Roma città all'erta

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numero 19

Il Serale

29 ottobre 2012

Settimanale quotidiano

Roma città all’erta La fumata bianca del disordine


Malaroma, da Febbraio a oggi

Nove mesi fa “Presa diretta” di Riccardo Iacona fotografava il disordine della capitale. Ecco cosa (non) è cambiato di Filippo Desabato

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micidi, rapine, strade dissestate, corpo di polizia dissestato, commissariati assiderati e appalti dissetati. Roma da Febbraio in poi non ha cambiato il suo profilo di città eterna, afflitta da problemi di cui non si ricorda l’inizio. Non ci sono poi solo le zone periferiche, non solo i quartieri intoccabili: il disordine di una metropoli lasciata allo sbando investe e travolge,

come neve e come pioggia, anche i quartieri nobili e le aree più centrali. Ma l’amministrazione guidata da Alemanno si rende pur conto di essere alla guida di una delle città più famose del pianeta e ogni tanto prova a ristabilire un po’ d’ordine, o la sua parvenza. oma così vive di una facciata creata per i turisti e le sue metastasi che al contrario

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colpiscono i suoi cittadini. Recupare una specie di normalità accademica nel regolare il territorio sembra diventato una prassi; anzi un vizio di cui si possono occupare solo i giornali che abboccano al folclore dell’ordinanza “anti panino”, “anti alcohol”, anti qualsiasi cosa. Risolvere i problemi di una città per semplice opposizione significa non conoscerne le dinami-

che e ignorarne i bisogni veri. Così fuori dalla demagogia Roma aspetta un nuovo terremoto, rimane sveglia e sempre all’erta.


Alemanno d’ordinanza

Dai provvedimenti antineve alle contestate direttive contro il bivacco: risolvere in modo sbrigativo i problemi di Roma è diventato un vizio di Pasquale Raffaele

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'argomento è stato talmente battuto da guadagnare addirittura l'attenzione del New York Times, il più prestigioso quotidiano statunitense e fra i più celebri a livello globale. La scorsa settimana, sulle edizioni cartacea e online del Nyt è stato pubblicato un pezzo dal titolo italo-americano semi-maccheronico che non richiede alcuna traduzione: "Buon Appetito, but Not Next to the Monuments". La notizia che ha catalizzato l'attenzione della corrispondente Elisabetta Povoledo è l'ennesima controversa ordinanza emanata dal sindaco capitolino Gianni Alemanno, rapidamente ribattezzata dai mezzi d'informazione "anti-panino", etichetta che provoca al primo cittadino attacchi di orti-

caria al solo udirla: «Si tratta di un'ordinanza antibivacco e non antipanino. I nostri vigili non disturberanno mai chi ha un panino in mano perché non ha senso. La nostra è un'ordinanza antidegrado e non antipanino». Un equivoco semantico-lessicale quindi, ammesso che il dizionario della lingua italiana venga in

«I nostri vigili non disturberanno mai chi ha un panino in mano perché non ha senso. La misura è antidegrado, non antipanino»

soccorso fornendoci una definizione precisa del concetto di bivacco, quantomeno applicabile ai contenuti dell'ordinanza. Infatti, se per bivacco intendiamo "accampamento notturno all'a-


perto", appare evidente che non abbiamo quasi nulla a che fare con sandwich e affini, anzi un simile provvedimento sembrerebbe pensato soprattutto per mantenere un decoro di facciata attraverso l'allontanamento dei senzatetto dai luoghi da cartolina della Capitale. Non proprio una questione attinente snack e vivande, insomma. In realtà, l'intento del sindaco era quello di disciplinare entrambi i comportamenti, come si legge nell'ultima pagina dell'ordinanza datata 30 marzo 2012 (quest'ultima infatti era già in vigore da quella data e sarebbe scaduta il 30 settembre, la notizia è la proroga fino al 31 dicembre, non l'emanazione): il primo cittadino "ordina" che le piazze di particolare pregio storico, artistico, architettonico e culturale ricadenti nel Centro Storico di Roma Capitale" vengano "utilizzate esclusivamente come luogo di fruizione visiva delle prospettive monumentali ed architettoniche ivi esistenti", ragion per cui "nelle predette aree è fatto divieto di: 1) bivaccare e/o sistemare giacigli" e 2) "sostare per consumare cibo e/o bevande". Poi c'è l'aspetto

«Nelle aree di particolare pregio storico è fatto divieto di bivaccare e/o sistemare giacigli e sostare per consumare cibo e/o bevande»

politico, che in Italia si traduce nell'immancabile siparietto polemico allestito contro l'avversario, al quale vengono attribuiti i malcostumi che si intendono contrastare, il tutto in un'ottica comparativa con le altre metropoli globali, paravento sempre

Alemanno ha ribatutto di voler « far capire è che i nostri vigili devono rispettare una circolare precisa, non disturbare chi è seduto»

spendibile proficuamente: «Quello che voglio far capire - ha puntualizzato - è che i nostri vigili devono rispettare una circolare precisa, non devono disturbare chi è seduto, chi mangia il panino o beve qualcosa, ma devono stare attenti affinché non vengano lasciate cartacce e sporcizia. Se voi andate a Vienna, Parigi, Tokyo, e provate a fare quello che purtroppo viene fatto


Com’è da considerarsi quello che fu il cosiddetto “pranzo della pace”? Tra bivacco e panini, l’ordinanza naufraga in un mare interpretativo

sui monumenti della nostra città, la reazione della polizia è molto dura, molto di più delle multe che noi diamo. A Roma invece, per una logica da bivacco della sinistra, una logica un po' da “fricchettoni”, il nostro sarebbe solo un modo di reprimere». I vecchi missini si ristoravano nelle tipiche trattorie trasteverine mentre i "fricchettoni" maieuticamente partorivano sulle gradinate di Campo de' Fiori la cosiddetta "logica da bivacco"? Davvero una pratica singolare quella di attribuire etichette politiche alle abitudini alimentari.

