Il Calderone Alban Arthan 2017

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13/Alban Arthan 2017 Magazine dell‘OBOD


Miti, Leggende e DivinitĂ .

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di Daniela Ferraro Pozzer

p. 08

Attraverso la Storia della CreativitĂ .

p. 12

di Alessia Mosca Proietti

p. 20

di Monica Zunica

di Markus Juniper

Howard Campbell Eimear Burke Claudio Bongiorno Antonella Turchetti

p. 26

p. 30

p. 34 p. 38 p. 48

Daniela Ferraro Pozzer Michela Brandino Ilaria Pege Eimear Burke


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cco il Freddo. Il tempo della Notte profonda. Questo è il momento di creare il germe di ciò che saremo, di ciò che vivremo, di quello che respireremo nel prossimo Giro di Ruota. La piccola scintilla di Luce sta per nascere ancora e, seguendo la Magia di cui risplende, la troveremo anche dentro di noi: Alban Arthan, la Luce dell‟Inverno. L‟Energia è tutta concentrata in un punto di Origine, è Forza pura che pian piano si allargherà crescendo come l‟albero dal proprio seme. Il grande drago del Nord, una creatura di terra e ghiaccio è volato su di noi: riconosciamo la sua Potenza senza temerlo, saliamo sul suo dorso forte e cominciamo a immaginare una rotta. Il Dio bambino, Mabon, il Sole, il Nuovo Ciclo, e infinite divinità di molte credenze e religioni nascono ora, a Yule (di probabile derivazione dal norreno Hjól "ruota")… al terzo mese di semina dopo l‟Equinozio di Autunno, i semi „scelti‟ cominciano a germogliare. Abbiamo lasciato ad un bell‟articolo tratto dal sito “Il cerchio della luna” l‟approfondimento sul Solstizio d‟Inverno: il Calderone, in questo numero, vuole essere magico e riposante, vogliamo antiche storie, musica e ricette tradizionali perché come dice Lars Gustafsson, citato da Margherita Tocci: “Dicembre è sempre stato il mese in cui si smetteva di esistere. Si diventava una parentesi nel buio, o poco più. Si accendevano lanterne, lampade e candele. Ma era evidente che non bastavano contro il fiume straripante delle tenebre. È facile capire un messaggio natalizio più pagano, più primitivo: A qualsiasi costo con torce e fiaccole, era necessario riavere una luce solare il cui ritorno non era mai scontato.” Quindi noi accenderemo insieme le nostre fiaccole, e gioiremo insieme di quella scintilla di luce che fra poco illuminerà di nuovo, le nostre Vite, i nostri progetti, il nostro nuovo Giro di Ruota. Che il nostro Inverno sia protetto e sereno, Daniela Ferraro Pozzer

La partecipazione a questo Magazine dell‟OBOD è sempre aperta a chiunque voglia condividere una propria, preziosa… scintilla di Awen! Scriveteci a ilcalderoneredazione@gmail.com

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Miti, Leggende e DivinitĂ di Daniela Ferraro Pozzer

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empo di Yule, Tempo di Oscurità e di attesa, di Creatività potenziale e di Energia ancora nascosta. Abbiamo voluto trarre, da un libro di recentissima pubblicazione, questa piccola „storia‟, già nota a chi percorre questo Sentiero, per raccontare anche ai più piccoli il mito del Re della quercia e del Re dell‟Agrifoglio, un invito a sensibilizzare le nuove generazioni alle bellezza delle antiche tradizioni, affinché non vadano perdute… Ci piacerebbe raccogliere qualche leggenda “quasi” perduta: se ne conoscete e volete condividerle… ilcalderoneredazione@gmail.com

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Racconta Nonna Gnoma: “Oggi, miei cari bambini, vi voglio parlare di quando le persone ancora vivevano nei boschi e nei piccoli villaggi, e coltivavano i campi ed allevavano gli animali con amore. Beh, la loro vita allora dipendeva veramente tanto dal freddo e dal caldo, dalla lunghezza del giorno e della notte, dalle stagioni, insomma: dal conoscere bene quando piantare i semi e quando raccogliere i frutti. Un buon raccolto avrebbe portato certo un Inverno tranquillo, ricco di cibo ben conservato e di buona legna da bruciare nel camino. Ecco perché le magiche figure del Re dell‟Agrifoglio e del Re della Quercia erano allora molto importanti: questi due potenti sovrani erano i signori della Luce e dell‟Ombra, del Caldo e del Freddo… per capirci bene, sia della parte dell‟anno in cui le giornate si allungano che di quella in cui si accorciano! Il Re dell‟Agrifoglio somigliava un po‟ a Babbo Natale, era il signore della parte dell‟Anno in cui le giornate si accorciano, quella che inizia addirittura il 21 Giugno (Solstizio d‟Estate) mentre noi siamo bel belli al mare e pensiamo solo al caldo! Invece, proprio in quel momento, a nostra insaputa nel cielo succede una cosa: il giorno più lungo di tutto l‟anno illumina la terra da lì su e… al calar della notte … il giovane Re dell‟Agrifoglio si risveglia, si alza in piedi e, in una battaglia meravigliosa fatta di foglie e rami, di raggi di Giorno e raggi di Notte, sconfigge il vecchio Re della Quercia che, ormai stanco, se ne va sotto terra a riposare! Il Re dell‟Agrifoglio governa quindi felice e contento per ben sei mesi… mentre il caldo dell‟Estate lascia il posto all‟Autunno e poi al freddo dell‟Inverno… e le giornate pian piano si accorciano e la notte diventa più lunga del giorno! Però, proprio dopo la notte più lunga dell‟Anno (Solstizio d‟inverno), dopo i festeggiamenti e lo scambio dei doni, all‟alba… nei boschi compare di nuovo, pieno di forze, di gioventù e di nuova energia per il lungo riposo, il Re della Quercia che sfida l‟ormai anziano re dell‟Agrifoglio e, in una battaglia di neve, ghiaccio e di primi raggi di Luce, vince! Porterà di nuovo il Sole, e le giornate da quel momento cominceranno di nuovo ad allungarsi. Il Re sconfitto decide quindi di riposare e se ne va sotto terra per tornare giovane e farsi di nuovo vivo al prossimo Solstizio d‟Estate, quando si riprenderà il meraviglioso trono della reggia magica di Madre Natura. E proprio Madre Natura, intanto, li osserva sorridente: sa che la cosa più importante, perché tutti stiano bene, è che questi due suoi figli siano in equilibrio fra di loro e li ama entrambi, così è sempre felice di riabbracciarli ogni anno con nuovo entu-

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siasmo, sia fra i prati verdi ed i campi di grano, che fra le bianche e morbide nevi scintillanti! Ecco perché anche Babbo Natale in persona porta spesso un rametto di Agrifoglio sul proprio cappello: per rendere omaggio al Re dell‟Inverno e salutarlo prima che vada a dormire! Dovete sapere, miei cari, che in molte località d‟Europa è ancora usanza accendere falò durante i momenti in cui i due Re si scontrano: al Solstizio d‟Inverno ed in quello d‟Estate! Infatti, anche se oggi viviamo in un‟epoca che sembra molto distante da tutto questo, è importante comprendere che, invece, tutti facciamo parte del meraviglioso regno della Regina Natura, insieme alle piante, agli animali ed a tutto ciò che esiste… e forse quest‟anno, guardando bene fra gli alberi, riusciremo finalmente a vedere di nuovo il Grande Re dell‟Agrifoglio con il suo sorriso allegro e la sua corona di foglie e di bacche rosse come rubini, allontanarsi stanco, aprire la Porta magica della Terra ed andare finalmente a riposare un po‟, mentre la magia del Re della Quercia accenderà le prime scintille di Primavera sul mondo. Tratto da: La Filastrocca dei tredici folletti di Daniela Ferraro Pozzer e Antonella Turchetti 2017 Echos Edizioni

