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E D I T O R I A L E L’INFORMAFREEMAGAZINE nº 67 – anno XII numero 2 marzo-aprile 2017 ISSN 1828-0722 Editore

GOLIARDICA EDITRICE srl a socio unico sede operativa: I – 33050 Bagnaria Arsa, Italy via Aquileia 64/a tel +39 0432 996122 fax +39 040 566186 info@imagazine.it Direttore responsabile Andrea Zuttion Condirettore responsabile Claudio Cojutti Responsabile di redazione Andrea Doncovio Area commerciale Michela De Bernardi, Francesca Scarmignan, Fabrizio Dottori, Stefano Vascotto Responsabile area legale Massimiliano Sinacori Supervisione prepress e stampa Stefano Cargnelutti Hanno collaborato Vanni Veronesi, Claudio Pizzin, Daniel Blasina, Kristina Frandolic, Paolo Marizza, Vanni Feresin, Margherita Reguitti, Andrea Fiore, Livio Nonis, Cristian Vecchiet, Alfio Scarpa, Michele D’Urso, Michele Tomaselli, Manuel Millo, Andrea Coppola, Germano De March, Alberto Vittorio Spanghero, Renato Duca, Renato Cosma, Germano Pontoni, Isa Dorigo, Sandro Samez, Marianna Martinelli, Irene Devetak Registrazione Tribunale di Udine n. 53/05 del 07/12/2005 Stampato in proprio Tiratura 70.000 copie Credits copertina Luigi Vitale Credits sommario :: MAN Cividale :: :: Michele Tomaselli :: :: Luigi Vitale :: :: Mauro Marcuzzi :: :: Fondazione Aquileia :: © goliardica editrice srl a socio unico. Tutti i diritti sono riservati. L’invio di fotografie o altri materiali alla redazione ne autorizza la pubblicazione gratuita sulle testate e sui siti del gruppo goliardica editrice srl. Manoscritti, dattiloscritti, articoli, fotografie, disegni o altro non verranno restituiti, anche se non pubblicati. Nessuna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta in alcun modo, incluso qualsiasi tipo di sistema meccanico, elettronico, di memorizzazione delle informazioni ecc. senza l’autorizzazione scritta preventiva da parte dell’Editore. Gli Autori e l’Editore non potranno in alcun caso essere considerati responsabili per incidenti o conseguenti danni che derivino o siano causati, direttamente od indirettamente, dall’uso improprio delle informazioni ivi contenute. Tutti i marchi citati appartengono ai rispettivi proprietari, che ne detengono i diritti. L’Editore, nell’assoluzione degli obblighi sul copyright, resta a disposizione degli aventi diritto che non sia stato possibile rintracciare al momento della stampa della pubblicazione.

Cari lettrici e lettori, in questi giorni sono stati resi noti ulteriori risultati del concorso sostenuto dagli insegnanti in tutta Italia per poter accedere all’agognato posto in ruolo. Ulteriori perché visto l’elevato numero dei partecipanti, gli scrutini hanno richiesto mesi. Ma se già lo scorso agosto i primi risultati avevano lasciato perplessi (meno del 45% dei candidati era stato ammesso all’orale), i dati emersi a fine febbraio risultano ancora più sconvolgenti. Nel caso specifico parliamo dei risultati riguardanti le prove per l’insegnamento nei posti comuni delle scuole primarie di tutta Italia. Evitiamo subito i giri di parole: non si è trattato di scrutini, ma di una vera e propria ecatombe. Il 71% (settantuno percento!) dei candidati non è stato ammesso all’orale dopo aver sostenuto lo scritto. Ovvero, due insegnanti su tre – secondo apposita commissione – non hanno le conoscenze/competenze necessarie per insegnare in ruolo nelle scuole primarie, dove peraltro molti di loro attualmente fanno i supplenti. Una situazione ai confini dell’assurdo che, tuttavia, impone una riflessione scevra da giudizi frettolosi, senza nemmeno però derubricare l’accaduto nei meri incidenti di percorso. Come sempre in questi casi, le versioni dei diversi soggetti in gioco sono diametralmente opposte: da un lato i commissari – che attraverso dichiarazioni rilasciate a organi di stampa richiedendo il mantenimento dell’anonimato – denunciano gravi incompetenze linguistiche di base dei candidati; dall’altro lato i candidati che lamentano l’elevata difficoltà dei quesiti di lingua posti, nonché lo scarso tempo a disposizione per le risposte. Uno scenario kafkiano che rinforza le polemiche all’interno del mondo della scuola e lascia allibito il resto della popolazione. Perché un sistema (quello scolastico in questo caso) che giudica dei candidati incompetenti per svolgere una mansione di ruolo che in realtà spesso stanno già svolgendo in qualità di supplenti, è un sistema a rischio implosione. Se il tema in discussione, poi, è l’educazione e la formazione delle giovani generazioni, l’allarme si allarga a macchia d’olio perché coinvolge un altro e più vasto sistema: quello Paese. Nell’era della conoscenza, in cui in un mondo globalizzato il sapere sarà una discriminante decisiva nello sviluppo delle società, quella italiana si trova mestamente messa al muro dai dati crudi delle statistiche internazionali: secondo l’ultimo rapporto OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e Sviluppo Economico), tra i 35 Paesi occidentali presi in considerazione, il nostro è uno di quelli che investe di meno nell’istruzione, risultando peraltro quello con la più alta percentuale in assoluto di insegnanti ultracinquantenni. Non solo: tra i laureati italiani dai 25 ai 34 anni il tasso di disoccupazione risulta uno dei più elevati; mentre siamo indiscutibilmente primi in un’altra graduatoria: quella dei giovani tra i 20 e i 24 anni che non studiano né lavorano né seguono una formazione. Ricapitolando: non investiamo denaro nella scuola, abbiamo una classe docente anziana, a due terzi dei nuovi insegnanti (che peraltro già insegnano alle future generazioni) vengono registrate gravi lacune linguistiche, abbiamo una delle percentuali più elevate di neo laureati disoccupati e quella in assoluto più alta di giovani nullafacenti. Voi quali domande vi porreste? Nel frattempo io mi limito ad augurarvi … buona lettura! Andrea Zuttion



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gennaio-febbraio 2008

| L’INFORMAFREEMAGAZINE

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Il sushi di Oishii è superlativo. E grazie alla loro offerta esci proprio… sazio. Marco Furlani Monfalcone Lo staff del Centro Benessere Dentale è speciale: in particolar modo con i bambini hanno la capacità di farli sentire a proprio agio, comprendendo la delicatezza del momento per chi affronta la sua prima visita. Monica Sossi Trieste

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Intervista a Danilo Fedele, titolare del ristorante “Da Brontolo” ad Aiello del Friuli “Da Brontolo”: come mai questo nome per il suo locale? «Il nome è stato scelto principalmente per due motivi, uno di questi è sicuramente dettato dall’amore e dalla passione per la cucina che rende tutto il personale molto esigente, quasi a non essere mai soddisfatti e sempre alla ricerca della perfezione. Il secondo motivo, non meno importante, è una scelta presa insieme a mia figlia che è sicuramente parte integrante Danilo Fedele della mia vita». Com’è nata e come si è sviluppata la sua passione per la ristorazione? «Sin da piccolo mi sono avvicinato al mondo della cucina e del sapore, sperimentando e inventando sempre cose nuove. Nonostante le tante sfide affrontate per questo lavoro, la passione per il cibo e per la ristorazione a oggi non si è mai affievolita. Dopo gli studi e dopo aver girato per cucine del Friuli Venezia Giulia, ho voluto realizzare il mio sogno aprendo questo ristorante». Che tipo di cucina propone all’interno del suo locale? «Proponiamo ogni giorno menù a base di pesce fresco proveniente principalmente dalla nostra laguna per esaltare i sapori locali. Un menù a base di carne per soddisfare tutti i nostri clienti e, infine, proponiamo anche piatti più semplici e caserecci, per conquistare anche i piccini». La qualità della materia prima quanto è importante per la bontà dei piatti? «Direi che è fondamentale. Il prodotto deve essere sempre selezionato al top, ovviamente valutando con attenzione il costo: per questo è importante puntare su prodotti di stagione». Quali sono a suo avviso i punti di forza della vostra offerta? «Uno di questi è rappresentato proprio dall’accurata selezione dei prodotti. In cucina poi usiamo sempre condimenti semplici per far risaltare la bontà del cibo». Quali sono gli obiettivi per il futuro? «L’obiettivo è uno: migliorare la nostra realtà anno dopo anno, offrendo un servizio sempre di qualità e all’avanguardia per i nostri clienti». Da tempo si è affidato al network di iMagazine per promuovere la sua attività: come mai questa scelta? «Quando si inizia ci si affida a più strumenti pubblicitari per farsi conoscere: con il tempo poi si capisce chi vale e chi no. E iMagazine vale». “Da Brontolo” rientra nel circuito degli iMoneyPartner: come valuta il progetto dei buoni valore iMoney? «Molto positivamente: è uno strumento importante per far conoscere ilL’INFORMAFREEMAGAZINE locale a persone |sempre nuove». gennaio-febbraio 2008 | 11



S O M M A R I O

marzo - aprile 18

L’ANALISI di Paolo Marizza

16 La quarta rivoluzione industriale SAN MARCO IN FVG di Vanni Veronesi

18 Al varco dell’Oriente 22

YEMEN di Michele Tomaselli

22 Un salto nel Medioevo LETIZIA FELLUGA di Margherita Reguitti

26 L’arte dell’incontro MAURO MARCUZZI di Michele Tomaselli

29 Mezzo musicista e mezzo idraulico 26

LUISA CONTIN E AQUILEIA di Andrea Doncovio

32 Capitale morale

CARNIAMUSEI di Margherita Reguitti

37 Patrimonio senza tempo 250 ANNI DI S. IGNAZIO A GORIZIA di Vanni Feresin

29

40 All’origine delle radici

L’ARRIVO DEGLI ALLEATI di Alberto V. Spanghero

43 La corsa per Trieste

CASE E ACCESSIBILITÀ di Massimiliano Sinacori

48 Il diritto all’ascensore 32

VIOLENZA DI GENERE di Andrea Doncovio

50 Persone, non oggetti PASSATO E FUTURO di Manuel Millo

52 Ricordare è amare

LUOGHI ED EDUCAZIONE di Cristian Vecchiet

54 Curare lo spazio per curare se stessi GIOVANI IRRAGGIUNGIBILI di Andrea Fiore

56 Lo spaesamento del progresso LEONARDO BRUMATI a Renato Duca e Renato Cosma

62 Un uomo mitteleuropeo MAURO BUORO di Andrea Doncovio

66 Pedalando verso la vita GIORGIO MAGI di Michele D’Urso

68 Una vita sulla cresta dell’onda CHEF…AME

75 La ricetta di Germano Pontoni 78

e segg. Gli eventi di marzo e aprile


: lettere alla redazione

▲ Cervignano del Friuli – I giovani atleti dell’ASD Karate Strassoldo guidati da Michael Zamaro e Flavio Zamaro. Nelle scorse settimane, oltre all’attività sportiva, il sodalizio ha organizzato a Bicinicco due incontri formativi sul tema della corretta alimentazione (con la nutrizionista Sara Di Palma) e su quello del bullismo (con la psicologa Stefania Tessarin).

▲ Cervignano del Friuli – Il nuovo consiglio direttivo dell’associazione culturale Cervignano Nostra, composto dalla vicepresidente e segretaria Orsola Venturini, dalla tesoriera Luciana Degano e dai consiglieri Patrizia Cudignotto, Luciano Nadalin, Marinella Tolloi, Dorino del Mondo, Stefano Perini e Carlo Tomasin. Nuovo presidente è stato eletto Michele Tomaselli, collaboratore della nostra testata.

▲ Trieste – Cristian Marsic e Daniela Festa, pilota e navigatrice triestini reduci dall’85° Rally di Montecarlo, sono stati ricevuti in municipio dall’assessore comunale allo Sport Giorgio Rossi (in centro nella foto) che ha voluto rivolgere loro un plauso e consegnare simbolicamente il gagliardetto alabardato della città all’’equipaggio ‘tutto triestino’ partecipante a uno dei più prestigiosi e impegnativi campionati mondiali. L’ultima coppia tutta triestina a comporre un equipaggio di rally in gara era stata quella composta da Fulvio Bacchelli e Francesco Rossetti nel 1977 in Nuova Zelanda.

▲ Muggia – Alcuni membri di Rete FVG MARINAS: realtà costituita da pochi mesi, che riunisce sotto un’unica insegna i principali Marina del Friuli Venezia Giulia, per promuovere l’offerta turistica legata alla nautica regionale, attraverso iniziative dedicate ai diportisti. La Rete è guidata da 5 amministratori, uno per ogni area: Giorgio Ardito per Lignano Sabbiadoro e Aprilia Marittima, Fortunato Moratto per San Giorgio di Nogaro, Marano e il fiume Stella, Gennaro Coretti per Grado, Andrea Cugola per Monfalcone, Roberto Sponza per la costa triestina.

▲ Roma – Matteo Trigatti di Lestizza (in centro nella foto) riceve il riconoscimento per il terzo posto al concorso nazionale dell’Unione nazionale Pro Loco d’Italia “Salva la tua lingua locale” nella sezione poesia. Trigatti, ingegnere e presidente della Pro Loco Galleriano, ha presentato i componimenti in lingua friulana ”Las Rives” e “Monts di vaî”. Da segnalare pure la presenza tra i finalisti della sezione poesia di Aldo Polesel di Pordenone, Diego Manna di Trieste e Fernando Gerometta di Udine. I partecipanti sono stati 220 con 550 elaborati inviati da tutta Italia.

▲ Trieste – Il sindaco Roberto Dipiazza ha consegnato la medaglia bronzea del Comune alla presidente dell’Inner Wheel Club, Donata Di Martino Ferli, quale “riconoscimento per la sua costante attenzione ai bisogni della città, concretizzata in numerosi service culturali e assistenziali”. L’International Inner Wheel è la più numerosa associazione femminile di service al mondo, nata in Gran Bretagna nel 1924 da mogli di Rotariani, ma oggi aperta a tutte le donne. Il club di Trieste, fondato nel 1982, è il più datato e il più numeroso del Distretto 206 che si estende nel Nordest Italia, dalla Lombardia al Friuli Venezia Giulia.

È possibile inviare le proprie lettere e i propri commenti via posta ordinaria (iMagazine – via Aquileia 64/a – 33050 Bagnaria Arsa-UD), oppure via e-mail (redazione@imagazine.it).


▲ Udine – Foto di gruppo degli studenti premiati nell’ambito del 12° Concorso Presepi nelle Scuole Primarie e dell’Infanzia del FVG. Il concorso è stato vinto dalla Scuola dell’Infanzia di Ragogna, mentre seconda si è classificata la Scuola Primaria “V. Longo” di Trieste e terza la Scuola Primaria “G. d’Annunzio” di Marsure di Aviano. Premi speciali alla Scuola Primaria “V. da Feltre” di Polcenigo e per la Scuola Primaria “G. Ellero” di Tricesimo. Infine sono stati segnalati i presepi degli istituti Scuola Primaria “E. Fruch” di Blessano-Basiliano, Scuola Primaria di Camino al Tagliamento, Scuola Primaria “R. Pitteri” di Cervignano del Friuli, Scuola Primaria “A. Manzoni” di Cormóns, Scuola dell’Infanzia “Mons. Fain” di Grado, Scuola dell’Infanzia di Ialmicco di Palmanova, Scuola Primaria “C. Colombo” di Pantianicco di Mereto di Tomba, Scuola Primaria “G.B. Cavedalis” di Spilimbergo, Scuola Primaria “V. Gioberti” di Strassoldo di Cervignano del Friuli, Scuola Primaria “G. Mazzini” di Udine e Scuola Primaria “G. Carducci” di Udine.

▲ Aquileia – Cena speciale per Zico (secondo in piedi da sinistra), durante il suo rientro in Friuli lo scorso 16 febbraio. La serata, promossa da Daniele Damele per conto di Friul Tomorrow e AIDO, ha consentito al campione brasiliano di incontrare nuovamente Giada Rossi, medaglia di bronzo alle Paralimpiadi di Rio 2016 nel tennis tavolo, occasione nella quale i due sportivi si erano conosciuti lo scorso settembre. Alla cena erano presente tra gli altri l’artista Giorgio Celiberti, il direttivo dell’Udinese club “Arthur Zico Orsaria” guidato dal presidente Alessandro Scarbolo e da Michele De Sabata, Massimo Medves presidente di Vallimpiadi, l’assessore regionale Cristiano Shaurli e il vicepresidente della Provincia di Udine Franco Mattiussi.

▲ Governador Valadares (Brasile) – Nicole Fedele di Romans d’Isonzo ha conquistato il secondo posto nella finale mondiale di volo in parapendio. L’atleta isontina, a lungo in testa alla graduatoria, ha ceduto il gradino più alto del podio solo nell’ultima giornata di gara.


L’ANALISI DIGITALE E INNOVAZIONE Rubrica di Paolo Marizza

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La quarta

rivoluzione industriale

Stiamo assistendo a un cambiamento epocale che coinvolge stili di vita e concezione del lavoro. Una sfida che le imprese non possono più rimandare: perché si sta trasformando il modo stesso in cui si crea valore.

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Viviamo in un’epoca in cui il cambiamento pervade tutti gli aspetti del nostro vivere e il digitale e l’innovazione diventano il punto di saldatura tra presente e futuro. Il digitale è un grande fattore di cambiamento orizzontale, trasversale a tutti i settori. Cambia tutto in modi imprevedibili: dal manifatturiero industriale ai servizi c’è ancora molta incertezza su quali tecnologie prevarranno, in quale ambito e con quali impatti. La parola d’ordine è trasformazione digitale, il motore del cambiamento, un cambiamento necessario e indispensabile, imprescindibile. Oggi digitale è business e strategia: digitale è il marketing, i pagamenti, la vendita; digitale è anche il futuro di interi settori. Digitale è anche il modo per innovare i processi (nelle risorse umane, negli acquisti, nell’amministrazione, ecc.) in tutte le organizzazioni, pubbliche o private. Tuttavia, non sempre è chiaro che cosa voglia dire davvero digitalizzare: digitale non è sinonimo di “tecnologia”, anzi, proprio per nulla. Digitale è innanzitutto definire nuovi sistemi, nuovi modelli organizzativi e nuovi processi, spesso anche molto diversi da quelli tradizionali che sfruttano pienamente le tecnologie disponibili. Per digitalizzare occorre quindi aver chiari gli obiettivi declinati in sistemi non solo di business, ma anche sociali, in processi che comprimono lo spazio e il tempo in cui si svolgono e richiede di conoscere le tecnologie, seguendone i continui e sempre più rapidi sviluppi. Paradigmatico, in questo senso, è il caso della digitalizzazione dei processi di relazione che supportano le transazioni commerciali verso i clienti e i forni16

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marzo-aprile 2017

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tori. Dalla ricerca e dalla scelta del partner di business (cliente o fornitore), alla definizione di un contratto, all’invio di un ordine, alla gestione della logistica e della fornitura o erogazione che ne consegue, alla fatturazione e relativo incasso/pagamento. Tra i paletti che individuano l’inizio e fine di questi processi c’è spesso un’importante distanza organizzativa, caratterizzata da molteplici passaggi all’interno di funzioni diverse e anche con terze parti esterne all’organizzazione, che implicano interazioni frequenti con la controparte. Per questo motivo finora i progetti di ridisegno dei processi hanno impattato prevalentemente specifiche “fasi” di questa catena di attività oppure solo alcune relazioni particolari.

Un cambiamento epocale Oggi il mondo dell’industria e dei servizi è pesantemente impattato dalla convergenza prima e dalla reale integrazione poi tra le tecnologie di processo (operational technology) e le tecnologie dell’informazione (information technology). Questa integrazione sancisce un passaggio determinante per una visione sistemica del digitale nelle imprese e consente di saldare il mondo della produzione, dell’automazione dei processi a monte e a valle e dei servizi, storicamente e culturalmente separati, con tutte le altre componenti interne ed esterne dell’azienda. Questo passaggio abilita in prima istanza la creazione di nuove forme di efficienza a livello di produzione e di gestione, ma soprattutto consente lo sviluppo di nuovi modelli di business e l’ideazione e creazione di nuovi prodotti/servizi.


L’evoluzione tecnologica oggi consente di digitalizzare quasi tutto, sostanzialmente senza limitazioni funzionali o per categorie di interlocutori, premiando, anzi, chi adotta un approccio ampio ed esteso, guidato da una visione sistemica. E proprio queste considerazioni portano ad affermare che oggi, molto più che in passato, è il tempo di un cambiamento epocale, di una trasformazione pervasiva delle imprese, del lavoro, della società nel suo complesso. Una trasformazione che genera preoccupazioni e ansia sugli impatti che avrà sulle nostre condizioni di vita, a livello micro e macro. La digitalizzazione influisce su tutti gli aspetti della nostra vita: il nostro modo di lavorare, il modo in cui viviamo e il nostro modo di consumare. Nella maggior parte dei settori lo scenario sta cambiando rapidamente e, di conseguenza, costringe le aziende a velocizzare i loro processi e i cicli di vita dei loro prodotti a un ritmo senza precedenti, almeno due/tre volte più veloce rispetto a 20 anni fa. Non solo sono interi settori a essere impattati – come i media e l’intrattenimento, l’energia e la distribuzione, per citarne alcuni – ma sono gli impatti all’interno delle imprese che richiedono velocità di risposta più veloci di sempre.

I modelli di business più colpiti

tri tipi di servizi. Pensiamo solo ai più famosi: Spotify, Netflix, Uber, Airbnb, Amazon, eBay, Facebook, Google, solo per citarne alcuni. Operano in settori diversi e si sono sviluppati in tempi diversi, ma hanno molte somiglianze. Tutti “disintermediano” operatori storici consolidati senza produrre prodotti fisici e senza mai “guardare in faccia un cliente”, ovvero utilizzando connessioni virtuali. Hanno creato piattaforme e meccanismi di connessione in rete efficienti che hanno permesso la condivisione su larga scala di risorse e il coinvolgimento di una molteplicità di operatori terzi e fornitori di prodotti o servizi. Hanno interconnesso persone, aziende e luoghi. Anche i servizi professionali non saranno immuni dalla rivoluzione digitale. Studi legali, consulenti di gestione, architetti, ingegneri, servizi sanitari, revisori, certificatori e altro ancora. Tutti questi servizi professionali stanno diventando sempre più efficienti attraverso l’uso di strumenti digitali, banche dati globali, piattaforme di collaborazione, e soluzioni di comunicazione. Le tecnologie digitali in alcuni casi possono anche automatizzare processi con significativo impiego di capitale intellettuale, cosa impensabile fino a poco tempo fa, e persino sostituire i professionisti. Più spesso, esse consentono a imprese individuali lo sviluppo efficiente di strumenti di lavoro e reti virtuali globali. Anche per questi operatori diventare rapidamente digitali rappresenta una necessità. Infine le imprese manifatturiere. Queste imprese non sono meno colpite dal digitale, anzi le piattaforme digitali con robotica, automazione, stampa 3D, sensori porteranno la quarta rivoluzione industriale (Industry 4.0) che abilita la personalizzazione di massa in un’economia che trascende il tradizionale bilanciamento tra scala e personalizzazione. Questa rivoluzione rompe anche le idee tradizionali del modo di essere e produrre, permettendo la produzione delocalizzata e la presenza su mercati internazionali a basso costo. La sfida per le imprese industriali è duplice. In primo luogo hanno bisogno di abbracciare velocemente il digitale, in secondo luogo, hanno bisogno di affrontare il cambiamento e non stare sulla difensiva. In sintesi, la sfida per tutte le imprese consiste nel riconoscere che il digitale trasformerà velocemente il modo in cui si crea valore. Non è più il tempo in cui si può attendere che l’innovazione faccia il suo corso per poi adottare approcci imitativi: tutti i modelli di business saranno digitali, il digitale renderà ancora più importante la configurazione dei modelli di business e il cambiamento influirà anche sul disegno organizzativo e sulla capacità di integrare i modelli di business nell’ambito di ecosistemi ampi e complessi.

Le imprese devono ripensare il proprio modello di business. Un modello di business si articola in componenti – i prodotti, i servizi, i mercati serviti, i canali per raggiungerli, le competenze, le infrastrutture – che determinano il modo con cui una azienda crea valore per i propri clienti e gestisce i costi di produzione e consegna. Ci sono molti modelli di business differenti e in qualche modo ogni azienda ha il suo. Tuttavia sono quattro i modelli di business che saranno i più colpiti dalla trasformazione digitale. A partire dalle piattaforme di condivisione delle risorse, già diffuse in molti settori. La logica di condivisione delle risorse sfrutta le economie di scala nell’allestimento di un determinato prodotto/processo/servizio riducendo i costi e migliorando l’affidabilità e la qualità allo stesso tempo, attraverso piattaforme tecnologiche condivise. La tecnologia digitale è uno dei principali fattori abilitanti. Se il 20esimo è stato il secolo della produzione di massa di prodotti (dalle automobili in poi), il 21esimo secolo è il tempo della produzione di massa dei servizi. E stiamo solo assistendo all’inizio. Ancora più importante risulterà l’impatto sui servizi di connessione e networking in relazione all’esplosione di servizi di rete abilitati dalle tecnologie digitali. Questi servizi sono presenti in settori consolidati come trasporti, distribuzione organizzata, Paolo Marizza servizi bancari, il funzionamento dei mercati e degli scambi. Ma ora, le tecnologie digitali abilitano Paolo Marizza è Docente DEAMS-Università di lo sviluppo incredibilmente efficace di questi e al- Trieste e Partner di Financial Innovations |

marzo-aprile 2017

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ALLA SCOPERTA DI... SAN MARCO IN FVG Servizio e immagini di Vanni Veronesi

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Al varco

dell’Oriente

Giugno 1420: la Serenissima conquista il Friuli e pone fine al Patriarcato di Aquileia. Prima ancora di consolidare militarmente il nuovo territorio, il doge Tommaso Mocenigo ordina di portare a Venezia un manoscritto cividalese su cui da secoli aleggia una fama senza confini. Dopo averlo consultato con un permesso speciale, iMagazine racconta per voi la storia (e la leggenda) dell’Evangeliario Forogiuliese.

Brandelli di notizie

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«Allora Gesù disse loro: “Come contro un brigante, con spade e bastoni siete venuti a prendermi. Ogni giorno ero in mezzo a voi a insegnare nel tempio, e non mi avete arrestato. Si adempiano dunque le Scritture!”. Tutti allora, abbandonandolo, fuggirono. Un giovanetto però lo seguiva, rivestito soltanto di un lenzuolo, e lo fermarono. Ma egli, lasciato il lenzuolo, fuggì via nudo». Così il Vangelo di Marco (14, 48-52), il più antico dei quattro, descrive l’arresto di Gesù nell’orto del Getsemani; assente in Matteo, Luca e Giovanni, il ragazzino è stato identificato da alcuni studiosi con lo stesso evangelista. Vera o meno che sia, l’ipotesi si incastra con un altro dato: in Atti degli Apostoli 12, 12 si ricorda che nella casa di Marco, o meglio dei suoi genitori, si riunivano

gli apostoli dopo la resurrezione di Cristo, poiché – stando al De situ Terrae Sanctae (p. 141) dell’arcidiacono Teodosio – lì si sarebbe svolta l’Ultima Cena, nonché la discesa dello Spirito Santo durante la Pentecoste. Quest’ultimo evento, raccontato in Atti 2, 1-4, spingerà i primi testimoni di Cristo a uscire dalla clandestinità e a iniziare la predicazione della ‘buona novella’: fra loro ci sarà anche Marco, giovane cugino dell’apostolo Barnaba. Ed è da qui che comincia la nostra storia.

Fra Pietro e Paolo

In ogni grande vicenda di fede c’è un momento di crisi: per Marco, compagno di S. Paolo nel suo primo viaggio missionario, è l’arrivo a Perge, sulla costa meridionale della Turchia. La prospettiva di una vita dedita al proselitismo lo fa tornare a Gerusalemme; così, quando Barnaba propone di richiamare Marco per il suo secondo viaggio missionario, la risposta è glaciale: «Paolo riteneva che non si dovesse prendere uno che si era allontanato da loro A fianco: Padova, Cappella degli Scrovegni, affreschi di Giotto: scena dell’arresto di Cristo. Sopra: Cividale del Friuli, Museo Archeologico Nazionale, Fondo Codici, codice CXXXXVIII: ff. 98v - 99r dell’Evangeliario Forogiuliese (VI sec.). I due fogli erano separati da molti altri: nel 1420, infatti, i Veneziani staccarono la sezione con il Vangelo di Marco (di cui la parte destra riporta la conclusione: Explicit Evangelium secundum Marcum) e la portarono nella Basilica cittadina. Nella parte sinistra si leggono ancora i nomi apposti dai pellegrini in visita ad Aquileia e San Canzian d’Isonzo, quasi tutti di origine germanica (Adelsinda, Teuderico, Everarde…). [Su autorizzazione del Polo Museale del Friuli Venezia Giulia – MiBACT]


Il Carcere Mamertino a Roma, dove furono imprigionati Pietro e Paolo.

[…] e non aveva voluto partecipare alla loro opera. Il dissenso fu tale che si separarono l’uno dall’altro; Barnaba, prendendo con sé Marco, s’imbarcò per Cipro; Paolo invece scelse Sila e partì […]» (Atti 15, 38-40). La frattura si ricompone a partire dal 61 d.C., quando Paolo, che sta scontando la sua prima prigionia a Roma, in Colossesi 4, 10 nomina Marco fra i pochissimi «che hanno collaborato con me per il regno di Dio e mi sono stati di consolazione»: il futuro evangelista è dunque nella capitale dell’Impero, in quel momento guidato da Nerone. Uno o due anni più tardi lo ritroviamo accanto a S. Pietro, sempre nell’Urbe: nella prima epistola il futuro papa lo definisce «figlio mio» (5, 13), tanta è la vicinanza fra i due. Ma nel 64 le circostanze portano Marco a tornare in Oriente: in seguito a un grave incendio che manda in fumo mezza Roma, l’imperatore «fece passare per colpevoli e sottomise a torture raffinate coloro che per i loro delitti il popolo detestava e chiamava Cristiani» (Tacito, Annali, XV 44). Nel 66, durante la sua seconda prigionia, Paolo scrive a Timoteo (II 4, 11), reggente della chiesa di Efeso, per chiedergli di venire a Roma e portare con sé Marco. Ma ormai è tardi: dopo la comune detenzione all’interno del Carcere Mamertino, il 29 giugno del 67 Paolo viene decapitato alle Aquae Salviae, dove oggi si estende il complesso abbaziale delle Tre Fontane, mentre Pietro viene crocifisso a testa in giù presso il Vaticano, laddove sorgerà, secoli dopo, la basilica più importante del mondo. La morte dei due futuri santi lascia un vuoto nelle prime comunità cristiane; a colmarlo è proprio Marco, intraprendendo la scrittura della «buona novella di Gesù Cristo, figlio di Dio»: nasce così il primo Vangelo della storia, base di partenza per gli stessi Matteo e Luca, mentre Giovanni farà storia a sé. Meno di un secolo dopo, i quattro evangelisti saranno così famosi che Ireneo di Lione (130 – 202), nel suo Contro gli eretici, li identificherà nelle quattro figure attorno al trono celeste descritte in una delle visioni dell’Apocalisse (4, 6-7): «Intorno al trono vi erano quattro esseri viventi pieni d’occhi davanti e di dietro. Il primo vivente era simile a un leone, il secondo aveva l’aspetto di un vitello, il terzo aveva l’aspetto di un uomo, il quarto era simile a un’aquila mentre vola». Marco è appunto il

Roma, Basilica di Santa Maria del Popolo: la Crocifissione di Pietro dipinta da Caravaggio.

