1
“Inconsci ancestrali ci guidano saggiamente tra ieri e domani e, rivolti verso il passato, salpiamo alla volta del futuro. Oggi è tutto, oggi è niente”.
In copertina: “Antigua Sabiduria” di Saudade
Edition of 200 offset - stampato presso Tipografia Reali
2
Editoriale
I
l ponte, l’infrastruttura complessa e decisiva per la costruzione della civiltà, il simbolo del transito, dell’ampliamento dell’azione dell’uomo verso territori sconosciuti. Il Pontifex, da pons-facere, colui che costruisce il ponte, era in tempi romani una misterica figura a metà tra ingegnere e stregone che, con il suo lavoro, affermava l’importanza archetipica del collegamento; un concetto per cui valeva la pena elevare, simbolicamente, il progettista al rango di “colui che apre la via verso la città eterna”, il Pontifex Maximus, appunto. La paura che ci pervade, di cui si può discutere la fondatezza ma non l’esistenza nel contesto in cui viviamo, è che il nostro moderno sciamano, colui che fa da collante tra cultura e strato sociale, possa essere il web. L’uomo contemporaneo gode e subisce i frutti di un sistema d’informazione e comunicazione ad alta velocità, di un mercato e di una tecnologia sempre più global-oriented, ma al contempo il mondo del sociale, della cultura e delle arti stentano a trovarsi in linea con questo veloce, progressivo processo d’innovazione. Quello a cui andiamo incontro è un mutamento antropologico, un nuovo comportamento sociale che ci trasporti da un lato all’altro del fiume, un ponte immaginario costruito dalla comunità che, assumendo consapevolezza e percependo la crisi culturale collettiva, si fa Pontifex di sé stessa: una trasmissione verticale, che parte da una condivisione orizzontale tra individui, e dal basso si spinge fino ai massimi sistemi: i Pitagorici, i cenacoli culturali dell’Umanesimo, la Scapigliatura, il Futurismo o le Confraternite, tutti esempi di comunicazione peer-to-peer con l’uomo al centro e l’artefatto tecnologico al suo fianco.
3
4
5
6
AD ENZO, CHE PURTROPPO NON CONOSCO Prima che tu muoia vorrei sapere i tuoi segreti. Dovrei chiederti i misteri dell’alchimia, o la formula perfetta per la fotogenia. Vorrei che mi insegnassi a costruire una lampadina perpetua, a guidare fumando, o a fare ciliegie piÚ rosse. O magari che mi svelassi quante cavallette caddero sull’Egitto, o come si batte il pueblo unido. Almeno spiegami dove porta la retta via, o di cosa bisogna vergognarsi. Che ti resti un giorno o una vita, lasciami un dono, prima che sia finita.
-la piramide-
7
“Molte volte dimentichiamo la provenienza dell’arte, abituati ai salotti, le gallerie e tutti quei mentecatti agghindati�.
8
9
Ponti tra lo spazio... E se potessimo inviare “messaggi” nel futuro o addirittura nel passato? Una sorta di portale spazio temporale con il quale scambiare informazioni? Questa non è fantascienza. Questa è fisica, bellezze.
dai vermi”. Una teoria avanzata a suo tempo da Albert Einstein e da Nathan Rosen che li descriveva come dei “tunnel ipotetici”, una sorta di “sentiero rapido” nell’universo. Vere e proprie scorciatoie dello spazio-tempo, insomma.
In linea del tutto teorica, infatti, tutto questo sarebbe possibile. E a confermarlo è l’ipotesi di un fisico dell’Università di Cambridge, Luke M. Butcher, intitolata Casimir Energy of a Long Wormhole Throat. Ma in che modo?
Attraverso questi cunicoli teorici, che generano ponti spaziotemporali, un segnale sarebbe capace di viaggiare a una velocità superiore a quella della luce. Il fenomeno – anche noto come ponte di Einstein-Rosen – rappresenta una via di fuga della luce. Pertanto, questi ponti spazio-temporali
Secondo lo scienziato inglese, mandare informazioni nel tempo sarebbe fattibile attraverso impulsi luminosi che transitano in cunicoli spaziotemporali, i wormhole – dall’inglese “buco scavato
permetterebbero a un segnale di viaggiare nel tempo, in avanti o a ritroso. Una sorta di macchine del tempo, forse? E se teoricamente risulta così semplice, cosa impedisce che tutto questo avvenga, quanto meno a livello teorico? In realtà questi canali spazio-temporali sono strutture instabili, che stentano a restare aperte per far sì che il segnale riesca a passare in tempo.
