La Circolare - Gennaio 2020

Page 1

BENVENUTI NELLA COLLEGANZA Buon anno ai nuovi lettori di questo diario di viaggio e di

passioni; buon anno a chi ci segue fin dagli esordi del Club di Papillon (la data è il 1992). Quello che avete fra le mani è un foglio particolare, che riporta fedelmente, quasi giorno dopo giorno, gli incontri ma anche le riflessioni che la vita ti conduce a fare. È uno

strumento di dialogo, ma anche di confronto, che da quasi trent’anni mi esercito a scrivere per uno scopo ben preciso: che nulla della vita che ci è data venga consumato e poi dimenticato. Mi rendo conto di aver avuto un dono fantastico,

ISSN 2532-5973

l’editoriale di Paolo Massobrio

segue a pag. 2

gennaio

1

2020 anno XXV

periodico dell’Associazione Club di Papillon diretto da Paolo Massobrio > Registrazione Tribunale Alessandria n. 443 del 3.7.93 > Poste Italiane S.p.a. in a.p. D.L. 353/03 (conv. L. 46/04) art. 1 comma 1, DCB Alessandria > > Aut. Dir. Prov. PP.TT Alessandria > Progetto grafico: Studio Due S.r.l, www.studio-due.it > Impaginazione: Gabriele Curato > Stampa: Litografia Viscardi,

spedizione euro 0,50 Alessandria Alessandria

Le colline del Vino

a Golosaria tra i Castelli del Monferrato

28 e 29 Marzo 2020

l'iniziativa

dal 14/2 al 25/4 Le cene in ComPagnia per Venezuela e Portogallo

l'appuntamento

20 giugno La Giornata di Resistenza Umana con la passione di Sordevolo


segue da pag. 1

che è quello di raccontare, ma anche di incontrare tante persone, attraverso un mediatore che si chiama gusto. Da qui sono nate le mie collaborazioni giornalistiche, su riviste e quotidiani; quindi i libri e infine i momenti dove questi libri vengono aperti: Golosaria è uno di questi. È come un libro aperto che si anima di persone, cose, scambi e sensazioni. Tutto questo lo si può consumare, e domani è un altro giorno, oppure lo si può conservare. E diventa “Colleganza”. È la parola con cui apriamo questo anno, colpiti da una lettera che Sabrina, gelatiera in quel di Lainate, ci ha inviato subito dopo l’evento coinvolgente di Milano dello scorso fine ottobre. Ci scrive Sabrina: “Nella mia precedente vita (psicologa) mi sono molto affezionata a un concetto del nostro Codice Deontologico: la Colleganza. Alleanza tra colleghi. Si è e si può essere concorrenti, ma l'Etica della lealtà e del rispetto per la professione non devono mai mancare. Colleganza significa sapere di essere capaci, ma non per questo sminuire l'altrui lavoro. Sapere di avere dei limiti che altri hanno superato, e che possono essere un esempio. Capire e apprezzare l'ingegno, l'idea di chi ha pensato qualcosa a cui noi non avremmo mai pensato”. Quando ho letto queste parole ho subito pensato che in fondo il Club di Papillon esiste proprio per questo motivo, non ce ne sono altri. Tutto il nostro lavoro, fin dagli inizi,

è nato per far vedere il lavoro di qualcuno, il suo ingegno, la sua passione indomita. Farlo vedere perché si accendesse una luce nella mente di altri. Solo così si attua il progresso e si capisce il valore di ciò che siamo o potremmo essere, dentro il contesto di un territorio. Se nell’anno 2000 scegliemmo di rendere pubblico tutto questo, attraverso un evento che oggi porta un nome ben preciso, è per rendere esponenziale proprio la Colleganza. E mi vengono le lacrime a pensare alle ultime parole di Vittorio Fusari, il cuoco di Iseo che ci ha lasciati proprio all’inizio dell’anno e che poche ore prima aveva scritto su un biglietto: “Vi lascio le mie ricette: riutilizzatele, copiatele, se credete che possano servire a un mondo migliore”. Vittorio era uno che la Colleganza ce l’aveva nel sangue, perché se negli ultimi momenti della vita hai in mente ancora che la tua esistenza sia stata e sia quell’humus che può rendere il mondo migliore, vuol dire che non hai vissuto invano. Non ti sei distratto, non hai consumato come un borghesucolo qualunque, ma hai voluto lasciare un segno. E allora quest’anno noi vogliamo dare il tempo e le energie perché la realtà che raccontiamo produca questo. Nei primi giorni dell’anno siamo stati a Domodossola, tre ore di viaggio andata e ritorno, solo per incontrare Alessandro con sua moglie Paola. Hanno una pizzeria, come ormai ce ne sono tante, ma quando l’ho conosciuto ho capito che il modo

che aveva per partecipare a una lezione era diverso e il fattore umano non gli era secondario. Allora sono andato a vedere, perché avevo la sensazione che lui avesse capito che i colleghi conosciuti a Vighizzolo d’Este erano una casa, un luogo dentro al quale fare storia. Non è da tutti, dipende dalla sensibilità di ciascuno, ma quando uno intuisce la Colleganza, cambia la prospettiva del proprio lavoro. E difatti Alessandro, dopo soli sei mesi dall’apertura della pizzeria insieme ad altri 2 soci (Maurizio e Marco), è già capace di valorizzare Giodi, che ha un piccolo fantastico caseificio, così come perde il tempo a cercare i produttori del raro vino locale, il Prunent, per farlo conoscere nel suo locale. La Colleganza, appunto. Il motivo per cui domenica 27 ottobre a Milano abbiamo lanciato l’adozione dei negozi eroici da parte dei negozi di città. Perché? Perché tutto e tutti possano esistere. Ed esistendo un negozio in montagna, si nutre la speranza verso altri di non andare via, di restare lì e di investire su quel dono collettivo che è appunto la propria terra. Per questo noi abbiamo sempre battagliato per le denominazioni comunali, che valorizzano le identità. Ma anche per questo, noi di Papillon, a inizio anno, lanciamo le Cene in ComPagnia, per aiutare la prossimità che ci viene incontro, nel senso proprio di incontri con persone. Aiutare le monache trappiste di Vitorchiano ad aprire il laboratorio di pasticceria in Portogallo oppure il nostro amico Alejan-

dro, che in Venezuela vuole recuperare la tradizione culinaria della sua gente perché non si perda un’identità, ma anche un’opportunità nutritiva consona alla propria biodiversità, è un modo per affermare che la Colleganza è ciò di cui ha bisogno il mondo. Ma prima di tutto ne abbiamo bisogno noi, perché non cadiamo nella tentazione di concepirci soli, in balìa della paura e degli eventi. Anche Luca Piantanida, con gli amici del Panificio Marinoni di Milano e tanti altri, farà un’iniziativa per costruire un panificio in Etiopia. E anche noi vorremmo partecipare, in qualche modo, alla loro impresa. Alla convention dei Delegati di Papillon abbiamo portato a conoscenza dei risultati raggiunti in Bosnia, con la transumanza della pace di Gianni Rigoni Stern che è diventato un libro Ti ho sconfitto felce aquilina; ma anche a Visso, dove i nostri amici dell’Albero del Pane non se ne sono andati via, nonostante il terremoto e gli sperati aiuti che non sono arrivati. La nostra amica Fides ci ha raccontato come ha utilizzato quei 6 mila euro raccolti lo scorso anno e finalizzati al progetto in Burundi per combattere la malnutrizione endemica. E, grazie alla Colleganza, una madre che aveva una terribile malattia si è salvata. Sono esempi come gocce nel mare del bisogno. Ma bisogna iniziare da qualcuno o da qualcosa per capire il valore della Colleganza. Per questo il mio augurio più sincero che posso fare a ciascuno è semplicemente questo: restiamo insieme!

Iscriviti al Club di Papillon per il 2020 • riceverai i nostri libri in omaggio • entrerai gratis a Golosaria Milano e nelle edizioni territoriali del 2020 • riceverai La Circolare e il periodico Papillon • riceverai La Notizia del Giorno, rassegna stampa commentata

NON ASPETTARE, RINNOVA ORA LA TUA ASSOCIAZIONE la Circolare

2


Caro Associato, con il 2020 entriamo nell’era che ci porta a compiere (sarà il 2022) i 30 anni. Ed è un traguardo importante per noi e per chi ci segue da tanto tempo. Ma lo è anche per chi si è iscritto a Papillon per la prima volta, partecipando a una community che ha acceso un’attenzione sul mondo del gusto a 360°. L’anno che si apre ci vedrà ancora insieme in tante iniziative: Le Cene in ComPagnia, per aiutare anche quest’anno chi con la propria testimonianza aiuta innanzitutto noi a stare desti; Golosaria Monferrato, per mostrare come si fa a far vivere e brillare un territorio, fino a Golosaria Milano, che è cresciuta parecchio dalla prima edizione del 2000 alla Palazzina di Caccia di Stupinigi. Quest’anno poi lanciamo un’iniziativa ambiziosa, che va dietro al nostro intento di permettere che tutto esista. Ed è l’adozione da parte del negozio di città di un negozio che lavora in aree marginali. Ma solitamente questi esercizi hanno un quid particolare, producono e trasformano qualcosa che li distingue e che hanno solo loro. E dunque se potessero essere adottati da un negozio di città che rivende quel prodotto, la reciproca economia ne avrebbe beneficio. I Club di Papillon d’Italia si muoveranno per favorire questo incontro, ma ciascuno di voi lo potrà fare, diventando protagonista del nostro tentativo di salvare ciò che è autentico. E segnalandoci le eventuali connessioni. Il 20 giugno, giorno che segue il nostro compleanno, faremo una clamorosa Giornata di Resistenza Umana, nel Biellese, per assistere, la sera, alla Passione di Sordevolo, una rappresentazione spettacolare dove tutti gli abitanti del paese sono attori. E poi tanti altri momenti di coinvolgimento, a cominciare dai nostri libri, dalla Notizia del Giorno, dalla stessa Circolare, che è un elemento di confronto personale per ciascuno.

Per tutto questo ti chiediamo di rinnovare, se ancora non lo hai fatto, la tua adesione al Club di Papillon per il 2020!

G R A Z I E per essere con noi


CAMPAGNA SOCI 2020 • MI ISCRIVO

contrassegno (in contanti al corriere)

bonifico bancario

carta di credito


LE CENE IN COMPAGNIA DAL 14 FEBBRAIO AL 25 APRILE 2020

un'iniziativa semplice per imparare di più il gusto...della vita È il nostro gesto annuale che ci aiuta a capire meglio il valore del gusto che trattiamo e su cui vogliamo porre le nostre attenzioni. La Cena in ComPagnia si svolge in due, in 10, in 100, con chi si vuole. È un invito a condividere una cena (“Cum panis” è alla radice della parola compagnia) per condividere i bisogni del mondo. In questo caso su progetti a noi simpatetici, che sviluppano ciò che ci sta a cuore anche in Italia.

COME FUNZIONA? OGNUNO PREPARA QUALCOSA DA MANGIARE, c’è chi porta da bere e chi offre la casa, apparecchiata come fosse un momento solenne. C’è poi chi si occupa di un CANTO, DI UNA LETTURA O DI UNA POESIA. A inizio cena si guarda insieme il video con gli obbiettivi di quest’anno, poi si vive un’esperienza di AMICIZIA INSIEME, documentandola in tutti i suoi passaggi (quali piatti, quali vini, possibilmente omaggiando la stagione e l’identità territoriale). ALLA FINE CIASCUNO METTE 20 EURO come se fosse stato in trattoria e il capogruppo compila la scheda e la invia alla sede centrale. La somma complessiva che viene raccolta sarà distribuita in egual parte alla Monache Trappiste di Vitorchiano, per l’avvio del loro laboratorio di pasticceria in Portogallo dove sorgerà il nuovo monastero e all’Associazione “Venezuela Lavoro e Persona” che fa capo, in Italia, al progetto di Alejandro. Il quale ci ha mandato questo messaggio. “Ciao a tutti gli amici del Club di Papillon, sono Alejandro Marius, sposato, padre di quattro figlie, ingegnere. 11 anni fa ho lasciato il mio lavoro per fondare l’associazione “Trabajo y Persona”, che ha come scopo promuovere il valore del lavoro, specialmente manuale, e la dignità dell’essere umano. Come tanti di voi sanno, il Venezuela sta vivendo uno dei momenti peggiori nella sua storia, basti pensare che lo stipendio minimo è di 2 euro e che la spesa minima per una famiglia con 3 figli è di 100 euro. La soglia di povertà supera gli 80 punti percentuali, il 90% delle aziende ha chiuso e la difficoltà è percepibile da tutti i punti di vista. Più di 4 milioni di persone hanno abbandonato il Paese e sono rimasti i bambini, tanti anziani e altri che vogliono lavorare per mantenere le proprie famiglie. Questo progetto, che ha interessato Paolo proprio per la sua sensibilità gastronomica, anziché dare da mangiare ai più piccoli come già stanno facendo tanti altri progetti di assistenza - punta a lavorare con le mamme dei bambini in rischio di malnutrizione, formandole affinché possano diventare cuoche. Grazie a una rete di chef attiva in Venezuela, viene insegnato loro a recuperare le ricette tradizionali delle rispettive regioni sfruttando gli alimenti disponibili, che dipendono non solo dalla stagione, ma anche dalla ricchezza dei raccolti, e ad avere una consapevolezza maggiore sul valore nutrizionale dei cibi e sull’importanza del gusto. Il progetto di formazione è già stato avviato in tre città, dove le mamme “pagano” la loro formazione cucinando a turni gratuitamente nelle mense che la Caritas ha attivato per i suoi bambini. Tutto questo per un anno. Un anno, infatti, è la durata del percorso che è finalizzato a mettere queste donne nelle condizioni di avviare, al termine, un proprio percorso, sia esso un altro impiego o un’esperienza di micro-imprenditorialità con la produzione e la vendita dei prodotti. L’obiettivo è fare in modo che i figli di queste donne, dopo un anno, possano mangiare a casa insieme alle mamme messe nelle condizioni di poter guadagnare e sostenere la propria famiglia. Ringrazio la vostra sensibilità verso il tema della cultura gastronomica, che vuol dire tanto e racconta tanto di un Paese e che, nel caso del Venezuela, non solo è sopravvivenza, ma anche una speranza di sviluppo”.


H

A

RO

PY F

E B KJ

Scopri qui le nostre eccellenze enogastronomiche Discover here local food and wine makers not to be missed

S

X M

UG nL

QZ CD T V

I www.maestridelgustotorino.com W

CAMERA DI COMMERCIO INDUSTRIA ARTIGIANATO E AGRICOLTURA DI TORINO


12 settembre La mia mattina dopo Il giorno dopo tuttavia non rinunciamo a stare insieme per il nostro anniversario di nozze. E coi famigliari andiamo a fare la prova, inaspettati, al Sorriso di Soriso, somma cucina di Luisa Valazza, che dopo un paio di mesi perderà la seconda stella Michelin, facendomi chiedere perché, vista l’immutabilità della cucina. Il regalo sarà comunque la lettura del libro di Mario Calabresi, La mattina dopo, dove tutto sommato provo una piccola immedesimazione. Cosa succede il giorno dopo che hai perso qualcosa o qualcuno? Già, cosa succede? Mario se lo è chiesto dopo il licenziamento da Repubblica, e dopo essere stato a trovare altre persone che, come lui, hanno dovuto reagire in qualche modo, per scoprire che dentro al proprio cuore esistono risorse nascoste che ti invitano ad andare avanti. Di getto, ho scritto un pezzo, pubblicato subito su IlGolosario.it che ripropongo qui di seguito:

il diario di viaggio

L’ultimo diario raccontava la generosa estate e poi l’inizio del cosiddetto anno sociale, che per noi coincide sempre con la Fiera Nazionale del Peperone di Carmagnola. Subito dopo inizia il tourbillon di incontri che, passo dopo passo, vado a raccontare.

11 settembre L’auto e la telefonata di Calabresi Giorno nefasto l’11 settembre, che ricorda la tragedia delle Torri Gemelle di New York nel lontano 2001. Oggi sono a Milano, in mezzo al traffico, a iniziare la spola fra la fiera di MilanoCity dove ogni anno si tiene Golosaria e i vari appuntamenti in città. A un tratto mi arriva la telefonata inaspettata di Mario Calabresi, già direttore della Stampa e di Repubblica che mi chiede: “Dove sei?”. “A Milano” dico io. “Ah bene, perché nei prossimi giorni avrò le prime copie del mio nuovo libro e la prima bottiglia di Arneis con l’etichetta dedicata al mio avo. Dimmi dove te li porto perché vorrei che fossi fra i primi ad averli”. “Ma che sorpresa Mario, lasciali pure a tua mamma, passo in questi giorni a prendere tutto”. La sera siamo al compleanno del nostro amico Antonio, con altre cinquanta persone almeno. E vista l’intensità dei vari appuntamenti arriviamo in tempo nel luogo del ritrovo. Tuttavia, essendo ancora presto, mi accingo a fare il pieno all’auto che posteggerò quasi di fronte al distributore. Sull’auto, ormai non ci si fa più caso, c’è la valigia di due giorni, le giacche con dentro i Papillon, la borsa del lavoro con l’ipad, l’agenda, gli occhiali. Tutto nel bagagliaio. Alle 20 scendiamo dalla nostra Volvo e alle 23, quando finiamo la cena, non la troveremo più. Sparita, in mezzo ad altre 30 auto posteggiate: solo i frammenti dei vetri rotti a terra. Arrivano nel frattempo gli amici, che rimangono interdetti come noi. Chiamiamo al telefono nostro figlio che viene a recuperarci per andare a sporgere denuncia. All’una di notte saremo a letto, con un poco di tristezza dentro.

Mario Calabresi e la sua mattina dopo Un libro da leggere tutto d’un fiato, capolavoro di intelligente umanità, di un giornalista umile e appassionato. Mercoledì mattina, sono nel traffico di Milano, ignaro che qualche ora dopo, nella stessa matrigna città che mi ha dato i natali, qualcuno mi ruberà l’auto mentre sono a provare l’ennesimo ristorante per la mia guida. E mi arriva una telefonata inattesa che fa dire a mia moglie: “Ma chi era che ti si è illuminato il viso come un bambino?”. Era Mario Calabresi, già mio direttore alla Stampa, amico prezioso come ce ne sono pochi, che mi annunciava tre cose importanti: l’uscita del suo libro La mattina dopo (strade blu Mondadori), la sua prima bottiglia di Arneis, dopo l’acquisto di una vigna a Montà d’Alba, dove un suo avo, Alberto Cavadore, faceva un Arneis che venne addirittura premiato a Parigi agli inizi del Novecento e infine un vino che abbiamo convinto a salvare, promettendo l’acquisto dell’intera produzione: la Freisa di Almondo, altro storico produttore di Montà, nel Roero. “Dove ti lascio queste tre cose?" mi chiede Mario, disposto a venire anche ad Alessandria, nel caso fossi stato lì. “Lasciale a tua mamma, dopodomani passo a prendere tutto” (poi è passato Andrea, perché ero sprovvisto di auto. Accidenti: mi avrebbe fatto piacere fare una sorpresa a Gemma, donna solare, vera, che poi scopro ritorna spesso in questo libro bellissimo). Un libro dove Mario si mette a nudo, senza mediazioni, come aveva fatto in quell’altro mirabile, Spingendo la notte più in là, che lessi tutto d’un fiato durante un’estate in Sicilia, ripercorrendo quegli anni violenti quando, adolescente, mi affacciavo nella Milano delle contestazioni. Sfoglio il libro, ne leggo alcuni pezzi, dove lui ripercorre la storia dei nonni, che gli sono stati genitori quando a 2 anni e mezzo rimase senza il padre, il commissario Calabresi, ucciso in un agguato sotto casa. E anche quella volta ci fu “una mattina dopo” che era soprattutto quella di Gemma, decisa fin dagli inizi a non vivere nel ricatto del rancore e a educare i suoi figli così: nella gioia, perché la vita è per quello; nel rispetto, perché ogni vita è un valore. Gemma io la conobbi la prima volta quando diedero a Mario il Premio È giornalismo della famiglia Aneri. Mario era salito sul palco e aveva ringraziato perché quel premio lo onorava soprattutto per i suoi fondatori: “Indro Montanelli, che ho conosciuto; Enzo Biagi, che pure ho conosciuto… e Giorgio Bocca, che conosco oggi”. L’ultimo era stato uno dei firmatari di un manifesto che aveva in qualche modo messo sul banco d’accusa suo padre, prima

È davvero una brutta sensazione quella di perdere qualcosa che ti apparteneva. E inizia un iter di denunce, di code negli uffici, mentre devi ricostruire la tua agenda con gli impegni (e fra l’altro dove la trovi un’agenda dell’anno in corso a settembre?). Poi l’assicurazione, l’auto sosti­ tutiva, gli occhiali da rifare...E le domande che ti fai sulla tua ingenuità: il pieno di benzina inopportuno, le giacche in bella vista e poi perché esiste il male? Non c’è risposta ovviamente. La vita incalza e bisogna andare avanti, consolandosi soltanto del La copertina del libro di Mario fatto che esistono cose peggiori. Calabresi L’11 settembre appunto. la Circolare

7

diario di viaggio


dell’epilogo tragico. Ma Mario è sceso sorridente dal palco e gli ha stretto la mano. Io guardavo la scena e mi domandavo: “Ma cosa ci stanno a fare i fotografi?”. Quella era la foto che doveva passare, ma nessuno ha capito. Gemma invece sì. E sorrideva, perché quella era l’educazione che aveva dato ai suoi figli: il rancore alle spalle. Certo per Mario Calabresi non è stato facile risvegliarsi la mattina dopo e non essere più il direttore di Repubblica. Così ha deciso che non era il rammarico di una cosa perduta ciò che doveva determinare i suoi anni migliori, questi. E si è messo a scrivere un libro andando a cercare storie e persone che il giorno dopo, obtorto collo, hanno dovuto ricominciare: una disgrazia, un evento inaspettato, un lutto, insomma qualcosa che ha sconvolto la vita. Che da quel giorno non sarebbe stata più la stessa. Però… quanta forza c’è in ogni uomo e donna che decidono di ricominciare. Calabresi poi scrive di alcune situazioni inevitabili, per cui ovunque lui andasse la domanda era sempre la stessa: “Cosa farai adesso?”. “Scrivo un libro”. Era la sua risposta, che diede anche a me. Ma poi sarebbe tornato anche a Montà, a seguire la sua vigna di arneis, perché il potere della terra è sempre qualcosa che ti riporta coi piedi ben saldi. E poi si è nutrito dei rapporti veri, che quando scendi dal piedistallo restano pochi. Ma sono grandi. La sua bella famiglia, i suoi fratelli, sua mamma, e poi la famiglia Almondo, vignaioli da generazioni. Appena arrivò alla Stampa mi venne a cercare: “Paolo mi porti a vedere quello che vedi tu?”. Ci trovavamo così verso l’ora di pranzo sotto il giornale, e avevamo due ore di tempo. Per due volte siamo stati nel Roero, a incontrare famiglie del vino: dai Negro, mentre scendeva la neve a Torino, ma Mario non avrebbe rinunciato per nessuna ragione al mondo. E il capofamiglia a tavola, con la moglie e i suoi figli, che ha fatto il segno della croce prima di iniziare, perché “A casa nostra si fa così”. La volta dopo siamo andati da Domenico Almondo e Mario ha trovato le sue radici e il suo vino, l’Arneis Bricco delle Ciliegie, superbo. Una volta siamo stati dal giovane Aldo Bongiovanni, a Mondovì, che invece faceva il mugnaio. E Mario è rimasto talmente colpito che ne ha scritto un capitolo intero del suo penultimo libro: Non temete per noi, la nostra vita sarà meravigliosa. Per me, trovarmi un direttore di giornale così, che entrava nei particolari di ogni iniziativa, è stato un lusso professionale, dove ho imparato moltissimo. Il giornalismo era questo: uscire, incontrare, capire le storie umane. Persino quando c’era da fare l’inserto per il Vinitaly, che di solito è un particolare per raccogliere un po’ di pubblicità, lui convocava una riunione a Torino e si entrava nel merito di un progetto che doveva essere unico. Però, scrive nel libro l’autore, quando ti trovi la mattina dopo, il telefono smette di squillare. Ma una telefonata invece gli è arrivata. Era di Angelo Gaja, che lo invitava a passare un pomeriggio con lui. E qui mi è venuto in mente che le persone vere hanno un destino meraviglioso: incontrarsi. Alla faccia di dove ti porta il mondo, la cui misura è sempre il successo. In 30 e passa anni ne ho visti tanti di direttori di giornale. Mi ricordo Giulio Anselmi all’Espresso, che mi rispettò fino in fondo, quando dovetti far le valigie per un cambio di direzione alle guide del gruppo. Poi lo ritrovai alla Stampa e ancora oggi ogni volta che mi incontra mi saluta sempre con tanto affetto. Così Gianni Riotta, che di fatto mi lanciò. Pierluigi Magnaschi invece telefonava a ogni cambio di direzione del Tempo di Roma per dire: “Mi raccomando tenete Massobrio”. E io manco lo conoscevo. Poi ci siano incontrati quando lui è andato a Italia Oggi. Il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, invece mi ha dato un riconoscimento sul campo: “La la Circolare

tua rubrica la mettiamo quando è aperto il Palazzo, perché tu sei capace di incalzare la politica”. Mica male per uno che ha studiato Scienze Politiche e che per colpa di una tesi di laurea in Statistica Economica sul mercato del vino in Italia è rimasto invischiato (vivaddio) nell’enogastronomia. E poi Mario, una persona normale, alla mano, uno per bene, pieno di curiosità, autentico. Scrivo questo perché quando uno pensa a un direttore di giornale, ha in mente persone irraggiungibili, quasi dei marziani. E invece, talvolta, ci sono cuori intelligenti che hanno una spinta affettiva scevra da preconcetti e ideologie. Quest’anno mi sono capitati due episodi ravvicinati: una sera a Roma e un mezzodì a Pescara, sempre a tavola. Nel primo caso, al mio tavolo da otto persone c’era una giornalista di Repubblica di una certa età che, appena ha preso la parola, ha iniziato a criticare il suo ex direttore. A quel punto l’ho bloccata e le ho detto: “Guarda, Mario Calabresi è stato il miglior direttore che ho avuto, ma siccome è anche un mio amico, a scanso di equivoci, ti pregherei di non andare avanti”. Ed è finita lì. A Pescara invece mi sono trovato di fronte una giovane giornalista di Repubblica e quando ha saputo che scrivevo per la Stampa, mi ha detto: “Calabresi ci ha fatto fare un salto, soprattutto sulle nuove tecnologie e sulla freschezza della comunicazione. È stato un grande”. E lì, nel mio piccolo, ho capito che forse c’è stato un problema di generazioni, di arroccamenti baronali, di penne presuntuose che non hanno voluto farsi guidare in una fase di cambiamento per il Paese, dove c’era e c’è ancora bisogno di quel rispetto per l’altro. Ora mi metterò a leggere il libro tutto d’un fiato, mentre i giornali, Repubbli­ ca e La Stampa per ora, lo hanno recensito anticipando il capitolo più scottante, l’ultimo, che è l’incontro voluto fra Calabresi e Giorgio Pietrostefani, condannato per aver organizzato l’omicidio di suo padre e latitante a Parigi. Un percorso di pacificazione interiore, come lo ha chiamato Mario. “Così sono andato a incontrare quell’uomo che non aveva più nulla dei suoi vent’anni. Dovevo farlo. Adesso il mio giorno dopo era finito davvero”. 14 settembre Alla Douja con la squadra del Monferrato Futsal Quest’oggi, sabato, sono ad Asti, nel pieno della Douja d’Or, per moderare la presentazione di una squadra di Futsal, il calcio a 5, che gioca in serie C1 e porta sulla maglia il nome e i colori del Monferrato. Con noi il presidente della squadra Gianfranco Miroglio con tutti i giocatori e anche gli amici che sostengono questa impresa agonistica: il presidente del Consorzio di Tutela della Barbera d’Asti e Vini del Monferrato, Filippo Mobrici, il sindaco di Asti Maurizio Rasero e Guido Alleva, titolare della Tenuta Santa Caterina e presidente dell’Associazione Monferace e tanti altri.