Venezia, Basilica di San Marco: il Leone, simbolo dell’Evangelista, regge il libro con la scritta Pax tibi Marce, evangelista meus. Venezia, Gallerie dell’Accademia: Il trafugamento del corpo di San Marco del Tintoretto.

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leone, poiché il suo Vangelo si apre con la vox clamantis in deserto di Giovanni Battista, che si leva come un ruggito.

La leggenda medievale

Aquileia, Cripta degli Affreschi all’interno della Basilica di S. Maria Assunta: S. Pietro consacra S. Ermacora vescovo di Aquileia, alla presenza di S. Marco (ph. Wikipedia).

Veduta della Pineta San Marco ad Aquileia: secondo la leggenda, l’Evangelista sarebbe sbarcato qui per convertire al Cristianesimo gli abitanti della città romana.

San Canzian d’Isonzo: frammenti musivi della basilica paleocristiana (VI sec.) dedicata a Canzio, Canziano e Canzianilla, distrutta dagli Ungari nel IX-X secolo. San Canzian d’Isonzo: ciò che resta delle tombe dei martiri Canziani.

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Anno del Signore 828. Due mercanti veneziani sbarcano ad Alessandria d’Egitto per fuggire da una tempesta: si chiamano Bono da Malamocco e Rustico da Torcello. Di fronte alla situazione precaria dei cristiani nella città ormai islamizzata, decidono di compiere un gesto estremo: trafugare il corpo di San Marco, sepolto proprio nella metropoli egizia, e trasferirlo nella sicura Venezia, sorta quattro secoli prima e già diventata potenza marittima. Con l’aiuto dei due custodi greci, Saturanzio e Teodoro, ben felici di fuggire dalle razzie e dalle violenze del Califfo, viene quindi forzato il sepolcro, estratto il corpo e posto in una cesta, ricoperto da foglie di cavolo e quarti di maiale: un ottimo stratagemma per ingannare i controlli delle guardie musulmane, che infatti si ritirano immediatamente alla vista della carne, ritenuta impura. Arrivate in una Venezia entusiasta, le spoglie dell’evangelista vengono poste all’interno di Palazzo Ducale, mentre inizia da subito la costruzione della Basilica che ancora oggi porta il suo nome. Si avvera così, quasi otto secoli dopo, la profezia dell’angelo che, secondo la leggenda, sarebbe apparso a Marco, approdato sulle isole della laguna durante un viaggio da Aquileia a Ravenna, e gli avrebbe detto: Pax tibi Marce Evangelista meus, hic requiescet corpus tuum, «Pace a te o Marco, mio Evangelista, qui riposerà il tuo corpo». Questa vicenda, assieme ad altre riguardanti 182 santi, è narrata nel più celebre best seller del Medioevo: la Legenda Aurea, capolavoro in latino di Iacopo da Varazze (1228 – 1298), che con le sue 1.400 copie manoscritte, le sue dieci versioni in italiano, diciotto in alto tedesco, sette in basso tedesco, diciassette in francese, quattro in inglese, tre in ceco e dieci in olandese, ha letteralmente spopolato in tutta Europa. Secondo Iacopo (cap. 59) «Pietro, vedendo Marco saldo nella sua fede, lo destinò ad Aquileia, dove, predicando il verbo di Dio, convertì alla fede in Cristo un numero incalcolabile di persone. Si dice, inoltre, che lì abbia scritto il suo Vangelo: ancora oggi è esposto nella chiesa di Aquileia ed è oggetto della devozione che merita. Ancora in qualità di beato, Marco inviò da Pietro, a Roma, il cittadino aquileiese Ermacora, che aveva convertito alla fede in Cristo, affinché Pietro lo consacrasse vescovo di Aquileia. Perciò, avendo ottenuto Ermacora l’ufficio del vescovado, con il quale avrebbe governato ottimamente la chiesa aquileiese fino alla cattura da parte dei pagani e al suo martirio, Marco fu inviato ad Alessandria d’Egitto dal beato Pietro e laggiù predicò per primo il Verbo di Dio». Ed ecco che il cerchio si chiude: ma se la storia di Ermacora (e del suo diacono Fortunato) è descritta nei dipinti della Cripta degli Affreschi, all’interno della Basilica di Aquile-


Sopra partendo da sinista: - Cividale del Friuli, Museo Archeologico Nazionale, Fondo Codici, codice CXXXVIII: la preziosa sovraccoperta dell’Evangeliario Forogiuliese [ph. www.ilibrideipatriarchi.it]; - Cividale del Friuli, Museo Archeologico Nazionale, Fondo Codici, codice CXXXVIII, f. 9r: nella prima colonna, alla riga 12, l’Evangeliario Forogiuliese riporta ergo anziché il comunemente accettato autem. [Su autorizzazione del Polo Museale del Friuli Venezia Giulia – MiBACT]; - Cividale del Friuli, Museo Archeologico Nazionale, Fondo Codici, codice CXXXVIII, f. 200r: in fondo alla pagina si legge ancora il messaggio lasciato dall’imperatore Francesco I d’Austria nel 1816. [Su autorizzazione del Polo Museale del Friuli Venezia Giulia – MiBACT] - Venezia, Basilica di San Marco: la sovraccoperta del Vangelo di Marco che, fino al 1420, era all’interno del codice CXXXVIII di Cividale.

ia, che fine ha fatto il mitico manoscritto ancora noto vanni nella versione latina di S. Girolamo, la coai tempi della Legenda Aurea? siddetta Vulgata: quello di Marco, proprio in virtù del suo immenso valore simbolico, nel 1420 fu L’Evangeliario Forogiuliese staccato dai Veneziani e portato nella loro BasiliQuel libro esiste ancora, ma è stato scritto 500 anni ca (dove si trova tuttora), subito dopo la conquista dopo la morte di Marco: particolare importante solo del Friuli. Dal punto di vista testuale, l’Evangeper noi moderni, perché ancora nel XVII secolo era, liario è ancora tutto da scoprire: l’ultima edizione per tutti, il Vangelo redatto dal Santo in persona. For- critica della Vulgata (Weber – Gryson, 1994), fonte di questo prestigio, per secoli fu oggetto di vene- data su oltre 70 manoscritti, non lo prende nemrazione: fra le sue pagine sono ancora leggibili le fir- meno in considerazione, nonostante sia accredime dei pellegrini medievali, venuti da ogni dove per tato come uno dei testimoni più fedeli della Bibammirare il manoscritto e proseguire la loro visita bia latina di Girolamo. Confrontandolo in alcua San Canzian d’Isonzo, dov’erano sepolti i marti- ni passi con l’edizione Weber – Gryson, in effetri Canzio, Canziano e Canzianilla, uccisi nel 304 as- ti, le sorprese non mancano: non di rado il codisieme a Proto e Crisogono. Oltre alla gente comune, ce cividalese si discosta dal testo comunemente non mancano i messaggi dei prìncipi e sovrani euro- accettato e lo migliora sensibilmente. Emblematipei che, dal Medioevo all’Età Moderna, hanno mes- co Matteo 1, 24, dove la congiunzione ergo, ‘dunso le mani sulla più preziosa reliquia del Patriarca- que’, spiega meglio di autem, ‘appunto’, la conseto di Aquileia: da Carlo IV di Lussemburgo (1316 – guenza del sogno di Giuseppe: dopo che un an1378), Sacro Romano Imperatore, a Francesco I d’Au- gelo del Signore gli aveva ordinato di prendere in stria (1768 – 1835). Il volume è oggi conservato nella sposa Maria, egli si svegliò e «dunque» fece quanBiblioteca del Museo Archeologico di Cividale, cit- to richiesto da Dio. Ma al di là delle questioni fità che lo ospita dal Quattrocento: per questo è detto lologiche, sfogliare l’Evangeliario Forogiuliese è Evangeliario Forogiuliese (ms. CXXXVIII). una esperienza impagabile: un tuffo nella storia Il manoscritto, il più antico fra quelli conserva- e nella leggenda in quel Friuli che, anche grazie ti in Friuli Venezia Giulia, secondo gli ultimi studi alla predicazione cristiana di Marco, è stato porta fu vergato a Ravenna negli anni della conquista di dell’Occidente e varco per l’Oriente. Giustiniano, imperatore di Bisanzio dal 527 al 565. Vanni Veronesi Compilato in una meravigliosa scrittura detta ‘onciale’, riporta il Vangelo di Luca, di Matteo e di Gio|

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VIAGGI E METE

YEMEN Servizio e immagini di Michele Tomaselli

Un salto

nel Medioevo

Attualmente è una delle aree più pericolose al mondo. Eppure, prima dello scoppio del conflitto, offriva ai turisti meraviglie dalla storia millenaria. Che anche Pasolini, attraverso la macchina da presa, ha cercato di salvaguardare.

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Le prime pagine dei giornali se ne occupano solo occasionalmente, ma dal 25 marzo 2015 è in atto una guerra sanguinaria nella quale gli aerei dell’Arabia Saudita bombardano Sana’a, la capitale dello Yemen. Uno scenario che finora ha mietuto migliaia di vittime. I dati riportano più di 7.300 morti, 39.000 feriti, 2,5 milioni di sfollati tra cui migliaia di bambini. Un Paese pesantemente martoriato e nel quale tutte le autorità occidentali invitano a non recarsi in viaggio per la pericolosità della situazione (un paio di mesi dopo la mia dipartita due turisti del mio stesso tour operator furono sequestrati). Ecco perché, pensare che quanto ho visto coi miei occhi qualche anno addietro non esiste più, mi spezza il cuore. Condividere uno dei viaggi più belli della mia vita, vuole essere un segno di speranza per il futuro di questo Paese: per non scordare mai come fosse prima che la violenza prendesse il sopravvento.

ra della regina Saba, la donna che mise alla prova Salomone, il terzo re d’Israele. Tra miti e realtà, l’antico testo Gloria dei Re, di Kebra Nagast, riporta che ella, venuta a conoscenza della fama di Salomone, si recò a Gerusalemme per conoscerne la saggezza, finché al suo ritorno in Patria portò un nuovo Dio e in grembo un bimbo, Bayna-Lehekem, il quale una volta cresciuto si recò nella Città Santa scoprendo di essere il figlio di re Salomone. All’epilogo il figlio della regina Saba tornò tra la sua gente con la preziosa Arca dell’Alleanza, il simbolo del legame privilegiato di Dio col suo popolo, e salì sul trono del Regno d’Etiopia con il nome di Menelik I. Mentre l’aereo si abbassa per la fase di atterraggio, ammiro strane case a torre vicine a un cinta muraria che abbraccia gran parte della città. L’impressione suggestiva è quella di volare sul Medioevo… Lo Yemen è un Paese vecchio quanto il tempo, come racconta Marco Polo nel suo Milione. I suoi abitanti venivano chiamati Sabei ed erano abili commercianti di incenso e mirra, e soprattutto i pionieri delle vie carovaniere verso PeDal taccuino di viaggio tra e Gaza. Dal finestrino del Boeing 747 vedo per la prima Subito dopo lo sbarco, alla dogana i funzionari frugavolta San’a: l’antica capitale dell’Arabia Felix e la ter- no ovunque nella mia valigia alla ricerca di quanto vieta il Corano, ma non trovando nulla me la riconsegnano aperta. Fuori dall’aeroporto incontriamo Abdullah, l’autista che ci guiderà durante il tour e, prima di accompagnarci in città, ci illustra le regole di guida yemenite. È un codice della strada piuttosto variegato dove vince sempre il più forte e se un pedone non si sposta dalla strada è peggio per lui(!). Dopo una quindicina di chilometri arriviamo a San’a ed entriamo nella città vecchia. Moravia la descrisse come “una Venezia che affonda nella sabbia”. Aveva perfettamente ragione, i segni del degrado sono ovunSopra: Shaharah, ex residenza segreta dell’Imam. Accanto: venditore nel suq di San’a. 22

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que. Nel 1984 l’Unesco ha lanciato un appello per salvarla, considerandola patrimonio insostituibile dell’umanità. Pier Paolo Pasolini, che nel 1973 vi girò Il fiore delle Mille e una notte, ne rimase ammaliato al punto di non esitare a lanciare un accorato monito, sotto forma di documentario, per salvaguardarla. Io la trovo un trionfo di architettura, una grande città, un labirinto di vicoli stretti e polverosi dove è bello girare senza una meta precisa, gustando il piacere della scoperta. All’interno ci si può fermare per ore a guardare uomini col turbante e gonnellino muniti di jambiya (il pugnale con una lama ricurva inserito in un fodero) o addirittura di kalashnikov, oppure intravedere donne velate di nero o di rosso, così coperte che non capisci da che parte ti guardino. Abdullah mi tranquillizza e mi spiega che per gli yemeniti l’uso delle armi è un fatto di costume profondamente radicato. L’impianto urbanistico è quello della città medioevale, sormontata da torri e mura del XII secolo. L’accesso avviene oltrepassando otto porte, aperte dalle sei del mattino alle sei di sera. Nei secoli gli abitanti di San’a hanno adottato misure di sicurezza per tutelare la propria incolumità; una delle tante obbligava gli stranieri a entrare da un’unica porta, sempre chiusa. Per farsela aprire era necessario tirare una corda e fornire opportune credenziali: solo a quel punto il governatore ordinava di spalancare il cancello. Ci sistemiamo nel nostro alberghetto che qui si chiama funduk. All’interno scopro che le abitazioni yemenite non sono arredate, i tavoli non esistono e ci si siede a terra su cuscini e tappeti. Decido di andare a visitare un museo e di colpo mi accorgo quanto sia impegnativo attraversare la città: bisogna guardare dove mettere i piedi, perché le strade sono zeppe di buche e di cani randagi. All’indomani lasciamo San’a e seguiamo la via per Marib, l’antica capitale dell’Arabia Felix

e la città del Regno di Saba. Il tracciato è una lunga strada di circa 200 chilometri in mezzo al deserto. Viaggiamo su una comoda vettura, Abdullah mi racconta che a lato della strada sono stati scoperti dei giacimenti petroliferi e che l’economia del Paese ruota attorno alla coltivazione del qat, un arbusto le cui foglie vengono consumate come una droga leggera e di cui almeno metà della popolazione è dipendente. Si tratta di una pianta che contiene principi simili all’anfetamina e che agisce, quando masticata, come uno stimolante sulla mente e sul corpo. Maciullata per ore forma una poltiglia verdastra che deforma guance e viso. Oggi le coltivazioni del qat hanno sostituito le piantagioni di caffè e ogni città ha degli spazi per la vendita. Il rito solitamente comincia dopo pranzo, quando le foglie arrivano dalle campagne e finiscono sulle bancarelle. Nel giro di qualche ora, un’intera nazione mastica, sputa e gira con guance rigonfie. La sensazione di essere tornati nel Medioevo la trasmette anche l’applicazione più rigida della sharia, la legge del taglione: occhio per occhio, dente per dente (per intenderci: se ti uccidono un figlio, hai diSopra: suggestiva immagine di San’a dopo il tramonto. Sotto: Marib e le rovine del tempio della regina Saba.

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Barrakesh, una città morta.

Nait, gioiello di architettura yemenita.

ritto di replicare ammazzando il figlio dell’assassino; se vieni accoltellato da un delinquente, ti è concesso di piantargli un pugnale…). È una forma – primitiva – di diritto, che risale al Codice di Hammurabi, una delle più antiche raccolta di leggi scritte dell’umanità. Nel frattempo entriamo nel deserto: il caldo è insopportabile, una deviazione del percorso ci permette di visitare la città morta di Barrakesh, una rocca alta una trentina di metri. Da fuori l’aspetto è imponente, ma l’interno è un cimitero di rovine, tanto che risulta impossibile trovare un angolo riparato dal sole. Tuttavia troviamo qualcosa in vita: gli abitanti del vicino villaggio che ci danno modo di entrare. Riprendiamo la tappa; d’un tratto appare come un miraggio Ma’rib, l’antica capitale del Regno di Saba, oggi un cumulo di rovine. La città vecchia (Arsh Bilqis) ha l’impronta di Kasbah, la tipica architettura araba; all’interno la guida ci consiglia di non allontanarci per evitare situazioni fuori controllo: negli ultimi tempi ci sono stati dei rapimenti. Osserviamo la vecchia diga. Dell’impianto originario (dalle dimen-

sioni di 580 metri di larghezza e 4 metri di altezza), risalente al VII secolo d.C., rimane solo una chiusa. Tuttavia, nel 1986 è stato creato un invaso sul fiume Dhana per ridare vita alla valle. Proseguiamo la visita al tempio del trono di Bilqis (regina Saba) ma, senza accorgermene, è già arrivata l’ora del pranzo. Entriamo in un ristorante, la prima impressione è sgradevole. Un cumulo di sporcizia sprigiona un olezzo insopportabile; la temperatura è torrida. Ci sdraiamo sul pavimento e scopriamo che i giornali sopperiscono all’assenza di tovaglie e le mani rimediano alla mancanza di posate. Consumiamo del pollo alla brace e un intruglio che non so definire. Vorrei ordinare una birra ma l’Islam me lo proibisce. Sulla strada del ritorno ci fermiamo al paesello di Nait, un gioiello di architettura yemenita, con un’importante moschea. Al suo interno beneficiamo dell’ombra e incontriamo dei bambini che ci riempiono di gioia. Rientriamo nella capitale, visitiamo con curiosità i suq di uva sultanina, pietre preziose, oro e stoffe. Gironzolando tra i mercati si ha l’impressione di aver viaggiato indietro nel tempo a quasi 3.000 anni fa, nell’Arabia Felix. La strada verso la modernità non sembra mai essere stata intrapresa, nemmeno il 22 maggio 1990, quando si costituì la Repubblica unita dello Yemen, sulle ceneri dei dissolti stati dello Yemen del Nord (già Repubblica araba dal 1962) e Yemen del Sud (già protettorato britannico, indipendente dal 1967 e Repubblica democratica popolare dal 1970). È un salto indietro nel tempo anche per lo scenario da mille e una notte. Non ci resta che aspettare l’arrivo del tramonto: la luce del cielo è tenue ma ci regala bagliori emozionanti sul caravanserraglio e sulla moschea. All’indomani ci muoviamo verso Amran. La direzione è Shaharah, il “nido delle aquile”, un paesino abbarbicato sulle pendici di due montagne, uno dei villaggi fortificati più spettacolari dello Yemen. Appena usciti dalla capitale ci viene affidata la scorta armata: è una jeep munita di mitragliatrice con sei uomini di equipaggio. C’informano che è una misura di sicurezza contro i pericolosi terroristi. Da questo momento siamo vittime di una girandola di contrattempi, un’odissea senza fine che si conclude con un principio d’incendio nel vano motore. Tuttavia siamo fortunati e riusciamo ad arrivare a Al Gabai, antico centro commerciale. Qui cambiamo il veicolo e procediamo a bordo di un pick-up. È un mezzo speciale adatto a percorrere la terribile pista verso Shaharah. Questa strada è allucinante, piena di precipizi, con l’impressione costante di cadere nel vuoto. All’autista serve concentra-

Una donna nei dintorni di Ma’rib.

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Sopra, la salita verso Shaharah - ex residenza segreta dell’Imam e percorso considerato a rischio - accompazione per condurre il veicolo, la salita è molto stretta e le gnati da una scorta armata (foto in basso).

Cisterne per la raccolta dell’acqua.

ruote danno direttamente sul burrone. A Shaharah, ex residenza segreta dell’Imam, troviamo ospitalità in un fonduq. All’interno il servizio igienico non è altro che un minuscolo buco sopra un terrazzino, ma al contrario la cena è spettacolare. Passiamo la notte in bianco e, alle 6.30, ci alziamo per vedere l’alba. Al crepuscolo Shaharah è immersa in una nebbia fitta e sembra quasi un presepio. Proseguiamo per l’ardito ponte a una sola arcata del XVII secolo e incontriamo una donna yemenita che indossa il niqab. A noi sembra un fantasma. L’indomani percorriamo la pista che conduce a Kawkabahn, a quasi 3000 metri d’altitudine. La fortezza è una città spettrale: le case rimaste in piedi sono poche. Godiamo di una vista sterminata sugli altopiani, sulla città di Thula e sul Jabalan – Nabi Shu’Ayb (3400 metri), la vetta più alta dello Yemen. La roccaforte aveva la scopo di difendere la vicina cittadina di Shibam dalle scorribande nemiche. Così non ci resta che scendere a questo paesello e visitare la sua antichissima moschea. Il giorno dopo ci svegliamo con la preghiera del muezzin e l’«Allah u akbar» («Dio è il più grande»). Raggiungiamo Zabid, un piccolo villaggio rimasto fermo in chissà quale epoca, dove le mandrie vivono libere per le strade e l’asfalto non ha ancora sostituito la sabbia. In mezzo a questo dedalo di polvere e costruzioni bianche si trova quella che fu la casa di Pier Paolo Pasolini. Zabid, nel suo massimo splendore, contava ben 236 moschee (oggi in gran parte distrutte) e decine di scuole coraniche. Inoltre qui s’insegnava un sistema matematico chiamato alJabr, cioè algebra. Si narra infatti che questa parola sia stata coniata da uno studioso del luogo, Muhammad ibn Musa al-Khwarizmi, matematico e astrologo persiano. Il giorno successivo svoltiamo in direzione di Khawkha, piccolo villaggio di pescatori sulla costa meridionale del Mar Rosso. Il clima è molto umido, al limite della sopportazione. Troviamo rimedio passeggiando lungo una spiaggia di sabbia bianca e divorando del pescato. Nella mattinata successiva ci dirigiamo verso nord, in una zona di palmizi circondata dalla barriera corallina. Qui il clima è dolce e ventilato, così decidiamo di solcare il mare con alcune piroghe, mentre più tardi ci dedichiamo alla ricerca dei coralli. La nostra esperienza sta per concludersi. L’ottavo giorno ci trasferiamo ad Aden, il capoluogo del governatorato di Adan. Questa capitale è stata eretta sul cratere di un vulcano spento ed è costituita dall’assembramen-

La cittadina di Shibam.

to di antichi villaggi che si affacciano sull’omonimo golfo dell’Oceano Indiano; è una città moderna sotto l’influsso europeo. Soggiorniamo al prestigioso Hotel International, intestato alla famiglia bin Laden. I proprietari sono molto conosciuti anche nello Yemen, specialmente per i natali del capostipite Mohammed bin Laden, padre dello storico capo di Al Qaeda, nato agli inizi del XX secolo ad Hadramawt, proprio nelle vicinanze di Aden. Prima di abbandonare lo Yemen abbiamo ancora il tempo per visitare la moschea di “Al Janud” – considerata, assieme alla Grande Moschea di San’a e a quella di Shibam, la più antica del Paese –, Shibla, un’altra ex capitale, dove soggiornò la leggendaria regina Arwa e la bellissima fortezza di Wadi Dahr. Michele Tomaselli |

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PERSONAGGI

« L’arte

LETIZIA FELLUGA Intervista di Margherita Reguitti Immagini di Luigi Vitale

dell’incontro

Dopo le esperienze inglesi, la cantautrice goriziana ha conquistato il panorama jazzistico dei principali locali romani assieme a due musicisti di fama. Intanto in FVG il suo Triblend Project è una solida realtà. «Perché la magia della musica è nel suo scambio umano».

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Il recente esordio romano della cantautrice goriziana Letizia Felluga, in trio con Giovanni Ceccarelli al piano e Alessandro Marzi alla batteria, al Margutta Jazz Club, nell’ambito del festival internazionale Round Midnight e al Ballad Caffè, è stato un mix straordinario di empatia umana e musicale, così come una felice contaminazione di generi espressivi. Sul palco di due fra i più importanti locali della capitale e del panorama italiano per la musica jazz e non solo, hanno dialogato in perfetta sintonia tre personalità artistiche con background diversi, ma di alto profi lo musicale e interpretativo. “La vita è l’arte dell’incontro”, recita il titolo di un album di Vinicius de Moraes, Giuseppe Ungaretti e Sergio Endrigo uscito nel 1969; affermazione che meglio di tante parole esprime la naturalezza di questo “trovarsi” che diventerà entro l’anno anche un album. 26

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Letizia, come è nato questo incontro romano? «Il tutto ha avuto inizio lo scorso ottobre grazie a Max De Tomassi, critico musicale e conduttore del programma “Brasil” su Radio 1 Rai. Mi aveva notata sentendomi interpretare brani di bossa nova e di musica brasiliana. Da subito ha creduto nelle potenzialità e complicità musicali che sarebbero scaturite dalla voce e capacità interpretative in dialogo con Giovanni Ceccarelli e Alessandro Marzi. Abbiamo suonato assieme per la prima volta live in trasmissione e abbiamo capito che funzionava. Poi è stato naturale ritrovarsi sul palco del Margutta e del Ballad Caffè». Che tipo di repertorio avete presentato? «È stata una proposta condivisa di brani originali, alcuni scritti da me e dal compositore e pianista Micheal King durante il periodo in cui studiavo e lavoravo a Londra, accanto a composizioni per piano solo di Giovanni. Il tutto inter-


vallato da canzoni di bossa nova e musica popolare brasiliana, con un omaggio scanzonato al grande Lelio Luttazzi. Si è trattato di un repertorio molto vario, assai gradito dal pubblico, con il quale abbiamo tutti e tre avuto la possibilità di valorizzare le nostre peculiarità interpretative con reciproco rispetto e con una divertente complicità espressiva». In questo momento a che cosa state lavorando? «Stiamo lavorando alla preparazione del nostro primo album, che sarà fortemente caratterizzato da ricerca di sonorità nuove e un mood diretto e sofisticato allo stesso tempo. Conterrà nostri pezzi inediti con qualche incursione nel repertorio jazz e della bossa nova». Come defi nirebbe lo stile delle sue composizioni? «Il mio stile rispecchia la mia sensibilità e personalità. I testi sono intimistici e diretti, scaturiscono dal desiderio di parlare al cuore di chi ascolta. La scrittura musicale è immediata nella narrazione di emozioni, seguendo canoni di eleganza essenziale». Questi suoi primi testi sono scritti in inglese, perché? «L’inglese è stato il mio primo strumento di espressione, visto che i brani sono stati scritti nel periodo londinese, quando frequentavo la Goldsmiths University. Ma ritengo che ogni lingua abbia una sua sonorità che può essere sperimentata». Da cosa nasce la sua passione e conoscenza del repertorio brasiliano? «Da un amore di una vita passata (sorride, n.d.r.). La bossa nova è una grande passione musicale, prima del jazz e del soul. Un’attrazione di pelle, istintiva, nata dal piacere di vivere e ascoltare queste sonorità in Brasile durante dei soggiorni con la mia famiglia. Ero molto giovane ma mi è entrata sotto pelle e non mi ha più lasciato. Sono colori e suoni che sento congeniali alla mia sensibilità artistica e caratteristiche vocali. Dall’altra parte la mia anima si trova a proprio agio nell’interpretare canzoni di bossa nova. Genere che è l’espressione di quella saudade, termine intraducibile in italiano, che è raffi nata tessitura musicale di felicità e dolore, di gioia e malinconia». Quali sono le interpreti che sente più vicine? «Sento grande ammirazione e considero dei riferimenti importanti due grandi interpreti del-

Letizia Felluga spazia da testi di sua composizione a classici jazz, dalla bossa nova allo swing, con contaminazioni di soul e di musicalità dal mondo. Nel suo curriculum preparazione accademica e continua ricerca, studi di canto moderno e improvvisazione jazz, in Italia e all’estero. A Londra ha collaborato con il pianista Michael King. Da alcuni anni si esibisce anche in FVG con il Triblend Project. Giovanni Ceccarelli, pianista e compositore, vanta una nomination al Latin Grammy Awards. È collaboratore di artisti di livello mondiale, fra i quali Ivan Lins, Lee Konitz e Enrico Rava. Alessandro Marzi, batterista e percussionista jazz - e non solo - da oltre 20 anni si esibisce in Italia e all’estero. Ha inciso oltre 70 dischi. la scena mondiale diverse fra di loro. Da una parte Joni Mitchell, per la sua forza e originalità di cantautrice sofisticata ma immediata. Ma soprattutto splendida in generi diversi; dal jazz al pop, alla musica sperimentale elettronica. E dall’altra la grande Elis Regina, indiscussa interprete della bossa nova e della musica popolare brasiliana». In Friuli Venezia Giulia lei ha già un gruppo con il quale sta realizzando un progetto… «Da un paio d’anni, con il pianista Alessandro Scolz e il percussionista Mario Castenetto, abbiamo creato il Triblend Project. Un’esperienza molto interessante che ci ha fatto crescere assieme». Cosa significa per lei fare musica? «Ogni volta che si realizza un progetto con artisti diversi si crea qualcosa di nuovo, frutto dello scambio umano e musicale. Si dona e si riceve, si impara e si insegna. È questa la magia della musica. Ogni brano può essere interpretato in tanti modi diversi, così come ogni esibizione è unica e irripetibile». Margherita Reguitti |

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PERSONAGGI MAURO MARCUZZI Intervista di Michele Tomaselli. Immagini d’archivio

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Mezzo musicista

e mezzo idraulico

La scintilla scoccò alle scuole elementari ascoltando Bach, Beethoven e Mozart. Poi l’incontro con la fisarmonica e lo studio delle sue applicazioni nel mondo del jazz. L’inizio di una nuova avventura. Senza però abbandonare l’attività di famiglia.