10
che si utilizzino delle piastre da piazzare all’interno del canale spazio-tempo. Una tecnica alquanto impraticabile per strutturare l’esperimento. Ed è qui che subentra il nostro Butcher. Il fisico britannico, infatti, ha applicato l’effetto Casimir senza l’utilizzo delle piastre metalliche. Il wormhole è in grado di generare energia e “abbiamo trovato che questo canale si chiude abbastanza lentamente tanto che la sua regione centrale può essere attraversata in maniera sicura da un impulso luminoso”, afferma nel suo studio.
E dopo Einstein e Rosen, qualcun altro cercò di validare questa teoria. Nel 1988 infatti Kip Thorne, scienziato del California Institute of Technology, formula una seconda ipotesi, quella dell’effetto Casimir. Tramite questo effetto fisico, che segue un principio quantistico, è possibile fornire l’energia necessaria affinché il cunicolo resti aperto per un intervallo di tempo lungo a sufficienza. A patto però
Quindi, secondo Butcher, i canali spaziotemporali “auto sostenibili” potrebbero generare questi ponti per lo scambio di informazioni, almeno in linea teorica. Fatto sta che prima di scambiare messaggi con il passato – o futuro – sono necessarie ulteriori ricerche. E probabilmente dureranno anni, molti anni. Quindi non fasciamoci la testa prima di cadere. Non invieremo messaggi nel passato o nel futuro. Le macchine del tempo al momento restano soltanto un miraggio di ritorno al futuro.
...e il tempo 11
12
CRONACHE DAL SOTTOPONTE TRA VITA MATERIALE E VITA DIGITALE IL LUOGO
IL LABORATORIO TEMPORALIA
La solitudine del pilone Immobile… io sono nato immobile, sono qui con i miei fratelli,tanti e tutti immobili come me; le mie compagne di gioco sono le ombre. Io sono fatto di argilla e calcio, muscoli della terra; di ferro, cuore del pianeta. Ma ho un compito importante, sul pesante nastro che sorreggo con i miei fratelli, scorrono le storie degli uomini e delle donne: tre operai vanno in cantiere un innamorato non vede l’ora di arrivare da lei due amici vanno a far bisboccia due camionisti in viaggio, uno dorme un autobus pieno di tante altre storie. C’era una volta un gruppo di studenti che ascoltava le voci di un pilone…
Nuove specie di spazi del tempo che viene Il laboratorio Temporalia è il gruppo di ricerca del Politecnico di Milano – Scuola del Design, Design degli Interni, che da diversi anni opera sul tema dell’abitare nel nuovo secolo. Nei nostri dieci anni di attività (2004/2014) abbiamo cercato i punti di crisi e di trasformazione della società: periferie, sicurezza, fra_tempi, abitare temporaneo, case bottega, spazi multiuso, nuovi lavori, servizi diffusi, nuove povertà e solitudini urbane, per riprogettare le nuove specie di spazi del tempo che viene. _Temporalia come tempo e temporale che genera nuovi modi di abitare _Temporalia come ponte tra le luci e le ombre della città
GLI ABITANTI
_Temporalia come ponte sospeso tra lo scorrere veloce e l’immobilità delle attese
Voci sotto un ponte In provincia di Firenze, lo scorso 17 febbraio alle 15.30, sotto un ponte è stato ritrovato un ragazzo morto. A soli 20 anni ha scelto di togliersi la vita, forse per amore. Arturo, 76 anni, sfrattato, vive ormai da un anno sotto un ponte di Ravenna. Sotto un ponte, in provincia di Padova, alcuni senza tetto hanno costruito una specie di alloggio sotto le arcate di cemento. Sotto un ponte si è nascosti ma anche liberi, chi ci va per far l’amore, chi da solo ascolta musica, chi dipinge, chi balla, chi fuma, chi beve, chi in compagnia fa festa. C’è chi esagera e chi no, e c’è chi ci abita. Gli studenti della facoltà di architettura di Torino, in segno di protesta, sono andati sotto un ponte a sostenere l’esame di principi di statica.
