NEBBIA E ATTORI. L’ANNO CHE VERRÀ Benvenuti nel nuovo anno, anche se è incominciato già da un
mese ma a quanto pare sembra d’essere tornati al via come il gioco del Monopoli. Il Covid con le sue varianti non dà tregua e pare stia diventando endemico, tant’è che nel momento in cui scriviamo sono ancora aperte le attività, anche
se il timore generalizzato sta creando dei lockdown di fatto. Ed è "Nebbia in Val Padana" (come documenta la bella foto di copertina di Monica Deevasis pubblicata su Photo Vogue). Da questo punto di segue a pag. 2
ISSN 2532-5973
l’editoriale
di Paolo Massobrio
gennaio
1
2022 anno XXVII
periodico dell’Associazione Club di Papillon diretto da Paolo Massobrio > Registrazione Tribunale Alessandria n. 443 del 3.7.93 > Poste Italiane S.p.a. in a.p. D.L. 353/03 (conv. L. 46/04) art. 1 comma 1, DCB Alessandria > > Aut. Dir. Prov. PP.TT Alessandria > Progetto grafico: Studio Due S.r.l, www.studio-due.it > Impaginazione: Studio Due S.r.l > Stampa: Litografia Viscardi,
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Papillon nel 2022 compie 30 anni Grande festa il 19 giugno Esce un terzo Golosario, a giugno, dedicato all'enoturismo
save the date
Le giornate del Vino a Milano 19 marzo e 23 aprile 2022
la novità
segue da pag. 1
vista è diventata profetica la canzone di Lucio Dalla dedicata all’anno che verrà uscita nel 1979, 43 anni fa. “L'anno vecchio è finito, ormai. Ma qualcosa ancora qui non va. Si esce poco la sera, compreso quando è festa/E c'è chi ha messo dei sacchi di sabbia vicino alla finestra/E si sta senza parlare per intere settimane /E a quelli che hanno niente da dire/ Del tempo ne rimane”. Chi sono quelli che hanno niente da dire? Me lo sono chiesto anch’io di fronte ai silenzi sempre più lunghi di chi rimane fermo, inerme, quasi che non ci sia mai un giudizio da giocare sulla vita che scorre. Cosa vuol dire “giocare” un giudizio? Ad esempio prendere atto che anche in un periodo problematico il bicchiere è stato mezzo pieno e talvolta basta poco per riempirlo: una telefonata, un cenno, qualcosa che determina una relazione e che
mentre si svolge ti fa percepire che sei al mondo. E solo per questo ti è chiesto di vivere. Ma si può anche morire dentro, invece, quasi abbracciando quella depressione collettiva per cui non c’è nulla da fare: siamo vulnerabili e padroni di ben poco. E dunque, per il solo fatto di aver preso atto di questa condizione, siamo nulla? C’è un altro passaggio della canzone di Lucio Dalla, che credo abbia toccato tanti fra di noi: “E senza grandi disturbi qualcuno sparirà...”
pure è una novità, che dice quanto rappresenti una bugia il pensiero che siamo nulla, mentre invece siamo relazione e se questa non ci fosse stata, così tenera ed intensa, non saremmo gli stessi. La chiosa della canzone di Dalla è poi un invito programmatico: “E se quest'anno poi passasse in un istante /Vedi amico mio / Come diventa importante/Che in questo istante ci sia anch'io”. È la frase dell’Io protagonista, che diventa pane e sale, come scriveva Romano Levi sulle sue etichette di grappa: un rapporto è pane e sale dell’amicizia. Mentre scrivo queste righe, due telefonate differenti mi sono giunte sul telefonino. Una di Laura, che ha perso il papà a 90 anni, di Covid, ricoverato in ospedale con varie complicazioni; l’altra della mia insegnante di italiano alle scuole superiori, Teresa Gianoli, che non sentivo da 40 anni. Per entrambe ho avuto
E qui l’elenco della nostra cronaca si infittisce di nomi anche stavolta: Maga Lino, Franco Ziliani e Lorenzo Corino che sono andati all’altro mondo con Pio Boffa e altri uomini del vino. Li abbiamo salutati con commozione, così come gli amici più cari come Luigino Amicone e Luigi Negri, che tuttavia hanno lasciato dentro al cuore un senso di pienezza anziché di vuoto. E questa
un pensiero solo: “Vi voglio bene”. Ossia desidero il vostro bene, che spesso passa attraverso la prova di un distacco: da una persona, da un luogo, ma in questo mondo c’è qualcuno che vi preferisce, che vi vuole bene a immagine e somiglianza di chi vi ha messo al mondo: dall’alto e dal basso. Questi pensieri vi consegno all’inizio di un nuovo anno, “Che passerà (dice sempre Lucio Dalla) /Ed io mi sto preparando/È questa la novità”. Pensieri che hanno dentro il desiderio della ripartenza che per noi ha negli occhi il grande evento di Golosaria Milano dove di fatto abbiamo messo in scena la Colleganza, ossia la capacità di mettersi insieme, favorita da un evento che tuttavia ha dettato un clima, dove ognuno, espositore o visitatore che fosse, si è sentito protagonista. Ecco la parola con cui vogliamo ripartire: Protagonisti della vita che ci è data. Possiamo farcela!
I T I V I R C IS O AL SUBIT
LLON I P A P I D CLUB
22 PER ILn2os0tri libri
Riceverai i a e la tesser a associativ
MODALITÀ DI ISCRIZIONE - con versamento su bollettino di conto corrente postale c/c 10211159 intestato a: Associazione Club di Papillon; - con bonifico bancario (richiedi le coordinate tramite il modulo associativo di pagina 25 o scrivendo a info@clubpapillon.it); - in contrassegno inviando via fax, al numero 0131261678, il modulo associativo di pagina 27; - con carta di credito
la Circolare
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Verso i
30 ANNI del Club di Papillon Quest’anno taglieremo il traguardo dei 30 anni della nostra Associazione, confortati dai soci che anche nel 2021 non ci hanno lasciato, ma anzi hanno rinnovato l’iscrizione per il gusto di una relazione. Per questo siamo a chiedere a tutti, oggi, di rinnovare subito l’iscrizione per l’anno 2022 che è ricco di novità: lo sono i nostri libri, ben cinque in questa fine anno, che rappresentano il nostro modo di raccontare un mondo fatto di tante piccole microimprese. Ma saranno tante e nuove anche le iniziative del 2022, che vi racconteremo nel dettaglio già sulla prossima Circolare.
Intanto ci vedremo tutti il 19 giugno a Oropa e Sordevolo per una grande festa!
ililGolosario Golosario Guida alle cose buone d’Italia
di PAOLO MASSOBRIO
MILLE E PIÙ GHIOTTONERIE E VINI
aziende agricole, oleifici, negozi, boutique del gusto, enoteche e cantine
2022
D UEMILAV E NT IDUE
la Circolare
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XVI EDIZIONE
10I11 TRA I CASTELLI DEL settembre MONFERRATO 2022
e r ve vi a d e n i l le col
il gusto della distinzione XVII EDIZIONE
Milano
5I6I7 novembre 2022
Friuli alla Sicilia, passando per la Toscana, la Puglia, il Piemonte e l’Oltrepo’ Pavese. A presiedere la cena ci sono Domenico, Francesco e Michele Zonin accompagnati dall’amministratore delegato Pietro Mattioni.
il diario di viaggio
Sarà una cena di grande charme e gusto, grazie anche al bravo chef di questa location, scelto da Bartolini, che è Michele Cobuzzi. E sarà anche un momento di coraggio perché non credo sia stato facile per i ragazzi affrontare un evento in pubblico, in Italia, dove le vicende della Banca Popolare di Vicenza legate al padre Gianni che ne è stato presidente ancora occupano le cronache. Però lo hanno fatto con naturalezza, mettendo a tema la qualità dei loro vini, ineccepibile, dando un chiaro segno di continuità. Questo ho registrato e questo mi fa piacere raccontare.
L’ultima Circolare dell’anno arrivava fino ai primi giorni di ottobre, ripartiamo dunque da lì per raccontarvi un periodo che si può paragonare ad una burrasca su un mare apparentemente calmo. Il Covid 19 è ancora fra di noi. 11 ottobre In Vino Veritas, ma veramente Se guardo il calendario dell’anno precedente, l’11 di ottobre era una giornata buia perché il Covid ricominciava la sua impennata, per prolungarsi fino a primavera inoltrata, condizionando buona parte della vita, del lavoro e delle varie iniziative. A quell’ora eravamo nel pieno delle registrazioni di Golosaria Fiera On Line, certi che non avremmo mai potuto fare il nostro evento in presenza. E stava per uscire un libro, Del Bicchiere Mezzo Pieno, che è stato provvidenziale per la serie di incontri (più di 50) e di riflessioni che ha provocato, pur essendosi svolti a distanza, online. Per questo mi ha colpito tornare in quella forma, grazie ad Alessandra Colonna che mi ha invitato alla ripartenza della sua trasmissione del lunedì su LinkedIn, per parlare di vino: “In Vino Veritas”. E prima di aprire la finestra dedicata al vino eccoci ad ascoltare un’incredibile storia di Colleganza con un gruppo che si definisce “Disalmente mamme”, tutte giovani, tutte con la voglia di vivere: Antonella Tarantino, Samantha Crespi, Pina Fadda e Margherita Rastiello. Era la puntata della ripartenza per Alessandra e l’incontro è stato veramente intenso e profondo, perfettamente in linea con l’idea di quest’anno di Golosaria che vuole mettere in luce le persone che si mettono insieme per uno scopo. Una di loro ha pure a che fare col vino, nella zona del Lambrusco a Castelvetro e pur intervenendo nella seconda parte della puntata mi sono sentito accolto e dentro alle loro storie.
Francesco Zonin con Enrico Bartolini e Michele Cobuzzi alla serata dedicata ai 200 anni della Maison
Come ogni mercoledì ecco la mia riflessione su Avvenire, mutuata dagli eventi e dagli incontri di questo mese. BASTA UN GIORNALINO PER FAR STORIA DI COMUNITÀ Viaggiare per le colline del vino con le vigne spoglie dopo la vendemmia è impagabile in queste giornate di transizione verso il freddo dell'autunno. A Grana Monferrato, Emanuela e Giovanni hanno creato dal nulla un'azienda dedicata al vino, Prediomagno, ristrutturando una villa di fine Ottocento che chiamavano "castello" e hanno puntato sul Ruché, uno dei rari vini prodotti in sette Comuni di questo areale. Ora, se penso che l'innamoramento per questo vino che ha prodotto nuovi investimenti si deve a un parroco, don Giacomo Cauda, che a Castagnole Monferrato coltivava la vigna del beneficio parrocchiale, mi viene facile cercare le radici nei santi sociali del Basso Piemonte. Per esempio in san Giovanni Bosco, che veniva a vendemmiare in questi paesi bellissimi, coi suoi ragazzi. Arrivato a San Desiderio di Calliano il sole si stagliava sulla facciata della chiesa, quasi una pieve di campagna, che aveva una bellezza tutta sua, dentro e fuori. Sono entrato e poi ho chiesto se il sabato ci fosse la messa prefestiva. E sono tornato con mia moglie per conoscere don Silvano Lo Presti, il parroco, che ci ha portati a vedere anche la chiesa principale del paese dove sono esposti pregevoli dipinti del Caccia. Un sacerdote a cui la diocesi di Casale ha affidato ben quattro parrocchie, ma ciò non lo ha distolto dal creare il bollettino della comunità, che leggo tutto d'un fiato, scoprendo
Paolo Massobrio dialoga con Alessandra Colonna
13 ottobre Zonin a Milano festeggia i suoi 200 anni Evento a Milano, nella nuova location che porta la firma di Enrico Bartolini: Anima nell’hotel Milano Verticale/Una Experience dove è ambientata pure l’osteria contemporanea Vertigo. L’occasione sono i 200 anni di Zonin, la storica cantina del Veneto che negli anni ha sviluppato una teoria di aziende, in varie parti d’Italia, dal la Circolare
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che un suo predecessore, don Luigi, aveva creato la tivù del paese. Nelle pagine a seguire si parla poi di storia e arte, di cultura e missioni, oltre alle notizie sullo sport (qui va forte il tamburello) e su una certa vita che è ripartita; c'è persino il cruciverba. Mi ha fatto tenerezza questo tentativo di dialogare ad ampio raggio attraverso un foglio di carta, veicolato anche on line, ben costruito graficamente, ricco, che ha lo scopo di mostrare il dono di un'identità che ha un prima, un presente e un dopo. Mi ha ricordato i miei genitori che conservavano gelosamente l'"Amico di Masio", su cui ogni tanto tornavano anche solo per guardare una fotografia. Un paese che smarrisce la memoria difficilmente si appropria di ciò che vale nel presente. Questo mi vien da commentare di fronte ai disordini nelle piazze di questi giorni, che hanno solamente un impeto distruttivo nel momento in cui stiamo uscendo da un tunnel. Prendo allora in prestito l'editoriale del parroco di Calliano per chiosare l'appello della settimana: «Non ci sono tempi tristi o perdenti. Ci sono solo tempi per essere buoni». (Avvenire, 13 ottobre)
dando ad incontrare le cantine, una ad una. Ma l’agenda subisce un brusco cambiamento perché mi si presenta un’occasione ghiotta: Piero Lugano, dell’azienda Bisson di Chiavari ha scelto questo giorno di sole e di vento debole per inabissare in fondo al mare, nella Baia del Silenzio di Sestri Levante, le sue bottiglie di spumante che portano il nome Abissi. È un evento spettacolare, a cui Piero tiene molto, essendo stato io, nel dicembre del 2010, il giornalista che presentò alla Brinca di Né questo vino e questo progetto. Sulla barca, insieme ad Alessandro Ricci con tanto di macchina fotografica, c’è anche una troupe televisiva francese e un produttore di birra che vuole sperimentare l’immersione di una cesta in fondo al mare. Le 46 gabbie di acciaio inox contenenti ognuna 550 bottiglie sia di brut metodo classico sia di brut rosé vengono trasportate dalla base su una barca più grossa con una gru. Poi un paio di sommozzatori si adoperano di maneggiare le gabbia sott'acqua per accatastarle in ordine nel fondale: al buio e soggette alle onde (quasi un remuage naturale).
14 ottobre Da Piero Lugano, il signore degli Abissi Siamo alla vigilia della partenza per Verona, dove si terrà la special edition di Vinitaly, costruita a fatica, settimana dopo settimana, an-
E un metodo di affinamento assai particolare, che ha un fondamento scientifico e che ha fatto la fortuna di questo produttore di vino, che di fatto ha dato un grande contributo alla rinascita del vino ligure e alla valorizzazione dei vitigni autoctoni locali, fra cui la bianchetta genovese. Ora, appena si racconta questa storia le domande della gente sono talmente tante, che alla fine, con Piero Lugano, abbiamo deciso di raccontarle in un libro, che vedrà la luce nella prima parte del 2022, partendo dai primi giorni di vita di questo geniale uomo del vino. Gran bell’occasione! 15 ottobre Partenza per Verona: ritorna Vinitaly! Si parte per Verona, finalmente: tre giorni molto intensi di incontri e di degustazioni, con qualche evento collaterale davvero unico. La manifestazione si svolge in fiera in tre padiglioni, con gli stand dei produttori e quelli delle realtà consortili aggregate. Un salone è dedicato esclusivamente alle sale di degustazione, dove pure io mi cimenterò in tre appuntamenti curiosi, oltre agli altri sette in programma. Davanti ai due padiglioni principali è stato allestito uno spazio per la cucina di strada, con tanto di poltrone in plastica dove la gente si accomoda volentieri favorita dal sole dell’autunno. Con me anche Marco Gatti, col quale ci godremo una serata nella nostra trattoria scaligera dell’anno che è al Pompiere di Marco Dandrea.
Paolo Massobrio e Piero Lugano in barca sulla baia di Sestri
C’era attesa per questo evento che non solo ha segnato una fattiva ripartenza del mondo del vino, ma ha pure permesso di incontrare, dopo tanto tempo, i buyer europei. Erano 400 le aziende presenti e per molti è stata un’occasione di visibilità, e di soddisfazione, secondo la legge dei numeri per cui a fronte di spazi più contenuti e meno espositori i contatti sono stati più proficui di quanto si potesse immaginare. 16 ottobre Il De Buris e i suoni della vigna Preview sabato pomeriggio, nel Vigneto La Groletta dell’azienda Tommasi, dove nasce il mitico Amarone riserva De Buris, che esce col millesimo 2010, dopo anni di affinamento. Per l’occasione la famiglia al completo ha scelto di portare i giornalisti in un luogo vivo, col sole del pomeriggio, ad assistere ad un evento musicale unico, creato dall’artista e sound designer veronese Giacomo Ceschi: un concept album composto da otto tracce musicali che uniscono i
L’immersione in mare delle bottiglie di “Abissi”
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suoni delle fasi di produzione dell’uva e quindi del vino alla traduzione sonora dei dati meteorologici dell’annata 2010, creando sonorità inedite. Quindi una degustazione di tre annate annate del loro vino iconico (2008-2009-2010) in una delle più belle e antiche ville venete, Villa De Buris, lungo un tavolo apparecchiato per provare l’abbinamento con tre idee originali: flan di broccolo fiolaro zucca e patata viola arrosto e mousse di taleggio colato; filetto di
sgombro marinato con cicoria ripassata e salsa di aglio dolce; filetto di maialino rosa con susina e polvere di cannella. Infine la cena di gala, in un loro locale in centro di Verona, il Caffè Dante. Che dire? Un evento memorabile senza se e senza ma, curato fin nei minimi particolari con tante suggestioni che non solo ruotavano intorno a un vino grandioso, ma anche a una famiglia antica di viticoltori che ha saputo creare un esempio diffuso in tutta Italia di enoturismo. Con questa famiglia m’ero incontrato già nella primavera passata, per degustare tutti i vini delle tenute e cenare a Villa Quaranta, ma vedendoli in azione mi è venuta spontanea la domanda: come è possibile che la complessità di una famiglia sia capace di essere di spinta alla creatività di ciascuno? Lo dico perché ci sono casi dove invece la famiglia è un freno e l’arte di restare uniti è qualcosa di non facile scontatezza. Qui invece sembra che ognuno abbia avuto modo di trovare il proprio ambito espressivo, fino alla capacità di osare su terreni inesplorati, come quello della musica ispirata dalla vita della vigna. Davvero una gran bella storia. 17 ottobre Si apre ufficialmente Vinitaly special edition Inaugurazione classica con il convegno di apertura che dà voce alle autorità di ogni ordine e grado e poi via negli stand. Le mie degustazioni in programma sono dedicate all’innovazione, la prima con i vini bianchi (il Natyr di Baglio di Pianetto, il Traccia di Bianco de Le Fraghe; Le Rive Gauche rosè di Malvirà; Acqui rosè Sei Anime di Cuvage; il Ferrari Brut Perlè e il Sopraquota900 di Rosset); la seconda con i vini rossi (il Keir Syrah di Tua Rita; il Montefalco Sagrantino 25 anni di Caprai; il Nero d’Avola riserva Cutaja di Caruso e Minini; il Nebbiolo Ebbio di Fontafredda; il Veneto Si Mento della cantina di Negrar e il Syrah di Zymè). Tutte sold out in quanto a partecipazione e già questa è una bella soddisfazione. Di queste sessioni, dove talvolta hanno partecipato anche i produttori, mi ha colpito l’assaggio del Bianco Sopraquota900 dell’azienda Rosset di Aosta, che ha ricevuto un fragoroso applauso, tanto che ho voluto chiamare in diretta Nicola Rosset per fargli percepire la soddisfazione. Con Marco Gatti, poi, abbiamo condotto cinque delle dieci degustazioni dedicate ai Consorzi dei vini lombardi, organizzate da Ascovilo insieme al Consorzio di tutela del Grana Padano. Anche qui momenti appassionanti, con sei vini alla volta, descritti e abbinati alla diverse stagionature del Grana Padano. E sempre la sala piena di gente.
Nel vigneto La Groletta per la presentazione del mitico Amarone riserva De Buris 2010 con la famiglia Tommasi
La degustazione verticale a Villa De Buris con Giancarlo Tommasi
Questa immagine della sala piena di gente ad ogni sessione di assaggio m’ha fatto percepire fisicamente quella voglia di partecipazione che solo il vino riesce a suscitare. Lo dico perché mai m’era capitato di fermarmi a commentare con i partecipanti, pieni di curiosità sui vini e desiderosi di incontrare i produttori. Ci voleva eccome questa special edition. Bisogna tenerne conto. 18 ottobre Lunedì: altra intensa giornata di assaggi, e spicca lo stand del Piemonte Altra giornata di assaggi, ad esempio allo stand della Regione Piemonte, che inizialmente non era stato voluto dal presidente di Piemonteland Matteo Ascheri (il quale poi si dimetterà a fine anno, denunciando di aver ricevuto troppi no alla sua gestione, senza ricordarsi di quelli che ha detto lui). Tuttavia l’assessore regionale all’Agricoltura Marco Protopapa lo ha voluto questo spazio, e grazie al personale di Piemonteland e al vicepresidente Filippo Mobrici
La bottiglia di Amarone riserva De Buris
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(perché il presidente neppure si è degnato di essere presente) era quasi il luogo più attraente di tutte le realtà collettive. È arrivato persino il ministro Patuanelli, insieme con il presidente di Veronafiere Maurizio Danese. per rilasciare interviste, mentre durante il corso della manifestazione ho visto giovani professionisti, ristoratori, che al banco si organizzavano degustazioni orizzontali di vini per conoscere da vicino le nuove annate e le altre doc meno conosciute. Curiosa la degustazione di Cortese e di Custoza, condotta dal sottoscritto, per mettere a confronto due vini di due zone differenti ma con la stessa anima (nel Custoza il cortese prende il nome di Fernanda).
Rebola “Vivi” di San Valentino e il Preja da uve baratuciat di Enrico Druetto di Murisengo Monferrato). Una chiacchierata amabile, con colpi di scena per la qualità stupefacente di alcuni di questi vini. Se dovessi dare un voto per la degustazione più divertente vergherei un 10.
Ma, al di là di tutto, come avrebbe potuto mancare il Piemonte in una manifestazione nazionale? L’assessore lo ha capito e giustamente ha voluto marcare una presenza che ha avuto la sua utilità. Il presidente di tutti i Consorzi dei vini piemontesi, che era stato riconfermato di recente a capo del Barolo e Barbaresco, invece no. Ora, Matteo Ascheri che conosco da una vita è una persona pacata e buona, ma sulla capacità di rappresentare nutro più di qualche dubbio. Del resto se a quelli del Barolo e Barbaresco va bene un presidente così, al quale va pure bene che si venda il Barolo a 9,90 negli Autogrill, un motivo ci sarà. Si ma quale? Mi piacerebbe ricevere la risposta che so, da Angelo Gaja, da Aldo Vajra, da qualche patriarca del vino o da qualche imprenditore che abbia una visione dinamica. Non so se arriverà, ma se arrivasse non mancherò di dirvelo. Per ora, come si dice in piemontese “Bugia nen” (non ti muovere che non si sbaglia. NDR).
Andrea Scanzi e Paolo Massobrio al termine della degustazione condotta in tandem a Vinitaly Special Edition
Andrea è un abile comunicatore e come nel 2008 si è posto con una buona dose di umiltà davanti a quegli assaggi. Evidentemente non la pensiamo allo stesso modo, scrivendo di politica su quotidiani che per certi versi sono agli antipodi: lui sul Fatto Quotidiano io su Avvenire e talvolta su Italia Oggi. Tuttavia il vino ha la magia di riporre tutto a un livello adeguato, che è quello della stima umana. Poi fuori di qui ognuno griderà, polemizzerà, farà quello che la legge dell’audience richiede, ma ogni tanto è bello vedere che si può parlare pacatamente, stando con le cose belle e buone. Cena col Fumetto di Secondo Marco A proposito di divergenze neppure parallele, dopo essere uscito frettolosamente dall’albergo, appesantito da una giornata di assaggi e di movimento su e giù per i padiglioni, mi arriva dopo le 21 della sera una bella fotografia di Fabio Cavallari, anche lui collega (e di sinistra) che brinda con Luigi Amicone, già direttore del settimanale Tempi (lontanissimo anni luce dalla sinistra e pure da Scanzi) che brinda con l’Albana di Romagna dell’azienda Tozzi, che fra qualche settimana salirà sul palco di Golosaria per ricevere il riconoscimento dei Top Hundred 2021. La guardo e rispondo con un veloce emoticon, mentre in palese ritardo arrivo nella cantina di Secondo Marco a Fumane, per la presentazione del suo Amarone Fumetto e per la cena in cantina. Anche Marco Speri è uno dei produttori del mio e nostro privilegio, giacché fra i primi, con Marco Gatti, lo incoraggiammo quando nel 2008 prese la sua strada, uscendo di fatto da una grande cantina storica della Valpolicella. Ma le sue capacità si sono dimostrate subito, dacché alle Anteprime di Amarone, in svariati anni, il suo si posizionava sempre al primo posto. Ora, questa sera mi ha voluto al suo tavolo con la moglie Teresa, sempre bellissima e tenace e con il titolare dell’azienda Sagna, distributore dei suoi vini e che conobbi più di vent’anni fa quando con un areo da sette posti, con Francesco Arrigoni, ci portò a Reims a casa della famiglia Roederer. E poi Attilio Pagli, l’enologo della cantina, per il quale nutriamo ammirazione e simpatia. Una quarantina di persone, fra giornalisti, operatori e amici, quasi per celebrare l’inaugurazione della nuova cantina su tre piani. Anche se
Nello stand di Piemonte Land of Wine con il ministro Stefano Patuanelli, l’assessore all’Agricoltura della Regione Piemonte Marco Protopapa e Filippo Mobrici, presidente del Consorzio Barbera d’Asti e Vini del Monferrato e Gianni Bruno di Vinitaly
I vini come piacciono a noi, con Andrea Scanzi La degustazione di vini con Andrea Scanzi non è passata inosservata e c’era da aspettarselo. I social l’hanno accolta con una buona quantità di insulti e di improperi, diretti a un giornalista certamente divisivo, che tuttavia, in tempi non sospetti, ha scritto un libro, L’Elogio dell’Invecchiamento, dedicato ai vini, che presentammo insieme nel 2008, quando anch’io uscii con I Giorni del Vino (Einaudi). Ci conoscemmo lì, oltre ad una breve parentesi alla Stampa, sotto la direzione dei primi anni di Mario Calabresi. Il gioco era tuttavia questo: lui doveva scegliere tre vini del cuore (e ha scelto il Dissidente Rosso di San Donatino, Il Lambrusco dell’Emilia Sacaramisc di Marco Lanzotti e il Barbaresco 2016 di Cascina Roccalini), io altrettanti. E siccome Andrea è andato subito sui rossi, a me è toccato scegliere tre bianchi (la Ribona di Podere Sabbioni, La la Circolare
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il protagonista è questo Amarone che nasce nel 2008 con sette anni di affinamento in botte e tre in bottiglia e in etichetta ha i fumetti di Riccardo Pagliarini che raccontano la storia dell’annata (geniale) con i fatti di cronaca più salienti.
stazione di Andrea Scanzi. Alle 6,57 mi scrive: “Stanotte è morto improvvisamente Luigi Amicone”. “Che dici?” gli rispondo, memore di quelle foto che insieme a Fabio Cavallari avevo ricevuto intorno alle 21 di ieri sera.
