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Euro Pride. Oggi a Roma centinaia di migliaia di cittadini gay chiederanno rispetto per i loro diritti. Una manifestazione di civiltày(7HC0D7*KSTKKQ(

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dal 13 febbraio al Museo d’Arte della città via di Roma 13 - Ravenna www.museocitta.ra.it tel. 0544 482477

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dal 13 febbraio al

26 giugno 2011 Comune di Ravenna Assessorato alla Cultura

Museo d’Arte della città via di Roma 13 - Ravenna www.museocitta.ra.it tel. 0544 482477

Ravenna &,77$ &$1','$7$ &$3,7$/( (8523($ '(//$ &8/785$

Redazione: via Valadier n° 42 – 00193 Roma tel. +39 06 32818.1 – fax +39 06 32818.230

8.389.441 SPETTATORI

Record di ascolti per Annozero, ma Garimberti attacca Santoro: “Uso privato della tv”. Il conduttore: “È come Ponzio Pilato”. B. prepara il decreto-golpe sull’azienda

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timamente si fa notare più sui campi da tennis che in Viale Mazzini. Salvo quando c’è da votare a favore di Minzolini e contro Ruffini. Purtroppo i “giochini” li fa lui da quando il Pd ebbe la malaugurata idea di partecipare all’ultima lottizzazione Rai e, sentito Letta, nominarlo “presidente di garanzia”. Garanzia di chi? Forse degli 8.389.441 spettatori che hanno seguito l’ultima puntata di Annozero? No: dei partiti che hanno sempre detestato i giornalisti liberi e, soprattutto, gli italiani che vogliono essere liberamente informati. Prendere a ceffoni Santoro quando chiede di portare in Cda e mettere ai voti la sua proposta per salvare Annozero, significa prendere a ceffoni 8 milioni e rotti di cittadini. Come faceva Masi. Però Masi almeno se n’è andato. Garimberti resta. Per fare che?

Raitre sempre più in bilico, anche Floris lancia l’allarme. Intanto il governo vuole azzerare il Cda e far nominare quello nuovo dal Tesoro per aggirare il Parlamento e continuare a controllare Viale Mazzini anche dopo la fine della legislatura Tecce pag. 8 z

Michele Santoro nell’ultima puntata di Annozero (FOTO ANSA)

12-13 GIUGNO x Chiusa la campagna per i quattro Sì

Referendum, quorum in pericolo Corsa fino all’ultimo voto La comunità di Vita Cristiana di Napoli a Camaldoli durante la messa con la bandiera per l’acqua pubblica (da letteraviola.it)

Manifestazioni in tutta Italia, bandiere Udi Wanda Marra sui monumenti. Idv e Pd in piazza, Bersani: “Possiamo farcela”. In tv però ROSY BINDI: pag. 2 - 5 z “ANCORA continua il bavaglio

UNO SFORZO”

Udi Paolo Flores d’Arcais ni guai di Tremonti

ono anni e anni che i dirigenti del centrosinistra si arrabattono per trovare il modo di sedurre i cosiddetti “moderati”, benché la chiave dell’arcano fosse a portata di mano. pag. 22 z

S

iamo intorno al 50 per “S cento. E vorrei fare un caldo invito al voto. Ce la

Altro che 3 miliardi al governo ne servono 47

possiamo fare a raggiungere il quorum, se tutti vanno a votare”. pag. 6 z

Feltri pag. 15z

nsoldi mai spesi Gli ammortizzatori sociali ai precari erano solo un bluff Meletti pag. 15z

CATTIVERIE in libreria

I MODERATI IMMAGINARI DEL PD

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Le Naniadi di Marco Travaglio

on è uno scherzo: dal 14 al 17 luglio si terrà sul lago di Bolsena la I edizione delle “Governiadi. I giochi di ruolo della politica”, iniziativa della Consulta di Formazione Politica del Pdl, a cura delle associazioni iPolis e ReLazione e delle fondazioni Craxi, Riformismo&Libertà, Magna Carta, Nuova Italia, Giovine Italia, Italia Protagonista, Cristoforo Colombo per la Libertà, Club della Libertà e Free Foundation. Dietro le varie sigle si nascondono nemmeno tanto bene la Lorenzin, la Craxi, la Meloni, Quagliariello, Cicchitto, Valducci, Brunetta, Alemanno, perfino Scajola (a sua insaputa) e Gasparri (all’insaputa di tutti gli altri). Si tratta – recita il comunicato – del “primo serio tentativo di giochi di ruolo della politica ispirato alle prestigiose Summer School anglosassoni”. Le squadre si sfideranno “su tre problemi tratti da altrettanti casi concreti, in una gara di oratoria e una gara di abilità”, sotto lo sguardo di “una giuria presieduta da importanti esponenti del Governo, della politica e da tecnici qualificati”. Mica dei pirla qualsiasi: gente del calibro di un Frattini, un Calderoli, una Gelmini, una Brambilla, più i “tecnici” (alcuni idraulici ed elettricisti). “Ogni squadra sarà affiancata da tutor”. Nel caso in cui il tutor sia Bossi, o Bondi, o Brunetta, o Giovanardi, si renderà necessario il tutor del tutor. “Sarà un’occasione per vedere il nuovo Obama lanciarsi in un’orazione sulle rinnovabili o un piccolo Calamandrei trovare un comma sperduto della Costituzione da rinfrescare”. Per allietare l’allegra brigata, si giocherà pure “il partitone del secolo” fra le Nazionali dei deputati e degli Amministratori locali (i pochi scampati alle ultime elezioni). Scopo delle Governiadi è “simulare situazioni tratte dalla realtà, dando ai partecipanti l’opportunità di trovare soluzione innovative (sic, ndr) a problemi politici grazie all’interazione di esperienze diverse”. Per esempio. 1) Facciamo finta che B. sia al governo da tre anni e abbia promesso di ridurre le tasse, aumentare i posti di lavoro, sburocratizzare il paese, ripulire Napoli, ricostruire L’Aquila, rilanciare l’economia, costruire ponti sullo stretto e sul largo, Tav, centrali nucleari, transiberiane e muraglie cinesi, mentre è riuscito a collezionare un processo per prostituzione minorile, un altro per fondi neri, un terzo per minaccia a corpo dello Stato (pressioni sull’Agcom per chiudere Annozero); più la chiusura di Annozero, lo sfascio della giustizia, dell’economia, della scuola e della Rai, qualche figura di merda nel mondo e vari disastri elettorali. Come risolvere i suddetti problemi, puramente simulati s’intende, con soluzioni innovative grazie all’interazione di esperienze diverse? 2) Mettiamo che un ministro, si fa per scherzare si capisce, scopra che quella che credeva la sua casa l’ha pagata un altro senza dirgli niente: il concorrente alla gara oratoria dovrà escogitare una frase di senso compiuto, possibilmente in linea col principio di non contraddizione, che consenta al malcapitato ministro di farsi ancora vedere in giro? 3) Immaginiamo che un premier qualsiasi baci la mano a Gheddafi e poi lo bombardi: c’è per caso un nuovo Obama o un piccolo Calamandrei o anche solo un Brunetta in grandezza naturale che riesce a dimostrarne la tetragona coerenza? 4) Poniamo il caso, sempre per celia s’intende, che un premier a caso o qualcuno dei suoi sia inseguito dai gendarmi intenzionati ad ammanettarli e a incarcerarli: qualcuno, magari con “una gara di abilità” ma soprattutto di destrezza, è in grado di risolvere il loro problema? Impossibile al momento conoscere i nomi dei politici presenti: “Parterre sarà ricchissimo, nomi variopinti e molto in voga”, ma “ancora top secret”. L’ospite d’onore però si può già intuire leggendo il comunicato fra le righe, là dove si elogia “la tenacia di Platone, che più i tiranni di Siracusa lo ingabbiavano, più lui tornava”. Traduzione: Berlusconi ci sarà.

LA RAI LI PRENDE A SCHIAFFI N uardando e sentendo parlare Paolo Garimberti, viene il dubbio che non sappia di essere il presidente della Rai, o almeno che cos’è la Rai. Ha sempre l’aria del passante, non del numero uno della prima azienda televisiva d’Italia. Ieri, dopo che Santoro l’aveva liberata dell’ipoteca giudiziaria e aveva chiesto, semplicemente, se Annozero sia una risorsa o un peso per la Rai, dichiarandosi disposto a restare gratis, il passante che la presiede ha risposto: “Non facciamo giochini, Santoro faccia un progetto e lo presenti al direttore generale. In questa fase il presidente non c’entra nulla. Non ha senso tirarmi per la giacchetta”. Forse voleva dire “per la racchetta”, visto che ul-

Comune di Ravenna Assessorato alla Cultura

€ 1,20 – Arretrati: € 2,00 Spedizione abb. postale D.L. 353/03 (conv.in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 comma 1 Roma Aut. 114/2009

Sabato 11 giugno 2011 – Anno 3 – n° 138

Non tiratelo per la racchetta

26 giugno 2011

Gli italiani sono di nuovo chiamati a esprimersi sul nucleare. Finché non daranno la risposta giusta www.spinoza.it


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12 E 13 GIUGNO

Referendum Nucleare 0 3232/$5( 5()(5(1'8

IL TITOLO DEL REFERENDUM sul nucleare, riformulato dalla Corte di Cassazione alla luce delle norme introdotte con il decreto Omnibus, sarà: “Abrogazione delle nuove norme che consentono la produzione nel territorio nazionale di energia elettrica nucleare”. Il testo del quesito dice: “Volete che siano abrogati i commi 1 e 8 dell’articolo 5 del decreto legge 31.03.2011 n.34 convertito con modificazioni della legge 26.05.2011 .75?”

SE VINCE IL SÌ l’Italia non potrà più sviluppare - a tempo indeterminato - il piano per l’energia nucleare lanciato dal governo Berlusconi. Si fermeranno quindi le attività già avviate dai ministeri competenti (lo studio dei siti per nuove centrali, la valutazione delle candidature per le società energetiche) mentre avrà nuovo impulso l’industria da fonti tradizionali (carbone, gas) e innovative (eolico, fotovoltaico). SE VINCE IL NO proseguirà il programma nucleare italiano secondo quanto disposto col decreto Omnibus: sospensione per un anno del progetto, e studio approfondito della questione energetica. Al termine della moratoria di dodici mesi, più o meno a maggio 2012, l’Italia potrebbe ricominciare a ragionare sull’atomo e avviare la costruzione di nuove centrali. Nel frattempo l’Enel porterà avanti i suoi impegni già avviati all'estero (Francia, Spagna e Slovacchia).

AL QUORUM, AL QUORUM! Mobilitazione in tutta Italia, Idv e Pd: Sì può fare Il Caimano ha paura: “E se la gente non va al mare?” di Enrico Fierro

ndrea Rivera sale sul palco, si guarda attorno, vede che nel catino rovente di Piazza del Popolo a Roma non ci sono masse oceaniche e sfodera l’ironia. “A Emilio Fede, la piazza è vuota perché gli altri stanno a cercà di capì come cazzo si vota, di che colore so le schede, visto che la televisione non lo dice”. E vai con la musica per la lunga maratona che dalle due del pomeriggio anima la grande piazza romana. Ci sono attori, come Claudio Santamaria e Ulderico Pesce, scrittori, Moni Ovadia e Piergiorgio Odifreddi, cantanti come Baccini, Cristicchi, Teresa De Sio, Eugenio Finardi, Er Piotta, e tantissimi gruppi musicali. Ci sono i leader di partito. Ma c’è poca gente all’inizio di questo caldissimo pomeriggio referendario, un po’ di più col fresco della sera. Ma la piazza non è certo quella delle grandi mobilitazioni. Dal palco tutti invitano a votare, votare e votare sì. Pierluigi Bersani è “cautamente ottimista”. “Raggiungere il quorum è come scalare una montagna, ma il risultato è a portata di mano”. Antonio Di Pietro pensa agli imbrogli del governo e al voto degli italiani all'estero. “Questo è il vero grande problema. Noi vorremmo che il loro voto non venisse conteggiato ai fini del quorum”.

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Sotto il palco arrivano anche Susanna Camusso e Guglielmo Epifani. “Il voto è un diritto – dice la segretaria generale della Cgil – noi ci batteremo fino all'ultimo momento utile perché la gente vada a votare”. Moni Ovadia sale sul palco e parla del questito sul “legittimo impedimento”. “Un referendum che ha un valore simbolico e pratico preciso. Perché Berlusconi ha affermato come giusto il principio di disuguaglianza stabilendo quello della ingiudicabilità per i potenti”. LA GENTE in piazza lo sommerge di applausi quando dice quasi urlando che “la democrazia dove non c'è uguaglianza è un guscio vuoto. Silvio Berlusconi è l'illegittimo impedimento che non ci permette di godere di una vera civiltà democratica”. Mentre la maratona continua a Piazza del Popolo, in mille altri punti di Roma, al centro e nei quartieri periferici, i movimenti organizzano altre manifestazioni. Nel pomeriggio militanti di Greenpeace appendono uno striscione antinucleare sul Colosseo. Una mobilitazione generale confortata dal tam-tam sui sondaggi. Ne circolano tanti, quelli delle società demoscopiche più accreditate danno il quorum ad un filo di lana. Anche quelli consultati da Berlusconi che parlano di una forbice molto vicina al 50%. Il Cavaliere te-

me che domani, nonostante la calura, la gente deciderà di non andare al mare. Problemi non ce ne sarebbero nel Nord-Est e nell'Italia Centrale, ad un passo dall'obiettivo nel Nord-Ovest, problemi seri nel Sud. Ecco perché sono in tanti gli artisti che dal palco lanciano appelli al voto. “Siamo come quelli - è l'immagine usata da Antonio Di Pietro - che stanno per arrivare alla riva del risultato e quando qualcuno gli chiede se si sta per arrivare, io rispondo: ‘Nuota, fratello, nuota’”'. E ci sarà anco-

Domani e lunedì urne aperte, si decide sul filo La destra spera nell’astensione ra da nuotare nelle ultime ore per convincere indecisi, distratti, scettici. Certo che le chiazze di vuoto che tratteggiano Piazza del Popolo non aiutano. Sindacalisti e politici non sono sul palco per evitare le polemiche sulla strumentalizzazione dei referendum che ci so-

no state negli ultimi giorni tra psartiti e comitati. MARTEDÌ scorso si era raggiunta una sorta di intesa sulla presenza dei leader dei partiti alla manifestazione conclusiva, ma l'equilibrio si è rotto con la lettura dei giornali di mercole-

dì mattina e i titoli che annunciavano un accordo Pd-Idv per la piazza unitaria. Guglielmo Epifani fa un giro nel retro-palco, osserva i troppi vuoti, si stringe nelle spalle e si lascia andare ad una considerazione: “Se ci avessero chiesto un consiglio... ”. Gianfranco Mascia,

attivista del Popolo Viola, minimizza. “Questa non è una manifestazione, ma una festa popolare per il voto. Movimenti e partiti non c’entrano, ad organizzare questa maratona sono stati i ragazzi di Etruria Festival. E poi guardiamo il web, facebook, le dirette streeming. C'è

LA GAG SUL WEB Il comico “legge” i quesiti-impossibili Opporsi, con calma

Matteo Renzi, la scialuppa rottamata IL QUORUM È IN BILICO, lo sanno tutti. E allora? Ci pensa Matteo Renzi a dare il suo contributo. Come? Invitando a “non politicizzare il referendum”, in ossequio al mai domo ritornello secondo cui più si attacca B. e più lo si favorisce: “Mi è parso sbagliato - dichiara a La Stampa il giovane sindaco rottamatore di Firenze - caricare di tanti significati politici i referendum. Stiamo offrendo a Berlusconi la possibilità di una rivincita. Se il quorum non venisse raggiunto, potrà dire di di aver pareggiato i conti con le amministrative; e se invece ce la si farà, alzi le mani chi crede che il premier si dimetterà davvero?”. Nulla da eccepire su quest’ultima affermazione, se - come lo stesso Renzi fa giustamente notare - B. ha resistito “ai processi, al bunga bunga, lo stato del paese e tutto il resto” per quale motivo dovrebbe abbandonare per una sconfitta al referendum? Forse il sindaco dimentica di parlare del quarto quesito, quello sul legittimo impedimento, che - in caso di vittoria dei “sì” - non consentirebbe più a B. di disertare i processi, anche quello del bunga-bunga. É l’unico referendum che interessa dalle parti di Arcore. Ecco, magari di “affidabilità del Pd come forza di governo”, ne parliamo in un altro momento.

“Il voto? Io faccio una festa a Fregene” L’anteprima del nuovo programma di Corrado Guzzanti, che ha esordito ieri su Sky, è un cult grazie a internet. Un messaggio di 3 minuti: una voce asettica (come quella degli incomprensibili spot istituzionali) spiega i 4 quesiti, mentre un’elegante annunciatrice traduce nel linguaggio dei segni. Solo che la voce (e il genio comico) sono di Guzzanti. E questo è il testo della sua esilarante pubblicità in cui spiega come (non) si vota:

eferendum 2011: alcune Rrannopersone stravaganti si vorrecare alle urne per abolire delle norme che, spostando due virgole, verranno riproposte pari pari da questo governo. Ammesso che raggiungano il

quorum, è bene ricordare che difficilmente il loro voto verrà preso sul serio. L'istituzione del referendum è una forma di democrazia diretta e spesso anche volgare. Questa volta non c'è bisogno di portare il documento, che si rischia sempre di perderseli e poi si sa quanto ci vuole a rifarli. Se dite il vostro nome con sicurezza e convinzione al personale del seggio, credo che vi faranno votare lo stesso. Potete usare le schede che vi verranno consegnate al seggio, ma secondo me anche un foglio di carta a quadretti e una biro vanno bene. Ad Ariete, Pesci e Capricorno sconsigliamo di prendere l'auto domenica e lunedì. I primi due quesiti riguardano la privatizzazione dell'acqua. Se volete che l'acqua rimanga pubblica, fate pure, ma noi ci sputere-

mo dentro. Il terzo quesito riguarda la norma che prevede la costruzione di nuove centrali nucleari. Ricordate, gli incidenti accadono proprio a chi ha paura del nucleare: è come per i cani feroci, se gli mostrate di aver paura vi attaccheranno. Considerate che stiamo parlando di centrali di terza generazione, sicure e affidabili al 100%. A meno che, ovviamente, non arrivi un terremoto di terza generazione. L'unico problema che non abbiamo risolto è quello delle scorie, ma quando salterà fuori, noi saremo già lontani. Il quarto quesito riguarda la norma sul legittimo impedimento che permette al presidente del Consiglio di non presentarsi ai processi adducendo scuse. Se volete cancellare la norma sul legittimo impedimento e co-

stringere il governo a impiegare altri mesi per fare una nuova legge ad personam invece di risolvere i gravi problemi del vostro paese, votate Sì. Ma poi scordatevi acqua e nucleare. La palese ostilità espressa dal vostro Sì, sarà comunque sufficiente a sollevare sulla cancellazione del legittimo impedimento, l’invocazione del legittimo sospetto. Una volta compilata, la scheda può essere inserita nell’urna, ma potete anche lasciarla scivolare accanto. Oppure, piegatela a forma di aeroplanino di carta e lanciatela. Si vota domenica 12 dalle 8 alle 22 e lunedì 13 dalle 7 alle 15. Ma potete andare anche il 14, che c’è sicuramente meno gente. Comunque, da domenica a lunedì, do una grande festa a Fregene, aperta a tutti. Si mangia e si beve gratis.


Sabato 11 giugno 2011

12 E 13 GIUGNO

Referendum Acqua 1 0 3232/$5( 5()(5(1'8

IL PRIMO REFERENDUM SULL’ACQUA si intitola: “Modalità di affidamento e gestione dei servizi pubblici locali di rilevanza economica”. Il quesito, molto complesso nella formulazione, mira ad abrogare l’art. 23 bis del decreto legge 25 giugno 2008 n. 112 “disposizioni urgenti per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività, la stabilizzazione della finanza pubblica e la perequazione tributaria” a più riprese modificato da provvedimenti del 2009.

SE VINCE IL NO l’acqua resta di proprietà pubblica, ma gli acquedotti e i servizi idrici vengono privatizzati. Entro il 2011 o 2012 (a seconda dei casi) l’affidamento del servizio termina e gli enti locali devono indire una gara pubblica cui possono partecipare anche gli attuali gestori. Per le gestioni in house l’affidamento originario può essere mantenuto se viene ceduto al mercato (con gara) un pacchetto del 40%. Per gli affidamenti a società quotate, i contratti possono essere mantenuti solo se la parte pubblica scende al 30%.

IL TG1 dimezza gli spazi informativi Italiani all’estero, pronti i ricorsi in Cassazione

L’ammissione del premier

Non andrò a votare: è diritto dei cittadini decidere se votare o no per il referendum

Ma la Costituzione dice: “È un dovere civico”

SE VINCE IL SÌ la gestione dell’acqua resta quella attualmente in vigore, senza obbligo di passaggio alla gestione pubblico-privata prevista dal decreto Ronchi per tutti i servizi pubblici locali. I contratti oggi in essere continueranno a funzionare secondo la loro scadenza naturale, e gli enti locali saranno liberi di scegliere le modalità di affidamento del servizio: a privati, a società miste (senza limiti minimi di partecipazione dei privati) oppure a società pubbliche.

Art. 48: “Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore età. Il voto è personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio è dovere civico”

A sinistra la manifestazione di Piazza del Popolo. Sopra il premier e, a destra, Minzolini. Nella foto sotto Don Milani (FOTO ANSA)

di Chiara Paolin

omani 12 giugno 2011, alle ore Ddicare 16.30, il Tg1 avrà 95 minuti da deai referendum. Forse, i 95 minuti più importanti di questa schizofrenica campagna referendaria, perché a quell’ora l’Italia sarà giusto a metà del guado, in posizione perfettamente strategica per ricevere una spintarella nella direzione giusta. Se la partecipazione risultasse già corposa, secondo le rilevazioni offerte dal Viminale alle ore 12, si potrebbe dire che la consultazione ha avuto successo. Se invece il dato fosse scarso, tutti partirebbero all’attacco: fallimento, disfatta. Per questo Bersani insiste da giorni: sveglia all’alba e voto subito. Per questo Roberto Zaccaria, ex presidente Rai e deputato Pd, denuncia: “Negli ultimi giorni i tg hanno fatto scelte diverse sui referendum. Il Tg3, con un tempo totale di 12 minuti e 39 secondi, ha trattato ampiamente i quesiti e ha rotto il tabù sul legittimo impedimento e affrontandolo chiaramen-

te. Il tg La7 e anche il Tg2 hanno parlato della manifestazione delle suore mobilitate per la difesa dell'acqua, sorrette dalle parole del Papa. Dall’altra parte si deve registrare invece l’atteggiamento del Tg1 (2 minuti e 28 secondi dedicati al tema) che dimezza addirittura i tempi complessivi. Il Tg4 ha invece confermato il tono in sordina di tutta la campagna elettorale. Per questo ho presentato ricorso all’Agcom per il sostegno privilegiato al premier, previsto dalla legge Frattini sul conflitto di interessi. Unico dato comune a tutti i tg, la dichiarazione del premier di non partecipare al voto”. Insomma, lo slancio finale è stato imbavagliato da buona parte dell’informazione televisiva, e il gioco delle ultime ore sarà tutto sul quorum. I primi dati domenica alle 12, poi alle 19 e alle 22. Lunedì alle 15 la chiusura dei seggi con il numero definitivo, e la questione ricorsi. Pd, Idv e Radicali sono pronti a scattare, anche se l’Ufficio della Cassazione si riunirà solo il 16. “Stiamo lavo-

rando sull’articolo 19 della legge Tremaglia - spiega Alessandro Pace, costituzionalista dell’Idv -. Quando si parla dei requisiti per il voto si citano tre principi costituzionali (eguaglianza, libertà e segretezza) ma manca il quarto, la personalità. In pratica, se gli italiani all’estero hanno votato con modalità illegittime è necessario escluderli dal quorum”. Ieri il Viminale ha fornito il dato ufficiale sugli aventi diritto al voto: in Italia 47.118.784 elettori, 3.299.905 i residenti all’estero. In totale gli aventi diritto sono 50.418.689, il quorum è fissato a quota 25.209.345. Lunedì pomeriggio se ne parlerà, ma solo su La7: Enrico Mentana è l’unico ad aver previsto un pomeriggio postreferendario. Per ora.

La lettera

una piazza vera e una virtuale, in quest'ultima stiamo avendo centinaia di migliaia di contatti”. Battiquorum e velati ottimismi. Si continua a nuotare tutti fino alle 15 di lunedì con la speranza che si possa ribaltare l'antico motto “Piazze piene urne vuote”.