Verrebbe da domandarsi se il "pranzo della pace" a base di coda alla vaccinara, trippa, cicoria, polenta e parmigiano reggiano consumati all'insegna dell'allegria e della giovialità riconciliatrice in uno stand antistante la Camera dei Deputati sia da considerare

"federalismo gastronomico", un evento "stile cafonal", un gesto punibile grazie alla temibile ordinanza oppure una logica e naturale protesi delle pratiche di Palazzo, diciamo un "dietro le quinte" che guadagna la ribalta. Oppure ancora una logica alimentare ponderata negli anni dai partiti e movimenti di destra, visto il particolare apprezzamento dell'ex segretario nazionale del Fronte della Gioventù per le immagini di contrapposizione barricadiera – da questo punto di vista Alemanno vanta un curriculum più che invidiabile, non solo dialettico. Ma stiamo uscendo dal seminato, e non siamo i soli a quanto pare. Poc'anzi stavamo spiegando – a onor del vero la spiegazione era dello stesso primo cittadino, in alcuni blog ribattezzato Alemagno e Aledanno – che l'ordinanza sarebbe indirizzata a chi si accampa di notte, ergo i paninari e i loro avventori non avrebbero nulla da temere (inutile ribadire che il sindaco smentisce da sé il contenuto dell'ordinanza vergata di suo pugno con la dichiarazione successiva attinente il bivacco). A questo punto, leggere


della sanzione comminata ad Angelo Bonelli e Mario Staderini – segretari rispettivamente dei Verdi e dei Radicali – per aver consumato un panino in piedi nei pressi del Pantheon pone i neuroni di un individuo medio di fronte a uno sforzo interpretativo davvero complicato: ma i panini non c'entravano come i cavoli a merenda? Il tutto assume connotazioni grottesche se si tengono d'occhio le date della faccenda: l'ordinanza viene rinnovata il primo ottobre, il giorno successivo Bonelli e Staderini "contravvengono" – il virgolettato è d'obbligo dato che stavano consumando un panino in piedi, dunque se ci atteniamo al testo del provvedimento o, comunque, alla sua interpretazione più diffusa non dovremmo trovarci al cospetto di una violazione - e l'8 ottobre, in un impagabile video postato sul suo blog "Alemanno 2.0", il sindaco rilascia le dichiarazioni di cui sopra a margine di una passeggiata da netturbino, impegnato a farsi riprendere mentre rimuove a mani nude – prassi tipica per gli addetti alla pulizia delle metropoli, alle prese con ogni sorta di rifiuto - cop-

Bonelli e Staderini (Verdi, Radicali) sono stati multati per il consumo di un panino davanti al Pantheon: ma questo non rientra nell’ordinanza

pette di gelato e bottiglie di birra vuote dalle scale di Trinità del Monti. Come dobbiamo interpretare l'interpretazione del provvedimento fornitaci dal sindaco? Oppure viene da chiedersi, molto più banalmente: ma Alemanno ogni tanto getta un'oc-

Non solo panini. In più di un’occasione Alemanno ha guadagnato la ribalta mediatica grazie ai suoi originali provvedimenti

chio, anche distratto, ai mezzi di informazione? IL SINDACO IN PERENNE EMERGENZA. Sin dal suo insediamento oltre quattro anni or sono, Gianni Alemanno ha spesso guadagnato la ribalta mediatica nazionale per via delle sue discutibili ordinanze, in più di un'occasione semplici proposte rimaste tali. É il caso, ad esempio, del provvedimento "anti-ro-


vistaggio", ovvero l'idea di vietare ai senzatetto di frugare nei cassonetti alla ricerca di qualunque oggetto utile per scongiurare l'ipotesi che "la dispersione della spazzatura generi infezioni nelle strade e nei luoghi pubblici". Idea rimasta lettera morta e mai tradotta in un'ordinanza dopo che la Comunità di Sant'Egidio sollevò la più naturale delle obiezioni: molti nullatenenti sono anziani disperati che possono "ovviare" alla loro condizione soltanto rovistando nei cassonetti alla ricerca di qualcosa ancora utilizzabile. A distanza di un anno, nelle mire del primo cittadino finiscono le intemperanze della movida notturna, arginate con due provvedimenti "complementari", l'ordinanza "antialcol" e quella che prevede sanzioni agli esercenti: la prima vieta la vendita di bevande alcoliche da asporto dopo le 21.00, mentre la seconda obbliga i proprietari dei locali a tenere d'occhio la propria clientela e a contrastarne le eventuali intemperanze – chi fa da sè, fa per tre, soprattutto se a disporlo è la legge. Il mese di ottobre del 2009 sarà invece ricordato per la cosiddetta "ordinanza antilavavetri, antigiocolieri e antivenditori ambulanti" – entrata in vigore il primo novembre e rinnovata a più riprese – che prevedeva multe da 100 euro e sequestro di

Amministrazione contro tutti: anti “rovistaggio”, anti alcohol, anti lavavetri, giocolieri e venditori ambulanti e“anti zanzara tigre”

proventi e attrezzature: per poco meno di una settimana il provvedimento è riuscito a incutere timore agli ambulanti, che poi sono rispuntati ai semafori numerosi come funghi. Un'altra iniziativa controversa – in verità parecchio in voga in svariati comuni italiani - è quella datata 16 aprile 2011 ed entrata in vigore a maggio, vale a dire l'ordinanza anti-zanzara tigre che fra le altre cose obbliga i proprietari di piante a rimuovere l'acqua dai sottovasi o da qualunque recipiente dove possa stagnare, invita a trattare questi depositi d'acqua con "specifici prodotti larvicidi" e punisce i trasgressori


con sanzioni amministrative da 50 a 500 €. Risalgono invece ai mesi di ottobre e novembre due ordinanze anticortei che imponevano itinerari e giorni specifici stabiliti dal Comune per manifestare: in quel caso, a far ritornare il sindaco sui propri passi è stato il Tar del Lazio che, lo scorso febbraio, ha annullato entrambe le disposizioni. Last but not least, le due ordinanze antineve, sempre dello scorso febbraio: bufera quasi senza precedenti a Roma con annesso indegno "gioco del cerino" fra Alemanno e la Protezione Civile sulle responsabilità per i disagi arrecati ai capitolini, così il primo cittadino decreta la chiusura di scuole e uffici per i due giorni seguenti e, invece di ricorrere al sale, rivolge un appello-ordinanza alla cittadinanza intera, "invitata" a contribuire spalando a più non posso e ta-

gliando i rami pericolosi. Anche in quel caso, il sindaco formato emergenza regalò una delle sue perle, un video dove "mostrava ai cittadini il buon esempio" spalando alacremente in compagnia dell'esercito. A quando un'ordinanza antidemagogia?