Un momento della presentazione della squadra di Futsal, in occasione della Douja d’Or

8

diario di viaggio


Una festa nella festa, dentro il palinsesto di eventi del settembre astigiano che con la Douja d’Or raggiunge il culmine. Mi sono sentito a casa, nel clima di un evento che ha raggiunto il livello di una bella tradizione.

ciati i vini Top Hundred 2019, ovvero i nostri migliori assaggi dopo un anno di abbondanti degustazioni. Cosa fa il successo di un locale, in un paese sperduto dell’Astigia­ no? Una location coccolosa, una cucina con alcune portate originali e poi i prezzi che attirano un pubblico giovane. A questo punto vi diciamo bravi!

15 settembre Nelle vigne del Buttafuoco Una domenica in mezzo alle vigne del Buttafuoco, con Marco Gatti a fare foto e filmati per la prossima edizione di Golosaria, ma anche per corredare i nostri libri, di prossima uscita. Con noi Beppe e Monica di StudioDue, che già ci fecero il primo set di foto, allora a due passi da qui, nel primo locale di Enrico Bartolini a Montescano, che fra i primi recensimmo. I videoclip sono invece a cura di Andrea e Luca di Rushnet, una realtà esperta di comunicazione sui social, in particolare Facebook e Instagram.

17 settembre Alla Piazza con Credit Suisse Oggi siamo alla Piazza dei Mestieri di Torino per la prima di quattro serate con i grandi clienti di Credit Suisse. I vertici di questa banca mi hanno chiesto di guidare una serie di degustazioni con prodotti esclusivi del mio Golosario. Non una cena, ma un incontro conviviale, raccontato, dove si prova a stare davanti a delle storie e ai prodotti che sono stati generati. Come il Riso di Nori e le birre prodotte in questo luogo e i loro cioccolati, da abbinare al Barolo Chinato dei Fratelli Alessandria. Le altre serate saranno a Milano, nel ristorante Carlo e Camilla in Duomo di Carlo Cracco.

Le vigne di Marco Maggi, presidente del Consorzio del Butta­ fuoco Storico, sono state la cornice ideale per raccontarci attraverso le immagini. Lo dico pensando che non tutti i luoghi sono uguali: ci vuole una certa empatia per permettere a un fotografo di tirarti fuori l’anima. E il Buttafuoco questa empatia ce l’ha.

La degustazione guidata è un genere di intrattenimento che pre­ suppone un’attenzione particolare. Occorre la predisposizione all’a­ scolto, che è diversa da una cena, dove le distrazioni posso essere di­ verse. Qui tutto si gioca in un’ora di assaggi e di ascolto. Il segno della riuscita lo ottieni alla fine, quando la gente continua a parlare di ciò che ha assaggiato, portandosi a casa qualcosa di decisamente inedito. Si chiama scoperta.

Marco Gatti e Paolo Massobrio con Marco Maggi

16 settembre Ad Azzano la cucina delle Gambe Sotto il Tavolo Cena in un nuovissimo locale di Azzano d’Asti, creatura di due giovani amici che hanno ambientato qui il loro “Le gambe sotto il tavolo”. Una cucina di terra e di mare, impostata su una moderata creatività, con un balcone sui vigneti e i boschi di questo lembo dell’Astigiano. Sarà una felice esperienza, che riusciamo a inserire nella nostra guida ai ristoranti 2020, ormai in chiusura, come ogni anno a metà settembre. Data in cui vengono anche annun-

Alla Piazza dei Mestieri, un momento della degustazione con Credit Suisse

19 settembre Negli Orti di Milano la pre-conferenza di Golosaria Stamane, 19 settembre, è un giorno magico per la nostra storia che è iniziata il 19 giugno di tanti anni fa. E Veronique Enderlin, che segue la comunicazione di Golosaria, ha voluto una pre-conferenza stampa un po’ speciale: all’ora della colazione, in mezzo agli orti di Citylife, dove ci sono ortaggi, frutta e anche le galline. Il bar che ci ospita, il GūD Milano, è anch’esso votato alla sostenibilità e nel servizio ci sono le centrifughe coi prodotti dell’orto. Arrivano una trentina di giornalisti ai quali presentiamo l’antologia, ovvero la storia dei vent’anni di Golosaria: dalla prima edizione del 2000 alla Palazzina di Caccia di Stupinigi alla prossima, che svilupperà il tema del Cibo che ci cambia. In mezzo, le edizioni che hanno portato tante idee al mondo del gusto: dall’intregrazione alimentare alla latteria del futuro, per citarne alcune.

Il titolare del ristorante Le Gambe Sotto il Tavolo

la Circolare

9

diario di viaggio


Una storia, questo rappresenta Golosaria a vederla dall’alto dei suoi primi vent’anni. Una storia fatta di incontri, ma anche di tanti giovani che hanno debuttato con le loro novità. Alcuni poi si sono persi, o almeno hanno smarrito la strada della comunicazione, men­ tre altri si sono evoluti. Penso agli amici di Infermentum di Verona, oppure a quelli dell’aglio nero di Voghiera, tutti battezzati a Golosa­ ria. Quest’anno abbiamo investito proprio su questo aspetto, creando un matching virtuale, #MeetGolosaria, dove i vari protagonisti sono stati invitati a presentarsi, attraverso Instagram e con dei brevi fil­ mati. E ci ha fatto piacere sentir dire da alcuni che partecipare a Golosaria valeva solo per questo. Be', perlomeno hanno capito un fondamento: se comunichi esisti. Ma soprattutto, la presenza in una fiera non può mai essere lasciata al caso: presuppone di sapere molto prima chi incontrerai. Paolo Massobrio e Marco Gatti agli Orti Fioriti di CityLife

Al castello di Casale Monferrato, la premiazione dei migliori vini del concorso Torchio d’Oro

21 settembre Al Billis di Tortona e si chiude la guida Le bozze della guida ai ristoranti sono sotto l’attenzione mia e di Marco Gatti e fra pochi giorni daremo il “visto si stampi”. Ma c’è ancora tempo per modificare alcuni giudizi, frutto delle prove dei quasi 90 ispettori che si confrontano quotidianamente sul chat di WhatsApp. Una modifica dell’ultima ora capita al ristorante Billis di Tortona, proprio di fronte alla stazione, che raggiunge il vertice della corona radiosa, dopo solo un anno dall’apertura. Bravi davvero! Mi ha fatto piacere il commento di chi era con me quella sera che ha detto: “Ma solo voi capite subito quando un locale merita d’essere premiato e quindi incentivato. Qui abbiamo mangiato da dio, altro che la noia di certi ristoranti pomposi che spacciano per novità gli ultimi acquisti dei cosiddetti fornitori gourmet”. 22 settembre A Chivasso (e la valigia misteriosa a Milano) Domenica a Chivasso, per la Festa del Nocciolino. La città è stata allestita a festa e fra uno showcooking e la presentazione dei Maestri del Gusto, che conduco in piazza, arriva anche il momento dei riconoscimenti alle personalità della città. Fra questi il parroco, che ha avuto il merito di ristrutturare la chiesa del corso principale, proprio di fronte a noi, tenendola aperta al pubblico. E poi l’impreditore locale, che ha attraversato la crisi, senza mai demordere e tante altre storie.

La preview di Golosaria Milano negli spazi del Gud di CityLife

E poi al Torchio d’oro a Casale Al pomeriggio siamo a Casale Monferrato, all’interno del castello, dove il sindaco mi ha invitato a presiedere la premiazione dei migliori vini del Concorso Torchio d’Oro. Un momento dentro la loro Festa del Vino, preludio della prossima edizione di Golosaria fra i castelli del Monferrato, che avrà il suo centro proprio qui. Leggo i nomi delle cantine e mi accorgo che almeno il 20% non le conosco. Gli investimenti in questo settore sono davvero importan­ ti. Durante il banco d’assaggio, provo alcuni vini a me sconosciuti e faccio i complimenti. Ma quando potrà, un professionista del vino, rifare gli assaggi di queste cantine? E come si faranno conoscere queste nuove cantine che si affacciano magari per la prima volta nell’avven­ tura del vino? la Circolare

Quando passo davanti al negozio di Bonfante, storico produttore di nocciolini, lui mi mostra una locandina col mio nome. Era di vent’anni fa. Durante il pomeriggio intenso di presentazioni mi arriva anche una telefonata da un numero che non conosco. “Buongiorno, sono Mario, mi trovo a Milano in via Stevenson ed ho davanti la sua valigia”. “Ma come fa a sapere che è la mia valigia?”. “Perché ci sono tanti biglietti da visita suoi sparsi in mezzo al verde. Ho avvisato l’hotel di fronte così gliela ritira”. Grazie gli dico io, dopodiché faccio chiamare da mia moglie l’hotel dove un addetto chiede di inviare una pec per autorizzare il ritiro. Mia moglie invia la pec e io ringrazio la persona che mi ha telefonato, il quale mi chiede: “Ma la sua auto è una Jaguar?” “No è una Volvo perché?” “Perché la sua valigia aperta con tutti i vestiti è davanti a una Jaguar con il finestrino rotto, proprio di fronte all’hotel.”

10

diario di viaggio


E qui il mistero si infittisce. Alle 20 sono nella hall dell’hotel e mi presento per ritirare la valigia. “Ah no, noi non abbiamo ritirato niente.” Ma come? “Non abbiamo ricevuto nessuna pec e in ogni caso non siamo autorizzati”. Abbiamo avvisato le forze dell’ordine...però venga che la sua valigia è là. Andiamo nel posto dove c’era la valigia, ma non c’è assolutamente nulla, solo un mio biglietto da visita in mezzo al verde e un poggiabraccio. Proviamo a chiamare polizia e carabinieri, ma nessuno dice di essere passato di lì; né per la valigia, né per la Jaguar col vetro spaccato. Faccio il giro dell’isolato nella speranza di trovare la mia auto, ma nulla. A questo punto il mistero si infittisce: “Chi ha portato via la valigia coi vestiti e soprattutto ha raccolto tutti i fogli, i biglietti da visita e quanto c’era nel mio zainetto?”. Non lo sapremo mai. E non è stato neppure il signore che mi ha chiamato. E allora chi? Una doppia beffa, accaduta nella Repubblica delle banane, dove l’hotel non si assume la responsabilità, e in ogni caso non arriva nes­ suno, perché magari c’è il sotto organico ed è pure domenica. E poi un’auto e una valigia sono cose ordinarie che interessano poco. Ritor­ no a casa con l’amaro in bocca. 23 settembre A Bologna e da Maga Lino Giornata a Bologna, per uno dei tanti appuntamenti inutili: parole, promesse, e ogni volta bisogna ricominciare daccapo. E intanto parte una giornata intera di lavoro, con 5 ore d’auto su quell’autostrada sempre piena di sorprese, non proprio positive. Basta appuntamenti a Bologna! Per fortuna che la strada del ritorno ha una tappa simpatica, a Broni, nel regno di Maga Lino, il vignaiolo del Barbacarlo, che è rimasto se stesso, senza modificare una virgola: dei suoi vini, ma anche della sua azienda. È il suo mondo. E l’incontro con lui rappresenta sempre un’occasione di tenerezza. Come e perché si rinnovano le aziende del vino? Per una visione, che necessariamente non è mai quella dei fondatori. Qui nella casa di Maga abbiamo vissuto un pezzo di piccolo mondo antico. Nel bene e nel male.

Paolo Massobrio con Lino Maga

25 Settembre Gli alberi e la cotoletta: up e down Su Avvenire di questo mercoledì la mia riflessione sulla mania della sostenibilità che ora è arrivata a mettere all’indice anche la cotoletta. la Circolare

A Milano il grattacielo è verde, la cotoletta no Nella Milano dei grattacieli che hanno cambiato lo skyline della città c'è tanto verde, secondo la teoria che è meglio cubare spazi verso l'alto che in orizzontale. E le villette a schiera rischiano di finire nel politicamente scorretto. Nella zona di City Life è comunque uno spettacolo vedere il grande spazio degli orti, con le galline che razzolano all'ombra dei grattacieli. Un gruppo di giovani, ogni giorno, coltiva ortaggi e verdure che il sabato mattina sono pronti per la raccolta da parte degli abitanti di quel complesso moderno. Al lunedì possono accedere a pagamento anche i cittadini, mentre tutti i giorni è aperto un locale che offre centrifugati. Il tutto è un segnale quanto mai attuale, in questa settimana nella quale si celebra lo sciopero per il clima e dopo la decisione assembleare dell'Onu di giungere alle emissioni zero entro trent'anni. L'orto è diventato una tendenza e anche ad Asti, dove viene presentata la prima casa del futuro (scollegata dalla rete elettrica e da quella del gas: un'abitazione del tutto autosufficiente), sull'ecoterrazza non manca la coltivazione di pomodori e insalate, oltre alla presenza di tanti alberi. La gara a chi vuol farci vedere un futuro più sostenibile è dunque partita, compresa la curiosità della cotoletta alla milanese messa sul banco degli imputati: secondo uno studio dell'Università Cattolica, infatti, inquinerebbe come un'auto Euro 0... A questo punto sorge però una contraddizione tutta milanese: da una parte i polmoni verdi, dall'altra le orecchie di elefante che rischiano di diventare simbolo negativo. Ironia a parte, il vento di pulizia che non da oggi ha lambito il sentimento delle nuove generazioni fa i conti con un'esponenziale esposizione mediatica, per cui ciò che ieri era normale, oggi è già fuori gioco. Anche gli aerei hanno il dito puntato contro: sarebbero fra i principali fattori di inquinamento e i tragitti brevi non sarebbero politicamente corretti. «Si stava meglio quando si stava peggio», dunque? La verità è che non è possibile arrivare a un risultato globale e benefico sull'ambiente se non si rinuncia, nel piccolo, a qualcosa. E qui, mentre la virtù verrà imposta con leggi e gabelle nuove, per cui chi ha un'auto – diesel o benzina che sia – prima o poi verrà tassato e additato al pubblico ludibrio, al pari di quanto succede ai soggetti in sovrappeso, ritorna il tema dell'educazione. Il mio amico Fulvio Viesi, che si sta preparando a raccogliere le castagne, quando fu assessore a Brentonico reintrodusse la festa dell'albero nelle scuole. Un gesto semplice, che si era perduto come l'ora di educazione civica. Ma tutto va di pari passo: educarsi al bene comune mettendo in atto gesti che magari non cambiano il mondo, ma ricreano una mentalità. Su questo dovrebbe investire un governo che non vuol figurare come una realtà a scadenza breve. (Avvenire 25 settembre) 28 settembre Luisa e Domenico 50 anni da condividere Domenica a Torino, alla tavola di Federico Zanasi, chef del ristorante Condividere creato al piano terreno della Nuvola Lavazza. Questo locale, nell’edizione 2020 della nostra guida ai ristoranti, figura come la miglior sosta di Torino. E quello che proviamo, per festeggiare i 50 anni di matrimonio di Domenico Arecco con sua moglie Luisa è un momento sublime e memorabile nel medesimo tempo (per la crocchetta di ragù napoletano, la tartare di pomodoro e il tramezzino omaggio a Mulassano farei pazzie). Domenico è un collaboratore della nostra guida (a quando suo figlio in squadra?) e il fatto che abbia scelto questa tavola gli fa onore.

11

diario di viaggio


Io credo che la concezione del condividere sia la novità che più ci ha affascinato quest’anno. È un’inclinazione che abbiamo scoperto e premiato alla tavola della famiglia Manias del Cjasal di San Michele al Tagliamento, ma anche alla Locanda del Lupo di Milano. Lo stes­ so, per certi versi è Emanuele Scarello Agli Amici di Udine, mentre questo Condividere rappresenta l’essenza di un concetto molto avanti, con piccoli sublimi assaggi di una cucina perfetta in tutte le declina­ zioni. Eppure, nonostante certe indicazioni, gli chef di antica scuola continuano a propinare la noia del menu all’italiana, con le classiche portate barocche, dove le materie prime dichiarate neppure si percepi­ scono. Fanno parte del passato e ancora non se ne sono accorti.

alleanza territoriale: il dolce con il prodotto simbolo di queste terre. (E per fortuna che non hanno scelto il tartufo).

A Torre San Giorgio, Massimo e Livia raccontano la storia di Albertengo

4 ottobre Riunione sul vino, mentre Golosaria cresce Golosaria incalza, manca poco meno di un mese e tutte le posizioni sono occupate. Il sito dedicato inizia a pubblicare le recensioni degli espositori che poi verranno consultate anche dopo la manifestazione, perché il rapporto, necessariamente, continui. Oggi in redazione ci occupiamo della guida dedicata ai vini che uscirà a fine anno, come numero speciale di Papillon. Saranno oltre 600 le cantine recensite con il commento mio e di Marco sugli assaggi memorabili. Wow!

Federico Zanasi, chef del ristorante Condividere di Torino

La copertina del numero speciale di Papillon dedicato al vino

Domenico Arecco e la moglie Luisa festeggiano i 50 anni di matrimonio

3 ottobre Albertengo e la strada distintiva del panettone al Moscato Il panettone Albertengo è da sempre fra i migliori d’Italia. Da dieci anni, qui a Torre San Giorgio, in provincia di Cuneo, è nata una vera e propria fabbrichetta che sforna oltre un milione di panettoni l’anno, secondo 16 tipologie, molte dedicate al vino. Eppure non l’hanno mai inaugurata, non hanno mai aperto le porte ai giornalisti, se non oggi. Al tavolo la mamma, Caterina, e poi i figli Livia e Massimo, simpatici, positivi, che raccontano l’unicum della loro impresa nata da una panetteria di paese che anzitempo, negli anni '50, capì che non c’era più una prospettiva, occorreva distinguersi. E Domenico, il loro papà, fece il salto. Se penso a Massimo e Livia immagino che nel loro Dna ci sia quella scelta sofferta e geniale del padre di cambiare rotta e di sce­ gliere la distinzione. Che è l’unicum del loro panettone. Tant’è che il panettone al Moscato è diventato un must, ma lo sono tutti i panet­ toni al vino che man mano stanno producendo, quasi una sorta di la Circolare

Ed è Festival degli Chef a Sanremo per il terzo anno Ma bisogna già partire per Sanremo perché stasera, al Casinò, andrà in scena la terza edizione del Festival degli Chef. Otto esordienti che svilupperanno il tema di Cibo e Territorio, davanti a una giuria presieduta da Carlo Cracco, insieme a Maurizio Santin e Pierpaolo Gianpellegrini, commissario straordinario dell’Agenzia di promozione turistica In Liguria e Carolina Stramare, Miss Italia in carica. Al sottoscritto il compito di condurre la serata, commentando l’esecuzione dei piatti degli otto chef in gara, scelti dalla nostra guida, che sono: • Jerome Migotto (Le Piemontesine - Cuneo) Profumo d’autunno: quenelles di fagiano tartufate, budinetto di castagne arrostite, porcini, foie gras in padella e velouté di fagiano • Silvia Moro (Aldo Moro - Padova) Insalata di gallina in saor: gallina padovana cotta a bassa temperatura, servita alla maniera del classico saór, sfilacciata a mano e servita a strati intervallati con cipolla, uvetta e pinoli tostati • Giovanni Ricciardella (Cascina Vittoria - Rogliano Pv) Plin alla milanese... omaggio a Milano: il piatto fornisce una nuo-

12

diario di viaggio


va identità al risotto alla milanese attraverso, appunto, una pasta ripiena. • Riccardo Farnese (U Titti - Lingueglietta) Risotto al limone con scampi e porcini: riso carnaroli mantecato con olio caramellato al limone, con zenzero e basilico thai, sala tonnata e salsa al wasabi, funghi porcini dell’alto Savonese cotti e crudi e scampi liguri crudi in tartare. • Nicoló Vignarelli (Osteria Santa Maria - Trecate) Guancia di vitello al cucchiaio in salsa al Vermuth con crema di zucca, porcini e caldarroste: guancia marinata con sale e pepe, in sottovuoto con vino Barbera e cotta a 82 gradi per 36 ore in rouner, aggiungendo poi il Vermut. La zucca cotta in forno per 30 minuti e poi passata al cutter per ottenere una crema morbida e spumosa, porcini scottati in padella. • Simone Vesuviano (L’Acciughetta - Genova) L'acciuga lungo le vie del sale: il piatto racconta il viaggio dell'acciuga lungo le vie del sale, con 3 diversi assaggi che rappresenteranno le zone attraversate dalle acciughe in queste rotte commerciali che sono il sud della Francia, la Liguria e il Piemonte. • Alessandro Ballerio (Blend4 - Varese) Pernice alla Blend4: petto di pernice scottata accompagnato da topinambur, cipollotto e chiodi di garofano. • Daniela Sansone (Villa Marchesa - Castelnuovo Cilento) Erba di casa mia: erbe di campo e crema di fagioli, tozzetti di pane ai grani antichi profumato con alici di Menaica sotto sale, formano un nido adornato con una cialdina di cacioricotta di capra, pomodorino giallo di Rofrano glassato con una melassa di 100% fichi bianchi.

Carlo Cracco e Maurizio Santini intervengono assai spesso, davanti a una platea interessata che segue di fatto uno spettacolo. Alla fine, il verdetto: vince Giovanni Ricciardella della Cascina Vittoria di Rogliano, ma al secondo posto si piazza la brava Silvia Moro del ristorante Moro di Montagnana e al terzo Jerome Migotto de Le Piemontesine a Cuneo. È una bella soddisfazione vedere che le nostre migliori tavole si affermano, anche in una gara con una giuria così importante. Alle 23 ci salutiamo, con la soddisfazione di Roberto Berio, l’organizzato­ re di questa iniziativa, che sta pian piano prendendo piede nella città della musica italiana. 5 ottobre Pranzo ad Alassio con i Ricci e poi cena a Settimo Rottaro Pranzo ad Alassio, alla tavola del bravo Giorgio Servetto, che gestisce l’ottimo Nove dentro i giardini di Villa della Pergola della famiglia Ricci. E anche qui, come in diversi altri casi, abbiamo notato una certa crescita, una voglia di andare oltre alla già affermata cucina, tanto che diamo per scontato che nell’edizione 2020 arriverà la stessa Michelin (macché). Al momento del caffè ci viene a salutare Antonio Ricci e come sempre passiamo un’oretta esilarante, con aneddotti e racconti di una realtà che molto spesso supera l’immaginazione, quella che ogni sera vediamo su Striscia. Ma bisogna partire, perché siamo attesi a Settimo Rottaro per una serata organizzata dal Club di Papillon di Ivrea e del Canavese, ovvero un incontro con la nostra amica Francesca Settimi, che ha parlato dei suoi orti sinergici, prima di andare a cena con le amiche del Ricettario Rottarese. A me l’onore di presentare il loro libro, bellissimo, che omaggia le stagioni con le ricette del paese recuperate dalla memoria dei propri vecchi. Ricette virtuose, brave!!! Credo fosse il Carducci che disse che l’Unità d’Italia si sarebbe finalmente com­ piuta quando sarebbe stata scritta la storia di tutti i suoi paesi. Con questo ricettario c’è un pezzo di storia, non solo di Settimo Rottaro, pae­ se dell’Erbaluce di Caluso, ma di un’Italia ingegnosa che ha saputo trarre ricette dalla cultura del non spreco e dalla gestione degli avanzi.

La giuria del Festival degli Chef

La copertina del Ricettario rottarese

Carlo Cracco con lo chef Giovanni Ricciardella, vincitore del Festival degli Chef 2019

la Circolare

8 ottobre Viaggio a Suvereto nel più bell’esempio di enoturismo Stamane toccata e fuga da Alessandria a Suvereto. Con me Stefano Tucci, che entra nella squadra dei collaboratori della nostra società. Andiamo a trovare Stefano Casadei e sua moglie Anna Baj Macario che ci aspettano nella loro nuova tenuta in Maremma, realizzata in società con l’ imprenditore americano Fred Cline. Ed è un’impresa pazzesca, dove puoi vivere il racconto della biodiversità. Dalla costruzione della cantina, dove riposano le anfore, al parco che annovera le viti e vi passano solo i cavalli e le oche, niente trattori. C’è un laghetto, c’è un percorso da fare a piedi, c’è

13

diario di viaggio


una collezione di erbe officinali e di frutti, c’è un’architettura che si interseca col sole e la luce, secondo la concezione dei monaci benedettini quando costruivano una chiesa. Siamo solo agli inizi, ma già alle 5 della sera assistiamo all’arrivo di un gruppo di giovani che fa enoturismo. Prima di cena assaggiamo i vini, superbi come tutti gli altri delle Tenute Casadei, prima di andare a cena in un locale (che appartenne al nostro caro Giancarlo Bini) nel centro di questo mitico paese antico. La notte la passeremo in un B&B, prima di ripartire, al mattino presto.

San Pastore e il Barbacarlo di Maga Lino. Un tripudio, che dice quanto in fondo il gusto alberghi spesso nelle cose semplici. È stata una gran bella esperienza quella con Credit Suisse, so­ prattutto quando gli invitati commentavano, entravano nel merito, raccontavano le proprie esperienze. Ne sono uscito con uno spaccato più consapevole di come siano i winelover di oggi: molto più preparati di quanto si possa immaginare.

Quello che ho visto è stato qualcosa di unico. Da qui capisci che c’è un modo di produrre e di promuovere il vino che va oltre i canoni consueti e conosciuti. Si chiama esperienza. La possibilità offerta agli altri di fare un’esperienza dentro al racconto del vino. Ed è la storia di un’amicizia fra Stefano e Fred.

Da Carlo Cracco, l’ultimo incontro con Credit Suisse

Ecco l’articolo odierno di Avvenire, che tocca il tema del cambiamento che lambisce la provincia italiana.