Marco Speri alla presentazione del suo Amarone “pop”
Fabio Cavallari e Luigi Amicone
Ed è vero. In pochi minuti altri amici mi confermano questa notizia che sembra impossibile e resto sgomento, in silenzio, mentre WhatsApp è un tam tam. Ma siamo appesi veramente a un filo? Oggi ci sei, domani sei da un’altra parte. Ieri non c’eri, poi ci sei, usando una frase proprio di Luigino, come lo chiamavamo noi, che scrisse ai suoi figli per ricordargli la fonte della fede. In questa situazione lo spettacolo deve comunque continuare e il mio è sul palco dello stand delle cantine di Riccardo Cotarella, che mi ha chiesto di commentare alcuni vini che ho premiato fra i Top Hundred e che arrivano dalla sua scuderia. In particolare Codice di Vini, Tenute Leone Alato, Di Majo Norante. La giornata si chiude con l’ultima degustazione dedicata ai vini della Lombardia e al Grana Padano, insieme a Giovanna Prandini, presidente di Ascovilo, e Carlo Alberto Panont, direttore del Garda Doc. Poi salgo in auto e torno a casa, mentre al telefono chiamo Pier Luigi Magnaschi, direttore di Italia Oggi al quale propongo un pezzo su Amicone e lui mi dice: “Lo avevo sentito pochi giorni fa”.
La bottiglia di Fumetto con le illustrazioni di Riccardo Pagliarini
Dire che mi sono sentito a casa di amici è quasi pleonastico. Però una cosa mi ha colpito di Marco ed è lo sguardo di suo padre, che da pochi anni non c’è più (e lui ci ha sofferto tanto) immortalato su una parete della sala degustazioni con le immagini delle sue mani contadine. Un segno di affezione verso un uomo che in qualche modo lo ha assecondato, anche nelle sue follie. Ma quando l’amore porta al frutto di far sprigionare la creatività di una persona, questo è come un paradiso. 19 ottobre Muore Luigino Amicone La sveglia è al mattino presto per leggere i giornali prima di entrare in fiera. E con gli occhi ancora velati dal sonno leggo i messaggi su WhatsApp, qualora ne fossero arrivati nella notte. Ce n’è uno di Guido che insieme a Fulvio era con me ieri pomeriggio alla degula Circolare
Che situazione: sembra Luigino che abbia voluto salutare tutti gli amici prima di andarsene, quasi come un presagio. Lo scopro sentendo alcuni di loro che mi circoscrivono incontri e momenti nei giorni precedenti.
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Come sono belle le cose che fanno ridere e piangere insieme. Questa frase di Milosz descrive proprio bene questi giorni: la gioia del Vinitaly e dei tanti incontri, carichi di positività, la dipartita di un amico, improvvisa. È il mistero della vita.
21 ottobre I Funerali di Luigino I funerali di Luigino si sono celebrati nel Duomo di Monza, che a fatica è riuscito a contenere tutte le persone. E c’eravamo proprio tutti, almeno noi che con lui abbiamo condiviso la facoltà di Scienze Politiche in quegli anni Ottanta. Sorprendente l’omaggio che gli è stato riservato da tanti giornalisti, spesso avversari, così come da politici (lui era stato consigliere comunale di minoranza, in quota a Forza Italia, fino alla scorsa legislatura) fra cui il sindaco Beppe Sala, che ha scritto un messaggio tutt’altro che banale. C’era anche Gad Lerner al funerale, per dire quanto nella vita alla fine conti più l’umanità che esprimi della contrapposizione da avversario che puoi vivere.
Marco Gatti con Giovanna Prandini durante la degustazione dedicata ai vini della Lombardia e al Grana Padano
Direttamente da Vinitaly scrivo il mio Appello di gusto su Avvenire di oggi, parlando di una minaccia della Ue per quanto concerne il vino. IL CIBO SANO CHE RESISTE AI BUROCRATI DELLA UE La special edition di Vinitaly che si è conclusa ieri a Verona è stata una ventata di ripartenza vera con oltre cinquanta sessioni di degustazione, tutte piene di gente, e un pubblico di operatori che dopo due anni sono tornati a vivere un momento di confronto coi circa 400 produttori presenti. Il Covid ha imposto le necessarie misure di sicurezza, compreso il Green pass, che il mondo della ristorazione e anche del vino ha accolto con benevolenza. La ripartenza del resto è qualcosa di molto concreto se pensiamo che l'export è in crescita per il made in Italy e i tavoli dei ristoranti sono tornati a essere pieni, per esempio in una città come Milano, mentre a Verona si cena coi doppi turni. Ma c'è anche un dato che riguarda il vino, rilevato da Iri per Vinitaly sulle vendite nella Grande distribuzione organizzata: l'aumento del valore. Che tradotto significa che sono tornati i consumi domestici di bottiglie importanti, a fronte di un calo in quantità dovuto alle graduali riaperture dei locali. Tuttavia a Verona tutte queste notizie positive sono andate a cozzare con le intenzioni dell'Unione Europea di mettere in atto azioni di allerta sulle etichette delle bottiglie simili a quelle per le sigarette. Ora, sono passati quasi vent'anni quando una proposta simile sollevò una protesta generalizzata in tutta Italia e non se ne fece nulla. Oggi ritorna, con la scusa della lotta al cancro. E ancora una volta il vino viene equiparato ai superalcolici. Se poi vi aggiungiamo il Nutriscore, definita come l'etichettatura a semaforo, che mette fra i buoni certi cibi e fra i cattivi prodotti l'olio extravergine di oliva, capiamo subito che qualcosa non torna. Alleanza delle Cooperative s'è detta preoccupata se il futuro diventa un fascicolo di avvertimenti, per cui oltre al vino, a ben guardare, tutto ciò che mangiamo sarebbe sconsigliabile. Ma lo è davvero se viene concepito fuori da una regola. La nostra regola si chiama Dieta Mediterranea e ha la sua forza la Circolare
nella varietà degli alimenti, per cui dentro a un insieme non si può parlare di un alimento che fa bene o male, piuttosto di un'alimentazione corretta o meno. Lo sanno bene dietologi e nutrizionisti di casa nostra, meno i burocrati che alla responsabilità di educare, scelgono la via breve di mettere la voce divieto. E se anche lo scippo del nome Prosecco con un fantomatico Prosek croato minaccia uno dei vini più venduti al mondo, che richiederà altri sforzi e battaglie, la stagione che abbiamo di fronte è tutt'altro che rosea. Cercasi allora prova di buon senso a Bruxelles, pena l'emergenza perenne dell'economia agricola. (Avvenire, 20 ottobre)
Una vita piena quella di Luigino, che ha saputo trasformare questo funerale in una festa, secondo l’accezione cristiana del termine. “Meno male che la vita è triste perché se non fosse triste sarebbe disperata” ha ripetuto come un ritornello una delle sue figlie leggendo un saluto struggente e ricordando che l’ultima sera era a cena con il suo amico comunista, Fabio, in una di quelle situazioni come piaceva a lui: mangiando e bevendo in allegria, sapendo che in tutte le cose c’era sempre un velo di tristezza, che è quello dell'incompiutezza. Lo stesso giorno su Italia Oggi è uscito il mio pezzo che ripropongo: LUIGI AMICONE, UN GRANDE GIORNALISTA IN CERCA DELLA VERITÀ CHE NON CHIUDEVA MAI LE PORTE DAVANTI A NESSUNO L’ultimo messaggio di Luigi Amicone su what’s up me lo ha mandato lunedì alle 22,40: una foto con un bicchiere di Albana e il suo sorriso gioioso, di chi ancora una volta sta condividendo una serata: con l’amico Fabio Cavallari. Ma chi avrebbe immaginato oggi di trovarmi al suo funerale, perché un’ora dopo un infarto lo ha portato via? Luigino, così venne soprannominato da don Giorgio Pontiggia, prete burbero e paterno, vocazione adulta e tempra fuori dagli schemi, che gli fu padre. E come lui don Giussani, che alla fine degli Anni Settanta rimase colpito dalla baldanza di quei giovani che vivevano la compagnia e anche il “lusso della compagnia”, come diceva il Gius, che era l’amicizia. Fu talmente travolgente la loro simpatia umana che quegli anni universitari cambiarono connotati e prospettiva di Comunione e Liberazione, quasi un nuovo inizio anche per don Giussani. Ma Luigino era particolare e la sua passione stava nel cercare personaggi originali: ex terroristi, carcerati o tipi spesso sopra le righe. Gli piaceva indagare nell’umano come se volesse dire: se sei al mondo c’è un posto anche per te, perché non è l’errore che hai commesso o un limite ciò che ti può determinare. Lo aveva dentro questo afflato e con l’inseparabile Inti (al secolo Antonio Intiglietta, patron di Artigiano In Fiera) andavano nella redazione di Lotta Continua, convinti che sul piano umano
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ci si potesse anche incontrare, oppure da Giovanni Testori, ma anche da Norberto Bobbio e Giuan Brera, per il gusto di discutere sulle ragioni della fede. Quando entrai in Università Cattolica, era il 1980, Amicone aveva firmato il manifesto programmatico della presenza di Cielle in Università: “La prima politica è vivere” e solo dopo capii perché lui preferiva andare a bere da Moscatelli in via Garibaldi anziché nei locali à la page di Brera: anche un locale spoglio ed essenziale si può riempire di vita se ci siamo noi, poveri ma belli, con un calice di Malvasia di Casorzo e niente più. Negli anni Novanta fui tra i primi a scrivere su Tempi, il settimanale che aveva fondato, ma litigammo aspramente sul tema degli Ogm: lui a favore io molto critico. Ritirai la firma, ritenuta inadeguata alla linea del giornale, ma quella fu l’occasione per aprire fra gli amici, rara avis, un dibattito su un tema di attualità dove non sempre la si pensa allo stesso modo. Però quando scrissi un libriccino sull’amicizia, volli lui ad Asti a presentarlo perché Amicone (nome omen) era l'amicizia fatta persona. Lo capii già nel 1981, quando sapendo che sarebbe venuto a casa sua un amico cui teneva molto, scese in cantina a prendere la bottiglia più preziosa che teneva: un Barolo. Gli dimostrai che avevo imparato la lezione, quando cinque anni fa, all’inizio di una malattia che ha poi sconfitto, lo accolsi a casa mia con una magnum di Barolo insieme ad Annalena, la moglie, figlia di Jean Valenti, fondatore dell’Associazione Italiana Sommelier. Il figlio Francesco, che scrive da dio come Luigino, ha fatto un libro bellissimo sulla vita del nonno, che ebbi l’onore di prefare. Luigino era generoso, non solo col prossimo, ma con la vita: sei figli, una moglie tenace e profonda e tanti amici, perché per lui la relazione era il pane quotidiano. Non sono riuscito e piangere e nemmeno a esser triste martedì, sconvolto si: Luigino mi ha dato tanto, troppo, perché lui gustava il centuplo quaggiù con la certezza dell’eternità. Lo voglio ricordare allora con un bicchiere, il Caricagiola di Francesco Lepori di Trinità d’Agultu, dove aveva casa. Ci saremmo incontrarti fra due settimane a Golosaria, perché quel vino sincero è il Top dei Top dei vini bianchi, decretato ogni anno con Marco Gatti, cresciuto nel suo quartiere e anche lui soprannominato Marchino da don Giorgio (che è morto il 19 ottobre del 2009: lo stesso giorno di Luigino). Sotto la foto che mi ha mandato lunedì c’era anche una riga di promessa: entro l’anno in Sardegna. Faremo tutto, Luigino, è una promessa, sperando di non perdere mai quella febbre di vita che ti ha fatto simile ai tuoi padri. 22 ottobre A casa di Dan con Annalena La sera dopo siamo a casa di Dan che compie gli anni (60!!!) e Imma, a Milano. E con noi c’è Annalena, la moglie di Luigino,
Festeggiamenti per i 60 anni di Daniele (Dan) Sacco
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insieme ad altri amici. Lei con suo fratello Francesco e tutti noi, a parlare come se Luigi fosse ancora qui, con la sua straripante vita. E ci racconta che prima di chiudere la bara, gli ha messo la sciarpa del Milan dentro, che era un’altra delle sue passioni. Che bel regalo è stato questo invito di Dan: è come quando morì mia mamma e la sera del funerale, era l’ultimo dell’anno del 2008, mi trovai insieme a quegli amici che non avrei più abbandonato. Ci vuole un luogo nella vita, dove ridere e piangere insieme. Una casa che sia come una custodia per preservarci dalla futilità, dalla mancanza di speranza, viatico per vivere ognuno il proprio destino, che svela sempre un altro mondo se è dentro a una relazione. 23 ottobre A Forme a Bergamo Stamane con Silvana facciamo un salto a Bergamo alta, dove si svolge la manifestazione Forme, concentrata più sulle degustazioni che sul mercato. Anche se nel cuore della città alta non passa inosservato lo stand di Ferdy con Nicole e Nicolò che vendono i loro formaggi straordinari. E c’è anche lo stand dello Storico Ribelle. Una bella mattina di sole, in una delle città più belle d’Italia, che quasi rinfranca. Con l’occasione saluto il caro amico Alberto Gottardi, vicepresidente di Forme, che con entusiasmo sta facendo vivere questa manifestazione davvero molto bella.
Paolo e Silvana a Bergamo per Forme. Con loro Niccolò Quarteroni e la moglie Nicole dell’agriturismo Ferdy di Lenna
25 ottobre Conferenza stampa di Golosaria nel nome della Colleganza Oggi è la giornata della conferenza stampa di Golosaria a Milano, nella sala Marco Biagi al pianterreno del Palazzo della Regione. E come sempre gli eventi a Milano si accavallano, giacché c’è in contemporanea la presentazione della guida alle Osterie d’Italia. Ma nonostante questo la partecipazione dei giornalisti è buona e l’idea che abbiamo avuto con Marco Gatti è stata quella di far sviluppare il tema della Colleganza da quattro case history efficaci. Dopo i saluti del padrone di casa, l’assessore regionale all’Agricoltura Fabio Rolfi, interviene dunque Mary Sanvito di Fattormia, che detterà anche i titoli dei giornali; Nicolò Ferdy dell’omonimo agriturismo, Flavio Bonardi, presidente della Strada dei Vini e dei Sapori dei Colli Longobardi, in rappresentanza di quello che svilupperà la Regione Lombardia a Golosaria, ossia la Colleganza di tutte le
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strade lombarde, con uno spazio davvero bello e clamoroso. Infine Giovanna Prandini, presidente di Ascovilo che ci aveva indicato un esempio virtuoso fra i produttori di vini delle terre Lariane e che ha raccontato a tutti. Finita la conferenza facciamo un salto, con Marco Gatti e i nostri ragazzi che seguono i social, Andrea e Luca, nei giardini della trattoria Ratanà di Cesare Battisti, per fare alcune riprese. Poi un piatto insieme, scoprendo che al tavolo di fianco a noi si siederà Carlin Petrini, reduce dalla presentazione della guida di Slow Food: “Suma tucc piemunteis?” mi dice simpaticamente.
26 ottobre I vini di Tramin a Milano per festeggiare i 30 anni di Willi Sturz Avevo partecipato al debutto dello Chardonnay Troy tre anni fa ed oggi non potevo mancare con l’enologo della cantina Willi Sturz alla degustazione dei vini iconici di questa cantina, conosciuta più per i Gewurtztraminer. E infatti la degustazione dedicata ai 30 anni dell’enologo della cantina Tramin che seguirà, abbinata ai piatti di Stefano Cerveni che occupa le cucina del ristorante della Triennale
La presentazione di Golosaria Milano. Da sinistra: Carlo Alberto Panont (Garda Doc); Maria Sanvito (Fattormia); Giovanna Prandini (Ascovilo); Flavio Bonardi (Strada del Vino e dei Sapori Colli Longobardi); l’assessore Fabio Rolfi; Paolo Massobrio; Marco Gatti e Niccolò Quarteroni (Ferdy)
Willy Sturz, enologo della cantina Tramin
di Milano, sarà semplicemente clamorosa. Nell'articolo pubblicato su ilGusto.it racconto attraverso i vini questa storia iniziata nel 1991. La sua rivoluzione è stata quella di individuare i caratteri di ogni microzona e valorizzarli al massimo. È del 2009 l'Epokale, un Gewürztraminer che sta a contatto 8 mesi coi lieviti, affinato per sei anni nelle grotte, che definisco "pazzesco". Tra i vini assaggiati, l'elegante Bianco “Stoan” 2005, lo Chardonnay Troy 2018, il mitico “Nussbaumer” Gewürztraminer 2016 di cui scriverò: "è come la perfezione che rincorre l’infinito". E poi il Terminum 2009, altro vino bianco caratterizzato da pulizia e bevibilità e l’Epokale 2015 dalle miniere di Monteneve in val Ridanna a oltre 2.000 metri di quota, dove sta 6 anni al buio a una profondità di 450 metri. Willi Sturz è un personaggio tosto, ma soprattutto un uomo umile, come dev’essere chiunque cerca di far riflettere la perfezione. E lui ci è riuscito in maniera clamorosa: me ne rendo conto assaggiando e riassaggiando i vini che vengono messi nel bicchiere e di cui, ovviamente, non rimane neanche un goccia. L’assestamento nel post Covid si raggiunge con un rispetto della prossimità. Questo il pensiero che ispira il mio Appello su Avvenire di oggi. L’articolo di Roberta Schira (Corriere della Sera Milano) che rilancia la case history della Colleganza di Fattormia
La Colleganza è il tema forte che abbiamo scelto per questa edizione tanto attesa, dove tutti coloro che hanno resistito escono più forti di prima. Del resto Golosaria ha il merito di rappresentare ciò che c’è di nuovo e il mettersi insieme è la vera novità del momento, capace di rivitalizzare la montagna, come nell’esempio di Ferdy che a Golosaria troverà altri alleati, uno su tutti Giordi Tava, con le sue uova di montagna del Trentino. la Circolare
PROSSIMITÀ, LA RICETTA CHE ASSESTA IL PAESE Chiamiamola “assestamento” la fase storica che stiamo vivendo e che porta a farci sperare in una stabilità. Nelle scorse settimane fra Verona e Milano mi sono imbattuto nella formula del doppio turno nei ristoranti, con orari ben stabiliti a distanza di due ore. Pare sia l'effetto della carenza di personale, anche se all'apertura di un McDonald's a Saluzzo, nei giorni scorsi, si sono presentati in 100. Le maestranze di sala sembrano ritornare timidamente, mentre i luoghi privilegiati per gli acquisti di Natale, tipo i garden center, stanno già lavorando a pieno ritmo, perché l'incognita di
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una stretta per il secondo Natale consecutivo veleggia nella mente di qualcuno. Si cercano poi assestamenti nel mondo della sanità, dove il valore della prossimità sta diventando strategico, ma lo era anche per i negozi di alimentari e per tutto quanto fino a pochi anni fa rendeva vivibile una vita diffusa fra quartieri in città e paesi della provincia italiana. Ora, la parola prossimità credo sia anche la porta che apre all'inclusione, ed è la parola che emerge dopo questi due anni di pandemia non ancora risolta. Eppure in questo Paese c'è stata una politica che ha letteralmente divelto l'architettura della prossimità, per riportarci a un centralismo che non si occupa dei particolari. L'intervista di ieri ad Aldo Bonomi su questo giornale è stata illuminante a proposito: «In sostanza va ricostruita la società di mezzo, rivitalizzando i corpi intermedi, in modo da affrontare i flussi senza subirli». Ma perché ci dobbiamo trovare a ricostruire ciò che poteva non essere distrutto? Perché di fronte all'abolizione delle Province, che qualche ruolo in tema di prossimità pure lo avevano, non s'è scaldato nessuno, mentre oggi dalla Settimana Sociale di Taranto sentiamo dai giovani la necessità che obiettivi come l'ecologia integrale vengano declinati nei territori, o nei luoghi, come li chiama Bonomi, che hanno tuttavia la necessità di una regia? Sembrano domande destinate a non avere risposta, giacché il trasformismo dei partiti e poi dei governi serve anche a nascondere errori e responsabilità. Dunque la politica che potrebbe compiere il suo assestamento a gennaio con l'elezione del capo dello Stato, dovrebbe rispondere a questa esigenza di prossimità, senza mortificare oltremisura il ruolo dei sindaci e di chi dal basso, ancora, si assume una responsabilità. Questo appello è tuttavia anche una preghiera per domani, giorno di Giuda il Taddeo, il santo dei casi impossibili. Perché protegga l'Italia nella sua essenza e dalla recrudescenza della pandemia. (Avvenire, 27 ottobre) 29 ottobre Diventare società Benefit Giornata importante quella di oggi, perché dal notaio Mussa di Alessandria, dopo un percorso realizzato con la società Akensis in capo a Massimo Folador, la nostra società Comunica diventa Benefit. Un passaggio non da poco, suggerito da più parti, per una realtà che inizialmente è nata come supporto alle iniziative culturali del Club di Papillon e di Papillon ne ha sviluppato i valori, portando benefici ai vari territori, ma soprattutto sviluppando suggestioni programmatiche come l’ultima, dedicata al tema della Colleganza. Il percorso ha coinvolto tutti i dipendenti, ma anche le varie fasi del nostro lavoro, che saranno soggette a verifiche periodiche per capire se stiamo andando nella direzione che ci siamo prefissisati. Un’opportunità e una sfida, che aiuta a mettersi in discussione intorno a dei valori che assai spesso si danno per scontati. Ma il beneficio diffuso di un’attività è qualcosa che va preservato e incoraggiato, perché in questo modo cambia la prospettiva e anche la coscienza con cui si fanno le cose. Non è facile, soprattutto in un ambiente di lavoro, uscire dal proprio ambito di mansioni che spesso rischiano di diventare una routine. Dentro questa sfida infatti c’è molto di più e per tutti: ad esempio la domanda su quale sia il significato di un lavoro. E non è poca cosa. 30 ottobre A Rodengo Saiano per una Franciacorta in Bianco itinerante Sabato mattina sono atteso a Rodengo Saiano, paese della Franciacorta con tre abbazie bellissime. Mai avrei pensato di metterci due ore da Milano, avendo incontrato ben due incidenti in autostrada. la Circolare
E quando giungi alla meta può succedere, anche a Rodengo, di perdersi e sbagliare abbazia. In ogni caso quella giusta, ovvero l’Abbazia Olivetana dei Santi Nicola e Paolo VI è decisamente clamorosa. Arrivo in ritardo quando la conferenza stampa ambientata nella sala capitolare affrescata è già iniziata. È il primo atto della presentazione di Franciacorta in Bianco in tour, che il comune di Castegnato ha deciso di lanciare, per creare attesa all’evento che nel 2022, dopo due anni di assenza, dovrebbe celebrarsi come tradizione a metà ottobre. La sala è piena di sindaci della Franciacorta, di autorità e produttori. Fra questi l’assessore regionale all’Agricoltura Fabio Rolfi e un produttore di formaggi, Bruno, che realizza dei prodotti eccellenti sotto il marchio Zona Malga. C’è poi Patrizia Turelli, l’assessore alla cultura e alla manifestazioni di Castegnato e il vulcanico Luca Riva, che insieme con noi ha steso il calendario con un appuntamento al mese dedicato all’assaggio e all’abbinamento coi formaggi e i vini della Franciacorta. Che dire? Mi ha sorpreso questa Colleganza, non solo fra Comuni limitrofi, ma fra interessi da comunicare: il cibo, il vino e il genius loci, che significa costruzioni come questa, monumenti storici, castelli, chiese, opere d’arte. Un modo per recuperare la coscienza di un’appartenenza e per capire su cosa si può scommettere.
Foto di gruppo al termine della conferenza stampa di Franciacorta in Bianco in tour
1 novembre A Carpi col Salamino di Santa Croce Dopo aver fatto la visita al cimitero di Masio, sono già in partenza per un doppio evento. Il primo si tiene a Carpi ed è dedicato al Salamino Day, ovvero “Odi, celebrazioni e degustazioni del Lambrusco Salamino di Santa Croce”. Arrivo nel primo pomeriggio e la giornata che doveva essere di festa con le bancarelle in piazza è stata funestata da pioggia e vento. Per cui troviamo ricovero nella sala di un locale polifunzionale, che fa parte del complesso del castello di Carpi, dove in quattro sessioni di assaggio, con un paio di produttori alla volta, passo in rassegna alcuni dei migliori campioni di Lambrusco, realizzati con questo ecotipo. Con me Mirco Bellucci, sommelier Ais che serve i vini di Cavicchioli e Giv&Giv; della Cantina di Carpi, di Terre dei Pio, della Cantina Santa Croce e della Cantina Venti Venti che, caso vuole, quest’anno figura fra i Top Hundred di Papillon. È stata un’esperienza divertente che mi ha inchiodato al tavolo dalle 16 alle 20, a dialogare e ad assaggiare vini. Mi hanno molto colpito quelli della Cantina di Santa Croce degustati insieme all’eno-
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logo Michele Rossetto, che aveva sia il prototipo denominato “Tradizione” e sia quello da “Vigne Vecchie” che ho trovato perfetto, tanto da scriverne poi su IlGusto.it. Ma anche Andrea Rabazzoni di Venti Venti ha sorpreso, perché giocare con il salamino per fare una bollicina metodo classico non è da tutti. E credo che la famiglia ci sia riuscita, nel segno proprio della distinzione. Lunga vita al Salamino!
