3 minute read

Il personaggio del mese Vittorio Gallese

Next Article
Cineforum bambini

Cineforum bambini

“Sono un medico neurologo; dal secondo anno di medicina ho iniziato un internato unendomi a un gruppo di neurofisiologi, diretto da Giacomo Rizzolati, che studiava il sistema nervoso centrale – si presenta così il dott. Vittorio Gallese, neuroscienziato e docente presso l’Università di Parma -. Nelle prime fasi della mia carriera i temi erano legati a capire come il cervello mappa lo spazio. Siamo poi passati a studiare come il nostro cervello traduce la forma di un oggetto in uno schema motorio per interagirci. È nell’ambito di questa ricerca che abbiamo fatto una delle nostre scoperte più importanti: i neuroni specchio. Da quel momento l’asse principale della mia ricerca si è spostato sul tema della relazione interpersonale, dell’intersoggettività e dell’empatia. Mi sono occupato anche di condizioni in cui la costituzione del sé e la capacità di entrare in relazione con l’altro non funziona ed è patologica; mi sono poi interessato allo studio di tutte quelle connessioni tra il principale strumento che noi umani usiamo per comunicare, il linguaggio, e quindi il rapporto tra questo e il corpo”.

Cosa ha rappresentato per lei e per la scienza la scoperta dei neuroni specchio?

Advertisement

“Dal punto di vista professionale è stato probabilmente il momento più eccitante della mia carriera. La scoperta dei neuroni specchio è molto importante perché ha creato un nuovo ambito di ricerca: le neuroscienze sociali. I neuroni specchio sono stati trovati nel cervello del macaco e sono neuroni che si attivano quando la scimmia fa delle azioni come prendere e manipolare con la mano o con la bocca un oggetto, ma anche quando lo vede fare all’altro. Subito dopo gli studi sulle scimmie, ci siamo spostati sull’uomo e quello che abbiamo osservato è come questa logica del rispecchiamento, che io poi ho chiamato “simulazione incarnata”, è vera per le azioni, ma anche per le emozioni e le sensazioni. Il primo lavoro è uscito nel ’92, quest’anno celebriamo i trent’anni della scoperta”.

Secondo lei, che impatto ha avuto la pandemia sulla salute mentale?

“La pandemia è stata un evento traumatico per tutti, soprattutto adolescenti e i giovani, ai quali è mancato il contatto con il mondo reale e con l’altro. Non è un caso come da più parti, ci sia stato un forte aumento del disagio psichico giovanile e di atti di autolesionismo e un aumento dei suicidi. Molte ragazze e ragazzi non riescono più a uscire di casa. Da un lato la tecnologia ci ha aiutato a sopportare questa condizione, ma contemporaneamente ci ha fatto capire che non può sostituire la nostra vita di relazioni”.

Durante la pandemia si sono create nuovi tipologie di disturbi?

IL DOTT. VITTORIO GALLESE, MEDICO NEUROLOGO E NEURO-

SCIENZIATO, CI PARLA DEI SUOI SUCCESSI, TRA CUI LA SCOPERTA DEI NEURONI SPECCHIO

“Si è parlato di manifestazioni contagiose su gruppi di adolescenti, prevalentemente di sesso femminile, che hanno iniziato a manifestare delle alterazioni motorie del comportamento, simili a una sindrome neurologica ben conosciuta: la sindrome di tourette. Si è scoperto che in realtà si trattava di una manifestazione di contagio mimetico. La prolungata condizione di confinamento in casa, infatti, ha portato le persone a passare molte più ore davanti allo schermo e a una visualizzazione morbosa ed esagerata di filmati di persone affette da questa sindrome.”

Quali sono i suoi prossimi progetti?

“Da settembre mi trasferirò a New York alla Columbia University. La ricerca, però, continuerà ad andare avanti. Il nostro tema fondamentale è la cognizione sociale: studiare il rapporto tra il cervello e il corpo e le modalità con cui le persone si relazionano. Abbiamo acquistato visori di realtà virtuale, vorremmo registrare da due persone contemporaneamente l’attività del loro cuore e del loro cervello mentre le facciamo interagire. Continueremo a studiare le condizioni psicopatologiche come la schizofrenia, i disturbi delle condotte alimentari e i pazienti borderline. Approfondirò il nostro rapporto col mondo digitale: che cosa cambia quando si fa l’esperienza di un contenuto audiovisivo con mediazioni diverse: grande schermo, tv, computer o touch screen del telefonino. Lo faremo con un team che è composto in gran parte da giovani donne”.

di Ludovica Sarais

This article is from: