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gennaio-febbraio 2008
| L’INFORMAFREEMAGAZINE
E D I T O R I A L E L’INFORMAFREEMAGAZINE nº 82 – anno XIV numero 5 settembre-ottobre 2019 ISSN 1828-0722 Editore
GOLIARDICA EDITRICE srl a socio unico sede operativa: I – 33050 Bagnaria Arsa, Italy via Aquileia 64/a tel +39 0432 996122 fax +39 040 566186 info@imagazine.it Direttore responsabile Andrea Zuttion Condirettore responsabile Claudio Cojutti Responsabile di redazione Andrea Doncovio Marketing / Eventi Eleonora Lulli Area commerciale Michela De Bernardi, Francesca Scarmignan, Fabrizio Dottori Responsabile area legale Massimiliano Sinacori Supervisione prepress e stampa Stefano Cargnelutti Hanno collaborato Vanni Feresin, Claudio Pizzin, Paolo Marizza, Germano De March, Antonio Amato, Margherita Reguitti, Andrea Fiore, Livio Nonis, Cristian Vecchiet, Alfio Scarpa, Michele D’Urso, Michele Tomaselli, Manuel Millo, Andrea Coppola, Alberto Vittorio Spanghero, Renato Duca, Renato Cosma, Germano Pontoni, Isa Dorigo, Sandro Samez, Marianna Martinelli, Irene Devetak, Andrea Tessari, Dario Vetta, Denise Falcomer, Lorella Dreas, Gilberto Ganzer Registrazione Tribunale di Udine n. 53/05 del 07/12/2005 Stampato in proprio Tiratura 70.000 copie Credits copertina Claudia Guido Credits sommario :: Claudia Guido :: :: Vanessa Colosetti :: :: Matteo Monai :: :: Edoardo Chiappino :: :: Giulia Spinelli :: © goliardica editrice srl a socio unico. Tutti i diritti sono riservati. L’invio di fotografie o altri materiali alla redazione ne autorizza la pubblicazione gratuita sulle testate e sui siti del gruppo goliardica editrice srl. Manoscritti, dattiloscritti, articoli, fotografie, disegni o altro non verranno restituiti, anche se non pubblicati. Nessuna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta in alcun modo, incluso qualsiasi tipo di sistema meccanico, elettronico, di memorizzazione delle informazioni ecc. senza l’autorizzazione scritta preventiva da parte dell’Editore. Gli Autori e l’Editore non potranno in alcun caso essere considerati responsabili per incidenti o conseguenti danni che derivino o siano causati, direttamente od indirettamente, dall’uso improprio delle informazioni ivi contenute. Tutti i marchi citati appartengono ai rispettivi proprietari, che ne detengono i diritti. L’Editore, nell’assoluzione degli obblighi sul copyright, resta a disposizione degli aventi diritto che non sia stato possibile rintracciare al momento della stampa della pubblicazione.
Cari lettrici e lettori, il numero di iMagazine che vi apprestate a leggere racconterà – tra le altre – le storie di due personaggi che ben rappresentano spaccati diversi ma correlati tra loro dell’attuale società italiana: esempi che dimostrano come la determinazione a mettersi in gioco ancora oggi – nonostante tutto – sia una discriminante in grado di trasformare in realtà anche sogni o obiettivi all’apparenza difficili da realizzare. Chiara Marchi cinque anni fa ha rinunciato a un contratto a tempo indeterminato in una affermata ditta di commercio del caffè per dedicarsi alle sue grandi passioni, la scrittura e la promozione del territorio. Con un figlio a carico ha aperto una partita iva investendo le proprie risorse su un progetto web che oggi coinvolge decine di migliaia di persone. Se a ciò aggiungiamo che lo ha fatto pur essendo dislessica e disgrafica, la dimostrazione che tenacia e determinazione siano compagni di viaggio imprescindibili per riuscire nella vita è presto confermata. Doti – tenacia e determinazione – che non mancano di certo a Matteo Monai, giovane ricercatore friulano trapiantato a Utrecht e che a ottobre sarà ricevuto al Quirinale dal Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per ricevere il premio di miglior ricercatore italiano dell’anno. Nell’intervista rilasciataci in esclusiva, due sfumature della sua storia meritano di non passare inosservate: la grande nostalgia per il suo Paese e il piacere invece per le modalità con cui si lavora in Olanda. «Alle 6 di sera si stacca e il week end ci si dedica alla vita privata». Perché investendo il giusto tempo per le proprie passioni le persone possono essere maggiormente performanti nell’orario lavorativo. Il tutto con uno stato sociale che garantisce massima efficienza dei servizi e un’attenta limitazione agli sprechi. Mentre scrivo queste righe, invece, in Italia sta prendendo forma l’ennesimo nuovo governo. Pur non avendone ancora tra le mani il programma, senza essere un indovino non credo di sbagliare nell’anticipare che tra i suoi obiettivi mirerà ad abbassare le tasse, a ottimizzare e rendere più efficiente la macchina dello Stato riducendo gli sprechi e migliorando i servizi, a combattere una lotta senza quartiere alla grande evasione fiscale. Per mettere nero su bianco queste affermazioni senza paura di essere smentito non servono gole profonde all’interno dell’esecutivo, ma è sufficiente rileggere i programmi proposti dai governi che hanno guidato l’Italia negli ultimi vent’anni. Un florilegio di mirabolanti cambiamenti verso una società più equa nella quale merito, capacità e dedizione vengono quotidianamente premiati. Qualcosa di normale e scontato nei Paesi dell’Europa occidentale, ma che da noi resta solo un’illusoria promessa sempre meno credibile. Con l’amaro in bocca che, come dimostrano le storie delle persone citate in apertura, capacità e talenti tra gli italiani non mancano di certo. Anche per questo, non creare le condizioni per valorizzarli rappresenta da decenni una mancanza che pagheremo cara. Perché – piaccia o meno – il conto prima o poi arriva. Nel frattempo non mi resta che augurarvi … buona lettura! Andrea Zuttion
S O M M A R I O
settembre - ottobre 14
L’ANALISI di Paolo Marizza
11 Un patto tecnologico CHIARA MARCHI di Andrea Doncovio
14 Vi presento MissClaire CLAUIANO di Michele Tomaselli
18 Un borgo, tante meraviglie 18
MATTEO MONAI di Margherita Reguitti
22 In Olanda la ricerca parla friulano DONATELLA GUARNERI di Claudio Pizzin
24 Gemme del passato SIMONE D’EUSANIO di Livio Nonis
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28 Al ritmo delle star
GUIDARE SICURI di Polizia di Stato di Gorizia
30 Concentrati sulla strada
SUCCESSIONI ED EREDITÀ di Massimiliano Sinacori
32 Si può diseredare un figlio? HIKIKOMORI di Andrea Fiore
34 Il mondo in una stanza 24
CUORE E MALATTIE di Lorella Dreas
36 Che cos’è un infarto? OSIRIDE BROVEDANI di Claudio Pizzin
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40 La fiducia di riuscire OROLOGI E CAMPANILI di Alberto V. Spanghero
44 Come scorre il tempo STORIA E DECADENZA di Gilberto Ganzer
48 I napoleonidi di Villa Vicentina CANTO CORALE A GORIZIA di Vanni Feresin
50 Note di libertà
FRANCA VENUTI CARONNA di Renato Duca
54 Mani intelligenti
DONATELLA NONINO di Margherita Reguitti
56 L’arte non mente
FABIO FACCHINETTI di Andrea Zuttion
58 L’arte della ristorazione BARCOLANA 51 della redazione
60 La meraviglia del mare LIBERTAS TORVISCOSA di Livio Nonis
62 L’arte della ginnastica FRANCO ZERIUL di Michele D’Urso
64 Hardcore Bodybuilding ANDAR PAI GRENBANI di Dario Vetta
66 Alla scoperta del Luppolo EDUCAZIONE E POLITICA di Cristian Vecchiet
68 La conseguenza delle scelte PERSONE ED ESEMPI di Manuel Millo
70 Cosa significa insegnare? CHEI DAI TAPS di Livio Nonis
72 Riciclo e solidarietà MONDO OLISTICO di Denise Falcomer
74 La stagione del metallo CHEF…AME
79 La ricetta di Germano Pontoni 80 e segg. Gli eventi di settembre e ottobre
: lettere alla redazione
▲ Colonia (Germania) – Nicolò Grassetti, figlio della responsabile amministrativa di Goliardica Editrice Cinzia Martinelli, durante la cerimonia di consegna della laurea in Economia Aziendale conseguita presso la CBS University della città tedesca, grazie a una tesi sulla Risoluzione dei conflitti multigenerazionali sul posto di lavoro. A Nicolò le più sincere congratulazioni da parte di tutto lo staff di iMagazine.