Le tavole rotonde sono più leggere dei convegni che invece richiedono relazioni un poco più articolate. Ma hanno il loro scopo, almeno di mettere in luce degli aspetti. Uno su tutti, al di là del problema della carenza di personale nei locali, è stato che i pizzaioli contemporanei hanno capito una cosa: non possono sedersi sugli allori, ma sono destinati non solo all’innovazione, ma alla continua sperimentazio-
I relatori di PizzaUp. Da sinistra: Paolo Marchi, Paolo Massobrio ed Enzo Vizzari
A Carpi per celebrare il Lambrusco Salamino di Santa Croce
2 novembre Pizza Up in Presenza, segna la svolta contemporanea Da Carpi a Verona, giusto per dormire prima di ripartire per Vighizzolo d’Este. All’ora di cena di un giorno festivo con la pioggia è stato sconfortante trovare chiusi i propri punti di riferimento sulla strada, per cui la soluzione è stata fermarsi in una trattoria che neppure nomino a Nogarole Rocca, giusto per riempirsi lo stomaco. Dopodiché eccoci all’evento, anche questo tanto atteso, di Pizza Up, il simposio della pizza contemporanea, che si tiene ormai da 16 anni nella sede di questo mulino dove è partita una vera e propria rivoluzione. L’apertura dell’evento, voluta da Chiara Quaglia e Piero Gabrieli è dunque stata con una tavola rotonda moderata dal giornalista Sebastiano Barisoni per fare il punto della situazione sull’economia del settore e sulle criticità. E per questo hanno chiamato i responsabili delle guide gastronomiche: il sottoscritto per IlGolosario, Enzo Vizzari per l’Espresso, Paolo Marchi per Identità Golose e un inserto molto utile di Monica Nastrucci, giornalista di Food che ha fatto un’analisi statistica della situazione.
ne. Da questo punto di vista, ho presentato pubblicamente la scelta di Aurora Mazzucchelli (Corona Radiosa Rossa unica) di convertire il proprio ristorante famoso in un locale dedicato ai lievitati come una sfida per tutti, perché vedere dei cuochi che si cimentano in quell’ambito, significa alzare l’asticella del confronto. Per tutti. 3 novembre Cena col Garda Doc da Matteo Scibilia Si entra nella settimana di Golosaria e da oggi sarò a Milano, mentre i miei sono già in fiera per gli allestimenti. E oggi ci sarà una serata speciale, dedicata al Garda doc, che è stato messo in 10 alberghi della città dove è stato offerto un brindisi a tutti gli ospiti. La cena d’avvio, con cinquanta persone prenotate, fra cui un tavolo di giornalisti e diversi consumatori attenti, è da Matteo Scibilia a Piazza Repubblica a Milano. La scelta è ricaduta su lui perché Matteo ha deciso di giocare un menu dedicato al pesce di lago. Soddisfazione in Carlo Alberto Panont, direttore del Garda doc, e soddisfazione in tutti i presenti, non solo per quei piatti grandi (la zuppetta di pesce di lago e l’anguilla erano da 10 e lode) ma per la riuscita degli abbinamenti che hanno messo in luce quanti bravi produttori ci siano in questa denominazione ampia, che sarà anche l’Official Wine di Golosaria. Diciamo che la partenza è stata ottima!
Paolo Massobrio tra Matteo Scibilia e Carlo Alberto Panont alla cena dedicata al Garda Doc
I pizzaioli riuniti da Molino Quaglia per PizzaUp
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Dall’esperienza di Pizza Up ecco lo spunto per stendere il mio Appello di gusto su Avvenire di oggi. PURE LA PIZZA FA I CONTI CON LA TUTELA AMBIENTALE Le immagini del G20 passate su tv e giornali hanno offerto un'idea molto chiara dell'Italia che possiamo riassumere nella parola “accoglienza”. Il summit si sarebbe potuto svolgere anche in un capannone isolato (invece ci fanno i rave party), blindati e isolati da tutto e da tutti... ma non sarebbe stata la stessa cosa. Quanto gioca nella diplomazia l'esperienza di relazione di fronte a qualcosa di bello, ma anche di buono? Sicuramente un ruolo ce l'ha, soprattutto nell'attenuare tensioni, favorendo la predisposizione all'ascolto. Per questo va preso sul serio questo aspetto che caratterizza l'Italia che è l'accoglienza, la convivialità, molto spesso calpestata quando in un bar o in un ristorante c'è chi pensa di avere di fronte numeri e non persone. E l'involuzione inizia dal banconista che ti chiede cosa prendi per colazione (magari ordini del salato) e ti appioppa subito il caffè, che non è una bibita da accompagnamento, ma il finale, molto spesso sorseggiato freddo. È un particolare, intendiamoci, che tuttavia dice che la professionalità dell'accoglienza significa immedesimarsi con chi hai di fronte, essere attento a quei minuti di sosta, anziché parlare a voce alta con il collega di orari di lavoro e questioni private. Il gusto dell'accoglienza dovrebbe diventare materia di insegnamento, ma da più parti si lamenta che, in assenza di personale, latita anche l'invio di curriculum, soprattutto da parte dei giovani. Un paradosso che non si spiega in un momento in cui cresce la povertà e quindi la necessità di lavorare. A Vighizzolo d'Este, i pizzaioli “contemporanei”, quelli che hanno scelto la strada della cosiddetta pizza gourmet, si sono ritrovati per il loro congresso annuale, Pizza Up, promosso in presenza dal Molino Quaglia. E questi temi sono riecheggiati in una tavola rotonda dove si è parlato anche di gestione di una situazione non facile, pensando che l'ultimo consesso aveva messo a tema l'empatia. Come si fa a coniugare questo aspetto che ha a che fare con l'accoglienza con la necessità di far tornare i conti? Ancor più ora che fra i vari problemi del clima si torna a parlare dei forni a legna dispensatori di particelle di Pm10, per cui sarebbe auspicabile una manutenzione più frequente delle canne fumarie e una serie di accorgimenti sull'uso della legna e sulla lavorazione delle farine. Sono sfide che coinvolgono lavoratori alla ricerca di una serenità, sotto tutti i punti di vista. Anche quella di essere corresponsabili, nel proprio piccolo, del grande tema legato all'ambiente. L'accoglienza significa, anche, questa assunzione di responsabilità. (Avvenire, 3 novembre)
Ci lascia Lorenzo Corino E fra i lutti che ricorderemo a lungo c’è anche quello di Lorenzo Corino, che ci ha lasciati nella sua casa di Costigliole d’Asti dove faceva il vino con il suo metodo che era lo stesso della Maliosa di Saturnia. Mi telefona Antonella Manuli, la titolare, e si capisce quanto porti dentro un dolore grande perché le è stata tanto vicino, soprattutto in questo anno difficile, dove Lorenzo ha vissuto una bellissima primavera fra le vigne della Maremma, che erano libere come il suo pensiero.
Paolo Massobrio e Lorenzo Corino in Maremma
A febbraio siamo stati insieme tre giorni e in quell’occasione ho potuto mettere a punto una lunga intervista che è stata una bomba, per i messaggi che ha lanciato e che portano alcuni a voltare le spalle da un’altra parte, perché la sostenibilità è una bella parola, mentre occorre un lavoro che non sempre è facile da attuare. Lorenzo era una persona umile, ma preparata, determinata, tenace. La sua intervista, con Marco Gatti, l’abbiamo voluta riportare come apertura del libro L’Emozione del Vino, quasi un presagio per dire che tutto il suo sapere non andrà disperso. Peccato non poter essere al suo funerale. Ma una cosa è certa: continueremo a ricordarlo. Bevendo già stasera un suo vino.
4 novembre I funerali della mamma di Rino Franzese Stamane io e Marco Gatti siamo nella chiesa di San Leone Magno in piazza Udine per i funerali della mamma di Rino Franzese, una colonna del Club di Papillon fin dalla prima ora e un amico tenace. Con la medesima tenacia era legato a sua mamma, che lo ha cresciuto con un amore speciale che Rino è riuscito a trasmettere sempre: agli amici, a sua moglie Odette, a noi del Club, ma anche agli avversari o ai compagni della politica quando si rese disponibile per fare il consigliere di zona. Oggi lo abbiamo abbracciato con la compagnia con cui è cresciuto, gli amici, tanti, tutti direi, del quartiere Feltre di Milano dove anch’io sono cresciuto. Amici che rimangono per sempre. la Circolare
Lorenzo Corino e Antonella Manuli della Fattoria La Maliosa
5 novembre Buongiorno Regione e Milano che si sveglia Vigilia di Golosaria, eccomi al mattino presto dedito alla lettura dei giornali, poi un caffè al bar della Certosa di Garegnano e via alla sede Rai di corso Sempione, per la diretta di Buongiorno Re-
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gione. Mi hanno invitato come ospite per raccontare l’edizione di Golosaria che domani apre i battenti al MiCo e volentieri sono intervenuto, dopo la carrellata di notizie sulle regione, che per molti rappresentano un risveglio consueto prima di andare al lavoro. Quando dopo circa un’ora rientro per prendere il secondo caffè, il barista mi guarda con fare interrogatorio: “Ma era registrata la puntata vero?”. “No ero in diretta, da qui a corso Sempione ci si mette un attimo”. “Non è possibile: avevo appena servito il caffè, mi giro e la vedo apparire alla televisione”. Risate mutuate dalla realtà, anche se sembrava il set di un film di Lino Banfi. Al pomeriggio sono in fiera, con tutti i collaboratori, per la consueta foto propiziatoria, questa volta con la mascherina di Golosaria, anziché con la maglietta. C’è un ambiente più arioso, c’è più spazio, cosa che reputo ideale per una manifestazione che deve fare i conti con il Covid che ancora non incalza, come invece avverrà un mese più tardi. Domani si parte!
Lo staff “mascherato” prima dell’apertura di Golosaria Milano
6 novembre Golosaria e la tesi sulla Fiera On Line Sembrano passati anni luce dall’anno in cui abbiamo realizzato Golosaria Fiera On line, ed era solo un anno fa. E mai mi sarei immaginato che fra le migliaia di persone che lo scorso anno si erano collegate, ci fossero due giovani, una di Torino e una Milano, Gaia Casati in questo caso, che hanno prodotto una tesi di laurea. Gaia infatti mi attende all’apertura della manifestazione per consegnarmi il suo lavoro che ha per titolo “L’eredità degli eventi digitali e virtuali, realizzati durante la pandemia di Covid 19. Il caso di Golosaria Fiera on line 2020”. Un bell’inizio, prima che si aprissero i battenti di una fiera che finalmente si svolge in presenza, tutto al piano terra, compreso il clamoroso spazio wine, che vede la partecipazione di un centinaio di produttori, praticamente un record rispetto agli anni passati. C’è poi l’area delle cucine di strada, con la mitica focaccia di Recco di Manuelina, ma anche il truck de I Bravi Ragazzi di Meda e poi Mariangela Susigan del Gardenia di Caluso con i suoi piatti che valorizzano l’orto e le erbe. E ancora: Beestrò Smokehouse; Ta-Ttà - La Polpetteria + Gastronomia di Quartiere; Riso Rosa Verelè e Hostaria di Puglia. I produttori del Food sono anch’essi storici e alcuni nuovi, come ad esempio Giovanni Tava con le sue uova di montagna, la Forneria Manidi che porta la sabbiosa tipica del Lodigiano, I&P con l’olio declinato in sei versioni della cultivar Canino e tanti altri. la Circolare
Poi c’è il clamoroso spazio della Regione Lombardia con tutte le strade dei vini e dei sapori rappresentate; quello bellissimo del Grana Padano che rappresenta le stagionature del Grana nelle 13 province dove si produce questo formaggio. Lauretana guarda il palco delle premiazioni e degli eventi, mentre la Regione Valle d’Aosta ha allestito uno spazio con i produttori eroici e il Friuli Venezia Giulia un luogo dove più volte al giorno si svolgono degustazioni coordinate da Gunnar Cautero che a Milano gestisce la friulana Osteria della Stazione. Petra la Farina, nel suo stand colorato proporrà quattro appuntamenti al giorno dedicati al mondo dei lievitati e sarà un successo. Nell’area del wine non passa inosservato lo spazio dedicato alla Barbera d’Asti e del Monferrato, ma anche quello centrale del Garda doc, che attrae tanta gente. C’è la massiccia presenza dei produttori del Molise, sono ben sei con la Tintillia; di quelli del Monferrato, e quelli della Valpantena (saranno 4) coi loro Amarone. Mentre fra le new entry ecco Tanita Danese con le bollicine di Durello firmate Fongaro, ma anche Tiefenbrunner che sorprende tutti, data la concomitanza col Merano Wine Festival. Le chicche sono anche le presenze di tre cantine Top dei Top, davvero sconosciute ai più: Francesco Lepori dalla Sardegna, L’Aurora di Francesco dai Colli Apuani e L’Autin direttamente dalle grotte di gesso di Barge, in Piemonte. Molto interessante sarà poi l’Enoteca dell’Emozione del vino, titolo del nostro libro che celebra i vent’anni del riconoscimento ai migliori vini d’Italia. E qui gli assaggi vengono presi d’assalto, con una presenza significativa di Barolo e Amarone, e tanti vini degni del piedistallo di Golosaria. Sarà una Golosaria che ha l’aria della festa e della Colleganza, come dice il titolo e anche il convegno di apertura moderato da Tessa Gelisio, con Massimo Folador e alcune case history che definirei eroiche (Barbara Varese de La Bursch di Oretto di Campiglia Cervo, Stefano Pezzini della Latteria San Pietro, Moreno Baggini degli Orti Sociali, Marco Faccioli di Cometa e Marco Lucchini del Banco Alimentare), con altre che sono qui per un premio patrocinato da FattorMia e dal Club di Papillon. Ora, citare i nomi di tutti diventa lungo, ma sul Golosario, quest’anno li abbiamo messi giustamente in evidenza. Il primo atto è comunque dedicato ad Anna Dente, l’Ultima Ostessa che stava a San Cesareo, nella sua osteria e che ci ha lasciato un anno fa (era il 25 novembre). Arriva la figlia Angela Ferracci, che ha fortemente voluto questo libro dedicato a sua mamma, con le ricette iconiche della sua storia. Arriva Emilio, il fratello, Emanuela Tamburini, produttrice di vino e amica di famiglia e poi Simone Fracassi, il macellaio di Rassina e persino Carlo Cracco, che partecipa allo show cooking dove Lisa Tozzi Fontana cucina una carbonara con la pasta Martelli, il guanciale di Fracassi, il pecorino di Amatrice, le uova di montagna di Tava e l’olio di I&P. C’è ressa per entrare anche solo per fare un selfie con Cracco, che ha deciso di rendere omaggio a questa grande cuoca romana e che prima di andare via va a trovare Roberto Mascarin, titolare dell’azienda San Valentino, che vinifica i suoi vini bianchi prodotti in Romagna. Sul palco di Golosaria si avvicendano gli amici di Comieco, che hanno organizzato un convegno, moderato dalla giornalista Giulia Mancini, sul fenomeno del Delivery e del packaging. Intanto vanno in scena gli show cooking e le degustazioni di vino, che segnano una storia. Cito quella dedicata alla Tenuta Stella di Sgonigo (clamorosi i vini per il livello a cui sono arrivati oggi), quindi la Barbera secondo la selezione del
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Consorzio di Tutela; i vini della Valpantena delle 4 aziende che si sono messe insieme coordinate da Massimo Gianolli della Collina dei Ciliegi (con lui Costa Arente, Figaretto e Bertani) e infine la degustazione dei vini di Tozzi a Casola Valsenio che debuttano a Golosaria, con quella mitica Albana che è Top Hundred. Con me Virginia, la nipote di Franco Tozzi, che insieme al compagno Peter porta avanti l’azienda agricola e vitivinicola. Fra gli show cooking viene preso d’assalto quello sul non spreco con le occasioni offerte da Grana Padano; quindi Regione Lombardia, i Maestri del Gusto di Torino e Frigo2000 che porta lo chef Luigi Cassago. Alle 22,30 si chiude il sipario su questa prima giornata, bellissima, riuscita, ordinata. Si chiude col rammarico di non aver potuto visitare gli stand uno ad uno, come in passato, perché questa faccenda del Covid mi impone di nascondermi per evitare un gran numero di contatti, oltre al fatto di avere un’infiammazione alla gamba destra che mi mette a dura prova. Però tutto passa in secondo piano e fra noi aleggia il sorriso: con Francesco Saliceti, che è il mio assistente anche in questa edizione, con Nello Pavone, che oggi compie gli anni e insieme a Marco Beneggi, anche lui ingegnere, hanno assistito Silvana nella progettazione della manifestazione. Nel frattempo arrivano le televisioni, fra cui Italia Uno, intercettata dalla nostra ottima Federica che manderà in onda un servizio di 20 minuti sulla manifestazione, davvero bello. Questa settimana ha poi avuto due preview come la cena in un locale storico di Milano, la Pobbia, con i famigliari e poi il venerdì sera all’Antica Trattoria Magenens che ha raggiunto dei livelli altissimi, tanto da crepar dal ridere a pensare che una guida come la Michelin ancora non se n’è accorta. Domenica si firma il Manifesto della Colleganza La domenica di Golosaria si apre con la messa, celebrata da don Fabio Pagnin, nostro socio del Club di Papillon che ci raggiunge da Genova. Poi tutti sul palco per la premiazione dei 100 + 20 e 20 migliori vini d’Italia che è anche un debutto del nostro libro, l’Emozione del Vino e dello sponsor di questo momento che è il Banco BPM. Emozionante sarà il momento della salita sul palco delle cantine memorabili del 2022 una per ogni regione (Agricola Ciccio Zaccagnini; Andi Fausto; Arnaldo Caprai; azienda agricola Rosset; Baraccone; Cantine Spadafora 1915; Caruso e Minini; Elena Walch; Fongaro; Fattoria Zerbina; Marco Carpineti; Mario Lucchetti; Mesa; Montenidoli; Musto Carmelitano; Paolo Deperi; Pio Cesare; Pojer & Sandri; Quintodecimo; Valentina Passalacqua; Vodopivec Paolo) con un emozionato Gavino Sanna che siede in prima fila con la moglie Lella. Fra gli show cooking quello dedicato al Molise con i suoi tartufi farà subito il sold out cosi come quello con Ettore Bocchia di Villa Serbelloni, voluto dall’azienda oleicola Ione Zobbi. E se la Lombardia propone i capunsei, Lauretana con Matteo Scibilia vuole dimostrare come un’acqua leggera ben si accompagni al mitico bottaggio d’oca. Monica Bianchessi invece realizza gli show cooking del Grana Padano, che attende l’arrivo di Patrizio Roversi su una bicicletta speciale, dove le ruote sono due forme di formaggio. Sul palco alle 14,30 sale Mario Sala, esperto di marketing, che tiene una lezione di 15 minuti ai bottegai d’Italia giunti per le premiazioni e per firmare il manifesto della Colleganza. E a sorpresa chiamo sul palco anche Angelo Frigerio di Tespi Group per commentare e Sabrina della gelateria -16° di Lainate, che di fatto ci suggerì con una lettera memorabile questo titolo che la Circolare
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abbiamo adottato. Poi una lunga carrellata di premiazioni, con l’intento di far emergere le novità. Ogni gruppo viene presentato dallo sponsor, con un filmato, ma quando tocca a Patrizio Roversi, simpatico ed esilarante, i tempi si allungano e salta la scaletta. Ma è uno spettacolo sentirlo parlare, cosi come il presidente del Consorzio di Tutela Renato Zaghini, compiaciuto del clima. Nel frattempo presentiamo il concorso Modon d’Or riservato alle migliori Fontine d’alpeggio; quindi le salumerie e macellerie, le gelaterie con Gianni Babbi sul palco, le pasticceria, le panetterie con Farina Petra, le boutique del gusto con Farchioni, le gastronomie con Riso di Nori e le enoteche con ristoro con Gaetano Marzotto di Lamole&Lamole che sale sul palco. Intanto i wine tasting proseguono col Garda doc in rosa e con la degustazione dedicata ai vini Top Hundred, condotta da me e Marco Gatti, dove debutta un emozionato Matteo Fenoglio col suo brut d’Alta Langa, accanto a Tanita Danese di Fongaro, Marisa Cuomo, Terre D’Aligi, Colmello di Grotta e Peq Agri. Come vedete non c’è un minuto di respiro per me e Marco Gatti, che guida la degustazione dei Gavi (le età del Gavi) mentre in coda alla giornata tocca a me celebrare i 60 anni del Pinot Grigio di Santa Margherita e presentare i vini della Valle D’Aosta con il simpatico Andrea Barmaz. C’è tanta soddisfazione fra gli stand e la gente perché Golosaria è innanzitutto un clima che si respira e qui il respiro è proprio quello della Colleganza. Peccato, ma veramente peccato, vedere che, una volta chiamati sul palco, quelli assenti sono i titolari di botteghe e negozi di Milano, cioè quelli a casa loro. E l’ironia di chi è venuto da ogni dove si spreca sul milanese che deve laurà (sì, solo lui). Nonostante avessi telefonato di persona alla panetteria Crosta o a Zoppi & Galloppi, non si sono fatti vivi, mentre il grande Rampinelli dell’omonima pasticceria di via Mac Mahon, non è riuscito a firmare il Manifesto, per via dei tempi che sono slittati. E questo in qualche modo mi è dispiaciuto. Però vedere gente che è venuta dalla Sicilia, dal Veneto, dalla Basilicata, dalle Marche, portando a casa qualcosa è stato confortante. Golosaria rappresenta un momento di riflessione oltreché di incontro con chi può favorire una distinzione, mancare è sempre un’occasione persa. Però anch’io sono perso dalla stanchezza, quando mi portano al ristorante Giulia, la sera e a fatica riesco a stare a tavola, nonostante quei fantastici piatti di pesce. la Circolare
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Lunedì, una giornata record Che la giornata del lunedì registrasse più ingressi del sabato francamente non me lo sarei aspettato. Eppure così è stato, complice la straordinaria partecipazione dei cuochi e titolari di ristoranti, che quest’anno hanno assistito ad una premiazione a scaglioni, per via del Covid e degli accorgimenti sulla sicurezza. Per cui abbiamo iniziato dal palco al mattino con Milano, poi il resto della Lombardia in un altro blocco, quindi il Piemonte e la Valle d’Aosta. Nella pausa pranzo è stata la volta dei premi speciali, per riprendere alle 14,30 con il resto dell’Italia. Chiusura appena in tempo alle 16 per guidare la storica e tradizionale degustazione dei vini Top dei Top (i 4 di quest’anno: per i vini bianchi il Colli del Limbara “Zilvara”; per i vini rossi è il Candia Colli Apuani Vermentino Nero “Riflesso” 2019 di L’Aurora di Francesco di Massa (MS); per gli spumanti il Trentodoc Extra Brut Biologico Riserva “Paladino” di Revì di Aldeno (TN) e per i passiti il Passi di giò (malvasia moscata) 2017 di L’Autin di Barge (CN) più uno storico assoluto che è stato Arpepe, con il Sassella Rocce Rosse del 2011. Fra gli show cooking, grande ressa per la polenta cucinata da Savino Poffa del Mangiafuoco di Brescia, ma anche per Roberto Conti dell’Rc Resort di Mortara che ha realizzato per Lauretana “Le Memorie dell’acqua”, mentre il Riso di Nori ha messo ai fornelli il mitico
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Sergio Barzetti per cucinare un risotto con l’Orange semilavorato (debutto di Golosaria), vino bianco, gorgonzola ed erbe ai gusti vari, ma con il trucco della polvere integrale di Orange a 5 minuti dalla fine abbinata ai topinanbour fritti e sbriciolati. Un sogno Ce l’abbiamo fatta! Questo pensavo mentre con l’auto raggiungevo Alessandria, pensando alla cena con i prodotti di Golosaria e i vini, finalmente. Ce l’abbiamo fatta, ma non tanto a mettere in scena una manifestazione che ho scoperto essere radicata più di quanto potessimo immaginare, ma a far vivere quello spirito di Colleganza che ha dato anche esempi commoventi, come gli amici del Truck Dei Bravi Ragazzi che andavano a supportare i vari standisti che non riuscivano a muoversi. È stata poi una colleganza anche temporale se penso che Alexala, l’ente di promozione del territorio Alessandrino ha voluto uno spazio per creare quel legame fra la Golosaria in Monferrato e questa di Milano. E vicino a loro c’era MoleCola, la cola italiana che entra nella ristorazione della distinzione con una preziosa bottiglietta. Grande soddisfazione poi Tuorlo Biancofiore, le uova di San Giovanni Rotondo che insieme alla Maliosa ed ad altre realtà, hanno partecipato a FattorMia, anche loro felici e al debutto. La Colleganza segna un punto di non ritorno, c’è da giurarci. E da domani si riparte. Forti di questa rete di relazioni fantastica!
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10 novembre Brando e i tartufi Il cane e il tartufo, quest’anno non stanno per niente bene. Non sta bene il nostro cocker che da oltre 12 anni ci tiene compagnia; sono scarsi i tartufi in tutto il Piemonte, tanto che un giro di telefonate fra i cercatori conosciuti produce quasi nulla. La salute del cane, che ha fatto tanta compagnia ai bambini e che marca la sua presenza tutti i giorni dalle prime ore del mattino al rientro alla sera non l’avevamo messa in conto. Eppure anche questo fatto ti interpella, mobilita attenzioni, crea apprensione in tutta la famiglia. Ma ce la faremo, come scrivo su un post di instagram.
Rocchetta. Con Raffaella e Giovanni Panzeri andiamo a sbirciare in una cascina che ha una collezione di pappagalli esagerata. Ma ci sono anche gli orti autunnali con la bellezza dei cardi che si aprono come dei pavoni e infine la discesa a piedi in paese, per raggiungere Beppe Bologna in cantina. A pranzo si va da Taschet, la vineria in centro paese, con l’intento di mangiare un piatto veloce e poi andare a riposare. Ma chi conosce le dinamiche di Rocchetta sa che è pressoché impossibile: i piatti di Carlo sono irresistibili e ognuno se ne accaparra almeno due, senza mettere in conto che verso le 14 arriverà Paolo Frola, il medico condotto e cantautore, munito di chitarra, che improvviserà una spettacolo esilarante sulle note dei suoi motivi celebri.
Brando, il cocker di famiglia
11 novembre Un convegno a Voghera e poi a Verona Viaggio lampo a Verona, passando per Voghera per intervenire ad un convegno organizzato all’Istituto Tecnico Agrario “Gallini” sul valore agroalimentare con alcune case history innovative. Alla mia tavola rotonda il sottosegretario Centinaio, ma anche Cinzia Montagna che parla dell’esperienza della Schita, il piatto della compagnia oltrepadano che ha creato una community proprio nel periodo del lockdown. Poi a Verona Fiere, a fare il punto sulle prossime iniziative legate a Vinitaly.
Giuseppe (Beppe) Bologna apre una bottiglia di Barbera d’Asti “Curej”
Il mondo visto da questo 11 novembre sembra normalizzato rispetto alla pandemia di un anno fa. C’è sempre cautela, si fa attenzione ai green pass, ma tutto sommato si vive una normalità che non si vedeva da tempo. Quanto durerà? 12 novembre A Rocchetta Tanaro a vivere l’autunno coi Bologna Week-end speciale a Rocchetta Tanaro, con due notti al Braida resort, sulle alte colline della località Asinara dove l’azienda Braida ha creato un luogo di accoglienza veramente bello, con tanto di degustazioni su appuntamento, 8 camere coi nomi iconici dei vini e la natura intorno che invoglia a fare passeggiate. Hanno creato anche un vino, una Barbera d’Asti fresca che porta il nome di Curej, per segnare che quello di Asinara è un cru assai particolare. Inizia la tre giorni con una cena alla trattoria I Bologna, nostra Corona Radiosa del GattiMassobrio, per poi alzarsi la mattina presto e percorrere 12 chilometri a piedi fra i borghi sconosciuti della parte alta di la Circolare
L’esibizione di Paolo Frola
Un momento topico, dove il tavolo da 14 persone a fianco non si lamenta affatto ma partecipa a questa sorpresa. E scopro che sono
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tutti colleghi di varie parti che hanno scelto questo posto leggendo la nostra guida. Quante volte mi sono trovato nella stessa situazione festosa, con Bruno Lauzi, Gianni Basso, Franco Fasano. Quante volte abbiamo alzato le braccia per imitare il gabbiano. Momenti che davvero non hanno prezzo, fra vino, musica, vita a piene mani.
Dopo questo giro, mi tocca ricondizionare una serie di giudizi, in meglio, sulla guida che per fortuna permette un aggiornamento sull’app IlGolosario ristoranti. Ci volevano questi giorni in amicizia con se stessi e fra di noi, ma anche con la natura, per dire a pieni polmoni un Grazie alla vita.