Illustrazione di Maria Sciarnamei

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Alban Arthan

“Oscurità, Immobilità, Luce” |

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L’Oscurità è

Protezione 13/Alban Arthan 2017 |

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L’Immobilità è

Apparenza

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La Luce è

Rinascita

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ATTRAVERSO LA STORIA DELLA CREATIVITAâ€&#x;

di Alessia Mosca Proietti |

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arissimi amici, mentre il nostro anno sta per volgere al termine, ci fermiamo in un periodo dell‟anno drammatico quanto carico di promesse, per assaporare la stasi della natura che, immersa nelle tenebre e nel gelo, si prepara a rinascere in una futura esplosione di luce. È in arrivo la notte più lunga dell‟anno, è in arrivo l‟inverno… A beneficio dei nuovi lettori, ribadiamo che "Le Stagioni", scritte in epoche diverse e antecedenti la stampa ufficiale, furono raccolte ed inserite ne "Il cimento dell'armonia e dell'invenzione", op. 8 (antologia di dodici concerti di tipo solistico, contrapposta ai dodici concerti grossi raccolti ne “L‟estro Armonico”). L‟orchestra che esegue tutti i concerti de “Le Stagioni” è composta da un violino solista, un quartetto d‟archi (violino primo, violino secondo, viola e violoncello), e un basso continuo (organo o clavicembalo).

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Allegro non molto Agghiacciato tremar tra nevi algenti Al Severo Spirar d' orrido Vento, Correr battendo i piedi ogni momento; E pel Soverchio gel batter i denti; Largo Passar al foco i dÏ quieti e contenti Mentre la pioggia fuor bagna ben cento Allegro Caminar Sopra il ghiaccio, e a passo lento Per timor di cader girsene intenti; Gir forte Sdruzziolar, cader a terra Di nuovo ir Sopra 'l giaccio e correr forte Sin ch' il giaccio si rompe, e si disserra; Sentir uscir dalle ferrate porte Scirocco, Borea, e tutti i Venti in guerra Quest' è 'l verno, ma tal, che gioja apporte. |

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Con questo concerto, Vivaldi supera sé stesso in quanto ad abilità descrittiva dei passaggi! La crudezza della stagione fredda, le varie forme di precipitazioni atmosferiche, il sollievo del tepore… tutto è magistralmente evocato dal maestro veneziano. Nel primo movimento allegro non molto ci troviamo in balia dello spietato clima invernale che sfinisce i passanti con neve e terribili venti freddi (battuta 1): il concerto inizia senza una melodia precisa, ma con un tremito dei primi violini sopra gli accordi marcati dell‟orchestra, poi alla battuta 12 si aprono le sferzate dell‟orrido vento del violino solista che scuotono l‟intero quadro e forzano il viandante a correre battendo i piedi (con efficaci note ribattute dalla battuta 22) e i denti (suoni ribattuti e dissonanti alla battuta 47). Il movimento termina con l‟intero organico che suona forte un intenso brivido di freddo. Il largo (battuta 64) è un movimento breve e celebre quanto suggestivo. In sole diciotto battute, Vivaldi descrive con una dolce melodia il piacere dei giorni freddi passati di fronte al rassicurante calore di un camino acceso mentre la pioggia, evocata dagli accordi pizzicati dei violini, picchia incessante sui vetri. Nell‟ultimo movimento allegro (battuta 82), le sestine oscillanti del violino solista descrivono il cauto incedere sul ghiaccio dei passanti (battuta 106) alle quali il resto dell‟organico si unisce in ribattuti puntati e poi si allacciano in rapide scale discendenti a descrivere il “Gir forte Sdruzziolar, cader a terra” (battuta 129) e mentre il ghiaccio si rompe (battuta 132) anche gli archi spezzano l‟andamento della melodia con accordi incisivi. Quando i venti escono dalle “ferrate porte” (battuta 182), violino solista e orchestra si contrappongono in un dialogo sempre più incalzante e turbinoso fino all‟impetuosa chiusura del concerto che esplode con la forza delle correnti gelide alla battuta 201. Chiusura in grande per una raccolta di quattro concerti che hanno fatto, meritatamente, la storia della musica, costruendo immagini a tutti note e care, che ricordano esperienza vissuta e quindi alla portata e alla comprensione di tutti. È il momento di salutarci. Anche questo viaggio è giunto al termine e, in attesa del prossimo incontro, vi auguro un nuovo anno pieno di luce e magia!

Alessia Mosca Proietti

Consiglio per l‟ascolto: https://www.youtube.com/watch?v=eH4oGJcCzdM

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“…STRIKE THE HARP AND JOIN THE CHORUS…” Cosa sono le festività senza il calore della musica? Girando per strada, magari canticchiando in macchina, brani celebri e melodie indimenticabili fanno da colonna sonora al periodo natalizio, il più atteso dell‟anno in tutto il mondo. Ma qual è la storia di questi brani, noti come “carols” (carole) nei paesi di lingua anglosassone? Le carole nascono nel nord Europa migliaia di anni fà erano ben lontane dalle odierne Christmas Carols, poiché si trattava di canti pagani che accompagnavano le celebrazioni dedicate al solstizio d‟inverno. Yule, si sa, è il giorno più breve dell‟intero anno ed in canto serviva ad accompagnare danze, infatti l‟etimologia, seppur poco chiara, indica “un brano che accompagna una danza per qualcosa”. Ovviamente venivano composte carole per tutte le festività della ruota dell‟anno, ma ai nostri giorni solo la tradizione delle Yule-tide Carols è rimasta viva. E con questa pillolina storica chiudo la breve parentesi per passare alla parte divertente! Per allietare questo periodo che amo in modo particolare vi propongo, allora, una playlist di carols non convenzionali dedicate a Yule che potrete facilmente trovare cercando in YouTube come dentro un grande sacco di regali: Santa Claus is Pagan Too - Emerald Rose Deck the Halls – trad. Bring Back the Light - Gypsy Winter Solstice Song – Lisa Thiel Solstice Bells - Jethro Tull Snow - Loreena McKennitt The Holly and the Ivy – Loreena McKennitt In the Bleak Midwinter - Loreena McKennitt Hail the Holly King – Inkubus Sukkubus Lady Greensleeves – trad. Solstice Evergreen – Spiral Dance On Midwinter‟s day – Damh the Bard The Winter King – Damh the Bard Solstice Night – S. J. Tucker And Winter Came – Enya Winterwolf – Brunuhville The Rose of Winter – Nox Arcana Celtic Carol – medley di Lindsey Stirling Dell‟ultimo brano segnalo subito il link perché desidero lasciarvi con l‟atmosfera gioiosa evocata da Lindsey Stirling nel video. Nel farlo, auguro a tutti voi un felice Yule, pieno di luce, magia e tanta musica! https://www.youtube.com/watch? v=jg4sZZaf3Gg&list=PL1RBvYVPwVKRnHjh9GrDuriaDlNHITEi&index=37

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Dragon Tanka la tua anima da drago cresce come il mistero del tuo respiro e porta impulsi di sangue attraverso vascelli che inviano calore per tessere la tua vita fra gli arcobaleni

la tua anima da drago cresce come respiro di venti del nord, bacia il sorgere di un fiume i cui argini scuri avvolgono il fuoco del sole rendendo gli arcobaleni la tua essenza

le anime dei draghi si flettono e si uniscono alla bellezza della terra di notte accrescendo la propria grazia riflettendo il fuoco dell'essere donando significato alla presenza dellâ€&#x;arcobaleno.

la tua anima da drago cresce quando si intreccia con unâ€&#x;altra: un fuoco che attira il nostro, rivelazione del non visto arcobaleno riflesso dell'anima

Di Howard Campbell Š Kilkenny Druidry College 2014

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Eoghan Ó Tuairisc Dá mbeadh mileoidean agamsa Ní bheadh Críost gan cheol anocht Is é ag teacht ó áras bán a fhlaitheasa Chuig an mainséar bocht Do sheinnfinn ceol do chuirfeadh gliondar ar a chroí Ceol nár chualathas riamh Ag píobaire sí Ceol „chuirfeadh na réaltaí ag rince i spéartha na hoích‟ …

Se avessi una fisarmonica Il Bambino non sarebbe senza musica stasera quando passerà dalla sua bianca casa celeste alla stalla povera. Suonerei musica per lui Ciò metterebbe la felicità nel suo cuore Musica che non è mai stata ascoltata da un pifferaio magico! Musica che farebbe danzare le stelle nel cielo notturno… grazie a Eimear Burke!

