano regolatore generale comunale risale alla fine degli anni’90), e in cui tutto appare fermo, così come il sistema del welfare considerato un fallimento, è alla svolta. Il nuovo sindaco dovrà affrontare subito il problema della stazione ferroviaria, dove non arrivano i treni veloci ma, soprattutto l’incognita della Tac (Treni ad alta capacità) che secondo le previsioni dovrebbero correre in una doppia galleria che distruggerebbe la bellezza del Carso. Un tema sul quale il centrosinistra per ora tace. Un tema sul quale, invece, il Movimento 5 stelle ha costruito il suo bottino.


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Il francese che amava l’euro e (troppo) le donne

B

TOCCARE IL FONDO

rillante ma vulnerabile, determinato ma dilettante, insomma fortemente contraddittorio. Dominique Strauss-Kahn vanta saliscendi da capogiro. Nel 1999 era il numero due del governo di Lionel Jospin, ministro dell’Economia, promesso alla successione nel giorno in cui il primo ministro sarebbe diventato capo dello Stato. Lo disarcionò

una vecchia storia di impieghi fittizi di quando dirigeva la branca universitaria del Ps, un canale di finanziamento illegale del partito. Con il severo Jospin non si scherzava, e DSK diede le dimissioni in attesa del processo, a conclusione del quale venne assolto con formula piena. Ma era tardi per tornare al governo, e comunque nel 2002 l’avventura presidenziale di Jospin si concluse in

maniera ingloriosa: al secondo turno contro Chirac andò Jean Marie Le Pen, dell’estrema destra del Front National. Strauss-Kahn tornò al suo studio di avvocato e a quello di sindaco di Sarcelles, grosso e difficile comune della banlieue parigina. Volle tornare in politica in vista delle Presidenziali del 2007, si presentò alle primarie socialiste con eccessiva sicumera e venne travolto

STAVOLTA NON SE LA CAVERÀ Strauss-Kahn resta in carcere a New York Sempre più debole il suo alibi per lo stupro della cameriera

di Beatrice Borromeo

n milione di dollari non basta per salvare dal carcere uno degli uomini più potenti del mondo. Finisce alle 12.48 (ora americana) la carriera al Fondo monetario internazionale di Dominique Strauss-Kahn. Sotto il martelletto del giudice si spengono anche le sue ambizioni politiche, all’Eliseo non ci arriverà mai. Dopo aver atteso il suo turno come un criminale comune, seduto su una panchina e guardato a vista da un poliziotto, l’ex ministro francese accusato di crimini sessuali su una cameriera (oltre che di tentato stupro e sequestro di persona) incontra la donna che dovrà decidere la sua sorte, il giudice Melissa Jackson. Che respinge la richiesta di libertà su cauzione in attesa del processo.

U

DSK, come lo chiamano in Francia, si presenta nell’aula delle udienze della Corte Criminale di Manhattan con gli stessi vestiti che indossava al momento dell’arresto, pantaloni e giacca neri, una camicia grigia, i polsi ammanettati dietro la schiena, il volto se-

gnato e la barba di tre giorni. Il direttore del Fmi (formalmente è ancora in carica) è arrivato in aula dopo 30 ore trascorse nel carcere di Harlem, la più antica prigione di New York nel cuore del quartiere afroamericano. E lì deve restare, ha deciso il giudice, visto che c’è pericolo di fuga, fino alla prossima udienza fissata per il 20 maggio. Dalla suite del prestigioso albergo Sofitel, sulla 44esima strada, accanto alla centralissima Times Square – 30 piani di grattacielo con stanze da 3 mila euro a notte – alla cella del penitenziario nel quale rischia di stare per i prossimi 75 anni (queste le pene complessive previste per i reati di cui DSK è accusato). Anche perché la teoria del complotto internazionale architettato dal presidente francese Nicolas Sarkozy per distruggere il rivale socialista si sta sbriciolando. Ieri pomeriggio il sito Atlantico.fr ha diffuso alcuni estratti dei rapporti stilati dalla polizia newyorkese e indirizzati ai diplomatici francesi: le prove scientifiche che Dominique Strauss-Kahn ha assalito e stuprato la cameriera del suo albergo ci sarebbero, anche se restano alcune contraddizioni. La tesi della vittima, una donna di 32 anni, di colore, che vive nel Bronx con la figlia adolescente sembra sempre più credibile. La cameriera del Sofitel ha raccontato ai suoi superiori e alle forze dell’ordine di essere entrata nella suite numero 2806 per fare le pulizie. Strauss

Il documento A sinistra, il documento con le accuse a Strauss-Kahn: lo Stato di New York in aula contro di lui per tentato stupro e crimini sessuali

Kahn sarebbe uscito dal bagno completamente nudo, avrebbe chiuso a chiave la porta della stanza. Poi avrebbe tentato di sodomizzarla e, non riuscendoci, l’avrebbe obbligata a un rapporto orale. LA VERSIONE di DSK, raccontata in un primo momento dal suo entourage, è invece questa: l’ex ministro francese lascia il Sofitel alle 11.45 di venerdì – quindi un’ora prima del presunto stupro – per pranzare con la figlia Camille, studentessa alla Columbia University. Si

I legali parlano di rapporto consensuale, ma l’ex ministro francese rischia fino a 75 anni Dominique Strauss-Kahn, 62 anni, viene portato in tribunale dagli agenti della polizia di New York. In alto, il caso sulla stampa francese (FOTO ANSA)

dirige poi all’aereoporto internazionale JFK, dove si imbarca su un volo Air France diretto a Parigi e prenotato da tempo (l’accusa sostiene invece si sia trattato di una fuga improvvisa). Dunque non avrebbe mai incontrato la cameriera che l’ha denunciato e riconosciuto, nel classico confronto all’americana, in mezzo ad altri sospetti. MA UNA STORIA ancora differente – e questa volta ufficiale – è arrivata ieri dagli stessi legali di Strauss-Kahn: il rapporto sessuale, se c’è stato, era tra adulti consenzienti. “Noi

crediamo che le prove non siano coerenti con un incontro forzato”, ha detto in aula l’avvocato Benjamin Brafman. Dalle informazioni trasmesse ai diplomatici francesi ieri emerge però un’altra verità: i medici hanno trovato sul petto di DSK graffi che sarebbero compatibili con le accuse di violenza. Strauss-Kahn ha acconsentito alla visita medica solo dopo aver saputo che gli investigatori stavano chiedendo un mandato per prelevare forzosamente i campioni necessari. Sulla scena del crimine sono state rinvenute anche tracce di Dna (probabilmente

sperma), che sono sotto analisi insieme al materiale prelevato sotto le unghie: i risultati e le comparazioni saranno pronti entro cinque giorni. La polizia ha poi rivisto la scaletta degli eventi, anticipando a mezzogiorno l’ora della presunta aggressione – e non invece alle 13 come ipotizzato in un primo momento – rendendo così ancora più labile il principale alibi di DSK. Secondo l’accusa, quindi, Strauss-Kahn avrebbe lasciato la stanza tra le 12 e 28 e le 12 e 38, tempi che coincidono con l’ipotesi avanzata dalla polizia. Mortem Meier, un ospite del Sofitel che

sabato ha viaggiato con lo stesso autista che aveva accompagnato Strauss-Khan all’aereoporto, ha raccontato che il direttore del Fmi “era molto di fretta, aveva l’aria stressata e triste, voleva partire il prima possibile”. Il quotidiano francese Le Monde riferisce la confidenza di una persona vicina a DSK e alla moglie Anne Sinclair (la quale ha commentato di non credere alle accuse) secondo cui Strauss Kahn, mentre si dirigeva al JFK, avrebbe telefonato alla moglie per avvertirla che c’era “un problema grave”. E su questo sono tutti d’accordo.

Gli altri scandali di DSK

Quasi quasi ti denuncio, anzi no econdo alcuni i precedenti di Smostrano Dominique Strauss-Kahn diche le accuse di crimini sessuali nei confronti di una cameriera del suo albergo newyorkese sono vere. Per altri sono la prova che da anni si cerca di incastrare il numero uno del Fondo monetario internazionale, appoggiato nell’incarico di direttore Fmi da Nicolas Sarkozy che voleva tenerlo lontano da Parigi. Se quella di DSK è una passione per le donne oppure un’ossessione criminale si chiarirà nel corso di questo processo, perché di accuse ce ne sono già state, ma l’ex ministro francese non era mai stato denunciato prima. Nel 2007 la giornalista francese Tristane Banon racconta in televisione che Strauss-Kahn aveva provato a

stuprarla nel 2002. Ai microfoni di uno dei più celebri conduttori francesi, Thierry Ardisson, la cronista, che ha incontrato DSK per intervistarlo, ha ricostruito la dinamica dei fatti: “L’ho respinto e siamo finiti a lottare a terra, gli ho dato dei calci ma continuava, mi ha slacciato il reggiseno, ha cercato di togliermi i jeans”. Però, all’epoca, decise di non denunciare, anche se Tristane pensa di farlo ora. Poi c’è Piroska Nagy: in questo caso la relazione è consenziente, ma comunque uno scandalo, dato che (oltre a essere una storia extraconiugale) l’economista ungherese era una sua dipendente al Fmi). Infine Carmen Llera, vedova di Moravia, che dedicò a DSK il volume di poesie “L’ultimo amante”.

Tristane Banon , la cronista che sostiene di

Piroska Nagy era dipendente di DSK quando,

Carmen Llera , la vedova di Alberto Moravia,

essere stata aggredita da DSK nel 2002, ha annunciato che potrebbe denunciare il direttore del Fmi. All’epoca ne parlò molto in tv ma si rifiutò di andare alla polizia.

nel 2008, emerse la loro relazione extraconiugale. La moglie di Strauss Kahn restò al suo fianco nonostante la storia con la (consenziente) economista ungherese

dedicò un libretto di poesie al suo “Ultimo amante”, Dominique Strauss-Kahn. Nelle poesie racconta il sadismo come una delle caratteristiche sessuali di DSK (FOTO OLYCOM).


Martedì 17 maggio 2011

TOCCARE IL FONDO dal turbine chiamato Ségoléne Royal: lei ebbe più del 60 per cento dei voti, lui arrivò a malapena al 20. Una solenne bastonata per l’uomo al quale riusciva tutto: la docenza universitaria, l’attività forense, e anche la vita privata da quando, nel 1991, aveva sposato uno dei volti più noti di Francia, la anchorwoman Anne Sinclair, newyorchese di nascita, di famiglia ricchissima. Lo

ripescò Nicolas Sarkozy, su suggerimento del premier lussemburghese Jean-Claude Juncker, memore dell’aiuto ricevuto per la creazione dell’Eurogruppo: era stato DSK, con le sue note capacità di mediazione, a convincere i riottosi tedeschi. Vero è che Strauss-Kahn è poliglotta: il suo tedesco è fluente, come del resto l’italiano e l’inglese. Tutte buone ragioni per proporlo alla

testa del Fondo monetario internazionale, dove s’installò nel 2007. Secondo gli osservatori, ha dato il meglio di sé nel corso della crisi più recente. Non solo ha orientato il Fmi in senso difensivo nei confronti dell’euro, ma d’intesa con Jean-Claude Trichet, presidente della Bce, ha tessuto la laboriosa tela del sostegno ai Paesi più deboli dell’Eurozona, Grecia, Portogallo e Irlanda.

Si attribuisce a lui, soprattutto, il superamento delle diffidenze del governo tedesco, che aveva voluto la presenza del Fmi nel piano di salvataggio della Grecia, mentre Sarkozy e Trichet difendevano la sovranità dell’Unione monetaria. Del resto era con Angela Merkel che DSK aveva appuntamento domenica scorsa all’ora di pranzo. Gian. Mars.

I protagonisti ì

MERKEL Serve un altro europeo

I

La gestione della crisi del debito perde un uomo chiave MA L’EUROPA VA AVANTI COMUNQUE: VIA LIBERA AL PIANO DA 78 MILIARDI PER SALVARE IL PORTOGALLO

di Stefano

Feltri

a priorità è rassicurare: anche se il capo del Fondo monetario internazionale è in galera accusato di stupro, tutto procede come al solito. “Business as usual”, dicono le fonti diplomatiche, dalla Casa Bianca all’Unione europea. Anche senza Dominique Strauss-Kahn, rinchiuso in un carcere di Harlem senza neppure poter uscire su cauzione, la riunione dei ministri dell’euro, il cosiddetto Eurogruppo, ha preso comunque una decisione im-

L

portante: scatta il piano di salvataggio del Portogallo, un salvagente finanziario da 78 miliardi di euro. Un prestito per tre anni in cambio di riforme drastiche della sanità, dell’amministrazione pubblica, abbinate a un programma di consistenti privatizzazioni. Un terzo dei soldi, 26 milioni, che andranno a sostenere il Portogallo verranno proprio dal Fondo monetario da ieri di fatto acefalo e che alla riunione dell’Eurogruppo a Lussemburgo era rappresentato da Nemat Shafik, il vice di Strauss-Kahn con delega all’Unione europea. AVANTI SENZA problemi nella gestione della crisi europea, dunque? Non proprio. Due delle tre istituzioni cruciali in questa fase, la Banca centrale europea e il Fondo monetario, hanno un vertice fragile: il presidente della Bce Jean-Claude Trichet è in uscita, al suo posto arriverà dopo l’estate il governatore della Banca d’Italia Mario Draghi. Quanto al Fondo mo-

netario, Strauss-Kahn è in carcere, il numero due operativo John Lipsky ha già annunciato l’addio al Fondo monetario per agosto. E sulla successione vera a Strauss-Kahn è già cominciato uno scontro diplomatico che durerà mesi: da sempre il direttore del Fondo è stato un europeo, Germania e Francia stanno già pensando a chi può riempire la casella (accreditata il ministro francese Christine Lagarde). Ma circola anche il nome del britannico Peter Mandelson, grande negoziatore esperto di economia in-

Fondo monetario senza guida, già prevista ad agosto l’uscita anche del numero due Lipsky

ternazionale, che è stato commissario europeo al Commercio estero. E i Paesi emergenti, che da anni reclamano più potere nel Fmi e hanno ottenuto una riorganizzazione che è ancora in corso, potrebbero approfittare di questa crisi per ribaltare gli equilibri e proporre un loro candidato forte. A seconda di chi la spunterà, potrebbe cambiare il modo di gestire la crisi: al Fondo monetario spetta il compito di verificare il rispetto degli impegni al risanamento preso dai Paesi che si sono impegnati a fare riforme in cambio del sostegno finanziario. Le priorità della Germania, che ha banche molto esposte verso la Grecia, sono diverse da quelle della Francia o degli Stati Uniti. In attesa di un nuovo prestito da 60 miliardi, che si aggiungono ai 110 già previsti e in parte erogati, la Grecia contesta il ruolo del Fondo monetario: il leader del potente sindacato Gsee, Yannis Panagopoulos, considera il piano di privatizzazioni imposto dal Fondo monetario

“un ritorno al medioevo che ci viene imposto”. In questi giorni, infatti, è in corso la missione della “troika” (Fmi-Commissione Ue- Bce) che deve stabilire se la Grecia si sta rimettendo in sesto o no. Si capirà presto se il caso Strauss-Kahn avrà un impatto sulla credibilità delle istituzioni internazionali di affrontare una crisi da debito che, è opinione sempre più diffusa tra economisti e operatori finanziari, arriverà a una svolta solo quando la Grecia dichiarerà una parziale bancarotta, chiedendo di allungare le scadenze del debito o ammettendo di non poterlo ripagare tutto. PER IL MOMENTO i mercati finanziari, che sono il termometro più sensibile, sembrano aver accettato senza troppi problemi lo scandalo dell’accusa di stupro a Strauss-Kahn: la Borsa di Milano ha chiuso vicino alla parità (-0,36 per cento) come gli altri listini principali in Europa. Niente panico, insomma.

l cancelliere tedesco Angela Merkel reagisce subito: chiede che il ruolo del Fmi nella crisi europea non cambi e che il sostituto di DSK venga dall’Ue. Rassegnati a consegnare la Banca centra europea a Mario Draghi, la Germania confida ora di vedere un tedesco al Fmi.

DRAGHI Non vuole andare al Fmi

L’

ipotesi viene subito smentita dalla Banca d’Italia: il governatore Draghi non vuole prendere il posto di Strauss-Kahn al Fmi. Il suo obiettivo resta la presidenza della Banca centrale europea, per la quale è ormai l’unico candidato in corsa, come ha ribadito ieri il presidente dell’Eurogruppo Jean-Claude Junker.

SARKOZY L’Eliseo resta in silenzio

I

l presidente francese Nicolas Sarkozy si gode in silenzio la caduta del suo unico sfidante credibile per le elezioni 2012. Niente commenti anche dall’Ump, il partito conservatore. Esplicita invece Marine Le Pen, dell’estrema destra del Front National: “Non capisco come Sarkozy abbia potuto candidare al Fmi Strauss-Kahn, rovinando la reputazione della Francia”.

Francia, verso le presidenziali 2012 Il segretario del Ps: “Restiamo uniti”

Martine Aubry è l’ultima speranza dei socialisti di Gianni Marsilli Parigi

è un pugile suonato. È LcheasottoFrancia choc l’opinione pubblica, aveva eletto Dominique Strauss-Kahn (DSK) suo beniamino in vista delle Presidenziali e se lo ritrova ammanettato in un commissariato di Harlem. È in un vuoto d’aria il Partito socialista, costretto ad appellarsi in pubblico a una presunzione d’innocenza della quale dubita fortemente in privato, obbligato a riconfermare programmi e primarie d’autunno come se nulla cambiasse mentre tutto cambia, a cominciare dalle coordinate delle presidenziali. Annaspano per non annegare gli uomini più vicini a DSK, i Moscovici, i Cambadelis, il gruppetto di brillanti dirigenti socialisti ed economisti che aveva il compito di far vivere la sua presenza politica rigorosamente “rifor-

mista”, mentre lui era a Washington, e la deontologia del Fmi l’obbligava a non parlare mai, ma proprio mai, di faccende politiche nazionali. Annaspano e qualcuno – pochi – si avventura sul terreno del complotto, del trappolone teso da chi – l’Eliseo – aveva promesso a DSK “il fuoco nucleare” se si fosse candidato: l’ha detto Cambadelis in tv, o meglio l’ha suggerito, mentre gli altri si attengono al “lo conosco bene, è un gesto che non gli assomiglia”, oppure “certo è un seduttore, ma non un predatore violento”. Martine Aubry, che a DSK era legata dal “patto di Marrakech”, una sorta di non belligeranza correntizia, in queste ore sta rivedendo il film delle candidature nel tentativo di rimontarlo decentemente, e in fretta.

