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Giornalino quindicinale del Movimento Mariano della Beata Vergine Pellegrina n°13 del 1915 Giugno 2013 Recitate il rosario tutti i giorni -Regina del Rosario - Fatima
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IL RE SI E’ SBAGLIATO! C’era una volta un Re che aveva quattro mogli. Amava la sua quarta moglie più di tutte le altre. Le faceva dei bei regali e la circondava di molte attenzioni. La colmava di tutto quello che c’era di meglio. Amava anche la sua terza sposa e la presentava con fierezza ai re vicini. Ma aveva paura che lei se ne andasse un giorno con un altro re. Amava anche la seconda sposa. Era la sua confidente; ogni volta che aveva un problema gliene parlava. La prima moglie del re era la sua compagna più fedele; con lei aveva costruito il suo regno. Un giorno il re cadde gravemente malato. Sul punto di morte, cominciò a riflettere: "Ho quattro mogli, ma quando morirò sarò solo". Chiamò dunque la quarta moglie e le disse: - Ti ho amato più di tutte le altre, ti ho dato ciò che avevo di meglio. Ora sto morendo, vorresti venire con me ed essere mia compagna per sempre? – Tu sei matto ! gli rispose la donna, mentre si allontanava senza aggiungere una parola. La sua risposta, come un coltello acuminato, penetrò dolorosamente nel cuore del re. Il re disse alla sua terza sposa: - Ti ho amato tutta la mia vita. Ora sto morendo; sei disposta a seguirmi? – No, rispose lei, la vita è troppo bella. Quando sarai morto io mi risposerò! Questa risposta sorprese il re che ne fu molto rattristato. Il re allora disse alla sua seconda sposa: - Sono sempre venuto da te nei momenti di difficoltà, e tu mi hai sempre aiutato. Adesso che devo morire, mi vuoi seguire? Lei rispose: - Mi dispiace di non poterti seguire, ma ti prometto che ti farò un bel funerale. Il re fu disarmato. Per tutta la vita si era sbagliato sui sentimenti delle sue spose. In quel momento udì una voce che diceva: "Io verrò con te. Ti seguirò dovunque andrai". Era la prima moglie che gli parlava. Il re la guardò e si vergognò: essa era magra, malata, rassegnata. Il re le disse allora: " E’ te che avrei dovuto amare più di tutte le altre quando potevo ancora farlo".Anche noi, in realtà abbiamo ognuno quattro spose: La nostra quarta sposa è il
nostro corpo. Per quante cure gli diamo, ci lascerà il giorno della nostra morte. La nostra terza sposa sono le ricchezze e la posizione sociale. Alla nostra morte non porteremo niente con noi. La nostra seconda moglie sono i nostri amici e la nostra famiglia. Sono un grande appoggio per noi, ma il giorno della nostra morte, tutto quello che possono fare per noi è organizzare i nostri funerali. La nostra prima moglie è la nostra anima che noi dimentichiamo spesso e che trattiamo così male. Eppure solo lei ci accompagnerà in qualsiasi luogo. Prenditi dunque del tempo per averne cura e per farla diventare bella e santa; falla brillare adesso! Dopo sarà troppo tardi!
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Il Santo Rosario Che cosa ci vuole per recitare bene il S. Rosario? Buona volontà e amore. Questo basta, e supplisce a qualsiasi altra dote. Dove c'è buona volontà e amore, il Rosario è ben detto, nonostante l'eventuale difetto di cultura o di dottrina, di fervore o di progresso spirituale. Il B. Giordano di Sassonia un giorno sentì chiedersi da un povero analfabeta: «Sai dirmi, Padre, se il Padre nostro ha lo stesso valore sulle labbra di un sacerdote e sulle nostre, considerando che il sacerdote intende il valore delle parole che pronuncia, mentre noi comprendiamo molto poco?». Il B. Giordano rispose: «E che? Forse un brillante non ha lo stesso valore, qualunque sia la mano che lo porta?». Questa sapiente risposta del B. Giordano vale anche per il Rosario. Avvertiti o meno, la bellezza e il valore del Rosario rimangono intatti a lode di Maria SS. e a beneficio dell'anima che piamente lo recita. Il contadino illetterato o il dotto teologo, la mamma di famiglia o il sacerdote nulla vi aggiungono se non il loro impegno d'amore alla Madonna. Purché ci siano buona volontà e amore, il Rosario resta sempre «l'orazione più cara a Maria» (Bartolo Longo). Non si richiedono né il trasporto sensibile né il gusto della recita. È necessario solo disporsi a recitarlo bene, come un atto di amore che non perde, ma aumenta di valore, se compiuto con sforzo e sacrificio. «Ora parliamo con la Mamma buona»: così diceva il Servo di Dio P. Anselmo Treves ai presenti, prima di iniziare il Rosario. Così dobbiamo disporre la nostra anima alla recita del Rosario.
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I consigli di don Camillo Scaricare la colpa Quando gli affari vanno male, l’importante non è trovare il modo di farli andare meglio, ma trovare qualcuno su cui scaricare la colpa.