▲ Fiumicello Villa Vicentina – L’intervento del collaboratore di iMagazine, Claudio Pizzin (nella foto di Enzo Andrian, coadiuvato dalla figlia Valentina), in qualità di esperto sulla storia dell’evento, durante il tradizionale convegno tecnico organizzato nel contesto della 60^ edizione della Mostra Regionale delle Pesche di Fiumicello.
▲ Trieste – Susanna Ognibene e Mauro Martinenzi (ph. Claudio Pizzin) firmano le copie del libro/catalogo Camillo Castiglioni e il mito della BMW, edito da Goliardica Editrice e presentato in occasione dell’omonima mostra allestita a Palazzo Gopcevich, dedicata alla storia di uno dei più grandi finanzieri e industriali europei, protagonista negli anni ‘20 del salvataggio della BMW (info: www.edizionigoliardiche.it).
▲ Grado – Gli allievi dell’ultimo anno della Scuola parrocchiale dell’infanzia “L. Rizzo” di Grado (foto di Claudio Pizzin), assieme al pittore Dino Facchinetti, hanno presentato come da tradizione i disegni realizzati con l’aiuto dell’artista gradese e incentrati su un particolare luogo della città. Per l’edizione 2019 del progetto pluriennale, è stato scelto come tema l’Isola di Barbana. I disegni resteranno visibili a tutti fino al prossimo anno negli spazi di Campo dei Patriarchi.
▲ Trieste – Beatrice Virginia Di Gioia (in bianco nella foto) è stata nominata “infermiere dell’anno 2019” a Trieste: la proclamazione è avvenuta alle “Terrazze” a Grignano, nell’ambito della annuale Serata di solidarietà promossa da OPI, l’Ordine delle Professioni Infermieristiche di Trieste che sigla il rush finale del Premio Sossi “L’infermiere dell’anno”, giunto alla 6^ edizione e dedicato alla collega Valentina Sossi, scomparsa prematuramente sei anni fa. Le altre due finaliste sono state Chiara Silvano e Raffaela Rissolo nella foto assieme anche al presidente Opi Trieste, Flavio Paoletti.
▲ Ragogna – Foto di gruppo per i trenta giovani volontari del Servizio Civile Universale che hanno operato in Pro Loco e Consorzi Pro Loco del Friuli Venezia Giulia. Il tutto all’interno del progetto “Il Patrimonio culturale materiale e immateriale del Friuli Venezia Giulia in immagini, suoni e parole online&offline” del Comitato Regionale del Friuli Venezia Giulia dell’Unione Nazionale delle Pro Loco d’Italia, che punta principalmente a salvare, digitalizzandola, la tradizione orale delle leggende e delle storie che ruotano attorno a determinati eventi o luoghi, dalla letteratura alla poesia, dalla musica alle forme artistiche più varie.
È possibile inviare le proprie lettere e i propri commenti via posta ordinaria (iMagazine – via Aquileia 64/a – 33050 Bagnaria Arsa-UD), oppure via e-mail (redazione@imagazine.it).
▲ Ruda – Foto di gruppo per i 14 ragazzi residenti nel territorio, di età tra i 14 e i 18 anni, che hanno partecipato alla tre giorni di proposte per sensibilizzare le nuove generazioni, per consentire loro di vivere in prima persona esperienze in emergenza gestite dalla Protezione civile: dal montaggio tende allo spegnimento di incendio, dall’utilizzo di motopompe all’antincendio boschivo, dalla ricerca di persone scomparse al primo soccorso. Esperienze teoriche e pratiche su rischi reali e affrontati con metodo nel piano di emergenza comunale. Livio Nonis
▲ Grado – I ragazzi del coro Dinam del Gruppo Costumi Tradizionali Bisiachi di Turriaco, diretti da Caterina Biasiol, con la canzone Fioi della stessa tiara di Massimiliano Natali e Caterina Biasiol si sono piazzati al terzo posto al Festival regionale della canzone dialettale del Friuli Venezia Giulia. Il Coro si è distinto a tal punto da essere premiato sia dalla giuria di qualità che dal pubblico. Livio Nonis
▲ Farra d’Isonzo – Nell’affascinante scenario di Tenuta Villanova (foto di Stefano Benetti), si è svolta una delle cinque serate speciali dell’edizione 2019 di Vigne Sotto le Stelle, format ideato e organizzato da Eventiva in partneship con iMagazine, che ha portato cinque chef del territorio a proporre i loro piatti in abbinamento con i vini di alcune delle più prestigiose cantine del Friuli Venezia Giulia, che hanno ospitato i commensali nelle proprie vigne per serate speciali a contatto con la natura e le eccellenze enogastronomiche (info: www.vignesottolestelle.it).
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ALFABETIZZAZIONE DIGITALE Rubrica di Paolo Marizza
www.imore.com
L’ANALISI
Un patto tecnologico L’avanzare della digitalizzazione rischia di isolare tutte quelle persone che non possiedono le competenze necessarie a rimanere al passo con lo sviluppo. Quando invece le nuove tecnologie possono essere strumento di inclusione e di benessere della popolazione anziana. Anche grazie all’aiuto dei giovani.
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L’invecchiamento della popolazione e il crescente sviluppo dei mezzi tecnologici digitali e del loro sempre più frequente utilizzo è una delle maggiori sfide della società moderna. La tecnologia ha avuto un impatto enorme sulle nostre vite. Oggi è possibile videochiamare istantaneamente amici e parenti in tutto il mondo, spendere i nostri soldi semplicemente con il tocco di una carta, tracciare la nostra forma fisica tramite un dispositivo indossabile, e molto altro ancora. Ma l’avanzare della digitalizzazione rischia di escludere e isolare tutte quelle persone che non possiedono le capacità e le competenze necessarie a rimanere al passo con il progredire dell’innovazione tecnologica e della digitalizzazione. La percentuale delle persone che hanno difficoltà con almeno una delle attività della vita quotidiana aumenta significativamente all’età di 65 anni fino ad arrivare al 50% a 85 anni. Recenti studi, tuttavia, testimoniano che iniziative mirate di alfabetizzazione digitale possono far aumentare del 50% le capacità delle persone di svolgere attività quotidiane e ridurre i sintomi di depressione.
Isolamento sociale e solitudine sono due problematiche in aumento. Uno studio ha evidenziato che circa 200.000 persone anziane in Gran Bretagna non hanno conversazioni con un amico o un familiare nell’arco di mesi. Tuttavia coloro che si sentono socialmente isolati e soli sono anche i più propensi a usare i servizi pubblici, a causa della mancanza di reti di supporto e di un aumento della probabilità di sviluppo di determinate condizioni sanitarie, quali depressione, demenza e problemi cardiovascolari. Fortunatamente, ci sono degli innovatori che stanno cercando di introdurre, attraverso la ricerca e lo sviluppo di alcune tecnologie di base, operazioni facilitate come videochiamate, utilizzo del computer e accesso a Internet che hanno un impatto positivo sull’isolamento sociale. Ad esempio, una soluzione creata in Australia, è un’innovazione che permette ad assistenti di fornire servizi di supporto in remoto tramite tecnologie digitali. Alla persona anziana viene fornito un tablet dal quale potrà mettersi in contatto con community e social network a lei dedicati. Gli assistenti possono organizzare degli incontri virtuali per parlare del senso di isolamento e del benessere generale e possono an|
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phoneclick.it
gie. Più nello specifico si tratta di capire e approfondire l’utilizzo e il rapporto delle persone anziane con i nuovi mezzi di comunicazione e informazione, strettamente correlato alla percezione di benessere e di facilità di accesso alle informazioni e ai servizi. Si indaga la correlazione tra utilizzo della tecnologia con eventuali benefici in termini di accessibilità ai servizi di interesse, maggiori relazioni sociali, maggiore autonomia e autodeterminazione. Lo strumento utilizzabile è quello del questionario. 2. Alfabetizzazione digitale di base
che organizzare chiamate di gruppo con altre persone con interessi comuni. Queste applicazioni permettono inoltre di fornire assistenza al 60% del costo dei servizi di supporto faccia a faccia. Creare consapevolezza e abilità nell’accesso e nella fruizione delle tecnologie digitali da parte della popolazione anziana, oltre a rappresentare un imperativo etico solidaristico, costituisce un fattore fondamentale per l’arricchimento della qualità di vita nella prospettiva dell’invecchiamento attivo, attraverso nuove forme di alfabetizzazione digitale. Recenti analisi e ricerche confermano che le persone in terza e quarta età che hanno maggiore dimestichezza con i mezzi tecnologici e di comunicazione, hanno una migliore autonomia nell’attivazione e fruizione di servizi a loro favore e una maggior percezione di benessere e di soddisfazione nei riguardi della propria vita e dei propri contatti sociali. In altre parole, l’accesso a internet e l’utilizzo dei dispositivi digitali può apportare benefici alla popolazione anziana, sia in termini di benessere psico-fisico sia di inclusione sociale, grazie all’accesso alle informazioni e alla possibilità di attivare in autonomia servizi sociali e non e le prestazioni da essi erogate. Un approccio proficuo per lo sviluppo di tali iniziative potrebbe prevedere un percorso articolato in 3 parti, iniziando con un approccio qualitativo.
