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Ghedini insiste: il premier era davvero convinto che Ruby fosse la nipote di Mubarak. Ormai a Milano ci crede solo luiy(7HC0D7*KSTKKQ(

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www.ilfattoquotidiano.it

LA PASTA DELL’AUSER PER RICORDARSI DEGLI ANZIANI

Con la Pasta dell'Auser aiuti il Filo d'Argento, il telefono amico degli anziani soli ed emarginati.

IL 4 e 5 GIUGNO 2011 NELLE PIAZZE ITALIANE WWW.AUSER.IT

Redazione: via Valadier n° 42 – 00193 Roma tel. +39 06 32818.1 – fax +39 06 32818.230

AFFONDIAMOLO CON I

REFERENDUM

B. se ne frega della catastrofica sconfitta. Ma il 12-13 giugno si vota contro il nucleare, per l’acqua pubblica e la legge uguale per tutti. Il quorum è altissimo, ma ce la si può fare Il premier chiama a consulto tutti i figli a Palazzo Grazioli. La famiglia si prepara alla stangata della sentenza Mondadori. Poi su Napoli confessa: “Potevamo vincere, ma non volevo consegnare la Carfagna alla camorra”. Parla degli amici di Cosentino? pag. 2 - 3 - 4 - 5 z

Udi Roberta De Monticelli

Udi Fabrizio d’Esposito

LA MORALE SOTTO IL DUOMO

LERNER: SUBITO BINDI-VENDOLA

vorrebbe un poeta, a dire il respiro nfedele (dal titolo della sua trasmissioCgliaidella piazza, ieri, a Milano. La meravi- I ne su La7) e bastardo (dal sottotitolo del che cresceva con la luce rosa sulla fac- suo blog), Gad Lerner è anche un “iscritto ciata del Duomo, per farsi col passare delle ore, a mano a mano che virava in pura gioia, sempre più intensa, dalle guglie alla folla fitta di bandiere. pag. 12 z

di base” dei democrat. E all’indomani dei ballottaggi incorona Rosy Bindi come possibile leader dell’opposizione: “Si giochi le primarie con Vendola”. pag. 11 z

CONTI PUBBLICI x L’ultimo affondo del Governatore di via Nazionale

DRAGHI: MANOVRA DA 40 MILIARDI MA NON PUÒ FARLA TREMONTI Mentre B. evoca l’ennesima riforma fiscale, la Banca d’Italia dice che si devono risanare subito i conti, ma i tagli selvaggi imposti dal ministro dell’Economia fanno solo danni Feltri e Telese pag. 4 - 15 z

Udi Giorgio Meletti

nl’ex Dg della Juve

CI VORREBBE CALTAGIRONE Scandalo Calciopoli, UN PADOA IMPERATORE i pm di Napoli: “Condannate Moggi” SCHIOPPA (A TEATRO) e tre parole chiave delle Considerazioni finali con cui Mario Draghi si è congedato dalla Banca d’Italia sono: crescita, riforme, Europa e il messaggio complessivo che ne deriva richiede un’attenta riflessione politica. pag. 15 z

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unedì sera, mentre a Milano si festeggiava per strada la liberazione del comune dai berlusconian-leghisti, a Roma un pezzo di classe dirigente celebrava a modo suo un peculiare “Sette Colli Pride”. pag. 18 z

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800.995.988

€ 1,20 – Arretrati: € 2,00 Spedizione abb. postale D.L. 353/03 (conv.in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 comma 1 Roma Aut. 114/2009

Mercoledì 1 giugno 2011 – Anno 3 – n° 129

Udi Marco Onado

FILO D’ARGENTO NUMERO VERDE

Iurillo pag. 19z

CATTIVERIE Buongiorno. Mi dia Il Giornale e un pacchetto di kleenex www.spinoza.it

Mario Draghi abbraccia Carlo Azeglio Ciampi, al termine della relazione all’Assemblea generale nella sede della Banca d’Italia (FOTO ANSA)

Il Pigliorista di Marco Travaglio

roseguono anche dopo il voto i titoli-cloroformio del Pompiere della Sera. Lunedì in prima pagina troneggiava su consueto sermoncino di Francesco Alberoni, alias Banal Grande, un civettuolo “I molteplici rischi di chi è abituato a vincere”. Ma c’è un giornale (si fa per dire) che contende a quello di via Sonniferino il Guinness del titolo più palloso del millennio: il Riformista che, da quando lo dirige Emanuele Macaluso, tenta disperatamente di passare dalle 3 mila copie di Polito e Cappellini allo zero assoluto, o meglio al segno meno. E ce la può fare. I titolisti sono tutti coetanei di Macaluso, per giunta selezionati rigorosamente nella categoria degli anestesisti. Nell’ultimo mese l’eventuale lettore del quotidiano più amato dal Quirinale ha dovuto slalomare fra “Verso la conta”, “Contro ogni personalismo”, “Nord e Sud dopo il voto”, “Il ruolo del Presidente oggi”. Poi, nel caso fosse sopravvissuto, ha potuto arraparsi con “La chiarezza politica e il paravento elettorale”, acculturarsi con “Altro che Kant, per Bossi si pensi ad Aristofane”, sorprendersi con “Nel sindacato si discuta”, entusiasmarsi con “I sindacati passino ora ai fatti”, eccitarsi con “Contrastare l’evasione per salvare lo sviluppo” e godere come un riccio con “Gli auguri di Napolitano al Riformista”. Ma è stata “L’etica politica di Giolitti e Geremicca” a dargli una sferzata di energia, casomai non fossero bastati “Un impegno comune per la riforma” e “Il nuovo socialismo includa i fermenti attuali”. Molti titoli parrebbero degni, più che di un articolo, di un trattatello filosofico, una monografia politologica, un’analisi sociologica (ma pure psichiatrica): “L’eredità politica di Giolitti”, “La crisi europea del debito”, “Le elezioni e il sistema politico”, “L’orizzonte della sinistra” (presto “Brevi cenni sull’universo”). Altri paiono rompicapo da settimana enigmistica: “È l’Italia il problema del Mezzogiorno?” (ah saperlo), “Ranieri risponde a Macaluso” (resisterà Macaluso alla tentazione di rispondere alla risposta di Ranieri?), “Il riformismo in questo 1° maggio” (ma il 2, 3, 4 e nei restanti giorni di maggio, a che punto sarà questo riformismo?). Altri sono pezzi di modernariato molto richiesti su eBay al pari del borsello di pelle a tracolla: “Le sfide che attendono le sinistre europee”, “Il cittadino esiste prima del partito”, “Il partito che c’è e quello che non c’è”, “Ballottaggi e nuovi scenari”, “Economisti e crisi”, “Natta illuminista, giacobino e comunista”. Titoli scartati da Rinascita e dalla Literaturnaja Gazeta negli anni ‘50 per rispetto dei lettori e ora recuperati in extremis. Talora entra in scena il Giamburrasca di redazione (si sospetta dell’editore Gianni Cervetti, arzillo bohémien già capo dei comunisti miglioristi milanesi, detti anche “piglioristi” per via delle dita prensili di alcuni di essi): si diverte a infilare in pagina all’ultimo momento, profittando del momentaneo assopimento del direttore, titoli birbantelli del tipo: “Il voto alternativo del partito mediano”, “La crisi è di sistema”. E, volendo proprio esagerare, “Intervista a Nicola Rossi: ‘Il tempo delle soluzioni di emergenza è ormai finito, ci vogliono scelte politiche’” (perbacco). Ieri un Macaluso più scapigliato che mai titolava: “Le elezioni, la crisi, il paese”. All’interno l’appetitosa analisi (“Pisapia, nuovo modo di gestire l’hinterland”) dell’ultimo acquisto del Riformista: Giacomo Properzj, ex repubblicano milanese, già assistente del sen. Antonio Del Pennino. Sia lui sia Del Pennino furono condannati per Tangentopoli. Properzj, avendo perso la vista in un incidente di caccia, era noto per un ingegnoso sistema di conteggio delle mazzette: le avvicinava all’orecchio e, dal fruscio più o meno prolungato, verificava che non mancasse nulla. Ora Del Pennino e il suo registratore di cassa auricolare sostengono Pisapia sul Riformista. Properzj stigmatizza pure i “ridicoli pantaloni viola” di Formigoni che a Milano “vuole avere le mani in pasta”. Meglio le orecchie.

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ar fallire i referendum facendo mancare il quorum è una strategia politica consolidata. E finora sono state vane tutte le proposte per modificare la legge costituzionale. Sono stati 27 i referendum che non hanno raggiunto il minimo dei votanti (il 50% più uno degli aventi diritto). La prima volta nel 1990: per due quesiti sulla caccia e uno ambientalista il quorum si fermò a circa il 43%.

Quel 50 per cento più uno troppo difficile da raggiungere Nucleare

È

il quesito referendario presentato dall’Italia dei Valori per abrogare la norma che prevede “la realizzazione nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia nucleare”. Norma sulla quale il governo ha fatto marcia indietro nel decreto Omnibus. Oggi è atteso il verdetto della Cassazione.

E ADESSO VATTENE

Acqua

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ono due quesiti. Col primo si chiede l’abrogazione dell’art. 23 della legge 133/2008 con cui il governo ha privatizzato i servizi pubblici di rilevanza economica. La legge stabilisce come modalità ordinarie di gestione del servizio idrico l’affidamento a soggetti privati

attraverso gara o l’affidamento a società a capitale misto pubblico-privato, all’interno delle quali il privato sia stato scelto attraverso gara e detenga almeno il 40%. Il secondo vuole abrogare la parte di normativa (152/2006) che consente al gestore di ottenere profitti garantiti sulla tariffa, caricando sulla bolletta dei cittadini un 7% a remunerazione del capitale investito.

Niente quorum neanche nel 1997 nei referendum sulle privatizzazioni, sull’obiezione di coscienza, sulla caccia, sulla carriera dei magistrati, sugli incarichi extra-giudiziari, sull’Ordine dei giornalisti, sul ministero per le Politiche agricole. Fallì per pochissimo (49,6%) il quesito Segni che voleva l’abolizione della quota proporzionale nel sistema elettorale per la Camera. Lontanissimi dal quorum i sette quesiti del

2000: finanziamento dei partiti, quota proporzionale, Csm, separazione delle carriere dei magistrati e loro incarichi extra-giudiziali, trattenute sindacali e licenziamenti. Non raggiunse il quorum il referendum che voleva l’estensione dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori. Fallì il referendum per abolire alcune norme della legge sulla fecondazione assistita come quello abrogativo della “porcata” Calderoli.

Giustizia

È

il quesito che Berlusconi teme di più. Presentato dall’Italia dei Valori, chiede l’abrogazione della legge del 7 aprile 2010 “in materia di legittimo impedimento del presidente del Consiglio dei ministri e dei ministri a comparire in udienza penale”.

UN TRENO CHIAMATO REFERENDUM Dopo la batosta di B. ai ballottaggi opposizioni unite per il 12 e 13 giugno. Bersani: “Togliamo l’ultima macchietta” di Silvia D’Onghia

l treno è partito molto tempo fa, ma gli ultimi passeggeri hanno deciso di prenderlo in corsa subito dopo la stazione dei ballottaggi. I referendum del 12 e 13 giugno diventano il prossimo obietti-

I

vo dell’opposizione per tentare di mandare a casa Berlusconi. E allora, se fino a prima delle amministrative in piazza scendevano l’Idv e i comitati referendari (cioè molta gente comune), adesso i muri delle città si riempiono di manifesti coi loghi dei partiti. Dopo la presa

di posizione del presidente della Camera, Gianfranco Fini, che lunedì ha invitato tutti i cittadini ad andare a votare “per non rinunciare alle proprie prerogative” e ieri ha pranzato col leader Udc, Pier Ferdinando Casini anche per trovare una linea comune sul referen-

TRENITALIA solo ora si è ricordata degli sconti oche ore fa sono andata alla stazione di vano l’anomalia: “P Bologna a prenotare il biglietto per poter pur avendo fissato la tornare a casa a votare il referendum (sono la- data dei referendum voratrice fuori sede). Armata della mia scheda elettorale, dopo una quarantina di minuti di fila, l'impiegato delle Fs mi ha detto che non poteva farmi il biglietto, perché il ministero dei Trasporti non ha ancora deliberato niente a riguardo dei soliti sconti in occasione di votazioni e referendum. Anzi ha tenuto a sottolineare che non è nemmeno sicuro che vengano approvati e che prima dell'1 giugno non si saprà nulla”. La lettera è arrivata ieri in redazione assieme a quella di altri cittadini che segnala-

il 3 marzo, Maroni s’è attardato parecchio nel siglare l’accordo che permette ai residenti fuori sede lo sconto del 60% sul biglietto di treno e nave (del 40% su voli Alitalia e Blue Panorama). “Tutto a posto, accordo siglato, sconti regolari dal 1 giugno” assicurava ieri l’ufficio stampa Fs. Che strano: sconti per le comunali puntuali, Chi.Pa. per il referendum no.

dum, ieri è stata dunque la volta del centrosinistra. BISOGNA premettere che non sarà una sfida facile: per raggiungere il quorum, con l’attuale legge, servirebbero tutti i voti che le opposizioni hanno preso alle elezioni più – almeno – altre otto milioni di schede. E considerate le date, gli italiani potrebbero essere indotti ad andare al mare. Anche perchè, come è stato dall’inizio, c’è un unico quesito che fa realmente paura a Berlusconi, quello sul legittimo impedimento. Fondamentale potrebbe essere la Cassazione, che oggi decide il destino del quesito sul Nucleare, alla luce del decreto Omnibus con cui il governo ha fatto marcia indietro rispetto alla sua stessa decisione (presa all’indomani delle elezioni) di costruire nuove centrali. Il collegio, composto da 17 giudici più il presidente, Antonino Elefante, potrà stabilire che il quesito non deve essere più sottoposto a referendum, che il quesito non è coinvolto dalla nuova legge (e quindi, in questo caso, il refe-

Caccia a 8 milioni di schede oltre a quelle delle amministrative Oggi il verdetto della Cassazione rendum si svolgerebbe regolarmente) o che il quesito va riformulato alla luce della nuova legge, nel qual caso verranno ristampate nuove schede. Secondo l’Istituto Piepoli, la questione nucleare sarà determinante: se la Corte darà il via libera al quesito, allora i referendum raggiungeranno il quorum. E se raggiungeranno il quorum, vinceranno i quattro sì. I Verdi hanno annunciato, a partire da mezzogiorno, un presidio permanente in piazza Cavour, a Roma, proprio davanti al Palazzaccio. Il Pd ha presentato

un’istanza per la conferma del referendum, il Comitato una sua memoria, ma non è escluso che stamane lo faccia l’altra parte, la Presidenza del Consiglio. Anche se ieri lo stesso Silvio Berlusconi ha messo le mani avanti: “Non mi sono mai occupato dei referendum – ha detto il premier – ma se la gente non lo vuole, non è che il governo può decidere, non possiamo obbligare nessuno a costruire centrali. Con molto dispiacere il governo si adeguerà”. “Berlusconi fa il gioco delle tre carte”, ribattono i Comitati. Un motivo in più per salire sul treno. Ieri il segretario Pd, Pier Luigi Bersani, ha ribadito una massiccia campagna di iniziative: “Togliamo l’ultima macchietta”, ha detto riferendosi all’ormai celebre battuta sul giaguaro di Arcore. “Crediamo che il 12 e il 13 giugno possiamo dargli l’ultima spallata e dimostrare che in termini di fiducia e di programma Berlusconi non ha più alcun rapporto con gli italiani”, ha ribadito il leader Idv, Antonio Di Pietro, che dall’inizio ha sposato la campagna

Il servizio pubblico? Sei minuti al giorno (di notte) INVISIBILE L’INFORMAZIONE SUI QUESITI. MA PER I TALK SHOW NON C’È NESSUN DIVIETO DI PARLARNE di Beatrice Borromeo

che idea si fa l’elettore Cla tvhissà che, in questi giorni, guarda per capirne di più sui referendum del 12 e 13 giugno. Intanto dev’essere molto fortunato per incappare in uno spot informativo o in una tribuna elettorale che dibatte dei 4 quesiti (2 sull’acqua, nucleare e legittimo impedimento). Ai referendum infatti la Rai dedica solo 6 minuti al giorno, e in fasce d’ascolto improbabili (a tarda notte, di mattina o di pomeriggio: mai in prima serata). Ma anche l’insonne che dovesse incorrere nella striscia che il giurista referendario Stefano Rodotà ha definito “a contenuto informativo vicino allo zero” rimarrebbe perplesso: nello spot contro la privatizzazione della gestione

dell’acqua, per esempio, non si cita mai la parola “acqua”. Per non parlare dei programmi di approfondimento del servizio pubblico: in tanti ricordano la ragazza che, ospite ad Annozero, non ha potuto intervenire perché non era presente in studio la controparte. Proprio ieri alcuni deputati dell’opposizione hanno chiesto all’Agcom, autorità garante per le comunicazioni, di imporre “il rispetto delle disposizioni di legge”. MA QUALI? Cominciamo da quelle che non ci sono: non c’è alcuna norma che impedisca ai talk show di fare una puntata sui referendum. Prendiamo l’esempio di Adriano Celentano. Il cantante è appena stato richiamato dall’Agcom per il suo endorsement a Giuliano Pisapia durante

l’ultimo Annozero (eppure in studio c’era Maurizio Lupi, Pdl, sostenitore del sindaco uscente Letizia Moratti). Cosa succederebbe se Celentano si presentasse domani sera da Michele Santoro? Un altro richiamo, una multa salata? No, nessuno può impedire

Nuovo esposto all’Agcom: subito spot in prima serata, la responsabile è il direttore generale Lei

né a lui né a qualunque altro ospite di esprimersi. Sempre a patto, ovviamente, che ci sia il contraddittorio, come vuole la deontologia professionale dei giornalisti. Un confronto di questo genere sarebbe nell’interesse sia di chi sostiene il “sì” sia di chi voterà “no”. Ma lo scopo del governo e di Silvio Berlusconi non è garantire il dibattito, quanto evitare il quorum, soprattutto sul quesito che riguarda direttamente il premier, quello sul legittimo impedimento. “A chi boicotta i referendum – spiega Leoluca Orlando, Idv, uno dei firmatari dell’esposto all’Agcom– non importa che vengano rispettati i diversi punti di vista, basta che se ne parli il meno possibile”. Infatti i comitati per il “sì” non contestano solo il numero degli spot che vanno in onda, ma soprattut-

to la fascia oraria. E chi la decide? La Rai, dove ora comanda il direttore generale Lorenza Lei. IL CAPO dello Stato Giorgio Napolitano, il 6 maggio scorso, l’ha incontrata assieme al presidente della Rai Paolo Garimberti per chiedere l’attuazione del regolamento di vigilanza sulla Rai. Che in undici articoli approvati in extremis un mese fa prevede tribune informative in tutte le fasce orarie, anche in quelle di maggior ascolto. “La Rai non sta rispettando questo obbligo – dice Orlando – e il danno non sarà riparabile. Nessuna multa, che comunque pagherebbero i cittadini, può compensare la scarsa informazione se il referendum fallisce perché non si raggiunge il quorum”. Si tratta di una “vera emergenza democratica – sostie-

ne il portavoce di Articolo 21 Beppe Giulietti – e di una censura che denunceremo anche oggi, all’una, alla Camera: quasi ogni giorno tre ore di programmazione sono dedicate alla cronaca nera, Sarah e Yara. Sui referendum c’è il silenzio: eppure nessuna regola vieta ai cronisti o ai tg di discuterne”. Mancano 11 giorni al voto: chissà se l’elettore, con i 66 minuti totali di informazione che la Rai gli garantisce, riuscirà a capirci qualcosa.


Mercoledì 1 giugno 2011

I ragazzi di Greenpeace rinchiusi nella casa-bunker

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E ADESSO VATTENE

i sono rinchiusi in un appartamento fuori roma il 12 maggio scorso e non usciranno fino al referendum del 12 e 13 giugno. Sono i ragazzi di Greenpeace che ci mostrano come sarebbe la vita dopo un incidente nucleare: e così un appartamento è stato trasformato in una sorta di bunker, con le finestre sempre chiuse, dove

nessuno può entrare o uscire, senza cibi freschi. I quattro, tutti ventenni, bevono solo acqua in bottiglia, che usano anche per lavarsi i denti. Mangiano solo il contenuto di scatolette preconfezionate prima della data x, dell’ipotetico incidente nucleare. Comunicano con l’esterno con internet, hanno un blog (www.ipazzisietevoi.org) dove postano

videomessaggi e rispondono alle domande dei lettori. Che chiedono: “Siete come il Grande fratello?”. Ma loro sono in streaming 24 ore al giorno solo per dimostrare che non scherzano, che non escono mai, che si fa fatica: per mostrarci quello che potrebbe essere il nostro futuro se il nucleare in Italia diventasse realtà.

Lo speciale del “Fatto” e il rock di Celentano DOMANI MEETING IN COLLEGAMENTO CON ANNOZERO PER IL DIRITTO DI SCEGLIERE di Chiara Paolin

ina1108 twitta a mitraglia. E si chiede: “Come viralizziamo il referendum? Io manderò mail e sms a tutti. Sto anche pensando di decorare la mia borsa con il simbolo del sì”. In effetti, ora, il discorso vero è questo. Gli italiani ne hanno avuto abbastanza di voti, rivoti e ballottaggi o vale ancora la pena insistere per il nuovo appuntamento con le urne? Come evitare lo

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studiatissimo effetto sboom sulla popolazione con chiamata multipla ai seggi in tempi tanto ravvicinati adesso che la scelta non riguarda più problemi di quartiere ma robe strane come municipalizzate e legittimi impedimenti processuali? CI VORREBBE un evento speciale, un'iniziativa di forte impatto sociale: e c'è chi ci sta lavorando in queste ore, senza far trapelare nulla. “Bisogna parlare, spiegare, far capire - ri-

sponde Paolo Carsetti dei Comitati pro acqua pubblica e anti nucleare -. Utilizzando prima di tutto gli spazi previsti dalla legge. Sulla Rai registriamo un minimo spostamento in avanti, ma siamo ancora lontani dal ruolo che il servizio pubblico dovrebbe garantire. Abbiamo incontrato i più alti dirigenti: Lorenza Lei, Antonio Marano, Guido Paglia. Ma ancora non è stato deciso un orario per il passaggio degli spot istituzionali, che avevamo chiesto nei mo-

Legittimo impedimento, il premier fiuta il pericolo e prova a spegnere la paura dell’atomo

Dopo l’appello di Adriano sul nostro giornale, cresce il tam tam: “Possiamo farcela”

referendaria. Un appello al voto è arrivato anche da Nichi Vendola e Francesco Rutelli, che per la verità ha insistito solo sul nucleare riferendosi alla scelta tedesca di chiudere l’ultima centrale entro il 2020.

menti di massimo ascolto come indicato nella delibera della commissione di Vigilanza. E poi non ci sono risposte precise sulla presenza dei nostri delegati nei programmi di approfondimento”. Per questo i comitati hanno chiesto un incontro con il presidente della Vigilanza, Sergio Zavoli, ma un appuntamento certo in Rai per chi voglia saperne di più è già fissato per domani sera su Rai2 con una puntata di Annozero che riprenderà in mano le schede colorate seguendo l’appello di Adriano

MA LA SCIA positiva dei ballottaggi entusiasma tutti. “Coloro che hanno votato alle amministrative rivoteranno per esprimere il loro dissenso rispetto a una certa maniera di fare politica – commenta padre Alex Zanotelli, membro del Comitato per i referendum sull’acqua –, sono profondamente fiducioso. Stiamo lavorando sodo da cinque o sei anni e ho la sensazione che la gente abbia capito di che si tratta, quanto è importante l’acqua, un bene già scarso”. Padre Zanotelli è contento di ricevere il supporto dei partiti, ma avverte: “Deve essere chiara una cosa: non accettiamo tradimenti. Non chiediamo una cosa generica, chiediamo che l’acqua venga gestita da un ente di diritto pubblico e non da una Spa”. L’indicazione a votare quattro sì viene anche dal mondo cattolico: “Al di là di quello sull’acqua, per il quale siamo nel Comitato promotore – spiega il presidente nazionale delle Acli, Andrea Olivero – avremmo preferito non arrivare al referendum. Ma adesso che ci siamo, daremo indicazione di votare sì anche sul nucleare e sul legittimo impedimento. L’importante è che il tentativo maldestro del governo di soffocare il voto non vada a buon fine. La partecipazione è l’elemento per riprendersi la democrazia”.

Celentano: salviamo la democrazia il 12 e 13 giugno. È stato il Fatto a lanciare per primo la voce più rock della riscossa pop lo scorso aprile, e adesso che ci si avvicina alla data decisiva è il caso di andare oltre con un meeting in carne e ossa a Taneto di Gattatico, vicino Reggio Emilia. Da domani e per tre giorni si parlerà di Costituzione, con uno specifico segmento dedicato al referendum. Domani sera, alle 21, Antonio Di Pietro per l’Idv e Ignazio Marino per il Pd saranno interrogati sul tema dal nostro direttore Antonio Padellaro e da Luca Telese. Previsto anche un collegamento con Annozero. “Ottimo insistere sul punto: ci servono almeno venticinque milioni di elettori” ripete come un mantra Ugo Mattei, professore di diritto a Torino e promotore dei quesiti sull’acqua. “Non bisogna mollare, il sentimento che ha spinto De Magistris, Zedda e Pisapia è lo stesso che può conquistare il quorum – chiude Mattei –. Destra o sinistra conta poco: sono i valori concreti a smuovere le opinioni. E io li diffondo ovunque. Ho appena rilasciato un’intervista a Stop, vado a Uno Mattina, vado dappertutto: l'occasione è eccezionale”. COMPLICE IL PONTE del 2 giugno, tutti i gruppi di sostegno all’operazione saranno in campo da Nord a Sud. In 100 piazze referendarie incontri, dibattiti e palloncini, a Ostia volantinaggio on the beach, a Martina Franca (Taranto) l’immancabile flash mob e a Mogliano Veneto (Treviso) una bella biciclettata, mentre tra Gaeta e Ses-

Questioni di sopravvivenza

Il premier ci avvelena, cacciamolo Le schede sul nucleare? Se ce le dovessero togliere dobbiamo lasciare davanti ai seggi il nostro voto scritto su un foglietto La lettera

Il Fatto, 29 aprile 2011

sa Aurunca 60 associazioni batteranno tutti i luoghi simbolo con picnic finale (3 euro a panino, per una buonissima causa). E da lunedì? Gli Studenti per l’acqua faranno i bravi: laboratori itineranti, proiezioni di filmati, raccolta firme per chiedere ai rettori di non fissare esami nei giorni 13 e 14, così da permettere ai ragazzi di partecipare al voto. Perché, come diceva Gandhi, quando vuoi cambiare le cose, “prima ti ignorano, poi ti deridono, poi ti combattono. Poi vinci”.

ITALIANI NEL MONDO L’iniziativa “Ricomincio da tre”

Da Barcellona a Dublino, l’onda del voto estero di Andrea Valdambrini

artirà la nave da Barcellona, il 9 Pvitavecchia. giugno prossimo, alla volta di CiPartirà per portare simbolicamente a Roma almeno un po’ di quelle centinaia di migliaia di ragazzi italiani “dispersi” non solo in Spagna, ma anche nel resto dell’Europa e del mondo, che votare per i prossimi referendum, altrimenti, non potrebbero. “La nostra iniziativa nasce dalla necessità condivisa da molti emigranti residenti a Barcellona di contribuire a recuperare e promuovere quei diritti civili e sociali, alla base delle istituzioni democratiche, di cui si sta perdendo il valore”, dice Maia Del Tento, esponente del gruppo promotore “Ricomincio da tre”. Maia è tra gli organizzatori della Nave dei Referendum, il cui viaggio si pone idealmente in continuità con quello

della Nave dei Diritti, che nel giugno 2010 sbarcò a Genova. L’obiettivo è lo stesso di allora: portare democrazia dal basso. “Un anno fa – continua Maia – abbiamo voluto sottolineare, tra le altre cose, la difesa al diritto all’accoglienza per i migranti, e al tempo stesso denunciare

Una nave arriverà dalla Spagna, via libera alla scheda postale per i docenti universitari

l’attacco contro la libertà d’informazione. Ora rivendichiamo un diritto, quello al voto referendario”. Il voto dall’estero può essere esercitato presso i rispettivi consolati solo dai connazionali regolarmente iscritti all’Aire, l’anagrafe degli italiani residenti all’estero. E costoro hanno già iniziato a farlo per i referendum, a partire dal 25 maggio. Le schede dovranno arrivare in Italia entro il 9 giugno. Con un paradosso: si sta votando anche il quesito sul nucleare, nonostante la Cassazione si esprima solo oggi. C’è dunque il rischio che si siano spesi invano molti soldi. Eppure, dei quasi tre milioni di residenti fuori dai confini nazionali, si stima che circa la metà non sia iscritta all’Aire. La ragione è comprensibile: ricercatori e docenti, ma prima ancora studenti, passano a volte alcuni anni, inseguendo op-

portunità di formazione e poi di lavoro, dovunque vengano offerte. Non mettono radici, non si iscrivono ad alcuna anagrafe estera, semplicemente perché non sanno dove vivranno dopo sei mesi. La loro mobilità ha un effetto non trascurabile sulla partecipazione alla politica. Se infatti accade che durante il loro piccolo “esilio” si svolgono tornate elettorali il loro dilemma è presto detto: tornare a casa per votare, spendendo a volte soldi di cui forse non dispongono in abbondanza, oppure non muoversi da dove sono e rinunciare. Ragion per cui già qualche mese fa – quando sembrava potessero profilarsi elezioni anticipate – i ragazzi dell’Italian Society Trinity College, a Dublino, si erano spinti a lanciare una petizione in favore del voto elettronico, che avrebbe accorciato le distanze e risolto i problemi di mo-

bilità elettorale. Avveniristico per l’Italia e a rischio brogli? Forse, ma la loro iniziativa ha evidenziato come il problema del voto sia reale. Ieri, intanto, il Parlamento ha dato il via libera al decreto legge che permetterà di votare agli italiani residenti anche temporaneamente all’estero. La novità permette il voto postale a professori e ricercatori universitari al lavoro in università estere da almeno tre mesi. Un inizio, certamente, ma di strada da fare ce n’è ancora molta. Le iniziative di Barcellona e Dublino non fanno altro che richiamare l’applicazione di un diritto fondamentale, oltretutto riconosciuto nel 2000 con la modifica dell’articolo 48 della Costituzione. La cui attuazione ha finora lasciato fuori dimenticata di un bel po’ di italiani. Nomadi per necessità. E non votanti malgrado loro.


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Minzolini vuole il premier al Colle Pd e Idv: “Misura è colma”

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E ADESSO VATTENE

Sì, io credo che resterò alla direzione del Tg1 fino a quando ci sarà Berlusconi, poi non so. D’altronde in Rai funziona così, Riotta al mio posto è durato quanto è durato Prodi”. Augusto Minzolini parla a ruota libera ai microfoni della Zanzara su Radio24. A giudizio di Minzolini, “Berlusconi deve resistere, deve resistere per i due anni che gli rimangono. D’altronde

negli altri Paesi, come in America o in Germania, se i leader perdono le elezioni di medio termine non si dimettono, queste richieste si sentono solo in Italia”. Per il direttore del Tg1, “Berlusconi nel 2013 può puntare al Quirinale, magari creando un ticket legato alla nuova leadership per il centrodestra”. “Non avevamo bisogno della sua confessione perchè è noto che Minzolini lavora per palazzo Chigi e non per

l’interesse dell’azienda pubblica e dei cittadini che pagano il canone”. ha detto il portavoce dell’Italia dei Valori, Leoluca Orlando. Mentre per il Pd “la misura è colma, Minzolini si comporta da tifoso e dimentica di essere il direttore del principale telegiornale delle televisioni pubbliche. Si tratta di un incarico molto delicato che richiede professionalità, oggettività ed imparzialità”.