P. MARIO GUERRA missionario saveriano cell. 3397068232 Missionari Saveriani -via S. Martino, 8 –43100 Parmamario.34@email.it
Carissimi, Ho scritto a don Carlo assicurandolo delle mie preghiere per la sua salute. Non vi lamentate se lui dà molto tempo ai giovani. Poveretti! Ne hanno bisogno, visto quanto sono bersagliati da una propaganda mediatica materialistica che li esaspera. Noi anziani abbiamo avuto un'esperienza passata che ci rende solidi alla penetrazione di queste micidiali armi psicologiche, ma loro hanno bisogno di chi fornisca le difese adeguate. Siamo noi anziani che dobbiamo fornirle : sopratutto i Preti, ma non solo: io mi ricordo con tanta gratitudine quanto bene ho ricevuto nella mia infanzia dall'esempio di tanti anziani; dal modo con cui pregavano in Chiesa. Anche solo la loro presenza in chiesa era un incoraggiamento che mi consolidava nelle mie scelte religiose. Pensavo «se quelle cose di chiesa erano così importanti per loro adulti, dovevano essere veramente importanti!» Ogni cosa buona, anche le più semplici fanno bene. E non aspettiamoci che i giovani ce lo vengano a dire in faccia; ma il bene c'è. Seguiamo l'esempio evangelico di Papa Francesco. Coraggio. Siete sempre nelle mie preghiere. Vi mando una grande benedizione. P.Mario sx
- Preghiamo Salmo 119
Spesso gli innamorati, in un magico silenzio, rimangono a lungo a fissarsi negli occhi e con i loro teneri sguardi accesi d’amore si dicono: “Fammi capire ciò che desideri perché provo gioia solo quando posso renderti felice.” Non è l’obbedienza, ma è questo abbraccio di reciproca, incondizionata fiducia, che dio vuole dall’uomo ed è questo scambio di sguardi che costituisce la preghiera. Comandamenti e precetti, premi e castighi, meriti e punizioni, presuppongono rapporti di dominio e sudditanza, non fanno parte del linguaggio degli innamorati e ancor meno esprimono la premura e la sollecitudine del Signore per l’uomo. Israele non ha mai considerato la Legge del suo Dio come un codice impersonale di ordini e
divieti, ma come una preziosa indicazione del cammino della vita. Per questo ha fissato una festa annuale – l’ultimo giorno della settimana delle Capanne – per manifestare tutta la sua gioia al Signore. In quel giorno, ogni israelita, con grida di gioia, prende il rotolo della Torah, lo abbraccia e danza insieme, come fa lo sposo con la sposa quando celebrano il ricordo delle loro nozze. Il salmo 119 è il canto dell’israelita innamorato. Con gli occhi fissi in quelli del suo Dio non si stanca di ripetere: “Amo tutto ciò che a te piace”.
Signore, come renderti felice?
perché sei tu ad istruirmi.
Beato l’uomo di integra condotta,
Quanto sono dolci al mio palatole tue
che cammina nella legge del Signore.
parole: più del miele per la mia bocca.
Indicami, Signore, la via dei tuoi decreti
Dai tuoi decreti ricevo intelligenza
e la seguirò sino alla fine.
per questo odio ogni via di menzogna.
Dammi intelligenza, perché io osservi la tua legge
Lampada per i miei passi è la tua parola,
e la custodisca con tutto il cuore.
luce sul mio cammino.
Dirigimi sul sentiero dei tuoi comandi,
Ho giurato, e lo confermo,
perché in esso è la mia gioia.
di custodire i tuoi precetti di giustizia.
Piega il mio cuore verso i tuoi insegnamenti
Mia eredità per sempre sono i tuoi
e non verso la sete di guadagno.
insegnamenti, sono essi la gioia del mio cuore.
Quanto amo la tua legge, Signore;
Ho piegato il mio cuore ai tuoi
tutto il giorno la vado meditando.
comandamenti,
Il tuo precetto mi fa più saggio dei miei
in essi è la mia ricompensa per sempre.
nemici, perché sempre mi accompagna. Sono più saggio di tutti i miei maestri, perché medito i tuoi insegnamenti. Ho più senno degli anziani, perché osservo i tuoi precetti. Tengo lontano i miei passi da ogni via di male, per custodire la tua parola. Non mi allontano dai tuoi giudizi,
La Chiesa catodica
Perle di spirito
Nel passaggio dalla Chiesa cattolica a quella catodica, i consigli evangelici sono diventati consigli per gli acquisti.
- Il Catechismo di San Pio X -
3. - Della seconda petizione.
293. Che cosa intendiamo noi per regno di Dio? Per regno di Dio intendiamo un triplice regno spirituale; cioè il regno di Dio in noi, ossia il regno della grazia; il regno di Dio in terra, cioè la santa Chiesa cattolica; e il regno di Dio nei cieli, ovvero il paradiso. 294. Che cosa chiediamo noi con le parole:venga il regno tuo, in ordine alla grazia? In ordine alla grazia noi chiediamo che Dio regni in noi con la sua grazia santificante per la quale Egli si compiace di risiedere in noi come re nella sua reggia; e di tenerci uniti a Lui con le virtù della fede, della speranza e della carità per le quali regna sul nostro intelletto, sul nostro cuore, e sulla nostra volontà. 295. Che cosa chiediamo con le parole: venga il regno tuo, in ordine alla Chiesa? In ordine alla Chiesa chiediamo che questa sempre più si dilati e si propaghi per tutto il mondo a salvezza degli uomini. 296. Che cosa chiediamo con le parole: venga il regno tuo in ordine alla gloria? In ordine alla gloria noi chiediamo di potere un giorno essere ammessi nel santo paradiso, per il quale fummo creati, dove saremo pienamente felici.