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Mauro Marcuzzi è un esponente del panorama musicale udinese, dotato di una versatilità non comune, la cui creatività fonde contaminazioni di varia natura. Di professione idraulico, la sua vera passione è la fisarmonica. L’indole per suonarla ce l’ha sempre avuta, anche da ragazzo quando studiava il pianoforte; cavalca con lei gli anni della giovinezza e della maturità, fi no a essere considerato uno stimato fisarmonicista. Il suo guru è stato l’indimenticabile Otello Zuccolo, noto compositore, punto di riferimento per svariati musicisti friulani. Come il grande maestro, anche Marcuzzi si è innamorato delle melodie sudamericane fi no ad approdare ai palcoscenici regionali, regalando sonorità mai scontate e con l’impronta del gusto dolce amaro. Grazie al suo talento e alle sue capacità artistiche, propone repertori che spaziano dalla musica classica al jazz al folk. Ho il piacere di incontrarlo all’osteria Vecchio Stallo di Udine. Mauro, partiamo dalle radici: da che mondo musicale proviene? «Da quello stretto della provincia. Ho vissuto la mia infanzia tra la musica e l’attività termoidraulica di mio padre. Sono cresciuto lavorando

come apprendista idraulico e sperimentando le sonorità di qualche strumento. Ho inteso il piacere di fare musica non solo per crescere culturalmente ma anche per sviluppare la mia creatività. Un piccolo sogno realizzato grazie al cuore di mamma e papà». Quando sono avvenuti i primi incontri con la musica? «Il mio primo avvicinamento fu alle elementari, quando la maestra di italiano mi fece ascoltare Bach, Beethoven e Mozart durante un tema in classe. Questi suoni mi rilassavano e mi stimolavano a scrivere meglio. Seguirono altre esperienze fino a che, molti anni dopo, iniziai a muovere i primi passi nella musica. Successivamente ebbi modo di esibirmi nelle sagre arrangiando le mie prime canzoni. Queste ultime le consideravo come degli abiti cuciti su misura, diverse per ogni occasione. E forse da qui ho compreso la mia geografia musicale». Ovvero? «Arrivai a una svolta. La fisarmonica era uno strumento che mi aveva sempre incuriosito, nonoFoto in apertura: Mauro Marcuzzi, 51 anni, vive a Udine. |

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Mauro Marcuzzi con alcuni amici; a sinistra Michele Tomaselli e Sandro Chittaro, a destra il macellaio Sergio Bogaro, dietro Igino Durisotti stante non apprezzassi quell’utilizzo limitato ai soli accompagnamenti folk e da ballo. Tuttavia il mio interesse crebbe a dismisura quando scoprii che in America la si utilizzava anche per intonare musiche jazz. Molti musicisti statunitensi la trovavano una valida alternativa al pianoforte. Inoltre in alcuni Paesi dell’Est veniva usata per fare musica classica e già da qualche tempo era stata inserita tra gli strumenti didattici dei Conservatori». È in Italia che cosa stava succedendo? «La situazione era controversa e gli accademici la reputavano uno strumento per “vecchi”: uno sminuimento che la portava a essere utilizzata perlopiù nelle sagre. Ma nonostante questa tradizione scellerata, avevo scoperto con sorpresa che le fisarmoniche non erano tutte uguali e cambiavano in base ai generi musicali e alle tradizioni di ogni singolo Paese». La fisarmonica è uno strumento musicale relativamente recente, brevettato nel 1829 a Vienna dal costruttore di pianoforti Cyrill Demian

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Così ci avviciniamo alla fine di questa storia tormentata… «Quando pareva certo che la fisarmonica non interessasse a nessuno dei solisti di fama, apparve il grande Richard Galliano. Ci insegnò che era possibile suonare musiche jazz alla pari di tromba e sassofono. Oggi è ritenuto uno strumento complesso e completo, con cui si può fare ogni tipo di musica: dal folk al classico al jazz e al moderno. La fisarmonica unisce e stupisce ed è in grado di collegare ogni genere, tradizione e innovazione musicale». Lo stimolo decisivo per il suo primo gruppo musicale. «Tra discussioni e suggerimenti nel 1987 diedi vita ai “Music Feel Trio”, un gruppo di tre musicisti, formato da voce, pianoforte e fisarmonica. Riuscii così a coronare il sogno di suonare più generi con la fisarmonica: eseguimmo molti concerti, soprattutto in Austria e nella ex Jugoslavia, riuscendo a vivere di musica». Joe Cocker era un idraulico mancato così come Drupi; ma Mauro Marcuzzi lo è davvero… «Diciamo mezzo musicista e mezzo idraulico… Continuo a portare avanti l’azienda di famiglia: in giro ci sono tanti lavandini da disotturare». Si dice che ogni maestro ha un suo allievo e questo gli diventa infedele perché è destinato anche lui a diventare maestro. Il suo chi è stato? «Devo tutto a Otello Zuccolo e alla sua scuola di musica che per me rappresentano una preziosa eredità morale e artistica. È grazie a Otello se mi sono appassionato al Brasile, un Paese dove l’allegria e il ritmo sono più contagiosi che mai, come dimostrano le musiche e le danze. Un universo variegato ricco di contaminazioni. Lì la musica è spontanea e nasce nel cuore della gente. Forse per questo ho preso moglie brasiliana…» Dopo gli esordi seguirono concerti d’eccellenza e tante iniziative. «Ricordo quando suonavo a Villa Trovatore a Cervignano: il locale era uno dei più gettonati della Bassa Friulana, meta ricorrente di giovani che giungevano da ogni angolo della regione. Poi, mi sono esibito alla Terrazza Mare di Lignano e nei lounge bar, soprattutto il Contarena e il Carmagnola, ma anche il Dolce Vita di Bibione. Ho avuto l’onore di fare musica anche alla Casa Secolare delle Zitelle, in un evento dal profilo didattico e artistico organizzato dal Conservatorio. Ricordo inoltre gli incontri musicali con il fisarmonicista Toni Cuberli e, con altrettanto piacere, la partecipazione al Festival Internazionale di Musica in Quota a Sauris. Nelle varie edizioni ho avuto modo di confrontarmi con i grandi maestri dello strumento aerofono, tra i quali Alexander Skliarov e Peter Soave. Proprio a Sauris (Zahre in tedesco), da un progetto di Denis Biasin, è nata la Fisarmonica Zahre».


Per diventare un musicista non basta saper suonare le note… Il suo è stato un percorso formativo intenso. «Un fisarmonicista è in grado di eseguire qualunque genere. Fino al 2009, invece, io non suonavo i repertori classici: fu questo il motivo che mi spinse a frequentare la scuola del maestro Sebastiano Zorza, un grandissimo della fisarmonica, dotato di capacità comunicativa e di un suono dalle molteplici sfumature. È solo grazie a lui se oggi riesco a interpretare brani classici con una buona virtuosità e se sono riuscito ad apprendere nuove tecniche musicali e strumentali». Cambiamo argomento. Vino e musica: la seconda è davvero in grado di influenzare il primo? «Ascoltare musica mentre si assaggia il vino è un’esperienza che, a mio avviso, aumenta la piacevolezza della degustazione. Proprio per colmare questa esplosione di gusto, assieme all’amico Sebastiano Zorza abbiamo organizzato nel 2016 Wine Music and Friends. Una serata all’aperto fra tanti amici, per abbinare la musica con le degustazioni dei vini. L’azienda agricola “La Luna Storta” di Beatrice Pascolini a Gagliano di Cividale è stata la giusta cornice dell’evento. Tra i protagonisti indiscussi di questa serata anche Marko Feri, un’eccellenza di casa nostra, defi nito dalla stampa americana uno tra i più virtuosi chitarristi classici contemporanei». Recentemente è nato Pietro, che cosa è cambiato nella sua vita? «Ho meno tempo di fare musica, ma la gioia di un figlio non ha prezzo». Ci perdoni una battuta: perché in Italia l’idraulico impersonifica sempre l’amante di mogli infedeli? «Non ho la risposta (ride, n.d.r.). Ma ho scoperto che in altre culture il ruolo dell’amante non è più affidato all’idraulico. Ad esempio nel Regno Unito abbondano le barzellette e gli sketch sul milkman, l’uomo che consegna il latte porta a porta, mentre in Slovacchia il tombeur de femme è il postino». Siamo arrivati alla conclusione. Può svelare ai nostri lettori i suoi prossimi impegni? «Suonare alla Casa Secolare delle Zitelle, riproporre la seconda edizione di Wine Music and Friends, anche aprendo a nuove cantine, ed esibirmi nelle piazze di Udine e Gorizia, magari con l’aiuto di iMagazine». Michele Tomaselli


ALLA SCOPERTA DI... LUISA CONTIN Intervista di Andrea Doncovio

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Capitale

morale

Per il terzo anno consecutivo, Aquileia è giunta nella rosa delle città finaliste per il titolo di Capitale italiana della cultura, mancando però la vittoria. Assieme al suo vicesindaco - e assessore proprio alla cultura - abbiamo cercato di comprendere i motivi dell’insuccesso. Ma anche gli sviluppi futuri di un polo archeologico unico in Friuli Venezia Giulia.

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Vicesindaco Contin, anche questa volta la candidatura di Aquileia a Capitale italiana della cultura non ha ottenuto il successo fi nale: a suo avviso perché? «L’ingresso di Palermo fra le candidate ha creato delle disparità evidenti, è difficile competere con una città così grande. Le altre erano tutte molto più piccole; ora che le città metropolitane potranno accedere al bando, per le piccole non c’è più storia».

Luisa Contin, vicesindaco di Aquileia

Ha delle recriminazioni o è stato fatto tutto quello che si poteva? «Abbiamo lavorato molto, ma avremmo potuto creare migliori sinergie con gli altri poli culturali della regione che hanno molti legami storici con Aquileia, Palmanova e Cividale. Con Grado sarebbe stato impossibile perché la giunta non si era ancora insediata; inoltre una delle idee che abbiamo presentato riguardava l’archeologia pubblica che, forse, non siamo ancora pronti a realizzare come invece si sta facendo in altre Regioni». Quali erano a suo avviso i punti forti del progetto presentato? «Principalmente la forza di un progetto culturale per lo sviluppo, anche economico, del territorio e la coralità che ha contraddistinto la stesura del dossier: infatti i partner di progetto, oltre al Comune, erano la Fondazione (e quindi la Regione) la Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio e il Polo Museale del Friuli Venezia Giulia, la Società per la Conservazione della Basilica (che fa riferimento alla Diocesi di Gorizia), la Provincia di Udine, l’Associazione Nazionale per Aquileia, il Gruppo Archeologico, il Club per l’UNESCO, l’Associazione degli imprenditori e la Pro Loco».


Qui sopra, la Basica di Aquileia (ph. Il Faentino - wikipedia). Nella pagina precedente, in alto una panoramica di Aquiliea (ph. Fondazione Aquileia).

Dopo avere presentato a Roma, all’apposita commissione, il dossier sulla candidatura aquileiese quali erano state le impressioni e i commenti ricevuti? «Qualche settimana prima dell’audizione il Ministero ha fatto incontrare tutte le finaliste ad Aliano in provincia di Matera, qui abbiamo potuto scambiarci informazioni e contatti, ma è importante dire che saremo tutte inserite nella Rete delle città della cultura che ci permetterà di avere visibilità e di partecipare a numerose iniziative culturali. Ho partecipato all’audizione il 10 gennaio assieme al sindaco Spanghero, al direttore della Fondazione Tiussi e all’assessore al turismo Scarel. La mia impressione è stata molto positiva, i componenti della giuria provenivano da ambienti molto diversi e hanno posto numerose domande, anche insidiose, e alla fine ci hanno fatto i complimenti». Senza il contributo da un milione di euro che garantiva la nomina nazionale, il progetto – o almeno parte di esso – potrà comunque essere realizzato in futuro? «Cercheremo altre fonti di finanziamento, assieme alla Soprintendenza, proprietaria dell’Essiccatoio Nord, ma anche assieme agli altri partner con i quali abbiamo condiviso l’idea dell’archeologia come mezzo per educare al patrimonio culturale e la possibilità che Aquileia diventi centro per il dialogo interculturale e inter-religioso. Sicuramente la riqualificazione dell’Essiccatoio Nord rappresenterebbe una vera svolta nell’of-

ferta turistica: sarebbe, infatti il punto di partenza del circuito ideale di visita ai siti archeologici, punto di riferimento anche per i molti studiosi e le Università. L’amministrazione comunale ha già predisposto da tempo i parcheggi e i bagni pubblici nelle vicinanze, la mancata apertura dell’edificio che - lo ricordo - era stato costruito per il Giubileo del 2000, ha determinato un arresto di tutte le progettualità per quell’area, oltre all’inevitabile malcontento della popolazione». Quali sono le prossime azioni che il Comune e tutti gli attori del territorio dovranno compiere per valorizzare il patrimonio archeologico di Aquileia e per potenziare l’offerta turistica? «Molto si sta già facendo per rendere il Museo Archeologico più attraente e accessibile, ma la vera novità è rappresentata dal conferimento alla Fondazione di tutte le aree archeologiche che così saranno fruibili e speriamo anche collegate tra loro. Per quanto riguarda lo sviluppo turistico, sarebbe importante attirare imprese di artigianato, anche artisti e creativi, ma andrebbero soprattutto creati i presupposti per fare in modo che il centro storico abbia degli spazi da dedicare alle imprese turistiche. Sicuramente serve un’attività sinergica del Comune, della Regione e del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e del Turismo per migliorare l’attrattività del sito e permettere ai moltissimi turisti, che oggi visitano i nostri luoghi e poi proseguono verso altre località, di fermarsi e godere delle bellezze ar|

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Gli imprenditori aquileiesi coinvolti nel progetto Aquileia Capitale italiana della cultura.

cheologiche e del paesaggio, anche naturale, della nostra zona». In questi ambiti, attualmente quali sono i principali punti di forza e quali, invece, quelli da rafforzare con più urgenza? «Nel settore turistico gli imprenditori hanno dimostrato grande vivacità e spirito di iniziativa, hanno creato un club di prodotto che si chiama “Aquileia te salutat” e hanno promosso numerosi eventi. Anche altre associazioni si occupano di turismo, per esempio la Pro Loco e il Club per l’UNESCO. Credo, comunque, che la viabilità sia il grande problema: ricordo che la strada

regionale 352 taglia a metà il foro e rappresenta l’unica possibilità per raggiungere Grado provenendo dall’autostrada; i maggiori eventi vengono organizzati d’estate in un momento in cui il traffico su quella strada è particolarmente intenso, lascio immaginare con quali effetti. Una soluzione potrebbe essere la realizzazione della strada denominata “Variante est” che permetterebbe al traffico da e verso Grado di evitare il centro di Aquileia». Secondo lei nel contesto dell’offerta turistica dell’intero Friuli Venezia Giulia quale ruolo potrebbe ricoprire Aquileia?

L’arte del mosaico e la missione verso i giovani Aquileia è anche la città dove risiede Enzo Puntin, 84 anni, tecnico in pensione nel settore elettrico e artista per passione. I suoi mosaici sono esposti in diversi luoghi della regione e hanno varcato in confini nazionali arrivando in Austria, Slovenia, Francia, Costa d’Avorio, Burkina Faso, Egitto e Stati Uniti. Negli anni ha realizzato otto esemplari della croce denominata “Chiave del Nilo”, ma che Puntin preferisce definire “la croce della Chiesa di

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Aquileia”. Tutti sono stati donati ai vari edifici di culto esistenti nel territorio aquileiese. Una di queste croci è stata donata anche ai bambini della Missione della Diocesi di Gorizia in Costa d’Avorio. Lo scorso mese di dicembre a Cervignano del Friuli è stato inaugurato l’ultimo lavoro dell’artista: il secondo dei due mosaici realizzati in favore del Ricreatorio San Michele. L’occasione per fare il punto con il diretto interessato sulla sua attività. Enzo Puntin, cosa rappresentano i due mosaici realizzati per il Ricreatorio San Michele di Cervignano e quale significato ha voluto attribuire loro? «Il primo mosaico rappresenta San Giovanni Bosco, patrono dei giovani: una figura simbolica per un luogo dedicato proprio alla crescita di bambini e ragazzi. Il secondo mosaico, invece, raffigura San Michele, patrono di Cervignano e santo a cui proprio il Ricreatorio è intitolato. Entrambi, commissionati dal cappellano cervignanese don Moris Tonso, sono realizzati con la tecnica del mosaico romano e di quello bizantino. Rivolti verso i campi da gioco, vogliono “pro-


«Non ho alcun dubbio sul fatto che Aquileia sia la capitale morale del Friuli Venezia Giulia: dovrà diventare anche un importante centro turistico se la Regione le dedicherà la dovuta attenzione. La Fondazione attualmente sta svolgendo un lavoro importantissimo, ma serve anche un forte coinvolgimento di altre agenzie regionali che si occupano di turismo». Aquileia è entrata negli ultimi tre anni nella rosa delle dieci finaliste per la nomina a Capitale italiana della cultura: ci riproverete ancora? «Nel 2019 sarà Matera, la capitale europea della cultura, a occupare la scena. Se il bando non cambierà ci saranno pochissime possibilità per i piccoli centri: per quel che mi riguarda non vedo possibilità di successo se il bando rimarrà invariato. Se ci sarà una rete di più centri forse se ne potrà riparlare».

Andrea Doncovio

IL PROGETTO

Il progetto di Aquileia Capitale italiana della cultura 2018 era incentrato sull’archeologia e sulle più moderne tecniche per rendere il patrimonio archeologico meglio fruibile, nonché sul rapporto tra cultura e sviluppo economico. L’idea di fondo è che l’archeologia può essere anche un efficace mezzo di educazione al patrimonio culturale e alla convivenza civile. L’intervento strutturale su cui si concentrava la candidatura era quello della ri-qualificazione dell’Essiccatoio Tabacchi Nord (foto in basso), attualmente in stato di abbandono, costruito per il Giubileo e non ancora ultimato. Il progetto è di utilizzarlo come centro visite, luogo di accoglienza ai turisti, ma anche sede di laboratori per le scolaresche in visita, centro studi, sede della Scuola Superiore Interateneo per i Beni Archeologici o della Biblioteca archeologica, attualmente distribuita in due edifici. Oltre ad Aquileia, le altre città finaliste erano Alghero, Comacchio, Ercolano, Montebelluna, Recanati, Settimo Torinese, Trento, l’Unione dei Comuni Elimo Ericini e Palermo, risultata la vincitrice.

teggere” i giovani durante lo svolgimento delle loro attività». Quello con i giovani è per lei un rapporto privilegiato… «Mi piace stare a contatto con loro perché rappresentano il futuro della nostra società. Quando posso cerco di mettermi sempre a disposizione di attività o momenti mirati alla loro crescita e formazione». Nella “sua” Aquileia collabora da anni con le scuole. «In più occasione sono stato contattato per spiegare agli studenti non solo le tecniche di realizzazione del mosaico, ma anche come si lavorava e si viveva un tempo. Anche una giornalista della tv di Lubiana è venuta a sapere di queste mie attività didattiche: assieme alla sua troupe è giunta fino ad Aquileia per intervistarmi e riprendermi nello svolgimento delle diverse mansioni. Ne è uscito un servizio televisivo che è stato successivamente trasmesso in tutte le scuole slovene». Tra le sue passioni c’è anche quella per i presepi, che lei realizza ogni anno. Quello dello scorso Natale è stato particolarmente provocatorio… «L’avevo realizzato per la mostra di Grado: Gesù Bambino da solo all’interno della mangiatoia

e nient’altro. Volevo trasmettere le difficoltà vissute da tutti i bambini del mondo coinvolti a loro insaputa nelle varie guerre dei grandi. Un tema che anche Papa Francesco ha ripreso durante il Natale. La giunta di Grado ha voluto appositamente menzionarmi con un premio speciale». (a.d.) Nella pagina accanto, Enzo Puntin - primo a sinistra - assieme a don Moris Tonso e alcuni ragazzi davanti al mosaico di San Michele, all’interno del Ricreatorio di Cervignano. Qui sotto, il presepe realizzato da Puntin lo scorso Natale.

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ALLA SCOPERTA DI...

CARNIAMUSEI Servizio di Margherita Reguitti. Immagini per cortesia di Archivio CarniaMusei

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Patrimonio

senza tempo

Un progetto transfrontaliero avviato nel 1998 per valorizzare la cultura del territorio carnico. I cinque musei di partenza sono diventati oggi 32: da collezioni private a esposizioni permanenti, eccole nel dettaglio.

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La Carnia è un territorio misterioso e affascinante; una terra scevra di vanità ma ricca di tesori di cultura con radici nel passato, di vivacità di tradizioni vissute nel presente, di un patrimonio di valori radicati nella sua gente. Il modo migliore per imparare a conoscerla è a piccole tappe, senza fretta, con il desiderio di lasciarsi affascinare dalla bellezza e dall’atmosfera ora malinconica ora gaia. Il viaggiatore amante del passo lento e rispettoso incontrerà così una passione vera e ricambiata. Vi sono vari modi per scoprirla; attraverso i percorsi naturalistici e sportivi, ma anche percorrendo le valli in cerca delle città e delle piccole comunità dove è conservato con cura un patrimonio storico-artistico e di sapienza di mestieri. Non vi sono punti di partenza obbligati; in questo possibile viaggio le indicazioni vengono fornite da CarniaMusei, un progetto avviato dalla Comunità Montana, oggi Unione Territoriale Intercomunale – UTI –, che raggruppa, gestisce e valorizza 32 realtà museali, organizzando anche laboratori e attività didattiche.

Conca Tolmezzina

A Tolmezzo incontriamo due strutture espositive: il Museo Carnico delle Arti Popolari “Michele Gortani” e la Pinacoteca dedicata alla pittrice Cornelia Corbellini. Il primo propone un allestimento dedicato agli arredi di antiche case padronali e di botteghe artigianali, collezioni di dipinti, di maschere carnevalesche, di strumenti musicali e di ex-voto. Una sezione è dedicata a Jacopo Linussio, imprenditore tessile della prima metà del ‘700 che seppe imporsi a livello internazionale. Palazzo Frisacco ospita invece la collezione di Cornelia Corbellini (19192014) pittrice tolmezzina formatasi all’Accademia di Belle arti di Venezia che scelse la Carnia e la sua gente quale tema della propria arte. L’arte contemporanea è protagonista all’Art Park di Verzegnis, esposizione all’aperto di artisti internazionali di arte povera, land art e minimalismo. A Illegio è ancora in funzione il settecentesco Mulin dal Flec dove trovano spazio gli strumenti degli antichi mestieri, mentre a Cavazzo Carnico gli appassionati di vicende belliche della Grande Guerra incontreranno la mostra dedicata al Monte Festa. |

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Di fianco, la mappa dei Musei in Carnia. Pagina accanto dall’alto: - il Museo dell’Orologeria Pesarina a Pesariis; - la galleria De Cillia a Treppo Carnico; - il Museo Gortani a Tolmezzo; - la Mozartina a Paularo. Pagina precedente, il Museo Geologico della Carnia ad Ampezzo.

Val Tagliamento

A Lauco il viaggiatore può conoscere l’antica tradizione delle latterie turnarie dell’altipiano, mentre nella vicina Preone, nel Palazzo Lupieri, esempio di stile carnico a loggioni sovrapposti, si trova “Preone 200 milioni di Anni”, esposizione naturalistica collegata al vicino sentiero attrezzato “Stavoli Lunas”, percorribile in un’ora. Ampezzo ospita il Museo Geologico della Carnia e la Pinacoteca Davanzo. Il primo è un viaggio a ritroso di 450 milioni di anni attraverso la storia geologica della regione, raccontata

dalla collezione scientifica, con la possibilità di sperimentare nello spazio multimediale pensato per bambini e adulti. Marco Davanzo (1872-1953) fu pittore espressionista e personalità artistica di spicco nel panorama internazionale. Nella galleria a lui intitolata sono esposte le opere più significative della sua produzione accanto alla fedele ricostruzione dello studio. A Sauris il Centro etnografico “Haus van der Zahre” organizza mostre temporanee mentre il Centro Storiografico presenta reperti legati alla religiosità locale.


A Forni di Sopra nella latteria Casina di Vico trovano spazio gli attrezzi dei tipici mestieri di borgata alpina.

Val Degano e Val Pesarina

A Cludinico di Ovaro in Val Degano si penetra nelle viscere della terra in un tratto di miniera di carbone ora sede museale, mentre a Ovaro, in località Aplis, è aperto il Museo del legno e della segheria veneziana. Le ceramiche Planelas e Scugjelas sono invece protagoniste a Cella, accanto al Museo della Pieve di Gorto. Dalla Val Degano si passa in Val Pesarina. A Pesariis, accanto alla chiesa, è visitabile Casa Bruseschi, museo etnografico con mobili e suppellettili originali di una ricca famiglia settecentesca. Raccontano trecento anni di storia gli orologi da parete e da torre esposti nel vicino Museo dell’Orologeria Pesarina. Proseguendo in direzione di Sappada, a Forni Avoltri viene proposta la visita alla collezione etnografica “Cemu’ot chi erin” e alla mostra dedicata alla Prima guerra mondiale.

Val But

L’archeologia è ben rappresentata a Zuglio, nel Civico Museo Archeologico “Iulium Carnicum”, dedicato all’organizzazione urbana, sociale ed economica della città romana più settentrionale d’Italia, mentre nell’orto botanico Giardino dei Semplici sono coltivate varietà velenose, mangerecce e officinali. Ad Arta Terme, grazie a una donazione privata, è allestita la Mostra Permanente del Fossile. Lungo la Val Chiarsò si raggiunge Paularo, sede della Mozartina, esposizione di preziosi e antichi strumenti musicali; dall’organo al clavicembalo e al pianoforte. Ritornando a Sutrio, in Val But, è permanente l’allestimento del Presepio di Teno, animato meccanicamente sullo sfondo del paesaggio carnico. A Cercivento la Farie di Checo è una fucina di fabbro del ‘400; a Paluzza la Siê da Fuce

propone una segheria veneziana. Attività sulle quali svetta la Torre di guardia Moscarda. A Timau le vicende drammatiche del fronte durante il primo confl itto mondiale sono testimoniate dai reperti, documenti, fotografie e armamenti allestiti nel Museo Storico “La Zona Carnia nella Grande Guerra”. Nella vicina località Laghetti di Timau, si può visitare il Centro Visite del Geoparco della Carnia, punto informativo multimediale di lettura geologica delle Alpi Carniche, mentre a Cleulis rivive l’antica Latteria turnaria del paese. Il nostro viaggio tra arte, storia, tradizioni e bellezze naturali si conclude a Treppo Carnico nella Galleria d’arte moderna “Enrico De Cillia”, artista e collezionista. Gli spazi ospitano sia la collezione permanente, con opere di artisti internazionali, da Zigaina a Pittino e Sironi, sia mostre a termine, come la recente antologica dedicata al pittore goriziano Cesare Mocchiutti.

CarniaMusei, UTI della Carnia, via Carnia Libera 1944, n. 29, 33028 Tolmezzo. Orari uffici: da lunedì a venerdì dalle 9 alle 13, lunedì anche dalle 14.30 alle 17, tel. 0433 487779. E-mail: carnia.musei@carnia.utifvg.it Web:www.carniamusei.org Facebook:www.facebook.com/carniamusei |

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ALLA SCOPERTA DI...

250 ANNI DI S. IGNAZIO A GORIZIA Servizio di Vanni Feresin

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All’origine

delle radici

Il 24 febbraio 1767 per mano del Principe Arcivescovo Carlo Michele d’Attems e dei vescovi di Concordia, Capodistria e Pedena venne consacrata la Chiesa fortemente voluta dai Gesuiti. Ecco come avvenne la cerimonia.

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“In quest’anno [1615] vennero a Gorizia nel mese d’aprile il p. Teodoro Buseo, superiore della provincia austriaca della compagnia di Gesù coi padri Cristoforo Dombrino, Bartolomeo Villerio e Vitale Pelliceroli, per trovare un luogo conveniente per la fabbrica del collegio che avevano stabilito di erigere in questa città. Essi trovarono lieta accoglienza e gradita ospitalità nella casa del dott. Pompeo Coronini e fratelli: fecero le necessarie perlustrazioni, assunsero i rilievi opportuni e quindi ripartirono. Tre mesi dopo, cioè nel luglio, il p. Vitale Pelliceroli assieme al p. Cristoforo Maier ritornò a Gorizia per stabilirvi una casa di abituale residenza; dopo aver dimorato per due mesi nella casa del dott. Pompeo Coronini […]. In dicembre venne da Vienna il p. Tommaso Polizio e così ebbe principio la residenza con questi tre religiosi; in seguito alla raccomandazione dell’arciduca, essi ottennero dal patriarca d’Aquileia, ordinario diocesano, la facoltà di assolvere i penitenti da ogni caso riservato”. Tratto da Francesco Spessot, in “Primordi, incremento e sviluppo delle istituzioni gesuitiche di Gorizia (16151773)”, in “Studi Goriziani” III (1925), pp. 83-142. A fianco, il conte Attems; sopra, incisione del 1769 tratta dal pontificale romano inerente l’unzione delle dodici croci poste sulle pareti della chiesa.

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La grande Chiesa

La Compagnia di Gesù, voluta fortemente dall’Imperatore Ferdinando II, portò a Gorizia una ventata culturale senza precedenti. Fin da subito si iniziò la costruzione del convento e, pochi anni dopo l’arrivo in città, verrà posta la prima pietra della grande chiesa dedicata a Sant’Ignazio de Loyola, fondatore dell’ordine. Ranieri Mario Cossàr, in “Storia dell’arte e dell’artigianato” del 1948 alle pp. 94 e 95, così racconta: “Finalmente, nel settembre 1654, era stato dato principio all’escavazione delle fondamenta per la grande chiesa barocca, che per il suo assieme dà una viva nota pittoresca alla piazza su cui sorge. In seguito alle dirotte piogge dell’autunno 1655 una gran parte del lato settentrionale di questa si era sfasciata ed era crollata la notte di Natale. L’impresario, del quale non si conosce il nome, aveva dovuto rifare la costruzione a proprie spese. A ispezionare la fabbrica era giunto da Fiume, nel 1656, Bartolomeo Werterleiter, dopo di che erano state poste le fondamenta per le due cappelle laterali. […] Per poter sollecitamente portare a termine la fabbrica della chiesa, Leopoldo I aveva concesso ai gesuiti, nel 1659, un sussidio di cinquecento fiorini annui, per lo spazio di sei anni; tuttavia appena nel 1680 poteva dirsi compiuta la parte muraria. Nell’anno 1685 si era iniziata l’erezione del nuovo edificio scolastico sulla piazza Maggiore, che dopo lo scioglimento dell’ordine doveva venir adibito a caserma […]”.

Cronistoria

Nel 1659 con la spesa di 1.000 fiorini venne eretto dai padri Paolo e Piero Moretti e da Francesco Moisesso un altare marmoreo. Nel 1680 furono completate le volte sopra le quattro cappelle, i corridoi e le gallerie sopra di queste, nonché venne ultimato l’altare del Crocifisso della famiglia della Torre. L’oratorio, situato sopra la sacrestia, venne dipinto nel 1684, quasi in contemporanea allo splendido altare dedicato all’Assunzione della Vergine. L’anno seguente la famiglia Cobenzl fece edificare per 1.048 fiorini l’altare dedicato a San Giuseppe e nel 1686 fu edificato quello in onore di San Francesco Saverio con il lascito di 1.000 corone del-


la famiglia della Torre. L’altare maggiore ligneo venne sostituito nel 1716 dalla spettacolare opera marmorea di Pasquale Lazzarini e consacrato il 31 luglio di quell’anno dal vescovo di Pedena, Giorgio Francesco Marotti, e nel 1717 venne arricchito dai due grandi candelabri di marmo posti sui due gradini. Nel 1721 il pittore e coadiutore laico gesuita Cristoph Taucher, allievo di Andrea Pozzo, dipinse la celeberrima “Gloria di Sant’Ignazio”. I campanili con la cupola a cipolla vennero terminati nel 1725 e la facciata con le statue di Ignazio [al centro], San Giuseppe [a sinistra] e San Giovanni Battista [a destra] fu completata tra il 1724 e il 1725. Nel 1744 venne eretto per lascito testamentario del conte Nicolò Strassoldo un altare bianco con la deposizione di Gesù dedicato alla moglie, Anna baronessa Terzi. Il pulpito di marmo bianco venne donato nel 1750 da Giambattista della Torre ed era costato 2.500 fiorini. Le statue lignee di San Giovanni e Santa Maria Maddalena ai piedi della Santa Croce vennero scolpite nel 1754.

