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Il caso: stipendi “d’oro” ai Dirigenti.............da
Stipendi “d’oro” ai Dirigenti: gli aumenti erano illegittimi
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tipendi d’oro ai dirigenti del Comune di Pomezia, che fine hanno fatto i (tantissimi) soldi che l’amministrazione avrebbe dovuto recuperare? Parliamo di milioni di euro che il Comune, secondo il Ministero dell’Economia e delle Finanze, ha pagato in più e che avrebbe dovuto già farsi restituire. Nel luglio del 2018 il Mef, attraverso una nota, ha sollecitato l’amministrazione comunale nel recupero delle somme. Noi abbiamo voluto ricostruire la vicenda che parte da lontano. Sembrerebbe che nel maggio 2006, dopo un incontro tra strutture sindacali, dirigenti e commissario prefettizio, venne sottoscritto un accordo per aumentare l’indennità di posizione dei dirigenti oltre il limite previsto. La motivazione data era quella delle caratteristiche del territorio, particolarmente polivalente. I malumori su quegli stipendi così alti iniziarono a farsi sentire, tanto che nel 2011 si iniziò un percorso di
“ricognizione”, sospendendo l’indennità di risultato, che corrispondeva all’incirca all’indennità di posizione dei dirigenti. L’indennità di posizione frutto dell’accordo del maggio 2006 era giustificabile? Perché non si parla mai di questo accordo tra i sindacati, i dirigenti e il commissario? Perché la Giunta De Fusco non è immediatamente intervenuta per ridimensionare questa indennità? E perché l’amministrazione Zuccalà solo nel novembre 2020, ovvero quasi due anni e mezzo dopo il sollecito del Mef, mette in mora i lavoratori come richiesto dal ministero? Facciamo un passo indietro: nel 2013, attraverso una delibera di Giunta, il sindaco Fucci decise di ridurre drasticamente l’indennità di posizione dei dirigenti da circa 65 mila euro a 13 mila e 500 euro, ovvero alla tariffa minima prevista per legge (il massimo è 45 mila). Dopo che il sindaco dà mandato al dirigente del settore personale di provvedere ad adeguare le indennità di posizione, i dirigenti fanno ricorso al Tar contro la delibera. Ma il Tar dà torto ai dirigenti e ragione al Comune e quindi alla scelta del sindaco ma, non si capisce perché, nonostante la vittoria, viene raggiunto un accordo con i dirigenti per cui l’indennità resta a 45 mila euro. Perché? Ci sono quindi responsabilità da parte di tutte le amministrazioni, a partire dal commissario prefettizio che ha siglato l’accordo con i sindacati e i dirigenti, per poi passare alla giunta De Fusco, fino a quelle
pentastellate di Fucci e Zuccalà, seppur in modo diverso. È infatti vero che, se Fucci avesse portato avanti la delibera del 2013, per la quale il Tar gli aveva dato ragione, il Comune di Pomezia avrebbe risparmiato centinaia di migliaia di euro (che non si sa se saranno mai recuperati). Adesso, come dicevamo, il Comune si è finalmente attivato per cercare di recuperare quanto pagato in più. Ma, visto che i dirigenti già per la delibera si sono rivolti al Tar, temendo di dover affrontare lunghe cause legali, l’Ente ha deciso di rivolgersi all’avvocato Donato D’Angelo per una consulenza legale (costo 23 mila euro). Lo stesso legale seguirà le azioni di recupero e gli eventuali contenziosi che dovessero sorgere.
Gli stipendi d’oro: cosa dice il Mef nella relazione
La verifica amministrativo-contabile effettuata dal Mef tra il 22 novembre 2012 e il 15 gennaio 2013 riporta contestazioni pesanti nei confronti dei dirigenti, oltre che del personale di staff. Troppo alti i loro stipendi, con l’illegittima erogazione dei compensi ai dirigenti in violazione del principio di onnicomprensività della retribuzione dirigenziale dal 2007 al 2012. Ma c’è anche l’illegittimo affidamento di incarichi dirigenziali ex art. 110, comma 2, del TUEL con indebito pagamento dei relativi corrispettivi nel periodo dal 2007 al 2012, e l’illegittima corresponsione dei compensi al segretario comunale relativamente alla retribuzione di risultato e per violazione del principio di onnicomprensività nel periodo dal 2007 al 2012. Ecco cosa dice la relazione del 2013. Premettiamo che non siamo riusciti a fare l’accesso agli atti del Co-
mune, che ci sono stati negati per tutela della privacy dei dirigenti. Siamo comunque riusciti ad avere da altre fonti la relazione del 2013, ma non la nota originale del 2018, di cui conosciamo solo il contenuto per sommi capi.
Retribuzione accessoria
Per “tutela della privacy”, a cui dobbiamo attenerci in quanto ancora c’è un procedimento in corso, non possiamo mostrare i nomi dei dirigenti, ma le cifre sì. Ecco quanto avrebbero preso in più, oltre alle altre cifre già contestate dagli ispettori del MEF, i 12 dirigenti, per un totale di quasi 300 mila euro, solo per: la partecipazione a commissioni di concorso; la copertura ad interim di posizioni dirigenziali vacanti (attività per la quale e’ stata esclusa la possibilità di erogare uno specifico compenso dalla Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Campania, con sentenza n. 1307/2011); la partecipazione a progetti di produttività variamente denominati, (istituto contrattuale del quale non possono beneficiare i dirigenti, fatte salve le fattispecie espressamente indicate dall'art. 20 del CCNL del 22.02.10).