_Temporalia come una nuova alleanza tra la molteplicità dei corpi viventi e i possibili mondi virtuali
IL PROGETTO
il ponte del rubattino a milano
In viaggio con Capitan Cook alla scoperta di cose mai viste Ai viaggiatori precedenti erano sfuggite molte cose degli uomini e dei costumi. Il “viaggiatore filosofico” non si limita a una mera raccolta di fatti, come singole membra sparse, osserva con esattezza tutte le cose per saperle collegare tra loro, fissarle con un principio guida, gettare luce sulla natura umana dal maggior numero di punti di vista per aprire la via di nuove scoperte e ricerche future. Buon viaggio tra Rubattino e la metropoli miei giovani e tenaci esploratori.
13
in-chiostro i n a s p e t tata m e n t e
u n
l i b r o
14
Appena tornato. Nessuna meta turistica. I miei non si sono accorti di niente. \ Sono stato fuori, ho visitato posti incredibili, ho assistito a scene commoventi, mi sono innamorato, ho avuto freddo poi caldo, mi sono immedesimato in quelle persone che sembravano così tanto lontane. Niente. Non si sono accorti di niente. Bene così, mi avrebbero fatto troppe domande “Dove sei stato? Con chi? Mi fai vedere le foto? Hai mangiato?” Non ce l’avrei fatta a rispondere. Non ero ancora tornato del tutto. Resto fermo e mia madre: “Hai finito quel maledetto libro?” “Sì”
15
16
Sei rimasto tutto il tempo immerso nel giorno, ti legavano le corde del lavoro, le catene della routine, ti ipnotizzava lo schermo del computer acceso, gli ordini, le consegne, le battute del tuo capo. Io lo so che non è quello il tuo mondo, quella è la tua prigione, per
questo adesso puoi venire qui. La luce del sole calerà sulla tua cella. Ho detto a una stella di portarti le chiavi. La luce se n’è andata, libera i pensieri, percorri la strada che scurisce, le luci artificiali non bastano ad illuminarla;
i rumori del giorno se ne sono andati presto, l’assenza di luce ha cambiato i contorni tutto è meno definito, le strade, i volti, i luoghi. Continua a muoverti, ci sei quasi, gira l’angolo, la vedi quell’ombra lunga? cosa senti? Continua a camminare,
ecco, ti ho portato qui, sotto un ponte, sotto di me, hai la mia protezione nel frattempo ho portato anche lui, lei e lui, magari ne arriveranno altri, qui, finchè la notte dura e i vostri pensieri sono liberi.
ASTROLABIO URBANO 17
NIDO URBANO Natura. Sotto un ponte dorme. Sotto un ponte nasce il mattino. Sotto un ponte muore la notte.
Al sicuro fa il suo nido. Maestosa. Dominante. Suprema. Aiutiamo. Controlliamo. La distruggiamo? La ricreiamo? La costringiamo? La abbattiamo? Sotto c’è natura. Sotto c’è vita. Sotto c’è morte. La vita sotto un ponte non sembra facile. Di sicuro c’è un riparo.
18
19
mr. bridge Caro gigante, niente, volevo dirti grazie. Perché se vado dove vado, faccio quel che faccio e sono quel che sono è anche grazie a te. Perché sei stato la mia ombra, discreto mi hai accompagnato e con te sono diventato grande. Perché hai vegliato mentre passavo in macchina con mamma verso la scuola e mentre giocavo a pallone nel parco. Perché qui mi sono innamorato di lei, e lei di me.
Perché ho riportato qui, ogni volta, le mie fatiche con lo studio, dal liceo alla laurea. Perché oggi, nelle pause dal lavoro, posso stare qui e non sentirmi solo. Insomma, perché ci sei. Un po’ voglio anche scusarmi, perché la vita preme e le cose da fare sono tante. E spesso ti dimentico, o do per scontato di avere un amico così più grande di me, sempre al mio fianco, tacito. Ma va bene così, perché quando di nuovo me ne rendo conto è ancora più bello, più vero. Non ti nasconderò che sono un po’ imbarazzato, perché non so ringraziarti come si deve. Non ho nulla da offrirti che minimamente valga ciò che mi hai donato tu. Ti dono ciò che ho di più caro: le mie paure, le mie preoccupazioni, i miei dubbi, i miei pensieri, i miei ricordi, le mie gioie. Te li affido. Raccontali a chi, dopo di me, vorrà vivere con te la sua meravigliosa storia.
