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Educazione alimentare nelle scuole
Con la fine dell’estate i nostri figli sono tornati a frequentare gli istituti scolastici, ma tra le materie che dovrebbero studiare, sin dalla scuola materna, manca quasi ovunque l’educazione alimentare. Si discute da anni sulla sua introduzione nei programmi, tutti sono concordi nella necessità di farlo, ma di fatto non ci si riesce. Nel sito del Ministero dell’Istruzione nella pagina dedicata a questo argomento (https://www.miur.gov.it/sfida-complessa) leggiamo: “Gli esperti identificano i comportamenti alimentari scorretti come fattori primari di rischio - insieme a fumo, alcol e inattività fisica - per le malattie croniche più frequenti nel nostro paese. L’impegno sul piano dell’educazione alimentare diventa quindi prioritario”. Sempre su questa pagina è possibile scaricare le “Linee guida per l’Educazione Alimentare” prodotte in occasione dell’EXPO 2015, un documento che tutti i docenti, ma anche i genitori, dovrebbero leggere insieme ai loro allievi o figli. Infatti, solo attraverso un’ampia ed aggiornata conoscenza del sistema alimentare è possibile fare scelte corrette per noi stessi e per la comunità di cui facciamo parte. Il cibo può essere fonte di piacere ma anche di malattie terribili ed altamente invalidanti come il diabete di tipo 2, per non parlare delle numerose patologie associate alla obesità ed al sovrappeso o al contrario alla anoressia. Il cibo è cultura, non semplicemente “delle cose” che si comprano nei negozi e nei supermercati. Ma “la cultura del cibo” non può limitarsi ai gustosi manicaretti gourmet o agli spartani “cibi di strada” proposti dalle numerose trasmissioni televisive. Ancor meno all’arte di preparare la tavola, di allestire un ristorante o di abbinare al cibo il giusto vino; tutte cose utili, ma non indispensabili nella formazione dei ragazzi, che poco o nulla sanno delle caratteristiche nutrizionali dei cibi e del modo in cui vengono prodotti. Del tutto diseducative appaiono poi le alternative proposte per compensare la scarsa qualità dei cibi industriali con costosi integratori ed altri prodotti spacciati per naturali. Ci sono addirittura reti televisive e canali internet, appositamente dedicati a questo tipo di marketing, in cui per vendere questi prodotti si fa finta di dare informazioni. Il successo di queste trasmissioni si spiega solo con la mancanza di educazione alimentare nelle scuole a fronte di una esigenza di conoscenza. Analogamente nelle palestre, negli stadi e nei luoghi dove i ragazzi dovrebbero apprendere la “cultura dello sport” si propongono troppo spesso sostanze di tutti i tipi, a volte anche illegali, per migliorare artificialmente le prestazioni fisiche o per aumentare la massa muscolare. Prodotti che comunque chiunque può acquistare anche su internet o in negozi specializzati. Inoltre, la scarsa attenzione data all’insegnamento delle basi biologiche e dei meccanismi fisiologici di funzionamento del nostro organismo nelle nostre scuole, favorisce anche il proliferare di un ampio mercato di prodotti dietetici o di diete fantasiose o stravaganti, in rete si puo trovare persino “il santo graal del dimagrimento”. La disinformazione alimentare ormai è dilagante e questo è molto grave, perché l’educazione alimentare comprende non solo la qualità del cibo che consumiamo, ma anche il modo in cui lo produciamo ov- vero una conoscenza dettagliata di tutta la catena agro-alimentare. La qualità della vita, soprattutto delle future generazioni, passa attraverso l’uso che stiamo facendo del nostro territorio. Ogni volta che sottraiamo terreno alla agricoltura per realizzare case, infrastrutture, magazzini centri commerciali ecc., andiamo a creare le basi per futuri disastri perché rischiamo di perdere le nostre risorse idriche (le falde si inquinano e non si ricaricano) favorire l’inquinamento ed i fenomeni di dissesto idrogeologico. Con i cambiamenti climatici in atto e la orribile guerra che sta mettendo in ginocchio la nostra economia, tutte le contraddizioni di questo modello di sviluppo insostenibile appaiono sempre più evidenti e non solo sotto il profilo della nostra salute e sicurezza alimentare. Stiamo lasciando in eredità ai nostri figli le devastazioni prodotte sul nostro territorio, sempre più violentato da scelte urbanistiche irrazionali. Attraverso l’educazione alimentare possiamo insegnare ai ragazzi quindi, non solo a mangiare meglio ed a tenersi in salute, ma anche a limitare gli sprechi di cibo e di acqua. Cultura alimentare significa valorizzare i prodotti locali, quelli a chilometri zero su cui non gravano le mostruose spese dei trasporti e le speculazioni della grande distribuzione. Scegliere prodotti di stagione significa scegliere alimenti non solo più sani ma che hanno anche un impatto ambientale ridotto rispetto a prodotti importati dalla altra parte del mondo, conservati in frigoriferi che consumano energia. Dovremmo valorizzare le nostre eccellenze “Made in Italy”. Non si diventa “patrioti” avvolgendosi in una bandiera allo stadio o ad una manifestazione politica, ma tutelando la nostra cultura ed il nostro territorio. I nostri ragazzi conoscono benissimo i “cibi spazzatura” ma nulla sanno delle tante aziende che, tra mille difficolta, producono cibi e vini di altissima qualità. Dovremmo portare nelle sere d’estate i nostri ragazzi a passeggiare tra i filari dei vigneti a sentire i profumi i suoni e la bellezza della natura e persino a vedere qualche lucciola che sopravvive nonostante il degrado circostante. Potrà servire a guidarli quando da adulti, divenuti politici, amministratori, imprenditori o semplici elettori e consumatori, decideranno se conservare la nostra cultura il nostro territorio e la loro salute o se continuare a seguire un modello di sviluppo insostenibile che sta avvelenando noi stessi ed il mondo.
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