IL DILUVIO DI B. Obbligato a sfoderare il miglior sorriso attacca Tremonti: “Giù le tasse, decido io” di Luca Telese

a maschera, il leader e lo spettro dell’inumazione: “Il mio funerale? Ho troppi impegni, non ho tempo per fissare la data”. Ieri, passeggiando nei giardini del Quirinale Silvio Berlusconi si è difeso infilando la via estrema del sarcasmo catartico e del minimalismo apparentemente liberatorio. Come quando dissertava scherzando sul bunga-bunga; come quando prendeva per le corna le verità più scomode e si cimentava nella difficile impresa di negarle, affermandole per contrario. Un tempo era vincente, e il trucco quasi riusciva. Ieri ci ha provato, con il piombo della sconfitta addosso, e senza nessuna possibilità di persuadere. L’uomo, come sempre, ha qualcosa di geniale: un talento sfacciato che emerge anche in questo esercizio di auto-rassicura-

L

zione crepuscolare. Berlusconi tiene sempre insieme, nel suo diluvio di esternazioni, sia l’iperbole negativa che la minimizzazione di quello che per lui è inaccettabile. Ovvero l’idea stessa della sconfitta: “Non ci arrendiamo, abbiamo subito un gol, ma siamo quattro a uno”. Come come, quattro a uno? Vi state chiedendo da dove salta fuori questo immaginifico conto? Non sottovalutate mai la sua fantasia. Sì, perché – dice il Cavaliere – “noi avevamo già vinto le politiche, le regionali, le europee e le amministrative. E abbiamo ancora due anni di gioco”. Dice persino di più: “Sono sereno, il risultato era stato previsto”. SI POTREBBE almanaccare sull’eterna riscrittura del reale che Berlusconi provava anche ieri (al ricevimento del Quirinale per il 2 giugno), come del resto in tutta la sua vita preceden-

OPERE PIE

Qualcuno avverta Carlo Rossella

A

priamo il “Foglio” diretto da Giuliano Ferrara. Leggiamo le otto pagine. E alla fine ecco la rubrica scritta da Carlo Rossella “Alta società”. L’ex direttore di Tg1, Tg5, attuale presidente di Medusa Film e uomo ascoltatissimo dal premier, scrive: “Il conte Ferdinando Brachetti Peretti espone le sue fotografie alla Biennale di Venezia, all’Arsenale. Festeggiamenti e complimenti in un bel party nel giardino di Villa Polissena. In gran forma Marina Cicogna. Affascinante come sempre, Ginevra Elkann”. Interessante. Ma qualcuno avverta Rossella che lunedì è successo qualcosa.

te. Ma rimangono i fatti. Nel giorno della Caporetto di Milano ci aveva raccontato che la sconfitta gli avrebbe “triplicato le forze”. Poi però era apparso per commentare “la sberla di Milano” (copyright Maroni) in un anonimo salone rumeno, inquadrato dalle telecamere degli inviati con una luce terribile, esibendo nei tg un incarnato sbattuto e dei capelli – per via degli imperscrutabili misteri tricologici del Cavaliere – virati con tonalità addirittura fulve. Ieri mattina aveva il Consiglio dei ministri, ma non si è presentato. Si discutevano tre piccoli

Assente al Cdm, nessuna conferenza stampa Poi risorge salendo al Colle provvedimenti, nessuna conferenza stampa, l’immagine paradossale della saletta di Palazzo Chigi dove tante volte aveva toreato – in buona o in cattiva sorte, con il suo splendido sorriso diagonale e caimano di un tempo – appariva adesso desolata, con i commessi che non sapevano cosa rispondere: “Se viene? E chi lo sa?”. Non era venuto. Appare all’ora di pranzo Ignazio La Russa, invece, e si inquieta con un collega che vuole fare domande sulle elezioni: “Di politica non rispondo!”, lo incenerisce. Berlusconi era tornato dalla Romania, invece, e aveva pranzato

con i figli a Palazzo Grazioli, tenendosi su quel filo sottile che oggi in Italia lega le questioni private e quelle politiche, la constatazione del declino e il fardello delle preoccupazioni dinastiche. Doveva prima assorbire il colpo, leccarsi le ferite, capire che cosa sta accadendo nel suo partito, scosso da faide interne feroci. Doveva sondare le reazioni ai retroscena inverosimili dettati il giorno prima ai giornali (lo attende una manovra da 40 miliardi di euro, ma lui candidamente dice: “Tremonti deve abbassare le tasse!”). Quella con il superministro è una partita a poker delicata e difficile, un tango di fratelli coltelli ballato con il pugnale in bocca. Adesso Berlusconi dice che lo vuole vicepremier, ma lo fa anche per mettere alla prova la Lega, per capire di chi si può ancora fidare, e di chi no. NEL POMERIGGIO, dopo aver rifatto il trucco con l’attenzione cosmetica che richiedono i momenti difficili, riesce a rigenerarsi, a trovare la forza per ostentare la sicurezza di un tempo. Di nuovo ci sono i colori sul suo viso, di nuovo il ricordo di quel sorriso che un tempo diceva di avere il sole in tasca. La prima preoccupazione è quella di rassicurare. Dire frasi che possano arrivare ai quadri di un partito in fibrillazione. Come è difficile provare a salvare la faccia dopo avercela messa. Come è difficile minimizzare quelle sconfitte e scaricarle sui candidati umiliati dalle débâcle, dopo averli manovrati come burattini: “Ho preso atto – dice ora – della sconfitta. Sono sicuro però che non ho mancato in nulla se non nel comunicare”. Di più: “Sono assolutamente fiducioso, abbiamo una maggioranza per fare le riforme e mi metterò a comunicare tutte

le settimane”. Berlusconi che non manca in nulla “se non nel comunicare?”. Incredibile. Sul povero Lettieri arriva persino ad infierire: “Con la Carfagna avremmo vinto. Ma non abbiamo avuto cuore di farlo perché non volevamo consegnarla alla camorra”. Consegnarla alla camorra o a Cosentino? Difficile

capire la differenza, se non che anche all’ex sottosegretario è arrivato un calcio negli stinchi. Non c’è tempo per le domande, il capannello si stringe, il Cavaliere spara a raffica, anche sui suoi uomini (un tempo) prediletti. Vuole la riforma del fisco, scherza sui cordoni della borsa e sul ministro che li tiene stretti:

IL RICEVIMENTO per la festa della Repubblica

C’è chi ride e chi piange all’ombra del Quirinale di Caterina Perniconi

er adesso gioca fuori casa Pventasse in quella che vorrebbe dila sua residenza. Ma non appare in difficoltà Silvio Berlusconi nei giardini del Quirinale. Arriva al ricevimento per la festa della Repubblica insieme al Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, sulle note dell’inno Mameli e appena può comincia con le battute: “Abbiamo preso un goal, ma noi gliene avevamo fatti 4 nelle precedenti tornate elettorali, quindi...”. Racconta di aver ricevuto i figli, “perfetti”, e di andarsene presto per tornare a cenare con loro. Si rammarica perché Eleonora non ha trovato un volo per raggiungere la famiglia “unita” e infine, in un

continuo stringere di mani, fa la conoscenza di Marco Mezzaroma, il promesso sposo di Mara Carfagna, che lei stessa, in abito corto blu e scarpe laccate dello stesso colore, presenta al premier: “Lei è un uomo fortunato – dice a bassa vo-

Le facce lunghe di La Russa e Lupi, opposte a Franceschini e Casini Al centro il capo dello Stato

ce – ma mi raccomando, guanti bianchi” per la sua pupilla che non ha voluto “consegnare alla camorra”. Una battuta dietro l’altra e la sconfitta è presto nascosta dietro il cerone e il sorriso di circostanza. Ma non tutti i suoi uomini sono d’accordo con l’analisi del voto. Molti i musi lunghi. Perché più che la festa della Repubblica sembra la festa del day after. Ci pensa Dario Franceschini a brindare: “Questa è una cerimonia particolare, vedere le facce di quelli della destra è davvero una soddisfazione”, ride. Poco più in là, tra i camerieri in livrea carichi di vassoi e i tavolini bianchi, un altro capannello: ci sono il ministro della Difesa Ignazio La Russa, il vicepresidente della Camera Maurizio Lupi e il lea-

der Udc Pier Ferdinando Casini, reduce in mattinata da un incontro con Gianfranco Fini. “Torna con noi”, dice La Russa al suo ex alleato. E Casini, con un mezzo sorriso, gli risponde: “Come no...”. In un angolo Maurizio Gasparri parla animatamente con Fabrizio Cicchitto. Il tema della discussione è Giulio Tremonti, che preferisce partecipare al ricevimento mantenendosi in disparte, vicino al buffet d’ingresso, gomito a gomito col ministro dell’Interno, Roberto Maroni. Poi va a stringere la mano al Capo dello Stato, passeggiando con Emma Marcegaglia, senza tradire pensieri e strategie. Tra chi festeggia c’è Pier Luigi Bersani col sorriso di chi l’ha scampata, Fini che ride cir-

Ospiti Franceschini festeggia all’arrivo al Quirinale. Sopra, la Carfagna con Mezzaroma condato dai fedelissimi, Veltroni e Prodi che scherzano sui colori delle camicie, Piero Fassino che viene rincorso per i complimenti da Paolo Villaggio e Johnny Dorelli, e D’A-

lema che ironizza sulle parole di Berlusconi: “La sconfitta colpa di un errore di comunicazione? Forse voleva dire che non gli hanno comunicato bene i risultati...”.


Mercoledì 1 giugno 2011

La maggioranza ritenta: i combattenti di Salò equiparati ai Partigiani

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E ADESSO VATTENE

l Pdl ci riprova: i combattenti di Salò equiparati ai partigiani. La proposta di legge ha fatto capolino ieri nella commissione Difesa della Camera, primo firmatario il deputato Gregorio Fontana. L’obiettivo è quello di garantire un riconoscimento giuridico all’associazione che riunisce gli ex combattenti della Repubblica sociale, in modo da permettergli di

partecipare alla distribuzione dei contributi pubblici destinati alle fondazioni degli “ex belligeranti”, come fa l’Anpi. Non è la prima proposta di questo tipo lanciata dal Pdl. Due anni fa, proprio il 25 aprile, Berlusconi in persona fermo l’iniziativa del suo deputato Lucio Barani, molto simile a quella presentata ieri. Lo scorso mese, invece, al Senato è comparsa la proposta (sempre del Pdl) di

abrogazione del divieto di ricostituire il partito fascista. L’iniziativa “nostalgica” di Fontana, oltre a scatenare la reazione delle opposizioni, ha alimentato qualche malumore all’interno dello stesso partito. Così ha commentato l’azzurro Franco De Luca: “In una giornata così ci mancava solo la proposta di dare soldi ai reduci di Salò. Qui dentro c’è chi lavora per il re di Prussia”.

Il partito implode I figli corrono ai suoi piedi ALFANO VERSO LA CARICA DI COORDINATORE UNICO GLI EREDI PREOCCUPATI PER MONDADORI di Sara Nicoli

ille pezzi che si muovono come in un grade Risiko. Appaiono così le correnti del Pdl all’indomani dello schiaffo epocale arrivato dalle urne amministrative. Il Cavaliere avrebbe voluto metterci le mani già ieri, in un vertice di presidenza che, invece, è slittato a oggi. Colpa di Bossi. E del rilancio dell’azione di governo attraverso una riforma del fisco e di un recalcitrante Tremonti sullo sfondo. Ma non solo. Ieri ci si è messa Micaela Biancofiore: “Io Matteoli e Frattini siamo pronti ad andarcene, a meno che Silvio non riprenda in mano la situazione”. Mica facile. C’è uno statuto da superare, lacci e lacciuoli che rendono impossibile l’incoronazione di Angelino Alfano come coordinatore unico, mentre i Responsabili soffiano sul fuoco e aspettano, per dirla con Corsaro, di rilanciare “l’azione di governo”, anche se al Cavaliere sembra interessare solo Scilipoti: “Guai a chi me lo tocca – ha detto ieri – è una persona stupenda…”. Come dargli torto. Tutt’intorno è un inferno. Guai anche in famiglia. Tornato dalla Romania, ieri Berlusconi si è trovato a Palazzo Chigi quattro dei suoi cinque figli, Pier Silvio, Marina, Luigi e Barbara, assente solo Eleonora. L’apparenza è stata quella di un abbraccio familiare a un padre sconfitto, ma sullo sfondo c’era ben altro. Marina e Pier Silvio, ma anche gli altri due, avrebbero

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“Li faremo aprire. Non è Tremonti – ruggisce – che decide. Lui propone. Sarebbe facile ridurre le imposte se facessimo ciò che fanno gli altri Paesi sulle pensioni o sull’impiego pubblico. Ma noi non siamo intenzionati a farlo”. Si dirà che questo impasto di spavalderia e visionarietà, fa parte della maschera mediatica del berlusconismo, che ha sempre illustrato questo gioco fra la minimizzazione dei mali e la sopravvalutazione delle forze. Si potrà sostenere che la fuga dal reale ha spesso aperto davanti a lui dei sentieri inimmaginabili. Tutto vero. Ma erano altri tempi, il sorriso diagonale sfavillava, la cheratina sul cranio sembrava sempre vernice, e Milano era la capitale di una piccola cosmogonia privata incarnata in un potere personale. Oggi Milano è in mano al nemico, le iperboli si fanno comiche, il minimizzare suona di metallo falso, la maschera un tempo luminosa e spavalda appare irrimediabilmente crepata. Anche perché – Berlusconi dovrebbe saperlo – non è mai il caro estinto, a fissare la data delle proprie esequie.

discusso del problema di una sentenza Mondadori (prevista per il 16 giugno, ma non è detto) che potrebbe essere confermata, sebbene dimezzata, a 500 milioni di euro. Un colpo capace di mettere in difficoltà enormi il gruppo di famiglia, con lo spettro che il peggior nemico della casa regnante, Carlo De Benedetti, ne possa far uso per comprare La7 e dunque agire contro il Cavaliere sul suo stesso terreno primario: la pubblicità televisiva. Un guaio che avrebbe spinto Barbara a pregare il padre di riflettere sull’eventualità di ritirarsi dalla politica, subito zittita da Marina che, invece, avrebbe colto i pericoli di un combattimento come questo senza trovarsi più nella stanza dei bottoni. Un summit di famiglia che è proseguito anche a cena, dopo il ricevimento al Quirinale. E dove si è parlato anche del partito. Già. Anche i delfini di fami-

glia si preoccupano. Il Pdl è sfilacciato in mille brandelli che però si ricompongono e si alleano, salvo poi cambiare rotta improvvisamente e disfarsi di nuovo in intese granitiche e patti che durano lo spazio di una riunione. Sotto attacco si sentono soprattutto gli ex An, spiazzati dalla mossa delle dimissioni di Sandro Bondi e incalzati dall’incoronazione di Alfano durante la trasferta rumena. Per affrontare le sfide e i rischi dei prossimi mesi, ieri si sono visti in tre dei quattro ex colonnelli di An Ignazio La Russa, Maurizio Gasparri e Altero Matteoli. Una riunione alla quale è seguito un nuovo, lungo faccia a faccia tra il ministro della Difesa e il capogruppo del Pdl al Senato. Tutte le anime provenienti dall’ex An devono tornare a raggrupparsi e a fare fronte comune per non diventare il capro espiatorio della débâcle elettorale. Come fare,

Appuntamento dal padre L’arrivo di Pier Silvio Berlusconi ieri a Palazzo Grazioli assieme alla sua guardia del corpo. Oltre a lui, anche la primogenita Marina e i figli avuti con Veronica Lario, Barbara e Luigi

questa è la sfida che attende La Russa e Gasparri. I due colonnelli stanno provando a coinvolgere Matteoli, big pidiellino da mesi però fortemente critico per la gestione larussiana del partito e fresco di alleanza con Gianni Alemanno, il sindaco di Roma che ieri ha sepolto con una sonora risata l’idea di ripartire proprio dal Cavaliere per rifondare il partito, proprio mentre il ciellino Formigoni

si candidava alla guida del nuovo Pdl addossando al Cavaliere e ai suoi comportamenti la perdita secca del voto cattolico a Milano. Comunque, è probabile che Alfano prenda comunque il posto del dimissionario Bondi come una sorta di primus inter pares. Poi si vedrà. Alfano non sarebbe entusiasta, ma in questa fase di turbolenza il suo sacrificio ministeriale sarà necessario. Alla Giustizia al suo posto si sta già scaldando Maurizio Lupi, uomo ‘di fiducia’ del Guardasigilli la cui ala azzurra si allunga anche su Cicchitto e Denis Verdini. Che, raccontano fonti del Pdl, sarebbe stato sondato dagli “scontenti” per capire che ruolo intenda giocare, soprattutto se Berlusconi dovesse chiedergli un passo indietro. Una “rinuncia” che, secondo fonti pidielline, non sarebbe del tutto gradita dall’attuale coordinatore. Un bel caos. Che il Cavaliere ha in mente di azzerare il prima possibile. Più passano i giorni, più le difficoltà aumentano.

Prima pensare, poi parlare

Vendola, meglio darsi una calmata GENTILI SIGNORI del centrosinistra, per ora avete vinto solo i ballottaggi comunali e provinciali, non le elezioni politiche. Quindi, per favore, evitate eccessivi trionfalismi. Per esempio, gentile Vendola, forse è un po’ esagerato rivendicare – come Lei fa sull’Unità – “io ho vinto tutte le scommesse, mi aspettavo un risultato così, davvero”. A noi pare di ricordare che, a Napoli, appoggiava il prefetto Carneade-Morcone contro De Magistris al primo turno. Fortunatamente i Suoi elettori sono stati più lungimiranti di Lei. Anche noi, poi, siamo felici che la campagna xenofoba contro Zingaropoli e gl’immigrati islamici sia stata sconfitta a Milano, ma c’era proprio bisogno di mettersi a strillare nel primo comizio dopo la vittoria che ora “dobbiamo abbracciare i nostri fratelli rom e musulmani”? È proprio sfuggendo alla caricatura dell’alfiere delle minoranze e nient’altro che voleva farne la destra con i suoi house organ, che Pisapia ha stravinto a Milano: guadagnandosi la fama di uomo mite, tollerante, concreto, serio e sereno, cioè di sindaco di tutta la città e di tutti i cittadini. Anche, ma non soltanto dei rom e degli islamici. E anche di chi, vivendo nei quartieri più popolari e disagiati, vive quelle presenze non ancora integrate come un problema ancora irrisolto. Cioè da risolvere. Non da negare con sparate demagogiche, utili soltanto a regalare titoli a Libero e al Giornale. m.trav.

Insulti, proclami e consigli: il giorno dopo del popolo di destra SALLUSTI ATTACCA VENDOLA PER I ROM, FELTRI SPRONA IL PREMIER. E SUL WEB C’È CHI DICE: È ORA DI FORMARE UN PARTITO VERO il giorno del veleno. Degli ÈÈ ilinsulti. Della resa dei conti. giorno in cui parla la “pancia” degli elettori di centrodestra, la stessa pancia alla quale spesso si sono rivolti Silvio Berlusconi e Um-

Prime pagine “Libero”, “il Giornale” e “il Secolo d’Italia”

berto Bossi per sollecitarla al voto. “Azzerare tutti i vertici del partito. Fare spazio a persone nuove, giovani, moderate, veramente liberali. Bi-

sogna ritornare a fare politica con la P maiuscola”, scrive Maurizio Riano sul sito del Popolo della libertà. E ancora: “Sì, primarie anche nel Pdl, a tutti i livelli. Ormai è una strada obbligata: è l’ultima chance perché il partito vi-

va sul territorio. Basta scelte dall’alto”, il pensiero di Antomas da Milano. Quindi “O nasce un partito anti immigrati e anti islamico, che assorba la rabbia degli italiani, o tra poco scoppiano disordini etnico religiosi. Sappiatelo, idioti”, interviene p.l..

Dal sito del Pdl: “Azzerare tutti i vertici, fare spazio a persone nuove, giovani, moderate e liberali”

COSÌ ECCO la prima pagina di Libero, con un’immagine di Berlusconi piangente e il titolo “Chiagne e non fotte”, con accanto l’editoriale di Vittorio Feltri, nel quale scrive: “Se a tutto questo aggiungiamo che il Pdl non è più un efficiente comitato elettorale, come era agli inizi, ma non è mai diventato un partito con una gerarchia affidabile ed è stato, e in parte è ancora, dilaniato da lotte intestine, il quadro è com-

pleto. Un quadro desolante che spiega il motivo per cui lei è stato travolto da mille difficoltà”. Alessandro Sallusti dalle colonne de il Giornale parla direttamente al leader di Sel: “Confortati da questo giudizio dalla prima dichiarazione di Vendola, padrino di Pisapia, sulla vittoria di Milano ‘Abbiamo liberato la città, ringraziamo i fratelli rom’. Ma parla per te, gli sfruttatori di bambini e scippatori di vecchiette saranno fratelli tuoi, io resto dell’idea che prima li mandiamo via dalle nostre città e meglio è per tutti”. Altro ennesimo passo verso il nuovo corso de il Secolo d’Italia. Chiusa la direzione della finiana Flavia Perina, Marcello De Angelis, quota Pdl, sprona i suoi colleghi di partito e titola:

“Dopo Caporetto... vi aspettiamo al Piave: persa una battaglia. Impariamo dai nostri errori. Prepararsi a vincere ancora”. E nell’editoriale scrive: “La parola d’ordine è mettere mano al partito. Come se la responsabilità di un mancato successo possa essere addebitata a qualcosa che non c’era”. E TORNIAMO al “ventre”. Sempre dal sito del Pdl, Roger esterna: “Silvio ricordati che gli italiani votano di pancia e se vogliono farti un dispetto sono disposti a farsene uno più grosso per sé. Devi fare le riforme prima di ottobre”. E Paola: “Non possiamo più sopportare parlamentari strapagati alla faccia nostra. Basta!”. È così, il giorno dopo una sconfitta.


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Mercoledì 1 giugno 2011

Patteggia il ladro d’auto bloccato dal primo cittadino

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IL GIORNO DOPO

a patteggiato un anno e mezzo direclusione, senza la sospensione condizionale della pena, Domenico Montrone, l’uomo che il 21 maggio scorso tentò di rapinare l’auto e la borsetta ad una donna a Milano, ma fu bloccato da Giuliano Pisapia. Il neo-sindaco del capoluogo lombardo quella mattina stava passando con il suo staff in via

Vincenzo Monti, quando sentì le urla della donna e intervenne per evitare la rapina. Il giovane scappò e poco dopo venne arrestato dagli agenti. Montrone, con precedenti penali e tossicodipendente, aveva dichiarato di voler rubare solo pochi spiccioli e che, quando si era visto addosso lo staff di Pisapia, si era difeso mordendo la mano della donna. Ieri nell’udienza

del processo per direttissima, il difensore Daniele Barelli ha presentato istanza di patteggiamento a un anno e mezzo, accolta dal giudice Anna Introini. L’avvocato ha spiegato: “L’ipotesi accusatoria è che lui avrebbe usato violenza per allontanarsi quando è stato scoperto, ma questa ipotesi per noi non sta in piedi”. Lui “sostiene di aver reagito, perchè è stato bloccato con energia”.

MILANO, LETIZIA NON MOLLA L’EXPO DEL 2015 L’ex sindaco resta commissario Problemi per la nuova giunta

Manifesti post elezione ieri a Milano (FOTO ANSA) di Davide Vecchi Milano

iuliano Pisapia lunedì ha festeggiato fino a tardi. E ha fatto bene. Perché ieri mattina sono cominciati i guai. Travestiti da partiti. I vertici lombardi del Pd, mentre il sindaco ballava e cantava in piazza del Duomo, si sono riuniti a cena e hanno deciso che il primo cittadino non ha le idee chiare sulla composizione della sua giunta. Va consigliato.

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IL VICESINDACO, ad esempio, non può essere una donna, come annunciato da Pisapia. Quella poltrona spetta di diritto a Stefano Boeri, forte delle 13.100 preferenze ricevute. E poi va bene nominare Davide Corritore, ma non è da considerare nel pacchetto dei sei assessori che spettano al Pd, ma come uno dei tre scelti dal sindaco. Che forse diventeranno solo due. Perché anche Sel ha avanzato pretese, raddoppiando la posta: l’assessorato a Daniela Benelli non basta, il partito di Vendola ne gradirebbe due. Ma le poltrone sono poche, diffici-

le accontentare tutti. E già ieri mattina, infatti, c’è stata la prima defezione dallo staff del nuovo primo cittadino. Anna Puccio, ex amministratore delegato di Sony Ericsson Italia nonché pilastro della campagna elettorale di Pisapia, ha lasciato il comitato e il futuro board: gli incarichi cuciti addosso a lei sono stati assegnati ad altri. Anche Stefano Boeri è in difficoltà. Al momento escluso dalla carica di vicesindaco, non può accettare la delega a Expo perché sarebbe un assessorato “blindato” dalla presenza del commissario straordinario nominato dal governo, Letizia Moratti, che non ha alcuna intenzione di lasciare. L’archistar potrebbe però accettare la Cultura. Ma è evidente che la composizione della giunta sarà piuttosto difficoltosa. Pisapia prende tempo. Ribadisce che ci vorranno due settimane prima di ufficializzare la squadra. Intanto oggi riceverà le chiavi della città dalle mani dell’ex sindaco. Alle 16 ci sarà la cerimonia del passaggio di consegne. Poi si rincontreranno in Consiglio Comunale alla prima sedu-

ta, quando Moratti con ogni probabilità presenterà le proprie dimissioni. Silvio Berlusconi, eletto consigliere con 28.474 preferenze, lascerà prima della convocazione della nuova assemblea di Palazzo Marino. Per evitare di ritrovarsi a dover presiedere la prima seduta del consiglio comunale dell'era Pisapia. Il regolamento, infatti, assegna questo compito al consigliere più anziano. Con le dimissioni del Cavaliere, il ruolo di presidente del consiglio comunale pro tempore spetterebbe all’esponente del Pd, Stefano Boeri, il secondo tra i più votati.

Decisamente più appropriato, considerata la maggioranza in aula: 29 consiglieri del centrosinistra e appena 11 del Pdl. PER LA PRIMA volta da quando è “sceso in campo” Berlusconi non presiederà il consiglio. Ed è la prima volta, dopo 18 anni, che il centrodestra milanese si ritrova sui banchi dell’opposizione. “Ci sarà da divertirsi”, sorridono in molti nel Pd. Che rimangono in clima apparentemente festoso ma cominciano a ridimensionare le aspettative create. A partire, appunto dal vicesindaco donna promes-

Il pressing di Pd e Sel mette in difficoltà il neo eletto E l’indipendente Anna Puccio già rinuncia

L’ANALISI La sconfitta in casa di Berlusconi

SEPPELLITI DA UNA RISATA di Nando Dalla Chiesa

i ha seppelliti una risata. Lgiosa. Sferzante, giovanile, contaEsplosiva e incontenibile davanti al troppo, al troppo di tutto. Che ha allagato l’altra sera piazza Duomo trasformandola in un grandioso teatro di satira popolare. Il gruppo di giovani che dirige l’occhio verso l’alto inscenando la progettazione della “più grande moschea d’Europa”. L’ingegnere che spiega alle maestranze: “Ecco, intanto le guglie devono sparire, via anche quella statuina d’oro lì in alto, e tutt’intorno spazi per i kebab”. A cinquanta metri da loro campeggia su un terrazzo pubblico un grande striscione con su scritto “Moratti, una donna fuori dal Comune”. E poi quel “Zingaropoli”, mugghiato da Bossi e rimbalzato sui cartelloni di tutta Milano, ritmato ogni dieci minuti con la giocosa cantilena degli ultrà vittoriosi. O il “Gigi D’Alessio, vogliamo Gigi D’Alessio” diventato rapidamente il tor-

mentone della notte, una canzonatura impietosa del giovedì prima, la più discussa musica dei quartieri napoletani chiamata a benedire il futuro della capitale padana, la rivolta della Lega, l’accusa alla sinistra violenta e comunista di avere minacciato il cantante, La Russa che fa promesse a telefono e microfono unificati, fino alla reazione rabbiosa dei fan fatti salire a vuoto dalla Campania: “Pisapia, Pisapia”. AFFONDA sotto una risata liberatoria la più grande farsa politica della storia europea del dopoguerra. Ogni tabù annunciato, ogni incubo agitato, si sono trasformati grazie alla rete in un potente sberleffo. La sinistra triste? Forse quella che Berlusconi incontrò al suo apparire sulla pubblica scena. Questa ha ironia da vendere (ci risiamo: perché la satira è di sinistra?). Mentre dall’altra parte, soprattutto a corte, sembrano capaci di ridere solo di gnocca e dintorni. È una risata che viene da lon-

Un supporter di Pisapia (FOTO EMBLEMA)

tano quella che rimbalza tra gli annunci di vittoria che arrivano da Napoli e da Arcore, da Rho e da Trieste, da Cagliari e Gallarate. Nasce, dopo aver fatto a braccio di ferro con l’indignazione, dal repertorio di gag ineguagliabili che ci è stato rappresentato per anni. Il parlamento pronto a votare che Ruby era la nipote di Mubarak, esattamente come avrebbe potuto votare che Napoleone andò in ritiro a Lampedusa o Garibaldi a Formentera. Il palco

sa da Pisapia. “Ne dobbiamo ancora discutere”, ha detto il segretario metropolitano del Pd, Roberto Cornelli. “Bisogna ragionare sulle competenze. È giusto che il 50% degli assessori sia donna, ma sulla questione del vice bisogna parlare tenendo conto di persone concrete. È necessario valorizzare l’apporto civico”. Il nuovo sindaco, invece, si limita a ribadire gli impegni presi: “Li rispetterò”, garantisce. Ieri, come aveva promesso, ha visitato le case popolari del quartiere San Siro e incontrato gli inquilini. “Sono stato durante la campagna eletto-

IL PERSONAGGIO

DAVID ROSSI, “PISAPIE” E 5 EURO

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l video-fenomeno su Internet della campagna elettorale di Milano? “È costato cinque euro” ci dice David Rossi, uno dei suoi cinque autori. “Il favoloso mondo di Pisapie”, online giovedì, ha già raccolto mezzo milione di visualizzazioni su Youtube ed è stato il suggello finale di una campagna contraddistinta dalla creatività spontanea degli utenti della Rete. Racconta una Milano governata da Pisapia dove l’eroina è libera e il sindaco manda “un grande abbraccio agli amici di Al-Qaeda”. “Siamo cinque ventenni, ci siamo conosciuti alla scuola civica di Milano e poi, per metterci alla prova, abbiamo fondato il gruppo ‘il terzo segreto di Fatima’” aggiunge David – accidentalmente anche figlio del comico Paolo Rossi. I ragazzi si erano già fatti conoscere con un finto video in cui Gheddafi disquisiva su “Pan di stelle” e salutava i suoi adepti con un “Forza Foggia”. Invece, “l’idea dell’ultimo video, ci è venuta dopo il primo

attrezzato davanti al Palazzo di Giustizia di Milano perché l’imputato possa insultare i suoi giudici in mezzo a una folla di figuranti in estasi. I bunga bunga narrati come cene eleganti a base di coca cola light e di discussioni politiche con giovani apprendiste Cavour. Le prostitute riaccompagnate a casa con le auto della polizia. Satiri ottantenni e lenoni falliti che spuntano come spot nei luoghi più improbabili. Falsi attentati con incredibili sparatorie per le scale. Le rincorse a Obama per spiegargli come discoli pentiti che non è colpa mia, in Italia c’è una dittatura

rale in questa zona e ora torno a confrontarmi con le stesse persone da sindaco di Milano, per vedere come mantenere insieme l’impegno di cambiare la città”. Pisapia ha incontrato Nori Brambilla, vedova del comandante partigiano Giovanni Pesce, medaglia d'oro alla Resistenza. La donna vive proprio nelle case popolari a San Siro. “Sono andato a trovarla come mi ero ripromesso”. Della giunta però non vuole parlarne. E sorride all’idea del passaggio di consegne: “Sarà una giornata importante per Milano”. Poi arriveranno i partiti.

turno: la campagna lanciata dal centrodestra era oltre ogni per violenza e propaganda. Rispondere con ironia non era facile: quando si parla di ‘zingaropoli islamica’ è dura inventarsi qualcosa”. Il progetto nasce ad una settimana dal ballottaggio “lunedì e martedì riprese, mercoledì montaggio,e giovedì eravamo online”. Il costo? “Nulla. Molti amici ci hanno aiutato, abbiamo ‘rubato’ per un’ora una cabina elettorale dalla una scuola e poi... ora che ci penso, abbiamo speso 5 euro la stampa del Corriere della Sera con il titolo: ‘3000 clandestini sbarcano sul Naviglio’”. Di lì, un successo travolgente: “Anche Pisapia l’ha citato in un discorso spiegando come il web ha aiutato ad esorcizzare la paura urlata dalla destra”. L’attore protagonista, Marco Di Polti, 29 anni, adesso “lo riconoscevano ovunque, gli chiedono autografi e foto”. A Milano, dice c’è “un’euforia che non avevo mai visto” e vuole aggiungere: “Il nostro è un progetto collettivo. Con Pietro Belfiore, Davide Bonacina. Andrea Fadenti, Andrea mazzarella”. Per la generazione web, la citazione è Federico Mello d’obbligo.

dei giudici. E quei capelli, santo cielo quei capelli. E gli strafalcioni a getto continuo, dal lontano Romolo e Remolo fino all’ultimo Goteborg al posto di Bad Godesberg. UN GIORNO sembrerà di avere sognato, e i ragazzi ci diranno “ma non ridevate?” come dicevamo noi ai nostri genitori rivedendo il duce con le mani sui fianchi a piazza Venezia. Davvero la prima volta è tragedia e la seconda è farsa. Ora bisogna uscirne e dare il segno fulminante della differenza. Mai dimenticare che il secondo governo Prodi dilapidò il patrimonio accumulato in

cinque anni di opposizione in poche settimane: i giochi miserabili (non del governo) per l’elezione del presidente del Senato; i cento ministri e sottosegretari, quasi tutti sconosciuti, lottizzati tra partiti e correnti, salvo accorgersi, dopo il giuramento, che mancava un sottosegretario in grado di reggere la Finanziaria in aula; l’indulto come prima e più assoluta urgenza. Si lavori alto per il Paese. E godiamoci questa riserva di ironia, pronti a usarla verso di noi. Come quella del giovane tifoso di Pisapia che l’altra sera ha chiesto agli amici di aspettarlo un attimo: “Vado a rubare un’auto e torno”.