20
“SIAMO COME NANI SULLE SPALLE DI GIGANTI, COSÌ CHE POSSIAMO VEDERE PIÙ COSE DI LORO E PIÙ LONTANE, NON CERTO PER L’ALTEZZA DEL NOSTRO CORPO, MA PERCHÉ SIAMO SOLLEVATI E PORTATI IN ALTO DALLA STATURA DEI GIGANTI.”
21
22
cotton fioc Stan Getz & Dizzy Gillespie -
Duke Ellington -
t’s The Talk Of The Town
On The Sunny Side Of The Street
King Midas Sound -
Guru -
Meltdown
Down The Backstreets
Blossom Dearie -
Django Reinhardt -
Manhattan
Cavalerie
Giungla Nord -
Ghostpoet -
Subsonica
Us Against Whatever Ever
igiene auricolare 23
MEGASTRUTTURE Una peculiarità della Storia è che essa non è sempre e solo fatta da grandi uomini. Spesso sono invece grandi eventi a modificarne il corso, indipendentemente dalla fazione per cui parteggino i loro protagonisti o dell’epoca in cui si trovino. Eventi talmente importanti e sconvolgenti da poter significare un enorme, spesso anche inatteso, successo, oppure un fallimento colossale, il cui esito è capace di elevarne l’ideatore a ruolo di eroe o di avvolgerlo nelle fiamme come un qualsiasi cattivo consigliere. È proprio per questo motivo, però, che oggi leggiamo di simili accaduti sui libri di ogni genere di disciplina, li vediamo dipinti nei musei e li sentiamo riecheggiare dalle piazze nei canti popolari; perché queste persone hanno osato e hanno vinto, si sono spinte oltre qualsiasi preconcetto, di qualsiasi epoca sia, spinti dal presentimento di potersi superare, poter superare loro e l’essere umano in generale, per elevarsi e cambiare la propria sorte. Grecia, V secolo a.C. Dario I, nel bel mezzo delle guerre Persiane, muore lasciando al comando dell’esercito il figlio Serse, il quale intuì che per avere anche solo una possibilità di invadere la Grecia avrebbe dovuto compiere un’opera che non aveva eguali nelle epoche precedenti: costruire un ponte di navi che collegasse le due sponde dell’Ellesponto (antico nome dello stretto dei Dardanelli), in modo da poter trasportare più agevolmente l’esercito e
24
al contempo essere meno vulnerabile. Nonostante gli avvertimenti di Artabano, suo consigliere, il re persiano decise di procedere con i lavori, ma questo primo
tentativo venne vanificato da una tempesta e dalle negligenze dei costruttori, che costarono a questi la decapitazione. Neanche il mare poté sottrarsi alla punizione: celebre è infatti
l’episodio raccontato da Erodoto della flagellazione del mare, in cui Serse ordinò trecento frustate al corso d’acqua. Vista la sorte capitata ai primi ingegneri, quando
25
l’opera per la costruzione del ponte riprese, i nuovi addetti ai lavori posero in atto maggiori accortezze: 674 navi vennero legate insieme da gomene realizzate da fibre di lino e papiro, formando due bracci obliqui in modo da assecondare la corrente e tendere bene le funi, legate a terra con argani di legno, e infine gettando le ancore delle imbarcazioni per resistere ai forti venti. Al termine della costruzione del ponte, non ci fu un semplice attraversamento, ma una vera e propria parata durata sette giorni e sette notti senza interruzioni, accompagnata da singolari presagi e da rituali propiziatori al Sole e al Mare. Un significato molto più importante, però, lo ebbe nell’ambito della guerra persiana. Esso fu infatti per tutto il tempo del conflitto un’utile risorsa e un obiettivo dei nemici i quali, al termine della battaglia, giunti in prossimità dell’Ellesponto, videro che i persiani avevano abbattuto il ponte di barche. Ed è proprio qui che risiede la bellezza e, nello stesso tempo, la grandezza di questi episodi: durante il concitato corso della Storia, in cui migliaia di avvenimenti fluiscono, non ci si rende conto della grandezza che l’umanità è in grado di raggiungere, al contrario si è abili quasi ed esclusivamente nel sottolineare ciò che non va bene. Eppure queste grandiose opere sono lì che attendono di essere comprese e accettate per quello che realmente sono: piccoli miracoli dell’uomo comune.