DSK voleva l’Eliseo, lei, come suo padre nel ’95, nicchiava. E adesso? François Hollande, candidato alla candidatura presidenziale per diventare il primo ministro di un DSK presidente, rimane in corsa con la sua

Martine Aubry, 61 anni, è figlia di Jacques Delors (FOTO LAPRESSE)

serietà e coerenza politica, ma non ha più la tutela dell’altro, che è stato ministro dell’Economia e su su fino ai vertici della finanza internazionale, insomma un peso massimo, mentre Hollande gioca ancora nella categoria dei medi, e se ce la farà alle primarie del prossimo ottobre sarà perché bisognerà riempire un vuoto, e che vuoto. “Restiamo uniti”, ha implorato Martine Aubry, mentre altri – il presidente del gruppo all’Assemblea nazionale Jean Marc Ayrault, l’ex Guardasigilli Marylise Lebranchu – tentano disperate distinzioni tra il “personale” e il “politico”. Ieri era ancora suonata anche la destra, che si guardava bene dal fregarsi le mani in pubblico. L'ordine ufficioso è venuto dall’Eliseo – ancora silente – di non strumentalizzare, di non maramaldeggiare. In fondo DSK a Washington rappresentava la Francia, mica il partito socialista, e

non si era ancora dichiarato candidato. Giudizio sospeso fino alla sentenza? Figuriamoci. Confessa Gerard Longuet, ministro della Difesa: “Certo, sarei disonesto se dicessi che siamo disperati”. E la splendida Nathalie Kosciusko-Morizet, ministro dell’Ambiente, tutta occhioni sgranati: “Fino a prova contraria qui ci sono due vittime: la donna di servizio del Sofitel e la Francia”, altro che DSK. Non ha freni Bernard Debré, deputato di punta dell’Ump, erede di illustrissima famiglia di gollisti: “Lo sapevano tutti che DSK aveva le sue abitudini in quell’albergo”. Parla di precedenti dello stesso stampo, dice che il personale non ne poteva più di quel tipo “poco raccomandabile che si rotola nel sesso e che ha umiliato la Francia”. Riserva, decenza e compostezza predicano Sarkozy e Fillon, ma a destra la gioia è palpabile. I giornalisti, da parte loro, non riesco-

no a tenersi le confidenze che DSK ha fatto loro un paio di settimane fa nel privé di qualche grande ristorante parigino: ne esce che non ha preso il dessert, quindi era attento alla linea, quindi era candidato. Che era ovviamente candidato e che temeva i colpi bassi su tre fronti: soldi, donne, ebraismo. Temeva provocazioni del tipo “una che sostiene che l’ho violentata in un parcheggio, la sua parola contro la mia”, e che per questo sarebbe stato attento, molto attento. Non abbastanza, evidentemente. Politologi ed editorialisti, infine, tentano di muoversi nel dedalo sessual-politico-giudiziario traendo per ora conclusioni da bar sport, tranne una che ci pare giusta: si profilava, da qui al maggio prossimo, una bella stagione politica, adeguatamente fornita di dibattito e uomini di livello per interpretarlo. La Francia, e l’Europa, ne saranno private.


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Martedì 17 maggio 2011

DELITTI E CASTIGHI

DAL PAPA STRETTA SULLA PEDOFILIA OBBLIGO DI COLLABORARE COI GIUDICI Ma nella Circolare manca l’ordine di denuncia di Marco Politi

apa Ratzinger decide di pianificare la lotta contro gli abusi sessuali. Una circolare della Congregazione per la dottrina della fede impone agli episcopati di tutto il mondo di dotarsi di Linee guida entro un anno, in modo da affrontare con sistematicità il contrasto alla pedofilia nelle strutture ecclesiastiche. È la vittoria del metodo tedesco-americano sul metodo italiano, che sinora ha lasciato tutto nelle mani dei singoli vescovi senza procedure, responsabili, canali di ascolto organizzati a livello nazionale. Era il 2002 quando la segreteria della Cei dichiarò che non esisteva nessun piano per dotarsi di un osservatorio per monitorare il fenomeno e ancora l’anno scorso la Cei escluse che in Italia si sarebbe avuto un responsabile nazionale - come esiste ad esempio in Germania dove si occupa del problema il vescovo di Treviri - e nemmeno un numero verde.

P

IL PRESIDENTE della conferenza episcopale Bagnasco è intervenuto tempestivamente a Genova appena un sacerdote è stato arrestato per abusi, ma la questione non riguarda l’atteggiamento di un singolo vescovo bensì l’organizzazione specifica per prevenire, scoprire e sanzionare il fenomeno. E questo esige direttive precise e procedure controllabili dalla pubblica opinione. È precisamente quello che si prefigge la circolare diffusa dal cardinale William Levada, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede: approntare una “risposta adeguata”. Una formula diplomatica per scuotere quelle conferenze episcopali che ancora non si sono mobilitate. Benedetto XVI è angosciato dal problema dopo lo shock della valanga di rivelazioni dell’anno 2010 ed è

deciso a stimolare gli episcopati ad una strategia di rigore. Oltre a chiedere l’elaborazione di Linee guida entro il maggio 2012, la circolare indica una serie di punti fermi. Organizzare l’ascolto e l’assistenza alle vittime, anzitutto. Il che suggerisce il Vaticano - può richiedere anche che il vescovo nomini un delegato specifico per trattare la questione. Seconda esigenza: imparare dai programmi di prevenzione varati in alcune nazioni per insegnare a genitori, personale scolastico e sacerdoti a riconoscere i segni dell’abuso. Fondamentale è il ruolo dei vescovi. Con linguaggio garbato la circolare li invita a non re-

chiari: al vescovo locale l’indagine preliminare, al Sant’Uffizio il giudizio canonico. Benedetto XVI vuole togliere ogni alibi a quel “lasciar correre”, che ha causato danni enormi alle vittime e di cui si troverà testimonianza negli archivi vaticani se un giorno saranno aperti. IMPORTANTE è l’indicazione a cooperare con magistratura e polizia. “In particolare - sottolinea il documento del Sant’Uffizio - va sempre dato seguito alle prescrizioni delle leggi civili per quanto riguarda il deferimento dei crimini alle autorità preposte, senza pregiudicare il foro interno sa-

cramentale (la confessione)”. Il che vale sia per il clero che per il personale laico che lavora nelle strutture ecclesiastiche: scuole, convitti, asili e così via. La circolare è molto chiara nel rammentare che l’abuso di minori non è solo un “delitto” per le norme canoniche, ma è un “crimine” per la legislazione statale. Altrettanto precisa la circolare è nell’esortare i vescovi a ricordare ai preti coinvolti le loro “responsabilità” dinanzi alla legge. Ma qui c’è un elemento di ambiguità. Il testo del cardinale Levada registra che i rapporti con le autorità civili variano da stato a stato. In parole semplici: in Francia la legge prescrive

al vescovo di denunciare il prete colpevole, in Italia e altri paesi no. Se il Vaticano intende agire fino in fondo per bonificare la situazione, allora dalla sede papale è necessario che arrivi l’ordine tassativo, senza equivoci, che le autorità ecclesiastiche denuncino sempre i preti predatori a magistratura e polizia. Altrimenti succede come con il parroco romano di Selva Candida don Ruggero Conti, condannato in prima istanza a quindici anni per abusi su sette bambini: l’associazione “Caramella Buona” contattò anni prima vari prelati per metterli sull’avviso, ma nessuno le diede retta.

PROCESSO Mills B. contro la stampa essun “comizio” davanti all'aula del processo Mills, Nvettiva. ma Silvio Berlusconi non ha resistito a una breve inQuesta volta contro la stampa. E così, durante

(FOTO ANSA)

stare passivi, ma farsi parte attiva in questa battaglia. I vescovi devono essere pronti ad ascoltare le vittime, assicurare “ogni impegno” nel trattare le denunce, vigilare sulla selezione dei candidati al seminario e anche controllare i motivi per cui un candidato al sacerdozio si trasferisce da un seminario all’altro. Tocca a loro sospendere il sospettato dalle sue funzioni e non lasciarlo a contatto con minori. I compiti sono

Llinee guida entro un anno I vescovi devono essere pronti ad ascoltare le vittime

una pausa del processo milanese per corruzione in atti giudiziari, stringe la mano alle cancelliere, si intrattiene con i carabinieri e poi si gira verso i giornalisti con le mani alzate: “Sono in silenzio elettorale, non mi fido di voi. Ho la più grande sfiducia nella situazione informativa...”. Il premier sta per proseguire, ma il pm Fabio De Pasquale, guardando uno dei difensori, Piero Longo, è categorico: “Non in aula”. Berlusconi desiste e parla, invece, diversi minuti con Flavio Briatore. L'imprenditore, chiamato dall'accusa, ha confermato quanto detto nel processo principale, che ha visto Mills condannato e prescritto come testimone corrotto. “David Mills non ci ha detto la verità su Struie, poi sono seguiti i miei interrogatori con il pm e la cattiva pubblicità mediatica”, ha dichiarato Briatore. Il riferimento è a una società britannica che aveva costituito nel ‘97, attraverso l'avvocato londinese, per investire il capitale, frutto del suo addio alla Benetton. “La Struie – ha continuato – doveva essere vuota e, invece, ci siamo accorti che aveva degli asset non nostri. A quel punto abbiamo chiesto a Mills una dichiarazione scritta in cui precisava che quei titoli erano suoi”. L'ipotesi della procura è che il legale abbia usato alcuni suoi clienti, fra cui Briatore, Paolo Marcucci e Marina Mahler (già interrogati dal pm), per mimetizzare i 600 mila dollari, “regalo” di Berlusconi per le false testimonianze ai processi (a.masc .) Finivest-Gdf e All Iberian.

Don Riccardo: “A 16 anni sono già vecchi” RESTA IN CARCERE IL PRETE GENOVESE: PER IL PM REGALAVA DROGA IN CAMBIO DI SESSO di Michele De Gennaro

er ora don Riccardo Seppia non Ptrebbe parla e resta in cella perché poinquinare le prove e reiterare il reato. Ieri il parroco di Sestri Ponente, arrestato venerdì scorso con l’accusa di abusi sessuali su minori e cessione di stupefacenti, durante l’interrogatorio di garanzia tenuto nel carcere di Marassi davanti al gip Annalisa Giacalone e il pm Stefano Puppo si è avvalso della facoltà di non rispondere. “Chiederemo un nuovo interrogatorio nei prossimi giorni – ha detto Paolo Bonanni, l’avvocato difensore – ma solo dopo aver letto le carte del fascicolo”. Nel frattempo la curia ha disposto per Don Seppia, 51 anni, “la sospensione da ogni ministero pastorale e da ogni atto sacramentale, nonché la revoca immediata della facoltà di ascoltare le confessioni sacramentali”. A DON RICCARDO viene contestato un tentativo di violenza sessuale nei confronti di un chierichetto di 15 anni della parrocchia del Santo Spirito a Sestri Ponente. Secondo gli investi-

gatori, gli abusi sarebbero stati ripetuti, protratti nel tempo, e riguarderebbero altri ragazzi della zona. I carabinieri stanno esaminando i tre computer del parroco e avrebbero già accertato che don Riccardo facesse avances ai ragazzini anche nelle chat, dove si presentava con la sua vera identità. Ma l’inchiesta si sta allargando: al momento sono indagate altre tre persone, fra cui un seminarista quarantenne al quale verrebbe contestata la prostituzione minorile, un trentenne dello stesso quartiere della parrocchia di don Riccardo e un milanese. Li voleva giovani: quattordici, al massimo 15 anni. Perché, come scrisse, “sedicenni sono già troppo vecchi”. E poi con problemi di famiglia, di disagio. Erano queste le richieste che don Riccardo Seppia faceva al suo pusher, un immigrato residente a Genova, che gli pro-

curava - secondo l’accusa - droga e ragazzini. I messaggi e le telefonate del sacerdote alle sue vittime erano insistenti, quasi assillanti: varie decine al giorno. “Vieni, per te c’è il solito regalino”. E il regalino era la cocaina che il prete trovava anche a Milano, frequentando palestre, discoteche e saune e con la quale barattava sesso nel suo appartamento adiacente alla parrocchia. Se la droga non era disponibile, era sempre pronta una banconota da 50 euro. Un altro scandalo che scuote profondamente la Chiesa e che però non meraviglia la comunità di Sestri Ponente dove già da tempo si parlava delle stranezze di questo parrocco, nel quale era facile imbattersi nel cuore della notte mentre ballava nelle discoteche della riviera. Gli adolescenti della zona l’avevano addirittura soprannominato “don ricchiardo”. Tante le famiglie di

Un parroco anziano: “Non è vero che avevo già segnalato il caso alla Curia”

questo quartiere popolare che avevano deciso di non mandare più i propri figli a catechismo da don Riccardo. Troppa la paura che quelle voci non fossero solamente semplici pettegolezzi di paese. E ora stanno valutando di costituirsi parte civile. “Ci hanno fatto ascoltare le intercettazioni telefoniche – dice il padre di uno dei ragazzi ascoltati dagli inquirenti nei giorni scorsi – nelle quali si ascoltano commenti terrificanti nei confronti dei nostri figli. Sono cose inaudite, indicibili. È giusto che paghi”. UN’ALTRA testimonianza sull’ambiguità comportamentale del sacerdote arriva da don Piercarlo Casassa, parroco genovese di 73 anni ora in pensione, che ebbe don Riccardo come curato nella sua parrocchia di Recco. Al Fatto Quotidiano ha dichiarato che “si presentava in parrocchia soltanto al pomeriggio, dopo avere dormito tutta la mattina, poi spariva e trascorreva in giro gran parte della notte”, però smentisce, come invece riportato da alcune agenzie, di essere andato in Curia per segnalare il caso. Superficialità, paura o ancora omertà?

N CASALESI

Tredici arresti, anche tre poliziotti

L’

operazione “El Divino” ha portato al sequestro di diversi immobili e all’arresto di tredici persone legate al clan dei Casalesi. Tra loro anche tre poliziotti, accusati di aver portato avanti gli affari dell’imprenditore Luigi Russo dopo il suo arresto, avvenuto due mesi fa a causa dei suoi rapporti con la camorra.

CARCERI

Altri tre decessi in meno di 48 ore

A

ltri due suicidi e una morte “per cause da accertare” sono stati registrati nell’ultimo fine settimana nelle carceri italiane. Domenica si è ucciso Vincenzo Lemmo, 48 anni, detenuto in attesa di processo nel carcere di Torino. Il secondo suicidio è avvenuto a Viterbo: Giuseppe Ledda, ispettore di polizia penitenziaria 42enne, si è tolto la vita con un colpo della sua arma di ordinanza. Sabato, invece, era stato ritrovato il corpo senza vita di Enrico Brera, 53 anni, detenuto nel carcere di Porto Azzurro. Salgono a 67 le vittime dall’inizio del 2011.

VIA DEI GEORGOFILI

Due giorni per ricordare la strage

A

18 anni dalla strage di via dei Georgofili, a Firenze si manifesta con una due giorni di incontri, il 26 e 27 maggio. Per non dimenticare l’attentato mafioso che nel 1993 uccise cinque persone e stravolse una delle vie più belle del centro di Firenze e cercare di far luce sulle tante ombre che rimangono in questa pagina dolorosa della storia italiana.



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Martedì 17 maggio 2011

CRONACHE

di Giuseppe Lo Bianco

e Marina Pupella Palermo

Trapani circolano due volanti della polizia per presidiare il territorio, ma sono ben 161 le auto di servizio in dotazione all’amministrazione comunale. Anche ad Agrigento sono due le volanti della questura, a fronte di ben 87 auto utilizzate dall’amministrazione provinciale, che amministra 43 comuni. A Palermo, dove i comuni amministrati sono 80, le auto della Provincia sono 15. E in Sicilia, inoltre, circolano tante auto blu utilizzate per il trasporto “vip” quasi quante volanti di Polizia e Guardia di finanza (i Carabinieri non hanno fornito i dati) destinate sul territorio alla sicurezza dei cittadini. Ma non solo: nelle strade siciliane le auto blu percorrono il doppio di chilometri di quelle lombarde su un territorio che

A

IN SICILIA MANCANO LE VOLANTI NON CERTO LE AUTO BLU Sono 2100 i mezzi a disposizione dei politici ha la stessa estensione geografica. Un costo in più, per la Sicilia, calcolato in circa 14 milioni di euro. Mentre il varo dei nuovi sottosegretari del governo Berlusconi ha tra i suoi effetti anche quello di allargare il già consistente parco di auto blu, la Sicilia ha varcato le colonne d’ercole del rapporto tra i privilegi della “casta” e la sicurezza dei cittadini: elaborando i dati del monitoraggio compiuto dal ministero della Funzione pubblica in collaborazione con Formez Pa, si scopre che nell’isola dove il sistema mafioso è ancora saldamente radicato e di recente ha fatto risentire la sua presenza minacciosa con due omicidi avvenuti a Palermo nel giro di una settimana, Polizia e Fiamme gialle possiedono 2679 mezzi, contro circa 2100 auto blu a disposizione di

Le vetture della Polizia sono poche, vecchie e pericolose Ma per quelle i soldi non ci sono

Le volanti della Polizia a Palermo si rompono spesso

Regione ed enti collegati. L’equivalenza emerge dalla proiezione del dato reale di 213 auto blu in 48 comuni e sette province siciliane che hanno risposto al questionario di Brunetta proiettato sul numero di comuni siciliani (390) e di province (9). Si arriva, cioè, a una cifra di 1545 auto di rappresentanza cui

bisogna aggiungere le 572 in dotazione della Regione, delle Asl, delle università e degli enti collegati, per un costo complessivo, in proiezione, di circa 180 milioni di euro. A FRONTE di questi dati i poliziotti siciliani hanno a disposizione soltanto 33 volanti, impie-

“Tornerò a Tor Bella Monaca” LA FOTOGRAFA AGGREDITA NELLA PERIFERIA ROMANA: NON È STATA UNA BABY GANG di Cristina

Cosentino

sputi e infine l'aggressione, Ial nsulti, costata un ricovero, un’operazione naso e tanta paura. È quello che ha subito Mery, una ragazza, una donna, con una laurea in filosofia estetica, anni di lavoro con gli immigrati nelle banlieue francesi al suo attivo, un master sui conflitti interculturali e una grande passione che le monopolizza la vita, la fotografia. È accaduto sabato a Tor Bella Monaca, luogo in cui lei trascorre le sue giornate da quasi sei mesi, da quando ha deciso di svolgere il compito del corso di reportage della Scuola Romana di Fotografia, che frequenta da due anni, proprio nel quartiere all'estrema periferia est di Roma. “Cosa sono le nuvole” doveva essere il titolo del suo lavoro, ispirato a Pasolini, a quella Roma in cui è evidente il contrasto tra l'umanità delle persone e il contesto edilizio in cui vivono: dei mostri che risucchiano ogni identità. “Attraverso le foto volevo ritrarre le persone. La fotografia è un mezzo di denuncia e vorrei che servisse proprio a loro”. Mery è a disposizione degli altri, “è sensibile, e si muove in punta di piedi”, così la descrivono i suoi insegnanti. Questa ragazza pugliese, arrivata a Roma spinta dalla sua

famiglia per assecondare la passione per la verità e la fotografia, è stata aggredita proprio da quella gente che voleva difendere e a cui voleva ridare dignità. Non da una baby gang, come qualcuno ha detto, ma da adulti che mal sopportano le ingerenze esterne di chi vuole dare un immagine differente di quel territorio. Le baby gang sono infatti, secondo le forze dell'ordine, non un fenomeno esteso, anzi: la presenza nel quartiere è sotto la norma rispetto altre zone di Roma. QUELLO che si delinea per i minori sono fenomeni di bullismo, causati spesso dalla mancata scolarizzazione e dalla forte dispersione scolastica. “Secondo il piano sociale di zona – denuncia Paola Aversa, segretaria del circolo del Pd di Tor Bella Monaca – sono 726 i minori sottoposti all'autorità giudiziaria nel municipio, con una dispersione scolastica a cui nessuno pone rimedio, neppure le istituzioni”. Sì, perché ci sono zone, come via dell'Archeologia, in cui non arrivano neppure gli assistenti sociali. “Ser virebbero politiche sociali adeguate – prosegue Aversa – abbiamo bisogno di cultura e il luogo da dove farla partire dovrebbe essere proprio la scuola, invece qui tagliano i fondi.”