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Medjugorje Venerdì 3 luglio 1981: decimo giorno
C’è molta tensione. I veggenti provati dagli eventi dei giorni passati, vivono sentimenti confusi. Si fa largo l’idea che questo possa essere l’ultimo giorno delle apparizioni. Poco prima delle diciotto viene segnalata una incursione della polizia. Padre Jozo è in profonda crisi vedendo alcuni confratelli e lo stesso Vescovo, credere e affermare la veridicità delle apparizioni, e le migliaia di persone provenire da ogni paese dei dintorni per assistervi. Il padre è in chiesa e chiede nella preghiera di essere illuminato: credere o dare spazio ai tanti dubbi che lo assalgono? Ascoltano ancora il Padre: “Ero molto triste e non riuscivo a pregare con devozione. Ho cercato di convincere i sacerdoti della parrocchia a pregare perché Dio ci illuminasse. Forse sono stato anche troppo severo con loro: li ho duramente rimproverati, perché avevo notato che si erano armati di apparecchi fotografici e di macchine da presa e tutti, anziché venire in chiesa a pregare, salivano sul monte a fare riprese cinematografiche e fotografie. Il giorno 3 luglio invitai tutti i fedeli in chiesa a pregare. Finita la Messa, all’una dopo mezzogiorno tenni il catechismo ai giovani e dopo ebbi un incontro di preghiera con trentacinque ragazzi. Ero in ansia e chiesi se qualcuno conoscesse i ragazzi che dicevano di vedere la madonna. mi accorsi che ce n’era una più intraprendente degli altri e le chiesi se conosceva i ragazzi, che dopo tutto abitavano vicino a lei. Ella mi rispose. “Ma qui c’è la sorella di Vika”. Domandai ad Anna, sorella di Vika, se per caso quei ragazzi ci stessero ingannando e se essa li conosceva. Mentre la fissavo negli occhi, ella scoppiò a piangere. Dopo alcuni istanti, asciugandosi le lacrime, mi rispose: “Io conosco mia sorella: lei non dice mai bugie!”Non ebbi il coraggio di fare altre domande, per timore di apparire aggressivo. Finita la preghiera entrammo in chiesa: era piena di gente. Recitammo il Rosario, che io stesso guidai. Alla fine esortai i fedeli pregare perché, se i fatti fossero di ordine diabolico, il Signore ci desse un segno, affinché satana si ritirasse e noi potessimo arrestare la sua opera. Se, invece, i fatti fossero da Dio, dissi che avevamo ugualmente bisogno di un segno per accoglierli ed inserirci in essi. Alla fine della preghiera chiesi alla gente di non salire sul Podbrdo, perché mi sembrava che tutto fosse curiosità. Tutti, pro, vi andarono lo stesso e io rimasi solo in chiesa. Pregavo nel terzo banco, tenendo aperta la Bibbia dinanzi a me e il Breviario. Quella preghiera fu per me un vero incontro con Dio: era ispirata dal Testo sacro, aperto sull’Esodo. Al termine sentii improvvisamente una voce, come ora sento la vostra che mi diceva. “Esci subito fuori e metti in salvo i ragazzi.”Uscii immediatamente dal banco, feci la genuflessione e, attraversata la chiesa, afferrai la porta centrale per la maniglia e feci un passo verso l’esterno. Mentre tenevo l’altro piede per compiere il secondo passo, i ragazzi, come uno
sciame di api, accorsero dal lato sinistro, mi si aggrapparono addosso e mi supplicarono: “salvaci, la polizia ci sta inseguendo!” Mi affrettai con loro per rifugiarci in casa. C’era con loro anche Anna, sorella di Vika. Li feci entrare in una stanza vuota, la prima dopo l’uscio. Chiusi a chiave la porta della stanza e raccomandai loro di stare zitti e di non farsi sentire. Quindi uscii fuori, richiusi a chiave la porta di casa, discesi le scale e arrivai davanti al cipresso (sito a pochi passi dalla casa). La polizia correva verso la casa e si trovò di fronte a me. Dopo avermi salutato mi chiesero: “Ha visto i ragazzi?” Ho risposto: “Sì, li ho visti” Essi allora continuarono a correre più in fretta verso la contrada dove i ragazzi abitavano. Questo fu il primo giorno in cui ebbero la visione nella casa parrocchiale. Mentre avveniva ciò, la madonna, appariva ai veggenti, confortandoli, pregando e cantando con loro. “Non abbiate paura” diceva loro, “avrete la forza di sopportare ogni cosa!”