La sosta nel resort per il riposo dura un paio di ore, mentre il sole scende e fa risplendere ancora di luce i rami degli alberi. Si va a Calliano a trovare don Silvano e a visitare la sua chiesa coi dipinti del Moncalvo. Poi di ritorno al resort per una cena a base di tartufo (il poco che abbiamo procurato) con le uova di montagna di Tava, assistiti da un cuoco bravissimo e generoso, Massimiliano Careri. Raffaella cenerà con noi e apprezzeremo il Limonte, il Grignolino d’Asti che nell’annata 2020 è un portento, per non parlare del Bricco dell’Uccellone e della Monella, la cui mezza bottiglia in camera l’avevo già scolata la sera prima, appena arrivato. Prima di andare a letto, un gruppo di resistenti, grazie a Francesca Settimi e suo marito Giovanni, si gode il filmato dedicato alla raccolta del tartufo in Piemonte, The Truffle Hunters. Sarebbe stato bello vedere anche il Re del Mosto, ma la notte incombe. Il giorno dopo, fatta la colazione si va a messa a Moncalvo e poi a pranzo da Marco Molaro, a Olivola, all’interno di Villa Guazzi, dove ha ambientato il suoi ristorante I Due Buoi. Corona!
15 novembre A Torino coi vini della provincia di Asti e Alessandria, da gustare con le specialità di Scarpetta Oggi piove sul Piemonte sud e, rara avis, mi aspetta un viaggio per Torino. In piazza San Carlo sono state installate due maxi tensostrutture dedicate allo sport in abbinamento a degustazioni di cibo e vino. La Camera di Commercio di Alessandria e Asti ha creato una serie di appuntamenti e quello delle 18 sarà condotto da me. Quattro vini abbinati a quattro specialità gastronomiche preparate da Franco Barberis, detto Scarpetta, del Losanna di Masio (insalata russa, Montebore, subric, salame crudo e cotto, battuta di fassona). Come trovarsi a casa, insomma, visto che conosco la cucina di Franco, ma anche i vini che hanno scelto per la presentazione, fra cui un Moscato d’Asti nientemale della Cascina Carlot di Cladio Mo di Coazzolo (si chiama Fiori di campo). Ma c’è anche la Barbera d’Asti “Violanda” di Dario Cocito di Agliano, il Gavi dell’azienda La Chiara (fu quello del mio matrimonio che mi suggerì Giacomo Bologna), l’Alta Langa di Banfi di Strevi. A supporto arriva anche il presidente della Camera di Commercio, Gianpaolo Coscia, che davanti a una sala completa di gente, commenta con me i vari prodotti. Il ritmo delle degustazioni era decisamente fitto, tant’è che appena terminata la nostra toccava alla Camera di Commercio di Torino. Il valore di questa iniziativa stava tuttavia nella trasmissione dell’evento, che è stato ripreso da una telecamera. E questo è un vantaggio che ci portiamo a casa dall’esperienza del Covid. 16 novembre Il Tapelucco da Silvana e Beppe Non sapevo che nei paesi intorno a Borgomanero lo chiamassero Tapelucco, ma Silvana Paini e il marito Beppe (è originario di Omegna, sul lago d’Orta) lo preparano così, con carne di puledro e una bottiglia intera di Ghemme e lo battezzano in quel modo. Per me il piatto della zona è ovviamente il Tapulone, realizzato con la carne d’asino, cosi come fa Piero del Pinocchio di Borgomanero,
L’ingresso del Wine Resort di Braida, a Rocchetta Tanaro
Foto di gruppo davanti al Resort di Raffaella e Giuseppe Bologna
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Il Tapelucco di Beppe e Silvana
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ma anche la versione del Tapelucco che abbiamo abbinato a un magnum di Vermentino nero de l’Aurora di Francesco, top dei top dei vini rossi di quest’anno, non mi è affatto dispiaciuta. È iniziata la stagione dei piatti unici, della cassoeula e della bagnacaoda, ma anche del risotto con l'ossobuco o di quelle ricette a base di carne con la polenta. Io credo che sia il più bel mangiare al mondo: una sola cosa e tanta. 17 novembre A Bologna il mio libro col rinato Club Papillon Si torna a casa nella notte ad Alessandria, per essere pronti la mattina dopo: alle 10,30 arriva Marco Gatti e si parte per un lungo viaggio in varie tappe. La prima di queste è in una trattoria di quelle che piacciono a noi, ovvero la Trattoria da Massimo a Rubiera, dove non mancano i tortellini e l’erbazzone. Dopodiché eccoci a Bologna, ospiti dell’imprenditore Franco Bernardi, che questa sera mi ha voluto con gli amici del Club di Papillon ospite dei suoi Incontri Esistenziali che tiene periodicamente nello spazio Illumina. Per l’occasione ha allestito anche un tavolo rettangolare bellissimo (forse il più bello mai visto) con 40 persone intorno fra cui i miei giovani amici di Papillon, Mattia Mazzacurati e Matteo Ciocca, quindi tre magnifici produttori di vino (Cavazza Isolani, Tenuta La Riva di Castello di Serravalle, Manaresi di Zola Predosa) e Andrea Babbi che ha portato i dolcetti di famiglia. Fra i 40 ospiti anche Michele Brambilla, direttore del Quotidiano Nazionale, Elena Ugolini, con cui abbiamo svolto Abc live e Francesco Cavazza Isolani, presidente del Consorzio dei vini dei Colli Bolognesi e tanti altri fra amici vecchi e nuovi. Franco ha fatto gli onori di casa, con una discrezione esemplare, poi è toccato al sottoscritto presentare i
Paolo Massobrio col suo libro “Del Bicchiere Mezzo Pieno” presentato da Franco Bernardi
produttori e commentare i vini, davvero sorprendenti, frutto della nostra degustazione di questa primavera. Il secondo momento è invece nell’auditorium, dove ai 40 della cena si aggiungono tante altre persone per assistere all’incontro che prevede un’introduzione di Franco che mi trova in completa sintonia, quindi le domande di Mattia e Matteo sul mio libro “Del Bicchiere Mezzo pieno”. Non mi era mai capitata un’accoglienza così calorosa e importante e anche un’attenzione del genere. Franco, che è un imprenditore nel mondo dell’energia, lo considero un genio, perché dentro al proprio lavoro ha mantenuto integra la volontà di comunicare. E lo fa con questi cicli di incontri, ma anche con una serie di oggetti che fanno pensare, come l’ologramma che mi ha regalato: sfilandosi fa emergere la parola incontro declinata poi con dei foglietti espressivi, quasi dei pizzini con le parole: Incontro, Desiderio, Tu e Vita.
Il tavolo rettangolare allestito da Franco Bernardi nello spazio Illumina
I pizzini con le parole: Incontro, Tu, Vita, Desiderio
Suggestioni di novembre nel mio articolo di Avvenire di questa settimana.
Paolo Massobrio e Marco Gatti con Mattia Mazzacurati e Matteo Ciocca, giovani amici del Club di Papillon
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IN TERRA D’ASTI SI MANGIA ANTICO CON LA BAGNACAODA È struggente il paesaggio di novembre coi colori accesi delle foglie dei vigneti vendemmiati: giallo, rosso fuoco, marrone. «A me piace l'estate, ma è così bello l'inverno», diceva Giacomo Bologna, il vigneron di Rocchetta Tanaro che mai avrebbe immaginato che i suoi figli, in quella via che ricorda san Bernardo di Chiaravalle, in località Asinara, avrebbero saputo costruire un resort che è un ponte fra la storia e la contemporaneità. Perché questa vista dei vigneti ci commuove? - mi ha chiesto mia moglie mentre passeggiavamo sulle
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strade umide di questi borghi. Forse perché infonde malinconia mista a nostalgia? Oppure perché ogni cambiamento di stagione è paradigma della vita e ogni epoca ha i suoi doni. Ad Asti è misero il mercato dei tartufi: ce ne sono pochi e i prezzi schizzano a 6 euro al grammo, ma ci si consola con la bagnacaoda, che viene celebrata in questi fine settimana (i week end del Bagnacaoda Day), evocando un mangiare antico, che significa condivisione. Vorrei essere come la «Donna Selvatica che travalica le colline», immagine mitica di Romano Levi, il grappaiolo angelico che disegnava a mano le sue etichette come quella che ricordava «Siamo angeli con una sola ala». Quanta poesia si è covata in quella che Bruno Lauzi definiva la «Quieta follia dei piemontesi»: Paolo Conte, Giorgio Faletti, Felice Andreasi, Gianni Basso, tutti astigiani abitanti di quella terra dove si vive la nostalgia del mare per gente come noi «col sole rare volte e il resto è pioggia che ci bagna». Da Rocchetta andrei a Costigliole d'Asti, anche se non c'è più Lorenzo, che ci ha lasciati una settimana fa. Lorenzo Corino, 73 anni, autore di un libro d'avanguardia enologica dal titolo "L'essenza del vino e della vitivinicoltura naturale". Nessuna cronaca locale s'è ricordata di lui, che aveva un atteggiamento agricolo verso il vino, ovvero la conoscenza della vita biologica dei terreni. Parlava dei danni dell'uso dei fitofarmaci, della scelta errata dell'industria che aveva come punto di riferimento i costi e i ricavi a discapito della terra, con il conseguente impoverimento della Pianura Padana. Prima della qualità del vino a lui interessava la qualità dei suoli e i metodi per preservarla. Antonella Manuli, vignaiola di Saturnia che ha applicato il metodo Corino, è certa che la sua vita sia servita ad aprire un varco. Ogni vita è un bagaglio di saperi, ma alcuni sono di interesse pubblico, per cui viene da chiedersi: come si fa a non disperderli? Quale ente di interesse pubblico, preserva traguardi e studi che sono una finestra sul futuro? (Avvenire, 17 novembre)
glio da urlo. Ed io e Marco Gatti ceneremo con qualche bel bicchiere di Brunello, in attesa della due giorni dedicata all’Anteprima. Non era mai successo di fare due anteprime nello stesso anno. Eppure a marzo, in piena zona rossa ero qui, con una ventina di colleghi, per valutare l’annata 2016, clamorosa. Ora sono con molti più colleghi, per gli assaggi dedicati all’annata 2017, che promette bene, nonostante i pronostici. Ma il titolo del nostro articolo sarà inequivocabile: “Un’annata da acquistare!” 19 novembre Col Brunello 2017 e poi cena dal conte Marone Cinzano La degustazione inizia alle 9,30, nel solito chiostro di Sant’Agostino in centro paese, dove sono allestiti i tavoli con i giornalisti che sono arrivati da ogni parte. Quest’anno l’aiuto di Marco Gatti risulterà fondamentale, per cui dividendoci in due i 120 campioni di Brunello dell’annata, in poco più di due ore riusciamo a degustare tutto. E con calma creiamo la rosa delle semifinali, con una trentina di vini, fra cui alcuni conosciuti e altri per noi nuovi. Al termine dei nostri assaggi, emergono nomi come Canalicchio di Sopra, condotta da Francesco, Marco e Simonetta Ripaccioli che conquista il podio con “finezza, profondità e freschezza”. Poi La Palazzetta, condotta dal giovane Luca Fanti, con il suo Brunello che promette negli anni. Il Brunello di Piombaia è invece particolare: "In bocca è secco con una tannicità pregante che in verità ci ha consegnato un prototipo d’antan". Infine la Beatesca, cantina emergente di Benedetta Pasini e Furio Fabbri, con un Brunello elegante e un'ottima
18 novembre Bologna-Ortona-Montalcino: in viaggio per mezza Italia Partiamo al mattino presto da Bologna: caffè a Faenza e poi direzione Ortona per un incontro dedicato ai vini d’Abruzzo e naturalmente un pranzo in un’osteria che tre anni fa mi fece alzare i tacchi e andare via, avendo i paletti di un massimo di due piatti. Questa volta, pur essendoci sempre questa regola, scritta nel dehor di fuori, mangiamo senza particolare pressione e anche bene: siamo stati, per la cronaca, alla Trattoria San Domenico. Da Ortona, la prossima destinazione sarà Montalcino, all’hotel il Giglio, dove il titolare Mario con sua moglie Anna ci ha preparato una scottiglia di coni-
Mario, titolare dell'hotel Il Giglio di Montalcino con la scottiglia
L’ingresso di Benvenuto Brunello al Chiostro di Sant’Agostino
Lo chef del Silene Roberto Rossi e il conte Francesco Marone Cinzano, titolare della cantina Col d’Orcia la Circolare
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beva. (Saranno famosi!). Pomeriggio di riposo, quindi, e poi la sorpresa di una cena nelle aziende, dove i giornalisti divisi in gruppi possono incontrare altri tre produttori. E così succede che io venga sorteggiato per l’azienda Col D’Orcia, ospite del conte Francesco Marone Cinzano, e che mi trovi i titolari proprio della Palazzetta e della Piombaia, che poche ore prima erano risaltati in mezzo ai nostri assaggi. Destino? La serata, con la cucina del grande Roberto Rossi del Silene di Seggiano sarà memorabile, non solo per la bellezza del luogo, ma anche per quel senso di ospitalità del conte, che mi ha voluto al suo tavolo insieme col collega della Stampa Maurizio Tropeano. Direi che questa formula che hanno voluto realizzare quelli del Consorzio è stata assai più interessante delle dispersive, pompose, e a volte inutili cene di gala. Siamo stati veramente bene. 20 novembre A Orbetello poi a Follonica sulla strada del ritorno Si parte al mattino da Montalcino, con giornate di sole che ricordano la primavera. E in poche ore, su IlGolosario.it riusciamo già ad uscire, in tempo reale, con l’esito dei nostri assaggi, e un giudizio positivo sull’annata 2017. Dopo un’ora abbondante siamo a Orbetello, per una visita veloce ad un paio di negozi che saranno inseriti sul Golosario e per vedere da vicino il piccolo Alessandro, figlio di mio nipote Davide, che vive proprio qui, a Orbetello. Ottimi i dolci della Petite Patisserie di via Furlo Lenzi e dell’Antica Pasticceria Ferrini di via Giosuè Carducci. Quindi si parte per Follonica, destinazione Sottomarino, un ristorante che ci sorprende, non solo per l’ottima cucina, ma anche per la carta dei vini pazzesca, dove troviamo etichette come Divella di Gussago che è una vera rarità. Si riparte felici, e come sempre con la sensazione che ci sia un lavoro straordinario da fare, per riempire i vuoti che ci sono nelle varie zone rispetto alle nostre guide che coprono i negozi, gli artigiani, i ristoranti, le cantine. Così questi viaggi aprono orizzonti a passioni inaspettate, ma anche botteghe e spesso produttori di vino che si cimentano con questa attività. Stasera devo raggiungere per tempo casa: domani è il compleanno di Irene che fa 33 anni. Come passa il tempo. E più passa, più cresce la sensazione di dover fare ancora molto. 22 novembre Da Hic et Nunc per conoscere le parentele del Grignolino Lo avevamo rimandato almeno tre volte questo incontro dedicato al Dna del Grignolino che voleva anche coincidere con l’inaugurazione della cantina Hic et Nunc di Vignale Monferrato, voluta dalla famiglia bergamasca Rosolen. Però questa volta ci riusciamo e la sala convegni è quella delle grandi occasioni. A me tocca moderare l’incontro dove sarà molto interessante la relazione della professoressa Anna Scheneider del Cnr che, a seguito di una ricerca sul Dna di centinaia di vitigni, parlerà della parentela stretta del Grignolino col Nebbiolo. Un vitigno citato già nel 1249 col nome di Barbesino (il nebbiolo viene citato solo nel 1263) che ebbe una vita gloriosa nell’Ottocento piemontese, confermandosi un importante vitigno autoctono. Nella mappa del Dna si scopre poi la Bottagera, altra uva che avrebbe contribuito col nebbiolo al genotipo, ma pure i fratellastri di questo vitigno sarebbero curiosi: arneis, uvalino, freisa, zanello, il ruchè e persino la malvasia aromatica di Parma. In sintesi il Nebbiolo sarebbe il nonno del Grignolino, mentre il Freisa lo zio. Al termine, in cantina, ecco la degustazione di tre annate di Grignolino, condotta sempre dal sottoscritto accanto al giovane la Circolare
enologo Cristiano Garella, prima di risalire ancora nella parte alta della cantina per il buffet di commiato. Mi ha appassionato questo convegno perché ascoltare i frutti della ricerca che scavano nella storia dice tante cose. La vite racconta i movimenti degli uomini, la scoperta di quelli che poi diventeranno i cru migliori, la presa d’atto di altre zone dove un tempo c’era la vite e oggi non più. In ogni caso questo convegno ha messo in luce una sorta di nobiltà del Grignolino, per cui si capiscono le scelte che fecero certi produttori di Langa di mettere in carta questo vino, almeno in passato. La famiglia Rosolen e per essa Massimo Rosolen ha tuttavia dimostrato un modo serio di approcciarsi, ossia favorendo la ricerca con l’Università. E ascoltando quello che è venuto fuori dal convegno viene da ridere a pensare che fino a ieri quando si scriveva un articolo sul Grignolino, la profondità massima era citare le parole di Luigi Veronelli “Anarchico, testabalorda”. Che dire? Bello suggestivo, ma un vino che oggi vede 10 produttori scommettere persino sull’invecchiamento (il progetto Monferace), merita di più. Appunto.
Paolo Massobrio con la ricercatrice del Cnr Anna Scheneider, Massimo Rosolen e il giovane enologo della cantina Hic et Nunc di Vignale Monferrato
23 novembre Il compleanno di Dariuccio e la commozione della vita Dario Odifreddi, che confidenzialmente chiamiamo Dariuccio, anche lui oggi compie 60 anni. E la festa è alla Piazza dei Mestieri, luogo che lui ha creato insieme ad alcuni amici, per rispondere al bisogno educativo in una città difficile come Torino. Una cena con una cinquantina di persone di umanità varia, con un palco dove
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Alla Piazza dei Mestieri di Torino per i 60 anni di Dario Odifreddi, festeggiato dagli amici “gallici” Segue a pagina 28 diario di viaggio
CAMPAGNA SOCI 2022 CARO E R O T T E L O I C O S E (agosto) o sociale
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Segue da pagina 25
Dario ha espresso tutta la sua gratitudine per ciò che ha ricevuto dalla vita. E poi un regalo bellissimo, ovvero la lettura di alcuni brani di Giovanni Testori da parte di Alberto Mina. Mi ricordo ancora la festa dei suoi 50 anni, nello stesso posto, con una sovrapposizione di presenze superiore al 50% nel giro di 10 anni. Ma questa festa dei 60 era diversa: aveva una maggiore profondità, direi quasi una maturità differente. Mentre la gioia no, quella è rimasta sempre ingenuamente intatta, fresca, come l’immagine degli inizi di questa avventura che ho raccontato anche nel mio libro Del Bicchiere Mezzo Pieno: giovani incoscienti che gettano ancora il cuore oltre l’ostacolo. E così la Piazza dei Mestieri prenderà forma presto a Milano, zona viale Monza. Auguri Dariuccio!
25 novembre La Casseuola da Peppino Si va a Milano apposta, per celebrare quel rito di amicizia che è la cassoeula che cucina Peppino Pellegrini. Peppino e Daniela sono due amici della Certosa di Garegnano e il momento della cassoeula è epico e leggendario. Ma lo scorso anno non s’è fatto, per cui c’era attesa per l’appuntamento di quest’anno, dove ho abbinato al piatto i tre migliori Lambrusco della nostra selezione. Zucchi forever!
Che senso ha la svendita dei grandi vini negli Autogrill? Me lo sono chiesto su Avvenire nel mio Appello della settimana. AMARONE E BRUNELLO SONO I “RE” DELL’AUTOGRILL Venghino signori venghino! Si svende tutto, anche l'immagine costruita in anni di lavoro. È bastato fermarsi in una stazione di servizio autostradale, mentre si era in viaggio per Montalcino, tra le colline toscane, per scoprire un'ondata di offerte da restare basiti: il Barolo 2016 costa appena 9,99 euro mentre l'Amarone 2016 è a 15,99 e il Brunello di Montalcino, stessa ottima annata, a 15,99 euro. Per cui si deduce che Amarone e Brunello valgono di più del Barolo, che a questo punto sembra una specie di re decaduto. Costa 10,99 euro il Ferrari Brut venduto nell'astuccio con l'adesivo dello sconto sopra (e non si fa una bella figura a regalarlo), ma anche il Prosecco rosé millesimato vale lo stesso, mentre quello classico costa come il Barolo. Chapeau ai signori del Prosecco che addirittura si ergono a livello dei più grandi vini italiani, almeno nella babele del tutto scontato al 50% in tutti gli spacci autostradali, fra l'altro di millesimi ottimi, che in alcune cantine sono già stati venduti. A Montalcino ci aspettavano per valutare l'annata 2017 che entrerà in commercio: 120 campioni in assaggio sottoposti al giudizio di giornalisti e critici italiani e stranieri. E, per l'occasione, il Consorzio ha festeggiato i 30 anni di questa manifestazione, Benvenuto Brunello, che ha sempre avuto un'eco mediatica in Italia e all'estero, rafforzando l'immagine di un vino che è rispettato in tutto il mondo e persino nelle stazioni di servizio, se il prezzo è di 5 euro più del Barolo. Trent'anni dove un territorio ha iniziato a fare racconti, ad attirare investimenti, a far lievitare i prezzi dei terreni (come a Barolo...) e a creare un'economia diffusa che ha sconfitto quella povertà del Dopoguerra, dove Montalcino non era quello che è diventato oggi. Però c'è voluta la volontà dei produttori, che attraverso il Consorzio hanno esercitato una politica di marketing dove i tre ingredienti di “qualità, promozione e prezzo” hanno vissuto in sintonia e con coerenza. Difficile è pensare che il Barolo a 9,99 euro sia coerente, trattandosi di un vino che deve invecchiare per legge almeno tre anni (e la capitalizzazione è un costo). E qui rischia di cadere anche il baluardo della reputazione, che nel marketing resta fondamentale. Detto questo, la lezione-appello che abbiamo imparato durate una sosta autostradale è che ciò che rappresenta un insieme va governato, pena le fughe in avanti che rischiano di danneggiare il resto. Sembra una parodia di ciò che sta accadendo in questi giorni, nell'indefessa battaglia dei no-vax e no-pass animati dallo strano senso di fare solo ciò che pare loro: si svende la possibilità di uscire dal tunnel, per un diritto che di fatto invade la sfera comune. (Avvenire, 24 novembre) la Circolare
Peppino Pellegrini con la sua cassoeula
26 novembre Ad Aosta per le Fontine d’Alpeggio da podio Anche stamane in Val D’Aosta si tiene un evento che da tempo non si celebrava: la degustazione delle migliori Fontine d’Alpeggio per l’assegnazione del riconoscimento Modon d’Or. E con l’occasione torno a fare il presidente di giuria, accanto a 30 persone, fra cui alcuni colleghi giornalisti che hanno raggiunto la cantina di Costantino Charrere dove avverrà l’assaggio. A mio fianco Andrea Barmaz, presidente del Consorzio Fontina e dei Vini Valdostani che sta diventando un personaggio importante per il rilancio dell’enogastronomia valdostana. Alla fine il verdetto: ci troviamo d’accordo tutti sul primo posto, mentre il secondo e il terzo se lo contendono
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La degustazione delle migliori Fontine d’alpeggio per l’assegnazione del riconoscimento Modon d’Or diario di viaggio
col quarto classificato, che riceverà la medaille d’or anche se a mio avviso sarà un segreto Modon d’Or che andrò a ricercare nei vari negozi (lo troverò a Cogne! Evviva!). Sono stato felice oggi, di conoscere la figlia di Costantino, che oggi porta avanti questa importante azienda, col marito, che è impostata sull’accoglienza e sull’enoturismo. Giovani con le idee chiare in testa, giovani che andranno guardati con rispetto. A cena coi compagni di scuola Questa sera ci troviamo a cena coi compagni di scuola, quelli della Mitica 5C del IX ITC (oggi Besta) di via Crescenzago. Sono 40 anni che non ci vediamo tutti insieme e anche questo è un fatto di non poco conto, perché in qualche modo ci siamo fatti compagnia attraverso una chat e anche le visite di alcuni a Golosaria. Eravamo in tanti, 18 su 30, che non è poco. L’appuntamento è stato in quella trattoria improbabile (ma ci vuole così tanto ad avere un vino buono al giorno d’oggi?) che punta da sempre sulla quantità delle portate. In più, sapendo che sono 40 anni che non ci vediamo ci mettono a sedere con il tavolo lungo dove gli estremi non si incontrano (ma saranno dei geni o no questi osti che lavorano con la mano sinistra?). Tuttavia il clima sarà molto positivo perché la voglia di incontrarsi era tanta. Questa trattoria poi è un luogo significativo perché fu qui che festeggiammo il diploma di ragioneria. I compagni di scuola si dividono in due: quelli che restano legati, senza problemi e senza tirarsela, e quelli che fanno i distinguo e non ci stanno. Chiamiamo al telefono un paio di assenti: uno non risponde, l’altro lo fa con un certo imbarazzo, avendo accampato una scusa poco credibile. Ma c’è ben poco da ragionare, dico io: quelli che la Provvidenza ti ha dato sono tuoi, per sempre. Come lo era Teresa Gianoli, la nostra professoressa di italiano, che ancora mi scrive su Facebook, da Rimini. Poi c’è Francesca, che si siede di fianco a me e mi racconta le sue difficoltà, ma anche la gioia di aver scoperto la forza di andare avanti, nonostante non abbia più il marito, con due figli che ha cresciuto con fierezza. Quante storie, quanta vita e quante domande ci siamo fatti a vicenda, in un dialogo che non ha mai permesso d’essere divisivo, ma rispettoso del fatto che ci siamo. A 60 anni non è scontato esserci tutti, in questo mondo. E di questo dovremmo essere grati, anziché snobbare un momento che da solo parla di riconoscenza. 27 novembre A Castegnato parte Franciacorta in Bianco in tour A Castegnato, in una bellissima cascina lombarda ricca di testimonianze del passato, Cascina Baresi, si tiene il primo appuntamento di Franciacorta in Bianco con un convegno dal titolo “La terra di mezzo, nuove vie tra Brescia e Bergamo per il 2023”. E tutto inizia con questa chiacchierata dove devo far parlare i sindaci, le autorità: oltre 18 persone. Con me l’assessore Patrizia Turelli e il sindaco Gianluca Cominassi sotto la regia di Luca Riva. Alla fine spuntano anche i biscotti dedicati ai Longobardi, prima dell’assaggio del risotto al formaggio e di altre sfiziosità cucinate da Denis Gottani. Non è facile entrare nelle dinamiche territoriali, dove c’è quello che deve intervenire subito perché lo aspettano in un altro posto e si offende se non gli dai la parola, come se la consistenza dell’incontro fosse lui e le cose che dice. Poi c’è la tensione fra Brescia e Bergamo e screzi antichi fra i comuni. Interviene anche Alberto Gottardi, vicepresidente di Forme, che è una manifestazione bergamasca, la Circolare
quindi il rappresentante della Coldiretti, di Confartigianato e via di questo passo. Occorre fare sistema, sarà la parola che echeggia anche stavolta, ma intanto spunta un esempio virtuoso e bellissimo di sistema che è quello del giovane Jacopo Inverardi, social media & content manager dell’Associazione Vivi Franciacorta, che ha dimostrato nei fatti come si fa comunicazione con passione. È quella la strada da seguire! Anche la partecipazione del pubblico pagante sarà soddisfacente per dire che la formula è azzeccata. Buona la prima insomma!