Ad oggi neanche il Comune di Pomezia sa quanto deve recuperare: tra archiviazioni, riassorbimenti e somme contestate, parliamo di una cifra compresa tra uno e tre milioni di euro
Sembrerebbe che nel 2006 venne sottoscritto un accordo tra Sindacati, Commissario Prefettizio e Dirigenti per aumentare l’indennità di posizione dei Dirigenti oltre il limite previsto (continua)
Il Comune ci ha negato l’accesso agli atti per questioni di “privacy”. Abbiamo ottenuto, da altre fonti, la relazione del MEF del 2013 ma non quella originale del 2018 di cui conosciamo per sommi capi i contenuti
i. Il Comune deve riavere milioni di euro: ecco il punto
(segue)
Altri soldi contestati dagli ispettori sono quelli degli incarichi con relativi costi, sia a personale interno che esterno. Un capitolo a parte viene dedicato alla cosiddetta “clausola di galleggiamento”, ovvero la maggiorazione dello stipendio per la posizione di una specifica figura professionale. “Nel complesso, a titolo di retribuzione di posizione, al xxx è stata corrisposta illegittimamente la somma di € 192.210,00, se calcolata in base all'interpretazione più favorevole al dipendente, che diviene pari ad € 252.728,51 in base all'interpretazione meno favorevole allo stesso”, si legge nella relazione. “Inoltre – proseguono gli ispettori - sempre dall'esame dei cedolini stipendiali, è emersa la corresponsione di somme in violazione del principio di onnicomprensività della retribuzione. Nella tabella 1 vengono riepilogate le somme illegittimamente liquidate. Ma le cifre “importanti” sono inserite nelle retribuzioni di posizione, frutto appunto dell’accordo. Per poter reperire i soldi per pagarle, fu deciso di aumentare l’apposito fondo, quadruplicandone le risorse secondo il MEF in maniera illegittima. Queste le conclusioni degli ispettori nella relazione del febbraio 2013, come scritto nella relazione: “La verifica ha evidenziato che il valore del fondo per il trattamento accessorio del personale dirigente del Comune di Pomezia ha assunto nel corso degli anni un valore superiore a quello che avrebbe dovuto avere in base ad un'applicazione corretta e rigorosa delle norme contrattuali e legislative. Cio ` e ` dipeso dalla mancanza dei presupposti per poter operare gli incrementi previsti dai contratti collettivi e dalla mancata decurtazione del fondo nell'anno 2002. Nella “tabella 2” che segue sono riportati sinteticamente i valori delle risorse indebitamente inserite nel fondo”. Ovviamente la relazione è stata contestata, ma il Mef non ha mollato. Da quello che emerge, dei 5 milioni di euro iniziali che i dirigenti e il segretario avrebbero dovuto restituire, dopo le contestazioni fatte sembrerebbe che la cifra che l’Ente potrà incassare sarà di gran lunga inferiore, oscillante tra 1 e 3 milioni di euro: i conteggi non sono ancora stati effettuati e pertanto non vi è alcuna precisioni in merito, soprattutto se si calcola che alcune cifre potranno essere recuperate interamente, altre al netto delle tasse, altre ancora per nulla in quanto archiviate o assorbite dal cosiddetto decreto “Salva Roma”.
Stipendi d’oro ai dirigenti e soldi da recuperare: cosa dice il sindaco Zuccalà
“Relativamente ai rilievi del MEF sollevati nei confronti del Comune di Pomezia a Febbraio 2013, che ha interessato gli anni dal 2007 al 2012, si sottolinea che già nel 2014 fu inviato tutto alla Procura della Corte dei Conti e fu dato indirizzo di recupero delle somme nei confronti del personale interessato – ha spiegato il sindaco Adriano Zuccalà - I rilievi interessavano sia il funzionamento dell’Ente, sia le retribuzioni del personale. Nei casi relativi alla prima fattispecie, le controdeduzioni dell’Ente sono state in gran parte accolte, quelle non condivise da parte del MEF sono state inviate alla Magistratura Contabile per le valutazioni del caso di cui si è ancora in attesa dell’esito”. “Sulle retribuzioni del personale, la questione risulta ancora aperta e quantomeno complessa, questo perché negli anni c’è stata una corrispondenza di controdeduzioni tra il MEF e il Comune che ha portato a rilevare la conferma o l’archiviazione di alcune posizioni. Al fine di concludere in maniera definitiva i rilievi effettuati, l’Ente ha proceduto ad affidare a professionisti esterni il calcolo delle somme spettanti e le modalità di recupero delle somme che, nonostante non siano state ancora quantificate in maniera definitiva, si può ipotizzare già da ora che dovranno riguardare il recupero delle sole somme nette e non delle somme lorde riportate nella relazione del 2013. Il Comune di Pomezia, nel 2016 prima e successivamente nel 2021, ha inviato le note di contestazione e diffida di restituzione delle somme (lorde) al personale interessato. Per le posizioni già definite, alcuni dipendenti si sono già proposti per restituire le somme in forma rateale, per le altre posizioni ancora incerte, si è in attesa della quantificazione definitiva del dovuto nei confronti dell’Ente che, nel momento in cui verrà a conoscenza degli importi, promuoverà tutte le azioni previste per il recupero delle stesse”, ha concluso il Primo Cittadino.