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«la vita nel campo» Tratto dal “Diario di un missionario saveriano”
- UNA LUNGA NOTTE IN SIERRA LEONE P.M.Guerra
…Passato il ponte proseguimmo per la strada principale in direzione di Port Loko. Ero un po’ isolato. Arrancavo dietro a una donna un po’ attempata che portava un bambino di un anno sulla schiena, il volto sfigurato dalla stanchezza. Camminava a piedi nudi con fatica sulla strada sassosa. Ho accelerato per passare oltre e ricongiungermi alla colonna. Si voltò e mi guardò con due occhi grandi: c’era terrore, c’era invocazione… Non voleva rimanere sola. Io non potevo far nulla. Anch’io lottavo al limite delle mie forze per sopravvivere… e la poveretta nella sua disperazione, trovò la forza per accelerare e rimanemmo in compagnia. Povera madre africana! Che porti doppio dolore della tua fertilità smisurata. I tuoi figli sono diventati i tuoi nemici. Coraggio. C’è una Chiesa che soffre con te. Sono qui al tuo fianco. Questa strada oscura ci porta alla luce. La vedrai. E sarà per te tanto più bella perché non la conoscevi. Si avanzava, preceduti dalle fiamme dei villaggi bruciati dai combattenti su un fronte largo un chilometro, sudati ed assetati, ma eravamo riusciti a tenere la tabella di marcia. Port Loko è un grosso centro importante. É la porta per andare all’aeroporto, perciò fortemente difesa dall’ECOMOG guineano. Bisognava evitarlo. Vicino a Port Loko siamo usciti dalla strada principale e abbiamo ripreso i sentieri della foresta. Era tardi. Ormai il cielo si schiariva, così ci siamo fermati in un villaggio in zona di fitta foresta. Tre chilometri fuori dalla strada principale. Ma la nostra
presenza era stata notificata a Port Loko e presto fummo obbiettivo scelto delle artiglierie guineane. Fummo costretti a riprendere la marcia per altri 8 chilometri… e lì, in zona quieta, finalmente potemmo posare il capo. Qui, nel piano dei combattenti, c’erano due giorni di riposo. Assolutamente indispensabili per me: ero sfigurato dalla fatica. La ragione della sosta però non era la misericordia, ma una operazione militare, prevista per il giorno seguente a Lunsar, dove c’era una guarnigione dell’ECOMOG con magazzino di munizioni. Inoltre i ribelli volevano punire la città per avere accettato la presenza dell’ECOMOG e catturare tutto il personale della missione cattolica: padri, suore e medici. Questo mi tormentava molto. Non avevo nessuna possibilità di avvisarli. Potevo solo pregare… e l’ho fatto in abbondanza. Poi supplicai i soldati di non prendere in ostaggio il personale della missione: avevano già me per rappresentante. Mi fecero una mezza promessa poco convincente. Naturalmente l’operazione fu un pieno successo, come ci si aspettava, ed i soldati tornarono carichi di armi, munizioni e 6 radio R/T da campo. Ma non vedo nessun ostaggio. Chiedo. Mi dicono che tutti: padri, suore e medici erano partiti il giorno prima. Faccio un sorriso sotto i baffi, che erano lunghi…Il Signore ha vinto! Non so che giorno sia. Ho perso il conto. Non serve. Qui si deve fare solo quello che dicono i nostri carcerieri. Non fa differenza neppure se c’è luce o se c’è buio: si usa una logica aliena, completamente sconosciuta, e tutto si fa nel modo più illogico, stressante, sofferente ed imprevedibile. In questo modo c’è sempre il vantaggio della sorpresa e di trovare il nemico impreparato tecnicamente e psicologicamente. Io continuo il dialogo moderato con i miei carcerieri per persuaderli a lasciarmi andare in modo che faccia da intermediario presso il governo, ora che conosco bene la realtà del movimento e le loro richieste. Mi promettono, ma poi non succede nulla. Questa è un’altra legge fondamentale della foresta: ingannare sempre! Ripeto la mia richiesta ad intervalli di giorni, con lo stesso risultato.
-il Vangelo –
QUALI CARATTERISTICHE DEVONO AVERE I DISCEPOLI DI GESU’ “Maestro buono che devo fare per guadagnarmi la salvezza eterna?” Gesù gli dà subito una bella lezione di modestia. “Perché mi chiami buono? Nessuno è buono, eccetto Dio!” poi risponde specificamente alla richiesta del giovane: “Osserva i comandamenti: non ammazzare, non rubare, non commettere adulterio, non dire falsa testimonianza, onora tuo padre e tua
madre…” – “Maestro”, esclama il giovane, “l’ho sempre fatto fin da ragazzo!” Gesù lo guarda sorridendo e lo ammonisce: “Ti manca ancora una cosa: va’, vendi tutto ciò che possiedi e dallo ai poveri, poi vieni con me.” Il giovane ricco, rattristato, si allontana non avendo il coraggio di seguire il consiglio. “Quanto è difficile che entrino nel regno dei Cieli coloro che posseggono ricchezze! E’ più facile che un cammello passi per la cruna di un ago che un ricco entri nel regno di Dio!”