Tor Bella Monaca sembra dunque essere un quartiere in cui le denunce servono più a creare stereotipi che ad abbattere il muro di disinteresse. Gli abitanti si sentono abbandonati, manca la presenza delle istituzioni e l'unica alternativa del comune al degrado culturale è la proposta di una nuova cementificazione, dando per scontato che per chi abita lì non debba esserci più futuro. Qualcuno, donne come Mery, a quel futuro credono ancora. “Lì tornerò, non subito, perchè devo elaborare quanto è successo, ma devo tornare. Io sono con loro, comunque. Questo reportage è iniziato per denunciare il degrado urbano, le per ridare identità a chi è sommerso dagli stereotipi.” Un’immagine del reportage che la donna aggredita stava realizzando

gate dagli Uffici prevenzione generale nelle nove province dell’isola: quindici-sedici (a seconda che il personale sia a disposizione) a Palermo (otto per il turno notturno), sei a Catania, tre a Messina, due a Trapani e Agrigento, una ciascuna a Caltanissetta, Enna, Ragusa e Siracusa. E se nel capoluogo, per risparmiare, i commissariati non mandano più in giro di notte la propria volante (ad eccezione dei due quartieri “di frontiera” Brancaccio e San Lorenzo) a Siracusa capita che i gas di scarico delle volanti, vetuste con 200 mila chilometri nelle ruote, filtrino all’interno delle autovetture mettendo a rischio la salute degli agenti. “Siamo in una situazione emergenziale – sostiene Matteo Spatola, segretario regionale del Silp Cgil – dovuta a una sensibile diminuzione rispetto agli anni precedenti di volanti sul territorio. Altro problema è la mancanza di collegamenti tra gli apparati radio portatili a causa del mal funzionamento dei ponti radio, che rischia di vanificare gli interventi di urgenza”. Il governo che “arresta i latitanti” come ripete Berlusconi, non è in grado di fornire mezzi alle forze dell’ordine per garantire la sicurezza. La causa è sempre una: mancanza di investimenti. “Il governo non ha investito sulla sicurezza in termini di adeguamento di organici e di rinnovamento del parco auto esistente – aggiunge Spatola – abbiamo autovetture vecchie e malandate, spesso con una percorrenza superiore ai 250 mila chilometri, blocco del turnover, con personale in pensione che non viene sostituito da nuove leve”. Un vizio nazionale, quello delle auto blu. Dai dati di Brunetta si scopre che “la spesa totale annua dell’intero parco autovetture delle amministrazioni ‘civili’ statali, onnicomprensivo di personale impiegato nella guida, gestione e manutenzione, ammonta a 4 miliardi di euro”. Una bella cifra che lascia l’amaro in bocca a coloro che rischiano quotidianamente la vita sulle strade per contrastare la criminalità e che si vedono tagliare risorse per 2,5 miliardi di euro per il triennio 2011-2013. Forse è anche per questo che il vice-presidente della Regione siciliana, il prefetto Giosuè Marino, ha scelto di invertire il trend regionale: per tornare da Palermo a Messina preferisce farsi accompagnare dall’autista della regione alla stazione, e proseguire con il treno, lasciando, per una volta, l’auto blu in garage.

Fibrosi cistica

LA POLVERINI E I PAZIENTI DIMENTICATI di Giancarlo Castelli

nvieranno tutti un teleIPolverini. gramma alla presidente Pazienti, familiari, medici. In cui chiederanno perché mai un centro d’eccellenza, come il Centro di riferimento regionale fibrosi cistica del Policlinico Umberto I, debba rischiare di chiudere lasciando senza assistenza 500 malati affetti dalla grave malattia polmonare. Accade perché, per l’ormai noto “rientro dal debito”, la Polverini ha “consigliato” di tagliare il 50 per cento dei contratti che sono tutti in scadenza, peraltro, il 31 maggio. “Tutti contratti Co.Co.Co. o a tempo determinato per il 70 per cento del personale”, sottolineano i medici. IERI pazienti con la mascherina sul volto, genitori e operatori sanitari si sono riuniti in assemblea e non era difficile leggere le loro espressioni assai preoccupate. “Non abbiamo alcuna certezza sul futuro del nostro lavoro anche perché la precarietà in questo centro è quasi la normalità – ha spiegato il dottor Giuseppe Cimino, 47 anni, precario da 20 – eppure io ho effettuato più trapianti ai polmoni di chiunque altro in Italia”. Quattordici sanitari tra medici a contratto (soltanto 2), fisioterapisti, psicologi, dietisti, assistenti sociali, genetisti. Un centro finanziato da 340 mila euro l’anno che copre meno della metà delle spese. “Ma gli ultimi fondi – secondo la dottoressa Serena Quattrucci – risalgono al 2007”. L’eccellenza del reparto, grazie all’alto numero di trapianti, fa guadagnare al Policlinico due milioni di euro l’anno. Ma la Polverini non sembra accorgersene. “Abbiamo chiesto di incontrarla e non ci ha mai risposto. Farebbero prima a dire che il nostro lavoro non interessa”. Interessa, invece, e molto ai familiari dei pazienti. Come Alessandra, madre di una ragazza di 21 anni, ammalata di fibrosi cistica da quando ne aveva 5. “Questo centro ha il più alto tasso di sopravvivenza post trapianto che c’è in Italia – dice Alessandra – se dovesse chiudere sarei disperata. Andremo a fare un presidio davanti alla regione, visto che dalla Polverini finora è giunto soltanto il silenzio più assoluto”.


Martedì 17 maggio 2011

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ECONOMIA

COSÌ IL SITO WEB DELLA BRAMBILLA FA SCAPPARE I TURISTI DALL’ITALIA Agriturismi e bed&breakfast per il ministro non esistono di Daniele

Martini

ra, il turismo è precipitato in una crisi nera. Non solo a causa delle difficoltà economiche generali e mondiali, ma per effetto di scelte sbagliate, improvvisate e spesso provinciali.

on risulta che la presidente di Agriturist, Vittoria Brancaccio, sia un’attaccabrighe. Però con Michela Vittoria Brambilla, la ministra del Turismo, ha perso proprio la pazienza. Per tre volte le ha chiesto per via informale e con gentilezza di correggere le macroscopiche lacune del sito turistico ufficiale del governo www.italia.it nel quale non c’è neanche mezza parola sugli agriturismi e più in generale sul settore non alberghiero (bed & breakfast, campeggi...). È una dimenticanza vistosa, da matita blu, una specie di clamoroso autogol, un approccio tafazziano alla promozione delle vacanze via Internet considerando che il turismo rurale e i bed & breakfast rappresentano insieme la quota maggioritaria della ricettività nazionale.

N

IN PARTICOLARE, gli agriturismi stanno vivendo un momento di grazia, vanno molto di moda all’estero e godono di ottima stampa, compresa quella di giornali paludati come The Times che non più tardi di qualche settimana fa ha dedicato servizi estasiati a fattorie-alberghi in Liguria, Toscana, Basilicata e Sicilia. Per la Brambilla tutto ciò, pe-

Illustrazione di Marilena Nardi, sopra il ministro del Turismo Michela Vittoria Brambilla (FOTO ANSA)

rò, conta poco o nulla e il sito del governo ha continuato a magnificare le attrattive turistiche italiane puntando sull’old style. Cioè presentando soprattutto le città d’arte, anche se ormai ingolfate al punto che alcune di esse sono costrette a mettere il ticket all’accesso e ad imporre numeri

chieste fossero accolte dalla ministra e quando ha visto, invece, che le vacanze in fattoria venivano fatte sparire perfino dal sito Internet ufficiale dell’Enit, l’ente nazionale del turismo, ha cambiato registro. Per evitare che poi qualcuno, compresa la Brambilla, facesse finta di cadere dal pero dicendo di non aver ricevuto alcuna richiesta, ha messo le indicazioni per scritto e per essere sicura che fossero consegnate all’interessata, le ha inviate per raccomandata con ricevuta di ritorno. E ora accusa: “I testi del sito ministeriale sono banali, pieni di errori, con parti non tradotte o non aggiornate, nessuna indicizzazione sui motori di ricerca”.

chiusi, e privilegiando la promozione dei pernottamenti in albergo, settore che con Federalberghi ha come protagonista Bernabò Bocca che della Brambilla è uno dei supporter più convinti e influenti. La presidente di Agriturist ha aspettato fiduciosa per quasi un anno che le correzioni ri-

Camporese, lo strano caso di un giornalista a Terna di Vittorio Malagutti Milano

giornalista Andrea Camporese venerdì Ina,lscorso è stato nominato amministratore di Terl’importante società a controllo pubblico e quotata in Borsa, che possiede e gestisce la rete di trasmissione elettrica italiana. In parole povere, l’azienda guidata da Flavio Cattaneo si occupa di far funzionare gli elettrodotti. Camporese non è un cronista qualsiasi: dall’aprile del 2008 presiede l’Inpgi, l’ente previdenziale dei giornalisti, ed è approdato al board di Terna come indipendente in quota all’azionista di maggioranza, cioè la Cassa depositi e prestiti. Quest’ultima, che fa capo al ministero dell’Economia, ha inserito Camporese nella lista di candidati al cda del gruppo di Stato. Insomma, il neo consigliere ha il gradimento di Giulio Tremonti. E qui nascono problemi e polemiche. GIÀ, PERCHÉ in base alla legge la gestione dell’Inpgi è sottoposta alla vigilanza, tra l’altro, del ministro dell’Economia. Possibile, allora, che il vigilante nomini il vigilato? Non sarebbe meglio che il responsabile di un istituto pensionistico tenesse le distanze dal ministro-controllore? Il rischio di un conflitto d’interesse è evidente. Di più: Camporese, 42 anni, giornalista Rai in aspettativa, l’anno scorso è stato eletto alla presidenza dell’Adepp, l’associazione che riunisce una ventina di enti previdenziali cosiddetti privatizzati. Ne fanno parte le casse di medici, avvocati, commercialisti, solo per citare le più importanti. E anche questi colossi, forti di attività per miliardi di euro investiti per lo più in immobili, sono sottoposti al controllo del governo, oltre che di un’apposita commissione parlamentare. Adesso però il loro rappresentante di categoria è stato spedito da Tremonti a fare il consigliere in una grande società pubblica. Qualcuno l’ha presa male. Protestano i farmacisti. Emilio Croce, presidente del loro ente previdenziale, sostiene che l’incarico di Camporese in Terna crea un pericoloso conflitto d’interesse. Meglio starsene fuori, allora. Meglio restare indipendenti dal governo. I notai sono schierati sulla stessa linea. Il presidente dell’Inpgi taglia corto. “Inopportu-

nità? Conflitto d’interessi? Non mi pare proprio”, dice Camporese. Il quale vuol chiarire di non aver avuto alcun contatto col mondo politico e “tantomeno con il ministro Tremonti”. Anche i dissensi interni all’organizzazione di categoria non lo preoccupano. “Si tratta di due casse su 20 che fanno parte dell’Adepp. Non mi sembra proprio una quota significativa”. Il presidente Inpgi chiede di essere valutato per le cose che farà e “non sulla base di ipotesi e sospetti”.

UNA POLEMICHETTA quella tra la Brancaccio e la Brambilla? Un piccolo sgambetto tra due signore dell’industria delle vacanze? Mica tanto, perché anche il duello a distanza tra la presidente degli agriturismi e la ministra si inserisce in un clima teso e nervoso. Per un motivo semplice: da settore che assieme all’edilizia avrebbe dovuto essere la colonna portante del Rinascimento italiano, così come aveva assicurato Silvio Berlusconi all’inizio della legislatu-

E LE OCCASIONI per valutare l’indipendenza di Camporese non mancheranno nel futuro prossimo. C’è per esempio l’annosa questione della qualifica giuridica delle casse previdenziali, che attualmente sono considerati enti di natura privata. Da più parti però si ritiene che questi organismi andrebbero sottoposti a una disciplina pubblicistica. Sarebbero, insomma, enti di diritto pubblico e come tali andrebbero sottoposti alle norme sugli appalti pubblici. E anche la gestione del patrimonio immobiliare sarebbe sottoposta a maggiori restrizioni. Il tema è stato sottoposto nel recente passato a governo e Parlamento senza che però sia stata trovata una soluzione definitiva. Resta il fatto che toccherà alla politica emettere un verdetto destinato a condizionare la vita degli enti nei prossimi anni. Ancora più sostanziale, nel senso che ci sono in ballo investimento per centinaia di milioni, è la questione del cosiddetto housing soIl presidente Inpgi ciale, cioè la costruzione di Andrea Camporese (F E ) abitazioni a prezzi contenuti destinati a famiglie a basso reddito. Tremonti vorrebbe che una parte delle risorse per finanziare questi programmi, da gestire poi su base locale, venisse dalle Fondazioni bancarie e anche dalle casse previdenziali. Queste ultime però sembrano tutt’altro che entusiaste di aderire all’invito del ministro. Anche in questo caso il dibattito prosegue da anni. E Camporese, presidente Inpgi e neo consigliere di Terna, sarà chiamato a trattare la questione con il ministro Tremonti. OTO

MBLEMA

UNA RIPROVA indiretta è il successo della Germania, Paese con tante doti, ma dalle attrattive turistiche notevolmente più modeste rispetto all’Italia. Nel 2010 il fatturato turistico tedesco è aumentato addirittura del 12 per cento grazie soprattutto alla capacità di attrazione di Lufthansa nel mondo. In pratica, mentre l’Alitalia dei “patrioti” a stento mantiene le posizioni e da tempo ha dovuto rinunciare a una presenza in grande stile nelle maggiori piazze mondiali, gli aerei Lufthansa raccolgono turisti ovunque convogliandoli verso gli scali tedeschi, gente che in Germania si ferma uno o due giorni al massimo per proseguire verso altre mete turisticamente più gradite, ma che ingrossa il dato delle presenze e soprattutto porta soldi.

al 2010 il numero dei pernotti stranieri in Italia è sceso da 349 mila a 311 mila mentre è cresciuto il numero degli italiani che vanno all’estero, da 228 mila a 254 mila. Ovvio che il saldo turistico Italia-estero sia sceso nello stesso periodo da 12 miliardi di euro a 8,8. Una débâcle. Stando così le cose difficilmente potrà avverarsi la profezia di Silvio Berlusconi che nel 2008 assicurò il raddoppio del fatturato turistico in un quinquennio, obiettivo epocale se si fosse avverato, perché il giro d’affari dell’industria delle vacanze è colossale, il 10 per cento del Pil, quanto tutta l’industria automobilistica nazionale. NEL FRATTEMPO non solo la profezia berlusconiana sta evaporando, ma piove sul bagnato. Di recente l’Enit ha dovuto chiudere i due uffici di rappresentanza europei storici, le sedi di Monaco di Baviera e Amsterdam che per decenni avevano contribuito a convogliare i vacanzieri in Italia attraverso rapporti conso-

Italia.it pubblicizza solo gli alberghi, rappresentati da Bernabò Bocca che è consulente del ministero Nel frattempo l’Italia ha preso una legnata storica: secondo quanto certificato dall’Osservatorio nazionale per il turismo (Ont), nel 2010 il numero delle presenze è calato di un altro 14,5 per cento rispetto al 2009 che era stato un anno disastroso. I dati Bankitalia confermano questo andamento negativo e attestano che anche il 2011 è cominciato male, con saldo negativo a gennaio di 47 milioni di euro. Nonostante tutte le premure ministeriali, anche il settore alberghiero risente parecchio dell’andazzo negativo: secondo Federalberghi l’altr’anno sono stati licenziati circa 5 mila dipendenti a tempo indeterminato, il 3,6 per cento di tutta la forza lavoro impiegata, ma se nel conto si mettono anche gli stagionali e quelli dell’indotto, i posti persi sono 20 mila. Secondo Bankitalia dal 2006

lidati con i tour operator. Uffici che volevano dire turismo olandese e della Bassa Germania. Come spiega al Fatto il direttore Paolo Rubini, si è trattato di una scelta forzata, dovuta al taglio delle risorse all’ente turistico, passate nel giro di 3 anni da 48 milioni di euro a 24, poi a 20 con un altro taglio. L’Enit sta cercando di concentrare i suoi sforzi verso i Bric, Brasile, Russia, India e Cina, paesi economicamente in crescita, dove si sono formate o si stanno formando classi medie numerose, danarose e con la voglia di girare il mondo. Ma ammesso che l’operazione riesca e che l’Italia la spunti su una concorrenza sempre più spietata, i frutti non si vedranno subito. Nel frattempo, dopo la chiusura di Monaco e Amsterdam, in Italia quest’anno probabilmente si vedranno ancora meno tedeschi e olandesi.

LECCA LECCA

Anche il Financial Times si inchina a Scaroni I GIORNALISTI italiani hanno un (di solito motivato) complesso di inferiorità verso la stampa anglosassone, in particolare per quella finanziaria, fredda, analitica, ironica. British, insomma. Ma per fortuna c’è Paul Betts, che per il Financial Times racconta da anni il potere della finanza italica. Leggi Betts e all’improvviso anche certe interviste dei giornalisti italiani ai loro editori sembrano vagamente inquisitorie, quasi dure. Ieri, per esempio, Betts si cimentava in un sobrio articolo dal titolo “L’imperatore romano dell’energia”, cioè un ritratto/intervista di Paolo Scaroni. Che,

più modestamente, è soltanto l’amministratore delegato dell’Eni. Ma con il vizio tipicamente italico di trasformare le banalità dei potenti in qualità letterarie, Betts ci racconta che Scaroni è anche uno storico dilettante, che “ogni mattina vai in ufficio e trovi sul tuo tavolo due o tre grane da risolvere”, come ci informa il sommario dell’articolo. E la Libia, che sarebbe l’argomento del colloquio? Nessun problema, risponde Scaroni, chiunque vada al potere per l’Eni andrà bene. Si legge e si rilegge, ma resta il dubbio su quale fosse la notizia nascosta dal miele di Betts.