L’offerta di corsi dedicati all’informatica e alla tecnologia è molto vasta e tratta vari argomenti con dispositivi elettronici differenti. Tali offerte sono state gradualmente ampliate e modificate in base ai bisogni emergenti e all’evoluzione dei mezzi di comunicazione e di informazione. Fino a qualche anno fa, i corsi erano orientati all’utilizzo del PC, mentre a oggi l’offerta è maggiormente orientata a dispositivi come smartphone e tablet. I corsi/ workshop potranno essere articolati a seconda della necessità dell’anziano e spaziano da corsi di introduzione al dispositivo elettronico, con utilizzo della tastiera e del mouse, arrivando a corsi su tablet. Vengono proposte lezioni sull’utilizzo di internet e di motori di ricerca, nonché prime nozioni sulla sicurezza dei dispositivi elettronici e su come proteggersi durante la navigazione in internet.
3. Dall’alfabetizzazione alla fruizione personalizzata
Sempre più frequentemente la costruzione dei siti web e di applicazioni (APP) non considerano la possibilità di accesso di utenti che abbiano problemi di carattere visivo, motorio o anche semplicemente conoscitivo del web e delle APP: risulta quindi importante garantire anche agli anziani un accesso alla rete adattando i dispositivi e i siti alle loro esigenze. Il processo di invecchiamento porta spesso con sé delle difficoltà visive, motorie, tattili o uditive che possono ostacolare l’accesso e l’utilizzo di strumenti digitali. Per tale motivo risulta necessario semplificare il più pos1. Quale alfabetizzazione? Il tema principale da indagare inizialmen- sibile i dispositivi elettronici a disposizione te è il rapporto tra anziani e nuove tecnolo- della popolazione anziana. 12
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È necessario in primo luogo rendere fruibili, intuitivi e funzionali i dispositivi necessari ad accedere a internet. I cellulari smartphone devono poter disporre di applicazioni e tasti grandi e facilmente utilizzabili, inoltre le tastiere dei computer andrebbero maggiormente semplificate, escludendo tutti i tasti superf lui nel caso in cui si usufruisce solo di determinate applicazioni. Esistono già sul mercato applicazioni che, attraverso le icone grandi e impostazioni chiare, fanno in modo che il telefono o il tablet risulti più semplice da utilizzare. Un altro aspetto importante è la necessità di migliorare la fruibilità dei siti web e delle APP. Un’opera di sensibilizzazione verso i fornitori di servizi ICT (tecnologie dell’informazione e della comunicazione) che sono a contatto con la popolazione anziana è funzionale a orientare l’offerta di dispositivi e applicazioni. È possibile agire su più livelli, rendendo consapevoli riguardo al tema anche i fornitori di servizi che abitualmente non hanno a che fare principalmente con l’anziano. A tal fine il sostegno tra le generazioni risulta un punto fondamentale. I nativi digitali
possiedono le conoscenze e le competenze digitali che mancano alle generazioni più anziane (“nipoti e nonni”). Le persone anziane non sono le uniche a fare capo ai servizi sociali, comunali e non. Anche giovani adulti che necessitano aiuto di vario genere usufruiscono di tali servizi. Da qui potrebbe nascere una collaborazione tra giovani e anziani, i quali possono scambiarsi le rispettive conoscenze e collaborare in modo funzionale e arricchente. Infatti lo scambio avviene da entrambi i lati. Da una parte la trasmissione del sapere tecnologico, dall’altra quello dell’esperienza di vita e del sostegno emotivo. In prospettiva potrebbero maturare le condizioni per lo sviluppo di start up innovative, fondate anche da giovani, che forniscano sia servizi di natura formativa sia di sviluppo e di supporto tecnico per l’installazione e diffusione di tecnologie multimediali di base per la popolazione anziana.
Paolo Marizza Co-founder di Innoventually e docente DEAMS-UniTS
ph. Claudia Guido
COVER STORY CHIARA MARCHI Intervista di Andrea Doncovio
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Vi presento
MissClaire
Sette anni fa aprì quasi per gioco una pagina Facebook. In poco tempo raggiunse 50.000 followers e un’azienda si offrì di acquistarla. «In quel momento capii il valore di ciò che facevo». Abbandonò il suo lavoro a tempo indeterminato per lanciare il suo progetto web, diventando una delle influencer più prestigiose del Friuli Venezia Giulia. «Sono dislessica e disgrafica: chissà cosa penserebbe la mia insegnante delle medie…»
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La voce trasmette energia fin dal primo saluto. In un pomeriggio di relax sul mare di Barcola, Chiara Marchi si conferma “estroversa fino al midollo”, come ama definirsi. Al grande pubblico (oltre 72.000 followers su Facebook, 10.000 su Instagram) è nota semplicemente come MissClaire. Un progetto nato per gioco e diventato la sua impresa, nella quale è riuscita a fondere tra loro passioni personali e lavoro. «Nel 2012 - racconta - decisi di aprire una pagina Facebook per hobby: la chiamai MissClaire giocando sul mio nome in inglese ma anche sul concetto “sto sclerando”, visti i tanti lavori diversi da me svolti, anche in contemporanea… All’inizio postavo e condividevo foto che trovavo sul web dedicate al Friuli Venezia Giulia, ma nel giro di poco tempo crebbe rapidamente il numero di persone che mi seguiva, tanto che la pagina raggiunse i 50 mila followers». Un pubblico appetibile per molti. «Un’azienda mi contattò per acquistare la pagina, spegandomi che le avrebbero poi cambiato in contenuti. Ma io rifiutai, anche perché per la prima volta compresi che quello che pubblicavo aveva un valore». La folgorazione sulla via di Damasco… 14
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«All’epoca avevo 35 anni e un figlio di 7, Giovanni. Decisi di sfruttare la cosa, con l’intenzione di aprire un sito internet collegato alla pagina Facebook e anche un profilo Instagram. Feci un’indagine di mercato che confermò l’assenza di un progetto simile su questo territorio e così nel febbraio 2015 decisi di partire con la nuova sfida». Nuova in tutti i sensi, visto che non aveva mai lavorato in precedenza nel mondo editoriale. «Precedentemente nella vita avevo svolto numerosi lavori. Per un periodo mi ero trasferita a Milano per fare l’assistente di volo. Tornata a Trieste ho lavorato per 13 anni nel settore del commercio del caffè, entrando in contatto con l’intera filiera e dedicandomi anche alla promozione e al marketing. Questa era la mia unica infarinatura. Inoltre io sono anche dislessica e disgrafica: quando frequentavo la scuola media ancora non si considerava questo genere di problematiche e si veniva giudicati semplicemente asini o senza voglia di studiare. Se la mia insegnate di italiano dell’epoca vedesse che scrivo articoli che hanno un seguito importante credo si stupirebbe parecchio…» Sul logo di MissClaire c’è scritto “Mitteleuropa Enthusiast”. Come mai questa scelta? «Da subito ho voluto che il sito parlasse delle eccellenze di Trieste e del Friuli Venezia Giulia, ma il mio timore