A ricordo della consacrazione

A ricordo della consacrazione avvenuta il 24 febbraio del 1767 venne posta una grande lastra marmorea sulla parete di sinistra al principio della grande navata. I quattro vescovi presenti al complesso rito di consacrazione del tempio furono Carlo Michele d’Attems, primo principe arcivescovo di Gorizia dal 1752 al 1774, Luigi [o in alcuni testi Alvise] Maria Gabrielli vescovo di Concordia dal 1761 al 1779, poi nominato vescovo di Vicenza, Carlo Camuzio [o Camuccio] vescovo di Capodistria dal 1750 al 1776, poi nominato vescovo titolare di Tarso, e Aldrago Antonio de Piccardi vescovo della piccola diocesi di Pedena. Il vescovo de Piccardi fu l’ultimo vescovo di Pedena e la resse dal 1766 al 1784, prima di essere nominato vescovo di Segna e Modruš. Il 19 agosto 1788 con la bolla Super Specula militantis Ecclesiae la diocesi di Pedena venne unita a quella di Trieste e contestualmente incorporata alla neonata diocesi di Gradisca. Il 12 settembre 1791, quando fu ripristinata la diocesi di Trieste, la diocesi di Pedena fu incorporata nella diocesi tergestina.

Il rito di consacrazione

Il rito di consacrazione, complicatissimo e ricco di segni, ebbe i suoi preliminari il giorno 23 febbraio 1767 nel pomeriggio, come prevedeva l’antico cerimoniale, e si protrasse per buona parte del giorno 24 febbraio. Qui di seguito le parti salienti del rito tratte dal pontificale romano dell’epoca.

I preliminari

Alla vigilia della consacrazione il clero della Chiesa e il vescovo consacrante si preparano col digiuno. Pure alla vigilia alcune Sante Reliquie, che in mancanza di un intero corpo di martire, possono essere anche di piccole proporzioni, vengono poste in un cofanetto, con tre grani di incenso, a titolo d’onore, o una pergamena commemorativa. Tali reliquie vengono esposte alla pubblica venerazione in una cappella o tenda fuori dal tempio, e il cero vi officia davanti. La notte passata in preghiera davanti alle Reliquie ricorda le antichissime vigilie colle quali i fedeli si preparavano a celebrare le maggiori solennità. Visitando tali reliquie si acquista un anno d’indulgenza.


polo ebraico che per sette volte girò attorno a Gerico. Mentre si procede in questa parte del rito viene cantato il Miserere e la sua antifona Aspergens me. Dopo il settimo giro il presule procede alla aspersione delle pareti della chiesa da sinistra a destra e poi il pavimento a forma di croce, quindi tornato in centro alla chiesa asperge di nuovo ai quattro punti cardinali. Una delle dodici croci poste sulle pareti della chiesa.

Inizio della cerimonia

La Chiesa da consacrarsi è vuota di ogni suppellettile, gli altari sono spogli di ogni ornamento, gli acquasantieri sono asciutti; tutto a significare il triste stato del mondo prima della venuta di Gesù Cristo. Sulle pareti della Chiesa sono disposte tutt’intorno dodici croci, tre in ciascuno dei punti cardinali; davanti a esse è infisso un bracciale con una candela. Con l’accensione di queste candele comandata dal Vescovo, si inizia al mattino la consacrazione del tempio. Tutti i ministri escono dal tempio: ne rimane a sorveglianza solo un diacono e si chiudono le porte. Il vescovo quindi si reca al padiglione delle reliquie recitando i salmi penitenziali senza le litanie e indossa i paramenti, piviale bianco e mitria.

Traslazione delle reliquie

Terminato il canto del prefazio il vescovo si accosta all’altare, benedice la calce che chiuderà il sacello e quindi insieme al clero si dirige a prendere le reliquie processionalmente. I sacerdoti in pianeta le portano sulle braccia o se il cofanetto è piccolo il Vescovo le porta da solo. Tornati alla porta della chiesa con il clero, il vescovo tiene una esortazione ai fedeli sull’importanza della venerazione e della custodia delle Sante Reliquie, quindi rientra nel tempio e a questo punto vi entra anche il popolo, e il coro festosamente intona l’antifona Ingredimini, Sancti Dei. Il vescovo unge a modo di croce col Sacro Crisma ai quattro angoli il sepolcrino scavato sulla mensa dell’altare, poi vi depone le reliquie e le incensa, unge anche la porta interna della pietra che deve chiudere lo stesso sepolcro. Poi incensa l’altare in tutte le sue parti. Quindi la mensa viene unta dall’Olio dei catecumeni e dal Crisma e quindi incensata nuovamente.

Benedizione dell’acqua lustrale e aspersione Le dodici croci

Terminate le invocazioni il vescovo benedice l’acqua santa, si segna, segna il clero e il popolo e inizia ad aspergere le pareti esterne della Chiesa. Il giro è fatto tre volte a richiamare la triplice immersione. Per tre volte deve tornare dinanzi al portale e battere con il pastorale alla porta principale con le parole “Aprite, o principi, le vostre porte”, ma solo alla terza volta il portale si aprirà.

Dall’altare il vescovo passa di nuovo alle pareti della Chiesa, e poiché le ha finora solo benedette, consacra con il sacro Crisma le dodici croci simboleggianti i dodici Apostoli. Il presule incensa altresì tre volte ogni croce mentre il coro intona il Lauda Jerusalem. Questa unzione è parte principale della consacrazione della Chiesa e per dimostrare ancora più l’intimo legame che unisce il tempio al suo altare, non si vogliono separare le loro unzioni, così all’antifoIngresso nella chiesa na Lapides pretiosi si procede a ungere anche le pareti interAllora la porta si apre e il Vescovo col clero entra e ne del tempio. dietro a loro di nuovo si richiude: il popolo in questa fase del rito rimane fuori. Il presule procede fino al faldisto- Il primo olocausto rio, lì intona il Veni Creator e finito questo si continua Dopo l’unzione delle croci il Vescovo torna all’altare, con le litanie dei santi. lo incensa e lo benedice. Il presule quindi, benedetti venticinque grani di incenso, forma con essi cinque croci sulla La presa di possesso mena dell’altare, ponendone una nel mezzo e le altre ai quatDurante il canto un ministro dispone a terra due li- tro angoli: vi colloca sopra sottili candele parimenti formanee di cenere che si tagliano a croce di Sant’Andrea, te a croce e le accende perché ardano e si consumino insietracciate antecedentemente. Il vescovo, terminate le li- me coll’incenso. Il numero e la forma di croce ricordano il tanie, impugna il pastorale e scrive su una delle stri- Calvario e la sua Vittima colle cinque piaghe sanguinanti, il sce di cenere l’alfabeto greco e sull’altra quello latino. cui sacrificio sarà riprodotto così spesso sull’altare. Ardendo Il significato può rinviare alla riunione di tutti i popo- le croci e l’incenso, il vescovo presenta il primo olocausto a li, diversi per lingua e costumi, nell’unità della Chiesa, Dio sull’altare consacrato. o può rimandare alla presa di possesso e alla delimitazione del terreno che gli agrimensori romani compiva- Ultimi riti no in antichità. Con l’antifona Confirma hoc il vescovo compie l’ultima grande unzione dell’altare con il sacro Crisma, prima la parL’acqua gregoriana te anteriore e poi segnando una croce ai quattro angoli delInizia ora la consacrazione della Chiesa e dell’alta- la mensa. Quindi i suddiaconi lavano bene con spugne e poi re. Il vescovo intona tre volte il Deus in adiutorium con asciugano la mensa e il vescovo si lava le mani, prima strovoce sempre più acuta. Poi prepara la cosiddetta “acqua picciandosi le dita con della mollica di pane. Al termine si gregoriana”, mista a sale, cenere e vino. L’acqua è sim- benedicono i vasi sacri, le tovaglie e tutte le suppellettili in bolo dell’umanità di Cristo, il vino è segno della divini- uso nella chiesa. A questo punto si orna l’altare, si accendotà, la cenere della morte e il sale è il simbolo della incor- no tutte le candele e il vescovo lo incensa e, come prescritto ruttibilità dei corpi. nelle rubriche, se è ancora in forze può celebrare il primo saPoi il prelato traccia con la punta del pastorale una crificio eucaristico solenne, altrimenti sarà un altro presule croce sull’architrave interna della porta e una sulla so- o sacerdote a officiare. glia, quindi procede a consacrare l’altare purificandolo Vanni Feresin con l’acqua, lo asperge per sette volte, a richiamare il po42

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ALLA SCOPERTA DI... L’ARRIVO DEGLI ALLEATI Servizio di Alberto V. Spanghero

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La corsa

per Trieste

Nell’aprile di 72 anni fa le truppe alleate risalirono le località della Bassa friulana e della Bisiacaria con l’intento di giungere nella città giuliana prima dell’esercito jugoslavo. Giorni frenetici che hanno cambiato il corso della storia di questi territori. Come racconta un testimone oculare.

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Erano da poco passate le 13.30 di martedì 1° maggio 1945, quando, attraversato il paese di Papariano e arrivate al ponte sull’Isonzo della statale 14, le autoblindo di testa del 12° Lancieri britannico, in forza di copertura alla Seconda Divisione Neozelandese dell’Ottava Armata angloamericana, dovettero arrestarsi di colpo: il ponte era minato. L’esplosivo era sistemato tutto sotto l’arcata centrale ed era ben visibile. Un gruppo di genieri si affrettò a rimuovere i detonatori e la colonna si rimise in moto. Alle 14 o poco più, oltrepassato il ponte, il generale sir Bernard Freyberg dalla sua jeep rispondeva con un leggero cenno della mano al saluto di manifestanti provenienti da Pieris, Turriaco e San Canzian, che si erano organizzati per l’evento esponendo cartelli e sventolando bandiere rosse e jugoslave. Il Reggimento alleato “Survey”, chiamato Gazzelle, era costituito approssimativamente da trenta ufficiali e 650 soldati. Quando attraversò l’Isonzo non aveva alcuna conoscenza del territorio che andava a occupare. Un caporale inglese annotò sul suo diario personale: “… Siamo sempre stati accolti calorosamente dalle popolazioni civili che mostravano i loro sentimenti applaudendoci, esponendo improvvisate bandiere inglesi e americane; ma quando raggiungemmo il territorio monfalconese non ci fu alcuna manifestazione entusiastica, né le solite bandiere. La gente ci guardava stando immobile ai lati delle strade... pensammo che la nostra avanzata fosse stata troppo fulminea e che li avevamo sorpresi impreparati al nostro arrivo”. Un passo indietro. Nell’agosto del 1944 il maresciallo Tito aveva ottenuto dagli Alleati il riconoscimento di unico leader jugoslavo, per cui non aveva bisogno di trattare alcunché con gli italiani. Di conseguenza, l’annessione di Trieste e del suo territorio sembrava poter essere solo una questione di pura formalità. Il problema, che si era creato nelle formazioni partigiane formate da italiani che combattevano nella Venezia Giulia e nel Friuli Orientale, era diventato un fatto se-

condario di scarsa importanza. Mentre il 20 aprile successivo gli Alleati avevano praticamente liberato tutta l’alta Italia, l’esercito jugoslavo con l’operazione Trieste cercava di conquistare la regione giuliana con chiare intenzioni di annessione. Gli Alleati, accortisi delle intenzioni del maresciallo Tito, che erano quelle di metterli di fronte al fatto compiuto, il 27 aprile si diressero pure loro verso Trieste. Il 29 aprile ci fu la resa del Terzo Reich, che divenne ufficiale il 2 maggio, data che di fatto mise la parola fine alla Seconda guerra mondiale. Questo, in estrema sintesi, il quadro della situazione strategico militare che si presentava nel territorio di Monfalcone alla fine di aprile del 1945. Ai combattenti delle formazioni partigiane italiane venne data l’opportunità di scegliere di combattere o per la Jugoslavia con il Fronte di liberazione sloveno (OF) o per l’Italia. Le formaSopra: Panzano-Monfalcone 1945. Gli effetti disastrosi dei bombardamenti alleati (foto C.C.M. Col. Zanolla); sotto: Ponte sull’Isonzo di Pieris, 1 maggio 1945, ore 13.30-14. Avanguardie della II Divisione Neozelandese entrano nel territorio di Monfalcone (foto C. C. M.).

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zioni partigiane del monfalconese scelsero di combattere a fianco del Fronte sloveno. Altrettanto fecero i comunisti triestini dell’Unità operaia, che uscirono in massa dal C.l.n. italiano per entrare a far parte delle formazioni comuniste filo-jugoslave. E così Trieste, il porto più importante dell’Adriatico, era là come una pera cotta che aspettava che qualcuno andasse a prenderla. Era iniziata quella che fu definita da alcuni storici dell’epoca “la Corsa per Trieste”. Dalla Croazia infatti, puntando verso Trieste, risalivano a marce forzate le brigate della 20a e della 43a divisione jugoslava; da est i battaglioni del nono Corpus partigiano. Da ovest l’8a Armata Britannica, partita da Padova, risaliva velocemente l’Italia del Nord puntando decisamente, senza trovare alcuna resistenza, Mestre, Latisana, San Giorgio di Nogaro, Cervignano e la città dei cantieri: Monfalcone. Nel frattempo a Trieste alcuni presidi tedeschi continuavano a resistere, convinti che la loro vita fosse in gioco: volevano arrendersi agli angloamericani che sapevano essere vicini. Questa situazione diede agli Alleati l’opportunità di infilare, come disse Churchill, un piede nella porta prima che gliela chiudessero in faccia.

L’arrivo degli Alleati in Bisiacaria

Dopo questa breve digressione ritorniamo al ponte di Pieris. Il Comitato di Liberazione Nazionale del Monfalconese era uscito dalla clandestinità il 30 aprile e ora teneva sotto controllo armato tutti i punti strategici della zona. Infatti, ai lati della strada, s’intravedevano alcuni partigiani di guardia che presiedevano il ponte sull’Isonzo in abiti borghesi, con il fazzoletto rosso attorno al collo e il fucile in mano. L’esercito alleato era entrato nella terra bisiaca al saluto, secondo le direttive diramate dai vari

comitati filo-titini del Monfalconese, di “Zivio Tito” e “Zivio Stalin”. Spesso si leggeva anche “Tukaj je Jugoslavia”: “questa è Jugoslavia”. Una colonna lunga chilometri, composta da carri armati, mezzi di trasporto, autocarri, cannoni, ambulanze, mezzi con le vettovaglie procedeva in perfetto ordine e sincronismo mantenendo una velocità stimata fra i 30-40 K/h. La gente, attirata da quel rumore continuo e assordante, correva verso l’stradòn (lo stradone). Abitanti di Pieris dissero che la cosa sarebbe durata un paio d’ore. Durò otto giorni. Il sottoscritto, che allora aveva otto anni, ricorda così quell’evento eccezionale. Era sicuramente il 1° maggio 1945. (Lo seppi solo alcuni anni dopo). Verso le 14 corsi a perdifiato, assieme ad alcuni miei compagni, verso lo stradone di Pieris da dove giungeva un rumore potente e continuo che mi attirava irresistibilmente. Man mano che mi avvicinavo, questo rumore, che non avevo mai sentito prima, aumentava d’intensità. Con il fiato corto arrivai sulla strada e finalmente vidi di che cosa si trattava: una colonna lunghissima di carri armati, camion, jeep, “cingolette” e ancora camion, autoblinda, camion, carri armati, auto della croce rossa e jeep, si snodava in una immensa fila color verde, striata di marrone e grigio. Distanziati l’uno dall’altro di buoni cento metri, i carri armati erano immensi, inarrestabili e paurosi fra le lunghe ali dei platani già verdi di nuove foglie. I soldati dei carri nelle loro divise color kaki, fuori dalle torrette, con gli orecchianti, ci guardavano sorridendo: sembravano dei super uomini venuti da un altro mondo. La forza dell’emozione era tale e tanta da farti dispiccare il cuore. I cingoli mordevano sferragliando senza pietà l’asfalto, cigolando rabbiosi. La velocità era sostenuta e sembrava più a quella di una tappa di trasferimento che a un’azione di occupazione. Arrivavano dal ponte di PieSopra da sinistra: - Ronchi dei Legionari, 1 maggio 1945, ore 14-14.30. Carrista neozelandese dialoga con un partigiano (foto C. C. M.); - Monfalcone, 1 magio 1945, ore 14.30-15. Due immagini delle Truppe della II Divisione Neozelandese mentre sostano nella piazza salutate dalla popolazione con cartelli che inneggiano alla Russia di Stalin e alla Jugoslavia di Tito (foto C. C. M.). Di fianco: cartina delle operazioni militari alleate e jugoslave nell’aprile-maggio del 1945, tratta da: (“I giorni di Trieste”, Casa Editrice Laterza, 2014). Pagina accanto, dall’alto: - San Pier d’Isonzo, marzo 1946. I caporali dell’Esercito inglese, Sullivan e Jones, posti davanti dell’arco di Tito. La scritta sull’arco, riferendosi ai ritratti di Tito e Stalin, dice: “Siano i benvenuti nella nostra regione” (foto tratta da “Le gazzelle fra i bisiachi” di Massimo Mangilli Climpson - Turriaco 1991); - Trieste, 2 maggio 1945, ore 15. Truppe jugoslave e alleate s’incontrano nel centro della città giuliana.


ris e sparivano oltre Begliano rimbombando come un temporale che non vuole andarsene. Della colonna non si riusciva a vedere né il principio né la fine. Una coltre di fumo azzurrognolo serpeggiava sopra le macchine portando con sé l’odore acre dei carburanti. Ai lati della strada c’erano uomini e donne frastornati e tantissimi bambini assiepati che gridavano con le mani tese verso i soldati sorridenti fuori a mezzo busto dai carri armati e dai camion scoperti. I soldati rispondevano ai saluti e ogni tanto gettavano verso i bambini caramelle, arance, dolciumi e cioccolata, provocando furibonde zuffe sia fra i grandi sia fra i piccoli. Io riuscii a prendere due caramelle. Dopo due ore, intontito ma felice, dovetti fare ritorno a casa, dove raccontai tutto quello che avevo visto. Stranamente quella volta mia madre non sembrò preoccupata della mia lunga assenza. Mi ricordo anche, che dei quattro miei compagni ad aver gridato sullo stradone “viva gli inglesi”, “viva gli alleati” ero stato solo io. Passati di slancio i paesi di Pieris e Begliano, un quarto d’ora dopo il generale Freiberg arrivò a Ronchi dei Legionari, dove incontrò alcuni ufficiali in uniforme dell’esercito regolare jugoslavo. Non ci furono né baci né abbracci né strette di mano, ma un semplice saluto a distanza, freddo e distaccato, privo di una qualsiasi formalità. A Ronchi, in mezzo a bandiere rosse e jugoslave spiccava, sventolata da un bambino, una bandierina italiana con lo stemma della Croce sabauda. Dieci minuti dopo la colonna alleata entrava in piazza a Monfalcone dove si stava svolgendo una manifestazione pro Jugoslavia. Fra bandiere rosse e jugoslave si distinguevano tanti cartelli con le scritte: “Viva Monfalcone nella Jugoslavia di Tito”, “Viva l’Armata Rossa”, “Viva Tito” e “Viva Stalin”. Gli Alleati ormai erano coscienti che l’obiettivo principale non era rappresentato dalla liberazione della città dei cantieri, ma dalla presa di Trieste. A Monfalcone gli Alleati persero mezza giornata perché, una volta arrivati in piazza, alcuni ufficiali jugoslavi si precipitarono immediatamente da loro per avvertirli che Trieste era stata già liberata dalle loro armate e che potevano fermarsi e mettersi tranquilli. Gli Alleati scoprirono ben presto che si trattava di un tranello e che quanto dicevano gli ufficiali jugoslavi era totalmente falso. Nel frattempo, le armate jugoslave stavano risalendo a tappe forzate la costa dalmata puntando decisamente sulla città giuliana: la corsa poteva concludersi al photofinish. Non c’era tempo da perdere. Per cui gli Alleati all’alba del 2 maggio ripresero velocemente la marcia verso Trieste. Nei pressi di Duino ci fu un breve rallentamento dovuto a uno scontro a fuoco: allora si disse che a sparare furono truppe tedesche in ritirata. Alcuni storici e testimoni del tempo hanno avanzato l’ipotesi che la sequela dei fatti come quello del ponte di Pie-

ris, minato maldestramente, l’incontro freddo di Ronchi, la menzogna di Monfalcone che Trieste era già stata liberata e il proditorio attacco di Duino, altro non furono che il tentativo messo in atto dai comunisti jugoslavi per fermare, o quantomeno ritardare, la marcia degli Alleati verso Trieste. Alle 15 in punto del 2 maggio i carri armati del 20° Reggimento Corazzato Neozelandese arrivarono nel centro delle città alabardata. Nello stesso momento furono circondati dalla fanteria e dai carri armati jugoslavi. L’incontro fra i due eserciti si era concretizzato, ponendo fine alla “corsa per Trieste” che per il momento poteva dirsi conclusa in parità. Oggi, con il senno di poi, si può affermare che furono solo poche ore di differenza a decidere il destino dei triestini e dei giuliani tra sogno di libertà e incubo. Infatti, mentre i soldati alleati arrivarono come liberatori senza alcuna rivendicazione territoriale, gli Jugoslavi invece sarebbero arrivati come conquistatori con la sicura volontà di annettere Trieste e il suo territorio alla Jugoslavia.

Alberto Vittorio Spanghero

Ricercatore e storico di Turriaco


CONTO TERMICO 2.0

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gennaio-febbraio 2017

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C A S E E ACC E S S I B I L I TÁ

Il diritto

all’ascensore

Rubrica a cura di Massimiliano Sinacori

D I R I T T O

Cosa prevede la legge se un condomino vuole realizzare un ascensore in un palazzo che ne è sprovvisto? E gli altri residenti lo possono poi utilizzare? La giurisprudenza ci aiuta a fare un po’ di ordine…

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Al giorno d’oggi l’ascensore, oltre a costituire un utile strumento diretto a eliminare le barriere architettoniche, può ritenersi un elemento necessario e fondamentale per l’abitabilità di un appartamento. Il codice civile all’art. 1117 ricomprende l’ascensore fra quei beni comuni per i quali sussiste, in virtù della loro funzione idonea al godimento di tutti i condomini, la presunzione di condominialità. Negli edifici di più recente realizzazione l’ascensore è presente quale elemento imprescindibile già nella fase di progettazione delle strutture, pertanto i maggiori problemi sorgono con riferimento a edifici condominiali la cui costruzione non ricomprendeva originariamente la realizzazione di tale opera. Le più recenti pronunce giurisprudenziali in materia condominiale hanno delineato un evidente ampliamento del diritto del singolo condomino all’installazione di un ascensore nel proprio condominio che ne sia ancora sprovvisto. L’installazione ex novo costituisce una innovazione per la quale, ai sensi dell’art. 1120 c.c., è previsto un regime attenuato di maggioranze ai fini dell’approvazione in assemblea per la realizzazione della nuova opera. Tale disciplina è frutto di una costante evoluzione sia del diritto positivo che di quello giurisprudenziale. Il primo passaggio significativo è stato compiuto con l’introduzione da parte del legislatore dell’art. 2 della Legge n. 13 del 1989, riguardante le “Disposizioni per favorire il superamento e l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati”. La norma in questione dispone che la decisione di installare un ascensore condominiale possa essere adottata ai sensi dell’art. 1136 secondo e terzo comma del Codice Civile, che prevede: in prima convocazione, la validità della deliberazione qualora venga riportato un numero di voti che |

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rappresenti la maggioranza dei partecipanti e almeno la metà del valore dell’edificio, in seconda convocazione, la maggioranza si abbassa a un terzo dei condomini e quantomeno un terzo del valore dell’edificio. La portata di tale norma è stata poi estensivamente ampliata dalla sentenza n. 14786 del 2009 della Corte Costituzionale. Con questa pronuncia la Corte ha avuto modo di chiarire il contenuto del primo comma dell’art. 2 della Legge n. 13/1989 precisando che l’abbassamento del quorum richiesto per l’installazione dell’ascensore trovi applicazione non solamente in presenza di disabili residenti nel condominio ma anche quando l’innovazione stessa possa favorire l’eliminazione di barriere architettoniche presenti nell’edificio. La Corte operando questa interpretazione della normativa ha mosso i primi passi importanti verso il riconoscimento di un vero e proprio diritto dei disabili ad accedere senza difficoltà a tutti gli edifici e non solo alla propria abitazione. Questo orientamento si è consolidato con la sentenza n. 10852 del 16 maggio 2014 con cui la Corte di Cassazione ha ritenuto legittima l’installazione di un ascensore esterno, avvenuta senza previa deliberazione, le cui spese sono state integralmente sostenute dal condomino disabile che ne ha disposto la realizzazione. Leggendo della sentenza in questione si coglie chiaramente come questa decisione sia il frutto di una evoluzione giurisprudenziale orientata a dare maggiore tutela alle persone diversamente abili. Un passaggio importante della motivazione contenuta nella sentenza si richiama proprio a un precedente, dove la stessa Cassazione rilevava che: “in tema di condominio, l’installazione di un ascensore, al fine di eliminare le barriere architettoniche, realizzata da un condomino su parte di un cortile e di muro comuni, deve considerarsi indispensabile ai fini dell’accessibilità dell’edificio e della reale abitabilità dell’appartamento”, con la conseguenza che, “ove siano rispettati i limiti di uso delle cose comuni”, tale facoltà possa configu-


rare un vero e proprio potere ai sensi dell’art. 1102 c.c. Ciò in deroga alle norme sulle distanze previste dai regolamenti edilizi, ex art. 79 TUE. (cfr. Cass. n. 14096/2012) Fermo restando l’importanza di tale pronuncia, che anche chi scrive condivide pienamente, è bene ricordare che tutti i diritti, come anche quello di cui si tratta, sono soggetti a dei limiti che è bene conoscere e tenere presenti. Nel caso di specie, il diritto all’installazione di un ascensore deve misurarsi con tre categorie di limiti: la disciplina della destinazione delle parti comuni, le norme sul decoro architettonico e, infine, il diritto di luci e vedute. Poiché l’ascensore rientra fra le innovazioni di cui all’art. 1120 c.c., proprio ai sensi del quarto comma di tale disposizione, la realizzazione dell’opera è vietata quando la stessa possa rendere talune parti comuni inservibili all’uso o al godimento anche di un solo condomino. La giurisprudenza sul punto ha precisato che l’installazione debba considerarsi illegittima solamente nel caso in cui abbia determinato la concreta inutilizzabilità di una parte comune secondo la sua naturale fruibilità. Per quanto attiene il limite del decoro architettonico, l’innovazione può essere impedita soltanto se l’alterazione dell’edificio determini un reale deprezzamento dell’edificio, e anche in questa ipotesi la diminuzione di valore andrà, in ogni caso, comparata all’utilità rappresentata dalla realizzazione della nuova opera. È altresì pacifico che ove la modificazione non arrechi alcun tipo di pregiudizio economicamente valutabile, l’installazione non possa essere impedita per ragioni di natura meramente estetica. Il limite più significativo è rappresentato da quei diritti che sono strettamente connessi al diritto di proprietà, in quanto i poteri dell’assemblea non possono certamente invadere le sfere di proprietà dei singoli condomini. Va evidenziato che le spese per la manutenzione dell’opera vanno sostenute, secondo le previsioni dell’art. 1121 c.c., dai condomini che hanno provveduto alla realizzazione e per l’effetto ne hanno acquisito la proprietà, fermo restando che l’uso può essere comunque consentito anche ai condomini originariamente dissenzienti, che abbiano successivamente manifestato la volontà di usare l’ascensore, provvedendo alla proporzionale partecipazione delle spese per l’installazione e per la manutenzione.

Massimiliano Sinacori Per approfondimenti ed esame di alcune pronunce e della casistica in materia è possibile rivolgere domande od ottenere chiarimenti via e-mail all’indirizzo  massimiliano@avvocatosinacori.com |

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VIOLENZA DI GENERE

Rubrica a cura della Polizia di Stato della Provincia di Gorizia

P O L I Z I A D I S TA T O

Persone, non oggetti Sul nostro territorio opera una Rete composta da realtà istituzionali e associative che mira a tutelare le vittime della violenza di genere. Ecco come opera. Cercando di investire anche sulla prevenzione e sulla formazione di una nuova cultura. Sul territorio locale che dimensioni assume il feGarantire una tutela particolare ai soggetti deboli, quelli cioè non in grado di porsi a nomeno della violenza di genere? «Nella provincia di Gorizia riceviamo quasi un un livello di parità contro i loro maltrattanti. Su queste basi si è sviluppata e potenziata la le- centinaio di segnalazioni all’anno, con livelli diversi di gislazione a contrasto della violenza di gene- gravità. I numeri però sono molto generici: al di là delre: un tema tragicamente attuale in Italia e, la singola denuncia dobbiamo considerare che non conseguentemente, anche nel nostro terri- tutte le situazioni hanno uno sbocco giuridico conclutorio. Il dottor Claudio Culot, Dirigente della dendosi con un processo. I numeri della polizia sono Squadra Mobile della Questura di Gorizia, ci legati in prima battuta alla realtà dei nostri intervenaiuta ad analizzarlo nel dettaglio e compren- ti presso i luoghi in cui vengono commesse le violendere tutte le azioni messe in campo per con- ze e, in seconda battuta, alle denunce che vengono presentate. Tuttavia ci possono essere anche altrastarlo. Dottor Culot, proviamo a delineare il fe- tri sbocchi». Cosa intende? nomeno: cosa si intende per violenza di «Di fronte, ad esempio, a liti in famiglia possono genere? «Oggi l’ordinamento giuridico italiano per- essere attivate segnalazioni ai servizi sociali o al Trisegue penalmente una diversità di condotte: bunale dei Minori. E tutto questo è possibile grazie al mentre in passato veniva punita solo la violen- funzionamento di una Rete che coinvolge istituzioza fisica, l’evoluzione normativa consente ora ni e associazioni che operano quotidianamente per di intervenire sia di fronte alla violenza psico- fornire aiuto e risposte alle persone vittime di violenlogica – che turba i comportamenti e lo stile za di genere». Come opera questa Rete? di vita di chi la subisce, modificandone i com«Per rispondere mi aiuto con un altro esempio: la portamenti – sia di fronte alla violenza assistita, che riguarda coloro – molto spesso mino- Rete è come una circonferenza nella quale si può ri – che vivono nella casa del maltrattante e entrare da qualunque punto, ma il percorso che si sono costretti ad assistere a questi episodi». deve compiere è comunque circolare e quindi si arriva sempre allo stesso obiettivo. Su questa circonUno sviluppo normativo decisivo. «Già agli inizi degli anni ’60 la Polizia di ferenza si collocano diversi soggetti: le associazioni Stato aveva attivato la cosiddetta “Polizia antiviolenza (come ad esempio “SOS Rosa” di Gorifemminile”, destinata a occuparsi proprio di zia e “Da donna a donna” di Ronchi dei Legionari); il queste due categorie – le donne e i minori – Consultorio, luogo dove meglio si intercettano detersotto il profilo dei reati da loro commessi, ma minati disagi o situazioni; l’Azienda per l’assistenza anche subiti. Una sensibilità particolare nei sanitaria, che negli ospedali di Gorizia a Monfalcone confronti dei soggetti deboli che ora anche ha realizzato la “Stanza Rosa”, luogo dedicato in cui la vittima di violenza viene accolta e protetta, lontal’ordinamento giuridico promuove». 50

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na da chi l’ha maltrattata. Senza scordare il ruolo dei Servizi sociali, del SerT e del CSM». Una Rete a 360 gradi.