Le regole della sottrazione


Solo più liti e vendette personali: da febbraio la criminalità organizzata ha smesso di sparare di Gioia Dell’Onzi

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e il punto di richiamo è il 5 febbraio, giorno di messa in onda di “Malaroma”, puntata di Presa Diretta, gli omicidi commessi a Roma e dintorni, a partire da questa, data sono 15. Il 2012 di sangue nella Capitale parte però dal ben noto 4 gennaio: l’agguato a Zou Zheng e sua figlia ha risollevato il tema della sicurezza, specie dopo un anno, il 2011, che ha lasciato alla squadra omicidi della capitale 30 casi da risolvere. Oltre all’episodio di Tor Pignattara, altri due assassinii hanno macchiato di rosso il gennaio scorso: Antonio Maria Rinaldi «freddato con una revolverata in faccia nel garage della sua abitazione alla Pisana» e Salvatore Polcino «assassinato e bruciato nelle campagne del Divino Amore, fra via Ardeatina e via Nettunense». In entrambi i casi gli inquirenti hanno seguito la pista del narcotraffico e del regolamento di conti: il tanto citato “Far west” alla romana che ha dominato le pagine dei giornali dal 2011 fino al febbraio 2012. Infatti, dei 37 omicidi dello scorso anno, più della metà sono stati inizialmente attribuiti alla riaccesa guerra tra bande; difatti lo stesso Riccardo Iacona, nel suo programma, rimarcava l’accento sul risveglio della criminalità organizzata. Tant’è che un sondaggio dell’1 febbraio scorso rivelava che il 71% dei romani non si sentiva al sicuro nella propria città. L’omicidio a Primavalle di Mario Maida, il 7 febbraio, non ha fatto che confermare la tendenza: l’uomo, meccanico pregiudicato, è stato ucciso da un colpo di pistola mentre


usciva dall’officina. Ancora regolamento di conti, ancora Far West, ancora Chicago degli anni Venti. E, anche in quest’occasione, la tendenza della stampa e dei media è stata quella di associare l’assassinio alla “scia di sangue” iniziata nel 2011. Ma le differenze tra il 2011 e il 2012 ci sono e impongono di stabilire una cesura. Il numero degli omicidi, oramai in calo, è passato dai 30 dell’anno scorso ai 18 di questo. Il 21 febbraio, Marco Zioni viene ucciso a Montespaccato: il motivo è una lite tra famiglie per l’affidamento di un bimbo di 10 mesi. A Torvajanica, il 5 febbraio un rumeno di 22 anni ha la peggio dopo una rissa con dei connazionali; il 25 giugno, sempre nella città laziale, un 21enne viene accoltellato dal convivente transessuale dopo una lite; il 12 giugno una rumena pugnalata dal compagno a Viale America, mentre il 7 agosto un falegname di 43 anni viene legato e ucciso da un serbo per il mancato pagamento dell’affitto. E ancora, il 12 settembre e il 20 settembre sono una prostituta rumena e una ragazza filippina a trovare la morte: la prima, nel quartiere della Borghesiana, trovata picchiata e bruciata; la seconda uccisa a coltellate da un connazionale dopo una lite in Viale Caltagirone. Il ciclo di sangue si chiude il 9 ottobre, con un 70enne sgozzato in casa sua

Il numero degli omicidi è passato dai 30 del 2011 ai 18 di quest’anno


dopo una rapina, e il 29 ottobre, con un 30enne sudanese colpito dalla pistola di un uomo calabrese, che lo avrebbe freddato per motivi di lavoro. A questi omicidi si aggiungono quelli di un 72enne ucciso a Ladispoli, di Marcello Quattromini a Monte Porzio Catone, di Modesto Pellino nel centro di Nettuno, di Gaetano Marino sul litorale di Terracina. Il totale, dall’inizio del 2012, arriva a 18 casi; di essi solamente undici assassinii sono avvenuti entro le mura romane e, tra questi ultimi, solo due – quelli di Antonio Rinaldi e Mario Maida – sono ufficialmente riconducibili a un regolamento di conti, ma comunque non alla criminalità organizzata. Se l’insicurezza percepita dagli abitanti è collegabile anche ad altri fattori come rapine, aggressioni, violenze ecc..., gli omicidi sono stati evidentemente e numericamente di meno. Roma, così, scende nelle graduatorie della violenza mondiale e il suo rapporto omicidi/1000 abitanti si abbassa allo 0,9%. La capitale consegna al mondo uno scenario parziale ben lontano dalla Chicago degli anni Venti e soprattutto lontana dalla Chicago degli anni nostri. Tenere lontani i confronti azzardati

Degli omicidi del 2012 sono solo undici quelli che sono stati consumati a Roma



è obbligatorio: nella città dell’Illinois, 9mila abitanti in meno rispetto alla capitale italiana, nel solo 2012 si è ucciso già 400 volte. Il 2012 romano ci consegna anche un altro dato: gli arresti per gli omicidi dell’anno precedente. Da febbraio infatti le indagini hanno fatto passi in avanti e hanno risolto molti dei casi che al 5 febbraio scorso risultavano ancora aperti. Attilio Pezzotti, condannato a 14 anni per l’omicidio di Roberto Ceccarelli; Enrico Lanoni, arrestato per la morte di Carlo Ciufo; un ex agente segreto, incriminato per l’assassinio di Rafael Cohen; due marocchini, individuati per l’agguato di Tor Pignattara e due rumeni per quello a Sabatino Onofri. Questi sono solo alcuni dei casi risolti. Con le condanne e gli arresti di quest’anno si riesce perciò a distinguere meglio chi è morto per ragioni personali - tra cui tutti quelli di cui sopra - e chi è stato ucciso per mano della criminalità organizzata, vale a dire: Colaneri, le vittime di Cecchina, Antonini e Galleoni, Dente, Sforna, Lamma e Mortazzi, Di Masi, Calamanti, Simmi, Cappetta. Se si escludono i delitti che sono ancora irrisolti - sono sei - , si ottiene un totale di 24 casi su 30. Se a questi si sottraggono ancora gli ultimi dieci casi di vero Far west, ecco che il totale di 14 omicidi si avvicina non poco al totale di 11 di quest’anno. Le banche dati consegneranno probabilmente la Roma del 2012 come una capitale più sicura, grazie alla più efficiente gestione delle forze dell’ordine, e tanta, tanta altra retorica da Campidoglio. Da 30 morti a 18 il passo è certamente lungo, ma non c’è nessun merito perché la differenza è una sola: la guerra fra bande si è semplicemente presa un anno sabbatico.