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Fui un seme Un dì ormai lontano Nel dolce abbraccio dell‘Eterno Beato mi cullavo Senza pena nel mio cor. Poi, in un dì presso Di cui vago è il ricordo Non so spiegar il come e il quando La gravità m‘attrasse a sé. Così in repentin momento Un corpo informe mi trovai Solo e impaurito La nuda terra m‘ammantò. Non so spiegar cos‘ero io Che già forma non aveo Il Tutto era il mio respiro D‘Amor pulsavo col senza fine. Ma or il freddo m‘attanaglia E non più luce ma l‘oscura tenebra Una stretta morsa m‘avvolge E non riesco a respirar. La vita scema lentamente La mia coscienza va spegnendosi Sbiadisce ogni ricordo E precipito nell‘oblio. Poi dopo un eterno attimo Un dolce tepore mi scaldò L‘amor soave della madre Col suo bacio mi risvegliò.

Un portento il cor mi scosse E un possente moto ascensionale Inarrestabile mi trascinò. Così iniziai a grattar la terra Un immane sforzo onde fuggir Dalla fredda presa che m‘oscurava Il triste fardello scrollar di dosso. Finalmente fu luce Un mondo nuovo rimirai Il caldo sole mi salutò Riscaldando le mie membra. Nuova vita iniziai Del Padre mio ero bramoso La soave visione contemplar E del Suo amor cingermi il petto. Poi dopo un tempo immemore Grande albero mi ritrovai Tra cielo e terra aveo dimora E luce e tenebra or mi cullavano. Nel mio cor non più paura Che l‘arcan ormai scrutavo Dei più alti cieli che inseguivo E degli abissi che sondavo. Del Tutto aveo la scienza E la mia anima or si beata Dell‘Eterno n‘era pregna Ed il mio amor così donai.

Claudio Bongiorno

Il vital soffio respirai

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Yule Notte a sud, a ovest, a nord E a est… Notte. Notte e silenzio. Ovunque il buio è sovrano. Il freddo padrone del mondo cammina con piedi di ghiaccio. Notte a sud, a ovest, a nord E a est… Notte. Sorge l‘Inverno, sotto gli abeti non un suono. Sospeso è il respiro della natura. Dormienti sono gli spiriti dei boschi rinchiusi in cristalli di neve, avvolti da trine di gelo. Ma ecco… Un piccolo piede si muove, incoronata di brina la bianca signora appare. Cela in se la promessa di luce. Gira la ruota, si accende una stella nell‘oscurità, perle ardenti impreziosiscono la cime della collina, rami d‘oro illuminano il cielo. Ecco… Il vecchio Re muore, il Sole Bambino sorge alla vita. La giovane Aurora lo avvolge nel suo roseo abbraccio e lui illumina il mondo. Notte a sud, a ovest, a nord E a est… Luce. la lunga notte è finita la fiamma brilla, la vita risplende, il sole invincibile ha rubato il dominio alla notte. Gioite è Yule , festa di luci , tutto il mondo è nuovo. Bevete dalla sacra coppa della Madre, Possiate non essere mai assetati.

Antonella Turchetti

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Yule - Solstizio d'inverno Regina del Sole, Regina della Luna Regina dei corni, Regina dei fuochi Portaci il Figlio della Promessa. E' la Grande Madre che Lo crea E' il Signore della Vita che è nato di nuovo! L'oscurità e la tristezza vengono messe da parte quando il Sole si leva di nuovo! Sole dorato, delle colline e dei campi, illumina la Terra, illumina i cieli, illumina le acque, accendi i fuochi!! Questo è il compleanno del Sole, io che son morto, oggi son di nuovo vivo. Il Sole bambino, il Re nato in inverno! Canto tradizionale tratto da "La danza a spirale" di Starhawk http://www.ilcerchiodellaluna.it

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di Monica Zunica

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olti non crederanno alla mia storia. Qualcuno riderà. La maggior parte di voi neanche vorrà ascoltarmi. Del resto non sono in molti quelli che conoscono la mia lingua. Eppure a me piace comunicare. Infatti non sono un tipo solitario, come non lo è il resto della mia famiglia. Certo siamo numerosi. Siamo talmente tanti che neanche ci conosciamo. Ma la distanza non ci vieta di sentirci comunque una famiglia. Da qualche generazione un gruppo di noi si è trasferito a Napoli. I nostri antenati pare siano originari del Nord Europa. Poi evidentemente nel corso dei secoli ci siamo ambientati meglio in posti più caldi. Viviamo in un piccolo villaggio all‟interno della città. Non è un ghetto, ma in quel quartiere ci siamo soltanto noi. Non lasciamo quasi mai le nostre case se non per andare a lavoro. Lavoriamo tutti per una società che risponde al nome di “Io sono con te, pet therapy”. La persona che ci ha dato la possibilità di lavorare in questo settore, Chiara, provvede a tutte le nostre necessità. Lei è insieme datore di lavoro e sindacato. Può sembrare strano ma è così. Quello che mi è capitato però non l‟ho raccontato neanche a lei. Non voglio tenervi troppo sulle spine e sono pronto a svelare, adesso e subito, l‟incredibile storia che ho vissuto. Voglio raccontarla perché è un evento che potrebbe cambiare la vita di molte persone e screditare certe “credenze”. Il fatto è che ho conosciuto un aspetto della Divinità. Non l‟ho solo visto in un momento di crisi o in un dormiveglia in cui i sogni potrebbero sembrare reali. Io gli sono stato accanto, l‟ho amato, gli ho sorriso, ho conso-

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lato il suo dolore. Ho espresso pensieri e bisogni che lui stesso non riusciva a esprimere. Gli ho dato una ragione per vivere. Ci pensate? Io che do una ragione di vita a una parte di Dio. Si è detto tanto su di lui. Chi lo vuole donna, chi uomo, chi alto, chi basso, chi con i baffi, chi nero, chi bianco, chi con due braccia, chi con sei, chi con la testa di un gatto, chi con quella di un elefante… E invece non è niente vero: stavolta sembrava un uomo, più piccolo di statura. Ha occhi neri e mani che scaldano. A volte, quando soffre, ha sorrisi di pietra perché non sa piangere. Dio viveva in un palazzo bianco, proprio come raccontano certe storie che lo riguardano. Ogni mattina, una macchina ci lasciava davanti all‟entrata del palazzo, Alessandra ci accompagnava all‟interno e poi ognuno di noi veniva assegnato a una stanza diversa. Le porte si chiudevano e quando venivano a riprenderci per portarci a casa avevamo tutti lo sguardo fisso nel vuoto. Forse anche loro hanno conosciuto un Dio. Forse ce ne sono molti e nessuno l‟ha capito. L‟unico che io abbia mai incontrato, per tutto il tempo che abbiamo trascorso insieme, aveva gli occhi poggiati su di me senza guardare. Percepiva i miei movimenti… senza vedermi. Avete capito bene: è cieco. Non è facile da accettare, io stesso non potevo crederci, eppure quella era la verità. Sin dal primo momento ho capito che nei suoi occhi c‟era qualcosa di diverso. Lui, invece, faceva finta che io non ci fossi, non voleva neanche sapere il mio nome. Allora sono rimasto davanti a lui fermo per ore, e non mi sono mosso fino a quando non mi ha sorriso. Lui non sorride come gli altri. Ha la pelle sottile. E quando sorride diventa talmente tesa che a volte mi sembra trasparente. Non è un fenomeno molto semplice,

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quello della trasparenza, ma, come mi ha spiegato lui, succede a chi nel mondo ha la sfortuna di nascere diverso. Mi ha detto che a quelli come lui capita di essere invisibili. Dice che lentamente ci si abitua, e che, prima o poi, si accetta di vivere in penombra. Io annuivo senza dire niente. Figuriamoci a me piace la penombra, anzi sono un essere notturno. La luce mi da fastidio, e poi quando mi stringo forte a lui l‟unica cosa che mi interessa è capire come facciano gli altri a non vederlo. Io non ho avuto la possibilità di studiare, non saprei neanche difendere i miei diritti, ma so che la cecità è una cosa ingiusta. Non quella di Dio ma quella degli altri. Quella che molti chiamano indifferenza. Prima di conoscere me, Dio non parlava con nessuno, se ne stava in un angolo della sua stanza e spesso rifiutava anche il cibo. Io, invece, con piccoli gesti e con il mio pelo soffice come una nuvola, gli mettevo allegria. A volte mi sussurrava che da quando c‟ero io nella sua vita tutto era diverso. Mi confidava che pensava a me continuamente, anche quando non c‟ero. Io gli credevo, anzi, se proprio devo dirla tutta anche io pensavo a lui continuamente. E mai avrei voluto lasciarlo. In realtà non avevo capito bene come stavano le cose. Non avevo capito che Dio era un bambino che si allenava alla trasparenza perché presto sarebbe scomparso. Non avevo capito che il palazzo bianco era un ospedale. Non avevo capito che io sono solo un coniglio. Magari bello, colorato, desideroso di vivere e di scavare nella faccia di Dio qualche sorriso facendo una capriola o magari soltanto lasciando scivolare le sue mani sul mio manto soffice, caldo… vero. Neanche Dio, forse aveva capito. Non sapeva che in questo mondo, che lui si affrettava a lasciare, la trasparenza è


fenomeno assai diffuso. Non sapeva che quelli come me valgono poco e niente. Non sapeva che siamo nulla più che una pelliccia, un pezzo di carne, una cavia da laboratorio. Non sapeva che per me lui era Dio. Insomma io non avevo capito e lui non sapeva. Cose che succedono. Quello che conta è che l‟uno è esistito per l‟altro.

Questa storia nasce per ringraziare il mondo animale che mai nega a noi il proprio amore … nonostante tutto. Monica Zunica

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di Markus Juniper |

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Abete rosso, o Peccia comune (Picea abies), ha fatto un lungo viaggio in tutto il mondo sia nelle leggende che nella storia. Dai più piccoli ai più grandi, tutti conoscono quest„albero che ci porta, soprattutto in questo periodo dell„anno, a dargli ancora piu importanza attribuendogli significati personali ma anche significati emozionali: L„albero di Natale!!! Antiche tradizioni e riti. La sua origine germanica pagana si è conservata, anche se la chiesa cristiana ha provato per tanto tempo a cancellare o sostituire questa tradizione. Nel nord Europa gli inverni sono lunghi e bui. Il sole si vede poco o per niente in questi mesi, le piante sempreverdi portate in casa, ci ricordavano la vita e la primavera.

Immagine 1 - Abete intero

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I rami sempreverdi, spesso dell„Abete o dell„Agrifoglio, venivano ornati con dei frutti selvatici, pigne, fiocchi di stoffa ed altro. Con il tempo si aggiungevano a questi rami candele che servivano ad indicare la via ai morti per tornare in famiglia. Il solstizio d„inverno era un„ occasione per incontrarsi con i membri familiari e gli antenati. Inoltre le candele erano anche simbolo del ritorno della luce. Oggi in gran parte del mondo, Natale prende spesso il posto di questa antica festa e dai rami sempreverdi, la tradizione che si e evoluta adesso ci insegna a portare l„Abete intero all„interno delle nostre case. Ci porta a decorarlo con degli oggetti lucidi, dolci e candele. Affascina i bambini e gli adulti. Il profumo dei suoi rami mischiato a quello delle candele, crea una atmosfera magica ed è diventato una cosa essenziale per il Natale. La prima documentazione di un albero di Natale portato in casa la si ha nel 1419. Secondo la storia tedesca, un fornaio di Friburgo decorò un abete con dolci, cosi che i suoi figli potessero mangiarli già dai primi giorni dell„anno nuovo. Nel 1700 per Natale l„Abete era distribuito in grande parte dell„Europa centrale anche se per lo più era usato da cittadini benestanti perché il costo di un albero a quei tempi non era alla portata di tutti. Nel novecento si iniziò a creare delle vere e proprie piantagioni, sviluppo che di conseguenza ne abbassò i costi a tal punto da permettere a tutto ciò di diventare un„usanza anche popolare‟. Specialmente in Germania oggi vengono usati anche altri tipi di abeti, l„abete „Nordmann“ ha preso il primo posto.

Immagine 2 - Adventskranz In Italia il “Tannenbaum” è arrivato a metà dell„ Ottocento ed è stato addobbato per la prima volta al Quirinale, ancora presto comunque affinché questa tradizione si manifestasse a livello popolare. Oggi nel territorio italiano gli abeti natalizi si trovano ovunque e Natale senz„Albero è quasi…. non Natale. I„Abete rosso cresce naturalmente nel Nord dell„Europa e nelle montagne dell„Europa centrale. Ha bisogno di terreni freschi perche teme il caldo, Infatti le piantagioni in altri territori sono sensibili alle malattie e devono essere curati con fitofarmaci e concimi specifici. Nel suo habitat può raggiungere un„altezza fino a 50m e nei boschi con solo abeti, crea un ambiente specifico, dove i suoi aghi caduti in terra aumentano l„acidità nel suolo e bloccano la crescita di tante piante che potrebbero risultare fastidiose per l„abete stesso. Le chiome degli abeti sono dense e fanno passare poca luce fino alla terra, cosi che, insieme

In Germania c‟è anche la grande tradizione di usare i suoi rami per fare la corona del„Avvento (“Adventskranz”) che viene addobbata poi con oggetti naturali come pignette, bacche della rosa canina e funghetti secchi. Ogni domenica viene accesa una candela su questa corona, cosi al quarto Avvento troviamo quattro candele accese.

Immagine 3 - Rametti

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ad altri fattori naturali, creano le condizioni ideali per lo sviluppo di questa pianta. A differenza dell„abete rosso, i quali aghi presentano un colore uniforme in entrambi i lati, negli altri abeti la parte della foglia rivolta verso terra presenta un colore argento, mentre quella che guarda il sole ci regala il verde. La legna del„Abete rosso viene usata per costruzioni e per arredi, anche perche, questa specie, cresce dritta ed ha tronchi senza diramazioni nella parte bassa. Cresce veloce ed è di facile lavorazione in falegnameria e carpenteria. L„abete produce delle pigne lunghe Immagine 4 - Pigne che contengono semi. Questi sono alati con una membrana trasparente cosi che possono con facilita essere trasportati dal vento sino a lunghe distanze. È bellissimo camminare in un bosco di Abeti, l„atmosfera è speciale. Sul suolo gli aghi creano un tappeto morbido che assorbe e cambia i suoni e i rumori, la luce è simile a quella del crepuscolo e quando c‟è il sole ogni tanto un raggio arriva alla terra. Il profumo di resina ci rilassa e spesso abbiamo l„impressione di essere a casa, abbiamo voglia di fermarci, rimanere li per qualche istante... Anche gli uccelli che vivono qui, sono caratteristici. Li possiamo distinguere in due gruppi: il picchio e il tordo rappresentano i „rumorosi“, richiamano con voce alta tra le cime degli alberi. I„altro gruppo sussurra a basso volume, per esempio la cincia mora o il regolo. L„Abete viene usato anche in fitoterapia. Dai suoi aghi si può ricavare un estratto da usare nei bagni contro i reumatismi e dolori dei nervi, mentre la sua resina la si può usare per fare pomate ed oli per curare problemi respiratori, dolori alle gambe ed alle braccia e per nervi infiammati. Le camminate nei boschi d„Abete ci aiutano a risolvere asma e altri problemi di respirazione. Per i celti e i popoli nordici, quest„albero era molto importante. Il suo uso era di svariate funzioni, e nell„Ogham viene rispecchiata questa funzionalità e rappresenta obiettività, lungimiranza e saggezza interna. Se usiamo un albero di Natale vivo, sarebbe bello pensare a questa lunga tradizione e sarebbe altrettanto bello trattarlo con rispetto. Non è un oggetto da buttare via dopo l„uso, troviamogli un posto dove piantarlo o mettiamolo in un vaso per averlo con noi negli anni. Markus Juniper

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E‟ tempo di essere „dentro‟. Dopo le stagioni miti durante le quali la voglia de la possibilità di stare all‟aperto, osservare le stelle, correre nei prati, sentire il sole sulla pelle, ci ha naturalmente portati ad uscire „fuori‟ …ora il freddo ci spinge ad accendere di nuovo il camino e il cuore della casa riprende vita.