L’intervento dell’assessore Fabio Rolfi al primo appuntamento di Franciacorta in Bianco alla Cascina Baresi di Castegnato
Cena a Pesaro a conoscere Silvano Leva Da Castegnato a Milano e da Milano a Pesaro per un week-end di assaggi e incontri di lavoro. A casa sua ci attende Marco Montagna con sua moglie Mariella, per una cena col fratello Michele e sua moglie e con un imprenditore molto bravo, Silvano Leva, che si sta cimentando con il vino e presto uscirà con un’acquisizione importante per la zona. Che sorpresa incontrare le persone, penso mentre entro nella stanza per la notte. Silvano, ad esempio, questa sera ha raccontato il suo piccolo calvario con il Covid e la commozione di quando finalmente, dopo tanti mesi, è uscito dal tunnel e l’infermiera ha pianto con lui. Storie di un’umanità ritrovata che ti segna per il resto della vita. 28 novembre Le fosse di Vittorio Beltrami e il lupo Stamane a Cartoceto c’è un evento speciale che è l’apertura delle fosse dove sono stati messi i pecorini ad affinarsi. Vittorio Beltrami è il re di questo rito che svolge puntualmente da 39 anni. Arriva il sindaco, la banda del paese, alcuni clienti, c’è anche Gianluigi Garattoni che ha appena scritto un libro, bellissimo peraltro, sul Bianchello del Metauro. Vittorio non si aspettava di vedermi e per lui è stata una sorpresa grande. Con lui la figlia Cristiana e suo nipote Barti (Bartolomeo) che già sta prendendo in mano le redini dell’attività e forse aprirà le fosse dopo l’edizione del 2022, che farà 40. Sulla strada verso i paesi marchigiani della provincia di Pesaro (c’è ne uno che attira migliaia di persone per assistere alla festa delle candele: si chiama infatti Candelara) incontriamo un lupo in carne e ossa che quasi ci attraversa la strada. E mai avremmo pensato in pieno giorno di vedere una cosa del genere. Andiamo a pranzo in un ottimo ristorante a Castiglioncello, frazione di Rosignano Solvay che
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Con Vittorio Beltrami all’apertura delle fosse dove affinano i pecorini
Paolo Massobrio e Vittorio Beltrami
ciascuno, mentre scende la sera su una domenica di novembre che è stata ricca di incontri. Anche Vittorio è mio, mi viene da pensare, così come tutti i rapporti veri che ti sono dati: dall’ultimo, al più antico. 29 novembre A cena con Alejandro Da Pesaro, dopo una riunione di lavoro con i nostri amici allestitori, che incontriamo al Cafè de Paris, eccoci sulla via del ritorno. Ma alle 18 ripartiamo, destinazione Bereguardo, al ristorante Vigna del Pero dove ci raggiunge Alejandro, il nostro amico del Venezuela, che è in Italia per qualche tempo e che mi ragguaglia, insieme a Monica Poletto e Davide Bartesaghi sulla sua opera che va avanti, nonostante la situazione sempre più difficile. Gianluigi Garattoni con il suo libro dedicato al Bianchello del Metauro
Non c’è stata sosta in questi giorni, ma ciò che ti determina non è per nulla la stanchezza, quanto la bellezza di tutti questi incontri, che hanno il potere di generare nuove prospettive. Lo leggo negli occhi di Alejandro e sono sicuro che insieme con gli amici non tradiremo la sua attesa che qualcosa di utile si compia.
Barti (Bartolomeo), nipote di Vittorio Beltrami
Paolo e Silvana con Alejandro al ristorante Vigna del Pero di Bereguardo
entrerà subito sulla nostra guida, mentre il pomeriggio lo passiamo nella villa di Michele Montagna, in mezzo al verde con il mare sullo sfondo. Poi un incontro con una trentina di amici, che ha preso avvio da un articolo che scrissi su Luigi Amicone qualche settimana fa. Si cena insieme, con i piatti portati da la Circolare
30 novembre Terza dose e poi a Roma a Porta Porta È il momento di fare la terza dose del vaccino, nell’hub di Alessandria dove presta servizio anche Paolo Frola, medico condotto in pensione. La giornata passa senza conseguenza alcuna e questo è
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e anche i ristoratori collegati vengono tagliati. A luci spente Vizzari protesta, ma Bruno Vespa è già sparito, mentre gli autori abbozzano dicendo che hanno seguito lo schema dello scorso anno (ma si può? Siccome nel 2020 io ero in differita e Vizzari non c’era, quest’anno che siamo in studio come gli altri abbiamo comunque due misure: è lo schema dello scorso anno che detta legge. Ma come lavorano?). Ora, la tivù vista dietro le quinte è fatta anche di queste cose. Ed io mi trascino la polemica con Bottura, perché in Tivù tutto si esalta anche se fra di noi la risolveremo con una serie di messaggi su WhatsApp e un post su Facebook. È la legge dello spettacolo! Domani si riparte, ma stasera vado a cena all’Arcangelo, la somma trattoria di Arcangelo Dandini che ha riaperto dopo una doverosa ristrutturazione. E lui mi raggiunge, insieme con sua moglie, dopo una cena della tradizione e tanti ottimi vini a bicchiere. Valeva la pena venire a Roma solo per lui.
Un frame della puntata di Porta a Porta dedicata alle guide enogastronomiche
confortante, giacché dovrò partire domattina per Roma: sono atteso a Porta a Porta, ospite di Bruno Vespa, per la consueta trasmissione dedicata alle guide. Arrivo in albergo, vicino alla sede Rai di via Teulada e poi a piedi mi dirigo negli studi, dove mi aspettano i colleghi: Luciano Ferraro del Corriere della Sera, Enzo Vizzari delle guide dell’Espresso, Laura Mantovano del Gambero Rosso, Franco Ricci di Bibenda, Giuseppe Cerasa della guide di Repubblica. Poi arriva il cuoco del ristorante Tre Olivi di Capaccio Paestum, Giovanni Solofra, che ha ottenuto a sorpresa, subito, due stelle Michelin e che porta a tutti un omaggio della sua azienda agricola San Salvatore (yogurt, mozzarelle, vini). Bruno Vespa appare in video, mentre registra la prima parte della trasmissione sulla Pandemia. Lo rivedremo direttamente in studio verso le 19 per i nostri 40 minuti dove scopriamo alcune incongruenze. Ad esempio ci sono moltissimi collegamenti esterni, che riguardano le guide ai vini. Poi i collegamenti coi ristoranti che abbiamo segnalato. Io ad esempio ho fatto mandare la troupe da Aurora Mazzucchelli di Casa Mazzucchelli a Sasso Marconi, corona radiosa rossa unica, mentre Vizzari ha indicato Massimo Bottura, che in video dice che i suoi hanno deciso di lavorare sette giorni su sette per recuperare il tempo perduto. Ora, nel mio intervento, appunto che bisogna stare attenti a non esasperare troppo il personale e Bottura replica che non lui, ma i suoi hanno deciso di fare così. Poi per due guide presenti la regia manda in onda le schede con i loro migliori locali (il Gambero rosso e Repubblica), mentre a noi e all’Espresso non viene chiesto nulla. Ci dicono di prepararci a voce, ma il tempo è talmente stretto che non ci danno più la parola
Arcangelo Dandini e la moglie, titolari della trattoria Arcangelo di Roma
la Circolare
Anche quest’anno si è svolta la Colletta Alimentare ed io ne prendo spunto per scrivere il mio Appello di Gusto su Avvenire. LOTTA AGLI SPRECHI, IL MESSAGGIO EDUCATIVO DEL BANCO ALIMENTARE Sabato sera ero a Pesaro, in uno dei viaggi in cerca dei protagonisti del gusto di questo Paese, come Vittorio Beltrami che a Cartoceto apriva le fosse, per il 39° anno, dove erano custoditi i suoi caci. E la sera, mi sono trovato a casa di un imprenditore, che insieme ai suoi amici aveva partecipato alla Colletta Alimentare e raccontava com'era andata. Un calo di donazioni a livello regionale, nelle Marche come nel resto d'Italia: meno 8 per cento mi hanno detto e le ragioni si possono ritrovare in gente che magari s'è ritrovata più povera dopo due anni di pandemia, oppure in qualche individualismo di ritorno. Però che spettacolo il volontariato, pensavo fra me, mentre Silvano raccontava com'era uscito a fatica dal Covid, dopo mesi in ospedale per scoprire alla fine del tunnel la partecipazione di un'infermiera che ha pianto con lui. Anche nella mia città, dove ho ricevuto la terza dose di vaccino, tutto il sistema è retto dai volontari: gentili, disponibili, efficienti. Chi glielo fa fare a quello che sta nell'hub vaccinale o davanti al supermercato, dove magari qualche risposta ingrata gli viene data? La gratuità è fatta di queste cose: mettersi al servizio per gli altri, ma soprattutto per sé stessi, perché così è più facile capire per cosa si vale. Il Banco Alimentare è una delle intuizioni più centrate dei giorni nostri e negli anni ho incontrato tanti imprenditori, anche importanti, che anziché crogiolarsi nei propri successi si impegnavano per rendere possibile l'impossibile: che tutto possa esistere, anche una vita dignitosa per l'altro che non ce la fa. Ma soprattutto, dal Banco Alimentare è uscito un potente messaggio educativo: quello del non spreco, a cominciare dalla spesa in famiglia all'uso dei soldi, che solo così assumono un valore. Anche la cucina è soggetta allo spreco, frutto della non conoscenza di ciò che portano le stagioni, che si alimenta dentro un'idea di relativo benessere. Il 25 novembre del 2020 moriva Anna Dente, l'ultima ostessa delle cucina romana, che aveva nel non spreco il suo principio ispiratore che l'ha fatta conoscere in tutto il mondo. La figlia Angela ha voluto ricordarla con un libro, L'Ultima Ostessa, che porta la mia firma e che considero un omaggio a quell'alleanza fra cuochi, contadini, consumatori attenti che possono riscoprire il segreto di un gran gusto italiano proprio dalla cose che una certa società considera scarti. Anche i poveri, i malati, gli anziani sono spesso considerati scarti. Ma quanta ricchezza sanno riconsegnarci, solo a porre lo sguardo su uno di loro. (Avvenire, 1 dicembre)
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2 dicembre Albertengo e i suoi primi 100 anni Massimo Albertengo e la sua famiglia oggi finalmente presentano il libro sulla loro storia: da panettieri a produttori di panettoni. Giancarlo Montaldo che ha ricostruito tutta la storia ha chiesto a me, con Massimo, di scrivere la prefazione del libro, e l’ho fatto volentieri rapito da una storia di impresa italiana, di genio e di volontà. Mi ha talmente colpito che l’ho ripresa anche sul mio libro Del Bicchiere Mezzo Pieno, mettendo in risalto la figura di Michele e di Domenico Albertengo papà di Massimo e Livia.
i formaggi freschi di Zucchetti, caseificio di Ostiano e poi i salumi straordinari di Bettella. A fare gli onori della casa Damiano Palumbo, che ha presentato anche i titolari, i fratelli Prandelli e quindi il sottoscritto, sottoposto alle domande del pubblico, ma anche felice commentatore dei prodotti che erano in assaggio.
Mi ha fatto piacere incontrare tanti amici, qui a Saluzzo al ristorante 4 Stagioni, fra cui Luciano Leardo dell’Artistica di Savigliano con cui abbiamo fatto tante edizioni del Golosario e di tutti i nostri libri. Quando poi a casa aprirò quel panettone al Moscato ricco di nocciole, dirò che ho assaggiato il miglior panettone di sempre. Che gioia!
Paolo Massobrio con i titolari dell’Enoteca Ottagono
Un momento dei festeggiamenti per i 100 anni con Massimo Albertengo
3 dicembre A Mezzocorona e poi a Orzinuovi per una serata clamorosa Si parte al mattino prestissimo, destinazione Mezzocorona, con pranzo all’ottimo ristorante dei Cacciatori, che da sempre è sulla nostra guida. Con gli amici di Vinitaly incontriamo Luca Rigotti, presidente della sezione vino di Alleanza Cooperative che aveva piacere di un momento conviviale, dopo un anno dove comunque qualcosa si è riuscito a fare, persino un convegno a Roma. Il pomeriggio scorre tranquillo, nel senso che devo solo raggiungere l’hotel di Orzivecchi, prima di Orzinuovi per partecipare a un incontro che mai mi sarei aspettato. L’iniziativa è stata dell’Enoteca Ottagono della famiglia Prandelli che ci aveva contattato un mese fa chiedendo di acquistare 100 copie de IlGolosario 2022 in cambio della mia presenza per una serata con i loro clienti. Ora, non capita spesso, anzi è rarissima un’iniziativa del genere che a questo punto vorrei analizzare, perché rappresenta un modello davvero interessante. Partiamo dal fatto che questa enoteca, disposta su tre piani con vini ma anche prodotti rari del mio Golosario (ci sono persino i dolci di Cautela di Campogrande di Tripi che ho visto nascere con i miei occhi) ha una mailing list di clienti che vengono coccolati in maniera unica: consegnano a domicilio anche a Milano o a Verona, ma soprattutto regalano una sera al mese, talvolta anche di più, incontrando i produttori e facendo una degustazione. Questa sera ad esempio si sono accreditate 100 persone, che pagando 25 euro sapevano di ricevere in omaggio IlGolosario 2022, di passare una serata con me e con i produttori convocati, che per l’occasione sono stati: Stefano Pizzamiglio con la sua Malvasia Sorrisi di Cielo de La Tosa, Castello Banfi con il Rosso di Montalcino di Poggio alle Mura e la cantina di Giuseppe Campagnola della Valpolicella con il suo Amarone. Quindi l’olio denocciolato del Garda di Comincioli, la Circolare
La serata all’Enoteca Ottagono di Orzinuovi
Non ci volevo credere quando sono salito al piano sopra e c’erano queste tavolate lunghe con persone appassionate, molti giovani, che erano pronti ad incalzarmi di domande, a conoscere, ma anche ad acquistare i prodotti in assaggio. E poi la firma dei libri per chiunque lo volesse, la scoperta che c’era gente venuta anche da lontano. Insomma un mondo o meglio una community. Come si forma una community? Ecco un esempio che da esercizi commerciali credo di non aver mai visto, mentre da alcuni Club di Papillon sì. Certo il valore di fidelizzazione che hanno saputo creare è decisamente interessante. Il giorno dopo andrò in centro paese, dove hanno un negozio con tante cose buone, ma anche con capi di vestiario, oggetti per la casa, insomma un’altra realtà fuori dagli schemi che m’hanno confermato la genialità di questa famiglia. 4 dicembre A Salò con la bellezza e il gusto del Club di Papillon Da Orzivecchi l’appuntamento del mattino è a Salò, per un incontro fra i più belli dell’anno del Club di Papillon che inizia con la visita guidata, in gruppo, al Duomo cittadino che na-
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sconde tante ricchezze. Ma solo con una guida riesci a capire i simboli o a scovare oggetti artistici altrimenti ignorati. Questa è una delle costruzioni religiose più ricche che abbia mai visto e gli amici di Papillon collaborano volentieri con il parroco Gian Luigi Carminati, per sostenere in tutti i modi una vita. Dopo un’oretta agile dentro la chiesa eccoci a piedi sulla via centrale per un pranzo sorpresa, nell’ennesimo locale che entrerà diretto sulla nostra guida. Si chiama Brett gastronomia ed oltre al ricco banco dei salumi e dei formaggi, colpisce la teoria di tavolini intorno, anche al piano di sopra con vista sul negozio sotto, dove ci si siede a degustare. Nel nostro caso il culatello arrosto dell’azienda Foma (il Belculotto) oppure il luccio in salsa alla Gardesana con la polenta.
5 dicembre A Casale 150 anni di Monferrato Domenica ad Alessandria, ma pomeriggio a Casale Monferrato, con un momento solenne nel teatro comunale per festeggiare i 150 anni del periodico Il Monferrato. Mi ha invitato l’editore, Emanuele Giachino, e anche il direttore, Pierluigi Buscaiolo, che durante la presentazione mi chiama anche sul palco per commentare il libro celebrativo dei 150 che è dedicato alla cucina, considerato un fattore identitario importantissimo. Salgono sul palco anche gli autori Aldo Timossi, Dionigi Roggero e Luigi Angelino che presentano un lavoro bellissimo, utilissimo che sarebbe piaciuto a Giovanni Rebora, teorico che la storia è fatta anche di piccoli fatti e passa attraverso segni distintivi come la cucina.
L’interno del maestoso Duomo di Salò
La festa per i 150 anni de Il Monferrato al teatro Comunale di Casale
Una bella festa, con tutti i crismi della solennità come doveva essere questo evento di grande responsabilità. Anche perché fare informazione ha una sua responsabilità così come portare la storia ne ha altrettanta. Quelli del Monferrato lo fanno in maniera mirabile, con un giornale e un’informazione anche online davvero ricca, radicata, che sta favorendo un senso di identità e di comunità importante.
Sosta alla gastronomia Brett di Salò con Laura
Laura, il volto di questa gastronomia aveva una carica di bell’entusiasmo e quel giorno ci siamo sentiti proprio a casa. Ne scriverò, appena tornato, su IlGolosario.it, colpito proprio dalla volontà di fare un percorso di qualità che non è scontato, soprattutto in una località turistica che alcuni mesi l’anno va in sonno, pur essendo bella ogni momento. Anche questo 4 di dicembre memorabile. la Circolare
6 dicembre A Bard i Modon d’Or 2021 rivenduti nei negozi del Golosario Si sale al forte di Bard, per la cerimonia di premiazione dei Modon d’Or 2021, ovvero le prime tre fontine d’alpeggio, seguite dalle sette medaille d’or che hanno partecipato alla selezione che ho raccontato nelle tappe precedenti. La sala, nella parte alta del forte, è piena di autorità e di produttori. Arriva anche il presidente del Consorzio Gorgonzola, Antonio Auricchio, che è anche presidente di tutti i Consorzi lattiero caseari e insieme conduciamo la premiazione. Vincono il Modon d’Or 2021: Yeuilla Attilio di Avise; azienda agricola Pra d’Arc di Saint-Rhémy-en-Bosses e Frères Bétaz di Frachey Rosella di Valgrisenche. Lo annuncia l’assessore regionale all’Agricoltura Davide Sapinet, prima dell’assaggio di tutti i dieci campioni in gara. Quest’anno poi, le Fontine del Modon d’Or prenderanno la strada delle migliori boutique del gusto de Golosario: hanno aderito in 13 (Luigi Guffanti Formaggi 1876 di Arona; Salumeria Moroni di Novara; El Canton dij Fromagg di Torino; Le Delizie del Palato, Caffineria Nolo e Centro Botanico di Milano; The Best di Chiavari; Dalle Nogare Formaggi di Bassano del Grappa; Ciberie di Godega di Sant’Urbano; Boutique del Formaggio e del Salume di Scandiano; Prostrati Ilvano - Il Montanaro di Zocca;
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7 dicembre La Mamma di Volto Scende la neve per cui salta la nostra bagnacaoda programmata con gli amici di Milano a casa nostra. Ma a Milano ci andremo lo stesso, dopodomani, perché la mamma del nostro Andrea Voltolini è andata in paradiso. E raggiungiamo Andrea e sua sorella, nella chiesa di piazza Esquilino dove si celebrano le esequie. Il distacco è sempre doloroso, ancor più quando se ne va anche l’ultimo dei genitori e in qualche modo ci si sente soli. È allora in questi momenti che diventano importanti gli amici che ti si stringono intorno, per dire che la vita va avanti, sotto la forma di nuove paternità e maternità. Questa settimana è partito anche l’Artigiano in Fiera, dopo un anno di stop forzato. Ma intanto restano irrisolti tanti problemi nel mondo del gusto, come quello del personale. Eccoci all’Appello della settimana.
Paolo Massobrio con l’assessore regionale Davide Sapinet
Foto di gruppo con i vincitori dell’edizione 2021 di Modon d’Or
Con il presidente del Consorzio Gorgonzola, Antonio Auricchio
Gastronomia Tempestini di Prato e La Bottega di Francesco di Porto San Giorgio), per una cinquantina di forme piazzate. Una gran bella iniziativa quella del Modon d’Or che ha il merito di tenere alto il valore e la fama della Fontina, un formaggio eccezionale che racconta l’essenza di questa valle di grandi lavoratori e di grande gusto. la Circolare
È L’ORA DECISIVA PER IL FATTORE UMANO. ARTIGIANI ALLA PROVA DELLA COESIONE «E il settimo giorno, Iddio compì l'opera che aveva fatta, e si riposò». Questo passaggio della Genesi ha condizionato la storia dell'umanità, anche se è un continuo leggere l'esaltazione delle eccezioni. Come il casaro dello spot del Parmigiano Reggiano, poi ritirato dallo stesso Consorzio, dove enfatizzava di riuscire a lavorare 365 giorni l'anno, Natale compreso. Ma non fanno eccezione i ristoratori, che in questo periodo cercano di monetizzare il più possibile una favorevole congiuntura, benché minacciata dalla carenza di personale. E perché manca il personale? Non era il lavoro più bello del mondo fino a ieri? Tutto deve avere una misura, sennò il bel lavoro diventa idolatria e nei racconti di certi ristoratori si legge persino dell'eroica (si fa per dire) assenza al funerale del padre. È il fattore umano il faro di ogni azione lavorativa, che significa anche volersi bene, oltreché avere rispetto per chi collabora insieme con noi. Anche perché sarebbe una contraddizione fare un lavoro dedicato al rispetto del cliente, mentre dietro il sipario non si rispetta la vita propria e quella degli altri che è fatta di relazioni, familiari in primis. Ci si nutre di relazioni, non solo di cibo e di vino, e questo Natale apre una luce proprio su questo aspetto. A Milano ha aperto i battenti "Artigiano in Fiera", che è proprio la festa delle relazioni, come quando si scendeva dalla montagna, ai primi di dicembre (mitica è la Fiera Fredda di Borgo San Dalmazzo nel Cuneese) per fissare i punti di riferimento prima del rigido inverno, spesso isolati per mesi. Gli artigiani di ogni genere hanno sofferto senza la relazioni di questi anni, ma appena è stato possibile sono giunti a Milano con le loro creazioni bellissime e ci staranno fino a domenica. Io credo che sia un atto di giustizia sociale andare a trovarli: un'alleanza in nome di una stima verso chi basa il proprio lavoro sul fare. Lo credo ancor più oggi, che il mondo produttivo si trova in balìa di tanti scossoni come l'inflazione, ma anche i rincari di materie prime e di energia. E se a Murano la crisi minaccia lo spegnimento dei forni, il problema lo hanno anche i produttori di scarpe che fanno fatica ad approvvigionarsi di scatole. Siamo in un momento storico dove la vera strategia da attuare si chiama coesione, per affrontare i rivoli di una crisi che ancora non è finita. Per questo un po' stona la decisione di scendere in piazza il 16 di dicembre, che suona più come quello slogan del sessantotto francese che diceva "Pour se poser il s'oppose" (per affermarsi si oppose). (Avvenire, 8 dicembre)
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9 dicembre Ad Asti con l’anteprima Barbera Natale si avvicina, ormai le luci sono ovunque a ricordare l’arrivo di un evento che ha declinazioni commerciali importanti. Ed io ne approfitto per acquistare il Moscato per i miei suoceri e cognati, a Milano. E lo faccio nel negozio di Campagna Amica di Asti che è diventato un punto di riferimento, con un’enoteca speciale e tanti prodotti da conoscere. Ma l’evento che si tiene nel tardo pomeriggio e al quale partecipo volentieri riguarda l’Anteprima della Barbera 2021, ossia i primi assaggi di un vino che sembra avere tanto da raccontare. Così, guidati da Vincenzo Gerbi e da Secondo Rabbione, inizia l’assaggio di 20 campioni di Barbera, di varie denominazioni e zone. Sul mio taccuino ne segno come ottime il 50%, che è già un buon livello visto che la maggior parte dei campioni sono da botte. Mi sorprende il Nizza, La Barbera d’Asti di Montegrosso e quella di Costigliole d’Asti che sono veramente iconiche, tipiche. Ottimo anche un secondo Nizza, questa volta di Mombercelli, mentre desta apprezzamento anche il campione di Albugnano e persino una Barbera di Sessame, in alta quota. La degustazione si presta a tante considerazioni: sui cambiamenti climatici e sulle scelte vendemmiali e diventa interessante discuterne con chi conduce e poi con Filippo Mobrici, presidente del Consorzio di Tutela e pochi altri. Dico pochi altri, perché ad un certo punto mi accorgo di aver posto tanti quesiti, ma anche considerazioni e provocazioni, ad esempio sulla denominazione Piemonte che annovera il nome di Barbera, per cui anziché dire un parere si avverte un clima da Bugia nen. Eppure in sala c’erano autorità importanti del mondo del vino, ma hanno preferito non scoprirsi. Per fortuna che Rabbione e Mobrici hanno accettato la sfida e alla fine si è discusso apertamente intorno a un vino che sarà interessante col millesimo 2021. Stasera finalmente una cena vicino a casa, ad Asti, da Duilio al Campanarò, con un vecchio caro amico, Franco Paracchino. Natale si avvicina veramente.
persone che ci sono: Gaia da Trieste, Franco Martinetti e altri amici di famiglia. Lo scorso anno non ci trovammo e Marzia lottava in un letto di ospedale, mentre pochi mesi dopo un nostro caro amico, Pio Boffa, ci lasciava. Per questo il ritrovarsi oggi ha un valore altissimo, solenne direi, impareggiabile. Grazie Marzia per la tua accoglienza generosa, per il canto e la bellezza. Abbiamo dormito nel consueto B&B che porta il nome de I Magi, scoprendo che fanno anche del vino buono. Priocca è sempre una sorpresa!