«Non solo. In provincia di Gorizia abbiamo attivato anche un Protocollo specifico per la violenza sessuale, con il coinvolgimento delle Procure della Repubblica del Distretto, l’Azienda sanitaria e l’Ospedale materno-infantile Burlo Garofolo di Trieste». In cosa consiste questo Protocollo?

«Prevede un’apposita procedura da seguire nell’ambito degli accertamenti sanitari post violenza per la conservazione di reperti o l’estrapolazione di profili del DNA e di altre tracce biologiche, indispensabili in fase processuale per la condanna del responsabile». All’interno della Rete qual è il ruolo delle Forze dell’Ordine?

«Oltre all’attività di primo intervento sul posto, nell’ambito della Divisione Anticrimine la Polizia di Stato ha attivo l’Ufficio minori, più votato alla raccolta statistica dei fenomeni e al rapporto con enti come le scuole per diffondere quanto facciamo. L’attività investigativa vera e propria viene invece svolta dalla Squadra Mobile, la Seconda sezione nel nostro caso, che tratta i reati contro la persona ed è specializzata nella cura di questo fenomeno».

Il dottor Claudio Culot soggetti. Un ruolo importante viene inoltre svolto dai consultori familiari, in grado di poter individuare per tempo situazioni a rischio in contesti di disagio familiare».

A proposito di contesti, quali sono quelli più a rischio?

«In realtà la violenza di genere è un fenome-

Secondo le statistiche, le denunce degli epi- no trasversale sia per età che per fasce sociali. sodi di violenza di genere sono in aumento. Il problema sorge quando l’individuo, il più delle

«Un risultato importante, frutto anche del lavoro di sensibilizzazione svolto da tutti gli attori in gioco. Tanto che a venire denunciati non sono solo fatti recenti, ma anche episodi avvenuti in passato. Grazie a questa nuova consapevolezza e all’attività della Rete, inoltre, si riduce il cosiddetto senso di “vittimizzazione secondaria”».

volte la donna, non viene considerato una persona da rispettare ma un oggetto da possedere. Non a caso il momento più critico è la fine di una relazione: non potendo più possederla, il maltrattante usa la violenza contro la vittima. Ecco perché è fondamentale operare anche a livello culturale: solo educando al rispetto della persona, Di cosa si tratta? fin dalla giovane età, si potrà avviare un efficace «Talvolta, dopo aver denunciato il reato, le vit- percorso di prevenzione». time subiscono un’ulteriore vittimizzazione inAndrea Doncovio contrando persone insensibili all’accaduto o subendo atteggiamenti persecutori da parte della famiglia o venendo costrette all’isolamento sul luogo di lavoro. Accompagnandole invece duNUMERI UTILI rante l’intero percorso che dopo la denuncia le E DI EMERGENZA condurrà alla fase processuale, si riesce a dar loro sicurezza e forza. Ecco perché giova molPolizia di Stato 113 Soccorso pubblico di Emergenza to avere a disposizione delle strutture protette in cui, grazie alle associazioni, le vittime possono 118 Emergenza medica accedere e ricevere maggior tutele». Nell’ambito della prevenzione della violenza di genere, invece, quali azioni vengono messe in campo?

«In questo caso è importante agire su tutti i soggetti, a iniziare dai maltrattanti. In Friuli Venezia Giulia esiste un apposito gruppo che opera con gli autori di maltrattamenti, spesso persone che accettano la violenza come stile di vita. Attraverso un percorso si cerca di condividere attività volte alla prevenzione e al recupero di questi

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Carabinieri

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Vigili del Fuoco

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Guardia di Finanza Corpo forestale dello Stato

1515 Emergenza ambientale Capitaneria di Porto

1530 Emergenza in mare

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PASSATO E FUTURO

Ricordare è amare

Rubrica di Manuel Millo

S O C I A L E

Le nostre esperienze passate possono rivivere concretamente o di per sé rammentarle altera in qualche modo le linee di origine? Una risposta non scontata, che aiuta a comprendere meglio la nostra quotidianità.

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Come possiamo dire che le cose sono e in modo particolare sono esistite nel momento in cui non ci sono più? Interessante dubbio filosofico. Potremmo fare una carrellata di esempi per andare a disquisire la tematica dell’esistenza e dell’esperienza, tanto cara al modello Kantiano e non solo. Eppure, in realtà, il viaggio in questa linea attraversa tale orizzonte per intrecciarsi a quello dell’amore. Prima di tutto osserviamo attentamente il concetto di esistenza e di esperienza. Una cosa davvero esiste solo per il fatto che io ne faccio esperienza? E soprattutto, dopo che ne ho fatto esperienza io sono sempre il medesimo oppure quell’evento e/o quella persona mi hanno cambiato in profondità? Diversamente, dopo quell’accadimento, non solo non sono stato toccato ma ne ho perso addirittura il ricordo? Dunque cosa vuol dire fare esperienza di un ricordo? Può davvero essere o rivivere concretamente quel passato? O il ricordo di per sé in qualche modo altera le linee di origine? La scienza su questo darebbe posizione affermativa. E se i ricordi non ci sono o si perdono nella dimenticanza del quotidiano? Ricordare significa avere un’impronta di una singola vicenda o di un complesso di vicende e di esperienze del passato conservate nella coscienza e rievocate alla mente con più o meno intensa partecipazione affettiva. Così lo definirebbe qualsivoglia dizionario in commercio. Ma quali emozioni si celano dietro a questo apparente semplice processo mentale? È proprio in questo quadro che si compone un arcobaleno di passioni e di sentimenti: il ricordo del primo giorno di scuola, del primo ba|

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cio, della prima delusione, della prima grande gioia per un tramonto al mare. Quello che soggiace dietro questi esempi possiede un effetto sostanziale ancora più notevole. È il tema della Meraviglia. Del “Thaumazein” aristotelico. Del sorprendersi per il fascino di questo cosmo, non solo perché si muova ma perché esso sia, direbbe successivamente San Tommaso; per la possibilità di condividere la nostra esistenza con chi ci sta accanto. E in modo particolare per dimostrare affetto e riconoscenza in ciò che ci è stato gratuitamente donato, e intendo ciò che ci circonda. Certo, subito pronti a obbiettare per il male che affligge il mondo, ci accingiamo - a volte con notevole frequenza - a dimenticare il bene che abbiamo avuto. Sembra quasi un automatismo generativo dell’uomo. La sua capacità di focalizzarsi sul male dimenticando il bene. Qui non stiamo dicendo che tutta la vita è una rosa aulentissima e soavemente dolce. Stiamo comprendendo la possibile capacità di scegliere la verità presente nel nostro cuore. Per molti anni nella storia si è dibattuto in merito al tema del libero arbitrio e della predestinazione. Abbiamo già un posto predeterminato nel volo della vita, come direbbe il filosofo Leibniz, oppure possiamo disporci a scegliere il percorso da fare per tornare alla sfera dell’origine universale? Erasmo da Rotterdam nel suo “Elogio alla Follia”, comprende che il mondo senza un pizzico di questa paradossale protagonista sarebbe destinato a essere molto più grigio. Senza la possibilità di qualche scelta azzardata tutto sarebbe marmoreo. Incredibile? Eppure reale. Esperienziale. Ma perché allora parlare di tutto ciò nel tema del ricordo. E cosa significa la locuzione “Ricordare è Amare”?


Prima di tutto cosa vuol dire amare? Se volessimo scandagliare il suo significato troveremmo di certo molta dedizione e intensità, un pizzico di intuito e molta passione, cioè partecipazione alla relazione e all’incontro. Amare la vita è proprio questo. Dare a essa reciprocità travolgente in una quotidiana meraviglia, soprattutto per le “piccole” cose (piccole nel senso di volutamente scontate). Occupiamoci invece proprio di queste “apparenti piccole cose”. Occupiamoci e non pre-occupiamoci: “Guardate gli uccelli del cielo: non seminano, né mietono, né ammassano nei granai; eppure il Padre vostro celeste li nutre. Non contate voi forse più di loro? E chi di voi, per quanto si dia da fare, può aggiungere un’ora sola alla sua vita? E perché vi affannate per il vestito?” (Mt 6,26-28). Una straordinaria e ammirevole lezione questa. Con grande frequenza ci affanniamo e ci preoccupiamo per le cose di poco conto, dimenticandoci completamente di quelle più importanti. Se apriamo il nostro cuore al male oscuro che spesso lo circonda, avvolto da alcune frivoli suggestioni del mondo, ci dimenticheremo del bene e dell’amore che abbiamo ricevuto. Ricordate. Possiamo scegliere. Sempre. Di essere arrabbiati per quello che ci è stato tolto o felici per ciò che abbiamo ricevuto. Perché il nostro sarebbe solo un punto di vista nell’infinito universo se tale nel vuoto della dimenticanza restasse. Ed è proprio nell’assaporare tutto questo che ci rivolgiamo alla condivisione universale con la vita e con le altre persone; segno di speranza sul sentiero del nostro cammino. Così

“Ricordare è Amare”. Perché “i disegni del cuore dell’uomo sono acque profonde ma l’uomo intelligente saprà attingervi” (Pr 20,5). E nel momento in cui attingo costantemente da tale principio il ricordo dell’amore potrà prendere forma e partecipazione. Ed è anche una questione di tempo. Quanto tempo appunto è passato senza rivolgere pensiero a “Lui o Lei”. Che non dedichi qualche attimo edificante verso una relazione mirabile. Che non ritorni all’incontro con dedita meraviglia. Non serve che ti dica il nome. Lo hai già compreso amico lettore, è un intendimento universale quello di cui parliamo. Che queste parole, lette prima e gustate poi nel tuo speciale momento di accoglienza, possano portare quel frutto unico di cui la tua anima conserva il seme. Perché nel comprendere che anche il tempo della vita è diverso dal tempo dell’uomo, oseremo metterci in gioco senza nascondere i nostri errori. Anzi impareremo da essi meditandoli senza ostinazione. E probabilmente, in aggiunta, riporteremo a galla le ferite più incisive. Ma esse faranno parte di noi. E ci renderanno più forti solo quando, con fermezza matura, sceglieremo la gratitudine e il perdono come fonte di vita. Come fonte di gioia profonda. Come fonte d’incantevole Amore.

Manuel Millo

Membro Onorario AGCI Ass Gen Cooperative Italiane


Curare lo spazio

Rubrica di Cristian Vecchiet

P E D A G O G I A

per curare se stessi

Una stanza disordinata, una piena di giochi, un’altra sobria e con pochi oggetti. Ecco cosa gli ambienti in cui viviamo raccontano di noi. Sia in ambito privato che pubblico. Educare vuol dire curare non solo la relazione con la persona che si educa ma altresì il contesto in cui il rapporto educativo si sviluppa. Il contesto relazionale in primis, ma in secundis anche il contesto fisico, lo spazio. È su quest’ultimo che vorremmo soffermarci: la cura dello spazio quale asse di uno stile educativo. Come sappiamo, l’uomo non può prescindere dal rapporto con lo spazio e col tempo. Il rapporto che l’uomo instaura con l’altro e con se stesso avviene attraverso la corporeità e la fisicità nella dimensione dello spazio. Parimenti l’uomo entra in rapporto con sé e con l’altro nella dimensione interna del tempo. Tuttavia, questa volta ci soffermiamo sullo spazio. Qual è la valenza educativa dello spazio? Lo spazio costituisce il contesto fisico in cui una persona si trova a vivere e, in quanto ambiente di vita, esprime sotto il profilo simbolico il modo in cui riconosco il valore e la dignità della persona che vi abita. Di più la simbolica dello spazio esprime quanto e come interpreto il valore del vivere. Non solo: dagli oggetti che occupano lo spazio e dal loro ordine si può dedurre una simbolica dei valori che costellano l’esistenza. La stanza di un bambino piena di giocattoli e di regali può indicargli quanto tutto sia a sua disposizione. Se in una casa mancano totalmente i libri, questo può indicare il valore attribuito alla lettura. Un ambiente disordi54

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nato può trasmettere l’idea che non sia importante dedicare energia a un riconoscimento anche simbolico degli altri. Uno spazio ordinato, al contrario, può sollecitare a credere che nella vita ci sia un ordine da rispettare. Curare l’estetica dello spazio è riconoscere il ruolo della bellezza e della gratuità nella vita di tutti i giorni. Offrire uno spazio, nella misura del possibile, ai bambini e ai ragazzi, e dare a tale spazio una forma a loro adatta, è un modo di riconoscerli e di valorizzarli. Se in una casa manca del tutto uno spazio per un bambino, questo può significare che lui in fondo conta poco o che l’età adulta ha un valore aggiunto rispetto all’età dell’infanzia o dell’adolescenza. Certo, è bene evitare il rischio di facili determinismi. Non si può assolutamente sostenere che a un determinato ordine corrisponde una determinata visione del mondo e che un determinato modo di curare lo spazio suggerisca direttamente una specifica scala valoriale. La realtà è sempre ambivalente – quando non proprio ambigua – e i significati dei simboli vanno sempre interpretati grazie alla relazione tra le persone che li pongono in essere e al loro stile di vita, nonché alle loro possibilità reali. E poi i simboli molto dipendono dal contesto culturale e antropologico. Ad esempio, una stanza povera di oggetti può simboleggiare disinteresse per chi vi abita ma anche sobrietà o povertà economica. Questa premessa ci pare non vada mai dimenticata. Tuttavia, detto questo, rimane il lato simbolico della cura dello spazio.

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LUOGHI ED EDUCAZIONE


La cura dello spazio costituisce una opportunità educativa anche perché rappresenta una possibilità di scambio relazionale. Se un ragazzo lascia uno spazio in disordine quando esce di casa e lo trova ordinato quando vi rientra, questo può indicargli il legame di cura rappresentato da un gesto gratuito. Se un genitore trova di continuo la stanza in confusione, può cogliere l’occasione per sistemarla assieme al figlio. Mettere in ordine assieme al figlio una stanza richiede che si discuta, che si decida assieme. Fare le cose assieme è un modo concreto e simbolico per costruire assieme dei significati condivisi. La simbolica relazionale di chi, come, quando e perché riordina la camera è molto interessante, perché può indicare il rapporto tra le persone. Proviamo a fare qualche esempio. Se è sempre l’adulto a sistemare la camera senza mai spiegarne le ragioni, il ragazzo può interiorizzare l’idea che il mondo è sempre a sua disposizione e giri attorno a lui. Se l’adulto non ha la forza di imporre con la propria autorevolezza il dovere di sistemare la camera, questo può voler dire che l’asimmetria tra genitore e figlio è ormai saltata. Dire al ragazzo che è suo dovere sistemare il proprio spazio e farglielo fare, è un modo per ristabilire il giusto ordine delle relazioni e delle responsabilità. Dirgli che almeno questa piccola fatica la deve fare per dare una mano a casa è un modo semplice per fargli capire che anche lui deve rimboccarsi le maniche e dare un contributo a casa sua. Certo, anche in questo caso biso-

gna evitare determinismi. Tuttavia, al di là della necessità di contestualizzare i significati, rimane il valore simbolico e relazionale del dare ordine all’ambiente fisico. La cura dello spazio come attenzione educativa e formativa non riguarda solo i genitori o il piano dei rapporti individuali. Anche l’allenatore o il parroco possono fare dell’ambiente fisico uno spazio simbolico e relazionale. Non solo. C’è anche una cura educativa dello spazio pubblico e collettivo. La cura dello spazio per i ragazzi in un paese e in una città ha il valore del riconoscimento pubblico e della giusta valorizzazione politica di chi è in fase di crescita e può apportare novità e cambiamento. Curare l’ambiente fisico ha una valenza educativa perché cela in sé dei significati antropologici. Con questo non si vuol dire che i genitori e gli educatori debbano centrare la loro attenzione educativa prioritariamente sullo spazio. Si vuole indicare piuttosto come anche lo spazio abbia una sua simbolica da cui non sia possibile comunque prescindere. Dare ad essa la giusta attenzione è un modo per riconoscere il valore degli altri e la bellezza dello stare al mondo.

Cristian Vecchiet

Collaboratore presso l’associazione La Viarte, è docente di Etica e Teologia dell’Educazione presso l’Istituto Universitario Salesiano di Venezia.


Lo spaesamento del progresso

Credit Petar Chernaev E.Getty Images

GIOVANI IRRAGGIUNGIBILI

S O C I E T À

Ragazzi all’apparenza normali che si abbandonano a reazioni estreme: gli operatori socio-educativi quali strumenti possono mettere in campo per evitare ciò? Una domanda a cui è sempre più complicato trovare risposta. Cosa spinge un giovane a compiere gesti estremi e terribili come l’uccisione dei propri genitori? Una domanda già di per sé sconvolgente, perché spalanca le porte verso un mondo dell’assurdo, in cui valori ritenuti indiscutibili all’interno della nostra società appaiono improvvisamente privi di certezze. Quando si affrontano simili questioni è indispensabile usare i piedi di piombo, senza creare allarmismi ingiustificati da un lato, ma evitando anche facili giudizi dall’altro. Perché la questione è terribilmente complessa.

Rubrica a cura di Andrea Fiore

Comprendere per prevenire

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Una premessa indispensabile: i casi di gesti estremi come quello descritto in apertura di articolo, che ha avuto nel duplice omicidio di inizio anno a Ferrara il suo ultimo esempio in ordine cronologico, sono fortunatamente rari e, di contro, sono invece numerosi i contesti in cui troviamo giovani bravi e capaci, impegnati nel sociale e nel servizio verso il prossimo. Eppure c’è un ma. Sia nel primo caso (quello negativo) sia nel secondo (quello positivo) ciò che |

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siamo in grado di fare è constatare quanto accaduto, non certo il perché un giovane si sia comportato in un modo piuttosto che nell’altro. Una discriminante fondamentale, che apre le porte a un problema più ampio, riassumibile in questa domanda: noi operatori socio-educativi – dal mondo dei servizi sanitari a quello della scuola – siamo in grado di raggiungere i ragazzi e comprendere i loro disagi prima che si manifestino con azioni estreme? Da diretto interessato, purtroppo, non sono in grado di fornire una risposta affermativa.

Evoluzione a tutta velocità I cambiamenti sociali che stiamo vivendo in questi anni avvengono a velocità così sostenute da rendere estremamente complessa l’analisi della realtà e le conseguenti contromisure da poter adottare. In altre parole, quando ipotizziamo di aver individuato una soluzione o comunque una strada da percorrere si è già verificata una nuova evoluzione che rende inefficace quanto appena fatto. Ciò conferisce al nostro operare quotidiano la spiacevo-


le sensazione di sentirci costantemente in corsa contro il tempo, per cercare di mettere una pezza dopo che il danno si è già verificato. Una sensazione di impotenza figlia dello spaesamento in cui servizi e istituzioni si trovano. Tutte realtà che cercano di operare al meglio, attraverso progetti di prevenzione e attività di peer education (educazione tra pari), ma attanagliate da un dubbio amletico: tutte le cose buone che riusciamo a mettere in campo siamo sicuri che arrivino al bersaglio? In altre parole, riusciamo a entrare concretamente in contatto con i giovani o, invece, gli stimoli e i messaggi che loro ricevono 24 ore su 24 dal mondo digitalizzato e globalizzato risultano più incisivi, accattivanti ed efficaci?

Addio prevenzione? Di fatto, dopo anni in cui i modelli sanitari avevano offerto coordinate certe attraverso le quali operare (garantendo la logica causa/effetto “se capita ciò ci comportiamo in questo modo”), ora tutto appare relativo. Noi operatori del settore ci ritroviamo infatti senza una visione condivisa della società: ci adattiamo a fare la nostra piccola parte confidando che sia corretta, ma manca un ideale comune. Il problema è che questo spaesamento, e la conseguente incapacità di fornire un modello preventivo efficace, può potenzialmente determinare picchi di reazioni folli, con un aumento della frequenza di casi estremi. Un sillogismo può aiutare a spiegarmi meglio: se già ora l’evoluzione della società corre troppo veloce rispetto alle nostre capacità di analisi, dato per scontato che questa velocità evolutiva è destinata ad aumentare, nel prossimo futuro noi accumuleremo ulteriore ritardo. In pratica saremo sempre più in difficoltà nell’attuare una efficace prevenzione. Uno scenario da allarme rosso.

dott. Andrea Fiore

Medico delle Farmaco-Tossicodipendenze, psichiatra andrea.fiore@imagazine.it


LA CHIMICA DEL CERVELLO Come mai ci ammaliamo d’ansia e depressione? Perché soffriamo di attacchi di panico o di disturbi mentali? Come avviene che la chimica del nostro cervello condizioni i nostri umori in modo così intenso da generare benessere e malessere?

Sono domande che molti porgono ai professionisti del settore. Ed è bene, anche nell’ottica di un approccio psicologico e farmacologico alle problematiche mentali, avere ben chiaro cosa avviene quando una persona è depressa o ansiosa. Ciò che spiego, con dovizia di particolari e l’ausilio di qualche disegno, ai pazienti in ambulatorio. Partiamo dalla depressione. In poche parole immaginiamo un neurone dalla forma stellata (vedi figura). Questo si trova nel sistema limbico, un’area del nostro cervello grande poco più di un’oliva, deputata a farci provare intense emozioni, siano esse positive o negative. Nei depressi i neuroni di quest’area producono, su base genetica o in relazione ad eventi psicologici traumatici (un lutto, un furto, una perdita), una scarsa quantità di serotonina, la quale viene classicamente definita come la “molecola del buonumore”. Avere a disposizione una buona dose di serotonina porta a ricaricare elettricamente il neurone, come fosse la batteria di un cellulare, e significa ‘stare bene’, essere allegri e pieni di verve. Quando invece il neurone si trova scarico energeticamente la persona prova un senso di avvilimento, stanchezza, scarsa volontà, voglia di restare a letto più del solito. Pensieri pessimistici, sensazione d’inutilità e tristezza. Ecco che allora gli psicofarmaci antidepressivi e diversi rimedi naturali specifici, con un meccanismo particolare, fanno aumentare la produzione di serotonina e, tutto ad un tratto, torna… l’ottimismo! Così il depresso si allontana dal ‘buio dell’anima’, si accende una luce nella coscienza, la

speranza torna a farsi sentire; la persona sta meglio, è più attiva e supera, in una parola, le sue difficoltà emotive. Naturalmente si può agire contemporaneamente, anche su un piano psicologico, attraverso tecniche mentali, per far sì che la persona, una volta interrotti i farmaci chimici o naturali, non torni alla situazione quo ante. Affrontare la base del malessere con la psicoterapia può essere la mossa ‘vincente’ per affrontare il problema a 360°, portando il paziente fuori dalle nebbie della propria vita. Un po’ di pazienza, vi chiedo. Di ciò che avviene nell’ansia, nel panico e nelle paure e di come funzionano gli psicofarmaci ansiolitici ci occuperemo nel prossimo numero.

L’Autore Il dottor Roberto Pagnanelli è medicochirurgo e psicoterapeuta. Specializzato in Psichiatria, è diplomato in Medicina Psicosomatica, in Medicina Omeopatica e in

Psicoterapie Brevi. È autore di pubblicazioni su riviste scientifiche e di volumi di successo. Ideatore della Musicoterapia Cinematografica, lavora a Trieste, Monfalcone, Udine e Gorizia. Per appuntamenti: Cell. 330-240171 E-mail: robertopagnanelli@libero.it Sito web: www.robertopagnanelli.it


MOSTRE IN FVG (calendario aggiornato su www.imagazine.it) Fino al 14 marzo ▶COLORS Mostra personale di Marino Salvador. Palmanova (UD). Atelier Palma, Borgo Cividale 2/a. Orario: lun/ sab 10-12/16-19, mar/ gio/ven 16-19. Ingresso libero. Info: artelierart@gmail.com Fino al 16 marzo ▶WILD CONTEST La luce della libertà. Mostra fotografica di Renzo Bean. Monfalcone (GO). Caffè Carducci, via Duca d’Aosta 83. Orario: mar-dom 7.30-22. Ingresso libero. Info: www.imagazine.it Fino al 18 marzo ▶LAURA ALLEGRO Mostra personale d’esordio. Pordenone. La Roggia, viale Trieste 19. Orario: marsab 16-19. Ingresso libero. Info: www.laroggiapn.it Fino al 19 marzo ▶SCONFINI Circa 400 opere – tra quaderni, disegni, progetti per manifesti, illustrazioni, tavole originali, tele e filmati d’animazione – di Lorenzo Mattotti. Codroipo (UD). Villa Manin di Passariano. Orario: mar-dom 1019. Ingresso € 10. Info: www.villamanin.it

Fino al 26 marzo ▶CAVALLI, CAVALIERI A BATTAGLIE Personale di pittura di Sergio Budicin. Trieste. Sala comunale d’arte, piazza Unità 4. Orario: 10-13/1720. Ingresso libero. Info: www.imagazine.it Fino al 29 marzo ▶SIRENE QUEER Collettiva a cura di Massimo Premuda con opere di Fiore de Henriquez, Nika Furlani, Daria Tommasi, Zima Stanco e Nina Alexopoulou.

Trieste. DoubleRoom arti visive, via Canova 9. Orario: lun-gio 1719. Ingresso libero. Info: https://doubleroomtrieste.wordpress.com Fino al 30 marzo ▶SETA Filande del Novecento. Donne e macchine protagoniste della sericoltura in Friuli e nel Litorale. Gorizia. Museo della Moda e delle Arti Applicate, Borgo Castello . Orario: mar-dom 919. Ingresso € 3,50. Info: www.imagazine.it Fino al 31 marzo ▶UNIONI L’esposizione vuole essere un momento di presentazione al pubblico di due serie fotografiche e di due pubblicazioni realizzate da Roberto Kusterle nel 2016: Zoóxylos, già esposta lo scorso anno al MIA photo fair, e Fluxus, ancora inedita. Gorizia. Studiofaganel, via XXIV Maggio 15/c. Orario: lun-ven 9.3013/16-19. Ingresso libero. Info: www.studiofaganel.it

Dal 31 marzo ▶L’OFFENSIVA DI CARTA Documenti della Collezione Luxardo, dal nome del medico di San Daniele del Friuli che negli anni dell’immediato dopo guerra raccolse oltre 5.600 fascicoli di riviste e monografie d’epoca, grazie a una fitta rete di scambi con altri collezionisti d’Europa. Udine. Castello, piazzale del Castello 1. Orario: mar-dom 10.30-17. Ingresso € 8. Info: www. civicimuseiudine.it Fino al 2 aprile ▶IL FILO RACCONTA… Mostra d’arte tessile. Esposte le opere di otto artiste: Rosanna

Colloricchio, Alice Gregori, Liviana Di Giusto, Loredana Giacomini, Flavia Turel, Antonella Pizzolongo, Antonella Palomba ed Elena Sanguankeo. Cividale del Friuli (UD). Chiesa di S. Maria dei Battuti, borgo di Ponte. Orario: ven 15-19, sab-dom 10-13/15-19. Ingresso libero. Info: www.noidellarte.it Fino al 2 aprile ▶J’ARRIVE Napoleone e le cinque facce del trionfo. Esposta la collezione di oggetti originali dell’epoca e personali di Bonaparte. Udine. Ex Chiesa di San Francesco, via Odorico da Pordenone 1. Orario: ven-sab 10-13/15-18, dom 1018. Ingresso € 10. Info: www.azalea.it

Fino al 13 aprile ▶CORPO E SPIRITO Mostra personale di Valentina Miani. Udine. Galleria La Loggia. Piazza Libertà 11. Orario: mar-sab 17.3019.30, dom 11-12.30. Ingresso libero. Info: cescuttim@libero.it Fino al 16 aprile ▶GIUSEPPE LORENZO GATTERI Raccolta di disegni e incisioni realizzate dal pittore triestino. Trieste. Museo Revoltella, via Diaz 27. Orario mer-lun 10-19. Ingresso € 7. Info: www.museorevoltella.it

Fino al 17 aprile ▶GORTANI E L’AFRICA L’esperienza tra il 1936-38 dell’inviato in Africa orientale dall’Agip come capo della campagna di studi geopetroliferi e per il servizio geologico. Tolmezzo (UD). Museo Gortani, via della Vittoria 2. Orario: mar/ gio/ven 9-13/15-17, mer 9-13, sab-dom 1013/15-17. Ingresso libero. Info: www.museocarnico.it Fino al 30 maggio ▶MADE IN ROMA AND AQUILEIA Esposti 156 pezzi tutti del Museo Archeologico Nazionale di Aquileia oltre ad altri 150 provenienti dall’esposizione tenutasi ai Mercati di Traiano di Roma. Aquileia (UD). Palazzo Meizlik, via Popone 7. Orario: mar-ven 10-17 (10-18 dal 4 aprile), sabdom 10-19. Ingresso € 4. Info: www.fondazioneaquileia.it Fino al 3 giugno ▶MATTOTTI. PRIMI LAVORI Mostra di racconti e fumetti: gli esordi artistici del famoso illustratore italiano. Udine. Casa Cavazzini, via Cavour 14. Orario: mar-dom 10.30-17. Ingresso € 5. Info: www. civicimuseiudine.it

I COSTI E GLI ORARI DI APERTURA POSSONO VARIARE SENZA PREAVVISO. VERIFICARE SEMPRE RIVOLGENDOSI AGLI APPOSITI RECAPITI.