(Lc 18, 18,25) Le istruzioni di Gesù sono semplici e precise. Gli apostoli non dovranno portare con sé né pane, né bisaccia, né denaro, né bastone, né sandali: solo la tunica che hanno indosso. La povertà del vestiario ha uno scopo preciso; è la più bella testimonianza per gli umili tra cui gli apostoli andranno a predicare. Gli apostoli non dovranno fermarsi per strada a perdere tempo nel salutare la gente, secondo le complicate forme dell’etichetta orientale. In ciascun paese cercheranno una casa che li ospiti e, augurando a quella casa pace e benessere, rimarranno sempre in essa, senza accettare inviti dagli uni e dagli altri. Se qualche paese si mostrerà ostile alla loro presenza, Gesù consiglia prudentemente di non provocare incidenti, ma di allontanarsene, “scuotendo la polvere di sotto ai piedi.” Si allude con questo gesto spregiativo all’uso ebraico, soprattutto del Farisei, di scuotere la polvere di dosso, arrivando da un lungo viaggio in terra pagana, prima di toccare il sacro suolo della Palestina. Un giorno si avvicinò a Gesù la madre di Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedeo. La donna si gettò ai piedi di Gesù con l’intenzione di chiedergli qualcosa. Gesù le domandò: “Che cosa vuoi?” La donna rispose: “Voglio che quando tu sia Re questi due miei figli si siedano uno alla tua destra e l’altro alla tua sinistra.” Ma Gesù le rispose: “Voi non sapete cosa chiedete. Siete capaci di bere quel calice di dolore che io sto per bere?” E i due fratelli risposero: “Si siamo capaci.” E Gesù disse: “Sì, certamente anche voi berrete il mio calice, però per quanto riguarda il sedersi alla mia destra e alla mia sinistra non sta a me concedervelo, tutto ciò sarà di quelle persone che mio padre sceglierà.” Gli altri dieci discepoli avevano sentito tutto e si arrabbiarono molto contro i due fratelli Zebedei. Ma Gesù li chiamò attorno a sé tutti quanti e disse loro: “Voi sapete che i capi dei poli si comportano come dei tiranni e che i grandi delle nazioni le opprimono, ma tra voi non dev’essere così. Al contrario, se uno tra voi vuol essere grande diventi il servitore degli altri, perché anche il Figlio dell’uomo non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la sua vita come riscatto per la liberazione di tutti.”(Mt. 20, 20-28)
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Vedere, giudicare, agire: l'insegnamento di Maria di Massimo Introvigne
Il 31 maggio Papa Francesco ha concluso il mese mariano partecipando alla recita del Rosario in Piazza San Pietro e proponendo una meditazione sulla festa della Visitazione. Come fa spesso, il Papa ha diviso la sua meditazione in tre parti, riflettendo su tre parole che descrivono l'esperienza terrena della Vergine Maria: ascolto, decisone, azione. Queste parole sono anche un modello di vita spirituale e apostolica per noi, e ricordano e aggiornano vecchi motti - come «vedere, giudicare, agire» - che si situano all'origine della storia moderna dell'apostolato dei laici. Anzitutto, dunque, ascolto. «Da dove nasce - si è chiesto il Pontefice - il gesto di Maria di andare dalla parente Elisabetta?». Nasce dall'ascolto, dal corretto rapporto con la parola di Dio che le arriva attraverso l'angelo: «Elisabetta tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio…» (Lc 1,36). «Maria sa ascoltare Dio», e la nozione di «ascolto» merita di essere approfondita. «Attenzione - ci dice il Papa -: non è un semplice “udire” superficiale, ma è l’“ascolto” fatto di attenzione, di accoglienza, di disponibilità verso Dio». Spesso il nostro «udire» non è un vero ascolto. Quello di Maria, invece, «non è il modo distratto con cui a volte noi ci mettiamo di fronte al Signore o agli altri: udiamo le parole, ma non ascoltiamo veramente. Maria è attenta a Dio, ascolta Dio». Dio parla in diversi modi, anche attraverso gli eventi. Maria «ascolta anche i fatti, legge cioè gli eventi della sua vita, è attenta alla realtà concreta e non si ferma alla superficie, ma va nel profondo, per coglierne il significato». Così, legge correttamente l'annuncio della gravidanza di Elisabetta come un miracolo. Maria così ci indica la strada: «ascolto di Dio che ci parla, e ascolto anche della realtà quotidiana, attenzione alle persone, ai fatti perché il Signore è alla porta della nostra vita e bussa in molti modi, pone segni nel nostro cammino; a noi la capacità di vederli. Maria è la madre dell’ascolto, ascolto attento di Dio e ascolto altrettanto attento degli avvenimenti della vita». Seconda parola: decisione. Maria «meditava tutte queste cose nel suo cuore» (cfr Lc 2,19.51): non prendeva decisioni affrettate. Tuttavia «non si ferma neppure al momento della riflessione; fa un passo avanti: decide. Non vive di fretta, ma solo quando è necessario “va in fretta”. Maria non si lascia trascinare dagli eventi», ma «non evita la fatica della decisione». Alle nozze di Cana la vediamo decidere rapidamente e salvare la festa degli sposi. «Nella vita - spiega Papa Francesco - è difficile prendere decisioni, spesso tendiamo a rimandarle, a lasciare che altri
decidano al nostro posto, spesso preferiamo lasciarci trascinare dagli eventi, seguire la moda del momento; a volte sappiamo quello che dobbiamo fare, ma non ne abbiamo il coraggio o ci pare troppo difficile perché vuol dire andare controcorrente». Maria c'insegna qualcosa che è molto rilevante oggi: per «affidarsi totalmente a Dio» occorre essere capaci di resistere alle pressioni e alle mode e andare «controcorrente». Terza parola: azione. Luca ci dice che Maria si mise in viaggio e «andò in fretta…» (cfr Lc 1,39). Già domenica scorsa il Papa aveva fatto notare questo muoversi «in fretta» di Maria: «nonostante le difficoltà, le critiche che avrà ricevuto per la sua decisione di partire, non si ferma davanti a niente. E qui parte “in fretta”». La fretta non riguarda il secondo momento, la decisione, ma il terzo, l'azione. «Nella preghiera, davanti a Dio che parla, nel riflettere e meditare sui fatti della sua vita, Maria non ha fretta, non si lascia prendere dal momento, non si lascia trascinare dagli eventi. Ma quando ha chiaro che cosa Dio le chiede, ciò che deve fare, non indugia, non ritarda, ma va “in fretta”». Il Pontefice cita sant'Ambrogio (340?