La cena a base di bagnacaoda da Marzia Riccardi, a Priocca
11 dicembre A Cogne con visita a Saint Pierre Si parte da Priocca al mattino, neanche tanto presto, e risvegliarsi con la brina in questo Roero dalle colline sinuose sembra un’immagine da presepe di Natale. Il viaggio porta ad una prima tappa a Saint Pierre, per provare la cucina di Corrado Michelazzo che, dopo un’avventura nei paesi asiatici, con moglie e figlio è tornato nella sua regione, dove già aveva dimostrato d’essere bravo portando la stella Michelin alla cucina del Bellevue di Aosta. Ora è qui nel ristorante che ha battezzato Due Passi, ambientato dentro all’hotel La Meridiana, meta accogliente e calda dei miei viaggi in Vallée. E di fatto la cucina sarà decisamente clamorosa, tanto da modificare immediatamente il voto che passa al Radioso, dopo l’esperienza di
L’intervento del presidente del Consorzio Barbera d’Asti e Vini del Monferrato, Filippo Mobrici, all’anteprima della Barbera
10 dicembre La Bagnacaoda di Marzia Il rito della bagnacauda è da Marzia Riccardi, moglie di Riccardo conte di Santa Maria di Mongrando, che ci manca da 18 anni. La convocazione è arrivata anzitempo (tre mesi prima) per una data certa che cadesse di venerdì. È un rito a cui io e Silvana teniamo molto: per il calore e l’amicizia che esprime, per l’incontro con le la Circolare
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Corrado Michelazzo con la moglie e il figlio all’interno del ristorante Due Passi
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un mezzodì di un sabato di dicembre. Dopodiché si parte alla volta di Cogne, per una paio di notti nel mitico Bellevue, che è sempre un’esperienza edificante di accoglienza. Ed eccoci con Laura Roullet, e con tutto il personale in costume, sorridente, che ci accolgono per destinarci in una camera che dà sulle piste di sci di fondo e sulle montagne. Usciamo con le strade ghiacciate dall’ultima nevicata e via a goderci questo bel paesino: una libreria, un caffè, il negozio di tipicità valdostane della medesima proprietà del Bellevue, chiamato Le Marchè aux Puces, e poi una cena straordinaria all’Enoteca Cave de Cogne, dove non solo troveremo una selezione speciale di vini, ma mangeremo ottimamente. Se dovessi descrivere l’immagine di una “vacanza” dove vacare è un piacere, direi questa, a Cogne, dove abbiamo persino acquistato due Fontine del premio Modon d’or, che conoscevo molto bene. Wow! 12 dicembre Con l’Accademia della Cucina Aosta La colazione del mattino sarà sontuosa come sempre e ad ogni tavolo viene consegnato il giornalino della giornata. Un’idea di Piero Roullet, che proprio ieri ha dovuto subire un ricovero in ospedale e avrebbe voluto esserci per la cena dell’Accademia della Cucina. Lo chiamo al telefono ed è sempre lui: battagliero, appassionato, profondamente amico. La prima cosa che mi dice è:
“Finalmente torna l’agenda Adesso” e da quel bollettino capisco che anche lui talvolta trae ispirazione. Poi mi descrive un piatto, che assaggerò la sera, preparato dal giovane chef che guida la brigata, Antonino Giovinazzo. A pranzo andremo nel locale in centro, La Brasserie du Bon Bec, piena di gente che assapora i piatti autentici della tradizione. Alle 18 eccoci per l'aperitivo con i membri dell’Accademia con tanto di omaggio musicale nel salotto, prima di accedere nella sala vestita a festa, bellissima, apparecchiata alla perfezione con le luci che rimbalzano ovunque, dentro e fuori. Prima di cena riesco a fare un salto in cantina, con il bravissimo sommelier, Rino Billia, per osservare una delle cantine più fornite e competenti d’Italia, dove non sfugge veramente nulla di ciò che di buono si produce in Vallèe. La cena sarà fantastica, e avrà come tema “L’anno che verrà”. Il simposiarca Nar Lèon legge un intervento semiserio del delegato di Aosta, l’amico Andrea Nicola, che è in quarantena precauzionale, perché il Covid sta alzando la testa. Tocca a me un intervento, breve, dedicato alla situazione attuale della ristorazione italiana, prima di dar via alla cena dove apprezzerò quel piatto che mi aveva detto Piero, la millefoglie di bollito. Ma buoni anche i bottoncini di rapa rossa con Blue d’Aoste e mostarde e la sella di capriolo in crosta con purè di sedano rapa e uvetta. Si chiude con il panettone del Bellevue e lo zabaglione, mentre due suonatori, padre e figlia, allietano la serata con la fisarmonica, ma anche con il tamburo di Cogne suonato nientemeno che da Laura Roullet. A volte si dice. “come se non ci fosse un domani”, quando si vive un momento bellissimo. Questa sera era proprio uno di quegli incontri che vorresti fissare, perché del doman non c’è certezza e perché è stato speciale ritrovarsi qui vivendo un momento di forte identità e amicizia. Al mattino presto, alle 6, quando riparto in silenzio con le mie Fontine del Modon d’Or e con i libri sulla storia di questa famiglia e di questo albergo, penso a Piero Roullet e lo sento vicino: “Cosa vuoi Paolo è la vita che ti porta così”. Caro Piero spero che la vita ci porti ad incontrarci ancora.
La brigata di cucina guidata dal giovane Antonino Giovinazzo
13 dicembre Da Roberto Astuni nasce la Piwiteca Da Cogne ad Alessandria; da Alessandria a Varese per un appuntamento e poi via a Bassano del Grappa per passare una serata con
In cantina con Rino Billia, mitico sommelier dell’hotel Bellevue
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A Bassano del Grappa, con Roberto Astuni e lo chef Andrea Pettinà
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Roberto Astuni, pieno di progetti interessanti nel suo bike hotel in località Sant’Eusebio. Stasera ho una diretta con Alessandra Colonna, come le avevo promesso, sempre su LinkedIn, per la serie In Vino Veritas e sarà ospite con noi Matteo Fenoglio, autore di un brut in Alta Langa speciale. Dopodiché eccoci a cena per provare la cucina di un cuoco veramente bravo, Andrea Pettinà, che permetterà di fare un salto in avanti a una realtà che al suo interno vuole creare la prima Piwiteca, ovvero un’enoteca dedicata ai vini prodotti coi vitigni resistenti Piwi. Il giorno dopo ci troveremo con Massimo Valotto, che sta portando a termine un progetto straordinario a Romano D’Ezzellino espansione della sua Cà Apollonio che già produce vini eccezionali. Saluto gli amici, con tanto di Panettone numerato (sarà uno degli assaggi migliori che porta la firma di Riccardo Antoniolo) per dirigermi a Treviso. Quanto è bello essere a Bassano, portarsi a casa le patate di Rotzo per la bagnacaoda, incontrare degli amici, vedere che le idee hanno le gambe e i progetti prendono forma. Natale quest’anno avrà anche questi volti positivi (accidenti, è una parola equivoca che non si può più usare!!!) 14 dicembre Al castello di Panarello con I Colli dei Longobardi Da Treviso rieccomi nell’hotel di Orzivecchi di qualche settimana fa, per partecipare a una serata di gala organizzata dalla Strada dei Vini e dei Sapori dei Colli Longobardi. E la location è a dir poco spettacolare: il castello di Panarello, dove l’Associazione Cuochi ha deciso di cucinare uno spettacolare spiedo con polenta. E ci sono i produttori di vini dei Colli Longobardi, fra cui Lazzari, Peri, Tenuta La Vigna e San Michele, reduce da un’ottima edizione di Golosaria, oltre all’assessore Fabio Rolfi e al presidente Flavio Bonardi con tutti i sindaci.
Flavio Bonardi, presidente della Strada del Vino e dei Sapori Colli Longobardi con la consigliera regionale Claudia Carzieri
È stato un anno ricco di eventi per le strade del Vino dei Colli Longobardi che hanno compiuto 20 anni. Ed ogni tappa è stata un motivo per scoprire porzioni di territorio. Come stasera, in questo castello di pianura eccezionale. È saltata la cena di Santa Lucia a Padova e si ricomincia a pensare come vivere le feste. Ne scrivo su Avvenire nel mio Appello settimanale. la Circolare
CENE IN CASA O NEI LOCALI MA SEMPRE RESPONSABILI La cena di santa Lucia di Padova è stata rinviata. Doveva essere la ventesima edizione di un modello di solidarietà che fino a oggi aveva coinvolto 15mila persone per una raccolta di 2 milioni di euro destinati ai bisogni del mondo intercettati dall'Avsi. Ma il precipitare della situazione (da lunedì anche il Veneto sarà in zona gialla) ha suggerito agli organizzatori di rinviare l'evento al 21 marzo. Ma intanto marzo 2022 cade ancora in stato di emergenza e non si riesce a rispondere alla domanda che domenica sera si sono fatti a Cogne, nel suggestivo Hotel Bellevue, i membri dell'Accademia della Cucina: «Come sarà l'anno che verrà?». Impossibile fare previsioni e proprio in questi giorni piovono le disdette per partecipare a cene sociali e anche a brevi vacanze, benché a Cogne sia difficile trovare una camera libera fin dopo i primi dell'anno, mentre il week end dell'Immacolata vedeva gente che mangiava tranquillamente nelle osterie o acquistava le fontine d'alpeggio premiate con il Modon d'Or (concorso annuale che seleziona 3 super fontine e 7 con la medaglia d'oro). Psicologicamente tutti cercano questa normalità, ma la realtà impone prudenza. E se nei ristoranti le disdette delle cene di fine anno arrivano anche a causa del Green Pass, che non tutti i dipendenti di un'azienda sono in grado di esibire, c'è anche chi chiude un occhio e apre le porte lo stesso, facendo concorrenza sleale e mettendo in pericolo la salute di tutti. Certo si fanno controlli a campione da parte delle autorità competenti, spesso applicando uno schema a sorteggio e non seguendo la pista dei casi sospetti di furbizia vigliacca. Le cronache locali del Trevigiano parlano oggi di un oste morto per Covid: voleva essere libero di scegliere e quindi di non vaccinarsi. Ma c'è pure chi rifiuta di farsi il tampone (tanto a lui non toccherà mai…) e pazienza se al pranzo in famiglia può nascere un focolaio. Ora, si può anche comprendere il rispetto del pensiero altrui, quello che invece non può esistere è l'irresponsabilità verso l'altro che ha pure stima di te: familiare o cliente del ristorante messo alla prova di una roulette russa senza senso. Ma se chi non vuol fare il tampone per la cena coi familiari scegliesse di isolarsi e se il ristoratore no-vax chiudesse il locale o cambiasse mestiere, non sarebbe coerente? Invece di imporre la propria testardaggine: «Perché io so io e voi non siete nulla». Che è solo la scena di un film con Alberto Sordi, ma non deve, non può rappresentare la realtà. (Avvenire, 15 dicembre) 16 dicembre Verso il Natale cenando dai coronati di nome Sergio Toccata e fuga a Sestri Levante, per intervistare Piero Lugaro, protagonista di un libro che vedrà la luce fra qualche mese e quasi mi veniva voglia di andare da Sergio Circella alla Brinca di Né, tanto è stato citato questa sera. Con me Alessandro Ricci che registra, sbobina, valuta le fotografie che entreranno nella pubblicazione. Sabato invece saremo a Milano, benché la giornata sia iniziata con un terremoto che è stato avvertito nella bergamasca bassa, ma anche in città. Alla sera siamo a cena da Sergio Motta, nel suo ristorante a Bellinzago. E sarà spettacolare la carne, ma anche la teoria di salumi che hanno raggiunto dei livelli altissimi. E poi si sta veramente bene, anche con i vini, e con un personale davvero preparato. L’altra cena prenatalizia con gli amici, i Gallici di Torino sarà invece a Malnate da un altro Sergio, Barzetti, che praticamente ti accoglie in casa. Anche qui una cena spettacolare, che quasi mi ha reso orgoglioso delle corone che portano questi locali, tutti con il titolare che si chia-
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pane fragrante, l’uovo speciale. Intorno alla tavola, con una doppia magnum di Monella, tutti i figli, rara avis e Marco Gatti. Fra gli accorgimenti utili anche un mezzo bicchiere di Barbera nella bagna, che attutisce un po’ l’afrore dell’aglio. Che bello scoprire che Natale è anche il radunarsi di tutti i famigliari. Però questa volta tocca solo a noi, senza neppure le fidanzate e i fidanzati perché il Covid è sempre più minaccioso. Per questo decidiamo di stare in famiglia anche il 25: niente pranzo coi nonni e con gli zii, la prudenza è d’obbligo. Da un brodo che ci ha servito Sergio Barzetti, la mia riflessione su Avvenire del mercoledì.
A Bellinzago alla tavola di Sergio Motta
Seconda cena prenatalizia a Malnate, con la cucina di Sergio Barzetti per i “Gallici”
ma Sergio. Ma quello che accomuna Circella, Motta e Barzetti è il fattore umano, il calore che trasmettono facendoti vivere un’esperienza italiana che è fatta di tanta roba. Di clima appunto, di poesia. E di gusto. 19 dicembre La Bagnacaoda dell’anno Anche a casa nostra si celebra il rito della bagnacaoda, con alcune cose irrinunciabili: l’aglio di Vessalico, il cardo gobbo croccante, un
IL BRODO E IL SILENZIO, ASPETTANDO IL NATALE Anche se non leggessimo i giornali e ascoltassimo un tg, qualcosa sembra ripetersi nelle città del Bel Paese: le code davanti alle farmacie e agli ospedali come un anno fa. Fra pochi giorni è Natale, ma sembra essersi perso il senso dell'attesa. Ad accendermi la lampadina è stato un libro per bambini (in realtà consigliato da 0 a 99 anni): "Aspettando il Natale" (MammaOca book) che raccoglie 25 storie, una al giorno, per vivere l'Avvento. Lo ha concepito Annalena Valenti insieme a Valeria De Domenico e Raffaella Carnovale, mettendo sul mercato uno dei rari libri che parlano di Gesù o meglio dell'Eterno che si svela attraverso il volto di un bambino. Ora, la lampadina ha preso luce quando nella prefazione di Annalena si parla del Natale con le parole che si rincorrono tra le righe: «Sorpresa, gioia, stupore, strana allegria, dolcezza, tenerezza, felicità, meraviglia, bellezza». Parole che a pochi giorni dal 25 dicembre sembrano diventate estranee a chi non è capace di ritornare bambino. Ma se pensiamo che a Natale, nonostante il travaglio del Covid che ha flagellato il mondo, noi ci siamo... perché restano estranee parole come sorpresa, gioia, strana allegria, felicità? Cosa attendiamo veramente? Si chiede l'autrice evocando l'immagine più prossima e contemporanea che è il pranzo natalizio in famiglia, insieme ai doni. C'è un motivo vero per essere indaffarati e tristi in queste ore? Cosa si potrà costruire mai sulla tristezza, avendo accanto quei bambini che cercano nei volti degli adulti l'attesa di un bene che tante volte si vela e tante altre si rivela? L'altra sera a cena da Sergio Barzetti a Malnate, i suoi piatti (ognuno aveva un racconto di artigiani, sapori, territori) sono stati preceduti da un brodo di cappone buonissimo che riscaldava. E io ho pensato che quel brodo povero e inaspettato, incommensurabile con il risotto e i mondeghili, era la parabola del silenzio. Il silenzio che apre alla meraviglia, rorido di ascolto e attesa. Sì proprio il silenzio, dove sei solo davanti al Tu che crea. Cinque minuti di silenzio, come mi consigliava Anna Maria Canopi, solo per percepire d'esserci; cinque minuti che valgono 24 ore, fatti di una telefonata, di un dono pensato per te, come pure Dio ti pensò quando non c'eri ancora. E poi un cibo da condividere, che non può restare il rito stanco di una società opulenta, ma proprio il dono che entra dentro di te... che sei al mondo. Il brodo e il silenzio, questo ci serve a Natale, per cercare nella propria vita i motivi per cui non si può essere tristi. Solo così si rinasce. (Avvenire, 22 dicembre) 26 dicembre Si parte per Sorrento con cena fantastica da Lorelei Viaggio a Sorrento, con partenza da Milano in treno. Tre giorni in Costiera per andare a trovare i nostri punti di riferimento e qualche novità. La partenza alla stazione Centrale non sarà fra le migliori,
Pranzo dedicato alla bagnacaoda. Con l’amico Fabio Cavallari e Marco Gatti la Circolare
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giacché un treno ha carrozze con dei problemi (Covid?) per cui si slitta di un’ora aspettando al freddo. A Napoli arriveremo per le 16, e la prima sosta sarà a Meta, alla pasticceria artigianale Bar Romano che fa delle sfogliatelle fantastiche. Quindi eccoci nel nostro hotel in centro, prima di andare a cena da una vera e propria rivelazione: Lorelei, sicuramente il miglior locale di Sorrento che vede in cucina il giovane Ciro Sicignano. Il giorno dopo si va a Vico Equense, e ci imbattiamo nella nuova location di Antonino Cannavacciuolo che è chiusa. Andiamo a pranzo da Gigino, che è diventato un luogo con 600 coperti, dove servono la mitica pizza a metro. Imperdibile la pasticceria Gabriele che prepara dei gelati speciali, ma anche il babà merita così come il limoncello e il finocchietto. Si va anche a fare spesa alla Tradizione, la boutique del gusto più competente del nostro Golosario dove invece servono i babà salati che sono una goduria. Alla sera siamo a cena da Parruccaro, un locale storico in centro a Sorrento, molto bello, ma turistico. Ed io dico: almeno il piatto che porta il nome della città, gli gnocchi alla Sorrentina, vogliamo farli memorabili? Sorrento è uno spettacolo e le luci di Natale sono diventate un’attrattiva turistica importante. E qui si capisce che hanno un’idea vincente sul concetto di destagionalizzazione.
Era tanto che desideravo venire qui, a incontrare queste belle persone, sicuro che avrei trovato una storia italiana pazzesca, dove l’ingegno nasce dalla povertà e dalla solidarietà tra famigliari. La sera assaggerò poi i vini, che considero clamorosi. E ricordo ancora quando assaggiai la prima volta il Fiorduva, in un ristorante a Capri. Ma anche il primo vino di Luigi Moio, dell’azienda Quintodecimo, lo recensii per primo su l’Espresso e il professore me lo ricorda in un’amichevole trelefonata. Che dire? Sono stato all’inizio della storia di tante cantine, ora è arrivato in momento di andarle a visitare, perché i passi avanti che hanno fatto raccontano una storia straordinaria di impresa italiana. Amalfi: alla pasticceria Pansa, sempre più grande Nel giro per la Costiera, Amalfi è una tappa obbligata anche perché, al pari di Sorrento (e non di Positano) è viva di turisti e i negozi sono tutti aperti. Rivisitiamo il glorioso Duomo, bellissimo, e poi facciamo sosta alla pasticceria Pansa, dove ritrovo Nicola e Andrea, i due fratelli che portano avanti la tradizione di famiglia. Il pranzo coinciderà con l’assaggio di una decina di dolci, uno più buono dell’altro. E qui registro uno scatto in qualità che non ricordavo così alto. “Abbiamo voluto mantenerci artigiani” - ci dicono - “e questo fa la differenza. Quantità e qualità non vanno mai d’accordo”. Anche i loro panettoni sono stati realizzati in appena 3.000 esemplari, poi magari saliranno a 4 il prossimo anno. Certo che in due posti dove siamo stati ospiti, a Sorrento e a Furore, non è un caso che ci abbiamo offerto i dolcetti della pasticceria Pansa, simbolo altissimo di qualità, che giustamente segna un punto di orgoglio ad Amalfi, senza scegliere la strada breve dell’offerta turistica. Bravi, ora non resta che avervi a Golosaria nel 2022!
Lo chef Ciro Sicignano con lo staff del ristorante Lorelei
28 dicembre Da Marisa Cuomo a Furore! Giornata d’inverno con il sole che splende sulla Costiera e quindi si parte per un giro a Positano, in un paese deserto, come 12 anni fa quando venimmo qui con Giovanni e Cinzia e ci innamorammo del posto. Alcuni negozi sono chiusi e così anche i bar, ma nonostante questo gli zampognari suonano le nenie di fine anno fra le strade e i presepi nelle chiese sono quelli autentici napoletani, con il pastore dormiente, oppure quello che volta le spalle a Gesù. Da Positano andiamo subito a Furore, a trovare Andrea Ferraioli e Marisa Cuomo, la coppia del grande vino campano, concepito insieme al professor Luigi Moio. E Andrea ci racconta la storia della sua vita e della sua famiglia, i sacrifici e le intuizioni che lo hanno portato a vincere la scommessa dei vitigni autoctoni campani con cui crea quel Bianco spettacolare conosciuto in tutto il mondo (da uve fenile, ginestra e ripoli). Coi figli andiamo a visitare la cantina, che è scavata nella roccia. Fuori vedi il mare e i vigneti eroici che si aggrappano sulla montagna. Presto nascerà una nuova e più agile cantina, anche se questa resterà con l’affinamento del vino nelle botti. la Circolare
Cena a Villa Zagara a Sorrento Questa sosta mi mancava: Villa Zagara. È uno dei posti più incredibili che abbiamo mai visto, realizzato da Nino Apreda e da sua moglie proprio nel centro della cittadina, con vista sul Golfo. Stiamo parlando di un luogo dove puoi trovare tutti i frutti e le erbe officinali più strani, ma anche collezioni varietali. Dagli ulivi ottengono un olio spettacolare, ma poi c’è la piscina, e vari angoli per vivere un evento, anche al coperto. Qui infatti affittano la villa per celebrare matrimoni e feste, hanno qualche posto letto. Ma quello che ti invade è proprio il senso di bellezza. Alla sera ceniamo nella sala con la figlia e con il sindaco di Sorrento e sua moglie: una cena a base di selvaggina, con i vini di Marisa Cuomo. Nino quattro anni fa mi aveva portato in moto a vedere questo spazio all’inizio del progetto di ristrutturazione. Mai mi sarei immaginato che arrivasse a questo risultato. Certo la sensibilità di questa famiglia, la tensione alla bellezza, hanno giocato un ruolo determinante per ricreare un luogo che parla da sé e rimanda a una Bellezza più grande. Che privilegio conoscere amici così! Ci saranno tanti lutti a cavallo del 2021. Il primo è di Franco Ziliani, l’inventore della Franciacorta, che ricordo su Avvenire. ADDIO ZILIANI, L’INVENTORE DELLE BOLLICINE ALL’ITALIANA Franco Ziliani, il papà della Franciacorta ci ha lasciati il giorno di Natale, a 90 anni. E subito ho pensato che dev'essere destino dei fondatori di grandi vini, segnare la dipartita il giorno di Natale. Lo fu per Giacomo Bologna, il 25 dicembre del 1990, quando ormai da 8 anni la Barbera era diventata un vino importante agli occhi del
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mondo. Ed è stato così per questo uomo gentile e curioso di tutto, che nel 1955, su invito del conte Guido Berlucchi, inventò quella bollicina simile agli champagne che avrebbe disegnato l'identità di un territorio fra l'Oglio, il lago d'Iseo e le Alpi Retiche, diventando vino doc nel 1967 e Docg nel 1995. Franco Ziliani nacque il 21 giugno del 1931 e i suoi successi sembrano una cavalcata di trent'anni in trent'anni. È infatti il 1961 l'anno in cui escono le prime 3.300 bottiglie di Pinot di Franciacorta vendute sei volte di più del vino fermo che il conte Guido commercializzava col nome di Bianco del Castello. Fu un successo che man mano coinvolse altri imprenditori, come Vittorio Moretti di Bellavista, che pochi giorni fa ha acquistato intere pagine sui giornali per ringraziare il suo enologo, e come Mattia Vezzola, che dopo 40 anni si è ritirato per seguire una sua avventura enoica con i propri figli. Maurizio Zanella creava intanto il fenomeno di Cà del Bosco a Erbusco e tutti insieme, passo dopo passo, hanno compreso quale responsabilità fosse custodire un bene collettivo, il territorio, divenuto oggetto di un disciplinare di
produzione che ne delinea aree, altezze di produzione e altre regole per essere sempre più credibili sul mercato. Ora, pensate se Franco Ziliani fosse stato geloso della sua intuizione e avesse dedicato la vita alle carte bollate? Lo dico perché caso vuole che, facendo una ricerca su WhatsApp mi sia apparso un messaggio caustico di un produttore di moscato invecchiato che si lamentava per la citazione fatta dal sottoscritto di un altro produttore che usava lo stesso metodo. Alla fine, di Moscato invecchiato quasi non si parla, e nelle terre di Pavese hanno forse perso un'occasione per lavorare insieme. Molto meglio – ecco il mio “appello” di fine 2021, assumendo la lezione di Franco Ziliani – creare una massa critica di bravi produttori e cercare di superarsi a vicenda, come continuano a fare i figli Cristina, Arturo e Paolo che hanno dovuto accettare anche la sfida di ricomprarsi la cantina. Cosa ci ha dunque insegnato Franco Ziliani, se non che è molto meglio vivere col sorriso dei giusti anziché col risentimento verso il prossimo, che – non dimentichiamolo – resta sembra una risorsa per ciascuno di noi. (Avvenire, 29 dicembre)
Con Marisa Cuomo, il marito Andrea Ferraioli e il figlio
Paolo Massobrio con Andrea Pansa della pasticceria Pansa di Amalfi
Con la famiglia di Nino Apreda, il sindaco di Sorrento Massimo Coppola e la moglie
Paolo Massobrio con Nicola Pansa
L’esterno di Villa Zagara
Luci di Natale a Sorrento la Circolare
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31 dicembre Muore anche mons Luigi Negri, il vescovo iscritto a Papillon L’ultimo giorno dell’anno, mentre ci si prepara per i festeggiamenti che in verità saranno chiusi in casa come l’anno passato, arriva la notizia che don Negri è morto, all’età di 80 anni. Era il prete che mi sposò 35 anni fa, divenuto poi vescovo di San Marino e del Montefeltro e infine di Ferrara, Comacchio nonché Abate dell’Abbazia di Pomposa. Quando eravamo ragazzi, lui seguiva i gruppi di gioventù studentesca, negli anni caldi della contestazione a Milano e stava al telefono giorno e notte a confortare, a pregare, a dare direttive perché si scansassero pericoli. Poi lo ritrovai in Cattolica, come assistente di don Giussani, e in tante altre occasioni, fino a diventare socio del Club di Papillon di cui andava fiero, dicendo che era una differenza di non poco conto rispetto agli altri prelati. Era un personaggio che aveva toni sferzanti e sarcastici, ma nascondeva una tenerezza unica dietro quei suoi occhi limpidi. Ricordo una mattina a Pennabilli, quando andai a visitare la chiesa e lo vidi sull’altare a celebrare la messa per tre fedeli, come un parroco di campagna, benché fosse un vescovo. Lo accompagnai all’edicola, per acquistare Il Corriere, Libero e Avvenire e parlammo di politica per una mezz’ora. Quando compimmo 50 anni, noi della leva 1961 che avevamo fatto Scienze Politiche all’Università Cattolica, lo invitammo a Polesine Parmense, nella chiesetta dell’Antica Corte Pallavicina dei fratelli Spigaroli per celebrare la messa. E lui venne portandoci in dono un prodotto della sua Diocesi. Nel 2007 lo invitammo a Rimini per presentare ufficialmente il nostro libro Adesso, 365 giorni da vivere con gusto. E lui fece un intervento memorabile, che ho voluto ripubblicare integralmente su IlGolosario. it, ma che merita riprendere in alcuni passaggi sotto. Quando se ne va un padre succede che si percepisce più il pieno che il vuoto e vengono cancellate tutte le contraddizioni di quando si era in vita, perché non sempre la si pensava allo stesso modo, ma questo davvero conta nulla, di fronte al mistero della morte. LUIGI NEGRI La prima osservazione che voglio fare è sulla parola cultura, perché la bellezza, e nella bellezza il gusto – il gusto è fattore eminente della bellezza – la parola determinante è la parola cultura. La cultura, come diceva Don Giussani, è la coscienza critica e sistematica dell’esistenza umana; ed esistenza umana è anche quando uno mangia, esistenza umana è anche quando uno piange o ride, o pensa. Come diceva S. Tommaso D’Aquino: “Idem est hic homo, qui edit, bibit et quaerit Deum”: “Lo stesso uomo è quest’uomo che mangia, beve, vive, veste panni e pensa a Dio”. Come dire che l’uomo è un’unità, un’unità che ha una variegazione infinita, ma l’unità non è una somma di particolari, l’unità è l’anima segreta della diversità. La cultura è la ricerca del senso della propria vita: o la propria vita poi ricade sul modo con cui prepari la tavola o mandi i fiori, o ricade e arriva fino lì, o è una cultura astratta, perché risponde soltanto a certi aspetti dell’uomo e paradossalmente risponde a quegli aspetti che viene previamente deciso che siano quelli definitivi o determinanti. Allora Papillon ha ridato spessore alla parola cultura; io non è che avessi molto tempo per seguire tutto, però ho percepito, permettetemi questa che può sembrare un’indebita petizione, che si svolgeva con Papillon un’intuizione fondamentale della nostra vita e del nostro metodo: che nulla poteva sfuggire alla verità. Se qualcosa sfugge alla verità, non è la verità. Come dicevano i Padri della Chiesa, quando dicevano che se c’è qualcosa dell’umano che non è stato assunto dal Verbo di Dio che è diventato carne, la Circolare
vuol dire che non è salvato, oppure, peggio ancora, che colui che pretende di salvare non è il Salvatore. La seconda suggestione è la grande capacità critica che Papillon ha dentro Che significa una lettura critica del mondo in cui viviamo: da un lato è il recupero teoreticamente positivo, si potrebbe dire, della parola cultura; dall’altro è una lettura critica della divisione del mondo moderno, perché il mondo moderno ha diviso l’uomo, perché la modernità ci presenta l’uomo che ragiona e pensa, e c’è stato un momento della sua storia in cui ha pensato che la ragione fosse tutto e che l’uomo consistesse nella sua ragione: “Cogito ergo sum”. Per cui allora il vero problema dell’uomo è conoscere e dilatare al massimo le sue capacità conoscitive; sulle sue capacità conoscitive nasce poi la capacità tecnico-pratica di trasformazione e manipolazione e tutto il resto non centra: l’uomo è la sua ragione. Così siamo andati galoppando verso l’idea che la conoscenza sia una tecnologia di carattere meccanico, che addirittura dettasse un nuovo modo di vivere l’intelligenza: l’intelligenza artificiale. E il sentimento? E l’affetto? E lo sgomento per il male che uno fa? E il gusto della bellezza? È un uomo che nei singoli particolari diventa schiavo dell’ideale che si ha sul particolare: la gratificazione. L’uomo diviso è un uomo che si annulla. L’uomo diviso nei settori della sua vita che non trovano un’unità se non come somma – l’unità non è una somma, è un valore diverso -, l’uomo che cerca l’unità come somma dei particolari è un uomo che si divide; Giovanni Paolo II ha avuto una parola straordinariamente terribile e verissima su questo modo di concepire la vita: l’ha chiamata, come deve essere chiamata: “cultura della morte”. Cioè la cultura dell’individualismo esasperato che mette il proprio ideale nel raccogliere il massimo di benessere da tutti i particolari di cui è fatta la vita, che vengono assunti o lasciati a seconda che diano o no benessere. La donna dà benessere per un certo aspetto, per un certo momento, poi la si lascia. Ma possiamo andare avanti all’infinito. L’uomo diviso si perde. Papillon rimette la bellezza al posto giusto nella vita, non la assolutizza Se assolutizzasse la gastronomia, il gusto o quant’altro, accadrebbe come in tanti altri aspetti della nostra vita sociale in cui vengono assolutizzate queste stesse cose. Perché voi parlate diversamente dagli altri che parlano di queste cose? Credo che sia anche per una competenza, in cui non entro perché io non ce l’ho, ma per la vibrazione di totalità che c’è dentro quel che dite. Non è il massimo di specialità: ci sarà anche la specialità che vi siete guadagnati nel campo della gastronomia, del bere, ecc... ma quello che colpisce leggendovi o vedendovi vivere è che voi vivete il senso della sacramentalità di quello che vi interessa. L’interesse non è tutto, è un interesse al tutto che vi muove e l’interesse al tutto è ciò per cui, come ha detto Benedetto XVI: “la bellezza è bella perché è di un Altro, conduce ad un Altro”. E poi la Bellezza verifica la verità: se la verità è vera deve arrivare a dettare un gusto diverso della vita, come dicevano i greci, che dopo aver incontrato il vero, il vero doveva diventare bene, giustizia, bellezza. E dicevano: “Allora occorre vivere bene e bellamente”: il grande ideale della kalokagathìa: bene e bellamente. L’educazione L’ultima cosa, che è venuta fuori sommessamente, ma è verissima, è la parola educazione: queste cose si imparano se si è educati, ma un aspetto fondamentale dell’educazione è che uno faccia e venga aiutato a fare. Queste cose non si imparano in astratto, le buone
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La leva del 1961 con Monsignor Negri a Polesine Parmense
1 gennaio Muore Maga Lino E se ne va anche il grande Maga Lino, il mitico produttore del Barbacarlo a Broni. Il 24 agosto eravamo stati insieme per festeggiare i suoi 90 anni. L’ultima volta che ci siamo visti. L’ho voluto ricordare in questo articolo che ripropongo, pubblicato su Italia Oggi il 4 gennaio 2022.