Il ritorno Guzzanti è tornato. E assieme ad “Aniene” ecco lo spot sui referendum. Spiegati a modo suo

Il 15 dicembre del 1955 Don Lorenzo Milani scrisse “L’acqua è di tutti. Lettera dalla montagna”, indirizzata all’allora direttore de “Il Giornale del Mattino”, Ettore Bernabei. Don Milani, da poco arrivato a Barbiana, cercava di costruire un acquedotto che portasse l’acqua a nove famiglie, che abitavano in case sparse tra i campi. Ma il progetto fallì per colpa di un signorotto locale, proprietario della sorgente, che rifiutò di concederne l’utilizzo. La lettera è contenuta in “A che serve avere le mani pulite se si tengono in tasca” – edito da “Chiarelettere” – che raccoglie alcuni degli scritti del sacerdote di Barbiana.

aro direttore, col progetto di consorzio di cui ti parlai si darebbe l’acqua a nove famiglie. Quasi metà del mio popolo. Il finanziamento è facile perché siamo protetti dalla legge per la montagna. La benemerita 991 la quale ci offre addirittura o di regalo il 75% della spesa oppure, se preferiamo, in mutuo l’intera somma. Mutuo da pagarsi in trent’anni al 4% comprensivo di ammortamento e interessi. Nel caso specifico, l’acquedotto costerà circa 2 milioni. Se vogliamo sborsarli noi, il governo fra due anni ci rende un milione e mezzo. L’altro mezzo milione ce lo divideremo per nove che siamo e così l’acqua ci sarà costata 55.000 lire per casa. Oppure anche nulla; basta prendere pala e piccone, scavarci da noi il fossetto per la conduttura ed ecco risparmiate anche le 55.000 lire. Se invece non avessimo modo di anticipare il capitale allora si può preferire il mutuo. Il 4 per cento di 2 milioni è 80.000 l’anno. Divise per 9 dà 8800 lire per uno. Se pensi che 8000 lire per l’acqua forse le spendi anche te in città e se pensi che a te l’acqua non rende, mentre a un contadino e in montagna vuol dire raddoppiare la rendita e dimezzare la

C

Quella battaglia di Don Milani: “L’acqua è di tutti” fatica, capirai che anche questo secondo sistema è straordinariamente vantaggioso. Insomma bisogna concludere che la 991 è una legge sociale e meravigliosa. Mi piacerebbe darti un’idea chiara di quel che significa l’acqua quassù, ma per oggi mi contenterò di dirti solo questo: s’è fatto il conto che per ogni famiglia del popolo il rifornimento d’acqua richieda in media quattro ore di lavoro di un uomo valido ogni giorno. Se i contadini avessero quella parità di diritti con gli operai che non hanno, cioè per esempio quella di lavorare solo otto ore al giorno, si potrebbe dire dunque che qui l’uomo lavora mezza giornata solo per procurarsi l’acqua. Dico acqua, non vino! Tu invece per l’acqua lavori dai tre ai quattro minuti al giorno. A rileggere l’art. 3 della Costituzione: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale...” mi vengono i bordoni. Ma oggi non volevo parlarti dei paria d’Italia, ma

Il progetto per un acquedotto a Barbiana per nove famiglie bloccato dal no di un signorotto

d’un’altra cosa. Dicevamo dunque che c’è questa 991 che pare adempia la promessa del 2° paragrafo dell’art. 3 della Costituzione: “...è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini”. A te, cittadino di città, la Repubblica non regala un milione e mezzo, né ti presta i soldi al 4% compreso l’ammor tamento. A noi sì. Basta far domanda e aver qualche conoscenza. Infatti eravamo già a buon punto perché un proprietario mi aveva promesso di concederci una sua sorgente assolutamente inutilizzata e inutilizzabile per lui, la quale è ricca anche in settembre e sgorga e si perde in un prato poco sopra alla prima casa che vorremmo servire. Due settimane dopo, un piccolo incidente. Quel proprietario ha un carattere volubile. Una mattina s’è svegliato d’umore diverso e m’ha detto che la sorgente non la concede più. Ho insistito. S’è piccato. Ora non lo scoscendi più neanche colle mine. Ma il guaio è che quando ho chiesto a un legale se c’è verso d’ottenere l’esproprio di quella sorgente, mi ha risposto di no. Sicché la bizzettina di quell’omino, fatto insignificante in sé, ha l’atomico potere di buttar all’aria le nostre speranze d’acqua, il nostro consorzio, la famosa 991, il famoso art. 3, le fatiche dei 556 costituenti, la sovranità dei loro ventotto milioni di elettori, tanti morti della Resistenza (siamo sul monte Giovi! ho nel popolo le famiglie di quattor-

dici fucilati per rappresaglia). Ma qui la sproporzione tra causa ed effetto è troppa! Un grande edificio che crolla perché un ragazzo gli ha tirato coll’archetto! C’è un baco interiore dunque che svuota la grandiosità dell’edificio di ogni intrinseco significato. Il nome di quel baco tu lo conosci. Si chiama: idolatria del diritto di proprietà. A millenovecentocinquantacinque anni dalla Buona Novella, a 64 anni dalla Rerum Novarum, dopo tanto sangue sparso, dopo dieci anni di maggioranza dei cattolici e tanto parlare e tanto chiasso, aleggia ancora vigile onnipresente dominatore su tutto il nostro edificio giuridico. Tabù. Son dieci anni che i cattolici hanno in pugno i due poteri: legislativo ed esecutivo. Per l’uso di quale dei due pensi che saranno più severamente giudicati dalla storia e forse anche da Dio? Che la storia condannerà la nostra società è profezia facile a farsi. (...) Ma una storia serena non potrà non valutare forse qualche scusante, certo qualche attenuante: l’ostacolo della burocrazia insabbiatrice, quello dell’Italia sconvolta dalla guerra, quello degli impegni internazionali... (...) Ma guai se non avremo almeno mostrato cosa vorremmo fare. Perché il non saper far nulla di buono è retaggio d’ogni creatura. (...) Ma il non sapere cosa si vuole, questo è retaggio solo di quelle creature che non hanno avuto Rivelazione da Dio. A noi Dio ha parlato. (...) A noi cattolici non può dunque far difetto la luce. Peccatori come gli altri, pas-

si. Ma ciechi come gli altri no. Noi i veggenti o nulla. Se no val meglio l’umile e disperato brancolare dei laici. Che i legislatori cattolici prendano dunque in mano la Rerum Novarum e la Costituzione e stilino una 991 molto più semplice in cui sia detto che l’acqua è di tutti. Quando avranno fatto questo, poco male se poi non si riuscirà a mandare due carabinieri a piantar la bandiera della Repubblica su quella sorgente. Morranno di sete e di rancore nove famiglie di contadini. Poco male. Manderanno qualche accidente al governo e ai preti che lo difendono. Poco male. Partiranno per il piano ad allungarvi le file dei disoccupati e dei senza tetto. Non sarà ancora il maggior male. Purché sia salva almeno la nostra specifica vocazione di illuminati e di illuminatori. Per adempire quella basta il solo enunciare leggi giuste, indipendente dal razzolar poi bene o male. Chi non crede dirà allora di noi che pretendiamo di saper troppo, avrà orrore dei nostri dogmi e delle nostre certezze, negherà che Dio ci abbia parlato (...). Dicendo così avrà detto solo che siamo un po’ troppo cattolici. Per noi è un onore. Ma sommo disonore è invece se potranno dire di noi che, con tutte le pretese di rivelazione che abbiamo, non sappiamo poi neanche di dove veniamo o dove andiamo, e qual è la gerarchia dei valori, e qual è il bene e quale il male, e a chi appartengono le polle d’acqua che sgorgano nel prato di un ricco, in un paesino di poveri.


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Referendum Acqua 2 0 3232/$5( 5()(5(1'8

IL SECONDO REFERENDUM SULL’ACQUA si intitola: “Determinazione della tariffa del servizio idrico integrato in base all’adeguata remunerazione del capitale investito”. Questo il quesito: “Volete voi che sia abrogato il comma 1, dell’art. 154 (Tariffa del servizio idrico integrato) del Decreto legislativo n. 152 del 3 aprile 2006 ‘norme in materia ambientale’, limitatamente alla seguente parte: ‘Dell’adeguatezza della remunerazione del capitale investito’?”.

SE VINCONO i Sì cade il principio secondo cui le tariffe del servizio idrico devono essere legate agli investimenti fatti sul sistema gestionale da parte degli operatori, ma senza alcun collegamento a investimenti per il miglioramento qualitativo del servizio. Resta invece salvo il principio secondo cui tutti i costi (compresi quelli degli investimenti, e dunque anche i costi finanziari che si sostengono per procurarsi il capitale) devono essere coperti in tariffa: questo discende da un principio europeo non derogabile e contenuto nella Dir. 2000/60. SE VINCONO I NO, da oggi in poi i gestori dei servizi pubblici individuati dal decreto Ronchi potranno contare su un profitto garantito legato ai propri investimenti sulle strutture. Nel caso dell’acqua, si stima potranno caricare in bolletta un 7 per cento medio a remunerazione del capitale investito. In ogni caso, la remunerazione non deve eccedere quella “normale”, ossia quella che si otterrebbe investendo in un’attività finanziaria con gli stessi profili di rischio.

VELLETRI COME MANAUS DOVE L’ACQUA VA A GOCCE Una brasiliana guida la rivolta: “È una vergogna” di David Perluigi inviato a Velletri (Roma)

Velletri non hanno armi e bastoni per fare la rivolta, ma taniche vuote. Qui la marcia organizzata in piazza ieri per l’acqua pubblica è portata avanti non da qualche ambientalista, ma da una donna che arriva dall'Amazzonia. Si chiama Astrid Lima, è una brasiliana di 43 anni e proviene da Manaus. Si è innamorata di un italiano, Andrea, e si è trasferita in Italia, a Velletri. E qui si è resa subito conto che vi era un problema comune a quello che lei ha vissuto nella città natia con la privatizzazione dei servizi idrici: l’acqua razionata, pagata tanto e di scarsa qualità. Astrid ha riunito in piazza Mazzini, nel centro della cittadina di 50 mila abitanti dei Castelli Romani a poche decine di chilometri da Roma, decine di persone che hanno marciato per dire Sì al referendum per l’acqua pubblica. Presenti centinaia di famiglie. Come i Ciriaci, ad esempio, da anni combattono con il problema dei rubinetti all'asciutto. “Ieri è arrivata un quarto d'ora solamente l'acqua, siamo cinque in casa, lavora solo uno dei figli, ma – ci tiene a precisarlo la signora Ciriaci – paghiamo tutte le bollette, l'ultima di 75 euro. Ci hanno tolto la dignità: ci vergogniamo a far entrare un ospite a casa, facciamo una lavatrice ogni sette giorni, se mio figlio

A

deve fare una doccia per uscire con la propria ragazza diventa un'impresa. Velletri è uno dei 112 comuni della provincia di Roma che nel 2003 hanno sottoscritto un accordo con Acea Spa per la gestione e il riammodernamento della rete idrica. “L'accordo con Acea Spa – dichiara Lima – prevedeva grandi interventi di ammodernamento e manutenzione e, soprattutto, un adeguamento delle tariffe al ribasso rispetto a quelle che pagavano i cittadini di Roma”. SE A ROMA si pagavano 0,15 centesimi di euro per metro cubo, a Velletri quasi sei volte tanto: 0,85. L'accordo, però, mostra il vero volto della privatizzazione delle multinazionali dell'acqua. “Nonostante il Comune di Roma detenga il 51 per cento delle azioni – dichiara Lima – qui in provincia, la politica, le pubbliche amministrazioni sono da

Se a Roma si pagano 0,15 centesimi di euro per metro cubo, in provincia la cifra arriva a 0,85

CALTAGIRONE E FAMIGLIA

Che Casini avere un suocero così

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ier Ferdinando Casini si vanta di essere moderato su tutto, ma quando ha dovuto parlare di referendum non ha usato toni democristiani: “sbornia demagogica” e “con la demagogia il Paese non si governa”. Poi dice al Corriere: “Più concorrenza porterà migliore gestione e tariffe più basse. Oggi le nostre tariffe sono fra le più alte in Europa e ciò non tutela né le famiglie né le imprese” (in realtà sono tra le più basse). Casini ha annunciato che andrà a votare, e sull’acqua voterà no. Chissà come è contento il suocero, Francesco Gaetano Caltagirone, che Casini contribuisca a far salire il quorum. Il secondo azionista di Acea, colosso del settore idrico controllato dal Comune di Roma, ha infatti tutto da perdere dal referendum e ha già annunciato il blocco degli investimenti se vince il sì. Ma per Casini approfittare della debolezza di B. val bene qualche pranzo in famiglia un po’ teso.

sempre al fianco più che dei cittadini, del gestore privato”. Qui lo sportello Acea è stato chiuso da tempo. Troppi, probabilmente, i reclami che arrivavano e che non si riuscivano a risolvere. I comuni che hanno sottoscritto l'accordo hanno meno del 2 per cento delle azioni e anche se nella conferenza dei sindaci hanno il potere di decidere le tariffe, non fanno altro che avallare le indicazioni del gestore privato. Così le tariffe hanno cominciato ad abbassarsi solo in questi ultimi tempi, quando l'accordo prevedeva che si sarebbero dovute abbassare solo dopo poco tempo. Un adeguamento al ribasso che arriva dopo anni e anni e solo dopo che i comitati dell'acqua pubblica si studiano per bene la complessa convenzione tra comuni e Acea e fanno partire denunce dettagliate e ricorsi. Il sindaco Pd di Velletri, Fausto Servadio, dice che lui è “ostaggio di una convenzione che ha trovato e che deve rispettare fino al 2014”, che non è soddisfatto dell'operato di Acea “ma – aggiunge – più che contestare che devo fare?”. Tredici anni fa l'Acea si è trasformata da azienda pubblica in società per azioni. Il 51 % delle azioni è del Comune di Roma, il 49% è stato collocato in Borsa. Due grossi investitori privati hanno fette importanti della torta. La francese Suez Gdf, un colosso mondiale nella gestione dei servizi idrici che controlla oggi circa il 10% delle azioni ed

esprime due consiglieri di amministrazione e poi l’imprenditore romano Francesco Gaetano Caltagirone, con poco meno del 15 %, il 14,75% per la precisione. “Quello che noi abbiamo notato è che i sindaci, la Provincia, i politici che avevano e hanno tutti i poteri per vigilare sull’operato del gestore, sono – conclude Astrid Lima – troppo succubi del privato. È questo che ci preoccupa sempre più per il futuro”. E PROPRIO al Fatto, il sindaco di Velletri, Servadio, rivela in modo disarmante, di “non essere a conoscenza di una commissione di vigilanza” mai partita e che dovrebbe, invece, come da regolamento, vigilare proprio sull'operato del gestore privato da parte della parte pubblica. “Acea Ato2 Spa solo dal 2003 al 2008 ha incassato più di 400 milioni di euro di sola remunerazione di capitale investito – dichiara Lima – con questi soldi anche il comune più povero d'Italia sarebbe stato in grado di dare acqua di qualità a tutta la popolazione. Ma qui ad oggi ci sono zone senza acqua, ci sono bar che non lavano le tazzine da 15 giorni e moltissimi cittadini pagano ancora bollette con aumenti retroattivi”. Ora l'unica speranza per migliaia di cittadini è il referendum del 12 e 13 giugno. “Per fare in modo che l'emergenza non diventi una catastrofe – dichiara un anziano – e per far valere i diritti che ci hanno calpestato”.

Acqua(santa) La comunità di Vita Cristiana di Napoli ha chiuso il suo raduno a Camaldoli con una messa dove protagonista era la bandiera per l’acqua pubblica (da letteraviola.it)

Investimenti, meglio le tasseM di Luca Martinelli*

omenica 12 e lunedì 13 giugno Dri relativi si vota su due quesiti referendaal servizio idrico integrato. Le ultime settimane di campagna elettorale hanno messo in luce, in maniera evidente, il “nodo” della contesa. Che, a differenza di quanto lasciano intendere il governo e i rappresentanti degli estemporanei comitati per il No, non è tanto la proprietà (pubblica o privata) delle azioni dei gestori del servizio idrico integrato (acquedotto, depurazione, fognature), ma la privatizzazione delle forme di finanziamento degli investimenti da realizzare sulla rete, e degli eventuali utili generati dalla gestione stessa. È, insomma, il nodo tariffario. E il dibattito continua a 48 ore dal voto anche tra i soggetti che sostengono il Sì. Il motivo è che la campagna

elettorale, in particolare quella relativa al secondo quesito, rischia di spaiare le carte in tavola a chi – per 17 anni – ha nascosto ai cittadini italiani una “scomoda verità”, ovvero che la privatizzazione è iniziata nel 1994, con la legge Galli (l. 36/1994), che all'articolo 13 sta-

bilisce che la tariffa non copra più solo il (legittimo) costo del servizio ma incorpori anche i costi d'investimento e un tasso di remunerazione del capitale investito. Significa, in pratica, che lo Stato non interviene più nel settore, con la fiscalità generale, e che se si vogliono realiz-

Questione idrica: ecco cosa accade se vince il “Sì” ai due quesiti sulla privatizzazione

zare gli investimenti programmati (stimati in circa 60 miliardi di euro nei prossimi trent'anni anni) questi dovranno essere finanziati direttamente dai cittadini, attraverso le loro bollette. E la campagna del Comitato referendario “2 Sì per l'acqua bene comune” avrebbe il difetto di raccontare le cose come stanno: di spiegare agli italiani che dovrebbero leggere la tariffa del servizio idrico integrato non così (la somma del costo dei servizi di acquedotto, fognature e depurazione delle acque reflue) ma così (costo del servizio + costo degli investimenti + tasso di remunerazione del capitale investito). Portando gli italiani a scoprire l'acqua calda, il Comitato referendario potrebbe portare molti a chiedersi il perché di una “tassa occulta”, quella nascosta nelle bollette dell'acqua. Tra i più intimoriti da questa eviden-


Sabato 11 giugno 2011

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Referendum Legittimo impedimento 0 3232/$5( 5()(5(1'8

IL QUESITO SUL LEGITTIMO IMPEDIMENTO si intitola: “Abrogazione di norme della legge 7 aprile 2010, n. 51, in materia di legittimo impedimento del presidente del Consiglio dei ministri e dei ministri a comparire in udienza penale, quale risultante a seguito della sentenza n. 23 del 2011 della Corte costituzionale”. Il quesito dice: “Volete voi che siano abrogati l’articolo 1, commi 1,2, 3, 5, 6, nonché l’articolo 2, della legge 7 aprile 2010 n.51, recante ‘disposizioni in materia di impedimento a comparire in udienza’?”.

SE VINCE IL SI’ il presidente del Consiglio e i ministri non potranno più evitare di comparire in udienza in qualità di imputati in un processo penale con la sola motivazione di essere occupati da funzioni di governo. Va ricordato che la sentenza della Corte costituzionale del 13 gennaio 2011 ha già depotenziato la norma affidando ai magistrati la valutazione dei motivi di legittimo impedimento, ma la stessa decisione del giudice sulla bontà dell’impedimento è fonte di lungaggini e inghippi procedurali. SE VINCE IL NO i magistrati italiani continueranno a valutare, caso per caso, se e quando sussistano validi motivi per dichiarare un legittimo impedimento del premier e dei ministri della Repubblica convocati in udienza. Ma il presidente del Consiglio e i suoi ministri, se imputati in un processo penale, potranno continuare a giustificare con l’impegno generico di funzioni di governo la mancata comparizione in tribunale, allungando i tempi.

Il legittimo impedimento in Italia e nelle democrazie ABROGARE O CONFERMARE LA LEGGE ALFANO: LO SCUDO RISERVATO A PREMIER E MINISTRI di Marco Travaglio*

a scheda verde dei referendum di domenica e lunedì è per abrogare o confermare il legittimo impedimento: cioè la legge Alfano dell’anno scorso. Il legittimo impedimento esiste già nel Codice di procedura penale, ma è uguale per tutti i cittadini: se uno non può comparire in udienza perché ha un impegno importante e improrogabile, tipo un esame o un concorso, chiede al giudice di rinviare l’udienza. E, se il giudice verifica che l’impedimento è vero e legittimo, rinvia. La legge Alfano aggiunge un paio di cose. Primo: i membri del governo non devono giustificare ogni volta il loro legittimo impedimento. Basta un’autocertificazione firmata da un segretario di Palazzo Chigi in cui si dice che hanno da fare al governo e non trovano un minuto libero per 6 mesi consecutivi, e il giudice non può nemmeno controllare se è vero o no: deve rinviare il processo di 6 mesi. La cosa si può ripetere per altri 6 mesi e poi per altri 6 mesi ancora. Totale: 1 anno e mezzo. Questa parte della legge la Consulta l’ha cancellata: i giudici non possono prendere ordini da un segretario della Presiden-

L

M delle bollette za c'è Mauro D'Ascenzi, vicepresidente di Federutility (l'associazione di categoria dei gestori). Le strade per gestire l’acqua e gli investimenti sulla rete sono solo due, dice D’Ascenzi: o pagheranno i singoli cittadini con le tariffe e le bollette, oppure pagherà lo Stato, con la spesa pubblica e le tasse. La storia del nostro Paese, insegna che quando “paga Pantalone” c’è minor cura nelle cose, la tariffa responsabilizza il cittadino sui propri comportamenti di consumo. Le tasse rischiano di finire nel grande calderone della fiscalità, certamente meno controllabile delle bollette bimestrali. D'Ascenzi usa argomenti di facile presa: finanziare gli investimenti in tariffa (e cioè in base ai consumi), a suo avviso, sarebbe un modo per far pagare anche coloro che evadono le tasse. Invitiamo però il vicepresi-

dente di Federutility ad immaginare come si traduce questa affermazione nel caso di due famiglie monoreddito. La prima, di quattro persone (e magari con capofamiglia operaio specializzato); la seconda, monopersonale (e magari con capofamiglia un manager). La prima consuma un metro cubo (mille litri) d'acqua al giorno; la seconda ci mette quattro giorni a consumare un metro cubo d'acqua (quello medio pro capite giornaliero è intorno a 250 litri, infatti). In termini assoluti, probabilmente ogni cittadino contribuisce allo stesso modo; in termini relativi, la “tassa occulta” sull'acqua pesa in modo molto maggiore sulle tasche della famiglia operaia, che contribuisce quattro volte più dell'altra. Dov'è l'equità? *giornalista di Altreconomia, autore del libro “L'acqua (non) è una merce” (Altreconomia, 2011)

za del Consiglio; spetta soltanto a loro verificare volta per volta se l’impedimento c’è ed è legittimo. Se no, l’udienza si tiene lo stesso in assenza del premier o del ministro imputato. LA SECONDA parte della legge invece è rimasta in vigore. È quella che prevede una serie di legittimi impedimenti speciali per il premier e i suoi ministri: non solo le attività di governo (riunioni del Consiglio dei ministri e così via), ma anche quelle di “politica generale” (comizi o convegni) e addirittura quelle “coessenziali”, “preparatorie” e “consequenziali”. Come dire che io devo dare un esame o un concorso e il giudice deve rinviare l’udienza non solo in quel giorno, ma anche nelle settima-

Per la legge del 2010, possono saltare le udienze per attività di governo, comizi o convegni

di Pino

Corrias

Brinderemo alla salute dei processi di B. A DIFFERENZA dei servi liberi che in preda al panico dei servi sciocchi gli allestiscono il rito funebre – con salma di cartone del vitello d’oro e prefiche vaiasse fabbricate con le unghie e la plastica, più una platea di rancorosi pensionati, ex tassisti e Cicchitto – noi vogliamo un Cavaliere vivo, vegeto e libero da ogni impedimento. Per questo ci apprestiamo a votare l’ultimo dei quattro quesiti referendari che per noi è anche il primo, con un sovrappiù di fiducia nel futuro. Berremo alla buona salute sua e dei suoi processi con acqua potabile pubblica. Illuminati dall’energia rinnovabile della Costituzione. Sapendo che a ogni udienza – lui che considera Vittorio Mangano un eroe, Dell’Utri un bibliofilo e Cesare Battisti un inciampo ai suoi successi di statista internazionale – dovrà transitare sotto alle gigantografie di Emilio Alessandrini, Guido Galli e Giorgio Ambrosoli, magari finendo per chiedersi chi sono e perché stiano lì. Interpellando a questo proposito il suo personale segretario Angelino Alfano, che l’Impedimeno glielo aveva fabbricato preciso e morbido, come una veste da camera e ora, guarda un po’ che roba, sta andando in pezzi come l’Italia e gli italiani.

ne precedenti, perché devo prepararmi e studiare; e in quelle successive, perché ho le attività consequenziali e coessenziali: cioè devo festeggiare la promozione con gli amici e magari riposarmi un po’. Chi vota “Sì” cancella questo simpatico cavillo, chi vota “No” lo mantiene. Si dirà: il politico per lavorare sereno non può dividersi fra governo, Parlamento e tribunale. È vero. Anche all'estero si son posti questo problema, ma l'hanno risolto con un legittimo impedimento un po’ diverso dal nostro. Quattro anni fa, in Francia, gli eredi di Chirac erano due: Sarkozy e De Villepin. Entrambi puntavano all’Eliseo, ma De Villepin fu incriminato per uno scandalo di spionaggio, il caso Clairstream. Avrebbe potuto candidarsi lo stesso, tantopiù che una volta eletto presidente della Repubblica il processo sarebbe stato sospeso fino a fine mandato: invece decise di non candidarsi, perché l'essere imputato era un impedimento più che legittimo a fare campagna elettorale. Si candidò Sarkozy e fu eletto. Ora De Villepin è tornato alla politica, ma solo dopo che è stato assolto. L’altro giorno un viceministro di Sarkozy è stato accusato di molestie sessuali da due donne: anche lui ha ritenuto che il processo fosse un legittimo impedimento a governare, e s’è dimesso. Dominique Strauss Kahn, socialista, era favoritissimo a succedere a Sarkozy all'Eliseo. Ma purtroppo per lui è finito agli arresti per stupro: anche lui ha un legittimo impedimento a correre per l’Eliseo: un paio di robusti gingilli metallici ai polsi chiamati “manette”. Sono strani questi francesi. ANCHE in America hanno uno strano concetto di legittimo impedimento. Bill Clinton, convocato dai giudici a rispondere alle accuse di molestie lanciate dalla stagista Paula Jones, poteva ben dire che aveva altro da fare, essendo il presidente degli Usa, l'uomo più potente del pianeta. Invece andò a testimoniare e disse pure il falso, così finì sotto accusa per le menzogne sui suoi rapporti con Monica Lewinsky. Poi due ministri di Bush finirono sotto inchiesta per fatti gravissimi: uno non aveva pagato i contributi alla colf, l'altro alla bambinaia. E, dovendo scegliere tra il fare gli imputati e fare i

ministri, scelsero di fare gli imputati e si dimisero da ministri. Anche per loro, il processo era un legittimo impedimento a restare al governo. Sono strani questi americani. In Inghilterra, peggio ancora. Lord John David Beckett Taylor of Warwick era stato il primo conservatore nero a entrare alla Camera Alta. Poi s’è scoperto che aveva intascato ben 13 mila euro di rimborsi spese non dovuti, peraltro subito restituiti. È stato condannato a 12 mesi di carcere per avere mentito alla Corte: aveva detto che le spese erano per i suoi spostamenti da Oxford a Londra, invece abitava a Londra. Manco il tempo di andare a casa a far la valigia: l'hanno subito impacchettato e portato in cella. Così ha avuto pure il processo breve. E ora ha un legittimo impedimento a fare il parlamentare: la galera. È ANDATA ancora peggio a David Chaytor, 18 mesi per 25 mila euro di rimborsi indebiti; a Eric Illsley, 12 mesi per 17 mila euro; e a Jim Devine, 16 mesi per 10 mila euro di rimborsi per lavori mai fatti di ristrutturazione in casa sua: pena aumentata non solo perché il reato è considerato grave (in Inghilterra, si capisce), ma anche perché, essendo un politico, Devine ha oltraggiato il buon nome del Parlamento e l'etica pubblica. In Inghilterra i giudici hanno un legittimo impedimento a giudicare i politici con indulgenza: lì un politico che ruba non è meno colpevole, ma più colpevole degli altri cittadini. Infatti si dimettono tutti prima del processo. Se chiedessero al giudice di rinviare un processo per corruzione perché devono stare al governo o in Parlamento, senza contare le attività preparatorie, coessenziali e consequenziali, i giudici potrebbero persino mettergli le mani addosso. Sono strani questi inglesi. A proposito: il governo italiano è andato sotto al Senato sulla sua legge anti-corruzione. I deputati della maggioranza ci provavano, a votare a favore, ma non riuscivano proprio a entrare in aula e a pigiare il bottone. Era come se una forza invisibile ma sovrumana impedisse loro di approvare una legge contro la corruzione. Una specie di impedimento, più che comprensibile, quasi legittimo. * l’intervento di giovedì ad Annozero