E‟ proprio da questa necessità spontanea, di luce e di calore, che nacque il Rito del Ceppo. La prima testimonianza che rimane di questa tradizione, risale alla Germania del 1100, ma altre fonti testimoniano quest‟usanza anche in Italia, Francia, spagna, Scandinavia e Balcani. L‟importanza rituale della scelta del ceppo natalizio si manifestava in modo diverso a seconda del luogo ma sempre era evidenziata dall‟assoluta cura e precisione con la quale era condotta. Così in Francia il pezzo di legno era scelto dall‟intera famiglia, in Norvegia esclusivamente dal padre, in Inghilterra spesso era raccolto l‟anno precedente alla candelora. Spesso si dice che mai potesse essere acquistato ma solo donato o preso in un bosco di proprietà… e così via. Le regole di un rituale ne affermano la Potenza e maggiori indicazioni creano una maggiore attenzione ai gesti simbolici che lo costituiscono. Frassino, Quercia pino, alberi da frutta propensi a dare doni … il legno variava seconda della zona di raccolta ma sempre rappresentava la stessa Luce e lo stesso Calore, portato nel cuore della casa insieme alle benedizioni dell‟inverno ed alle sue promesse! Nel folclore europeo e anche nel cristianesimo, l‟antica festa sopravvive nella consuetudine del ceppo di Natale, che si accende con un frammento di quello dell‟anno precedente, conservato appositamente. Ai resti del ceppo si attribuivano anche poteri taumaturgici: sii usavano per curare gli animali, per seminare e proteggere il raccolto, per prevenire le malattie del grano, per curare mal di denti e geloni e per difendere la casa dai fulmini e dalla grandine! Sempre dall‟antico ciocco deriva il tronchetto di Natale, tipico dolce natalizio in cioccolato, diffuso in tutto il mondo, formato come un piccolo tronco d‟albero tagliato.

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La Ricetta del tronchetto di Natale

Montate per 10 minuti 3 uova con 120 gr di zucchero e poi aggiungete 1 cucchiaio di miele e montate per un paio di minuti ancora. Aggiungete 80 gr di farina setacciata e mescolate lentamente dal basso verso l‘alto. Se volete preparare la pasta biscotto al cacao a questo punto aggiungete un cucchiaio abbondante di cacao amaro ben setacciato. Stendete la crema su uno stampo rettangolare (25Ă—30) rivestito di carta forno. Infornate a 180° per circa 15 minuti. Ribaltate la base biscotto su un foglio di carta forno inumidito e staccate la carta forno dalla base. Spolverizzate con dello zucchero semolato e coprite bene con della pellicola. Arrotolate e lasciate riposare per 1015 minuti. Srotolate e riempiete il biscotto con la crema alle nocciole. Arrotolatelo ancora. Decoratelo con una ganache preparata sciogliendo 250 gr di cioccolato fondente con 250 ml di panna fresca e 30 gr di burro. Lasciate raffreddare. Avvolgete nella pellicola e lasciate il tronchetto in frigorifero per 1-2 ore. Ricetta tratta da www.lacucinaitaliana.it

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gli aspetti più difficili del relazionarsi in un gruppo. A volte le differenze possono essere risolte in cerchi di condivisione con il testimone, altre volte anche discussioni infinite sembrano non poter risolvere un problema.

Terza Parte Risolvere difficoltà all'interno del gruppo Difficoltà e conflitto a volte servono uno scopo più profondo, come realizzare una trasformazione e far imparare. Come Druidi riconosciamo la naturalezza del conflitto e il potenziale che esso offre per la crescita, l'apprendimento e la trasmutazione. Capiamo l'importanza di prendere tempo per riflettere su ciò che è al cuore di un problema. Risolvere problemi difficili a volte può diventare l'occasione per una più profonda comprensione e conoscenza che può, in ultima analisi, rafforzare il gruppo. Una domanda utile da farsi, quando sorgono difficoltà, è:―C'è un dono qui, che sta cercando di manifestarsi?‖. O: ―Cos'è che sta cercando di trasformarsi?‖. Come Druidi apprezziamo il modo in cui tutto in natura segue il ciclo di nascita, crescita, decadenza, morte e rinascita. Anche i gruppi seguono questo ciclo e una difficoltà può essere il sintomo che il gruppo è ―bloccato‖ e che qualcosa deve cambiare per aiutarlo a muoversi in una nuova fase.

A volte i gruppi si sciolgono e se ne formano di nuovi, o un gruppo di membri si stacca per formare un altro gruppo. Questo è naturale e, anche se questa esperienza può essere a volte difficile, è meglio vederla con fiducia e distacco, lasciando che le cose si risolvano nella loro nuova forma, anche se questo significa una perdita di membri in un gruppo. Un gruppo non deve pensare di dover tollerare una persona disgregante, anche se bisogna trattarla in modo equo. Se il conflitto sorge all'interno di un gruppo potrebbe essere opportuno ricorrere al consiglio confidenziale di un membro OBOD di fiducia, esterno al gruppo. Se la risoluzione dovesse risultare impossibile potrebbe essere necessario fare riferimento all'ufficio OBOD.

Se hai un problema o una lamentela... Qualunque cosa accada nel o al gruppo e comunque decidiate di strutturare le vostre riunioni, sappiate queste cose. Non siete soli. Potete sempre contattare il coordinatore dei Gruppi OBOD scrivendo a groups@druidry.org.E si può sempre contattare l'ufficio: office@druidry.org. Ci sono molti Seed Group e Grove e se si verifica un problema si può anche provare a entrare in contatto con i referente di un altro Seed Group o con il leader di un Grove per uno scambio di opinioni. Se avete un reclamo riguardo un gruppo o tentate ripetutamente di contattare un gruppo e non ricevete alcuna risposta, fatecelo sapere scrivendo a groups@druidry.org.

Le differenze di opinione sono inevitabili in qualsiasi gruppo e talvolta si verificano scontri di personalità. Il Druidismo offre una visione realistica, con i piedi per terra, della vita che non cerca di ignorare

-FINE-

da www.druidry.org

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L‟albero simbolo del Molise, orgoglio del comune di Vastogirardi, si è spezzato per sempre: il re Fajone, un faggio ultrasecolare, annoverato nei testi specializzati, che in Alto Molise era meta di migliaia di turisti ed amici se ne è andato. Durante una fortissima tempesta, come ci raccontano gli abitanti del luogo, il nostro grande „re‟, con i suoi venticinque metri di altezza e i 6,40 metri di circonferenza, è caduto , rimanendo però non solo nelle tante foto di chi lo ha incontrato, ma soprattutto nella loro memoria… e così nella nostra. Si dice che fosse malato, che presentasse cavità all‟interno, nascono lamentele su ciò che non è stato fatto per salvarlo, e neanche per metterlo in sicurezza viste le sue condizioni, ma la Natura ha il suo corso e anche se in questo caso il Tempo che re Fajone ha attraversato è stato lungo e propizio, ogni cosa termina per rinascere. (Proprio come nella storia del re della Quercia e del re dell‟Agrifoglio…) Noi che l‟abbiamo conosciuto lo salutiamo, sicuri che in quel bellissimo bosco di faggi, le sue radici e i suoi semi abbiano già creato una magnifica discendenza. E salutiamo con un „benvenuta‟ anche la piccola quercia di Brocelandie che, dallo scorso autunno, vive in Molise, a pochi chilometri da quel bosco: che la sua vita sia lunga e prospera, almeno come quella del nostro gigante appena caduto.