era che il contesto risultasse troppo ristretto o provinciale. Così, essendo anche un po’ figlia della Mitteleuropa – ho un nonno croato, una nonna slovena e una casa in Austria – decisi di puntare sulle eccellenze di questa macroregione, con focus sui temi del food e dei viaggi, ma anche su design autoprodotto, con l’obiettivo di supportare l’artigianato e le piccole imprese di qualità». Un progetto complesso necessita di tempistiche Chiara Marchi all’opera in un locale. Per approfondimenti: www.missclaire.it tecniche per decollare… «Il primo anno è stato per me un investimento: ho se- un servizio scadente non posso consigliarlo. Dall’altro lezionato contatti, avviato relazioni e collaborazioni, in lato non mi permetterei mai di scrivere qualcosa di neparticolar mondo con fotografi perché ho ritenuto fin da gativo su un locale, perché la mia parola potrebbe dansubito fondamentale il ruolo dell’immagine nel web. Mi neggiare chi ci lavora dentro e le loro famiglie. Per cui, ero fatta licenziare dall’azienda e sfruttai il periodo di semplicemente, se non reputo adatto non scrivo». nove mesi della disoccupazione per avviare in concreAnche perché con il seguito di decine di migliato l’intero progetto, inizialmente con articoli gratuiti per ia di followers sui social network lei è una influenfarmi conoscere». cer in grado di indirizzare i comportamenti di acIl primo investitore quando è arrivato? quisto e le scelte dei propri lettori. Una responsa«Proprio quando stava per terminare il periodo del- bilità che Chiara Marchi vive come? la disoccupazione. Dopo diversi mesi di lavoro gratui«Con inconsapevolezza e irresponsabilità (ride). to, ricevetti la telefonata di un ristoratore sloveno per il Quando ho iniziato la mia unica intenzione era racquale avevo pubblicato un servizio il mese precedente. contare quello che il mio occhio vedeva. Il focus non Mi chiese di incontrarci e io pensai subito di aver scritto ero io ma la Mitteleuropa. Tant’è vero che all’inizio qualcosa di sbagliato…» non comparivo in nessuna fotografia. SuccessivaE invece? mente, esperti di comunicazione mi hanno sottoline«Mi raccontò che nell’ultimo mese aveva avuto una ato l’importanza di metterci la faccia. Perché la gente trentina di clienti nuovi che gli avevano detto di aver co- vuole sapere chi c’è dietro. E la mia faccia non può esnosciuto il locale dopo aver letto il post di MissClaire. sere barattata con nessun compromesso». Mi disse: “Il primo articoMissClaire è anche “ospitalità” con la Home, un appartamento in pieno centro a lo me lo hai fatto gratis, ma Trieste che vuole essere il punto di partenza per chi desidera scoprire tutti i segreti ora dimmi quanto devo pa- della città. gare per una nuova pubblicazione”. Lì mi sono detta: ce la posso fare!» Il successo ottenuto in seguito ne è la conferma. «A distanza di 5 anni da quel giorno, sono tantissimi i locali e le attività che mi chiedono di realizzare un articolo per loro, ma io li seleziono in modo molto accurato. Dico molti no: anche se rinuncio a introiti importanti, amo scrivere la verità. Se un locale non è pulito o offre |
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Chiara Marchi premiata lo scorso aprile dall’Emte del Turismo Croato.
«È indubbiamente impegnativo, ma al tempo stesso emozionante. Ogni mattina la mia sveglia suona tra le 5 e le 5.30. Mi metto subito al lavoro fino alle 7.30, quando sveglio mio figlio e faccio colazione con lui. Dopo averlo portato a scuola ritorno operativa sul sito. Verso le 14, terminata la scuola io e Giovanni pranziamo e poi trascorriamo assieme il pomeriggio tra compiti e altre attività. Dopo cena, quando lui va a dormire, concludo il mio lavoro». Parlando di MissClaire, Chiara Marchi cita sempre l’importanza della squadra. Quali sono le caratteristiche indispensabili che ricerca nei suoi collaboratori? «La cosa fondamentale è che credano nel progetto e in quello che fanno. Al di là delle singole professionalità – che sono importanti – è determinante la condivisione di intenti». Andrea Doncovio ph. Claudia Guido
Da una pagina Facebook autogestita a un blog con un team composto da giornalisti, traduttori, webmaster, fotografi… Qual è stata la scelta vincente? «Direi un connubio di situazioni. In primis, non avere paura di fare le cose e soprattutto non avere paura di affrontare i cambiamenti. Avevo un importante contratto a tempo indeterminato con numerosi benefit, ma ho deciso di mollare tutto con i miei familiari che mi accusavano di essere fuori di testa a prendere una decisione simile: abbandonare uno stipendio sicuro e aprire una partita iva nell’ignoto. Ma quando ti senti di fare una cosa vuol dire che è il momento giusto per farla. Un altro punto è stato saper cogliere l’attimo: i social in Italia si stavano sviluppando pienamente in quel momento. Infine nuovamente il concetto di credibilità: non scendere mai a compromessi e fare le cose al meglio». Torniamo al blog: dalla moda alla cucina ai viaggi… Quali sono le sezioni più apprezzate dai lettori di MissClaire? «I ristoranti in Slovenia (ride nuovamente). Quando pubblico un post sul genere sembra che stia svelando il segreto di Fatima. Probabilmente perché si tratta di luoghi vicini a noi e facilmente fruibili. Ultimamente però il pubblico è sempre più internazionale, grazie alla scelta vincente di aver realizzato il sito anche in inglese. Ecco allora che tra i miei utenti ho sempre più americani o australiani, che invece prediligono focus diversi, come Trieste, la Mitteleuropa e la promozione del turismo in tutti questi luoghi. Per il pubblico regionale, invece, anche la Croazia è un luogo magico di interesse. In genere comunque food e turismo». Lei collabora anche con diverse piattaforme turistiche: è “Ambassador” di PromoTurismo FVG e dell’Ente turistico della Carinzia, mentre l’Ente del Turismo Croato l’ha premiata con la “Penna d’oro” per un suo pezzo sull’Isola di Cherso. Qual è il segreto per rendere una destinazione attrattiva per il turista? «Io uso molto la chiave dell’ironia. Condita con espressività, emotività ed empatia. Il tutto cercando di essere sintetici ed efficaci. Come sempre, poi, l’utilizzo di immagini a effetto è fondamentale». Quello di MissClaire è un progetto in continua evoluzione, tanto che ha aperto anche un appartamento in pieno centro a Trieste. Come mai? «L’ho pensato come un luogo in cui gli artigiani e gli artisti del fare potessero avere uno spazio dove esporre le proprie realizzazioni e dove anche potersi confrontare in un percorso di crescita comune. E visti gli apprezzamenti ricevuti, credo di avere colto nel segno». Lei è madre di un bambino di 12 anni. Come riesce a conciliare l’attività imprenditoriale con la famiglia?
Chiara Marchi, classe 1978.
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TURISMO
CLAUIANO Intervista di Michele Tomaselli Foto di Vanessa Colosetti
Un borgo, tante meraviglie Da 15 anni la frazione di Trivignano Udinese rientra tra i Borghi più Belli d’Italia. Con la successiva adesione al club di Palmanova e Strassoldo, in pochi chilometri troviamo concentrate tre autentici scrigni. «Negli anni – sottolinea l’assessore Vanessa Colosetti – abbiamo saputo valorizzare gli aspetti turistici e le peculiarità architettoniche e sociali».
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I Borghi più Belli d’Italia sono custodi del grande patrimonio di cultura e tradizioni del nostro Paese. Una ricchezza unica che va preservata, custodita e rispettata. Un impegno che l’omonimo Club, nato dall’impulso della Consulta del Turismo dell’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani (ANCI), porta avanti dal marzo 2001 per promuovere e valorizzare i piccoli centri abitati italiani che hanno una storia da raccontare. Sono
molti i comuni che ambiscono a conquistare il marchio di Borgo più Bello d’Italia ma l’ingresso nell’omonimo Club non è garantito. Ci sono oltre 30 parametri da rispettare. In Friuli Venezia Giulia sono tredici i borghi ad avere aderito, tra cui Clauiano, Cordovado, Fagagna, Gradisca d’Isonzo, Poffabro, Polcenigo, Sappada, Sesto al Reghena, Toppo, Valvasone Arzene, Venzone, Palmanova e Strassoldo, appena entrato a farne parte. Sopra in apertura, il sagrato della chiesa di San Giorgio Martire;
di fianco, via della Filanda percorsa in direzione della chiesa di San Giorgio Martire.
Pagina accanto, dall’alto, uno scorcio di via della Filanda; una delle tipiche case di pieris e claps (pietre e sassi) presenti nel borgo di Clauiano.