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SCADENZA 20 MARZO ▶ SACRAVITA Sezione: poesia Lunghezza: max 36 versi Quota: € 15,00 Premi: pubblicazione opera Info: 335 5714896 http://misericordia.firenze.it ▶ TROFEO RILL Sezione: racconti fantastici inediti Lunghezza: max 21.600 battute Quota: € 10,00 Premi: montepremi in denaro, pubblicazione opera, penna stilografica Info: 06 58200541 www.rill.it

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SCADENZA 28 MARZO ▶ SAN BENEDETTO NEL CUORE Sezioni: A) poesia; B) racconto Lunghezza: A) max 40 versi; B) max 3 cartelle Quota: € 10,00 Premi: targhe personalizzate, diplomi, libri, oggetti d’arte Info: 348 4703588 cerchidiparole@gmail.com

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▶ UNA POESIA PER SCAMPIA Sezione: poesia Lunghezza: max 30 versi Quota: € 10,00 Premi: coppe e trofei Info: 338 7686277 graziella. dechiara@libero.it ▶ ARS MEA Sezione: poesia Lunghezza: max 30 versi Quota: € 10,00 Premi: coppe, targhe, pergamene Info: 366 1202950 info@ rdpeventi.it

SCADENZA 31 MARZO ▶ PREMIO BORGOGNONI Sezione: poesia Lunghezza: max 40 versi Quota: € 15,00 Premi: montepremi in denaro, ▶ PREMIO CITTÀ DI coppe, targhe, medaglie CONEGLIANO Info: 340 2395330 dxrrmp@ Sezione: poesia ▶ PREMIO “MARIO tin.it Lunghezza: libera CARERI” Quota: € 10,00 Sezione: poesia ▶ STORIE D’AMORE E Premi: opere artistiche, tarLunghezza: max 45 versi ABITI DA SPOSA Quota: € 15,00 Sezioni: A) narrativa; B) po- ghe Info: 349 4081615 www.ilPremi: gettone in denaro, esia piave.it targhe Lunghezza: max 3 cartelle Info: www.ormedicultura.it Quota: € 10,00 ▶ SAN GIULIANA IN Premi: sculture artistiche GIALLO Info: 333 8770361 angioletSCADENZA 23 MARZO Sezioni: A) romanzo noir; B) tamasiero@gmail.com ▶ CIPRESSINO D’ORO racconto noir Sezione: poesia Lunghezza: A) max 330 pa▶ FORSE UN MATTINO Lunghezza: libera gine; B) max 10.000 battute Sezioni: A) poesia; B) narQuota: nessuna Quota: € 15,00 rativa Premi: opere artistiche Premi: montepremi in denaro, Lunghezza: A) max 40 versi; Info: 347 6754324 follonitarghe, diplomi B) max 10.000 battute ca@kiwanis.it Info: 345 2396442 www.asQuota: nessuna sociazioneculturaleilpicchio.it Premi: attestati, medaglie SCADENZA 25 MARZO Info: 333 2123633 http:// ▶ PONTE VECCHIO premioletterario.wixsite.com/ ▶ UNA CITTÀ CHE SCRIVE Sezioni: A) poesia; B) racSezioni: A) poesia; B) narforseunmattino conto rativa Lunghezza: A) max 30 versi; ▶ PREMIO VITRUVIO Lunghezza: libera B) max 7.200 battute Quota: nessuna Sezione: poesia Quota: € 10,00 Premi: montepremi in denaro, Lunghezza: libera Premi: montepremi in denaro, Quota: € 20,00 pubblicazione opera targhe e diplomi Premi: pubblicazione opera, Info: www.unacittachescrive.it Info: 347 7555638 http:// targhe, menzioni premiopontevecchio. ▶ PREMIO GAETANO Info: 347 5324006 acs.viblogspot.it CINGARI truvio@libero.it

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Sezioni: A) narrativa; B) poesia Lunghezza: libera Quota: € 20,00 Premi: montepremi in denaro, pubblicazione opera, targhe, recensioni Info: 342 3993271 www.editrice-leonida.com ▶ PREMIO TOMMASO MORO Sezione: narrativa Lunghezza: min 9.000 max 36.000 battute Quota: € 5,00 Premi: montepremi in denaro, pergamene Info: 392 6445499 http:// euripide.altervista.org ▶ LE PAROLE ARRIVANO A NOI DAL PASSATO Sezioni: A) poesia; B) racconto Lunghezza: A) max 40 versi; B) max 10.000 battute Quota: € 10,00 Premi: targhe, pergamene, gadget Info: 3384845293 rinnovamenti@yahoo.it ▶ PREMIO “LINO MOLINARIO” Sezione: poesia Lunghezza: libera Quota: € 15,00 Premi: targhe, diamanti Info: 346 3794247 artisolide@libero.it SCADENZA 3 APRILE ▶ CONCORSO “SALVATORE QUASIMODO” Sezioni: A) poesia; B) narrativa Lunghezza: max 5 pagine Quota: € 10,00 Premi: montepremi in denaro Info: 337 446474 info@associazionequasimodo.it SCADENZA 8 APRILE ▶ VERSI TRA DUE MARI Sezioni: A) racconto; B) poesia Lunghezza: A) max 4 cartelle; B) max 40 versi Quota: € 5,00 Premi: diplomi, targhe artistiche Info: 333 6421913 thazamaski@libero.it

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(as) s a g g i Dave Eggers Eroi della frontiera Mondadori, 2017 Pagg. 324 € 20,00 Josie ha trentotto anni ed è felice, quella sera. In un camper al buio, con i suoi due bambini e i boschi sconosciuti attorno. Sa che la sua è una felicità passeggera, e che tutto è sbagliato. Non dovrebbe essere in Alaska, una zona del paese che è America ma anche non lo è, è il luogo dell’oAshley Hay La biblioteca sull’oceano Sperling & Kupfer, 2017 Pagg. 324 € 18,90

blio e dei viaggiatori erranti. Non dovrebbe trovarsi in un’anonima casa a quattro ruote, senza telefono e con in tasca solo contanti. Irrintracciabile. Era una dentista e non lo è più. Il padre dei suoi figli l’ha lasciata. Ha una causa legale alle costole e un rimorso che la tormenta. Credeva in un paese che non esiste più, cancellato dalla durezza della crisi economica. Così Josie si è ribellata: ha preso i suoi figli, li ha caricati su un camper e sono partiti, senza un piano. Ma un genitore non dovrebbe prima di tutto tenere i figli alla larga da pericoli inutili e traumi evitabili?

In una piccola città affacciata sull’oceano, c’è una biblioteca dove gli abitanti vanno in cerca di pace e di sogni. Affidano le loro richieste ad Ani, bibliotecaria alle prime armi, giovane donna già segnata da un destino crudele. Quell’impie-

go le è stato offerto per aiutarla ad andare avanti. Tra quei vecchi scaffali, anche il dottor Draper vorrebbe ritrovare la sua vita di un tempo, di quando ancora non aveva conosciuto la guerra e il senso di colpa per tutti coloro che non è riuscito a salvare. Mentre il suo amico Roy, che al fronte si è scoperto poeta, vaga alla ricerca delle parole perdute, di quell’ispirazione venuta meno proprio ora che è circondato da tanta pace e bellezza. Finché una poesia anonima ricevuta da Ani irrompe in quel tempo sospeso e riavvia il corso di quei tre destini, ormai intrecciati per sempre in un’unica trama.

Valerio Callieri Teorema dell’incompletezza Feltrinelli, 2017 Pagg. 352 € 18,00 Due fratelli indagano sulla morte del padre, ex operaio Fiat ucciso nel suo bar di Centocelle durante una rapina. A raccontare è il più giovane, che scopre una misteriosa dedica in codice – “Non lasciarmi sola, Clelia1979” – sul retro di una cornice. Si apre così uno spiraglio sul passato insospettabile del padre. Dietro all’immagine del bari-

sta ironico e tifoso della Roma emerge uno sconosciuto segnato da segreti e contraddizioni che affondano negli anni della contestazione e della lotta armata. Tito, il primogenito, di quel passato è certo: ha raccolto con scrupolo le prove che dimostrano come il padre abbia sempre fatto la scelta più onorevole, dalla parte dello Stato. Il minore invece, tormentato dai dubbi, si trova a fare i conti con il fantasma del padre, che gli appare in forme e visioni sempre più allucinate per dire la sua storia e mostrare una strada verso la possibile verità sul suo omicidio. Chi dei due raggiungerà la verità?

Chiara Gamberale Qualcosa Longanesi, 2017 Pagg. 180 € 16,90 La Principessa Qualcosa di Troppo, fin dalla nascita, rivela di possedere una meravigliosa ma pericolosa caratteristica: non ha limiti, è esagerata in tutto quello che fa. Si muove troppo, piange troppo, ride troppo e, soprattutto, vuole troppo.

Ma quando, per la prima volta, un vero dolore la sorprende, la Principessa si ritrova «un buco al posto del cuore». Com’è possibile che proprio lei, abituata a emozioni tanto forti, improvvisamente non ne provi più nessuna? Smarrita, Qualcosa di Troppo prende a vagare per il regno e incontra così il Cavalier Niente che vive da solo in cima a una collina e passa tutto il giorno a «non-fare qualcosa di importante». Grazie a lui, anche la Principessa scopre il valore del «non-fare», del silenzio, perfino della noia: tutto quello da cui è abituata a fuggire. Tanto che, presto, Qualcosa di Troppo si ribella.

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ALLA SCOPERTA DI...

LEONARDO BRUMATI Servizio di R. Duca e R. Cosma

Un uomo

mitteleuropeo

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Lo sviluppo ottocentesco dell’agricoltura della Contea Principesca di Gorizia e Gradisca vide tra i grandi protagonisti (scienziati, imprenditori, pubblici amministratori) uno straordinario personaggio, l’abate Leonardo Brumati di Ronchi, botanico, naturalista, agronomo, entomologo, fisico e molto altro ancora, conosciuto e apprezzato dal mondo scientifico austro-ungarico, italiano ed europeo. La nostra ricerca, edita alla Banca di Credito Cooperativo di Staranzano e Villesse nella circostanza del 120° di fondazione dell’Istituto, è incentrata sulla riscoperta di eminenti studiosi, di avveduti operatori e di benemerite Istituzioni che sostennero e caratterizzarono la realtà agricola della Contea tra Ottocento e Novecento, nonché sulle eccellenze di taluni prodotti dei campi, che trovarono collocazione fino allo scoppio della Grande Guerra sui mercati dell’Impero e della Mitteleuropa, fino in Russia e negli Stati Uniti d’America. Il materiale storico raccolto proviene da siti archivistici e biblioteche della provincia, della regione e oltre, nonché da collezioni private. Nel volume sono state inserite riflessioni del professor Alfredo Altobelli di Ronchi dei Legionari (docente di Ecologia presso l’Università degli Studi di Trieste) su un fondamentale lavoro di Leonardo Brumati ((Flora medico-economica del territorio di Monfalcone 1844) e del dottor Enrico Zoratto di Mon-

Un volume incentrato sull’abate di Ronchi – ma anche su eminenti studiosi e taluni prodotti – analizza lo sviluppo agricolo della Contea di Gorizia e Gradisca tra ‘800 e ‘900. falcone (referente della Banca editrice) sul contributo alla crescita socio-economica della Contea offerto dalla Cooperazione provinciale nel periodo considerato. La copertina, l’impostazione grafica, le ambientazioni fotografiche e cartografiche, compresa l’impaginazione, sono opera di Alfio Scarpa di Ronchi dei Legionari. L’indagine fa riferimento a una parte del territorio della Contea (circa 180.000 ettari) comprendente l’ambito Monfalconese, l’agro Gradiscano-Cormonese, il compendio Collio-Preval, la realtà agreste degli Orti goriziani, con uno sguardo interessato pure sull’area triestina delle Comunelle e dei Pastini. Nel periodo preso in esame, il comprensorio comitale rappresentava appena il 4,3% della superficie complessiva dell’Impero: 2.915 kmq (291.534 ettari) rispetto ai 640.000 kmq totali. Ha dell’incredibile, per un insieme territoriale così esiguo, il tanto realizzato in termini di innovazione, infrastrutture, produzioni agricole e mercati, il che dimostra la lungimirante visione d’insieme e la grande capacità propositiva e operativa di uomini e istituzioni che operarono in tale arco temporale a favore dello sviluppo. Purtroppo, con lo scoppio della Grande Guerra, nulla fu più come prima. La ricerca è nata dalla rilettura delle opere, degli scritti e dell’intensa attività di indagine e di divulgazione svolta dall’abate Leonardo Brumati, vissuto dal 1774 al 1855 a Ronchi (Borgo San Vido Cau de Soto), operando come cappellano festivo a Staranzano e cappellano curato presso la Pieve di San Lorenzo della cittadina natale. Di lui non si sono rinvenute immagini fotografiche, né ritratti attendibili. L’approfondimento sul personaggio e, particolarmente, sui suoi contatti col mondo scientifico austro-ungarico, italiano ed europeo, ha consentito di proporre all’attenzione del lettore anche il profilo di altri autorevoli protagonisti (botanici, naturalisti, medici, speziali, chimici e bacologi): l’abate Giuseppe Berini di Ronchi (1762-1820), che fu solerte maestro di Brumati; Giovanni de Brignoli di Brünnhof


In apertura: - l’abate Leonardo Brumati nell’Orto botanico (disegno di Alfio Scarpa); - l’emblema dell’agricoltura della Contea. Pagina accanto, in basso: copertina del libro scritto da Renato Duca e Renato Cosma. Di fianco: piantina del territorio della Contea e gli altri Lander dell’Impero A.U. (1911)

di Gradisca (1774-1857); Bartolomeo Biasoletto di Dignano d’Istria (1793-1858); Giuseppe Ferdinando del Torre di Romans (1815-1894); Luigi Chiozza (1828-1898) di Trieste; Enrico Verson di Padova (1845-1927); Carlo Hugues di Gorizia (18491934); Giovanni Bolle di Prosecco (1850-1924). Studiosi, tutti, di elevato spessore dottrinale, riconosciuto ampiamente in Italia e in Europa, che seppero dar vita a una solida tradizione naturalistica, chimica e bacologica, diffondendo conoscenza, innovazione, amore per la terra e l’ambiente, con un fervore esemplare per la crescita non solo della realtà agricola isontina, ma anche di quella triestina e istriana. Grazie a loro, taluni settori produttivi della Contea divennero, nel periodo storico esaminato, importanti punti di riferimento per l’intera Monarchia asburgica, in primis la frutticoltura, la viticoltura e la bachicoltura. Per quanto riguarda il nostro protagonista principale va ricordato che, nonostante le difficoltà logistiche, le limitate risorse economiche a disposizione e le precarie condizioni di salute, l’abate Leonardo Brumati produsse un cospicuo patrimonio di studi e di ricerche (manoscritti o a stampa), riconducibile a cinque settori tematici: Istruzione e formazione - Studi scientifici - Colture agrarie e avversità Archeologia del Territorio Monfalconese - Poesie, proverbi, detti sentenziosi. L’Abate Brumati intrattenne numerosi contatti, diretti ed epistolari, col mondo scientifico della Contea e del Friuli, dell’area dotta dell’Italia e di quella europea. Tra i tanti: François Palamède de Suffren (1753-1824), botanico e naturalista francese; Joseph Louis Gay Lussac (1778-1850), eminente chimico e fisico d’Oltralpe; Jean Baptiste Bouillet (1799-1878), conchigliologo e geologo francese; Giuseppe Carlo Cernazai (1773-1849), naturalista e agronomo udinese; Giovanni de Brignoli di Brünnhoff (1774-1857), botanico e naturalista di Gradisca; Antonio Bertoloni (1775-1868), grande botanico italiano; Jacopo Pirona (1789–1870), latinista, friulanista e scrittore; Bartolomeo Biasoletto (1793-1858), speziale, chimico, botanico e naturalista triestino; Pietro Kandler (1804-1872), storico, archeologo e giurista triestino; Gherardo Freschi di Cucagna (1805-1883), agronomo friulano; Caterina Percoto (1812-1887), poetessa friulana; Gian Paolo Polesini (1818-1892), giurista e agronomo di Parenzo. Relativamente ai soggetti istituzionali del periodo, si è fatto riferimento a quelli, che più direttamente e con continuità, contribuirono alla crescita dell’economia agricola della Contea, rispetto ad altri, altrettanto importanti e attivi, ma di momento procedurale successivo (Dieta, Stati Provinciali, Governo del Litorale, ecc.). In particolare: I.R. Società Agraria di Gorizia (1765); Camera di Commercio e d’Industria di Gorizia (1850) e famiglia Ritter de Zahony; I.R. Istituto Bacologico Sperimentale di Gorizia (1869); Consorzio Acque dell’Agro Monfalconese (1873); Settore della Cooperazione con tre eminenti personaggi, mons. Luigi Faidutti, don Adamo Zanetti e Giuseppe Bugatto.

La ricerca è stata orientata anche su talune coltivazioni a pieno campo e orticole, quali frumento, granoturco, riso, asparago, pomodoro, patata, fagiolo e su arboree da frutto come ciliegio, pesco, albicocco, susino, prugna, amolo, melo, pero, fico, mandorlo, olivo (e olio), gelso (e baco da seta), senza trascurare la solida tradizione goriziana dell’industria conserviera e dei canditi (frutta e verdura), della frutta essiccata (Görzer Prunellen, oltre 112 ton. 1902) e della rilevante esportazione dei prodotti della terra, tra cui: ciliegie (228 ton., 1901), susine (250 ton., 1902), patate (7.650 ton., 1913). Non si è toccato l’emblematico mondo della vite, perché oggetto di ampia bibliografia, limitando l’esame su tre pesanti avversità (oidio, peronospora, fillossera), con qualche notazione sulla rinascita della viticoltura provinciale, grazie alla diffusione delle barbatelle. Come pure non si è fatto cenno a due odierne essenze di nicchia degli orti goriziani, la Rosa di Gorizia e il Canarino di Gorizia, rinviando il lettore agli esistenti studi in proposito. Tra l’altro, un filo storico lega le due splendide varietà di radicchio alla cosiddetta cicoria rossastra, che il barone Carl von Czörnig citò nel suo saggio su Gorizia e dintorni del 1873. Peraltro, si è rappresentata la realtà delle infrastrutture di comunicazione e di trasporto dei prodotti su strada, su rotaia (ferrovie ordinarie e ferrovie economiche), per vie d’acqua (approdi e porti), anche tramite un servizio di navigazione lungo l’Isonzo da Gorizia-Gradisca al mare, fino a Trieste. Uno sguardo è stato pure riservato ai mercati vicini e lontani (Impero Europa, Stati Uniti) e alla tradizione delle mostre di prodotti dell’agricoltura e altro. Infine, nella parte conclusiva, si è inserito un compendio di curiosità e di notizie su talune colture agrarie (granoturco, riso, asparago, amolo, gelso) e, a futura memoria, sulla casa dominicale e su quella colonica monfalconese dei tempi andati, nonché sul lessico rurale della Bisiacaria, che si sta gradualmente sbiadendo per l’ineludibile mutare dei tempi e per effetto delle contaminazioni introdotte dalla globalizzazione incalzante. Il volume è disponibile presso gli sportelli della BCC di Staranzano e Villesse.

Renato Duca e Renato Cosma

Renato Duca è stato direttore del Consorzio di bonifica Bassa Friulana; Renato Cosma è stato condirettore del Consorzio di bonifica Pianura Isontina |

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www.giardinidipaolo.it

Creatività in Friuli, arrivano i Giardini Fusion Un giardino moderno, dallo splendido impatto visivo e semplice da gestire? Grazie a nuove soluzioni, il sogno diventa realtà. Come ci spiega il designer del verde Paolo Musina. Signor Paolo Musina, cosa intende per Giardini Fusion? Sono giardini che si adeguano ai tempi con stili minimali, risultano molto belli, ordinati e piacevoli da vivere. Rappresentano la fusione di vari stili: classico, mediterraneo, zen e feng shui, cogliendo da ognuno le loro caratteristiche migliori e adeguandole ai nostri tempi. Quindi un cambiamento? Sì, il cambiamento è germogliato alcuni anni fa, nato da un confronto con i clien-

ti. Quali erano le cose che si potevano migliorare? In breve periodo gli obiettivi erano chiari, spiccavano subito i problemi con la manutenzione, errori tecnici nella realizzazione, la livellazione del terreno, cordoli ingombranti, troppe piante o piante che crescevano troppo per gli spazi a cui erano state destinate. Quali sono state le soluzioni innovative? Le soluzioni sono molteplici: una è stata selezionare delle piante con lunghe fioriture e che si adattano bene ai nostri climi;


www.gardenanna.it un’altra brillante soluzione è stata il nuovo sistema di pacciamatura che riduce di molto la manutenzione del giardino unito a una minimizzazione delle piante nelle aiuole. Qual è il segreto per rendere così attraenti le sue realizzazioni? Il gusto varia da persona a persona, ma vi sono delle linee guida che classificano quello che piace e quello che non ci piace. Ritengo che le cose che ci risultano piacevoli siano legate all’armonia dei colori e delle forme. Quando progetto un giardino studio i gusti del cliente o della famiglia assimilando stile e desideri, quindi valuto gli spazi unendo un po’ di creatività a soluzioni funzionali.

Quali sono le sue più belle realizzazioni? Difficile stilare una classifica, sono trent’anni che realizzo giardini, una realizzazione che mi ha fatto emozionare è stata la progettazione e realizzazione delle aiuole di Riva Grumula a Trieste. Anche se mi sento molto legato agli ultimi lavori che ho realizzato e ringrazio i clienti che me lo hanno permesso.


PERSONAGGI

MAURO BUORO Intervista di Andrea Doncovio

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Pedalando verso la vita Tre anni fa il suo peso raggiunse i 150 kg, mettendo seriamente a rischio la salute. L’aiuto di una dietologa e la passione per la bici hanno cambiato la sua vita. E dopo aver percorso tanti chilometri, in agosto affronterà la sfida più impegnativa. Da Trieste a Berlino in sella alla sua Mountain Bike.

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“Trovate una motivazione, vi cambierà la vita”. La frase conclusiva del cartellone realizzato per riassumere la sua prossima avventura spiega meglio di mille parole la storia di Mauro Buoro. Il 22 aprile compirà 60 anni, eppure la sua vita sembra iniziata poco fa. O forse è meglio dire ricominciata. Nato in Svizzera, da tempo vive a Perteole, frazione di Ruda. La sua rinascita inizia nel 2013, quando la bilancia sotto il suo peso raggiunge i 151 kg. La salute è seriamente in pericolo e la dietologa gli impone di perdere peso e cambiare stile di vita. La vicinanza della famiglia e dell’amata nipotina Denise fanno il resto. Fino al giorno in cui suo figlio lo invita a uscire in bici assieme. All’epoca, nessuno dei due poteva sapere che Mauro non si sarebbe più fermato, percorrendo in sella chilometri su chilometri, perdendo la metà dei chili e trovando la pace e la serenità che credeva disperse. Ora entrambi raggiungeranno Berlino: Mauro pedalando, suo figlio seguendolo in auto. E sotto la Porta di Brandeburgo coroneranno un sogno che sembrava impossibile da realizzare. Mauro Buoro, com’è nato il progetto di percorrere la tratta Trieste-Berlino in mountain bike? «Andando più volte a Trieste per allenarmi, in una di queste occasioni scorsi una pietra militare vicino al Castello di Miramare con scritto Trieste-Berlino 1180 66

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km. Mi sono detto: quando arrivo a 80 kg la proverò. Ora è giunto quel momento». Non proprio una località dietro l’angolo… «Berlino è una città che ha sofferto molto dalla Seconda guerra mondiale al crollo del Muro. Io poi sono nato in Svizzera e amo la lingua tedesca…» Facciamo un passo indietro: la sua passione per la bici quando è scoccata? «Ho sempre amato il ciclismo fin dai tempi in cui lo seguivo con mio padre. Però devo molto a mio figlio Michele: un giorno mi disse, “Papà vieni con me a fare un giro in bici, ti fa bene... Forse puoi dimagrire”. Da allora non mi sono più fermato». Nella presentazione del suo progetto, rivolgendosi a coloro che come lei hanno problemi di peso, scrive testualmente: “Trovate una motivazione, vi cambierà la vita”. La sua motivazione qual è stata? «Nel mio caso sono state due. Una il matrimonio di mio figlio: volevo dimagrire perché mi sentivo ridicolo in mezzo a gente “normale”. La seconda è mia nipote Denise: ho un rapporto incredibile con lei e mi dà la forza per andare avanti». Grazie alla bici com’è cambiata la sua vita? «Oltre a migliorare la mia salute in maniera incredibile, mi sento molto felice e sicuro di me stesso». In sella alla sua mountain bike in tre anni ha percorso 19.500 km, raggiungendo perfino Roma e pedalando anche in Australia alla volta di Sydney. Tutti viaggi compiuti in solitaria: come mai?


Sopra, Mauro Buoro prima (quando pesava 150 kg) e dopo. A destra, il tragitto Trieste-Berlino che percorrerà ad agosto, e la pietra militare che ha ispirato il viaggio. Pagina accanto, in apertura, Mauro Buoro con la sua mountain bike.

«Mi ritengo una persona solare e altruista ma correre in bici è un’emozione grande. Puoi gestire da solo le situazioni e i tempi. Ti senti libero di decidere di te stesso». A cosa pensa mentre pedala? «Passano per la testa tanti pensieri: famiglia, amici, lavoro... Ma anche i dolori da sopportare quando si percorrono strade che non terminano mai. Alla meta però tutto finisce». Oltre alla passione e alla determinazione, serve anche allenamento: quanto tempo dedica alla bici? «Nei weekend ci dedico diverse ore, ma anche durante la settimana vado al lavoro o a fare la spesa con il mio zaino. Riesco a percorrere anche 150-200 km al giorno». La contrapposizione tra le immagini che la ritraggono 70 kg fa e adesso non lascia indifferenti: rivedendosi nelle foto del passato qual è il suo primo pensiero? «Osservo quella foto molte volte, chiedendomi come ho fatto ad arrivare a pesare 151 kg. C’è sempre un dispiacere, una malattia, un disturbo alimentare che spinge a lasciarsi andare. Ma io ho capito che voglio vivere e vedere le famiglie dei mie figli». Lei è nato in Svizzera e viaggiato in bici in tutta Italia e non solo: con il Friuli Venezia Giulia che rapporto ha? «Ottimo. È una bellissima regione di frontiera: in pochi chilometri puoi raggiungere Austria e Slovenia, ma anche il mare e la montagna, transitando per la pianura dove sono state realizzate belle piste ciclabili». Quando corre in bici nella nostra regione quali sono i percorsi che predilige? «La mia base di partenza è Perteole. Da qui parto per Trieste lungo la strada costiera o verso Udine per proseguire in direzione Tarvisio. Spesso vado a trovare la zia a Conegliano: andata e ritorno 212 km. Ho fatto il Piancavallo, le Valli del Natisone, la salita del Porzus… Mi man-

ca ancora il mitico Zoncolan, ma un giorno affronterò anche questa sfida». A proposito di sfide, dopo Berlino ne ha già in mente di nuove? «Entro fine anno percorrerò coast to coast il nord Italia, partendo da Muggia per andare a Bardonecchia, in Piemonte, al confine con la Francia: circa 670 km in quattro giorni. Il prossimo anno, invece, andrò in Nuova Zelanda per correre in Mountain Bike nell’isola di Waiheke, a un’ora di battello da Auckland. Quindi tappa a Sydney. Ma anche partire da Perteole, via Milano, per attraversare la Svizzera e arrivare a Zurigo, dove sono nato». Proiettiamoci al viaggio in programma ad agosto: dopo 1.180 km e il passaggio attraverso città come Salisburgo, Monaco di Baviera, Norimberga e Lipsia, giungerà sotto la Porta di Brandeburgo nella capitale tedesca: che significato avrà per lei quell’arrivo? «Il coronamento di un sogno. La consapevolezza che con grande forza di volontà ho lottato contro l’obesità che tanto mi ha fatto tanto soffrire nella vita». Ha definito questa avventura “un sogno”: a chi lo dedica? «A mio papà e mia mamma che da lassù mi guardano e mi proteggono. Ai miei figli Samuele e Michele e alle loro famiglie. Ma anche ai tanti amici che credono in me, così come alla mia nipotina Denise che vive a Milano e che è tanto orgogliosa del nonno. Ma un pensiero va a tutte le persone che, come me, lottano contro l’obesità. A loro ribadisco: trovate una motivazione, vi può salvare la vita». Andrea Doncovio |

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F I G L I D I U N O S P O R T M I N O R E o v v e r o , s a r a n n o ( s t a t i ) q u a s i f a m o s i !