Monsignor Negri con una copia de ilGolosario Ristoranti
maniere non si imparano in astratto, a cucinare non si impara in astratto. Ma non soltanto l’educazione di questi particolari, l’educazione di tutta la vita è legata al fare: diceva Don Giussani i primi anni: “Fare per capire”. Noi non abbiamo parlato tanto della carità, lo ricordavo pochi giorni fa ad un gruppo che è venuto a trovarmi; noi siamo andati per anni in Bassa (la periferia milanese povera degli Anni Sessanta, ndr) e abbiamo imparato la carità perché l’abbiamo vissuta. Si impara se si fa. Perciò io credo che sia fondamentale questo: noi siamo impegnati in un’opera straordinaria di educazione, e lo dico realmente da vescovo. la Circolare
SE NE È ANDATO MAGA LINO, UNO DEI PADRI DEL VINO ITALIANO DI STANZA A BRONI, NELL’OLTREPÒ PAVESE. È SUO IL BARBACARLO Il mondo del vino piange la scomparsa di Maga Lino, uno dei padri del vino italiano di stanza a Broni dove produceva il mitico Barbacarlo, vino rosso frizzante, anima oltrepadana e accompagnamento perfetto per quelle pacciade raccontate da Gianni Brera. E fra i primi estimatori di quel vino c’era proprio Giuan fu Carlo, che morì in un incidente stradale il 19 dicembre del 1992, dopo aver bevuto il suo vino preferito. Ora, ignaro della combinazione di data, lo scorso 19 dicembre (29 anni senza Brera) con Marco Gatti abbiamo aperto un Barbacarlo del 1990 da accompagnare alla bagnacaoda, benché fosse perfetto anche sulla casseoula, come fece fino all’ultimo Gianni Azaria Borrelli, soprannominato da Brera, “Il Monsignore”, conduttore della trattoria l’Altra Isola di Milano. Quel 1990 era un Barbacarlo integro, leggermente petilant, saporoso. Lui si faceva chiamare Maga Lino e se invertivi gli elementi ti correggeva. In questo vezzo c’era tutta la sua storia: il nome antico di Broni è Cameliomagus e lì stavano le sue radici dacché nella memoria storica della sua famiglia non c’era nessuno che non avesse avuto a che fare con la vigna. Due i vini prodotti: il Montebuono (da uve croatina, uva rara e vespolina, più o meno come il più celebre Buttafuoco) e il Barbacarlo, che invece è frutto di uve croatina, uva rara, ughetta e un che di barbera) e non risulta mai uguale anno dopo anno: alcune volte è dolce, perché la natura lo porta lì, altri è secco, altri ancora è più o meno frizzante. Pacato e testardo, ci ha messo tanti lustri perché la legge, con una sentenza storica del Tar del Lazio, riconoscesse l’unicum del Barbacarlo, che è tale perché nasceva dalla vigna dello zio Carlo. Punto e basta. Quando arrivavi in via Mazzini a Broni eri sicuro di trovarlo lì, con la sigaretta accesa che fumava lentamente, convinto, come Brera, che “Il vino buono pulisce la bocca del fumatore”. Anche a fine agosto, quando compì
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i suoi 90 anni, non rinunciò alla sigaretta e nemmeno agli amici, accorsi festosi attorno al tavolo centrale con i produttori dell’Oltrepò Pavese e lui al centro, come a decretare che Lino era un simbolo indiscusso ed un fuoriclasse. Nel 2006, con Marco Gatt,i lo chiamammo sul palco di Golosaria per rendergli l’omaggio di uno dei 10 padri del vino italiano. E lui si accomodò di fianco a Gianfranco Soldera, a Josko Gravner, a Costantino Charrere e altri 6, definendosi “l’ultimo dei mohicani”. Il suo vino ha sempre diviso gli appassionati, senza mezzi termini: o piace o non piace. Anche Luigi Veronelli si trovò a scontrarsi con i suoi collaboratori, perché quel vino contadino era sempre un altro racconto rispetto a quello asettico delle schede di degustazione. Ho sempre voluto bene a Maga Lino, nel senso proprio dell’affetto che si prova per un essere umano che sapeva restituire affetto, in primis a suo figlio Giuseppe, per il quale aveva una venerazione e che ora porterà avanti l’eredità del padre. Nel mio libro uscito a fine 2020, “Del Bicchiere Mezzo Pieno, quando nella vita conta lo sguardo”, ho dedicato un capitolo a Maga Lino, fra i 50 ritratti pubblicati. E ho ripescato dal mio archivio un articolo di Claudio Gallina, pubblicato nel novembre del 2011 su un giornale del Biellese. “Il suo vino, ricorda Gallina, è democratico perché lo bevono tutti coloro che lo amano. Dall’imprenditore affermato al carcerato, dalle signore della borghesia alle puttane. Ma lui ha servito anche presidenti della Repubblica e papi. Un giorno è entrato nella sua bottega un barbone che gli ha chiesto la bottiglia più vecchia che avesse, promettendogli di dargli tutto ciò che possedeva. Peccato che nel portafoglio ci fossero solo pochi spiccioli. Al che Lino senza fare una piega gli porse quella datata 1961, primo anno in cui iniziò a vendere il vino in bottiglia e lo congedò dicendo: “Va là che sei Gesù Cristo tu”.
L’ultimo incontro con Maga Lino, alla festa per i suoi 90 anni
Quanti lutti quest’anno! La cronaca dei lutti non finisce più, è morto anche Camulin, il mitico oste di Cossano Belbo, che faceva dei tajarin leggendari e Massimo, conoscente di lunga data, è in fin di vita all’ospedale di Alessandria. Morirà il 6 gennaio, di Covid. Non era vaccinato e sul suo profilo facebook aveva pubblicato un post con le ragioni dei no vax. In famiglia erano tutti positivi, ma lui non ce l’ha fatta. Ma è possibile morire così, solo per una teoria? 4 gennaio Sul lago d’inverno Dopo aver partecipato ai funerali in Duomo di mons. Luigi Negri, io e Silvana partiamo per Nebbiuno, sul lago Maggiore, per andare a conoscere un artista straordinario, Graziano Tinti, e proporgli l’illustrazione della prossima edizione del nostro libro Adesso. Così cogliamo l’occasione per andare a salutare anche Francesca Settimi la Circolare
e suo marito Giò, a Colazza, alla vigilia di un ricovero che speriamo si risolva nel migliore dei modi. Francesca e Graziano hanno in comune una vitalità straordinaria, quasi contagiosa. E questo momento d'inizio anno era proprio un invito affinché le persone vive dentro si incontrino. Graziano dopo averci illustrato le sue opere, porta in tavola un fomadifrant e altre specialità (notevole anche l’Asìno e il Formai dal Cit) del caseificio Tosoni, di Spilimberto in Friuli, mentre il figlio taglia un prosciutto spagnolo che gli ha regalato la fidanzata. Beviamo Amarone. Questa sì che è vita! Cosa significa adattarsi? È la mia riflessione di inizio anno su Avvenire. ADATTAMENTO, UNA PAROLA PER IL NUOVO ANNO Due anni di ritagli di giornale, dalla fine del 2019 ad oggi, archiviati sull'iPad, sono stati una lettura curiosa durante un viaggio in treno. Che dire? Sono cambiati articoli e titoli, che in certi periodi dell'anno riapparivano come degli standard. E se a inizio 2020 si faceva a gara a spiegare come smaltire i chili in eccesso accumulati nelle feste, due anni dopo sembra che la festa dell'abbuffata non ci sia quasi stata. Ma i problemi sono ben altri da 20 mesi a questa parte. A fine 2019 un articolo parlava della crisi della ristorazione: troppi locali e sempre di più a prezzi alti, secondo il trend incoraggiato dalla televisione e dai divi della padella (o del congelatore). Poi la crisi è arrivata veramente, ma secondo una variante imprevedibile che tuttavia non ha piegato definitivamente un settore, che più volte è stato in grado di ripartire e di ritrovare il proprio pubblico. E anche questo dato, verificato dall'osservatorio di una guida alle tavole italiane (Il Golosario ristoranti di Gatti&Massobrio) ha confermato una tenuta sostanziale che deve far riflettere gli economisti, circa la capacità di adattamento della microimpresa. Adattamento, sembra la parola di questo inizio d'anno dove il Governo va spedito in una direzione ben diversa da quella di un anno fa. Non si chiude più, neanche le scuole e men che meno i ristoranti che sembravano il capro espiatorio della Pandemia. La variante Omicron fa meno paura, benché si diffonda così velocemente che ciascuno di noi, in qualche modo, si sente circondato nelle settimane della risalita. L'adattamento, che vorrà dire un plus di attenzioni rispetto a prima, significherà convivere con un virus che sembra in qualche modo indebolirsi. Ma purtroppo c'è un adattamento anche dei cosiddetti no-vax che sembrano riporre la propria consistenza in una teoria, spesso fantasiosa. Ma che teoria è quella che sta portando un conoscente di vecchia data sulla soglia della morte, solo perché ha mostrato con fierezza che lui ai vaccini non ci crede? Sono in apprensione i familiari e gli amici che prendono atto, dall'ospedale, quanto il corpo non reagisca più alle terapie. Con tutto il rispetto per le idee altrui, talvolta servirebbe uno psicologo per capire insieme qual è il valore di una vita: un'idea o la vita, che è fatta di relazioni? Se l'adattamento è basato su un'idea, è certo che alla fine ci si troverà più soli e poveri. Perché la solitudine voluta, neppure per un ideale, è il prologo di un'anticamera che porta iscritto l'individualismo. (Avvenire, 5 gennaio) 7 gennaio I Funerali del Batista Lo chiamavano il Batista, con una T soltanto ed era il prototipo del contadino. Era un cugino di secondo grado, aveva 98 anni, sposa-
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to con Maddalena, detta Lena, di anni 96. Ai funerali, il prete di Abazia di Masio ha ricordato che il Batista talvolta veniva a messa col trattore, il suo inseparabile trattore verde. Lui viaggiava solo in bicicletta o in trattore, non ha mai avuto l’auto. È stato uno degli ultimi contadini che conduceva la campagna: grano, erba medica per i conigli, buoi da carne e vacche da latte e qualche filare di vigneto. Una cascina a circuito completo, dove non mancava l’orto. Ricordo quando tornava a casa dal lavoro, sempre con il suo trattore e si lavava la faccia con l’aceto. Accudì la mamma fino all’ultimo, in casa, e così hanno fatto con lui le figlie. Una vita che era un modello. Una persona che mi era cara, mai sopra le righe, sempre sorridente e lieto. Lo ricordo così e con lui se ne va un pezzo di civiltà contadina autentica.
sile filo di voce è ciò per cui ha scelto di dare la vita: il Signore. Non so se quel ragazzo che conobbi 40 anni fa ad Alessandria, frequentava ancora sacerdoti. Cattolico era cattolico, anche praticante, ma l’idea che il vaccino fosse un male è stata più forte di qualsiasi giudizio: ed è morto di Covid, da solo, in ospedale, dopo aver messo in pericolo la vita sua e quella dei famigliari. Ma può un’idea, una teoria che evidentemente cozza con i dati che emergono dalla realtà che è sotto gli occhi, prevalere sulla vita stessa, fino ad annientarla? E per cosa? Il mio appello allora è perché nella vita non sparisca mai il giudizio. O quello che nella Chiesa si chiama correzione fraterna. Che devono esercitare i curati, gli amici, i famigliari, anche a rischio di urtare il carattere di qualcuno che s’è fatto un’idea. Dare e ricevere, la lezione del Batista, è ben diverso da ignorare e registrare... l’epilogo tragico di certi eventi. 8 gennaio Sono 61! È arrivato anche il giorno del mio compleanno: 61 anni. E finalmente gli amici di sempre hanno potuto raggiungermi coi figli e mia moglie per festeggiare insieme con alcune bottiglie che attendevano da tempo. Per l’occasione abbiamo cucinato la Bondiola che ci hanno regalato Stefano e Teresa Dondi da Fidenza e poi il ragò d’oca cucinato da Gioachino Palestro da Mortara. Il pane sono andato a prenderlo di persona a Scurzolengo: l’ottima monferrina della panetteria Verrua. E come dolce: il panettone di Ferdy con lo stracchino. Che bella festa!
Il manifesto funebre che annuncia la scomparsa di Batista
Ne scriverò su Avvenire nel mio articolo del 12 gennaio. MORIRE IN PACE O DI COVID, DA NO-VAX Giovanni Battista Maccagno se n’è andato a 98 anni, cugino di secondo grado, professione contadino. Lo ricordo quando tornava dai campi e si lavava con l’aceto per togliersi di dosso le impurità. Era l’esempio di quella civiltà contadina al tramonto che resisteva con un’azienda autarchica, a ciclo completo, impostata sul ricevere e dare, esempio virtuoso di quello che oggi sarebbe un modello di economia circolare. Coltivava i campi di grano, aveva una vigna e l’orto; ai suoi conigli dava l’erba medica e col fieno ricoverato in cascina foraggiava i suoi bovini. Durante l’omelia don Carlo, parroco di Abbazia e di Masio, in provincia di Alessandria ma in diocesi di Asti, ha ricordato che talvolta lui veniva a messa col suo trattore verde. Non hai mai guidato l’auto: bicicletta o trattore, i soli mezzi che conosceva per muoversi nel raggio di pochi chilometri, anche per raggiungere il Signore, fosse la messa della domenica o un matrimonio. Don Carlo, prete di campagna, è un curato, nell’accezione di quel termine desueto che significa aver cura dell’altro, soprattutto della sua anima. Lo andava a trovare, quando la malattia impediva ormai qualsiasi movimento e alla fine gli chiedeva di salutarlo con un sorriso, che era la cifra del Battista: la letizia, vissuta con la moglie Lena (Maddelena). Mi ha fatto riflettere questo personaggio d’altri tempi che era certo di dare e di ricevere: nella terra, nella vita, nel rapporto col Signore. Ma anche il ruolo del curato ha qualcosa di eroico a ben pensarci: un po’ psicologo e un po’ amico, con una dimensione del tempo senza calcoli, perché anche l’ultimo con l’ela Circolare
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I 61 anni di Paolo con le bottiglie della predilezione
Il commento sui miei anni lo lascio a uno scritto di Daniele Mencarelli
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Una grande fame di luce La vecchiaia (è questo il nome che gli altri gli danno) può essere per noi il tempo più felice. E morto l'animale o quasi è morto. Vivo tra forme luminose e vaghe che ancora non son tenebra. diario di viaggio
Jorge Luis Borges comincia con questo incipit una delle poesie manifesto di tutto il Novecento: Elogio dell'Ombra. Lui, Omero moderno, esalta quel poco, tantissimo, che gli è dato da vedere, forme luminose e vaghe, non hanno, però, il sapore della tenebra. Ma, quello che ammalia più di tutto, in questa epoca di giovanilismi patetici, d'estetizzazioni ben oltre il confine dell'orrore, è la dichiarazione d'amore nei confronti della vecchiaia che apre la poesia. La vecchiaia, questo il nome attribuitogli, che il Poeta con un filo d'ironia non sembra accettare pienamente, è difatti il nome che gli altri gli danno, può essere per l'uomo il tempo più felice. Come suona stonato, quasi eversivo. Invece è così. Meravigliosamente così. Perché, quando si è svegli di fronte a se stessi e al tempo che ci è dato da vivere, sentiamo quanto l'ultimo atto, come in ogni storia che si rispetti, sia il più prezioso da spendere. E il tempo in cui anche i desideri carnali, mondani, che tanto animavano e confondevano, sono passati dietro la linea dell'orizzonte, perché l'animale è morto o è quasi morto. Resta l'essenza, un'essenza luminosa, vaga, imprendibile, ma che nessuno potrà mai confondere con la tenebra. Ma occorre affidarsi all'enigma della realtà. Come Borges insegna. Perché l'unico vero peccato è vivere in una realtà a due dimensioni, schiacciati in un'assenza totale di profondità. Per aprirsi a questa visione non servono occhi di lince. Solo una grande fame di luce. NOVITÀ NOVITÀ NOVITÀ La Circolare finisce qui, ma in coda ecco una carrellata di novità. Incominciamo dai festeggiamenti dei 30 anni del nostro soldalizio, Il Club di Papillon, che stiamo immaginando in questi giorni, con una preview il 18 giugno a Sordevolo, per assistere alla Passione, spettacolo teatrale popolare di grande suggestione (i dettagli sulla prossima Circolare) e poi una festa fra Oropa e Sordevolo il 19 giugno che è esattamente la data di quando dal notaio Mussa di Alessandria nacque il Club di Papillon.
Per l’occasione uscirà anche un regalo per tutti, ovvero una nuova iniziativa editoriale che avrà cadenza annuale. Si tratta del terzo Golosario (dopo quello dei prodotti che ha superato i 20 anni; quello dei ristoranti che di anni ne ha 7 e va per gli 8) ecco ilGolosario Wine Tour dedicato alle aziende vitivinicole che offrono l’esperienza dell’accoglienza sotto vari punti di vista. Questa Circolare poi esce alla vigilia della consueta Convention dei Delegati, dove lanceremo anche quest’anno una nuova formula di Cena in Compagnia dedicata proprio al tema della Colleganza. Si tratta dell’adozione di una cuoca di famiglia in Venezuela, dove il nostro amico Alejandro sta portando avanti un progetto eroico. Vorremmo che anche questo prendesse le ali come la Transumanza della Pace, che sta andando nella direzione, secondo quanto ci ha fatto sapere Gianni Rigoni Stern, del caseificio tanto atteso. (Nella pagina seguente i dettagli dell’iniziativa che ci hanno trasmesso gli amici di Trabajo y Persona). Dopodiché, scansando il Covid, siamo riusciti a provare tre ristoranti davvero raccomandabili che conoscerete leggendo IlGolosario.it. Il primo porta il nome di Caffè Amaro e si trova a Garda, con un dehor che dà sul lago e una cucina casalinga molto buona. Il secondo, clamoroso, sta a Comezzano-Cizzago (Brescia) si chiama Finil del Pret, una trattoria di lusso entusiasmante, dove abbiamo trovato il prototipo perfetto del locale preferito. Il terzo locale è il posto più bello di Verona, sorprendente, inimmaginabile, curato fin nei minimi particolari, con una cucina che abbraccia le varie province del Veneto a iniziare da Venezia (moscardino in nero da urlo!) e una carta dei vini spettacolare. Lo spazio all’aperto è poi romantico e strategico (sta vicino a piazza Bra, dove senti gli echi dell’Arena). Si chiama Darì. Imperdibile! Ora, tutti questi locali che saranno celebrati a Milano già nelle due Giornate del Vino che abbiamo previsto all’Hotel Melià: il 19 marzo coi vini della Lombardia e il 23 aprile con i vini dell’Emilia Romagna. Leggeteli a pagina 51. Cercateli!
IL GOLOSARIO RISTORANTI
IL GOLOSARIO NEGOZI
L’ E S P E R I E N Z A
D I
P A P I L L O N
A PORTATA DI TOUCH la Circolare
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IL CLUB DI PAPILLON NEL 2022 SOSTIENE LA SPERANZA VENEZUELANA
IL LAVORO E IL GUSTO E lo faremo attraverso le Cene In ComPagnia, un’iniziativa diffusa per sostenere le imprenditrici venezuelane attive nel settore gastronomico Nel Venezuela che continua a soffrire una drammatica crisi economica e sociale (l’inflazione è del 700%), dal 2009 l’associazione “Trabajo y Persona” è impegnata in programmi e progetti sociali di formazione professionale orientati all’imprenditoria, all’autoimpiego o a un degno impiego e rivolti in particolare alle fasce più deboli della popolazione.
IL NUOVO PROGETTO
Con la recente iniziativa “Il Lavoro, il Gusto, la Speranza”, l’Associazione intende sostenere donne imprenditrici nell’ambito gastronomico in diverse città del Venezuela. Si tratta di persone già formate da Trabajo y Persona negli anni precedenti, sia per quanto riguarda le competenze specifiche, sia per quelle imprenditoriali attraverso un processo di “accompagnamento” che si rivela particolarmente importante e riguarda molteplici aspetti dell’attività imprenditoriale nella fase di avvio: dal business plan all’acquisto delle attrezzature, dalla selezione dei fornitori alle strategie commerciali. La proposta è semplice: “adottare” queste nuove imprenditrici nella loro fase di avvio dell’attività. Come? Sostenendo il percorso di accompagnamento personalizzato di cui si occupa Trabajo y Persona, adottando una nuova imprenditrice del Venezuela e sostenendo il suo lavoro. Il valore di ogni adozione è di 1.500 euro, ha la durata di un anno ed è finalizzata a rispondere a bisogni concreti. Ora, questo è un modo per attivare nei fatti una Colleganza, aggregandosi a un Club di Papillon locale o creando un’aggregazione di persone che vogliono sostenere il progetto “Il Lavoro, il Gusto, la Speranza”. Si raggiunge l’obbiettivo attraverso cene o serate a tema in cui presentare il progetto e l’attività di Trabajo y Persona, o ancora destinando una parte dei ricavi di un piatto o di un menu al progetto, nel caso di un’aggregazione costruita intorno a un ristorante. Tutte le adozioni, saranno poi documentate nella loro fase di sviluppo, creando un rapporto fra il gruppo e la cuoca sostenuta.
SI PARTE!