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Tra i borghi friulani che hanno saputo conservare e valorizzare una particolare architettura rurale spicca Clauiano, frazione del Comune di Trivignano Udinese. La borgata ha mantenuto l’originario assetto urbanistico a pianta medievale. Ne parliamo con il suo assessore alla cultura, l’avvocato Vanessa Colosetti, il cui entusiasmo è la testimonianza più concreta del legame con la propria terra. Assessore Colosetti, a proposito di territorio, qual è il suo ricordo più lontano di Clauiano? «Ritengo il borgo in cui vivo da sempre e che ritengo sia una vera oasi di pace e tranquillità. I miei primi ricordi di Clauiano mi riportano al periodo dell’infanzia quando con mia sorella e i bambini che vivevano vicino a noi trascorrevamo ore e ore in bicicletta, tra le vie del paese e nei campi circostanti a caccia di frutta, di mais, di insetti e di fiori. Ricordo distintamente che da sempre, da quando la mattina percorrevo a piedi via Palma (ora via della Filanda) per raggiungere la fermata della corriera che ci portava a scuola, il mio sguardo andava e va al campanile della nostra chiesa di San Giorgio Martire. A ogni rientro dall’università, o ancora oggi a ogni rientro da un viaggio il mio sguardo cerca il nostro campanile e in quel momento so che sono a casa». Il suo Comune ha creduto fin da subito al progetto “Borghi più Belli d’Italia”, aderendovi dal 2004; pochi allora avrebbero scommesso su un circuito di promozione delle borgate. Come è nata l’idea di farne parte? «L’amministrazione comunale di allora in maniera lungimirante aveva capito che associarsi a un circuito di promozione turistica nazionale avrebbe certamente portato visibilità al nostro piccolo borgo, valorizzandone gli aspetti turistici e le caratteristiche e peculiarità architettoniche nonché enogastronomiche locali». Dopo il 2004 tutto è venuto da sé o sono stati adottati sistemi per recuperare il patrimonio architettonico e contrastare lo spopolamento? «In realtà, in controtendenza rispetto ad altre piccole realtà, il nostro borgo ha registrato un aumento della popolazione proprio perché le persone sono state attirate dalla valorizzazione ricevuta da questo riconoscimento, nonostante o anche grazie al fatto che vi siano degli obblighi circa la costruzione o la manutenzione urbanistica degli immobili del borgo, poiché sottoposti al vincolo della Soprintendenza dei Beni Culturali, non|
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Sopra, veduta su casa Barnaba-Manin; sotto, primo piano dell’assessore Vanessa Colosetti. Pagina accanto a sinistra, affreschi all’interno della chiesetta di San Marco; a destra, edifici che si affacciano su via della Filanda.
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ché alle indicazioni previste dallo Statuto dell’Associazione dei Borghi più Belli d’Italia. Le opere di recupero di alcuni immobili sono quindi state svolte su iniziativa e a carico dei privati interessati, nel rispetto dei vincoli di cui sopra, mentre l’amministrazione si è occupata del rifacimento dell’arredo urbano, anch’esso vincolato come sopra dal punto di vista progettuale». Tanto che Clauiano è sempre più meta ambita di visitatori italiani ed esteri... «Si assiste da anni ormai a un continuo afflusso di “cicloturisti”, provenienti soprattutto dalla vicina Austria, atteso anche il collegamento diretto tra Clauiano e la ormai ben nota Alpe Adria, passando attraverso un’altra delle nostre frazioni, Merlana. In tutte le stagioni è ormai consuetudine incrociare gruppi di ciclisti che si aggirano tra le nostre piccole vie; ed è imminente l’esecuzione di un’opera attigua a una aerea verde che insiste proprio nel nostro borgo, relativa all’installazione di postazioni di ricarica elettrica per E-bikes e connesse aree di sosta attrezzate». Che attività commerciali gravitano nella borgata? «Le attività commerciali principali sono strettamente connesse alla ricettività turistica. Si tratta infatti di B&B, di agriturismi, di aziende vitivinicole con annessa cantina di mescita, di alcuni esercizi commerciali tipo bar, panificio, caffetteria, pub, e ancora di una trattoria di prossima inaugurazione». Nelle vicinanze di Palmanova e Aquileia, due città simbolo d’arte e di storia e og-
gi inserite nella lista del patrimonio mondiale dell’Umanità, l’Italia nascosta è anche il fascino di Clauiano? «Come ogni cosa piccola, delicata e forse un po’ nascosta, anche il nostro piccolo borgo suscita enorme curiosità e interesse, soprattutto per le persone che più amano il turismo lento, in bicicletta o a piedi, a contatto diretto con la natura e con i produttori locali, che utilizzano tutte le risorse offerte dal nostro territorio per le loro attività. Quale valore assume assaggiare un miele prodotto in loco dalle api che qui si nutrono dei nostri fiori? O sorseggiare gli ottimi vini che le nostre aziende producono con uve coltivate proprio qui, a km zero, dalla cantina di mescita? Aggiungiamo inoltre un giro in calesse con i cavalli attraverso le piccole vie di case fatte di pieris e claps (pietre e sassi) e il quadro bucolico è completato». Un borgo rurale con le case di sassi spaccati, i portali di pietra con le chiavi di volta figurate, le insegne seicentesche dei calzolai.... Per trasportare i nostri lettori verso le bellezze dei luoghi può descriverci l’itinerario di visita più intrigante? «Provenendo da Palmanova, parcheggiando nei pressi dell’inizio del borgo, la passeggiata potrebbe partire dalla Villa Manin Guerresco, pregevole dimora nobiliare settecentesca della pianura friulana. Oggi la Villa ospita eventi, cerimonie e visite guidate. Intorno alla struttura principale si aprono poderi, granai e strutture rustiche, e gli interni sono affrescati e decorati secondo lo stile tipico veneto. Appartenuta a uno dei più importanti casati della Serenissima, era un grande centro produttivo, come rivelano i fabbricati che dovevano servire all’attività agricola, tra i quali il foledôr, l’enorme tinaia a lato dell’abitazione padronale. La villa, di forme classiche, è preceduta dalla corte d’onore. Qui come altrove – casa Menotti, casa de
Checo, casa Marcuzzi Zanuttini, casa Zof Piano – gli splendidi portali e le finestre riquadrate in pietra confermano la dignità del luogo e delle persone. Proseguendo lungo la via principale del borgo si trova Villa Ariis, costruita nel 1600, che rappresenta un tipico complesso padronale di ambito veneto-friulano del secolo XVIII, composto dall’abitazione, dai rustici annessi e da un grande orto cintato da una muraglia merlata con due colonne in pietra». Recentemente Strassoldo è entrato a far parte dei “borghi più belli d’Italia” grazie a un’idea partita nel 2012 dall’Associazione “Cervignano Nostra”. Così, a poca distanza, si trovano in un colpo solo Clauiano, Strassoldo e Palmanova. Potremmo dire turismo e qualità a misura di borgo? «Il turista che volge il suo interesse a queste realtà è un curioso della storia e delle tradizioni dei piccoli centri, un amante dell’architettura e senza dubbio del lento fluire del tempo attraverso i percorsi culturali ed enogastronomici che i nostri bellissimi borghi sanno offrire, tutti diversi anche se molto vicini geograficamente». Siamo arrivati alla fine. Può illustrare ai nostri lettori i prossimi progetti che coinvolgeranno la borgata? «Il Borgo di Clauiano sarà interessato dall’ampliamento dell’offerta commerciale, nello specifico con l’apertura a breve di altre due attività di ristorazione e accoglienza rispetto a quelle già esistenti. Molto importante sarà la realizzazione dell’opera di sistemazione dell’area verde dell’ex scuola elementare, il progetto è in fase esecutiva. Naturalmente per rimanere aggiornati sulla programmazione degli eventi è sufficiente consultare la pagina FB del Comune di Trivignano Udinese». Michele Tomaselli
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PERSONAGGI MATTEO MONAI Intervista di Margherita Reguitti
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In Olanda
la ricerca parla friulano
Formatosi all’Università di Trieste, il giovane cividalese riceverà al Quirinale l’Eni Award quale miglior giovane ricercatore dell’anno. Ora la sua attività di ricerca si svolge a Utrecht: «Qui ognuno fa il suo mestiere con entusiasmo, ma per le 6 si va tutti a casa e nel weekend ci si gode un po’ di riposo».