Una vita sulla cresta dell’onda Spesso, parlando di sportivi di rango, si usa dire: è un atleta completo. Tale definizione, all’apparenza perentoria, dà comunque adito a qualche perplessità. Cosa si intende per ‘completo’? Forse che è capace di effettuare tutto lo scibile di una sola disciplina, oppure che è capace di tecniche appartenenti a più sport? Chiedo lumi a Giorgio Magi, triestino da Senigallia, classe 1964, abile campione, in terra e mare, di sport fra loro imparagonabili. Tra il windsurf e il bodybuilding non vedo tante analogie, eppure lei… «Ho tanti interessi e per questo ho praticato e pratico diversi sport. Tutto è partito dal mare. Io mi sono trasferito a Trieste nel 1971, ma i miei parenti sono ancora nel paese di origine, per cui passavo le estati dividendomi fra il medio e l’alto Adriatico». E dove ha iniziato a praticare? «Ho cominciato a cavalcare le onde nelle Marche. Partecipai ai soliti corsi di vela per ragazzi, mi piacque e cominciai a gareggiare nelle classi 470 e Flyng Junior, ottenendo buoni risultati. Si era in pieni anni ‘70». E proprio in quel periodo il windsurf, in Italia, visse la sua epoca d’oro. «Posso dire di essere stato un pioniere di questa disciplina e anche un buon praticante: dopo appena due anni ero già campione europeo senior in una classe che oggi nemmeno esiste più e che veniva denominata ‘Scirocco’». Per uno che vive nella città della Bora, oserei dire un ‘segno’. «Gareggiavo per la Società Velica Barcola e Grignano. Per me il windsurf era tutto: andavo a

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scuola, ma per modo di dire… Non terminai gli studi fermandomi a metà delle superiori. I miei impegni sportivi mi assorbivano completamente, supportati dai risultati, tanto che nel 1984 rischiai di andare alle Olimpiadi di Los Angeles». Sogno che purtroppo sfumò. «Con esso svanì anche la mia fanciullezza, perché poi partii per il servizio militare in Marina. Per fortuna fui reclutato nel gruppo sportivo, anche se poi la cosa si limitò solo alla forma, perché ero di stanza a Napoli, ma accettai quasi subito una destinazione a Trieste che mi permetteva di essere a casa. In quel periodo mi capitò fra le mani una rivista di bodybuilding e fu amore a prima vista». Quindi il prode Nocchiero, inaspettatamente, ammainò la vela? «Mi iscrissi in una palestra comunale e cominciai a ‘barcamenarmi’ fra manubri e bilancieri. Subito mi accorsi che per praticare quello sport avevo bisogno di una istruzione adeguata e conseguii il brevetto di Allenatore della allora Filpj, la federazione riconosciuta dal CONI. Era il 1987». E il mare? «Non ci pensavo proprio più. Ero assorbito dal nuovo sport, anche perché vivevo mettendo a frutto il mio titolo di Allenatore insegnando in una palestra, perciò la mia era una dedizione totale». Se bodybuilding sta per ‘corpo costruito’, lei ci metteva anche l’anima… «Non tardai a mettermi in luce anche in questo sport: dopo cinque anni di pratica ottenni un favoloso quarto posto ai Mondiali australiani della federazione internazionale denominata NABBA». Per uno sport dove gli anni di pratica non si contano, lei ha bruciato le tappe. «Essere di nuovo nel Team Italia, in uno sport molto diverso dal windsurf, fu una grande soddisfazione. Ne conservo un ricordo indelebile, ingigantito anche dal fatto che il leader di quella nazionale era il dottor Massimo Spattini, il quale, dopo essere stato lui stesso un campione, è ancora oggi uno dei guru indiscussi del bodybuilding mondiale». Onda su… Honda. Lei andava anche in moto. «Un brutto incidente motociclistico mi costrinse a diversi mesi di stop. Fu un periodo buio; avevo anche cambiato lavoro più volte, ma la mia voglia di fare bodybuilding era ancora intatta e tornai alle gare nel 1996, vincendo il titolo italiano e coronando il sogno di giocarmi la finale del famoso concorso di Mr. Universo, dove arrivai quinto». Mi sa che lei ha un certo fiuto per le epoche d’oro…


«Erano anni in cui a Trieste si poteva affermare che ogni quartiere avesse il suo campione, il suo finalista a Mr. Universo o ai Mondiali. Oltre a me, altri atleti triestini ottennero piazzamenti di gran rilievo». In quel periodo si spensero però anche le luci delle pedane dei vari campionati di Cultura Fisica. «La dedizione ti conquista, ma alla fine ti consuma. Sentivo il bisogno di staccare e cambiai così tanto la mia vita che nel 2002 mi iscrissi nuovamente a scuola per prendere il diploma che non avevo conseguito». E già che c’era si è preso anche la laurea… «Dopo anni in mare e in palestra sono diventato un topo di biblioteca! Laurea in Filosofia, precisamente in ‘Storia del pensiero politico’ con una tesi su Aldo Capitini dal titolo ‘L’Anello mancante’, che ha contribuito a fruttarmi il massimo dei voti». Ammetto la mia ignoranza, non so chi sia la persona oggetto della tesi. «Allora legga la mia tesi! Scherzo. Era un vero seguace degli ideali del Mahatma Ghandi ed è stato l’ideatore della marcia della pace fra Perugia e Assisi, ha fondato la prima associazione di vegetariani in Italia, nonché, in tempi non sospetti, i centri di orientamento religioso e politico». Mi basta. Ma lei, col suo passato di ‘Culturista Carnivoro’, è diventato vegetariano? «Non estremista, ma si, sono prevalentemente vegetariano». Tornando a noi, siamo arrivati al 2009… «Come regalo di laurea mi sono comprato l’attrezzatura per il windsurf. Una specie di ritorno alle origini, anche se ormai è tutto diverso e lo stesso windsurf, almeno qui in Italia, ha perso molto della sua popolarità. Poi, un giorno, mi invitano a dare due pagaiate stando in piedi su una vecchia tavola da windsurf e mi dicono che questa specialità si chiama Stand up Padding, acronimo SUP». Colpo di fulmine; il ‘topo di biblioteca’, a suo tempo guerriero di mille battaglie sportive, torna a essere l’agonista di un tempo. «Questo sport è un incrocio fra l’agile equilibrio del surf e la potenza aerobica della pagaiata della canoa: mi ha conquistato completamente. Tralasciando i due titoli di vicecampione italiano, che sono delegato regionale nonché giudice di gara della FISURF e che sono stato Team manager della Nazionale al recente campionato europeo, a me questo sport piace proprio tanto. È una sintesi nella quale ho sentito convergere tutte le esperienze acquisite in passato». Questo ‘camminare sulle acque’, attingendo al nome della sua associazione, deve essere… magico. «Ho fondato l’associazione ‘Magic Padle House’ per diffondere sempre più questo sport, ma anche la cultura e la passione per il mare in generale. Ho qualche collaborazione come project

Sopra, Giorgio Magi assieme ai suoi cagnolini sulla tavola da SUP, la sua ultima passione. Pagina accanto, in alto Giorgio Magi in una gara di bodybuilding; in basso, Giorgio nel 1982 e nel 2016.

designer per tavole, pagaie e altri materiali. Il mio sponsor principale è la Roberto Ricci Designs». In questa sua nuova passione che ruolo ha la Filosofia? «È onnipresente. Se ci si limita a un giro in relax, pagaiare sulla tavola ha qualcosa di meditativo. Devo ammettere però che le mie letture sono tornate a essere prevalentemente sportive, perché questo sport è nuovo e in rapidissimo sviluppo; è necessaria un’attenta conoscenza scientifica, ben diversa da quella che riguardava i bilancieri. Qui entrano in gioco la calma, l’attenzione, l’equilibrio, la trasparenza, la pazienza, ma anche la perseveranza, in un elemento che trascende il nostro comune senso del procedere: un po’ quello che Platone chiamava la “seconda navigazione”. Anche per questo, e per molto altro, la filosofia è onnipresente». Pubblicherà mai la sua tesi? Solo il titolo promette scintille... «Vedremo…» Posso scommettere che un uomo così versatile, che ha avuto la sensibilità di trovarsi al posto giusto al momento giusto in sport così diversi, troverà il momento giusto per stupirci ancora con qualche opera filosofica. Io pregusto già la lettura… Chiunque voglia segnalare “un mito della porta accanto”, può scrivere alla redazione di iMagazine:  info@imagazine.it Per rileggere tutte le puntate precedenti di “Figli di uno sport minore” visita la sezione “approfondimenti” di www.imagazine.it |

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Skipper Point Bar Franza Viale Miramare 157/b, TRIESTE Tel. 040 2460219

Situato a due passi dalla splendida Pineta di Barcola, lo Skipper Point Bar Franza regala ai suoi ospiti un’atmosfera in pieno stile “marinaro”. Oltre a gustose colazioni e snack per tutti i gusti, a pranzo e a cena è possibile assaporare raffinati piatti a base di pesce. La conduzione familiare è la garanzia di un’accoglienza calorosa e di una qualità superiore dei prodotti. L’ampia selezione di vini e i consigli dei titolari, poi, lo rendono anche il posto perfetto per un aperitivo di qualità. Wi-Fi gratuito.

Tatiana Derschitz e Skipper Point Bar bicchiere”. Produciamo giornalmente tramezzini, toast e Franza, una storia nata tanto tempo fa… panini, centrifughe di frutta e verdura. Sul banco garan-

“Lavoravo in questo locale già da quando i precedenti proprietari, nel 2010, avevano creato lo skipper point, nato dalla loro passione per la ristorazione, il buon bere, il mare e le barche a vela: vele come controsoffitto, carte nautiche, stampe dell’epoca, foto e storie di velisti locali; un arredamento tipicamente marinaro. Quando decisero di cedere la gestione ho preso il testimone: amo questo posto e credo nelle potenzialità che può offrire alle persone e ai turisti che frequentano la riviera di Barcola”.

Quali sono le specialità che proponete?

“Assieme a mia figlia Desirée e con l’aiuto di mio marito, offriamo un’importante selezione di vini del Carso, Collio, Alto Adige, Lombardia e Sicilia, oltre alle più note etichette di bollicine sia del metodo classico che charmat; un investimento importante ma apprezzato dagli amanti del “buon Tatiana Derschitz

tiamo sempre un cotto caldo in crosta o un saporito crudo di Sauris, ostriche e altre sfi ziose “sorprese”. Ma la vera sorpresa sono le specialità della cucina: tartare e carpacci di pesce (in primis tonno, branzino, salmone, orata, spada, ricciola e suro per citarne alcune), grancievola e granzoporo, primi come spaghetti alle vongole o ai sardoni barcolani, risotto o zuppa di schile, e per fi nire un branzino o una corvina al sale”.

Com’è nata la sua passione per la cucina?

“Ho cominciato a lavorare nei ristoranti prima come lavapiatti e poi come aiuto-cuoca accanto ad affermati chef che hanno avuto fiducia in me affidandomi preparazioni sempre più complesse, consentendomi di acquisire tutto quello che è necessario per gestire la mia piccola cucina. La mia cucina è improntata sul pesce fresco pescato, non allevato, e viene preparato in modo semplice per esaltarne il suo sapore”.

Da cosa si riconosce che un pesce è di qualità?

“Innanzitutto bisogna rispettare la stagionalità del pesce. Le alici o cozze acquistate in inverno potranno essere fresche ma non saporite come il prodotto pescato in estate. Poi c’è da considerare la brillantezza delle squame, la percentuale di grasso e la pezzatura; l’occhio deve essere bello vivo e le branchie rosse”.

chef…ame! Tatiana ci suggerisce:

Spaghetti con le alici “alla barcolana” Ingredienti per 4 persone 350 g. di spaghettini 300 g. di alici pulite 1 cucchiaio di olive nere denocciolate 1 cucchiaino di capperi 4 acciughe 200 g. di pomodoro ciliegino sale, pepe, olio e prezzemolo

Preparazione Far sciogliere in una padella le acciughe con l’olio. Aggiungere il pomodoro tagliato a metà, un po’ d’acqua e far cuocere alcuni minuti. Aggiungere le olive, i capperi, sale e pepe, mescolare e, se occorre, aggiungere ancora un po’ d’acqua. Quando l’acqua bolle, aggiungere nel sugo le alici pulite e farle cucinare fino a quando la pasta è cotta. Scolarla, versarla nel sugo e far saltare il tutto nella padella. Servire nei piatti e aggiungere una spolverata di prezzemolo. Buon appetito! |

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chef…ame!

Risotto con asparagi

Ricetta del Maestro di Cucina Germano Pontoni

Preparazione

Sbollentare gli asparagi per un minuto. Tagliarli a tocchetti di circa 2 centimetri mantenendo integre le punte. Preparare il brodo vegetale con acqua, sale qb, una cipolla, una carota e un gambo di sedano. In un tegame scaldare un po’ d’olio e far tostare lo scalogno tritato fine, aggiungere il riso e farlo tostare. Sfumare il riso tostato con mezzo bicchiere di vino Friulano a fuoco alto. Lasciare evaporare. Aggiungere gli asparagi, tenendo da parte le punte, regolare di sale e pepe. Proseguire la cottura del riso aggiungendo il brodo poco alla volta. A fine cottura, a fuoco spento, aggiungere il burro, lo stracchino e mantecare mescolando bene. Lasciare riposare un minuto il risotto e, prima di impiattare, guarnire con le punte degli asparagi.

Ingredienti per 4 persone - asparagi bianchi 200 gr - asparagi verdi 200 gr - scalogno 1 - carota 1 - gambo di sedato 1 - brodo vegetale - riso 300 gr - stracchino 250 gr - olio d’oliva qb - vino bianco “Friulano” qb - burro 50 gr - sale qb - pepe qb

Asparago: bianco o verde? Il Friuli Venezia Giulia è una regione che puntualmente in primavera si trova ai primi posti per la produzione di asparagi bianchi e, ultimamente, anche verdi, vista la grande richiesta non solo locale, ma perfino d’Oltralpe. Questo ortaggio, che consente di soddisfare i palati più esigenti, viene coltivato in terreni morbidi, preferibilmente vicino a fiumi o in zone di bonifica. Si narra che i primi asparagi siano stati rinvenuti nelle sabbie del delta dei fiumi Tigri ed Eufrate. A Tavagnacco da decenni, con grande successo e affluenza di pubblico, si celebra la Festa dedicata all’Asparago Bianco. Vi sono anche altre località della regione dove è presente una notevole produzione di questo turione nelle sue varietà: ad Aquileia, per esempio, l’asparago verde; così come a Lestans, nello Spilimberghese, esiste una fiorente produzione di asparagi verdi particolarmente adatti per la conservazione in vaso. A Fossalon si producono ottimi asparagi mol-

to saporiti, grazie alla presenza di sabbia di mare nei terreni una volta paludosi; caratteristiche presenti anche a Gorgo di Latisana. Di rilievo per la produzione dell’asparago vi sono anche le Pontoni, località di Nogaredo Germano presidente al Torre, Sant’Andrea dell’Unione Cuochi FIC FVG di Gorizia e Cusano Cell: 347 3491310 Mail: germanoca@libero.it di Zoppola. Vi sono innumerevoli ricette che hanno come ingrediente principale l’asparago, conosciuto non solo per la sua bontà, ma anche per i suoi contenuti dietetici e terapeutici. Proprietà conosciute già nell’antichità, più volte citate nei trattati di Orazio, Catone e Ippocrate. Alcuni studiosi affermano che la pianta dell’asparago fosse già presente nel 300 a.C. |

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Centro Benessere Dentale di Gradisca d’Isonzo

Direttore Sanitario Dott. Nicola Greco

Iniziamo con un chiarimento: in cosa consiste esattamente l’implantologia? - IGIENE DENTALE: In sostanza si tratta delle soluzioni in caso di per PREVENZIONE, PULIZIA DEI DENTI dita dei denti. L’implantologia è infatti in grado di so- CONSERVATIVA: stituire i denti persi con degli impianti dentali, con OTTURAZIONE, CURA DELLA CARIE sentendo una valida riuscita funzionale e, spesso, - ENDODONZIA: anche estetica. Gli impianti sono costituiti da due CURA DEI CANALI RADICOLARI DEI DENTI elementi principali: una radice in titanio da posizio- PEDODONZIA: nare all’interno delle ossa mascellari o mandibolari LE CURE PER I DENTINI DEI PIù PICCOLI del paziente ed un pilastro, che crea la connessione - SBIANCAMENTO DENTALE: tra l’impianto inserito e la protesi riabilitativa. Il tita PER UN SORRISO SICURO ED EFFICACE nio è un metallo leggero ed inerte con notevole bio- ORTODONZIA CONSERVATIVA ED ESTETICA: RIALLINEAMENTO DEI DENTI; APPARECCHIO INVISIBILE compatibilità grazie all’ossido che lo riveste e che lo rende in grado di fungere da ancoraggio per l’osso; - PARODONTOLOGIA: CURA DELLA PIORREA queste caratteristiche rendono estremamente raro il rigetto dell’impianto (inteso come reazione dell’ospi-► PROTESICA FUNZIONALE ED ESTETICA: PROTESI DENTALI FISSE E MOBILI te verso un materiale estraneo). Attualmente il tita► IMPLANTOLOGIA – IMPLANTOLOGIA A CARICO nio non costituisce più l’unico materiale valido utiliz IMMEDIATO: SOLUZIONE FISSA PER L’EDENTULISMO zabile per impianti dentali. La forma e la superficie - CHIRURGIA AVANZATA: degli impianti nel corso degli anni ha subito diverse TECNICHE SPECIALIZZATE DI INTERVENTO ORALE modifiche e variazioni; la morfologia predominante è comunque quella cilindro/conica con diametri e lunCentro Benessere Dentale ghezze variabili. - A Gradisca d’Isonzo (GO) In che cosa consiste l’intervento? in Viale Trieste, 34 Nell’implantologia classica, l’intervento viene diTel./Fax: 0481 969739, cell.: 333/3213683 viso in due fasi. Durante la prima fase si applicano gli - A Trieste impianti che rappresentano il punto di aggancio delle in Via Erta di Sant’Anna, 12 protesi all’interno del cavo orale. Dopo l’inserimento il Tel.: 040/8320830 medico deve attendere un periodo variabile (qualche - A Cavalicco di Tavagnacco (UD) mese), per attendere l’integrazione del metallo nell’osin Via San Bernardo, 30/5 so della bocca. Solo quando l’unione tra la superficie Tel.: 0432/570995 dell’impianto e l’osso sarà intervenuta si passerà alla E-mail: info@centrobenesseredentale.it Sito: www.centrobenesseredentale.it seconda fase dell’intervento, che è costituita dall’appli-

I nostri servizi


cazione sugli impianti dei congegni protesici. In determinati casi, al verificarsi di certe condizioni favorevoli, è possibile evitare di attendere il periodo di osteointegrazione e procedere immediatamente alla fase di protesizzazione. Il carico immediato è la metodica implantare che effettuiamo per far riavere i denti fissi ai nostri pazienti in meno di 36 ore. Attraverso una protesi provvisoria fissa posizionata sugli impianti dentali appena inseriti, il paziente non deve più preoccuparsi di rimanere senza denti in attesa della guarigione dei tessuti per posizionare successivamente la protesi definitiva fissa. Il carico immediato può essere applicato sull’intera arcata, su uno o più impianti. La terminologia “Carico Immediato” significa che i denti sono immediatamente posizionati sugli impian-

Il dentista? Il mio migliore amico!

ti dentali in modo fisso, non si tratta quindi di una protesi mobile. Fra le metodiche di implantologia a carico immediato, notevole è l’esperienza dei nostri medici, oltre che nei casi di impianti singoli anche nelle tecniche “All on four” o “All on six” (letteralmente: “Tutto su quattro” o “Tutto su sei”) che permettono di ripristinare l’arcata completamente edentula, posizionando soltanto quattro o sei impianti in siti ossei strategici, atti a garantire un’ottima risposta alle sollecitazioni masticatorie. Il paziente potrà, quindi, ottenere una protesi fissa provvisoria entro le 36 ore dall’intervento. Nella tecnica “All on four” e “All on six”, gli impianti utilizzati garantiscono, per forma, superficie e dimensione un’ideale stabilità strutturale e rapidi successi di guarigione ossea.

La riuscita estetica e funzionale degli interventi implantologici rasenta la perfezione, con percentuali di successo elevatissime, ma gli impianti dentali necessitano di un’igiene orale scrupolosa

al fine di poter durare a lungo nel tempo e garantire prestazioni ottimali. Se l’igiene dentale non viene rispettata, c’è il rischio concreto che insorgano pericolose infezioni. Spetta quindi al paziente, dunque, seguire le indicazioni fornite dal proprio dentista e adottare un regime alimentare, uno stile di vita e un’igiene orale adeguati, al fine di mantenere gli eccellenti risultati conseguiti grazie all’intervento.

LE DOMANDE PIù FREQUENTI Qual è la durata degli impianti? Le statistiche confermano che il 95% degli impianti inseriti in tutti questi anni sono ancora in posizione se il paziente si attiene alla manutenzione consigliata e cioè a visite periodiche regolari (almeno ogni 6 mesi), seduta di igiene professionale (almeno ogni 6 mesi) e igiene orale domiciliare come consigliata. Un impianto è sempre possibile? Le limitazioni all’implantologia (o comunque i fattori che aumentano il rischio di perdita degli impianti)sono davvero poche. Fra le più comuni ci sono le gravi anemie, l’osteoporosi, le cardiopatie, il diabete, le coagulopatie, forti fumatori e chi, invece, soffre di parodontite dovrà sottoporsi a più controlli periodici. Più in generale, comunque, tutte le malattie o disfunzioni di una certa gravità vanno valutate preventivamente dall’implantologo durante il colloquio con il paziente e i controlli

di routine. L’intervento implantologico è sconsigliato anche nel caso in cui un paziente stia attraversando un periodo di intenso stress psicofisico, in quanto il sistema immunitario ne potrebbe risultare indebolito, e durante la gravidanza. Dopo l’inserimento dell’impianto può insorgere gonfiore? In ogni caso, se si segue scrupolosamente il protocollo dato dal nostro studio, non insorgeranno particolari problemi. Mancanza di osso, come si può procedere? è possibile, con l’utilizzo di biomateriali, rigenerare l’osso mancante. Sono tecniche sofisticate e chiaramente la prognosi implantare è maggiore quanto minore è il ricorso a tecniche rigenerative. Saranno comunque eseguite valutazioni specifiche quali: panoramica dentale e Tac (eseguibili in studio).

Lo sapevi che...

Un reperto Maya, databile intorno al 6-700 d.C. e rinvenuto nel 1931 a Playa de Los Muertos in Honduras, è forse la prima testimonianza di un’implantologia orale. Si tratta di un frammento di mandibola umana che presenta inseriti negli alveoli naturali alcuni denti nonchè tre incisivi artificiali ottenuti da valve di conchiglia. Si era pensato ad un rituale post-mortem, ma verso gli anni ‘70, il prof. Amedeo Bobbio, docente in discipline implan-

tologiche presso l’Università di San Paolo (Brasile), ha confermato radiologicamente l’osteogenesi attorno ai pezzi di conchiglia inseriti, che verosimilmente indicherebbe un vero e proprio intervento di implantologia orale. L’osteointegrabilità del materiale (Conchiglia Tridacna) è stata poi anche confermata da una sperimentazione sui ratti effettuata dal dott. M.E. Pasqualini presso il Policlinico di Milano. Inseriti dei frammenti sterilizzati di valva conchigliare e trascorsi tre mesi, si è constatata la biocompatibilità istologica del materiale incluso, non essendosi riscontrata interposizione di tessuto fibroso.


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14 marzo ▶ Parsons Dance

Saper proporre la forza dirompente di una danza carica di positività, comunicativa, acrobatica e sognante allo stesso tempo: questa la grande qualità riconosciuta a una delle compagnie più famose al mondo. Trieste. Politeama Rossetti. Ore 20.30. Info: www.ilrossetti.com

ristorante

Il range di prezzo indicato (ove applicabile) si riferisce al costo medio di un pasto, escluse bevande alcoliche. I dati segnalati sono stati forniti direttamente dal Gestore del locale. Qualora doveste verificare delle discordanze, Vi invitiamo a segnalarcelo.

16 marzo ▶ Cin-ci-là

Una donna bella e sensuale e il suo desiderio di emancipazione che ne farà una grande protagonista dell’operetta italiana. Bella, brava ed entusiasta come i suoi motivetti ritmati che tutti conoscono e cantano. Gorizia. Teatro Verdi. Ore 20.45. Info: www.comune.gorizia.it/teatro

ristorante

e inoltre... 13 marzo ▶ La bastarda di Isatanbul

Dal romando di Elif Shafak. Con Serra Yilmaz. Cervignano del Friuli (UD). Teatro Pasolini. Ore 21. Info: www.teatropasolini.it

18 marzo ▶ Figli di un Dio minore

Con Giorgio Lupano e Rita Mazza. Cormóns (GO). Teatro Comunale. Ore 21. Info: www.artistiassociatigorizia.it


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Pub

Se raccontare storie ambientate nel futuro prossimo è un esercizio confinato nel genere della fantascienza, allora questo spettacolo è un esperimento di fantascienza narrata a teatro ma agli autori, Marco Paolini e Gianfranco Bettin, non piace chiamarla così. Monfalcone (Go). Teatro Comunale. Ore 20.45. Info: www.teatromonfalcone.it

trattoria

4-5 aprile ▶ Numero primo

agriturismo

6 aprile ▶ The Human JukeBox

Alla perversa creatività dei cinque cialtroni più irriverenti del teatro e della Rete – gli Oblivion – si aggiunge, questa volta, quella del loro pubblico che contribuirà a creare il menù della serata suggerendo gli ingredienti della pozione. Gradisca d’Isonzo (GO). Nuovo Teatro Comunale. Ore 21. Info: www.artistiassociatigorizia.it

21-23 marzo ▶ Il padre

Con Alessandro Haber e Lucrezia Lante della Rovere. Udine. Teatro Nuovo Giovanni da Udine. Ore 20.45. Info: www.teatroudine.it

7-15 aprile ▶ Tristano e Isotta

Opera su musica di Richard Wagner. Trieste. Teatro Verdi. Ore 19. Info: www.teatroverdi-trieste.com


L I V E

M U S I C

17-18 marzo ▶ Ligabue

Doppio appuntamento a Trieste per il “Made in Italy Tour” del Liga, che anticipa così il concerto: “Canzoni che godono di una vita propria ma che in quel contesto, tutte insieme, raccontano la storia di un antieroe”. Trieste. PalaRubini. Ore 21. Info: www.azalea.it

23 marzo ▶ Lorena McKennitt

L’icona mondiale della musica celtica torna in Italia con una nuova serie di concerti dal titolo “A Trio Performance”, che arrivano a 5 anni di distanza dalla sua ultima apparizione europea, forte dei 14 milioni di album venduti in carriera. Trieste. Politeama Rossetti. Ore 21. Info: www.azalea.it

e inoltre... 10 marzo ▶ Mimì con noi

Le più belle canzoni di Mia Martini Cervignano del Friuli (UD). Teatro Pasolini. Ore 21. Info: www.euritmica.it

19-20 marzo ▶ Mario Biondi 80

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Best of Soul tour Udine (al Politeama Rossetti di Trieste il 20 marzo). Ore 21. Teatro Nuovo Giovanni da Udine. Info: www.azalea.it


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24 marzo ▶ Vinicio Capossela

Unica tappa in Friuli Venezia Giulia del tour del cantautore, scrittore e poeta visionario quattro volte Targa Tenco, osannato dalla critica per lo spessore letterario dei suoi testi. Spazio all’album “Canzoni della Cupa” e altri successi. Udine. Teatro Nuovo Giovanni da Udine. Ore 21. Info: www.azalea.it

16 aprile ▶ J-Ax e Fedez

Le stelle italiane del rap insieme sul palco a Trieste nel giorno di Pasqua. Due generazioni diverse si fondono per un concerto che offrirà i grandi successi del passato e brani inediti scritti a quattro mani. Trieste. PalaRubini. Ore 21. Info www.azalea.it

29 marzo ▶ Baustelle

L’amore e la violenza Tolmezzo (UD). Teatro Candoni. Ore 21. Info: www.euritmica.it

7 aprile ▶ Lars Danielsson

Jazz. Con Grégory Privat al pianoforte Sacile (PN). Fazioli Concert Hall. Ore 20.45. Info: www. controtempo.org


FOLKLORE

18-26 marzo

▶ Trieste in Fiore

Coreografici giardini trasformeranno per una settimana viale XX Settembre in un parco a cielo aperto in cui poter ammirare piante e fiori provenienti da tutta Italia, ascoltando i consigli degli esperti del settore. Trieste. Viale XX Settembre. Info: www.comune. trieste.it

8-9 aprile

▶ In Primavera: fiori, acque e castelli

I saloni dei castelli, ornati a festa, ospiteranno le nuove creazioni di maestri artigiani, decoratori e artisti d’eccellenza. L’antico brolo, circondato da corsi d’acqua di risorgiva, ospiterà vivaisti con collezioni di ogni genere. Cervignano del Friuli (UD). Località Strassoldo. Info: www.castellodistrassoldo.it

e inoltre... 4-5/11-12 marzo ▶ Festa delle Cape

Degustazione di prodotti ittici. Lignano Sabbiadoro (UD). Piazzale Marcello D’Olivo. Info: 0431 73096

17 aprile ▶ Scampagnata di Pasquetta

Degustazioni e sport sul Monte Quarin. Cormóns (GO). Info: www.cormons.


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21-25 aprile / 28 aprile – 1 maggio

▶ Ethnic Festival

Tradizionale appuntamento multietnico e multiculturale: incontri a tema, degustazioni, musica e spettacolo. Con l’avvio del Trofeo internazionale di calcio giovanile “Nereo Rocco”. Gradisca d’Isonzo (GO). Info: www. ethnicfest.it

22-23 aprile

▶ Alla corte di Refosco di Faedis

Undicesima edizione della manifestazione che mira a promuovere e far conoscere il vitigno autoctono del faedese e la particolare conformità dei suoi terreni. Faedis (UD). Info: www.prolocofaedis.it

20 aprile – 2 maggio ▶ Sagra del Vino

Degustazioni, spettacoli, sport. Casarsa della Delizia (PN). Info: www.procasarsa.org

21-23 aprile ▶ Streeat Food Truck Festival

Cibo da strada con 20 birrifici artigianali. Udine. Piazza Primo Maggio. Info: www.streeatfoodtruckfestival.com


S PO R T

26 marzo

▶ Unesco Cities Marathon

Quinta edizione della maratona che collega le città Unesco di Cividale e Aquileia, transitando per Palmanova. Previsti numerosi eventi collaterali e la gara Special Olympics. Cividale del Friuli (UD). Info: www.unescocitiesmarathon.it

9 aprile

▶ Scialpinistica del Monte Canin

62^ edizione della competizione regionale a squadre. Per un’ascesa tra le nevi che rappresenta una sfida contro il tempo in uno scenario ambientale unico. Chiusaforte (UD). Località Selle Nevea, Conca Prevala. Info: http://skialpraibl.it

e inoltre... 10-12 marzo ▶ Extreme Days Winter Edition

Esibizioni di Freestyle sulla neve. Aviano (PN). Località Piancavallo. Info: www.xtremewinterdays.it

24-26 marzo ▶ Italian Baja

Campionato Italiano Cross Country Rally. Spilimbergo (PN). Ore 20. Info: www.italianbaja.it 84

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22-23 aprile

▶ Ecomaratona del Collio

Cormóns ospiterà la partenza e l’arrivo di tutte le manifestazioni competitive, che attraverseranno il confine italo-sloveno su percorsi prevalentemente sterrati. Cormóns (GO). Info: www.colliobrdatrail.it

30 aprile

▶ Lignano Sup Marathon

23km tra mare, laguna, litoranea Veneta, fiume Tagliamento e poi di nuovo in mare... Una gara unica nel suo genere. Partecipazione in solitaria o in squadra (staffetta). Lignano Sabbiadoro (UD). Info: 347 1476160

9 aprile ▶ Memorial Alan Tantin

Gara di sollevamento su panca. Ronchi dei Legionari (GO). Palestra. Ore 10. Info: 339 7032080

30 aprile ▶ Palmalonga

Marcia non competitiva sui bastioni. Palmanova (UD). Info: www.marciatoripalmanova.it L’INFORMAFREEMAGAZINE

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MEETING

11-18 marzo ▶ Dedica Festival

La 23^ edizione della rassegna letteraria sarà incentra sulla figura di Björn Larsson, scrittore e saggista svedese, viaggiatore, appassionato di mare e di navigazione. Previsti dibattiti e presentazioni di libri. Pordenone. Info: www.dedicafestival.it

5-9 aprile ▶ Le voci dell’inchiesta

Festival di cinema del reale. Esercitare, in un’epoca troppo sbrigativa, la “memoria dell’oggi” proponendo i migliori documentari internazionali è lo scopo dell’intera kermesse. Pordenone. Info: www.voci-inchiesta.it

e inoltre... 2-31 marzo ▶ Calendidonna

Incontri, dibattiti, proiezioni sul mondo al femminile.Udine. Info: www.comune.udine.it

13 marzo ▶ A ridosso della storia. Monfalcone e il Novecento

L’organizzazione dell’istruzione pubblica. Monfalcone (GO). Biblioteca comunale. Ore 18. Info: www.comune.monfalcone.go.it

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www.imagazine.it

21-23 aprile ▶ Link

Terza edizione del Festival del buon giornalismo, nell’ambito del Premio Luchetta. Si avvicenderanno anteprime editoriali, interviste d’autore, talk dedicati ai temi di attualità con grandi protagonisti dell’informazione. Trieste. Piazza della Borsa. Info: www.luchettaincontra.it

21-29 aprile ▶ Far East Film Festival

Diciannovesima edizione della principale rassegna europea dedicata al cinema orientale. Per dieci giorni proiezioni cinematografiche si alterneranno a incontri e feste a tema. Udine. Info: www.fareastfilm.com

20 marzo ▶ Generazione Whats app

Incontro su giovani e social. San Daniele del Friuli (UD). Ex sala consigliare. Ore 20.30. Info: http://new.movi.fvg.it

14 aprile ▶ Caffè delle Scienze

Conversazione con Tullio Giraldi e Marina Cabrini. Gorizia. Caffè Teatro. Ore 18. Info: www.turismofvg.it L’INFORMAFREEMAGAZINE

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▶IN VINO VERITAS

16-19 MARZO ▶COSMOPRIME Viale Borgo Palazzo, 137 BERGAMO Tel 035 3230911 www.promoberg.it 2-5 MARZO ▶BERGAMO CREATTIVA PRIMAVERA

Fiera delle arti manuali

16-19 MARZO ▶LILLIPUT

Salone educativo per l’infanzia

1-2 APRILE ▶INFIT CONVENTION

Fitness – Body Wellness – Meeting

Viale della Fiera, 20 BOLOGNA Tel 051 282111 www.bolognafiere.it 3-5 MARZO ▶FESTIVAL DELL’ORIENTE 3-5 MARZO ▶FAM AART

Cornici e accessori

3-5 MARZO ▶EUDI SHOW

Attività subacquee

16-19 MARZO ▶COSMOPACK

Salone Internazionale del Packaging

Distribuzione retail

17-20 MARZO ▶COSMOPROF

Profumeria e cosmesi

31 MARZO – 2 APRILE ▶IL MONDO CREATIVO

Hobbistica creativa, belle arti e fai da te

1-2 APRILE ▶MONDO ELETTRONICA 3-5 APRILE ▶LICENSING TRADE FAIR

Mercato dei diritti derivati

3-6 APRILE ▶BOLOGNA CHILDREN’S BOOK FAIR

Editoria libraria e multimediale per l’infanzia e la gioventù

Cremona Fiere s.p.a. Piazza Zelioli Lanzini, 1 CREMONA Tel 0372 598011 www.cremonafiere.it

11-13 MARZO ▶ARTE CREMONA 20-24 MARZO ▶SEMINARI DI QUALYFOOD 27 MARZO – 1 APRILE ▶EUROPEAN FUTURITY

Equitazione

E Festa del vino

via della Fiera, 11 FERRARA Tel 0532 900713 www.ferrarafiere.it 11-12 MARZO ▶MISEN

12 MARZO ▶T2000 IN TOUR

22-24 MARZO ▶RESTAURO – MUSEI

21 APRILE – 1 MAGGIO ▶EUROFLORA

Salone nazionale delle sagre Economia, conservazione e valorizzazione beni culturali

2 APRILE ▶ESPOSIZIONE NAZIONALE CANINA Piazza Adua, 1 FIRENZE Tel 055 49721 www.firenzefiera.it 17-18 MARZO ▶SIDO

Salone italiano ortodonzia

22 APRILE – 1 MAGGIO ▶MOSTRA INTERNAZIONALE DELL’ARTIGIANATO

Piazzale J. F. Kennedy, 1 GENOVA Tel 010 53911 www.fiera.ge.it 3-5 MARZO

Prodotti e servizi per tabaccheria

31 MARZO – 9 APRILE ▶FIERA PRIMAVERA

Campionaria

Fiori e piante ornamentali

22-23 APRILE ▶GIZMARK

Informatica ed elettronica

Fieramilanocity Piazzale Carlo Magno 1 MILANO Fieramilano Strada statale del Sempione 28 RHO Tel 02 49971 www.fieramilano.it 3-5 MARZO ▶CARTOOMICS

Fumetto, Cartoons, Cosplay

Fieramilano 8-11 MARZO ▶MADE EXPO

Architettura, design, edilizia

Fieramilano 10-12 MARZO ▶FA’ LA COSA GIUSTA!