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Formigoni si porta avanti: varata la Arexpo Spa

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IL GIORNO DOPO

stata costituita ieri con una delibera proposta dal presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni, la “Arexpo Spa”, società per azioni che avrà come azionisti di maggioranza partner pubblici e il compito di acquisire le aree per l’Expo 2015. Prima che la delibera fosse approvata, il sottosegretario Paolo Alli, che ha la delega per l’Expo, ha avuto un colloquio telefonico con il

neoeletto sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, in cui ha illustrato i contenuti del provvedimento. La delibera ha anche stanziato la quota di partecipazione di Regione Lombardia alla società, 2 milioni di euro, pari – al momento – al 100% del capitale sociale (che però si stima dovrà arrivare alla cifra di cento milioni, vedendo il Comune di Milano principale azionista). La società dovrà acquisire le aree del sito Expo dai soggetti privati

e pubblici; mettere a disposizione alcune aree alla società Expo 2015 spa per la progettazione e la realizzazione degli interventi di trasformazione urbana in vista della manifestazione; monitorare, assieme alla società Expo 2015 spa, il processo di infrastrutturazione e trasformazione dell’area e coordinare lo sviluppo del piano urbanistico dell’area, dopo l’Expo.

L’AMICO DI LIGRESTI CHE SUSSURRA A PISAPIA Francesco Micheli e gli affari sotto la Madunina Francesco Micheli (FOTO ANSA) di Vittorio Malagutti

ilano può diventare più bella, “purché non la si lasci nelle mani di immobiliaristi spregiudicati”. Giusto, giustissimo, come non essere d’accordo? Specialmente se lo dice il finanziere Francesco Micheli, uno che di palazzinari se ne intende. Sì, proprio lui, Micheli, il consulente preferito di Salvatore Ligresti. Un legame fortissimo il loro. Inseparabili da un ventennio e più. Ligresti fa e disfa, investe, compra e vende palazzi e terreni. Fa soldi a palate con giunte e sindaci di tutti i colori. Dalla Milano da bere di Bettino Craxi fino a quella berlusconiana di Gabriele Albertini e poi di Letizia Moratti. Alle sue spalle c’è

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sempre Micheli, consigliere discreto, abilissimo. E adesso anche lui, il consulente di Ligresti, corre in soccorso del vincitore Giuliano Pisapia. Lo fa in un’intervista al Corriere della Sera di ieri in cui Micheli “da gran conoscitore dei salotti” di Milano, come lo definisce il quotidiano, incorona il nuovo sindaco. POTERI FORTI in manovra, dice qualcuno. La borghesia cittadina fiuta il clima nuovo e si allinea. Micheli a dire il vero si era già portato avanti. Una settimana fa, in vista del ballottaggio, aveva organizzato una cena a casa sua con ospite d’onore Pisapia. Tra gli invitati anche l’immobiliarista Manfredi Catella, patron del gruppo Hines Italia. Sono suoi alcuni can-

tieri che stanno cambiando il volto del centro città: Garibaldi, Porta Nuova Varesine. Catella è socio di Ligresti e, manco a dirlo, buon amico di Micheli. Una cena per conoscersi, parlarsi, magari capirsi. Anche perché il nuovo sindaco in campagna elettorale ha promesso di smantellare il Pgt, il Piano di governo del territorio, varato a suo tempo dagli assessori della Moratti. Insomma, si ricomincia. In gioco ci sono affari miliardari. Basta con gli immobiliaristi spregiudicati, dice adesso “il gran borghese milanesissimo” nell’intervista al Corriere della Sera. Singolare affermazione per un sodale di Ligresti. Certo Micheli, 73 anni, raider di Borsa, finanziere, banchiere, mecenate appassionato di musica e

pittura, non parla mai a caso. E in fatto di affari ha sempre dimostrato un fiuto pressochè infallibile. Negli anni Ottanta le scalate alla Bi-Invest dei Bonomi e poi alla Fondiaria gli hanno procurato gran fama e denaro. Un decennio dopo lo troviamo alla testa di e.Biscom, l’impresa di comunicazioni, fenomeno borsistico della new economy destinata a trasformarsi in Fatsweb. NEL 1999 Micheli insieme al socio Silvio Scaglia stringe un accordo con il comune di Milano allora governato da Albertini per cablare la città. Nasce Metroweb controllata dal municipio e i privati in minoranza ed e.Biscom dove invece l’ente pubblico è in minoranza. L’accordo viene da più parti

Il finanziere dei palazzinari suggerisce al Corriere: “Non lasciare la città a immobiliaristi spregiudicati” criticato. Si parla di un favore di Albertini ai suoi due soci. Tutte accuse respinte dai diretti interessati. Fatto sta che quando nel 2000 va in Borsa e.Biscom, in pieno impazzimento per la new economy, a guadagnarci sono soprattutto

Scaglia e Micheli, quest’ultimo incassa qualcosa come 700 milioni di euro. Metroweb invece, che possiede i cavi, nel 2006 è stata ceduta a un fondo inglese e caso vuole che proprio in questi giorni stia per tornare in mani italiane, banca Intesa e il fondo F2i. Due anni fa Scaglia finisce in una brutta storia di evasione fiscale e riciclaggio (il processo è in corso) ma ormai l’ex socio Micheli ha già fatto le valigie da tempo. Il finanziere, vecchia volpe della Borsa, continua a macinare affari come sempre. Fa un favore a Ligresti quando quest’ultimo nel 2002 scala Fondiaria. Sarà Micheli a prendere una quota della compagnia di assicurazioni per poi girarla in un secondo tempo all’amico costruttore, che riesce così ad aggirare i problemi di antitrust. Un colpo grosso, davvero. Il legame tra il re del mattone alla milanese e il suo consulente diventa, se possibile, ancora più stretto. Il figlio di Micheli, Carlo, fa la sua comparsa in qualche società di Ligresti. E di recente, quando quest’ultimo deve far fronte a una grave crisi finanziaria, l’amico non fa mancare i suoi buoni consigli. Difficile pensare che non gli dia una mano proprio adesso, nella nuova Milano di Pisapia.

La vita è fatta di alti e bassi.

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Alle porte di Milano2 il residence delle bunga bunga girls

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E ADESSO VATTENE

ivico 65 di via Olgettina, ultimo caseggiato prima dell’impero immobiliare berlusconiano chiamato “Milano Due”. Dagli atti dell’inchiesta per prostituzione minorile contro Berlusconi e la consigliera regionale lombarda Nicole Minetti emerge anche la figura di una Maria Esther Polanco determinata, sicura di sé, con un ruolo di mediatrice e leader tra le “bambole” di via

Olgettina. La regina dell’Olgettina. Quando il 15 gennaio per la prima volta la stampa viene a conoscenza dell’esistenza del residence a Milano Due in cui vivono le giovani del bunga bunga, i giornalisti si presentano in massa. Ed è Maria Esther a dettare la linea alle altre. “Uscite il meno possibile”, dice ad Aris. “Fatelo per papi”. Poi è lei a uscire allo scoperto. Per fare una piazzata, scendendo dal suo Hummer,

contro un’inviata di Annozero e infine, recuperata la calma, per tenere i rapporti con tutti i giornalisti. Tanto da arrivare a essere ospitata all’Infedele di Gad Lerner. Su come affrontare la stampa sembra in ogni caso avere le idee chiare. “Se vogliono delle notizie”, dice al telefono, “paghino quei coglioni, se pensano che io parlerò male di papi… io non parlerò male di papi”.

ALL’OLGETTINA VINCE PISAPIA Trionfo del neo sindaco nel seggio del residence La Polanco però è dispiaciuta: “Appena torna chiamo Silvio”

di Gianni Barbacetto

e Antonella Mascali Milano

i spiace, mi spiace tanto che le elezioni siano andate male per Silvio”. Marysthell Garcia Polanco, senza trucco e con una semplice magliettina verde, sembra una bambina, nel giardino della Residenza Olgettina. Difficile riconoscere in lei la donna sexy di Colorado Cafè. “Non l’ho ancora sentito, ma lo sentirò, quando

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rientrerà dalla Romania. Mi spiace, lui è una persona meravigliosa, però sai, la politica è strana. Adesso ha perso Milano. Io sono dominicana, non voto in Italia, ma credo che sia meglio uno conosciuto che uno da conoscere: comunque spero che Giuliano Pisapia faccia bene”. È sotto casa, insieme alle altre ragazze di via Olgettina. Poco più in là, due giardinieri sistemano le rose, qualche residente passa veloce, in giacca e cravatta. Le sei Papi-girls chiacchierano

tra loro. Insieme a Marysthell ci sono Barbara Guerra, Iris Berardi, Elisa Toti, Aris Espinosa, Ioanna Visan detta Annina. Irriconoscibili in versione casalinga, ben diverse dalle foto posate dei loro book. Accettano di scambiare due parole (“Ah, siete del Fatto, il giornale che ci ha massacrato!”). Poi scappano via. Tre di loro salgono su un taxi arrivato a prenderle, Barbara (che ha appena finito la sua stagione da valletta tv per la Champions League su Mediaset Premium Calcio e su Retequattro) Le “olgettine” Marysthell Polanco (FOTO ANSA) , Iris Berardi (FOTO LAPRESSE) e Barbara Guerra (FOTO ANSA)

A FUOCO l’ex locale del fidanzato di Ruby otrebbe essere dolosa la causa dell’incendio Pscoteca che si è sviluppato la scorsa notte nella diAlbikokka di Genova Quarto, fino a poco tempo fa gestita da Luca Risso, fidanzato di Ruby, la giovane marocchina coinvolta nell’indagine sulle feste del premier Berlusconi. All’interno del locale sono state trovate tracce di liquido infiammabile che potrebbe essere stato usato per appiccare il fuoco. L’incendio era scoppiato intorno alle due sul bancone, l’intervento dei vigili del fuoco è durato due ore. “Sono uscito dalla società che gestisce l’Albikokka nel mese di marzo. Non ho più nulla a che fare con quel locale”. Lo ha dichiarato Luca Risso, il fidanzato e promesso sposo di Karima El Mahroug alias “Ruby Rubacuori”.

La mattina dopo la catastrofe le sei “papi-girls” chiacchierano sotto casa esce dal cancello con la sua Smart, Marysthell e un’amica ritornano a casa. È il giorno dopo lo schiaffo elettorale a Berlusconi. “No, non siamo preoccupate. E perché mai?”. È anche il giorno in cui al tribunale di Milano si celebra la

prima udienza operativa del processo Ruby. Le sei “Olgettine” sono tra le protagoniste principali della storia della minorenne marocchina per cui il presidente del Consiglio è finito sotto processo per concussione e prostituzione minorile. Sono le partecipanti più assidue alle feste notturne di Villa San Martino. Lo hanno dimostrato i loro telefonini, rimasti più volte “agganciati” nella “cella” di Arcore. Nell’aula di quel processo prima poi dovranno entrare anche loro, per testimoniare quello che sanno (o che dicono di sapere) sul bunga-bunga. “Siamo noi sei”, raccontano. “Siamo state sempre noi sei, qui in via Olgettina, non è vero che ci fossero altre ragazze, che fossimo in quattordici, com’è stato scritto sui giornali. Nicole Mi-

netti? Ma no, lei ha sempre abitato da un’altra parte. Non è vero che abbiamo ricevuto lo sfratto, dopo che i giornali e le tv hanno parlato di noi. Siamo sempre rimaste tranquillamente a casa nostra”, raccontano. L’affitto viene versato regolarmente dal “ragionier Spinaus”, da Giuseppe Spinelli, che amministra la cassa personale di Berlusconi e provvede anche a pagare le bollette delle “Olgettine”. Il senatore Pdl Giancarlo Serafini smentisce al Fatto Quotidiano le notizie di stampa che lo indicano come il nuovo gestore del portafoglio di Silvio, dunque colui che deve anche accudire le ragazze di via Olgettina, quelle che a Mediaset vengono chiamate le “protette” di Silvio. “Ma non esiste”, spiega il senatore.

“Io mi dedico esclusivamente al lavoro politico. Sono il vicecoordinatore del Pdl lombardo, il numero due di Mario Mantovani”. “Serafino?”, chiedono le ragazze, trasformando il cognome in un nome. “E chi è? Mai sentito. Senatore? E che cosa fa un senatore?”. Una signora entra dal cancello. “Sì, certo, sappiamo che qui abitano quelle, lo abbiamo letto. Ma per il resto, qui abita gente tranquilla, professionisti, ricercatori, molti lavorano all’ospedale San Raffaele, che è a un passo”. La sezione elettorale numero 1571 è quella dove votano gli abitanti del numero 65 di via Olgettina: al primo turno ha vinto Pisapia, con 302 voti (49,1 per cento) contro i 235 voti di Letizia Moratti (38,2 per cento).

Ghedini insiste: “Per B. era la nipote di Mubarak” POI LA SOLITA MANFRINA SUL “PRESIDENTE PERSEGUITATO” E LA DISPERATA RICERCA DI CAVILLI PER RITARDARE IL PROCESSO Milano

arta straccia. Per gli avvocati di Silvio Berlusconi, l’onorevole Niccolò Ghedini e il senatore Piero Longo, il processo sul caso Ruby è viziato all’origine: la procura di Milano ha “monitorato direttamente Silvio Berlusconi con una pacifica violazione dell’articolo 68 della Costituzione”, che prevede l’autorizzazione delle Camere per intercettare un parlamentare. Peccato che il premier non sia mai stato intercettato. Ma per Ghedini i pm milanesi chiedevano “i tabulati telefonici di altri soggetti per monitorare direttamente Berlusconi e tutto ciò che attiene alla sua vita privata”.

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LA DIFESA, dunque, vuole che i giudici dichiarino “l’inutilizzabilità radicale di tutte le intercettazioni e dei tabulati”, di conseguenza pretendono la nullità del decreto che ha disposto il giudizio. Nullità che ravvisano anche perché i pm avrebbero dovuto iscrivere Berlusconi nel registro degli indagati non il 21 dicembre, ma quattro mesi prima. E comunque, per il reato di concussione

la competenza non è del tribunale ordinario, sostengono gli avvocati, ma del tribunale dei ministri, invece per il reato di prostituzione minorile è del tribunale di Monza. Immancabile un passaggio della difesa sul “convincimento chiaro e incontrovertibile” di Berlusconi che la minorenne marocchina fosse la nipote del presidente egiziano Mubarak: per questo chiese alla questura di Milano il rilascio di Ruby, denunciata per furto. Udienza tecnica, quella di ieri. Obiettivo della difesa: vanificare le indagini o per lo meno evitare che entro l’estate possa iniziare la compromettente sfilata di “Arcorine” sul banco dei testimoni. Il processo si apre con un colpo di scena: l’avvocato Longo e il procuratore aggiunto Ilda Boccassini sono d’accordo nel chiedere l’esclusione dal processo di Arcidonna onlus, che voleva invece costituirsi parte civile in merito all’accusa di prostituzione minorile. Il tribunale li accontenta: perché tra i fini dell’associazione non c’è la tutela dei minori. Risolta la questione, entra in scena Ghedini con una grandinata di ben 16 eccezioni preli-

minari: una sulla competenza funzionale, una su quella territoriale, cinque sul rito immediato, quattro sulle intercettazioni, una sulla violazione della corrispondenza in merito alla documentazione bancaria di Berlusconi, due infine sulla mancata formazione del fascicolo del dibattimento. L’AVVOCATO la prende molto alla larga: cita lo Statuto Albertino del 1848 e la Carta Ottriata francese del 1814, elenca una serie di sentenze della Consulta e della Cassazione (che per lo più negano la competenza del tribunale dei ministri). Alla fine chiede ai giudici il proscioglimento immediato di Berlusconi dall’accusa di concussione. Perché nella notte in questura ha agito da privato, e quindi non c’è reato. Se invece ha agito come pubblico ufficiale, cioè come premier, va giudicato dal tribunale dei ministri. L’accusa sostiene che Berlusconi, la notte del 27 maggio 2010, abbia agito abusando della “qualità” di presidente del Consiglio, ma non della sua “funzione” (perché non ha competenze sulla polizia). Il giudice per le indagini

preliminari Cristina Di Censo ha disposto il giudizio immediato accogliendo la tesi della procura. Per Ghedini invece non c’è distinzione tra “qualità” e “funzione”: dunque se c’è concussione, a giudicare deve essere il tribunale dei ministri, organo che per procedere ha bisogno dell’autorizzazione della Camera di appartenenza del parlamentare inquisito. Prossima udienza il 6 giugno, con altre eccezioni presentate dagli avvocati. Poi, forse entro luglio, o subito dopo l’estate, si saprà che cosa decide in merito il tribunale. Non è stata ancora concordata un’agenda delle udienze. (g.barb - a. masc.) Ruby “Rubacuori” (FOTO LAPRESSE)

di Livia Ravera

Il giovane Matteo Salvini e i trentenni in politica I TRENTENNI in politica, se raggiungono posizioni di rilievo, o sono figli di Bossi, e allora possono anche chiamarsi Renzo, oppure si chiamano Matteo. Matteo Renzi, Matteo Orfini, Matteo Salvini… È un nome biblico e generazionale, ha un bel suono, arriva giù come una martellata. Lo porta particolarmente bene il Salvini: 36 anni, consigliere comunale da quando ne aveva venti, star di Radio Padania Libera, segretario provinciale della Lega Nord, martire della Compagnia per la Conferma della Letizia a Milano. Ha dalla sua un aspetto assolutamente qualunque: un ampio ovale gommoso, naso occhi e bocca aggruppati al centro come arredi necessari ma ordinari, messi lì di fretta, in attesa di sostituirli con qualcosa di più raffinato. Una faccia un po’ Ikea: chiunque può permettersela, e quindi, eventualmente, identificarsi. Se non basta c’è l’allegra propensione al facile: particelle di egoismo elementare, identità costruite sulla negazione dell’altro, sia esso un napoletano o un islamico, basta dire che uno puzza e l’altro prega col sedere per aria perciò… uè, vuoi mica farci su una moschea, pirla?... E, per ottimizzare la comunicazione, i modi spicci del giovane di professione, quel piglio da eterno studente (infatti non si è ancora laureato), capace di arrivare dritto al punto, senza preamboli né arzigogoli, senza guardare in faccia nessuno, senza appesantire il messaggio con troppi concetti. Anche la sconfitta l’ha incassata con coerenza stilistica: ruvido, consapevole, indomito. Come uno che ha tutta la vita davanti (per riprendersi).


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Di Pietro: “Felice se Luigi mio successore”. Donadi: “Candidiamolo a premier”

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uella che io possa essere preoccupato o sentirmi usurpato è una sciocchezza mostruosa. Mi considero il padre politico che ha portato un figlio a compiere 18 anni. Ora è il momento di lasciarlo andare perché è in grado di camminare sulle sue gambe” e se il sindaco

di Napoli – ha affermato il capo dell’Italia dei Valori Antonio Di Pietro – dovesse arrivare a guidare il partito “quel giorno uccideremo il vitello grasso”. E Massimo Donadi addirittura si spinge a vedere De Magistris a Palazzo Chigi fra cinque anni: “Se io dovessi scegliere tra vari candidati e sapessi che uno di questi è una persona che

nei cinque anni precedenti ha risolto i problemi di Napoli, lo voterei di sicuro. Perché chi riuscirà a risolvere anche solo una parte dei problemi storici e immutabili di Napoli avrebbe le carte in regola per fare benissimo anche a livello nazionale. Napoli è una sfida importante per costruire una leadership per il Paese”.

Rifiuti e non solo “Gigino” alla guerra ARCHIVIATA LA FESTA COMINCIANO I GUAI di Enrico Fierro inviato a Napoli

alla fine, quando il sole cala su Piazza Plebiscito, Gigino ‘o sinnaco arriva in processione. Monache, ragazzi con i labari delle congregazioni, devote dei Quartieri e fedeli. E il cardinale Crescenzio Sepe. È il “giubileo” di Napoli e Luigi de Magistris è partito dalla Chiesa di San Ferdinando prendendo sotto il braccio sua moglie Maria Teresa. La folla lo applaude, gli fa gli auguri, lo sommerge di affetto. “Sinnaco, ‘o lavoro”. È la preghiera urlata con disperazione nella città dove il 32% della po-

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polazione non ha uno straccio di occupazione. “Sinnaco, i giovani non devono più fuggire da Napoli”. Un’altra prece nella metropoli dove il 70% dei ragazzi e delle ragazze dai 20 ai 24 anni non riesce più a pronunciare la parole futuro. La festa è finita nella notte tra lunedì e martedì. Si è cantato e ballato, gioito, le lacrime hanno bagnato le guance di vecchi militanti e dei giovanissimi che ci hanno creduto. La piazza sotto il municipio si è affollata di borghesi e proletari, nobili e gente delle periferie, attori, professori universitari, musicanti, studenti, operai di Pomigliano e di Castellammare. Ma ora c’è Na-

poli, con i suoi drammi, le sue ferite di sempre, profonde, mai curate. Napoli delle eterne emergenze. Forse è per questo che dopo la stretta di mano (cordiale, a tratti amorevole) tra il cardinale Sepe e il nuovo sindaco, c’è la preghiera alla Madonna. “Ti affidiamo Napoli, la tua città”, prega il prelato. “Gigino ‘o sinnaco” lo guarda e annuisce. Sì, serve pure l’aiuto della Madonna, e di San Gennaro, per prendere di petto i mali di della città. Perché parli di monnezza (“La prima delibera della mia giunta sarà sui rifiuti”, annuncia De Magistris), e non puoi fare diversamente, è quello che si

di Pino Corrias

“Io? Mai votato per Berlusconi. O forse sì” ADESSO SPUNTANO COME I FUNGHI dopo l’acquazzone. Al telefono (e i più scafati anche di persona, guardandoti dritto negli occhi) ti dicono: “Hai visto che roba!? Si cambia finalmente!”. Tu cosa c’entri, provi a dirgli. “Io? Mai votato Berlusconi. Tu lo sai!”. No, non credo di ricordare. “Sì forse nel ’94. Ma era la prima volta. Chi poteva immaginare?”. Si poteva eccome, bastavano i suoi debiti e l’Interpol. “Era il suo esordio di outsider liberista!”. Non è mai stato un outsider e non è mai stato liberista, gestiva il suo monopolio coi conti esteri. “Ok, però c’era l’entusiasmo della prima ora. Discussioni! Congressi!”. I

congressi erano inni cantati e le discussioni monologhi. “Prometteva meno tasse per tutti”. Però poi le ha aumentate e evase. “Era il 2001, c’erano le speranze!”. Al nono esclamativo ti chiedi dove andrà a parare. “E quel suo vitalismo contagioso, nel 2008, di giocoliere galante…”. Giocoliere galante? Con le puttane o coi conti pubblici? “È vero, uno scandalo dopo l’altro, uno schifo”. E quindi? “Quindi si merita l’esilio, il carcere. Deve morire solo come un cane, sei d’accordo?”. No. “Ho capito. Ma per voi vecchi berlusconiani non c’è più futuro, ricordatelo”.

Luigi de Magistris alla prima giornata da sindaco in giro per Napoli (FOTO EMBLEMA)

aspettano i napoletani, ma poi sbatti il muso contro la realtà. La città è sporca, il salotto di via Toledo un immondezzaio. Puntare sulla differenziata per evitare il cancro di discariche e inceneritori è una linea chiara, giusta, che i napoletani hanno condiviso e sostenuto nelle urne. Ma poi devi fare i conti con un mostro: l’Asia, l’azienda municipale. 2440 dipendenti, 3 mila con quelli delle società appaltatrici. Sono tanti, un esercito, ma solo 1950 sono in strada, guidano i camion, raccolgono i rifiuti, li portano agli impianti. Trecento di loro sono ultrasessantenni e vanno aiutati a scivolare verso la pensione, gli inidonei (invalidi) 250. TASSO di assenteismo per malattie, problemi familiari, indolenze congenite, quasi il 4%. E come lo governi un baraccone così? Basta una decisione dura, una presa di posizione sgradita e si ferma tutto. Scioperi, proteste, la città sommersa dai rifiuti. Il nuovo sindaco non fa nomi di assessori, “Tommaso Sodano (l’ex senatore che per primo denunciò in Procura lo scandalo del ciclo dei rifiuti, ndr) è una persona degna”. Può essere lui il nuovo assessore all’igiene, oppure, la proposta arriva dai “movimenti” che hanno sostenuto De Magistris,

Per l’ambiente due nomi in lizza: Sodano e Raphael Rossi, eroe torinese di legalità chiamiamo Raphael Rossi. È il giovane vicepresidente dell’Amiat (la municipalizzata per la differenziata di Torino) cacciato dalla sua azienda dopo aver denunciato l’acquisto di un macchinario inutile di 4 milioni di euro. Due uomini onesti, coraggiosi, capaci. L’identikit perfetto per la città. E il bilancio. Se ne occuperà, forse, l’economista Riccardo Realfonzo, una breve esperienza da assessore a Palazzo San Giacomo. “Lo stimo e lo apprezzo”, dice di lui il sindaco. Se rientrerà nel suo ufficio al Comune, il giovane professore universitario si troverà sul ciglio del baratro. Il bilancio preventivo (che andava approvato entro gennaio), è stato già prorogato per ben due volte, ora c’è un termine ultimo, 30 giugno. Se non si approva il Comune

rischia il commissariamento. “A Napoli – dice il sindaco ai giornalisti – dobbiamo stipulare un patto per la sicurezza”. UN OBIETTIVO da stroncare un toro nella città dove i turisti vengono aggrediti, scippati. E muoiono. Una montagna da scalare a mani nude nella Napoli dove, proprio nella notte di festa, la sede dei vigili che si occupano di lotta alle contraffazioni e all’abusivismo è stata presa d’assalto con le bottiglie molotov. Ma Gigino ‘o sinnaco ha ragione quando dice che “i napoletani, non vedono l’ora di ripartire”. La voglia di togliersi “gli schiaffi dalla faccia”, come si dice qui, la respiri nell’aria. E lui, che sente “forte il dovere di dare tutto a questa città”, promette di voler fare “il sindaco per cinque anni e cinque ancora”. Sarà durissima e Giggino ‘o sinnaco dovrà fare pure i conti con i veleni. Cosa avrà voluto dire Silvio Berlusconi con quella frase? “Se a Napoli avessi candidato la Carfagna avrei vinto, ma avrei consegnato Mara alla camorra”. Parole oscure, inquietanti, se pronunciate da chi ha voluto, sostiene e appoggia Nicola Cosentino come coordinatore regionale del suo partito. Nick ‘o mericano, quello che i magistrati vogliono arrestare per i suoi rapporti con la camorra. Quella di Casal di Principe.

Dopo un giorno Grillo boccia già “Pisapippa” MA I LETTORI DEL SUO BLOG INVITANO ALLA CALMA: “NON POSSIAMO GIUDICARE ADESSO”. IL COMICO A MUSO DURO CONTRO IL PD di Luca De Carolis

a quale Milano liberata, ma quaM le vento del cambiamento. Non c’è proprio nulla da festeggiare, perché “nell’Italia di Pisapippa ha vinto il sistema”. Pensieri e parole di Beppe Grillo, che sul suo blog semina ombre nere e vetriolo sulla vittoria del centrosinistra. Per il fondatore del Movimento 5 Stelle, a dirigere il gioco è sempre il sistema. Quel Moloch potentissimo “che ti fa scendere in piazza perché hai vin-

to tu, ma alla fine vince sempre lui. Che trasforma gli elettori in tifosi contenti perché ha finalmente vinto la sinistra o alternativamente la destra”. Per Grillo tra gli opposti schieramenti non ci sono proprio differenze. E allora giù bordate, contro i Democratici e i neo-sindaci: “Qualcuno ha detto al Pdmenoelle che è facile vincere con i candidati degli altri. Già, ma chi sono gli altri? Pisapia, avvocato di De Benedetti, tessera Pdmenoelle numero Uno, Fassino deputato a Roma e sin-

Il comico-politico Beppe Grillo (FOTO LAPRESSE)

daco a Torino, che vuole la militarizzazione della Val di Susa?”. Strali anche per Nichi Vendola, che “costruisce inceneritori insieme alla Marcegaglia, destina 120 milioni di euro della Regione Puglia alla fondazione San Raffaele di Don Verzé, padre spirituale di Berlusconi, e mantiene privata la gestione dell’acqua”. Nessun cenno invece a Di Pietro e De Magistris, salvati (o dimenticati?) da Grillo, che sul crollo del centrodestra ha una precisa teoria: “Il sistema ha liquidato Berlusconi e deve presentare nuove facce per non essere travolto. Se sono vecchie, le fa passare per nuove. Se sono nuove le fagocita con la tessera di partito e ruoli di rappresentanza. Se Pisapia fermerà almeno la costruzione mostruosa dell’E-

Il sindaco: “Parla senza conoscere la realtà”. Bersani: “A volte dice cose da puro qualunquista”

xpo 2015 insieme a quella di City Life, chiuderà gli inceneritori, taglierà del 75% gli stipendi degli assessori, mi ricrederò. Pensate che lo farà?”. L’ARTISTA genovese non nutre speranze. Il suo principale nemico rimane il Pd: “Ha permesso lo scudo fiscale, votato l’indulto, non ha reso possibile l’accorpamento tra amministrative e referendum (bastava un solo voto, ma erano assenti 10 pdmenoellini e due Idv, pensate che sia un caso?)”. Ma la chiosa è contro gli industriali: “Confindustria cerca nuove vie per mantenere i suoi parassiti e si è svegliata dopo Fukushima, quando ha capito che la torta di 30 miliardi delle centrali nucleari stava svanendo. Assieme ai partiti, farà di tutto per far fallire i referendum che gli sottrarrebbero la gestione dell’acqua”. Insomma, per Grillo le feste nelle piazze sono fuori luogo “Tutto cambia perché nulla cambi”. I commenti sul suo blog però non sposano in pieno l’intemerata, anzi. In parecchi sottolineano l’importanza di aver dato una spallata a Berlu-

sconi, e difendono Pisapia, invitando a concedergli tempo “per vedere cosa farà”. C’è anche chi invita Grillo “a rilassarsi” e persino lo accusa di “protestare e basta”. Diversi elettori o simpatizzanti del Movimento hanno insomma sorriso per il risultato delle amministrative. Compreso (forse) il 20enne Mattia Calise, candidato 5 Stelle a Milano, che prima del ballottaggio al Fatto aveva detto: “Moratti sindaco? Speriamo di no”. Pisapia in serata risponde bruscamente: “Grillo talvolta parla senza conoscere la realtà, credo che molti ragazzi del 5 Stelle abbiano votato per me”. Un altro bersaglio del comico, Bersani, a Grillo replica così: “I grillini, al di là del franchising di Grillo, mostrano delle esigenze che si rivolgono alla politica e bisogna assolutamente interloquire con loro. Le parole di Grillo spesso hanno questo tono qualunquista, ma ciò non toglie che le domande che loro pongono vadano considerate”. Tradotto: il Movimento 5 Stelle ha voti importanti, e va considerato ormai come un interlocutore reale. Al di là di Grillo.