Il ponte sullo stretto delle relazioni internazionali
All’indomani della Prima Guerra Mondiale, il professor inglese di origini tedesche Alfred Zimmern era distrutto. Tra le fila dei giovani che mai fecero ritorno dal fronte, c’era anche suo figlio. Bisognava fare i conti con l’egalitarismo della guerra, con la noncuranza dei colpi rispetto alla classe d’appartenenza. Ancora più controcorrente era l’idea che la guerra, a causa degli ingenti costi, non giovasse più a nessuno, neppure ai vincitori. A parere di Zimmern, tuttavia, la guerra poteva e doveva categoricamente essere superata. Fu in virtù di questa encomiabile fiducia nel genere umano che, nel 1919, fu istituita presso l’Università del Galles (sede di Aberystwyth), la prima cattedra di “Relazioni internazionali del mondo”. Lo studio della guerra, il diritto internazionale, l’interdipendenza economica così come la promozione di nuove istituzioni avrebbero incentivato la fiducia tra gli Stati e consentito ai posteri di debellare la guerra. Per la Pace perpetua di Immanuel Kant e il le riflessioni in materia di diritto internazionale di Ugo Grozio furono le fondamenta su cui il cosiddetto Idealismo di Zimmern si erse e
diffuse, fino a raggiungere le Americhe. Al di là dell’oceano, infatti, il Presidente US Woodrow Wilson tentò, con la Società delle Nazioni, di dare forma all’entusiasmo proveniente dal Regno Unito. Era come se l’essere umano stesse percorrendo un ponte che dagli orrori della Grande Guerra l’avrebbe condotto a una nuova era: prosperità e pace erano sull’altra sponda e bastava fidarsi dell’Altro per raggiungerla. Una tanto ottimista e filantropica visione del mondo si scontrò presto con una realtà assai meno benevola: il Congresso US rifiutò di sanzionare l’ingresso nella Società delle Nazioni perché desiderosa di preservare il suo isolamento, la fretta con cui si concluse la Conferenza di pace di Parigi generò
sentimenti di varia natura, primi fra tutti, revanchismo (da parte della Germania), nazionalismo (in Italia) e antisemitismo (ovunque). Dopo il crollo di Wall Street nel ’29, le economie nazionali si chiusero su loro stesse. La fame e la frustrazione alimentarono il successo dei gruppi di estrema destra. Quando nel ’39 Hitler attaccò la Polonia, del ponte non rimaneva nient’altro che la speranza delusa. Dalle macerie della Seconda Guerra Mondiale emerse la convinzione che la natura degli uomini fosse misera e che tale sarebbe stata sempre. Il motto di Thomas Hobbes, homo homini lupus (l’uomo è lupo per gli altri uomini), riecheggiava ovunque nutrendo l’idea che fossero le caratteristiche dell’animo
26
umano a determinare l’aggressività degli Stati e la loro Realpolitik (politica di potenza). L’Idealismo cedeva il passo al Realismo e i margini di miglioramento della condizione umana si riducevano radicalmente. Da allora, il rapporto dialogico tra le due correnti mainstream delle Relazioni internazionali (è opportuno ricordare anche i contributi della Scuola Inglese o Società internazionale e del Neo-marxismo) è stato mutevole: se l’Idealismo aveva potuto farsi forte della pacificazione euroatlantica incentivata dalle Nazioni Unite e da Bretton Woods (gli accordi che diedero vita alla Banca Mondiale e al Fondo Monetario Internazionale), il Realismo enfatizzava la cristallizzazione dei conflitti extra-europei, come in Africa e Medio Oriente. E tuttora ci troviamo a gongolare per un Occidente che non chiama i suoi alle armi se non per sparare colpi di democrazia oltre confine, e un “altro” mondo che non è neppure in grado di ricordare, nella sua storia, un periodo di pace. A che altezza del ponte siamo arrivati dunque? Siamo ancora vicini alle trincee del ‘15-‘18 oppure ci stiamo lentamente ma inesorabilmente incamminando verso l’Eldorado di Zimmern?
“Un ponte è l’unico mezzo che ci consente di riuscire a percorrere una distanza esatta. Percorrendo un ponte, possiamo conoscere quella distanza, misurarla, impararla. Un ponte è ciò che ci permette di arrivare preparati a ciò che troveremo dall’altra parte”.