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Sabato 11 giugno 2011

Festa del nipotino con contestazione per nonno Silvio

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PROTAGONISTI

reve siparietto goliardico sotto la villa di Paraggi ieri, dove Silvio Berlusconi ha festeggiato con i figli Marina e Piersilvio, il compleanno dell’ultimo nipotino Lorenzo. Un gruppo di curiosi ha intonato un coro gridando “bunga bunga” passando di fronte ai cancelli della residenza del premier a bordo di un autobus di linea locale. Si

“NON FERMIAMO L’ONDA CIVICA” Bindi: “Tutti alle urne, siamo vicini al quorum. Voto politico? L’ha detto B.” di Wanda Marra

iamo intorno al 50 per cento. E vorrei fare un caldo invito al voto. Ce la possiamo fare a raggiungere il quorum, se tutti vanno a votare. Ma come si dice sempre, anche in questo caso c’è bisogno dell’ultimo sforzo, degli indecisi dell’ultimo giorno”. Rosy Bindi, che ieri ha deciso di chiudere la campagna referendaria in un luogo simbolico come Scanzano Jonico, dove il governo voleva portare le scorie nucleari, è battagliera. E non si tira indietro neanche rispetto alle “conseguenze politiche” del referendum. È un voto politico o no? Le conseguenze politiche saranno successive. Intanto dobbiamo votare sì per abrogare delle brutte leggi del governo. Ma è il momento giusto per raf-

“S

forzare un’onda civica. Il centrodestra non a caso ha cercato di fare un’operazione di sminamento, parlando di libertà di voto. E Berlusconi - come aveva già fatto per le amministrative ci ha messo la faccia: “I referendum sono inutili”, ha dichiarato. E poi: “Non andrò a votare”. Il carico politico ce l’ha messo lui. Se non si dovesse raggiungere il quorum sarà un boomerang? Se non si raggiunge il quorum restano in vigore delle brutte leggi. Se invece vincono i sì, si dovrà fare una riflessione: il governo i referendum non li vince, ma li può perdere. E comunque ci sarà un’alta partecipazione: siamo intorno al 50 per cento, al 50 per cento più 1. Anche se non si dovesse raggiungere il quorum, con un’aff luenza così, il governo ne esce scon-

fitto. Hanno accusato voi del Pd di salire sul carro del possibile vincitore e di aver cambiato idea sul nucleare e sull’acqua.. I fatti sono che siamo sempre stati contro il progetto di nucleare e abbiamo votato contro il decreto Ronchi sull’acqua.

“Io candidata alla leadership del centrosinistra? Per noi corre Bersani, che batterà Vendola”

tratta di un sodalizio di liberi professionisti “ma con due comunisti, un nullafacente e un fan del Popolo Viola”, come si sono descritti loro stessi, che ogni anno festeggiano in riviera un’amicizia che dura “dai tempi dell’asilo”. Presenti a villa Bonomi Bolchini anche Bruno Ermolli, amico personale del premier e suo consigliere e la prima moglie Carla Dall’ Oglio.

Ma la vostra proposta di legge sull’acqua è diversa da quella dei referendari... Noi abbiamo presentato una proposta di legge, in cui l’acqua viene considerata bene comune e si esclude la speculazione. Ma comunque prima facciamo passare il referendum, poi ci sediamo intorno a un tavolo e discutiamo della legge. A proposito di amministrative: cosa pensa del fatto che a Milano e Napoli - le vittorie più importanti - sono passati candidati non del Pd? Sfido chiunque a rifare le elezioni e a vincere senza il Pd. Queste elezioni hanno invece confermato che il Pd è l’asse di un centrosinistra che vince. Nell’intervista a Repubblica della settimana scorsa D’Alema ha parlato della disponibilità a sostenere un governo non di Berlusconi, facendo riaffiorare l’idea del governissimo. È un’ipotesi di cui si parla nel partito? Una cosa sono le interviste, una cosa sono le posizioni ufficiali: la direzione del partito lunedì ha votato all’unanimità la relazione di Bersani, in cui si chiedeva governo a casa e elezioni. Anche la politica delle alleanze è quella tracciata da Bersani? Noi pensiamo a un Nuovo Ulivo con Pd, Sel e Idv. E il dialogo con il Terzo Polo. Un percorso che è già iniziato. Tant’è vero che Pisapia ha nominato un loro esponente, Bruno Tabacci Assessore e il candidato del Ter-

zo Polo a Napoli, Pasquino sarà il presidente del Consiglio comunale di De Magistris. Molti parlano di rischio Unione... Non c’è questo rischio: tracceremo un perimetro programmatico molto preciso. Non avremmo mai vinto così senza i voti del Terzo Polo. E chi vuole un centrosinistra diviso sbaglia. Vendola in un’intervista al Corriere della Sera ha promosso l’idea di un soggetto unico del centrosinistra. È d’accordo? Se intende un unico partito no, non sono d’accordo. Il Pd deve mantenere la sua configurazione di forza di centrosinistra riformista. Non posso pensare al nostro futuro senza un’alleanza con Idv e Sel, ma un unico partito sarebbe un errore. Gad Lerner ha lanciato la sua candidatura alla leadership del centrosinistra. È disponibile? Ringrazio Gad Lerner, ma penso che il candidato del Pd alle primarie - che secondo me vanno fatte - sia Bersani. Niente alleanza con Vendola? Vendola si candiderà alle primarie, ma a vincerle sarà Ber-

Formigoni vende moda

PORTFOLIO

Illustrazione di Emanuele Fucecchi

sani. Esclude la possibilità di candidarsi? Potrei farlo se fosse il mio partito a chiedermelo. Ma non è nelle cose. E se glielo chiedesse? A quel punto mi rifai la domanda. Renzi in un’intervista alla Stampa ha detto che lui ha un suo candidato e che si tratta di una donna under 40... Se Renzi vuol prendersi la responsabilità che il Pd vada diviso alle primarie, lo faccia, io questa responsabilità non me la prendo.

di m.trav.

Fiorellino L’attempato gagà di Lecco Marron-fucsia Quando vestiva

Arancione Giacca arancio-tibetano,

Morton Inizia l’èra dei travestimenti: qui

Chicago anni 30 Formigoni en

Cruciverba Primi sintomi della nuova

ancora normale: qui in giacca marron con cravatta fucsia. Catarifrangente.

camicia nera, cravatta regimental multicolor. All’insegna della sobrietà.

Formigoni nei panni del giudice Morton, che finisce in salamoia nel film “Roger Rabbit”.

travesti si camuffa da Al Capone in gessato scuro e cravatta bianca.

svolta cromatica: cravatta a righe orizzontali su giacca a righe verticali. Enigmistico.

svolta presentandosi ad Annozero in camicia hawaiiana. Buonanotte fiorellino.

M’ama non m’ama Esaurite camicie Paperissimo Altro voto, altra mise: stavolta una t-shirt

e cravatte originali, Formigoni prova a farsi notare con un originale copricapo.

con Paperino, visibilmente turbato dal trovarsi in quel posto.

Ejaeja alalà Con

Fiorellone Governatore

agile mossa, ruba il mestiere a La Russa: camicia nera, orbace e saluto romano.

al voto col modello extralarge della camicia di Annozero, a fiori grandi. Buonanotte fiorellone.

Sotto il pero In un

FormiDoni Il milanista

civettuolo completino sportivo, e in mancanza di meglio, tenta di sedurre un albero.

Formigoni prova la maglia atalantina di Cristiano Doni, ma perde la scommessa.

L’uomo mascherato Primi cenni di vergogna del magister elegantiarum che si copre il volto con una maschera (Formigoni è il primo da sinistra).

Aureola Da un copricapo all’altro, Formigoni ha sempre un’idea meravigliosa per la testa. Ecco perché lo chiamano il Celeste.



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SERVIZIETTO PUBBLICO 50%

L’ULTIMO ANNOZERO 9.117.961

danno ragione ad Annozero

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IL CANONE, i partiti e la lottizzazione gratis oberto Castelli urla ad Annozero che “i cittadini” soRfinanziare no stanchi di pagare il canone per contribuire a una Rai lottizzata dai partiti. È un discorso che, di quanto in quanto, compare nel dibattito pubblico. I partiti, invece di recedere dalla lottizzazione della Rai, se ne lagnano. I giornali sono pieni di prese di posizione che legano la “partitocrazia” allo sciopero del canone. Nel lontano 1984 il Movimento Sociale di Pino Rauti, aveva per responsabile della federazione Ignazio La Russa. Fu lui a proporre di rescindere l’abbonamento al canone e di pagare solo la tassa per l’uso del televisore. Per quale motivo? Pare che in Rai ci fosse troppa “lottizzazione”.

Lo scontro. Il conduttore di Annozero Michele Santoro (a destra) giovedì si è scontrato con il leghista Roberto Castelli sul tema del canone e della lottizzazione Rai (FOTO DLM)

RECORD D’ADDIO Santoro fa uno share storico con il 32,3% Poi si offre a un euro a puntata di Carlo

Tecce

l titolo evocava (e invocava) l’Annonuovo. Ma è sempre di più l’Annozero: 32,3 per cento di share, 8,389 milioni di telespettatore. Michele Santoro ha salutato la Rai, un arrivederci mica un addio, usando l’arma migliore per farsi rimpiangere: il record di ascolti. Un record che attraversa la sua carriera e la segna come mai successo prima, un record che sarà una rarità per Rai2, un record per la classifica stagionale un passo dietro il Festival di Sanremo e il commissario Montalbano.

I

CHE SIA Annozero o Annonuovo, Santoro ha ricordato al presidente Paolo Garimberti che l’accordo di transazione

firmato con l’azienda non esclude il suo ritorno in Rai. Il giornalista sfida Garimberti in diretta, e lui che fa? Lui, il presidente che si definisce di garanzia e che liquida la fine di Annozero con un filosofeggiante “ognuno è artefice del proprio destino”: con una parola per volta, durante la con-

Il presidente Garimberti: “Faccia un progetto e lo presenti al dg”. E lui: “Come Pilato”

THE ECONOMIST Bloccato a Fiumicino? la notizia è il sito internet di Wanted in Autilidare Rome, un magazine che fornisce informazioni agli stranieri residenti nella Capitale. E ieri, tra le cose da sapere, segnalava un ritardo: quello dell’Economist in edicola. Come mai? Sostiene Wanted in Rome che ieri mattina, all’arrivo del settimanale inglese all’aeroporto di Fiumicino, ci sia stato uno stop. Il numero della rivista, come vi abbiamo raccontato anche noi, ha uno speciale dedicato all'Italia. E in copertina una enorme didascalia all’immagine di Silvio Berlusconi: “L’uomo che ha fregato un intero paese”. COSÌ, si legge nella versione on line del giornale per stranieri in Italia, l’Economist ha avuto “problemi” ad arrivare nelle edicole di Roma. “Il distributore della stampa estera Emilianpress, lo stesso di Wanted in Rome, conferma che i container con le copie dell’Economist sono stati bloccati all’aeroporto di Fiumicino per un’ispezione”. “Se state aspettando di leggere la vostra copia – dicono agli stranieri “romani” - dovete avere ancora un po’ di pazienza; il giornale arriverà presto nelle edicole”. Cose da italiani.

ferenza stampa, trova il coraggio per rispondere. Non per alimentare la speranza di Santoro, una speranza simile al miraggio di sentirsi legittimato dai vertici di viale Mazzini e mai più un obbligo giudiziario. Anche per un euro a puntata, subito: “Non facciamo giochini come l’anno scorso, queste sono cose serie. Io non ho visto nulla. Santoro è uomo Rai e conosce le procedure: faccia un progetto e lo presenti al direttore generale, è lei che decide. In questa fase – parla di sé in terza persona – il presidente non c’entra nulla, forse può entrare in un secondo momento, ma non è detto. Lanciare a me la sfida non ha senso, né tirarmi per la giacchetta”. Garimberti si toglie di mezzo. Una metafora tennistica può spiegare bene la tat-

tica utilizzata, poiché l’ex direttore del Tg2 è un cultore dei campi in terra rossa e di racchette in fibra di alluminio: tira una palla corta, cioè manda l’avversario verso la rete, si sottrae a un duro e faticoso scambio. STAVOLTA, PERÒ, il presidente fa di più: colpisce di rovescio e scarica le sue mal celate antipatie su Santoro. “Io ho rispetto per il lavoro e il lavoro va retribuito. Santoro è una star e non può essere retribuito con 1 euro. Il suo contratto va valutato secondo il mercato. Non scherziamo sul lavoro, tutto il resto è demagogia”. Poi fa una citazione in francese. Riprende fiato, e schiaccia le speranze di Santoro e di quasi 8,5 milioni di italiani: “Voglio dire una cosa su Santoro: certo

dal punto di vista della scenografia non è la stessa condizione, perché lui aveva un grande studio, un grande pubblico e tutte le telecamere della Rai. Devo dire che questo uso delle telecamere del servizio pubblico per parlare dei suoi contratti non lo condivido, è fuori regola”. Già le regole, strane e complicate nel tennis. Difficile conoscerle a memoria. Come la posizione pubblica del presidente su Annozero, un po’ diversa rispetto al suo pensiero espresso in privato. Garimberti deve ricordare i suoi incontri come le regole del tennis, e quindi è furioso: “Santoro ha detto che potrebbe rivelare il contenuto dei nostri colloqui. Ci siamo visti due volte. L’ultima una settimana fa nell’ufficio del direttore generale Lei e mi è stato

detto che era in corso una trattativa riservata”. Garimberti abbandona il campo, dopo aver calpestato i quattro angoli con una tenacia inconsueta per lui. E lascia un risultato ben preciso, la sintesi di un duello a distanza con il conduttore: non c’è più Annozero, fatti tuoi. Sospesa la partita di doppio per assenza di Garimberti, Santoro scaglia la racchetta sul presidente: “Il racconto che fa dei nostri incontri è falso e ridicolo. Visto che non ha nemmeno il coraggio di sottoporre al voto del Consiglio la mia proposta di continuare la collaborazione con la Rai, lo rassicuro sulla mia volontà di finire qui la polemica. È inutile continuare il dialogo con chi cerca di imitare Ponzio Pilato senza averne la statura”. Buon Annonuovo.

“Una perdita per la tv pubblica” DA SAINT VINCENT MENTANA E PADELLARO CHIEDONO CHE IL CONDUTTORE TORNI IN ONDA i tiene dal 1948 il premio Slismo. Saint Vincent per il giornaQuest’anno, nel consueto appuntamento valdostano che ha il patrocinio della Fnsi e della Presidenza della Repubblica, i premiati sono stati, Enrico Mentana per la tv, Antonio Padellaro per la carta stampata e Bruno Vespa, con la motivazione ufficiale che recita: “Ha contribuito al prestigio della categoria”. E ancora Mario Lenzi per il giornalismo regionale e Mario Guastoni, per il giornalismo in lingua francese. A Saint Vincent, ieri, in occasione della premiazione, si parlava di un altro giornalista illustre che il Saint Vincent non l’ha mai vinto (lo prese Sandro Ruotolo nel ‘98 per Moby’s - Il Debito) Michele Santoro. “APPARTENGO a quella parte di italiani che vorrebbero sempre vedere Michele Santoro in onda”, si confessa Enrico Mentana, che spiega: “Spetta a

lui decidere e pertanto credo che ora sarebbe auspicabile un momento di tranquillità per prendere le scelte”. Riguardo alla polemica tra Santoro e il presidente Rai Paolo Garimberti, Mentana osserva: “Mi pare uno scambio duro tipico delle situazioni laceranti come un addio sofferto. Lo vivo con profondo rispetto. Sarebbe presuntuoso dire chi ha torto e chi ha ragione”. Più diretto Antonio Padellaro: “La Rai sta dilapidando un patrimonio giornalistico. L’aspetto peggiore è che tutto ciò avviene da parte del servizio pubblico”. Il direttore del Fatto Quotidiano aggiunge: “Il boom di ascolti di ieri sera, dopo una stagione di successi, dimostra il madornale errore commesso dalla Rai quando ha costretto Santoro ad andarsene”. Sul possibile passaggio a La7, Padellaro si mostra cauto: “È un’operazione complicata e difficile. Certo che se uno come Santoro deve cercarsi un posto di lavo-

ro vuol dire che in Italia è la fine del giornalismo”. ANCORA PIÙ diretto, ma in senso inverso, Bruno Vespa, ospite nel tg serale di Mentana assieme proprio a Padellaro: “Se Michele Santoro rimane in Rai significa che dopo aver toccato il fondo si comincia a scavare”, chiude. Una difesa accorata del conduttore diAnnozero arriva da Mario Giordano, direttore delle News di Mediaset:

Risponde Bruno Vespa: “Se rimane significa che dopo aver toccato il fondo si scava”

“Santoro? Spesso ho polemizzato in passato con il suo modo di fare tv, certamente non dal punto di vista tecnico, perché è un grande professionista, ma per certi toni e modi di fare. Ma vorrei vederlo sempre in onda, in qualsiasi posto. Da giornalista – aggiunge – sono convinto che ci debbano essere sempre più voci e mai una voce in meno”. QUANTO all’ipotesi di un passaggio del giornalista a La7, “l’arrivo di Mentana – dice Giordano – ha indirizzato ancora di più l’attenzione dell’emittente sull’informazione e l’attualità, dando una scossa a tutto il palinsesto. L’eventuale arrivo di Santoro sarebbe organico a un certo tipo di disegno. Ma penso che Santoro e il suo ultimo intervento in tv lo ha dimostrato, sia anche molto legato alla Rai e debba buona parte del suo successo al fatto di essere legato alla Rai, polemiche comprese”.


Sabato 11 giugno 2011

SERVIZIETTO PUBBLICO PRIME SERATE 2011 IN TV PROGRAMMA 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8.

61^ FESTIVAL DI SANREMO 61^ FESTIVAL DI SANREMO 61^ FESTIVAL DI SANREMO 61^ FESTIVAL DI SANREMO 61^ FESTIVAL DI SANREMO IL COMMISSARIO MONTALBANO IL COMMISSARIO MONTALBANO ANNOZERO

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19/02/2011 54,03% 17/02/2011 51,40% 18/02/2011 48,05% 11/02/2011 46,80% 16/02/2011 44,25% 14/03/2011 32,60% 04/04/2011 32,46% 09/06/2011 32,30%

PROGRAMMA 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16.

COPPA ITALIA INTER - PALERMO IL COMMISSARIO MONTALBANO IL COMMISSARIO MONTALBANO ATELIER FONTANA (FICTION) AMICHEVOLE GERMANIA-ITALIA FUORICLASSE (FICTION) COME UN DELFINO (FICTION) STRISCIA LA NOTIZIA

RETE RAI 1 RAI 1 RAI 1 RAI 1 RAI 1 RAI 1 CANALE 5 CANALE 5

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29/05/2011 32,28% 28/03/2011 31,37% 21/03/2011 31,21% 28/02/2011 29,92% 09/02/2011 29,00% 23/01/2011 27,41% 02/03/2011 27,10% 28/03/2011 25,67%

OTTAVO POSTO AUDIENCE

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Elaborazione Studio Frasi su dati Auditel

Altra idea geniale, peggiorare la Gasparri OBIETTIVO: CONTRORIFORMA PER LIBERARSI DI RAITRE l futuro prossimo in Rai è una schedina: quattro sì, tre no, due x. Ecco i probabili voti ai palinsesti nel Cda di lunedì: i sì del presidente e dei consiglieri di opposizione, l'assenza (o i no) dei tre colleghi del Pdl e l'astensione di Petroni (Tesoro) e Bianchi Clerici (Lega). A parte strani equilibrismi politici e tecnici, astrusità che i telespettatori mai dovrebbero assaporare, le intenzioni di voto significano semplicemente confusione totale. I programmi di Rai3 disconosciuti dal Cda che comanda, i contratti infilati nel labirinto burocratico di viale Mazzini. Il servizio pubblico adesso più che mai è manovrato dai palazzi, da un palazzo. La residenza Grazioli, dove Silvio Berlusconi ha incontrato il consigliere Antonio Verro per definire il piano: “Non mollate su Rai3. Non voglio più vedere quei programmi di sinistra, e poi valutiamo cosa fare”. E un avvertimento: vi mando a casa, tutti. La prima conseguenza è che Giovanni Floris, ancorato a Rai3, rende ballerina l'esistenza di Ballarò: “Sto cercando di capire come si fa a restare in Rai. Io voglio andare in onda, sono un giornalista televisivo. In ogni caso esiste il mercato, vediamo”.

I

Il mercato in uscita è soltanto La7. Ma che accade ai dirigenti di Telecom Italia Media che trattano con i giornalisti del servizio pubblico invisi al Cavaliere? Enrico Mentana ha un'idea: “Oggi La7 si trova nella condizione di poter agire come elemento di mercato senza farsi troppo – e qui ci metto un avverbio – condizionare, ma io voglio vedere, perché secondo me pressioni stanno arrivando anche su Telecom che è il nostro editore”. Giovanni Stella, amministratore delegato di La7, prosegue i suoi incontri con i giornalisti di viale Mazzini gentilmente dimenticati sul retro. Vige la regola del paziente imprenditore: Stella aspetta che dal banano-Rai cadano uno o più macachi-conduttore. Le previsioni dicono due. Il centrodestra proverà a fal-

Se lunedì passa il palinsesto della Terza rete B. manderà a casa i consiglieri di maggioranza?

L’ULTIMO SHOW di Renato Brunetta

L’uomo della finzione tecnologica di Marco Lillo

on è stato un caso la presenza di NprioRenato Brunetta ad Annozero. Proil ministro della Funzione pub-

era candidato a sindaco della sua città. Già pregustava il triplo incarico dichiarando “non mi dimetterò da nessuno dei tre” quando la cittadinanza lo ha tolto dall’impaccio.

blica, secondo quello che dicono i collaboratori di Silvio Berlusconi, potrebbe essere il cavallo sul quale punta il Cavaliere per sostituire Giulio Tremonti. Brunetta si è impegnato al massimo per non deludere il premier ma l’esito non è stato dei migliori. Inutilmente aggressivo, Brunetta è riuscito a trattare da fannulloni persino gli impiegati amministrativi del Palazzo di giustizia di Milano, i quali lo hanno serenamente ridicolizzato ricordandogli che non hanno nemmeno uno scanner e che un’ispezione ministeriale durata sei mesi ne aveva certificato l’efficienza fuori dal comune. Annozero è stata l’occasione per riscoprire la “Scavolini del Governo”, come si autodefiniva ai tempi delle misure anti-fannulloni il presunto ministro più amato dagli italiani. L’eclissi era cominciata nel 2009 dopo la sua seconda solenne trombatura a Venezia. Da ministro e deputato in carica si

POI SONO USCITI sull’Espresso i dati della Ragioneria Generale sulle presenze dei dipendenti della pubblica amministrazione che mettevano in dubbio i suoi dati trionfali sulla caccia ai fannulloni, basati su un campione di dubbio valore statistico. Da ultimo, sempre l’Espresso nell’ultimo numero, ha raccontato il fallimento del ministro nella sua seconda delega: l’innovazione tecnologica. Un rapporto della Commissione Europea pone gli italiani agli ultimi posti in Europa per l’accesso digitale alla pubblica amministrazione: solo il 22,7 per cento contro il 42 per cento della media Europea, il 59,2 per cento della Francia e il 49,8 per cento della Germania. Non è la prima volta che i fatti smentiscono le parole del ministro. Il nemico dei fannulloni non brillava per presenza a Strasburgo dove si faceva vedere poco più di una seduta su due. Talvolta il nemico degli sprechi arrivava con il volo low cost.