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Mentre l'anno volge al termine, le notti si allungano e le ore di luce sono sempre più brevi, fino al giorno del Solstizio invernale, il 21 dicembre. II respiro della natura è sospeso, nell'attesa di una trasformazione, e il tempo stesso pare fermarsi. E' uno dei momenti di passaggio dell'anno, forse il piö drammatico e paradossale: l'oscuritá regna sovrana, ma nel momento del suo trionfo cede alla luce che, lentamente, inizia a prevalere sulle brume invernali. Il Solstizio d‟Inverno, Alban Arthan (la Luce di Artù) nella tradizione druidica e Yule nella tradizione germanica (dalla parola anglosassone “Yula”, che significa “ruota”, la Ruota dell‟Anno) in gallico antico prendeva il nome di Genimalacta (grande rinascita) ed erano i Saturnalia nell‟antica Roma ed… il Natale dell‟era cristiana.

Dopo il Solstizio, la notte più lunga dell'anno, le giornate ricominciano poco alla volta ad allungarsi. Come tutti i momenti di passaggio, Yule è un periodo carico di valenze simboliche e magiche, dominato da miti e simboli provenienti da un passato lontanissimo.

Quando il Cristianesimo si diffuse, le preesistenti ricorrenze festive si conservarono ma gli antichi riti si sostituirono o s‟interpretarono secondo significati conformi alla nuova religione. Così la chiesa celebrò la nascita di Gesù al solstizio d‟inverno. Oggi, come nell‟ antichità, si tratta sempre di una festa di pace e una celebrazione della luce solare che rinasce dopo il solstizio invernale.

Il Natale e' la versione cristiana della rinascita del sole, fissato secondo la tradizione al 25 dicembre dal papa Giulio I (337 -352) per il duplice scopo di celebrare Gesu‟ Cristo come "Sole di giustizia" e creare una celebrazione alternativa alla piö popolare festa pagana. Sin dai tempi antichi dalla Siberia alle Isole Britanniche, passando per l'Europa Centrale e il Mediterraneo, era tutto un fiorire di riti e cosmogonie che celebravano le nozze fatali della notte piö lunga col giorno più breve.

I Rami di sempreverde decorano le nostre case, racchiudendo lo spirito della Vita negli oscuri mesi invernali e l‟energia di doni che esprimono le benedizioni del nostro spirito, rendono omaggio al nuovo anno che nasce e sottolineano i legami di amore e di comunità. Questo, nel Mondo Altro è il momento oscuro e protettivo in cui possiamo aprirci alle forze dell‟ispirazione e del concepimento, con la sola guida di Arturo, l‟Orsa Maggiore, la Stella Polare. Il Bambino Spirituale (Mabon) è rinato, e risplende potente di Promesse e di Creatività. Da “Il Cerchio della Luna”, abbiamo tratto questo rapido, ma profondo, sguardo su questo Tempo: http://www.ilcerchiodellaluna.it/

Due temi principali si intrecciavano e si sovrapponevano, come i temi musicali di una grande sinfonia. Uno era la morte del Vecchio Sole e la nascita del Sole Bambino, l'altra era il tema vegetale che narrava la sconfitta del Dio Agrifoglio, Re dell'Anno Calante, ad opera del Dio Quercia, Re dell'Anno Crescente. Un terzo tema, forse meno antico e nato con le prime civiltà agrarie, celebrava sullo sfondo la nascita-germinazione di un Dio del Grano... Se il sole è un dio, il diminuire del suo calore e della sua luce è visto come segno di vecchiaia e declino. Occorre cacciare l'oscurità prima che il sole scompaia per sempre. Le genti dell'antichitá, che si consideravano parte del grande cerchio della vita, ritenevano

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che ogni loro azione, anche la piö piccola, potesse influenzare i grandi cicli del cosmo. Così si celebravano riti per assicurare la rigenerazione del sole e si accendevano falò per sostenerne la forza e per incoraggiarne, tramite la cosiddetta "magia simpatica" la rinascita e la ripresa della sua marcia trionfale. Presso i celti era in uso un rito in cui le donne attendevano, immerse nell‟oscurità, l‟arrivo della luce-candela portata dagli uomini con cui veniva acceso il fuoco, per poi festeggiare tutti insieme la luce intorno al fuoco. Yule, o Farlas, è insieme festa di morte, trasformazione e rinascita. Il Re Oscuro, il Vecchio Sole, muore e si trasforma nel Sole Bambino che rinasce dall'utero della Dea: all'alba la Grande Madre Terra dá alla luce il Sole Dio. La Dea è la vita dentro la morte, perchè anche se ora À regina del gelo e dell'oscurità, mette al mondo il Figlio della Promessa, il Sole suo amante, che la rifeconderà riportando calore e luce al suo regno. Anche se i più freddi giorni dell'inverno ancora devono venire, sappiamo che con la rinascita del sole la primavera ritorna. La pianta sacra del Solstizio d'Inverno è il vischio, pianta simbolo della vita in quanto le sue bacche bianche e traslucide somigliano allo sperma maschile. Il vischio, pianta sacra ai druidi, era considerata una pianta discesa dal cielo, figlia del fulmine, e quindi emanazione divina. Equiparato alla vita attraverso la sua somiglianza allo sperma, ed unito alla quercia, il sacro albero dell'eternità, questa pianta partecipa sia del simbolismo dell'eternità che di quello dell'istante, simbolo di rigenerazione ma anche di immortalità. Ancora oggi baciarsi sotto il vischio è un gesto propiziatorio di fortuna e la prima persona a entrare in casa dopo Farlas deve portare con se' un ramo di vischio. Queste usanze solstiziali sono state trasferite al gennaio, il Capodanno dell'attuale calendario civile. Il Vischio era molto importante per i GalloCelti. Le consuetudini sull'uso del vischio come elemento apportatore di buona sorte derivano in effetti in buona parte dalle anti-

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che tradizioni celtiche, costumi di una popolazione che considerava questa pianta come magica (perché, pur senza radici, riusciva a vivere su un'altra specie) e sacra. Lo poteva raccogliere infatti solo il sommo sacerdote, con l'aiuto di un falcetto d'oro. Gli altri sacerdoti, coperti da candide vesti, lo deponevano (dopo averlo recuperato al volo su una pezza di lino immacolato) in una catinella (pure d'oro) riempita d'acqua e lo mostravano al popolo per la venerazione di rito. E per guarire (per i Celti il vischio era "colui che guarisce tutto; il simbolo della vita che trionfa sul torpore invernale) distribuivano l'acqua che lo aveva bagnato ai malati o a chi, comunque, dalle malattie voleva essere preservato. I Celti consideravano il vischio una pianta donata dalle divinità e ritenevano che questo arboscello fosse nato dove era caduta la folgore, simbolo della discesa della divinità sulla terra. Plinio il Vecchio riferisce che il vischio venerato dai Celti era quello che cresceva sulla quercia, considerato l'albero del dio dei cieli e della folgore perché su di esso cadevano spesso i fulmini. Si credeva che la pianticella cadesse dal cielo insieme ai lampi. Questa congettura - scrive il Frazer nel suo "Ramo d'oro" - è confermata dal nome di "scopa del fulmine" che viene dato al vischio nel cantone svizzero di Argau. "Perché questo epiteto - continua il Frazer - implica chiaramente la stessa connessione tra il parassita e il fulmine; anzi la scopa del fulmine è un nome comune in Germania per ogni escrescenza cespugliosa o a guisa di nido che cresca su un ramo perché gli ignoranti credono realmente che questi organismi parassitici siano un prodotto del fulmine". Tagliando dunque il vischio con i mistici riti ci si procura tutte le proprietà magiche del fulmine. Le leggende che considerano il vischio strettamente connesso al cielo e alla guarigione di tutti i mali si ritrovano anche in altre civiltà del mondo come ad esempio presso gli Ainu giapponesi o presso i Valo, una popolazione africana. Inoltre queste usanze, chiamate anche druidiche (i sacerdoti dei Celti erano infatti i Druidi), continuarono (specie in Francia) anche


dopo la cristianizzazione. La natura del vischio, la sua nascita dal cielo e il suo legame con i solstizi non potevano infatti non ispirare ai cristiani il simbolo del Cristo, luce del mondo, nato in modo misterioso. "Come il vischio è ospite di un albero, così il Cristo scrive Alfredo Catabiani nel suo "Florario" è ospite dell'umanità, un albero che non lo

generò nello stesso modo con cui genera gli uomini".