-397), il quale commenta: «la grazia dello Spirito Santo non comporta lentezze». Tutti e tre i passaggi sono necessari. Noi qualche volta «ci fermiamo all’ascolto, alla riflessione su ciò che dovremmo fare, forse abbiamo anche chiara la decisione che dobbiamo prendere, ma non facciamo il passaggio all’azione». Questo avviene perché «non mettiamo in gioco noi stessi muovendoci “in fretta” verso gli altri per portare loro il nostro aiuto, la nostra comprensione, la nostra carità; per portare anche noi, come Maria, ciò che abbiamo di più prezioso e che abbiamo ricevuto, Gesù e il suo Vangelo, con la parola e soprattutto con la testimonianza concreta del nostro agire». Ascolto, decisone, azione: una sequenza non facile da vivere oggi, ma che possiamo tutti cercare di seguire affidandoci all'aiuto della Madonna
M LETTERA DI GIOVANNI PAOLO II AGLI ANZIANI Un augurio di vita. 18. “ Iube me venire ad te! ”: è questo l'anelito più profondo del cuore umano, anche in chi non ne è consapevole. Dacci, o Signore della vita, di prenderne lucida coscienza e di assaporare come un dono, ricco di ulteriori promesse, ogni stagione della nostra vita. Fa' che accogliamo con amore la tua volontà, ponendoci ogni giorno nelle tue mani misericordiose. E quando verrà il momento del definitivo “ passaggio ”, concedici di affrontarlo con animo sereno, senza nulla rimpiangere di quanto lasceremo. Incontrando Te, dopo averti a lungo cercato, ritroveremo
infatti ogni valore autentico sperimentato qui sulla terra, insieme con quanti ci hanno preceduto nel segno della fede e della speranza. E tu, Maria, Madre dell'umanità pellegrina, prega per noi “ adesso e nell'ora della nostra morte ”. Tienici sempre stretti a Gesù, Figlio tuo diletto e nostro fratello, Signore della vita e della gloria. Amen! Dal Vaticano, il 1° Ottobre 1999. IOANNES PAULUS PP. II UUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUU
Totale offerte pervenute : € 544
Quest’anno il totale delle offerte raccolte saranno destinate tramite P. Mario Guerra alla scuola elementare di Kakendema diocesi di Makani, Sierra Leone – Africa Occidentale. - P. Mario ha fatto pervenire alcune fotografie dei bambini e della “scassata” scuola di Kakendema. Appena sarà “tecnicamente” possibile verranno inserite in uno dei prossimi giornalini.
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UNA CHIAVE DEL PARADISO Le tre Ave Maria Erminia Moriconi, nata a Rimini nel 1847, venne educata presso un collegio di suore a Firenze, dove all’età di dieci anni faceva la prima comunione e prometteva alla Vergine santa di recitarle ogni giorno le tre Ave Maria. Cresciuta negli anni e dotata di rara bellezza, si trovò lanciata nel mondo teatrale. Per le sue doti nel canto poté conseguire i più ambiti successi. Nel 1859, la Morioni, in tutto l’incanto dei suoi ventidue anni, faceva magnifiche comparse nei primi teatri di Parigi, da tutti ammirata e applaudita. Ma intanto la divina fiamma della fede si veniva spegnendo. Sazia finalmente dei piaceri degli onori mondani, la vita le venne a noia. Tutto le si tingeva di foschi colori: tutto la riempiva di tristezza e sconforto. Tristezza e sconforto che presto divennero disperazione. L’applaudita cantante, credendo impossibile poter vivere in quello stato, decise di farla finita con un salto nel fiume Senna. Non aveva più fede… Convinta sempre più che una vita senza ideali, la sua, non vale la pena di essere vissuta, e studiando il momento adatto per effettuare il suo nero proposito, ella s’incammina, sola, mesta, taciturna, verso l’onda fatale; ma, mentre si spinge innanzi, si ricorda di non aver detto ancora le solite Ave Maria, che mai aveva tralasciato, e subito si mise a recitarle. Proprio in quel momento, ecco che ode dei rintocchi della vicina chiesa della Maddalena; era il segnale della
predica quaresimale. Erminia, rimandando la sua tragica decisione, vi si volle recare. L’oratore era padre Bougaud, il quale quella sera parlò della confessione, sacramento dolce e consolante che non umilia – come pretendono i miscredenti – ma solleva; non avvilisce, ma nobilita; non opprime la coscienza, ma la risana e la santifica. – Se tanti e tanti disgraziati – concludeva l’oratore – cercassero la pace in questo lavacro di salvezza e non già nelle acque della Senna, i nostri dolori sarebbero più sopportabili, anzi si amerebbero e la vita nulla perderebbe della sua bellezza. Terminata la predica, la Moriconi era commossa fino alle lacrime. Le sembrava che il ministro di Dio avesse predicato esclusivamente per lei… Poco tempo dopo si leggeva nei giornali che la celebre cantante era andata a rinchiudersi nel monastero delle visitandine, nella Savoia, dove trovava quella pace del cuore di fronte alla quale le gioie e le apoteosi mondane non sono che ironia e delirio (da Verbum Dei, riportato da G. Jacobelli, Per le vie del cuore)
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- Fatima -Memorie di Suor Lucia Terza memoria 7. Visioni sulla guerra Un giorno andai a casa di Giacinta per stare un po’ con lei. La trovai seduta sul letto, molto pensierosa. “Giacinta! A cosa stai pensando?” – “Alla guerra che deve venire. Dovrà morire tanta gente! E quasi tutta andrà all’inferno (Si tratta della seconda guerra Mondiale. Giacinta visse misticamente questa parte del segreti). Saranno rase al suolo molte case, e ammazzati molti preti.