Non per far risparmiare i contribuenti ma per lucrare (in modo lecito ma davvero poco elegante) la differenza tra il rimborso forfetario e il prezzo reale. L’aereo Ryanair atterrava purtroppo a Baden, in Germania, ma lui pretendeva - come a Strasburgo - l’auto pagata dal contribuente ad attenderlo. Non c’è da stupirsi. Il nemico degli sprechi si è fatto assegnare in affitto da un ente previdenziale negli anni ottanta un appartamentino delizioso a pochi metri dal parco dell’Appia Antica a Roma ed è riuscito a comprarlo con lo sconto degli inquilini Inpdai per 113 mila euro nel novembre del 2005, quando valeva poco meno del triplo. Il professor Brunetta è riuscito a dire (senza ironia) di avere rinunciato a una carriera da Nobel per la politica. In preda a questa sorta di delirio di onnipotenza l’alfiere della trasparenza che ha imposto la pubblicazione sul web dei curriculum altrui, è riuscito a pubblicare un dato falso sul suo curriculum. Brunetta dichiarava sul sito della sua università di essere diventato professore ordinario nel 1996, (quando si era tenuto l’ultimo concorso nazionale, considerato più prestigioso e difficile

di quelli locali introdotti successivamente) mentre quell’anno era stato bocciato ed era diventato idoneo invece nella piccola università di Teramo nel 1999. IL POSTO in realtà fu assegnato a un altro ma - nonostante l’elezione all’europarlamento e l’aspettativa - l’alfiere del merito riuscì a non perdere l’idoneità grazie alla chiamata dell’università di Roma Tor Vergata. Solo nel novembre del 2008, dopo la pubblicazione del nostro articolo (con Emiliano Fittipaldi sull’espresso) dietro precisa richiesta del preside della facoltà di economia, Michele Bagella, il ministro si decise a cambiare il suo curriculum. Poco dopo, nel dicembre 2009, il nemico dei baby pensionati, è andato in pensione. A 59 anni il professor Brunetta ha ottenuto un assegno di 3000 euro.

cidiare Rai3, a insistere con il direttore generale Lei, un po' in ansia per l'attenzione della Corte dei Conti che segue la vicenda e aspetta un rinvio per aprire l'inchiesta per danno erariale. La Lei ha tre giorni per salvare la riconferma al vertice, prevista la prossima primavera. I berlusconiani devono omaggiare il Cavaliere con il sacrificio di un conduttore a loro dire comunista: meglio Floris, vanno benissimo pure Fabio Fazio, Serena Dandini e Milena Gabanelli. Poi c'è il piano B. ideato dal medesimo B.: la rimozione forzata del Consiglio di amministrazione, prima con le dimissioni dei componenti di maggioranza e poi con un decreto legge per ritoccare un paio di articoli della legge che porta il nome di Maurizio Gasparri. Una riforma improvvisa del servizio, peraltro, che avrebbe persino il sostegno del Partito democratico. Bella coincidenza: ieri Dario Franceschini, capogruppo dei Democratici, ha chiesto al presidente Gianfranco Fini di inserire nel calendario di Montecitorio la proposta di legge del suo partito per modificare la struttura societaria Rai e introdurre la figura dell'amministratore delegato. Il governo, invece, vuole azzerare l'attuale Cda per nominarne uno nuovo e farlo durare ben oltre la scadenza naturale o prematura della legislatura. Il Cavaliere immagina una Rai stile Eni, Enel, Finmeccanica, le grandi aziende controllate dal Tesoro. Un servizio pubblico davvero sul mercato per iniziare a privatizzare e vendere una o più reti. Lunedì di viale Mazzini: o mezza Rai3 o tutta la Rai. Car.Tec .

Il ministro Renato Brunetta (FOTO ANSA)






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Sabato 11 giugno 2011

ECONOMIA

CORRIERE IN ANSIA “NON VENDETE VIA SOLFERINO” I giornalisti contro la cessione della sede per ripianare i conti di Giovanna Lantini Milano

i salvi chi può. Sembra questa la parola d'ordine al Corriere della Sera alla vigilia del riassetto di Rcs che lunedì 20 sarà sottoposto all'approvazione dei soci e che porterà alla scomparsa delle principali società italiane (e delle relative poltrone di comando) del gruppo editoriale che sono destinate a fondersi confluendo nella capogruppo. A partire dalla Quotidiani, cui appunto fa direttamente capo il Corriere e il cui cda è di fatto una duplicazione del patto di sindacato che

S

controlla l'intero gruppo. L'operazione, che è solo la prima e la più concreta mossa nell'ambito di un complessivo riposizionamento del salotto buono della finanza italiana dopo l'uscita di scena di Cesare Geronzi e a un pugno di mesi dal rinnovo del patto di sindacato di Mediobanca, primo azionista dell'editrice, riguarderà senz'altro anche la Pubblicità. Dentro anche la travagliata Periodici, che da oltre un anno si trova nel limbo di una vendita finora mai andata in porto per l'assenza di un compratore, nonché di una visione univoca degli azionisti, ma che potrebbe essere ormai

SACCONI Una legge per difendere i contratti Fiat ministro del Welfare Maurizio Sacconi si è sempre riIcalelfiutato di varare una legge sulla rappresentanza sindadi cui tutti, dalla Cgil alla Confindustria, sentono il bisogno. Adesso però annuncia di “garantire accordi aziendali, se serve anche con una legge, ma sulla base mi auguro di avvisi comuni o intese tra le parti”. Il messaggio è rivolto ovviamente alla Fiat che sta cercando la garanzia di poter applicare i contratti approvati dai referendum a Pomigliano e Mirafiori anche nel caso in cui il tribunale di Torino dia ragione alla Fiom che ne contesta diversi punti, soprattutto sulla rappresenzanza. Proprio Sergio Marchionne, amministratore delegato del Lingotto, aveva sollecitato una legge che assicurasse la possibilità di fare contratti aziendali a prescindere da quelli nazionali di categoria. Ma è chiaro che se ci deve essere una “intesa tra le parti”, non si farà mai alcuna legge. A meno che non si escluda dalle parti da consultare la Cgil. Il sindacato guidato da Susanna Camusso, infatti, replica: “C'è un rovesciamento dei termini del problema: se una legge deve essere fatta è sulla rappresentanza e, solo dopo, un’intesa tra imprese e sindacati, mentre bisogna lasciare all’autonomia delle parti il tema della contrattazione”.

prossima. Anche perché, secondo le ultime indiscrezioni della stampa finanziaria, qualche offerta sul tavolo dell'ad Antonello Perricone sarebbe arrivata e questa volta i soci, che devono fare i conti con il debito miliardario del gruppo, dovranno prendere una decisione. Andata per andata, devono essersi detti in via Solferino, tanto vale pensare solo alla propria pelle. E così ieri, giorno della riunione dei pattisti che controllano oltre il 60 per cento di Rcs chiamati a dire la loro sul riassetto, i giornalisti del Corriere hanno lanciato attraverso il quotidiano un altolà ai soci sulla vendita della sede storica di via Solferino e, soprattutto, un richiamo al “mantenimento di una forte, unica e inequivocabile identità del giornale e dei suoi redattori”, in quanto sola garanzia della “qualità e indipendenza della testata, e di conseguenza della sua redditività”. Tanto più che l'ultima trimestrale di Rcs “testimonia come l'area Quotidiani Italia continui ad essere l'unica ad avere un segno positivo su ricavi e utili”. Invece una fusione “renderà i conti del Corriere sempre più indistinguibili dalle altre iniziative editoriali del gruppo, tutte in perdita”. Come dire che se si taglieranno i rami secchi non verranno versati litri di lacrime, ma guai a toccare il Corriere e, tanto meno, a spostarne i giornalisti nella periferica via Rizzoli. Una presa di posizione probabilmente non gradita dai colleghi della Periodici che ancora non sanno se saranno venduti o addirittura “chiusi”, ma sanno bene che il tempo stringe. Tanto più che fare cassa con la vendita di via Solferino è strada piutto-

La storica sede del Corriere della Sera in via Solferino a Milano. (FOTO ANSA)

Sullo sfondo il riassetto della società che lascia senza poltrona Montezemolo e Massimo Pini sto in salita. L’operazione più volte ventilata negli ultimi mesi non è certo una novità per la Rcs, dato che l'immobile negli anni è più volte passato di mano ed è rientrato nel pieno possesso del gruppo soltanto nel 2003, dopo il riacquisto da Pirelli & C. Real Estate - Morgan Stanley Real Estate Funds, che ne avevano comprato una quota sotto la gestione di Cesare Romiti. Altri tempi, però, oggi è difficile che uno dei soci si possa fare avanti per rilevare l'immobile a prezzi interessanti senza rivenderlo a sua volta e il gioiello di famiglia sarebbe perso per sempre. Palazzo a parte, né l'altolà né le frecciate a “investimenti e gestione discutibili” da sommare a 75 milioni di euro in dividendi in vista e “compensi milionari e premi per dirigenti”, sembrano aver spostato di un millimetro i pattisti. “Abbiamo approvato all'unanimità le decisioni prese

La crisi di Genova e Napoli

NAPOLITANO TRA GLI OPERAI FINCANTIERI

Il presidente Giorgio Napolitano ha pranzato ieri con alcuni lavoratori della Fincantieri di Genova, molto preoccupati nonostante l’azienda abbia (per ora) ritirato i 2500 licenziamenti annunciati. Pochi giorni fa aveva ricevuto i lavoratori della Vinyls, quelli dell’Isola dei Cassintegrati, un’altra crisi industriale spesso dimenticata che sembra senza soluzione. E che solo l’impegno diretto di Napolitano rende impossibile ignorare.

dal cda circa la semplificazione societaria”, ha detto il presidente di Intesa, Giovanni Bazoli, dopo 2 ore di riunione, mentre Francesco Merloni ha precisato che l'operazione riguarderà 12 società incluse Quotidiani e Periodici, mentre il cda della capogruppo resterà invariato fi-

no alla scadenza. Quindi niente da fare per il braccio destro di Ligresti, Massimo Pini e per Luca di Montezemolo, rispettivamente nel consiglio di Periodici e Quotidiani. Delle testate periodiche, invece, “non si è assolutamente parlato”. Per ora.

La successione a Mario Draghi

Chi può salvare l’indipendenza di Bankitalia di Sandro Trento*

l debito pubblico è pari al 120 per Iropea cento del Pil. La Banca centrale eusi appresta ad alzare i tassi, facendo così crescere la nostra spesa per interessi, già molto salata. Il nuovo Patto di stabilità ci impone di ridurre di un ventesimo l’anno, la differenza tra il nostro debito attuale e quello che dovrebbe essere il debito massimo consentito (60 per cento del Pil) nell’area euro. Serviranno manovre correttive per 46 miliardi di euro all’anno, operazioni pari a quelle dei primi anni Novanta. Cure da cavallo in un Paese che non cresce. La crisi greca non è ancora risolta e incombe, per la prima volta, il pericolo di crisi di default del debito sovrano di membri dell’Unione europea. L’Italia non può quindi permettersi di scherzare. Parlare oggi, per esempio, di riforme fiscali che innalzino la tassazione sui titoli finanziari, inclusi i Btp, sarebbe folle visto il nervosismo con il quale i mercati scrutano i debiti degli Stati. In questo quadro si inserisce la nomina del nuovo governatore della Banca d’Italia.

Ma è ancora importante il ruolo del governatore? Il governatore della Banca d’Italia è membro del Board della Banca centrale europea e ha tra i suoi compiti quello di rappresentare le istanze, le specificità dell’economia, della finanza e della società italiane. Il governatore è poi capo della vigilanza bancaria, funzione molto delicata, come le tragiche vicende delle scalate Antonveneta e Bnl ci hanno insegnato. Si tratta di tutelare il risparmio, di garantire condizioni di stabilità ma anche di favorire il finanziamento delle

imprese, di assicurare che il credito arrivi alle imprese migliori e più innovative. La banca inoltre deve contrastare le infiltrazioni criminali nel settore bancario. Compiti difficili. La Banca d’Italia è infine consulente economico del Parlamento, del governo e garante dell’interesse collettivo. Con la sua Relazione annuale e le altre sue analisi, con le udienze in Parlamento, con i discorsi pubblici del governatore, la Banca d’Italia svolge una funzione di vaglio delle politiche economiche del

La sede della Banca d’Italia in via Nazionale (FOTO ANSA)

Dopo Fazio serviva un esterno per ridare credibilità, ora le cose sono cambiate

governo, richiama l’attenzione sui problemi strutturali e congiunturali dell’economia, avendo come riferimento l’interesse di tutta la comunità nazionale. Per queste ragioni è essenziale nominare una personalità indipendente, competente e di statura internazionale. Il nostro sistema politico è diventato un sistema di democrazia bipolare a forte conflittualità. Il meccanismo dei contrappesi istituzionali non è però stato rivisto e oggi, forse, solo il presidente della Repubblica ha capacità di bilanciamento del potere dell’esecutivo. Il Parlamento infatti spesso non riesce ad esercitare le propria funzione di valutazione e confronto delle misure del governo. La nomina alla Banca d’Italia di una personalità legata al ministro del Tesoro o vicina alla maggioranza indebolirebbe la dialettica democratica, avrebbe conseguenze negative sulla credibilità dell’azione di risanamento dei conti pubblici, potrebbe avere effetti anche sull’azione di vigilanza bancaria. Un governatore che fosse influenza-

bile dal governo provocherebbe reazioni dei mercati: gli spread tra i tassi sui Btp e quelli sui Bund tedeschi potrebbero impennarsi, la spesa per interessi sul debito potrebbe crescere molto, il rating del nostro debito potrebbe peggiorare e così via. Mario Draghi, un esterno indipendente, è stato necessario in questi anni per far fronte alla perdita di credibilità subita da Via Nazionale durante le scalate dei “furbetti del quartierino”. Quella ferita si è oggi rimarginata. Nell’attuale Direttorio ci sono tecnici di alto profilo come Fabrizio Saccomanni e Ignazio Visco, ambedue con esperienze internazionali di prestigio e con comprovata indipendenza. Non vi è motivo oggi di pensare a un governatore esterno. Certo, per assicurare dialettica interna al Direttorio stesso, che è organo collegiale, si può pensare di nominare un membro di profilo simile a quello dei due economisti citati, proveniente dall’esterno, meglio se con esperienza internazionale. *già responsabile dell’ufficio studi della Banca d’Italia, oggi responsabile Economia dell’Italia dei Valori


Sabato 11 giugno 2011

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ECONOMIA

47, BUGIARDO CHE PARLA Altro che i 3 miliardi annunciati da Berlusconi La maxi-manovra sarà quella indicata da Tremonti

di Stefano

Feltri

a quanto è grande la manovra che il governo si prepara ad annunciare prima dell’estate? Alla fine 47 miliardi. Pur senza fare cifre, il ministro del Tesoro Giulio Tremonti aveva fatto intendere che si trattava di 7-8 miliardi. Ma l’Europa, cioè la Commissione e il consiglio europeo, si aspettano l’annuncio di un risanamento drastico da 40 miliardi che porti al pareggio di bilancio nel 2014. Poi arriva Silvio Berlusconi, giovedì, e annuncia una “manovra da 3” miliardi. Mentre la nebbia dei numeri diventa più fitta, il governo annuncia pure la riforma fiscale che rende il quadro ancora più incerto perché – se davvero si andrà ad alzare l’Iva per ridurre le aliquote più basse dell’Irpef – nessuno puiò sapere davvero quale sarà il gettito dopo i cambiamenti.

pa, predecessore di Tremonti: spulciare il bilancio voce per voce e tagliare le spese non indispensabili. Tremonti ha seguito finora quella che considerava l’unica strada politicamente percorribile: i tagli lineari, riduzioni in percentuale delle dotazioni ai ministeri e agli enti locali, lasciando loro il compito di decidere cosa fosse meritevole di essere finanziato e cosa no.

M

MA ALMENO sui soldi che bisogna trovare, qualche punto fermo si può già mettere. La premessa è questa: servono 40 miliardi di tagli (tagli veri, non basta ridurre un po’ gli aumenti di spesa già previsti) per raggiungere il pareggio di bilancio nel 2014, un obiettivo imposto dall’Europa che il governo ha già recepito nell’ultimo documento ufficiale di politica economica (il Def). Come richiesto dalla Commissione Ue e sollecitato dal governatore della Banca d’Italia Mario Draghi, bisogna cominciare subito a spiegare come si troveranno questi 40 miliardi, visto che tagliare la spesa corrente di 10-12 miliardi all’anno per tre anni non è cosa politicamente facile, ed è bene attrezzarsi per tempo. A questo risanamento colossale, uno dei più pesanti della storia repubblica-

Mancano 7 miliardi per il 2011 e il 2012, poi ci sono i 40 miliardi di tagli da annunciare ora e fare entro il 2014 na, si aggiungono spese impreviste per 7 miliardi: 2,5 nel 2011 e altri 4,5 nel 2012. Quando Berlusconi parla di “3 miliardi” si riferisce ai soldi che mancano nell’anno in corso, un piccolo buco dovuto soprattutto alla campagna di Libia, tra missioni militari e interventi umanitari per la gestione della crisi. Ancora venti giorni fa Tremonti assicurava che nel 2011 “non ci sarà alcuna manovra correttiva”. Adesso a palazzo Chigi preferiscono chiamarla “manovra di manutenzione”, ma il concetto è praticamente lo stesso: si tratta di

Giulio Tremonti stretto tra le richieste di Berlusconi e quelle di Bossi (FOTO LAPRESSE)

un intervento sull’anno in corso, che non c’entra con la maxi-manovra da 40 miliardi. Riassumendo: le rassicurazioni di Berlusconi rassicurano poco, perché la manovra per arrivare al pareggio di bilancio ci sarà, come si aspettano i mercati e l’Europa, ma oltre ai 40 miliardi bisogna trovarne altri 7. Totale: 47 miliardi di euro. Lo ha ribadito anche il numero due della Banca d’Italia, il direttore generale Fabrizio Saccomanni, ieri: serve “l’adozione di misure correttive nell’ordine di 2,3 punti percentuali di Pil”. Cioè circa 40 miliardi. IL MINISTRO Tremonti ha ben chiara la situazione e da settimane cerca di spiegare a Berlusconi che la priorità non può essere ridurre le tasse. Prima di fare promesse bisogna farsi venire idee su dove trovare le decine di miliardi di euro da recuperare. La ricetta suggerita da Draghi è il ritorno al metodo che usava Tommaso Padoa-Schiop-

COME SUCCEDE sempre in questi casi, iniziano a circolare diverse proposte non ufficiali, anche per sondare il terreno e prevedere da dove arriveranno le reazioni più dure. Si parla, per esempio, di alzare l’età per la pensione di vecchiaia a 65 anni anche nel privato, una misura che garantirebbe un risparmio permanente (come è stato per l’umento dell’età pensionabile degli statali). Per i dipendenti della pubblica amministrazione rischia di arrivare un ulteriore congelamento degli stipendi, provvedimento abbastanza condiviso da molti economisti che notano come i salari pubblici siano cresciuti molto più di quelli privati negli anni scorsi e un certo riequilibrio sia inevitabile. Difficile che si possa evitare un’ulteriore riduzione dei trasferimenti agli enti locali, nonostante fosse questa una delle parti principali della manovra dello scorso anno (25 miliardi). C’è poi sempre la possibilità che l’eventuale riforma fiscale (per ora si parla di una legge delega, che implica tempi molto lunghi) non sarà a somma zero, ma abbia il vero scopo di aumentare il gettito, pagato soprattutto dai contribuenti a basso reddito, tramite l’aumento dell’Iva su molti beni di consumo che ora sono tassati meno del 20 per cento standard.

IL COSTOSO TENTATIVO DI AVERE SOLDI DA SPENDERE

15 MILIARDI, IL FINTO TESORETTO DEL MINISTRO: E’ SOLO DEBITO

O

ra si scopre che Giulio Tremonti ha perfino un “tesoretto”: 15 o 20 miliardi di euro di avanzo di cassa con cui il ministro dell’Economia vorrebbe accontentare alcune richieste di spesa della sua maggioranza nella prossima manovra. Non la riforma del fisco, per carità, ma l’apertura di qualche cantiere, un po’ di soldi per il Sud, magari qualche incentivo una tantum più la copertura senza patemi delle spese impreviste. Il ministro dell’Economia, spiegano fonti parlamentari, ne avrebbe comunicato l’esistenza al presidente della Repubblica nell’incontro che i due hanno avuto mercoledì sulla manovra economica. Una bella notizia? Non tanto, visto il modo in cui questo tesoretto sarebbe stato messo insieme: secondo i tecnici del Pd quei miliardi non sono altro che debito pubblico in eccesso rispetto al bisogno. “Dai dati del Tesoro che analizziamo quotidianamente emerge che il nostro governo ha fatto emissioni di titoli superiori alle esigenze di cassa che avevamo nei mesi scorsi”, spiega Francesco Boccia, coordinatore delle commissioni economiche alla Camera per i democratici: “La percezione che qualcosa non andava l’abbiamo da molto tempo: a fine 2009, per dire, contestammo all’allora viceministro Vegas le poste troppo alte messe a copertura degli interessi passivi sul debito”. La faccenda s’è fatta più scoperta negli ultimi mesi: il meccanismo sarebbe quello, tecnicamente corretto, di emettere un po’ di debito in eccesso per ristrutturarlo: si passa, in sostanza, dal doverlo rimborsare subito a doverlo fare dopo qualche tempo. Ma nell’ultimo periodo, dice Boccia, “è stato sempre più evidente che i conti non tornavano. Se tra qualche giorno Tremonti verrà a dirci che c’è un tesoretto, la nostra risposta sarà molto dura”. Ci servono i soldi, li chiediamo al mercato, ma è una cattiva idea per due motivi: quel denaro costa più di quanto ci renda e poi c’è il fatto che emettere debito per finanziare spesa pubblica potrebbe forse farlo – per un periodo limitato - un Paese coi conti a posto, ma non certo l’Italia (durante l’era Tremonti il debito è già aumentato di 300 miliardi). Senza contare che ristrutturare sul medio periodo vuol dire scaricare il costo di queste spese, ancora una volta, sulle prossime generazioni. “E questi sarebbero quelli del ‘non metteremo le mani nelle tasche degli italiani?’ – conclude il deputato Pd – E da dove vengono quei 15-20 miliardi se non dalla fiscalità generale?”. Marco Palombi

Soldi mai spesi Il governo lo ammette

Ammortizzatori sociali ai precari? Una burla di Giorgio

Meletti

l 28 novembre 2008 il ministro Idedicò del Lavoro Maurizio Sacconi parole ispirate al cosiddetto pacchetto anti-crisi varato dal governo: “Una potente operazione di protezione sociale dei ceti più vulnerabili, destinata a tradursi in immediati consumi a sostegno dell'economia”. Erano due i piatti forti dell’ope-

razione. La social card per il sostegno dei redditi più bassi, del cui discutibile successo molto si è detto e scritto. E poi i tanto attesi ammortizzatori sociali per i precari, che non sono protetti dalla cassa integrazione nè dal sussidio di disoccupazione. A distanza di due anni e mezzo si scopre che i precari di quei 200 milioni di euro stanziati hanno visto poco o nulla. Per la preci-

sione, l’Inps ha distribuito finora poco più di 23 milioni di euro a 9.245 “fortunati”, assegnando loro un sostegno una tantum di circa 2.500 euro a testa in media. Le cifre le ha rivelate il sottosegretario al Lavoro Luca Bellotti, rispondendo a un’interrogazione parlamentare del gennaio 2010, prima firmataria la deputata del Pd Maria Anna Madia. In questo caso l’anno e mezzo di ritardo nella risposta è utile a fotografare meglio il fallimento di un provvedimento fin dall’inizio sospettato di inefficacia. Le cifre fornite dal governo parlano chiaro: 34.185 le domande pervenute all'Inps, nel triennio che va dal 2009 fino al 23 maggio scorso, 24.372 quelle respinte e 9.245 quelle accolte. Il segretario confederale della Cgil Fulvio Fammoni e Filomena Trizio, segretario generale del Nidil-Cgil (il sindacato di categoria dei precari), danno un giudizio netto: “Non poteva che essere così, come abbiamo più volte denunciato, a causa di requisiti di accesso

assolutamente escludenti: un reddito nell'anno precedente superiore a 5 mila euro, che esclude la maggioranza dei contratti; tre mensilità accreditate nell'anno precedente, che lasciano fuori tutti i nuovi assunti; l'estromissione a prescindere dei collaboratori della Pubblica Amministrazioni”. Oltre al limite minimo dei 5 mila euro c’è anche nella legge, per il reddito dell’anno precedente, un tetto massimo di 13.820 euro. Un’altra ragione di esclusione: chi guadagnava da co.co.pro più di 1.150 euro lordi al mese e ha perso il lavoro è stato considerato troppo benestante per avere diritto al sussidio. Non solo. L’Inps, per una complicata interpretazione tecnica della legge, ha abbassato il tetto a 11.516 euro, e molti hanno visto respinta la richiesta perché stavano poco al di sopra del nuovo tetto. Gli effetti di queste restrizioni sono abbastanza singolari. In Campania, regione notoriamente distante dalla piena occupazione, i

precari che hanno perso il lavoro e hanno avuto l’indennità sono stati in due anni e mezzo 154 (centocinquantaquattro, non ci sono zeri dimenticati). Secondo Fammoni e Trizio, solo nel 2008 e 2009 in Italia hanno perso il lavoro almeno 100 mila collaboratori a progetto. Se sono arrivate solo 34 mila domande i casi sono tre: o la disoccupazione è un’allucinazione, e chi perde il lavoro ne trova subito un altro, in particolare in Campania; oppure i lavoratori non sono stati bene informati di questo diritto; oppure sapendo quanto erano restrittivi i criteri di assegnazione hanno rinunciato in partenza a fare la domanda. Dei 200 milioni stanziati a fine 2008 ce ne sono ancora 176 da spendere. Ci vorrebbe un’idea. Dicono Fammoni e Trizio: “Questa compassionevole sperimentazione, fatta sulla pelle dei più deboli, è definitivamente fallita, e va affrontato al più presto il tema della riforma degli ammortizzatori sociali”.


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Sabato 11 giugno 2011

DAL MONDO

DUE DONNE A TENERE I CORDONI DELLA BORSA MONDIALE L’impossibile accoppiata Clinton-Lagarde di Giampiero Gramaglia

a finanza è femmina e la banca pure: Christine Lagarde direttore generale dell’Fmi, il Fondo monetario internazionale, e Hillary Clinton presidente della Banca Mondiale è il ‘dream team’ ipotizzato da fonti di stampa, quando le decisioni devono ancora maturare. Un sogno femminile, perché nessuno dei due incarichi è mai andato finora a una donna; e, magari, un incubo per Mario Draghi, governatore di Bankitalia e prossimo presidente della Banca centrale europea, che si troverebbe a interloquire con le grintose colleghe.

L

Hillary stia portando avanti, in queste ore, in una missione africana, l’agenda dello sviluppo degli Usa. Nel giorno delle ipotesi sulla Clinton, si fanno più concrete le chances del ministro dell’Economia francese di ottenere la successione di Strauss-Khan, uscito di scena con ignominia, alla guida dell’Fmi. Quando i termini per la presentazione delle candidature stanno per chiudersi, la Lagarde si ritrova un solo avversario dichiarato credibile, il governatore della Banca centrale messicana Agustin Carstens, mentre l’ex ministro delle Finanze sudafricano Trevor Manuel s’è ritirato dalla corsa.

Così, le insidie maggiori, per il ministro dell’economia francese, vengono proprio dalla Francia, cioè dalla valutazione che la Corte di giustizia della Repubblica sta facendo sul suo ruolo in un ‘affaire’ che ruota intorno a Bernard Tapie, ex ministro e, soprattutto, ex patron del Marsiglia campione d’Europa. La Corte avrebbe dovuto pronunciarsi ieri, ma ha rinviato all’8 luglio la decisione se avviare, o meno, un’inchiesta sulla Lagarde per abuso di potere, accusa per la quale rischierebbe 5 anni di carcere e una multa di 75mila euro. L’8 luglio l’Fmi avrà già preso le sue decisioni: la scelta del nuovo direttore generale si farà il 30 giugno.

LA LAGARDE ha l’appoggio dell’Europa, di larga parte dell’Africa e molti altri Paesi, e Parigi ha fiducia che Washington e Pechino finiscano per il sostenerla. Carstens, invece, nonostante le dichiarazioni di principio dei Bric (Brasile, Russia, India e Cina), che vogliono porre fine all’egemonia europea su quel posto, non riceve un sostegno corale dai paesi emergenti, forse perché le sue opinioni sono considerate troppo conservatrici dagli stessi colleghi.

L’americana ha smentito per ora di ambire alla carica della Banca mondiale La francese presto all’Fmi

N FRANCIA

Chirac: Sarkozy scoppia d’ambizione

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ervoso, impetuoso, debordante di ambizione e senza dubbi, soprattutto su se stesso”: l'ex presidente francese, Jacques Chirac, non risparmia parole al vetriolo per il suo successore nel suo secondo volume di ‘Memorie’ in uscita in Francia. Tuttavia, in un'intervista a Le Figaro Chirac, rispondendo al giornalista che gli ha chiesto se si trattasse di ‘un regolamento di conti’ con il presidente, ha corretto il tiro: “Le nostre relazioni sono buone, cordiali e amichevoli, ci conosciamo bene e da molto tempo e inoltre conosco la difficoltà del suo compito”.

Il segretario di Stato Usa Clinton e il ministro delle Finanze francese Lagarde (FOTO LAPRESSE)

DELLE DUE IPOTESI, una, quella della Largarde, è concreta; l’altra, quella della Clinton, subisce una raffica di smentite. Nega Hillary in prima persona. E nega Dan Pfeiffer, direttore per la comunicazione del presidente Obama: rispondendo a domande di giornalisti, scrive su twitter che la prospettiva che il segretario di Stato lasci la diplomazia della ‘super-potenza’ per la ‘diplomazia dello sviluppo’ “è una delle cose più deliranti che abbia sentito da quando sono alla Casa Bianca”.

Ma la Reuters, che lancia il ‘ballon d’essai’, non lo rinnega, nonostante le numerose smentite ufficiali: in un dispaccio costruito con molta cura, che cita tre fonti vicine a Hillary, l’agenzia di stampa sbandiera l’informazione come esclusiva e sostiene che l’ex first lady punta a sostituire alla Banca Mondiale Bob Zoellick, il cui mandato scade a metà del 2012. Zoellick fu l’uomo di Bush per il commercio mondiale e poi vice della Rice al Dipartimento di

Stato. Il posto di presidente della Banca Mondiale è sempre stato appannaggio americano, con l’eccezione dell’australiano (d’origine) James Wolfensohn, sempre designato, però, dalla Casa Bianca. Un’uscita della Clinton dalla squadra di Obama, anche se concordata, susciterebbe chiacchiere e interrogativi: per questo, le smentite sarebbero comunque d’obbligo, anche se la storia fosse vera. A corroborarla, il fatto che

SCANDALI AL FEMMINILE

SESSO E POTERE DELL’ALTRA METÀ DEL CIELO di Carlo Antonio Biscotto

e potere. Politica e Ein ros sesso. Binomi fatali in cui genere c’è un “lui” potente, ricco, influente e c’è una “lei” nella veste della povera Cenerentola o della ragazza insidiata o dell’arrivista disposta a tutto pur di raggiungere l’ambito traguardo della popolarità. Ma è sempre così? È proprio vero che non c’è mai una “lei” potente, ricca o influente che si serve della sua posizione per ottenere gratificazioni sessuali? Gli uomini potenti sono molti di più, dicono. Negli uomini c’è il “fattore testosterone”, aggiungono. Le donne anche quando fanno politica o sono alla guida di una multinazionale hanno troppo da fare “con i pannolini, i genitori, la famiglia per potersi dedicare alla caccia al maschio”. Sono molte le motivazioni che si adducono per spiegare il fatto che in materia di scandali sessuali il predominio degli uomini appare schiacciante. Ma se il 50% dei potenti della terra portassero la gonna, siamo certi che non ci sarebbero in giro una signora Berlusconi attorniata da nugoli di boys palestrati (e prezzolati), con “tartaruga” d’ordinanza e sorriso smagliante o una madame Strauss-Kahn che tornando stanca in albergo ordina una camomilla e si avventa sul cameriere che gliela porta in camera? Negli ultimi anni i media si sono diffusamente occupati – anche con una fantasia linguistica e lessicale degna di miglior causa – del sesso virtuale (Oscar per la mo-

dernità) di Anthony Weiner che si scambiava sul web foto osé con almeno sei giovani donne, di Dominique Strauss-Kahn accusato di aver violentato una cameriera nella suite del suo albergo newyorkese, delle amanti di John Edwards che comunque ha pagato la sua disinvoltura sessuale con il naufragio di una promettente carriera politica, dell’ex governatore della California, Arnold Schwarzenegger, che ha avuto un figlio dalla cameriera, di quanto accadeva sotto la scrivania presidenziale di Bill Clinton, del “bunga-bunga” di Berlusconi baciato da fama planetaria ed entrato a vele spiegate nei dizionari di tutto il mondo e nelle fantasie erotiche di chissà quanti maschi. E LE DONNE? Solo pannolini, ferri da maglia e fornelli anche quando entrano in politica? Non proprio. Anche tra le donne ce ne sono alcune che hanno suscitato scalpore e scandalo, come elenca con gusto il settimanale New Yorker. A suo modo esemplare il caso di Helen Chenoweth, membro della Camera dei Rappresentanti e severa fustigatrice di costumi. All’epoca dello scandalo Lewinski fu tra coloro che con maggiore insistenza chiesero le dimissioni di Clinton pur avendo ammesso di aver avuto una relazione extraconiugale durata 6 anni. Ma – come disse alla stampa – “il mio caso è diverso da quello di Clinton. Io ho chiesto perdono a Dio e Dio mi ha perdonata”. Per sua fortuna nessuno le chie-

se le prove. Iris Robinson, membro del Parlamento e coniugata con il primo ministro dell’Irlanda del Nord, aveva un amante più giovane di ben 40 anni. Ero “molto depressa”, disse per giustificarsi. Nel 1872 per la prima volta una donna avanzò la sua candidatura alla presidenza degli Usa. Si trattava di Victoria Woodhull che predicava e praticava il libero amore e faceva spesso proseliti. Aimee Semple McPherson,

Bretagna, è stata costretta alle dimissioni perché con la carta di credito del ministero erano stati acquistati alcuni film porno. “È stato mio marito”, si giustificò. Ma li avrà visti anche lei? Caterina la Grande di Russia era famosa per la facilità con cui cambiava amante e per la disinvoltura con cui i suoi “favoriti” ricevevano prestigiosi incarichi pubblici. Quando se ne liberava lo faceva sempre accompagnando il “congedo” con un regalo. ALL’EPOCA del governo Thatcher, dello staff della “Lady di ferro” facevano parte due giovani destinati a una brillante carriera politica: John Major, che sarebbe diventato primo ministro, e Edwine Currie, in seguito

parlamentare e sotto-segretario alla Salute. La loro relazione durò 4 anni e a svelarla fu la stessa Currie pubblicando il suo diario nel 2002. La frecciata piu’ velenosa la scagliò Lady Archer a Major: “Non mi meraviglia l’indiscrezione della signora Currie, ma la temporanea mancanza di gusto di John Major”. La più spiritosa? Sicuramente Chu Mei-feng, giornalista e membro del consiglio municipale di Taiwan costretta alle dimissioni da un video a luci rosse che la vedeva protagonista con il suo amante. Non sembrò molto turbata: “magari non andrà bene per la politica, ma va benissimo per il mondo dello spettacolo”. Oggi fa la cantante e la conduttrice televisiva.

TURCHIA

Erdogan favorito nelle elezioni

L

o stratega del nuovo “modello turco”, l'attuale premier Recep Tayyp Erdogan, il leader dell'opposizione kemalista, Kemal Kilicdaroglu, e infine il nazionalista Devlet Bahceli: sono i tre protagonisti del voto di domani per il rinnovo del Parlamento turco. Erdogan, favorito, leader del Partito per la giustizia e lo sviluppo (islamico moderato), è al suo secondo mandato, essendo al potere dal 2002.

SOMALIA

Donna kamikaze uccide ministro

È

stata una donna kamikaze a ferire mortalmente il ministro dell’Interno del governo di transizione della Somalia, Abdishakur Cheikh Hassan, facendosi esplodere nella sua casa di Mogadiscio.

Gheddafi pende ma non cade

Libia: soldi italiani, petrolio americano e spine Nato Jacqui Smith (FOTO LAPRESSE)

ministro della chiesa evangelista, donna di grande fascino e attiva in politica, nel 1926 scomparve misteriosamente. Sembra che per un mese intero se la fosse spassata con un uomo sposato, un certo Kenneth Ormiston. In seguito la McPherson sostenne di essere stata drogata e rapita da due uomini. Da gentiluomo quale era Ormiston non la smentì. Più di recente Jacqui Smith, ministro dell’Interno della Gran

LA GENEROSITÀ DELL’ITALIA verso la Libia impressiona la stampa internazionale, specialmente quella americana: nel Gruppo di Contatto di giovedì ad Abu Dhabi, il ministro Frattini, co-presidente dell’incontro, ha messo da solo sul tavolo quasi la metà degli aiuti complessivamente promessi ai ribelli anti-Gheddafi: 300-400 milioni di euro cash e 150 milioni in carburante. Lo notano NYT e WP , come pure FT e la Bbc: l’Italia cerca di recuperare un rapporto privilegiato con la Libia prossima ventura. L’attenzione diplomatica e militare per la Libia è da giorni molto intensa: raid e consulti, alla Nato e poi ad Abu Dhabi. Ormai tutti dicono, Obama per primo, che il Colonnello ha i giorni contati: quelli, però, ce li abbiamo tutti; bisogna vedere

quanti gliene restano, se Robert Gates, il capo del Pentagono, giudica “a rischio” l’esito del conflitto per “le lacune Nato”. Intanto, le cifre lievitano: quelle degli aiuti ai ribelli e quelli delle vittime, che secondo l’Onu sono ormai 15 mila. La diplomazia Usa s’allinea a quella europea, dichiarando gli insorti l’unico interlocutore libico legittimo; e i ribelli effettuano la loro prima consegna petrolifera, 1,2 milioni di barili agli Usa, e calcolano di produrre a breve di 100 mila barili al giorno. Gheddafi, intanto è sotto una gragnuola di razzi a Tripoli, ma riprende l’offensiva contro Misurata e vanta l’abbattimento d’un elicottero Nato – non è vero, ma il confine tra verità e propaganda è labile, a Tripoli e Bengasi. G. G.


Sabato 11 giugno 2011

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DAL MONDO

VENERDÌ SIRIA SANGUE NEL NOME DEL PADRE Decine di vittime nell’anniversario della morte di Hafez al Assad di Franco Ragnoli Latakia (Siria)

bituata ad accogliere i rifugiati palestinesi e dal Libano, oggi i siriani che abitano nelle città del nord-ovest, tra Latakia e Aleppo, si trovano nell'insolito ruolo di rifugiati politici in Turchia. Il regime si è affrettato a dire che si tratta di abitanti che hanno approfittato del ponte e delle belle giornate per una “gita fuori porta”. La conferma che si tratta di rifugiati che cercano riparo alla

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violenta repressione del regime arriva da una nota del ministro degli Esteri turco. Le organizzazioni per i diritti umani fanno sapere nel pomeriggio i morti sono almeno una ventina nel Paese, Jisr Ash-Shughur è circondata dai carri armati e gran parte degli abitanti della regione di Idlib si dirigono verso la Turchia. La tv siriana informa che a Maarat al-Numan è stato aperto il fuoco. L’emittente araba Al Jazeera testimonia che dal confine con la Turchia si vedono decine di migliaia

di persone accalcarsi alle barriere di confine, ma che solo a circa un migliaio di essi è stato permesso di entrare. Il premier turco Erdogan ha bollato come “comportamento disumano” la repressione militare perpetuata dal presidente siriano Bashar al-Assad. Una batosta per il regime che ha sempre cercato di far vedere all'opinione pubblica interna la Turchia vicina alla posizione del governo. Tra le grandi potenze, al regime è rimasto ora l’appoggio della Russia che ha confermato il veto ad azio-

Il trionfo e la sconfitta: Battisti parla e l’Italia chiede aiuto alla Ue Italia richiama il suo ambasciatore a Brasilia, L’dopocompiendo un passo diplomatico formale la liberazione di Cesare Battisti e il “no” all’estradizione, vissuto come uno “schiaffo”. Roma giudica la decisione presa dall’ex presidente Lula e confermata l’altra notte dalla Corte Suprema brasiliana “politica e non giuridica”, spiega il responsabile della Farnesina, Franco Frattini. Che ieri sera affermava: “Comprendiamo da un punto di vista strettamente formale che l’Europa non debba intervenire, ma da un punto di vista politico sollecitiamo l’azione anche dell’Ue”. Brasilia insiste: “È un caso giuridico, non abbordabile politicamente”, affermavano fonti del ministero degli Affari Esteri carioca parlando di relazioni “eccellenti” e di nessun “rischio di

crisi” tra Roma e Brasilia. E l’ex presidente Lula spiegava come le decisioni dell’Alta Corte non “si commentino”. “La decisione che ho preso io è esattamente conforme al trattato di estradizione con l'Italia”. Dal Brasile Battisti intanto è pronto alla sua nuova vita da scrittore a San Paolo dicendo di non considerare la sua vicenda “un trionfo” e di rispettare le “istituzioni e le vittime”. “Chi ha commesso un reato deve pagare e scontare la sua pena ed è dolorosissimo che ci siano famiglie che attendono giustizia: ma mi chiedo quanta giustizia ci sia quando intercorre un momento così lungo tra quando si commette il reato e quando si esegue la pena”, ha detto ieri sera Nichi Vendola sul caso Battisti.

Profughi Un gruppo di bambini siriani in un campo profughi turco. Sotto, Cesare Battisti F ni contro la Siria nel Consiglio di Sicurezza Onu. Questo 13° venerdì di proteste coincide con l'11° anniversario della morte dell'ex dittatore Hafez al-Assad. È sepolto nella sua città natale, Qardaha, un paesino nei pressi di Latakia, dove gli è stato costruito un mausoleo a forma di pagoda. Ci siamo recati a visitarlo, ma la struttura normalmente meta di turisti, come segnalano i cartelli stradali, è chiusa al pubblico da settimane. Anche la cittadina è sotto stretto controllo militare e noi siamo stati fermati da un poliziotto in borghese mentre facevamo fotografie perché “proibito per pubblica sicurezza” e siamo stati invitati a lasciare immediatamente il luogo. TUTTE LE CITTÀ sono tappezzate di manifesti con la scritta: “Io sto con la legge”, oppure da poster di Bashar sopra la scritta in inglese: Next Step. Ma quello a cui ormai puntano a testa bassa gli oppositori è uno Step-down, come recitano alcune delle loro insegne, un passo indietro. Lo è tornato a ripetere minacciosa il segretario di stato americano Clinton: “Assad ha ‘quasi’ perso la legittimità a governare”. Per rinsaldare la sua posizione interna o solo per dare argomenti ai giornali siriani, da ieri il regime ha intensificato le manifestazioni or-

ganizzate a suo favore che contano poche decine di manifestanti, tutti giovani e vestiti uguali: magliette bianche con il disegno della Siria e l’immagine stilizzata di Assad, e dei cappellini con i colori della bandiera siriana. Sono talmente pochi che si portano dietro un tecnico del suono che scandisce il ritmo degli slogan con voci artificiali e amplificano il volume. Abbiamo assistito personalmente al pagamento della prestazione dei giovani partecipanti a uno di questi cortei con diversi biglietti del taglio di mille lire siriane, circa 20 euro, distribuite in un parco pubblico di Damasco. A Latakia, invece, già poco dopo la mezzanotte i ribelli avevano cominciato a intonare lo slogan: “Dio è il più grande”, una provocazione verbale alla forza muscolare mostrata dal regime. Abbiamo visto

Città circondate da tank, Internet oscurata: il figlio del primo dittatore reprime senza sosta

OTO

LAPRESSE

aggirarsi per la strada dove si levavano i cori un informatore che si fingeva passante, individuava i palazzi da cui provenivano gli slogan, poi faceva ritorno all’automobile con gli adesivi di Bashar e nel percorso comunicava la posizione di questi al telefono. Latakia è un continuo posto di blocco con decine di soldati e fortini improvvisati per evitare convergenze di manifestazioni verso la grande moschea nella piazza principale. Nonostante questo le organizzazioni umanitarie segnalano che c’è stato un corteo pacifico di oltre mille persone. Grandi cortei pacifici si sono registrati anche a Homs ed a Hama. C’È POI LA QUESTIONE internet. I punti che danno la Rete al Paese sono appena due, uno a Damasco, l'altro a Latakia. Venerdì scorso è emerso dalle statistiche di Google Trasparency il taglio di Internet. Ma è da oltre un mese che funziona così: tra le 4 e le 5 del venerdì notte viene tagliata la Rete. Manca anche la connessione tramite chiavetta internet o da cellulare. Dai luoghi dove si riesce ad accedere ad Internet – i quartieri degli occidentali, quelli dei Consolati o l’interno delle grandi catene alberghiere internazionali – ci sono siti aggiornati solo fino al giovedì notte, e c’è una bad-list di parole che bloccano l'accesso agli articoli dei siti stranieri, tra cui “Siria”.

Petraeus: via dall’Afghanistan, ma senza fuggire IL GENERALE AMERICANO DA’ FIDUCIA AL CAMBIO DELLA GUARDIA CON I SOLDATI DELLA MISSIONE INTERNAZIONALE di Barbara

Schiavulli

difficile la strada verso la fine Ègli della guerra in Afghanistan. Per Stati Uniti è la campagna militare più lunga della sua storia. 10 anni di guerra, migliaia di morti e feriti. Ma con l’arrivo di luglio, qualcosa si muove: è cominciata la fase di transizione che coincide con la restituzione della responsabilità della sicurezza in mano all’esercito afgano. Un processo che parte con 7 territori, tra i quali la municipalità di Herat ora sotto controllo dei militari italiani che presidiano la zona ovest dell’Afghanistan. Il traguardo sarà il 2014 quando, almeno in teoria, le truppe Nato dovrebbero cominciare il ritiro; fino ad allora ci saranno riposizionamenti per concentrarsi dove ancora si combatte. “DI FATTO AD HERAT, la transazione è già avvenuta, le forze afgane hanno dimostrato di essere in grado di rispondere da soli ai Taliban. Lo abbiamo visto recentemente negli attacchi a Herat, sono state le forze afgane a rispondere per prime. E lo hanno fatto con sicurezza, capacità e competenza. Gli attacchi non hanno raggiunto il loro obiettivo, non sono riusciti a penetrare nel compound del Team

di Ricostruzione provinciale (Prt) e gli afgani hanno stanato quegli individui uno per uno”, ci dice il generale David Petraeus, comandante delle Forze Usa e Nato in Afghanistan. “Gli italiani hanno ‘reinvestito’ nelle province di Farah e Baghdis”. Per il generale Petraeus, invece, la guerra è finita, quella sul campo per lo meno, nel giro di qualche settimana traslocherà da Kabul a Langley come capo della Cia. “Ancora non me ne rendo conto, tutto si sta svolgendo velocemente, ma sono contento di continuare a dare

il mio contributo, l’ho fatto in Iraq e in Afghanistan, e ora potrò farlo in altre parti del mondo”. Un lavoro che non sarà facile per unofranco come lui, in un momento in cui gli Usa soffrono un’opinione pubblica che con la morte di Bin Laden ha voglia di chiudere i conti con l’Afghanistan. “Sul ritiro la decisione importante la dovrà prendere il presidente: io gli presenterò alcune opzioni e una valutazione sui rischi associati ad ognuna di queste opzioni”. Secondo fonti militari c’è ancora tempo prima di pensare al ritiro, la

situazione nella regione è ancora precaria, e i rapporti con il Pakistan restano difficili. “È comprensibile l’irritazione pachistana – ci spiega un alto ufficiale statunitense – ma l’America è decisa a difendere i suoi interessi ovunque. Senza contare che spesso sono gli interessi di tutti. In Waziristan (Pakistan) è stato catturato un Taliban tedesco che avrebbe potuto rappresentare un serio problema per la Germania. I pachistani forse non vogliono, ma sicuramente non riescono, a fare quello che serve: altri devono intervenire”.

L’ufficiale che ha dato la svolta in Iraq sarà il prossimo capo della Cia. “Gli italiani sono un esempio” Il generale David Petraeus con Franco Frattini (FOTO LAPRESSE)

La morte di Bin Laden ha rappresentato una sorpresa per al Qaeda, di sicuro i militari non credono che i possibili sostituti siano della stessa levatura del fondatore dell’organizzazione del terrore e sono convinti che aver mostrato Bin Laden in una casa e non in una caverna, che viveva con moglie e figli lo abbia, reso “un perdente agli occhi dei suoi”. DEGLI ITALIANI, il generale Petraeus che ieri ha incontrato il ministro degli Esteri Frattini, parla volentieri: “dovete essere orgogliosi dei vostri figli e delle vostre figlie che sono in Afghanistan, hanno fatto lavoro magnifico. Vi faccio una confessione, prima di arrivare a Roma, ho chiesto al mio staff e a Washington se c’era qualcosa da chiedere all’Italia. E la risposta è no. L'Italia ha fatto quello che ha detto che avrebbe fatto. Gli addestratori stanno arrivando, i carabinieri stanno facendo un lavoro magnifico. I vostri soldati, marinai, piloti, diplomatici e operatori umanitari stanno facendo un gran lavoro. Lo sforzo coordinato, la cooperazione nel Comand della Regione Ovest fra li diversi contingenti di truppe guidati dall'Italia e con i nostri partner afgani sono un esempio da seguire”.


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SECONDOTEMPO SPETTACOLI,SPORT,IDEE in & out

EDI TORIA

Libri: mancano i bestseller e i lettori lo sanno

Bellucci Con Jack Black aprirà il Taormina Film Festival

Zamparini Il presidente rosanero: “Mi rassegno alla perdita di Pastore”

Lepage Inaugura il Napoli Teatro Festival il 26 giugno

Renato Zero Il cofanetto con 3 dvd torna in vetta alle classifiche

Il mercato è in flessione. Ma l’eBook c’entra poco: non ci sono successi e gli editori sono in allarme, specie in casa Mondadori

di Silvia Truzzi

C

he ci vuole a scrivere un libro? Leggerlo è la fatica”, annotava un famoso Malpensante. I lettori italiani sembrano un po’ distratti: il mercato editoriale, all’alba del 2011, non è in formissima. Anzi circolano allarmanti voci di una catastrofe imminente. Motivo per cui si sono cercati dati a conferma delle urla. Gli eBook non c’entrano: da Editech, una due giorni che a Milano analizza il mondo dell’editoria digitale, si scopre che in Italia il mercato degli eBook vale lo 0,1% del totale. Nielsen, società di ricerca che monitora il 97% delle catene italiane, valuta una contrazione dello 0,7% nel primo quadrimestre dell’anno, raffrontato con lo stesso periodo del 2010. Gli editori sono prudenti, più preoccupati i librai. Le librerie Feltrinelli si dichiarano in perdita del 10%, i librai indipendenti sono molto preoccupati (soprattutto per l'ennesimo rinvio della legge Levi che regola gli sconti sui volumi). È un mare di dati in cui ci si perde, anche perché in parte sono contraddittori. Gfk, altro istituto di rilevazione, stima un aumento del 4%.

CHI È CHE LANCIA allarmi? È un tam tam tra gli operatori del settore, specie in casa Mondadori. Il gruppo perde peso (registra, in termini di quote di mercato, un -0,37% nei primi 4 mesi 2011). Anche Rizzoli e Feltrinelli perdono: rispettivamente -0,2 e -1,5%. Meglio in casa Gems (+0,3) e a Dalai (che passa da 0,6 a 1,2%). Guardando le classifiche dei libri più venduti nel 2011, si scopre che in testa c’è Roberto Saviano con Vieni via con me, uscito con Feltrinelli, ma che avrebbe potuto restare a Mondadori. La storia è nota e le polemiche non fanno bene a Segrate: sembra che tutte le volte che la presidente-figlia parla, la casa editrice perda un autore.

Antonio Pennacchi, per esempio: l’autore di quel Canale Mussolini benedetto dallo Strega 2009 (con Mondadori) lascia Segrate in direzione davvero ostinatamente contraria: Dalai, ovvero Alessandro Dalai, l’editore che riaprì l’Unità nel 2001. Pennacchi, reduce da una non fortunatissima esperienza politica, ha detto: “Io Berlusconi nun lo posso vede’, ma lui e Mondadori sono cose diverse”. E poi: “Io sono come l’ortolano, vendo la mia merce a chi la compra”. Sarà, intanto però se ne va, e i libri con il nuovo editore sono due: uno, inedito, di fantascienza, l’altro è la ripubblicazione de La nuvola rossa che uscì nel 1998 da Donzelli. Ma si starebbe già trattando per un terzo. Lo scrittore “fasciocomunista” ha spiegato che è questione di mercato e che lui è sempre stato un nomade, mai avuto un editore fisso. Ed è vero, anche per molti suoi colleghi. Però lasciare la casa editrice con cui ha vinto il più importante premio letterario non è un buon

I librai: “C’è una crisi generale, ma le cose non vanno bene anche per noi. Mancano grandi titoli”

segno. Non sono mesi felici per Mondadori: dopo una travagliata e (re)pubblica riflessione l’estate scorsa il teologo Vito Mancuso è passato a Fazi. Lo ha seguito Corrado Augias (ora a Rizzoli), protagonista al Festival della letteratura di Mantova di un lungo (e non tenero) confronto con il pubblico sull’amletico interrogativo “andare o restare?”. MA LE DEFEZIONI non si sono fermate: Don Gallo (oggi con Aliberti) e Pietrangelo Buttafuoco, che sta ultimando il prossimo romanzo in uscita a settembre per Bompiani. Anche Niccolò Ammaniti è protagonista di un passaggio interno, da Mondadori a Einaudi, che però pare aver dato parecchia noia a Segrate. Senza contare che l’ex direttore generale di Mondadori, Massimo Turchetta, in gennaio è migrato in Rcs. Walter Siti, la notizia è di qualche giorno fa, passa al gruppo Rizzoli. Giancarlo De Cataldo, il giudice autore di Romanzo criminale, farà un libro con Dalai e uno con Rcs. Praticamente un esodo. Con l'aggravante che alcuni autori di punta di Segrate non danno i frutti sperati. Il caso più eclatante è quello di Persecuzione, il secondo romanzo (prima parte di un dittico) di Alessandro Piperno, autore-rivelazione di Con le migliori intenzioni (2005). La seconda opera è costata fatica e lacerazioni, come spiegò lo stesso scrittore ad Antonio Gnoli, su Repubblica: “È stata dura. (...) La for-

Illustrazione di Doriano

tuna impensata del romanzo ha fatto sì che mi sentissi assediato. In realtà non capivo che il vero assedio non era esterno, ma interno. Ero io che non stavo bene. Andavo alle cene e gli amici mi dicevano: ‘A quando il secondo?’. Avevo paura, ma sapevo anche che qualunque cosa avessi scritto il mio editore l'avrebbe pubblicata. Ciò che sembrava una straordinaria opportunità è diventato un incubo. Un ingar-

bugliarsi di sensazioni, al punto da non sapere più quale fosse il discrimine che divide la follia da una forte vocazione narrativa”. Il libro ha venduto 25 mila copie. Giulia Ichino, intervistata da Affaritaliani.it, dice che si

Muti sbeffeggia Alemanno IL MAESTRO DICE NO ALLA CITTADINANZA DI ROMA. E PAVIA LA NEGA A SAVIANO di Elisabetta Ambrosi

na gaffe, ma questa volta destinata a UAnulare. uscire dai confini del Raccordo Per Gianni Alemanno la vicenda malgestita del conferimento della cittadinanza onoraria di Roma al maestro Riccardo Muti finisce con un fax arrivato da Salisburgo. Con cui Muti rifiuta l’onorificenza, proprio alla vigilia della seconda votazione voluta dal sindaco per cancellare quella, infelice, del 6 giugno. In cui l’assegnazione era saltata, per colpa del mancato numero legale, provocato dall’assenza di tre consiglieri del Pdl. Rincara la dose l’intervista al Messaggero di ieri, dove Muti ci tiene a speci-

ficare che è diventato direttore del Teatro dell’Opera quando Veltroni era sindaco. E definisce “patetici e desolanti gli echi arrivati da Roma”, “pastoie di un livello che ho definito basso solo per il mio ostinato spirito di collaborazione”. Prima il mancato numero legale, dovuto a una bega tutta interna al Pdl (gli assenti sono i tre consiglieri fedeli al deputato Fabio Rampelli, ex An, in rotta con il sindaco). Poi le offese pubbliche di Federico Mollicone, presidente della Commissione cultura del Campidoglio, che candidamente spiegava di non dovere alcuna scusa al maestro: non solo “non è un idolo sacro indiscutibile”. Ma a avrebbe fatto ben poco per il Teatro dell’opera di Roma,

svolgendo un ruolo da “direttore ombra”, che “influenza le scelte, indica le figure apicali e dà l’imprimatur alla programmazione”. Parole che saranno arrivate tra le note di Salisburgo: e così per Muti la misura è stata superata, nonostante la successiva votazione con cui il Pdl ha cercato di riparare. NON FACILE far passare l’avvenuto come un incidente di percorso, come sta tentando di fare il centrodestra. Alemanno si dice certo – chissà perché – che Muti ci ripenserà. Non lo aiuta la presidente della Regione Lazio Renata Polverini, che se la prende con l’artista: “Penso che il maestro Muti non vorrà per una piccola bega comunale offen-

rifiuta “di associare l’aggettivo 'deludente' ad Alessandro Piperno”. La matematica, talvolta, è impertinente: Ichino può chiedere delucidazioni sui numeri a Piergiorgio Odifreddi, giunto di recente a Segrate. Il suo Grande racconto della geometria ha venduto da novembre a oggi, 29 mila copie. Ma Perché non possiamo essere cristiani, uscito nel 2007 con Longanesi ne ha vendute 142 mila. Gli autori, dipende anche di cosa li si fa scrivere. Nel 2009, anno del cambio ai vertici del gruppo con l’arrivo di Riccardo Cavallero e l’addio di Gian Arturo Ferrari, Mondadori comprò per una cifra consistente (700 mila euro, a quanto risulta) la trilogia di Guillermo del Toro. È uscito il primo: La progenie, totale copie vendute: 5.900. Anche i big sono in caduta. Bruno Vespa ha venduto nel 2009 con Donne di cuori 147 mila copie, nel 2010 con Il cuore e la Spada 75 mila e sempre nello stesso anno 14 mila striminzite copie con l’agio-biografia Nel segno del Cavaliere. Silvio Berlusconi, una storia italiana. “E’ un momento di crisi generale, e non sta andando bene”, racconta Paolo Pisanti, presidente dell’Associazione italiana librai. “Abbiamo la sensazione che la gente sia stanca del libro-prodotto. In questo momento soprattutto non ci sono bestseller”. E dire che in Italia escono all’anno circa 58 mila titoli. Aspettando uno Strega che sarà l’ennesima celebrazione di un presunto capolavoro (toccherà leggerlo), è vivamente consigliabile consolarsi con un classico.

dere tutti i cittadini di Roma”. A sinistra, a partire da Nicola Zingaretti, è un coro di inviti al ripensamento. Nella capitale, ancora una volta, va Il maestro Riccardo in scena l’incapaciMuti (F A ) tà del sindaco di portare a casa una decisione che tutti ritenevano scontata. E lo scivolone avviene sul terreno della cultura, non esattamente il campo preferito dai governanti del centrodestra. Infatti, nelle stesse ore in cui a Roma fioccavano le polemiche sul rifiuto di Muti, il consiglio comunale di Pavia ha bocciato la proposta del Pd di conferire la cittadinanza onoraria a Roberto Saviano: la Lega ha votato contro, il Pdl si è astenuto. In questo caso, però, le idee erano chiare. Non hanno omaggiato la cultura neppure per finta. OTO

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SECONDO TEMPO

CALCIO SCOMMESSE

SIGNORI DI SINGAPORE Grazie al suo basista era in grado di far lievitare a cifre astronomiche le puntate sui siti asiatici

di Antonio Massari

BENEVENTO

veva l’uomo giusto a Singapore”. Rifiutò di corrompere i calciatori, di versare un centesimo per questo scopo, ma sulle scommesse in Asia, anche per le partite di serie A, il livello da raggiungere era quello di Beppe Signori. Era lui ad avere l'uomo giusto a Singapore, l'uomo in grado di far lievitare le scommesse sui siti asiatici, l'uomo al quale bastava una telefonata per puntare cifre astronomiche sulla fiducia. Era per questo che Erodiani e Antonio Bellavista ci tenevano particolarmente a entrare in contatto con il gruppo dei "bolognesi". E non solo. Signori, proprio in virtù della sua credibilità, anche finanziaria, era in grado di anticipare grosse somme, ma gli inquirenti si sono concentrati sulla figura di Gigi Sartor, amico di Signori. Potrebbe essere lui l’uomo ponte. È questo che sta emergendo dagli atti d'indagine della Procura di Cremona, dagli interrogatori dei giorni scorsi, che hanno visto salire al primo piano della procura, quello del pm Roberto di Martino, i principali indagati dell'inchiesta sulle scommesse e le partite taroccate: Massimo Erodiani è stato il primo a fare ill nome di Signori durante gli interrogatori, il primo a fornire indicazioni utili, ma a lui sono seguiti anche Francesco Giannone, commercialista dell'ex bomber laziale, e il "piccolo scommettitore" Manlio Bruni. E Proprio la convergenza tra gli interrogatori ha influito sulla credibilità degli indagati, scarcerati ieri, e passati agli arresti domiciliari. Ma se contattano Signori è perché sanno che lui può muoversi molto bene nell'ambiente degli scommettitori, soprattutto quelli asiatici, dove non esiste limite di puntata e si possono vincere cifre enormi. Con chi altro "scommetteva", in Italia, Signori? Questo stanno cercando di scoprire gli inquirenti, analizzando ancora tabulati e intercettazioni telefoniche. Centrale, in questi giorni, la ricostruzione dell'appuntamento a Bologna, nello studio di Giannone e Bruni, tra l'ex capitano del Bari Antonio Bellavista, Massimo Erodiani e Beppe Signori. Un incontro che Giannone, Erodiani e Bruni hanno raccontato al gip Guido Salvini e al procuratore capo Roberto di Martino. Due personaggi diversi, Giannone e Bruni, più spigliato il secondo, capace addirittura di far sorridere gli inquirenti, più teso il primo, spesso in difficoltà emotiva, a causa di una situazione imprevedibile. Dopo il contatto, tra Erodiani e Bellavista da un parte, e Bruni dall'altra, l'incontro del 15 marzo può essere fissato. Si parla di partite sulle quali puntare. La prima: Atalanta - Piacenza. Secondo la ricostruzione emersa dagli interrogatori, il duo Erodiani Bellavista, la propone come una partita "loro". Ma non doveva essere soltanto loro, visto che al momento dell'apertura delle scommesse, il banco inizia a crollare per l'alto numero di scommettitori sullo stesso risultato. A ben guardare, quindi,

“A

di Silvia D’Onghia

LA TELEFONATA SOSPETTA DEL SETTEMBRE 2010 N

Beppe Signori davanti al Tribunale a Cremona (FOTO ANSA)

Dai verbali emerge la figura dell’ex difensore Gigi Sartor, amico di Signori Potrebbe essere lui l’uomo ponte già il primo affare non è dei migliori. Il secondo, però, è pure peggio. Parliamo di Inter - Lecce. Bellavista ed Erodiani, per quanto emerso dagli interrogatori, e comunque confermato

dalle intercettazioni, la spacciano come una partita sicura. La certezza arriva dal portiere Marco Paoloni che, a sua volta, dice di aver ricevuto garanzie dal difensore del Lecce Corvia. Erodiani e Bellavista dicono di sapere che, della combine, sono al corrente ben tre difensori del Lecce. Signori capisce di aver creduto a una bufala e proverà, anche tramite Giannone, a farsi restituire i soldi puntati - 150mila euro - da Paoloni. Signori chiedeva delle garanzie. Gli assegni scoperti durante le perquisizioni nello studio di Giannone ne sono la prova. Erano garanzie che poi, nell'iter della scommessa giocata a Singapore, diventavano importanti, sebbene nei fatti, visto che Paoloni era al

verde, risultavano carta straccia. Ma è il principio che conta: quella carta straccia, in realtà, trasformava Signori in una sorta di bancomat per le scommesse più alte. Imbroccata una, si poteva scommettere ancora, senza aver mai investito dei grossi soldi. Le due puntate sono andate male. Il gioco con Signori è finito. E proprio a lui, adesso, tocca spiegare la parte più dura. Giannone ed Erodiani sono stati scarcerati, sono agli arresti domiciliari, segno che la procura ha creduto nella collaborazione e la linea difensiva ha dato frutti. "il ridimensionamento delle misure cautelari - dice Fausto Bruzzese, difensore di Giannone e Bruni - dà conto della personalità dei miei assistiti.

on soltanto 2011: le partite sospette in Lega Pro potrebbero anche essere quelle del 2010. A quanto risulta al Fatto, ci sarebbe in particolare una gara del settembre 2010, che vede il Benevento giocare in casa, per la quale - a poche ore dal match - sarebbe arrivata una strana telefonata: un ex assistente di gara (il vecchio guardalinee) avrebbe chiamato un assistente in servizio, proponendogli di fare “due soldi facili” sulla partita che quest’ultimo sarebbe andato ad arbitrare la domenica successiva. Un attimo di panico, poi la scelta giusta: chiamare un dirigente arbitrale per denunciare l’accaduto. L’assistente sarebbe stato mandato lo stesso ad arbitrare, ma la segnalazione sarebbe giunta in poche ore sul tavolo della Procura federale della Figc. Chi racconta al cronista i fatti avvenuti nel settembre scorso, afferma anche di aver messo a fuoco gli eventi soltanto adesso, alla luce dell’inchiesta di Cremona che coinvolge anche, guarda caso, proprio il Benevento. La gara in questione può essere una di queste due: o Benevento-Nocerina del 5 settembre (finita 1-1), oppure Benevento-Siracusa del 19 settembre (1-0). Per accertare la notizia, il Fatto ha raggiunto al telefono il Procuratore federale Stefano Palazzi: “Mi dispiace, ma non posso rispondere – il suo commento –. Il nostro ordinamento sportivo ci impedisce di rilasciare dichiarazioni ai giornalisti. Chiami l’ufficio stampa della Federazione”. Proviamo a farlo, ma il risultato è lo stesso. Così telefoniamo al presidente dell’Associazione Arbitri (Aia), Marcello Nicchi, il quale si pone subito sulla difensiva: “Non so dirle nulla del caso in oggetto. Chi scrive falsità ne risponderà in Tribunale. In ogni caso, sui nostri tavoli non rimane nulla per più di pochi secondi: non appena riceviamo una segnalazione, la trasmettiamo immediatamente a chi di dovere”. Cioè a chi? Impossibile saperne di più. Resta una domanda: se quella telefonata c’è stata e la denuncia è realmente arrivata negli uffici della Procura, come mai non se n’è ancora saputo nulla a nove mesi di distanza?

Paoloni prova la parata: “Mai drogato nessuno” IL PORTIERE SOTTO ACCUSA PER IL CALCIOSCOMMESSE AMMETTE I DEBITI, MA NEGA DI AVER MAI GIOCATO CONTRO di Luca De Carolis

uasi sei ore e mezzo per diQle accuse fendersi, per respingere più infamanti per un calciatore: “Scommettevo e avevo tanti debiti, è vero. Ma non ho mai mosso un dito per far perdere le mie squadre, e non ho mai drogato i miei compagni”. Questa la verità raccontata ieri da Marco Paoloni, ex portiere di Benevento e Cremonese, personaggio chiave dell’inchiesta sul calcio scommesse. Il suo interrogatorio era atteso come un possibile snodo, soprattutto perché di fronte al gip Guido Salvini, il calciatore non aveva parlato, avvalendosi della facoltà di non rispondere. Ieri invece ha risposto al pm di Cremona, Roberto Di Martino, in un interrogatorio di oltre sei ore. Una maratona iniziata attorno a mezzogiorno, a cui in serata è seguito lo sfogo del pm contro Maroni: “Invece della task force per indagare sul mondo del calcio, basterebbe che ci consentisse di fare le indagini con i mezzi necessari, come il registratore, che oggi (ieri, ndr) non avevamo e ab-

biamo dovuto comperare”. Durante la deposizione Paoloni, maglietta bianca e pantaloni in stile militare, ha tenuto sempre tra le mani una foto della moglie Michela e della figlia Giulia. E proprio alla moglie era intestata la ricetta dell’ansiolitico Minias che il portiere avrebbe messo nelle borracce dei suoi compagni della Cremonese, nell’intervallo dell’incontro con la Paganese, il 14 novembre del 2010. Uno stratagemma disperato per alterare il risultato della partita. COSÌ ALMENO aveva raccontato agli inquirenti il dentista Marco Pirani, altro elemento cruciale nelle indagini, sostenendo peraltro di aver scritto quella prescrizione “in perfetta buona fede”. Quella ricetta, prescritta il giorno prima della partita, è nelle mani della Squadra Mobile di Cremona. Eppure Paoloni ha negato, con forza: “Non ho messo il tranquillante nelle borracce, qualcuno mi voleva incastrare”. Il portiere non vuole passare per un baro, capace addirittura di drogare i compagni. E cerca

di schivare un capo di imputazione pesante, come un macigno. You Tube trabocca di filmati di sue papere in partite della scorsa stagione, come Cremonese-Spezia, in cui i commentatori della Rai parlarono di “follia” di Paoloni. Erroracci voluti, sospettano gli inquirenti, sempre con lo scopo di indirizzare le gare. Ma Paoloni ha negato ancora: “Non ho mai cercato di far perdere le mie squadre, in campo mi impegnavo sempre e davo il massimo”. Il portiere insomma ha rivendicato la sua serietà di professionista. Ma non ha potuto smentire la sua condizione di uomo

disperato, stretto all’angolo da quegli scommettitori clandestini a cui si era rivolto perché i debiti lo stavano strangolando. Debiti per scommesse, perché anche Paoloni puntava, sul tennis e altri sport. E perdeva, tanto e spesso. Così sarebbe iniziato il suo incubo. Certo, aveva anche assicurato di poter truccare partite in cui avrebbe giocato: ma in realtà poi avrebbe sempre fatto il suo dovere di calciatore. Al pm Paoloni avrebbe ammesso anche di aver millantato amicizie importanti, con giocatori di serie A come Daniele Corvia del Lecce, così da vendere me-

Il portiere Marco Paoloni (FOTO ANSA)

“Non ho mai cercato di far perdere le mie squadre, mi impegnavo sempre e davo il massimo”

glio i suoi consigli a quegli scommettitori che puntavano forte su tutte le gare, dalla massima serie dei campioni e dei lustrini sino alla Lega Pro, l’ex serie C. “Ci penso io, quello è un amico mio, il risultato me lo farà sapere” ripeteva (in sostanza) il portiere. Che di fatto però cercava solo di guadagnare tempo, magari sperando che la sorte gli regalasse quel risultato o quel punteggio su cui aveva ostentato notizie. Per i suoi presunti suggerimenti sceglieva partite teoricamente più semplici da giudicare, con risultati all’apparenza “più ragionevoli”. Se gli andava bene, i creditori gli scalavano il debito pregresso. Se il risultato prendeva un’altra strada, il cappio al collo di Paoloni si stringeva di più. Intanto ieri il gip di Cremona Salvini ha disposto le prime scarcerazioni. Per Giancarlo Parlato, Francesco Giannone e Giorgio Buffone sono stati disposti gli arresti domiciliari, mentre per il commercialista Manlio Bruni è stato previsto l’obbligo di firma. Libero l’ex calciatore Mauro Bressan.


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SALISCENDI

TELE COMANDO TG PAPI

“le variegate posizioni dei partiti”, una specie di kamasutra referendario, con qualche grafica per il sì e per il no firmata da Roberto Chinzari e che intervalla il mezzobusto di Daniele Rotondo da Montecitorio. Ieri sera è finita la campagna elettorale, ma è chiaro che i sostenitori del no sono avvantaggiati, non vanno a votare, non scatta il quorum e vincono. Forse la Costituzione avrebbe bisogno, in questo caso, di una riflessione.

Torna di moda la Bardot di Paolo Ojetti

g1 T Era l’ultima sera dei referendum, come evitare la terribile scadenza? Parlando di Paoloni, il portiere e di Maroni, il ministro, con la sua “task forse contro le combine”, un multi linguaggio che piacerà ai padani. Dopo questa minzolinata, più avanti – a proposito dei referendum – l’ultima parola non è stata per l’Italia che si è mobilitata, che ha spremuto fantasia e allegria per il sì, ma per un tetro centrodestra, per Berlusconi, Bossi e Formigoni usato per chiudere la serena pagina di Alessandra Di Tommaso: “Questi referendum sono dannosi”. Prezioso l’ultimo garrulo servizio annunciato da Susanna Petruni: torna di moda l’abbigliamento alla Saint Tropez della Bardot, alla marinaretta, le magliette a righe orizzontali blu. Ieri notte una folla di operaie della Fincantieri era già davanti alle boutique della Costa Azzurra. g2 T Quella piazza, Piazza del Popolo e uno tsunami di ricordi: era il 1974, gli italiani confermarono la legge sul divorzio, si tennero stretta quella nuova libertà. Ieri, stessa piazza, gli italiani vogliono riprendersi qualche altra libertà. Ma la piazza resta fuori dal Tg2, che preferisce

g3 T Qui di piazza ce n’era in abbondanza, Elisabetta Margonari a lanciare i servizi e le interviste ai politici dissimulati fra la gente. Magliette e cappellini gialli sotto il sole pomeridiano di Roma: non fosse stato per i manifesti, poteva essere un raduno delle scuole cattoliche, che sono sempre in giallo. Collegato con lo studio, Oscar Giannino, favorevole ai no e onesto: non si asterrà, andrà a votare. La scelta di avere Giannino non era un trucco da “par condicio”, ma una libera scelta. Ecco un esempio, anche piccolo, di cosa potrebbe essere l’ informazione Rai se le fosse concessa una ragionevole autonomia. Pierluca Terzulli è tornato sulla chimerica riforma fiscale, compromessa non tanto dalla sua difficoltà, ma dall’indebolimento progressivo del governo. Il Tg3 avanza una serie di ipotesi: tagli all’ Irpef e alle imprese, aumenti delle indirette. Con il rischio di aumenti dei prezzi e crollo dei consumi. Il gatto si morde la coda ed è una coda durissima da scorticare, altro che vertici notturni ad Arcore. Intanto il sindaco Pisapia ha varato la giunta: giovane, nuova e con l’esperto Tabacci.

di Carlo

E Mediaset che fa? Tecce

itoli già letti e sempre atTRai,tuali: il Cavaliere spolpa la il Cavaliere frena Sky, il Cavaliere blocca La7. E che fa il supereroe catodico, ora digitale terrestre, con la sua Mediaset? L'amico Fedele Confalonieri, nonché presidente, dovendo tenere a bada le notizie, per questioni pratiche, le ha eliminate. La struttura di Videonews, la testata che unisce i telegiornali, serve a ridurre i costi e a moltiplicare i controlli. Il Matrix di Alessio Vinci è l'ultimo macigno sulla piccola fonte d'informazione: cacciato Mentana a pedate, il programma di Canale 5 è una prosecuzione serale dei contenitori pomeridiani del nulla. Rete 4 è abbandonata a repliche ormai d'epoca, a trasmissioni di cronaca nera e al Tg4 che sempre fa comodo a Berlusconi. Italia 1 ha sprazzi di vitalità con le Iene, ma la sua ragione sociale è consumare decine di reality a stagione dai più strambi ai più schifosi. A Canale 5 spingono verso l’eternità il Grande Fratello, appaltano mezzo palinsesto a Barbara D’Urso anche se colleziona disastri, e accompagnano al pensionamento simboli come Maria

De Filippi e Gerry Scotti senza provare a rischiare una novità. Anzi, l’hanno fatto. Pescando nel settimanale di famiglia. Alfonso Signorini, direttore di Chi, si candida al nuovo Maurizio Costanzo Show. Un Mcs in salsa Signorini, e dunque ambientano in una casa con cucina a vista, donne scosciate, interviste pilotate (Ruby) e scenette degne del Bagaglino (il deputato Italo Bocchino ai fornelli). Ma senza l’informazione, nonostante i tentativi di Terra, Canale 5 è monocorde. E poi capita di confondere Vinci con Signorini: la politica in rosa e il rosa in politica. Nella classifica dei programmi più visti nel 2011, tra i primi venti posti, soltanto tre volte c’è Mediaset: due Striscia la Notizia e un puntata del filmetto Come un delfino con Raul Bova. Tre su venti. Il distacco di ascolti con la Rai è cresciuto l’anno scorso come non mai. Anche se il Biscione ha più pubblicità di viale Mazzini, il servizio pubblico vince sempre con la concorrenza. Con la probabile mazzata del Lodo Mondadori e l’ancora più probabile riduzione dei coFedele Confalonieri, storico presidente Mediaset

sti, sarà complicato per Mediaset riprendere la corsa sulle televisioni di Stato. L’unica speranza è che la Rai, perso il direttore generale Mauro Masi, sia così sciagurata da farsi del male. E sul masochismo sfrenato a viale Mazzini sono abbastanza esperti. I canali generalisti di Mediaset cadono in sonno, forse anche su ordine di Pier Silvio Berlusconi perché l’investimento grosso è sul digitale, sul calcio, sull’evento a pagamento. A parte la tecnologia di Sky sul satellite, il Biscione ha campo libero sul digitale, un po’ per mancanza di avversari (Dahlia ha appena chiuso), un po’ per domanda dei telespettatori. Il calcio è il vero affare del video e il rifugio se costretti a cassare l’informazione. Poi è facile aumentare le piste su cui sfrecciare se, come i progetti del ministero dello Sviluppo fanno intuire, le frequenze per nuovi canali verranno distribuite fra Rai e Mediaset. Ecco perché il conflitto d’interessi è una balla, come dicono illustri collaboratori di B. per l’occasione deputati o senatori o finanché ministri. Tra Rai e Mediaset c’è una forte e felice alleanza. c .tecce@ilfattoquotidiano.it