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Martedì 17 maggio 2011

DAL MONDO

DA SPAGNA E SVIZZERA PIÙ DIRITTI ALLA DOLCE MORTE Il referendum elvetico garantisce la possibilità di eutanasia anche per gli stranieri di Alessandro

Oppes Madrid

ì alla “dolce morte” per gli stranieri, sì al suicidio assistito. Con un doppio referendum, gli svizzeri hanno respinto a larghissima maggioranza le iniziative di una piccola formazione di destra e del partito evangelico con le quali si voleva spazzare via dalla legislazione le norme sul fine vita, appena 48 ore dopo che – in Spagna – il governo Zapatero aveva varato il progetto di legge sulla “morte degna”. A suscitare le polemiche più accese, tra gli elettori elvetici, è stata la proposta che cercava di frenare il cosiddetto “turismo della morte”: la possibilità, per gli stranieri, di recarsi nel cantone di Zurigo per porre fine alla loro vita nel caso in cui fossero affetti da un male incurabile. L’iniziativa che puntava a limitare questo diritto ai soli residenti da almeno un anno nella regione è stata respinta con il 78,4 per cento dei voti. Con il secondo referendum, invece – proposto dai conservatori dell’Unione democratica federale e del

S

Partito evangelico – si chiedeva di proibire a livello nazionale il suicidio assistito: in questo caso, i “no” hanno raggiunto l’85 per cento, soprattutto in seguito a una mobilitazione molto attiva di tutte le forze politiche di sinistra. IL SUICIDIO ASSISTITO è legale in Svizzera dal 1941 e può essere praticato da persone che non siano medici ma che non abbiano un interesse personale nella morte del richiedente. E il caso, ad esempio, dell’organizzazione Exit, il cui vice-presidente Berhard Setter sostiene che il risultato del referendum di domenica conferma la “tradizione umanitaria della Svizzera, un paese abituato a correre in soccorso degli altri”. Ma il governo di Berna ha allo studio una modifica di questa legge, per fare in modo che venga utilizzata solo come ultima risorsa nei casi di malattia terminale. L’esecutivo della Confederazione punta anche a limitare il “turismo della morte”, un fenomeno che si è sviluppato notevolmente negli ultimi anni (soprattutto con l’arrivo di malati terminali dalla Francia,

dal Regno Unito e dalla Germania) proprio perché la Svizzera ha una delle legislazioni più liberali del mondo su questo tema. Gli unici paesi in cui è consentita l’eutanasia sono, fino a ora, l’Olanda, il Belgio e, negli Usa, il solo Stato dell’Oregon. Ma, con un progetto di legge presentato venerdì in Consiglio dei ministri, anche il governo spagnolo di José Luis Rodriguez Zapatero è entrato fra il ristretto numero di paesi che hanno deciso di affrontare il tema del fine vita. L’ha chiamata, in termini in qualche modo ambigui, “legge regolatrice dei diritti della persona nel processo finale della morte, soprattutto per cercare di attenuare l’impatto di una prevedibile polemica politica. Anche se, in realtà, sulla stampa ultraconservatrice e in ambienti vicini alla Conferenza episcopale si comincia già a parlare di “eutanasia camuffata”. La norma varata dall’esecutivo socialista regola la “morte degna”: ai malati terminali verrà garantito il diritto a una sedazione palliativa che permetta di morire senza dolore e senza accanimento te-

L’addio perfetto dello Shuttle di Angela

New York

ecollo perfetto” e fine di un’era. “D Dopo una serie di rinvii dovuti a motivi tecnici, lo Shuttle Endeavour ha, infatti, lasciato la base spaziale del “Kennedy Space Center” alle ore 14.56, ora italiana, per il suo Il decollo dell’Endeavour ultimo viaggio verso la Stazione Spa(F A ) ziale Internazionale (Iss). A capitanare la missione, Mark Kelly, l’astronauta marito di Gabrielle Gifford la deputata gravemente ferita nella sparatoria di Tucson dello scorso 8 gennaio. La Gifford, tornata al Kennedy Center per la seconda volta, ha assistito al lancio in forma privata. Gli astronauti, che hanno raggiunto la navicella poche ore prima della partenza, hanno salutato, dall’interno del pulmino metallizzato che li portava a destinazione, i circa 45 mila ospiti all’interno della base che si erano sistemati lungo il percorso. Pollici in alto e gli ultimi commenti affidati a Twitter: “Ho fatto la mia ultima doccia per le prossime settimane”, ha twittato Mike Fincke, un veterano delle missioni che con quest’ultima dello Shuttle dovrebbe toccare il record di ore di permanenza nello spazio. OTO

Josè Luis Zapatero (FOTO ANSA)

rapeutico. Si rispetterà la volontà del paziente, che potrà rinunciare a sottoporsi a un trattamento medico che allunghi artificialmente la vita. Il malato avrà anche il diritto a ricevere il sostegno emozionale di psicologi e un appoggio spirituale a seconda delle proprie convinzioni religiose. La legge – che non permette l’obiezione di coscienza da parte dei medici – rafforza altri diritti già esistenti, come quello del testamento vitale, cioè la possibilità di manifestare per iscritto le ultime volontà sul trattamento da ricevere durante il processo di agonia.

Vitaliano

NSA

L’ULTIMO VIAGGIO DELLO SHUTTLE coincide anche con la missione ‘Dama’, nome dato alla partecipazione italiana e grazie alla quale la ricerca spaziale si tinge sempre più di tricolore. Il ‘carico’ italiano di ‘Dama’, abbreviazione di ‘Dark Matter’, ovvero materia oscura, è composto dal colonnello Roberto Vittori, pilota sperimentatore dell’Aeronautica Militare e astronauta dell’Esa, e due diversi straordinari componenti scientifici. Vittori raggiungerà un altro italiano, Paolo Nespoli, sulla base da sei mesi, e rappresentera’ un primato nella storia delle missioni spaziali. Con il pensionamento dello Shuttle, almeno per i prossimi anni, i viaggi verso la base spaziale saranno assicurati solo dall’utilizzo delle navicelle russe Soyuz che, sebbene datate e in grado di portare solo tre astronauti invece dei sei dello Shuttle, continuano ad essere perfettamente efficienti. L’attività del Kennedy Center, intanto, fortemente limitata dai tagli approvati dal Congresso, si focalizzerà in particolare, nel futuro prossimo, in missioni di esplorazione su Marte.


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DAL MONDO

ANNIVERSARIO DI SANGUE La carneficina nel giorno della nascita di Israele e della cacciata dei palestinesi

di Roberta Zunini

a celebrazione della naqba, il disastro, ha reso evidente a Israele che il vento della primavera araba non si ferma nemmeno davanti alle alture del Golan né di fronte alle armi sofisticate dei suoi soldati. Decine di figli e nipoti dei rifugiati palestinesi, che vivono nei campi profughi dei paesi limitrofi e di Gaza dal ‘48 - quando fu costituito lo stato israeliano - quest’anno hanno deciso di ricordare quel 15 maggio di 63 anni fa, entrando nei confini israeliani. Dalla Siria e dal Libano, la marcia dei profughi ha travolto steccati, calpestato fili spinati e sfidato con le bandiere palestinesi e gli slogan, la forza di Israele.

L

porzione della reazione lo renderà alla lunga fragile, danneggiando la sua immagine. Una conferma in questo senso arriva dal ministro della Difesa israeliano Ehud Barak che nota come “negli ultimi tempi i palestinesi abbiano abbandonato il ricorso alla forza, anzi si siano impegnati contro il terrorismo, per intraprendere invece contro di noi una forma di resistenza morbida, per poterci rappresentare come una forza di occupanti”. Dichiarazioni dure e

spezzanti quelle dei vertici israeliani che mostrano una chiusura nei confronti di qualsiasi soluzione che non sia stata decisa da Israele. E che di conseguenza lascerebbe poco spazio a mediazioni straniere. Il presidente Napolitano dopo aver ribadito che “non è accettabile considerare la fondazione dello Stato di Israele una catastrofe (naqba), al di là delle interpretazioni che nel mondo arabo si danno di quell'evento storico”, incontrando il

Peres e Napolitano (FOTO ANSA)

GAZA Le pallottole e il sangue nel ricordo di chi “resta umano” di Alessio Marri

PROPRIO NEI GIORNI in cui il presidente Giorgio Napolitano, si trova in visita in Israele e in Cisgiordania, è risultato chiaro che gli sforzi diplomatici internazionali per far riprendere i negoziati di pace sono clamorosamente in ritardo rispetto alla strategia messa in atto dall’Iran e dalla Siria - secondo l’analista militare Amir Rappoport - per indurre i giovani arabi a coinvolgere anche Israele nelle rivolte, destabilizzandolo. Mentre secondo alcuni analisti europei ci sarebbe sì lo zampino dell’Iran, attraverso i suoi emissari-il siriano Assad e i libanesi Hezbollah, che infatti dominano il confine sud, al confine con Israele -. La marcia senza armi, teorizzata dallo studioso americano Glen Sharp, è una tecnica efficace per destabilizzare i giganti armati. Questo non significa che il colosso non reagirà ma la spro-

presidente dell’Anp, Abu Mazen, ha promesso di elevare la rappresentanza diplomatica in Italia dell’Anp. Dichiarazione che segue l’intento dell’Anp di proclamare in settembre all’Onu uno Stato Palestinese dopo il mancato blocco delle colonie ebraiche nei Territori Occupati. Gli Stati Uniti, di fronte ai venti morti tra i dimostranti, hanno chiesto a Israele moderazione. Pur ribadendo ha diritto di difendere i propri confini.

Heretz (Striscia di Gaza)

ano nella mano. Così i manifestanti M nel giorno della Nakba nella Striscia e in Cisgiordania. A Heretz, valico tra Israele e Gaza, risuonano le sirene delle ambulanze. “Solo un imprevisto ha ritardato la nostra presenza – sospira Simone, uno dei principali referenti del convoglio “Restiamo umani” – se fossimo arrivati prima, avremmo imboccato l’ultimo passaggio controllato da Hamas ritrovandoci in mezzo ai colpi dei cecchini israeliani”. IL CORUM AVANZA lentamente. Con continui stop imposti dai cordoni di sicurezza. Un grosso striscione dedicato a Vittorio Arrigoni sta alla testa dei 74 attivisti che sorreggono al centro del corteo un’enorme bandiera palestinese. A Heretz la celebrazione della Nakba, l’espulsione di massa che l’esercito israeliano impose nel 1948 ad oltre mezzo milione di pale-

stinesi coincisa con la nascita dello Stato israeliano, si copre nuovamente di sangue. Un ragazzo di 14 anni è rimasto ucciso con due colpi di arma da fuoco che lo hanno raggiunto alla testa e al cuore. Sessantatré i feriti, per lo più adolescenti tra i 12 e i 16 anni. Un giornalista palestinese, in seguito a un colpo che lo ha raggiunto alla schiena, rischia la paralisi. Alcune infermiere italiane del Corum, la carovana giunta a Gaza per commemorare la morte dell’attivista Vittorio Arrigoni, si sono recate presso lo Shifa Hospital dove hanno potuto testimoniare l’impiego di proiettili letali: “Hanno un effetto devastante – racconta Pamela, infermiera romana di 37 anni – è vero che entrano con un piccolo taglio ma causano un foro profondo all’interno del corpo”. Secondo i dottori del Shifa testa e parte addominale sarebbero state le parti maggiormente bersagliate. Anche se molte ferite sono state registrate agli arti inferiori. Nel frattempo il Corum sta ultimando le visite programmate all’interno della Stri-

scia di Gaza. Sotto la severa protezione di agenti di sicurezza in borghese, i 74 attivisti italiani hanno condiviso la frenetica permanenza a Gaza con i movimenti giovanili locali come il gruppo “15 marzo”, “5 giugno” e “Gybo”, che si sono schierati apertamente a favore della riconciliazione tra Hamas e Al Fatah. La carovana si è così spostata tra visite guidate agli ospedali, incontri con i contadini assediati dalla buffer zone, lunghi scambi con il sindacato dei pescatori che denuncia un calo della produttività dell’80%, causato dalle incursioni della marina israeliana. TOCCANTE IL RICEVIMENTO realizzato da Gazzella Onlus, associazione che si occupa dell’adozione a distanza di bambini feriti da armi da fuoco israeliane. Casa per casa, nel quartiere nord di Beitlahya una piccola parte del gruppo ha potuto vedere da vicino gli effetti terrificanti dei bombardamenti al fosforo bianco (usato nell’operazione Piombo Fuso del 2009) sui bambini. Poi la commemorazione di Vittorio Arrigoni, mentre uno striscione con la scritta “Always human” affondava tra petali di rosa nel porto di Gaza.

Siria, la rivolta passa di città in città VIAGGIO TRA I RIVOLTOSI AL REGIME DI ASSAD TRA TANK, INCENDI E REPRESSIONE

Bashar al Assad (FOTO ANSA) di Franco Ragnoli Tal Kalakh (Siria)

l fumo nero degli incendi diIsopra segnano un cielo infernale, il nuovo avamposto della resistenza siriana. Nonostante la bella giornata, in direzione del Libano, sopra la città di Tal Kalakh, l’azzurro è a chiazze nere. L’altra immagine sono le auto in coda e il lento esodo delle carovane delle famiglie a piedi. La città si trova a metà della superstrada che collega il capoluogo Homs a Tartus, secondo porto della Siria. Da questa uscita Tal Kalakh dista appena un chilometro ma l’ingresso è bloccato: un ufficiale seduto su un carro armato ci fa segno di tornare indietro. Altri due tank hanno un soldato seduto sopra che ci punta addosso il fucile. I cannoni invece sono rivolti verso la città. Tornando indietro verso il paese più vicino, Qala'at al-Hosn, vediamo una struttura non terminata in cemento armato trasformata in un fortino improvvisato da cui spuntano le facce di decine di giovani

in divisa e non, tutti armati. Le strade che portano a Tal Kalakh sono due e anche l'altra è bloccata da avamposti militari improvvisati e da carri armati. È una guerra fra bande quella che si vive in questa cittadina di 35mila abitanti. Chi protesta si accanisce sulle 5mila persone di etnia alawita, che sono dalla parte del presidente Bashar al-Assad; l'esercito assiste dagli edifici e cerca di individuare le persone da arrestare in un secondo tempo; i manifestanti appiccano incendi alle immagini del presidente e alle proprietà degli abitanti di etnia alawita; i più giovani di questi reagiscono improvvisando attentati in motocicletta nella migliore tradizione mafiosa: aprono il fuoco sui rivali col silenzio-assenso dell’esercito. NELL’IMMAGINARIO collettivo siriano Tal Kalakh è la nuova Deraa. I punti in comune sono molti: entrambe le città si trovano nei pressi di famosi monumenti. Nei pressi di Deraa sorge il teatro romano meglio conservato d'Oriente, il teatro di Bonsra; a pochi chilometri da Tal Kalakh c'è il più famoso dei castelli dei crociati, il Krak des Chevaliers: luoghi di solito affollati di turisti, in questi giorni desolatamente deserti e albergatori e tassisti ti assalgono con offerte stracciate. Entrambe sono città di confine: da Deraa si ac-

cede in Giordania, Tal Kalakh confina col Libano. Anche per questo hanno un alto tasso di criminalità, sono avamposti di frontiera da cui passano droga e armi. Qui si convive con una sorta di sotto-stato da sempre in combutta con il governo di Assad e al quale adesso hanno deciso di togliere l’appoggio. L'arrivo dell'esercito siriano è un intervento tardivo per ristabilire l’autorità statale che a Tal Kalakh ha sempre delegato alla criminalità locale. Qui come a Deraa il regime si sta giocando la sopravvivenza. “Quasi tutti hanno una pistola in casa”, ci racconta Mohamed, un ragazzo che vive a Tal Kalakh e lavora nella vicina Qala'at al-Hosn. “Nessuno esce dopo le 9 di sera perché è il far west. Se la polizia spara, rispondono col fuoco”. Sabato l’esercito ha sparato per evitare l’assembramento di gente durante i funerali delle vittime del venerdì della collera. Un ristoratore sulla strada tra Qala'at al-Hosn e Tal Kalakh ha contato venti città insorte contro il governo. “Non danno più la fiducia al presidente – ci spiega metà in inglese e metà a gesti - la classe dirigente e i generali che vi fanno capo vogliono un cambiamento di governo e lo mostrano permettendo le manifestazioni del venerdì. Bashar risponde con l’uso della forza, ma ha già perso Baniyas, Lattakia, Homs, Hama, Tal Kalakh, Deraa

e quasi tutti i centri intorno Damasco. Solo ad Aleppo stanno ancora dormendo!”. Non è al corrente che anche nella sonnolenta Aleppo venerdì sono cominciate le proteste. Il ristoratore pensa che in due mesi il Paese cambierà guida ed è anche convinto che sarà peggiore. “Ma questa è la strada che abbiamo preso!” ci saluta sorridendo. Qala'at al-Hosn è effettivamente

una città tranquilla e le immagini delle battaglie che avvengono a pochi chilometri le guardano in tv. Un albergatore dice, come molti prima di lui, che in due settimane tutto tornerà come prima e spiega che la situazione qui è tranquilla. Sono settimane che si sente ripetere che in due settimane il presidente risolverà la situazione. Intanto la lista delle città che protestano aumenta.

N LIBIA

Ancora un raid sul bunker del raìs

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l bunker quartier generale di Gheddafi a Tripoli è stato colpito anche ieri sera dai raid della Nato. Intanto, il procuratore della Corte Penale Internazionale dell'Aja, Luis Moreno Ocampo, ha chiesto un mandato d'arresto per crimini contro l'umanità nei confronti di Muammar Gheddafi, di suo figlio Seif al-Islam e del capo dell'intelligence libica, Abdullah Al Senussi. Le accuse riguardano la repressione della rivolta in Libia, con arresti, sparizioni e uccisioni arbitrarie degli oppositori del regime: a istituire il dossier anche un giudice italiano, anonimo per motivi di sicurezza. Spetterà ai giudici del Cpi decidere se emettere l'ordine di arresto chiesto dal procuratore o richiedere a quest'ultimo informazioni supplementari ma è possibile che una decisione richieda settimane se non mesi.

STATI UNITI

Donald Trump non si candida

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l miliardario americano Donald Trump non si candiderà per la nomination repubblicana nelle elezioni americane del 2012. Trump ha detto di “non essere pronto a lasciare il settore privato”. Nell’ultimo sondaggi, era emerso che secondo 71 americani su 100 Donald Trump “non può essere eletto alla Casa Bianca perchè inadeguato come presidente”.