Tabella 1: le somme riportate dal MEF come illegittimamente percepite
Tabella 2: I valori delle risorse inserite nel fondo per consentire i pagamenti
Maria Corrao
Così il Sindaco Zuccalà: «Abbiamo inoltrato le contestazioni ai Dirigenti. Alcuni dipendenti si sono già proposti per restituire le somme in forma rateale, per le altre attendiamo la quantificazione definitiva»
Borghetto, le transenne sono ancora lì
A Pratica di Mare aperte (parzialmente) solo alcune strade mentre molte aree sono rimaste interdette
scaduto lo scorso 18 agosto il termine ultimo fissato dall'ordinanza, l'ennesima, firmata dal Comune di Pomezia per rimuovere, alla luce del pronunciamento del Tar di luglio, le transenne che impedivano il libero transito sulle strade del Borgo di Pratica di Mare. Quello che però i cittadini hanno trovato quella mattina è stata una semplice rimodulazione delle barriere le quali in alcuni casi sono state arretrate di un paio di metri, in altri hanno parzialmente aperto dei corridoi - comprese due strade su quattro - in aree prima inaccessibili. Dopodiché però la gran parte degli spazi, come ad esempio le aree verdi, Palazzo Borghese e la Chiesa di San Pietro Apostolo, sono rimasti comunque interdetti.
Esulta il Comune: «Il Borgo torna accessibile»
L'Amministrazione Comunale, alla luce di quanto avvenuto, ha ritenuto evidentemente valide le osservazioni avanzate dalla Nova Lavinium nel rispondere all'ultimo documento del Dirigente all'Urbanistica Curci. Ricordiamo però che il testo prevedeva la “rimozione di tutti i dispositivi che impediscono il libero accesso alla viabilità interna al Borgo di Pratica di Mare” anche se dava al Privato la possibilità di presentare “eventuali memorie e/o istanze, che l’Ufficio avrebbe valutato debitamente”. Ebbene, il tecnico Comunale presente la mattina del 18 agosto, ci aveva subito riferito in effetti che i lavori fatti rispondevano al progetto, per ora non noto, presentato dalla Proprietà. Il Comune ha così spiegato: «Torna accessibile a tutti il Borgo di Pratica di Mare perché sono stati rimossi cancello e transenne (che però sono ancora lì seppur in forma diversa, ndr) che impedivano l’accesso completo al Borgo di Pratica di Mare e creati dei percorsi interni a distanza di sicurezza dagli edifici. Ora, dunque, l’area torna alla pubblica fruizione e all’interno delle attuali transenne sorgeranno i nuovi ponteggi per la ristrutturazione degli edifici». «Si tratta di risultato importante – ha aggiunto il Sindaco Adriano Zuccalà – Ripercorrere le strade del Borgo di Pratica di Mare è una vittoria di tutti i cittadini che, finalmente, avranno la possibilità di visitare uno dei siti più importanti della nostra città. In questi tre anni, la documentazione prodotta in giudizio dal Comune ci ha dato ragione, segno della bontà del nostro operato. Nonostante molti parlino a sproposito sulla vicenda, come Ente continueremo in tutte le sedi preposte a far valere i diritti della nostra comunità. Oggi si apre una nuova prospettiva, adesso bisogna procedere rapidamente con la valorizzazione e la riqualificazione definitiva dell’intero Borgo, integrandolo a pieno nell’offerta culturale di Pomezia».
Latium Vetus all'attacco: «Solo fumo negli occhi dei cittadini»
Di certo, c'è da dire, i toni entusiastici del Comune stridono in realtà con quanto è possibile vedere nel Borgo sebbene, ripensando a un anno fa, passi in avanti siano stati effettivamente fatti. Dopodiché, la domanda è la seguente: se si è arrivati a questo punto perché allora il Borgo è rimasto chiuso tutto questo tempo? Ma andiamo avanti. Ecco ad esempio il commento dell'Associazione Latium Vetus sui recenti sviluppi a Pratica di Mare: «Il Sindaco ha annunciato, quella che - a suo dire - sarebbe l'avvenuta 'rimozione' delle transenne, ovvero la vittoria dei cittadini ed
E’
il ripristino della pubblica fruizione, sulle strade di Pratica di Mare. Peccato che, invece di far rispettare - finalmente - le ordinanze comunali, emesse invano da oltre un anno e mezzo, le nuove transenne siano tutte lì, a vincolare la fruizione dei cittadini e ad inibire il libero transito su porzioni cospicue delle strade stesse del Borgo medievale», attaccano dall'Associazione. «Quali scuse accamperanno adesso? La riqualificazione degli edifici? Falso. Si è dibattuto tanto, dal lontano 2016, di una riqualificazione che non arriva mai. La realtà è che sono trascorsi cinque anni dall'inizio dei lavori. Dov'è la volontà di riqualificare? La volontà, semmai, era quella di chiudere le strade. La realtà è che moltissimi edifici sono all'abbandono. Il resto sono chiacchiere. La pubblica incolumità? Falso. Tra le aree inibite dalle nuove transenne rientrano gli spazi limitrofi al Palazzo Borghese e alla chiesa di San Pietro Apostolo che non sono nemmeno a rischio di crolli! Che dire poi delle nuove transenne apposte perfino ad impedire l'avvicinamento alle due aree a giardino prospicienti la chiesa? Anche le aree verdi inedificate sono a rischio di crolli?». «Una novità però c'è, malgrado il continuo tentar di gettare fumo negli occhi dei cittadini negando la realtà: le Nelle foto: transenne continuano incessantemente ad (dall’alto) il arretrare. La legalità continua la sua marcia Sindaco di per la quale continueremo incessanti ad opePomezia rare. Ai cittadini il compito di sostenere la leAdriano Zuc- galità e di saper distinguere coloro i quali calà; (sotto) tentano di ostacolarla».
Giacomo
Castro, Pres. Latium Vetus Quale futuro per il Borgo di Pratica di Mare? L’apertura delle barriere è stata solo parziale
La domanda è la seguente: se si è arrivati a questo punto perché allora il Borgo è rimasto chiuso tutto questo tempo?