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14.00 VARIETÀ Top of the Pops 2011 16.00 FILM Monsters & Co. 17.40 TELEFILM Due uomini e mezzo 18.00 NOTIZIARIO TG2 L.I.S. - Meteo 2 18.05 RUBRICA SPORTIVA Pit Lane 18.25 EVENTO SPORTIVO Formula 1 2011 Gran Premio del Canada: qualifiche (DIRETTA) 20.25 Estrazioni del Lotto 20.30 NOTIZIARIO TG2 21.05 FILM Nessuno vuole credermi 22.45 TELEFILM Brothers and Sisters - Segreti di famiglia 23.35 NOTIZIARIO TG2 23.45 RUBRICA TG2 Dossier 0.30 RUBRICA TG2 Storie - I racconti della settimana 1.10 NOTIZIARIO TG2 Mizar

14.00 NOTIZIARIO TG Regione - TG3 14.45 ATTUALITÀ TG3 Pixel 14.50 FILM Il ragazzo dal kimono d'oro 2 16.25 NOTIZIARIO TG3 L.I.S. 16.30 FILM Storia de fratelli e de cortelli 18.10 PRIMA TV TELEFILM Squadra Speciale Vienna 19.00 NOTIZIARIO TG3 TG Regione - Meteo 20.00 ATTUALITÀ Blob presenta Vota Antonio 20.30 FILM Pearl Harbor 23.30 NOTIZIARIO TG3 TG Regione 23.50 ATTUALITÀ Un giorno in Pretura 0.55 NOTIZIARIO TG3 1.05 RUBRICA TG3 Agenda del mondo 1.20 ATTUALITÀ TG3 Sabato notte 1.35 RUBRICA Appuntamento al cinema

20.57 PREVISIONI DEL TEMPO Meteo 21.00 NOTIZIARIO News lunghe da 24 21.27 PREVISIONI DEL TEMPO Meteo 21.30 RUBRICA Meridiana - Scienza 1 21.57 PREVISIONI DEL TEMPO Meteo 22.00 ATTUALITÀ Inchiesta 3 (Interni) (REPLICA) 22.30 NOTIZIARIO News lunghe da 24 22.57 PREVISIONI DEL TEMPO Meteo 23.00 RUBRICA Consumi e consumi 23.27 PREVISIONI DEL TEMPO Meteo 23.30 RUBRICA Tempi supplementari 23.57 PREVISIONI DEL TEMPO Meteo 0.00 NOTIZIARIO News lunghe da 24 0.27 PREVISIONI DEL TEMPO Meteo

/ Pearl Harbor

/ Le avventure del topino Despereaux Desperaux è un topolino che, sin da piccolo, si è distinto per spiccata intelligenza, ma anche scarsa capacità di valutare i pericoli che lo circondano. Proprio per questa ragione si ritrova a vivere una serie di avventure che lo portano persino al cospetto di una principessa. Cacciato dal suo regno per aver parlato con lei, il topolino viene imprigionato e dato in pasto ai ratti, ma la sua ostinazione gli tornerà utile...

Italia 1 19,15

Rai 3 20,30

14.00 EVENTO SPORTIVO Motomondiale 2011 GP Gran Bretagna: Prove Classe 125cc (DIRETTA) 14.55 EVENTO SPORTIVO Motomondiale 2011 GP Gran Bretagna: Prove Classe MotoGP (DIRETTA) 16.10 EVENTO SPORTIVO Motomondiale 2011 GP Gran Bretagna: Prove Classe Moto2 (DIRETTA) 17.00 FILM Stuart Little 3: Un topolino nella foresta 18.30 NOTIZIARIO Studio Aperto - Meteo 19.00 CARTONI ANIMATI Bugs Bunny 19.15 FILM Le avventure del topino Despereaux 21.10 FILM Shark Tale 22.55 FILM Lo squalo 3 0.55 ATTUALITÀ TV Moda (REPLICA) 1.35 TELEVENDITA Mediashopping 1.50 CARTONI ANIMATI American dad

11.30 NOTIZIARIO TG4 Meteo - Vie d'Italia notizie sul traffico 12.00 TELEFILM Carabinieri 7 13.00 TELEFILM Distretto di Polizia 13.50 TELEFILM Poirot 16.00 TELEFILM Detective Monk 17.55 VARIETÀ Ieri e oggi in tv 18.00 DOCUMENTARIO Il selvaggio Mare del Nord 18.55 NOTIZIARIO TG4 Meteo 19.35 SOAP OPERA Tempesta d'amore 20.30 TELEFILM Siska 21.10 TELEFILM Law & Order - Criminal Intent 23.00 TELEFILM Law & Order - Unità Speciale 23.55 TELEFILM 24 1.30 NOTIZIARIO TG4 Night News 1.55 MUSICA Ieri e Oggi in TV - Nilla Pizzi Special

11.30 TELEFILM Ultime dal cielo 13.30 NOTIZIARIO TG La7 13.55 TELEFILM Dio vede e provvede "Una tonaca per due" 15.00 EVENTO SPORTIVO Mondiale Superbike 2011 GP San Marino: Superpole - Round 6, da Misano (DIRETTA) 16.00 FILM I predatori della vena d'oro 18.05 TELEFILM Relic Hunter "L'ultimo Re d'Irlanda" "La tomba dell'imperatore" 20.00 NOTIZIARIO TG La7 20.30 ATTUALITÀ In Onda 21.30 TELEFILM L'ispettore Barnaby "Il bug" 23.30 TELEFILM New Tricks "Il segreto di Josh" 0.30 NOTIZIARIO TG La7 0.40 ATTUALITÀ M.O.D.A 1.25 EVENTO SPORTIVO Boxe, Boxe Supersix 2011 Semifinale Froch - Johnson

PROGRAMMIDA NON PERDERE

TRAME DEI FILM Rafe e Danny, amici d’infanzia, sono cresciuti con un sogno in comune: volare. Divenuti piloti i due hanno un brillante futuro davanti. E Rafe incontra anche l’amore negli occhi della bella infermiera Evelyn. Ma il destino ci si mette di mezzo. Rafe parte per l’Europa a sostegno delle forze aeree britanniche. Danny ed Evelyn, invece, vengono trasferiti nella paradisiaca base militare di Pearl Harbor...

11.05 FILM Relative strangers - Aiuto! Sono arrivati i miei 13.00 NOTIZIARIO TG5 Meteo 5 13.40 TELEFILM Cougar Town 14.40 FILM Nassiriya - Per non dimenticare 17.50 MINISERIE Due imbroglioni e... mezzo! 2 "Il riscatto degli imbroglioni" 20.00 NOTIZIARIO TG5 Meteo 5 20.30 VARIETÀ Paperissima Sprint 21.10 REALITY SHOW Italia's got talent 0.30 TELEFILM United States of Tara "Lavoro" "Ispirazione" 1.30 NOTIZIARIO TG5 Meteo 5 Notte 2.00 VARIETÀ Paperissima Sprint (REPLICA) 2.30 MINISERIE Angelo nero

/ Il vento del perdono Dopo la morte del suo unico figlio, Einar Gilkyson, un vecchio allevatore, chiude le porte del suo cuore al resto del mondo e decide di non avere più contatti con nessuno. Il suo ranch è andato in rovina così come il suo matrimonio e l’unica persona che ha accesso al solitario universo di Einar è il suo braccio destro Mitch Bradley. Un giorno arriva alla fattoria Jean con la figlia undicenne Griff, in cerca di un riparo.

Rai 1 21,20

Passaggio a Nord Ovest

Un giorno in Pretura

Un viaggio nel cuore della Patagonia, in Argentina. In un ambiente simile a un deserto sta tornando alla luce una spettacolare foresta fossile, con alberi pietrificati che hanno 130 milioni di anni. Dalle cime delle montagne alle profondità dei laghi al seguito di un gruppo di appassionati tedeschi. E poi la vita dei trasportatori di una risorsa molto preziosa in Camerun, tanto preziosa che viene chiamata “oro bianco”: il cotone.

Ultima puntata della storia processuale, primo grado e Appello conclusosi il 4 giugno 2010, di Tiziana Deserto accusata di aver affidato la propria figlia, la piccola maria di appena 2 anni a Giorgio Giorni, l’uomo di cui si era invaghita, condannato in via definitiva per averla violentata e uccisa. Questa puntata ricostruisce tutte le prove che indicherebbero Tiziana Deserto come complice dell’assassinio della propria figlia.

Rai 1 17,45

In Onda Partendo dalla manifestazione di mercoledì scorso promossa da Giuliano Ferrara, nel corso della puntata si ragionerà sui possibili nuovi scenari nell’area politico-culturale del centro destra insieme al politologo del Corriere della Sera Giovanni Sartori e al direttore de Il Giornale Alessandro Sallusti. All’interno del programma, Gene Gnocchi sarà protagonista di un copertina satirica.

La7 20,30

Rai 3 23,50


Sabato 11 giugno 2011

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SECONDO TEMPO

MONDO

WEB

di Federico

LA MOBILITAZIONE ONLINE

Mello

Referendum: ciao ciao tv i siamo anche noi italiani, orCmassa mai: siamo entrati tutti in nella politica ai tempi di Internet. Se la campagna elettorale di Pisapia, supportata online da mille contributi creativi, ha segnato un’efficace e decisiva prima volta, per il Referendum si è fatto il passo avanti ulteriore e decisivo: cittadini italiani sempre più connessi (a cominciare dagli iscritti a Facebook, ora a quota 20 milioni) sanno ormai bene come coordinarsi online e mobilitarsi offline, nella vita di ogni giorno. Le iniziative, innumerevoli, sono note. Pub, pizzerie, locali domenica offriranno in tutta Italia la prima bevuta a chi arriva con la scheda timbrata; e così faranno oltre venti stabilimenti balneari della Versilia che daranno l’ombrellone gratis a chi ha già votato. Cittadini più e meno giovani si sono organizzati con collette nei quartieri per stampare e distribuire adesivi e volantini, mentre hanno fatto loro l’esperienza del “car sharing” quelli della pagina Facebook Taxiquo-

SCF=Cinema Family SCC=Cinema Comedy SCM=Cinema Max

18.35 Transformers - La venSCH detta del caduto 19.05 French Kiss SCP 19.05 Quanto è difficile essere teenager! SCF 19.15 Ipotesi di reato SCM 19.20 In questo mondo di SCC ladri 19.25 Il 7 e l'8 SC1 21.00 Pomodori verdi fritti alla fermata del treno SCP 21.00 Sleepers SCM 21.00 Prima tv Fantastic Mr. Fox SCF 21.00 Oggi sposi... niente sesso SCC 21.10 The Truman Show SCH 21.10 L'apprendista stregone SC1 22.35 Piovono polpette SCF 22.40 La valigia sul letto SCC 23.00 X-Men le Origini: Wolverine SCH 23.05 Spy Game SC1 23.15 Main Street SCP 23.35 Deadly Impact SCM 0.25 Maga Martina e il libro magico del draghetto SCF

SP1=Sport 1 SP2=Sport 2 SP3=Sport 3

17.00 Ciclismo, Tour de Suisse 2011 1a tappa: Lugano Lugano (crono), 7,3 Km (Diretta) SP3 17.30 Automobilismo, Ferrari SP2 Challenge 2011 (Replica) 18.30 Calcio, amichevole VeneSP1 zuela - Spagna (Replica) 19.15 Tennis, Torneo Avvenire SP3 2011 (Differita) 20.30 Basket, Serie A maschile 2010/2011 Playoff - Finale, Gara 1 Montepaschi Siena - Bennet SP2 Cantù (Diretta) 21.00 Golf, PGA European Tour 2011 BMW Italian Open: 3a giornata (Replica) SP3 22.00 Calcio, Serie A 2010/2011 Anticipo 12a giornata ritorno Milan - Inter (Replica) SP1 22.30 Hockey ghiaccio, NHL 2010/2011 Stanley Cup Final: Gara 5 Vancouver Canucks SP2 Boston Bruins (Replica) 0.00 Calcio, Incontro amichevole Paraguay - Romania (Diretta) SP1

RADIO “Il trucco e l’anima” sulla Biennale di Venezia Il settimanale di Radio1 “Il trucco e l’anima” torna con la conduzione di Federico Pietranera. Si inizia con uno sguardo alla Biennale d’arte di Venezia: interverrà il critico Mario Codognato, curatore dell museo MADRE di Napoli, per parlare di arte contemporanea in Italia e nel mondo. Laura Gabbiano proporrà un'intervista all’artista Gianni Asdrubali. Per la musica, Carlotta Tedeschi presenterà l’ultimo disco del cantante e chitarrista californiano Ben Harper, in tour a luglio in Italia con cinque concerti. Infine, un reportage dalla via Francigena, itinerario medioevale dei pellegrini per raggiungere Roma: il tratto finale è stato ripercorso in questi giorni da un gruppo di detenuti, in un progetto che intende favorire il loro reinserimento. Il servizio di Anna Maria Caresta che ha camminato con loro.

Radiouno 12,30

video assieme a Elio Germano e altri attori; discorso uguale il Dj radiofonico Linus che si è speso in un video-appello, per non dimenticare Corrado Guzzanti che, sapientemente, ha rilasciato su Internet proprio uno spot pro-voto come anticipazione della sua nuova trasmissione su Sky. Queste solo alcune iniziative: persino le YouTube stars hanno fatto un video-appello. Intossicati da una tv e una informazione controllate in modo asfittico, la “vecchia” Italia ha fatto uno scatto dal basso verso l’alto, usando la rete non come continente sommerso dove sfogarsi tra amici, ma come rete di coordinamento per mettersi in gioco. È la democrazia bellezza. Che la televisione non è riuscita a silenziare. f.mello@ilfatto quotidiano.it

Maledetti refusi. Il Tg1 di ieri ha dedicato la sua rubrica “Media” – quella che intende “fare le pulci” ai giornalisti – alle copertura sui quotidiani (compreso il nostro) dell’errore commesso dal tg sabato scorso, quando il conduttore ha parlato dei referendum del “13 e 14” giugno (invece che del 12 e 13). “Quando il refuso lo fa il Tg1 l’accanimento è garantito” assicurano quelli di Media aggiungendo che il loro errore è stato commesso nell’edizione delle 13 e 30 e non in quella “serale” come scritto da molti giornali. “Quando si fanno le pulci agli altri sarebbe bene cercare di evitare l’errore nell’errore” aggiunge la voce fuori campo della redazione. Peccato, però, che sul sito del Tg1, nella pagina web dove è stata pubblicata la rubrica Media di ieri, la didascalia reciti: “Tg1 Media del 10 gennaio 2011”. Proprio così, “gennaio” in pieno giugno. Chi di refuso colpisce, di refuso perisce.

feedbac$ k Commenti al post su ilFattoQuotidiano.it: “Referendum, la casta dice No al quesito sull’acqua pubblica” di Buscemi, Feltri e Perluigi è I CITTADINI per riappropriarsi dell’acqua devono vigilare di più e partecipare. Se poi risparmiamo l’acqua ed evitiamo gli sprechi dovremmo anche risparmiare sulla bolletta. Parigi e Berlino sono ritornate indietro dalle privatizzazioni e un motivo c’è. Come ha spiegato una bella trasmissione di Report. Destra e sinistra per me pari son, almeno in questo campo. Reta è SÌ, E MANDIAMOLI via anche quando si appropriano delle istituzioni pubbliche. “Acqua pubblica” non è automaticamente sinonimo di servizio ben gestito. Dobbiamo vigilare, perché pubblico o privato che sia il servizio, la loro motivazione primaria è quella di buggerare il cittadino/cliente. Peterdem

Sopra, Roy Paci; il video delle YouTube stars; Paolo Virzì e Caterina Guzzanti; la rubrica “media” sul sito del Tg1

LO SPORT

I FILM SC1= Cinema 1 SCH=Cinema Hits SCP=Cinema Passion

rum: gli iscritti si coordinano offrendo e chiedendo passaggi per andare al seggio. Sempre su Internet il comitato Iovotofuorisede, pone una questione importante, che riguarda soprattutto i più giovani: “Oggi – dicono – saremo in tutte le piazze delle principali città italiane con un FlashMob per chiedere che venga approvata al più presto dal Parlamento una legge che garantisca il diritto di voto per il cittadino in mobilità”. I giovani, si sa, si spostano: ma questo non importa a una politica guidata dagli “anta. In rete si sono spesi anche artisti e volti noti. Sarà stato l’esempio di Celentano, sarà che sempre l’innovazione dal basso si diffonde poi in tutta la società, ma per la prima volta anche professionisti dello spettacolo hanno popolato il web. Il trombettista e cantante Roy Paci si è fatto vivo ieri in modo fragoroso con un video – realizzato con l’agenzia Proforma – “Votare Oh Oh”, sulle note di Modugno. E così Paolo Virzì che ha realizzato un

è MINZOLINI: “ACCANIMENTO” SUL REFUSO MA LA REDAZIONE CADE SULLA DIDASCALIA DEL SERVIZIO

LA COSTITUZIONE È SCRITTA ONLINE

AL TRAGUARDO L’ESPERIMENTO ISLANDESE

La nuova Costituzione dell’Islanda, la piccola isola dei ghiacci travolta dalla Grande Crisi, sta nascendo grazie a Internet e ai social network. Il lavoro della commissione costituzionale viene infatti condiviso quasi in tempo reale attraverso Facebook, YouTube così che ogni articolo della bozza possa ricevere input e correzioni dal popolo della rete (nel Paese due terzi dei 320mila cittadini hanno un profilo Facebook). “Credo che questa sia la prima volta che una Costituzione viene stilata praticamente attraverso internet”, ha spiegato al Guardian Thorvaldur Gylfason, membro della commissione costituzionale. “È un procedimento molto diverso rispetto ai vecchi tempi, quando i padri costituenti preferivano rinchiudersi in un luogo fuori mano, privo d’influssi esterni”. ha aggiunto. La riforma si è imposta in seguito alla Grande Crisi, che ha spazzato via l’infrastruttura finanziaria della nazione – spingendola di fatto alla bancarotta – e, di conseguenza, l’intero governo. L’Islanda ha deciso quindi di tracciare una riga e ricominciare dall’inizio. L’attuale Costituzione, d’altra parte, risale al 1944, l’anno dell’indipendenza dalla Danimarca. In pratica è la Carta danese rivista e corretta alla bisogna. L’operazione “crowdsourcing” fa seguito al forum dello scorso anno dove 950 cittadini sono stati selezionati a caso per partecipare a una giornata di dibattito sulla futura Costituzione. Se la commissione la spunta, la nuova carta, pronta entro luglio, verrà sottoposta a referendum è MARCIA INDIETRO APPLE confermativo SULLE COMMISSIONI PER GLI EDITORI senza correzioni da Nel timore di una fronda degli editori parte del Parlamento. online, la Apple fa una parziale marcia Sarà insomma, indietro, rendendo meno stringenti le è “CARTA ESTINTA NEL 2017” un vero documento regole di vendita dei contenuti digitali I DATI ESPOSTI DALLA ASIG scritto attraverso l’App Store. Come scrivono sia Sarà così? In Usa la deadline per dai cittadini per i il New York Times sia il Wall Street Journal, l’estinzione del giornale quotidiano è cittadini. la casa di Cupertino ha deciso di lasciare fissata al 2017, per l’Italia è il 2027. Ma agli editori la possibilità di stabilire i prezzi e in generale, secondo una ricerca di vendere i contenuti direttamente, se lo realizzata da una società di desiderano, senza passare per quella che consulenza australiana, la scomparsa della carta stampata nelle prossime settimane diventerà il avverrà tra il 2030 e il 2040. Sono i dati illustrati ieri dal Newsstand, l’edicola elettronica presentata segretario dell’Asig, l’Associazione stampatori italiani lunedi a San Francisco da Steve Jobs. giornali, Sergio Vitelli, durante una conferenza. Il trend di Attraverso l’App Store, Apple chiede una flessione, ha sottolineato Vitelli, è chiaro nel numero di commissione del 30 per cento, e fino ad copie che si vendevano nel 2004 a confronto con il 2009: oggi il gruppo di Jobs intendeva obbligare gli 93 milioni in Europa a fronte degli 87 milioni di 2 anni fa; 68 editori a vendere allo stesso prezzo anche milioni nel 2004 in Nord America, 58 milioni nel 2009. fuori dall’edicola: una ipotesi che non Tutt’altro discorso per i tablet per i quali è prevista una avrebbe convinto le autorità antitrust crescita del mercato del 150 per cento nel 2011. Ma siamo statunitensi. L’unico limite ancora fissato è sicuri che la carta scomparirà nella prossima generazione? quello di proibire agli editori di installare un pulsante virtuale “Buy” (acquista) a partire dalla App. Il Financial Times ha fatto sapere che la marcia indietro non è sufficiente.

è QUESTI uomini delle libertà, sanno che gli italiani risponderebbero ai quattro quesiti con 4 Sì. Quindi, invitano a non rispondere affatto... come sono democratici. MiRiprendo LaLiberta è SÌ, SI, sì, sìììììììììììì! Orgasmo collettivo degli italiani il 12-13 giugno, altro che bunga-bunga! (ho trovato la battuta molto indovinata e simpatica dal blog di Beppe Grillo che intitolava “orgasmo democratico”). Abitante è BONANNI lo vada a chiedere a Craxi se i referendum non hanno mai cambiato nulla. Eleftero è GENTE come Bonanni va ignorata e soprattutto superata. Fabio.lanzini è SE LA CASTA dice NO è solo una ragione in più per andare a votare ricordandogli che – senza il consenso dei cittadini – non possono fare NIENTE!!! Diamoci da fare e andiamo in massa a dimostrare che abbiamo molto più cervello di loro!!! M. A. G. è A VOLTE mi chiedo cosa ho fatto di male. È mai possibile che mi tocchi sentire Bonanni dire queste idiozie... e dover rappresentare la CISL come rappresentate sindacale? Scusate lo sfogo personale. ermanno.esposito è HA RAGIONE Beppe Grillo, default, tutti a casa, gente nuova e giovane! Serendipity è SE PRIVATIZZARE servisse a rendere più efficiente la distribuzione, ci farei un pensierino. Ma qui si tratta di spartire i milioni che saranno estorti come al solito ai cittadini sudditi e distribuirli ai soliti noti. Andrea_13j


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Sabato 11 giugno 2011

SECONDO TEMPO

PIAZZA GRANDE I moderati immaginari del Pd di Paolo Flores d’Arcais

ono anni e anni che i dirigenti del centro-sinistra si arrabattono per trovare il modo di sedurre i “moderati”, benché la chiave dell’arcano fosse a portata di mano. I risultati delle recenti amministrative hanno fornito l’ultima conferma: i consensi dei moderati si conquistano solo con dosi adeguate di “estremismo” e di “antipolitica”. Era il segreto di Pulcinella, se solo gli inamovibili della nomenklatura Pd avessero preso atto degli indizi evidenti, reiterati e convergenti, manifestati nel corso degli anni. Prendiamo il “conflitto di interessi”. Ai “giustizialisti” che rimproveravano i governi di centrosinistra di non averlo affrontato, i soloni del “progressismo” ufficiale rispondevano che si trattava di un tema elitario, che agli italiani bisognava parlare di tasse e disoccupazione. Visto che nel frattempo erano stati al governo tre volte, due con Prodi e una con D’Alema, potevano anche realizzare qualcosa, anziché “parlare”, e magari nel senso di una riduzione delle aberranti diseguaglianze sociali. Sarebbe bastato, per dire, una tranquilla guerra all’evasione, cominciando da quella più opulenta, e un nuovo welfare basato sul salario di cittadinanza, e l’abbattimento dei ciclopici costi della “casta”. Ma lasciamo stare.