Senti: io vado in Cielo; e tu quando vedrai di notte quella luce che la Signora disse che deve venir prima, fuggi in Cielo anche tu!” (Lucia con questa espressione, vuol rendere manifesto il forte spavento che queste visioni provocarono nell’anima della piccola Giacinta.) “Non vedi che non si può
fuggire in Cielo?” – “È vero! Non puoi. Ma non aver paura! Io, in Cielo, pregherò tanto per te, per il Santo Padre, per il Portogallo, perché la guerra non arrivi fin qui (Nonostante i grandi pericoli, il Portogallo fu veramente preservato dalla Seconda Guerra Mondiale) e per tutti i sacerdoti.
Ecc, e Rev.ma Mons. Vescovo! S. Ecc. non ignora come alcuni anni fa, Dio mostrò quel segno, che gli astronomi vollero indicare col nome di aurora boreale (Lucia ritenne che la «straordinaria» aurora boreale nella notte del 25 gennaio 1938 era il segno di Dio per l’inizio della guerra) . Non so. Mi
pare che se l’esaminassero bene, vedrebbero che non fu né poteva essere, da come si presentò, la tale aurora. Ma sia pure come vogliono. Dio se ne servì per farmi capire che la sua giustizia stava per colpire le nazioni colpevoli, e cominciai allora a chiedere con insistenza la Comunione
riparatrice nei primi sabati e la consacrazione della Russia. Il mio fine non era soltanto di ottenere misericordia e perdono per tutto il mondo, ma specialmente per l’Europa. Dio, nella sua infinita misericordia, mi fece sentire come quel tremendo momento si avvicinava , e S. Ecc. non ignora come, al momento opportuno, l’andai indicando. E dico pure che l’orazione e la penitenza che si fecero in Portogallo non ha ancora placato la Giustizia Divina, perché non fu accompagnata da pentimento e da conversione. Spero che Giacinta interceda per noi in Cielo. Ho già detto, negli appunti inviati sul libro “Giacinta”, che lei s’impressionava molto con certe cose rivelate nel segreto. Tali erano la visione dell’inferno, la disgrazia di tante anime che vi cadono dentro, la futura guerra, i cui orrori pareva che lei avesse presenti e che la facevano tremare di terrore. Quando la vedevo molto pensierosa, le domandavo: “”Giacinta a che pensi?” E non poche volte rispondeva: “Alla guerra che verrà; a tanta gente che dovrà morire e andare all’inferno! Che tristezza! Se smettessero di offendere Dio, non verrebbe la guerra né andrebbero all’inferno.” Qualche volta mi diceva pure: “Mi rincresce per te. Francesco e io andiamo in Cielo, e tu te ne resterai qui sola! Chiesi alla Madonna che portasse pure te in Cielo, ma Lei vuole che tu rimanga ancora per qualche tempo! Quando verrà la guerra, non avere paura. In Cielo, io pregherò per te.” Poco prima di andare a Lisbona, in uno di quei momenti affranta di nostalgia, le dissi: “Non ti rincresca se io non posso venire con te. È poco tempo, potrai trascorrerlo pensando alla Madonna, al Signore, e ripetendo molte volte le parole che ti piacciono tanto: Mio Dio, Vi amo! Cuore Immacolato di Maria! Dolce Cuore di Maria.” – “Oh! sì!” rispose con vivacità “non mi stancherò mai di dirle fino alla morte! E dopo, le canterò molte volte in Cielo!”.