Luca Mugnaioli
Transenne rimodulate a Pratica di Mare: per il Comune il Borgo è tornato “finalmente accessibile a tutti” ma la realtà stride con quanto è possibile vedere nell’area. Sono stati fatti passi avanti, è vero, ma molte zone sono ancora ‘off limits’
Usura a Pomezia, incubo senza fine: imprenditore ‘t
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aglieggiato contemporaneamente da più strozzini. Telefonate a tutte le ore. Intimidazioni. Pressioni. La voce amichevole che improvvisamente cambia tono e si fa minacciosa, incutendo terrore e ansia per la sorte dei propri familiari. Succede a Pomezia, dove l’usura è una piaga sanguinante che si nasconde sotto il velo di un’apparente normalità. Questa è la storia di un imprenditore pometino costretto a pagare anche 55 mila euro al mese per poter pagare i suoi usurai. Un incubo senza fine, almeno fino a quando Fabrizio (nome di fantasia) prende coraggio e denuncia il primo strozzino. Del primo arresto hanno parlato tutti i giornali: l’usuraio era un ex pugile, Francesco Lomasto. A seguito di alcuni problemi finanziari dovuti a un debito milionario con Equitalia, l’imprenditore si era rivolto all’ex pugile per avere dei soldi in prestito, 250 mila euro. Lomasto, vedendo in lui un ottimo “affare”, gli fa la sua offerta: i soldi gli verranno dati in 5 tranche da 50 mila euro, mentre la restituzione deve avvenire con un tasso mensile del 10%, ovvero il 120% annuo. In più, immediatamente, l’imprenditore deve ricomprarsi un appartamentino che aveva appena venduto a 55 mila euro a Lomasto, ma a 80 mila euro, facendogli così guadagnare ben 25 mila euro netti in pochi mesi. Inizia così un incubo che lo porta a pagare 350 mila euro nel giro di 3 anni, con un residuo di 140 mila euro di debito, destinato a non essere mai estinto. E poi favori, orologi e gioielli quando non c’è la possibilità di avere accesso ai soldi contanti. Ad oggi sono state sei le udienze presso la X Sezione Penale di Roma. Questa è la “storia vecchia” e conosciuta. Ma ce n’è un’altra, che nessuno ancora sa.
L’imprenditore, infatti, non era taglieggiato solo da Lomasto
Per poter pagare il fisco - con cui ha un debito di un milione e 700 mila euro - e nel contempo far fronte al debito contratto proprio con l’ex pugile, ‘Fabrizio’ aveva bisogno di altri soldi. Grazie all’intermediazione di un comune conoscente, aveva dato in affitto, nell’ottobre del 2018, uno dei suoi appartamenti, comprensivo di box auto, ad un certo Sergio C. Ed è proprio lui che, quando ‘Fabrizio’, nel dicembre 2019, si trova nell’impellente bisogno di avere a disposizione soldi per pagare i suoi debiti, si offre di aiutarlo con un prestito “a fermo” di 50 mila euro. Ma, ovviamente, come per tutti i prestiti usurari, non si tratta di soldi suoi: l’uomo sottolinea che dietro ci sono “quelli del campo rom di via Pontina” per far capire che potranno esserci brutte conseguenze in caso di mancato pagamento delle rate.
Il prestito a tassi usurari: 120% annuo
Il prestito offerto da Sergio ha condizioni ben precise: dei 50 mila euro offerti, con tasso
al 10% mensile, gli interessi del primo mese
vengono scalati subito. I due si incontrano il 13 dicembre del 2019 presso un bar di via Pontina, all’entrata nord di Pomezia, e da lì si allontanano di circa un chilometro per rag-
giungere un edificio dove avviene la consegna del denaro già decurtato degli interessi del primo mese: all’imprenditore vengono quindi consegnati solo 45 mila euro. Sergio specifica che il 13 di ogni mese dovranno es-
sere consegnati 5 mila euro di interessi,
cosa che l’imprenditore riesce a fare puntualmente fino a marzo. Poi, a causa del Covid (ricordiamo che l’uomo stava nel frattempo pagando anche Lomasto), il 13 aprile porta a Sergio solo 2500 euro, consegnandogli l’altra I DEBITI metà 4 giorni dopo. Maggio viene pagato Lomasto presta puntualmente, ma a giugno ‘Fabrizio’ chiede all’imprenditore 250mila euro di poter dilazionare i pagamenti all’interno da restituire con un tasso del mese con frazioni da 1000 euro ogni 6 mensile del 10%. In più l’uomo è giorni, mantenendo comunque la cifra origicostretto a ricomprarsi un naria dei 5000 euro mensili. Ma l’usuraio si appartamento che aveva appena indispettisce e da quel momento inizia a mivenduto all’ex pugile, nacciare sia verbalmente che tramite mespagandodolo 25mila euro saggi l’imprenditore, oltre a fare pressioni e a in più sottrargli merce di vario tipo.