Fred Cline e Stefano Casadei

9 ottobre A Milano da Canzian con Vinitaly Giornata tutta milanese quella di oggi, con il pranzo al ristorante Daniel, insieme agli amici di Vinitaly che presentano le novità dell’anno e in particolare il prosieguo dello sviluppo della Organic Hall, l’ingresso degli orange wine e la crescita della presenza di nuovi produttori esteri, principalmente dall’Est Europeo, anche lo sviluppo di un’app attraverso cui effettuare percorsi tematici. Ai tavoli giornalisti, produttori di vino noti, fra cui Vittorio Moretti e Angelo Gaja e tutta la dirigenza di Verona Fiere. È diventato ormai un incontro tradizionale questo, inserito durante la Milano Wine Week, quasi a rimarcare il ruolo centrale di questa fiera del vino che è stata capace di fare sintesi negli anni, fino all’espressione compiuta dell’Expo 2015 con il Palazzo dedicato al vino. Ultima cena con Credit Suisse Stasera invece c’è la serata finale dei quattro incontri con Credit Suisse dove l’assaggio è dedicato al tartufo, alla robiola e alla carne cruda, entrambi by Guastavigna, macellaio della mia predilezione di Bergamasco (Al). Si beve il Barolo di Trediberri (secondo le due declinazioni: con o senza solfiti) e Malvasia di Tenuta Stella. Nei precedenti incontri avevamo assaggiato i caviali di Adamas, fra cui quello raro bianco, abbinati a Champagne e al Brut Nature di Manuelina; quindi la bresaola zero di Giò Porro con il Monferace; i formaggi selezionati da Guffanti con la mostarda di Contini; la torta Moscatella di Dolcelanga; i Baci di Gallina; il vino Migiu di Casadei e l'olio di Viola. Il coupe de theatre, tuttavia è stato quando abbiamo portato il salame cucito del Giarolo con il pane la Circolare

Ciao politica se in paese chiude l’osteria Ci hanno messo dieci anni prima di aprire le porte della loro fabbrichetta di panettoni a Torre San Giorgio, in provincia di Cuneo. Massimo e Livia Albertengo non si capacitavano che il successo del loro panettone al moscato li avesse portati a un'evoluzione tale, per cui della vecchia panetteria di famiglia aperta nel 1905 è rimasto soltanto il sapere su lieviti e lavorazioni. Il resto è un'apertura al mondo, giacché esportano in ben 27 Paesi i loro apprezzati panettoni al vino (non solo moscato). Però questa storia mi ha fatto riflettere sulle dinamiche della provincia italiana, giacché il padre Domenico già negli anni Cinquanta aveva capito che non c'era speranza per quella bottega che aveva sempre meno clienti; i paesi si spopolavano e le attività storiche non stavano più in piedi: l'unica alternativa era la distinzione. Come hanno fatto loro, gli Albertengo, che in mezzo ai giganti della pasticceria piemontese hanno trovato una strada propria col vino, dando lavoro a 40 persone cui vanno aggiunti gli 80 stagionali. L'abbandono dei paesi è un fenomeno non solo italiano ma addirittura europeo, se è vero che stanno sparendo le osterie tedesche: i Gasthof, locali di provincia dove si servono birra e piatti tipici regionali. Negli ultimi 10 anni hanno abbassato la saracinesca in molti, il 30%, per cui in 500 paesini non c'è più luogo di ritrovo, un fattore di socialità con tanti risvolti. Ma quale futuro potrebbero avere questi locali, fin troppo tradizionali? Nessuno, se in qualche modo non si rinnovano: condizione di qualsiasi attività economica. I sociologi sono convinti che l'isolamento delle persone, soprattutto in provincia, provochi in primis il disinteresse politico e sarebbe dunque curioso fare un'analisi dell'astensionismo al voto, per capire se è vero che il tasso si alza nei paesi dove non ci sono più spazi di socialità... Nei piccoli Comuni italiani attualmente abitano 10 milioni di persone e molte iniziano ad accusare problemi per la mancanza di servizi. Per questo ho gioito quando il sindaco di Ottiglio Monferrato, paesino di 600 anime, mi ha inviato l'atto costitutivo del

14

diario di viaggio


"Laboratorio per le buone pratiche urbane e sociali"; un'iniziativa politica volta a mantenere unita la comunità e frenare la desertificazione urbana, sociale ed economica. Ora, questo protocollo rurale dovrebbe finire subito sul tavolo del ministero per lo Sviluppo economico, perché non può esistere un governo che ignora il futuro di un quinto dei suoi abitanti. Si dovrebbero invece indicare percorsi simili a quelli voluti dal sindaco di Ottiglio, prima che sia troppo tardi. In provincia del resto si può investire senza privarsi di andare nel mondo: la famiglia Albertengo insegna. (Avvenire 9 ottobre)

12 ottobre A Castegnato e al Mirto di Vallio Terme Giornata intera a Castegnato, fra gli espositori di questa fiera popolare dedicata ai formaggi, con tante esperienze di malga, al limite dell’eroicità. Poi la sera una sosta commovente a Vallio Terme, alla tavola del Mirto, dalla famiglia Cerri. Commovente perché quella sera c’erano tutti gli amici di Alvaro, venuti da ogni parte per fare festa con lui, che è una persona speciale, un pittore, un artista, e anche un cuoco, che non ha mai smesso, nonostante i problemi di salute che talvolta irrompono nella vita.

11 ottobre Alla Corte Scaligera un convegno sulla ripresa della carne Sempre a Milano oggi, nel quartier generale di Comieco, il Consorzio nazionale per il recupero e riciclo degli imballaggi a base cellulosica, per dare il via al bando di gara per trovare un packaking ideale per le confezioni del vino Monferace, il Grignolino invecchiato che è entrato in società. Il concorso, rivolto a giovani designer, vedrà la proclamazione a Golosaria Monferrato, nella tradizionale cerimonia di Vignale Monferrato dedicata agli amici del Grignolino. E, appena terminata la riunione, si parte per Verona, anzi per Mozzecane, dove il giorno dopo sarò il moderatore di un convegno, organizzato da Confcooperative Verona, dal titolo “Rossa di qualità, quando la carne è protagonista”. Sullo sfondo, la notizia, uscita sui giornali, che scagiona di fatto il consumo di carne: “Non fa male alla salute” dice uno studio americano che contraddice quando sostenuto in precedenza dall’Oms. E le notizie sembrano anche buone, visto che si parla di un aumento del consumo di carne. Curiosa l’indagine che abbiamo svolto fra i ristoranti del Golosario, proprio in vista del convegno, per cui il piatto più gettonato oggi, col 55% di preferenze, è la tartare (o battuta di carne cruda), al secondo posto la tagliata (35%) al terzo la costata e la fiorentina (30%) e subito dopo, al 28%, l’hamburger. Solo al 15% la trippa, mentre il bollito viene relegato a un misero 12% che lo propone. E le polpette (che Bruno Gambarotta chiama le “misteriose”)? In fondo alla classifica (10%). Fra le razze bovine più citate vince il Fassone piemontese, che scalza la notorietà della Chianina. Fra le case history emergenti: la crescita delle catene dedicate alla carne, le macellerie diventate botteghe con cucina e il rilancio del quinto quarto. Fra i miei ospiti, i vari protagonisti della filiera della carne: Luigi Bertocchi, dirigente veterinario, Elena Benedetto, direttrice della rivista Eurocarni, Fulvio Ursini, professore dell’Università di Padova di Medicina molecolare. In platea tutti i protagonisti di questa filiera, oltre ai dirigenti ai vari livelli di Confcooperative che riesco a far esprimere anche in maniera divertente, visti i complimenti che ricevo a fine mattinata. E infine, eccomi a Castegnato per l’inaugurazione della XXIV edizione di Franciacorta in Bianco, con tutti i sindaci dei paesi intorno, fra cui un vecchio amico, Luigi Caimi, neo sindaco di Rodengo Saiano.

Mi ha reso felice questa sosta, non solo per ciò che ho mangiato e bevuto, ma per quel senso di ringaziamento che mi ha trasmesso Alvaro con tutta la sua famiglia. Un senso di ringraziamento che lui ricerca nel creare bellezza. Senza mai pensare di mollare la presa: cuochi si nasce e si diventa, per sempre.

Non si può certo dire che ci si annoia. Questo degli incontri e dei convegni è uno degli aspetti più divertenti del mio lavoro perché fa parte di un lato particolare della comunicazione. Il moderatore di un convegno è un regista, che deve calibrare i tempi di un film e far emer­ gere delle immagini che poi restino impresse nella gente che ascolta. Se si sceglie un passa-parola, si rischia di annoiare il pubblico, che invece è abituato ad assistere a qualcosa che catturi la propria attenzione. Per questo è sempre importante prepararsi, sapere dove si vuole andare a parare, conoscere gli ospiti, in modo da valorizzarli nel giusto modo. la Circolare

Alvaro Cerri ai fornelli

13 ottobre Convegno a Franciacorta in Bianco sui 50 anni di Gardalatte Terzo giorno di Franciacorta e un convegno assai interessante, partecipato, sulla storia della cooperativa Gardalatte. L’occasione è stata la presentazione del libro, scritto dal collega Claudio Andrizzi, sui 50 anni di questa realtà che ha scelto controcorrente la strada della cooperativa, arrivando a riqualificare la propria azione, nonostante la crisi che ha attanagliato il settore. Ne scriverò su Avvenire, in un articolo che ripropongo. Carne e latte. La bella Italia fra dazi e Brexit Non c'è pace nel mondo della zootecnia, fra carne e latte, formaggi e nuovi modi di consumare. A inizio ottobre ha fatto il giro del mondo la notizia che l'Oms (Organizzazione Mondiale della Sanità) ha scagionato la carne rossa: non fa male alla salute, anzi, le sue proteine sono utili al nostro organismo. Alcuni giornali l'hanno chiamata la "giravolta della scienza" e la cosa un poco preoccupa, anche se poi le fonti sono sempre di origine americana, dove un teorema viene dato in pasto ai giornali e in poco tempo fa il giro del mondo. Tuttavia di carne rossa se ne consuma meno e il motivo pare sia legato alla cosiddetta sostenibilità ambientale. Che non significa che le vacche sono il male assoluto per via delle loro emissioni o per il consumo di acqua, ma che a un certo punto della storia si cerca un qualche equilibrio che in fondo non nuoce a nessuno. Svolgendo un sondaggio fra i ristoranti citati sul Golosario si scopre così che il piatto di carne più gettonato è la tartare, conosciuta anche come battuta di Fassona (il 55% la propone). Segue la tagliata (il 35%) mentre cala vorticosamente

15

diario di viaggio


il bollito (solo il 12%) che invece era una gloria della cucina delle generazioni passate. Sul fronte del latte, invece, reduci da una tre giorni a Castegnato dove si è svolta Franciacorta in Bianco, è stato edificante ascoltare la storia della cooperativa Gardalatte, che ha festeggiato i suoi cinquant'anni con un bel libro scritto dal giornalista Claudio Andrizzi. Un libro che si legge tutto d'un fiato, dove si scorge un pezzo di storia d'Italia che è fatta di crisi, di leggi di mercato che rischiano di far soccombere un'impresa, e anche di successi. Ed è sempre affascinante scoprire il valore della cooperazione, che mette insieme la gente intorno alla costruzione del bene comune. Una storia che in molti casi ebbe inizio dalle sollecitazioni di parroci illuminati, spesso ricordati per la loro lungimiranza, perché dalla trasmissione della fede ai giovani infusero il rischio di un'opera, che alcuni hanno accettato, ponendo le basi di un'economia capillare in tutto il Paese: nel latte, nel vino, finanche nella finanza. E ogni tanto fa bene tornare alle radici di certi fenomeni che dicono di quale valore avessero le relazioni. Tuttavia, mentre col presidente di Gardalatte Walter Giacomelli passavamo in rassegna i momenti felici e quelli più critici, abbiamo notato un filo di preoccupazione di fronte a due pericoli imminenti: la Brexit e i dazi americani. Il mondo produttivo è in attesa e spera che la politica consideri una priorità quella che potrebbe diventare una triste emergenza. E su questo fronte sarebbe interessante se al posto dei distinguo delle varie fazioni ci fosse un coro unanime, senza stonature. (Avvenire 16 ottobre) 14 ottobre Intervista Rai e la prima cassoeula Ieri sera la mia prima cassoeula con Marco Gatti e i delegati dei Club di Papillon lombardi, alla Grangia di Settala. Una cena per organizzare la presenza a Golosaria Milano, prima di concedere alla Rai, il giorno dopo, la prima di una lunga serie di interviste televisive, che porteranno a fine manifestazione a comporre un filmato di almeno 20 minuti, sommatoria di tutti i servizi tivù che andranno in onda.

Filarmonica della Scala. Alla cena, con 200 invitati, i piatti dei fratelli Cerea di Brusaporto e i vini della Tenuta San Felice, che fa parte del Gruppo. Al mio tavolo l’onore di avere il figlio di Gianfranco Soldera, che interverrà con me sul palco per ricordare la figura del padre. Un grande onore, davanti al direttore del Corriere della Sera e ai più importanti esponenti del mondo della finanza, quello di poter ricordare la figura di questo straordinario vignaiolo, che ci ha lasciati d’improvviso, quasi un anno fa. 17 ottobre A Gignod con l’Accademia Da Milano, il giorno dopo a Gignod, nel coronato ristorante La Clusaz, per la cena ecumenica dell’Accademia della Cucina Italiana, sezione di Aosta, presieduta dall’amico Andrea Nicola. Mi hanno voluto per una breve riflessione sulla cucina italiana nel 2020 ed ho accettato molto volentieri. Il tema della cena era tuttavia “la pasta fresca, ripiena e gli gnocchi". Simposiarca John Houston McKinnon e relatore Emiro Marcoz. E quella sera ho apprezzato ancora una volta il clima famigliare e festoso che sanno creare gli amici valdostani, in questo luogo dell’anima, dove avrò il piacere di passare la notte. Con un messaggio saluto anche il presidente nazionale Paolo Pe­ troni, che mi risponde immediatamente. Da quando lui è presidente c’è una consonanza di vedute e vivere momenti come quelli della delegazione valdostana danno la percezione di un rinnovamento im­ portante di questa associazione, che ha tuttavia sempre un grande rispetto per le figure del passato.

16 ottobre Allianz per Gianfranco Soldera Sono all’ultimo piano del palazzo Allianz, nel cuore di CityLife, per una cena in onore del grande Gianfranco Soldera. L’ad di Allianz ha deciso di rimettere all’asta le mitiche bottiglie vinte nella cena del febbraio scorso, questa volta a favore dell’associazione PortoFranco che si occupa di educazione per i ragazzi delle scuole superiori. E prima di salire, anche l’onore di un concerto della

La consegna dell'assegno alle suore di carità della Casa di Sam

la Circolare

Paolo Massobrio e Andrea Nicola durante la cena ecumenica della sezione aostana dell’Accademia della Cucina Italiana

18 ottobre A Cuneo la grande Fiera del Marrone Sveglia al mattino prestissimo per un lungo viaggio: da Aosta a Cuneo. Mi aspettano per la conferenza stampa di inaugurazione della Fiera Nazionale del Marrone di Cuneo, la XXI edizione. E riesco ad arrivare in tempo per portare il mio contributo e la mia riflessione, ad esempio sul fatto che questa fiera, che è nel cuore della gente, è riuscita a trapassare la crisi per una legge mai scritta del principio di restituzione. Il pomeriggio è tutto per girare la città e vedere il valore degli stand, ma anche l’ottima logistica di questa fiera che si svolge all’aperto. Incontro Edoardo Bresciano, il corsaro del gusto di Savigliano che continua a produrre le sue specialità d’oca, ma anche tanti altri produttori del mio Golosario,

16

diario di viaggio


alcuni dei quali pronti per la prossima edizione di Golosaria. Alla sera devo condurre la cena di gala, che è stata organizzata da Confartigianato in favore del nuovo ospedale Santa Croce. Con me anche il sindaco non vedente della città, che è una persona positiva, piena di ironia, molto amato dalla sua gente. Mi aspetta una notte nella capitale della provincia Granda e poi domattina finalmente sarò di nuovo a casa, ad Alessandria, dopo tanto tempo. Mi hanno proprio colpito quelli del Comune di Cuneo, per la perizia con cui hanno pensato a questa fiera, dedicata a una risorsa delle montagne, la castagna. E anche Confartigianato s’è coinvolta in maniera speciale, mettendo in piazza i migliori produttori che già avevo conosciuto alcuni mesi prima a Grinzane. Si sta attuando insomma ciò che ho sempre immaginato: nei momenti di crisi, un ente pubblico o un’associazione di categoria possono fare qualcosa di davvero importante: la regia. La crisi è il momento dove ci si ferma per capire quali sono i punti di forza di un territorio, i valori sui cui scommetere. Questa fiera, messa a dura prova anche dalla pioggia, ne è un esempio.

XIV manifestazione e poi chiamiamo provincia per provincia i protagonisti dei vari itinerari lombardi che abbiamo creato per arrivare a Golosaria. Interviene Giuliano Mattavelli che, col progetto di Astino, è colui che meglio interpreterà il tema di Golosaria di quest’anno, il Cibo che ci cambia. Poi la foto di gruppo, con tutti i protagonisti, prima del buffet, curato mirabilmente dai ragazzi della scuola alberghiera IPC Falcone di Gallarate coi prodotti dei premiati. È stato un bell’assaggio di Golosaria, anche per il clima che si è creato, mostrando uno spaccato interessante delle presenze che saran­ no quest’anno al MiCo. TelePavia farà un servizio molto bello, men­ tre Sat 2000 mi ospita per commentare il Pasta Day del 24 ottobre. C’è fermento intorno a Golosaria e lo si percepisce ovunque.

La presentazione di Golosaria Milano 2019 a Palazzo Lombardia. Da sinistra: Marco Gatti, l’assessore Fabio Rolfi, Paolo Massobrio e l’assessore Alessandro Mattinzoli

La cena di gala organizzata in occasione della Fiera del Marrone di Cuneo

19 ottobre In ricordo di Roberto Maestri Stasera, nel chiostro di Santa Maria del Castello ad Alessandria, si ricorda Roberto Maestri, amico, storico, che ci ha lasciati quest’anno, vittima di un incidente stradale mentre tornava da un convegno a Mantova. A lui, che era impegnato nella Croce Rossa, tanto da scrivere un manuale fondamentale per i volontari, hanno dedicato un’autoambulanza. Partecipo al convegno e alla cerimonia e poi alla messa che gli viene dedicata. È stato un bel segnale scoprire che la vita va avanti, nel senso che ci sono persone intenzionate a raccogliere il testimone di Roberto e il suo enorme lavoro di ricercatore e storico racchiuso nel Circolo Culturale “I Marchesi del Monferrato”. Con lui abbiamo concepito le prime edizioni di Golosaria Monferrato e anche un’edizione speciale a Mantova che si svolse nel 2010. Come dimenticarlo? 22 ottobre Conferenza stampa di Golosaria Milano. Quanta gente! E ora tutti a Milano, perché quella che si apre è la settimana di Golosaria. Stamane, all’ultimo piano del palazzo della Regione, ha luogo la conferenza stampa, affollatissima, con la presenza dell’assessore all’Agricoltura Fabio Rolfi e di quello alle attività produttive Alessandro Mattinzoli, che ha finanziato un progetto per rendere più moderna la nostra fiera. Presentiamo dunque la la Circolare

Foto di gruppo con le realtà lombarde premiate alla conferenza stampa di Golosaria Milano 2019

23 ottobre La pioggia flagella Liguria e basso Piemonte Tornano con violenza le piogge di ottobre e questa volta è ancora la Liguria a essere colpita insieme al cosiddetto Basso Piemonte. Castelletto d’Orba è allagata e la nostra Rosalba, che è originaria di quel paese, è preoccupata per la mamma. Ore di apprensione, che mi portano a questa riflessione, scritta per Avvenire. Sì piove, ma insieme usciremo dal guado Tutto cambia ma è tutto come prima. Cambia il clima, le temperature alte sciolgono i ghiacciai e le piogge ogni volta accendono lo spettro dell'alluvione. Qualcosa sta cambiando, non v'è dubbio, ma a memoria personale l'autunno è sempre stato una minaccia per la fragilità strutturale del nostro Paese. La prima volta che m'accorsi di questo pericolo fu quasi 50 anni fa, quando coi genitori rimanemmo bloccati alla stazione di un paese non lontano dal nostro, per via della minaccia del fiume Tanaro. Lo

17

diario di viaggio


stesso fiume che nel novembre 1994 è esondato, portando morte e distruzione nella mia Alessandria, dove nel frattempo ero andato a vivere. E lunedì ancora in questa terra, a Gavi e a Castelletto d'Orba, l'uscita di due torrenti ha messo a repentaglio intere famiglie. Ma se tutto cambia, a questo punto in peggio, perché tutto resta come prima? Non è la prima volta che i paesi nominati hanno subìto danni della medesima natura ed entità, ma dove sono gli argini a difesa? C'è evidentemente una lentezza nel decidere e un rimpallo, forse, da un'amministrazione all'altra. E questo rende tutto più insicuro. Sabato ero a Cuneo per visitare la Fiera Nazionale del Marrone nata 21 anni fa, proprio negli anni seguiti alla terribile alluvione. Ebbene, mentre la pioggia imminente annunciava una domenica bagnata, i cuneesi raccontavano una storia esemplare: hanno creduto in un evento pubblico e collettivo, hanno radunato la gente delle montagne e delle valli e richiamato migliaia di turisti anche dalla vicina Francia. E nonostante la pioggia si sono registrate 150 mila presenze. Cosa vuol dire? Una fiera che resta un punto fermo può diventare l'antidoto alla paura di chi invece è solo. Può far dire, durante l'inaugurazione, che i pochi chilometri che mancano al completamento dell'autostrada Asti-Cuneo sono una vergogna; può decidere, come ha fatto Confartigianato, che la cena di gala del marrone è per indicare un'opera, la Fondazione Ospedale Santa Croce e Carle onlus, che servirà a tutta la collettività. Insomma la politica che nasce dal basso, che si alimenta fra la gente, che chiede all'ente pubblico di fare il regista (e questo lo può fare), dacché le casse vuote non permettono più di elargire contributi a pioggia (nomen omen). Il livello di guardia di un'emergenza nel Paese lo può tenere sotto controllo solo un popolo. E c'è bisogno che qualcuno, questo popolo, torni ad ascoltarlo. Qualche volta in più rispetto al giorno dopo di un risultato elettorale. (Avvenire 23 ottobre)

Pesca Confcooperative Liguria Augusto Comes, l’agronomo e coordinatore attività del progetto europeo CERERE Giuseppe De Santis e il presidente dell’Associazione Nazionale Città dell’Olio Enrico Lupi. Intervengono anche tre ospiti eccellenti come Flavio Bettini, Roberta Colla Melandri e Marco Casadei, che sono anche espositori a Golosaria con i loro prodotti innovativi, in apertura un videomessaggio del professor Ceccarelli. Bellissimo lo spazio di Acqua Lauretana (e qui davvero va dato atto all’archietto Beleù di aver interpretato alla perfezione l’idea di leggerezza) che è un nostro partner da sempre e rappresenta non solo la storia della famiglia Vietti, ma la storia stessa della nostra famiglia, che ha l’onore di avere l’acqua più leggera d’Europa fra le realtà più belle e credibili che ci possano essere. C’è poi il caffè Morettino, con uno spazio tutto suo e quello della mixology con gli amici di Planet One. Il gruppo di Astino ha creato una serra, dove si vendono lo zenzero e la curcuma coltivata in Italia. Lo spazio di mescita di WineEmotion prende subito piede: 104 vini in degustazione. Ma si attiva anche la terrazza del vino, dedicata sempre più al b2b con una partecipazione più rilassata nel rapporto con i produttori che alla fine approvano la scelta di aver creato un filtro. Lo spazio nuovo, quello dei bambini, crea subito un consenso grazie agli amici di Magica Compagnia che fanno laboratori, giochi, improntati sulla stagionalità. E poi lo spazio delle Leggende Italiane costruito da Paolo Barichella e quello dell’Arte e Food Design curato dalla brava Gabriella Anedi. Alle 21 la presentazione del libro di Gianni Rigoni Stern, Ti ho sconfitto Felce Aquilina e di Motoko Iwasaki, al debutto del suo Un Cuore da Nutrire, racconti dedicati al suo Giappone, che hanno preso avvio proprio da una collaborazione su IlGolosario.it.

25 ottobre La vigilia di Golosaria La vigilia di Golosaria è sempre un momento magico. In fiera stanno ultimando gli allestimenti, davvero eleganti quest’anno, grazie all’immagine creata dal geniale architetto Beleù di Padova. Arrivano i primi espositori e intanto si configura lo spazio clamoroso della Regione Sicilia, con 50 magnifici espositori, ma anche della Valle D’Aosta e della Calabria. Con Marco Gatti facciamo la spola in fiera, prefigurandoci la partecipazione dei prossimi giorni. Hanno dato l’adesione 500 botteghe per domenica e quasi 1.000 ristoranti per la giornata di lunedì. 26 ottobre Apre Golosaria Milano, la più ricca di sempre Golosaria apre i battenti alle 12 e subito all’ingresso si presenta una marea di persone. Inizia il nostro lungo viaggio, fatto di degustazioni nello spazio dedicato al vino, di show cooking, di incontri. Per la prima volta Golosaria è presa d’assalto dalle troupe della Rai, del Tg5 di Rete 4. Nello spazio della regione Sicilia, molto bello e subito visitato, va in scena la cannoloterapia, mentre alle 16 si apre con il talk show che sviluppa il tema di quest’anno. E con me sul palco ci sono Antonella Manuli della Maliosa, che ci parlerà delle sue vigne libere, quindi l’esperto di ortofrutta Giampaolo Ferri, la coltivatrice di orti sinergici Francesca Settimi, lo chef Paolo Gatta, il presidente di Comieco Carlo Montalbetti, il food designer Paolo Barichella, la nutrizionista Elena Brugnatti, il vice presidente Flag Gac Levante Ligure e presidente FedAgri la Circolare

18

I relatori al talk inaugurale di Golosaria

Paolo Massobrio, Salvatore Sipala e la cannoloterapia

diario di viaggio


Pubblico soddisfatto durante la cannoloterapia Il pubblico dell’Agorà con le botteghe d'Italia

Lo spazio Lauretana nell’area espositiva di Golosaria

“Assalto” dei visitatori ai dispenser di WineEmotion

Gli espositori di Golosaria: lo stand di Marco d’Oggiono

Lo show-cooking di Mela Rossa Cuneo con l’istrionico chef Diego Bongiovanni

Le maschere di Paolo Massobrio e Marco Gatti realizzate dai ragazzi di Rushnet

I visitatori di Golosaria nella Terrazza del vino

la Circolare

19

diario di viaggio


È stata una giornata molto positiva, bella, e sul cellulare arriva­ no messaggi di gente che ci ha visto sul Tg1 e sul Tg5. Alle 22 siamo evidentemente stanchi, ma anche molto soddisfatti. Non è stato facile tenere il ritmo delle degustazioni, ma alla fine è andato tutto per il meglio. 28 ottobre Una domenica col botto Domenica col botto, iniziata con la messa sul palco, celebrata da don Fabio Pagnin, che è cappellano militare a Genova. Poi la presentazione del nostro libro sul caffè di Andrea Cuomo e Anna Muzio e, subito dopo, la proclamazione dei 100 migliori vini d’Italia e delle 21 cantine memorabili, una per ogni regione. Alle 14 il convegno sulla distribuzione che cambia, moderato dall’ottimo Angelo Frigerio del gruppo Tespi. Con noi sul palco Domenico Montano, Gilberto Volpara e Alessandro Lanzani. E con Volpara abbiamo lanciato l’idea del negozio di città che adotta il

negozio di campagna o delle aree più svantaggiate. Un incontro giocato sulla distintività, perché ogni negozio ha una specialità da presentare. La cerimonia dedicata alle Botteghe d’Italia sarà come sempre commovente, soprattutto quando sul palco sale Ernesto Perbellini, che è venuto apposta per questo momento. C’è poi il momento dedicato ai Siciliani con gli storici protagonisti di Golosaria, fra cui Nicola Fiasconaro, i titolari di Caffè Morettino e di Candifrucht e infine i siciliani espositori che meglio hanno interpretato il tema del cibo che ci cambia. Non ho avuto la percezione di quanta gente ci fosse, ma cer­ tamente è stata di più di tutte le edizioni passate. Ne fanno fede le cucine di strada che hanno lavorato tutto il giorno fino all’ultimo. Soddisfazione poi di tutti i produttori, quest’anno davvero senza se e senza ma. Una grande festa. Chiuderemo a cena, da Giulia, con la squadra dei collaboratori più stretti, festeggiando con un ottimo pesce e i nuovi vini della Tenuta Conte di Rocca Sicula.