Dati alla mano, Roma non è una Chicago degli anni Venti. Ma per quanto ancora?


La “sicurezza” di essere in pochi

I reati aumentano del 7,5% perché non bastano le forze di polizia né le tre versioni del “Patto per Roma sicura”: la capitale non può più guardare il bicchiere mezzo pieno di Nicola Chiappinelli

«G

rosso modo noi abbiamo un rapporto: un omicidio, un poliziotto». Protestava così, con garbo, Gianni Ciotti, segretario romano della Silp, il sindacato di polizia della Cgil. Era il 5 febbraio scorso, e la puntata “Malaroma” di Presa Diretta aveva appena spostato il suo occhio clinico dalle “risorse” della criminalità a quelle, dichiaratamente inferiori, dei tutori dell’ordine della nostra enorme capitale. Ma facciamo un ulteriore salto indietro. Perché la nostra sarà pure un’attività spesso mal (o non) pagata e abusata, ma ti regala quel sottile piacere di recuperare il passato, ricontestualizzarlo, e scoprirlo puntuali più di mille nuove notizie. Ad esempio in data 13 agosto 2010 spunta fuori questa sintetica dichiara-

zione del prefetto di Roma, Giuseppe Pecoraro: «Roma è una città accogliente e tollerante, tra le più sicure d’Europa». Molto contento, ai tempi, era anche Gianni Alemanno: «Le istituzioni hanno fatto squadra - diceva il sindaco - e in questo quadro abbiamo operato, seguendo il “Patto per Roma Sicura” siglato nel luglio del 2008, insieme al prefetto Pecoraro e stiamo lavorando con il questore Tagliente, con i carabinieri e con tutte le altre forze di polizia per fare in modo che Roma si liberi da ogni forma di insicurezza e di degrado.» Ma in due anni quante cose possono cambiare? Tante, evidentemente. E se si prendono come misura gli annunci e le dichiarazioni, anche di più. Passano infatti 24 mesi da quella conferenza stampa tutta giubilo e sicurezza, e ad agosto di

Presa diretta del 5 febbraio scorso, parla Gianni Ciotti, segretario romano della Silp: «Grosso modo abbiamo un poliziotto per omicidio»


Giorgio Ciardi, delegato del sindaco per la sicurezza: «C’è da registrare quindi come giunga un segnale importante da Roma, quinta nella classifica per incidenza dei reati sulla popolazione»

quest’anno scopriamo che in realtà non è tutto oro quello che luccica; anzi, che l’oro l’hanno proprio fatto sparire. I dati a tutto il 2011 del Ministero degli Interni (in riferimento al 2010) parlano chiaro: a Roma i furti in appartamento sono aumentati del 13,1% (arrivando a 14.622), i furti con destrezza del 11,8% (18.799), e le rapine del 7,9% (4.232). Poi ci sono le aggressioni, e si parla sempre e solo di reati denunciati, ignorando statisticamente quindi il mancato ricorso alla polizia per paura o per mancanza di fiducia nella “giustizia”: l’anno scorso sono arrivate a 5.253, il 13,5% in più rispetto al 2010. Alemanno guarda il bicchiere mezzo pieno: «I reati, che in Italia aumentano ovunque, (a Roma) aumentano meno che da altre parti». Vero, lo riporta Il Sole 24 ore: se all’ombra del Tevere si segnalano 6.138 casi ogni 100 mila abitanti, a Milano se ne contano invece più di 7 mila. E poi, nonostante la crescita dei

reati, nello stesso tipo di classifica Roma compare tra le dieci città più colpite d’Italia “soltanto” per i borseggi, le rapine e i furti d’autovetture. Così ci pensa il delegato del sindaco per la Sicurezza, Giorgio Ciardi, a spiegare che questi dati sono frutto della crisi economica. Ovvero, si ruba per povertà diffusa: «C’è da registrare quindi come giunga un segnale importante da Roma, quinta nella classifica, per incidenza di reati sulla popolazione. [..] Le azioni politiche poste in essere dalla nostra amministrazione infatti, in concorso con le forze dell'ordine e tutte le istituzioni preposte nell'ambito del terzo “Patto per Roma Sicura”, stanno dando risultati validi, ben lontani da quelli ad esempio conseguiti dal modello Pisapia o De Magistris».

I reati proliferano ovunque per povertà, ma nella capitale l’aumento è sopra la media nazionale

Non si sa quale sia tale modello, ma viene da chiedersi se questo bicchiere mezzo pieno non sia piuttosto un’esclusiva della cristalliera comunale del primo cittadino Gianni, visto che il totale dei reati denunciati nella Capitale, al 2011, fa segnare un +7,5% complessivo (257.434), che è matematicamente superiore rispetto al +5,4 registrato a livello nazionale. E poi ci sono altri dati, di poco


precedenti, che confermano e rincarano la dose: secondo l’Associazione delle forze di polizia (Anfp) il numero dei reati era infatti in crescita (+7,8%) già nel 2010; e nel marzo scorso la procura di Roma aveva segnalato, per le sole violenze sessuali, un aumento del 34,42% tra i mesi di luglio del 2010 e del 2011. Torniamo allora dal dottor Pecoraro: «Sicuramente l'incremento di reati predatori c'è stato. Era previsto spiega il prefetto – ma se il