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Speciali elettorali: il Tg3 record batte il Tg1 di Wanda Marra

apoli sceglie De Magistris, oppure non vota. Milano sostiene sia Pisapia che la Moratti, ma il primo ha un’accelerazione più robusta. E ancora: i candidati di centrosinistra guadagnano voti rispetto al primo turno in 10 capoluoghi su 13 e quelli di centrodestra ne perdono in 8 capoluoghi su 13. Questi i dati più eclatanti elaborati dall’Istituto Cattaneo sui risultati del ballottaggio. Che confermano un trend: il centrosinistra guadagna la volata rispetto al primo turno e convince più cittadini, mentre il centrodestra arretra. I risultati più forti a Napoli (dove non a caso De Magistris ha preso il 65,4%). Un elettore su cinque al ballottaggio passa da Lettieri a De Magistris. Il successo dell’ex Pm si costruisce su tre elementi. In primo luogo su una tenuta dell’area della sinistra: coloro che avevano votato per Idv, Sinistra radicale e Movimento 5 stelle (nonché i voti personali e delle liste minori per De Magistris) hanno confermato per quasi il 95% De Magistris. Ed è quasi del 90% la percentuale di elettori Pd che hanno votato De Magistris (in quanto un 12% di questi si è astenuto). Vistoso cedimento, invece, dell’area che faceva capo a Lettieri, che si realizza in due direzioni. Da una parte verso l’astensione: un flusso del 2,2% sia dal Pdl, che da Lettieri (ovvero di elettori che avevano votato solo il candidato o partiti minori che lo appoggiavano). Dall’altra, verso un vero e proprio salto di campo, soprattutto da parte di elettori che avevano votato Lettieri al ballottaggio uno su 5 ha scelto De

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A Milano guadagnano consensi entrambi gli sfidanti: ma Pisapia in misura maggiore Magistris. Anche i voti del Terzo Polo sono andati in maggioranza (il 53%) a De Magistris, e poi il 26% a Lettieri. Mentre il 21% si sono astenuti. Lo stesso trend fotografa uno studio del Centro Italiano Studi Elettorali della Luiss (il gruppo di lavoro di Roberto D’Alimonte): mentre per chi aveva scelto il nuovo sindaco già al primo turno viene stimato un altissimo tasso di fedeltà (91%), accompagnato da alcune defezioni verso Lettieri (9%) ma da praticamente nessuna defezione significativa verso l’astensione, per Lettieri viene stimato un tasso di fedeltà molto basso (55%), con forti defezioni verso l’astensione (23%) e addirittura verso il proprio avversario (22%). Chi aveva votato Morcone, al secondo turno (con una defezione dell’8% verso Lettieri e del 13% verso l’astensione) in larghissima parte (l’81%) sceglie De Magistris. Ma una maggior forza di attrazione di quest’ultimo viene stimata anche tra chi aveva votato il candidato del Terzo Polo Pasquino (45% verso De Magistris, 36 verso Lettieri e 19 verso l’astensione). L’Istituto Cattaneo fa poi un’ana-

H

IL GIORNO DOPO

a vinto il Tg3. Il lungo giorno delle elezioni in tivù ha segnato un’altra novità clamorosa, ovvero il sorpasso della terza rete sull’ammiraglia Rai1 nello specialone elettorale. Il dato è presto detto: il dibattito condotto dalla direttrice Bianca Berlinguer ha incollato al video 1.433.331 spettatori, con uno share del 13,82 per cento. In

contemporanea andava in onda su Rai1 il talk (ri)animato da Francesco Giorgino: 1.295.669 spettatori con uno share dello 12,07 per cento, saliti a 1.373.146 (ovvero 13,50 per cento di preferenza) nell’edizione del Tg alle ore 17.00. Ma anche lì, nel canonico appuntamento news, la terza rete ha scassato ogni record beccando un 22,2 per cento già all’edizione delle ore 12.00 e

un sontuoso 18,8 per cento alle 19.00, quando il Tg1 delle 20 ha totalizzato un opaco 20,95 per cento. Chi ha lasciato lì tutto solo Attilio Romita coi suoi guai probabilmente stava godendosi un Enrico Mentana in splendida forma su La7: anche per lui giornata storica con un ascolto pomeridiano volato all‘11,68 per cento di share e

DE MAGISTRIS PIGLIA VOTI A TUTTI: ANCHE A LETTIERI I candidati di centrosinistra più votati del I turno lisi della situazione nazionale: nel complesso delle 13 città in cui si è andati al ballottaggio (Milano, Trieste, Pordenone, Rovigo, Rimini, Grosseto, Varese, Novara, Napoli, Cosenza, Crotone, Cagliari e Iglesias), i candidati di centro-sinistra hanno guadagnato quasi 130 mila voti (+16,8% ri-

spetto al primo turno), mentre i candidati di centro-destra hanno perso oltre 21 mila voti (-3,1%). Altro dato significativo, quello dell’astensione: se al primo turno sono state espresse un milione e 686mila preferenze per i candidati sindaco, al secondo solo un milione e 561mila elettori

hanno espresso voti validi: una contrazione di oltre 125mila voti, pari al 7,4% dei consensi. Solo Milano ha registrato un’inversione di tendenza: a Giuliano Pisapia e Letizia Moratti sono arrivate 6.152 preferenze in più rispetto al primo turno. Pisapia ha preso 49,8mila voti in più

(+15,8%) e Letizia Moratti ha aumentato il suo numero di voti, ma in misura insufficiente (24,5mila, + 9%). Come Milano, anche Trieste e Pordenone, dove ha vinto il centrosinistra. Sulla scia di Napoli invece, Cagliari, Novara, Crotone (dove ha vinto il centrosinistra) e Va-

rese e Rovigo (ha vinto il centrodestra): in tutti questi capoluoghi, lo sfidante di centrosinistra ha guadagnato molti voti sul primo turno, mentre quello di centrodestra ha visto erodere i suoi consensi. Ma esiste anche una terza via, quella di Cosenza e Iglesias (entrambe città con il centrodestra vincente) dove entrambi gli schieramenti hanno perso voti. Complessivamente i candidati di centrosinistra hanno preso più voti rispetto al primo turno ovunque tranne che a Cosenza, Iglesias e Grosseto. I candidati di centrodestra, al contrario, sono cresciuti soltanto in cinque comuni (quattro se si esclude Pordenone, dove il progresso è stato di appena lo 0,6%): Milano, Rimini, Trieste, Grosseto (città in cui ha vinto il centrosinistra).

a cura di Paola

Zanca


Mercoledì 1 giugno 2011

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IL GIORNO DOPO Fiacche le performance dei tg Mediaset più schierati. Emilio Fede, nonostante le battute brillanti e un tono quasi inglese, ha racimolato il 6,94 per cento nell’edizione nobile, Studio Aperto l‘8,18 per cento. Il Tg5 di Mimun ha vinto la sfida di pranzo (27,26 per cento) ma è rimasto a digiuno per cena (20,07 per cento).

schizzato in serata al 13,79 per cento per il tg, performance più unica che rara. Cui hanno fatto seguito gli ottimi risultati di “Otto e mezzo” (9,68 per cento) e “l’Infedele” (10,77 per cento): magno cum gaudio di Lerner, che ha visto fermarsi i colleghi di seconda serata “Porta a Porta” al 14,99 per cento e “Matrix” all‘8,46 per cento.

GAD LERNER “ORA CANDIDIAMO LA BINDI”

Una nuova geografia Auditel totalmente sconvolta dall’evento amministrative, e quindi passeggera quando le esultanze di piazza? “Noi al Tg3 siamo molto contenti - ammette l'inviato Romolo Sticchi -. Era dai tempi della D’Addario che non avevamo ascolti del genere, ma allora in Rai nessuno voleva dare ampio spazio al tema, e quindi forse il

parallelo non vale. Stavolta credo sia stata premiata l’informazione pulita, le notizie date nude e crude. In un momento così delicato, con tanti interrogativi aperti su cosa sia e a che debba servire l’azienda del servizio pubblico, è davvero un risultato importante”.

Gad Lerner che incorona la Bindi secondo Emanuele Fucecchi

“E al suo fianco Vendola. Non basta l’abbraccio di Prodi per Bersani” di Fabrizio d’Esposito

nfedele (dal titolo della sua trasmissione su La7) e bastardo (dal sottotitolo del suo blog), Gad Lerner è anche un “iscritto di base” dei democrat. Nel maggio di quattro anni fa, il giornalista fu tra i 45 del comitato promotore del Pd. Nel gioco delle etichette, la sua è quella di prodiano mai pentito. Prima immagine della festa: Prodi sul palco con Bersani, lunedì pomeriggio al Pantheon. Prodi si sente il padre di questo partito nato in ritardo. Ma il suo ritorno non può essere strumentalizzato da nessuno. Eppure si parla addirittura di un’investitura al segretario del Pd come candidato-premier. Io rispetto molto Bersani, ha fatto un lavoro umile e oscuro in questi mesi. Ma non può bastare l’abbraccio di un autorevole padre nobile sul palco. Grazie al cielo non è più così. Però colpisce e ha un effetto moltiplicatore sugli scenari. Prodi stesso detesterebbe un partito in cui sarebbe sufficiente un buffetto per investire qualcuno. E le voci su Prodi al Colle? Guarda, io so quanto oggi Prodi sia davvero felice. Lui non sta recitando una commedia. È molto soddisfatto della sua vita di professore tra la Cina e gli Stati Uniti. Ma la gente lo applaude, lo

I

incita, lo invoca. Lui è un uomo dal carattere tutt’altro che dolce ma quando accadono queste scene se ne compiace. Da qui a scrivere, però, che sta pianificando tutto come un avvoltoio ce ne vuole. Altrimenti avrebbe accettato qualche incarico da notabile di partito. Se poi tu mi chiedi: “ti piacerebbe Prodi al Quirinale?”, io

“Ma Nichi non mi è piaciuto a Milano. E dico no ai giochetti di D’Alema e Veltroni”

ti rispondo: sì, eccome. Torniamo all’euforia da festa: i rischi sono molti. Assisto con angoscia alle schermaglie dei soliti noti che trapelano dal giornalismo romano (il tono è tra il sarcastico e lo sprezzante). D’Alema vuole un governo di transizione con l’Udc, Veltroni è sempre fermo alla decantazione post-B. I soliti noti parlano senza avere titoli né mandato da partito e da elettori. Un po’ come me che parlo da iscritto di base. Ma non mi è piaciuto nemmeno Vendola a Milano. Seconda immagine della festa: il palco di piazza Duomo. In realtà è la prima immagine, la più importante. Vendola ha fatto benissimo a venire, così come avrebbero fatto bene a venire anche Bersani e Rosy Bindi rimasti a Roma. Ma?

Vendola ha usato un linguaggio antiquato quando ha detto che “abbiamo espugnato” Milano. Perché antiquato? Premesso che i milanesi si sono liberati da sé, prevale il vecchio stereotipo della sinistra per cui il Lombardo-Veneto è una società di destra. Invece? Si è generato un esperimento pilota nel cuore stesso del berlusconismo. I milanesi hanno fatto prima degli altri. Perciò Bersani avrebbe fatto bene a venire in piazza Duomo. Un esperimento pilota da

estendere. Primarie vere e poi collaborazione leale e forte come successo tra Pisapia e Boeri (il candidato del Pd alle primarie) a Milano. Tutto questo ha prodotto una nuova militanza. Il Pd sulle primarie nazionali farfuglia ancora. Si sbaglia perché Berlusconi non arriverà al 2013. Magari voteremo nella primavera del prossimo anno. Primarie in autunno, allora. Sì. E questo vento di cambiamente che soffia sull’Italia pretende primarie senza tatticismi

Chiara Paolin

e infingimenti. Se qualcuno si vuol fare avanti lo faccia. Ambizione e modestia non sono antitetiche. Pisapia ne è la dimostrazione. Due contendenti in campo, per il momento: Bersani e Vendola. Bersani potrebbe fare una scelta di generosità e lungimiranza riconoscendo un’altra figura. Chi? Rosy Bindi, che è pur sempre la presidente del Pd. La donna più detestata e sbeffeggiata da B. Appunto. Nei suoi confronti il Cavaliere ha un complesso d’inferiorità. Ma faccio il suo nome per una ragione storica. Mai una donna premier. Questo paese ha compiuto 150 anni e se lo può permettere. E poi le donne hanno subìto parecchie umiliazioni dalla classe dirigente che stiamo accompagnando alla porta. Però la Bindi non è una faccia nuova del tutto. Ti sbagli, sarebbe la vera novità. Le facce nuove non devono essere figure mediatiche come Matteo Renzi, per esempio. Rosy Bindi è una faccia nuova e allo stesso tempo ha solidità ed esperienza. Da ministro della Sanità è stata bravissima a governare interessi forti. Ancora la rimpiangono. Donna e cattolica. Ha una biografia cristallina. Viene dalla Dc ma non ha mai avuto atteggiamenti compromissori con il berlusconismo. È una severa e dura, perciò mi piace. Il suo antiberlusconismo non si discute. E Vendola? Se battuto, dovrà essere protagonista al fianco della Bindi. Ma non parliamo di ticket, è una parola orrenda.

L’OPPOSIZIONE

IL SEGRETARIO PD: “TUTTI INSIEME CONTRO BERLUSCONI” di Alessio

Grossi

ersani non vuole “paratie BPoloalzate” contro il Terzo e non disdegnerebbe un governo di transizione. Vendola e Di Pietro invocano le urne, ma “sull’allargamento al centro” parlano con sfumature diverse. Il

Se la Rai fosse la Bbc uante volte Enzo Biagi ci ha ricordato che la Rai va considerata il bene comune non solo dei telespetQtatori, ma anche di chi ci lavora. Ettore Bernabei lo convocava con Zavoli, Bongiorno, Garinei e Giovannini, e altri autori, per discutere di nuovi programmi. Anche quella era una Rai impregnata dal potere della politica. Regnava il centrosinistra, il dg era stato chiamato da Fanfani, Biagi suggerito alla direzione del tg da Nenni. Allora i vertici, pur rispondendo ai partiti, difendevano le autonomie dei programmi e dei tg. Biagio Agnes, altro storico dg, recentemente scomparso, è stato un baluardo contro le tv di sua Emittenza. I politici soffrivano di questo e da allora non hanno mai smesso il vizietto dell’assalto alla tv. “I nostri politici sono un bene pubblico”, scriveva Arrigo Levi nel lontano 1968, “è un peccato che si sprechino sui teleschermi, con tanta noncuranza per la salute della democrazia”. A leggere le cronache riguardanti l’ultima campagna elettorale si capisce quanto la situazione sia precipitata: l’Authority che condanna a pagare multe per le interviste-spot di B. (violazione dei doveri di equilibrio e completezza dell’informazione), direttori indagati per abuso d’ufficio,

giorno dopo la vittoria, nel centrosinistra si torna ai soliti nodi. Primo tra tutti, quello delle alleanze. “Prima il progetto, poi vedere chi ci sta e quindi le primarie, se si fanno”: la scaletta di Pier Luigi Bersani per il dopo voto è questa. Ai microfoni di Repubblica Tv, Ber-

di Loris

sani esordisce ripetendo la parola d’ordine del Pd: “Alla verifica in Parlamento Berlusconi deve presentarsi dimissionario, perché è venuta meno la maggioranza nel Paese”. L’imperativo però è costruire uno schieramento stabile di centrosinistra. Bersani ora può contare sui

Mazzetti

denunce di golpe mediatico. Le vittorie di Pisapia a Milano, De Magistris a Napoli, Zedda a Cagliari, rappresentano non solo la sconfitta di B. ma la necessità di aria nuova e pulita all’interno dei partiti. Vieni via con me con Fazio e Saviano è stato il termometro di questo bisogno di cambiamento e La7 lo ha saputo cavalcare e ora gode dei frutti, cioè un forte aumento della pubblicità. Credo di essere stato il primo a lanciare “l’allarme Mentana” (considero il suo tg, insieme a quello di Corradino Mineo, il migliore in circolazione). Dopo i dati d’ascolto di ieri: Tg 7 13,78 % con oltre 3 milioni di telespettatori, 8 e mezzo 9,68 %, l’Infedele di Gad Lerner al 10,77 con quasi 2.400.000, record della trasmissione, le tv concorrenti, pensando al palinsesto autunnale, saranno in stato di agitazione. La Rai ha vinto il campionato degli ascolti battendo alla grande Mediaset. Si legge che Fazio, Santoro, Floris, Dandini, Augias, Gabanelli sono sul mercato, sicuramente è frutto di strategie della concorrenza per depistare: squadra che vince non si cambia. Se la Rai oltre al Campionato vuole puntare alla Champions League ha bisogno di fare qualche acquisto, io suggerirei: Gruber in attacco, Mentana a centrocampo e Lerner centromediano che renderebbe la difesa invalicabile. “No, non è la Bbc, questa è la Rai, la Rai Tv”, cantava il profetico Renzo Arbore .

numeri (“il Pd è prossimo a essere il primo partito del nostro Paese”), ma non ha voglia di autosufficienza: “Non vogliamo fare da soli, lasciando per strada dei pezzi di centrosinistra di governo. Di certo non rifaremo l’Unione”. Bersani scaccia il perenne incubo del centrosinistra, ma a Idv e Sel lancia un chiaro messaggio: “Se dobbiamo rimettere mano a qualche pilastro della democrazia, non vedo per quale ragione il centrosinistra e il Pd debbano tirare su delle paratie. Se gli elettori del Terzo Polo hanno votato per i candidati del centrosinistra il motivo è che Pd e centrosinistra si sono presentati in modo aperto e costituzionale a fronte del populismo berlusconiano. Non mettiamo paletti alla nostra proposta”. Insomma, con Casini bisogna sedersi attorno a un tavolo, perché i suoi voti servono. Sul resto, Bersani ribadisce la sua linea: “Prima il progetto con dieci riforme, poi vedere chi ci sta e quindi chi ci sta decide se fare o meno le primarie. Quando si fanno, chi vince va bene. Ma non sono un automatismo. La premiership? Ci sono ma non mi metto davanti al progetto”. Sullo sfondo, rimane la voglia di cambiare la legge elettorale.

Magari, anche con un breve governo di transizione. Ha fretta invece Vendola, che ieri su vari giornali ha dettato la sua agenda: elezioni anticipate “prima possibile”, e con la stessa alleanza che ha vinto le Amministrative. “Il centrodestra si blinda nel palazzo, nel suo bunker, ma non ce la farà a reggere” sottolinea, come a dire che il voto arriverà presto. Il leader di Sel rimane contrario all’allargamento al Terzo Polo, di cui rimarca il “modesto risultato” nelle urne, e ritiene le primarie la via indispensabile per scegliere il candidato premier. Primarie su cui resta invece tiepido Di Pietro: “Non le demonizzo, ma privilegio i programmi. Ne discuteremo al momento opportuno e ci rimetteremo alla volontà della coalizione”. Come Vendola, anche l’ex pm ha voglia di elezioni anticipate: “Ma è inutile chiedere le dimissioni di Berlusconi, non le darà”. E il Terzo Polo? Di Pietro è scettico su una possibile intesa, ma non sbarra la porta: “Se il Terzo Polo vuole allearsi con uno dei due esistenti, questo dipende solo da loro. Devono decidere con chi sposarsi: se lo vogliono fare con me, devono accettare i dieci comandamenti”.


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“Silvio foera dai ball” La rabbia in onda su Radio Padania

“B

IL GIORNO DOPO

erlusconi foera di ball”. All'indomani della debacle ai ballottaggi, su Radio Padania esplode nuovamente la rabbia della base leghista. La pancia del Carroccio prende a prestito lo slogan coniato da Umberto Bossi contro l'immigrazione per chiarire i sentimenti dei militanti nei confronti del presidente del Consiglio. “Sono vent'anni che voto

Lega, Berlusconi è un pallone che si sta sgonfiando”, dice Marisa da Milano. “Ci ha stufati”, rincara la dose un altro ascoltatore nel corso di “Che aria tira”, condotta da Roberto Ortelli. “Non se ne può più della mania di non farsi processare, una volta anche noi della Lega eravamo a favore dell'intervento dei magistrati contro i politici”, conclude l'ascoltatore, nel colloquio con il conduttore, scandito da brani dell'intervento di Nichi

Vendola dal palco di piazza Duomo. Ma c'e' anche chi se la prende con la campagna elettorale del partito nel capoluogo lombardo. “Io questa volta non sono andato a votare – ammette Roberto di Milano, elettore leghista da 17 anni – perchè non ho sentito nella campagna elettorale una chiara conferma dalla Moratti sul fatto che Salvini sarebbe diventato vice sindaco. Alla Moratti interessava solo l'Expo”.

LA LEGA SI SLEGA Il “tradimento” di Novara, di Gallarate e degli altri feudi del Carroccio. Il Senatur dà la colpa al governo di Ferruccio

Sansa

Novara non c’erano la Moratti e Berlusconi. C’erano invece un sindaco uscente e un candidato leghisti doc. Eppure il Carroccio ha perso. E di brutto: al ballottaggio si è fatto rimontare quasi 20 punti. Per capire la sconfitta della Lega bisogna partire proprio da Novara: comune piemontese, ma proiettato verso Milano. Città poco conosciuta, spesso soltanto intravista dai finestrini dei treni ad alta velocità, con la cupola di San Gaudenzio alta 121 metri che emerge dalle nebbie invernali e dalla foschia estiva.

A

NOVARA ci svela molti segreti del voto di domenica. Perché è una città vera – con i suoi centomila abitanti, le industrie e alcuni tra gli imprenditori più noti d’Italia – ma ha un cuore anche agricolo: sterminate risaie alle sue porte, mentre l’odore dei campi arriva fino alla centralissima via Coccia. Insomma, una provincia ricca di imprese, ma immersa nella Pianura. Il ritratto di una città leghista. Soprattutto, però, Novara è il regno del governatore Roberto Cota, leghista doc e governatore del Piemonte, che qui vive e ha costruito le sue fortune. Di più: l’amministrazione da anni è nelle mani del Carroccio. Insomma, qui si è dato un voto al mito del “buon governo leghista”. Al primo turno Andrea Ballarè (centrosinistra) si era fermato

al 31,2%, il suo avversario Mauro Franzinelli, leader locale della Lega, aveva raggiunto il 45,8%. Il ballottaggio ha ribaltato il risultato: Ballarè ha raggiunto il 52,91%, Franzinelli è rimasto inchiodato al 47,1%. Come dire: Ballarè ha saputo convincere molti, a cominciare, parrebbe, da quel 7,76% che il 15 maggio aveva votato Luca Zacchero (Movimento 5 stelle). “L’ingrediente della vittoria sono state le persone: la nostra lista ha un’età media di 44 anni, siamo giovani e con molti volti esterni ai partiti”, racconta Ballarè con l’entusiasmo che ancora gli stringe la gola. Ma la Lega che errori ha fatto? “Tanti, se penso che il sindaco precedente aveva preso il 60%. Poi, però, si sono accontentati di piccoli progetti che portano consenso, ma non guardano al futuro. Non hanno fatto il piano del traffico, non hanno impostato l’area industriale. Non hanno pensato a misure per attirare le imprese”. Michele Cernigliaro, studente con la passione per la politica, indica uno spartiacque: “Le celebrazioni del 150 anniversario sono molto sentite qui dove si è combattuto per l’Italia. I novaresi sono rimasti feriti dall’atteggiamento della Lega. E poi si è rotto il rapporto di fiducia: gli operai che avevano abbracciato il Carroccio sono ritornati a sinistra”. Quaranta chilometri a nord: Gallarate (Varese). Siamo a due passi da Malpensa che do-

veva diventare la porta della Padania sul mondo e invece non riesce a decollare. L’ultima sconfitta è l’addio di Lufthansa. Ma aggirandoti per le piazze ti rendi conto di un male più sottile: è un carosello di Audi e Mercedes. Di soldi ne girano parecchi, ma i giovani al pomeriggio vagano a caccia di locali. La cultura contadina, l’ossatura di questi paesi, è tramontata. Difficile, però, dire che cosa l’abbia sostituita. LA LEGA , che dell’identità ha fatto una bandiera, si era inserita in questo spaesamento. Ed era tanto sicura di sé da correre sola contro il Pdl. La campagna è stata segnata dalle polemiche tra i due alleati di Governo: “Votate Bossi contro i clandestini”, dicevano i manifesti del Pdl. Uno slogan quasi blasfemo per il pantheon della Lega, perché il Bossi in questione non era il Senatùr, ma Massimo, il candidato del Pdl. I risultati non si sono fatti attendere: al primo turno il candidato leghista ha

Nella patria del governatore Cota decisivi i grillini. All’ombra di Malpensa franchi tiratori contro il Pdl

perso. Al ballottaggio Edoardo Guenzani (Pd) ha raggiunto il 54,9% staccando di duemila preferenze il Bossi del Pdl. Il centrosinistra in due settimane ha recuperato 4.500. Troppi, dev’esserci lo zampino dei leghisti. La Lega aveva scelto di correre da sola in molti comuni, ma ha sempre perso. Certo, restano le vittorie a Varese, Vercelli e Rovigo. La lista delle sconfitte, però, è un rosario: c’è Milano, con l’hinterland (Cassano d’Adda, Pioltello, Rho e San Giuliano Milanese). Poi Torino con Alpignano, Carmagnola, Chivasso, San Mauro e Pinerolo. Quindi Novara con Domodossola e Trecate. Per non dire di Trieste, Pordenone, Mantova e Pavia. Infine Arcore, terra del Bunga Bunga. Ecco allora che i grandi capi della Lega prendono le distanze dalla sconfitta. A cominciare dal sindaco di Verona, Flavio Tosi: “Dopo una sconfitta così, fossi Berlusconi, rifletterei se fare un passo indietro”. Luca Zaia, governatore veneto, parla di “segnali inequivocabili”. Ma forse i segnali di allarme c’erano da tempo. Come i contatti, in Lombardia, tra un pezzo grosso della Lega e personaggi che sarebbero legati alla ‘Ndrangheta. Oppure la Parentopoli del Carroccio veronese. Fino all’indagine sulla sanità piemontese che ha visto indagata Caterina Ferrero (Pdl), assessore di Cota (subito dimessa). La povera Moratti stavolta non c’entra.

Il leader della Lega Nord Umberto Bossi. A destra il segretario di Stato vaticano, cardinale Tarcisio Bertone. (FOTO ANSA)

IL COMMENTO Sotto al Duomo

Milano, il risveglio della capitale morale di Roberta De Monticelli

vorrebbe un poeta, a dire il reCno. ispiro della piazza, ieri, a MilaLa meraviglia che cresceva con la luce rosa sulla facciata del Duomo, per farsi col passare delle ore, a mano a mano che virava in pura gioia, sempre più intensa, più aranciata, dalle guglie alla folla ormai fitta di bandiere e palloncini. O forse no – ci vorrebbe un moralista, nel senso da noi stranamente desueto di filosofo morale: un Benjamin Constant per esempio, che non aveva trent’anni quando scrisse, a otto anni di distanza dalla Dichiarazione dei Principi dell’’89, che “la morale è una scienza ben più approfondita della politica, perché, nascendo da un bisogno quotidiano sempre crescente, lo spirito umano vi si è dovuto consacrare con maggiore intensità”. Non aveva trent’anni, come una gran parte di quella gente – che cresceva di numero e diminuiva di età media col passare delle ore e l’intenerirsi della notte. “Intensità” – dello spirito umano che respirava su quella

piazza, o della gioia rosa-arancio che tingeva il cielo e i volti – non sai dire, ma quella, delle parole di Benjamin Constant, continuava a risuonarti in mente. No, almeno per un giorno ancora, ti dicevi, difendetela dai politici questa intensità, questa meraviglia, questa gioia lucida e lieve perfino nell’esplosione, come il tappo dello champagne che salta. Cento, mille, diecimila, centomila brindisi – e non la sbornia, no. Non l’urlo, non la schiumante invettiva degli sbandieratori di mutande, e neppure la falange beota che meno male che Silvio c’è. Ma nemmeno l’antiquariato fracassone della nostalgia sessantottina, macché. Un riso, un riso innumerevole di spuma, un mare di freschezza e di canzoni cantate alla rovescia, con scherzosa ironia, voltando il pianto in riso, e viceversa. La piazza danzava cantando “Tutta mia la città”, saliva e scendeva dolce l’onda fra la Galleria e l’Arengario – “questa notte un uomo piangerà…”. E cantando e pensando si faceva sorridente, dolce e consolante perfino la perfidia:

“Ora sei rimasta sola/ piangi, e non ricordi nulla…/forse sulle tue piccole mani/ stai pensando al tuo passato...”. E rideva sulla bocca di ognuno una galanteria furfante: “Ah donna Letizia – una donna fuori dal comune!” – E il cartello levato in mezzo ai palloncini – “Hai le orge contate”. E la delegazione serissima, col suo gran cartello stradale toponomastico: “Smammate sul Serio”. Ma poi la litania, quella che sempre nelle processioni liturgiche avvolge le menti con il

suo refrain, come l’incenso del turibolo, la litania qual era, sotto la Madonnina che scintillava anche lei come una risata mozartiana? Eccola, la litania autoprodotta, autoconvocata su migliaia di postazioni facebook – sono i Peccati di Pisapia, la conoscete tutti, è irresistibile e non finisce più, perché non c’è fine all’idiozia e dunque non c’è fine all’ironia, dal peccato di fare le Moschee per i gay e gli zingari a quello di cucinare nudo, passando per quello di raccontarti i cavoli

In piazza canti e slogan: “Tutta mia la città, questa notte un uomo piangerà”

(FOTO EMBLEMA)

suoi mente ascolti la Littizzetto…. “Una risata vi seppellirà” – così, con quel sorriso timido e gentile che sembra non osi ancora sciogliersi in una risata, il nuovo Primo Cittadino concludeva il suo Discorso, ed era un colto omaggio a un passato ignoto in Padania. Una citazione a far da contrappeso alla luce di Gandhi, nella notte splendida di Milano. Perché al Discorso Gandhi aveva portato luce e amore, ma noi – diceva questo timido Lawrence d’Arabia (costruttore di moschee), dopo aver parlato di noi e della lunga marcia del sale che ci aveva portato fin qui – noi ci abbiamo messo l’ironia. E dopo aver parlato delle scuole che rifioriranno a Milano, della Scuola che Milano diventerà per chi progetta sviluppo e Città Umane, dell’aria pulita e fresca come la legge quando è giusta e imparziale, e soprattutto di tutti loro, dei ragazzi tornati a dire la loro speranza, della feroce urgenza dell’adesso, non si smentiva, il magico Giuliano che innamora la ragione e dà grazia al volere. Ecco, Milano è libera, diceva. Sono il vostro Sinda-

co. Sono il nostro Sindaco. Liberazione da chi, da cosa? Prima di tutto, dalla violenza della volgarità: sì, è la prima cosa che ci siamo sentiti ricordare. In lingua italiana dolcissima, appena velata di bruma lombarda – quanto necessaria a dimenticare il rantolo gutturale che hanno chiamato politica, qui. E poi dalla cappa dell’idiozia e della prepotenza. Dal ghigno della menzogna, impudente fino al delirio. Dal ceffo del cinismo dei machiavellici di casa nostra. E di cosa nostra. Milano uscita dalla Padania. Milano di nuovo in Europa. L’Italia dei comuni respira, ed è un respiro che sale dal profondo della nostra civiltà, perché tanta lena deve prendere per chiudere pagina su vent’anni di ordinaria inciviltà. Era notte alta, ormai. In cielo fra le stelle ne apparve una sghemba come un capogiro, simile alla Stella variabile di Vittorio Sereni. “Un’ultima bontà illuminava le cose”.


Mercoledì 1 giugno 2011

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IL GIORNO DOPO

i è aperta “una fase nuova per la politica italiana” . E l'Avvenire, il quotidiano della Cei, non esita a definirla “interessante e coinvolgente”: così, il giorno dopo i risultati dei ballottaggi, l'editoriale del direttore Marco Tarquinio dice che “anche se il governo di centrodestra non è in crisi e, a quanto è dato di capire, per logica di

Il quotiano dei vescovi e l’emittente vaticana: “Primavera elettorale”

sopravvivenza e per interessi convergenti di tutti i principali attori politici, non lo sarà fors'anche sino alla fine naturale della legislatura”, siamo di fronte a una “primavera elettorale”. Una primavera che – questa volta a parlare è Radio Vaticana – potrebbe avere “un effetto domino e destabilizzare il governo Berlusconi”. In realtà, le parole dell'emittente

gli ascoltatori italiani non le hanno sentite: sono andate in onda nell'edizione francese, dal titolo “Berlusconi destabilizzato da un votosanzione”, dove si parla “di un risveglio delle coscienze dopo anni di letargo, di uno schiaffo per il Presidente del consiglio italiano”, “di segni precursori di fine del berlusconisimo”. Touchè.

IL CARDINALE BERTONE E LA SCONFITTA DEL TERZO B. LA “FEDE” CIECA DEL SEGRETARIO DI STATO VATICANO: OCCHI CHIUSI SULLA MACELLERIA ISTITUZIONALE

Una scossa per cambiare La prima pagina di ieri di Avvenire, quotidiano della Cei

di Marco

Politi

è un terzo “B” sconfitto nella primavera italiana. Si chiama Bertone. Cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato vaticano. Nel rovescio inglorioso, che colpisce il premier e l’alleato Bossi, affonda anche la politica di sostegno ad oltranza offerta dal Vaticano al sistema di potere berlusconiano.