Il pubblico di Golosaria durante le premiazioni

Le cantine memorabili premiate a Golosaria

Angelo Frigerio sul palco durante il talk dedicato alla distribuzione

Sul palco dell’Agorà salgono i Siciliani

Paolo Massobrio con Andrea Cuomo, Andrea e Arturo Morettino dopo la presentazione di Mondo Caffè

Una masterclass nell’area del bere miscelato

la Circolare

20

diario di viaggio




29 ottobre Ultimo giorno con Giacomo che dona i panettoni Il lunedì di Golosaria sta diventando sempre più importante, non solo per la partecipazione dei ristoratori, ma anche dei buyer che si registrano più numerosi e qualificati degli altri anni. Dionigi D’Oggiono, del mitico prosciutto crudo brianzolo, dice che è stata l’edizione più soddisfacente in assoluto, ma come lui tanti altri, che alla fine hanno terminato il prodotto. Soddisfazione per lo spazio Esplorando col caviale e altri prodotti d’eccellenza, dei produttori di panettone e dolci e dei formaggi. Lo zenzero italiano è stato bruciato in poco tempo, l’aglio nero idem. I ristoratori e cuochi arrivano puntuali per la cerimonia dedicata alle corone ai faccini radiosi e alle new entry. E sono davvero in tanti. Arriva anche Tonino Cannavacciuolo che non passa inosservato e a fatica riesce a raggiungere la prima fila, che gli è stata riservata a protezione di selfie. Ma accanto a lui ci sono Aimo e Nadia ai quali viene tributato un appaluso fragoroso con tutti i colleghi in piedi. E dire che oggi a Roma c’era la presentazione della guida del Gambero Rosso, che nonostante i tentativi di metterci d’accordo ha voluto mantenere la contemporaineità. Loro malgrado dico io, vedendo i cuochi che arrivano dalla Sicilia, dalla Sardegna, insomma da tutta Italia. C’è anche Simone Padoan, il pizzaiolo più famoso d’Italia che per un disguido non sale sul palco, ma era all’ingresso a coccolare i ragazzi del Cjasal, corona rossa, unica della nostra guida, che poi hanno festeggiato da Cracco (il quale si è precipitato a scriverci che era fuori Milano, ma il prossimo anno ci sarà). Un trionfo di storie, di volti, di abbracci, di riconoscimenti originali, perché in molti casi arriviamo molto prima noi di altri. Quando chiamiamo qualcuno sul palco che è in piedi in fondo, fa fatica a farsi spazio, tanta è la gente che assiepa il palco. È Golosaria! Alle 16, dopo l’ultima degustazione in programma, dedicata al Monferace con tutti i produttori presenti (ma il Piemonte ha visto anche tre mitiche degustazioni di Barbera d’Asti e dei suoi fratelli, e due di Asti spumante), la cerimonia di consegna dei panettoni di Golosaria alla città di Milano. E come simbolo abbiamo scelto la Casa di Sam, l’opera delle suore della Carità e dell’Assunzione che Gianfranco Soldera aiutò con la raccolta di 100 mila euro grazie ai suoi vini annata 2010 battuti all’asta. E a dar man forte alla cerimonia il simpatico Giacomo Poretti, che in questi giorni sta debuttando a Milano con un suo spettacolo teatrale. Salgono uno a uno i 20 produttori di panettone, dove si evince che il dolce tipico di Milano è prodotto e celebrato sempre di più al sud Italia. I Maestri del Gusto a Golosaria 2019 Anche quest’anno si è rinnovata la partnership tra Maestri del Gusto di Torino e Provincia e Golosaria sia come espositori nell’ambito della rassegna sia come protagonisti di momenti dedicati. L’azienda agricola Scaglia ha partecipato con un laboratorio dedicato ai più piccoli con un approfondimento sui bovini e sulla loro alimentazione, così come Frutto Permesso che ha spiegato come nascono le conserve di frutta. Tra gli espositori nella tre giorni invece è stato possibile incontrare dei veri e propri campioni del dolce come la pasticceria Molineris di Carmagnola e la cioccolateria La Perla di Torino, la realtà della Piazza dei Mestieri che qui ha voluto puntare sulla sua attività brassicola e il birrificio Parsifal con le sue tante referenze. Questi, insieme alla Macelleria Giampaolo Cru di Torino, che ha portato sul palco milanese il sushi di carne, sono stati anche protagonisti di una speciale degustazione nella giornata di domenica. la Circolare

23

Paolo Massobrio e Marco Gatti con lo chef Antonino Cannavacciuolo

Paolo Massobrio e Filippo Mobrici al wine tasting dedicato alla Barbera d’Asti

La consegna dei panettoni con Giacomo Poretti e i pasticcieri presenti a Golosaria

Paolo Massobrio e Marco Gatti brindano a Golosaria con Giacomo Poretti

diario di viaggio


Resta questa immagine, con Giacomo Poretti stretto fra me e Marco Gatti e un grande panettone, come augurio di un Buon Na­ tale. Alle 17 Golosaria ha calato il sipario con un risultato notevole: il 20% in più dell’edizione precedente. Soddisfazione di Veronique, che ha curato la comunicazione, ma anche dei ragazzi di Rushnet e Vinbacco che hanno inventato qualsiasi cosa con i social, persino le maschere del sottoscritto e di Marco Gatti che animavano la festa. E in questa edizione, per la prima volta, tutti sono stati contenti. Ma io dico che forse abbiamo fatto un salto: non più la casualità di una fiera, ma la preparazione due mesi prima, che poi prosegue anche dopo. Non c’è tempo per riposare, ma è consolante la soddisfa­ zione di un evento che ha centrato tutti gli obiettivi. E questo grazie a Silvana, la vera regista della manifestazione che tecnicamente ha pensato allo sviluppo e ai dettagli tecnici, con gli amici di CWS, di Rushnet, di Wineemotion, con Guido Baldi e con l’architetto Beleù perché Golosaria fosse quello che abbiamo visto. E poi la soddisfazio­ ne piena della Regione Sicilia, che ha centrato anch’essa gli obbiettivi, ma anche della Valle D’Aosta, della Liguria presente con il Glac (il gruppo di azione locale del mare) e coi vini dell’Enoteca, con gli oli e con Aromatica di Diano Marina. Hanno debuttato anche le cozze di Pellestrina, conosciute questa estate, le ostriche di Scardovari, i fasolari e tanti, tanti prodotti e produttori. Ci rivedremo il prossimo anno: dal 31 al 2 novembre. Ora e sempre Golosaria! Tre appuntamenti mancati, ma era come se ci fossimo La concomitanza di Golosaria, purtroppo non mi ha permesso di essere a tre eventi cui tenevo. Il primo a Roma, su invito del presidente Ais Antonello Maietta, per la presentazione della loro guida ai vini. Il secondo a Montà D’Alba per la presentazione del libro di Mario Calabresi, che mi aveva telefonato anzitempo e ci teneva fossi io a presentarlo nel suo paese preferito. Il terzo è dei miei amici Francesco, Marinella e Gian Minetti che hanno presentato ad Alba il loro libro, “Wellcom, 30 anni alle radici della bellezza”. Un libro dedicato alla loro storia di comunicatori, che vede la mia prefazione. La ripropongo qui, tale e quale, anche perché pure questa è una gran bella storia di amicizia. Gian Minetti lo avevo conosciuto nel 1987 a Milano, durante una presentazione in pompa magna dei vini di Fontanafredda (una premonizione, molto prima del suo arrivo in quell’azienda). Allora scrivevo di vino, da un anno, per un settimanale a tiratura nazionale, Il Sabato, mentre lui era accreditato per Il Tanaro, settimanale locale, che in verità non conoscevo. Ero agli inizi della mia carriera e mai avrei immaginato che una degustazione con cena, come mille altre che avrei fatto in seguito, mi avrebbe fatto incontrare quello che si definisce un amico. Un amico, rara avis, che rimane per la vita, quasi come un famigliare. Dopo poco tempo eravamo entrambi alle prese con un libro sui vini del Piemonte e una sera a cena ad Alba a casa di Gian, con Francesco piccolo, conobbi Marinella. Da poco ero diventato direttore ed editore di un periodico agricolo in capo alla Coldiretti, Piemonteverde, da cui poi era scaturita una rivista di pura critica enogastronomica, Papillon. Avevo bisogno di qualcuno che impaginasse quei giornali e lo dissi a cena, a una Marinella che si stava chiedendo se non era il caso di fare qualcosa di nuovo, professionalmente. Perché non lo fate voi? Gli chiesi. Detto fatto, nacque l’agenzia, che divenne il mio service. Il resto della storia lo leggerete nelle pagine a seguire, ma se ho rubato qualche riga in più a questo racconto circoscritto è per porre l’accento su quello che si chiama il “fattore umano”. Francesco, la Circolare

con questo libro, non ha voluto celebrare i primi 30 anni di una storia, che magari interesserebbero a pochi intimi: ha sviluppato un vero e proprio manuale di comunicazione, dove io stesso, che sono dall’altra parte della barricata, ho imparato molto. Un giornalista, infatti, è soggetto al rapporto con le cosiddette agenzie di comunicazione e anche qui, l’esito di un processo di comunicazione, dipende molto dal tipo di relazione seria che viene proposta. Il fattore umano, in primis, legato però a una professionalità originale, con un comunicatore che si immedesima coi bisogni di un altro comunicatore. Tuttavia in trent’anni il mondo è cambiato: oggi non c’è più soltanto il giornalista che fa comunicazione, ci sei tu. O meglio: oggi chiunque è in gioco, perché comunicare è un atto che fa parte della natura umana e l’era dei social ha messo in luce questa propensione. Durante alcune lezioni di marketing che svolgo da diversi anni, ai giovani che iniziano un’attività premetto sempre: “La vostra vita è interessante, prima del prodotto. La vostra unicità è ciò che interessa”. In questo volume ho dunque trovato una sintonia perfetta con questa premessa fondamentale, dove l’aiuto che offre un’agenzia dedita a questa scienza (la comunicazione) serve a rimettersi continuamente in discussione rispetto ai cambiamenti, che sono molto più veloci rispetto a 30 anni fa. E non ce la si fa da soli: ci vuole un confronto, come quando ci si mette a dieta e bisogna rivoluzionare i pasti rispondendo però a qualcuno: il dietologo. Sennò non funziona. Comunicare vuol dire sempre rispondere a qualcuno, ma ci vuole la postura giusta, ossia il metodo dell’ascolto. Detto questo io sono onorato di scrivere queste righe, perché lo sviluppo che Francesco ha dato al lavoro di sua mamma e di suo papà è qualcosa di moderno, di attuale, di contemporaneo. Gian e Marinella, ma io stesso e tanti miei colleghi, non saremmo mai riusciti ad elaborare un percorso tale e una sintesi così efficace. È la vita che è fatta così: tu arrivi a fare un pezzo di strada che magari ha messo le fondamenta, ma lo sviluppo è sempre di un altro, che vive una diversa dimensione, quella del mondo, e che necessariamente è di un’altra generazione. Concludo ricordando che questi 30 anni di lavoro, hanno tuttavia messo a frutto anche una storia del passato, che ha alimentato tanti comunicatori, me compreso. Ed è quella di LuigI Veronelli, con cui Marinella ha avuto un intenso rapporto di lavoro e di confronto che rimane un bagaglio per lei e per tutti. E difatti è con una frase di “Gino” che si apre questo libro, riportandoci alla terra, a qualcosa che da sempre segna la nostra vita e le nostre relazioni. E qui la terra, nel giardino della famiglia Minetti, si può ben dire che abbia dato molto frutto. Paolo Massobrio In coda a Golosaria, colpito dalla reazione positiva con cui sono stati accolti i cibi del futuro, ho scritto questa riflessione dedicata al cibo che ci cambia. La salute vien (anche) mangiando. meglio… È appena calato il sipario su "Golosaria", che è una manifestazione milanese che mi coinvolge direttamente, e mi ha in qualche modo colpito quest'anno la reazione dei media, tivù e giornali, che hanno voluto entrare come mai è accaduto nel merito del tema che abbiamo lanciato: il cibo che ci cambia. Come se fossimo in una congiuntura ideale, dal punto di vista culturale, per percepire i messaggi che vanno nella direzione di un corretto stile di vita. Alcuni esempi. Il primo produttore italiano di zenzero bio ha terminato il prodotto in pochissimo tempo: tutti lo volevano, come se già si sapesse che zenzero e curcuma fanno bene. Ma

24

diario di viaggio


così quel produttore di succhi di melograno venuto dalla Sicilia o quello che a Voghiera (Ferrara) produce l'aglio nero, secondo una tradizione radicata in Giappone. Spezie, risi integrali, lenticchie decorticate, pop corn biologici di antiche varietà di grano sino ai fermentini, ovvero anacardi e noci trattate in maniera particolare. E ancora la bresaola senza nitriti e nitrati o le cozze raccolte in acque incontaminate a Pellestrina. A Golosaria ha voluto esserci anche la Fondazione Tera col supporto della Fondazione Allianz Umana Mente per presentare un progetto dedicato all'alimentazione del malato oncologico, ovvero un sito (www.foodbamkoncology.org) dove si trovano tutte le informazioni ma anche le suggestioni di un gruppo di chef che propongono piatti con determinati prodotti; perché – ha detto a chiare lettere Gaudenzio Vanolo, segretario generale della Fondazione Tera – il cancro si combatte anche mangiando. E a questo punto mi è venuto in mente che, nonostante la confusione che si crea quando vengono messe a confronto le diverse scuole di pensiero nutrizionali dove fa audience chi la spara più grossa, sta emergendo una verità collettiva: il cibo ci può cambiare, nella misura in cui accettiamo una regola, uno stile di vita che comincia a far breccia nei vicini di casa, fra i colleghi di lavoro, fra gli amici. E qui giunge l'appello di questa settimana: come si comunica tutto questo alle fasce più povere, che proprio a causa della loro scarsa capacità di spesa sono più a rischio? Come si combatte la piaga dell'obesità, che ha una diretta relazione con l'insorgere di patologie oncologiche? Sembra paradossale che i poveri siano obesi, ma in realtà è una disordinata alimentazione che conduce a quel risultato. Detto questo, la risposta che attendiamo a queste domande mi sembra assai più preziosa della tassazione sulle bevande zuccherate o sulle merendine, proprio in un momento in cui l'industria s'è messa anch'essa in discussione, in qualche maniera, per corrispondere un sentire comune. Possiamo chiedere, magari rispolverando certi studi presentati a Expo, un po' meno demagogia e più progetti che vadano alla sostanza? (Avvenire 30 ottobre) 30 ottobre A Vighizzolo d’Este un’altra lezione ai pizzaioli contemporanei Viaggio placido e rilassato nella campagna veneta, esattamente a Vighizzolo d’Este, per la consueta lezione all’Università della Pizza dedicata al marketing. Davanti a me una quindicina di allievi, che si vogliono cimentare con la pizza contemporanea. E nella mia lezione, come sempre, mi attardo sulla quarta gamba del tavolo del marketing: la quarta P (Prodotto, Prezzo, Promozione e Paolo, ovvero il fattore umano e identitario che conduce alla distinzione di un’offerta). Davanti a me un allievo sembra particolarmente in sintonia con quanto dico. Si chiama Alessandro e lavora a Domodossola dove ha diversi locali. È rimasto colpito sia dal fattore umano sia dalla risposta alla domanda di uno di loro, su come fare una volta usciti da corso. E io gli rispondo che questo non è un corso a pagamento come tanti altri, ma l’ingresso in un luogo, dove non solo c’è un confronto coi maestri che ce l’hanno fatta, ma con i compagni stessi del corso. Ora, questo è un fattore non secondario che occorre prendere in seria considerazione, anche se non lo si era messo in conto. Quel ragazzo molto sveglio mi ha colpito tanto che a inizio anno lo andrò a trovare a Domodossola. Ma prima ancora lo incontrerò a Pizza Up fra pochi giorni, dove 100 pizzaioli contemporanei si la Circolare

ritroveranno per la loro convention annuale. E ribadirò il concetto relazionale che si può capitalizzare in questo luogo, ben conscio che l’applicazione si scontra poi con l’acutezza umana. Che non è da tutti. Muore Giorgio Grai Arriva una notizia ferale, di quelle che non avresti mai voluto ricevere: è morto Giorgio Grai. Aveva 89 anni, altoatesino ed enologo rigoroso. Lo conobbi a casa di Giacomo Bologna, perché faceva parte del giro di amici stravaganti che componevano quei consessi enoculinari di umanità varia. Lo ricordo come fosse ieri: lui seduto a fianco del conte Riccardi a godersi lo spettacolo di Giacomo durante la stagione dei tartufi. C’erano Luigi Veronelli, Francesco Arrigoni, Gianni Mura e poi l’immacabile Paolo Frola, medico e cantautore e in fondo al tavolo i seigiornisti di Rocchetta Palafea, che entravano in scena a fine cena, quando si cantava. Era il pranzo di Babette, che cementava una storia nel mondo del vino che avrebbe rivoluzionato tutto. Con Giorgio poi siamo rimasti in contatto e ci siamo incontrati svariate volte. L’ultima, la primavera scorsa al Muliner di Pozzolengo per una serata che lo chef Lorenzo Bernardini gli ha voluto dedicare. Quando sono arrivato, verso le 19, Giorgio era già nella sala da pranzo che chiacchierava con la sua ironia. Poi l’assaggio del suo brut, prima di passare in rassegna, a tavola, tutti i suoi vini compresi quelli che aveva iniziato a produrre in Francia. Vini superbi, rigorosi, perfetti e pieni di racconti. Lui era seduto di fronte a me, ma ogni tanto si alzava e girava tavolo per tavolo, a salutare e a chiacchierare. Durante la cena gli ricordai quella volta che il dottor Paolo Frola prese la chitarra fuori da un locale e invitò tutti a cantare con lui il Tergicristallo, un motivo gestuale che presupponeva di muovere a ritmo, con la mano, un tergicristallo sulle note di “Si no, si no, si no vengo da teee”. E siccome nessuno si portava dietro quell’arnese, tutti lo presero in prestito dalle auto posteggiate davanti al locale. A un tratto, forse attirato dalla musica folle di quel gruppo così strano (Maurizio Zanella lo ricorda bene), uscì il proprietario di un'auto che era priva del suo tergicristallo e inziò a inveire contro il gruppo. Al che Giorgio Grai si è avvicinato al signore e gli ha detto: “Ma scusi, che problema c’è: poi lo rimettiamo a posto, ma lei si rende conto che stiamo facendo il Tergicristallo e ci sta interrompendo?”.

Giorgio Grai e lo chef Lorenzo Bernardini al Muliner di Pozzolengo

Giorgio era così, aveva presente quando un istante valeva per la vita. E il Tergicristallo era uno di quelli. E non si risparmiava mai quando riceveva un invito e poi tornava a casa, nella sua Bolzano,

25

diario di viaggio


in auto, anche a notte fonda. Quando Giacomo fu ricoverato in ospe­ dale, nell’autunno del 1989 lui si prodigò al telefono a confrontarsi sul da farsi per la vendemmia in corso. E proprio quell’anno nacque l’Ai Suma, il super Bricco dell’Uccellone, le cui uve insieme avevamo raccolto il 19 ottobre, con una delegazione di vignaioli della Georgia. Quanta tenerezza destava questo uomo che aveva una conoscenza precisa e infinita; quanta simpatia dietro la sua scorza teutonica. Quella sera a Pozzolengo mi ritiai verso l’una di notte, decisamente obnubilato, mentre Giorgio restò alzato, come ai vecchi tempi, coi reduci di quella serata, fino alle 3 del mattino (o meglio alle meno venti). Ci siamo salutati verso le 10 del mattino. Per l’ultima volta. Ma sinceramente non posso immaginare la parola ultima, perché la sua umanità ci ha riempito fino all’orlo. E il suo vino (nel senso me­ taforico del termine, ma anche nel senso fisico) è ancora da bere per tanto tempo. 1° novembre Tutti i Santi con le gambe sotto il tavolo Una breve pausa per il week-end di Ognissanti, con la visita al cimitero del paese, Masio, dove incrocio Urbano Cairo, come ogni anno. Poi il pranzo con gli amici di Milano ad Azzano, in quel locale, Le Gambe Sotto il Tavolo, che si prodigherà per farci vivere un momento dedicato al tartufo. In sala, di fronte a noi, incontro il Milin, al secolo Michelino Rovero, con sua moglie, che in località San Marzanotto produce vini, ma anche grappa, e che fu tra i primi a realizzare un’azienda agrituristica in Piemonte. Il giorno dopo saremo invece a Collobiano, da Nicoletta e Gianni del Riso di Nori, che nel frattempo hanno ristrutturato un’altra parte della cascina, con una bella sala incontri, ma anche un museo della civiltà contadina pieno di significati, proprio come una vita vissuta che è stata trasmessa. Come si possono chiamare questi momenti? Sono quelli della pace, decisivi come il Tergicristallo di Giorgio Grai, che dicono quan­ to è importante ritrovarsi, quasi per ridire grazie d’esserci. Esatta­ mente come il canto che facevamo al termine di un pranzo a casa di Giacomo. In tre giorni ho fatto incontri inaspettati che mi hanno fatto vedere dei tratti della mia storia: la gente del mio paese, i miei cari; il Milin che andai a trovare con una pazzesca gita in bicicletta, la prima volta, con la mia fidanzata. E poi gli amici piemontesi, quelli con cui si è soliti condividere tutta la vita, con le cose belle e quelle meno piacevoli. Entrambe hanno bisogno di un momento di pace, che significa tornare coi piedi per terra e con lo sguardo verso altro da sé. Cena in una trattoria radiosa: il Balobino Dalla provincia di Vercelli a quella di Padova: 300 chilometri circa perché mi aspettano a cena in una trattoria radiosa della nostra guida, scovata da una mia collaboratrice molto brava. Si chiama il Balobino e sta a Sant’Urbano. Un ambiente antico, intimo, bello, proprio come le trattorie di un tempo ristrutturate con rispetto. C’è una teoria di sale, il caminetto acceso. Il pane è straordinario ed è fatto con la farina Petra. Al nostro tavolo quadrato siamo in dieci: Piero Gabrieli e Chiara Quaglia, insieme con Cristina Viggè, Carlo Passera e altri amici che il giorno dopo saranno a Pizza Up. Ci dovrò tornare in questa trattoria perché ho ritrovato il me­ desimo calore degli amici del Cjasal. E anche la selezione dei vini è pazzesca, persino il mio Grignolino della cascina Migliavacca. In la Circolare

ogni caso questa è la dimostrazione di come la scelta per la qualità porti a modificare la concezione stessa di un locale, il genius loci. E quanti esempi possono raccontare in questo senso al Molino Quaglia.

La sala de Il Balobino a Sant’Urbano

4 novembre Il professor Massimo Donà apre con l’empatia all’Università della Pizza Il tema del simposio di Pizza Up, quest’anno, sarà l’empatia e la lectio magistralis sarà del professor Massimo Donà, già autore della Filosofia del vino e di tante altre pubblicazioni. Una lezione complessa e semplice nel medesimo tempo, che ho cercato di raccogliere in un articolo che uscirà su Avvenire mercoledì. Ve lo ripropongo: La pizza migliore? È quella “empatica” Si chiama empatia quel sentimento che mette in relazione le persone, ma anche realtà terze che iniziano un cammino di costruzione. In questi giorni a Vighizzolo d'Este è in corso la convention dei pizzaioli contemporanei, ossia quelli che hanno iniziato un percorso nel 2012, sottoscrivendo un manifesto virtuoso in 12 punti per portare il piatto più celebre del nostro ricettario all'altezza dell'alta cucina italiana. E ogni anno si ritrovano a riflettere nella sede del Molino Quaglia, non solo su qualità e tecniche di impasti, ma anche su aspetti del cosiddetto fattore umano. Il titolo di quest'anno è stato appunto «Pizzeria empatica». Il professor Massimo Donà – filosofo, direttore di un master sul cibo e il vino all'Università Vita e Salute del San Raffaele di Milano – è stato invitato ad aprire i lavori con una relazione dove ha provato ad andare a fondo della parola empatia, che a suo avviso riguarda qualcosa di inclusivo e un'immedesimazione con l'altro. Ed ha preso spunto proprio dalla pizza gourmet, quella che vede il connubio di ingredienti di alta qualità (il cosiddetto topping) posti su una base di pasta fragrante realizzata con lievito madre e lunghi processi. Ebbene, la qualità di quella pasta esalta gli altri ingredienti e viceversa, e quindi simboleggia qualcosa che ha a che fare con una conseguenza dell'empatia: l'unità. «L'unità vera – ha riferito Donà ai giovani pizzaioli – non è quella che mortifica le differenze, ma le esalta. Esalta le differenze, unendole. Mentre il professore parlava, guardavo i volti degli 80 pizzaioli (che in verità sono dei cuochi) e percepivo, in quel silenzio teso a conoscere, che stavano vivendo un momento in cui veniva loro aperta la mente in un luogo empatico. Nel frattempo avevo appena chiuso i giornali dove la Coldiretti denunciava che la burocrazia mette in fuga 3 giovani su 4. E fa impressione pensare che 22mila giovani under 40 hanno presentato domanda per l'insediamento in agricoltura nel Sud Italia e il 78% di essi s'è visto respinto per ritardi e inefficienze delle Regioni, con il rischio concreto di restituire i denari

26

diario di viaggio


comunitari relativi ai Piani di sviluppo rurale. Sullo sfondo della sala convegni dove mi trovavo, intanto, campeggiava la definizione di Empatia di Theodor Lipps: «L'atteggiamento di chi riesce a instaurare una relazione armoniosa con gli altri, riuscendo a coglierne lo stato d'animo, entrando così in sintonia con i sentimenti e le emozioni altrui». Ora, questa frase dovrebbe essere messa negli uffici dove i burocrati, pagati, distruggono i sogni altrui solo per inefficienza e irresponsabilità. Perché l'empatia manca davvero in questo Paese: fra governanti e governati, fra controllori e controllati. Ma c'è bisogno di un cambio di mentalità... come i pizzaioli radunati in assemblea insegnano. (Avvenire 6 novembre) A Milano con Cuvage miglior aromatico del mondo Da Vighizzolo d’Este a Milano: questa sera a Londra c’è la proclamazione delle migliori bollicine del mondo e al vertice c’è un prodotto italiano: un Trentodoc di Ferrari. Ma tra le migliori bollicine aromatiche il palmares va all’azienda Cuvage, piemontese, che si afferma con un Asti. E proprio i vertici di Cuvage mi hanno voluto al ristorante Alchimia di Milano per guidare una degustazione davanti a un gruppo di giornalisti e per assistere in differita alla diretta della premiazione, con Stefano Ricagno in collegamento da Londra. Un bella soddisfazione per un vino, l’Asti, che continua a stu­ pire i consumatori di tutto il mondo. Quella sera, con i colleghi, lo assaggiamo con la percezione, che avverto diffusa, di provare qualcosa di prezioso cui non avevamo mai dato il peso che davvero meritava.

Una cena davvero importante che mi ha fatto capire tutto l’en­ tusiasmo dei miei amici di Torino quando sono venuti qui. Ho poi dormito nella quiete di questo hotel di Montagnana, lavorando un paio d’ore, prima di raggiungere Padova.

Selfie con la famiglia Moro

6 novembre Esce l’Almanacco della Pizza A Padova mi aspettano per pranzo, nella sede di Dieffe, scuola di formazione all’avanguardia, per decidere con gli organizzatori il menu della cena di Santa Lucia, che sarà servita a 1.000 persone il 9 dicembre. Ogni portata avrà tre piatti, e alla fine decidiamo per un menu di pesce, impegnativo ma soddisfacente, almeno nella nostra prova. Da qui eccomi di nuovo sulla strada per Vighizzolo d’Este, per intervenire alla sessione conclusiva, insieme ad altri miei colleghi, e per assistere alla presentazione dell’Almanacco del­ la Pizza, che è davvero un’opera molto bella, curata nei dettagli e scritta da Cristina Viggè, con i ritratti dei principali protagonisti della pizza contemporanea, che sono: Simone Padoan, Renato Bosco, Gennaro Battiloro, Marco Farabegoli, Daniele Donatelli, Massimo Giovannini, Massimiliano Prete, Lello Ravagnan, Giuseppe Rizzo, Giovanni Santarpia, Corrado Scaglione, Friedrich Schmuck e Massimo Travaglini. Quando viene nominato Simone Padoan parte un applauso infi­ nito con tutti i suoi colleghi in piedi. È davvero uno spettacolo vedere da vicino l’evoluzione di una storia, che poi è una storia di amicizia, di rapporti fra persone che hanno iniziato a stimarsi.