Virtù italiche

Le prodezze del signor Rossi che stupiscono il Mondo UNO DI SOLITO PENSA CHE SIANO I NOSTRI leader politici a farci fare brutta figura in giro per il mondo, mentre l’italiano qualsiasi, il signor Rossi, un po’ ci riscatta (e non solo quando corre in moto): siamo brava gente, anche se parliamo ad alta voce e ci aiutiamo con i gesti per farci capire. Poi, ti capita l’autista romano ‘multi-tasking’ e sei fritto: dagli all’italiano, inaffidabile e fanfarone. Daily Mail e persino il Nyt trattano la vicenda con grande rilievo, ma anche con un sorriso quasi d’invidia per questo campione dell’Atac di Roma, capace di parlare al telefono con un cellulare e allo stesso tempo di mandare un sms su un altro cellulare. Che cosa ci vuole? dite; ci riuscite pure voi? Sì, ma lui guidava pure l’autobus con i gomiti: “Se era un concorso – scrive Rob Cooper – meritava di vincere un

premio”. Invece, la ‘performance’ sull’autobus per l’aeroporto di Ciampino, ripresa da un passeggero a sua volta svelto di telefonino, è valsa all’autista una sospensione, non (ancora?) il licenziamento, per avere messo in pericolo l’incolumità pubblica. L’autista di Roma non è l’unico signor Rossi di cui la stampa internazionale s’è occupata in questi giorni: un parroco di Genova arrestato per pedofilia è finito sui giornali francesi, spagnoli e americani, i più ‘scottati’ dal tema; e il (quasi) sposo piantato all’altare da una fidanzata indecisa a tutto ha divertito la stampa britannica e francese. Ma un vescovo ci riscatta: monsignor Domenico Mogavero, scrive il Guardian, indossa paramenti firmati Armani, ma lo fa solo “per dar gloria al Signore”. Giampiero Gramaglia


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SECONDOTEMPO SPETTACOLI,SPORT,IDEE in & out

SEXY-S OCIAL-CLUB

Rivoluzione, donne e champagne. Engels come Strauss-Kahn? di Carlo Antonio Biscotto

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ominique Strauss-Kahn, colpevole o innocente che sia, ha sicuramente un progenitore illustre: Friedrich Engels. Lo storico e deputato laburista Tristram Hunt nella sua monumentale biografia dal titolo La vita rivoluzionaria di Friedrich Engels, recentemente tradotto anche in italiano, fa piazza pulita sia dell’Engels scientista e materialista sia del teorico che, nella coppia formata con Marx – come diceva egli stesso – era solo il “secondo violino” e preferì vivere sempre all’ombra dell’amico di cui dopo la morte disse: “Lui era un genio, noi tutt’al più avevamo un po’ di talento”. In realtà Engels era un uomo affascinante, attraente, ottimista, oltremodo generoso. Ma soprattutto amante del lusso e degli agi, dotato di un umorismo malizioso, un po’ pettegolo, a volte persino perfido. Un vero e proprio “comunista in finanziera” come recita il sottotitolo della biografia di Hunt. Era cresciuto in una famiglia austera con il padre, un ricco industriale della Renania, fervente “pietista” e nemico di ogni forma di mondanita’. Aveva reagito diventando hegeliano prima e socialista poi e ammirando, fino ad imitarlo, lo stile di vita spavaldo, ribelle e priapico di Percy Bysshe Shelley. Soprattutto, Engels fu sempre un bon vivant, un uomo di mondo, un gaudente. Grande conoscitore di vini – non di rado alzava il gomito – e autentico “tombeur de femmes”, condusse a Manchester una doppia vita come non di rado capitava nell’Inghilterra vittoriana dove abbondavano i dottor Jekyll e i Mr Hyde che sarebbero poi stati immortalati dalla penna di Stevenson. Industriale in finanziera, inserito nell’alta borghesia di Manchester di giorno e rivolu-

zionario la sera quando, al riparo da occhi indiscreti, si ritrovava in casa con la sua amante Mary Burns e sua sorella Lydia, due operaie irlandesi quasi analfabete che, al suo arrivo a Manchester, gli avevano fatto conoscere l’“altra Cottonopolis”, quella degli operai con il loro carico di sofferenza e privazioni. Una contraddizione che non sembrò pesargli più di tanto. FORSE PERCHÉ, come disse molto tempo dopo un altro Marx, Groucho, “nella vita ci sono un sacco di cose più importanti del denaro, ma costano un mucchio di soldi”. Ed Engels i soldi li aveva: per le donne, per lo champagne di marca, per i club esclusivi, per gli abiti di sartoria, per le numerose donne che cedettero al suo fascino e anche per mantenere per 40 anni la famiglia dell’amico Marx. Un impegno non da poco: Marx ebbe dalla moglie sette figli. Un ottavo lo ebbe dalla cameriera Elena, ma l’amico Engels se ne attribuì generosamente la paternità. In compenso, non si sposò mai. Certo il perbenismo borghese, cacciato dalla porta finì per rientrare dalla finestra. Engels non parlò mai alla sua famiglia di Mary Burns, compagna di una vita, anzi fu sempre attento a nascondere a tutti, tranne che a Marx, la sua relazione con l’umile operaia e alla fine relegò le due sorelle in una abitazione non lontana dalla sua. Inoltre, non smet-

teva mai di viaggiare. Nel 1849, dopo un anno e mezzo di speranze rivoluzionarie andate rovinosamente deluse, per consolarsi si rifugiò nella Loira dove ebbe modo di “gustare le delizie gastronomiche e sessuali della Francia”. Delle donne francesi era sempre stato un fervente ammiratore: “Se non ci fossero le francesi, non varrebbe la pena vivere”, soleva dire. Ma quando si trattava di piaceri non andava tanto per il sottile. Adorava lo champagne, ma non disdegnava una bella sbronza a base di birra. Cercava il favore delle eleganti signore dell’alta borghesia, ma non rifiutava la compagnia di quelle che allora i giovani rampolli bene chiamavano “grisette”, dal colore grigiastro degli abiti da lavoro che indossavano. Erano giovani fanciulle di basso ceto, sovente operaie o sartine, dalle abitudini disinvolte e per questo facili conquiste di studenti e borghesi. Nel 1850, tornato a Manchester, decise di dedicarsi anima e corpo al lavoro nell’azienda tessile paterna anche per provvedere ai crescenti bisogni della famiglia Marx. Divenne un membro di spicco della buona società di Manchester: andava a cavallo, era socio dei prestigiosi Albert Club e Brazenose Club dove si faceva notare per l’affabilità, la distinzione, l’arguzia, il fascino. Era anche un uomo di straordinaria erudizione tanto da essersi guadagnato il nomignolo di “enciclopedia ambulante” affibbia-

Lady Gaga Direttore per un giorno: oggi firma l’edizione di “Metro”

Vin Diesel Fast&Furious si conferma il film più visto, secondo Red

Conte Rescisso il contratto col Siena, la Juve si avvicina

Tori Amos Nuovo album e tour in tutta Europa da settembre

La vita rivoluzionaria di Friedrich Engels Tristram Hunt, ISBN, 390 PAGINE, 27 EURO

Illustrazione di Marco Scalia

togli affettuosamente da Marx. In quegli anni si cementò il sodalizio con Marx – il più straordinario sodalizio della storia della filosofia occidentale, come hanno scritto in molti. UN SODALIZIO che poggiava sulla comune passione politica, sulla collaborazione di studiosi, ma anche su una profonda amicizia. Si scrivevano tutti i giorni. Dal carteggio tra “Il Moro

di Treviri”, così Marx veniva chiamato anche in famiglia, e il “Generale”, soprannome di Engels per le sue conoscenze nel campo della strategia militare e della guerriglia, emergono due rivoluzionari a tutto tondo, ma anche due eterni adolescenti che infarciscono i loro scritti di oscenità, pettegolezzi da osteria, storie di corna e di donne. In Occidente, almeno nell’ultimo secolo, le rivoluzioni hanno

sempre avuto come nemico la borghesia e sono state sempre organizzate, concepite, sognate e realizzate da borghesi. Forse perché i poveri erano troppo occupati a sbarcare il lunario. Per questo spesso i rivoluzionari, o sedicenti tali, avevano gli stessi vizi, le stesse debolezze, gli stessi tic, le stesse abitudini degli odiati borghesi. Engels ha avuto il merito di non nasconderlo più di tanto.

Cannes

Quel tamarro di Brad Pitt sulla Croisette di Federico Pontiggia

a débandade titola Metro su LnonStrauss-Khan in rotta, ma è l’unica grande fuga. A Cannes Terrence Malick ha dato il prevedibile forfait, e ad annaffiare il suo Tree of Life (fischiato e applaudito, da domani nelle nostre sale) è rimasto solo Brad Pitt, che rassicura: “Malick è vivo, vegeto e ogni tanto va anche in bagno”. Un po’ poco per un film che dice tutto, troppo, ma da Brad possiamo attenderci la mise tamarra (non ha deluso), non la dotta critica: “Terrence è un genio”. Tra atmosfere alla

Enya e una manzoti, chi per Malick? niana Provvidenza, Dietro compenso, si il regista culto parte farebbe avanti Jadalla famiglia e arrismine Trinca, prova fino a Dio, non lastituta nella casa sciando nulla al fuochiusa di Bertrand ricampo: Big Bang, Bonello: L’Apollonide, dinosauri e c’è pure che fa venire una noSean Penn, ha postalgia canaglia per Brad Pitt (F A ) che pose però, salta Paprika di Tinto la conferenza e si Brass. Ma Jasmine è spenderà solo per il nostro Sor- soddisfatta - “L’Italia mi offre sorentino (This Must Be The Place). lo mogli o figlie” - e ha una proMa la Croisette è anche il posto posta: “Da noi c’è il Far West: giusto per borseggi e taccheggi, non è meglio una casa chiusa in crescita vertiginosa, e la cha- che la strada alla mercé dei paprity: Naomi Campbell per il poni?”. A parte che una casa Giappone, Paul Haggis per Hai- chiusa l’abbiamo già, e prestiOTO

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giosa, la questione non vale il film: che Fremaux abbia le stesse patrie pressioni di Muller con gli italiani a Venezia? Bonello è l’unica mela marcia in competizione, ma forte non va nemmeno il tandem dei Dardenne: difficilmente Il ragazzo con la bicicletta li farà tagliare il traguardo della terza Palma d’Oro. A pedalare forte, viceversa, è un outsider: The Artist del francese Hazanavicius, un film muto che parla al cuore, inquadrando con spasso la crudele società dello spettacolo. Comunque, c’è chi sta peggio. Se la Croisette è un interminabile struscio, con belle

e giovanissime in cerca di cinema e succedanei, basta spostarsi di tre parallele per trovare alla stazione chi l’ultimo biglietto l’ha già perso: clochard, senza fissa dimora, barboni, come volete, ma quest’anno ce ne sono molti di più. Due passi a nord, e anche la salita del centrale Boulevard Carnot non è per il successo, ma nell’emarginazione: pieds-noirs, piedi scalzi e davvero neri di maghrebini e seconde generazioni mai integrate. Stanno a terra e sulle panchine, ti chiedono un euro e guardano il badge del festival: per loro, la vita non è un film.


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SECONDO TEMPO

OGNI MALEDETTA DOMENICA

DIRITTI E CIALTRONI

Una mediazione ci vuole. Il campionato o ha un’anima di tutti o è un morto che cammina di Oliviero

Beha

inito o quasi il calcio giocato, tocca al calcio parlato sottoforma di calciomercato già da tempo in grande spolvero e a quello del denaro tv per cui se le menano di santa ragione in Lega (non Bossi, Moratti...). Non è cosa di oggi, ma a giudicare dalle ultime polemiche la questione sta toccando la sua acuzie, come direbbero i medici per un paziente molto malato. In ballo la montagna di soldi per i diritti tv in un mondo che non conosce la parola “doveri”, che non intende farsi una ragione del ruolo di distrazione di massa che svolge, che mischia le carte in un continuo conflitto di interessi che ottunde e specula sempre e ovunque, su tutto. Se pensate che confonda Gattuso con Lassini, l’involgarito “Ringhio” che come calciatore rispetterei moltissimo e l’affabile Roberto in lista Moratti che non distingue tra genere di brigate e brigatisti (chi ricorda i Commandos Tigre di quarant’anni fa?), entrambi sul pullman berlusconiano sabato in giro per Milano a polverizzare il black out elettorale, vi sbagliate: non confondo, c’erano proprio entrambi come persone e come categoria, benedetti dal Cavaliere Inarrestabile tra un Mills e un contro-Mills. E questo è il Milan elettorale, che forse al Caimano in attesa di diventare morettianamente Papa non basterà neppure. Poi c’è appunto il regime rotondocratico, in cui le centinaia di milioni di euro di questi anni sub specie televisiva non sono servite a migliorare alcunché e invece oggi creano la frattura tra i

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PALLONATE di Pippo Russo

cinque club di prima fascia in A e tutti gli altri. Ci vorrebbe il cosiddetto tavolo comune, visto che il campionato se lo fanno e se lo disfano insieme, tra loro e assieme ai fischietti sudditanti o dipendenti che anche domenica scorsa ne hanno combinate di tutti i colori: basti pensare al gol regolarissimo annullato alla Samp, che forse avrebbe cambiato la sorte della partita o anche solo prolungato un’agonia. Ma chi starebbe a capotavola? Abete, che fino a prova del contrario è un onesto presidente di Federcalcio

nizzato che si concede, che minacciava di giocare la Champions a Firenze quando ancora auspicava il quarto posto ahilui ormai quasi dell’Udinese, senza sapere che in-

Cosa resterà di questa annata? Qualche colpo di genio, molti colpi di testa, nessun debutto di nuovi talenti prima vassallo di Carraro e oggi e da sempre cadetto di Luigi, il vero albero della famiglia? Oppure Beretta, che conosciamo tutti da che mondo è mondo, ma di cui non si è trovato nei mesi il sostituto come presidente di Lega perché lì sono come e peggio dei ladri di Pisa (per i più giovani: di giorno leticano e di notte si accordano per andare a rubare)? OPPURE un manager di club di particolare charme-non il fondo di Montezemolo e Della Valle… – come Galliani, in leggero conflitto di interesse, che lo è già stato per di più ai tempi di Calciopoli? E a questo proposito è spiritoso ma poco “storico”

nali in grado di apparecchiarlo, il problema di che calcio si vuole. Riguarda la A, riguarda il contesto internazionale, riguarda il livello di professionismo che ci vogliamo/possiamo permettere con la crisi delle società di B e di C, riguarda i vivai, profonda questione che nessuno vuole affrontare seriamente. Ai vari presidenti basta becchettarsi sui soldi, con chi come Agnelli dice “vado a giocare altrove” quasi che appunto fosse un principe rinascimentale che colonizza delle terre o Lotito, un po’ meno riAdriano Galliani nascimentale e più antico (F A ). romano per l’italiano latiSotto, il San Paolo OTO

vece al Franchi fiorentino apriranno un outlet. E sarà un belvedere, tra un marchio della casa e l’altro... Certo tecnicamente uno spettacolo non inferiore a quello offerto quest’anno da Mihajlovic e soci. Una mediazione è necessaria, ma bisogna avere le idee chiare: non ricattare i piccoli, non squilibrare i valori e i bacini di utenza, non inventarsi escamotage d’occasione. Il campionato o ha un’anima complessiva o è qualcosa di morto che la domenica resuscita o finge di resuscitare, e neppure sempre. Adesso in attesa di sapere se Berlusconi chiamerà lo stadio col suo nome (e con il nome della Moratti... così prende due squadre con una fava), brindiamo al Napoli terzo dopo un eccellente campionato e al Lecce quart’ultimo con una preziosa caratteristica. Per tutta la stagione o quasi, così come il Cesena che ha trattenuto il solo allenatore a contratto, Ficcadenti, il Lecce ha giocato a calcio, formula che parrebbe ovvia visto di che si parla ma ormai troppo ovvia non è. Come l’Udinese in testa così il Lecce in coda, affidando i due presidenti Pozzo e Semeraro la rosa da sfogliare a due allenatori di cui si fidavano, rispettivamente Guidolin e De Canio inizialmente entrambi in gravi ambasce di classifica, hanno dimostrato che si può almeno tentare la strada della

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SCENEGGIATE NAPOLETANE

erti giorni Massimo Cecchini della Gazzetta dello Sport ci regala viaggi sentimentali inattesi. Si pone in un cantuccio di quelle pagine rosa e tende al lettore agguati gentili raccontandogli storie lievi che risvegliano in quello una voglia di tenerezza. È stato così, per l’ennesima volta, nell’edizione del 15 maggio. Quando presentando la partita fra Catania e Roma ha trovato un motivo di narrazione da esporre alla sua maniera: “Ci sono spazi bianchi che devono essere riempiti, silenzi da cancellare con parole che contano. Nel lungo cammino disegnato dal suo Grande Tramonto, Francesco Totti sa bene come certe occasioni vadano colte, soprattutto quando si sposano con finalità pratiche. Il capitano della Roma oggi gioca in uno degli unici due stadi dell’attuale Serie A (l’altro è Cesena) in cui non ha mai fatto gol. Una specie di ‘Gronchi Rosa’, insomma, un francobollo raro da voler però cancellare in fretta dalla memoria, anche perché segnare

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lo striscione di San Siro-Meazza-San Silvio in Milan-Cagliari, che alludeva a uno scudetto senza intercettazioni. Di intercettazioni mi piace la rima, che vi lascio indovinare, ma magari di più il riferimento all’uomo di Galliani per gli assistenti di linea arbitrali, Meani, straintercettato al telefono un po’ con tutti all’ombra di un Collina sicuro del fatto suo. Quindi il più pulito c’ha la rogna, alla turca... Ma resta sul tappeto, in assenza di quel famoso tavolo e di figure istituzio-

aiuterebbe a tenere viva la speranza di agguantare quel posto in Champions che significherebbe 20 milioni in più sul piatto della prossima stagione”. Peccato, giusto sull’ultimo metro ha ceduto inserendo il motivo del vil denaro. Invece sono poesia pura, come sempre, gli articoli di Antonio Giordano sul Corriere dello Sport-Stadio. Il suo articolo nell’edizione del 14 maggio, vigilia di Napoli-Inter, partiva da subito col massimo grado di lirismo parlando dei giocatori del Napoli prossimi a cambiare squadra: “La notte prima dell’esame è un viaggio a contar le stelle della Champions, a osservare i sentieri del passato, a guardarsi dentro per preparar l’addio. È stato bello, anzi bellissimo, e ora ch’è finita, che il Napoli è una fettina di se stesso da custodire gelosamente nella memoria, val la pena di consegnarsi ai ricordi d’una vita da principe azzurro – ognuno a modo suo – lasciandosi cullare dalle emozioni emanate da un santuario attraversato da protagonisti”. E ciascuno di noi deve aver

NELLA NOTTE PRIMA DEGLI ESAMI- CHAMPIONS IL CORRIERE DELLO SPORT DIVENTA POESIA PURA

massima cura delle fettine di se stesso. Naturalmente Giordano non si è fermato qui: “L’ultima serata in quel San Paolo rigoglioso è intrisa della malinconia che precede e accompagna il congedo, ma in quel fazzoletto bianco da sventolare non ci sarà traccia di tristezza, né lacrime da raccogliere: terra, terra, la Camphion sarà anche con loro”. L’ortografia invece no. Dopo un lungo periodo di grigiore, tornano finalmente a manifestarsi sui loro standard i Toro Boys di Tuttosport. Nell’edizione del 14 maggio, Marco Bonetto ha spiegato a modo suo quale sia lo scenario in cui si muoverà il Torino in questo finale di campionato. Roba pulp. Leggete un po’: “Un mese di vita è il massimo che si può augurare a questo Torino ballerino, visto a quanti fili è appeso: come un burattino con un ghigno dettato dall’incoscienza, o dal terrore. Non c’è parte del corpo del Toro che non abbia un destino a rischio”. E, nel caso in cui i granata non dovessero raggiungere i play off, abbiamo una vaga idea su quale parte di corpo del Torino possa essere fatta oggetto di flagellazione.

serietà. De Canio con 5 anni di contratto è una novità sorprendente, alla Ferguson del Salento. Evidentemente almeno per ora la cosa paga e premia. Mentre affligge e castiga la Sampdoria, in caduta libera dalla cassanata fatta a Garrone in poi, l’aver perso prima la trebisonda e poi l’allenatore (scrissi qui due mesi fa che Cavasin era perfetto, sì, ma purtroppo già per la B), come in parecchi han fatto anche in questa stagione quasi sempre sbagliando bersaglio. Cumuli di errori sotto cumuli di denaro in macerie amministrative e poco spettacolo e punta sportività: bilancio di un anno, arrotondato… RIMANGONO immagini di talento individuale (indimenticabile il gol di Stankovic allo Shalke 04, ma buono più per Youtube che per la qualificazione), poche partite davvero divertenti, il merito della Lazio di non aver comunque mollato mai, il demerito della Juventus di aver mollato troppo spesso (non basta il denaro per vincere), le cassanate di Zamparini con gli allenatori, le zamparinate di Cassano con i presidenti, nessuna autentica sperimentazione di giocatori in campo. Faccio un esempio per tutti: D’Agostino, vivaio Roma, ha vagolato come trequartista mancino fino a trovare soddisfazione e Nazionale da regista centrale basso, possedendone tutte le caratteristiche tecnico-tattico-atletico-morfologiche. Quest’anno i geni della panchina lo hanno di nuovo rimescolato. Ho fatto un nome. Ogni allenatore potrebbe farne almeno tre in questo senso per la propria squadra, ma non c’è mai il tempo di sperimentare nulla e Bernardini che trasformava Sabadini in terzino da ala è roba medievale. Peggio per loro, peggio per noi. Molto diverso è lo sport su due ruote senza motore che non sia il doping (speriamo di no, ma non siamo Muzio Scevola) in giro per l’Italia. C’è un solo campione riconoscibile, Contador e quello per ora vince. Ancora più individuale è ovviamente il tennis, che media tra lo sport (il ciclismo) e il gioco (con la palla) vestendo i panni dell’uno contro uno, quindi teatralmente della scherma o della boxe ludica. Qualcosa l’abbiamo visto anche a Roma, agli Internazionali, con un serbo mammasantissima molto più gasato del plurivincitore Nadal. Djokovic è un barbaro intelligente, così come la Sharapova riesce a imbiondire il tennis. Italiani, brava gente lontana dalle classifiche, italiane degne di miglior causa. Ah, Pietrangeli e Panatta...