27
SPACE INSTINCT: ON COMING BACK FROM THE HORIZON Manuale d’istruzioni Avevano percorso la singolarità. La avevano, in effetti, attraversata. Cercando e trovando un posto possibile, da far nascere sulle nuove mappe che il genere a cui appartenevano – che mutava, pur restando innegabilmente umano – avrebbe usato nei secoli a venire. Non avevano osato neanche dare un nome, a quel posto. Ma ci avevano vissuto del tempo, che non erano stati in grado di misurare direttamente. Le analisi, le valutazioni, gli esperimenti, tutto era stato fatto. E di ciò che era successo nel tempo in cui era successo, non ne avevano più fatto parola. Entrambi, a volte, ci pensavano. Molti erano i dettagli, gli odori, i sapori, che ritornavano ai sensi. E per entrambi, c’era qualcosa che più di altre penetrava nella psiche. Per lui, era l’immagine di lei per la prima volta ammirata di schiena, nuda e stagliata contro il tempo nello spazio, così nitida da sembrare disegnata, più che vera. Per lei, era un antichissimo senso di resa, assecondato con la passione di chi percepisce un concetto che travalica le dimensioni spaziali, e quella temporale.
aperta, tra la terra, la loro terra, riscaldati dalla stella. Era un tepore che fece allentare i freni. Inibizioni comunque dissolte dal loro stato di solitudine cosmica. Ebbero la sensazione che si trattasse di un pomeriggio di tarda primavera, benché il pensiero fosse onestamente assurdo. Lui nel frattempo si limitava a guardarla. Lei lo portò verso la necessità del fato, con un gesto semplice. Si girò su se stessa, quasi avvitandosi. Danzava seguendo il ritmo musicale. Si era persa danzando. Nient’altro fu detto. Lui ne possedé il succo, fin quando la stella non smise di riscaldare, per far scendere la notte, quasi tutta d’un tratto. Furono tempi in cui nessuno dei due volle confessare all’altro le proprie ossessioni, ed i propri desideri. L’alfabeto che descriveva quegli eventi era così chiaro, da non far necessitare altro. Le misero in pratica, e tanto fu. *** I loro sospiri gemettero nel vuoto cosmico. Chiunque sarebbe passato di lì nelle ere a venire, ne avrebbe colto l’eco. Si trattava del ponte che lei e lui avevano inteso gettare tra le generazioni. Si trattava del manuale d’istruzioni per ogni essenza verosimilmente vicina a quella umana.
*** Una stella illuminava, rendendo la temperatura dell’aria sufficientemente mite, il terreno che i due pionieri avevano scovato. Era l’ultimo quanto di tempo che avrebbero trascorso lì. Al loro rientro, avrebbero poi fornito tutti i dati. E non sarebbero stati certo loro, e neppure la generazione cui appartenevano, a colonizzare il nuovo pianeta. Sapevano che sarebbe toccato a generazioni successive. E sapevano bene che era l’ultima loro esperienza, al di là dello schermo degli eventi. Le sensazioni che invadevano la loro psiche, quelle sensazioni, così diverse per lui e per lei, si erano fatte insistenti. Fu lei, ancora una volta, a decidere che era il momento giusto. Andò nella nave cosmica a cambiarsi d’abito. Mise su una musica robotica eppure così umana, che invitava “to lose yourself to dance”. Indossò dei pantaloni sportivi neri aderenti ai fianchi, e nulla altro. Solo qualche neo a coprire il resto. Uscì dalla nave. Lui sapeva che l’atmosfera a composizione leggermente diversa era causa di problemi di respirazione. Ma era una circostanza a cui le generazioni a venire si sarebbero, per evoluzione naturale, assuefatte. Come la loro generazione, milioni di anni prima, si era auto-tarata alle mutazioni del loro stesso pianeta. Ma questa volta lui perse il fiato per lei, per ciò che di lei vide. Lei aveva di nuovo colto il suo punto di singolarità, quello al quale lui non avrebbe saputo rinunciare. Quello dal quale lui non sarebbe potuto mai scappare. Quella musica continuava a diffondersi, sempre allo stesso ritmo. *** Il loro istinto si spogliò della secolarizzazione. Tornarono ad essere quello che la loro progenie fu, all’epoca delle caverne o forse anche prima. Ebbero entrambi la netta percezione di doversi avere all’aria
28
29
30
31
“Viaduc de Millau, France, 2014”
32
S I L E N Z I O CAPITOLO NONO I L’amore smodato che nutriva per l’arte era forse l’unico retaggio della sua educazione borghese a cui Maria non poteva e non riusciva proprio a rinunciare. Affiorava lentamente in oceani di silenzi, come una balena che sale dagli abissi: quell’irresistibile desiderio di cibarsi d’arte erompeva con la prepotenza di uno sfiatatoio. Maria amava l’arte, ne aveva bisogno. Da circa sette minuti, il silenzio, fatta salva qualche telegrafica eccezione, la fa da padrone dopo i gemiti che segnano l’estasi finale, e gli affanni che li seguono, accompagnati da commenti esorbitanti che fanno intuire l’intensità delle prestazioni.