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Matteo Monai, lei è stato premiato per una ricerca di sviluppo di catalizzatori nanostrutturati a base di leghe metalliche di elementi non nobili, quindi a basso costo, per applicazioni in campo energetico, in particolare nella conversione delle biomasse a combustibili e prodotti chimici. Ci può spiegare le applicazioni pratiche? «In generale, la ricerca affronta due pilastri del problema della sostenibilità: come fare minor uso di combustibili fossili, così da diminuire le emissioni di CO2 e frenare il riscaldamento climatico; e come sostituire materiali rari, costosi e a rischio, quali il platino, con materiali più abbondanti come il nickel e il rame. L’applicazione più immediata della mia ricerca è la produzione di un additivo per benzine a minor impatto ambientale. Si tratta di un composto, il dimetilfurano, derivato da scarti agricoli a base di cellulosa, che nella mia ricerca ho dimostrato essere prodotto in maniera selettiva da catalizzatori più economici. Miscelare la benzina con additivi bio-derivati è una pratica già in uso nei paesi europei, si prenda ad esempio l’etanolo: vi siete mai chiesti cosa vuol dire E10 al distributore? Introdurre il dimetilfurano è possibile senza ulteriori modifiche in quanto ha proprietà simili». Cosa significa questo premio per lei? «È un grande onore aver ricevuto questo premio. Vedere riconosciuti il mio impegno e la mia passione mi sprona ancora di più a raggiungere nuovi traguardi. Per la mia carriera significa avere una marcia in più nella corsa ai bandi di ricerca, per riceve22
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re fondi e poter avere un mio gruppo di ricerca indipendente». Premiato in Italia ma fa ricerca all’estero... Nel nostro Paese sarebbe riuscito a raggiungere i traguardi perseguiti finora? «È vero, sono finito all’estero come molti dei miei colleghi. Ma i traguardi che mi hanno permesso di vincere l’ambito Premio Eni sono stati in gran parte raggiunti in Italia, nel laboratorio del professor Paolo Fornasiero, all’Università di Trieste. A Fornasiero e al suo gruppo va tutta la mia gratitudine per avermi formato come scienziato e anche per aver dimostrato che in Italia siamo capaci di fare grandi cose, sebbene con un decimo, per usare un eufemismo, dei fondi che si trovano altrove». Com’è fare ricerca e vivere in Olanda? «In Olanda mi trovo molto bene. Vivo e lavoro a Utrecht, una bellissima città di origini romane non lontana da Amsterdam. Mi sposto in bici, anche sotto gli acquazzoni, come vuole l’usanza locale. Il gruppo di ricerca in cui lavoro (del prof. Bert Weckhuysen) è enorme (un’ottantina fra PhD e postdoc) ma il clima è quello di una grande famiglia e i laboratori sono nuovissimi e forniti di attrezzatura all’avanguardia. Quello che stupisce di più è però il pervasivo senso del dovere e la filosofia del lavoro olandese: ognuno fa il suo mestiere con entusiasmo, ma per le 6 si va tutti a casa e nel weekend ci si gode un po’ di riposo. In Italia purtroppo c’è una dicotomia profonda fra chi sgobba e chi si approfitta – la quale supera ogni barriera di rango o estrazione sociale – e alla fine qualcuno deve rimanere in dipartimento fino a tarda sera o il fine settimana per finire il suo lavoro e quello de-
gli altri. Ma bando all’amarezza: la mancanza di casa c’è e si sente a tavola e nel cuore». Lei ha vissuto esperienze anche in università degli Stati Uniti: quali sono le differenze con il mondo accademico europeo? «Il bello di essere un ricercatore è che ti sposti molto e conosci culture diverse. Non amo generalizzare, e la mia esperienza è che le cose negli Stati Uniti e in Europa cambiano molto non solo da Stato a Stato, ma anche di laboratorio in laboratorio. Per sei mesi durante il mio dottorato ho lavorato a Filadelfia (UPenn, Pennsylvania), sulla costa est, in due diversi laboratori situati nello stesso palazzo: già questi due mondi erano totalmente diversi fra loro. C’è da dire però che oltreoceano sono molto operosi, e pronti – almeno i dottorandi – a lavorare anche nel weekend senza battere ciglio, anche se temo sia più per disprezzo della pigrizia che per autentica vocazione». Cosa significa per lei essere un ricercatore? «Quattro cose fondamentali: uno, porsi le domande giuste; due, elaborare strategie semplici ma efficaci per rispondere; tre, seguire il metodo scientifico fino a trovare una risposta, anche se parziale; quattro, comunicare al mondo il risultato. E sul piano personale, essere umile, accettare i fallimenti, saper osservare e ascoltare opinioni diverse senza pregiudizi, vivere alla giornata, gioire dei successi quando alla fine arrivano». Come vede il futuro della ricerca in Italia? «Il futuro è difficile da prevedere, ma il presente non è florido, salvo alcune oasi di felicità. I fondi scarseggiano e il ricambio generazionale è limitato. Ma esistono programmi di rientro dei cervelli e le eccellenze italiane sono invidiate nel mondo. La speranza c’è, anche per me, di tornare in Italia un domani. Ma vedo un problema più ampio, culturale. Vedo un Paese in retromarcia, del “quando c’era lui”, dei tagli all’istruzione. Un Paese dove coloro che dissentono vengono scherniti come “professoroni”. E mi viene un po’ di paura per l’Italia, figurarsi per la ricerca in Italia». L’Università di Trieste e i centri di alta specializzazione come la SISSA fanno della città e del Friuli Venezia Giulia un riferimento internazionale nell’ambito della ricerca? «Sì, Trieste in particolare è un fiorente centro di scienza. Il cosiddetto “Sistema Trieste” pullula di ricercatori: già dieci anni fa erano circa il 4% della popolazione triestina. E non ci sono solo l’università e la SISSA, ma anche il Sincrotrone italiano Elettra, l’ICTP (Centro di fisica internazionale) e l’ICGEB (Centro di genetica e biotecnologie internazionale), per citarne alcuni. Non a caso TrieIl team triestino guidato dal prof. Fornasiero
Matteo Monai, nato a Cividale nel 1989, riceverà il 10 ottobre a Roma al Quirinale, presente il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il premio Eni Award – Giovane ricercatore dell’anno, riconoscimento divenuto punto di riferimento a livello internazionale per la ricerca nei campi dell’energia e dell’ambiente. Laureato in chimica all’Università di Trieste ha conseguito nel 2017 il dottorato di ricerca sempre nell’ateneo giuliano sotto la direzione del professor Paolo Fornasiero. In contemporanea è stato visiting student all’Università della Pennsylvania. La sua tesi di dottorato è stata proclamata la miglior tesi in catalisi per lo sviluppo sostenibile nel XXVIII e XXIX ciclo di dottorato nel 2017 da parte della Società Chimica Italiana, Premio Adolfo Parmaliana. È co-autore di 24 pubblicazioni uscite in riviste scientifiche internazionali di alto profilo. Attualmente è post-doctoral fellow presso l’Università di Utrecht nel gruppo del professor Bert M. Weckhuysen. ste è stata scelta dall’ESOF (Euroscience Open Forum) come Capitale europea della Scienza 2020, per ospitare una manifestazione internazionale con cui si vuole anche rilanciare l’area del Porto Vecchio. Staremo a vedere se la Regione e la città riusciranno a cogliere la palla al balzo e fare di questa manifestazione l’inizio di un vero e proprio programma di ulteriore sviluppo del polo scientifico triestino». Matteo Monai come si immagina fra 10 anni? «La tentazione di rispondere “mi immagino capo di un mio gruppo di ricerca” è forte. Ma la verità è che non ho mai fatto piani a lungo termine. Citando il famoso monologo del film The Big Kahuna: “Le persone più interessanti che conosco a ventidue anni non sapevano che fare della loro vita. I quarantenni più interessanti che conosco ancora non lo sanno”. Continuerò a lavorare con passione e coglierò le nuove opportunità con un sorriso». Margherita Reguitti L’Università di Utrecht dove Monai svolge attività di ricerca
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ALLA SCOPERTA DI... DONATELLA GUARNERI ph Edoardo Chiappino
Intervista di Claudio Pizzin
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Gemme del passato A San Martino di Codroipo il Museo Civico delle Carrozze e del Giocattolo mette in mostra autentici tesori di un tempo che appare remoto. Eppure, osservandoli con attenzione, ancora oggi hanno tanto da insegnarci. Come racconta la sua conservatrice.