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Martedì 17 maggio 2011

SECONDO TEMPO

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IL PEGGIO DELLA DIRETTA

TELE COMANDO TG PAPI

ché fermarsi a Milano è come suicidarsi in diretta. Daniela Calastri era con Casini. Nemmeno lei riesce però a fargli dire: mai con Berlusconi. Ma neanche: mai con Pisapia.

Minzolini non si rassegna T di Paolo Ojetti

g1 T Nel dibattito pomeridiano che ha preceduto il Tg1 della sera, era ospite Minzolini. Giorgino, alla guida, lo ha leccato come si fa con un gelato, ma l’analisi del direttorissimo era così pasticciata che persino lui ne ha perduto il filo. Tanto aveva solo una stella polare: non dire mai che, girala come ti pare, Berlusconi aveva preso una musata gigantesca. Glielo ha dovuto ricordare Stefano Folli, lì accanto, che ha avuto pietà della Moratti, sino ad allora bersagliata come una Santa Sebastiana. Ma, mentre moriva il dibattito ed era appena iniziato il Tg1, il telespettatore meno narcotizzato si sarà chiesto: ma dove sono la Santanchè, la Brambilla e gli altri pasdaran geniali che il Tg1 ci ha ammannito in tutti questi mesi? Dov’è il Caimano? Domande inevase

mentre – qui si tocca il fondo della disonestà informativa – Maria Soave (l’ordine della Chimenti è secco: “Maria, aggiornaci!”) leggeva i dati catastrofici di Milano senza l’appoggio del cartello esplicativo. Milano appestata e traditrice, ti cancello. g2 T La seconda rete è rimasta vergine, senza dibattiti e analisi pomeridiane. A fine serata, il Tg2 ha tirato le somme e il risultato per Berlusconi è andato peggiorando. Da Milano, Paola Colombo avverte che i numeri “veri” dicono che Pisapia è sopra il 48 per cento, la Moratti “non c’è, ma segue i risultati da casa sua, che è qui vicino”. Ci sono gli eufemismi politici: “A Torino, Fassino è in netto vantaggio”, modo sfuggente per non dire “Fassino è sindaco”. Si rivede, dopo un lungo oblio, Denis Verdini che “amplia” il discorso per-

g3 E si arriva all’appuntamento canonico del telegiornale alla fine di una giornata di dibattito non stop, dove Bianca Berlinguer ha mostrato una resistenza da Guinness dei primati. L’inizio è stato – ovvio – per la “sorpresa” di Milano, sorpresa ancora più grossa con i primi dati dello spoglio: Pisapia al 48 per cento contro la Moratti al 41. Berlusconi aveva chiesto un plebiscito, ha avuto un siluro. Pierluca Terzulli ha cercato di mettere ordine alla giornata per poi proiettarsi in avanti: cosa farà la Lega che, alleata con Berlusconi, perde consensi? E cosa farà il Pd a Napoli, sorpassato da un candidato “radicale” come De Magistris? E il senso dei “grillini”? Una spigolatura nel dibattito pomeridiano. Quando la leghista Carolina Lussana ha detto che Pisapia vuole “riempire Milano di moschee”, La Russa l’ha guardata come ci si guardano le scarpe dopo aver pestato una cacca. E, forse, ha capito i profondi perché di una sconfitta.

di Fulvio

Pupi irreali Abbate

i tempi miei (parla un ulAretorica tracinquantenne privo di sull’infanzia) il massimo di vetrina consentita a un bambino erano gli annunci dell’Intrepido, dove c’era modo di intravedere, nel migliore dei casi, come sogno il ciondolo dell’Uomo mascherato. In subordine si poteva aspirare al banco con sedile, lavagnetta e pallottoliere annessi. Quanto invece alla torta, era quasi sempre la cosiddetta “Cortina”, scaglie di cioccolato bianco su pan di Spagna. Ai signori del servizio pubblico, ragionando di televisione, sempre allora, mai sarebbe venuto in mente di dedicare una rubrica fissa alle mode, ai modi e alle fisse dei bambini. A quel tempo infatti si diventava stronzetti, e in prospettiva direttamente stronzi, senza troppi suggerimenti, senza catalogo annesso, in fatto di merci e di benefit. Molto deve essere cambiato da allora se un canale come Easy baby (al 137 della piattaforma Sky) può consentirsi un format intitolato “Prêt à bébè”. Sorta, appunto, di catalogo completo per una assolutamente contemporanea conquista della palma del più stronzetto.

Stronzetto con gusto, ovviamente. Con una bella cameretta spalmata di tinte pastello: dal verde menta all’arancio improbabile, dall’azzurro polvere a un nuovo verde che suggerisce il vomito di kiwi. Anche l’abbigliamento pretende la sua parte in un simile format: ed eccoli i mini-stronzi e le mini-stronze lì in passerella, abbondantemente fonati come si conviene a tanti piccoli top-model, tutti pronti a riprodurre, sia pure in scala N, cioè ridotta, la cerimonia della moda degli adulti. Ora, nessuno di noi è così ingenuo da immaginare che il mondo dei bimbi debba restar fuori dal catalogo delle merci indotte, ciononostante la visione del format appena citato una certa inquietudine la suggerisce comunque. Mettendo da parte ogni considerazione sul degrado antropologico, che investe i più piccoli (è di un amico perspicace la battuta: “Cosa vedi in fondo al tunnel? Io ci vedo San Patrignano, tu no?”). Resta comunque fissa nelle pupille l’impressione di un’autentica irrealtà. Un’irrealtà Un’immagine da “Prêt à bébè, trasmissione del canale Sky “Easy baby”

che comincia dagli stessi oggetti che dovrebbero formare il corredo del bambino. Se è vero che i bambini hanno il dovere dell’innocenza, e dunque i genitori dovrebbero fin da subito far di tutto per non farli sentire aspiranti precari, “Prêt à bébè”, perfino quando mostra una semplice imbottitura per culla, fa pensare a un qualcosa di bugiardo, a un mondo, anzi, a una cameretta del tutto artificiale dove l’apparente cura del dettaglio rassicurante fa supporre l’arrivo di una specie carnivora di Gremlins davvero implacabili. Alla fine, mentre scorrono i titoli di coda, allo spettatore maturo di un simile postal-market fiorisce in petto una domanda sul tema generale dell’infanzia e dei suoi accessori domestici, dal vasino al triciclo, dal biberon al bicchiere infrangibile: “Dove sono finite le belle e rassicuranti carte da parati di una volta sulle quali campeggiavano minuscoli gli stessi struggenti sciatorini impressi perfino sulla flanella del pigiama?” La fabbrica degli stronzetti, ci sembra di capire, funziona a pieno regime, ma soprattutto non ha bisogno di parole sussurrate, già, meglio ululare i doveri della moda.

LA TV DI OGGI 11.00 NOTIZIARIO TG1 11.05 ATTUALITÀ Occhio alla spesa 12.00 VARIETÀ La prova del cuoco 13.30 NOTIZIARIO TG1 14.00 NOTIZIARIO TG1 Economia - TG1 Focus 14.10 ATTUALITÀ Se... a casa di Paola 16.10 ATTUALITÀ La vita in diretta 18.50 GIOCO L'eredità 20.00 NOTIZIARIO TG1 20.30 ATTUALITÀ Qui Radio Londra 20.35 EVENTO SPORTIVO Calcio, Coppa Italia: Tim Cup 2010/2011 Semifinale, gara di ritorno Palermo - Milan (DIRETTA) 23.10 ATTUALITÀ Porta a Porta 0.45 NOTIZIARIO TG1 Notte - TG1 Focus - Che tempo fa 1.20 ATTUALITÀ Qui Radio Londra

14.00 ATTUALITÀ Pomeriggio sul Due 16.10 TELEFILM La signora in giallo 17.00 TELEFILM Top Secret 17.45 NOTIZIARIO TG2 Flash L.I.S. 17.50 NOTIZIARIO SPORTIVO Rai TG Sport 18.15 NOTIZIARIO TG2 18.45 TALK SHOW Maurizio Costanzo Talk 19.30 TELEFILM Squadra Speciale Cobra 11 20.25 Estrazioni del Lotto 20.30 NOTIZIARIO TG2 20.30 21.05 VARIETÀ I Love Italy 23.10 NOTIZIARIO TG2 23.25 VARIETÀ Lotto per amore 0.50 ATTUALITÀ TG Parlamento 0.55 TELEFILM In Justice 1.35 PREVISIONI DEL TEMPO Meteo 2 1.40 RUBRICA Appuntamento al cinema

14.00 NOTIZIARIO TG Regione - TG3 - Meteo 3 14.50 RUBRICA TGR Leonardo - TG3 L.I.S. 15.05 SPECIALE Tribune Elezioni Amministrative 15.45 EVENTO SPORTIVO Ciclismo, 94º Giro d'Italia 4a tappa: Genova Quarto dei Mille - Livorno, 216 Km (DIRETTA) 18.05 DOCUMENTARIO Aspettando Geo & Geo 18.20 DOCUMENTARIO Geo & Geo 19.00 NOTIZIARIO TG3 TG Regione - Meteo 20.00 VARIETÀ Blob 20.10 TELEFILM Cotti e mangiati 20.35 SOAP OPERA Un posto al sole 21.05 ATTUALITÀ Ballarò 23.15 VARIETÀ Parla con me 0.00 ATTUALITÀ TG3 Linea notte 1.00 RUBRICA Appuntamento al cinema

19.30 NOTIZIARIO TG3 (REPLICA) 20.00 RUBRICA Il caffé Noi e loro (REPLICA) 20.30 RUBRICA Consumi e consumi 20.57 NOTIZIARIO Agrimeteo 21.00 NOTIZIARIO News lunghe da 24 21.27 PREVISIONI DEL TEMPO Meteo 21.30 RUBRICA Tempi dispari 22.30 NOTIZIARIO News lunghe da 24 22.57 PREVISIONI DEL TEMPO Meteo 23.00 RUBRICA Il punto 23.27 PREVISIONI DEL TEMPO Meteo 23.30 NOTIZIARIO News brevi 23.33 ATTUALITÀ Inchiesta 23.57 PREVISIONI DEL TEMPO Meteo 0.00 NOTIZIARIO News lunghe da 24

/ RocknRolla

/ Fast & Furious - Solo parti originali Corse mozzafiato e adrenaliniche, auto super accessoriate sulle strade del deserto messicano: Vin Diesel, Dominic Toretto, e Paul Walker, Brian O’Connor, tornano sullo schermo per una nuova ed eccitante avventura. Dominic Toretto lavora in un’officina, mentre Brian O’Connor è un infiltrato dell’FBI, con il compito di sventare una banda di trafficanti di droga capeggiati dal malavitoso Braga...

Italia 1 21,10

Italia 1 23,20

12.25 NOTIZIARIO Studio Aperto - Meteo - Studio Sport 13.40 CARTONI ANIMATI I Simpson 14.35 TELEFILM E alla fine arriva mamma! 15.05 SIT COM Camera Cafè 15.45 SIT COM Camera Cafè Ristretto 15.55 TELEFILM Zack e Cody sul ponte di comando 16.45 TELEFILM Zeke e Luther 17.50 SIT COM Love Bugs 18.30 NOTIZIARIO Studio Aperto - Meteo 19.00 NOTIZIARIO SPORTIVO Studio Sport 19.30 TELEFILM C.S.I. Miami 20.30 GIOCO Trasformat 21.10 FILM Fast & Furious - Solo parti originali 23.20 FILM RocknRolla 1.30 RUBRICA SPORTIVA Poker1mania 2.20 NOTIZIARIO Studio Aperto - La Giornata

11.30 NOTIZIARIO TG4 Meteo - Vie d'Italia notizie sul traffico 12.00 TELEFILM Wolff Un poliziotto a Berlino 13.00 TELEFILM Distretto di Polizia 9 13.50 REAL TV Sessione pomeridiana: il tribunale di Forum 15.10 TELEFILM Finalmente arriva Kalle 16.15 SOAP OPERA Sentieri 16.55 FILM Lo sperone insanguinato 18.55 NOTIZIARIO TG4 Meteo 19.35 SOAP OPERA Tempesta d'amore 20.30 TELEFILM Walker Texas Ranger 21.10 FILM Lo chiamavano Trinità 23.30 RUBRICA I bellissimi di R4 23.35 FILM Space Cowboys 2.10 FILM L'innocente

11.25 DOCUMENTARIO How Does That Work 11.35 DOCUMENTARIO Atlantide - Storie di uomini e di mondi 13.30 NOTIZIARIO TG La7 13.55 FILM Tobruk 15.55 TELEFILM Chiamata d'emergenza 16.30 TELEFILM J.A.G. Avvocati in divisa 18.35 REAL TV Cuochi e fiamme 19.40 VARIETÀ G' Day 20.00 NOTIZIARIO TG La7 20.30 ATTUALITÀ Otto e mezzo 21.10 TELEFILM Crossing Jordan 23.50 REAL TV Le vite degli altri 0.50 NOTIZIARIO TG La7 1.05 ATTUALITÀ Otto e mezzo (REPLICA) 1.45 VARIETÀ G' Day (REPLICA) 2.20 DOCUMENTI La7 Colors

PROGRAMMIDA NON PERDERE

TRAME DEI FILM Film d'azione che trascina lo spettatore nel mondo criminale e dei bassifondi della Londra contemporanea, dove il mercato immobiliare è diventato il business più importante, anche più di quello della droga. Ma chiunque voglia entrare in questo mercato, dal piccolo malvivente One Two, al misterioso miliardario russo Uri Obomavich, deve fare i conti con un solo uomo: Lenny Cole...

11.00 REAL TV Forum 13.00 NOTIZIARIO TG5 Meteo 5 13.40 SOAP Beautiful 14.10 SOAP CentoVetrine 14.45 TALK SHOW Uomini e Donne 16.15 ATTUALITÀ Pomeriggio Cinque 18.50 GIOCO Chi vuol essere milionario 20.00 NOTIZIARIO TG5 Meteo 5 20.30 ATTUALITÀ Striscia la Notizia - La voce dell'improvvidenza 21.10 TELEFILM R.I.S. Roma 2 - Delitti imperfetti "Ti amo tanto" "Porcellini d'india" 23.45 ATTUALITÀ Matrix 1.30 NOTIZIARIO TG5 Notte - Meteo 5 Notte 2.00 ATTUALITÀ Striscia la Notizia - La voce dell'improvvidenza (REPLICA) 2.20 TELEFILM In tribunale con Lynn

/ Collateral Vincent è un killer professionista spietato, un uomo senza scrupoli pronto a qualunque cosa pur di raggiungere i propri obiettivi e deve assolvere a un incarico: assassinare in una sola notte sei testimoni in un processo contro dei potenti narcotrafficanti. Per compiere la sua missione sequestra l’ignaro tassista Max che si ritrova ad accompagnare il killer omicidio dopo omicidio. Le cose però non vanno come dovrebbero.

Rai 2 23,25

I Love Italy

Le vite degli altri

Anche questa settimana a sfidarsi saranno due squadre composte da quattro personaggi ciascuna, appartenenti al mondo dello spettacolo e della musica, e divisi per provenienza geografica: il Nord contro il Sud. Per il Nord ci saranno Elisa Isoardi, Aldo Montano, Carmen Russo e Gianfranco Vissani.A rappresentare il Sud, invece, Valeria Marini, Cristiano Malgioglio, Antonella Mosetti e Massimiliano Rosolino.

Angela Rafanelli, conduce “Le vite degli altri”per raccontare vite particolari, calandosi in prima persona nelle loro realtà, vivendo al massimo quelle vite e mostrando, per la prima volta, immagini molto forti. Questa settimana ha seguito l’addestramento di una compagnia in partenza per l’Afghanistan, cercando di capire le motivazioni delle molte donne che decidono di intraprendere questa carriera.

Rai 2 21,05

Parla con me Serena Dandini ospiterà sul suo famoso divano rosso nella puntata odierna di “Parla con me” il giornalista e scrittore Giovanni Bianconi, già redattore della Stampa e ora inviato del Corriere della Sera, nelle librerie in questi ultimi giorni con “Il brigatista e l’operaio”. Non mancherà Dario Vergassola con la sua pungente ironia, mentre la musica per questa sera sarà affidata alla band Virginiana Miller.