«L’incremento c’è stato, ma il dato è parziale perché qui ci sono pendolari, immigrati e turisti»

+8% è calcolato sui residenti mi sembra eccessivo, perché Roma è una città dove gravitano migliaia di pendolari, immigrati e turisti. Quindi è un dato parziale. Ma non bisogna abbassare la guardia: l'aumento degli arresti è stato incredibile e già il trend del 2012 non è così negativo. Ci sono sempre piccoli furti e rapine per pochi soldi, tipici del momento che stiamo attraversando. E gli omicidi sono in calo.» Ineccepibile. Ma quando si trasla il discorso dalla quantità alla qualità del crimine, si entra in una selva fitta di interpretazioni opinabili che lasciano il fianco agli attacchi di chi, ad esempio, per mestiere fa opposizione. Così si legge che «nei quattro anni e mezzo di Alemanno sono cresciute aggressioni politiche a sfondo razziale, omofobo e

contro le donne. La movida notturna è costantemente segnata da risse, violenze e aggressioni. E Roma è divenuta la maggior piazza nazionale di consumo della cocaina»: parole del consigliere comunale Dario Nanni. «È patetico che la propaganda di Alemanno voglia leggere questi risultati in modo diverso, magari comparandoli con altre città», dice invece il segretario del Pd romano, Marco Miccoli, il quale ricorda che oltretutto l’ex ministro delle Politiche agricole, nel 2008, vinse le elezioni «speculando su fatti di cronaca nera e promettendo una città più sicura.» Altra piccola grande verità. Basta andare su Youtube e prendere un video a caso della campagna elettorale di Alemanno: “Chi viola la legge deve essere arrestato o cacciato da questa città”. Ecco allora la chiave di tutto, il nucleo di questa cellula che è la “sicurezza”: l’ordine pubblico non è un’espressione astratta, ma

Il prefetto Pecoraro ha detto che «non bisogna abbassare la guardia, l’aumento degli arresti è stato incredibile e già il trend del 2012 non è stato così negativo»


Claudio Giardullo, segretario generale Silp: «Il rischio che il Paese sta correndo è quello di subire un ulteriore peggioramento dei livelli di legalità che non lo aiuteranno a uscire dalla crisi»

una funzione concreta, affidata ed esercitata da uomini in carne e ossa con esigenze pratiche reali. Una questione a cui si da’ scarso interesse o perché ritenuta scontata (per esserci l’arrestato deve esserci chi arresta), o più probabilmente perché è uno smacco per le istituzioni trovarsi davanti alle lamentele della polizia, braccio armato di quella “legalità” a cui esse appaltano qualsiasi decisione. Ed è difficile che a smentire l’efficacia di chi garantisce l’esistenza del sistema, sia il sistema stesso. «Ringraziamo il grande lavoro delle forze dell’ordine» è uno dei motti classici di chi governa. Ma queste forze come la pensano? Ecco: «Non possiamo purtroppo meravigliarci del peggioramento dei fenomeni criminali nel nostro Paese, [..] non può essere ignorato l'effetto che hanno avuto i tagli alla sicurezza decisi dal governo Berlusconi. Una riduzione di 3 miliardi di euro in tre anni alle forze di polizia non può essere compensata infatti

dall'impegno degli operatori». Lo dice Claudio Giardullo, segretario generale Silp-Cgil, che aggiunge: «E le decisioni del governo Monti con la spending review non lasciano spazio all'ottimismo: il sistema di sicurezza perderà nei prossimi 3 anni altri 18.000 operatori, e nulla ancora è stato detto sulla sorte delle questure nelle province che saranno accorpate. Il rischio che il Paese sta correndo, dunque, è quello di subire un ulteriore peggioramento dei livelli di legalità..che, certamente, non lo aiuteranno a uscire dalla crisi». Servono investimenti, non promesse o ringraziamenti. Per questo a dicembre del 2011 Alemanno s’era impegnato per concordare con il ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri un nuovo “Patto per Roma sicura” (il terzo),

«Con la spending review il sistema sicurezza perderà nei prossimi tre anni altri 18mila operatori»


Previsti finanziamenti per 2 milioni e 700mila euro, e l’immissione di 400 uomini tra carabinieri e polizia in arrivo da tutta Italia che saranno dislocati sulle strade


«A fronte di una dotazione fissata a 8450 unità, attualmente il Corpo di Polizia Municipale conta 6322 unità con una carenza del 25% rispetto alla dotazione base»

forse perché la città poi così sicura non è, a dispetto di ciò che dice il prefetto. Previsti finanziamenti per 2 mln e 700 mila euro, e l’immissione «di 400 uomini tra carabinieri e polizia in arrivo da tutta Italia che saranno dislocati sulle strade». Reazioni entusiaste da tutti i fronti, ma nulla che abbia cambiato decisamente lo stato delle cose. Lo dimostrano le parole di Giorgio Innocenzi, segretario generale del Consap, che tempo fa aveva definito «inaccettabile la circolare che ha reso nota la chiusura di tutti i punti carburante della polizia romana, proprio in una fase in cui l’afflusso di pellegrini e turisti sulla Capitale avrebbe richiesto un potenziamento del servizio». Continuava Innocenzi: «Più che di razionamento, bisognerebbe parlare di privazione, i colleghi infatti avranno a disposizione solo due buoni per turno di servizio, un totale di 20 euro; significa che l’auto che deve recarsi, ad esempio, a Fiumicino rischia di rimanere a secco in autostrada».

Nei giorni scorsi ad esprimersi sulla questione era stato invece il comandante della Polizia Locale di Roma, Carlo Buttarelli: «A fronte di una dotazione organica del corpo fissata a 8.450 unità, attualmente il Corpo di Polizia Municipale conta 6.322 unità con una carenza del 25% rispetto la dotazione base». Insomma pensate a dei bambini che giocano a “guardie e ladri”: i primi hanno un monopattino, i secondi una mountain bike. Potrete studiare tutte le politiche del quartiere, i porticati e le vie del circondario; le guardie arriveranno sempre dopo.