C’

CI SONO STATI , a tratti, moniti sui comportamenti di Berlusconi da parte della presidenza della Cei, a volte critiche più ruvide sono venute dal giornale dei vescovi Avvenire, ma niente ha smosso il segretario di Stato vaticano dalla linea di benevola coper-

tura nei confronti del berlusconismo. Al cambio della guardia tra Ruini e Bagnasco alla presidenza della conferenza episcopale italiana nel marzo 2007, Bertone con lettera ufficiale avocò a sé i rapporti tra Chiesa e governo italiano. “Per quanto concerne i rapporti con le istituzioni politiche – mise nero su bianco rivolto a Bagnasco – assicuro fin d'ora a vostra eccellenza la cordiale collaborazione e la rispettosa guida della Santa Sede, nonché mia personale”. Compito della Segreteria di Stato, spiegò, è di “intessere e promuovere le relazioni con gli Stati e di attendere agli affari che, sempre per fini pastorali, debbono essere trattati con i Governi civili”. In questi anni la “guida” di Bertone non ha mostrato una Chiesa super par tes, impegnata nella sua missione pastorale. L’applicazione concreta si è tradotta in un sistematico puntello al Cavaliere qua-

lunque cosa facesse. Da Letizia Noemi a Ruby niente – nonostante qualche lieve, episodica scossa – ha mutato il corso della linea Bertone. Il Vaticano ha chiuso gli occhi sulle violazioni più eclatanti dell’etica pubblica e ha assistito inerte ad una macelleria istituzionale, che continua a stupire le cancellerie delle democrazie occidentali. PER IMPEDIRE ad un milione di cittadini italiani di stringere un patto di coppia solidale con diritti e doveri garantiti dalle istituzioni, per impedire una legge che desse diritto ai malati terminali di non restare attaccati ad un tubo ad ogni costo, tutto del sistema berlusconiano è stato tacitamente benedetto. E benevolenti sorrisi sono stati riservati ai proclami di fedeltà del premier, frenetico nel ricordare i suoi trascorsi salesiani. “Da parte mia non verrà mai nulla contro il Vaticano”, dichiarò il 10 dicembre scorso, quattro giorni prima del voto di fiducia, guardando negli occhi il salesiano Bertone ad un pranzo con altri nove neocardinali nell’ambasciata d’Italia presso la Santa Sede. Nell’imbarazzo degli stati d’Europa e d’America una delle più antiche diplomazie del mondo è stata piegata ai disegni di potere berlusconiani. Lo si è avvertito con cruda chiarezza nell’agosto

Dal caso Eluana alla vicenda Boffo fino alla cena a “casa Vespa”: sempre dalla parte del premier

ECCO PERCHÉ BERLUSCONI E BOSSI HANNO PERSO di Francis

Drake

Dietro questo pseudonimo si nasconde un esponente della Lega che, sotto anonimato, analizza le ragioni della sconfitta

ultime amministratiAstra.velleCasomai, non ha vinto la siniha perso la destra. Queste elezioni infatti indicano la perdita, da parte di Berlusconi e Bossi, di una capacità di cui, per molti tempo, loro due sono stati i pressochè esclusivi titolari. Quella di rappresentare tre istanze che stavano particolarmente a cuore alla maggioranza degli elettori: la personalizzazione del potere, la sua territorializzazione e la tutela dei confini “indifferenziati” (cioè quelli non tutelati da un sindacato, da un ordine professionale, da una lobby...). Il loro fallimento ha due cause fondamentali. La pri-

ma consiste nel fatto che Berlusconi ha stretto un patto d’acciaio proprio con quei soggetti che, in un’ottica autenticamente liberista e liberale, avrebbe dovuto invece combattere con ogni mezzo. Forza Italia prima, e poi il Pdl, non sono mai stati dei veri partiti, ma piuttosto delle consorterie, di capataz locali “in libera uscita”, temporanemente sotto “l’ombrello

(FOTO F. CICONTE)

atomico” del Cavaliere sino a quando quest’ultimo fosse stato disponibile (e in grado di) garantirne i privilegi. La seconda risiede nel fatto che proprio la Lega sul federalismo non ha mai avuto le idee troppo chiare. O, per meglio dire, le ha avute chiarissime solo nel moltiplicare le paghe pubbliche e nel farle percepire ai propri adepti con un’ostinazione tale da far impallidire socialisti e democristiani d’una volta. Non c’è quindi da stupirsi se l’elettore tradizionalmente di destra sia ritornato sui propri passi e abbia voluto dare, a Berlusconi e a Bossi, un segnale assai chiaro. Meglio i “comunisti” (che, bene o male, un po’ di senso dello Stato ancora ce l’hanno) che una manica di politicanti fautori di un “privato” che troppo spesso ha coinciso con gli interessi loro.

2009, quando Il Giornale attaccò Boffo. Mentre Feltri massacrava il direttore del giornale dell’episcopato italiano, l’Osservatore Romano criticava pubblicamente la linea di Avvenire in tema di immigrazione, facendo sapere a tutti che i rapporti con il governo erano “eccellenti”. Per pudore Bertone aveva dovuto disdire il pranzo con Berlusconi all’Aquila in occasione della festa della Perdonanza, ma poche settimane dopo all’aeroporto di Ciampino il Cavaliere poteva presentarsi tranquillamente davanti a Benedetto XVI in partenza per Praga, che lo accoglieva con un “che piacere rivederla”. È stato un collateralismo tenace, quello praticato dal cardinale Bertone in questi anni. Non ha certo giovato al prestigio della Chiesa. Quando l’8 luglio 2010 il segretario di Stato si presentò a casa Vespa per partecipare ad una “cena di compleanno”, organizzata per consentire a Berlusconi di persuadere Casini a rientrare nel suo governo – sotto l’ala protettiva di Santa Romana Chiesa – anche in Vaticano si sentirono diffusi mormorii di critica per l’infelice partecipazione. Alle elezioni i moderati e i cattolici hanno mostrato di andare da un’altra parte, tocca al Vaticano decidere se continuare con la linea Bertone o lasciare che l’Italia possa iniziare a rigenerarsi. Bene sarebbe che anche i vescovi venissero lasciati liberi di captare l’umore dei fedeli.

Il Pd “alternativo” che vince a Cassino aro direttore, su Il Fatto di ieri Furio Colombo afferma che a ClocaliMilano, a Napoli, a Cagliari, la vittoria sia giunta “malgrado” i gruppi dirigenti democratici e invita il Pd “a mettersi all’ascolto dei cittadini elettori. Questa è la ricchezza rimasta in dote al Pd”. Una dote che certo sarà dilapidata se riparte il repertorio del politichese che questo voto ha archiviato. Da vecchio cronista penso che dalle piccole storie si apprenda spesso molto più che dalle grandi narrazioni che hanno i riflettori puntati addosso. Mi è capitato di seguire la campagna elettorale di Cassino, uno dei più grandi comuni del Lazio. Bene, anche qui c’è stato un piccolo caso De Magistris. Giuseppe Petrarcone, il neo sindaco, candidato dell’Idv, ha sfidato non solo il Pdl, ma anche il candidato di Pd e Udc. Con Petrarcone, dunque, oltre all’Idv c’era Sel e, questa la novità, una lista di dissidenti del Pd. Petrarcone, “Peppino” per gli amici, ha conquistato il ballottaggio e poi sbaragliato il centrodestra. La liste dei dissidenti del Pd ha preso più del doppio della lista “ufficiale” che non ha neppure un rappresentante in Consiglio comunale. Alla chiusura della campagna elettorale di “Peppino”, con Antonio Di Pietro c’era una piazza mai vista da quelle parti. Sul palco i protagonisti di quel piccolo miracolo: Sara, la giovane e bella avvocatessa che ha animato la lista dei democratici alternativi, il rappresentante dell’Associazione Peppino Impastato, il sindaco, gli esponenti delle forze politiche. In piazza centinaia di elettori del Pd e dell’Udc, cui Petrarcone ha parlato un linguaggio semplice che li ha raggiunti e convinti. Secondo voi, a Cassino, chi rappresenta meglio gli elettori del Pd: la lista ufCarmine Fotia ficiale o la lista alternativa? direttore de “Il Romanista”

N L’ALLARME DELL’OMS

Rischio cancro con i cellulari

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e radiofrequenze da cellulare "potrebbero causare il cancro". Lo ha deciso un gruppo di 34 esperti dell’Agenzia Internazionale per la ricerca sul cancro dell’Oms, che al termine di una review degli studi sul tema ha definito i campi elettromagnetici come “possibilmente carcerogeni”.

OFFESE SESSUALI

L’allarme delle donne medico

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llarme sulle donne medico: quasi una su quattro confessa di aver ricevuto offese od offerte sessuali inopportune. Il 4% confessa di aver subito violenze fisiche. Un dato enorme considerato che, in assoluto, tra le donne italiane la percentuale è pari al 2,1%. E' il quadro che emerge dal rapporto 'Donne medico: indagine su lavoro e famiglia, stalking e violenzè, realizzato dall’Ordine dei medici della provincia di Roma, che conta oltre 15 mila donne iscritte. Il campione esaminato (1.597 unità) corrisponde quindi a circa il 10% del totale delle iscritte.

IL FIGLIO DEL BOSS

Altri guai per Ciancimino

U

na nuova ordinanza di custodia cautelare e' stata notificata a Massimo Ciancimino nel carcere Pagliarelli di Palermo, dov'e' detenuto dal 21 aprile scorso con l'accusa di calunnia nei confronti dell'ex capo della polizia Gianni De Gennaro. Il reato adesso contestatogli e' di porto e detenzione di esplosivi e si riferisce ai candelotti di dinamite da lui stesso fatti ritrovare nella sua abitazione palermitana. Il provvedimento e' stato emesso dal gip Fernando Sestito, su richiesta del procuratore aggiunto Antonio Ingroia e dei sostituti della Dda Nino Di Matteo, Paolo Guido e Lia Sava.


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ECONOMIA

PER I PIÙ POVERI NON CI SONO SOLDI PUBBLICI La comunità di Sant’Egidio: “La manovra salvi le politiche sociali” di Roberta Zunini

Come gli indiani appoggiavano l'orecchio al suolo per misurare, attraverso le vibrazioni, la distanza del nemico, così la comunità di Sant'Egidio ha misurato – interpretando e incrociando dati Istat, Banca Italia, legge di stabilità – il grado di velocità con cui la povertà arriva nelle case degli italiani. L'ACCELERAZIONE della caduta nell'indigenza di alcune fasce della popolazione, è stata impressa da tagli “che non fanno rumore bensì molto male”, titola il rapporto della comunità di Sant'Egidio, da sempre impegnata nell'assistenza ai poveri. E poiché si tratta di tagli ingenti ai fondi statali di carattere sociale, la manovra finanziaria da 40 miliardi in arrivo, se andasse a toccare questi fondi, produrrebbe il collasso di intere fasce sociali, alla deriva già dal 2008. “Ci auguriamo che la manovra non vada a incidere sulle politiche sociali – spiega Gian Carlo Penza, tra i responsabili del progetto “Viva gli anziani”, della comunità religiosa -. Dovesse accadere, provocherebbe un disastro perché questo barile è già stato raschiato del tutto”. Questa tipologia di fondi statali, a partire dal 2008, ha avuto un decremento notevole. Secondo il rapporto, che cita come fonte la legge di stabilità, tale riduzione è stata pari al 76,3 per cento solo nell'ultimo anno”. Nel prospetto fornito dalla comunità si

evince che, in particolare i fondi per le politiche della famiglia, per i servizi all'infanzia, per la non autosufficienza, sono quelli più in sofferenza. In generale il taglio al budget per le politiche sociali è stato più che dimezzato. Si è passati dai 929, 3 milioni di euro del 2008 ai 435,3 del 2010, con una previsione di quasi azzeramento quest'anno: 73,3 milioni di euro. Ma tradotto in vita reale, quanti sono coloro che scontano di più il dra-

I fondi per le fasce sociali disagiate sono crollati del 76,3 per cento solo nell’ultimo anno stico taglio ai fondi ? Un italiano su quattro, ossia il 24,7 per cento della popolazione, che è ormai a rischio di povertà. Gli anziani sono i più colpiti. “Secondo una ricerca Istat riferita al 2009, è particolarmente grave la situazione delle famiglie composte da una sola persona con più di 65. Dopo due anni dall'istituzione della social card, la tessera di 40 euro per gli anziani e i poveri, che il premier

Secondo l’Istata un italiano su quattro è a rischio povertà (FOTO EMBLEMA)

Berlusconi presentò, con gran strepito della stampa di famiglia, come una panacea in grado di risolvere i mali dell'indigenza, quest'anno non è stata rifinanziata. CI SONO PERÒ molte altre voci che scompariranno : “interruzione dell'assegno di cura o sostegni economici per anziani e disabili a Padova, Torino, Roma, Genova, ” - cita il rapporto – così come a Palermo, Mila-

no, Roma, La Spezia è prevista l'interruzione dei contributi per l'alloggio”. Altro tasto dolente è il costo degli affitti sempre più alto e l'inabissarsi del potere d'acquisto di stipendi e pensioni. Due pensioni su quattro hanno un importo inferiore ai 500 euro mensili. Tenendo conto che la soglia di povertà relativa, stimata nel 2009, è pari a 589 euro mensili, si deduce che la metà degli anziani vive sulla soglia della miseria. Soprattutto

a questi ultimi ha pensato fin dal 2003 la comunità di Sant'Egidio che con un progetto pubblico , finanziato dalla regione Lazio, ha mostrato come attraverso il semplice monitoraggio attivo telefonico degli ultrasettantacinquenni di alcuni quartieri di Roma, si sia riusciti ad abbattere i ricoveri ospedalieri e nella Rsa. “Telefonando agli anziani con regolare scadenza, siamo riusciti a far sì che i loro problemi venissero risolti in modo di-

MARCEGAGLIA Altri incidenti 4 volte più frequenti della media dell'anno i morti sul lavoro Dpiùall'inizio sono stati 250, il 24,6 per cento in rispetto ai 189 del 2010. Ieri si è verificato l’ennesimo incidente con un agricoltore di 72 anni morto schiacciato sotto il proprio trattore, in Puglia, esattamente come era successo a un altro agricoltore, di 62 anni, solo qualche giorno fa. Sono i dati tratti dall'Osservatorio indipendente di Bologna che monitora giorno per giorno “i caduti sul lavoro”. Una strage quotidiana di cui ogni tanto parla il Presidente della Repubblica ma che non è mai entrata seriamente nell'agenda politica. Tanto che la presidente di Confindustria, nel corso dell'assemblea annuale della sua associazione, non ha dedicato nemmeno una riga al problema in sintonia con l'applauso che gli industriali avevano riservato all'assemblea di Bergamo di

qualche giorno fa all'amministratore delegato della Thyssen condannato a 16 anni per omicidio colposo. La Marcegaglia, intesa come azienda, è del resto nel mirino della Fiom per la situazione nei suoi stabilimenti. Ieri nell'impianto di Gazoldo degli Ippoliti, in provincia di Mantova, ci sono stati tre infortuni: un 37enne ha rischiato di perdere una mano, un interinale di 25 anni si è tagliato sotto il ginocchio mentre un 45enne si è ferito la testa. “Questa sembra una guerra e non una fabbrica – dice Marco Mantovanelli, segretario della Fiom Cgil di Mantova –. Non è possibile continuare a lavorare in queste condizioni. Gli operai sono preoccupati di non potere tornare a casa dalle loro famiglie a causa di un infortunio”. Secondo il segretario generale della Fiom Cgil Lombardia, Mirco Rota, “ è

verso rispetto ai ricoveri, che alla comunità costano moltissimo – spiega ancora Penza – ciò significa che i tagli si possono fare ma non indiscriminatamente. Con il progetto “Viva gli anziani” abbiamo permesso alla regione di risparmiare sul costo dei posti letto, della degenza perché il nostro servizio è costato 50 centesimi al giorno, rispetto a un ricovero presso una Rsa che richiede circa 100 euro al giorno”.

inaccettabile che nelle aziende della presidente di Confindustria si lavori in queste condizioni” annunciando nuove “azioni sindacali”. La Fiom sta monitorando da diverso tempo la situazione. Sul Fatto abbiamo già dato conto del numero degli infortuni avvenuti nel 2010, ben 135, e di quelli avvenuti nei primi quattro mesi del 2011, 50. Secondo Eurostat in Italia ci sono 26,74 infortuni per ogni mille occupati. Nello stabilimento Marcegaglia di Mantova sono 135 su 1183 dipendenti, quattro volte la media italiana. È poi passato sotto silenzio il processo, avviato la scorsa settimana, intentato d'ufficio all'azienda per l'infortunio di un operaio che ha perso parzialmente l'utilizzo della mano. Un'azione giudiziaria cui potrebbero seguirne delle altre nelle prossime settimane. La Fiom dal canto suo ha intenzione di dare battaglia allertando i suoi Rappresentanti per la sicurezza (Rls). Salvatore Cannavò

Mario Moretti Polegato (Geox)

“Le imprese venete non si fidano più del governo” di Erminia

della Frattina Venezia

ui è Mister Geox, quello della Lla scarpa scarpa che respira, ma ora daltira fuori anche qualche sassolino. “Spero che il governo sappia intervenire in tempo con le riforme che gli industriali stanno chiedendo a gran voce, prima che diventi troppo tardi. Altrimenti si rischierà di aggiungere confusione a un caos che ormai dilaga, e allora non so cosa può succedere”. Non è mai stato così categorico Mario Moretti Polegato, 59 anni, patron della Geox di Montebelluna, quotata a Piazza Affari , 850 milioni di ricavi nel 2010. Cosa ne pensa del sentimento di solitudine crescente negli imprenditori, manifestato con la marcia degli industriali di Treviso e con la Confindustria di Vicenza che esclude i politici dal palco? Ho appena finito di sentire la relazione della Banca d’Italia, dove Draghi solleva una forte preoccupazione per le mancate riforme e auspica che il governo acceleri gli interventi a favore dell’impresa. È anche la nostra posizione, senza il rilancio dell’economia questo Paese si paraliz-

zerà. verno che deve accelerare tutte Cosa chiedete voi industriali le riforme indispensabili. al governo? Quali riforme vi aspettate? Questo governo si è occupato Quelle che servono per fare impiù di mantenere la stabilità dei presa: dalle detrazioni fiscali bilanci che di sostenere una po- per chi assume giovani agli inlitica industriale. Oggi quindi centivi per chi fa formazione indovrebbe mantenere la stessa terna, a chi investe sui processi stabilità di bilanci da una parte e innovativi e sui macchinari aldall’altra favorire tutte le inizia- tamente tecnologici fino agli intive di crescita e di sviluppo eco- centivi per favorire le esportanomico. Siccome in questo mo- zioni. Uno degli elementi crumento sembra invece che il go- ciali evidenziati anche all’asverno tergiversi o comunque semblea di Treviso dalla Marcenon sia rapido, questo provoca gaglia sono gli uffici di rappreun forte malcontento di tutta la sentanza italiana all’estero, dalforza produttiva, perché gli im- le ambasciate all’Ice, che attualprenditori si confrontano ogni mente sono istituti che servono giorno con il mercato mondiale, poco nulla. e hanno bisogno di un appoggio Insomma gli imprenditori vodiverso dalla politiMario Moretti Polegato (F A ) ca. Appoggio che attualmente manca? Spero che le riforme arrivino prima che il conflitto tra mondo imprenditoriale e politica si inasprisca ulteriormente. Le iniziative di Treviso e Vicenza sono pacifiche manifestazioni per dare segnali al goOTO

NSA

gliono aiuti economici? Non chiediamo denaro. Vorremmo uno Stato con molta meno burocrazia, snello ed efficiente come le nostre imprese. Invece oggi si crea un enorme dispendio di energie, che aggrava la crisi economica e provoca la sfiducia nello Stato, fino ad arrivare a questa lacerazione profonda che stiamo vivendo. Ora però siamo arrivati ad un punto cruciale, i toni cominciano ad inasprirsi e si sta creando un malcontento generale diffuso tra gli industriali. Del resto lo stesso governo ormai riconosce in maniera aperta di non avere fatto la sua parte nei confronti della crescita e dello sviluppo del Paese. E Confindustria dove lei ha un ruolo importante nel direttivo che ruolo ha deciso di avere? Confindustria sta facendo e farà di tutto per far accelerare il governo su questi temi. Che idea si è fatto dei ballottaggi di questi giorni e di un eventuale “riposizionamen-

“Siamo arrivati a un momento di svolta, ormai c’è un malcontento generale senza precedenti”

to” della maggioranza? Il fatto che forze diverse dalla maggioranza abbiano conquistato delle città importanti è uno stimolo per la politica attuale, un segnale che devono correre ai ripari e soprattutto fare quelle riforme di cui il Paese ha bisogno. Un tempo i veneti lamentavano di non essere rappresentati a Roma, ora ci sono diversi ministri veneti ma gli imprenditori si sentono sempre più soli. Oggi il problema dell’imprenditore non è più di avere uno e due ministri a Roma, ma il sentirsi completamente solo nel proprio lavoro. Gli imprenditori veneti sono un grande bacino elettorale del centrodestra, votano Lega e Pdl. C'è un progressivo uno scollamento con l’attuale governo? È sicuramente così. Per rimarginare questo sentimento di sfiducia occorrono fatti concreti, occorre che il governo intervenga immediatamente sui provvedimenti a favore di chi possiede un’impresa: detassare gli investimenti per le nuove assunzioni, favorire l’estensione delle aree produttive.


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ECONOMIA

L’ULTIMA BASTONATA Il governatore Draghi: serve la maxi-manovra ma Tremonti cambi metodo o farà solo danni LA RICETTA

ALTRO CHE TAGLI CON L’ACCETTA, CI VUOLE LA PRECISIONE DI PADOA-SCHIOPPA di Marco Onado

e tre parole chiave delle Considerazioni finali con cui Mario Draghi si è congedato dalla Banca d’Italia sono: crescita, riforme, Europa e il messaggio complessivo che ne deriva richiede un’attenta riflessione politica, soprattutto dopo lo tsunami elettorale delle amministrative. Il governatore ha confermato che il nostro Paese ha accumulato un deficit di sviluppo non più tollerabile perché il costo si scarica sulle categorie più deboli: giovani e donne e perché non abbiamo ammortizzatori sociali che consentano di “offrire a chi perde definitivamente il lavoro e ne cerca attivamente un altro, un sostegno sufficiente”.

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Presente, passato &fututro. Da destra a sinistra, Mario Draghi, Carlo Azeglio Ciampi e Fabrizio Saccomanni (F

OTO

di Stefano Feltri

e avesse fatto un discorso così qualche anno fa, tutti avrebbero commentato: “Ecco, Mario Draghi sta presentando un programma politico”. Invece ora il governatore della Banca d’Italia è ormai in partenza per la Banca centrale europea e proprio per questo si può permettere “considerazioni finali” come quelle che ha letto ieri, nell’assemblea annuale in via Nazionale, presenti tutti i vertici del potere economico. E un Carlo Azeglio Ciampi provato dall’età e da una salute fragile che a sorpresa è venuto a benedire la promozione a Francoforte di Draghi, suo erede che è riuscito a restituire prestigio alla sua Banca d’Italia dopo la caduta di Antonio Fazio, appena condannato a 4 anni per aggiotaggio. Draghi sa che le sue sono “prediche inutili”, come le chiamava un altro illustre predecessore, Luigi Einaudi: “Quale Paese lasceremo ai nostri figli? Tante volte abbiamo indicato obiettivi, linee di azione, aree di intervento”. Ma dopo cinque anni di mandato, Draghi si trova a osservare “quanto poco di tutto ciò si sia tradotto in realtà”.

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LA SITUAZIONE è quella che é: dopo due anni dalla fine della recessione, l’Italia “ha recuperato soltanto 2 dei 7 punti percentuali di prodotto persi nella crisi”, mentre gli altri, Germania in testa, stanno correndo verso la ripresa. Le imprese italiane restano troppo piccole per competere, penalizzate non tanto dalla proprietà famigliare, quanto da “un assetto aziendale spesso impermeabile a soggetti esterni”. Il problema, cioè, sono i dirigenti scelti tra i cugini e i cognati invece che tra i manager più competenti. Le banche faticano a produrre utili ma è falso, ci tiene a precisare Draghi, che sia colpa dei rafforzamenti patrimoniali sollecitati proprio dalla Banca d’Italia. E arriviamo al punto più politico del discorso del governatore: non è affatto vero che i conti sono in ordine. “Una manovra tempestiva, strutturale, credibile agli occhi degli investitori internazionali, orientata a favore del-

la crescita, potrebbe, anche mediante una significativa riduzione dei premi al rischio che gravano sui tassi di interesse italiani, sostanzialmente limitare gli effetti negativi sul quadro macroeconomico”. É la prima botta al governo: il messaggio arriva forte e chiaro, la grande correzione di bilancio prevista dalle regole europee entro il 2013 deve iniziare già con la manovra in preparazione per giugno. Altro che 8 miliardi, come diceva il governo, il risanamento ne richiede 40 entro tre anni oppure, è il senso delle parole di Draghi, ci saranno conseguenze sulla credibilità del debito pubblico. POI ARRIVA la mazzata ad personam, bersaglio il ministro del Tesoro Giulio Tremonti: fare una manovra che usa come criterio di riduzione di spesa i tagli lineari “inciderebbe sulla già debole ripresa dell’economia fino a sottrarle circa due punti di Pil in tre anni”. Il gergo è tecnico, ma lo schiaffo al ministro esplicito. Le parole di Draghi significano questo: Tremonti finora ha frenato il deficit usando lo strumento dei tagli lineari (riduzioni di spesa in percentuale a prescindere da come i soldi vengono spesi), che è un metodo comodo perché politicamente più gestibile di spulciare il bilancio voce per voce, scontentando lobby e sradicando privilegi. Ma se Tremonti continua così, calcola la Banca d’Italia, il Pil crescerà il 2 per cento in meno. Cioè su tre anni il metodo Tremonti costerà all’Italia almeno 30 miliardi di euro, rendendo così inutile parte dello stesso risanamento. Uno dei commenti ascoltati nei corridoi di palazzo Koch, ieri, è il seguente: “Questo genere di simulazioni sono molto più facili da fare guardando il passato, Draghi quindi ci sta dicendo che in questi anni il metodo Tremonti ha distrutto parte dei risultati che cercava di conseguire”. Il ministro non avrà gradito, anche se i richiami di Draghi alla necessità della maxi-manovra semplificano la gestione dei rapporti con Silvio Berlusconi che, dopo la batosta elettorale, vorrebbe addirittura ridurre le tasse. Come Draghi ricorda, a loro ma non solo, citando Cavour, “le riforme compiute

ANSA)

Prima di andare alla Bce, il capo di Bankitalia spiega cosa bisogna fare per salvare il Paese da B. a tempo debito, invece di indebolire l’autorità, la rafforzano”. Tremonti, al momento, ha però un’altra preoccupazione: spingere il suo candidato, il direttore generale del Tesoro Vittorio Grilli, alla guida della Banca d’Italia dopo Draghi. Ma nelle stanze di via Nazionale sono pronti ad alzare le barricate, dentro la banca si tifa per la soluzione interna, la promozione dell’attuale direttore generale Fabrizio Saccomanni. Imporre Grilli dall’alto, ragiona qualcuno, verrebbe percepito dai mercati finanziari come una scalata ostile del governo a Bankitalia, minandone l’indipendenza e la credibilità di tutto il sistema, con pesanti ripercussioni sui titoli del debito pubblico italiano. E Tremonti, stando ai numeri citati da Draghi, ha già fatto abbastanza danni.

NON È UNA diagnosi nuova, come nuove non sono le cure proposte in termini di riforme strutturali: giustizia civile (nella graduatoria della Banca mondiale siamo al 157esimo posto su 183 paesi); istruzione; concorrenza, soprattutto nei pubblici servizi; infrastrutture (Tav e autostrade costano molto più a parità di ogni altra condizione e non riusciamo neanche a spendere i fondi europei); mercato del lavoro. La novità è che la Banca d’Italia sta cominciando a calcolare qual è il costo delle mancate riforme e ieri ci ha dato qualche anticipazione: le prime due valgono almeno un punto percentuale all’anno; le infrastrutture, se solo si sapessero spendere i soldi già stanziati, darebbero “un forte impulso all’attività economica”, che invece non si vede. La valenza politica di questo giudizio è accentuata dal fatto che la Banca d’Italia non si stanca di ripetere che la manovra finanziaria che ci siamo impegnati a compiere nei prossimi anni è sostenibile solo se l’Italia saprà crescere del 2 per cento all’anno, il che significa aumentare la velocità di crescita di circa dieci volte; in-

somma, un’Apecar che si deve trasformare in Ferrari (quella di Schumacher però). In primo luogo, il pur apprezzato rigore fiscale di Tremonti non basta: i recuperi all’evasione fiscale devono essere intensificati, la manovra deve essere “tempestiva, strutturale e credibile” e quindi non rinviabile al 2014. Ma soprattutto i tagli alla spesa devono essere fortemente selettivi per tener conto delle esigenze sociali e produttive: un’incapacità di agire in questa direzione può costare fino a due punti percentuali di crescita. Il che significa che una manovra selettiva che sappia tagliare le spese improduttive praticamente si paga di sola, perché consente appunto di mantenere la velocità di crescita necessaria. E qui il governatore ha detto che occorre un’analisi minuziosa delle spese voce per voce, valutandone l’efficienza e a braccio ha aggiunto: “come aveva comin-

Tommaso Padoa-Schioppa (FOTO EMBLEMA)

Scegliendo con cura le voci di spesa da tagliare si evita di soffocare la crescita economica

PARMALAT Intesa si arrende e scarica Enrico Bondi ntesa Sanpaolo mette una pietra sopra IsuoParmalat e il presidente Enrico Bondi, malgrado, si avvia alla porta. Ieri la banca guidata da Corrado Passera e socia del gruppo alimentare di Collecchio col 2,4 per cento, ha ufficialmente alzato bandiera bianca ritirando la lista che aveva presentato per il rinnovo del consiglio di amministrazione della società prima dell'intervento a gamba tesa dei francesi di Lactalis. Che, oltre ad avere già il 29 per cento del capitale, hanno lanciato un’offerta pubblica d’acquisto sull’azienda. Bondi, manager supportato da Intesa che ha trasformato la Parmalat del crac in un gruppo molto conteso per il

tesoretto da 1,4 miliardi formato dai risarcimenti ottenuti in tribunale, si prepara all'addio, ma l'abbandono della poltrona di ad non implica automaticamente anche quello di commissario straordinario. E qualcosa in più potrebbe arrivargli da una crisi di governo. Per Intesa, invece, c’è la chance di aderire all'Opa dei francesi incassando un guadagno netto stimato in 30 milioni. E se la banca ha gettato la spugna, Lactalis invece ha confermato la sua lista che contiene nomi come quello del presidente della sua filiale italiana, Antonio Sala e di Franco Tatò. Giovanna Lantini

ciato a fare Tommaso Padoa-Schioppa”. Il Paese ha grandi risorse per farcela, ha ripetuto anche ieri Mario Draghi, ma le politiche economiche degli ultimi dieci anni non si sono dimostrate all’altezza dei problemi e anche le imprese hanno confermato vizi antichi che ne frenano la crescita e le capacità innovative. Fin troppo facile concludere che si tratta di un giudizio severo sulle capacità finora espresse dal governo; ma è anche evidente che se la diagnosi del governatore è corretta, un ulteriore fase di stallo e di rinvio delle riforme strutturali potrebbe avere conseguenze devastanti per il Paese. Il terzo tema importante è stato quello dell’Europa, come era ovvio aspettarsi dal futuro presidente della Bce. Draghi ha voluto dirci di essere consapevole di affrontare una crisi difficile, che vede oggi in prima linea la Grecia, ma anche Irlanda e Portogallo. Ma ha chiaramente affermato che la crisi può essere risolta dall’Europa con la cooperazione di tutti gli stati membri e imponendo ai paesi in difficoltà una cura certamente severa, ma che non è dissimile da quella che l’Italia ha saputo affrontare all’inizio degli anni Novanta. Le soluzioni drastiche, dalla ristrutturazione del debito fino a quella estrema dell’uscita della Grecia dall’area dell’euro (che significa anche uscita dall’Unione europea) avrebbero conseguenze devastanti sul piano economico e finanziario e rappresenterebbero un fiero colpo all’euro, che ha portato a tutti i paesi partecipanti, a cominciare dall’Italia, molti più vantaggi che costi. “NON ESISTONO scorciatoie”, ha ammonito Draghi: basta seguire quello che ha fatto l’Italia dei primi anni Novanta (in particolare il governo Ciampi, ieri presente e oggetto di una commossa standing ovation) con le riforme, con il consolidamento fiscale e con un piano di privatizzazioni pari al 10 per cento del Pil. L’Italia di quasi venti anni fa come modello, non solo per la Grecia, ma anche per l’Italia di oggi. E qui il discorso ritorna al punto dolente: quanto è lontana la politica di oggi da quella di allora? Il discorso di Draghi è stato severissimo nella diagnosi ma ottimista nella prognosi: il paese ce la può fare, basta che intraprenda le riforme necessarie e liberi le energie finora soffocate. Ma perché questo avvenga occorre un quadro politico completamente diverso dall’attuale e la consapevolezza della drammatica urgenza del cambiamento. Un monito anche per le opposizioni di fronte all’esito delle elezioni di domenica. Come diceva Shakespeare, “la prontezza è tutto”. Ma attenzione: sono parole del principe Amleto.