di Michela Brandino, da http:// www.ilcerchiodellaluna.it/central_calend_yule.htm

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di IlariaPege Esiste una figura più pucciosa e adorabile di Babbo Natale? Generoso senza mai esaurirsi, panciuto al punto giusto, fa solo cose buone e meravigliose! È stato stimato che intorno agli otto anni tutti i bambini scoprono che non esiste in questa realtà, un bancomat di giocattoli rossovestito chiamato Babbo Natale, eppure continua a stare simpatico a tutti, la più grande menzogna della nostra infanzia, rimane nel mondo interiore come una porticina aperta per incontrare la purezza della propria infanzia, quando si ricorda l'attesa del Natale e la scrittura della famosa letterina. Ma dentro a questo importantissimo catalizzatore della forza di rinascita solstiziale, si cela in realtà una storia molto interessante, fatta di luoghi comuni, loghi commerciali e perfino di loschissimi creaturi, che nulla hanno di cordiale e pacioccoso nella loro manifestazione. Facciamo un riassunto breve delle cose ormai palesemente risapute, Babbo Natale, è originariamente celebrato come una tradizione nordica ed est europea, ispirata alla figura di San Nicola, portatore di doni ai bambini la notte della vigilia di Natale. Spesso è raffigurato in vesti vescovili rosse, oro e bianche, munito di bastone pastorale e cavallo bianco. Sappiamo che la sua importanza è cresciuta in modo globale dagli anni 50 in avanti, quando la cultura degli stati vincitori della seconda guerra mondiale, ha cominciato a filtrare nella popolazione dell'Europa del sud, attraverso un mare di prodotti commerciali prima totalmente sconosciuti ai più. Babbo Natale diventa un vecchierello paffuto e vestito di verde o blu o rosso, le cui immagini compaiono nei cartelloni pubblicitari e nei biglietti natalizi già dal 1906 per poi essere rappresentato da Haddon Sundblum negli

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anni trenta, come protagonista della pubblicità di Coca-Cola. Voglio sfatare il mito che sia stata Coca-Cola a imporre i colori di Santa Claus al mondo, ci sono tantissime rappresentazioni di fine 800, in cui porta abiti rossi e bianchi! Andiamo ora a vedere cosa sappiamo di Santa Claus spostandoci dal Nord America ex-coloniale, ai luoghi dove questi popoli sono partiti, portando con essi la loro cultura. Il nord-est europeo, arricchisce molto le tradizioni ad esso legate, con tantissimi particolari che fanno pensare ad una storia molto più antica, per questo mito, che potrebbe essere in realtà, la reminiscenza di un'antichissima divinità silvana e prima ancora di una pratica tribale sciamanica solstiziale. Ma partiamo con ordine proprio dall'Olanda, dalla Danimarca e dal Belgio ( luogo tra l'altro che da recenti studi genetici viene identificato come origine di molte immigrazioni proto-indoeuropee tra cui 10000 anni fa, quelle popolazioni che hanno tracciato la via dell'ambra dal Mar Baltico al Mare Adriatico ) in cui Santa Claus è curiosamente accompagnato da un servitore nero, che solo nel 1600, in pieno mood coloniale, diventa un "Moro" con fattezze africane a cui però rimane il curioso nome di "Zwarte Pete", ossia Pietro il Nero, lasciando molte tracce sulla sua vera natura, come nemesi della bontà di Sinterklaas. In alcune rappresentazioni non è affatto umano, è un essere con i piedi caprini, una torcia spenta in mano ed una gerla sulle spalle che richiama la mitologia alpina dei Demoni invernali dalle fattezze animalesche detti Krampus o più semplicemente il mito dell'Uomo Nero, conosciuto e diffuso in tutta Europa. I Krampus sono interpretati tutt'oggi da soli uomini e la leggenda italiana che li racconta, parla di giovani dediti a scherzi e ruberie, vestiti di pelli e corna proprio nel periodo del Solstizio, in cui ad un certo punto si è accodato il demonio, poi scacciato da San Nicola. La cosa curiosa è che si possono trovare anche demoni femmina, le Krampe, ma rimangono interpretati da figure maschili che tra l'altro non possono essere smascherati, pena l'onore individuale. Queste


celebrazioni del Solstizio come quelle di Samonius ci mostrano il volto imprevedibile e pericoloso della natura, che viene esorcizzato tramite l'interconnessione tra umanità ed esseri animali, in modo palesemente lineare dal tempo degli Dei Silvani, come Herne o Cernunnos o Pan, ed ancora in precedenza quello degli sciamani europei preistorici rappresentati con pelli e corna di cervo. Si puó osservare chiaramente che in queste narrazioni è quasi scomparsa la polarità Giamos (femminile, Yin o come volete chiamarla ), sarebbe facile pensare che c'è una ricercata volontà in questo, dopo anni di caccia alle streghe forse la natura selvaggia delle donne può spaventare ancora, ed ecco il veto a interpretare questi miti; ma credo che fondamentalmente qui siamo di fronte ad "un mistero" di natura maschile, residuo di un culto pagano che in qualche maniera restituisce anche oggi l'opportunità di vedere chiaramente la linea di confine tra bene e male, luce ed ombra, e come prima della natività del sole, esiste la notte dell'animo umano, in cui violenza, giudizio arbitrario e prevaricazione si palesano materialmente. I Krampus come le immagini degli sciamani preistorici sono accumunati anche dalla presenza di

una fiaccola nelle loro rappresentazioni, una luce nel buio che oltre a servire durante le scorrerie, si collega nettamente con la figura di San Nicola/ Babbo Natale, lui stesso è la luce, che sceglie di incontrare i bambini e portarsi a loro come dono. La contrapposizione tra babbo natale e l'uomo nero è stata rappresentata anche di recente nel lungometraggio animato della Dreamworks "Le 5 Leggende‖ in cui all' Uomo Nero si oppone proprio Babbo Natale ( in versione bikers russo con tatuaggi e sopracciglio pericoloso ) e Jack Frost, che incarna il confine delicato tra infanzia ed età adulta . Trovo che la presenza e la progressione di certi racconti, sia una dimostrazione sufficiente che ci sono storie che giacciono nell'animo umano, parlando direttamente dal punto in cui si è formata la nostra memoria e trovando la via per riemergere quando serve. Alla natura umana, il solstizio ha sempre suscitato forti suggestioni, come confine tra la vita e la morte, il cui simbolo è diventato "la natività" ( ci sono molti miti e culti di un Dio o un profeta nati il Solstizio d'Inverno ), ma anche la continuità complementare della stessa forza. Alla fine questo Babbo Natale è entrambe le cose e chiede comunque di scegliere per il bene comune, non è certo lo stesso sciamano di millenni fa, ma è palese il filo rosso che lo collega al cambiamento che anche oggi vogliamo, alla storia che vorremmo raccontare domani.