«Bisognerebbe parlare di privazione: con 20 euro per la benzina si rischia di rimanere a secco»


Strade perdute

Come l’asfalto ha strangolato Roma


Tutte le vie portano alla capitale, ma una volta arrivateci muoiono strangolate tra appalti, malagestione e assenza di manutenzione. Così si dà la colpa a pioggia, neve e altri agenti atmosferici: la responsabilità è però solo delle amministrazioni

C

'è un vecchio adagio che recita "Tutte le strade portano a Roma". Nato in tempi antichi, sottolineava come la maggior parte delle strade consolari partissero da Roma, esaltandone l'efficienza del sistema viario, fiore all'occhiello della allora capitale dell'Impero. Chissà se i nostri illustri antenati avrebbero mai immaginato che, a distanza di secoli, il sistema stradale della Capitale e la sua relativa gestione sarebbero divenuti sinonimi di inefficienza e malfunzionamento. Triste testimonianza dell'attuale problema "viabilità", è stata la paradossale situazione venutasi a creare lo scorso febbraio, in occasione dell'ormai famosa nevicata abbattutasi sulla Capitale: macchine bloccate per un totale di 280 chilometri di code dal centro fino al raccordo anulare, il 75% degli autobus impossibilitati a circolare per mancanza di gomme termiche, decine di treni regionali rimasti fermi per l'intera nottata, con a bordo perlopiù sfortunati pendolari rimasti così senza cibo ne acqua; infine, dulcis in fundo, dodici uscite del Raccordo rimaste

di Daniele Di Corcia

chiuse per permettere il tardivo intervento di spazzaneve e spargisale. Il tutto condito dallo “scaricabarile” di responsabilità fra Alemanno e il capo della protezione civile Gabrielli riguardo i motivi di una tale impreparazione ad affrontare la situazione venutasi a creare. d'altra parte l'eccezionalità di un simile evento è stata più volte chiamata in causa come parziale scusante di tanta disorganizzazione. Una giustificazione che difficilmente potrebbe essere addotta per giustificare i problemi più volte creati da un ben più prevedibile agente atmosferico:

Il 20 ottobre 2011 un violento temporale si abbatte su Roma. Il reticolo viario è allagato, la zona attorno alla stazione Tiburtina si trasforma in un’enorme pozzanghera

la pioggia. Eclatante al riguardo è quanto avvenuto la mattina del 20 ottobre 2011, quando un violento temporale abbattutosi sulla città di Roma ha messo a nudo tutti i limiti di un sistema fognario non adeguato e che già troppe volte in precedenza si era


dimostrato non all'altezza. Inevitabile conseguenza è stato il parziale allagamento di alcuni quartieri, come l'Infernetto, che ha causato ingenti danni al manto stradale (e non solo) e la paralisi della circolazione di qualsivoglia mezzo di locomozione all'interno delle zone più colpite. Ma qual è la reale motivazione di tanti disagi? La risposta è presto detta: la totale mancanza di una manutenzione costante e programmata delle strade da parte del comune. Il Campidoglio costringe quindi i singoli municipi, di per sé dotati solo di un potere di indirizzo al riguardo, a farsi carico di un onere palesemente eccessivo, soprattutto in assenza di sovvenzioni specifiche. Proprio per ovviare a questo problema l'ex Sindaco Veltroni aveva deciso di appaltare, per un periodo di nove anni, la manutenzione delle strade capitoline al consorzio di società facente capo all'imprenditore Alfredo Romeo. Tuttavia l'annullamento di tale concessione da parte del Tar del Lazio, avvenuta nel 2007 per una rilevata situazione di conflitto di interessi di uno dei componenti del consorzio al momento dello svolgimento della gara d'appalto, coincisa con lo scioglimento della giunta Veltroni, ha nuovamente gettato nel caos la questione. Per questo

il subentrante sindaco Alemanno, nominato per l'occasione anche commissario straordinario all'emergenza traffico, ha deciso di ritirare la concessione esclusiva per la manutenzione stradale al fine di scinderla in 8 lotti da assegnare anch'essi tramite gara d'appalto pubblico. Peccato che poi le cose abbiano preso una piega ben diversa. Non è un mistero infatti

La manutenzione non c’è. Il comune prova a risolvere il problema costringendo i singoli municipi a farsi carico di onere eccessivo e che non possono in alcun modo gestire

(come testimoniano gli interventi a più riprese dell'autorità per la vigilanza sui contratti pubblici) che, in molti casi, in luogo della prevista procedura di assegnazione tramite gara, si sia fatto ricorso all'affidamento diretto. E qualora la gara d'appalto


si sia effettivamente svolta regolarmente abbiano vinto offerte fino al 50% inferiori all'importo base dell'asta,un apparente suicidio economico da parte delle società appaltanti. A meno che, durante i successivi lavori di costruzione,non si decida di risparmiare diminuendo le percentuali di legame bituminoso o utilizzando materiali scadenti per gli strati di base del manto stradale. E poco importa se in media 200 persone l'anno perdono la vita a causa di incidenti dovuti al deteriorarsi dell'asfalto. Ma i problemi di malagestione della viabilità a Roma purtroppo non si limitano a quanto detto finora. C'è un'altra spina nel fianco della città eterna che risponde al nome di "mezzi pubblici". é stato calcolato che un automobilista romano passa in media al volante 230 ore l'anno, ovvero l'equivalente di dieci giorni di vita. Se ne deduce facilmente il ruolo fondamentale giocato dai mezzi pubblici nel congestionato scacchiere del traffico capitolino. In questo caso però utilità ed efficienza non vadano esattamente di pari passo. Prendiamo ad esempio la problematica questione dei "pendolari". Essi sono i più usuali utilizzatori dei treni che collegano il centro città con le zone più periferiche e i paesi cir-

costanti e di conseguenza divengono i più vessati dai frequenti problemi che vengono a crearsi, quali fatiscenti condizioni delle carrozze e soprattutto sovraffollamento delle stesse, dovuto principalmente alla frequente soppressione delle corse, causata dalla mancanza di treni in condizioni tali da poter essere effettivamente utilizzati. Esempio ancora più calzante è