Un momento della degustazione con Cuvage al ristorante Alchimia di Milano con l'enologo Loris Gava

5 novembre Al Moro di Montagnana Si riparte per il Veneto, questa volta per una cena al Moro di Montagnana, corona radiosa della nostra guida, ma soprattutto locale emergente, che a Vinitaly quest’anno ha realizzato il miglior pranzo d’autore, grazie all’estro di Silvia Moro. E questa sera, oltre a riassaggiare il mitico piccione, anche il baccalà mantecato con polenta croccante; quindi un piatto pazzesco che si chiama uova & uova, il risotto ritorno alla terra, i passatelli con consommé di gallina, lo gnocco con patate e seppie. Un trionfo. Accompagnato da due vini che mi hanno colpito: la Malvasia “Diana” dell’azienda Le Carezze (ma anche il Pinot grigio merita) e il notevole Chardonnay “La Specola” 2018 prodotto da Monte Brècale a Cinto Euganeo e suggerito dall’ottimo Aldo Moro. la Circolare

27

I pizzaioli alla presentazione dell’Almanacco della Pizza

diario di viaggio


7 novembre Ospiti a Porta a Porta Ieri sera sono rientrato ad Alessandria, ma durante il viaggio mi è arrivata la telefonata dalla redazione di Porta a Porta che mi vuole in trasmissione il giorno dopo per la consueta puntata sulle guide. E a questo punto mi organizzo, con Marco Gatti, dando appuntamento alla giornalista il giorno dopo al Gallia di Milano. Nel frattempo raggiungo Alessandria, vado a cena con i miei a Mombaruzzo, nella bella cornice di Villa Prato, che si merita tutto il giudizio pieno della nostra guida; la mattina dopo riparto per Milano. Alle 12 siamo a tavola con Nadia Alese, la giornalista assistente di Bruno Vespa che ci fa un’intervista, decisamente frizzante. Alle 14 risale in treno dove monterà il servizio che andrà in onda la sera stessa. Miracolo della tecnologia. In tarda serata, dopo un reportage con il premier Conte, va in onda la mezz’ora, che vede in studio i responsabili delle altre guide (esclusa la Michelin) oltre a Luciano Ferraro del Corsera in collegamento da Milano. La puntata che Vespa ha deciso di fare all’ultimo sull’onda degli articoli che commentano i risultati della stella Michelin appena presentata, risente della penalizzazione di Vissani (ha perso una stella e non le ha mandate a dire) e del premio a Enrico Bartolini neo tristellato, che appare anche lui in collegamento, molto educato e pacato, nonostante le critiche unanimi alla Michelin e il non allineamento della guida dell’Espresso. Tutti contro la Michelin. Vabbè, ma che novità è mai questa? Piuttosto nessuno dice niente, che so, della guida di Repubblica che è un catalogo di locali presentati in modo acritico. E quando viene chiesto al curatore la rosa dei suoi migliori, ne cita tre di Roma su 5, e pure opinabili. D’accordo che è tutto un gioco, ma un po’ di stile, e di preparazione non guasterebbero, no? Avrà un giorno la Michelin il coraggio di premiare una pizzeria? Ovvero un simbolo della cucina italiana? Quando accadrà sarà come sempre tardi, ma farà notizia. Nel frattempo assistiamo al ridimensionamento della nostra cucina, con la seconda stella tolta al Sorriso di Soriso. Tuttavia ci fa piacere notare che il nostro miglior ristorante (assoluto) della scorsa edizione, la Madernassa di Guarene di Michelangelo Mammoliti ha ottenuto la seconda stella e che Condivedere di Torino, nostra miglior sosta a Torino di quest’anno, ha ricevuto la stella. “Ma voi chi siete?” ci ha chiesto la giornalista: “Noi siamo l’anti Michelin, perché siamo per un riconosicmento diffuso della cucina italiana, avendo scelto di met­ tere sullo stesso piano la trattoria come il ristorante gourmet. Ognuno nel proprio ambito può ambire al massimo riconoscimento”.

9 novembre Ad Alba la firma del protocollo fra tre regioni e a Biella con Fuoriluogo e Papillon Oggi è un giorno speciale perché a causa della mia agenda rubata, mi sono trovato in una situazione di incompatibilità. Avrei dovuto essere ad Alba e a Biella nello stesso orario. Al che io e Marco Gatti ci siamo sdoppiati: io ad Alba a presiedere la firma di un protocollo di intesa fra tre regioni (Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta) e a lanciare il claim di Tartufo & Fontina e Marco a Biella a condurre un’intervista pubblica a Roberto Conterno, neo patron dell’azienda Nervi, nell’ambito di “Biella distretto del gusto? Uno sguardo al Biellese che cambia, contributo di opinioni su ambiente enogastronomia e turismo per il futuro del territorio”. L’iniziativa è stata voluta dall’associazione Fuoriluogo e dal Club Papillon di Biella. E qui Marco mi ha riferito degli interventi di Barbara Varese de La Bürsch, Silvia Bettinetti di DonnaLia, Mauela Zegna de La Crava Cuntenta, Michele Silverman de La Soleggiata, Enrico Covolo col suo zafferano che produce a Coggiola e Armona Pistoletto di Cittadellarte, che hanno raccontato le loro storie, unite da un filo rosso: l’aver lasciato attività di successo in grandi città per dedicarsi a creare qualcosa nel Biellese, come segno di una volontà di restituzione. L’intervista con Roberto Conterno è stata ritmata dal suo affermare più volte, e con crescente convinzione, “Ci credo”, una sorta di ritornello con cui il grande produttore piemontese ha voluto con forza sottolineare che a suo avviso il futuro per queste terre del Piemonte può essere positivo come quello che hanno

Paolo Massobrio e Marco Gatti intervistati da Nadia Alese per Porta a Porta

la Circolare

Ad Alba, per la firma del protocollo d’Intesa tra Piemonte, Liguria e Valle d’Aosta

Foto di gruppo al termine della cena al Circolo Sociale di Biella

28

diario di viaggio


avuto le Langhe, visto che anche qui il vitigno principe è il nebbiolo, e il ritorno alla terra di tanti rappresenta una scommessa e una speranza per l’intero territorio. Alle 20 ci ritroviamo tutti al Circolo Sociale di Biella, con il nostro Delegato Arnaldo Cartotto, che di fatto ha curato questa rete di persone che vogliono dare e dire qualcosa di significativo per il proprio territorio. Sarà una cena molto partecipata, dove ognuno ha messo in mo­ stra i propri desideri. Ospiti della CNA di Biella, abbiamo ragionato su come proseguire. E mentre parlavamo, assaggiando i vini di Don­ naLia, la cantina di cui aveva parlato al convegno la titolare, Silvia Bettinetti, ho percepito meglio il ruolo che può avere un Club di Papillon locale. Quello di favorire una regia, raccogliendo e raccon­ tando le energie che continuamente si esprimono su un territorio. Un esempio virtuoso e intelligente, che Arnaldo riesce anche a raccontare nella sua rubrica sul settimanale Il Biellese, chiudendo il cerchio di quella che è un’azione pubblica del nostro Club. 10 novembre Una domenica con Gemma Calabresi Domenica di festa alla Cascina Bullona di Magenta, con un incontro di 80 persone con Gemma Calabresi, moglie del commissario Calabresi e mamma di Mario, già direttore della Stampa e di Repubblica. A me il ruolo di conduttore di questo dialogo, che ripercorre la sua vita, da quando poco più che ventenne con due figli e un terzo in arrivo dovette fare i conti con una tragedia, fino all’oggi, dove la vita ti mette sempre alla prova, per verificare fino in fondo se il perdono è una strada davvero percorribile. Sullo sfondo dell’incontro anche il bel libro di Mario Calabresi, La mat­ tina dopo che si conclude con il dialogo a Parigi con l’architetto di quel delitto, Giorgio Pietrostefani. L’incontro è stato commovente, e di ciò che ha raccontato mi ha colpito un aspetto, che sembra secondario, ovvero che quando Gemma ha appreso la notizia dell’omicidio di suo marito, anche lei ha vissuto la sua mattina dopo, che non immaginava. Una forza di reazione, che non è di questo mondo. E c’era la vita che incalzava sulla morte. Ed era quella dei suoi bimbi piccoli. Questa credo sia l’opera più grande che Gemma ha compiuto: crescere i suoi figli contro la cultura dell’odio e della vendetta. Come i grandi santi italiani, come santa Rita, mi viene in mente, che visse un dramma simile, ma non si piegò alla vendetta, fino a desiderare che il buon Dio prendesse con sé i suoi figli, che secondo la legge del tempo avrebbero dovuto macchiarsi a loro volta di altro sangue. Ora, io penso che affermare una cosa del ge­ nere nel mondo di oggi è una salvezza. E di questo tutti le siamo grati.

11 novembre A cena dai Marenco A cena dai Marenco Strevi, una delle famiglie del vino che ha scritto la storia della vitivinicoltura alessandrina. Quella sera siamo stati insieme assaggiando i loro prodotti eccellenti, che ora vengono portati avanti da una nuova generazione. E mi ha colpito assaggiare un loro bianco, da uve carica l’asino, che in loco venivano chiamate barbera bianca, per via dell’acidità spiccata e della conformità dei grappoli. Il vino si chiama Carioloso, ed è una chicca, che merita una riscoperta. Quanta dedizione ha avuto questa famiglia per il vino. Ricordo il padre delle tre sorelle Marenco, quando venne con noi, nel 2006 alla Crociera del Gusto in Sicilia. E lo ricordo felice, perfettamente a suo agio, benché fosse solo, in quella compagnia di amici che ave­ vamo messo insieme. Stasera ho avvertito nuove energie, attraverso la fattura di questi vini così saporosi del nostro territorio. Brachetto 2019 in testa. 12 novembre Muore Paolo Vai Su ne va anche un altro pezzo della ristorazione italiana: Paolo Vai, mitico chef valdostano, che salì agli onori delle cronache per l’epopea del Cavallino Bianco. Da allora l’ho sempre seguito nelle sue avventure e aperture: con il fratello, con la figlia. Ci ha dato tanti momenti di felicità. A Palazzo Mezzanotte le 400 copertine di Bell’Italia Tardo pomeriggio a Palazzo Mezzanotte per festeggiare le 400 copertine della rivista Bell’Italia, con la direttrice Emanuela Rosa Clot e l’editore Urbano Cairo. In prima fila anche uno scoppiettante Vittorio Sgarbi, che è fra i collaboratori della rivista. Come il sottoscritto, che viene citato da Urbano con una serie di aneddoti di vita masiese della nostra infanzia. Al termine, la visita alla mostra con le copertine della rivista e il buffet beneaugurante dove Urbano mi anticipa che, quest’anno, il giro d’Italia passerà per Abazia di Masio. Be' questa notizia a qualcuno dirà poco o niente, ma per noi che abbiamo passato i nostri anni nel mito di Caviglia, il ciclista locale che otteneva i suoi buoni risultati, sapere che un evento di tale portata farà tappa qui è come un sogno. Detto questo, devo dire che Bell’Italia è oggettivamente una gran bella rivista che si avvale di un ottimo direttore. Tuttavia c’è voluta tutta la determinazione di Urbano e la sua inclinazione verso la bellezza a farla fiorire. Proprio come dice il detto popolare: “Chi la dura la vince!” Nel frattempo si continua a parlare dell’uscita delle guide e in particolare della guida Michelin. Ora, nonostante il mio essere parte in causa, con Marco Gatti ho provato a dire la mia, su Av­ venire.

Alla Cascina Bullona, l’incontro con Gemma Calabresi e don Carlo Casati

la Circolare

L’italico genio di trasformare gli scarti La settimana appena passata ha chiuso la cosiddetta stagione delle guide gastronomiche, che ancora porta il suo strascico di polemiche, con una notizia certa (non so quanto anche voluta): Vissani ha perso la seconda stella. La Guida Michelin, con la solita parsimonia, ha detto la sua, dopo l'uscita delle principali guide italiane (Espresso e Gambero Rosso), che tuttavia hanno il vizio di voler indicare "il migliore" scelto nella solita rosa di nomi che poi sono

29

diario di viaggio


spesso i medesimi della Michelin. E allora perché tanta acrimonia quando si vuol far coincidere la massima espressione della nostra cucina solo con le cosiddette cucine gourmet? Detto questo, è doveroso dichiarare che si è parte in causa, firmando con il collega Marco Gatti un'altra guida ai ristoranti nazionali (ilGolosario Ristoranti) dove il criterio è invece quello di mettere sul medesimo piano le varie espressioni della cucina italiana: la trattoria e il ristorante gourmet, la pizzeria e l'azienda agrituristica. Tutti nel proprio ambito possono ambire ad avere il massimo riconoscimento, che per noi è la corona radiosa. Un tempo anche la Guida Michelin aveva questo coraggio, tant'è che tutti ricordano la stella che ottenne una posteria della bassa parmense: Peppino Cantarelli a Samboseto di Busseto. E fu un riconoscimento alla cucina italiana che si apriva al mondo, concetto alquanto pericoloso per una guida di matrice francese che ha il complesso della grandeur e forse non concepisce che l'Italia in qualche modo, sulla cucina o sui vini, possa primeggiare. Premesso ciò, noi la corona la diamo al Trippa di Milano, che è un locale semplice in zona Porta Romana, dove Diego Rossi ha creato un fenomeno cucinando il cosiddetto quinto quarto. Nei giorni scorsi, insieme a Barbara Giglioli, Diego è uscito con un bellissimo libro «Finché c'è Trippa…» (Guido Tommasi editore) che vale molto di più di una qualsiasi guida. Anzi è una guida, giacché questo libro di belle fotografie divide le ricette per animali: dal maiale all'oca, fino al pesce e alla cucina dei suoi scarti. È un libro che fa venir voglia di mangiare, così come i piatti della sua cucina che traggono origine dalla storia di povertà della gente del Veneto. E questa è proprio l'essenza della cucina italiana, che sta nel genio di cucinare gli scarti rendendoli qualcosa di superbo: un paté, un ragù, una tartare, uno stracotto, una terrina. L'anima del nostro ricettario sta qui, in questo ingegno indomito che resta il vero patrimonio gastronomico dell'Italia. Non pretendiamo che le istituzioni se ne accorgano, ma neanche che si abbia un atteggiamento acritico per cui vale solo ciò che è stellato; termine entrato nel lessico corrente, come se tutto il resto – trattorie comprese – fossero scarti. E io dico, per questione di dignità: pensiamole almeno come dei quinti quarti. (Avvenire 13 novembre) 13 novembre Disastro a Venezia, ma anche a Chioggia e a Pellestrina L’autunno delle grandi piogge non dà tregua e dai bollettini del telegiornale si evince un’immagine di Venezia mai vista. Ma il dramma più incisivo sarà a Chioggia e a Pellestrina, l’isola che avevo visitato questa estate, passeggiando sull’argine che gli abitanti mi avevano riferito essere sicuro. E invece la forza d’urto dell’acqua ha superato gli argini mettendo questa lingua di terra sott’acqua. Chiamo subito Viviana, la mamma di Genny e Lorenzo Busetto, che mi racconta il dramma che hanno vissuto. Si è salvato il ristorante Celeste, dove questa estate avevamo mangiato le mitiche cozze Mitilla del figlio Lorenzo. E si è salvata anche la mostra del tombolo. Ma per alcuni è stato un vero disastro. Ne scriverò su Avvenire nella mia riflessione settimanale, mentre per più giorni i giornali attizzeranno il tormentone dedicato al Mose. L’unico commento che mi vien da fare ora, che – passati quasi due mesi – l’acqua continua a far paura, in quelle terre come in Liguria è una frase di Prezzolini: “In Italia niente è stabile fuorché il provvisorio”. la Circolare

14 novembre Riunione a Verona e poi a Milano per la cassoeula di Peppino Stamane riunione a Verona, dove con Sara Benedetti si entra nel vivo del progetto del prossimo Vinitaly and the City. Poi di corsa a Milano perché a casa di Peppino e Daniela si celebra il rito della cassoeula. Irrinunciabile con una buona bottiglia di Barbacarlo. E finalmente il giorno dopo c’è una giornata intera di pace a Milano. Avete presente quando scendi a fare colazione al bar, fai quattro passi senza fretta, accendi computer nel silenzio più assoluto, leggi i giornali, fai qualche telefonata, ti avvicini al pranzo, riposi. Magari accendi anche la televisione. Insomma le cose normali che per me sono quasi eccezionali. Andrò a letto molto presto questa sera: domattina alle 8 c’è l’aereo per Bari, destinazione Pisticci. 15 novembre A Pisticci col mondo di TH Resort a parlare di Food Experience A Pisticci, nel maestoso villaggio Th di Marina di Pisticci mi hanno invitato gli amici della Th Resort che qui svolgono la loro convention annuale, con 200 dipendenti, fra manager di sede e direttori. È un momento di formazione e anche di confronto e al sottoscritto, il presidente Graziano Debellini ha chiesto un intervento dedicato al food come esperienza. Con me anche Maurizio Di Fonzo di Cassa Depositi e Prestiti; Mathieu Rinville della Moncler, che porta una bellissima case history dedicata alla fidelizzazione, e il presidente di Enit Giorgio Palmucci. Faccio dunque il mio intervento, girando intorno alla figura dell’oste, che è una figura molto speciale, italiana. E lo faccio per spiegare dove sta l’elemento di distinzione nel tema del servizio. Al termine l’ad di Th Resort Gaetano Casertano mi fa i complimenti per gli esempi calzanti che ho portato. Ecco un passaggio della mia relazione: “Il mio osservatorio copre 33 anni di attività dove in realtà ho assistito a diverse rivoluzioni nel campo del food che sembravano inimmaginabili. Ora viviamo nell’epoca della distinzione su tutto, dove nulla è più una commodity. Se ci fate caso, l’artigianato alimentare ha trascinato l’industria verso questo processo di distinzione. È successo nel vino, nella birra, nei cioccolato, nei grani insomma su tutto. Tuttavia questo tempo è anche quello di una tempesta perfetta dal punto di vista del cambiamento che è fatta di tre ingredienti principali. I consumatori sono necessariamente più informati perché tutto, nel mondo dei media, parla di cibo, tato che un fenomeno come il turismo enogastronomico è in crescita continua con cifre che vanno sul 6% annuo. I consumatori hanno poi una generalizzata contezza dei cibi che fanno bene alla salute. E li richiedono, secondo un sentire a livello mondiale per cui è acclarato che lo zenzero faccia bene, ma anche il mango, l’avocado, la papaya, i piccoli frutti. Sono più attenti alla variabilità degli ingredienti nell’economia del loro menu settimanale fatto di almeno 14 pasti e le proteine sembrano avere maggiore attenzione e richiesta rispetto ai carboidrati. Il terzo fattore è l’aumento dei consumi fuori casa, si fa per dire, visto che in questa categoria rientra anche il fenomeno del delivery. Cosa succede dunque? Le nuove generazioni hanno meno capacità di spesa, e quando decidono di mettere su casa non è la cucina il primo pensiero. Della cucina, degli spazi ampi per l’accoglienza, come la sala, si può fare a meno, come accade in tante altre parti del mondo. Il momento del consumo del cibo viene spostato altrove. Detto questo appare evidente come sia radicalmente cambiata la società italiana che era basata sul posto a tavola e sull’appuntamento stanziale del pasto,

30

diario di viaggio


almeno quello serale. Oggi manca il tempo per cucinare, apparecchiare, accogliere, ma manca anche il tempo per fare la spesa. Ebbene è qui che si inserisce l’offerta ristorativa e albeghiera dove diventa necessario rispondere a ciò che non c’è più. Per questo la scelta di un luogo dove necessariamente ci si troverà a mangiare è strategico: lì posso fare esperienza di ciò che da solo non sono più in grado di realizzare. Una tovaglia apparecchiata, un servizio che ha dentro un racconto perché voglio sapere ciò che mangio, un’aria di casa che in qualche modo sia capace di fidelizzarmi. Tuttavia a questa esigenza, guardando cosa accade in una grande città come Milano sembra che abbiano risposto gli architetti e i designer: luoghi bellissimi, luci fascinose, angoli galeotti e un ambiente che socializza. Tutto perfetto? Direi di no, perché il personale che abita questi luoghi, molto spesso è incapace di empatia. Il luogo è perfetto, ma tutto è concepito come una perfetta catena di montaggio con l’atto finale del conto, senza il sorriso, perché il personale è stanco dopo tante ore di lavoro. La food experience non c’è, non può esserci se manca quella figura italiana che è l’oste. L’oste non è un gestire di locali di serie B e nemmeno un passapiatti. L’oste è innanzitutto uno psicologo, uno che capisce perfettamente perché quella persona, quella coppia è entrata nel mio locale. Cosa desidera? Lo capisci dagli sguardi, dagli atteggiamenti, dalla domande che ti fa. È li per una cena di lavoro? È lì per flirtrare ? È li per dimostrare agli amici che ne sa di vino e di cibo ? Lui è a casa sua e ogni suo desiderio va assecondato. Per questo l’oste non farà mai l’errore di ammorbare e interrompere una conversazione che magari sta entrando nel vivo per spiegare un piatto che era già descritto nel menu e che avevo scelto appositamente per quegli ingredienti. Questo sta diventando un fastidioso orpello mutuato da qualche manuale di scuola alberghiera che non è più attuale. Perché c’è il momento del racconto, ma anche quello del distacco. Se si applica meccanicamente una regola, si abidica all’uso del cuore. Non si è osti, si è degli impiegati della ristorazione. Il cibo ed il vino, se sono eccellenti fanno di per se stessi dei racconti. E allora il maggior complimento è quando uno chiede, stupito di quella qualità. Il food non diventa esperienza se viene tolto il fattore umano, il rapporto. Oggi capita di andare in tanti locali che ti portano il pane fatto in cucina. Bello, fragrante, ma quando chiedi con quale grano è stato fatto, di quale mulino. Oppure chiedi di chi è quel riso o quella pasta, chi serve va in palla, deve chiedere. Ma deve chiedere cosa? Oggi ci sono dei mulini, dei pastifici, delle riserie che sono dei miti. Leggete il Golosario, imparatelo a memoria.” 18 novembre Si chiude la guida ai vini dedicata agli assaggi memorabili Oggi finalmente si chiude la corposa guida dedicata ai nostri assaggi memorabili. Un lavoro certosino realizzato dal sottoscritto e da Marco Gatti con l’aiuto di tutta la redazione per ricostruire un anno di scoperte, ma anche per raccontare dettagliatamente i vini Top Hundred del 2019. E, come sempre, qualcosa resta fuori dal novero di assaggi, perché le scoperte non finiscono mai. Ma c’è un segreto: seguiteci sempre su I Vini del Golosario, la nostra pagina Facebook con le degustazioni raccontate in tempo reale. 20 novembre A cena coi sindaci del Monferrato È iniziato anche l’iter per organizzare la prossima edizione di Golosaria fra i castelli del Monferrato. Le date sono già annunciate: 28 e 29 marzo 2020. Stasera, invitato dal sindaco di Vignale la Circolare

Monferrato, che è anche presidente del Lions Club, si terrà un incontro dedicato proprio a Golosaria con la presenza di alcuni sindaci dei paesi intorno. E a sorpresa interviene anche Roberto Bettega che parla di qualcosa che lui conosce molto bene: il gioco di squadra. “Una vittoria non è mai il risultato di un singolo, ma di una squadra”. È proprio questo il senso di Golosaria: la capacità di aver messo in rete le persone, i paesi, i punti di forza che li animano. La prossima edizione segnerà il numero 14. Una storia di bellezza, di diverti­ mento, di passeggiate e di assaggi per riscoprire quello che ci hanno lasciato i padri. Il libro di Motoko In questi giorni ho anche ricevuto la copia stampata del libro di Motoko, che già avevo letto in anteprima, per prepararmi alla presentazione che abbiamo fatto a Golosaria. Da qui ho preso spunto per commentare, su Avvenire, la faccenda dell’alluvione a Venezia, a Chioggia e a Pellestrina. Eccola: La copertina del libro di Motoko Iwasaki

Il Giappone ci insegna a gestire la natura «È forte chi sa vivere anche senza tecnologia, con la natura con cui non si può barare». È l'incipit di un bel libro scritto da Motoko Iwasaki, giapponese adottata in Italia, esattamente a Sordevolo, poco prima del santuario di Oropa in Piemonte, dove ha scoperto tante similitudini con la sua terra, che qui racconta con piacevole disinvoltura. Compresa la conversione al cristianesimo che è stato nutrimento al suo cuore, giacché il titolo del libro è proprio "Un cuore da nutrire" (AliRibelli edizioni). A Motoko mi lega un affetto particolare, essendomi stata guida nei viaggi in Giappone, a scoprire la cultura di quella terra attraverso i dettagli del cibo e delle coltivazioni agricole. Una terra dove gli abitanti molto spesso hanno dovuto fare i conti col limite della natura, come sta accadendo a noi in questi giorni, ma che hanno sempre mantenuto un atteggiamento composto. Una faccenda come il Mose, tanto per capirci, in Giappone (anche senza usare la parola "probabilmente") non sarebbe mai accaduta. Perché è improbabile che qualcosa che viene creato a difesa di un bene collettivo in Giappone subisca ritardi. Del resto non accade neanche con la metropolitana dove, quando viene maturato un minuto di ritardo, ti chiedono scusa dall'altoparlante. Qui invece chi chiede scusa? Mai sentita questa parola, di fronte al rimpallo di responsabilità dei giorni passati. Prima di mettermi a scrivere ho chiamato Viviana, l'amica che quest'estate m'ha servito le seppie appena pescate nella sua casa di Pellestrina. E subito m'ha detto: «Non posso lamentarmi», anche se l'acqua è arrivata a devastare la parte sotto della sua casa, con la salsedine che distrugge le porte e squarcia i mobili. Lei nel '66, quando ci fu la prima alluvione, era bambina, e ricorda l'arrivo dell'acqua come un crescendo; questa volta, invece, è stato tutto all'improvviso. «A parole è difficile spiegare cosa è successo – mi dice –, in pochi secondi ti vedi passare davanti la vita. Però subito dopo pensi ai figli, agli amici, a

31

diario di viaggio


quello che hai e ricomincia la vita». La barca del figlio Lorenzo che alleva le cozze di Pellestrina s'è salvata, e anche il ristorante Celeste che le cucina aveva messo alcune barriere limitando i danni. Siamo condannati alla fragilità per sempre? Se facessi questa domanda a Motoko lei mi direbbe che al contrario siamo destinati a conoscere di più. Quindi a prevenire, a prendere iniziative, a prepararsi alle eventualità. Questo toccherà alla gente di Venezia, di Pellestrina, ma anche di Matera, di Firenze, di Pisa, di Alessandria, insomma di quel 90% di territorio che è considerato fragile. Ma mentre dovremo metterci in linea con questo modo di pensare, lo Stato cosa farà? Sarà sempre lì ad attendere le emergenze? Oppure scoprirà che occorre pianificare un modo nuovo di abitare il nostro Paese? (Avvenire 20 novembre) 21 novembre Con Camera di Commercio e Ipc Falcone di Gallarate Giornata con il mondo della Finanza, che si ritrova nella sede della Camera di Commercio di Milano per una sessione dedicata alla “finanza alternativa”. Oltre 200 persone che sono state invitate ad assaggiare Golosaria, in qualche modo, con i vini che più ci hanno colpito: il Lambrusco etichetta blu della Cantina sociale di Quistello, il brut Nature di Manuelina, il Valtellina superiore di Scerscé, l’Incrocio Manzoni della Bergamasca dell’azienda Villa Domizia. E poi i finger food lombardi preparati dai bravissimi ragazzi dell'Ipc Falcone di Gallarate. Mi chiamano sul palco a presentare la filosofia di questo pranzo distintivo e durante gli assaggi scopro una cosa nuova: la gente domanda, si informa, dice la sua. Insomma prende atto che anche il momento del pranzo fa parte della comunicazione globale. E Golosaria continua.

Mi hanno colpito la ricchezza di domande, ma anche ricevere delle mail nei giorni a seguire dove gli studenti mi chiedevano altri aspetti. Uno su tutti:“Come si fa a emergere?”. Già come si fa? Biso­ gna crederci. E non è un modo per dire, ma il primo aspetto che biso­ gna mettere in gioco è che siamo, ciascuno di noi è, qualcosa di unico che può essere utile al mondo. Il come lo si capirà, ma intanto non bisogna mai demordere rispetto a una passione e a un’inclinazione. Perché quella è la chiave per mostrare la propria unicità. E quando dico questo, lo faccio pensando a quanto anch’io, oggi che vivo una situazione strutturata, ho bisogno della freschezza di linguaggio dei giovani, di qualcosa di diverso e unico da quello che posso dare io.