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DAL MONDO

L’EPOPEA DEI 33 DAL SOTTOSUOLO AL REALITY SHOW I minatori cileni, l’inferno della miniera e quello della fama Pubblichiamo un’anticipazione del libro “Dev’essere così l’inferno” da oggi in edicola di Anna Vullo

eri notte ho sognato la miniera. C’erano i miei colleghi e la mia famiglia, erano imprigionati dentro. Io li guardavo da lontano: erano tutti morti (...) Ho salito le scale e sono entrato nella stanza di mio figlio Byron. Mi piace vederlo dormire, rannicchiato contro il muro, così indifeso, con quell’espressione concentrata e calma che hanno i bambini. Dicono che ha i miei occhi, ma io ho gli occhi piccoli e scuri, mentre lui ha degli occhi grandi e rotondi, verdi come un fiume e tempestati di piccole pagliuzze d’oro. Ogni giorno mi chiede di raccontargli qualcosa della mia prigionia nella miniera, e io sento che devo raccontare ma anche che non posso raccontare, è ancora tutto troppo vicino, troppo duro e troppo doloroso. Allora me lo prendo in braccio e gli racconto una storia, una storia qualsiasi purché non sia la mia. Mia moglie Monica dice che certe volte sono così assente che le faccio paura. (...) Ci invitano dappertutto, in America e in Spagna, in Inghilterra e persino in Grecia. Ci invitano le tv e i governi, vogliono vederci da vicino, dicono che siamo eroi. E allora tutti e 33 riempiamo una valigia e ci mettiamo in viaggio per il mondo in mezzo a migliaia di estranei. Saliamo su un aereo e

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quando decolla stiamo bene attenti a non guardare giù, verso le nostre montagne amate e maledette, nella speranza che quel viaggio verso il cielo ci aiuti a dimenticare il buio che ci portiamo dentro, tutti quei giorni e quelle notti senza luce e senz’aria nelle viscere della terra. Quando entriamo negli studi televisivi lì sì che ce n’è di luce, ce n’è tanta ma è tutta finta e io non posso fare a meno di pensare che forse stavamo meglio nell’oscurità. Ci dicono bravi, ma come avete fatto, siete stati straordinari. Siete degli eroi. Sì, degli eroi di carta, dei manichini che hanno perso la voce nelle profondità della terra. A me nessuno me la ridà la mia voce, nessuno mi rivolge la parola. Nemmeno i miei genitori. Quando mio padre è venuto a trovarmi in ospedale non la smetteva più di parlare. Com’è invecchiato in soli due mesi, si è come rinsecchito per il dolore. È rimasto fuori dalla miniera per 69 giorni ad aspettarmi e adesso che sono a casa non mi fa nemmeno una telefonata. Forse ha paura, non vuole sentire racconti che gli tolgono il sonno. Ha paura, sì. Anch’io ne ho, ma nessuno sembra accorgersene. Vivo in mezzo alla gente ma continuo a sentirmi solo.

I litigi e il patto del silenzio S’È SCRITTO che nei primi 17 giorni senza contatti con l’esterno i 33 minatori cileni avrebbero furiosamente litigato per spartirsi le scarse razioni di cibo. Si è detto che attraverso le palomas, i condotti da cui venivano loro recapitate lettere e alimenti, si sarebbero fatti inviare sottoterra ma-

“Dicono che siamo degli eroi. Allora riempiamo una valigia e viaggiamo per il mondo in mezzo a migliaia di estranei”

Dev’essere così l’inferno ANNA VULLO ALIBERTI

“Ogni giorno mio figlio chiede che gli racconti della mia prigionia nella miniera; ma non posso: è ancora troppo doloroso” rijuana. Un giornalista statunitense ha rivelato che sarebbero riusciti a procurarsi una bambola gonfiabile per distrarsi nelle lunghe settimane di solitudine. La verità è che non vi è nulla di certo. Una volta tratti in salvo i 33 sono stati chiari: di alcuni fatti riguardanti i primi 17 giorni nelle viscere della terra non intendono parlare. Hanno siglato un patto di silenzio e sono determinati a rispettarlo: gran parte dei drammatici momenti vissuti rimarranno segreti, sepolti per sempre nell’oscurità della miniera. Ci sono dettagli troppo dolorosi, troppo intimi per poter essere raccontati. Ciascuno è libero di parlare della propria esperienza, hanno fatto sapere, purché non nomini o coinvolga qualcun altro, né violi il famoso patto. L’accordo è già stato infranto, si è letto di recente sulla stampa cilena. Qualcuno ha rivelato fatti che sarebbero dovuti essere taciuti. Come per esempio la tentata “fuga” dei primi di settembre, poi fallita: i 33 avrebbero cercato di aprirsi un varco all’insaputa dei tecnici per uscire dalla miniera. Ma tant’è: parla uno e gli altri 32 smentiscono. E la verità resta confusa. I minatori hanno compreso che nonostante tutto conviene restare uniti. La fama è un impiego aleatorio, l’avvenire resta incerto. Meglio capitalizzare in fretta l’esperienza, poi si vedrà. In gennaio hanno costituito

Il leader barcollante

Da un ring all’altro, Mr B. “con il naso sanguinante” ”CON IL NASO SANGUINANTE”, come chi ha appena preso un pugno dagli elettori: così, la Bbc raffigura Berlusconi, il giorno dopo la batosta nelle amministrative. “Comunque la si giri – scrive sul suo sito l’emittente modello del servizio pubblico –, il premier è il gran perdente nelle elezioni locali”. Per il Financial Times, i risultati costituiscono “un colpo politico” inferto a Mr B. e “potrebbero alimentare una lotta di potere all’interno del gruppo di governo”, aprire, cioè, una sorta di guerra di successione (con il rischio che, nel frattempo, il Cavaliere dilapidi tutto il capitale accumulato). Tutta la stampa europea dedica attenzione al voto italiano e anche quella americana registra “il severo monito” degli elettori alla coalizione al governo (Wall Street Journal) – e pure New York Times, Washington Post, che parla di “enorme sconfitta”, Cnn, San

Il salvataggio dei minatori cileni (FOTO LAPRESSE)

174 PAGINE 15 EURO

Francisco Chronicle, Associated press e molti altri. In Europa, titoli e commenti si succedono e si assomigliano: il Guardian parla di “umiliazione” per il premier, il Times vede “il berlusconismo minacciato” dalla perdita di Milano, Libération considera il capoluogo lombardo “liberato”, lo spagnolo Abc evidenzia il “simbolismo” dell’unione “delle capitali del Nord e del Sud per dare una botta a Berlusconi”. E molti giornali, specie francesi, collegano la batosta elettorale di Mr B. con gli sviluppi del Ruby gate: battuto sul ring della politica, Mr B. deve subito salire su quello della giustizia. Fra tutti i quotidiani, uno solo, El Pais, non punta su chi ha perso, ma su chi ha vinto: “La sinistra italiana – titola il giornale spagnolo – resuscita con brio”. Giampiero Gramaglia

una società per azioni incaricata di tutelare i loro diritti e distribuire equamente le royalties di eventuali contratti per libri, film, videogiochi e qualsiasi prodotto legato alla loro storia. I minatori beneficeranno in parti uguali dell’80% dei guadagni che si genereranno vendendo i diritti, mentre una società “agente” – che rappresenterà gli operai nelle negoziazioni – avrà il restante 20%. L’accordo prevede che per 4 mesi i minatori ricevano un milione di pesos ciascuno (poco più di 2mila dollari) in qualità di anticipo versato da una società che ha già investito 280mila dollari; poi si valuteranno eventuali offerte. (...)

La regola del profitto SI CONTINUA a discutere se sia etico o meno speculare sulla tragedia di 33 esseri umani; a scrivere che i minatori, una volta usciti dall’anonimato, abbiano pensato solo a trarne profitto. Qualcuno ha svoltato, è vero. Come “super” Mario Sepúlveda, che ha creato una società per tenere conferenze motivazionali assieme a Omar Reygadas. Li invitano in tutto il mondo a raccontare come si sopravvive in condizioni estreme. Passeranno i prossimi mesi viaggiando. (...) Per Reygadas la compagnia è diventata preziosa come l’aria che respira. Nei rari momenti di solitudine si sente perduto e si mette a piangere come un bambino. Dario Segovia è tra i pochi con i piedi per terra: ha annunciato che investirà il denaro in un chiosco di frutta. In miniera non ci torna. Edison Peña, il corridore fan di Elvis Presley, ha partecipato a programmi tv, corso la maratona di New York e visitato Memphis, patria natale del suo idolo. Ma anche lui ha ammesso che è arrivato il momento di tornare alla realtà. Dopo il crollo di San José, Leonardo Farkas, un imprenditore cileno multimilionario e parecchio eccentrico, ha promesso ai minatori che ne fossero usciti vivi 5 milioni di pesos ciascuno. Poi ha lanciato una provocazione: aprire un conto corrente perché tutti potessero versare denaro in favore degli eroi di Atacama. Obiettivo, arrivare al milione di dollari. Come numero di conto ha scelto un multiplo di 33, il numero dei minatori: 33333. Con i soldi donati da Farkas Alex Vega sta ristrutturando l’appartamento dove vive con la sua famiglia. Claudio Yáñez

si è sposato con la fidanzata Cristina e si è trasferito in una casa su due piani come quella che sognava nell’oscurità: con una grande cucina e due stanze per le sue due bambine. Regalo del magnate cileno. Anche Mario Gómez aveva annunciato a Lili che dopo tanti anni di vita insieme una volta salvo l’avrebbe portata all’altare. Ma una serie d’imprevisti li ha costretti a rimandare il matrimonio. (...) Da quando è tornato in superficie dorme male ed è perseguitato dall’emicrania. Si preme continuamente le nocche delle dita sulle tempie, come se stesse per esplodergli la testa. Nonostante la silicosi, la malattia dei minatori che squassa i polmoni, ha ripreso a fumare per scacciare l’angoscia. Per uscire indossa ancora speciali lenti scure: la luce del giorno è troppo forte per i suoi vecchi occhi feriti. E forse anche le emozioni. Ad appena un mese dal salvataggio molti dei 33 sopravvivevano solo grazie al sussidio dell’Achs, l’Associazione cilena per la sicurezza. Nei mesi successivi a molti di loro è stato tolto: troppi viaggi, troppe assenze. Omar Reygadas, Mario Sepúlveda, Edison Peña non hanno più diritto all’indennità di malattia.

Altri, come Juan Illanes, vengono considerati “guariti”, perciò sono stati congedati dallo psicologo e restituiti alla normalità. Chi è rimasto poverissimo è il boliviano Carlos Mamani, l’unico straniero del gruppo, originario di un piccolo centro agricolo a oltre 3mila metri di altitudine e 6 ore di bus dalla capitale La Paz. Era arrivato in Cile con la promessa di una vita meno misera dopo anni di impieghi precari e sottopagati. (...) Era impiegato in miniera da appena 5 giorni. All’uscita dal budello l’attendevano il presidente boliviano Evo Morales e un carico di promesse: una casa e un posto sicuro, di nuovo nel suo Paese. Ma Mamani è finito dimenticato e senza lavoro. Si è chiuso nella sua baracca con il suo fardello di incubi, senza la forza di parlare nemmeno con la moglie. Il comune gli ha negato un pezzo di terra per costruirsi un alloggio. Se presto avrà una casa nuova è solo grazie all’aiuto di Farkas. Nel frattempo è tornato in Bolivia. Forse si rivolgerà alla Pachamama, la 156 madre-terra venerata dai popoli andini. O forse allo sciamano che consultò Johnny Quispe, il padre di sua moglie Veronica. Mentre i 33 minatori agonizzavano 700 metri sottoterra, lo sciamano predisse che si sarebbero salvati tutti. Ma a Carlos non basta. Deve ancora tornare a vivere. Nella tele-realtà il peggio viene quando finisce lo show.

ANGELOPOULOS “Una rete dell’indignazione” a indignarvi, o miei prodi greci”. È un apCstaontinuate pello di passione tragica quello che il grande cineaTheo Angelopoulos eleva da Roma, dove è arrivato per presentare il suo ultimo film, La polvere del tempo, oggi in uscita italiana. L’accenno a Piazza Syntagma di Atene, che quotidianamente accoglie decine di migliaia di manifestanti contro l’austerity governativo e le imminenti privatizzazioni selvagge sana-debito, era atteso nelle parole del maestro del cinema greco che mai trascura la sciagurata attualità del proprio Paese, benché il suo sguardo d’artista superi le misure dei tempi, come dimostra quest’opera che vede protagonisti Willem Dafoe, Michel Piccoli, Bruno Ganz e Irène Jacob in un viaggio d’amore e dolore attraverso la Storia. “La Grecia necessita di un cambiamento radicale, qualcosa che la stravolga in profondità perché così non possiamo più andare avanti. E lo stesso vale per le nazioni mediterranee affini: Spagna, Portogallo e la vostra Italia, mi par di capire”. Negli anni ’70 Angelopoulos aderì alle cine-nouvelle vagues atte a sovvertire i paradigmi artistici e politici, “ma oggi – spiega il regista – il cinema non rivoluziona più niente. Allora io cerco di attuare una mia rivoluzione privata: nel prossimo film riunirò in co-produzione Paesi tradizionalmente conflittuali: Grecia, Cipro, Turchia e Israele. E anche l’Italia, grazie all’amico Amedeo Pagani da decenni mio co-produttore. Il progetto indaga la crisi greca attuale attraverso un gruppo di giovani attori – di cui alcuni scioperanti -desiderosi di metter in scena Brecht”. (Anna Maria Pasetti)


Mercoledì 1 giugno 2011

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DAL MONDO

FLOTTIGLIA PER GAZA UN ANNO DOPO ISRAELE TRA FUOCO E ACQUA Nuova sfida al governo Netanyahu: nel 2010 la strage in mare di Roberta Zunini

on l’apertura permanente del valico di Rafah la striscia di Gaza non è più completamente isolata. Fatto irrilevante per i sostenitori della Flottila - di cui il pacifista Vittorio Arrigoni, ucciso a Gaza il 15 aprile, era uno degli animatori più attivi - il convoglio di navi che il 31 maggio dello scorso anno fu assalito dalle forze militari israeliane, mentre cercava di rompere l’assedio marittimo della Striscia. “Per noi non cambia nulla, rifaremo ciò che abbiamo fatto lo scorso anno, solo che questa volta ci sarà anche una nave italiana nel convoglio internazionale - spiega Francesco Giordano del coordinamento Flottilla italiana - che partirà dopo il 20 giugno da un porto

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italiano. Il fatto che gli egiziani abbiano aperto il confine terrestre di Rafah, non cancella l’ingiustizia perpetrata dallo Stato israeliano che costringe un milione e mezzo di persone a vivere in una prigione a cielo aperto”. Il blitz notturno dello scorso anno, condotto da agenti scelti israeliani, che dopo aver abbordato la nave turca Mavi Marnara, spararono, uccidendo 9 attivisti turchi, provocò reazioni negative anche da parte dei partner storici di Israele e la strategica alleanza tra Turchia e Israele ne uscì a pezzi.

re che non potrà fermare le imbarcazioni. Israele ha colto l’occasione di questo tragico anniversario, annunciando che nulla cambia: non verrà tollerato alcun tentativo di varcare il confine marittimo di Gaza, anche se per raggiungerlo, la flottila non

entrerà nelle acque nazionali israeliane. Il problema infatti è raggiungere la Striscia, indipendentemente dalla territorialità marittima. Israele sta tentando di bloccare a monte la partenza delle navi, per evitare un nuovo ricorso alla forza. Fiancheggiato

su questo terreno dall’amministrazione Usa, il governo di Benyamin Netanyahu sta puntando in prima battuta sulla dissuasione diplomatica: lanciando appelli in ogni direzione affinchè la spedizione non trovi porti da cui prendere il largo. Se tuttavia questa strada non dovesse funzionare (l'iniziativa è gestita da organizzazioni private e gli Stati non sembrano nelle condizioni legali di poterla fermare), la carta della forza non viene esclusa neppure stavolta, anche se con correzioni di tiro rispetto al 2010. LE AUTORITÀ israeliane temono in particolare l’Ihh: il sodalizio islamico-militante turco. I vertici politici e militari dello Stato ebraico ripetono in ogni modo d’essere decisi a presidiare. Le esercitazioni delle forze speciali della marina, riferiscono i media, sono già in corso.

A DISTANZA di un anno, il riavvicinamento è ancora in corso ma l’intransigenza israeliana non aiuta. La Turchia, attraverso il suo ministro degli eEsteri, Ahmet Davutoglu, ha fatto sape-

L’OFFERTA di Assad amnistia e stop alle proteste

Arrigoni e una delle imbarcazioni turche della flottiglia per Gaza

Pioggia di soldi e aiuti a Bengasi l’Italia spera che Gheddafi lasci presto

di Franco Ragnoli Damasco

ashar Al Assad ha concesso l'amnistia per tutti i crimini Btramite commessi prima del 31 maggio. La notizia viene diramata l'agenzia di stampa nazionale e trasmessa dai canali

di Francesca Cicardi

tv. Il provvedimento è concesso anche ai Fratelli musulmani, nemici giurati del regime di Assad, che aveva sradicato nel 1982 con il massacro di Hama e poi sempre ignorato in tutti i provvedimenti presi fino a oggi. Bashar ha anche costituito una commissione d’inchiesta per accertare le circostanze della morte del 13enne Hamza Al Khatib, torturato probabilmente da apparati dell’esercito. Per far conoscere tempestivamente la notizia, la tv pubblica ha interrotto con una edizione straordinaria del tg la finale di “Ballando Sotto le Stelle”, uno dei tanti programmi di distrazione di massa.

Il Cairo

heddafi se ne deve andare. Il Gil messaggio suo regime è finito. Questo è forte portato dal Ministro degli Esteri Franco Frattini a Bengasi nella sua prima visita ai nuovi alleati libici. Ma il Colonnello non è disposto a lasciare il potere, non sarebbe ancora pronto, ha spiegato il presidente sudafricano Jacob Zuma, che lunedì si è recato a Tripoli per una missione poco chiara: Zuma avrebbe riproposto la road map dell’Unione Africana - che prevede un cessate il fuoco, lo stop dei bombardamenti Nato (che, in cento giorni, sostiene il regime, hanno finora provocato la morte di 718 civili e 4.065 feriti) un periodo di transizione con Gheddafi ancora al potere - ma si sospetta che l’obiettivo reale sia stato quello di negoziare una exit strategy: garantire l’immunità del Colonnello, che con grande probabilità diventerà presto un ricercato della giustizia internazionale. Uno studio legale sudafricano sarebbe disposto a difendere Gheddafi dalle accuse per crimini di guerra formulate dal Tribunale Penale Internazionale, mentre l’ex Ministro della Difesa francese Roland Dumas si è offerto di rappresentarlo davanti a questa corte. Ma, per ora, Gheddafi non ha intenzione di abbandonare la Libia “nonostante le difficoltà”, eufemismo che racchiude la sempre più violenta pressione internazionale.

A MOLTI PARE L'ESTREMO TENTATIVO del regime di fermare le proteste che infiammano il Paese da più di 10 settimane e che da venerdì scorso proseguono ininterrottamente anche la notte. Oggi la repressione violenta è toccata ad Al Rastan, cittadina sull'autostrada tra Homs e Hama. Le notizie che filtrano dalla città blindata, senza segnale telefonico e rete internet è che il fratello minore del presidente e braccio armato del regime, Maher Al Assad guida i rastrellamenti, i tank bloccano le strade e con gli elicotteri hanno assaltato l'ospedale dove erano ricoverati dei manifestanti. Ieri è stata la volta di Talbasah, in provincia di Homs. I 3 morti accertati negli scontri hanno portato il numero delle vittime oltre quota 1200. Un anziano con cui abbiamo confidenza, ci dice: “Mi fanno ridere, firmano una amnistia per la fine delle violenze e continuano a tener sotto assedio le città che protestano”. I più giovani commentano su Facebook e Twitter. “Siamo noi che dovremmo perdonarli dei loro crimini”. “È il popolo siriano che dovrebbe dare a Bashar l'amnistia!”. Intanto in tv scorrono le immagini dei militari uccisi. Ieri il quotidiano Baladna riportava l’elenco dei nomi: una trentina su 1200 morti, di cui non c’è traccia né in tv, né altrove.

IERI FRATTINI ha contribuito in questo senso, aprendo il consolato italiano nella capitale ribelle e incontrando i dirigenti del Consiglio Nazionale Transitorio, con il quale ha firmato un memorandum di intensa: “L'Italia non solo conferma di riconoscere il Consiglio come unico rappresentante del popolo libico ma prende anche l'impegno con il supporto di Eni e UniCredit di fornire al Consiglio ciò di cui ha bisogno il popolo libico”. Cioè, soldi e benzina, che sono agli sgoccioli in Cirenaica. Frattini ha promesso centinaia di milioni di euro, che potranno provenire anche dai fondi libici che si trovano in Italia bloccati dalle sanzioni internazionali contro il regime di Gheddafi, come i miliardi investiti da Tripoli in UniCredit. Intanto l’Eni, principale compagnia energetica straniera in territorio libico, offrirà assistenza finanziaria per far ripartire l’industria petrolifera della Libia liberata e gli fornirà il carburante. Proprio il petrolio potrebbe essere la chiave del conflitto, strangolando definitivamente il regime di Gheddafi così come lo ha alimentato finora. L’Onu ha avvertito che, nel giro di settimane, le aree sotto il controllo del regime rimarranno senza viveri e medicine, spesso sovvenzionati con fondi statali provenienti dalla vendita di greggio. Le condizioni di vita sempre più difficili in Tripolitania e l’aumento dei raid Nato stanno mettendo a dura prova il Colonnello, che però non si arrende.

L’uccisione del giornalista Saleem Shahzad

Schiacciato tra al Qaeda e 007 pachistani di Barbara Schiavulli

lo abbiamo incontrato Q uando non poteva sapere che erano le sue tre ultime settimane di vita, che il suo corpo sarebbe stato trovato in La casa del giornalista ucciso (FOTO

una macchina abbandonata alla periferia di Islamabad con evidenti segni di tortura. Massimo esperto di Al Qaeda, capo della sezione pakistana dell’Asian Times, tutto quello che sperava era che il suo libro, “Al Qaeda dopo Bin A ) Laden”, in uscita in questi giorni in Inghilterra, avesse successo. Invece Saleem Shahzad, 40 anni, giornalista pachistano scomodo, due giorni fa è scomparso mentre si dirigeva verso gli uffici di una televisione locale. Secondo l’organizzazione umanitaria Human RiNSA

ghts Watch, Shahzad era stato arrestato dall’Isi, i servizi segreti pachistani per un pezzo che pochi giorni prima aveva scritto sul suo giornale. PARLAVA di negoziati segreti proprio tra gli 007 pachistani, di recente investiti dal fastidio di non sapere o di aver finto di non sapere che Bin Laden viveva da 5 anni in una cittadina militare a 120 chilometri dalla capitale, e quelli di Al Qaeda: si riferiva all’ attacco terroristico alla base aero-navale di Mehran a Karachi del 22 maggio e rivelava l’esistenza di un nucleo segreto di Al Qaeda tra i ranghi degli

ufficiali della Marina. “Se mi succede qualcosa, cercate i responsabili nei servizi”, aveva detto solo qualche giorno prima Shahzad. Fastidioso, pungente, vivace, giovane, di quei giornalisti che vanno nei posti e frugano, già arrestato in precedenza dalle forze di sicurezza afghane, si era anche preso un proiettile nello stomaco, ma ne era sempre uscito vivo con la forza della penna, raccogliendo consensi e fiducia sia tra i militanti che i militari. IL SUO ULTIMO lavoro su al Al Qaeda doveva essere tanto importante da far tremare, forse chi lo ha

ucciso. “Shahzad andava a cercare le notizie che contano e deve aver infastidito qualcuno”, ha commentato Zafar Hilaly, un consigliere dell’ex ministro Benazir Bhutto, uccisa nel dicembre 2007. Ennesimo imbarazzo per uno Stato diviso tra le sue alleanze occidentali che gli forniscono sostegno finanziario e l’aiuto che dispensa ai militanti che si insinuano ovunque, forse anche nei ranghi dell’esercito, come sosteneva Shahzad. Con lui, padre di due ragazzini, si spegne un altro pezzo di buon giornalismo e salgono a 12 giornalisti pachistani uccisi negli ultimi 15 mesi.

N CINA

Indennizzi a vittime di Tien an men

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er la prima volta dal 1989, le autorità di Pechino hanno offerto indennizzi economici ad alcuni parenti delle vittime della repressione a Piazza Tien an men. A rivelarlo le Madri di Tien an men in un appello alla vigilia dell’anniversario del massacro del 4 giugno 1989.

MOSCA

Arrestato il killer della Politkovskaya

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ustam Makhmudov, ritenuto l’esecutore materiale dell'omicidio della giornalista Anna Politkovskaya, nel 2006, è stato arrestato in Cecenia. Per l'assassinio della reporter della Novaia Gazeta furono sottoposti a processo nel 2009 i fratelli di Rustam Makhmudov, Dzhabrail e Ibragim, assieme all'ex ufficiale di polizia, Sergei Khadzhikurbanov: la corte, tuttavia, li assolse per insufficienza di prove.

BELGIO, FRANCIA E OLANDA

Fuochi d’artificio contro Ikea

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e lievi esplosioni che hanno colpito 3 magazzini Ikea in Belgio, Francia e Paesi Bassi sono state causate da “piccoli fuochi d'artificio” (si è anche parlato di ordigni nascosti in alcune sveglie). È quanto sostiene la catena svedese che ha fatto sapere di “non aver ricevuto nessuna minaccia”. Le esplosioni di lieve entità hanno colpito i punti vendita Ikea nelle città di Gant, in Belgio, Lille nel nord della Francia ed Eindhoven, nei Paesi Bassi, lunedì sera poco prima della chiusura.


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Mercoledì 1 giugno 2011

SECONDOTEMPO SPETTACOLI,SPORT,IDEE in & out

Zia Valeria Bruni Tedeschi: molto felice per il bimbo di Carla

È SUCCESSO DAVVERO

Il Rubicone di Caltagirone Celebrato all’Auditorium il processo a Cesare (con battute contro B) di Giorgio Meletti

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Milano hanno il Piccolo Teatro e La Scala, a Roma il Colosseo e l'Auditorium Parco della Musica. Per dire, paese che vai, cultura che trovi. E così lunedì sera, mentre a Milano si festeggiava per strada la liberazione del comune dai berlusconian-leghisti, a Roma un pezzo di classe dirigente celebrava a modo suo un peculiare “Sette Colli Pride”. Protagonista Francesco

Gaetano Caltagirone, detto Franco dagli amici e “l'ingegnere” dai deferenti, costruttore, editore e finanziere, l'uomo più ricco della Capitale e tra i più liquidi d'Italia. Il proprietario del Messaggero, celebre per una riservatezza quasi ossessiva, è salito su un palcoscenico dell'Auditorium, di cui è vicepresidente, e si è esibito davanti a un migliaio di persone come presidente della giuria popolare incaricata di sentenziare nientemeno che su Giulio Cesare. Appassionato cultore di storia romana, l’imprenditore ha deciso di regalarsi una serata diversa. SI È CAPITO subito che lo statista capitolino sarebbe stato assolto: il capo d'imputazione, in sostanza l'accusa di golpismo ai danni delle buone regole repubblicane di Roma antica, era debole in partenza per la smaccata cadenza veneziana del pubblico ministero Carlo Nordio. Ma so-

prattutto era destinato a infrangersi contro il clima a metà strada tra l'iniziativa culturale e lo scherzo tra amici. Caltagirone in toga anziché in grisaglia tutto sommato non fa tanta impressione, come pure siamo abituati a vedere in divisa professionale Nordio e il difensore di Giulio Cesare, Paola Severino, principessa del foro (romano e italiano), che nella vita reale è l'avvocato di Caltagirone stesso. Ma l'eurodeputato David Sassoli vestito da Giulio Cesare, con toga e tutto, e il romanissimo senatore veltroniano Raffaele Ranucci, in divisa da senatore antico, somigliavano troppo ai gladiatori in affitto per le foto turistiche sotto il Colosseo per non strappare al pubblico sincere risate. Difficile capire dalla platea se si reciti un copione o se ciascuno abbia messo in campo la propria personale cultura storica. Fatto sta che per tre ore buone il pubblico ha assistito a

Tennis Roland Garros, Francesca Schiavone in semifinale

un duello surreale fatto di citazioni dotte e battute da pizzeria. Il testimone Ranucci, dovendo spiegare il problema della guerra ai Parti (gli antichi persiani) che era nei programmi di Cesare quando fu ucciso, si rivolge al presidente del tribunale e lo fulmina con un “No Cesare, no Parti”. Caltagirone si scompiscia dal ridere, il pubblico con lui. MA IL PRODOTTO di maggior successo è la battuta anti-nordista. Basta un nulla per scatenare l'applauso. A Caltagirone è sufficiente ricordare che, oltre il Rubicone, “la Padania era una provincia romana”. Ovazione. Il popolano Nevio, per spiegare la popolarità di Giulio Cesare presso le plebi urbanizzate, non trova di meglio che “era un po' il nostro Pupone”, e incassa l'ovazione. Sassoli-Cesare, maIn alto due immagini di David Sassoli nei panni di Cesare. Qui Francesco Gaetano Caltagirone, presidente della giuria

Juventus Antonio Conte è il nuovo allenatore bianconero

neggiando senza sosta la tunica rossa e imitando con zelo l'oratoria dalemiana, se ne esce con un imperdibile: “Se oggi si è votato a Mediolanum è perché io ho dato loro la cittadinanza” (risate molto intense). E a proposito di Mediolanum ce n'è anche per Berlusconi. Marco Giunio Bruto, l'accoltellatore, alias il manager Stefano Dominella, accusa Giulio Cesare della cattiva abitudine di farsi portare a casa ragazzini e ragazzine da un manager (allusione, risate). Ma alla fine è chiaro che Giulio Cesare va assolto, “ci ha fatto grandi nel mondo”, dice il popolano Nevio, come Totti, appunto. E quindi la morale è automatica. Cesare non ha smontato la democrazia romana, ma al contrario, varcando il Rubicone, ha sì violato le legge formale della Repubblica, ma lo ha dovuto fa-

Verona Arena, oggi apre la stagione: sul palco Modà e Zucchero

re per sventare le manovre veramente golpistiche di Pompeo. E che faceva Pompeo? L'accusa viene dal senatore Ranucci: “Riceveva i senatori fuori dalle sedi istituzionali, a casa sua, in località Plebiscitus” (allusione, risate). Il presidente Caltagirone è visibilmente contento, e con lui tutta la sua famiglia in platea, compreso il genero Pier Ferdinando Casini. Di tanto in tanto dà un saggio di come conduce le riunioni di lavoro: assegna a Giulio Cesare dieci minuti per le sue dichiarazioni spontanee e, quando l'estasi recitativa di Sassoli supera i limiti del sopportabile, lo placca con fermezza: “Giulio Cesare, sono venti minuti che parla!”. Anche la requisitoria di Nordio è troppo lunga. Il presidente protesta. Poi a bruciapelo obietta: “Pubblico ministero, non ha quantificato la pena richiesta”. NORDIO ANNASPA , è impreparato, non sa se davanti al Tribunale della Storia le pene si misurano in anni o altro, e poi quello non è Giulio Cesare, è Sassoli. Il clima da recita di Natale diverte talmente i protagonisti che vanno lunghi. È quasi mezzanotte quando Caltagirone si rivolge al pubblico: “Prima che votiate, vi richiamo i principali punti...”. Dalla platea si leva un ululato. Il pragmatico capitano d'industria non fa una piega: “E allora votate senza che vi richiamo...”. Applauso liberatorio. Vince l'assoluzione, in nome del “avevamo l'impero e i milanesi erano i nostri schiavi”. Il tutto per 12 euro di biglietto. Sono le iniziative culturali della Fondazione Musica per Roma.


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SECONDO TEMPO

CALCIOPOLI

“CONDANNATE MOGGI”

I pm di Napoli chiedono cinque anni e otto mesi per l’ex dg della Juventus di Vincenzo Iurillo

i addensano nubi nere sui furbetti di Calciopoli. Arrivano le richieste di condanna per Luciano Moggi & C. E sono richieste pesanti, quelle avanzate dai sostituti procuratori Stefano Capuano e Giuseppe Narducci, al termine della requisitoria del processo in corso davanti alla nona sezione del Tribunale di Napoli. I pm hanno chiesto cinque anni e otto mesi di reclusione per l’ex direttore generale della Juventus privata dalla giustizia sportiva dei due scudetti vinti tra il 2005 e il 2006. Moggi è ritenuto il ‘capo’ di un’associazione per delinquere che gestiva il mondo del calcio italiano e controllava i risultati delle partite attraverso le designazioni arbitrali e l’operato dei fischietti in campo. Al sodalizio avrebbero partecipato gli ex designatori arbitrali Paolo Bergamo e Pierluigi Pairetto, per i quali l’accusa ha chiesto 5 anni e 4 anni e sei mesi, l’ex vice presidente federale Innocenzo Mazzini, che rischia una condanna a 4 anni, e l’ex direttore sportivo del Messina Mariano Fabiani, per il quale i pm hanno chiesto 3 anni e otto mesi.