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collaboratori, a Marco Gatti, a Silvana tua moglie che a distanza, quando sbandi, ti rimette nella giusta careggiata, c’è qualcosa di ben più significativo che racconta il segreto di Golosaria ed è proprio quel pensiero affettivo che in una società dedita alla piccola schermaglia modernista sfugge a tutte le dimensioni. Portando testimonianza, pur rimanendo al centro del palco, ti fai da parte, ti poni in una posizione dell’ascolto con entusiasmo. Hai presente quei film di Nanni Moretti, dove anche a fronte di una bella trama, ti viene sempre la tentazione di dire “Va bene Nanni però per favore spostati, perché impalli, oscuri tutti, ci sei solo tu”.
lettere al direttore
LA CORONA RADIOSA ROSSA UNICA CI SCRIVE
Da Aurora, Massimo e Mascia Mazzucchelli - Sasso Marconi Caro Paolo e naturalmente anche a Marco, vi ringraziamo di cuore da tutta la famiglia Mazzucchelli, per questo meraviglioso e inaspettato premio, che ci riempie di energia e stimolo a fare sempre meglio. Grazie per le belle parole spese al congresso Golosaria, per aver creduto in noi e averci sostenuto in questa nostra fase di trasformazione; è un onore per noi essere in guida e far parte della vostra grande famiglia. Vi aspettiamo quando volete per brindare qui da me tutti insieme. Cara Aurora, direi che la corona rossa ti sta proprio bene e si abbina al colore dei capelli. Ma al di là di questa battuta, con questo riconoscimento abbiamo voluto indicare un’area di miglioramento per tutto il settore, compreso quello delle pizzerie: si alza l’asticella. L’ho detto anche al Congresso di Pizza Up davanti a tutti i pizzaioli contemporanei, scoprendo in realtà che i critici ancora non hanno capito la tua scelta, mentre i consumatori credo proprio di sì. Per me l’assaggio delle tue sei pizze è stata un’esperienza clamorosa. Avrei voluto presentarla meglio a Porta a Porta, ma se leggerai il mio diario capirai cosa succede dietro le quinte.
FAR QUALCOSA PER
Ecco, questo rischio tu lo hai trasceso, lo hai mondato, come si dice dalle tue parti quando si pensa alle mondine chine nelle risaie, perché hai fatto della colleganza un gusto, un piacere che traspare sul tuo volto quando parli di un vino, di un formaggio, ma ancor più di un produttore, di un contadino, di un fornaio. Sei un testimone Paolo, che crede nella relazione affettiva. E se c’è una parola che non ho ascoltato, tra le migliaia pronunciate è “fiducia”, che è la parente laica di quella fede che non chiede spiegazioni scientifiche. La colleganza è fiducia nell’altro, essa prevede una libertà antica, non quella della Costituzione Francese che tutti ripetiamo a memoria “La mia libertà finisce dove inizia la tua”, ma nel suo opposto concetto: “La mia libertà inizia dove inizia la tua”. Caro Paolo, grazie. E ricordati che la parola “grazie” rievoca i benefici reciproci che richiamano all’umana società. Guarda un po’: relazione, condivisione, partecipazione, colleganza, fiducia. Grazie Fabio per questa riflessione profonda e per aver colto quel momento sul palco dove ho risposto a Mario Sala dicendo esattamente ciò che mi interessa: ossia far brillare un mondo di gente che lavora in maniera intelligente e generosa. Mario è stato magistrale quando ha parlato di entusiasmo perchè quello è il clima che si è respirato a Golosaria e che è impagabile per chiunque, siano essi visitatori o espositori.
MILANO VI MERITA DAVVERO?
Da Fabio Cavallari Luino
Caro Paolo, ho seguito per due giorni di Golosaria (sabato e domenica). Più volte, duranti i dibattiti sul “Gusto della colleganza” avrei voluto intervenire. Sono stati incontri molto ricchi, di spunti, suggestioni e “affetto” che in latino richiama a adfectus, da adficere, cioè ad e facere, che significa “fare qualcosa per”. È stata declinata la parola “colleganza” come condivisione, relazione, partecipazione e potremmo andare oltre seguendo l’ordine semantico. Si è parlato di entusiasmo come motore per crescere. Posso sottoscrivere ogni singola parola, ma ne voglio aggiungere una che credo ti sia molto cara “testimone”. Ti sei sottratto alla descrizione di leader offertati del prof. Mario Sala, e so che non l’hai fatto per modestia, ritrosia e pudore. No. Io credo che la tua persona, abbia un altro ordine costitutivo, che stia dentro quella frase “fare qualcosa per”, cioè sussumente l’affetto che hai verso i tanti produttori, che non a caso chiami per nome, facendone il testimone, portando testimonianza con i tuoi libri, con la tua narrazione, negli incontri con altre persone. Ai più distratti, può capitare di imbattere nel tuo volto in più di una occasione ed avere l’impressione che Paolo Massobrio sia totalizzante, che Golosaria sia la tua persona. Ma oltre ai tanti la Circolare
Da Maresa - Dolceacqua
Buonasera Marco scusa per l'ora sarai distrutto ma non posso fare a meno di fare alcune considerazioni. Milano non vi merita, sede naturale della vostra manifestazione ha metà dei premiati che non si presentano mentre arrivano da Sardegna e Sicilia e anche dalla Liguria che con le solite strade dista 7 ore. Ottimo pubblico pessimi bottegai. E qui mi taccio. Per il resto mi permetto di dire che colleganza è anche capacità di sognare e capacità di ascoltare. I ragazzi di casa della rocca che rappresentano un sogno perseguito di aprire un loro ristorante sotto pandemia in un luogo difficile, tanti produttori giovani di vini, di pane di formaggio, insomma il sogno e la perseveranza. Noi abbiamo il dovere di ascoltare, abbiamo ascoltato i nostri vecchi e dobbiamo ascoltare i giovani. La nostra è una generazione che dovrebbe ascoltare poco la propria voce e molto quella di chi è venuto prima e verrà dopo. Perché noi siamo dei sognatori, dei visionari che dobbiamo disegnare un futuro possibile per chi verrà dopo. Io ho ancora stupore ed entusiasmo. Grazie perché prestate palcoscenico a tutto ciò.
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lettere al direttore
Ahahaha cara Maresa, ti ha fatto arrabbiare anche a te la supponenza di quei milanesi che pur essendo annunciati avevano altro da fare, perché a Milano han de laurà? Si è stata un’occasione mancata, per loro, come ho scritto anche nel mio diario, e sembra che la pandemia abbia lasciato poco come insegnamento, anche se non bisogna mai generalizzare. Il cruccio di Milano credo l’abbia colto molto bene l’arcivescovo Delpini, che in un suo intervento ha detto che il problema di Milano non è la frenesia del lavoro, ma la tristezza che avanza. E la tristezza è figlia della mancate relazioni.
L’ORIGINE DELLA COLLEGANZA E LA RIVOLUZIONE CULTURALE
di Papillon, che è l’origine di tutto per noi, come un fattore culturale. La conseguenza di questo è ciò che hai documentato dopo una domenica a Golosaria, che non è nelle nostre mani, ma è l’esito, appunto della relazione o, come l’hai chiamata tu, della Colleganza. Bellissimo poi il tuo esempio del panino, che ha spinto quelli dello street food Dei Bravi Ragazzi di Meda a fare quel gesto che tu hai colto. Perché lo hanno fatto? Perché erano dentro a un clima del genere, dove hanno voluto dire, esattamente come vogliamo noi, “FACCIAMO IN MODO CHE TUTTO POSSA ESISTERE”. Rendiamo possibile l’iniziativa di ciascuno, che si possa andare avanti con serenità perchè insieme.
IL TUO RICORDO DI AMICONE
Da Sabrina - Gelateria -16° C Lainate
Scusa Paolo, ti scrivo ora, subito perché ora e subito è il momento in cui posso cogliere le sensazioni. Ciò che provo ora è una gratitudine sconfinata. Sono grata alle mie amiche che mi hanno scritto subito. A mia sorella sempre con me, che mi ha messo un'amorevole mano sulla schiena quando mi hai chiamata ed io mi sentivo della consistenza di una gelatina. Al mio Claudio che è così orgoglioso, felice di me, con me e per noi. Grata per l'enormità di ciò che avete fatto. Avete sviscerato il concetto in modi profondi, tutt'altro che letterali. Lo avete analizzato, scomposto, ricomposto, spremuto, condensato, analizzato, guardato da vicino, da lontano. Ne avete estratto essenza e senso. Avete avviato davvero una rivoluzione culturale. Silenziosa, ma determinata. Sono fiduciosa che in tanti abbiano colto il vostro messaggio, che in tanti andranno a casa stasera con un bagaglio più pesante. Un esempio? Stavo comprando culatello, strolghino e chi più ne ha, più ne metta e ... arriva dalla zona street food un ragazzo con due mega panini caldi non ordinati, per rifocillare i due ragazzi di Parma allo stand. Ecco ... colleganza. Eccola lì nella sua immediatezza, nella sua semplicità illuminante. E pensavo ieri che tutto questo è anche, con la dovuta prudenza perché non è finita, che tutto questo è anche un bel calcio nel sedere al Covid. Ci hai fatto chiudere? Ci hai chiuso in casa? Ci hai impedito di vederci, parlarci, darci consigli? Sai cosa ti diciamo? Siamo qui e siamo qui con una nuova prospettiva. Doveva andare così. Quella mail, da me o da altri, doveva partire. Doveva arrivare a chi potesse ascoltare. A chi avrebbe iniziato a pensare...
Da Giampaolo Cerri
Caro Paolo, ho letto in anteprima, tramite il Magnaschi, il tuo bellissimo ricordo di Amicone, palpitante amicizia. Mi ha commosso quel passaggio sulle diatribe Ogm, perché ricordo bene quei giorni e ne parlammo proprio al Meeting, e quel risvolto della presentazione, a cui lo invitasti, e che non conoscevo. Bellissimo poi il riferimento a Pontiggia, sia nella sua descrizione sia nel dettaglio della data di morte. La notizia della scomparsa di Luigi mi ha colto al mattino presto di una notte insonne: ero reduce dall’ospedale di Erba, dove avevo accompagnato la moglie di Lele Tiscar e dove avevo appreso, con lei, la notizia della sua morte. Con lei l’avevo visto avvolto in un lenzuolo. La mattina, ecco l’aggiornamento terribile di Luigi, perché Lucilla, la figlia maggiore, vive qua, avendo sposato il primo affidato di Cometa, Antonio. Ho pensato a questi due uomini, coetanei, innamorati di Cristo e della vita, centro di tantissimi affetti, andati via così, in poche ore. Ho pensato alla comunicazione di Dio, così difficile a volte, così dura: che vuoi dirci, Signore? Speriamo di capirlo. Grazie ancora.
Grazie dunque perché avete fatto qualcosa di bellissimo e pieno di significato. Qualcosa che non è affatto "spettacolo ", ma è dare voce, dare senso, dare idee e ascoltare. Grazie Paolo, grazie per avermi onorata come hai fatto. Non me lo aspettavo, no. È un altro giorno che non dimenticherò mai. Buona continuazione e speriamo di vederci presto! Un abbraccio grande, Cara Sabrina, sono felice di quello che mi scrivi che conferma quell’intervento che fece nel 2007 mons. Luigi Negri quando parlò la Circolare
“Cosa sarà mai l’uomo perché te ne ricordi?” recita il salmo. E qui vengono in mente Luigino, Lele, Piccinini, Negri, ma anche Maga e Ziliani e mio cugino il Batista. L’uomo che ti ricordi è quello che in qualche modo ha rieccheggiato il volto del Signore, segnandoti la strada verso il tuo Destino. Questo ho percepito, soprattutto al funerale di Luigino che è stata una festa, dove le relazioni fra persone non avevano più la maschera del pensiero diverso e dei distinguo. Eravano tutti li, poveri e indifesi, di fronte all’incombere del Mistero e farci la medesima domanda che ci poni tu, ora. Grazie Gianpaolo!
GOLOSARIA PER NOI È STATA UN SUCCESSO INASPETTATO
Da Roberto Ottogalli e Carlo Fossaluzza - Colmello di Grotta Buongiorno, con la presente mi preme ringraziare Paolo Massobrio, Marco
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lettere al direttore
Gatti e tutto il loro staff per la magnifica organizzazione di Golosaria 2021. Per la nostra azienda è stata un grande successo, e anche in questi giorni stiamo ricevendo continue richieste per i nostri vini e informazioni sull'azienda. E' un piacere immenso, dopo due anni di chiusura forzata, ricevere questi atti di stima e speriamo di essere nuovamente presenti alla prossima edizione. Sappiamo che Paolo e Marco hanno agende fitte di appuntamenti, ma ci piacerebbe averli ospiti un giorno qui nell'estremo Nord Est. Un'ultima cosa: volevamo sapere se erano disponibili le foto della premiazione e anche di quelle fatte durante la manifestazione. Ho provveduto in questi giorni anche a ad aderire a Papillon a nome della titolare Olimpia Passati, così ci teniamo aggiornati sulle vostre iniziative. Un cordiale saluto Sono felice che Golosaria sia stata una tappa importante per la vostra azienda. Ce lo hanno detto in tanti e questo ci ha fatto felici più di ogni cosa. Con il Club di Papillon avremo modo, già da questa Cicolare, di conoscerci di più, ma certamente, nel primo viaggio in Friuli Venezia Giulia cercherò di venire a trovarvi, ci tengo molto, perchè dai luoghi originari si capisce di più un vino, una persona. Tutto.
CI VUOLE UN SALVAGENTE
Da Maurizio lega - Bordighera
Ciao Paolo, venerdì ho ricevuto la Circolare. Ho iniziato a leggere il tuo editoriale e di questo ti scrivo. Sono, siamo, a mollo in un sacco di difficoltà (il Covid, le autostrade dissestate, molte idee in giro dissennate…) e siamo costretti a nuotare senza salvagente. Un salvagente in effetti c’è e non è del tipo che ti tiene a galla ma di quelli che ti fanno nuotare. Si chiama Colleganza (nessuno si salva da solo) che fa rima (non baciata) con sostenibilità. Per quanto mi riguarda la sostenibilità è come la tela del ragno di Spiderman. Ogni filo sono le difficoltà del momento, la mia persona, le persone e l’ambiente che mi sta attorno. Le mie piante e i miei affari crescono se tengo tutti i fili proporzionati. Per esempio sto cercando di ridurre dell’80% il consumo di concimi e fitofarmaci chimici a favore dei processi naturali e devo di conseguenza chiedere ai miei collaboratori di essere protagonisti. Non riesco ora a breve a programmare attività del Club del Ponente Ligure ma una cosa te la garantisco: penserò tutti i giorni alla Colleganza e alla sostenibilità con il n.b. che per collegarsi il primo passo è mettersi in discussione e il secondo è ascoltare gli amici che mi stanno attorno. Tra questi ci sei tu e gli amici di Papillon.
SE IL GRUZZOLO DELLA VITA RESTA SENZA LIEVITO
Da Luigi Galluppi - Gallarate
Caro Paolo, ho letto la Circolare con molto ritardo, a Golosaria conclusa da tempo, a feste natalizie trascorse, ad emergenza Covid tremendamente riaccesa, con il suo strascico di discussioni, dubbi, commenti, posizionamenti. Immerso quindi in questo contesto, trattengo – di tutto quanto racconti nell’editoriale a proposito di Pupi Avati – la bellissima immagine dello “scollinamento”. Un atteggiamento in cui mi ritrovo pienamente seppur inconsapevolmente. Il nostro passato, la nostra vita trascorsa è infatti “un gruzzolo” che si fa fatica ad investire ma che si è più facilmente portati a difendere, lasciando che, eventualmente, porti profitto automaticamente. Ma non è così. Il nostro “gruzzolo”, che sia capacità, inventiva, carattere, professionalità, ha ancora tanto lievito, anche in vecchiaia, da far fermentare. Come? Oltre all’altra bellissima provocazione di Avati – la vulnerabilità – aggiungo, per la mia esperienza, lo sguardo curioso e la continua ricerca di maestri. La vulnerabilità è la coscienza che ti consente di non sentirti mai arrivato, mai indenne da nulla, in ogni caso fragile ed esistente non per merito tuo. Lo sguardo curioso ti porta, nello scollinamento, a guardare gli altri, più giovani, meno esperti o anche quelli dei quali hai già un’opinione preconfezionata, come un regalo da scartare (tornare bambini è fondamentale). La ricerca di maestri non è una continua, stressante e, alla fine, inutile, ricerca di riferimenti che rispondano a quello che ho già in mente io (vedi utilizzo dei social in epoca Covid), ma il desiderio di intravedere, dovunque e in chiunque, anche solo un barlume di umanità, di vita vera, di verità, da cui lasciarsi colpire anche se hai 62 anni e ti senti in qualche modo “arrivato”. Ho iniziato a leggere il libro su Anna Dente. Ecco. Io non l’ho conosciuta ma lei potrebbe essere un esempio di quello che intendo dire. Un’umanità che, se guardata, diventa in qualche modo riferimento. Un abbraccio Grazie Luigi, anche per questo paragone con Anna Dente. Sui maestri, tuttavia, nella fase dello Scollinamento, rischiamo di non trovarne più, per evidenti motivi anagrafici, ma rimangono i fratelli. Ora al di là di queste immagini, vale sempre una regola che diceva don Giussani: “Si genera se si è generati”. Ecco questo stravolge lo schema maestro-padre- etc e ci porta a quella curiosità che dici tu, perché anche un giovane di 30 anni in meno ti può generare, nella misura in cui ha quello sguardo curioso e spalancato che non è quello dell’umarell che sta con la bocca aperta a vedere che il tempo passa. Mettiamoci a ricercare.
SARÀ EROICO IL RICONQUISTARE
A presto, buona domenica. Grazie Maurizio, questo mi sembra un coerente modo, rara avis, di far coincidere pensiero ed azione, mentre molto spesso, anche fra di noi, si contempla il bel pensiero prima di metterlo in un cassetto per dimenticarlo. Ma se un pensiero, come può essere la Colleganza o la Sostenibilità non si sottopone al giudizio anche di chi lavora con noi, non serve. Restano buone intenzioni e nulla di più.
la Circolare
Da Fulvio Tonello - Milano
Per quanto riguarda la specificità del bel Editoriale della Circolare n.3 2021, vorrei riportarti un pezzo che sicuramente conosci e che sento molto vicino a questo periodo della mia vita: “Il viaggio dell’eroe è fondamentalmente interiore, un viaggio verso profondità in cui oscure resistenze vengono vinte e resuscitano poteri a lungo dimenticati per essere messi a disposizione
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lettere al direttore
della trasfigurazione del mondo… il periglioso viaggio non ha per scopo la conquista ma la riconquista, non la scoperta, ma la riscoperta. L’eroe è simbolo di quell’immagine divina e redentrice che è nascosta dentro ognuno di noi e che aspetta solo di essere trovata e riportata in vita” (Joseph Campbell – 1953) Sicuramente in questo periodo stiamo combattendo una battaglia molto ostica, con un antagonista “tanto invisibile quanto oppressivo” dove la parola ri-conquista è quanto mai attuale Grazie Fulvio per questa provocazione, perché se è vero che non tutto tornerà come prima, bisogna stare attenti di non trovarci cinici, egoisti e tristi alla fine del tunnel, perché sarebbe come buttare via il bambino con l’acqua sporca. Infatti non mi capacito, dopo due anni dove tutto sommato alcuni ce l’hanno fatta e sono tornati in carreggiata; insomma è andata meno peggio del previsto ma sono ugualmente arrabbiati e tristi. E pensare di dire Grazie qualche volta no?
DANTE COSA TI SEI PERSO
Da Donatella Cinelli Colombini
Caro Paolo, questo è il mio piccolo regalino di Natale. Insieme al vino, c’è un opuscolo di ricette ispirate all’epoca di Dante (1265-1321) fra cui zuppa creata dal ristorante della Fattoria del Colle. E’ un modo inconsueto di capire il Sommo Poeta, che rifuggiva i piaceri della tavola al punto da mettere i golosi all’Inferno. Le ricette sono semplici, ma spesso sorprendentemente gustose. Da questo il titolo “Dante cosa ti sei perso!” (...) Aspetto una tua visita a braccia aperte, caro Paolo, specialmente alla Fattoria del Colle dove sta crescendo l’orto di erbe selvatiche locali che arrivano in tavola nel ristorante. (...) Nella scatola, insieme al ricettario dantesco, ho messo il Brunello IOSonoDonatella 2015. E’ una special edition di sole 600 bottiglie che racconta la mia vita di storica d’arte diventata vignaiola. Buon assaggio, buon Natale e un felicissimo 2022. Grazie Donatella, sempre vulcanica e geniale. Assaggerò il tuo vino con attenzione cercando di cogliere il racconto che sai fare attraverso un prodotto. In quanto a Dante, hai fatto un bel lavoro, però i golosi che intendeva lui non sono quelli come noi credo: è l’eterna lotta fra la misura e l’ingordigia; fra il segno che lascia il gusto e l’edonismo che non lascia traccia. Sarebbe bello parlarne al Colle.
Buona degustazione a tutti! Grazie amici cari, ho assaggiato subito queste opere d’arte ed ho trovato il cioccolato scuro più appropriato dell’addomestico cioccolato bianco. Comunque ho assaggiato qualcosa di fantastico, che non poteva che nascere dalla storia di un allevatore di formaggi con il cioccolatiere amato da Giorgio Onesti. La Colleganza è qualcosa che ha radici assai lontane. Sono felice, ogni volta, di documentarla.
SE GUARDI LA VIGNA NON PERDI LA SPERANZA
Da Angiolina Piotti Velenosi
Caro Paolo, quando perdo le speranze mi viene sempre in aiuto guardare le mie vigne. Con i loro cicli di crescita e ricrescita; con l’abbondanza fertile della vendemmia, io mi ricordo sempre che la vita non si ferma. E in effetti la vendemmia 2021 è stata positiva, un’iniezione di fiducia. Un segnale considerevole per la mia azienda, che sta muovendo passi importanti verso il biologico e la sostenibilità. Tra questi annovero anche la sostenibilità sociale, come per esempio il nostro progetto di solidarietà con la Onlus “Orto di Paolo” che si occupa di ragazzi affetti da autismo. Ora stiamo studiando una sede presso la quale i ragazzi possano seguire la realizzazione dei loro prodotti. Un successo importante l’abbiamo ottenuto anche con la raccolta fondi legata al Falerio Doc, prodotto in collaborazione con loro. Grazie alle vendite abbiamo donato 10.000 euro alla cooperativa “Orto di Paolo”. (...) Spero che anche tu possa provare la stessa fiducia e la stessa gratitudine nel lavoro e nella vita, e che, questo 2021 un po’ ingrato, possa essere presto sostituito da un 2022 ben più generoso. I miei migliori auguri di buone feste.
LA COLLEGANZA FRA CIOCCOLATO E FORMAGGI ERBORINATI
Da Carlo, Luisa, Giovanni, Davide e tutto lo staff Guffanti In occasione delle festività 2021, ti affidiamo un piccolissimo oggetto: un nobile Napolitain al cioccolato che esalta sia la grande materia prima (cioccolato al latte e cioccolato bianco), sia la propria anima di grandissimo formaggio erborinato, fusi nel mirabile compendio di uno stupendo “Erboritain” (erborinato + napolitain). Il tutto dedicato e intitolato ai bisnonni fondatori, con due “Erboritain”, Luigi e Dirce, che, uniti - come lo sono stati i due coniugi per tutta la vita - formano un cuore, il grande cuore di la Circolare
tutti coloro che apprezzano e seguono Guffanti e quello, se possibile ancora più grande, con cui Guffanti tramanda nel tempo la propria dedizione alla tradizione casearia. E’ anche occasione importante per celebrare oltre all’amicizia ed il sentimento, anche la “piemontesità”. Il piemontese Guffanti con i suoi “Erboritain” non solo rende omaggio alla maestria di “Giacomino” Boidi - l’altrettanto piemontese “Giraudi” -, ma mette in degustazione anche due grandi erborinati piemontesi ed una godibilissima, adeguata, invecchiata grappa di Berta, brillante stella tra gli storici distillatori piemontesi.
Cara Angela, questa tua lettera-testimonianza è il più bel regalo che potessimo ricevere, perché è esattamente quel GRAZIE che molti non sanno pronunciare dopo questi anni, nonostante siamo al mondo. Ed è la vigna – lo scriveva anche Pavese – che ti ricorda l’esserci, dentro un flusso di crescita che è paradigma della vita, perché poi la vendemmia è un parto che distrugge un frutto e lo trasforma in una cosa più grande che è il vino. Ma vedere imprenditori che questa gratitudine la manifestano facendo crescere la civiltà dell’inclusione, come hai fatto tu con l’Orto di Paolo, è davvero una misura eccezionale, che credo riempia la vita tua e quella di chi trae beneficio. Un abbraccio grande!
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lettere al direttore
QUESTE SONO LE TAVOLE PROVATE DOPO L’USCITA DELLA GUIDA A INIZIO NOVEMBRE: ALCUNE, GIÀ PRESENTI, HANNO REGISTRATO UNA VARIAZIONE DI VOTO IN MEGLIO, ALTRE SONO NEW ENTRY INSERITE SULL'APP IL GOLOSARIO RISTORANTI
VALLE D’AOSTA
CAVE DE COGNE - Cogne (Ao) DUE PASSI - Saint Pierre (Ao)
IN MEGLIO
PIEMONTE
I DUE BUOI - Olivola (Al) OSTERIA DELLE ZUCCHE VUOTE - Quargnento (AL)
IN MEGLIO
PESCARIA - Torino TASCHET - Rocchetta Tanaro (At)
IN MEGLIO
TRE RE - Castellamonte (To)
IN MEGLIO
LIGURIA
HOSTERIA DUCALE - Genova LOMBARDIA
BRETT GASTRONOMIA - Salò (Bs) FINIL DEL PRET - Comezzano-Cizzago (BS) LA POBBIA - Milano MADRE TERRA - Cesano Maderno (Mb) NEBBIA - Milano OSTERIA DEL BALABIOTT - Milano VIGNA DEL PERO - Bereguardo (Pv) VENETO
CAFFÈ AMARO - Garda (Vr) DARÌ - Verona ENOTRATTORIA DA SERAFINO - Torreglia (Pd) LA CRU - Grezzana (Vr) FRIULI VENEZIA GIULIA
TRATTORIA AL PARCO - Buttrio (Ud) EMILIA ROMAGNA
DA MASSIMO - Rubiera (Re) LO SCOIATTOLO - Noceto (Pr) TOSCANA
IL SOTTOMARINO - Follonica (Gr) MARCHE
IL SORPASSO KM12 - Pesaro LAZIO
DA MARCELLO - Roma FAFIUCHÉ - Roma L’ARCANGELO - Roma W ROME - GIANO RESTAURANT - Roma ABRUZZO
SAN DOMENICO - Ortona (Ch) CAMPANIA
IN TUTTE LE LIBRERIE comunicaedizioni.it
BARRIOFINO - Salerno LOROLEI - Sorrento (Na) PUGLIA
TERRA MADRE ANTIPASTERIA - Cisternino (Br) la Circolare
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diario di viaggio
IN MEGLIO
Arrivato alla 14a edizione, Adesso è lo strumento ideale per ricondurre il gusto all’interno della famiglia. Ogni pagina un giorno con ricette, consigli e approfondimenti su vari temi: vino, cocktail, orto e giardino, salute, arte, casa, tempo libero, animali e tanto altro.
IN TUTTE LE LIBRERIE comunicaedizioni.it