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Inverno. Il Drago del Nord si è addormentato nell‟oscura caverna, solido e sereno: sogna e sorride. Vola alto nel cielo il Drago dell‟Est, soffiando gelidi venti pieni di Energia e di Progetti. Ricopre la terra il Drago dell‟Ovest, intridendola di piogge o ricoprendola di una bianca coperta di Emozioni. La prima scintilla di un nuovo Fuoco illumina la notte, Il Drago del Sud, pieno di Entusiasmo e di Gioia, si prepara a riscaldare di nuovo il mondo… … La storia comincia tanto tempo fa in una città che ora è conosciuta come Atessa, in Abruzzo. A quel tempo Atessa era, in realtà,costituita da due villaggi, uno chiamato Ate e l‘altro Tixa. Questi due villaggi erano separati da una pericolosa palude. Gli abitanti del villaggio non riuscivano a superarla perché lì vi abitava un dragone. Per molti anni gli abitanti, per tenere tranquillo il drago ed evitare che bruciasse il loro villaggio, avevano pagato a lui un tributo sotto forma di cibo e bestiame. Inutile dire che le scorte di cibo e gli animali stavano diminuendo e la gente temeva la fame perché sembrava che l'appetito del drago non potesse mai essere soddisfatto. Le persone erano molto preoccupate per il drago e il loro futuro. Ma quello non era l'unico problema. A causa del drago, gli abitanti del villaggio non sono mai stati in grado di visitarsi a vicenda. E cominciarono a sentirsi molto isolati gli uni dagli altri. C'era stato un tempo, prima che il drago arrivasse, nel quale i due villaggi erano stati molto vicini.

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Avevano cooperato l'uno con l'altro in primavera, quando seminavano i campi e in autunno al momento del raccolto. Nelle sere d'estate, dopo aver svolto tutto il lavoro nelle fattorie, i giovani amavano danzare. I villaggi si erano, così, alternati nell'ospitare le feste e, naturalmente, c‘erano stati fidanzamenti, amicizie e matrimoni che avevano fortemente rafforzato il legame tra Ate e Tixa. Quello era stato un periodo di benessere e abbondanza per gli abitanti del villaggio. I due villaggi erano davvero un grande villaggio, c‘era solo un piccolo fiume che scorreva tra di loro, ma c‘era anche un ponte che permetteva agli abitanti del villaggio di attraversarlo! Poi arrivò il drago. Era un drago molto gentile e amichevole e così sulle prime aveva cercato di essere amico degli abitanti del villaggio. Ma quelli non avevano mai visto un drago, e avevano sentito molte storie su quanto fossero selvaggi e pericolosi. Gli abitanti del villaggio erano quindi terrorizzati e ogni volta che il drago si avvicinava loro fuggivano per la paura. Il drago si sentiva così incompreso e solo. Pian piano il sentirsi così isolato lo fece arrabbiare molto e un giorno fu così frustrato che ruppe il ponte e si sdraiò nel fiume in un eccesso di infelicità e tristezza. Si stese lì e possiamo ben immaginare cosa successe… Il suo grande corpo bloccò il fiume e alla fine intorno a lui crebbe una palude. Col passare del tempo la palude divenne sempre più grande e presto gli abitanti del villaggio non furono in grado di attraversarla per andare dall'altra parte. Il drago nella sua infelicità e solitudine urlava e gemeva e soffiava un po‘ di fuoco di tanto in tanto. Non aveva mai avuto intenzione di ferire nessuno. Tutto quello che voleva era avere amici. La gente cominciò invece a dargli da mangiare e alcuni dei loro capi di bestiame nella speranza che non li avrebbe uccisi. Ma non importa quanto gli davano: tanta era la sua solitudine e la sua tristezza che continuava a gridare dal dolore. Venne il giorno in cui gli abitanti del villaggio si resero conto che i loro tentativi di placare il drago non stavano funzionando e che dovevano fare qualcosa di nuovo. Così si incontrarono per di-


scutere su cosa si poteva fare. Cominciarono a ricordare i vecchi tempi in cui erano soliti cooperare tra di loro e quanto fossero più efficaci quando lavoravano insieme. Così decisero di cercare l'aiuto di un famoso uccisore di draghi chiamato Leucio, vescovo di Brindisi. Quando Leucio arrivò ad Ate, la gente gli parlò del drago e di come stessero cercando di placarlo ma senza alcun effetto. Leucio annuì saggiamente e disse "Hmm ho un'idea". Andò alla palude e si infilò nella tana del drago dove lo affrontò faccia a faccia e lo vinse con un solo sguardo e con la forza della sua volontà. Tenne il drago incatenato per alcuni giorni in modo che la gente potesse vedere ciò di cui avevano avuto paura per così tanti anni. Poi il drago morì e il suo sangue fu usato per curare malattie e per ripristinare la fertilità della terra. La palude si prosciugò e il fiume riprese il suo corso. Gli abitanti del villaggio costruirono allora di nuovo un ponte e ci furono benessere e abbondanza. Dopo essere tornati ad Ate e Tixa, gli abitanti del villaggio decisero che avrebbero dovuto unire i due villaggi. Così decisero il nome di Atessa e costruirono una chiesa in onore di San Leucio nel luogo in cui il drago aveva la sua tana. Fino ad oggi la chiesa è ancora in piedi e contiene una delle costole del drago esposta in una teca di vetro.

Fiaba (molto triste ma che fa pensare molto) tratta da un intervento di Eimear Burke al Seminario ‗Exploring the Druid Mysteries‘ – l‘IPERICO Settembre 2017

CONOSCETE UNA STORIA SUI „DRAGHI‟ AMBIENTATE IN ITALIA? CI PIACEREBBE MOLTO SE CE LA INVIASTE ilcalderoneredazione@gmail.com SE AVETE POESIE O SAGGI O PENSERI SULLO STESSO ARGOMENTO E VOLETE CONDIVIDERLI, INVIATELI ALLA STESSA EMAIL /|\

Immagini tratte da “L‟Oracolo dei Druidi” di Stephanie e Philip Carr—Gomm

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ADUNANZA BARD

ok.com/ https://www.facebo a: m si is ov nu , ok ta bella pagina facebo bardica/ Vi segnaliamo ques adunanza Rindina o Giacomo Calandi el rm Ca da ta tra is ICA ammin ADUNANZA BARD sublime arte azio per esercitare la sp o un a, oc pr ci re za isione e di conoscen ica. “Un luogo di condiv piena accezione Bard lla ne a o on su l de e la i semplicemente am ch della paro r pe , la er sc no co ica o vogliono della vita.” seguono la Via Druid e ch ro lo co hiare tutto il midollo tti cc tu su r r Pe pe ti en im er chi cerca sugg la poesia o solo per

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Today the websi te of the 8th Dry ade Intern been launched at http://www.obo ational Druid Camp has d.nl/dryade/cam p/ We are not yet ab le to disclose all da the near future. The website is al ta, but additions will be given in l in English becau se tional character of the gathering. of the internaFrom Samhuinn , Wednesday 1 N ovember, the re camp will be op gistration for the en through the form for participants. Registration can on that will be availa ble on the websi ly be made te as from that date. The maximum n umber of partici pants for this ca previous edition mp is set at 140. (2016) was fully The boo make sure you si gn up in time wh ked within a couple of weeks, so en you want to jo in in this wonde ful gathering! rIf you have ques tions or commen ts, via dryade@obo you can send them d.nl

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Vasa Museum, S toccolma Dal 1628 questo Calderone ha att eso sottâ€&#x;acqua...

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RIVISTE DELL‟OBOD Touchstone: è il magazine OBOD in inglese, pubblicato mensilmente solo in cartaceo e solo per membri dell‟OBOD. Druid è il magazine OBOD in America http://druidmagazine.com/ Serpentstar è il magazine OBOD in Australia ed Oceania https://serpentstar.druidryaustralia.org/ Dryade in lingua olandese http://www.obod.dds.nl/ Il Calderone in italiano http://issu.com/ilcalderone Druidenstein in tedesco http://www.feuersprung.de/ Menhir in francese http://issu.com/obod-menhir Ophiusa in portoghese http://www.obod.com.pt/ophiusa.htm


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