S

Antonio Dattilo; tre anni per l'ex arbitro Massimo De Santis, ritenuto dall’accusa uno dei pilastri del sistema Moggi; per i dirigenti della Fiorentina Andrea e Diego Della Valle, rispettivamente un anno e dieci mesi e due anni nonché 70 mila e 80 mila euro di multa; un anno e sei mesi per l'ex se-

gretaria della Can Maria Grazia Fazi; due anni e 80 mila euro di multa per il presidente della Reggina Pasquale Foti; assoluzione per l'ex assistente Silvio Gemignani; un anno e dieci mesi e 70 mila euro di multa per il presidente della Lazio Claudio Lotito; un anno e 4 mesi per l'ex desi-

Pene di poco inferiori invocate per gli ex designatori arbitrali Bergamo e Pairetto

La lista degli imputati comprende molti altri nomi eccellenti, alcuni ancora in carica, come Lotito

gnatore degli assistenti Gennaro Mazzei; un anno e sei mesi e 50 mila euro di multa per l'ex dirigente del settore arbitri del Milan Leonardo Meani; un anno e 8 mesi e 60 mila euro di multa per l'ex dirigente della Fiorentina Sandro Mencucci; un anno e due mesi per l'ex assistente Claudio Puglisi; due anni e due mesi per l'ex arbitro Salvatore Racalbuto; un anno per l'ex arbitro Pasquale Rodomonti; un anno e due mesi per il giornalista Ignazio Scardina, ex responsabile dei servizi calcistici di Rai Sport; un anno e 20 mila euro di multa per l'ex assistente Stefano Titomanlio. DURANTE la requisitoria, durata tre udienze, i pm sono tornati su alcuni dei punti chiave dell’inchiesta. E in particolare sulle schede telefoniche estere che Moggi fornì a designatori e

È ANCORA SERIE B. E UN TIFOSO ECCELLENTE SI INTERROGA: CRISI IRREVERSIBILE?

i tifosi del Toro ci vorrà Amenticare un bel po’ prima di dil’allucinante 29 maggio 2011. Un giorno che ha segnato la fine delle poche illusioni ancora rimaste, dopo un campionato che – a furia di partite squallide e delusioni cocenti – ha assunto le sembianze di una catastrofe annunziata. Come tutte le persone interessate alla vicenda granata, avevo ben chiare le difficoltà in cui si dibatteva una squadra mal assortita e peggio diretta. Ma speravo che alla fine si sarebbe evitato il

baratro incombente. Impossibile che potesse essere cancellato con un colpo di spugna, da un gruppo di sfaticati, quel patrimonio esaltante di Storia, Passione, Tormenti, Successi ed Entusiasmi (uso consapevolmente questo diluvio di maiuscole, senza temere più di tanto di sembrare retorico) che è il Toro. I tradizionali caratteri del “vecchio” Toro – tenacia, resistenza alle avversità, fatalismo intrecciato con un inesauribile ottimismo, orgoglio di essere minoranza, fedeltà anche nei momenti più bui – hanno consentito alla squadra

di superare anche le bufere più cupe. Ma questa volta niente da fare. Ha vinto (si fa per dire, trattandosi di personaggi votati alla sconfitta) chi interpreta la “modernità” del calcio nel senso che tutto è traffici, affari e menefreghismo. Impegno e sacrificio, rispetto della maglia e dei tifosi, rispetto anche soltanto di sé (trattandosi di gente lautamente retribuita per rendere prestazioni almeno decorose) son tutte cose sorpassate, da relegare in soffitta. Atteggiamenti e mentalità, manco a dirlo, che non mi piacciono per niente, non solo per

Il presidente del Torino Calcio Urbano Cairo (FOTO LAPRESSE)

Il tramonto è quasi fatale nel calcio di oggi, dove tenacia e fedeltà alla maglia contano sempre meno

MA SECONDO i pm il sodalizio sarebbe stato attivo almeno dal 1999, l’anno in cui le designazioni arbitrali vennero affidate alla coppia Bergamo-Pairetto. Cinque anni prima che le intercettazioni – disposte tra il 2004 e il 2005 – scoperchiassero il pentolone del sistema Moggi.

BALLA con noi il dance-movie tricolore l primo dance movie italiano, appena uscito nelle Imarlo sale, si intitola “Balla con noi – Let’s dance” e a firè la giovane regista Cinzia Bomoll, già premia-

Quando il silenzio è Toro Carlo Caselli

trata su cellulare a disposizione”, mentre tra Pairetto e Moggi, 72 in entrata e 128 in uscita, sulle utenze straniere 42 in entrata e 49 in uscita e 12 telefonate “dirette”. Auricchio spiegò che Moggi, sulle utenze riservate, parlava con designatori e arbitri, mentre non risultano contatti dell’ex dg con operatori del mercato. Al contrario di quanto sostenuto dalla difesa di Moggi, secondo la quale quelle schede servivano a ‘coprire’ operazioni che dovevano restare segrete.

Luciano Moggi in aula durante un’udienza del processo Calciopoli (FOTO LAPRESSE)

LA LISTA degli imputati di Calciopoli snocciola una buona fetta del gotha del pallone dei primi anni 2000. Molti di loro sono ancora alla guida delle rispettive società. Questo l'elenco di tutte le altre richieste formulate dai pm: assoluzione per l'ex assistente Marcello Ambrosino; due anni e quattro mesi per l'ex arbitro Paolo Bertini; assoluzione per l'ex assistente Enrico Cennicola; un anno e otto mesi per l'ex arbitro

di Gian

arbitri per conversazioni ‘riservate’, e sul linguaggio ‘criptico e allusivo’ utilizzato nelle telefonate intercettate ad alcuni imputati, che commisero l’errore di utilizzare le sim estere sulle utenze non coperte di altri indagati o di parenti. Nel processo è emerso che tra Moggi, Bergamo e Pairetto, nel periodo dell’indagine su Calciopoli, sarebbero intercorse circa 450 telefonate. Parte delle conversazioni non sono state intercettate perché sono avvenute sulle sim, in maggioranza svizzere, intestate a prestanomi. Secondo i dati forniti in aula dal colonnello Attili o Auricchio, l’investigatore che ha condotto l’indagine “Off Side” sugli illeciti del calcio italiano, tra Bergamo e Moggi risultano 104 telefonate in entrata e 76 in uscita, sulle utenze riservate 22 in entrata e 2 in uscita oltre a “25 in en-

questioni “generazionali”. E che in ogni caso hanno causato la contingente rovina del Toro. Al presidente Cairo, che più di un lustro fa aveva riacceso le speranze del popolo granata raccogliendo il testimone dopo il fallimento societario (da troppi sedicenti torinesi ardentemente voluto, aiutato e spinto…), si chiedevano – in fondo – poche e semplici cose (poche e semplici, s’intende, nella soave spregiudicatezza del tifoso): un progetto serio, ma concreto e fattibile, senza promesse mirabolanti; il rispetto della tradizione e dei suoi Valori – di nuovo una maiuscola! – così da restituire al Toro il ruolo che ha sempre avuto e che ancora gli spetterebbe nel panorama del calcio italiano. Anche del calcio di oggi, cui il Toro (soprattutto il Toro) potrebbe ridare un po’ di genuinità. Invece, tutto sembra ormai in via di estinzione. Come simboleggia la rovina in cui viene colpevolmente lasciato lo stadio Filadelfia, il glorioso “Fila” del Grande Torino, che nessu-

tissima al suo esordio, con “Il segreto di Rahil”, al Raindence Film Festival di Londra. Il nuovo lavoro pare una sorta di musical: “Non esattamente – dice la Bomoll perché al centro c’è il ballo. Anche se pure la musica è molto importante: ho curato personalmente la colonna sonora, mi stava a cuore che avesse una qualità eccezionale, pur trattandosi di musica di strada”. Ed è così, grazie a Dj Baro dei Colle Der Fomento che l’ha composta per il film: “Dj Baro è un top per chi segue la braekdance, come anche altri artisti che recitano nel lungometraggio: Cico, campione mondiale di giri sul braccio a testa in giù - ne fa 27! – o Kacyo che, con la sua crew, De Klan, è da due anni campione italiano della competizione tra breakers più importante del mondo, la “Buttle”. Nel film ricreiamo quella gara proprio con le crew vere che vi partecipano”. In scena, oltre ai ballerini presi dalla strada, anche attori professionisti: “ Il mio orgoglio è quello di essere riuscita, per una produzione istituzionale come Rai Cinema, a integrare star mainstream con emarginati sociali: in fondo è la storia del film”. Ce la racconti: “La protagonista ha 18 anni, fa danza classica, abita coi genitori, borghesi. Il fratello, scappato di casa, vive in periferia e balla hip hop con la sua crew. Lei è in crisi, si sente sola, ha paura di non farcela a superare l’esame di danza. Attraverso l’incontro con l’hip hop e col gruppo del fratello, risolve i suoi problemi, soprattutto legati alla crescita”. E riesce anche a passare l’esame? “Il finale non lo svelo, è la scena più potente del film”. (Eugenia Romanelli)

n’altra città al mondo penserebbe mai di poter dimenticare. Eppure, ancora domenica scorsa i ventimila e rotti tifosi accorsi allo stadio – che nonostante tutto hanno urlato alla squadra un formidabile incitamento, che si è andato spegnendo solo quando è risultato evidente che neppure così si potevano svegliare dal loro coma giocatori imbolsiti – erano lì a testimoniare il persistere di sentimenti non effimeri, perché non legati soltanto al successo da conquistare comunque, senza tanti complimenti. Sentimenti grazie ai quali il Toro ha sempre rappresentato, non soltanto nei cuori di chi lo ama, l’idea possibile di un calcio diver-

so: un calcio dal volto umano, migliore di quello “moderno” ossessionato (e alla fine asfissiato) dai continui calcoli su bacini di utenza, listini di Borsa, contratti televisivi e pubblicitari, giocatori controllati in modo totalizzante e via commercializzando. Sentimenti che rischiano di essere dispersi, per la gioia maligna di qualcuno, ma con danno irreversibile per la credibilità stessa della intera città di Torino. E tuttavia, inguaribile ottimista, continuo a sperare che il Toro riuscirà ancora una volta a essere come l’araba fenice: perché resto convinto che nel variegato piumaggio di questo favoloso uccello sia predominante proprio il colore granata…


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Mercoledì 1 giugno 2011

SECONDO TEMPO

+

IL PEGGIO DELLA DIRETTA

TELE COMANDO TG PAPI

novre economiche tempestive, la crescita è possibile ma non ci si può gingillare ancora. E, invece, Berlusconi si gingilla. È tornato dalla Romania, sorride e spara battute: “Volevo fissare la data del mio funerale, ma rinvieremo”. Infatti: il “premier” e Bossi, il suo stanco alleato (i “responsabili” già sono in cerca di un futuro più promettente) si guarderanno l’ombelico fino alla fine di giugno, Draghi ha parlato invano. Purtroppo, non avendo ancora aperto gli occhi, il Tg2 non associa le due notizie e continua con pastoncini alla meringa che non dicono niente. Ad appena 24 ore dalla “rivoluzione culturale”, l’ordine è: dimenticare Milano.

Dimenticare Milano di Paolo Ojetti

g1 T Un titolo del Tg1, finalmente, ci consegna la prova di qualcosa che sospettavamo: questo telegiornale è in mano a un gruppo di umoristi: Minzolini e Romita come Terzoli e Vaime, Nizza e Morbelli, Marchesi e Metz. Ecco il titolo: “Michele Misseri torna a casa: tensioni in famiglia”. Oddio, sembra anche il ritorno a casa di Berlusconi: anche in quella famiglia – politica – non si scherza. Tutti sanno cosa è successo, ma la batosta viene trasformata dal Tg1 in un trionfo: siamo forti, Tremonti allenterà i cordoni della borsa, siamo ancora 4 a 1, in Campania potevano mettere la Carfagna, con Bossi tutto bene, faremo le riforme, abbiamo davanti altri due anni. La giornata gioiosa è stata raccontata da Alessandra Di Tommaso con squillante partecipazione, come se nulla fosse. A Natalia Augias un po’ di opposizioni vincenti e chiusura per i berluscones. Marco Frittella (che deve essere la quinta colonna del centrosinistra) rilancia Gasparri: rideva. g2 T Nell’ultimo discorso sullo stato della penisola, il governatore Draghi ripete il suo credo: riforme strutturali, impegno del governo in ma-

g3 T La prognosi è riservata. Il medico non pietoso è Pierluca Terzulli e la cartella clinica dice che Berlusconi cerca disperatamente di rinviare tutto, presidenza del Pdl, verifica con la Lega, caramelle per gli scilipotisti. Anche la Lega non sa cosa fare: se molla Berlusconi, si va dritti alle elezioni politiche e – si citano gli umori di Bossi – finiscono all’opposizione a pettinare le bambole. La base leghista sul Web (ma anche i berluscones) è sconvolta: che c’entriamo noi con i guai sessuali di Berlusconi? Mariella Venditti mostra i giornali della destra: tutti chiedono un “colpo di reni”. Attenzione, a quell’età potrebbe essere fatale. A proposito di età, il Tg3 dà notizia di una proposta di legge Pdl per equiparare gli ex-combattenti di Salò ai partigiani, insomma una specie di Anpi del nazi-fascismo italiano. Ecco, queste sono le riforme di cui il paese ha urgente bisogno.

di Luigi

Clemente suicidio Galella

e emettere parole, come S“principio scrive Guido Ceronetti, è e fine dell'agire politico”, la parola politica ha come luogo di elezione della sua sgrammaticata nullità il talk televisivo, dove quotidianamente si esalta e inabissa. Da tempo assente, e nuovamente protagonista della cronaca per il minaccioso endorsement: “Se vince De Magistris mi suicido” – Clemente Mastella si è riaffacciato sul piccolo schermo all'indomani dei ballottaggi (“Agorà”, Rai3, martedì, 9.00) non per dimostrare una stoica coerenza fra il dire e il fare, ma per esprimere il suo illuminato parere sulle vicende elettorali. L'europarlamentare eletto nel Pdl e già ministro della Giustizia nell'ultimo governo Prodi, come emittente di parole è singolare e affascinante, un emulo dell'avanguardia storica. Per gustarne lo spettacolare “stream of consciousness” conviene riprodurne integralmente un frammento: “Detto questo mi pare evidente che c'è qualcosa che c'è stato consegnato cioè c'è stato non l'effetto delle alleanze tanto

è vero che De Magistris a Napoli la mette in discussione rispetto a Bassolino che avrà votato Pd certamente ed è uno dei partiti che era alleato c'è il problema a Napoli l'effetto drogato D'Amato perché era candidato Lettieri ma l'ex presidente della Confindustria a Napoli ha votato per De Magistris anche apertamente delle cose che insomma hanno un significato diciamo locale detto questo la sconfitta del Pdl è clamorosa cioè quando si dice che come dire in Italia è finito un ciclo oggettivamente insomma c'è una difficoltà oggettiva”. James Joyce non avrebbe potuto fare di meglio. “Detto questo”, non che la gestualità sia meno eloquente, anzi. Le mani e le braccia accompagnano il discorso e ne sottolineano i momenti topici con eleganti demi-volée, rapidi schiaffi di dorso e ricongiungimenti di palmo, sapiente mimica aerea che alleggerisce la complessa pensosità del verbo. Ceronetti scriveva che Berlusconi “vivrà politicamente ben al di là del suo stesso tramonto”. Si riferiva all'indifClemente Mastella, europarlamentare Pdl, aveva detto che si sarebbe suicidato in caso di vittoria di De Magistris

ferenza ai significati. All'abilità di far nascere e morire la parola nell'arco di un solo giorno o di un solo istante. Mastella, tuttavia, non è da meno. Anzi, fedele al principio dell'atarassia degli stoici, è totalmente imperturbabile verso le sue stesse parole. E' infatti proprio da lui, aspirante suicida per la libertà, che arrivano lusinghiere note di apprezzamento per il nuovo sindaco di Napoli. E il partenopeo “teniteme, m'aggio accirere” si trasforma nell'ineffabile: “Io sono quello che attribuisco meriti a De Magistris”. Al di là delle incertezze sintattiche, è rimarchevole la ferrea coerenza. L'uomo di Ceppaloni sa come prendere la vita o rinunciarvi – ma solo per gioco – e dove collocarsi, il giorno dopo. Leggiamo infatti dalle cronache che la frase, pronunciata a “Un giorno da pecora” di Radio2, era da intendersi come una battuta, uno scherzo. Ma il web non perdona e ha creato la pagina “Ricordiamo a Clemente Mastella che ha promesso di suicidarsi”. Ha già superato le 40.000 adesioni. Il proto-scilipoti d'ogni Repubblica non aveva mai raccolto tanti entusiastici consensi.

LA TV DI OGGI 14.00 NOTIZIARIO TG1 Economia - TG1 Focus 14.10 TELEFILM Il Commissario Manara 15.05 FILM La nave dei sogni - Isole Galapagos 16.50 ATTUALITÀ TG Parlamento 17.00 NOTIZIARIO TG1 17.10 TEMPO Che tempo fa 17.15 TELEFILM Le sorelle McLeod 17.55 TELEFILM Il Commissario Rex 18.50 GIOCO L'eredità 20.00 NOTIZIARIO TG1 20.30 DOCUMENTI DA DA DA 21.20 TELEFILM Il commissario Montalbano 23.15 ATTUALITÀ Porta a Porta 0.50 NOTIZIARIO TG1 Notte - TG1 Focus - Che tempo fa 1.25 RUBRICA Appuntamento al cinema

14.00 TELEFILM Ghost Whisperer 14.50 TELEFILM Army Wives 15.35 TELEFILM Top Secret 16.20 TELEFILM Melrose Place 17.45 NOTIZIARIO TG2 Flash L.I.S. 17.50 NOTIZIARIO SPORTIVO Rai TG Sport 18.15 NOTIZIARIO TG2 18.45 ATTUALITÀ Referendum 3 "Nuove Centrali Nucleari" 19.15 TELEFILM Piloti 19.30 TELEFILM Senza traccia 20.25 Estrazioni del Lotto 20.30 NOTIZIARIO TG2 20.30 21.05 VARIETÀ I Love Italy 23.10 NOTIZIARIO TG2 23.25 FILM La ragazza della porta accanto 1.10 ATTUALITÀ TG Parlamento 1.20 TELEFILM Day Break

14.00 NOTIZIARIO TG Regione - TG3 - Meteo 3 14.50 RUBRICA FIGU 15.00 NOTIZIARIO TG3 L.I.S. 15.05 TELEFILM Wind at my Back 15.50 NOTIZIARIO TG3 GT Ragazzi 16.00 FILM L'avaro 17.50 DOCUMENTARIO GEOMagazine 2011 19.00 NOTIZIARIO TG3 TG Regione - Meteo 20.00 VARIETÀ Blob 20.15 TELEFILM Sabrina vita da strega 20.35 SOAP OPERA Un posto al sole 21.05 ATTUALITÀ Ballarò 23.15 DOCUMENTI A grande richiesta 0.00 ATTUALITÀ TG3 Linea notte 1.00 RUBRICA Appuntamento al cinema 1.10 RUBRICA Rai Educational - Atto Unico

19.30 NOTIZIARIO TG3 (REPLICA) 20.00 RUBRICA Il caffé Noi e loro (REPLICA) 20.30 RUBRICA Consumi e consumi 20.57 NOTIZIARIO Agrimeteo 21.00 NOTIZIARIO News lunghe da 24 21.27 PREVISIONI DEL TEMPO Meteo 21.30 RUBRICA Tempi dispari 22.30 NOTIZIARIO News lunghe da 24 22.57 PREVISIONI DEL TEMPO Meteo 23.00 RUBRICA Il punto 23.27 PREVISIONI DEL TEMPO Meteo 23.30 NOTIZIARIO News brevi 23.33 ATTUALITÀ Inchiesta 23.57 PREVISIONI DEL TEMPO Meteo 0.00 NOTIZIARIO News lunghe da 24

/ Non è mai troppo tardi

/ La Mummia - La tomba dell’Imperatore Dragone Terzo capitolo della trilogia. Ormai diventato adulto, Alex O’Connell scopre la tomba di Han, il primo imperatore della Cina. Quando il malvagio generale Yang riporta alla vita l'antico condottiero, questi, come da copione, cerca di riorganizzare la sua armata per conquistare il mondo.Ancora una volta Rick e sua moglie Evelyn si trovano coinvolti in una nuova avventura. Questa volta destinazione Estremo Oriente...

Italia 1 21,10

Rete 4 21,10

13.40 CARTONI ANIMATI I Simpson 14.35 TELEFILM E alla fine arriva mamma! 15.05 SIT COM Camera Cafè 15.45 SIT COM Camera Cafè Ristretto 15.55 TELEFILM Zack e Cody al Grand Hotel 16.45 TELEFILM Zeke e Luther 17.50 SIT COM Love Bugs 18.30 NOTIZIARIO Studio Aperto - Meteo 19.00 NOTIZIARIO SPORTIVO Studio Sport 19.25 TELEFILM C.S.I. Miami 20.20 TELEFILM The Mentalist 21.10 FILM La Mummia La tomba dell'Imperatore Dragone 23.20 FILM Conan il distruttore 1.25 RUBRICA SPORTIVA Poker1mania 2.15 NOTIZIARIO Studio Aperto - La Giornata

12.00 TELEFILM Wolff - Un poliziotto a Berlino 13.00 TELEFILM Distretto di Polizia 13.35 VARIETÀ Ieri e oggi in tv 13.50 REAL TV Sessione pomeridiana: il tribunale di Forum 15.10 TELEFILM Finalmente arriva Kalle 16.15 SOAP OPERA Sentieri 16.35 FILM Chisum 18.55 NOTIZIARIO TG4 Meteo 19.35 SOAP OPERA Tempesta d'amore 20.30 TELEFILM Walker Texas Ranger 21.10 FILM Non è mai troppo tardi 23.15 RUBRICA I bellissimi di R4 23.20 FILM Abbronzatissimi 1.45 NOTIZIARIO TG4 Night News 2.10 FILM Dimenticare Venezia

11.25 TELEFILM Chicago Hope 12.30 TELEFILM MacGyver 13.30 NOTIZIARIO TG La7 13.55 FILM Sinfonia di guerra 16.05 TELEFILM Chiamata d'emergenza 16.35 TELEFILM J.A.G. Avvocati in divisa 18.35 REAL TV Cuochi e fiamme 19.40 VARIETÀ G' Day 20.00 NOTIZIARIO TG La7 20.30 ATTUALITÀ Otto e mezzo 21.10 TELEFILM Crossing Jordan "Legami di sangue" "Miracoli e meraviglie" "Il figlio del boss" 23.50 REAL TV Le vite degli altri 0.50 NOTIZIARIO TG La7 1.05 ATTUALITÀ Otto e mezzo (REPLICA) 1.45 VARIETÀ G' Day 2.05 DOCUMENTI La7 Colors

PROGRAMMIDA NON PERDERE

TRAME DEI FILM Il multimilionario Edward Cole e l’operaio Carter Chambers non hanno nulla in comune eccetto una cosa: entrambi sono malati di cancro. I due si incontrano in ospedale, dividendo la camera durante i rispettivi trattamenti. Incredibilmente finiscono per fare amicizia. Tanto che, quando Edward trova nel cestino la lista di tutte le cose che Carter desidera fare prima di morire, decide di partire insieme a lui.

11.00 REAL TV Forum 13.00 NOTIZIARIO TG5 Meteo 5 13.40 SOAP OPERA Beautiful 14.10 SOAP OPERA CentoVetrine 14.45 FILM Il momento di tornare 16.30 ATTUALITÀ Pomeriggio Cinque 18.50 GIOCO Chi vuol essere milionario 20.00 NOTIZIARIO TG5 Meteo 5 20.30 ATTUALITÀ Striscia la Notizia - La voce dell'improvvidenza 21.10 TELEFILM Squadra Antimafia 3 - Palermo oggi 23.30 ATTUALITÀ Matrix 1.00 NOTIZIARIO TG5 Notte - Meteo 5 Notte 1.30 ATTUALITÀ Striscia la Notizia - La voce dell'improvvidenza (REPLICA) 1.50 TELEFILM In tribunale con Lynn

/ La ragazza della porta accanto Matthew è il tipico studente modello. Voti brillanti, un’ammissione in tasca per la Georgetown University e una grande ambizione: diventare Presidente degli Stati Uniti. Peccato che Matthew abbia anche tutti i problemi di un diciannovenne. Il suo tallone d’Achille sono, guarda un po’, le ragazze. Le cose, però, iniziano a cambiare quando, nell’appartamento accanto, si trasferisce la bella e affascinante Danielle...

Rai 2 23,25

I Love Italy

Le vite degli altri

Quarto ed ultimo appuntamento con “I Love Italy”, il programma dedicato alla scoperta del Bel Paese. Si sfideranno due squadre composte da quattro personaggi ciascuna: il Nord contro il Sud. Per il Nord ci sono Alessandra Celentano, Riccardo Fogli, Lory Del Santo e Antonio Casanova.A rappresentare il Sud, invece, di nuovo Cristiano Malgioglio, e Tosca D’Aquino, Miriana Trevisan e Maurizio Mattioli.

Angela Rafanelli, conduce “Le vite degli altri”per raccontare vite particolari, calandosi in prima persona nelle loro realtà. Questa settimana ha lavorato come volontaria in Tanzania seguendo il percorso di molti bambini malati, dalla prima visita alla corsia fin dentro la sala operatoria.Angela ha voluto fare questa esperienza per capire che cosa spinge le persone che sacrificano la propria vita per aiutare chi soffre.

Rai 2 21,05

Ballarò E' cambiato il vento o sono solo amministrative? E soprattutto, adesso Berlusconi che farà? Sono i temi al centro della puntata di Ballarò.Tra gli ospiti di Giovanni Floris il vicesegretario del PD Enrico Letta, il presidente dell’IdV Antonio Di Pietro, il sindaco di Verona Flavio Tosi della Lega Nord, il direttore del Tempo Mario Sechi, il vicedirettore di Repubblica Massimo Giannini. Collegamenti con i sindaci neoeletti.

Rai 3 21,05

La7 23,50


Mercoledì 1 giugno 2011

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SECONDO TEMPO

MONDO

WEB

POLEMICHE PER UN CASTING

Cercasi modella “vergine” operazione sprePderierovocazione, giudicata di marketing o pruanni ’50? Per ora, di certo c’è un annuncio pubblicato su Internet e un casting che andrà in scena oggi, a Milano. Sul sito Fracomina.it, dell’omonima azienda napoletana di abbigliamento, viene pubblicizzato un appuntamento: “Hai un’età tra i 18 e i 34 anni? Sei una donna dalla personalità forte e decisa, intraprendente, testarda e anticonformista? Francomina sta selezionando i nuovi volti della prossima campagna pubblicitaria. Donne vere, contemporanee, possibilmente vergini”. Proprio, così, “vergini”. L’annuncio, portato all’attenzione della Rete dal sito ilsalvagente.it, ha scatenato online una bufera. Dal sito Rockmode.com, per esempio, commentano: “Se una di voi ha intenzione di partecipare in ogni caso, preparatevi a una visita ginecologica in loco. Non si sa mai, finisce che non si fidano della vostra parola”. E anche sui social network le critiche non si contano. L’azienda non ha atteso per replicare. “La parola ‘vergine’–scrive su Facebook Fer-

SCF=Cinema Family SCC=Cinema Comedy SCM=Cinema Max

18.55 Le Divorce SCP 19.00 Traitor SCM 19.05 Bandslam SCF 19.10 Generazione 1000 Euro SCC 19.35 Oceani SC1 19.40 2012 - Doomsday SCH 21.00 Il postino SCP 21.00 Black Hawk Down SCM 21.00 In fuga a quattro zampe SCF 21.00 Non è un'altra stupida commedia americana SCC 21.10 The Italian Job SCH 21.10 Prima tv Serious Moonlight SC1 22.30 Bibi e il segreto della polvere magica SCF 22.35 I Love You, Man SCC 22.40 La nostra vita SC1 23.00 Un amore all'improvviso SCP 23.05 Io & Marley SCH 23.30 Alpha Dog SCM 0.25 Cool Runnings SCF 0.25 Questo e quello SCC 0.30 Percy Jackson e gli dei dell'Olimpo: Il ladro di fulmini SC1

SP1=Sport 1 SP2=Sport 2 SP3=Sport 3

19.00 Rugby, Incontro amichevole Inghilterra - Barbarians (Sintesi) SP2 20.15 Basket, Serie A maschile 2010/2011 Playoff - Semifinali, Gara 1 Montepaschi Siena Benetton Treviso (Diretta) SP2 20.30 Calcio, Adidas Cup: Tutti per Stefano Borgonovo Scendono in campo ex calciatori nazionali e internazionali tra cui Maldini, Dida, Vieri e Massimiliano Allegri. Quattro partite da 30 minuti a tempo: due in contemporanea (Diretta) SP1 22.30 Rugby, World Cup 2007 Finale 1°/2°posto Inghilterra SP2 Sud Africa (Replica) 22.45 Calcio, amichevole Germania - Uruguay (Sintesi) SP3 23.30 Calcio, UEFA Champions League 2010/2011 Finale Barcellona - Manchester United (Replica) SP1 0.45 Calcio, Incontro amichevole Germania - Uruguay (Replica) SP3

RADIO A “Radio3 Mondo” i dissensi cinesi La Cina va incontro a una settimana in cui le manifestazioni per l’anniversario della repressione di Piazza Tienanmen del 4 giugno 1989 potrebbero favorire l’esplosione della rabbia dei cittadini per problemi sociali che di anno in anno sembrano aggravarsi: il divario economico tra città e campagne, la completa assenza di sussistenza per i gruppi sociali svantaggiati e la presenza di minoranze vessate come i cristiani, i tibetani o i mongoli della regione cinese che da una settimana protestano contro l’uccisione di un pastore che voleva bloccare un camion carico di carbone guidato da un cinese. In Cina il malcontento sociale potrebbe dar voce a una protesta contro il mantenimento dello status quo? Luigi Spinola ne parla con Ilaria Maria Sala, collaboratrice della Stampa, del Wall Street Journal e di Le Monde da Hong Kong.