“Aaaah…”
“Mmmh…”, sospirone.
Sono dieci giorni che Giacomo e Maria non fanno altro che saltarsi addosso con un desiderio che sfiora il cannibale e una foga assolutamente tribale di possedersi, in un’alchimia di odori, baci e movimenti sincronici, che manda entrambi letteralmente ai pazzi. I primi tre minuti seguenti li hanno passati abbracciati come avrebbe voluto Schiele, con l’unica evidente differenza del caschetto nero di Maria, il cui profumo è puro afrodisiaco per Giacomo, e la cui vista ha per lui lo stesso effetto del testosterone, specialmente quando lo afferra da dietro, perché lì poi, bisogna dirlo, Maria è messa davvero bene... Proprio da lì dietro, Giacomo è scivolato nell’abbraccio cronometrato, interrotto dalla sete, e dalla bottiglia d’acqua che non può essere che finita.
“Vuoi?” fece Giacomo dopo essersi bevuto quasi metà bottiglia.
Uno sparuto cenno negativo era sufficiente.
Ora Giacomo è steso con le braccia dietro la testa, mentre Maria, nell’assenza, si è già girata su di un fianco, quello che dà le spalle (e il culo) a Giacomo. Nei prossimi quattro minuti, Maria socchiude gli occhi e dimentica le iniziative, le proteste, e i cortei, e sfoga l’eredità bellissima della sua ascendenza, abbandonandosi nei vividi ricordi di una breve puntata a Parigi. Più precisamente, adesso Maria si situa in quell’angolo della mente in cui è ancora mattino; si è appena finita di scorpacciare un sacchetto delizioso e caldo uscendo dalla boulangerie, e sta entrando nei giardini delle Tuileries; stamattina è allegra, perché ha una lista di opere selezionate che deve assolutamente rivedere al Louvre e vuole godersi la passeggiata col sole primaverile nei giardini ombreggiati; mentre cammina, la vista di Maria viene rapita da una scena che la costringe alla contemplazione; si ferma, immobile: proprio come La Grande Jatte; è vero, non c’è la scimmia e nessun uomo ha un cilindro, ma bastano tre donne con il cappello, sedute vicino ad una fontana ovale, con un cagnetto al guinzaglio, per proiettare Maria in un rapimento estatico, silenzioso e per niente eloquente. In quei giorni in cui si dedica solo a lei, l’arte permea Maria per intero. Giacomo, invece, ha la mente sgombra e soddisfatta. Il suo respiro è tornato regolare ed il fremito elettrico che gli sale dall’interno dei piedi per tutte le gambe nei minuti che seguono l’amplesso adesso è svanito, lasciando posto a divagazioni semi-oniriche e a sbadigli che sanno ancora di lei. Dopo aver ripercorso i momenti salienti della precedente ora e mezza, lo sguardo di Giacomo cade sul fondo di Maria, la cui forma rotonda e seducente lo fa risvegliare in un attimo da quel torpore appagato. Sentiva un’irrefrenabile attrazione fisica per lei, ed era convinto che lo stesso valeva per lei. Così si riporta anche lui sul fianco e comincia ad accarezzarle le gambe ed il suo liscissimo mappamondo, così da avviarsi lentamente verso il suo centro umido e goloso.
33
Maria interrompe il viaggio di Giacomo sulla sua epidermide, prendendogli la mano e portandosela nella sua, sotto il collo, ma non prima di baciarla distrattamente. Giacomo lo interpreta come un gesto dolce e affettuoso, e in parte ha pure ragione, ma la realtà è che Maria per il momento è sazia di lui e non conosce un modo più carino per farglielo capire rimanendo in silenzio.