La storia è quella dell’imprenditore pometino costretto a pagare anche 55 mila euro al mese per poter pagare i suoi usurai. Un incubo senza fine, almeno fino a quando trova il coraggio di denunciare
(continua)
Del primo arresto, quello di Francesco Lomasto, hanno parlato tutti. Ma c’è un’altra storia, che nessuno ancora sa: l’imprenditore infatti non era vessato solo dall’ex pugile pometino
Dietro l’incubo dell’imprenditore non c’era solo Lomasto: per pagare il fisco - un debito da oltre 1 milione e mezzo - e i tassi del 120% annui all’ex pugile, l’uomo si rivolge ad un altro usuraio: e così i soldi da restituire crescono vertiginosamente
taglieggiato’ contemporaneamente da più strozzini
‘Fabrizio’ non riesce più a pagare la rata in un’unica soluzione ma comunque rispetta l’importo mensile. Ma l’usuraio non lo accetta e scattano le ritorsioni (segue) La casa, l’automobile, i mobili
L’usuraio, anche se l’imprenditore riesce sempre a saldare il suo debito entro il mese, infastidito dal fatto che i 5000 euro non fossero in una sola soluzione, inizia a pretendere (e ottenere) mobili gratis per la sua casa in affitto e per quella della figlia. Ma non solo: minaccia anche di impossessarsi dell’appartamento di ‘Fabrizio’ chiudendolo e non pagando più il canone di locazione. Poi, non contento, gli chiede anche un’auto di lusso. “Ma scusa un attimo – gli chiede in modo ostile – una macchina da darmi tu ce l’hai, qualche macchina?”. “Io con la gente ci ho parlato, adesso il 13 dicembre rivogliono tutti i soldi, non vogliono più andare avanti a queste condizioni”, minaccia Sergio il 19 novembre del 2020. L’imprenditore ribadisce che in 11 mesi ha pagato 55 mila euro di interessi, senza mai saltare alcuna rata: “Mi sembra di essere corretto”, prova a difendersi. Ma il carnefice qualche giorno dopo insiste: “Qua sta degenerando questa cosa, io te lo dico! La gente vuole venire a casa! Vuole che adesso gli lascio la casa, vedi a che punto siamo arrivati? Io te faccio le cortesie, ma questi sono pezzi de m…, mi chiamano ogni due giorni”.
L’arresto
È proprio dopo queste minacce che ‘Fabrizio’ non ce la fa più. È psicologicamente distrutto. Anche se non paga più l’ex pugile, arrestato a maggio, la pandemia ha rallentato i suoi affari e capisce che non riuscirà mai a saldare il debito con l’usurario. Dopo 11 mesi, infatti, la quota capitale è ancora intatta, nonostante abbia pagato già 55 mila euro, più i 5 mila iniziali. Deve decidere se crollare o andare avanti. All’arresto di Sergio si è arrivati grazie alla tenacia dei carabinieri di viale Asia che, dopo la vicenda Lomasto, hanno approfondito le indagini, realizzando che ‘Fabrizio’ era coinvolto anche in altri contesti che vedevano protagonisti personaggi di Pomezia e portandolo, nel novembre 2020, a denunciare anche questa vicenda, che ha messo in luce la presenza nel territorio pometino di una fitta rete di usurai appartenenti alla criminalità organizzata i quali vessano a vario titolo imprenditori, commercianti e artigiani del territorio. I carabinieri hanno quindi concordato con la vittima un appuntamento con l’estorsore per il 29 dicembre 2020, giorno in cui doveva essere effettuata la consegna di una delle rate. Non appena Sergio ha preso in mano il denaro, i militari dell’arma sono intervenuti e hanno arrestato il 41enne, nato a Roma, ma di origini dell’est Europa, arrestandolo in flagranza di reato. Il 22 giugno si è svolto, presso il Tribunale di
Roma, il processo, che ha visto la condanna di Sergio a 3 anni di reclusione e 6000 euro di multa e l’interdizione dai pubblici uffici per 5 anni. L’uomo, in sede processuale, ha confessato ogni sua colpa, ammettendo di essere l’unico autore del reato (i fantomatici uomini del campo rom erano stati inventati per mettere ansia e paura alla vittima), ha restituito il denaro preso come interesse, oltre alla chiave dell’appartamento ed ha accettato di risarcire la Federazione italiana Antiracket a cui la vittima si è appoggiata durante tutto il percorso. In questo modo non ha avuto aggravanti della pena. Da ulteriori indagini non si esclude che ‘Fabrizio’ possa essere vittima di altri usurai pometini, oltre a Francesco Lomasto e a Sergio, pertanto le indagini dei carabinieri continuano alacremente.
La vicenda ha messo in luce la presenza nel territorio di Pomezia di una fitta rete di usurai appartenenti alla criminalità organizzata
LA TRAPPOLA
I Carabinieri concordano con la vittima un appuntamento con l’estorsore il 29 dicembre 2020 con la scusa del pagamento di una rata: ma non appena l’uomo riceve i soldi scatta il blitz dei militari che lo arrestano in flagranza di reato Per l’altro prestito ‘Fabrizio’ restituisce 5 mila euro solo di interessi ogni mese: dopo 11 mesi ha già pagato 55 mila euro ma la quota capitale è ancora intatta. Sfinito, decide nuovamente di denunciare
Maria Corrao
L’estorsore, Sergio, si era inventato perfino l’amicizia “con quelli del campo rom” per spaventare la vittima. Dopo la confessione è stato condannato a 3 anni di reclusione
‘Spaccio Torvaianica’: la droga (facile) sul litorale
Ecco come si rimedia la cocaina: e con un sovraprezzo viene consegnata anche a domicilio