Il patron della trattoria dell’Alba di Piadena

23 novembre A Nus la degustazione delle 10 migliori Fontine d’alpeggio Piove sul Nord Italia e subito uno pensa: “Ci risiamo?”. Stamane devo essere a Nus, in bassa Valle d’Aosta, per presiedere la commissione di assaggio delle 10 migliori Fontine di alpeggio, preselezionate dai funzionari esperti dell’Assessorato regionale all’Agricoltura. Con me anche i colleghi Andrea Cuomo e Roberto Perrone e la nutrizionista Sara Cordara. Accanto al presidente del Consorzio Fontina c’è anche il presidente del Consorzio del Gorgonzola e quello del Grana Padano insieme al presidente di un Consorzio di formaggi della vicina Francia. Ognuno dà i propri voti alle dieci Fontine e poi consegna la scheda. Alla fine una breve chiacchierata dove si raccolgono i pareri a caldo, tutti positivi perché l’annata è stata particolarmente interessante e generosa. E mi vien da fare il paragone con le annate dei vini. L’agriturismo che ci ospita, segnalato sulla nostra guida, è la Maison Rosset, dove cucinano ancora i piatti antichi,

Un momento dell’incontro dedicato alla finanza alternativa

22 novembre Docenza al Master di Brescia E ieri sera, dopo una cena ristoratrice nella trattoria più vicina alla nostra filosofia, l’Alba di Piadena, eccomi a Brescia, per la mia prima lezione agli allievi che si sono iscritti al Master dell’Università Cattolica in Sviluppo del territorio e marketing del vino. A me toccherà affrontare il tema in quattro lezioni dove cercherò di sviscerare tutti gli aspetti che riguardano l’approccio di un’azienda o di un comunicatore per aziende, con questo mondo spesso ostico e sconosciuto: la comunicazione. La mia prima lezione riguarderà la panoramica di 30 anni, ossia come si è evoluto il gusto, quali passaggi ci sono stati, quali elementi di forza hanno permesso un cambiamento, in tutti i settori. la Circolare

32

La commissione di assaggio delle Fontine riunita a Nus

diario di viaggio


succulenti e buoni di questa bassa valle: dalle tartine al pane nero con burro, miele e lardo della Valle alle tomette fresche della casa, fino alla polenta cotta sul fuoco a legna con la carne al ginepro. Ho solo assaggiato con parsimonia, non solo per il viaggio che mi aspetta, ma soprattutto per l’invito questa sera a casa di Marzia Riccardi a Priocca d’Alba: il rito della bagna caoda. Un momento che è nella storia di ogni piemontese, dove ci si accomoda intorno a un tavolo e si intingono nel fojot le ultime verdure dell’orto. E fra i com­ mensali amici, ci si racconta storie, come quelle di Martino, al secolo Franco Maria Martinetti, che decanta la Barbera secondo Costa e il Carducci. Con noi anche Pio Cesare e sua moglie, Vinello al secolo Roberto Formica e la “giuliana” Gaia Furlan. Che bello dico io, avere degli amici che ti invitano alla bagna caoda. 24 novembre Dai Vignaioli Indipendenti radunati a Piacenza Si rientra a casa la domenica mattina, ma è già ora di partire per Piacenza. Nella fiera cittadina sono radunati i produttori della FiVi, i vignaioli indipendenti, che danno in assaggio e vendono i loro vini. Arrivo dunque nel primo pomeriggio e come di consueto visito la fiera intera, produttore dopo produttore. Alcuni che conosco li saluto, di altri che mi incuriosiscono assaggio i loro vini, altri ancora li contatterò in seguito per un assaggio più meditato. Tuttavia mi colpiscono due cose. La prima è la vitalità di questa fiera e la buona partecipazione, tanto che alcuni vendono direttamente le loro preziose bottiglie. Il secondo aspetto sono gli stand maggiormente frequentati che sono da una parte il frutto della notorietà, ma dall’altro di un’intensa attività sui social. E non a caso una cantina del Tortonese che ha puntato tutto su quello è strapiena di visitatori. E questa è la conferma che in qualunque fiera uno vada deve arrivarci preparato. Non è la fiera il punto di partenza, ma una tappa che fa parte della legge della comunicazione. C’è ancora molto da fare. Ma si può fare. 25 novembre La cena del bollito a casa Dogliotti Primo giorno a Verona di Wine2Wine, il workshop dedicato al mondo del vino, dove si tengono convegni e seminari sui temi più svariati. Quindi la presentazione delle cantine selezionate da Wine Spectator per quella che viene conosciuta come Opera Wine, preview di ogni Vinitaly con le cantine che, secondo la rivista ameri-

Romano Dogliotti e la famiglia de La Caudrina

la Circolare

cana, sarebbero rappresentative del nostro Paese (strano, tuttavia, che non emerga mai, ma proprio mai, qualcuno dei piccoli e bravi produttori che magari stanno facendo fortuna proprio negli States). Fra i tanti convegni, seguo la relazione di Gaia Gaja, la primogenita della famiglia che in un perfetto americano racconta la storia della propria famiglia. Con solarità e determinazione. Devo dire che Gaia mi ha commosso e mi ha spiazzato. Bisogna guardare proprio le giovani generazioni per capire come si evolve quel valore straordinario che è la nostra tradizione. Su Avvenire la mia riflessione sui paesi. La civiltà contadina inventa vie per resistere C'è voglia di normalità dopo le giornate di pioggia che hanno messo in ginocchio regioni come Liguria e Piemonte, coi ponti crollati e le strade interrotte che ancora stanno isolando frazioni, paesi e attività economiche. Fausto da Ponzone, cuoco sopraffino che ha creato un gioiello in un paese dell'Appennino, non ha una strada agibile per uscire, mentre la tangenziale che mi porta a casa, ad Alessandria, sembra bombardata tante sono le buche lungo il percorso. Ma la Provincia non ha le risorse per sistemarle, si legge oggi sui giornali. E quindi chi risponde di quell'irragionevole iniziativa di abolire-non abolire le amministrazioni provinciali che oggi hanno le casse vuote? Mi pare che siano sempre al governo i responsabili di questa scelta a metà, che in nome di un finto risparmio sta portando a una generalizzata inefficienza. In Liguria negli anni Sessanta, in moltissime località, non c'era il riscaldamento e le piogge erano rare. Oggi bastano tre giorni di precipitazioni e un'intera regione resta isolata. Ma sembra che nei lustri precedenti, nessuno si sia accorto di un cambiamento che chiede programmazioni e iniziative. E se questo è il periodo delle piogge, per tanti è anche quello del tartufo, che sta beneficiando di una buona annata. Il bilancio della Fiera nazionale del tartufo di Alba è positivo, con un picco di presenze straniere che fa parlare di record. Trovare posto in un ristorante è arduo, ancor più ora che nello spazio fra la fine della Fiera e il Natale, il prezzo del prezioso fungo ipogeo tende a scendere, per risalire poi sotto le feste. In Valle d'Aosta si valutano le migliori Fontine prodotte in alpeggio, che saranno abbinate al tartufo, il 7 dicembre nel forte di Bard, dove verranno proclamate le 10 migliori Fontine premiate col Modon d'Or. Poi quelle 300 forme dei migliori produttori si potranno acquistare a pezzi, nei negozi della Vallée, mentre questa domenica, sempre nel forte di Bard, si celebrano i "vini estremi" (ovvero nati dalle vigne coltivate in zone "difficili"). Il calendario delle stagioni porta tantissime novità, che sono anche attrattiva turistica legata spesso all'attività agricola, all'enogastronomia. Ma la variabile del tempo frena quella che è una sorta di celebrazione della stagionalità. Eppure ci sono continui stimoli che ci riportano al valore della terra; come l'ultimo libro di Pierre Jourde, il "Paese perduto" che parlando del degrado della civiltà contadina si stupisce ancora dell'alternarsi delle stagioni e dei momenti conviviali che danno linfa alle comunità. Il mondo contadino che sembrava minacciato dalla modernità e dall'appiattimento dei consumi, in realtà – come indicano le iniziative qui menzionate – ha trovato una propria strada. Ma se questi percorsi poi sono pieni di buche che nessuno ripara nei tempi richiesti, il rischio è la paralisi... E ogni pioggia diventa un interrogativo urgente su quale Paese si voglia salvare. (Avvenire 27 novembre)

33

diario di viaggio


28 novembre Partenza per Locorotondo con sosta a Pesaro Si parte per un lungo viaggio, forse il più lungo dell’anno. In auto siamo in due, io e Fabio Molinari, destinazione Locorotondo. Ma prima facciamo una sosta al ristorante Lo Scudiero di Pesaro, che ci sorprende parecchio per la crescita. Il giovane Daniele Patti con la moglie e il suo staff gentile e giovane è davvero una gran bella promessa che ha la nostra corona radiosa. Da provare la pasta e fagioli, mare, cappero e limone, impiattata direttamente al tavolo quanto il piatto denominato “fra stoccafisso e baccalà”, ravioli delicatissimi. A Locorotondo arriviamo alle 20,30 giusto in tempo per prendere la camera nel centro paese (albergo diffuso) e poi recarci al ristorante dove ci aspetta una cucina improntata sulla tipicità più schietta: si chiama La Greppia del Frate. E qui ci troviamo coi dirigenti di Fisascat Cisl e alcuni relatori per preparare l’incontro del giorno dopo. È proprio una festa trovarsi sotto Natale in questo paese cartoli­ na, con le luci e i presepi, il centro storico dove puoi girare soltanto a piedi e quel mio appartamento bellissimo dove passerò la notte, quasi immerso nella vita del centro coi suoi locali. L’idea degli alberghi diffusi è proprio geniale. E anche la colazione al mattino, in un luogo del centro che raccoglie gli ospiti di tutti gli altri appartamenti è una festa: con la soppressata naturalmente. Daniele Patti, chef del ristorante Lo Scudiero

29 novembre Il giorno del Convegno Stamane è il momento del grande convegno organizzato da Fisascat Cisl sulle potenzialità del territorio, dal titolo “Turismo e agroalimentare in Puglia e nel Mezzogiorno, propulsori di uno sviluppo aggiuntivo”. Siamo in un centro di formazione all’avanguardia, alle porte del paese, con un pubblico di oltre 200 persone. A me toccherà moderare il dibattito che segue la relazione centrale di Antonio Arcadio, dirigente locale di Fisascat Puglia. E mi trovo i responsabili delle varie organizzazioni agricole, compresa Coldiretti che in contemporanea ha il mercato nazionale di Campagna Amica a Matera. Due ore intense di interventi e domande dove capisco che la differenza la fa proprio il mio incalzare di domande per evitare la relazione retorica dei tanti intervenuti. E tutti si prestano a rispondere, anche alle domande più spinose, perché sulla Valle D’Itria incombe la crisi dell’Ilva di Taranto, ma anche la Xylella che è ormai arrivata alle porte di questa zona.

aiuta essere preparati sulla cronaca e sui problemi; aver letto con cal­ ma e in anteprima la relazione, per poi essere in grado di incalzare con le domande tutti gli ospiti. Per fare questo ci vuole concentrazione assoluta, dimenticando il telefonino, che serve soltanto per captare eventuali messaggi dalla regia. Alla fine porto a casa una generale soddisfazione, dimostrata dal fatto che nessuno degli astanti si è alza­ to prima della fine. Si chiude con un buffet in stile pugliese. Prima di ripartire. E ci aspetta un lunghissimo viaggio, verso Siena, passando per il centro sud Italia. Tuttavia un viaggio è sempre un terno al lotto e un paio di incidenti lungo il percorso ci impediscono di arrivare alla cena di gala delle Città dell’Olio che aveva come protagonista la Sardegna. Arriviamo alle 21 a Chiusi, in un ottimo ristorante della nostra guida, il Grillo Buoncantore, che ci riconcilia. 30 novembre I 25 anni delle Città dell’Olio A Siena, nel magnifico palazzo che ospita il complesso museale di Santa Maria della Scala, proprio di fronte al Duomo, è in corso la due giorni dell’Associazione Città dell’Olio che celebra i 25 anni di questo sodalizio. Al sottoscritto hanno affidato un seminario sul tema delle identità territoriali dove ho coinvolto il professor Angelo Frascarelli, dell’Università di Perugia, ma anche Fabio Molinari in qualità di storico dell’alimentazione e tanti altri. E dalla relazione che svolgono si intuisce che il mondo dell’olio ha bisogno di liberarsi dalle ideologie (alcuni la chiamano tradizione) che non sono certo una risposta efficace ai cambiamenti climatici. Il professor Frascarelli lancia il sasso nello stagno facendo una disamina della situazione economica delle piccole aziende, che fanno fatica a restare in piedi e a realizzare le necessarie economie di scala. Per questo lui parla della coltivazione intensiva dell’ulivo non più come il male assoluto, ma come una scelta, che potrebbe ridisegnare il panorama oleicolo nazionale, anche prendendo in considerazione nuove cultivar. Nel pomeriggio, tutti i capo panel, compreso il sottoscritto, dovranno relazionare i risultati del proprio seminario per giungere a una sintesi conclusiva e a un documento efficace, sottoposto all’attenzione del vice ministro per le Politiche Agricole. Si riparte alla volta di Alessandria, dopo aver salutato Enrico Lupi, presidente dell’Associazione Città dell’Olio, Antonio Balenza­ no, il direttore e tanti amici che abbiamo ritrovato, fra cui la nu­ trizionista Evelina Flachi, l’onorevole Riccardo Garosci e persino il sindaco di San Vito Romano, Maurizio Pasquali, con cui abbiamo passato momenti memorabili questa estate. All’altezza di Recco, alle 21, ci fermiamo per una pausa ristoratrice nella focacceria di Manue­ lina, davvero confortevole, con una bottiglia di bollicine e due focacce intere. Un bel compenso che corona oltre 2.000 chilometri di viaggio.

Gli amici del mondo Cisl mi avevano apprezzato già cinque anni fa a Bari, per un analogo incontro e oggi mi hanno voluto nuo­ vamente con loro, per aiutarli a mettere a fuoco i problemi. Certo la Circolare

34

Un momento del convegno organizzato dall’Associazione Città dell’Olio

diario di viaggio


1° dicembre Vins Extremes a Bard Appena il tempo per dormire ad Alessandria ed è già ora di ripartire: destinazione Bard, in Valle d’Aosta, per partecipare alla seconda giornata di Vins Extremes, la manifestazione voluta dal Cervim, che è l’associazione dedicata alla viticoltura eroica europea. E a sorpresa si scopre che questa realtà è in crescita, annoverando tante esperienze della Spagna e dei vari Paesi. Dopo la cerimonia, che premia come miglior vino assoluto un passito prodotto a Ustica dall’azienda Hibiscus, mi attardo ad assaggiare una teoria di vini valdostani e non solo. Ma poi c’è la sorpresa della presentazione di un disciplinare di produzione per i vini della Valsusa, dove ritrovo l’orgoglio per il Baratuciat, che ancora continuano a produrre nel suo enclave originario. Sono tuttavia sempre più interessanti i vini valdostani: da quelli dell’azienda la Source che mi hanno colpito con il loro Petit Arvine, a quelli di Maurizio Cretaz; quindi Grosjean con un brut d’alta quota davvero notevole e Rosset, con un Pinot Gris e un Petite Arvine degni di nota. Questi gli ultimissimi assaggi. 4 dicembre A Verona coi sindaci per Vinitaly and the City Riunione a Verona con i sindaci dei paesi della provincia di Verona per pianificare la prossima edizione di Vinitaly and the City. La macchina organizzativa procede e con molta probabilità si creerà un divertente “Aspettando Vinitaly”, due settimane prima, nei comuni intorno. L’attesa cresce. 5 dicembre Giacomo Poretti a Milano: chiedimi se sono di turno Stasera siamo a teatro, ovvero all’ultimo spettacolo di “Chiedimi se sono di turno” di Giacomo Poretti. Un monologo di un’ora e mezza, in un teatro di periferia, il teatro Oscar di via Lattanzio, dove Giacomo con alcuni amici, fra cui lo scrittore Luca Doninelli, ha deciso di proporre una vera e propria stagione, sotto l’egida di DeSidera. Questo spettacolo è il racconto del primo lavoro di Giacomo, infermiere, che ripercorre tutti i gradini della carriera. Un monologo esilarante, che strappa risate, ma anche momenti di riflessione quando racconta di alcuni casi che hanno avuto come epilogo la morte. Un grande comico Giacomo, che ha usato tante tecniche del suo mondo ma è stato capace anche di scendere in profondità, dentro l’u­

mano. Glielo dirò poi in una mail, perché quella sera, oltre a messag­ giarci prima della sua uscita sul palco, siamo solo riusciti a salutarci a fine spettacolo. Quello dell’infermiere è un mestiere che necessa­ riamente chiede il distacco, anche se mette a prova la compassione, la propria inclinazione all’ascolto dell’altro in un momento dove il bisogno è ai massimi livelli. E chissà perché mi è venuto in mente il mestiere del cameriere, o dell’oste: un’ altra figura che serve l’altro, senza essere servile. Serve qualcuno che magari è stato lasciato solo, oppure che ha ricevuto una brutta notizia. E l’unica persona davanti a quel dramma è lui, coi suoi piatti e i suoi vini. Ma poi magari an­ che l’oste sta vivendo un dramma, ma dentro a quel rapporto umano lo riesce a sopportare. Penso al Monsignore, che è stato fino all’ultimo nella sua osteria, l’Altra Isola di Milano, che ha chiuso. Oppure a Vittorio Fusari, che ci ha lasciati a fine anno e resterà sempre l’oste del Volto di Iseo. 6 dicembre All’Artigiano in Fiera Immancabile giornata alla Fiera dell’Artigianato di Milano, a visitare i vari padiglioni dove a sorpresa scopro sempre più produttori di cose buone del Golosario. E ritrovo alcuni che hanno debuttato a Golosaria, come gli amici di “Che Frittata!”, che nello spazio della Regione Veneto hanno inventato un giro di frittate fra i principali prodotti tipici. Fantastica la soppressa di Casa Cason, lo speck del Massimo del Goloso, la carne di Fassona di Capello. Alla sera ceniamo con il patron della Fiera, Antonio Inglietta, nel ristorante valtellinese, apprezzando i fantastici pizzoccheri di Teglio. Anche l’Artigiano è una fiera dove conta la comunicazione, per evitare di essere lì per caso. Alcuni produttori mi han detto che or­ mai, dopo essere stati presenti tanti anni, vengono cercati dai propri clienti. E altri hanno aguzzato l’ingegno creando dei packaging ali­ mentari pronti per il regalo di Natale. Una fiera serve per questo: per guardare il mondo e per farsi guadare. È un laboratorio, dove si può anche fare cassetto. 7 dicembre Modon d’Or a Bard Appuntamento al mattino presto, sono le 8, alla stazione della metropolitana di Uruguay con due colleghi: Andrea Cuomo e Roberto Perrone. Siamo attesi al forte di Bard per la premiazione ufficiale delle dieci migliori Fontine d’alpeggio, ovvero il premio del Modon d’Or. Conduce la cerimonia la brava Cristina Deffeys e a me chiedono un paio di interventi durante la cerimonia per

La premiazione delle migliori Fontine d’alpeggio nell’ambito del Modon d’Or

Giacomo Poretti a teatro in “Chiedimi se sono di turno"

la Circolare

35

diario di viaggio


spiegare il percorso della promozione della Fontina in questi anni, dove spesso sono stato protagonista. Poi intervisto i miei colleghi e anche la nutrizionista Sara Cordara, prima del pranzo d’onore officiato dallo chef Agostino Buillas del Caffè Quinson di Morgex, che nel frattempo ha riaperto. Mi ha sempre colpito quando vado a cercare il nome Fontina su Google, vedere emergere, fra le prime, la notizia che una Fontina d’Alpeggio nel 2010 venne premiata 82 euro al chilo a Golosaria Milano. Quella fu l’apice della promozione di questo formaggio che va nominato al plurale perché le Fontine d’alpeggio sono un unicum che fa assaporare gli alpeggi. E anche quest’anno l’assaggio è stato ai massimi livelli. In viaggio a Pesaro e ad Acqualagna Finita la cerimonia si parte per Milano, ma giusto per lasciare i miei colleghi alla fermata della metro, mentre io con Silvana proseguirò per Pesaro: due giorni di assaggi, a casa di Mariella e Marco Montagna, che si sono procurati gli ottimi tartufi di Acqualagna. Quindi da Vittorio Beltrami, nella sua bottega di Cartoceto, dove con la moglie e la figlia Cristiana continua a proporre i suoi caci infossati buonissimi. E infine ad Acqualagna, al Lampino, per una sosta davvero soddisfacente e per tutte le tasche, dedicata al tartufo bianco.

Io credo che avere la preferenza di entrare in una casa, di esse­ re invitato a pranzo, sia una delle cose più gratificanti della vita. Stasera ne abbiamo avuto conferma, ma così è stato per la cena di Mariella a Pesaro la sera prima. Momenti rari (per questo ho portato anche una bottiglia di Preja, il Baratuciat di Enrico Druetto), ma intensi (e Stefano il giorno dopo ci scrive dicendo che è sempre bello ritrovarsi in cammino). 9 dicembre Alla cena di santa Lucia 1.000 invitati La sveglia al mattino prestissimo ci ha permesso di raggiungere il centro di Milano appena in tempo per l’appuntamento delle 10. Dopo un’ora siamo già in viaggio per Padova, dove mi aspetta Francesca Trevisi che insieme con me dovrà presentare la Cena di San Lucia con 1.000 persone, alla Fiera di Padova. Con Graziano Debellini ragioniamo la scaletta degli interventi e come presentare le varie personalità. Di queste mi colpisce soprattutto Alejandro Marius, del Venezuela, padre di quattro figli e determinato a fare qualcosa per la sua terra. Ceneremo insieme, al medesimo tavolo, e io lo chiamerò sul palco e lo intervisterò. Nel frattempo mille persone saranno lì ad ascoltare e ad aprire quella finestra, nel loro tran tran, che riguarda i bisogni del mondo. Paolo Massobrio sul palco alla cena di santa Lucia

Vittorio Beltrami rappresenta la storia del nostro mondo, ovvero della gastronomia patria. Lo capisci dai prodotti che tiene, dai salumi speciali di Fraticelli, che nonostante un lutto in famiglia, proseguono l’attività. Poi c’è la pasta Martelli, il panettone di Giotto e un sacco di referenze, anche di vino. E con Vittorio riscopro, dopo il mio secondo viaggio a Pesaro (cui farà seguito un terzo), il valore del Bianchello del Metauro. In questo caso di Claudio Morelli, che continua a essere un produttore leader, insieme a Lucarelli. Ma presto vi dirò cosa mi han detto i Bianchello emergenti.

Mi ha fatto piacere che Graziano abbia scelto di affidarsi a me e a Francesca per intrattenere gli ospiti durante un momento convivia­ le, cosa non facile se non hai in mente i tempi del servizio. E poi mi ha colpito partecipare in qualche modo alle vicende del mondo, dove si scopre che il gusto, come nel caso di Alejandro, non ha una parte secondaria. Ne scriverò su Avvenire nell’articolo che ripropongo:

Foto di gruppo durante la visita a Vittorio Beltrami

8 dicembre La quaglia del Ciccio Da Pesaro avremmo come meta Padova, ma un appuntamento a Milano ci porta a fare una sosta a Fidenza, a casa dell’amico Stefano Dondi (che dai tempi dell'università chiamiamo "Ciccio"), dove sua moglie Teresa ci aspetta con la tavola apparecchiata: culatello, parmigiano reggiano di tre stagionature, lasagna e infine una superba quaglia ripiena cucinata da Stefano in persona. Il vino cult sarà una bottiglia di Patriglione di Cosimo Taurino del 2007. la Circolare

Lo sviluppo talvolta comincia a tavola Può succedere che nel mezzo dei propri pensieri (come passar le vacanze, quali regali comprare, il pranzo di Natale con chi e con quali pietanze) uno venga raggiunto da qualcosa di non consuetudinario. Per esempio una cena con mille persone, alla Fiera di Padova, dove da 18 anni l'Associazione Santa Lucia, aiutata da 300 volontari, convoca imprenditori, politici, autorità di ogni ordine e grado e dirigenti del mondo cooperativo e associativo. È successo lunedì scorso, con una cena ispirata al chilometro ravvicinato, dove da un video è apparso il cardinal Mario Zanari, nunzio apostolico in Siria, che ha portato i saluti parlando del cuore che vede. Un cuore che lo ha sostenuto a promuovere gli "ospedali aperti" con iniziative a Damasco e ad Aleppo. Era uno dei sette progetti che Avsi, l'associazione non governativa per la cooperazione internazionale, ha scelto di mettere al centro delle iniziative di solidarietà per questo Natale. E la cena di Santa

36

diario di viaggio


Lucia è l'appuntamento più clamoroso, dove può succedere che una persona cambi la prospettiva dei suoi interessi: mi interessa, perché in fondo al cuore c'è il bene. Ed è questa la fonte di comunanza, la risorsa, come l'ha chiamata il professor Vittadini della Fondazione per la Sussidiarietà, che smuove le persone. E se pensiamo che in Venezuela, terra piena di contraddizioni, lo stipendio di un professore equivale a 3 euro al mese, capiamo quanto sia infinito il bisogno, e con esso il desiderio di bene. Chi ha parlato del Venezuela, un giovane quarantenne, ci ha tenuto però a dire che non è la carità pelosa quello che interessa, quanto lo sviluppo del proprio Paese. Per questo hanno creato un progetto per insegnare alle madri a cucinare coi prodotti locali, così come sono in atto iniziative dedicate alla risorsa del cioccolato, che a Padova viene lavorato all'interno del carcere grazie alla Pasticceria Giotto, già famosa per i suoi panettoni. Una catena di solidarietà che unisce i poveri del Venezuela ai carcerati della casa circondariale Due Palazzi, per un'evidente comunanza: un cuore che vede. Ma che c'entra riscoprire le ricette tipiche del Venezuela di fronte a una povertà incalzante? Ce lo ha spiegato quel giovane: c'è bisogno di recuperare un'identità anche attraverso il cibo, ma è necessario darsi da fare, coinvolgersi in un sapere che può essere trasmesso, altrimenti ci si ripiega alla casualità delle donazioni di cibo che quando finiscono lasciano il vuoto. E così cucinare diventa un atto capace di sintesi: significa coinvolgersi, conoscere, trasmettere gusto, ma anche manualità. E mentre noi siamo seduti sul divano a vivere quella bulimia mediatica dello spadellamento televisivo, altrove c'è la necessità di rialzarsi con quel cuore che vede. Anche solo per cucinare… come faceva Gesù coi suoi apostoli. (Avvenire 11 dicembre) 10 dicembre Una sera a cena da Davide Palluda E dopo l’8 dicembre si è tutti proiettati alle feste, almeno col pensiero. Il clima natalizio in Italia è qualcosa di ampiamente diffuso, persino negli Autogrill fa piacere fermarsi, soprattutto quando percorri un tratto un po’ brullo come è capitato in questo mese. Oggi festeggiamo il rientro di nostro figlio Marco da Barcellona e non gli dispiace affatto accompagnarmi all’Enoteca di Canale d’Alba per testare ancora una volta in prima persona la solidità di questo cuoco, che scoprimmo quando era poco più che ventenne. Le verifiche per la nostra guida, nonostante l’uscita del cartaceo, proseguono e non si interrompono mai, anche se io e Marco Gatti, proprio in questi giorni dobbiamo accusare un durissimo colpo: chiu­ de l’Altra Isola di Milano, la trattoria del Monsignore, che faceva la cassoeula più buona del mondo. Qui di seguito il pezzo di commiato scritto da Marco per IlGolosario.it

glioso di essere lì, a dirci con la sua presenza, la sua amicizia e la sua stima. Era ascoltarlo – tra un bicchiere di Barbacarlo, di Maga Lino, e una forchettata di formidabile risotto “giallo” o un boccone di quella nuvola ghiotta che era il suo zabajone – nel racconto, dei mille e uno aneddoti, che facevano della sua vita un romanzo. Per uno strano scherzo del destino, a costringere alla chiusura il nuovo proprietario, ancora una volta, problemi di salute... Diciamo ancora una volta, perché la verità è che l'Altra Isola, non essendo quattro mura e pochi tavoli, ma un luogo dell'anima, vivo, con un cuore pulsante in sintonia con il battito del Monsignore, dove il desiderio di dare felicità di chi ci lavorava ti contagiava, facendoti tornare il sorriso anche nei giorni più difficili, si era "ammalata", una prima volta, con i malanni che avevano iniziato a tormentare Gianni... Quella cassoeula fumante, monumentale, scintillante, profumata e stragolosa, che a vederla sembrava un piattone pantagruelico, ma che si finiva in un fiato tanto era buona, era il simbolo trionfale della cucina dell’amore. L’Altra isola era la piccola, arruffata cattedrale, in cui, nei suoi pochi metri quadri trattorieschi e gioviali, vivevano lo spirito del Monsignore e quella sua filosofia per cui anche un semplice chicco di riso o una verza, possono essere la chiave d’accesso alla Bellezza. Da oggi – e beffa delle beffe, proprio nei giorni in cui Milano celebra Sant’Ambrogio – noi Senzabrera (come aveva definito Gianni Mura, “gli orfani” di Gioann Brera), con i fornelli spenti per sempre all’Altra Isola, siamo Senzamonsignore! 11 dicembre Alla scoperta di Cagliari Vieni a Cagliari? E perché no? L’invito è arrivato dall’azienda specializzata della Camera di Commercio di Cagliari (il Centro Servizi per le Imprese) attraverso l’Associazione Città dell’Olio ed ho accettato, proprio per dimostrare che la promozione efficace è una cosa del genere. L’occasione era la rassegna “Oro Colato”, che coinvolgeva 11 frantoi e 21 locali. Così loro si sono preparati, in particolare Giuseppina Scorrano, sui miei libri che avevo spedito per tempo, in modo da far vedere cose nuove. Alle 19 ero già all’aeroporto, e c’era un transfer ad attendermi insieme ad Antonio Balenzano per portarmi nell’accogliente hotel Regina Margherita. Dopo due ore eravamo seduti ai tavoli dell’Osteria del Doge di Claudio Ara, che si definisce “archeocuoco”. Dal suo locale sito nell’antico quartiere Castello, vedi la città dall’alto, con le sue chiese e le case antiche. Siamo appena sopra la fortificazione della città. Ora, questa trattoria è un abbraccio caldo e sincero con la cucina locale più autentica (il pane indorau, ovvero delle fette