S

IL FATTO è che agli italiani il conflitto d’interesse interessava eccome. Nel febbraio del 2002, un sondaggio di Mannheimer per il Corriere della Sera rilevava come proprio il conflitto di interessi fosse al primo dei problemi più sentiti dai cittadini. Veniva pubblicato il giorno dopo la manifestazione del Palavobis, manifestazione “giustizialista” che più “giustizialista” non si può, organizzata da MicroMega per ricordare i dieci anni di Mani Pulite, e il cui successo aveva lasciato allibi-

Sebbene si sia fatto il possibile per non capirlo, la lezione delle consultazioni amministrative è chiara. Un certo elettorato si attrae con l’intransigenza nel difendere legalità e libera informazione

te le vestali della Realpolitik. Il Palavobis fu il “momento” (nel senso della fisica dinamica) che insieme al “grido” di Nanni Moretti diede avvio all’anno dei girotondi, culminata in settembre con la grandiosa manifestazione di piazza san Giovanni. Anch’essa boicottata in tutti i modi dai dirigenti Pd (o come all’epoca si chiamavano). Così come era concepita “faceva il gioco di Berlusconi”, ammonivano paterni, escludendo dal palco ogni dirigente di partito “finiva nel qualunquismo”, e soprattutto avrebbe spaventato i moderati per i toni radicali della contrapposizione a Berlusconi e al suo “regime” (parola impronunciabile secondo i D’Alema, Veltroni and Co.). Farla finita con la “demonizzazione di Berlusconi” e con la denuncia degli “inciuci”: con il governo si dialoga civilmente sui contenuti, questo era il modo giusto per conquistare i moderati. E tuttavia

i vari sondaggi realizzati dopo la manifestazione ridicolizzavano questi maestrini della Realpolitik, che del mondo hanno conosciuto solo gli apparati di partito. Proprio la coerenza repubblicana dei girotondi, la radicalità della fedeltà alla Costituzione espressa in modo intransigente sui temi della legalità, dell’informazione, della lotta ai privilegi di casta, facevano breccia nell’elettorato di centro-destra. Una manifestazione che per settimane le tv di regime avevano presentato come minaccia quasi brigatista, e le opposizioni ufficiali avevano cercato di far fallire, veniva salutata con simpatia da quote non indifferenti di elettori del centrodestra, soprattutto leghisti e di An. ANCORA più significativo il sondaggio di Mannheimer per il Corriere della Sera successivo alla manifestazione dell’8 luglio 2008 di Piazza Navona. Indetta da singoli cittadini (Furio Colombo, Pancho Pardi, Giuseppe Giulietti e chi scrive), malgrado le lettere aperte rivolte ai dirigenti del Pd (segnatamente l’allora segretario Veltroni) per organizzare insieme una “giornata della giustizia” contro le leggi-canaglia di Berlusconi e il suo “fascismo strisciante”, solo il partito di Di Pietro aderì (e si accollò le spese del palco). Dei numerosi interventi (oltre ai promotori, Camilleri, Mannoia, Celestini, Ovadia, Rita Borsellino, Ravera, Travaglio) le tv e quasi tutti i giornali non raccontarono nulla, se non le critiche al presidente Napolitano, concentrandosi su due interventi “scandalo”: Beppe Grillo e soprattutto Sabina Guzzanti (coi suoi riferimenti espliciti alle “ministre” per meriti Monica Lewinsky, e a Papa Ratzinger inseguito all’inferno da diavoli omosessuali). Ebbene, una manifestazione demonizzata dai media, trattata come delinquenziale dal regime e giudicata in termini analoghi dal Pd, viene invece giudicata positivamente

Quel Ponte che non regge di Luigi Zanda

aro direttore, dalle ultime elezioni comunali di Milano, emerge un dato molto significativo. Soltanto il 2% dei milanesi con diritto al voto e il 16% dei votanti effettivi ha scritto il nome di Berlusconi sulla scheda elettorale. Motivo di tanta ampia caduta di popolarità è la stanchezza per le promesse non mantenute e per la vanagloria dei continui proclami senza seguito. La prima qualità di un leader politico è l'affidabilità. Oggi è chiaro che Berlusconi non l'ha mai avuta. Tra le sue tante promesse velleitarie, ce n'è una ormai senza più alcun senso: il Ponte sullo Stretto di Messina. Non c'è nessun motivo che possa ancora tenere l'Italia, il Mezzogiorno, la Sicilia e la Calabria appesi a un progetto che non ha nessuna possibilità di vedere la luce. È arrivato il momento di mettere fine a una commedia che, in termini di tempo perso e risorse impiegate, è già costata troppo all'Italia. Le ragioni per cui Berlusconi ha il dovere, non solo politico ma anche morale, di dichiarare ormai archiviato il Ponte sono tutte molto rilevanti.

C

La prima. La nostra economia non è assolutamente in grado di sostenere un investimento tanto consistente come quello necessario per realizzare il Ponte sullo Stretto. Sinora nessuno ha garantito che il Ponte avrà una redditività adeguata (oggi il valore stimato dell'investimento è superiore ai 6,1 miliardi di euro ma, conoscendo quanto siano inattendibili queste stime nel nostro Paese, il conto finale non sarà meno del doppio!). SECONDA RAGIONE. La Calabria e la Sicilia hanno estremo bisogno di risposte chiare e serie su problemi vitali molto, molto più urgenti del Ponte. Per calabresi e siciliani le priorità sono altre. Ampliare e rinnovare una rete infrastrutturale arretrata e del tutto insufficiente. Intervenire sulle diffuse e profonde condizioni di dissesto idrogeologico che hanno causato molti lutti e grandi danni. Sanare un serissimo deficit di servizi sociali. Contrastare un'allarmante carenza di beni pubblici essenziali a partire dall'acqua. Promuovere investimenti in sicurezza, scuola, sviluppo delle imprese e lotta alla disoccupazione. La terza ragione che obbliga Berlusconi ad archiviare l'idea del Ponte, taglia la testa al toro.

dal 30% dei cittadini, il 15% non si esprime e solo il 55% è negativo. C’è uno scarto, rispetto alle rappresentanze parlamentari, di circa il 25%, un elettore su quattro. Ma soprattutto, un quarto degli elettori leghisti e un sesto del partito di Berlusconi-Fini, disaggregando i risultati, risultano “conquistati” dagli estremisti-giustizialisti che hanno realizzato la manifestazione. Lungo tutto il decennio è perciò empiricamene rilevabile cosa si debba fare per conquistare i “moderati”: intransigenza repubblican-costituzionale nel difendere legalità e libera informazione, demonizzando il regime, e accompagnando questa politica con la credibilità di persone vissute come politici prestati dalla società civile, non come politici di mestiere, di carriera, a vita. La lezione è adamantina. Alle prossime politiche contro Berlusconi si vince se, e solo se, l’opposizione non sarà monopolizzata dalla “casta” e dal suo controproducente “troncare, sopire”. Strauss-Kahn.In alto, Pancho Pardi. In basso, manifestazione contro il Ponte (FOTO ANSA)

battibecco

É

di Massimo Fini

LO STUPRATORE E I SESSUOFOBI S

tupratori di tutto il mondo unitevi! Non ho alcuna simpatia per Dominique Strauss-Kahn, ex capo del Fondo monetario internazionale, un covo di vecchi malvissuti col compito di taglieggiare i Paesi poveri per dare ai ricchi. E conosco bene l'arroganza dei potenti, il senso di impunità da cui sono posseduti per cui si ritengono autorizzati a tutto. In Italia ne abbiamo una vera collezione. Ma ancor meno mi piacciono la gogna e il linciaggio, strumenti di tortura e di punizione medievali che non dovrebbero avere diritto di cittadinanza nelle democrazie moderne. Strauss-Kahn è dovuto passare fra due ali di folla irridente, sotto l'occhio delle telecamere di tutto il mondo, mentre, per aumentarne la pubblica umiliazione, un gruppo di cameriere d'albergo, radunate dagli avvocati dell'accusa, lo insultavano e gli gridavano "vergogna!". Non è stato costretto a infilare la testa nel collare di ferro esponendo il viso al pubblico ludibrio, ma fra le ganasce di uno strumento ancora più infame, la Tv, che solletica gli istinti più bassi dell'essere umano, che non sono quelli sessuali, ma la voluttà per l'umiliazione altrui o, in altri casi, un sozzo voyeurismo mascherato da pietà (Avetrana docet). In ogni caso colpevole che sia Strauss-Kahn, come l'ha già giudicato e condannato la folla, ogni tipologia di reato conosce varie gradazioni di gravità e punizioni ad esse adeguate. C'è la rapina a mano armata, la rapina semplice, il furto con scasso, il furto, il borseggio. La decapitazione di una carriera prestigiosa, il braccialetto al piede come per una scimmia, una guardia all'uscio e sei milioni di dollari mi sembrano un prezzo un po' alto per un pompino, sia pure estorto. L'America, società matriarcale, sta inoculando in Europa, oltre a tutto il resto, il suo puritanesimo ipocrita. In Francia un viceministro, Georges Tron, è stato costretto a dimettersi perché accusato di molestie sessuali da due impiegate cui stava massaggiando i piedi. Pare che, approfittando della situazione, abbia tentato un approccio più esplicito. E non è un caso che in Italia le suorine di sinistra e tutti i giornali si siano focalizzati sulle escort di Berlusconi o sulla presunta induzione alla prostituzione di una pseudo minorenne (oggi una ragazza di quasi 18 anni è minorenne solo per l'anagrafe, ci sono in circolazione delle vere mine vaganti) piuttosto che su reati molto più gravi come la concussione o la corruzione di testimone in giudizio, già accertata, questa, in primo grado. Negli Stati Uniti un deputato democratico, Anthony Weiner, candidato a sindaco di New York, è stato costretto a confessare, in lacrime, davanti ai media di aver scambiato messaggi a sfondo sessuale e fotografie con sei donne, senza peraltro averle mai incontrate. È stato considerato adulterio (per incastrarlo è stato usato il solito, ipocrita, escamotage: in un primo tempo aveva negato, quindi è un mentitore professionale). A parte che un adulterio dovrebbe essere cosa che riguarda solo chi lo compie e sua moglie, stiamo arrivando ad eccessi deliranti. Qui siamo già oltre il processo alle intenzioni di storico stampo cattolico. Siamo in pieno “1984” di Orwell. Ancora un passo è verranno punite le nostre fantasie sessuali. Gli stupri solo immaginati. I peccati di pensiero. Da dieci anni stiamo conducendo una guerra in Afghanistan per estirpare la sessuofobia talebana, ma i veri sessuofobi, a parti invertite, siamo noi. Quanto a me mi rifiuterò di albergare in qualsiasi hotel dove il personale che si occupa delle camere non sia rigorosamente maschile.

Il gravissimo terremoto del Giappone è zionale già nel 2009, la sismicità dell'area la tragica dimostrazione che al mondo dall'inizio del secolo ad oggi. La storia dei non esistono tecniche di previsione si- movimenti tettonici delle coste siciliana e cure. Come si fa a non rendersi conto che calabrese nell'ultimo secolo e mezzo dice non è possibile stabilire, con congruo inequivocabilmente che una costa rispetto anticipo e con esattezza, l'entità del pe- all'altra continua tuttora a muoversi di circa ricolo in aree a forte rischio sismico co- 3,6 mm all'anno. Non è poco. Sulla base di me lo Stretto di Messina? Com'è possi- tutte queste osservazioni l'Ingv stima il bile che dopo la tragedia del Giappone tempo di ricorrenza di forti terremoti intornessun membro del governo italiano ab- no alle centinaia di anni. Rispetto al terrebia mostrato la benché minima perples- moto del 1908 sono, però, escluse da questo calcolo le conseguenze del movimento sità sulla costruzione del Ponte. Nel 1908 un terremoto di magnitudo 7.2 dei segmenti di faglia limitrofi all'epicentro della scala Richter e XI grado della scala che potrebbero dover ancora scaricare la Mercalli ha provocato in Calabria e Sicilia loro energia sismica. In linea puramente quasi centomila morti, di cui duemila solo teorica, l'Ingv ritiene che un terremoto siper lo tsunami che seguì il sisma: onde an- mile a quello del 1908 si possa ripetere cirche di dieci metri che devastarono le coste ca ogni mille anni, ma precisa anche che in quella parte di crosta terdi Messina e di Reggio restre i movimenti sismoCalabria. Nei 15 anni genetici sono molteplici. precedenti, special- L’intervento sullo Quindi, statisticamente, mente nel Sud della la probabilità di un forte Calabria, vi erano stati Stretto di Messina è terremoto nell'area dello altri terremoti imporStretto finisce coll'essere tanti, meno intensi di la più dissennata molto alta con possibili quello del 1908, ma delle promesse di B. tempi di ritorno anche comunque sempre didell'ordine di un secolo. sastrosi, con magnitu- È arrivato il do superiore a 6.0. A conferma di queste Lo Stretto di Messina è, momento di porre storicamente, una delle aree più sismiche fine a una d'Europa come docu- commedia che, in mentato dall'Istituto Nazionale di Geofisica termini di tempo e e Vulcanologia (Ingv) che ha ricostruito, in risorse impiegate, è un lavoro pubblicato su una rivista interna- già costata troppo

conclusioni, molti studiosi sostengono che circa l'80 per cento del movimento tra i blocchi crostali calabrese e siciliano, riguardi la specifica area dello Stretto di Messina, caricando costantemente di stress diversificati la faglia e, quindi, corrispondentemente provocando la possibilità che i tempi di ricorrenza di forti terremoti siano più corti della norma, fino ad arrivare ai cento anni, se non meno. SAPPIAMO bene che l'intensità di terremoti, eruzioni vulcaniche e alluvioni non può essere ancora prevista con la precisione che sarebbe necessaria per prevenire le catastrofi. Sappiamo anche che, in molti casi, si tratta di eventi che non possono essere previsti in nessun modo. Da qui il dovere dei governi di tutelare i cittadini mettendoli al riparo del pericolo con scelte quanto più prudenziali possibile. Sembrava ovvio che la tragedia del terremoto giapponese e le sue conseguenze sulla popolazione, avrebbero illuminato e convinto il governo italiano non solo sui troppo alti rischi del nucleare, ma anche sull'impossibilità di controllare le calamità naturali e le loro conseguenze per un ponte come quello dello Stretto di Messina. L’Ingv sarà stato pure rinviato a giudizio per L’Aquila, nonostante le sue pubblicazioni precedenti al sisma del 6 aprile, ma almeno sul Ponte di Messina, diamogli retta. Intestardirsi sulla sciagurata promessa di realizzare il Ponte sullo Stretto, è molto peggio di un errore politico. È una sciocchezza.


Sabato 11 giugno 2011

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SECONDO TEMPO

MAIL Al mare solo dopo aver votato

BOX A DOMANDA RISPONDO MARCHIONNE CONTRO MARCHIONNE

Furio Colombo

7

Mi rivolgo a tutti gli italiani che non vogliono più un presidente del Consiglio come quello che abbiamo. Un uomo che dovrebbe dare il buon esempio civico, invita la gente a non andare a votare, la sua paura fa 90. Tutti dobbiamo andare a votare prendendoci la nostra responsabilità a prescindere che vinca il Sì o il No, perché dobbiamo dire, “noi abbiamo deciso”. Il referendum e il voto è l’unico mezzo con cui noi italiani possiamo ancora dire “ho deciso io” e non altri che pensano solo al proprio tornaconto. Svegliamoci, al mare andiamoci dopo aver votato, la giornata è lunga!!!! Il sole non scompare.

aro Furio Colombo, due domande: come fa Marchionne a pagare così in fretta i suoi enormi debiti americani e come mai, in Italia, non ha mai fatto vedere i due miliardi di investimenti promessi ai sindacati docili? Alber tina

C

COME in certi film d’azione, su Marchionne in rapido movimento bisogna allargare l’inquadratura. E poi fare quella che i registi chiamano un “piano-sequenza” per seguire lo straordinario personaggio nel doppio ruolo di vertice che si è assegnato e nella strana gara Marchionne contro Marchonne che ha creato, forse per sfogare la sua esuberanza manageriale e fisica. Allargando l’inquadratura, vediamo Marchionne accanto alla Fiat. In questa inquadratura Marchionne è infelice in un crescendo drammatico. Infatti da prima è infelice con tre operai di Melfi: Pignatelli, Lamorte, Raguzzini, che si sono ostinati in due ore di sciopero. E li manda via persino se il giudice li reintegra. Poi è arrabbiato con tutta la Fiat, che non gli dà – lui dice – un euro di profitto, tanto che, per gli splendidi bilanci di cui si vanta, deve contare su quel che gli dà il mondo (naturalmente su disegni, progetti, ricerche, sperimentazioni e modelli Fiat). Ma alla fine torna, come un console romano, da una campagna condotta e vinta nella lontana Detroit, e pronuncia la celebre frase: “L’Italia deve cambiare atteggiamento”. La “escalation” è sensazionale: tre operai, poi la Fiat, poi l’Italia. Potremmo sostare ai bordi della scena, aspettando l’inevitabile, che il mondo intero vada stretto a Marchionne. Purtroppo la

A.G.

Chi ha paura della democrazia diretta? Premesso che questa democrazia diretta ha da sempre dato enormemente fastidio ai nostri governanti, di qualunque colore siano. In epoca di Prima Repubblica si ricorreva persino allo scioglimento anticipato pur di posticipare il “tragico” evento. Ora come abbiamo assistito si è fatto di tutto. Fissazione della data nell’ultima settimana possibile augurandosi che tanti cittadini siano già in vacanza. Ricorsi alla cassazione, alla Corte costituzionale pur di smorzarne gli effetti. Inserimento dei residenti all’estero con inadempimenti mo-

LA VIGNETTA

sua stranezza ci riguarda, e la osserviamo con un certo allarme, così come abbiamo notato a suo tempo con ammirazione, l’epoca di Marchionne. Primo, quando, con poche mosse giuste e in silenzio, aveva risvegliato il gigante Fiat, e dava l’impressione che il suo strumento principale fosse il buon senso. Ma ecco il “piano-sequenza” che ci consente di seguire, una collegata all’altra, le ultime mosse. Si vede un uomo, certo abile e competente, gratificato dal successo in un Paese competitivo e difficile, che si compiace, come è giusto. Ma dimentica subito (e questo non è giusto) che il suo successo non è ad personam, ma è il successo del ad Fiat. Marchionne non era un turista entrato per un caso fortunato, nel momento giusto, nei capannoni della Chrysler. Non è fuori posto dire: il presidente Obama, nel momento in cui ha dovuto salvare una sua impresa automobilistica morente, si è rivolto alla Fiat, che vuol dire storia, tradizione, progettisti, ingegneri, operai, lungo un percorso durato tutto un secolo, con radici profonde nella vita torinese e nella vita italiana, e anche nella cultura italiana, pregi e difetti. Evidentemente la sfasatura di scala fra Detroit e Torino disorienta il bravo manager al punto da fargli dire una frase infantile. Dice: “Tutta l’Italia (meno Marchionne) deve cambiare atteggiamento”. Poiché sarebbe meglio se continuasse a essere un bravo manager di buon senso (e in quest’ultima scena siamo lontani dal buon senso) gli auguriamo il consiglio di amici competenti e sinceri. Al momento mancano. Furio Colombo - Il Fatto Quotidiano 00193 Roma, via Valadier n. 42 lettere@ilfattoquotidiano.it

tutto ciò penoso e antidemocratico, per non usare toni più coloriti. Ma quando i politici si riempiono la bocca di democrazia a cosa si riferiscono? Marco Bernardi

La Nestlé e la Borsa mondiale dell’acqua

struosi da parte delle ambasciate con l’unico risultato di aumentare il livello del quorum. Non pulizia delle liste elettorali da defunti e irreperibili. Burocratismi studiati a tavolino per complicare il voto ai malati ospedalizzati, personale viaggiante, studenti all’estero ecc. ecc. Scarsissima informazione sebbene la legge preveda dibattiti e spot da 60 giorni prima della data. Nessun accorpamento con elezioni di altro tipo, alla faccia del risparmio e delle casse dello Stato esauste.

E alla fine si ricorre al classico boicottaggio dell’astensionismo. I fautori del NO non tentano nemmeno più di convincere ma si affidano alla stanchezza o a un astensionismo pilotato. Ora anche la carta copiativa dei quesiti che potrebbe inficiare diverse schede (se sovrapposte) al momento dello spoglio. E magari domani a quorum non raggiunto sostenere l’inutilità della consultazione popolare per tentare di scippare in toto l’istituto referendario tanto fastidioso. Trovo

La Nestlé ha lanciato pochi giorni fa in Canada la proposta di creare una “borsa mondiale dell'acqua”, soggetta alle stesse regole della borsa per gli altri prodotti, che consentirebbe quindi a poche multinazionali di avere il controllo completo sull’acqua che finisce sulle nostre tavole, ma anche su quella che esce dal rubinetto, se l’acqua venisse privatizzata. Nestlé è l’azienda numero uno per il mercato mondiale delle acque minerali, quindi la proposta non è per niente disinteressata (solo in Italia sono parte del gruppo Nestlé le seguenti marche: Claudia, Giara, Giulia, Levissima, Limpia, Lora Recoaro, Panna, Pejo, Terrier, Pracastello, San Bernardo, San Pellegrino, Sandali, Tione, Ulmeta, Vera). Se prima avevamo molti buoni motivi per andare a votare il referendum del 12 e 13 giugno per evitare la privatizzazione degli acquedotti, adesso ne abbiamo uno in più. Bruna

I mezzi pubblici per gli anziani di Roma Uno dei provvedimenti prioritari del sindaco di Milano Giuliano Pisapia, sarà di rendere gratuiti i mezzi pubblici per gli “anziani” che hanno più di 65 anni. Non so a quali condizioni, oltre l’età, però vale la pena conoscere le condizioni stabilite dal sindaco Gianni Alemanno a Roma. Per aver diritto a viaggiare gratuitamente è necessario aver superato i settant’anni, a condizione però che si abbia un reddito annuo non superiore a 15.000 euro. Non solo: il settantenne pressoché povero, non deve avere un figlio che pur lavorando, non ha la possibilità di lasciare la casa paterna a causa dell’esiguità del suo stipendio, giacché l’esiguo stipendio del figlio va ad aggiungersi all’esiguo reddito del padre. Insomma: il Comune di Roma penalizza gli ultrasettantenni pressoché poveri che non mettono i figli alla porta. Veronica Tussi

Le incoerenze dei nostri politici Vorrei che qualcuno più colto di me mi chiarisse alcuni dubbi che mi assillano. 1) Io sono un padre di famiglia e, in questo momento di crisi finanziaria, ho chiesto ai miei familiari di contenere le spese,

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IL FATTO di ieri11 giugno 1944 Per ricordare Onna. Non solo il villaggio annientato dal terremoto d’Abruzzo del 2009, ma anche quello della strage nazista dell’11 giugno ‘44, una carneficina eseguita dalla 114esima divisione Jäger guidata da Hans Boelsen su diktat del generale Kesserling. Un’“ordinaria” rappresaglia della Wermacht nell’Abruzzo occupato e attraversato dalla linea Gustav, diventata nel giugno ’44 retrovia delle truppe naziste, in ritirata verso il nord. Ritirata durante la quale soldati e ufficiali tedeschi razziano e requisiscono tutto, cavalli, in particolare, per il trasporto di armi e masserizie. E sarà proprio la ribellione di un giovane pastore di Onna, reo, in uno scontro con un soldato tedesco, di aver difeso il proprio animale dalla razzia, a innescare un circuito di ferocia. Nonostante l’inconsistenza dell’episodio, i nazisti gridano all’assassinio di un loro militare, vogliono la testa del giovane ribelle, fuggito in montagna. Dopo un’inutile mediazione delle donne del paese,la vendetta scatta implacabile e l’11 giugno, trascinate nella casa del fuggiasco, 17 persone saranno mitragliate. E la casa fatta saltare in aria. Vittime innocenti, come quelle uccise nel sonno dalla maledetta scossa del 6 aprile. Giovanna Gabrielli

ma per primo sono stato io a ridurre drasticamente le mie personali. Perché il governo chiede a tutti - cittadini, comuni, regioni - sacrifici e contenimento degli sprechi poi si continuano a sperperare inutilmente soldi pubblici. Esempio: rifiuto di effettuare contemporaneamente amministrative e referendum con evidente aggravio di costi, aumento interessato di incarichi di governo in cambio di voti, trasferimento di ministeri o uffici ministeriali a Milano, spese di rappresentanza in costante aumento, (se non erro per salvare Alitalia si era coniato uno slogan “sono italiano e volo Alitalia” poi si vola con aerei di stato e a terra si viaggia rigorosamente con auto tedesche). 2) Le imprese italiane si lamentano dei costi elevati e, a tutela dei loro interessi, trasferiscono le loro attività all’estero dove possono guadagnare di più. Se non sbaglio l’Italia è uno dei paesi dove il costo del lavoro è più alto, ma mi sembra che sia anche il paese dove i dipendenti percepiscono gli stipendi più bassi. Nessuno agisce per contenere i carichi fiscali delle aziende ma sopratutto dei dipendenti che oltre a irpef e fiscalità varie si vedono trattenere contributi sanitari e pensionistici, per poi non avere né una assistenza sanitaria dignitosa né una pensione decorosa. 3) Perché quando si deve eleggere un rappresentante politico, recarsi al voto è un dovere civico (siamo stati invitati tutti a recarci alle urne) e poi quando si tratta di votare per una scelta referendaria si dice che andare a votare non è obbligatorio e si invitano i cittadini a disertare le urne? Forse chi ci governa manca di

coerenza, o sono io ad avere le idee molto confuse. Paolo Dalle Donne

Diritto di Replica Depressione, confusione, vuoto cosmico. Sono queste – secondo il Fatto – le caratteristiche del Tg2 del dopo Orfeo. Strano non se ne siano accorti gli spettatori: gli ascolti sono in clamorosa salita, mai così alti negli ultimi sette-otto anni. Il Tg delle 13 supera spesso i concorrenti pubblici e privati nel day time – ovvero alle 13 – e ha raggiunto una media di 3 milioni e trecentomila spettatori (oltre il 21 per cento). Alle 20,30 si è stabilizzato su uno share a due cifre, ovvero tra il 10 e il 12 per cento. Vuota e confusa mi sembra piuttosto la critica de Il Fatto. E ancora: l’Agcom ha tirato le orecchie a tutti, anche al Tg3 e a Santoro: anche loro vuoti e confusi? Mario De Scalzi, direttore del Tg2

Le critiche si rivolgevano al tg da lei firmato l’8 giugno, ora di pranzo: chi volesse consultare l’archivio valuterà tono e qualità della performance. Il mio pezzo non citava i dati d’ascolto, ma gli incidenti più recenti occorsi al Tg2: la multa Agcom (che il Tg3 non ha ricevuto) e l’errore sulla data dei referendum (che ha fatto anche il Tg1). Quanto al clima, depresso e confuso, chieda ai suoi redattori: sono loro a invocare urgentemente un cambio d’aria al Tg2. (ch.pa.)

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