ammene una, fratè”. Comprare la cocaina, a Torvaianica, è semplicissimo. Basta decidere quanto si vuole spendere. Le dosi sono da 30, 40 o 50 euro: dipende dalla purezza e dal quantitativo di sostanza contenuta all’interno dell’involucro di sottile carta che avvolge la polvere bianca. I posti per acquistarla sono ovunque, così come i pusher. Per renderci meglio conto di questa realtà, abbiamo trascorso una serata con una persona che ci ha guidato nel mondo sommerso della droga del litorale pometino, alla ricerca di “una dose”. Una delle maggiori piazze di spaccio è piazza Kennedy, dove il martedì si svolge il mercato, che con il buio si trasforma in un via vai di traffici illegali, ma qui lo smercio di sostanze stupefacenti avviene solo su appuntamento o se si conosce il pusher. Basta appostarsi per rendersi conto di quanto accade, anche – seppur meno frequentemente – in pieno giorno. I clienti a volte sono persone insospettabili: quarantenni e cinquantenni in giacca e cravatta, magari appena usciti dall’ufficio, che non trovano di meglio che rilassarsi facendo qualche “tirata”. Ovviamente ci sono anche i ragazzi, che acquistano però perlopiù marijuana e hashish. I pusher che frequentano questa piazza sono di solito molto giovani, intorno ai 20/25 anni, prevalentemente italiani, anche se a volte capitano degli stranieri “over quota”. Qualora qui non si trovasse nulla, basta fare pochi metri: in un minimarket a poca distanza, oltre a birre e specialità extraeuropee, si trovano dosi di cocaina. Ovviamente non per tutti: la merce viene consegnata solo a clienti fidati o accompagnati da persone conosciute, per paura di essere scoperti. Il “lato negativo” di questo minimarket è che la cocaina non si trova a tutte le ore, ma solo a tarda serata, per evitare i controlli, quindi se si prova durante il giorno difficilmente si potrà ottenere qualcosa, a meno che non ci si accordi diversamente. Il giro prosegue: sul lungomare, lato spiaggia, lo spaccio è camuffato dalle comitive di ragazze e ragazzi, anche minorenni. Si trovano proprio al centro, sotto agli occhi di tutti e proprio per questo passano inosservati. Tra una battuta, uno scherzo e una cosa da bere, tra questi piccoli gruppetti di giovani che sostano nelle panchine in marmo o a ridosso della vegetazione ci sono in realtà dei punti di riferimento per i tossicodipendenti della zona. Basta uno sguardo, un gesto e il pusher capisce. Cliente e spacciatore si allontanano un po’ dal resto del gruppo per evitare di essere visti durante lo scambio. “Da quanto la vuoi?”, gli chiede il pusher. “Dammela da 40”. “Ce l’ho da 30”. Il tutto dura meno di due minuti. La nostra ricerca su quanto sia facile acquistare la droga a Torvaianica non finisce qui. Sempre in centro, la sera altri pusher frequentano i giardinetti di piazza Italia, nei pressi della fermata dei pullman. Qui “girano” soprattutto stranieri. Così come sono stranieri, specialmente albanesi e sudamericani, sono gli spacciatori, stavolta di un livello superiore, che frequentano un bar del lungomare: sono loro che riforniscono i trans della zona e che vendono la sostanza stupefacente ai piccoli pusher. Ma per chi non vuole fare fatica c’è un metodo molto più semplice di acquistare droga, oltretutto di ottima qualità: il servizio a domicilio.
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Tra le maggiori piazze di spaccio c’è Basta mandare un messaggio a un certo nuPiazzale Kennedy oppure un minimarket mero telefonico, fare l’ordinativo - ovviasempre della zona. Ma la droga mente senza mai fare riferimento alla non è per tutti, viene consegnata cocaina, che viene chiamata con altri nomi, solo a persone “fidate” solitamente di frutti o cibi in genere - e dopo circa 20/25 minuti arriva un’auto che effettua la consegna. Costo del servizio? 50 euro. Questo è solo una parte di ciò che accade, che coinvolge i piccoli spacciatori e qualcuno un po’ più elevato rispetto al giro dei pusher di strada. Ma, dietro questa “crosta” c’è molto di più. C’è chi tira le redini, chi vende i grossi quantitativi e fa arrivare fiumi di droga sul litorale. Da Campo Ascolano a Torvaianica Nord, passando dai Tre Grattacieli, tutta la zona è stata conquistata da tempo e la morte
I PREZZI Le dosi sono da 30,40 o 50 euro. E per chi non vuole fare di Selavdi Shehaj, Simone il “Passerotto”, non ha certo fatto cambiare le cose. Lo dimostra l’arresto, avvenuto nel mese di agosto, di N.Z., 48enne gestore di uno stabilimento balfatica c’è un metodo anche più neare a Torvaianica, trovato insieme a un semplice: la consegna a domicilio. altro uomo, M.D.S., in possesso di ben 11 Costo del servizio, con consegne chili di droga tra hashish, marijuana e coentro mezzora, 50 euro. caina, così come l’arresto di un 53enne, colto sul fatto una settimana dopo sulla stessa strada con un chilo di sostanza stupefacente. Come veniva gestita tutta questa droga? Da chi era stata acquistata? Chi ha in mano adesso il “giro grosso” della droga a Torvaianica e sul litorale fino a Tor San Lorenzo? Sono tutte domande a cui gli inquirenti stanno cercando in tutti i modi di dare risposte, ma che sembrano avere davvero dei veli oscuri che le avvolgono. Come il volto del killer di Simone il Passerotto.
Maria Corrao
Bando spiagge: niente scorrimento in graduatoria per i pre
P
rima la scoperta di non essere rientrati nel bando, poi l'amara scoperta di vedere inutilizzato lo spazio per il quale era stata avanzata la propria candidatura. E' questo, in sintesi, lo scenario che ha visto protagonista suo malgrado l'Associazione Impegno Donna che aveva fatto richiesta per la stagione estiva 2021 ad Ardea di uno spazio per dar seguito al progetto del “Beach Village”, meglio conosciuta come la “spiaggia dell'inclusione”. E così, dopo tre anni, nei quali Impegno Donna aveva creato un vero e proprio punto di riferimento per il mare accessibile (davvero) a tutti nella zona sud di Roma e ai Castelli, il progetto ha subito brusco stop. Ma oltre alla notizia di per sé negativa, che ha comunque scatenato numerose polemiche tra le associazioni che lottano per i diritti delle persone con disabilità, a metà agosto si è aggiunta pure la “beffa”: la vincitrice del lotto che aveva battuto al 'fotofinish' (per soli 0,16 punti, ndr) l'Associazione Impegno Donna, ha infatti rinunciato all'assegnazione lasciando di fatto “scoperto” il
tratto di spiaggia che non ospiterà così alcun tipo di stabilimento. Un paradosso insomma. Il nostro viaggio è iniziato proprio da qui dato che, da quanto abbiamo appurato, non si è trattato di un caso isolato.