Il «Kolchoz» seconda parte …Era un momento solenne davvero e, proprio in quel momento, il trattore si bloccò e fu un vero peccato perché erano già pronti bambini e bambine vestiti di rosso, con gran mazzi di fiori da gettare sulla maestosa macchina. Lo Smilzo, che stava al volante, saltò giù e cominciò a frugare dentro al cofano del motore, poi si rivolse verso il palco e allargò le braccia, desolato. Non ci capiva un accidente. Allora Peppone abbandonò il palco e, con gli occhi pieni di sangue per la rabbia, si diresse verso il trattore. “Maledetto sabotatore,” disse a bassa voce allo Smilzo. “Poi facciamo i conti, io e te!” Per Peppone non esisteva motore che potesse nascondere segreti
malanni. Toltasi la giacca, Peppone incominciò a lavorare con la chiave inglese ma, dopo due minuti, il gambo di un bullone gli si sbriciolò tra le mani. Non c’era più niente da fare. “La macchina è magnifica,” disse ad alta voce, “La macchina è perfetta, ma i sabotatori sono troppi in questo porco mondo!” Ad ogni modo non si poteva piantare lì, in mezzo alla piazza, il trattore: bisognava ad ogni modo farlo sfilare davanti al palco, sul quale palco, oltre al resto, c’era anche il rappresentante della Federazione provinciale. Belletti prestò il suo «Fordson» americano e, trascinato dall’Occidente guerrafondaio,l’Oriente passò davanti al palco e fu coperto di fiori. Intanto però, a parte il picco incidente, il trattore c’era e lo si sentiva perché faceva un baccano maledetto. E c’era anche un potente aratro, il che significava che Peppone aveva ragione quando affermava che il piano quinquennale era in pieno funzionamento. Peppone era assetato di rivincita e lavorò tutta la notte attorno al trattore. Poi vi lavorò anche tutto il giorno dopo perché trovò una quantità di piccole cosette che non erano a punto. Alla fine però poteva far affiggere uno storico comunicato: Cooperativa Agricola Popolare kolchoz le Ghiaie Comunicato n.1 Sabato mattina con l’intervento di tutte le autorità comunali avrà inizio, con breve e vibrante cerimonia, i lavori di dissodamento della terra conquistata dal popolo. La terra ai contadini! Viva la Pace! Viva il Lavoro! E venne il sabato mattina e le Ghiaie furono invase da un sacco di gente. Peppone spiegò brevemente il significato del fatto, poi il più vecchio lavoratore del kolchoz agguantò la manovella per dare l’avviamento al motore. Al volante stava il più giovane kolchoziano e tutto questo aveva un fondo delicatamente allegorico. La banda attaccò l’inno dei proletari: il vecchio girò la manovella, poi si abbatté gemendo per terra. Il contraccolpo gli aveva spaccato il braccio destro. Se ne accorsero soltanto i più vicini perché Peppone con un balzo lo aveva sostituito e aveva dato lui l’avviamento. Il popolo urlò d’entusiasmo, e il trattore, scoppiettando allegramente, si mosse. Proseguì in modo veramente maestoso per sei metri, poi si bloccò. Peppone intervenne, e con mezz’ora soltanto di messa a punto rimise in perfetta efficienza il motore e il trattore ripartì. Dopo trenta metri successe un curioso fatto: il trattore fece un brusco voltafaccia, spaccò i tiranti d’agganciamento dell’aratro e, continuando il suoi maledetto giro, passò sopra l’aratro spezzando in due il timone. Si era semplicemente spezzato uno dei cingoli della parte destra, il guidatore era stato sbalzato giù e ora il trattore faceva il girotondo. Ci fu,
nei ranghi della reazione, gente che quel giorno si ubriacò di gioia e a qualcuno vennero i crampi per il gran ridere. Peppone aveva un fegato gonfio come un dirigibile e, siccome il danno era piuttosto grosso, lavorò quattro giorni per rimettere il trattore in grado di fare il trattore e l’aratro in grado di fare l’aratro. Il dissodamento del kolchoz ricominciò quasi clandestinamente, questa volta. Nessuno lo annunciò, ma tutti lo sapevano e, quando il trattore si mosse per continuare il solco iniziato, le siepi e i cespugli attorno alle Ghiaie erano pieni di occhi curiosi. L’attesa era forte, ma non fu delusa: a metà del solco, il trattore s’impuntò e si vide Peppone mettersi a saltare urlando come un matto. Oramai Peppone lavorava esclusivamente per il trattore, ma il dissodamento non andava avanti, semplicemente perché, una volta messo a punto, il trattore russo faceva venti metri e poi si piantava come un mulo. E la solfa non accennava a finire…
Le prime parole di papa Francesco 13-03-2013
Fratelli e sorelle buonasera, voi sapete che il dovere del Conclave era di dare un vescovo a Roma, sembra che i miei fratelli cardinali siano andati a prenderlo quasi alla fine del mondo, ma siamo qui. Vi ringrazio per l'accoglienza. La comunità diocesana di Roma ha il suo vescovo, grazie. Prima di tutto vorrei fare una preghiera per il nostro vescovo emerito Benedetto XVI. Preghiamo tutti insieme per lui, perchè il Signore lo benedica e la Madonna lo custodisca. (il Papa fa recitare ai fedeli in piazza San Pietro un Pater, Ave, Gloria) Adesso incominciamo questo cammino, vescovo e popolo, cammino della chiesa di Roma, che presiede nella carità tutte le chiese. Cammino di fratellanza, amore, fiducia fra noi. Preghiamo sempre per noi, l'uno per l'altro. Preghiamo per tutto il mondo perchè ci sia fratellanza. Vi auguro che questo cammino di chiesa che oggi cominciamo, in cui mi aiuterà il mio cardinale vicario qui presente, sia fruttuoso per la evangelizzazione di questa tanto bella città. Vorrei dare la benedizione, ma prima vi chiedo un favore, chiedo che preghiate il Signore: la preghiera del popolo che chiede la benedizione del suo vescovo. Facciamo in silenzio questa vostra preghiera su di me. (il Papa e i fedeli in piazza San Pietro si raccolgono in un momento di silenzio e preghiera) Ora do la benedizione a voi, a tutto il mondo, gli uomini e le donne di buona volontà. (il Papa benedice i fedeli) Fratelli e sorelle grazie tante dell'accoglienza, pregate per me e ci vediamo presto, domani voglio andare a pregare la Madonna perchè custodisca tutta Roma. Buona notte e buon riposo.
Prossimo Rosario
Rosario Pellegrino ore 17.00: …………………..21 giugno presso Cornelia Lupi
Primo Sabato del mese (luglio) - ore 17,30 :.......in Chiesa Parrocchiale
LA CATECHESI DELLA MADONNA
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…Recitate il rosario in famiglia…