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Talvolta non sappiamo di avere a due passi da noi degli autentici gioielli. È il caso del Museo Civico delle Carrozze e del Giocattolo di San Martino di Codroipo, a soli tre chilometri da Villa Manin di Passariano. Una vera chicca, accanto a cui sorge peraltro una splendida struttura di alloggi turistici per famiglie con spazi polifunzionali per le attività culturali, di intrattenimento, manifestazioni espositive ed eventi enogastronomici. La scenografica galleria del piano terra è stata perfino scelta come seconda sede comunale per la celebrazione di matrimoni con rito civile. Di tutto questo parliamo con la conservatrice del museo, Donatella Guarneri. Partiamo con alcuni dati, quante persone lavorano all’interno del museo? «Il Museo Civico delle Carrozze è retto da un Conservatore che è il solo dipendente del Comune di Codroipo addetto al museo. Il personale adiuvante viene selezionato di volta in volta tra i volontari del Servizio Civile Nazionale. Periodicamente vengono accolti anche lavoratori di pubblica utilità». Quante sono invece le persone che ogni anno frequentano il museo? «Negli ultimi due anni i visitatori paganti si aggirano intorno alle 2.000 unità, i visitatori totali, ossia comph Elia Falaschi - Phocus Agency
prensivi di tutte le presenze tra ingressi liberi e presenze a manifestazioni, eventi e mostre sono stati circa 4.500». Da dove provengono principalmente i visitatori? «La provenienza è prevalentemente regionale e dal triveneto. Nella stagione primaverile ed estiva è più diversificata, con visitatori provenienti da tutta Italia, da Austria, Germania, Francia, Spagna, Canada, Brasile, Argentina, Australia. Una piccola percentuale degli stranieri coincide con il rientro stagionale delle famiglie di ex emigranti del Friuli». Quali sono i “pezzi pregiati” tra tutti quelli in esposizione? «Il patrimonio si compone di 44 carrozze d’epoca (XIX -XX secolo) e 9 cavalli a grandezza naturale, la collezione di Antonio Lauda (Foggia 1925 – Codroipo 2000). I pezzi pregevoli della collezione sono una Berlina del 1830 della carrozzeria Rossi di Torino, un modello da caccia denominato Phaeton del 1870 di carrozzeria svedese, un modello a due ruote per attacco singolo della carrozzeria inglese Morgan a uso sportivo. C’è anche un altro modello sportivo della carrozzeria francese Retiff del 1870 per l’utilizzo della caccia alla volpe con vano per trasporto cani, porta fucili e porta thermos. Segnaliamo inoltre un bel carrozzino spagnolo da parco per bambini del 1880, predisposto all’attacco di un cavallo pony o di cani alani, come voleva la tradizione dell’epoca nei parchi cittadini». All’esposizione delle carrozze d’epoca è affiancata anche una di giocattoli antichi: come mai questa scelta? «L’iniziativa di allestire un Museo del Giocattolo d’Epoca è nata in occasione della proposta di una collezionista veneA sinistra, l’esterno del museo; nelle pagine successive, alcune immagini delle carrozze e dei giocattoli esposti al suo interno (foto di Claudio Pizzin e di Elio e Stefano Ciol). Pagina accanto in alto, Donatella Guarneri è la signora in centro con la giacca color crema.
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ziana, Gabriella Cardazzo, che voleva donare al Comune la propria cospicua collezione di giocattoli provenienti da gran parte del mondo. La collezione annovera prestigiose bambole di porcellana, di produzione tedesca del secolo XIX, giocattoli in latta, legno, cartapesta e molti di questi legati al mondo del cavallo e dei carretti, pertanto trattandosi di una vasta testimonianza etnografica del mondo ludico del XIX secolo che non trova uguali in regione, si è ritenuto di dedicare uno spazio allestito dal punto di vista cronologico-temporale, dal 1800 al 1970, e per tipologia di materiale». Soffermiamoci sulle carrozze di fine Ottocento: come si viaggiava a bordo a quell’epoca? «I vari modelli di carrozze sono esposti nel museo per tipologia e destinazione d’uso nell’intento di ricreare l’atmosfera dell’epoca di fine Ottocento, con le ricostruzioni d’ambiente tramite accessori da viaggio e tramite le riproduzioni e stampe di scene di vita quotidiana dell’epoca. Pertanto si trovano mezzi pubblici come il Coach postale che percorreva le tratte extraurbane e si fermava nelle stazioni di posta per il cambio cavalli, si trova l’Omnibus cittadino o vecchio progenitore dell’autobus per il trasporto urbano. Le classi borghesi e le famiglie gentilizie utilizzavano carrozze private di servizio con cocchieri e servitori in base all’etichetta e alle circostanze di carattere ufficiale, o per particolari serate o cerimonie come il Landau e la Berlina, il Coupè e la Vittoria, che sono tutti modelli che prevedono il servizio di guida. Per occasioni sportive o del tempo libero utilizzavano carrozze private da diporto per la guida personale». Le carrozze restano stanziali all’interno del museo o possono essere utilizzate per eventi particolari? «Le carrozze sono patrimonio stanziale del museo, ma potrebbero essere utilizzate per rievocazioni di costume nel rispetto delle dovute autorizzazioni, come è già avvenuto in passato con alcuni esemplari». Parlando invece di giocattoli, com’erano quelli di un tempo rispetto a quelli utilizzati ai giorni nostri? «I giocattoli dell’Ottocento erano costruiti con materiali poveri, soprattutto legno, cartapesta, gesso, stoffa e pezza: riproducevano il ruolo e il mondo degli adulti nell’attività della società agreste e più tardi anche di quella industriale. Il giocattolo prevedeva una partecipazione attiva e creativa del bambino, erano molto semplici e proprio per questo i bambini attingevano a tutte le risorse di fantasia disponibili in loro per giocare all’infinito e reinterpretarli nel tempo per sfruttarli al massimo, perchè diversamente dal presente i giocattoli erano davvero pochi in tutto l’arco dell’infanzia. Oggi il giocattolo è confezionato con innumerevoli e sorprendenti funzioni creative preconfezionate per essere fruite con pregevoli interattività, ma sono preconfezionate, il bambino le deve soltanto scoprire e godere diversamente dal tempo in cui con un’automobilina sola creava da sé un mondo di fantasia intorno a quel giocattolo che lo teneva occupato per tante ore. Inoltre oggi c’è un largo consumismo nella ricerca degli ultimi “must di tendenza” che potrebbe determinare un rapporto non propriamente educativo tra il giocattolo e il bambino».
ph Mascioli
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I giochi d’epoca come vengono considerati dai bambini di oggi che visitano il museo? «Il target giovanile in età scolare di oggi è molto perspicace, è rispettoso del patrimonio museale perché è educato a visitare i musei, ne trae vantaggio non solo formativo ma soprattutto a livello emozionale. Davanti a giocattoli antichi in latta con meccanismo si scoprono volti incantati, affascinati come da una magia e avidi di goderne ancora. Ritengo che per un conservatore questo sia tra i principali obiettivi da raggiungere nella valorizzazione di un patrimonio, trasmettere ai giovani la passione per tutelare il bene e far sì che vivano un’esperienza indimenticabile. Prova ne viene quando portano i genitori in visita al museo facendo loro da guida». Oltre alle esposizioni, quali sono le altre attività che il museo organizza durante l’anno? «In collaborazione con la casa editrice L’Orto della Cultura il museo organizza eventi culturali, musicali e di spettacolo, mostre temporanee, presentazioni editoriali, eventi enogastronomici sulla cultura del cibo nei secoli legati alla sezione del Centro di Documentazione della Cucina di Terra e di Mare del Novecento». Quali sarebbero a suo avviso le azioni da intraprendere per sviluppare ulteriormente l’attività del museo? «Le attività sono molte e diversificate nei calendari annuali, tuttavia ritengo che una maggiore presenza di collaboratori per le attività didattiche consentirebbe di incrementare l’offerta didattica per il museo del giocattolo, attivandone la maggior promozione».
Claudio Pizzin Museo Civico delle Carrozze e del Giocattolo Via San Pietro 6 – San Martino di Codroipo Orario (fino al 31 ottobre) Da mercoledì a venerdì 9.30-12.30/15.30-18.30, sabato 15.30-18.30, domenica 10.30-12.30/14.30-18.30. Info: 0432 912493 museodellecarrozze@comune.codroipo.ud.it
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PERSONAGGI
SIMONE D’EUSANIO Intervista di Livio Nonis
Al ritmo
delle star
Francesco Messina, marito della cantante Alice, ascoltò una sua Demo. Da lì prese avvio una carriera che lo ha condotto a suonare al fianco di grandi cantanti: da Biagio Antonacci ad Antonella Ruggiero, fino all’ultimo tour di Gianni Morandi. Con un unico segreto: «Studiare sempre, perché c’è sempre qualcosa da imparare».