Bando spiagge, almeno 3 stabilimenti su 10 non sono operativi
Insieme al “lotto 2”, ovvero una delle aree per la quale l'Associazione Impegno Donna aveva fatto richiesta, sita tra Via Caltanissetta e Via Cagliari, ce ne sono stati altri. Lo stesso scenario si è presentato con l'area numero “6” sul lungomare dei Troiani, rimasta anch'essa scoperta. Anche al primo lotto (tra Via Caserta e Via Campobasso), a dir la verità, pur essendo pervenuta un'offerta e fatta la relativa assegnazione, a fine agosto non abbiamo trovato nulla sulla spiaggia. In altri tre non siamo riusciti ad accedere in quanto le vie corrispondenti ai lotti assegnati si tro-
vano all'interno di Consorzi. L'area numero 10 invece non ha ricevuto alcuna domanda perché a pesare è stata la difficoltà di accesso al mare – raggiungibile solo attraverso o un sentiero 'angusto', peraltro nemmeno in diretta corrispondenza del lotto, o passando per un camping privato (?), per non parlare della distanza della spiaggia dalla la via principale – che ha di fatto scoraggiato i potenziali offerenti.
Cosa è successo
Messo così il bando sembrerebbe essere stato allora un mezzo “flop”. In realtà è stato esattamente il contrario dato che sono pervenute all'Ente un numero perfino maggiore di offerte rispetto ai 10 lotti a gara e in alcuni casi per una singola area, come nel caso di Impegno Donna, ci sono state fino a tre offerte. Alla chiusura dei termini inoltre per 9 lotti su 10 era stata fatta una regolare assegna-
zione. E allora cosa è successo? E' proprio
qui infatti che qualcosa, sulla base dell'av-
viso di gara pubblicato, si è “inceppato”. Alcuni assegnatari infatti avrebbero semplicemente rinunciato come peraltro sarebbe già accaduto altre volte con i bandi degli anni scorsi. Eppure un passaggio del bando precisava: “Nel caso di motivi di impedimento alla stipula della concessione col soggetto assegnatario l'amministrazione procederà all'assegnazione del servizio al concorrente che segue in graduatoria, fatta salva ogni azione di risarcimento danni. Ugualmente si procederà alla chiamata del concorrente che segue in graduatoria nei casi previsti dalla normativa vigente”. Ma per il caso di una successiva ed evenutale rinuncia invece - e in alcuni casi ciò è avvenuto a distanza di diversi giorni dalla chiusura del bando - sembrebbe non essere stato previsto, o comunque attuato, nulla.
Il lotto numero 2, tra Via Caltanissetta e Via Cagliari, è rimasto inutilizzato
Il caso emblematico è stato quello di Impegno Donna: in uno dei lotti in cui è arrivata seconda - peraltro non senza perplessità - la persona vincitrice ha rinunciato all’assegnazione (ad agosto) lasciando inutilizzata l’area
(continua)
Nel lotto 1, 2 e 6 non abbiamo trovato nulla. Il 10 non ha ricevuto invece alcuna offerta a causa delle difficoltà per accedervi. Altri sono situati dentro ai Consorzi
sidi “anti Covid” sull'arenile, alcuni lotti restano inutilizzati'
(segue)
Ad ogni modo perché qualcuno dovrebbe partecipare ad un bando, vincerlo, e poi non dar seguito all'attività che si voleva intraprendere (salvo motivazioni serie chiaramente)? Che c'entri in qualche modo la (pur legittima) partecipazione al bando di soggetti che gestivano già stabilimenti o attività poi risultati vincitori di lotti magari confinanti? Non lo sappiamo. Ma in ogni caso, in ottica futura, non sarebbe opportuno penalizzare chi rinuncia - dopo un certo numero di giorni e senza valido motivo - magari impedendogli future partecipazioni a bandi analoghi? Precisiamo che non stiamo parlando di pratiche “scorrette”, anche perché l'avviso di gara non prevedeva paletti di questo tipo,
quanto piuttosto pensare ad una rimodulazione del bando differente e più “strin-
gente”, affinché l'Amministrazione possa raggiungere lo scopo prefissato che era quello, ricordiamo, di “presidiare al meglio
gli arenili liberi per monitorare e vigilare maggiormente sulle misure di conteni-
mento del COVID-19”. Altrimenti tutti gli sforzi vengono vanificati.