L'Altra Isola ha chiuso. Dopo che il Monsignore aveva raggiunto tra gli angeli i suoi amici di una vita, Gioann Brera e Gino Veronelli in primis, la scelta di Arrigo Perego di proseguirne la storia, ci aveva fatto sperare. Tornare lì, e gustare quella cassoeula che non aveva rivali per bontà, che era l’eredità lasciata a Hu Shunfeng, chef di origini orientali, talentuoso, a cui, in decenni di fornelli condivisi, aveva insegnato tutti i segreti della migliore cucina milanese, era ritrovare Gianni Azaria Borelli. Era risentirlo, al telefono, quando ci chiamava, per sentire come stavamo. Era rivederlo, in prima fila, a tutte le edizioni di Golosaria, dove non era mai mancato, nemmeno in quelle in cui stava già male, orgola Circolare

37

Lo chef cagliaritano Claudio Ara

diario di viaggio


di pane raffermo ammollate nel latte, tinte nell'uovo e fritte (eccezionali), la trippa cagliaritana, i pisci a collettu e la pula; l’antica buridda cagliaritana). E poi una scelta di vini colta, persino il mio Migiù, semidano in anfora prodotto da Olianas a Gergei. Il piatto che più mi ha colpito, su tutti, è stato il pane indorau, un regalo di sapori inediti, veri. E poi una visione, quella di Claudio, di oste autentico. Agli ospiti che arrivavano a nome della manifesta­ zione offrivano anche una visione in 3D dei luoghi dell’olio, molto ben realizzata, attraente. Caspita, ma quanto sono avanti con la promozione! 12 dicembre Fra nuove botteghe cagliaritane che accompagnano il turismo Il giorno dopo è stato un tour fra le botteghe di Cagliari, ma soprattutto le botteghe che hanno deciso di trasformarsi in luoghi dove mangiare. Ecco allora il clamoroso locale di Stefano Piei, che porta il nome di Pbread. È nato come panetteria, perché lui aveva una passione smisurata per la panificazione, cosciente che in città non ci fosse nulla di significativo. Lui era un ingegnere in forza all’Alenia che, appena dopo i 50 anni, s’è fatto catturare dal suo sogno. Ed ha fatto bingo, con un locale dedicato al dolce e salato e aperto dalla colazione alla cena. Sforna sette, otto tipi di pani diversi, prodotti con grani antichi locali. Buonissimi. Poi naturalmente la pizza, ma anche un panettone fantastico. Quello che colpisce, oltre la bellezza del locale ampio, dalle parti del porto, è la selezione di vini, non solo della Sardegna, ma di tutta Italia, con un’inclinazione per i biodinamici. E qui ritrovo il Lambrusco di Paltrinieri, ma anche il Dolcetto di Vajra e le etichette di tanti che stimiamo da anni. La seconda tappa è stata in una macelleria nota al Golosario, quella della famiglia Vivarelli, che ha aperto qui (in via Torino, 4) il suo terzo punto vendita e poi uno spazio con trenta coperti dove Walter serve i suoi tagli migliori di carne allevata in proprio (razze Bue Rosso e Sardo Bruna). E in questo periodo fa persino il bollito misto. Terza tappa, clamorosa, alla Salsamenteria di Michele Cherchi (via Sonnino, 154), anche qui al suo secondo o terzo locale. Siamo in una boutique del gusto concepita come un mini mercato di Barcellona, con le isole tematiche. Pazzesca la selezione dei vini (anche il Grignolino della Tenuta Migliavacca) e da campione la selezione di formaggi. Ne assaggeremo tre, abbinati al miglior vino della Sardegna di tutto il viaggio: il Semidano di Costa Vacca. Quarta e ultima tappa, nella nuova macelleria Etto di Pierluigi Fais, già citato sul Golosario ristoranti, con il locale Josto (faccino radioso) di via Sassari, 25 e la pizzeria Framento (idem) di corso Vittorio Emanuele II, 82. A pranzo, siamo riusciti a fare una tappa in un locale, Su Passu, che ricorderò a lungo per quel piatto tipico: la trattalia arrosto, un involucro di carne con le interiora dell'agnello, che è la fine del mondo. Si trova a Sinnai, che è anche il paese di Giuseppina. Un locale spartano, di passaggio, che ci ha fatto immergere nella cultura gastronomica di queste terre. Alla sera il commiato in una pizzeria emergente, Impasto, ambientata in un locale ampio e di bel design. Con noi anche Enrico Lupi, presidente delle Città dell’Olio. Peccato dover interrompere il viaggio per colpa di uno sciopero Alitalia. Riesco a prendere posto nell’unico volo in partenza al mat­ tino alle 7,30. Però questi due giorni a Cagliari mi hanno aperto un mondo. Intanto la passione di Giuseppina, che fa la differenza. Si è immedesimata in maniera esemplare in quello che volevo vedere, qua­ si come le mie amiche giappionesi quando mi hanno portato in giro la Circolare

per la loro terra. E qui ho capito che Cagliari sta vivendo un fermento pazzesco in fatto di locali, ma anche di proposte enogastronomiche ec­ cellenti. Del resto, il dato acquisito ormai da due anni del nostro pre­ mio Top Hundred, dedicato alle migliori cantine non lasciava dubbi: è la Sardegna la regione del vino che offre più novità in assoluto.

Alcune delle botteghe visitate da Paolo Massobrio durante la permanenza a Cagliari. Dall'alto: PBread, Macelleria Vivarelli, Salsamenteria e Pizzeria Framento

13 dicembre A cena con Luca Doninelli e poi da Giacomino La cena di santa Lucia la faccio col mio amico scrittore Luca Doninelli, nell’ottimo Piero e Pia, locale della nostra guida ispirato alla cucina piacentina (ottimi i pisarei e fasò). Poi un salto a teatro a salutare Giacomo Poretti, prima di andare a dormire. Milano non si ferma mai, neanche di notte. E ti acchiappa. Alle 23,30 vado a letto, ma quante cose ci sarebbero da fare, come un tempo sui Navigli, con un bicchiere di vino a raccontarsi la vita.

38

diario di viaggio


14 dicembre Lezione a Brescia e poi dal Pescatore Sveglia al mattino presto per essere a Brescia, all’Università Cattolica: seconda lezione del master dedicato alla comunicazione del vino. Oggi farò una lezione sugli strumenti classici della comunicazione con tanto di esercitazione sulle parole del vino in un sito internet. Poi di corsa a Canneto sull’Oglio, a pranzo dal Pescatore della famiglia Santini, a provare la sontuosità di quella cucina che vede ai fornelli Nadia e il figlio Giovanni, e in sala Alberto e papà Antonio. L’essenza dell’ospitalità italiana. Eccola qui, in un locale che non ha perso quel Dna dell’oste che consiglia, diventa complice, ti fa sentire a tuo agio. Incontro anche l’oste Dai Tomasi di Lavagno alle porte di Verona insieme a Stefano Cavazza, produttore di vini, che me lo aveva presentato. E intanto penso ai momenti che abbia­ mo vissuto insieme ai Santini: il viaggio in California nel 1991 con Angelo Gaja e Giovanni ancora minorenne; quella cena me­ morabile con Antonio e Giacomo Bologna invitati da Angelo Gaja da Cesare di Albaretto della Torre per onorare Peppino Cantarelli. Un pranzo che resta un vertice della mia esperienza. E poi tutte le volte che sono tornato qui, con mamma Bruna, che venne anche a Golosaria Torino a condividere la cucina con i Mercatalli del San Domenico di Imola; il premio assoluto a Nadia a Golosaria Milano nel 2009. La presentazione del libro di Nadia nel teatro di Fiden­ za. Una storia di affetto, intelligenza, amicizia. E tanto gusto. Il Buon gusto.

La famiglia Santini

15 dicembre Il nuovo corso di Grintorto Domenica pre natalizia a Grintorto, a provare la cucina del nuovo chef, Vincenzo Martella, che da poche settimane ha preso possesso dei fornelli di Or con tutta la sua brigata. Un cuoco davvero capace, che ci ha conquistati con un piatto su tutti: i cappelletti al brasato di pecora e il suo brodo, con ricotta stagionata di pecora. E con il suo arrivo l’avventura di questo borgo, che presto offrirà tanti motivi di coinvolgimento, mette il turbo, come ho scritto in uno mio pezzo sul Golosario.it A spanne, la cucina di Martella merita subito due stelle. Ma i tempi dei riconoscimenti sono assai lunghi a quanto sembra e io mi gongolo, perché nel frattempo conviene seguire le tracce delle nostre scoperte. Il cruccio, dopo l’uscita delle guide, è che ancora non vengo­ no presi in considerazione locali come il Moro di Montagnana (non la Circolare

esisterebbe per il Gambero Rosso), la Pergola di Alassio (cosa deve fare ancora Giorgio Servetto per avere una stella?) e questo Or che noi monitoriamo da anni. Invece al Cjasal, scopriamo che ha meritato il premio Famiglia di Identità Golose. Giusto... ma sempre buoni secondi.

Vincenzo Martella, nuovo chef del ristorante Or di Grintorto

18 dicembre Pensionato, io? Una regola per sopravvivere, che ho imparato dai vari dietologi con cui ho avuto un serrato confronto in questi anni, non ultimo la cara Raffaella Elena Monti, è concentrarsi sulla spesa, quasi quotidiana, affinché non sia un caso ciò che uno mangia a pranzo o a cena quando si trova a casa. E così, cosciente che in una grande città ci sono ormai luoghi ovunque dove fare la spesa comodamente (Alessandria credo stia raggiungendo il record di supermercati e il prossimo lo apriranno proprio dietro ai miei uffici), vado spesso a fare acquisti. Oggi pomeriggio però dovevo comprare solo i cibi per il mio cane. Così, arrivato alla cassa, al momento di pagare, la commessa mi chiede: “Lei è un pensionato?”. Oddio, no. Subito con l’iphone mi guardo bene nel volto: non ho rughe visibili, qualche capello bianco, barba incolta e capelli spettinati. Sembro un pensionato? Appena rientrato in ufficio ho fatto outing coi miei collaboratori che si sono messi a ridere, anche se poi mi hanno rassicurato: “Lo chiedono sempre al mercoledì, perché all’Unes fanno lo sconto ai pensionati”. Poi alla sera andiamo a Carmagnola per una prima riunione organizzativa dedicata alla prossima edizione della Fiera del Peperone. Finita la riunione andiamo a cena a Monforte d’Alba, a provare la cucina del Borgo Sant’Anna, con lo chef Pasquale Làera, di cui tanto si parla. E mentre saluto un mio valido collaboratore di Cuneo, che è lì con la famiglia a festeggiare il suo compleanno, mi accorgo che ho dimenticato la borsa negli uffici del Comune di Carmagnola. Chiamo Lorenzo che era con noi alla riunione e concordiamo che farà avere la borsa in un bar del paese dove potrò andare a ritirarla entro la mezzanotte. A quel punto evito di ordinare i dolci, che invece assaggerà il mio collaboratore, e parto. Però vado in crisi: si comportano così i pensionati? 19 dicembre Ancora a Pesaro, per la terza volta in un mese Terza puntata a Pesaro, per incontrare altri amici: pernottamento all'hotel Nautilus, shopping di ceramiche in città e poi la prova del ristorante Settima Fila che è sulla nostra guida con un voto importante e che si merita tutto. E qui trovo conferma dell’ot-

39

diario di viaggio


timo Bianchello del Metauro di Giuseppe Vitali di cui presto vi farò sapere. Il giorno dopo, riunioni e visita al Caffè degli Artisti, storica presenza del Golosario, che fino a pochi anni fa gestiva l’ottimo Roberto Aguzzi. Mi sorprende la selezione dei vini, anche qui colta e di grande livello, soprattutto sul fronte dei biodinamici. Poi il pranzo, sontuoso, nella cantina di Enio Ottaviani, con i fratelli Massimo e Davide che ci fanno assaggiare tutta la loro magnifica teoria di vini, esportati in 31 Paesi del mondo. Ma chi ci stupirà oltremisura è la mamma, che compone un menu con i piatti tipici di questa terra, ovvero i pesci poveri della Riviera Romagnola. La sua piada coi sardoncini me la sognerò anche di notte. Che grande esperienza!

una tripla pennellata che attendeva da diversi anni. E bisogna fare ordine. Poi il 31 sera a Vittuone, prima il Te Deum e poi la cena a casa dell’amico Gastone, con il pane appena sfornato da Giuseppe Rizzo, titolare della pizzeria all’Angolo, che quest’anno è la pizzeria dell’anno della nostra guida. Buon anno cari amici, grazie per essere stati con noi, giorno per giorno, a condividere la vita, che si dipana così, come l’ho raccontata io e come la può raccontare ciascuno di voi, con tutti gli affetti e i rapporti che ci circondano. Una vita che, se guardata nel profondo, appare meravigliosa.

Sono felice d’essere stato in questa cantina che quest’anno abbia­ mo premiato fra i Top Hundred, perché m’hanno fatto vedere come funziona, semmai ce ne fosse ancora bisogno, l’enoturismo. Andateci e mi direte: design, accoglienza, buoni vini e cucina. L’entroterra della nostra bella Italia risorge anche grazie a progetti così.

Gianni Rigoni Stern ai fornelli

I fratelli Massimo e Davide della cantina di Enio Ottaviani insieme con la mamma

22 dicembre E ora: pranzo con gli amici. Auguri! E oggi, come ogni anno, a casa nostra si pranza con gli amici. Marco Gatti in primis, ma anche il giovane Andrea Musmeci, l’architetto Paolo Beleù con sua moglie Stefania e il simpatico Giovanni Graziani, detto Ciccio Birra, che conduce Villa Pietrobelli (1650) inserita nel borgo (già Antica Repubblica) di Cà Murà: 1034. Da qui inizia la sequenza degli incontri natalizi: il pomeriggio del 24 a casa di Gemma Calabresi e poi la sera di Natale con altri amici, invitati da Antonio e Lilli al MiView di via Achille Papa a Milano; quindi il pranzo di Natale in famiglia a Milano. Ci si scambia gli auguri (via WhatsApp quelli dell’ultima ora, anche se come da tradizione io ho scritto a mano oltre 300 biglietti). C’è uno scambio anche con Beppe Sala, il sindaco di Milano, che sul Corriere della Sera ha rilasciato una bella intervista sul senso del Natale. Il 27 novembre si parte per Padova: cena al Moro di Montagnana, poi ad Asiago a casa di Gianni Rigoni Stern che cucina un risotto ai funghi memorabile. Alle 17 in Municipio, la presentazione del libro Ti ho sconfitto felce aquilina. E la sala sarà strapiena di gente. Alla sera eccoci a casa di Federico e Genni per l’ormai tradizionale pentolaccia dove lei cuoce le carni bianche. E questa volta il vino che ci sorprende è un Bramaterra 1986 di Luigi Perazzi. Si torna a casa, perché i nostri uffici sono stati rimessi a nuovo con la Circolare

2 gennaio Un nuovo anno e il saluto di Vittorio Fusari, per un mondo migliore Il 2020 è partito, cifra tonda e anno bisesto. Che non significa nulla, anche se le turbolenze in Medio Oriente preoccupano sempre di più, così come le notizie sulla crisi nazionale, puntellata dalla relazione diffusa dai giudici della Corte dei Conti. Che ne sarà e chi ci sarà alla fine del 2020? Uno che ricorderemo è certamente quello chef dagli occhi limpidi, Vittorio Fusari, che ci ha lasciati all’improvviso. E sui giornali sono stati in tanti a ricordarlo, in primis Gianni Mura che ha ricordato su Repubblica la sua grandissima umanità, che poi alla fine – ha scritto – è ciò che fa la differenza. Io lo conobbi quando era oste al Volto di Iseo, un’osteria che lui voleva mantenere popolare, nel senso proprio della frequentazione del locale, con la gente che giocava a carte, come alla Corte Sconta di Venezia, per chi la conosce. Qualche anno prima che chiudesse andai a fargli visita da solo e ricorderò sempre quando chiesi al cameriere se per caso aveva un’altra acqua rispetto a quella che mi stava proponendo e lui mi disse: “Se vuole ho l’acqua che usa lo chef, ma è nelle bottigliette”. E mi portò la mia acqua preferita, la Lauretana. Al che Vittorio uscì sorridendo e mi disse: “Io col lavoro che faccio bevo tre litri di acqua al giorno almeno e devo bere un’acqua leggerissima.” Poi mi raccontò del suo impegno di solidarietà dentro a Slow Food, della sua passione per i prodotti locali. Quando lo ritrovai a Erbusco, mangiai sempre bene, ma non era già il suo ambiente. Lo vidi più a suo agio nell’osteria di Maida Mercuri, al Pont de Ferr di Milano. E lì fu come ritrovarci al punto di partenza, con la passione per i prodotti abbinati ai vini che Maida, mia compagna al corso per diventare sommelier, sceglieva con attenzione estrema.

40

diario di viaggio


Era una persona solare e limpida come i suoi occhi cristallini. Era di Sinistra, ma nella maniera meno ideologica che si possa pensare, perché comunque aveva sempre un gran rispetto per l’altro perché il suo obbiettivo era un mondo migliore. A Domodossola da Alessandro e Paola A volte bisogna proprio far così: prendere l’auto e andare a cercare persone interessanti. Una di queste, me lo ero ripromesso, è Alessandro, che ho conosciuto poco tempo fa all’Università della Pizza di Vighizzolo d’Este. Poi l’ho ritrovato a Pizza Up. Non conoscevo la pizzeria che lui ha aperto col cugino della moglie Paola, Maurizio Lunardi. E nonostante tanti amici in Val d’Ossola, nessuno me ne aveva mai parlato (amici che ignorano il valore di un lavoro come il nostro. Amici, amici per sempre, ma anche ignoranti. E qui si spera che non lo siano per sempre). Così alle 18, con Silvana, siamo alla pizzeria Tu di Villadossola, che è anche caffetteria, pasticceria e gelateria. Un locale più raccolto lo hanno aperto anche a Domodossola, in centro, dove prima ancora è nata la gelateria a pozzetto Tu di Amarena, che si affaccia sul Duomo, creata dal grande Maurizio dieci anni prima. Che ora segue un quarto punto a Borgomanero, sede di uno storico caffè nella piazza principale. Il nome Tu pone dunque l’accento su un’attenzione rivolta tutta al cliente, al quale vanno solo prodotti di stagione. E questo valeva e vale per le gelaterie, per le caffetterie e oggi per la pizzeria di Villadossola. Alessandro, dunque, ha 42 anni e una passione per la musica che lo ha condotto, passo dopo passo, sulla strada dei lievitati. La sfida, infatti, fu quella di acquistare una chitarra che fin da giovane lo costrinse a cercare lavoro. Trova un posto da lavapiatti in Val Vigezzo in un albergo che è anche ristorante e pizzeria e dopo poco tempo la signora lo fa andare in cucina con lei. Da qui si insinua fra le sue passioni anche quella per i lievitati. Con questi primi soldi riesce ad andare a Milano per comprarsi la chitarra e partecipare alla Band Oasis. Va a soldato fra il 1996 e il 1997 e subito dopo viene assunto alla Vinavil, del gruppo Mapei. Ma nel tempo libero fa il pizzaiolo. Nel 2004 sposa Paola, anche lei Ossolana doc, mentre è già direttore tecnico alla Sarizo di Crodo (marmo) e poi in un’altra azienda di settore, fino al 2011. Quindi passa alla vendita di accessori di alta moda per il gruppo Vietti, ma intanto coltiva sempre di più l’amicizia con Maurizio Lunardi, che diventa suo cugino acquisito. Il quale 10 anni fa apre appunto la gelateria Amarena in piazza del mercato. E la gelateria spacca, diventando nota a livello nazionale in poco tempo. Alessandro continua a seguire la sua curiosità per i lievitati anche grazie allo zio di Paola, che fu fondatore del primo forno ossolano. Nel frattempo Maurizio apre altre gelaterie, a Cannero Riviera per esempio, a fine 2017, e in una storica caffetteria di Borgomanero. E qui matura l’idea di abbinare dolci e pizza. Al che Alessandro accelera i suoi incontri, per cui diventa importante il confronto con Germano Meneghello di Crodo, titolare della pasticceria Il Forno Ossolano, da sempre segnalato sul nostro Golosario. Nel frattempo, da Napoli arriva in Valle Antrona Francesco, un pizzaiolo che fa la pizza napoletana contemporanea con le farine del Mulino Quaglia. Ed ha un successo strepitoso. Nel marzo, il dado è tratto: conosce Renato Bosco, quindi Corrado Scaglione, Simone Padoan, tutti intrecciati a Vighizzolo d’Este dove si iscrive ai corsi. La nuova pizzeria a Villadossola aprirà il 9 luglio 2019. E sarà un successo immediato. E siccome Alessandro e soci (oltre a Maurizio c'è anche Andrea) fanno fatica a trovare un personale subito adeguato per eseguire quell' idea di pizza, ci si mette lui la Circolare

direttamente, senza se e senza ma. Anche Paola si coinvolge, sia nella caffetteria di via Briona in città sia in questo locale ampio, dove lei può applicare la sua passione che è la filiera corta, interpretata in particolar modo su 3 pizze. Il successo sarà immediato, tanto che la pizzeria, dopo neanche sei mesi, è già piccola per le richieste che arrivano. Mi ha molto colpito il racconto di Alessandro che dice della forza che può avere una passione, che lui aveva coltivato da tanto tempo. Mi ha ricordato il medesimo percorso di Stefano Piei di Cagliari, che ho conosciuto un mese fa, e di tanti altri. Ma quello che mi sta a cuore è scoprire come un gruppo di giovani riesca a diventare un elemento di sviluppo per il territorio. Tant’è che nelle loro pizze c’è proprio il gusto dell’Ossola, con i formaggi del caseificio Della Piazza di Giodi Maccagno a Cosasca, che non conosce pressoché nessuno, e addirittura gli abbinamenti con il Prunent locale, il vino rosso nato da un ecotipo autoctono di nebbiolo, di un paio di nuovi produttori. Fanno 27 pizze, che sono tutte un tocco d’autore. Come la Cosasca, nome del paese dove abitano e dove c’è il caseificio. Ci sono porcini saltati in padella, taleggio ossolano, pepe nero, foglie di prezzemolo e fior di latte. Superba sarà la pizza chiamata Friarielli: con salsiccia a punta di coltello, provola affumicata e tarallo sbriciolato, oltre ai friarielli. Altri nomi: la Quattro pomodori, la Calabria, la Pugliese, il Fior di zucca e ovviamente le Margherita, Marinara e Napoli fino a quella con le patate viola: la Viola Formazza. Come chiamarla questa? Storia di un successo annunciato. Bravi!

Alessandro e la moglie Paola nel loro locale di Villadossola

5 gennaio Una domenica coi nostri amici designer, coi ricordi di ieri Ma come è passato in fretta questo periodo: siamo già nel 2020 e fra due giorni bisogna ricominciare tirando le fila di tutto. Il cellulare ricomincerà a squillare, le mail saranno incalzanti. In questi giorni di silenzio, con Andrea pianifichiamo bene Golosaria fra i castelli del Monferrato, ma faccio il punto anche sullo stato dell’arte del prossimo Vinitaly and the City. Poi bisogna preparare la lezione al Master di comunicazione di Brescia, la convention coi Delegati di Papillon del prossimo fine settimana e la riunione coi collaboratori della guida ai ristoranti, prima di partire alla volta di Assisi per una sessione di vini particolari in assaggio. Ma non è finita, perché in queste vacanze ho svuotato gli armadi di 20 anni di lavoro e bisogna ripristinare tutto prima che sia martedì 7 gennaio, quando arrivano i miei. E passano fotografie

41

diario di viaggio


che non ricordavi più di avere. In una del 24 settembre 1989 mi ritrovo a fare la relazione al Capitolo del Scarzolé dell’Ordine dei Cavalieri del Tartufo e dei vini d’Alba, di cui diventerò membro solo 27 anni dopo. Il 14 febbraio del 1997 ricevo il Premio Pia e Francesco Argenta, per la mia tesi di laurea sul mercato vitivinicolo in Italia (e chi se lo ricordava?), discussa con il professor Miglio. Poi salta fuori la foto del primo treno enogastromico dal Monferrato, con Bruno Lauzi in piazza a Mortara (era il 22 maggio del 1992), ed è l’evento da cui è nato e si è sviluppato tutto. Lauzi, il conte Riccardi, immagini di gente che non c’è più (ma è passato così tanto tempo, 10 anni, da quando Anna Bologna ci ha lasciato ti chiedi, mentre leggi dietro alla foto una frase di Sant’Agostino?).