Rai 3 23,15

La7 23,50


Martedì 17 maggio 2011

pagina 21

SECONDO TEMPO

MONDO

WEB

ERDOGAN: “FACEBOOK ORRENDO”

Turchia: Rete con filtro cittadini sono scesi Ttà rentamila in piazza domenica in varie citdella Turchia per protestare contro la decisione del governo di Istambul di “filtrare” Internet. Secondo una disposizione dell’autorità per le Tecnologie della comunicazione e l’informazione turche (B.T.K.) dal prossimo 22 agosto i provider locali devono offrire ai navigatori quattro opzioni per collegarsi al web: “Bambini”, “famiglia”, “locale”, “standard”. La motivazione ufficiale è di fare in modo che i più piccoli non finiscano su siti pornografici ma, dalla società civile e dell’opposizione, si denuncia un esplicito tentativo di censura: in Turchia già adesso (e si teme ancor di più in futuro pur scegliendo il filtro “standard”) migliaia di siti sono bloccati senza motivazioni ufficiali, e anche YouTube, dove era stato pubblicato un video ritenuto offensivo nei confronti del padre della nazione Atatürk – l’insulto al generale è considerato un crimine – è stato bloccato per due anni fino alla rimozione del video incriminato. Il governo appare

SCF=Cinema Family SCC=Cinema Comedy SCM=Cinema Max

19.05 Prince of Persia SC1 Le sabbie del tempo 19.15 Ghost Town SCP 19.20 Il ritorno del Monnezza SCC 19.20 Doppia ipotesi per un delitto SCM 19.20 Astro Boy SCF 19.30 SDF - Street Dance Fighters SCH 21.00 The opposite of sex L'esatto contrario del sesso SCC 21.00 Veronica Guerin SCP 21.00 Prima tv Biker Girls SCM 21.00 Mystery, Alaska SCF 21.10 Il collezionista di ossa SCH 21.10 Ti amo in tutte le lingue del mondo SC1 22.40 Il Tesoro Perduto SCM 22.45 Baciami ancora SCP 22.50 Cado dalle nubi SCC 22.55 Il paradiso all'improvviso SC1 23.05 Bandslam SCF 23.10 2012 - Supernova SCH 0.15 La linea SCM 0.35 Una pazza giornata di vacanza SCC

SP1=Sport 1 SP2=Sport 2 SP3=Sport 3

18.30 Calcio, Liga 2010/2011 Villarreal - Real Madrid (Replica) SP3 19.00 Wrestling, WWE SP2 Experience Episodio 46 20.00 Wrestling WWE Domestic Raw Episodio 47 SP2 20.00 Calcio, Serie A 2010/2011 Anticipo 18a giornata ritorno Milan - Cagliari (Sintesi) SP1 20.45 Calcio, Premier League 2010/2011 Manchester City Stoke City (Diretta) SP1 21.00 Golf, PGA European Tour 2011 Iberdola Open (Rep.) SP3 22.00 Basket, NBA 2010/2011 (Replica) SP2 23.00 Calcio, Premier League 2010/2011 Liverpool - Tottenham Hotspur (Replica) SP3 23.00 Calcio, FA Cup 2010/2011 Finale Manchester City - Stoke City (Replica) SP1 0.45 Calcio, Serie A 2010/2011 (Replica) SP3 1.00 Poker, SNAI Poker Main Episodio 3 SP2

RADIO A “Radio3 Scienza” il gigante addormentato Per ora continua a fare da sfondo alle cartoline del golfo di Napoli. Ma un giorno il Vesuvio potrebbe ridestarsi, e nessuno sa con certezza quanto brusco sarà il risveglio. Dobbiamo adeguare i piani di prevenzione agli scenari peggiori, sostengono alcuni ricercatori. Meglio ragionare in termini di probabilità degli eventi, ribattono altri. Sentiamo cosa ne pensano Giuseppe Mastrolorenzo, vulcanologo dell’Osservatorio vesuviano - Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia di Napoli, e Warner Marzocchi, dirigente di ricerca dell'Ingv di Roma. Al microfono Marco Motta. La musica di oggi è Novelletta in Si Min (da op. 11) di Nikolai Rimsky Korsakov, eseguita da Marie Claude Werchowska.

Radiotre 11,00

Questa, Bersani, l’ha imbroccata davvero. Il segretario Pd, dopo che a Bologna un gruppo di militanti gli ha regalato delle magliette con frasi tipo: “Oh ragazzi, ma siam pazzi? Siam mica qui a fare il solletico alle formiche?”, ha fatto suo la parodia-tormentone di Maurizio Crozza e ha lanciato un di Federico Mello referendum sui social network: qual è la miglior battuta avente per tema “siam pazzi”? Gli utenti Twitter hanno scatenato un putiferio, tutto da ridere: “Siam pazzi? Siam mica qui a tagliare i bordi ai toast”; o anche “Siam mica qua ad innaffiare le alghe”, e ancora: “ Non siam è SOCIAL MEDIA REPORTING mica qui a raccogliere i petali delle rose per far la LA LUNGA GIORNATA ELETTORALE DEL WEB frittata!”. Tanto il successo che a un certo punto La giornata elettorale raccontata dal web, un militante ha chiesto al segretario: “ Incredibile è aggregando la cascata di contenuti provenienti anche più simpatico del solito... perché quando dalla rete di candidati, attivisti e cittadini. È parla ai tiggì non fa finta di twittare?”. l’esperimento del sito amministrative2011.140nn.com. I risultati sono stati seguiti con una diretta non-stop e collegamenti con le città al voto, mentre il flusso inesauribile di “tweets” sulle elezioni riempiva l’home page. L’hanno fatta da padrone, ovviamente, i fan di Pisapia. Con messaggi come questo: “Strauss-Kahn ha un alibi di ferro: all’ora dello stupro ero a votare per Pisapia”. (Tom. Rod.)

feedback$ Commenti al post su ilFattoQuotidiano.it: “Pisapia: ‘Milano merita il cambiamento e noi cambieremo Milano’”. è LA LEGA tace: il silenzio degli ignoranti! JoeJoe è I HAVE a dream: Santanchè, Cicchitto, La Russa e Gasparri stasera a Porta a Porta. Master_ è RAGAZZI, tanta modestia prima di tutto, e poi concreti negli approcci con gli avversari. Bisogna isolare solo il sultano. Homo Italicus è ANCHE i Neanderthal leghisti col 10 per cento non se la grugniscono mica tanto bene. Arcibaldo è IL PICCOLO cuneo del movimento ispirato dal Buon Beppe, genera clamore... ed in una era mediatica, ha una sua rilevanza. Edededed è ANCHE quando i problemi sono tanti conviene sempre affrontarli e risolverli uno alla volta. Per il momento mi accontento di vedere Capezzone con quella ghigna lì: e non è poco! JoeJoe

Tre momenti delle manifestazione turche (da ntvmsnbc.com); Bersani con Merola e i militanti che gli hanno regalato le magliette

LO SPORT

I FILM SC1=Cinema 1 SCH=Cinema Hits SCP=Cinema Passion

determinato: afferma – non dicendo la verità – che anche in Usa, Gran Bretagna, Germania e Austria la rete è filtrata, mentre il primo ministro Erdogan, conservatore e leader del partito islamico-moderato Akp, definisce Facebook “una tecnologia cattiva” e i social network “ripugnanti e orrendi” (lui che sul sito blu conta 770 mila fan). Proprio su Facebook si sono organizzati i cittadini scesi in piazza per dire “no” al filtraggio indiscriminato. Hanno scandito slogan come “Non toccate la mia Rete” e “Internet è nostra e rimarrà del popolo”. Il partito di opposizione socialdemocratico sostiene che il regolamento è “la dichiarazione di morte di Internet in Turchia” e la stampa fa paralleli con le censure di Cina, Corea del Nord e Iran. In Turchia si vota il prossimo 12 giugno: Erdogan è dato per favorito. Ma sulla censura ad Internet in un paese che vuole entrare nell’Unione, l’Europa avrebbe il dovere di far sentire la sua voce. f.mello@ilfattoquotidiano.it

è “SIAM PAZZI” DIVENTA UN TORMENTONE TAM TAM SU TWITTER PER BERSANI IN STILE CROZZA

ISOLA DEI CASSINTEGRATI TACCONI LATINA: “STUDIO MENTRE PRESIDIO”

“Dice, senza un’istruzione non si va da nessuna parte, ma qui ci sono persone che hanno solo la terza media. Non hanno studiato perché da giovani dovevano lavorare e io, dopo 20 anni in fabbrica, sono tornata all’università”. A parlare è Rosa Giancola, leader delle operaie Tacconi di Latina, da 3 anni in cassintegrazione, 3 mesi senza stipendio e 115 giorni di presidio in fabbrica. A febbraio aveva parlato su Annozero, Rosa, perché erano state appena licenziate. La Tacconi, che produceva vestiario militare, nacque dalla cassa del mezzogiorno, ed è un tipico esempio di strategia italiana per lo sviluppo del sud: prendi i soldi e, dopo qualche anno, scappa. A Latina il ricorso alla cassa integrazione è raddoppiato nel 2010, e oltre la Tacconi chiude anche la Fulgorcavi, l’acciaeria narrata nei libri di Pennacchi. Proprio il vincitore del Premio Strega ha dato vita al nuovo esperimento politico nella città di Mussolini, il fasciocomunismo. Latina specchio del paese: operai in presidio e politica lontani anni luce, a rimacinare ideologie. Ma Rosa rimane coi piedi per terra: “Non siamo veline, né escort. Quanto vale il lavoro di una donna? Anche Ruby un domani dovrà lavorare nel paese reale, a 1.000 euro al mese”. E sul futuro della fabbrica: “Potremo è IL PRESTITO È DIGITALE essere progetto LA BIBLIOTECA VIRTUALE DEGLI EBOOK pilota per il I contenuti digitali sbarcano anche in fotovoltaico, coi biblioteca. Media Library on Line, pannelli sul medialibrary.it è la prima piattaforma di è PSN DI SONY TORNA ATTIVO capannone”. Parole prestito digitale per le biblioteche italiane. MA NON IN GIAPPONE di operaia, non certo Mlol consente l’utilizzo dei portali Alla fine è tornato online il di politico. bibliotecari direttamente da casa, oltre che Playstation Network di Sony, a quasi (di Michele Azzu) dalle postazioni Internet presenti nelle un mese dall’attacco hacker che biblioteche che hanno aderito al progetto: aveva costretto la multinazionale a registrandosi tramite la tessera d’iscrizione sospendere del tutto le operazioni, in alla biblioteca, ci si può connettere seguito al furto dei dati personali di decine di milioni di gratuitamente alla piattaforma e accedere ai utenti. Il servizio è accessibile da domenica in tutto il contenuti digitali. Per il “prestito digitale”, in mondo, tranne che in Giappone. La Sony ha annunciato base al contenuto, si potrà effetture lo anche il ripristino graduale del servizio Qriocity, che streaming o il download a tempo: l’utente permette di noleggiare musica e film, e della piattaforma di può rimanere collegato alla rete (l’eBook giochi Sony Online Entertainment. Sony ha distribuito un sarà disponibile per 15 giorni) oppure, per aggiornamento software di sicurezza per la Playstation 3, alcuni edizioni, potrà scaricare il contenuto e che richiede il cambio di password al primo accesso. Il Psn, consultarlo quando gli fa più comodo. La invece, non è ripartito in Giappone: le autorità nipponiche piattaforma raccoglie 50mila oggetti digitali si sono rifiutate di dare il via libera finché non verranno che diventeranno circa 200mila entro date sufficienti garanzie sulla sicurezza del network. l’estate: 50mila e-book, 115mila album musicali, 1.500 quotidiani, 1.500 audiolibri, 3.500 video, 120 banche dati, 180 learning object. Davvero niente male.

è PURTROPPO ottimi i risultati dei Cinque Stelle a Milano, al ballottaggio la loro astensione certa rischia di far vincere la Moratti. Ascia è SPERO proprio che certi “tafazzisti” si rendano conto che è finito il momento di fare regali a Silvio!!!!!!!!!! Antonio99 è MA “purtroppo” cosa? Io sono un elettore del Movimento 5 Stelle e di certo non tolgo voti al PD (partito che non ho mai votato in vita mia). In passato ho sempre votato a destra, quindi se c’è qualcuno che si deve preoccupare, quel qualcuno non è certo Pisapia. Daniglue è FINALMENTE una bella notizia. Adesso speriamo che i Milanesi dimostrino saggezza come hanno fatto i Pugliesi con Vendola. Nigretti Agostino è NUBI grigie sopra l’Harem del sultano... estremamente ed **assolutamente** grigie. Edededed è SIVLIO griderà ai brogli, i suoi sondaggisti davano la moratti al 60% :-) Niko è PAGHEREI anche 10 euri per vedere in streaming la faccia di B in questo momento. Raferro è SE A Milano si va al ballottaggio dovremmo aspettarci qualche coup de théatre dal Bossi. Peterdem è DUE elementi sono certi: la sconfitta del nano che ha radicalizzato la campagna e l’affermazione del movimento a Cinque Stelle. Ed è foriero di cattive notizie per Il Pdl anche il silenzio degli alleati. Gio57


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Martedì 17 maggio 2011

SECONDO TEMPO

PIAZZA GRANDE Il bidet e il numero 2 del mondo di Lidia

Ravera

are che gli uomini pensino al sesso ogni 54 secondi (o ogni 7, o 18 volte al giorno, diversi studi danno diversi responsi). Non è rassicurante ma, per fortuna, non sempre al pensiero corrisponde l’atto. Il che consente alle ragazze di non essere sdraiate e penetrate per strada, in coda alla posta, in ufficio. Questo, naturalmente, per quanto riguarda gli uomini normali. Per gli uomini speciali, fra il pensare e il fare, si frappone ben poco. Non un imbarazzo, non una richiesta, non una parola. Esci arrapato dal bagno, passa di lì una femmina della specie e ti servi del suo corpo. Come se fosse roba tua. Se sei il numero uno del Fondo Monetario Internazionale, e quindi il numero due del mondo, hai la matematica certezza che scaricherai quella ostinata eccedenza di libido, rapidamente e senza costi aggiuntivi. Se, poi, tu sei il numero due del mondo e lei è una cameriera, la distanza tra voi è tale che una reazione di rifiuto, una qualsiasi forma di resistenza è inimmaginabile. Tu sei un uomo e lei è una funzione. Un orinale, un vibratore, un bidet. Oggetti utili sul momento, ma non certo dotati di vita propria.

P

COME È POSSIBILE che un orinale si ribelli, si sarà chiesto Dominique Strauss-Kahn, prima di darsi alla fuga. Se fosse stato in Italia, quasi certamente l’avrebbe fatta franca. Da noi la parola di una cameriera, per giunta di colore, pesa come una piuma, se sull’altro piatto della bilancia, c’è un uomo di potere. L’aggressività sessuale del maschio alfa è sempre stata trattata con riguardo, spesso con implicita ammirazione. L’abbiamo visto con il nostro sciupafemmine nazionale: non riesce a prender sonno se non si è paccato le sue venti ragazzine, quelli della sua età si fanno una camomilla, lui, a quanto pare, una minorenne, sapete com’è… è discolo, è vivace, è virile! E chi non è d’accordo è moralista. Sì, probabilmente è così. Io lo sono, per esempio, moralista. Infatti penso ogni bene della polizia degli Stati Uniti, bacchettona e puritana, che ha tirato il signor “numero due” giù dal piedestallo del suo privilegio, per l’occasione la prima classe del primo volo per Parigi (sul quale ha diritto di salire anche senza prenotazione, anche con la fretta del fuggitivo), e l’ha rinchiuso in attesa di un processo rapidissimo e, presumibilmente, implacabile. Senza legittimi impedimenti. Senza trattamenti particolari. Perché la violenza sessuale è un reato grave, anche se il violentatore è prossimo a diventare presidente di una Repubblica e la violentata si guadagna da vivere pulendo dove lui ha sporcato. Non è il primo, Dominique, a perdersi,

Strauss-Kahn accusato di aver violentato una cameriera: la distanza tra loro è tale che una reazione di rifiuto, una qualsiasi forma di resistenza, gli deve essere parsa inimmaginabile per assenza di freni inibitori, un presente sontuoso e uno splendido futuro. Come lui, anche se meno bestiali nella consumazione dell’atto, Katsav, ottavo presidente d’Israele e John Edwards, candidato alle primarie Usa. Spitzer, governatore dello Stato di New York e Clinton, presidente in carica ricattato da una stagista. Il potere logora chi non ce l’ha, come diceva l’irreprensibile Andreotti ma, evidentemente, e sempre più spesso, trasforma chi ce l’ha in uno sciocco. E, magico effetto collaterale della caduta delle ideologie, senza distinzioni fra destra e sinistra, fra Democratici e Repubblicani.

de. E dubitare. Evidentemente, se sei al top della carriera, ti tocca anche questo fringe-benefit non indifferente, l’impunità coniugale.

gia. Neppure per quel minimo di decenza femminista che suggerirebbe, alla moglie di uno stupratore, di mettersi, per un attimo, dalla parte della stuprata, e non soltanto da quello del coniuge. O, quantomeno, di prendere in considerazione l’ipotesi, di non negare l’evidenza, come ha fatto la signora Sinclair, maritata Strauss-Kahn. “Non presto fede un solo secondo”, ha sommessamente esternato, “non dubito…”. Invece avrebbe dovuto. Prestare fe-

LE SIGNORE che sentono avvicinarsi la pregiata poltrona di first lady, se il marito non si comporta da signore, chiudono un occhio. Ad eccezione di Veronica, che ha scaricato il suo lord-puttaniere, descrivendolo per quello che è, un malato, incurante di eventuali esiti nefasti su un ipotetico insediamento della coppia al Quirinale. L’ha fatto perché non ne poteva più, povera donna. Ma, conoscendo la maggioranza degli italiani, non è detto che, sputtanandolo, gli abbia fatto perdere il posto. Qui non ce n’è abbastanza di puritani. Purtroppo.