Veltroni tentò di appaltare, per un periodo di 9 anni, la gestione delle strade al consorzio di Alfredo Romeo. Un conflitto d’interessi indusse il Tar a sciogliere il contratto

quello delle metropolitane. Roma è dotata di due sole linee, che si estendono complessivamente per un totale di 36 chilometri, una cosa irrisoria se paragonata agli oltre 200 di quella di Parigi e ai 400 di quella londinese. Per questo la giunta



Veltroni aveva deliberato il prolungamento della metro B per un totale di 521 milioni di spesa. Esborso non considerato sostenibile dal successivo sindaco Alemanno il quale, vedendosi comunque costretto a realizzare l'opera promessa dal suo predecessore, al fine di reperire i fondi per essa necessari ha deciso di utilizzare la formula del "project financing": consiste nel concedere la possibilità a società private di edificare in zone periferiche (un milione di metri cubi in totale), purché esse si impegnino a terminare il tratto mancante della linea B. E poco si è badato al fatto che le suddette zone siano già sature e non più in grado di sopportare ulteriori colate di cemento,che metterebbero definitivamente a repentaglio la già scarsa vivibilità attuale. la situazione è persino peggiore per quanto riguarda il completamento della nuova linea C, dove la concessione è stata attribuita tramite affidamento diretto,senza quindi passare per una gara d'appalto. Questo ha permesso alle società concessionarie di avanzare pretese a dir poco folli in cambio della costruzione degli ultimi sette chilometri della futura metropolitana, quali la richiesta di gestione esclusiva della stessa per 35 anni e la possibilità di utilizzare a proprio piacimento

svariati edifici (al momento adibiti perlopiù a caserme) situati in prestigiose zone di Roma quali Prati e Flaminio. A tutto questo va poi aggiunto l'enorme ritardo sulla fine dei lavori, che sono arrivati ormai a costare la bellezza di 250 milioni al chilometro, cifra tre volte superiore a quella spesa dal comune di Torino per la propria linea metropolitana.

La metro B è stata prolungata grazie al “project financing”: le società sono state libere di edificare in periferia purché continuassero i lavori fino a Conca d’oro

Ma d'altronde si sa, al nord ragionano in maniera fredda e distaccata. E poco importa se lo stereotipo ogni tanto viene confermato, tanto i più simpatici rimaniamo sempre noi.


Scandalo Atac, 50 centesimi dopo

Due anni dopo “Parentopoli” i Pm hanno chiuso le indagini: per Visconti e altri sette dirigenti si profila il rinvio a giudizio per abuso d’ufficio di Elisabetta Specchioli

I

n uno dei servizi mandati in onda da presa diretta il 5 febbraio, Lisa Iotti intervistava i lavoratori dell’Atac cercando di capire per quali motivi la più grande azienda di trasporto pubblico italiano non riuscisse a offrire un servizio decente alla cittadinanza. Gli operai si domandavano come fosse possibile che si fossero trovati i soldi per rimpolpare la schiera dei dirigenti, ma non per comprare ad esempio qualche cacciavite in più. Effettivamente è paradossale che un’azienda con un buco di bilancio che oscilla tra i 600 e gli 800 milioni di euro, riesca ad assumere grandi quantità di nuovi impiegati.

Per capire qualcosa in più, è doveroso fare un passo indietro e tornare al 2010, quando la Corte dei Conti e la Procura di Roma aprirono due inchieste sulle modalità di assunzione dell’azienda dal 2004 in poi, ipotizzando il reato d’abuso di ufficio. Indagando, venne fuori che dal 2004 in avanti il comune aveva speso un bel po’ di soldi per la selezione del personale: un totale di 1.855.249 euro destinati dal 2004 in avanti a diverse società che si occupavano della selezione, di cui ottocentomila nel solo trien-

Nel 2010 la Procura di Roma aprì l’inchiesta sulle modalità d’assunzione dell’azienda che da sole avevano assorbito dal 2004 quasi 2 milioni


nio tra il 2008 ed il 2010. Addirittura tre di queste società ottennero l’incarico senza essere neppure accreditate: la Mida Spa, che ricevette 23mila euro nel 2008, la Coritecna che ne ebbe 27.600 nel 2009 e la Asset Mgmt che ne percepì 19mila nel 2006. Per capire per quale motivo le assunzioni venissero gestite non direttamente dall’Atac, ma affidate a altre società, bisogna intraprendere un piccolo viaggio nelle trasformazioni che l’azienda ha vissuto negli anni: nel 2000 Atac decide di tenere per sé solo la proprietà dei mezzi, degli impianti tramviari e filoviari e dei depositi, cedendo il compito di gestire l'esercizio commerciale a delle società concessionarie esterne. Ad esempio la gestione della gran parte del servizio di superficie fu assegnata alla Trambus, società controllata totalmente dal Comune di Roma, le linee periferiche vennero affidate alla Tevere Tpl, società interamente privata e le linee metropolitane andarono alla Me.Tro, controllata al 95% dal Comune. Nel 2010, proprio poco prima che lo scandalo Parentopoli scoppiasse, Trambus e Me.

Nel 2000 Atac decide di tenere per sé solo la proprietà dei mezzi e degli impianti. L’esercizio commerciale passa a società concessionarie

Tro, furono riassorbite da Atac. In questa storia di scissioni e riassorbimenti, non bisogna mai però perdere di vista due punti fermi: che le aziende municipalizzate romane hanno un giro d’affari che si aggira sui 4 miliardi di euro e 31.800 dipendenti

Le aziende municipalizzate romane hanno un giro d’affari che si aggira sui 4 miliardi di euro e quasi 32mila dipendenti

totali e che l’80% dei costi di gestione sono fissi, in quanto relativi in parte al gasolio e in parte al personale. Se questo personale viene assunto con dei meccanismi tutt’altro che cristallini, l’aumento del costo del biglietto ad esempio suona come una vera e propria presa in giro di chi quel biglietto lo deve pagare. A due anni di distanza dall’apertura dell’inchiesta, il Pm