Nessun scorrimento di graduatoria
Il risultato finale dunque, per questa estate, non è stato proprio dei migliori. Il problema
principale è stato comunque il non aver proceduto con lo scorrimento di graduatoria laddove ci fosse stato un secondo offe-
rente. Chiaramente in tempi brevi, altrimenti sarebbe impensabile anche per chi è arrivato secondo preparare la propria attività a stagione ormai inoltrata. Il caso di “Impegno Donna”, soprattutto in virtù dei servizi offerti prevalentemente orientati alle persone con disabilità, è stato emblematico ma una situazione analoga si è verificata nel “lotto 6” anche se verosimilmente per una causa differente: la persona che si era aggiudicata l'area infatti è risultata vincitrice anche della “4” ma l'avviso, pur dando la possibilità di presentare un'offerta per più lotti, concedeva la possibilità in caso di assegnazione multipla, comunque di poterne gestire soltanto una. Un ostacolo a cui si sarebbe potuto rimediare, anche qui, con un semplice scorrimento di graduatoria ma non è stato fatto. Anche perché, considerando la vicinanza di molti lotti tra di loro come previsto dal bando, se uno stesso soggetto dovesse ag-
giudicarsi due o tre punti consecutivi sull'arenile l'Amministrazione si ritroverebbe
con lunghi tratti di spiaggia inutilizzati facendo venir meno così l'essenza stessa del-
Il bando era nato con l’obiettivo di presidiare il litorale e far rispettare le norme “anti Covid”: ma alcuni lotti sono rimasti inutilizzati anche a causa del mancato scorrimento della graduatoria L’Ass. Impegno Donna è stata la più penalizzata: «Il risultato di questo bando, che presenta diverse “anomalie” e “discrepanze”, è che dopo mesi di chiusura e grandi difficoltà per le persone con disabilità, aggravate dalla pandemia Covid19, non è consentito andare al mare con pari opportunità per tutti»
Impegno Donna: «Punteggio del bando 2021 assegnato con ‘decimali’, ma non era previsto nei criteri». E lo schema di assegnazione dei punti non è stato reso ancora noto
l'iniziativa.
L'attribuzione dei punteggi
Ma non è finita qui. Del resto che qualcosa non tornasse nell'avviso di gara per le spiagge 2021 lo avevamo già sottolineato ad agosto con un servizio sulla nostra testata online. «La prima osservazione che vorrei porre alla attenzione di tutti è che l’assegnazione dei
punteggi nel 2021 ha seguito una logica e un metodo non previsto nel disciplinare e che non è mai stato applicato nei bandi
precedenti del 2020 e del 2018», ci aveva spiegato ai nostri microfoni a questo proposito Massimo Campanelli, segretario dell’associazione “Impegno Donna”, che alla resa dei conti è stata quella più penalizzata. «Stra-
namente il punteggio è stato assegnato secondo decimali che non erano assolutamente previsti nei criteri di assegnazione degli arenili nel disciplinare di
gara. Il bando prevedeva che a parità di punteggio avrebbe vinto chi avesse presentato la propria offerta prima cronologicamente. Stranamente, ribadisco, all’associazione Impegno Donna sono stati assegnati 0,16 punti in meno di un’altra concorrente con una attività commerciale, la quale ha inviato via PEC la propria offerta ben 8 giorni dopo l’associazione Impegno Donna, come ben evidenziato nei verbali della commissione giudicatrice». La stessa che poi, i primi di agosto, sempre via PEC, ha rinunciato all'Assegnazione. Inoltre, fino a questo momento, non è noto lo schema dell’Assegnazione del punteggio in relazione alla documentazione presentata, come era stato fatto invece, ad esempio, nel 2020. Ma Campanelli prosegue: «Ci risulta inadeguata anche l’assegnazione
di punteggi legati alla dichiarazione in sede
di bando di gara in merito alla presenza di servizi e attrezzature per persone con disabilità, allorché tutti i partecipanti dichiarano che provvederanno entro un massimo di 15 giorni dall’assegnazione dell’arenile a dotarsi di una sedia JOB e di un deambulatore per l’accesso al mare e alla spiaggia di persone con disabilità, oltre ad altri ausili per agevolare la fruibilità delle spiagge ai disabili, quando invece per oltre un mese dall’assegnazione degli arenili non solo non si sono viste né sedie JOB e né deambulatori, ma neppure un pattino e un bagnino di salvataggio, almeno fino al 24 luglio 2021, in alcuni dei lotti andati a gara». Quindi, un passaggio sui depositi cauzionali: «Come Associazione
stiamo aspettando ancora la restituzione del deposito cauzionale di 1.000 € versato per la partecipazione al bando del 2018 (almeno per noi ed altri due assegnatari di spiagge attrezzate). Abbiamo chiesto anche la restituzione immediata del deposito cauzionale di 1.500 € versato per la partecipa-
zione al bando del 2021, dato che nel modello 2 al punto 9) era chiaramente chiesto il versamento, pena l'esclusione dal bando stesso, ma ancora non abbiamo alcun riscontro su entrambi i depositi». «Il risultato di questo bando, che presenta diverse “anomalie” e “discrepanze”, è che dopo mesi di chiusura e grandi difficoltà per le persone con disabilità, aggravate dalla pandemia Covid19, non è consentito andare al mare con pari opportunità alle persone con disabilità –chiosa infine il Segretario dell’Associazione –In questi tre anni di gestione della ‘Spiaggia della Solidarietà e dell’Inclusione’, Impegno Donna Beach Village, abbiamo creato una comunità di persone solidali che credono nell’inclusione sociale e che ora chiedono di ritrovarsi e di riunirsi, affinché un progetto che ha avuto un grande successo, proprio perché corrispondente a bisogni ampiamente disattesi altrove, possa tornare operativo».
Comune consapevole dei problemi
Il Sindaco Mario Savarese, da noi interpellato a proposito, ha riferito che, ad esempio, l'eventualità di prevedere lo scorrimento di graduatoria era nelle intenzioni dell’Amministrazione ma che a causa “di gravi ritardi” - dovuti anche ad un caso di “malattia di chi si occupa del demanio” - non è stato possibile, altrimenti“uno scorrimento ci sarebbe stato“. Speriamo dunque che per il prossimo anno, se si vorrà riproporre nuovamente il progetto, vengano fatti i dovuti accorgimenti ed evitare gli ostacoli che hanno limitato, purtroppo, il successo dell'iniziativa per quest'anno.