Il ministro degli Esteri, Franco Frattini (FOTO LAPRESSE)

L’INCAUTO Dominique, per esempio, era socialista. Dormiva in una “stanza” da 3.000 euro per notte, ha trattato una lavoratrice come una schiava, ma era socialista. Verrebbe da rimpiangerle, le belle distinzioni d’una volta. Sarai frugale, sarai solidale, timorato e probo, perché bisogna guadagnarselo anche un po’ in terra, il sol dell’avvenir. Magari sacrificando la soddisfazione immediata di qualche capriccio fallico. No, no, la smetto subito. Non cederò alla nostal-

Noi&LORO

É

di Maurizio Chierici

FATWA CONTRO IL VESCOVO Q

uando il ministro Frattini è apparso in tv per far sapere che il vescovo di Tripoli lo aveva informato di Gheddafi in fuga, sconvolto e ferito dai bombardieri della pace, ho pensato alla caricatura trasandata di un comico travestito da ministro. Per strappare un sorriso a noi distratti stava scherzando con la vita di monsignor Innocenzo Martinelli. È la voce della Chiesa nella capitale presidiata da mercenari musulmani non diversi, per garbo, ai mercenari cristiani. Hanno ascoltato in Tv come Bin Laden sia stato ucciso senza neanche fargli dire “vi racconto un po’ di cose”, e la rabbia delle loro minacce impensierisce la nostra civiltà. Rabbia trasformata nel delirio della fatwa lanciata dall’imam sopravvissuto al massacro di undici confratelli: pretende la vendetta di mille morti italiani, francesi, inglesi (insomma noi che sganciamo missili) per ogni religioso bruciato dall’obbedienza dei piloti agli ordini superiori. Contro il vescovo non c’è bisogno di tramare agguati. È lì, a portata di mano, monsignore italiano abbandonato in un posto dove l’ambasciata italiana non c’è più. A cuor leggero il ministro (era proprio la cravatta del ministro) gli mette in bocca una notizia che esaspera la tracotanza delle bande al soldo dal raìs, aggiungendo compiaciuto “la pressione internazionale sta disgregando il regime”. Insomma, ci stiamo comportando bene. Qualsiasi cronista alle prime armi impara subito a proteggere l’identità di chi passa informazioni pericolose: nessuno se la sente di giocare con la sopravvivenza delle persone che non sopportano gli intrighi delle mafie e delle guerre. Eppure il politico custode della riservatezza dell’alta diplomazia, sbrodola per rassicurare la Lega arrabbiata per gli sbarchi a Lampedusa: stiamo finendo il lavoro prima del mese promesso. Per favore, restate con noi. Martinelli si arrabbia: mai detto niente di simile. Radio Vaticana e mondo cattolico rimbeccano l’invenzione irresponsabile. Pare che il ministro sia stato informato male dai soliti agenti Betulla i quali – a dire il vero – non avevano trascurato qualche dubbio soffocato in fretta per distribuire (con nome e cognome) la lieta novella. Ingiusto pensare allo svarione di un dilettante. Frattini è meno patetico di Tiziana Maiolo, ma ugualmente attento alle convenienze. Ha saputo capitalizzare la lunga traversata dai “comunisti del Manifesto” ai socialisti di Craxi prima dell’ultimo slalom (sciatore che ha sposato la figlia del presidente della Federazione Italiana Sport Invernali) nella casa del Cavaliere. Sotto l’eskimo indossava la livrea di maggiordomo premuroso: sua la legge sul conflitto di interessi approvata nel 2002 nelle aule abbandonate dall’Ulivo, monumento che la storia gli riconoscerà così come non potrà dimenticare la missione segreta a Bolzano alla vigilia della conta alla Camera, voto di fiducia a Berlusconi. Implora l’astensione del governatore Durnwalder. Se i deputati di lingua tedesca voltano le spalle all’opposizione, ecco uno dei bei regali: parco dello Stelvio che passa al Trentino Alto Adige; la Lombardia deve rassegnarsi allo scippo. Ragioni di Stato. Devoto, fedele. Non dimenticheremo il suo sorriso mentre osservava rapito Gheddafi al quale il principale stava baciando l’anello come non si è degnato col Papa: “L’intero Maghreb dovrebbe prendere esempio dalla Libia che ha organizzato un modo di governare rispettoso dei desideri del popolo”. Sei mesi dopo, birignao da terzo segretario d’ambasciata, cambia idea, non l’eleganza. Bombardare va bene, Gheddafi è un criminale insopportabile al quale la giustizia internazionale deve imporre la punizione che merita. Cosa dire? Non resta che pregare il vescovo Martinelli di pregare per il nostro ministro. Comincia ad averne bisogno. mchierci2@libero.it

Come è invecchiato il reality di Giandomenico Crapis

imona Ventura alla chiusura della sua Isola dei famosi si è lamentata per il trattamento che il programma ha ricevuto dalla Rai, che lo avrebbe penalizzato con ripetuti spostamenti di giornata. Giusti o sbagliati che siano, i giudizi della Ventura ci dicono una cosa: che forse l’epoca d’oro dei reality sta tramontando. Del resto pare che anche il nuovo direttore generale Lorenza Lei non li ami. Niente di male, però, il processo è fisiologi- Sarebbe ora co, anche per generi di grandissimo successo. Com’è già di prendere atto capitato ad esempio al telequiz, un formato che ha fatto che il “privato” la storia della tv e ora soprav- utilizzato vive a se stesso in ambiti meno coinvolgenti e spettaco- “cinicamente” lari che nel passato.

S

PER DARE un po’ di consistenza storica agli infiniti dibattiti sul video (mi viene in aiuto un saggio di Colombo e Simonelli di alcuni anni or sono) è forse interessante delineare la storia di una distorsione e di un depauperamento: un itinerario cominciato con

a fini spettacolari, autocelebrativi e promozionali ha perso freschezza: breve storia del fenomeno

la vecchia tv e finito per approdare agli odierni reality. C’è una stagione primordiale in cui il televisore autentica con il suo intervento e le sue riprese ciò che avviene. È un tempo in cui la realtà diventa tale perché certificata dal video, dai tiggì, dai rotocalchi: ‘L’ha detto la tv’ è lo slogan. Questa eroica stagione dura fino agli anni Ottanta quando la vocazione al reale della tv cerca altre vie. La terza rete di Guglielmi s’incarica di fare da battistrada. Programmi come Telefono giallo, Un giorno in pretura, Chi l’ha visto, Samarcanda, si danno come filosofia l’indicazione di raccontare la realtà con la realtà, attraverso l’uso della diretta, l’intervento del telespettatore, il collegamento con la ‘piazza’. È una tv-verità che fa scuola e che costituisce la vera novità della fine degli anni Ottanta. La ‘gente’ entra nel video e vi racconta storie pubbliche e private. Il punto però non è questo: in quella tv-realtà, che oltrepassava irreversibilmente il confine tra pubblico e privato, anche quando entrava in scena l’intimità domestica, si celebrava un intento pedagogico e impegnato, di denuncia sociale, comunque un rito civile. A poco a poco però,

questa istanza pubblica e civile della tv-realtà lasciava spazio all’intrattenimento commovente dei casi umani, all’emotainment di programmi in cui la macchina da presa amplificava senza scrupoli i tratti melodrammatici ed emotivi (pensiamo a Per tutta la vita, Stranamore, Carramba che sorpresa, e ai più recenti C’è posta per te, Amici). QUESTO percorso portava alla costituzione di quella che potremmo chiamare la ‘pubblica piazza del sentimento’ che nella seconda metà degli anni Novanta faceva un po’ il controcanto alla ‘piazza politica’ televisiva dell’inizio dei ’90. Ben presto però gli aspetti pur democratici della pubblicizzazione della sfera privata, cioè l’indubbio allargamento di visuale realizzato dall’emergere prepotente di soggetti prima fuori dalla scena pubblica, cedeva il passo a una deriva individualistica. Un fenomeno per il quale si passava così dalla denuncia o dalla richiesta di attenzione, all’esibizione narcisistica e alla messa in scena spudorata e spettacolare del proprio io. Quel ‘privato’, dunque, che aveva fatto capolino sul piccolo schermo, come abbiamo visto, con tratto pedagogico e sociale, veniva ora utilizzato ‘cinicamente’ a fini spettacolari, autocelebrativi, promozionali. La mutazione a questo punto era completa. I reality odierni, un genere che nei casi meglio riusciti si è nutrito delle caratteristiche universali del racconto, del gioco e dell’avventura, sono figli di questa distorsione finale. Ora, dopo dieci anni, hanno perso freschezza, mostrano la corda, sono invecchiati. Forse è opportuno prenderne atto.


Martedì 17 maggio 2011

pagina 23

SECONDO TEMPO

MAIL Un colpo micidiale alla tenuta di B.

Furio Colombo

7

La straordinaria affermazione che si profila per Giuliano Pisapia, in attesa di un ballottaggio comunque difficilissimo, restituisce un po’ di speranza. La speranza che non necessariamente, in questo Paese, ogni menzogna rimanga impunita e qualsiasi scorrettezza passi inosservata. La speranza che i cittadini, alla fine, siano ancora in grado di reagire di fronte a chi governa la cosa pubblica come se fosse privata. Forse gli italiani cominciano ad essere davvero stremati di questo infinito impero del nulla berlusconiano. Forse sta per arrivare veramente, una volta per tutte, il cambiamento che tanti aspettano da anni. Non è ancora il momento di festeggiare, né di abbassare la guardia. Troppe volte è stata sancita, frettolosamente, la fine di Berlusconi. Ma il voto clamoroso dei cittadini milanesi potrebbe avere inferto un colpo micidiale alla tenuta del caimano.

BOX A DOMANDA RISPONDO CASA DI CURA POLVERINI

aro Colombo, le storie si incrociano e si inseguono: negli ospedali romani il pronto soccorso sta diventando inagibile. Malati gravi e anziani aspettano in barella. La barella blocca l’ambulanza che non arriva o arriva tardi (come si è visto nel caso Sposini) o si noleggia una barella privata, che non conosce la strada e la procedura. Ma sembra (il privato) il fine di tutto, la spiegazione del mistero. È così? Severino

C

IL RIFERIMENTO di questa lettera è la narrazione di uno scandalo: lo smantellamento del sistema sanitario pubblico di Roma. È un buon esempio per tutto il Paese. Due cose vanno dette subito: la prima è che l’iniziatore della devastazione romana non è una disorientata governatrice incapace di capire le conseguenze di ciò che sta facendo, e molto rapida nel dare risposte a caso. Chi ha cominciato, con incredibile incoscienza, a rovinare ciò che a Roma funzionava è stato l’ex presidente della Regione Lazio e uomo di punta del centrosinistra, Marrazzo. La sua triste vicenda personale forse contiene una spiegazione, forse no, ma ha fatto da copertura. È giusto non parlare più di lui e dei ricatti che deve avere patito. Ma è ingiusto non poter ancora sapere la verità su un delitto come la chiusura improvvisa dell’ospedale San Giacomo (unico ospedale pubblico nel centro storico di Roma, ma unico anche per la qualità di alcuni reparti e prestazioni). Quando è toccato a lei, la Polverini si è messa di impegno a studiare dove e come arrecare danno. Per esempio, quando era stato chiuso il San Giacomo (2009) era stato detto e ripetuto che, a due passi, c'era l’ospedale Santo Spirito che avrebbe provveduto a tutto. La nuova governatrice ci ha pensato bene e ha subito privato il Santo Spirito di un intero reparto, quello di Neurologia, che è continuamente coinvolto nei primi fondamentali accertamenti di chi giunge senza conoscenza a un pronto soccorso, in emergenze in

Marco Marsicano

Quando la sanità funziona Il 20 aprile sono diventata nonna e vorrei pubblicamente ringraziare tutto lo staff del reparto di ginecologia dell’Ospedale di Santo Spirito di Roma che ha assistito mia figlia per tutto il periodo della gravidanza e del parto. Abbiamo sempre incontrato medici ed infermieri molto professionali, nonché gentili e disponibili per qualsiasi problema. In questo mare magnum di mala sanità è bello trovare un’oasi di eccellenza. Margherita Visca

LA VIGNETTA

cui il fattore tempo è essenziale (2011). Intanto, però, era cominciato il taglio dei posti letto, che molti presidenti di regione sembrano considerare il fiore all’occhiello della loro pregevole attività. È vero che ci sono lì, sui rispettivi tavoli, le convenzioni con i privati che alla fine appaiono sempre come la soluzione del problema. È anche vero che, nove su dieci, non sappiamo nulla dei privati in questione, mentre la medicina pubblica, sia universitaria che ospedaliera, ha tanti problemi, tanta politica, ma molto più scrutinio e dibattito pubblico, e perciò ha meno impenetrabili zone d’ombra. Resta il fatto che ora la Polverini sta raccogliendo i frutti dell’azione devastatrice sua e del suo predecessore: i letti mancano, le lettighe ingombrano i corridoi, c’è chi aspetta per giorni un letto, e le ambulanze non ci sono o non arrivano o sono a noleggio. È triste quando si scopre che una grande città come Roma non ha un piano per evitare l’ingombro da suk dei ristoranti e caffè. È più grave quando si tratta di sanità e di ospedali. Tanto più che, in questa storia triste e allarmante, Roma è solo un esempio. La Milano che ha messo, tramite Formigoni, il suo intero servizio sanitario pubblico nelle mani della Compagnia delle Opere e di Comunione e Liberazione, non ci ha mai detto se la macelleria detta “Clinica Santa Rita” (operazioni gravi, remunerative e inutili su pazienti sani) sia uno scandalo unico e isolato. L’ipotesi che non lo sia è tremenda, e forse per questo nessuno vuole sapere chi e perché ha falsificato le firme nei listini elettorali del governatore lombardo (la cui elezione sarebbe dunque illegale). E ogni singola parte politica (televisione d’opposizione inclusa) tratta Formigoni da autorità legittima, e i Radicali, che hanno denunciato e documentato le firme false, come degli ossessionati giustizialisti (i Radicali!). Io che, oltre ai Radicali, difendo i giudici, sto aspettando un atto giudiziario adeguato alla gravità della materia. Potrebbe cambiare tutto. Furio Colombo - Il Fatto Quotidiano 00193 Roma, via Valadier n. 42 lettere@ilfattoquotidiano.it

ste non hanno alcun valore per il M.I.U.R. Riteniamo che ciò sia discriminatorio e anticostituzionale, nonché assolutamente contrario al diritto-dovere d’integrazione e ai principi di sostegno all’handicap per i quali la scuola italiana costituirebbe un “modello” di esempio internazionale. Gli insegnanti della Scuola Media Statale di via T. Mommsen, plesso Grazia Deledda, di Roma

Il turismo e la vergogna

Le prove INVALSI sono discriminatorie Un motivo in più per rifiutare la prova INVALSI è il fatto che, secondo la ministra Gelmini, per gli alunni con handicap la partecipazione in classe con i compagni deve essere arbi-

trariamente decisa dai dirigenti scolastici e la presenza dell’insegnate di sostegno è comunque vietata: in pratica chi ha il sostegno deve essere emarginato tutta la mattinata (il tempo necessario all’INVALSI) e anche se sostiene le sue prove (ghettizzate), que-

Prato Nevoso, in Piemonte, è solo una ridente località turistica? Qui sessanta profughi sono stati accolti non propriamente a braccia aperte dai residenti e albergatori. “Danneggiano il turismo”, hanno detto. Peccato che questo periodo è denominato “stagione morta” e di turisti ve ne siano ben pochi. Purtroppo questi immigrati sono di colore e, soprattutto, senza soldi. Nessun problema se fossero stati bianchi (italiani o inglesi) e pieni di soldi. A quel punto si può anche chiudere un occhio se devastano le camere d’albergo, come suc-

cesso negli anni scorsi, quando per “divertirsi” buttavano per strada i materassi, facendo gare a mo’ di slittino giù per le discese innevate. Se fino ad oggi sono venuto qui a portare i miei soldi, d’ora in poi né io, né la mia famiglia metteremo più piede in questa ridente località razzista. Il turismo va e viene, la vergogna no. Marco287

Ridateci la posta ordinaria C’era una volta la posta ordinaria, il postino passava due volte al giorno e anche al sabato, le cassette rosse venivano svuotate almeno un paio di volte al giorno e le lettere in media venivano recapitate nella stessa città al massimo entro le 24 ore. Ora c’è la posta prioritaria, costa il 40 per cento in più e va più piano. Una lettera, contente una fattura, spedita il 4 maggio da centro Torino, destinazione periferia, è stata recapitata dopo 12 giorni. Calcolo percorso come da Google maps: 4 km. Siccome 12 giorni sono 288 ore, in pratica ha viaggiato all’incredibile ve-

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IL FATTO di ieri17 maggio 1973 Tempo di Cannes e tempo di amarcord. Di quel 17 maggio 1973, quando la platea chic della Croisette si scatenò con insulti e lanci di oggetti contro “La Grande Bouffe” di Marco Ferreri, un mix “d’immondices visuelles”, secondo una critica assatanata pronta a gridare al più grande film-scandalo del Festival. Crepare mangiando, affogando in un eccesso bulimico di lussuria e stravizio, come sacerdoti di un banchetto di morte, agonizzanti di indigestione e di occlusione intestinale, parve terribilmente blasfemo ai critici di Francia, un “attentato intellettuale di un Ferreri depravato”. Nessuna pietà per il regista, per i quattro sacri mostri Mastroianni, Tognazzi, Noiret e Piccoli, per quel film choc che di lì a poco sbancherà il botteghino, accenderà dibattiti, segnerà un passaggio-clou nel cinema antiborghese. Carnale, carico di humour noir, disgustante nella animalità delle sue scene, l’abbuffata ferrariana, ammiccante a Rabelais e De Sade, resta una feroce allegoria della società del benessere condannata all’autodistruzione. Un apologo disperato sugli intrecci tra Thanatos e Eros, tra cibo e escrementi, un’“ultima cena” pagana e esorcizzante, pianificata come un freddo suicidio senza consolazione. Giovanna Gabrielli

locità di 13,8 metri all’ora, anche un’ameba avrebbe fatto di meglio. Ridateci la posta ordinaria e la vecchia affrancatura da 0,45, le robe prioritarie e i relativi costi lasciamoli alle poste degli altri che lo sanno fare. Questa busta è stata da me insignita del premio alla pazienza. Paolo Allegri

La crescita tedesca non basta più L’annuncio del miracolo tedesco, di un’economia che cresce del quasi 5 per cento dovrebbe essere di buon auspicio per tutta Europa, da sempre abituata ad approfittare delle ricadute di quella economia. Se la Germania cresce, la “Padania” che è composta di quelle piccole e medie imprese che sono il suo indotto dovrebbero trarne benefici enormi, come è accaduto dalla fine della guerra fino a circa 10 anni fa. Ora non è più così. Le industrie tedesche hanno trasferito le produzioni prima nell’ex Europa orientale e poi nel sud-est asiatico. Alcuni componenti elettronici che acquisto regolarmente e che prima erano tutti rigorosamente made in West Germany ora arrivano con la scritta Repubblica Ceca e India. Ora la ThyssenKrupp decide di chiudere con la produzione di acciaio inox, uno degli stabilimenti da sacrificare per primo è quello di Terni. Merito anche di certe decisioni della magistratura italiana, evidentemente interpretate come persecutorie nei confronti di chi ha il compito di scegliere dove e cosa produrre. Importa poco quindi quanto aumenterà il Pil tedesco se ora si è entrati in un periodo in

cui in Europa ognuno fa per sé, nonostante siano state abbattute le barriere valutarie e doganali. Friedrich Zutaten

Poca attenzione alle regole di voto Se non ricordo male nelle precedenti elezioni vi fu una serie di raccomandazioni a non portare in cabina il telefono cellulare. Non ho sentito nulla del genere in questa occasione, sono entrato nel seggio, con il telefono all’orecchio, si vedeva lontano un miglio che era di quelli in grado di fare foto. Di questi tempi i telefoni senza la possibilità di scattare foto sono una esigua minoranza. Me lo sono messo in tasca, ho ritirato le schede e la matita e sono andato dietro alle tende. Alle politiche mi avevano fatto lasciare il telefono sul tavolo. Mi viene il dubbio che le politiche siano importanti mentre le amministrative siano considerate di una categoria inferiore, al punto che vista la sempre maggiore miniaturizzazione delle apparecchiature elettroniche forse sarei riuscito ad entrare anche con una telecamera. Nessuna raccomandazione neanche a non sovrapporre le schede quando si tracciava il segno, per evitare l’effetto carta copiativa e il conseguente annullamento della scheda sottostante. È forse cambiato qualcosa nelle regole di voto? Battista Cippa

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