Francesco Dall’Olio e il procuratore aggiunto Alberto Caperna hanno depositato l’avviso di conclusione delle indagini che potrebbe portare al rinvio a giudizio, con l’accusa di abuso d’ufficio, sia nei confronti dell’assessore all’ambiente Marco Visconti, la cui moglie Barbara Pesimena, venne assunta prima in Me.tro e quindi in Atac con uno stipendio da circa 70mila euro l’anno e un incarico di

«capo della Gestione eventi sanitari» sia per sette dirigenti di Me.tro , Trambus e Atac. Chiusa dunque Parentopoli, Caperna e Dall’Olio hanno avviato un nuovo fascicolo d’indagini stralciato dal precedente, concentrandosi sul capitolo appalti, all’interno dell’azienda dei trasporti comunali. Le nuove verifiche riguardano l’acquisto, la manutenzione e le condizioni di sicurezza dei vagoni delle due linee metropolitane che servono la capitale. Secondo quanto ha riportato il

Messaggero «il Pm ha chiesto ad Atac di consegnare agli investigatori il bando della gara del 23 giugno 2010 per l'appalto a soggetti esterni all'azienda per la manutenzione dei vagoni della linea B della metropolitana di Roma nonché della documentazione relativa alla istruttoria svolta alla aggiudicazione della gara alla ditta Bombardier». Al vaglio degli investigatori c’è anche il bando per «servizi di rimorchio pulizia e manutenzione delle vetture di superficie», assegnato alle ditte Drive line service, Ciclat, Cometa, Gommeur

Dopo Parentopoli Caperna e Dell’Olio hanno avviato un nuovo fascicolo indipendente, concentrandosi sugli appalti

e Punto Log. Infine, nuovo oggetto d’indagine è l’installazione di servizi di refrigerazione e l’acquisto di carrozze con aria condizionata. E, come in ogni buon film di

Al vaglio degli investigatori c’è anche il bando per «servizi di rimorchio pulizia e manutenzione delle vetture di superficie»

spionaggio, anche in questo racconto dalla fitta trama c’è la talpa. Ancora il Messaggero: «A denunciare appalti che potrebbero aver scavalcato persino i la-


voratori dell’Atac è stato un dipendente sentito come persona informata sui fatti che ha dichiarato a verbale di riscontrare sistematicamente che la maggior parte delle apparecchiature dei nuovi treni non vengono affidate agli operai Atac che sarebbero perfettamente in grado di effettuare manutenzione nei laboratori a loro disposizione, ma vengono effettuate da una ditta spagnola per appalto». Il colpo di coda degli scandali legati alla gestione dell’Atac dipinge una pennellata importante: il cittadino non è solo raggirato, ma addirittura preso in giro. E i giochi di parole muoiono davanti a quella grande zona grigia che sono gli appalti in Italia e specialmente a Roma; con i suoi 5 milioni di abitanti da gestire, il capoluogo laziale costituisce la più grande stazione appaltante di servizi del Paese. Un vero e proprio portone l’hanno invece aperto le indagini sull’Ama, l’azienda che si occupa della nettezza urbana della capitale. Franco Panzironi, ex amministratore delegato dell’Ama, è indagato insieme ad altri tre imprenditori per presunte irrego-

Le nuove verifiche riguardano l’acquisto, la manutenzione e le condizioni di sicurezza dei vagoni delle due linee metropolitane

larità legate a un appalto di servizi e noleggio di materiale e vestiario dell'azienda municipalizzata capitolina. L'accusa per tutti e quattro è di aver usato «mezzi fraudolenti costituiti da un preventivo accordo» ed in questo modo avrebbero

Il capoluogo laziale, con i suoi 5 milioni di abitanti da gestire, costituisce la più grande stazione appaltante di servizi del Paese

turbato la gara e «predeterminando caratteristiche e tempi di fornitura tali da impedire ad altri concorrenti di presentare offerte concorrenziali». Il Pm Paolo Ielo ipotizza che l’appalto del 2010, del valore di 14 milioni di euro, sarebbe stato assegnato tramite un bando viziato, volto a favorire una ben precisa società, inoltre ha ritenuto sospetti «i tempi molto ristretti di partecipazione»


Di fronte all’aumento a 1,50 euro, ecco l’esito della corsa agli ultimi biglietti a un’euro di metro e bus (Foto: G. Ceglia)


che nei fatti hanno favorito l'Ati, ovvero la società che poi ha vinto la gara. Insomma, stando alla Procura Panzironi avrebbe fatto in modo che ad aggiudicarsi l’appalto fosse un consorzio temporaneo d’impresa, penalizzando e escludendo dalla gara ditte che, tra l’altro, avevano presentato offerte di importo inferiore e quindi più vantaggiose per l’Ama. Panzironi, oltretutto, era stato già indagato nell’ambito di Parentopoli ed è una vera e propria figura chiave che qualcosa dice di Alemanno e della sua gestione della città. Infatti, come si legge su Libero del 18 ottobre «la promozione di Panzironi come amministratore delegato dell'Ama fu fortemente voluta dal sindaco capitolino nonostante le vicissitudini gestionali e giudiziarie del manager che come ex presidente Unire, ente ippico per la selezione e l’incremento delle razze equine, fu indagato e costretto ad andarsene ed è stato alla guida dell'Ama fino alla fine naturale del mandato (agosto 2011). I rapporti con Gianni Alemanno, di cui è un fedelissimo, sono ancora molto stretti: è infatti il segretario generale di

Bandi e appalti viziati: quello dell’Atac non è l’unico scandalo, ma fa compagnia alle indagini sull’ex ad di Ama, Franco Panzironi

Nuova Italia, fondazione che fa capo al sindaco». Il mondo degli appalti è un grande pascolo dove i corrotti si foraggiano abbondantemente e l’aspetto inquietante del discorso è che la corruzione venga considerata come geneticamente correlata a quest’ambito, come una malattia impossibile da debellare, come dire che è essa stessa un sistema di gestione. Peccato che vada sempre a discapito della qualità della vita di chi ad esempio a Roma ci vive.


Il Serale

Settimanale quotidiano*

Coordinatori Lorenzo Ligas, Silvia Fiorito Chiara Esposito

*Un tema a settimana, un aggiornamento ogni sera.


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