Ancora pochi secondi sono concessi al silenzio che li avvolge e che li tiene così distanti nella testa.
“Voglio andare a Firenze”
“Ti porto dove vuoi”, fece Giacomo cercando di entrarle piano dentro.
“Non posso, devo andare”.
Maria si alza dal letto senza voltarsi, lasciando Giacomo troppo eccitato per trovare le parole giuste per farla restare ancora. II Dopo gli insulti, lo schiaffo, il silenzio e il rimorso per aver tirato in mezzo quel francesino di merda che giocava a fare il radical chic, Giacomo camminò e fumò a lungo. Sul lungotevere si fece trascinare dalle correnti dei suoi pensieri che assillavano la sua parte di ego più bisognosa della presenza di Maria. Fantasticherie adultere lo assediavano annebbiandolo, facendogli dimenticare per un attimo la laurea imminente ed il trasporto fisico che da un po’ di tempo, oramai, non aveva più il tempo di ghermire Maria. Si affacciò sul fiume nero e calmo. In mezzo al ponte c’era solo lui e la sua insoddisfazione. Non era l’alba, e nemmeno il Ponte Vecchio che lui e Maria stavano attraversando per andare in cerca di cornetti e brioches, per placare l’attacco di fame repentino che li aveva assaliti dopo una notte in cui si erano nutriti esclusivamente del desiderio reciproco di esplorarsi dentro. Non era Firenze, che li aveva rubati al tempo e che aveva fatto intravedere a Giacomo la vera Maria, quella che negli Uffizi aveva continui déjà vu e non era ossessionata dalle proteste, quella che si lasciava guidare solo dall’istinto estetico e colmare dall’arte, oltre che dal sesso. Giacomo si stupì per il suo desiderio improvviso di tuffarsi e, in un momento, si diradò la nebbia che gli offuscava i sensi. Ebbe un presentimento vivido e sincero, Maria non sarebbe più ritornata. Ma la vita andava avanti, continuava a fluire, buia e inesorabile, proprio come il Tevere sotto di lui. Lasciò cullare i suoi pensieri pesanti ancora un po’ dal dolce sciabordio. Poi accese l’ultima sigaretta e si avviò verso casa.
34
S O T T O P O N T E IN ORDINE DI APPARIZIONE:
HANNO ILLUSTRATO PER NOI: 3 4-5 6-7 8-9 10-11 12 24-25 26 29 30-31
Natale De Gregorio Editoriale Dario Chiaiese [la piramide] Ad Enzo Mariarosaria Mazzacane Ponti tra lo spazio e il tempo Leonardo Cascitelli Cronache dal sottoponte
Saudade Gabriele Boretti Claudia Pace Gianni Bardi Giacomo Moggioli Anarela Mait Valentina Tassalini Severino Iritano Matheus Cartocci COPERTINA/BACK COVER: Saudade Chiara Guglielmina
Giuseppe Adesso, Helga Aversa, Raissa Alecrim, Elena Bernardi In-chiostro
I G E N E A U R I C O L A R E B Y: Zac Dezurni Krivac
Dario Braghin, Francesco Bollino, Francesca Bruschi, Cecina Pinheiro Astrolabio urbano
E S T R A T T O B Y : Pincopallino Saudade
Francesca Alesci, Stefano Bertolini, Simona Bettoni Nido Urbano
I N S E R T I F OTO G R A F I C I: 27 Alessandro Vullo 32 Antoine Mambrini
Simona Belluardo, Andrea Bianchi, Lisa Breschi Mr. Bridge
CAPITOLO NONO: Gianfilippo Liguoro
Marco Bravi Megastrutture Valeria Aiuolo Il ponte sullo stretto delle relazioni internazionali Fabio Montagnaro Space instinct: On coming back from the horizon
I lavori da pagina 13 a pagina21 sono stati prodotti dagli studenti del 2° anno di Design degli Interni del Politenico di Milano
PER COLLABORARE CON NOI: www.effettoplacebo.org ASS.EFFETTOPLACEBO@GMAIL.COM FACEBOOK: EFFETTO PLACEBO
durante il laboratorio “Temporalia” diretto dai Professori Leonardo Cascitelli e Ida Farè assistiti da Luisa Lucà, Maurizio Splendore e Gianluca Carella
© 2015 [Effetto Placebo]
35
36