Voglio riportarla qui. “Se mi amate, non piangete!” Se conosceste il mistero immenso del cielo dove ora vivo, se vi fosse possibile vedere e sentire quello che io ora vedo e sento in questa luce che tutto investe e penetra, non piangereste più. Qui si è assorbiti dall’incanto di Dio, dalla sua bontà e dalla sua bellezza. Le cose di un tempo sono così piccole e fuggevoli al confronto! Mi è rimasto però il grande amore per Voi: è una tenerezza che non ho mai conosciuto. Sono felice di avervi incontrato nel tempo, anche se allora era tutto così fugace e limitato. Ora però, l’amore che mi stringe profondamente a Voi, è gioia pura e senza tramonto. Pensatemi cosi! Pensatemi così nelle vostre battaglie, nei vostri momenti di solitudine e sconforto, pensate a questo mera­ viglioso luogo dove non esiste la morte, dove ci disseteremo insieme, alla fonte inesauribile dell’Amore e della Felicità. Non piangete più allora, se veramente mi amate. Anna Bologna

Il treno enogastronomico dal Monferrato, con Bruno Lauzi in piazza a Mortara

Alla sera siamo a cena da Monica e Beppe, i nostri due amici che ormai da sempre curano l’immagine dei nostri libri (e tutta l’impaginazione di Adesso) ma anche di eventi come Golosaria Monferrato e tanto altro ancora. Oltre vent’anni di collaborazione hanno voluto dire una storia, un affetto consolidato e questa sera, a casa loro, ci si attarda senza accorgersi fino alla mezzanotte. Beppe cucina un mitico arrosto della vena con le patate, su cui faccio il bis, bevendoci sopra un Valpolicella Ripasso. Che gioia! Ed è qui che è venuta fuori l’idea di scrivere un libro spulciando nella raccolta della Circolare. Un libro che vedrà la luce nel 2020? Chissà, bisognerà ragionarci, prima del parto. Di certo il seme è stato gettato. Ed è la seconda volta che accade. La tesi di Laurea con il professor Miglio La relazione di Paolo Massobrio al Capitolo del Scarzolé dell’Ordine dei Cavalieri del Tartufo e dei vini d’Alba

Beppe e Monica di Studio Due nella loro cucina

la Circolare

42

diario di viaggio


11 gennaio Tutti i Delegati di Papillon a Magenta E anche quest’anno siamo a Magenta, alla Cascina Bullona, per la nostra convention annuale, con tutti i Delegati dei Club di Papillon. Due giorni insieme, se poi sommiamo la riunione degli ispettori della guida ai ristoranti, attesi per domenica. E come sempre arrivano in tanti, anche se l’influenza stagionale lascia a casa i nostri delegati di Palermo, Catania e Bergamo, il nostro Salvatore Di Stefano e qualcun altro. Ci ritroviamo in assemblea plenaria alle 10,30 e subito intervengono Maurizio Pasquali, sindaco di San Vito Romano, che racconta cosa significa amministrare avendo conosciuto il Club di Papillon: un’occasione per far emergere tutto il possibile che è legato al gusto, ma anche all’agricoltura. Interviene Sabrina, che spiega il senso della lettera che ci ha inviato e il suo stupore per Golosaria; quindi Arnaldo Cartotto che, dopo un paio di anni, ha già una delegazione nel Biellese di 110 persone e Papillon sta diventando un regista importante per il territorio. Arnaldo e Luigi ci parlano poi dei nostri amici dell’Albero del Pane di Visso, aggiornandoci sulla loro situazione dopo il terremoto di qualche anno fa. Io riporto la situazione in Bosnia e il progetto che si sta articolando ancora, grazie a Gianni Rigoni Stern. Fides viene a mostrarci come ha utilizzato i fondi della scorsa Cena in ComPagnia per combattere la fame endemica in Burundi, la sua terra. Dal video appare il volto di Alejandro che spiega il suo progetto, che abbiamo adottato per le Cene in ComPagnia, mentre le monache trappiste di Vitorchiano raccontano del progetto di creare un laboratorio di pasticceria in Portogallo all’interno del loro nuovo monastero. Parliamo poi del progetto dell’adozione reciproca dei negozi di città verso i negozi in aree svantaggiate, che lanceremo a breve, sapendo che la distinzione nelle aree lontane può essere un motivo di raccordo (un prodotto speciale che producono) con i negozi di città.

di 80 anni, che parte per il Portogallo, è una provocazione per tutti e guai a dire: “Sì, ma lei è una suora!”. C’è un modo di pensare all’infinito che non è qualcosa di finito. Vado in Portogallo o faccio Papillon perché sono insieme, perché questa è davvero una famiglia, diversa dalla compagnia del bar dove si fa passare il tempo. Vado e faccio perché esiste ancora l’ideale, che non è sfumato con l’età. Vado e faccio per i miei nipoti, i miei figli, i miei amici. Per me. Ecco, im­ pegnarsi con le Cene in ComPagnia oppure con l’adozione dei negozi, favorendo una relazione che può essere vitale, serve soprattutto a noi stessi. Con questo ci lasciamo, sperando che gli incontri, che non sono mancati anche quest’anno, possano aprire dentro di noi quella porta, che per comodità si vorrebbe tenere chiusa. La Guida del 2021 Il giorno dopo saremo in 40 a ragionare sulla prossima edizione della Guida ai ristoranti che presenterà alcune novità. E lo faremo in un clima di grande collaborazione, tutti un po’ orgogliosi dei risultati che abbiamo raggiunto insieme. Alle 15, mentre ci salutiamo dopo il pranzo, mi aspettano 6 ore di viaggio, destinazione Assisi: dalle cene di stasera fino a domani, con i produttori dell’Associazione Vini Veri. E la stagione degli assaggi inizia.

L’assemblea del pomeriggio, dove resta la suggestione della matti­ na è uno stimolo per confrontarci. È ovvio che un’associazione che ha più di 25 anni di età accusa il colpo del ricambio generazionale, ma le testimonianze del mattino sono un giudizio anche sulla concezione stessa della vita di ciascuno. C’è chi parla solo dei nipoti, chi non è più in battaglia come atteggiamento, chi si sente pensionato dentro. Non tutti, ma qualcuno è così. Eppure quella suora di Vitorchiano

Buon anno a tutti!

La riunione del mattino

Foto di gruppo con i Delegati al termine dell'incontro

la Circolare

43

diario di viaggio


Per cogliere l’anima di Torino, bisogna viverla appieno. La città ha tempi e rituali che si consumano tra cultura e shopping, nel paesaggio e nell’arte. Tra un grande museo e un laboratorio artigianale, tra i profumi di un mercato e l’eleganza di una vetrina, prenditi una pausa. Entra in uno dei tanti caffè che hanno fatto la storia d’Italia, gusta l’aperitivo sotto un portico o in una piazza, lasciati tentare dai peccati di gola nelle nostre botteghe, trattorie e ristoranti. Torino è la città del buon gusto.

www.turismotorino.org


lettere al direttore

DELLA COLLEGANZA

Sabrina e Claudio (Gelateria -16° di Lainate - MI) Carissimi, Vi scrivo per alcune considerazioni sull'ultima edizione di Golosaria a Milano. In primo luogo, la nostra personale esperienza. È sempre complicato tradurre in parole le emozioni, si rischia di svuotarle e impoverirle. Quello che proviamo salendo sul Palco con Voi, sentendoci chiamare "amici storici", be', è qualcosa di grande. Da alcuni anni ci avete selezionati per i prestigiosi riconoscimenti che conferite alle Botteghe artigiane, e ogni anno cresce in noi la sensazione di appartenenza a una realtà in continuo movimento, in crescita, in fermento. È come essere una specie che rischia l'estinzione (l'Artigiano) e sapere di avere accanto qualcuno che riconosce il tuo impegno e il tuo valore e lo mette al centro del proprio lavoro. Ci si sente meno soli, sapete? Ed essere sul palco con tanti colleghi, tutti sorridenti e grati, tutti emozionati, tutti accomunati da un mestiere non sempre facile è stato incredibile. Nella mia precedente vita (Psicologa) mi sono molto affezionata a un concetto del nostro Codice Deontologico: la Colleganza. Alleanza tra colleghi. Si è e si può essere concorrenti, ma l'Etica della lealtà e del rispetto per la professione non devono mai mancare. Colleganza significa sapere di essere capaci, ma non per questo sminuire l'altrui lavoro. Sapere di avere dei limiti che altri hanno superato, e che possono essere un esempio. Capire e apprezzare l'ingegno, l'idea di chi ha pensato qualcosa a cui noi non avremmo mai pensato. Il gelato arrotolato. Geniale. Perché non riconoscerlo? Il bello delle idee brillanti è che possono ispirare. Quindi Grazie perché ci avete onorati e ci sentiamo apprezzati per il nostro impegno e lavoro. In secondo luogo, Golosaria nella sua totalità. Occasione per prendere contatti con aziende e piccoli produttori con cui collaborare. Arriviamo e ci troviamo davanti una distesa di stand: ognuno ricco di stimoli, possibilità di conoscere qualcosa di nuovo e non sperimentato prima. Un fiume di persone che girava per gli stand con curiosità e interesse. Questa è cultura del cibo. Assaggiare e capire. Ascoltare e imparare. Credo che molti dei visitatori abbiano tratto questo dall'esperienza. Era caldo, bello e avvolgente. Era interessante, piacevole e stimolante. Golosaria ogni anno cresce, non so come fate! Ma ogni anno è diversa, la vedo in evoluzione e mi sembra che anche i visitatori (molti perlomeno) colgano lo spirito che l'anima. Quindi complimenti sentiti per il vostro lavoro. Non riesco neppure a immaginare l'enormità dell'impegno che richiede l'organizzazione di questo evento. Noi siamo tornati a casa con un Riconoscimento per noi fonte di orgoglio, con tanti sacchetti di cose buone (e abbiamo dato i contatti di alcuni produttori ad alcuni amici artigiani della nostra zona), e con il ricordo di tanti sorrisi e strette di mano. Grazie, grazie davvero. la Circolare

Cari Sabrina e Claudio, dopo aver ricevuto questa lettera, che per tutti noi rappresenta decisamente il premio per il lavoro di quest’an­ no, vi ho chiesto di partecipare alla Convention dei Delegati dei Club di Papillon di tutta Italia. Ve l’ho chiesto perché è un’esperienza in­ credibile anche per noi vedersi descritti e riconosciuti, quando invece la tendenza è dare sempre tutto per scontato, come se le cose, la vita, fossero un gioco a dadi: può andar bene o può andare male. E invece il segreto della vita è trattenere ogni cosa che accade, perché questo diventa l’energia, la forza per andare comunque e sempre avanti. Quindi grazie per essere stati con noi, a Golosaria a partecipare di quel flusso della vita dove a un tratto succede la Colleganza.

A VOI CHE SIETE TALENT SCOUT

Donatella Cinelli Colombini (titolare Fattoria del Colle e Casato Prime Donne) Salve Paolo, grazie di avermi scelta fra le cantine memorabili. Mi ha fatto molto piacere, come mi hanno fatto piacere le parole che hai detto durante la premiazione. Sono sbalordita dal lavoro di ricerca e valorizzazione che stai facendo insieme a Marco Gatti. Bravi, davvero bravi. Siete forse gli unici talent scout in Italia. Gli unici che aiutano a emergere “i non ancora famosi” dando loro il coraggio di andare avanti, di puntare sempre più su. È un’opera meravigliosa, coraggiosa e utilissima. Bravi. Proprio per questo dovete venire nella Doc Orcia e conoscere i piccoli ma bravissimi vignaioli che ne fanno parte. Il primo appuntamento è il 19 novembre in occasione della Mostra del Tartufo Bianco delle Crete senesi. Perché tu e Marco non venite? Un abbraccio Grazie Donatella per le tue parole e per il tuo invito che non ho potuto onorare, anche se a febbraio sarò in Toscana per le Anteprime e mi concentrerò con particolare attenzione sulla doc Orcia che, tu sai, amo in maniera particolare. Mi ha fatto piacere averti sul palco di Golosaria, perché oltre al lavoro che fai, che ci ha portato a quel riconoscimento, tu rappresenti un certo modo di essere nel mondo del vino, che non è soltanto business, ma è soprattutto cultura, territorio, anzi ti dirò: amore.

UNA GOLOSARIA PROFESSIONALE PER IL MONDO DEL VINO

Giorgio Abrigo (azienda agricola Abrigo Giovanni di Diano d’Alba) Buonasera, con la presente vogliamo ringraziare Marco Gatti e Paolo Massobrio e tutto lo staff, la segreteria e l'organizzazione di Golosaria per l'efficienza e la perfetta "macchina" che avete messo in moto. È un evento completo, professionale e che si rivolge a un pubblico interessato. Speriamo che i numerosi contatti di questa edizione si concretizzino come l'anno scorso, ma in ogni modo è doveroso farvi i complimenti. Con l'invito a venirci a trovare in cantina vi porgiamo cordiali saluti. Caro Giorgio, il tuo messaggio è prezioso e mi fa piacere che tu abbia apprezzato lo sforzo che abbiamo fatto per rendere lo spazio dedicato al vino più professionale, più attento alle esigenze del B2B sulla piazza di Milano. Mi fa piacere perché alcune cantine erano

45

lettere al direttore


titubanti nel non veder la solita ressa di gente il primo giorno, ma si sono ricredute. E ne ero certo, perché dietro a una fiera c’è un lavoro di incoming, di inviti, di percorsi che noi facciamo per raggiungere quel risultato che dici tu. Però mi fa specie che dopo l’evoluzione che ha avuto il vino italiano ci sia ancora chi pensa che il successo di una manifestazione si misuri nella ressa, piuttosto che nella qualità di un incontro. La ressa a Golosaria c’è stata anche perché quel 20% in più di presenze si è notato, ma quest’anno, i miei collaboratori sono stati davvero bravi a incanalarla secondo i differenti interessi. E il mondo del vino, come attesti tu, ne ha beneficiato.

GOLOSARIA È STATO UN REGALO PER I MIEI GENITORI

Nadia Curto - La Morra

Caro signor Paolo spero che tutto proceda al meglio...sicuramente un periodo molto intenso e indaffarato, ma con tante soddisfazioni! Ho visto il successo di Golosaria e della guida e di quanto si muove attorno e mi complimento. Per quanto riguarda noi, quest’anno sono andata a New York al Raw Wine e la fiera cadeva negli stessi giorni delle premiazioni di Golosaria. Per cui non sono riuscita a venire personalmente, ma sono venuti i miei genitori...ed è stato bellissimo! Fino all’ultimo a pregare mio padre di venire perché lui non abbandona mai la vigna e la cantina. E andare a Milano rappresenta un lungo viaggio. Ma alla fine sono venuti tutti e due, accompagnati da una nostra collaboratrice. Papà Mario, 83 anni e mamma Adele 79, tutti e due felicissimi, con qualcosa di emozionante da raccontare. Quindi grazie ancora per il riconoscimento al nostro Barolo, ma anche grazie per aver dato questa possibilità a due contadini di Langa che davvero si meritano di andare su un palco perché il lavoro che hanno fatto i miei genitori in campagna è inimmaginabile (a 5 anni davanti al bue a tenere il solco diritto). E nonostante la fatica, il loro amore verso questo lavoro è immenso ed è la cosa più bella che mi hanno trasmesso. Quando tanti si vergognavano di essere contadini, mio padre ha rifiutato il lavoro alla Fiat per stare nella sua terra, che allora rendeva nulla. Meno male! In questo frangente la caparbietà è stata premiata e oggi vivere in Langa è un privilegio: Grazie ancora, un abbraccio di cuore. Buone feste! Cara Nadia, ho voluto ribattere io questa lettera, anzichè darla ai miei collaboratori, perché volevo riassaggiare ogni parola, come fos­ sero sorsi del tuo Barolo. E mi fa felice la soddisfazione tua e dei tuoi genitori, che in qualche modo arricchisce la percezione che altrimenti non avremmo avuto di Golosaria. Ma soprattutto mi ha colpito una cosa. Questa lettera scritta a mano era dentro le buste di chi ha man­ dato un presente per Natale e che ho ringraziato personalmente con un biglietto scritto a mano, incollato e imbustato, tutto da me. Però mentre la maggior parte erano biglietti impersonali, il tuo era ricco di questa testimonianza di vita che non è banale, ma ci porta diritti alla parola “riconoscenza”. Ho voluto sottolineare questo aspetto, perché io amo tutti i protagonisti di questa storia nel vino che è anche la mia, ma soffro talvolta, quando la comunicazione è seriale, impersonale, quasi distaccata e meccanica. Soffre perché invece il vino non è così: è tutt’altro che seriale e impersonale. È qualcosa che ha dentro tanti racconti, come quello che tu ci hai regalato.

la Circolare

ALTRI RINGRAZIAMENTI POST-GOLOSARIA MILANO Ledo srl Buonasera. Tutto lo staff Ledop ringrazia, nell'avere ricevuto il riconoscimento da Il Golosaria. Cordiali saluti Zeno - Monte dei Ragni Grazie. E complimenti per la manifestazione e l’impegno Questo ringraziemento mi fa particolarmente piacere, anche per­ ché mi dicono che siete restii ai premi e ai riconosicmenti. Per cui è un doppio omaggio Stefano Arrigoni - Osteria della Brughiera Egregi signori Paolo Massobrio e Marco Gatti, desidero ringraziarvi per il riconoscimento ricevuto e per l’ottima organizzazione della manifestazione, che ha reso proficua la mia visita e interessanti incontri. Cordiali saluti. Famiglia Circella, La Brinca di Ne Complimenti a tutta l’organizzazione, a Paolo e a Marco, sempre grandissimi! Un grande evento! Grazie per l’ospitalità e la grande considerazione! Giovanna - La Fefa Carissimi Paolo e Marco, complimenti infiniti e grazie. Affettuosi saluti. Nadia Magnani - Emiliana Tortellini Grazie mille, come al solito super emozionante! Vito Bianchi Grazie di poter farne parte e mi scuso x non aver potuto partecipare a questa bella festa un saluto ed un augurio di sempre buon lavoro. Giovanni Ederle, Amarone 2015, Verona Gentilissimi Paolo e Marco, purtroppo come anticipato da tempo non sono riuscito a presenziare a Golosaria quest’anno causa matrimonio e viaggio di lavoro. Mi è dispiaciuto davvero non esserci di persona anche perché ho visto e mi è stato riferito dal mio collaboratore Manuel Sorrentino che si è trattato di un bell’evento in cui si respirava una bellissima aria. Rinnovo come sempre il mio invito a Verona, in casa mia quando volete e anche nel nostro ristorante non appena avremmo messo a punto la nuova brigata e le nuove ricette invernali. Un grande abbraccio e ancora tante tante grazie! A presto Puoi contarci! Il tuo Amarone è stata la rivelazione dell’anno Rinaldo Casari - Ristorante Baracca Grazie per il Vostro lavoro! Noi con molte difficoltà potremmo partecipare a incontri a Milano, ma seguiamo sempre le Vostre iniziative. Distinti saluti Giuseppe Costa e Billeci Giovanna Cavalluccio Marino Hotel & Restaurant Grazie a voi per la bellissima esperienza che ogni anno ci regalate. Al prossimo anno.

46

lettere al direttore


Ilgaribaldi Vaudano Complimenti da chi giudica una delle poche guide gastronomiche VERE. Grazie e buon lavoro Villa San Carlo Mille grazie per tenerci aggiornati e complimenti per i risultati ottenuti anche di visibilità in TV e sui media in generale. Un ringraziamento particolare anche al fatto di non ritenere indispensabile essere “stellati” per saper fare il proprio mestiere con passione e… .anche successo (in certi casi!) e per rendere felice ed emozionata la clientela! Arrivederci a presto Enza Narcisi - La Locanda dei Narcisi Tantissimi complimenti per l’organizzazione, grazie mille! Al Posticino Frascati Grazie mille bravi peccato non esserci stati spero alla prossima.

BIELLA, DISTRETTO DEL GUSTO!

Arnaldo Cartotto (delegato Club Papillon di Biella) e Marco Berchi (giornalista) Cari amici, un grandissimo grazie a tutti per la magnifica riuscita della serata di ieri, sia nella parte pubblica (circa 180 partecipanti) che in quella privata (ricca di spunti sui quali lavorare). Come avrete notato nell'oggetto di questa mail è sparito il punto interrogativo. Questo era il principale obiettivo del nostro evento: ho sempre preferito seminare qualche dubbio piuttosto che diffondere certezze, ma adesso queste me le avete fornite voi e la vasta partecipazione a un evento che un tempo non troppo lontano non avrebbe raccolto a Biella neanche un quarto delle presenze. Un caro saluto a tutti, a presto. Arnaldo Cartotto Caro Arnaldo, mi unisco al plauso e al ringraziamento corali, ultimo tra cotanto senno (enogastronomico). Se potrò ancora essere utile, ci sarò. Saluti a tutti Marco Berchi

L’impegno quotidiano che le piccole aziende vinicole come la nostra ogni giorno profondono nello svolgere la propria missione non solo di coltivatori, ma soprattutto di promotori del proprio prodotto e del territorio da cui nasce, è immenso e veramente impegnativo. Ottenere un risultato come questo ci premia e ci aiuta ad aumentare la visibilità della nostra cantina che, per il tipo di agricoltura eroica che esprime, ci rende orgogliosi della nostra terra coltivata, difesa dalla foresta che negli ultimi decenni ha inglobato moltissimi terreni incolti nelle nostre vicinanze. La partecipazione a Golosaria Milano ci ha permesso di conoscere nuove opportunità che contiamo di sfruttare al meglio. Ci ha consentito anche di parlare del nostro innovativo sistema di vinificazione, Vinooxygen, che a oggi sta dando ottimi risultati in tre cantine oltre la nostra. Con la speranza di poterLa ospitare presso la nostra cantina per farLe conoscere personalmente la nostra realtà, Le auguriamo buon lavoro e con l’occasione porgiamo, con riconoscenza, cordiali saluti. Benvenuti nel mondo di Golosaria! Se sapremo trasmetterci vi­ cendevolmente informazioni faremo una bella strada.

UN PENSIERO SULLA VOSTRA GUIDA

Giorgio Maffè (Socio Club Papillon)

Grazie molte, approfitto per segnalare che per Piemonte, Liguria, Lombardia e Valle d’Aosta, nessuna guida è così profonda e corretta; leggermente troppo di manica larga, ma molto più imparziale di qualsiasi altra, compreso Michelin e L’Espresso… le altre ancora più netto il divario. Cordialmente. Grazie Giorgio, ci fa piacere anche ricevere questo riconoscimen­ to, che è un giudizio su un lavoro molto complesso e importante, come quello della valutazione dei ristoranti d’Italia. Spero che la “manica larga” non sia stata motivo di delusione, quanto piuttosto l’occasione di prendere in considerazione delle tavole che meritano, nonostante il silenzio mediatico nei loro riguardi.

Cari Arnaldo e Marco, anche voi avete fatto qualcosa che riguar­ da la Colleganza. Siete miei amici e ciò che avete fatto mi riempie di gioia. Poco alla volta, i nostri territori cominciano a pulsare del desiderio che coltiviamo per essi. Di questo, che ho visto accadere a Biella, da quando è diventata organica la presenza del Club di Pa­ pillon vi sono davvero molto grato. Da voi e da realtà come la vostra si può davvero ripartire.

L’ORGOGLIO DI UN PICCOLO PRODUTTORE

Andrea e Luca Elegir (azienda vitivinicola Borgo Moncalvo di Lo­ azzolo) Gentilissimo Dott. Paolo Massobrio, a nome di tutta la mia famiglia La ringrazio sinceramente per l’opportunità che ci ha dato premiando il nostro Sagittabondo 2005 fra i vini Top Hundred. la Circolare

47

CONVOCAZIONE ASSEMBLEA ORDINARIA ANNUALE domenica 15 marzo a Borgomanero (NO) presso Ristorante Pinocchio via Matteotti, 147 alle ore 8 in prima convocazione e alle ore 13 in seconda convocazione ORDINE DEL GIORNO: comunicazioni del Presidente - approvazione bilancio consuntivo 2019 preventivo anno sociale 2020 - varie ed eventuali Il Presidente Paolo Massobrio

lettere al direttore


Golosaria tra i Cast

28-29 marzo 14° anno

L

e Colline del vino sono nel Monferrato, dove per il 14° anno consecutivo si animerà GOLOSARIA TRA I CASTELLI.


telli del Monferrato

Oltre 20 paesi in festa, fra le province di Asti e Alessandria e due location principali: il castello di Casale Monferrato con i produttori di cose buone del Golosario e le cucine di strada con i birrifici artigianali; il castello di Uviglie a Rosignano Monferrato con Barbera & Champagne, uno spazio dedicato ai migliori spumanti italiani. Una grande festa, per tutti gli appassionati di turismo enogastronomico, cultura e lifestyle e per le famiglie che saluta l'inizio della primavera. Impossibile mancare! Cerrina, Fubine Monferrato, Masio, Terruggia, Vignale Monferrato, Castello di Frassinello, Mazzetti di Altavilla Distillatori dal 1846, Casorzo, Castagnole Monferrato, Castell'Alfero, Grazzano Badoglio, Montemagno, Montiglio Monferrato, Moncalvo, Portacomaro, Castello di Piea, Viarigi e tanti altri...

w w w. g o l o s a r i a . i t


prossimi appuntamenti

PROSSIMI APPUNTAMENTI COL PAPILLON dal 17 al 20 aprile VERONA VINITALY AND THE CITY - WINEEMOTION Torna Vinitaly and the city, il più grande fuori salone dedicato al vino che avvia la 54^ edizione di Vinitaly. Tante le novità di quest’anno con degustazioni, spettacoli e vere e proprie esperienze che uniscono il vino all’arte e alla cultura. E poi il grande ritorno del Palazzo del Vino Sostenibile e Dintorni con 100 cantine selezionate che porteranno a Palazzo Carli l’assaggio che interessa i buyer e gli esperti. È il racconto del vino di domani attraverso i dispenser di wineemotion. www.vinitaly.com/it/vinitaly-and-the-city dal 30 aprile al 3 maggio DIANO MARINA (IM) AROMATICA 2020 PROFUMI E SAPORI DELLA RIVIERA LIGURE La settima edizione di Aromatica propone i prodotti tipici del Ponente ligure, eccellenze di altre province e prodotti che annoverano tra i loro ingredienti le erbe aromatiche, ma anche gli oli e i vini del Ponente Ligure. Quattro intense giornate che, nell’accogliente centro pedonale di Diano Marina, ospiteranno gli stand dei produttori, cooking show, conferenze, presentazione di libri, street food di qualità, menu a tema nei ristoranti e tanto altro. E tutto, insieme a Paolo Massobrio.

20 giugno OROPA E SORDEVOLO LA GIORNATA DI RESISTENZA UMANA Prosegue la tradizione di ritrovarci intorno alla data del compleanno di Papillon. Saremo nei dintorni di Oropa (ritrovo alle ore 10,30) per iniziare un viaggio fra le scoperte più interessanti del nostro Club di Papillon locale. Pranzeremo a Graglia e poi proseguiremo gli incontri. Alle 19,30 saremo a Sordevolo per un’apericena, prima di assistere allo spettacolo serale della Passione di Sordevolo che si tiene ogni cinque anni, con tutti gli abitanti del paese che diventano attori. Uno spettacolo unico che attira spettatori da tutto il mondo. Abbiamo già provveduto a opzionare un certo numero di posti, e così anche i posti letto al Santuario di Oropa. Il giorno dopo potremo rivederci per la Santa Messa a Oropa. A tutti i soci di Papillon invieremo quanto prima i dettagli per accreditarsi in tempo reale. dal 31 ottobre al 2 novembre MICO - FIERAMILANOCITY GOLOSARIA MILANO 15^ EDIZIONE Sull’onda del successo della scorsa edizione va in scena Golosaria Milano. Sono attesi 300 produttori di food e 100 del mondo del vino, 20 cucine di strada e 80 incontri e show cooking, oltre a una serie di novità che renderanno ancora più unica l’esperienza, che lo scorso anno ha fatto registrare un 20% in più di ingressi di un pubblico proveniente da ogni parte d’Italia.

i nostri libri 2020

la Circolare

50

prossimi appuntamenti


LE NUOVE APP 2020 IL GOLOSARIO RISTORANTI

Il nuovo Golosario Ristoranti si fa digitale con una guida per iOS e Android dedicata ai migliori locali dove mangiare in tutta Italia: oltre 3.000 segnalazioni, sempre aggiornate e facilmente ricercabili. Scarica l’app e acquista la guida 2020.

IL GOLOSARIO NEGOZI

L’app per iOS e Android comprende circa 4.500 negozi che rivendono le cose buone d’Italia. Scaricala gratuitamente.

GOLOSARIA MONFERRATO

L’app per iOS comprende oltre 1.300 segnalazioni tra ristoranti, trattorie, agriturismi, negozi, produttori, strutture ricettive, monumenti da vedere.



Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.