Radiotre 11,30

Se nell’maggio 2010 gli utenti Facebook in Italia erano arrivati alla notevole cifra di 15 milioni, oggi, un anno dopo, sono già quatto milioni in più: 19 milioni (5 milioni dei quali accedono al sito blu dal cellulare). Il nuovo dato è stato reso noto da Luca Colombo, country manager di Federico Mello per l’Italia di Facebook durante l’iniziativa “Dialogo con la community come opportunità di business” organizzato a Roma da Iab Italia. Tra gli italiani, gli uomini sono lieve maggioranza: il 54 per cento; “Facebook non è più una cosa è LA PBS: “TUPAK È VIVO” per ragazzini”, ha spiegato anche Colombo MA È UNA RITORSIONE PRO-ASSANGE sottolineando che il 35 per cento degli Guerra dell’informazione sempre più utenti ha più di 35 anni, e che la piattaforma raffinata. Un gruppo di hacker incolleriti da un è sempre più usata nel marketing aziendale. documentario della tv pubblica americana Pbs, su Wikileaks, ha postato sul sito dell’emittente la falsa notizia che il rapper Tupac Shakur, ucciso nel 1996, era vivo e stava bene. “Tupac ancora vivo in Nuova Zelanda”, STEVE JOBS TORNA SUL PALCO il titolo del servizio. Pbs ha tolto la falsa news, E PRESENTA LE “NUVOLE” DI APPLE ma la pagina Twitter degli hacker che si fanno Steve è ancora in pista, è torna col botto. chiamare Lulz Boat, ha linkato una copia L’amministratore delegato della Apple, Steve cache del sito. Il fondatore di Wikileaks, Julian Jobs, darà il fischio d’inizio – insieme a una Assange, aveva definito “ostile” il programma squadra di executive della società – alla prima ancora che andasse in onda. conferenza annuale sugli sviluppi futuri del gruppo, che si terrà il prossimo 6 giugno. Lo annuncia la Apple, senza specificare quale sarà il ruolo del suo co-fondatore, che si è temporaneamente autosospeso lo scorso 17 gennaio per ragioni di salute. Mentre la notizia del ritorno di iSteve è stato festeggiato con un +1,7 per cento del titolo in Borsa, Apple fa sapere che durante il meeting verrà presentato l’aggiornamento di Mac OS X e la nuova versione dell’evoluto sistema operativo mobile alla base di iPad, iPhone e iPod touch. Verrà presentato (e questa è la vera novità) anche iCloud, l’offerta di servizi “a nuvola” (che si appoggiano su server esterni, come la posta elettronica, e non sul proprio computer) in arrivo da Apple. Nessuna menzione invece per il nuovo iPhone, che probabilmente verrà presentato più tardi, probabilmente in autunno. Il marketing Apple ha sempre mantenuto il massimo riserbo sui nuovi prodotti e, fino al sei giugno, c’è da attendersi un profluvio di indiscrezioni che porteranno al massimo la curiosità dei fan. L’annuncio per ragazze “vergini”; gli hacker Lulz Boat su Twitter; una scena da L.A.Noire; Manal al Sharif alla guida (da YouTube)

LO SPORT

I FILM SC1=Cinema 1 SCH=Cinema Hits SCP=Cinema Passion

dinando Prisco, titolare del marchio – ha colpito la sensibilità del popolo di Internet. Ne prendiamo atto, respingendo fermamente qualsiasi accusa di discriminazione o mancanza di rispetto. Il contesto culturale in cui viviamo – prosegue – vede ancora nella donna vergine uno stereotipo. Ci chiediamo se la verginità, intesa in senso fisico rappresenta ancora un valore rispetto al quale debba essere giudicata una donna, o forse è arrivato il momento di oltrepassare certi pregiudizi culturali?”. Poi, una confessione: “Come brand sentiamo l’esigenza di andare oltre, e perché no, giocare sulla provocazione”. Chissà perché proprio in Campania alcuni hanno questa fissa della “provocazione”. Le due ragazze di Napoli Noemi Letizia (che si dichiarò “illibata” ai giornali), e Raffaella Fico (concorrente dell’Isola dei Famosa che aveva già messo all’asta la sua verginità per “un milione di euro”), l’avevano fatta propria. Ma non si può dire che abbia portato loro molta fortuna. f.mello@ilfattoquotidiano.it

è 19 MILIONI DI ITALIANI SU FACEBOOK PIÙ 4 MILIONI IN UN ANNO. IL 54 PER CENTO UOMINI

FENOMENO L.A. NORIE IL VIDEOGAME “CINEMATOGRAFICO”

Sviluppato dal Team Bondi per Rockstar Games, L.A.Noire è un’avventura investigativa disponibile su Xbox 360 e PlayStation3. Ambientato in una Los Angeles anni ’40 su cui l’industria del cinema (la Hollywood Babilonia descritta così bene dallo scrittore Kenneth Anger nel suo libro omonimo) proietta senza tregua la sua ombra di depravazione, L.A.Noire farà vestire ai giocatori i panni di Cole Phelps, un semplice poliziotto della stradale destinato a una carriera folgorante. Per risolvere gli oltre ventidue casi presenti avrete bisogno di arguzia e fiuto, cercando diligentemente prove sull’eventuale scena del delitto e utilizzarle poi a favore o contro indiziati, testimoni e vittime. Sebbene ci sia sempre l’eventualità di uno scontro a fuoco o di un inseguimento in macchina, il cuore di L.A.Noire sono gli interrogatori. Grazie a una nuova tecnologia sviluppata tra l'Inghilterra e l’Australia, il Team Bondi ha trasformato in immagini virtuali le vere performance attoriali di un cast che pesca a piene mani dai serial televisivi più raffinati degli ultimi anni. Ogni personaggio di L.A.Noire prende vita grazie alle infinite espressioni facciali della controparte reale, creando un effetto tanto realistico quanto rivoluzionario. Grazie a questa sua peculiarità è il primo videogioco presentato in esclusiva a un festival cinematografico, il TriBeCa Film Festival di Robert De Niro. Uscito il 20 maggio nei negozi di tutta Europa L.A.Noire è è IL WEB È SUL SATELLITE stato capace di IN FUNZIONE KA-SAT. “PREZZI DA ADSL” intrigare appassionati Internet per tutti in Europa e nelle aree del non solo di Nordafrica e Medio Oriente che si videogiochi ma anche affacciano sul Mediterraneo. La rivoluzione è MANA LIBERA SU CAUZIONE di cinema, aprendo di Internet via satellite parte oggi con LA “ROSA PARK” SAUDITA una nuova forma di l’entrata in funzione di Ka-Sat, il primo Le autorità dell’Arabia Saudita hanno dialogo tra le due arti satellite che permette di accedere alla deciso di liberare su cauzione la (Francesco Serino). banda larga anche alle zone più remote, giovane Manal al Sharif, la “Rosa per le quali oggi è impossibile collegarsi a Park” saudita, arrestata un paio di Internet. “Siamo al Big Bang di Internet ad settimane fa per aver violato il divieto alta velocità via satellite”, ha detto a Roma alle donne di guidare un’auto. Manal, consulente il presidente di Eutelsat, Giuliano Berretta. informatica di 32 anni, era stata arrestata il 22 maggio per Oltre che in Italia, l’evento è stato aver guidato la sua auto a Khobar e aver diffuso il video su presentato contemporaneamente in YouTube in segno di protesta. L’avvocato della donna ha Irlanda, Gran Bretagna, Germania, Spagna, auspicato che il caso sia “archiviato”. Un appello per la sua Francia e Grecia. Per il capo dipartimento liberazione e per la guida alle donne, con 3.345 firme, era della Funzione pubblica per l’Innovazione stato presentato al re Abdullah. Manal, divorziata e madre tecnologica, Renzo Turatto, l'arrivo di di un bimbo di cinque anni, nel video aveva spiegato che il Internet via satellite è una promessa anche divieto di guida è un grosso problema per le donne saudite: per l’Italia, dove il 10 per cento della se non hanno i soldi per pagarsi un autista, sono vincolate popolazione, in tutte le zone del Paese, alla buona volontà dei familiari maschi. non ha accesso alla rete. Il satellite è gestito dalla società Skylogic, del gruppo Eutelsat, che permette di offrire il servizio ai prezzi della Adsl.

feedback$ Commenti al post su ilFattoQuotidiano.it: “A Roma c’è Prodi. Il candidato al Quirinale” di Emiliano Liuzzi è PRODI è una persona corretta, intelligente, capace. Va bene Prodi alla presidenza della Repubblica. Dopo tanti anni durante i quali Berlusconi mi ha fatto vergognare con le sue pagliacciate da idiota, a livello internazionale sarebbe bello ed onorevole presentarsi con della gente seria e stimata come Prodi. Giulio082 è MI PIACEREBBE che il prossimo Presidente della Repubblica fosse un uomo o una donna esponente della società civile, non un esponente della “sinistra” Goldman-Sachs, yesman della Bce e del Fmi. Ggreco è PRODI Presidente? Bene, ne sono felice.

Maria è ROMANO Prodi presidente!!!

Nicolam è AVERCENE come Prodi... Giorgio è UN GRANDE ambizioso e un corridore su lunghe distanze, conosciuto e rispettato all’estero. Un po’ corto in barzellette, ma sopravviveremo. Silvialaura è SI PRODI sarebbe l’ideale per salire al Colle. È un perfetto democratico, un fedele esecutore della Costituzione è un politico con carisma internazionale porterebbe un notevole contributo a fare risalire il prestigio internazionale dell’Italia. Venus 35 è PRODI è tutt’un’altra cosa. L’unico “moderato” che rispetto. Andersdenstore è SE L’ALTERNATIVA è Berlusconi, mi va bene chiunque. Giocanni è PRODI Presidente della Repubblica? Sarebbe solo un timido e tardivo ringraziamento e riconoscimento per le qualità e la costanza con cui ha cercato di evitare a questo Paese anarcoide il prezzo del populismo berlusconiano, che abbiamo pagato sulla nostra pelle e continueremo a pagare a lungo. Massimo011 è PRODI prossimo presidente della repubblica? E perché no! Non piace alle masse che hanno preferito il barzellettiere e imbonitore B., ma Prodi ha equilibrio, cultura, moderazione, competenza, ecco tutte qualità per essere un buon presidente della repubblica. E’ bene che recuperiamo dignità perché siamo stanchi di essere derisi dall’estero. Runner52 è ONESTAMENTE, come Pertini e Scalfaro credo che di presidenti non ce ne saranno più, ma Prodi sicuramente non sarà a dormire come Napolitano. Il Gran Visir


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Mercoledì 1 giugno 2011

SECONDO TEMPO

PIAZZA GRANDE Il Dio impassibile di Malick di Evelina Santangelo

asterebbe leggere le recensioni uscite sulle testate più varie, italiane ed estere, per avere una qualche misura di quanto siano variegati, spesso inconciliabili, i giudizi sull’ultimo film di Terrence Malick, The Tree of Life, Palma d’oro al Festival di Cannes. “Un capolavoro contenuto e quasi imprigionato in una crisi mistica di arduo fascino” (Curzio Maltese, Repubblica). “Affascinante, ambiziosissimo, irrisolto” (Federico Pontiggia, Il Fatto Quotidiano). “Un film che rischia d’entrare di slancio nella disagiata categoria dei capolavori mancati” (Valerio Caprara, Il Mattino). “Film folle e magnifico... grandissimo cinema” (Peter Bradshaw, The Guardian). “Una parodia di Malick fatta da uno che lo detesta” (Sukhdev Sandhu, The Telegraph). Giusto per citarne solo una piccolissima parte. Giudizi così divisi esigono, se non altro, un atteggiamento aperto, affatto liquidatorio. Con quest’animo dunque sono andata a vedere The Tree of Life.

B

MERAVIGLIA, stupore, e anche un senso sconcertante di inadeguatezza dinanzi all’immensità e alla potenza delle immagini, sono i sentimenti immediati che si provano sin dalle prime sequenze. Il nocciolo umano del film – la vicenda di una famiglia texana degli anni ’50 colpita da un lutto inaccettabile e insensato come la morte di un figlio – è infatti calato (e reso più vero, direi) in una visione cosmica e panica dove tutto ha un che di abissale: abissi microbiologici, abissi marini, abissi galattici, abissi temporali, dalla notte dei tempi a una modernità vertiginosa e arrogante che compete con la vertigine della natura o è forse – come suggerisce il protagonista, Jack (Sean Penn) – la più proterva manifestazione di un inappagato desiderio di dominio, di quella hybris insomma (superbia, prevaricazione) che è la peggiore delle colpe dell’uomo al cospetto di qualsiasi dio. Ammirazione è poi il sentimento che meglio esprime quel che si prova dinanzi ai movimenti imprevedibili della macchia da presa, che riesce a fissare i sentimenti più intimi nelle velature

di un viso o a suggerire lo slancio del desiderio d’assoluto in scalate verso il cielo tra chiostri di tronchi. Un cinema veggente, l’ha definito qualche critico. Un cinema visionario, sicuramente, e onirico, che non narra, ma preferisce suggerire piuttosto, attraverso analogie, assonanze, richiami emotivi, complice una musica “portentosa”, ora solenne come un requiem ora impalpabile come un richiamo fatto di puro spirito. Ed è proprio su quel che questo film suggerisce che vorrei soffermarmi, partendo da quel nocciolo umano, appunto, in cui è messo in scena un microcosmo familiare in un tempo

preciso: l’America della middle class degli anni ’50 – con le sue grettezze, il suo pragmatismo omocentrico, il suo culto del focolare domestico. In questo microcosmo cresce Jack, diviso dolorosamente tra gli insegnamenti di un padre duro (Brad Pitt), o meglio indurito e frustrato, che pronuncia frasi come questa: “Ci vuole una volontà di ferro per farsi avanti in questo mondo”, e una madre che: “Se non ami, – dice, – la tua vita passerà in un lampo”. E, quando questa stessa madre (Jessica Chastain) suggerisce come affrontare l’esistenza, non contempla che due precise possibilità: “Ci sono due vie per affrontare la vita. La via della natura e la via della grazia. Sta a te scegliere quale delle due seguire”. SAREBBE un errore pensare che la “via della natura” coincida in tutto e per tutto con la via proposta dal padre, che è semmai la via più modesta di un piccolo uomo inchiodato al suo mediocre destino. La via della natura è piuttosto quella dell’infanzia che Jack vive insieme ai fratelli in un intreccio di conflitti interiori, frustrazioni, rancori inespressi, desideri indicibili, piccole vendette cui fa da contraltare la mitezza angelica del

La trappola delle quote rosa di Pierfranco Pellizzetti

artecipando a un convegno portuale scopro che alcuni gruisti dello scalo sono ormai donne. Dunque, addette a compiti che il tradizionale machismo marittimo riserverebbe a maschietti di robusta costituzione. Se mi aggiro per la città di notte vedo fanciulle scendere dai mezzi della nettezza urbana per svuotare i cassonetti della spazzatura. Sicché mi chiedo: è questa la femminilizzazione del lavoro di cui tan-

P

to si parla? Certo, ci sono anche le manager in tailleur performativo (specie negli spot televisivi) e pure qualche ministra; tuttavia la sensazione, suffragata da ricorrenti conferme, è che – di solito – l’occupazione dell’altro genere non valorizzi competenze al femminile (vedi le attitudini relazionali e discorsive, indispensabili per il cosiddetto “lavorare comunicando” del presunto nuovo modo di produrre). Semmai, un’opera di sostituzione della manodopera più

fratello destinato al sacrificio inesplicabile della sua morte precoce. Un personaggio, quest’ultimo, che nei tratti fisici così come nei tratti umani è la quintessenza della grazia. La grazia di una creatura bambina, resa ancora più innocente dal sacrificio che l’attende. Quella stessa grazia di cui la madre è la manifestazione più sensuale ma non meno pura, di quella purezza e bellezza disadorna, spirituale, che ricorda la Venere del Botticelli. NÉ SEMBRA ci possano essere dubbi che queste due figure così fortemente idealizzate, così estranee alle dinamiche dell’esistenza quotidiana (a ogni

La famiglia di “The Tree of Life” deve fare i conti con un creatore che esige sacrifici e non conosce pietà. Ma questa mirabile avventura non è un modo mirabile per mettere a posto le coscienze? forma di miseria o mediocrità), perché non corrotte dalla vita, siano le creature che più si avvicinano a quell’integrità ideale cui non può che volgersi il desiderio dell’uomo nella ricerca di senso. “Un giorno cadremo e verseremo lacrime... E capiremo tutto. Ogni cosa”. “Guidaci sino alla fine del tempo”. Questo dice la voce fuori campo, mentre Jack (ormai adulto) affronta il labirinto che lo porterà alla spiaggia dei giusti. E infatti il Dio cui si rivolge l’uomo di Malick è proprio il Dio del Libro di Giobbe, il Dio abissale, dalla volontà insondabile, del Vecchio Testamento, che esige sacrifici umani e non conosce pietà, né ha mai sperimentato d’altro canto la miseria dell’essere uomo. È proprio questo il punto, per chi abbia voglia di chiedersi quale orizzonte umano, spirituale, quale orizzon-

te culturale si profili nel “capolavoro” di Malick. Non è semplicemente una questione di fede. E meno che mai di ateismo. Quel che lascia davvero ammutoliti è proprio l’idea che il “senso” dell’umano si possa manifestare in creature angeliche o angelicate, in bambini efebici e donne “non con uman volto”; che il “senso” della vita si debba tornare a cercarlo in quell’Entità lì impenetrabile e distante, o ancora nell’espiazione di un sacrificio di cui non è dato chiedere conto... e non piuttosto nel cuore stesso dell’esistenza dove, proprio in quegli stessi anni ’50, una donna, un’afro-americana (Rosa Parks), si rifiutava di cedere il posto a un bianco in un autobus e un reverendo di nome Martin Luther King predicava la giustizia terrena pronunciando parole come queste: “Se avremo aiutato una sola persona a sperare, non saremo vissuti invano”, “la legge e l'ordine saranno rispettati solo quando si concederà la giustizia a tutti indistintamente”. È davvero quella proposta da Malick l’“avventura impervia e radicale” di questo nostro tempo? È davvero quell’Entità il Dio cui rivolgere le nostre domande di uomini che, credenti e non credenti o diversamente credenti, hanno conosciuto anche un altro Dio capace di farsi uomo tra gli uomini... O non è forse, quell’avventura spirituale mirabile, un modo altrettanto mirabile per mettere a posto le nostre coscienze?

Beppe Grillo. In alto, Brad Pitt nel film di Malick

L’aumento della presenza delle donne nelle professioni produce l’allineamento verso il basso dei lavoratori maschi. La parificazione dei sessi nella comune precarietà

basso dei lavoratori maschi. La parificazione dei sessi nella comune precarietà. Persino nelle nuove forme di sfruttamento, narrate secondo la retorica smart della flessibilizzazione. Se ne potrebbe dedurne la gestazione dell’ennesima guerra tra poveri che scarica le tensio-

garantita con altra meno; anche nella remunerazione. Insomma, l’aumento della presenza delle donne nelle professioni produce l’allineamento verso il

ni del conflitto distributivo ai piani bassi della società: ultimi contro penultimi, indigeni contro immigrati, giovani contro vecchi (entrambi disoccupati).

Il badante

É

di Oliviero Beha

LA STRADA IN SALITA A

ll’indomani dei ballottaggi vinti capisco la festa, rilutto alla forca e vedo scarseggiare la farina. Voglio dire che tutti i passaggi terminologici di Bersani e C., dal “vento cambiato” due settimane fa allo “schiaffo” di ier l’altro a caldo alla “valanga” di ieri a tiepido, sono giustificati soltanto dalla routine post-elettorale. È ovvio che si gongoli, ma la strada è in salita e comincia adesso soprattutto per il Pd. Penserei meno a Fini, al Fli, di cui sicuramente per mia inadeguatezza mi sfugge ancora la ragione sociale, e alla sua formula “è finito il berlusconismo” che mi suona troppo lepida, troppo poco impegnativa per la devastazione antropologica degli italiani, di destra e di sinistra. E invece di più al Pd, alle sue radici da ripulire dalla tanta terra di questi anni, al vertice del partito, al significato che esso dà al termine “vecchia politica” che andrebbe in soffitta con il cambiamento. E magari mi domanderei se per “nuova politica” di cui il Paese nel suo complesso ha tanto bisogno la base di militanti, tesserati e votanti intenda le stesse cose della sua intramontabile nomenklatura. Quando dico di strada in salita, di primo campo base fissato con questo maggio amministrativo foriero di molta soddisfazione elettorale per il centrosinistra oppure per il “diversamente centrodestra” di cui parlano in tanti, non sottovaluto affatto che la salita da qualche parte dovesse pur cominciare. Ed è fortunatamente cominciata. Ma sarà sempre più dura, dopo questo primo campo base, e fino all’arrampicata in roccia ce ne vuole, eccome. Dunque fissare alcuni punti fermi è indispensabile, A breve ovviamente ogni battaglia possibile per i referendum in quanto tali, e per “questi” referendum in particolare. Perché c’è tanto bisogno di partecipazione attiva di cittadini che ancora oggi disertano le urne e ancora di più l’avrebbero fatto senza il richiamo di alcune “sfide” e la presenza di Grillo (Beppe) e i suoi, e questi referendum grazie ai loro contenuti così incisivi possono dismettere i loro panni sputtanati per vestire quelli originari. E dopo i referendum senza ambiguità, il rispetto totale della Costituzione i cui dettami applicati sono ancora la cosa migliore per combattere la crisi, quella economica, quella politica di una politica ridotta ad affari e basta, quella culturale di un Paese di analfabeti di ritorno. Il primo articolo credo continui a trattare di lavoro, non è vero? Questo per l’impatto del Pd all’esterno, nella società, sul territorio, e non solo in tv a pavoneggiarsi per i dividendi della notorietà. Poi c’è tutto il lavoro interno al partito, che forse andrebbe iniziato adesso che il campo base è ancora molto basso e non si rischia la mancanza di ossigeno… Si chiama Partito democratico: è un partito? E che tipo di partito è, quali caratteristiche ha anche solo in confronto ai suoi antenati, in che cosa consiste la sua identità ecc.? Ed è democratico? Davvero? E quanto è democratico? Al suo interno la base lo percepisce come democratico? E altrimenti questo aggettivo che ci sta a fare? Per bellezza, la solita cosmesi da logo, da pubblicitari, da tv, da comunicazione? Insomma meglio le critiche di Giorgio Bocca o i consigli di Klaus Davi? Le due cose non sono conciliabili… E per le primarie? È vero o no che i trionfatori di Milano e Napoli, i liberatori delle due città cui presumo tremeranno i polsi di fronte a un futuro minaccioso, erano candidati non del Pd ma malgrado il Pd? E allora queste benedette primarie sono una buona cosa, oppure lo sono solo fittiziamente, recitativamente, purché non intacchino il potere dei soliti nomi ? Si chiede il ricambio del centrodestra, in direzione di uno schieramento conservatore presentabile, meno igieniste e più gente perbene, seria e preparata, e dall’altra parte basta il campo-base delle amministrative perché i capicordata restino gli stessi? Ma scusate, abbiamo già dimenticato tutte le scalate degli ultimi vent’anni? Anche se alternativamente erano sempre loro le guide alpine, o sbaglio? Buona salita, dunque. Ma occhio, che è ripida…

I nuovi proletari di entrambi i generi. E quando si parla di “nuovi proletari” bisogna comprendere anche la strombazzata “classe creativa” nell’economia della conoscenza (dove le ragazze abbondano), composta da una miriade di ricercatori/ricercatrici impiegati con contratti a termine di pura sussistenza e tenuti costantemente sotto il ricatto della mancata riconferma. “Questa è l’economia, bellezza!”, commenterà qualcuno, in un mondo dove profitto e mercatismo tendono a divorare tutto il resto. Ma anche se stessi, visto che per mantenere i necessari livelli di consumo si è favorito un mastodontico processo di indebitamento da parte degli strati più bassi della popolazione. E già si profetizza lo scoppio della bolla speculativa legata alle carte di credito, che

farà un cratere ancora più grosso di quella immobiliare e dei titoli spazzatura. Nevrosi da inizio millennio. Per cui i nuovi “operaisti senza operai” alla Toni Negri proclamano la liberazione “dal” (e non “del”) lavoro. Sara! Può darsi che il primato dell’economico come accumulazione di ricchezza astratta (il denaro) e l’enfasi sul lavoro (operosità borghese e riscatto operaio) siano solo un’anomalia del capitalismo. Tuttavia dobbiamo renderci conto che qui siamo. E che in questa società il lavoro continua a svolgere la funzione essenziale di organizzare individui altrimenti dispersi, atomizzati, e che le lotte per il buon lavoro aiutano ad aprire gli occhi sulle vigenti condizioni; producono coscienza della propria, di condizione. Femminile.


Mercoledì 1 giugno 2011

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SECONDO TEMPO

MAIL Il merito è tutto dei cittadini

Furio Colombo

7

Oltre al merito personale dei vari candidati di centrosinistra, quali meriti bisognerebbe riconoscere ai vertici dei partiti, e in particolare al segretario Bersani che si sta proponendo come artefice di una strategia che ha portato alla disfatta di Berlusconi? Quali provvedimenti o iniziative hanno intrapreso nel tempo i vari Bersani, D’Alema, Veltroni, ecc., affinchè si coinvolgesse l’elettorato di sinistra invogliandolo a reagire alle politiche dell’attuale governo? Se restano della convinzione che il merito è tutto loro senza invece rendersi conto di essere stati solo inermi spettatori al continuo sciacallaggio della costituzione e delle sue istituzioni, ricominciamo proprio male. Sul palco a raccogliere i meriti devono salire tutti gli elettori, mentre gli altri, Bersani in testa, dovrebbero accomodarsi in platea in unltima fila e assistere da spettatori a questa festa resa possibile solo grazie all’impegno e all’orgoglio di ogni singolo cittadino.

A DOMANDA RISPONDO NIENTE TREGUA, SIAMO ROM

o visto nel Tg Regione Lazio del 30 maggio alcune scene esemplari dello sgombero di un campo Rom, precisamente via del Baiardo a Tor di Quinto in Roma. Si vedevano le ruspe sollevare e distruggere alcune biciclette nuove (forse rubate?). C’era uno schieramento di uomini e mezzi tipo Afghanistan. Poi la voce del giornalista informa che si trattava di “rimuovere” 170 persone, naturalmente per metà donne e bambini. Ai giorni nostri, a Roma! Filippo

H

CIÒ CHE impressiona è il silenzio, religioso e laico, politico e giornalistico, intorno allo scandalo della persecuzione dei Rom che continua senza sosta in Italia come se si trattasse di sradicare una paurosa rete di terrorismo o malavita. Userò come esempio la Moratti ex sindaco di Milano (sono passati due giorni e la festa per il suo ritorno a casa continua). Durante una delle ultime interviste le è stato chiesto dei campi nomadi e, per una volta, la domanda era precisa. Le hanno chiesto: “Ma dopo dove vanno?” Sguardo smarrito della ex sindaco e poi la risposta esemplare: “Ah, non lo so. Lo so che devono andar via”. Il secondo esempio, quello del sindaco Alemanno di Roma è più triste. Credo che sappia anche lui che nessuna forza al mondo, neppure una rinascita della destra, lo riporterà a fare il sindaco di Roma, città ormai abbandonata a strade disselciate, buche celebri in Europa, erbacce sui monumenti. Ma per ora il sindaco

Nicola Ferraro.

La scure dei tagli sulle scuole sperimentali Sono un ex insegnante genovese, oggi dirigente in un Ente di Promozione Sportiva. I miei tre figli hanno tutti frequentato una scuola media statale sperimentale, la Don Lorenzo Milani di Genova. A chi mi chiede il perché di quella scelta rispondo con una frase della mia secondogenita che, meglio di qualsiasi spiegazione teorica, riassume il senso di una decisione, assunta consapevolmente per tre volte: “Papà, sai che a scuola capisco come penso?” Ecco, non il “cosa penso” (con buona pace per chi ritiene che a scuola si manipolino i pensieri) ma il “come”; i miei figli sono stati aiutati ad essere coscienti di avere un cervello ed una mente, sono stati incoraggiati ad avere autonomia di giudizio e libertà di pensiero, sono stati rispettati nel loro percorso di evoluzione intellet-

BOX

tuale e culturale. In quella scuola ho visto gli insegnanti impegnati (collegialmente, tutti assieme, non ciascuno per conto suo e per caso) nella ricerca pedagogica e didattica, ho visto una scuola che non solo trasmette cultura (e già sarebbe molto) ma la produce, la produce nel lavoro collettivo, la produce non solo per gli alunni, ma con gli alunni. Da qualche anno le scuole medie sperimen-

LA VIGNETTA

è lui, la città è in cattive condizioni e, soprattutto, triste. Ma la caccia ai Rom è bene organizzata e, costi quel che costi, si ripete ogni giorno. Per capire l’immensa disumanità, ma anche la stupidità di quello che accade in tante città italiane, è bene ricordare la frase della Moratti, degna di Alemanno: dove vanno? “Ah, non lo so. Lo so che devono andare via”. Ecco dunque la sequenza, al netto dei sentimenti di civiltà e umanità. Primo, chi non ha casa si costruisce una baracca, magari vicino a una fontana. Da un passato, che in Italia è stato migliore della squallida vita sotto Berlusconi e i suoi, emergono volontari e persino assistenti sociali che si preoccupano di stabilire un legame fra i bambini e le scuole della zona. Le baracche si sistemano un po’ meglio, i bambini vanno a scuola, i nomadi si ambientano. Secondo. È naturale pensare che si può fare di meglio, per esempio case vere in quartieri veri, ma la mossa viene saltata. Solo i comunisti facevano case popolari. Terzo. Arriva un sindaco di destra che non può fare quasi niente perché i suoi sono tutti impegnati a depredare la sanità. Una soluzione però c’è: va e distruggi un campo nomadi. Fai contenti tutti. Il conto degli “sgomberi” a quanto pare fa curriculum. Quanto ai nomadi, non resta loro che fabbricare un altro campo e aspettare le ruspe. Che lavorino o non lavorino gli adulti, che vadano o non vadano a scuola i bambini, non fa differenza. E la chiamano civiltà. Furio Colombo - Il Fatto Quotidiano 00193 Roma, via Valadier n. 42 lettere@ilfattoquotidiano.it

tali in Italia sono solo tre, sono collegate tra loro con una efficace rete informatizzata, accessibile a tutti, sono monitorate dal Ministero e la loro sperimentazione diventa patrimonio comune per la scuola italiana. Tutte tre le scuole hanno una lunga tradizione, sono parte del tessuto storico e culturale della loro città (oltre Genova anche Milano e Firenze), hanno stretti legami con le famiglie e con il territorio. Il Ministro Gelmini ad oggi non ha ancora firmato il decreto che autorizza la prosecuzione della sperimentazione per le tre scuole. Non ho più figli in età scolare, ma come cittadino genovese e italiano sono cosciente che se venisse cancellata l’esperienza di queste tre scuole saremmo tutti (a Genova e in Italia) un po’ più poveri. Manlio Comotto

È finito l’amore tra B. e gli italiani

sibile un secondo innamoramento con la stessa persona. Non c’è più la scoperta, l’ansia, la fiducia, il trasporto, l’entusiasmo, lo “stato nascente” direbbe Francesco Alberoni. Tutto è già stato provato, esaurito, è morto. Forse più in là con un’altra persona, ma con la prima è il deserto. È la fine. Giuseppe Alù

Ascolto di gruppo del Tg4 elettorale L’altro ieri ho invitato a casa un gruppo di fedeli amici alle sette in punto della sera. Davanti ad un vassoio di pasticcini e ad un piatto di ciliegie rosse, dell’ottima malvasia, birrette e bibite varie, abbiamo aspettato l’inizio di quello che viene inopinatamente definito un telegiornale, e cioè il Tg4. Sono momenti che non si dimenticano, la più commossa era mia mamma (86 anni). Paolo Sanna

Berlusconi aveva fatto innamorare di sé molti italiani, quelli meno attrezzati in campo politico e quelli stufi della politica inefficiente. Dopo tanti anni di potere quasi assoluto, Berlusconi ha sprecato malamente il suo capitale di seduzione e ora l’incantesimo è svanito. L’innamoramento ha base irrazionale, e proprio per questo non è pos-

Feltri continua a negare l’evidenza

Modalità di pagamento

di pagamento, nome cognome, indirizzo, telefono e tipo di abbonamento scelto. • Pagamento direttamente online con carta di credito e PayPal. Per qualsiasi altra informazione in merito può rivolgersi all'ufficio abbonati ai numeri +39 02 66506795 - +39 02 66505026 +39 02 66506541 o all'indirizzo mail abbonamenti@ilfattoquotidiano.it

Lunedì su Rai News 24 ho avuto modo di seguire le opinioni del direttore Feltri sulle elezioni comunali a Milano di Berlusconi. Il direttore tentava un’analisi dei motivi che hanno determinato la sconfitta e, tra i tanti, sono stata colpita da quanto se-

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IL FATTO di ieri1 giugno 1938 Di eroi, non aveva bisogno l’America di fine anni ’30. Di un super-eroe forse sì, se è vero che Superman, l’alieno sparato nel cuore del mid-west dal lontano pianeta Kripton, angelo forzuto del Bene contro il Male, divenne da subito l’incarnazione del mito americano, l’invincibile giustiziere piovuto dalla Galassia a difendere l’american dream dai malfattori quotidiani. Fin da quel 1° giugno 1938, quando i due padri-disegnatori Joe Shuster e Jerry Siegel cederanno i diritti della loro creatura alla Dc Comics, facendolo approdare sulla copertina del primo numero dell’albo Action Comics. Dallo spazio all’Illinois, l’uomo d’acciaio capace di volare, trafiggere il metallo col suo sguardo a raggi X, superare la velocità della luce, infilerà una sfilza di epiche avventure. Combatterà i nazisti negli anni ’40, andrà in Vietnam, affronterà nerboruti nemici, fino alla strip fatale del ’92 in cui morirà nelle edicole d’America dopo una lotta con l’orrido gigante Doomsday, per risorgere poi con nuova identità, sollevando dallo sgomento i fan in lutto. Per il muscoloso messia in tuta spandex blu, icona del fumetto a stelle e strisce, un ritorno annunciato che continuerà ad alimentare sogni di fuga dalla realtà. Giovanna Gabrielli

gue: - Berlusconi non ha più la testa per noi cittadini perché assediato dai suoi personali guai con la giustizia recatigli da una parte della magistratura che lo perseguita non certo da 17 anni ma sicuramente da 15; - la Corte Costituzionale gli ha ancor di più complicato la situazione respingendo come anticostituzionale il famoso lodo che lo avrebbe tenuto al riparo dai suoi processi; - l’opposizione non gli perdona nulla, ma proprio nulla. Quel che mi lascia a dir poco basita delle dichiarazioni di Feltri è che dalla sua bocca non sono uscite poche semplici parole che sono invece sulla bocca di tutti noi, cittadini onesti, lavoratori che paghiamo le tasse e che non invochiamo nessun lodo perché siamo, per scelta, fuori dal malaffare e cioè: Berlusconi non avrebbe mai dovuto (visti i processi che si trascina ancor prima della sua discesa in campo) né potuto (visto il conflitto di interesse) entrare in politica e candidarsi alla guida di un Paese democratico. Prendersela con la Corte Costituzionale e con la Magistratura, insultare gli elettori che votano a sinistra, è il solo modo che ha per nascondere soprattutto a se stesso che la responsabilità di quello che è successo è solo, esclusivamente sua. Eleonora

Le “promesse” di Bossi per il dopo elezioni Ricordo male, o il Senatur aveva annunciato di volersi privare dei suoi “attributi virili”, qualora avesse perso le elezioni comunali a Milano? . Mi sa però che erano le solite “balle elettorali” della Lega, letteralmente questa volta. I risultati di Napoli poi sono veramente stupefacenti, accadesse qualcosa di simile anche qui da noi - Casatenovo, pro-

vincia di Lecco - ci metterei la firma subito! Thomas Findeis

Diritto di Replica In merito all’articolo pubblicato sul Fatto Quotidiano del 31 maggio, dal titolo “La sconfitta del sistema Cosentino”, smentisco nella maniera più assolutadi di aver mai detto e addirittura pensato: “Speriamo che Berlusconi non viene a Napoli, ci farebbe perdere voti”. Ieri oggi e domani ero sono e sarò sempre convinto che la presenza sul territorio del premier comporterà un valore aggiunto alle battaglie del PDL. È mia convinzione che ogni testata giornalistica possa e debba avere la libertà di portare avanti una propria linea editoriale, ma nell’assoluto rispetto della verità e del pensiero altrui. Cosa non avvenuta assolutamente in tale occasione. Luigi Cesaro

Presidente, capiamo il suo stato d’animo di oggi, ma quello dei giorni scorsi nei corridoi della Provincia era esattamente quello che abbiamo riportato, come hanno sottolineato anche colleghi di altre testate. (FQ)

I nostri errori Sul Fatto Quotidiano di ieri, la foto nella colonna di pagina 12 non è dell’ex ministro Filippo Mancuso, ma del giurista Giuseppe Guarino. Ci scusiamo dell’errore con gli interessati e con i lettori.

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