Consumo critico e stili di vita sostenibili

Fieramilanocity 17-19 MARZO ▶HOBBY SHOW

Salone Italiano della Creatività

Fieramilanocity 17-19 MARZO ▶FARMACISTAPIÙ Fieramilanocity 31 MARZO – 2 APRILE ▶MIART

Arte Moderna e Contemporanea

Fieramilanocity 2-4 APRILE ▶BIT

Borsa Internazionale del Turismo

Fieramilanocity 4-9 APRILE ▶SALONE INTERNAZIONALE DEL MOBILE Fieramilano 4-9 APRILE ▶SALONE INTERNAZIONALE DEL COMPLEMENTO D’ARREDO Fieramilano 4-9 APRILE ▶EUROLUCE

Salone Internazionale dell’Illuminazione

Fieramilano 4-9 APRILE ▶WORKPLACE3.0

Ambiente del lavoro


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Lo spettacolo della primavera

Fieramilano

10-12 APRILE ▶TISSUE WORLD Fieramilanocity 19-23 APRILE ▶TEMPO DI LIBRI Fieramilano 20-22 APRILE ▶TECHNOLOGY HUB Fieramilanocity

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Via N. Tommaseo, 59 PADOVA Tel 049 840111 www.padovafiere.it 5-7 MARZO ▶RASSEGNA AGENTI CALZATURE 25 MARZO – 2 APRILE ▶ANTIQUARIA PADOVA 30-31 MARZO ▶SMAU

25-27 MARZO ▶ECO CASA ENERGY

Energie rinnovabili e risparmio energetico

31 MARZO – 2 APRILE ▶HOBBY SHOW

Salone della creatività

22-23 APRILE ▶RADIOAMATORE HI-FI CAR 30 APRILE – 1 MAGGIO ▶NORDEST COLLEZIONA

Nuove tecnologie Viale Virgilio, 70/90 MODENA Tel 059 848899 www.modenafiere.it 4-5 MARZO ▶VERDI PASSIONI

Orto, Giardino e Campagna

10 MARZO ▶UNIMORE ORIENTA

Orientamento dell’Università

17-19 MARZO ▶CHILDREN’S TOUR

Salone delle Vacanze

26-27 MARZO ▶I MEAT

Via Rizzi, 67/a PARMA Tel 0521/9961 www.fiereparma.it 3-5 MARZO ▶ART PARMA

Arte Moderna e Contemporanea 23-25 MARZO ▶MECSPE

Industria manifatturiera 12-13 APRILE ▶CIBUS

Salone dell’alimentazione

Innovazione in macelleria

1-2 APRILE ▶PLAY

Festival del Gioco

22-25 APRILE / 29 APRILE – 1 MAGGIO ▶FIERA CAMPIONARIA

Viale Treviso 1 PORDENONE Tel 0434 23 21 11 www.fierapordenone.it 4-12 MARZO ▶ORTOGIARDINO

Via Emilia, 155 RIMINI Tel 0541 744111 www.riminifiera.it 15-17 MARZO ▶ENADA PRIMAVERA

Apparecchi da intrattenimento e da gioco

17-18 MARZO ▶ELETTROMONDO

Soluzioni per l’elettricità

21-23 APRILE ▶OFF ROAD SHOW 28-30 APRILE ▶INVEST WORLD

Immobiliare, turismo, cultura

www.udinegoriziafiere.it Via della Barca, 15 GORIZIA 11-12 MARZO ▶FSB SHOW

▶5 STARS WINE

Udine 15-17 MARZO ▶YOUNG

9-12 APRILE ▶ENOLITECH

Fitness, sport, benessere

Professioni e formazione

Udine 24-26 MARZO ▶UDINE IN MUSICA Udine 31 MARZO – 2 APRILE ▶POLLICE VERDE

9-12 APRILE ▶VINITALY

Salone del vino e dei suoi distillati Tecniche per viticoltura

9-12 APRILE ▶SOL&AGRIFOOD

Agroalimentare di qualità

30 APRILE ▶MOSTRA MERCATO DEL DISCO E FUMETTO

Floricoltura

Gorizia

Viale del Lavoro, 8 VERONA Tel 045 8298111 www.veronafiere.it 4-5 MARZO ▶ART TATTOO

L’arte del tatuaggio

11-12 MARZO ▶MODEL EXPO ITALY

Fiera del modellismo

18-20 MARZO ▶SPORT EXPO

Fiera dello sport giovanile

Via Cotonificio, 96 Torreano di Martignacco (UD) UDINE Tel 0432 4951

Fiera del vino

25-26 MARZO ▶IO BENE

Fiera del benessere

31 MARZO – 2 APRILE

Via dell’Oreficeria, 16 VICENZA Tel 0444 969111 www.vicenzafiera.it 11-14 MARZO ▶KOINÉ

Arredi e oggetti liturgici 23-26 MARZO ▶ABILMENTE PRIMAVERA

Fiera della creatività

1-2 APRILE ▶EXPO ELETTRONICA 1-2 APRILE ▶VICOMIX

Fiera del fumetto

6-10 APRILE ▶ARTE VICENZA


F U O R I

R E G I O N E T R E V I S O 12 marzo

▶MARCIA DEI CASTELLI I percorsi saranno da 6, 13 e 19 km e ci sarà un percorso Baby di 4 Km dedicato ai bambini con animatori e giocolieri lungo il tracciato. Susegana. Info: www.avissusegana.it 18-19 marzo

▶MOSTRA SCAMBIO DI MODELLISMO E ATTIVITÀ LUDICHE Nelle due giornate si alterneranno dimostrazioni di volo di aerei radiocomandati, droni ed elicotteri. Spazio dedicato all’esposizione di mezzi militari della I^ e II^ guerra mondiale. Salgareda. Info: 333 8389262 19 marzo

▶FONTE IN FIORE L’evento ha la finalità di promuovere l’esposizione dei prodotti tipici locali, favorendo la partecipazione sia degli artigiani che dei vivaisti, con le loro piante, fiori e tecnologie per il giardino. Fonte. Info: 0423 948278 7-9 aprile

▶MOSNIGO IN FIORE Mostra mercato di fiori, piante e artigianato. Appuntamenti enogastronomici con degustazioni dei prodotti tipici del territorio. Moriago della Battaglia. Info: 333 3099134 9 aprile

▶PROSECCHISSIMA Quindicesima edizione della Granfondo di Mountain Bike. In programma gare per tutte le classi di età. Previsti anche intrattenimenti musicali e gastronomici. Maine. Info: www.prosecchissima.it 22 aprile

▶GEMITAIZ Unica data in tutto il Triveneto per il rapper romano classe ’88, tra gli artisti più seguiti della scena hip hop italiana. San Biagio di Callalta. Supersonic Music Arena. Ore 22. Info: www.azalea.it Fino al 1 maggio

▶STORIA DELL’IMPRESSIONISMO 140 opere, tutti i grandi nomi e con lavori fondamentali: da Manet a Degas, da Monet a Renoir, da Pissarro a Sisley, da Cézanne a Seurat, da Van Gogh a Gauguin. Treviso. Musei Civici. Info: www.museicivicitreviso.it 90

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F U O R I

R E G I O N E

V E N E Z I A Fino al 24 marzo

▶INFRARED VENICE L’esposizione raccoglie alcune immagini degli ultimi progetti fotografici di Arsen Revazov che hanno come soggetto la città lagunare. Venezia. AD Place Venice. Info: www.adplacevenice.com Fino al 27 marzo

▶LA BOTTEGA CADORIN. UNA DINASTIA DI ARTISTI VENEZIANI Lo straordinario patrimonio artistico e storico della famiglia Cadorin, testimone dell’intensa attività di almeno tre generazioni di artisti, architetti, musicisti e fotografi attivi a Venezia tra Ottocento e Novecento. Venezia. Palazzo Fortuny. Info: www.museiciviciveneziani.it 2 aprile

▶SU E ZO PER I PONTI Migliaia di persone coinvolte in una passeggiata di solidarietà per le calli di Venezia per una giornata all’insegna dell’aggregazione, dell’amicizia e della solidarietà. Venezia. Info: www.suezo.it 8-9 aprile

▶LA OTTANTA Regata costiera sulla rotta Caorle-Grado-Pirano, aperta sia ad imbarcazioni stazzate ORC o IRC sia in Libera nelle categorie X2 e XTutti. Caorle. Info: www.cnsm.org Fino al 17 aprile

▶IL PARADISO RICONQUISTATO Mostra di arte antica: in primo piano le trame d’oro e il colore nella pittura dell’artista Michele Giambono. Venezia. Gallerie dell’Accademia. Info: www. gallerieaccademia.org Fino al 25 aprile

▶PRIMA DELL’ALFABETO Viaggio in Mesopotamia all’origine della scrittura. Esposte per la prima volta quasi 200 opere della Collezione Ligabue. Venezia. Palazzo Loredan. Info: www.istitutoveneto.it 26 aprile

▶LIGABUE Recupero della data zero del “Mondo Visione tour” saltata a inizio febbraio per problemi di salute del Liga. Ora nuovamente pronto a infiammare il pubblico. Jesolo. Pala Arrex. Ore 21. Info: www.azalea.it L’INFORMAFREEMAGAZINE

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O L T R E

C O N F I N E C R O A Z I A 9-12 marzo

▶PRIMAVERA ISTRIANA Gara internazionale ciclistica a tappe. Il prologo si corre a Umago, le partenze delle tappe sono a Parenzo, Orsera e Pisino, i traguardi sono ad Albona, Montona e Umago. Umago. Info: bk.kamen.pazin@pu.t-com. hr 17-25 marzo

▶MEMORIAL SLAVOJ GREBLO Torneo internazionale di tennis per ragazzi e ragazze fino ai 12 anni, che quest’anno ospiterà 250 giocatori, provenienti da 25 Paesi. Umago. Info: www.maistra.com 2 aprile

▶BRIJUNI MARATHON Nello scenario suggestivo del Parco Nazionale di Brioni, oltre alla maratona sulla distanza dei 42 km, in programma anche la gara dei 14 km e la staffetta 3x14. Brioni. Info: www.brijunimarathon.com 7-9 aprile

▶ISTRAKON Convegno di Fantascienza. Festival di scienze-limite, di letteratura e cinema fantascientifici, accompagnato da un eterogeneo programma di conferenze, officine di giochi elettronici, tornei di carte… Pisino. Info: www.istrakon.hr 7-9 aprile

▶100 MIGLIA DELL’ISTRIA La gara endurance ultratrail percorre il Sentiero alpino istriano in tutta la sua lunghezza, da Albona fino a Umago. Albona. Info: www.istria100.com 11-17 aprile

▶EUROPEAN TWIRLING CHAMPIONSHIP I migliori interpreti continentali della disciplina si sfideranno per dimostrare la propria abilità in uno sport in costante crescita. Parenzo. Info: http://hr.lagunaporec.com 19-22 aprile

▶BOOKTIŽIN Espositori da tutta l’Istria per il festival del libro che mette a disposizione dei visitatori migliaia di volumi, alcuni dei quali da collezione. Parenzo. Info: www.knjiznicaporec.hr

C A R I N Z I A 9-12 marzo

▶IRON SLEDDOG MAN Un grande lavoro di squadra tra uomini e animali è il presupposto necessario per ottenere un buon piazzamento in questa gara di sleddog: una delle più dure d’Europa, con 70 mute di cani provenienti da diversi Paesi. Innerkrems. Info: www.raufner.at 9-12 marzo

▶SKIBOB WORLD CUP Finali di sci-bob nelle specialità di slalom speciale, slalom gigante e supergigante. Attesa anche per i paralleli maschili e femminili con sfide a duello. Nassfeld. Info: www.nassfeld.at 27 marzo – 2 aprile

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▶FULL METAL MOUNTAIN Nello splendido scenario di Passo Pramollo, un festival dedicato alla musica metal, con band provenienti da tutta l’Alpe Adria per cinque giorni di grande spettacolo. Nassfeld. Info: www.full-metal-mountain.com


O L T R E

C O N F I N E

S L O V E N I A 11 marzo

▶SALUTO ALLA PRIMAVERA Prima della festa di San Gregorio candele accese vengono fatte galleggiare nell’acqua. Secondo il vecchio calendario (giuliano) il 12 marzo iniziava la primavera… Lubiana. Info: www.slovenia.info 15-22 marzo

▶FESTIVAL INTERNAZIONALE DEL FILM DOCUMENTARIO In collaborazione con Amnesty International Slovenia verrà assegnato il premio per il miglior film sul tema dei diritti umani. Lubiana. Info: www.fdf.si 23-26 marzo

▶SALTO E VOLO CON GLI SCI Tappa di Coppa del Mondo, con gli atleti del panorama internazionale pronti a sfidarsi per la conquista di punti fondamentali per la classifica generale. Planica. Info: www.planica.si Fino al 27 marzo

▶LA RICREAZIONE Tre artisti sloveni e un giapponese che affrontano il tema del gioco sulla relazione tra ricreazione come tempo di svago e ricreazione intesa come nuovo atto creativo. Capodistria. Galleria Loggia. Info: www. progettomaravee.com 7-9 aprile

▶FESTA DELLA RIBOLLA E DELL’OLIO D’OLIVA Tra gli stand, oltre alla possibilità di degustare i prodotti migliori, sarà possibile anche acquistare preziosi ricordi regalo. Previsti anche incontri formativi. Višnjevik. Info: www.slovenia.info 22-23 aprile

▶FESTA DEI SALINAI A Pirano, città marinara di origine medievale, si celebra un evento dalla tradizione secolare, occasione unica per rivivere le antiche usanze legate al sale. Pirano. Info: www.slovenia.info 29 aprile – 1 maggio

▶FESTA DELL’OLIO E DELLA BIETOLA Nell’antico e tipico villaggio istriano di Padena, nell’entroterra di Pirano, tre giorni dedicati alla degustazione dei prodotti tipici del territorio. Padena. Info: www.slovenia.info

30 marzo – 15 aprile

▶MERCATO PASQUALE Prodotti artigianali e di vivaismo fanno da cornice al mercato che saluta la primavera e rappresenta l’occasione ideale per alcuni regali a tema per l’imminente Pasqua. Klagenfurt. Info: www.visitklagenfurt.at 17 aprile

▶SKI & GOLF TROPHY Una sfida avvincente su due sport: al mattino gara di sci tra i paletti delle piste, nel pomeriggio torneo di golf a nove buche. Nassfeld. Info: www.nassfeld.at 30 aprile

▶WÖRTHERSEE AUTOFREI Un’intera giornata senza automobile per riscoprire la quiete del Lago Wörthersee: protagonisti ciclismo, pattinaggio e corsa, per un evento pensato per tutte le famiglie. Klagenfurt. Wörthersee. Info: www.woerthersee-autofrei.at

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DISAGIO SOCIALE, LA RISPOSTA NON È IL PRONTO SOCCORSO Intervista con il dottor Alfredo Barillari, responsabile delle realtà di Gorizia e Monfalcone.

Pronto soccorso intasato? Lunghe ore prima di essere visitati? In diversi ospedali in Friuli Venezia Giulia, stesse problematiche. Abbiamo deciso di approfondire il tema, scoprendo così che i casi di disagio sociale mascherati da problema sanitario sono la causa dei ritardi e del rallentamento nell’erogazione di servizi nei pronto soccorso regionali. Anziani soli e dunque in difficoltà nella quotidianità, mancanza di risposte dei servizi sociali presenti sul territorio rispetto a problematiche psichiatriche e di abuso di alcol e sostanze stupefacenti; questi alcuni esempi dei tanti casi che ogni giorno intasano i reparti il cui ruolo è far fronte alle emergenze. Come questa situazione potrebbe essere risolta? Ne abbiamo parlato con il dottor Alfredo Barillari (in centro nella foto), responsabile dei pronto soccorso a Gorizia e Monfalcone dell’ospedale unico su due sedi che fa parte dell’Azienda Sanitaria Bassa Friulana - Isontina. È possibile quantificare quanti sono questi casi? «Non c’è una codifica per il disagio sociale, noi registriamo traumi, ferite, incidenti, problemi sanitari acuti. Questa tipologia di utenza, in crescita negli ultimi anni, non è contemplata nei nostri prontuari. Ritengo però che si possa parlare di ben oltre mille casi in un anno».

Quali sono le conseguenze sull’efficienza del servizio? «Le ripercussioni sono gravissime e sono la causa del nostro essere in affanno nel dare risposte all’utenza. Spesso questi ricoveri avvengono quando i servizi sociali sono chiusi, oppure gli addetti non presenti. Non mancano situazioni di responsabilità non chiare nelle quali si assiste al rimpallo di competenze. Non si vuole certo accusare nessuno ma certamente è tempo che il problema venga sollevato, visto che queste situazioni si verificano non solamente nell’Isontino ma, per quanto mi riferiscono i colleghi, in tutta la regione. Quello che emerge è che la rete sul territorio andrebbe potenziata». Chi sono questi pazienti sani ma in difficoltà? «Anziani, moltissimi. Persone che vivono da sole, non in grado di assumere farmaci e di assolvere le normali incombenze quotidiane. Cittadini che di colpo per problemi di solitudine o di reddito si trovano a non essere più autonomi. Anche una malattia banale diventa grave in condizioni di solitudine. Ma anche persone in stato di alterazione alcolica, sotto l’effetto di sostanze stupefacenti, con disagi mentali e altre forme di incapacità». Come arrivano da voi e perché? «Spesso sono accompagnati da parenti e amici, che non sanno a chi rivolgersi, o dalle forze dell’ordine che li rintracciano in strada oppure devono intervenire in caso di segnalazioni di cittadini. Il pronto soccorso è di fatto l’unico servizio aperto h24 che non rifiuta mai l’accoglienza». Che cosa fare? «Segnalare una situazione prima che diventi emergenza, perché vi sono bisogni nuovi in crescita ai quali la nostra società deve dare risposte. Rafforzare l’attività di rete e lo scambio di informazioni fra enti diversi. Non è il caso di allarmismi ma non è neppure giusto che la sanità pubblica si faccia carico di problematiche che sanitarie non sono. Sono infatti le punte di un disagio sociale al quale le strutture presenti sul territorio, comuni e servizi sociali, evidentemente non riescono più a dare risposte. Servirebbe maggiore scambio di informazioni fra territorio e ospedali. In alcuni casi sarebbe sufficiente poter offrire un posto caldo, del cibo e qualcuno che, con umanità e professionalità, si prendesse cura di una persona non più lucida. Un compito ingrato certo e che non dà visibilità, ma che può salvare una vita». Margherita Reguitti

COMUNE DI MONFALCONE Abitanti: 28.014

(dati Anagrafe dic 2016 - gen 2017) nati: 41, deceduti: 78, immigrati: 212, emigrati: 199, matrimoni: 3 Recapiti: 0481 494280, www.comune.monfalcone.go.it

COMUNE DI SAN CANZIAN D’ISONZO Abitanti: 6.165

(dati Anagrafe ott 2016 - gen 2017) nati: 7, deceduti: 25, immigrati: 80, emigrati: 101, matrimoni: 2 Recapiti: 0481 472311, www.comune.sancanziandisonzo.go.it

COMUNE DI STARANZANO Abitanti: 7.257

(dati Anagrafe nov - dic 2016) nati: 8, deceduti: 16, immigrati: 66, emigrati: 42, matrimoni: 3 Recapiti: 0481 716911, www.comunedistaranzano.it

COMUNE DI RONCHI DEI LEGIONARI Abitanti: 11.939

(dati Anagrafe gen - dic 2016) nati: 84, deceduti: 142, immigrati: 593, emigrati: 559, matrimoni: np. Recapiti: 0481 477111, www.comuneronchi.it


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2 marzo Tanti auguri Luisa! Eugenio, Andrea e Marina 3 marzo Buon compleanno Daniel! Lo staff di iMagazine 4 marzo Buon compleanno Dimitri! A&M 10 marzo Auguri di buon compleanno ad Sara Tiziano 22 marzo Tanti auguri Elisa! Mamma, papà, Riccardo, Marina e Andrea 23 marzo Auguri papà! Massimo, Daniela, Stefano, Eva 26 marzo Buon compleanno Cinzia! Lo staff di iMagazine 3 aprile Buon compleanno Anita Cinzia e Nick 3 aprile Tanti auguri Donatella Saverio, Lilly, Fede, Monica, Luca, Jacopo 16 aprile Buon compleanno nonna Carmela! Lucia, Sara, Fabrizio 24 aprile Tanti auguri di buon compleanno a Daniela! Andrea, Rosalia, Massimo 28 aprile Buon anniversario Barbara! Luigi Mandaci entro il 1º aprile i tuoi auguri per le ricorrenze di maggio e giugno! Li pubblicheremo gratuitamente su iMagazine! Segnalaci giorno, evento, mittente e destinatario e spedisci il tutto via e-mail (info@imagazine.it), via posta ordinaria (iMagazine, c/o via Aquileia 64/a, 33050 Bagnaria Arsa – UD) o via fax (040 566186).


Fonte: Federfarma Gorizia e Ordine dei Farmacisti di Trieste

96 | marzo-aprile 2015 FARMACIE DI TURNO

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ALLA SALUTE via Cosulich 117 Monfalcone, tel. 0481 711315 CENTRALE pzza Repubblica 16 Monfalcone, tel. 0481 410341 COMUNALE 1 via Aquileia 53 Monfalcone, tel. 0481 482787 COMUNALE 2 via Manlio 14 Monfalcone, tel. 0481 480405 REDENTORE via IX Giugno 36 Monfalcone, tel. 0481 410340 RISMONDO via Toti 53 Monfalcone, tel. 0481 410701 SAN ANTONIO via Romana 93 Monfalcone, tel. 0481 40497 SAN NICOLÒ via Iº Maggio 92 Monfalcone, tel. 0481 790338 ALL’ANGELO via Roma 18 Ronchi dei L., tel. 0481 777019 ALLA STAZIONE v.le Garibaldi 3 Vermegliano, tel. 0481 777446 LEDRI via Marina 1 Grado, tel. 0431 80058 COMUNALE via C. Colombo 14 Grado, tel. 0431 80895 ZANARDI via Trieste 31, Staranzano, tel 0481 481252 AL LAGO via Roma 13, Doberdò, tel 0481 78300 LUCIANI via Dante 41, Sagrado, tel 0481 99214 SPANGHERO via Aquileia 89, Turriaco, tel 0481 76025 VISINTIN via Matteotti 31, San Pier d’Isonzo, tel 0481 70135 RAMPINO piazza Venezia 15, San Canzian d’Is., tel 0481 76039 DI MARINO via Redipuglia 77, Fogliano, tel 0481 489174 TRIESTE via Mazzini 43, tel. 040.631785 TRIESTE via Combi 17, tel. 040.302800 TRIESTE via Fabio Severo 122, tel. 040.571088 TRIESTE piazza Ospedale 8, tel. 040.767391 TRIESTE capo di piazza Mons. Santin 2 tel. 040.365840 TRIESTE via Commerciale 21 tel. 040.421121 TRIESTE via Ginnastica 6, tel. 040.772148 TRIESTE piazza Venezia 2, tel. 040.308248 TRIESTE via Curiel 7/B (Borgo S. Sergio), tel. 040.281256 TRIESTE via Giulia 14, tel. 040.572015 TRIESTE via Dante 7, tel. 040.630213 TRIESTE via Costalunga 318/A, tel. 040.813268 TRIESTE via Giulia 1, tel. 040.635368 TRIESTE corso Italia 14, tel. 040.631661 TRIESTE largo S. Vardabasso 1, tel. 040.766643 TRIESTE piazza della Borsa 12, tel. 040.367967 TRIESTE via Rossetti 33, tel. 040.633080 TRIESTE via Mascagni 2, tel. 040.820002 TRIESTE via S. Giusto 1, tel. 040.308982 TRIESTE via Roma 15 (angolo via Valdirivo), tel. 040.639042 TRIESTE via Piccardi 16, tel. 040.633050 TRIESTE via Baiamonti 50, tel. 040.812325 TRIESTE piazza Oberdan 2, tel. 040.364928 TRIESTE piazzale Gioberti 8, tel. 040.54393 TRIESTE via Oriani 2 (largo Barriera), tel. 040.764441 TRIESTE piazza Cavana 1, tel. 040.300940 TRIESTE viale Miramare 117, tel. 040.410928 TRIESTE via dell’Istria 33, tel. 040.638454 TRIESTE piazza Giotti 1, tel. 040.635264 TRIESTE via Belpoggio 4 (angolo via Lazzaretto Vecchio), tel. 040.306283 TRIESTE via Bernini 4 (angolo via del Bosco), tel. 040.309114 TRIESTE largo Piave 2, tel. 040.361655 TRIESTE via Felluga 46, tel. 040.390280 TRIESTE piazza Libertà 6, tel. 040.421125 TRIESTE via dell’Istria 18/B, tel. 040.7606477 TRIESTE via di Servola 44, tel. 040.816296 TRIESTE viale XX Settembre 6, tel. 040.371377 TRIESTE via dell’Orologio 6 (via Diaz 2), tel. 040.300605 TRIESTE via Pasteur 4/1, tel. 040.911667 TRIESTE via Tor S. Piero 2, tel. 040.421040 TRIESTE piazza Goldoni 8, tel. 040.634144 TRIESTE via Revoltella 41, tel. 040.941048 TRIESTE via Brunner 14, tel. 040.764943 TRIESTE campo S. Giacomo 1, tel. 040.639749 TRIESTE piazzale Valmaura 11, tel. 040.812308 TRIESTE via Roma 16 (angolo via Rossini), tel. 040.364330 TRIESTE piazza Garibaldi 6, tel. 040.368647 TRIESTE via Stock 9, tel. 040.414304 TRIESTE largo Sonnino 4, tel. 040.660438 TRIESTE piazza S. Giovanni 5, tel. 040.631304 TRIESTE via Alpi Giulie 2, tel. 040.828428 TRIESTE via Cavana 11, tel. 040.302303 TRIESTE largo Osoppo 1, tel. 040.410515 TRIESTE via Settefontane 39, tel. 040.390898


Le farmacie contrassegnate dal fondino arancione anticipano di un giorno le date di turno indicate. Le farmacie di Trieste iniziano e terminano i turni 2 giorni dopo rispetto alle date indicate

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04-10 2015 | 97 MARZO | marzo-aprile APRILE

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98 | maggio-giugno 2015 | 98 | marzo-aprile 2012 |

Nadal coi tui Pasqua con chi te vol -Iera la iaspi dell’acqua!

Bosic z druzino, velika noc s komerkoli. Je bila luč od vode

Weihnachten mit den Deinen, Ostern mit wem du willst. - Es war die Kühlmittel-Warnleuchte!

Nadâl cui tiei Pasche cun cui che tu vuelis E jere la spie de aghe

Nadal coi tuoi e Pasqua con chi che te vol Iera la spia de l’acqua

Per le traduzioni si ringrazia: Irene Devetak (sloveno), Isa Dorigo - Ufficio comunità linguistiche Regione FVG (friulano), Andrea Coppola Università di Trieste (tedesco), Marianna Martinelli (bisiaco), Alessandro Samez (triestino).




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