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Molte autorevoli persone, con grande conoscenza della musica e dell’arte, definiscono Simone D’Eusanio tra i migliori violinisti nazionali, e qualcuno si spinge oltre, riconoscendogli una eccezionale capacità di visione musicale e di fresche combinazioni sonore e ritmiche; la capacità di riconoscere sul violino l’intonazione, prerogativa indispensabile per tutti gli strumenti ad arco nei quali le note si creano con la pressione delle dita della mano sinistra e basta un piccolo spostamento per cambiare l’intensità del suono. Riuscire a ottenere buoni risultati richiede tempo, talento e maturazione. Bisiaco al 100%, nato a Monfalcone nel 1974 nel quartiere di Panzano, successivamente si è trasferito con la famiglia nel rione di San Polo, per stabilirsi poi nel centro cittadino. Monfalconese doc, conosciuto in tutte le platee nazionali e internazionali per le sue doti musicali, è un violinista classico ma allo stesso tempo suona anche un violino elettrico di grande spessore. Ascoltarlo dà l’impressione che tutto questo gli stia cucito addosso, che sia un tutt’uno con il suo strumento musicale, tanto è perfetto il suono e la sua conduzione. Simone, qual è stato il momento in cui ha deciso di voler studiare musica e, in particolare, violino? 28
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«A cinque anni, mentre guardavo il cartone animato Remì, un personaggio, Mattia, suonava il violino. La cosa mi appassionò, d’istinto chiesi ai miei genitori di permettermi di studiare questo strumento; venni accontentato e il giorno dopo fui iscritto all’istituto di musica “A. Vivaldi” di Monfalcone: così è iniziato il mio connubio con il violino. Vorrei sottolineare con grande gioia che la mia famiglia è stata fondamentale per la mia crescita: mi è stata sempre vicino e le sarò sempre grato». Qual è stato il suo percorso formativo? «Il mio è stato un percorso sempre alla ricerca del massimo, cercando il più possibile la perfezione. Il violino non è uno strumento facile da suonare e per questo bisogna sempre dare il massimo, non si può pretendere di fare le cose in modo superficiale. Da bambino, fi no all’età di 14 anni, ho avuto come maestro Mario Simini che, dopo un breve periodo con un violino a ¾, mi diede subito uno “intero”, con strumenti professionali, poiché intendeva che sviluppassi il mio orecchio in modo già importante, evitando di musicare con elementi di basso profilo. Simini, da persona pignola e severa ma di grande cuore, mi portò ad affrontare i primi esami di conservatorio in modo esemplare: è stato il primo a credere in me. Successivamente fi no a 18 anni ebbi come professore Giorgio Selvaggio, al “Giuseppe Tartini” di Trieste: alla sua guida superai con
successo l’esame dell’ottavo anno di conservatorio. Mi trasferii a Klagenfurt e con il professor Helfried Fister mi diplomai nel ’95. Poi seguii un corso di perfezionamento a Castelfranco Veneto con il Maestro Franco Gulli». Quando ha capito che la musica sarebbe stata il suo futuro? «La svolta è arrivata quando, in tre amici, provammo a registrare un Demo di musica inedita “batteria/basso/violino elettrico. Il CD arrivò nelle mani del marito della cantante Alice: gli piacquero molto le sonorità elettriche del violino… Partii così in un lungo tour con Alice dal nome God is my DJ; girammo per due anni in moltissime cattedrali italiane. Nello stesso periodo uscì Elisa e con lei mi esibii in varie trasmissioni televisive. Da lì partì la mia collaborazione in studio e live con moltissimi cantanti, tra i quali: Biagio Antonacci, Stefano Belisari (Elio), Adriano Celentano, Simone Cristicchi, Francesca Michielin, Giusy Ferreri, Mietta, Francesco Renga, Antonella Ruggero, Gianna Nannini, Gianni Morandi, Tiziano Ferro; con quest’ultimo ho partecipato come ospite al Festival di Sanremo 2015, condotto da Carlo Conti, una vera emozione salire su quel palcoscenico». Dietro le quinte, come si vive il prima e il dopo concerto? «La preparazione per un concerto è importantissima. Innanzitutto la concentrazione, essere concentrati al massimo: Gianni Morandi ad esempio ci responsabilizza tutti (la band era composta a nove elementi), spronandoci per dare il meglio di noi stessi. Il mio ruolo nel suo tour era di tastierista programmatore e violinista elettrico: durante il live dedicavo massima attenzione all’artista e al ritmo che voleva dare allo spettacolo. Una volta pronti e “ben allenati”, tutto viene facile e ci si diverte moltissimo: è una continua emozione esibirsi nelle platee nazionali e internazionali. E alla fine tutti in allegria a festeggiare». Lei suona il violino classico e quello elettrico: quali emozioni danno? «Il primo lo senti vibrare, lo senti dentro di te; l’elettrico ti dà libertà, sei libero di suonarlo come vuoi, ti permette maggiore creatività e Rock’n Roll». Un consiglio a un ragazzo che, leggendo questa intervista, vorrebbe imparare a suonare uno strumento? «Il mio consiglio è seguire l’istinto, indifferente lo strumento che poi vorrà scegliere, bisogna crederci e studiare. Lo strumento musicale ti porta a essere sempre impegnato nello studio, nell’imparare e nel contempo migliorare: anch’io tutt’oggi,
Simone D’Eusanio assieme a Giusi Ferreri (ph. Massimo Cuomo).
dopo 40 anni di violino, studio ancora, ho sempre qualcosa da imparare». Progetti per il futuro? «La mia intenzione è una formazione musicale a 360 gradi, oltre a lavorare nel mio studio di registrazione ho ripreso il canto lirico vincendo un’audizione alla associazione “Giuseppe Verdi” di Milano per il ruolo da basso Sparafucile nel Rigoletto, un’opera in tre atti di Verdi su libretto di Francesco Maria Piave, tratta dal dramma di Victor Hugo, e anche per il ruolo del Re d’Egitto in Aida, un’opera in quattro atti di Giuseppe Verdi su libretto di Antonio Ghislanzoni». Livio Nonis Qui sotto, Simone D’Eusanio con Biagio Antonacci (ph. Giulia Spinelli); pagina accanto, in apertura, primo piano di D’Eusanio al termine di un concerto (ph. Giulia Spinelli).
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GUIDARE SICURI
Rubrica a cura della Polizia di Stato della Provincia di Gorizia
P O L I Z I A D I S TA T O
Concentrati sulla strada
Circa il 41% degli incidenti stradali sono dovuti alla distrazione al volante. L’uso del cellulare risulta essere tra le principali cause di distrazione. Ecco cosa prevede la legge e quali rischi corriamo a non rispettarla. Non capita di rado vedere sulle nostre Attualmente l’articolo 173 del Codice delstrade conducenti che fanno uso del tele- la Strada dispone, al secondo comma, tefono cellulare durante la guida dei veico- stualmente: È vietato al conducente di far li, tant’è che può essere considerato uno uso durante la marcia di apparecchi radiodei peggiori e più pericolosi vizi da osteg- telefonici ovvero di usare cuffie sonore, fatgiare. Questa pratica, oltre a essere vie- ta eccezione per i conducenti dei veicoli tata dal Codice della Strada, è estrema- delle Forze armate e dei Corpi di cui all’artimente pericolosa perché distrae il guida- colo 138, comma 11, e di polizia. È consentore da quanto avviene sulla strada e al- tito l’uso di apparecchi a viva voce o dotalunga i suoi tempi di reazione. ti di auricolare purché il conducente abbia È fatto di cronaca recente che un pa- adeguate capacità uditive ad entrambe le dre – per fare una “diretta Facebook” orecchie (che non richiedono per il loro funmentre guidava – ha provocato la fuoriu- zionamento l’uso delle mani). Chiunque vioscita di strada del proprio veicolo, cau- la le disposizioni di cui al comma 2 è sogsando così la morte dei suoi due figlio- getto alla sanzione amministrativa del pali adolescenti che sedevano nella vettu- gamento di una somma da euro 165 a euro ra con lui. 661. Si applica la sanzione amministrativa Le statistiche dell’Istat presentate re- accessoria della sospensione della patente centemente alla commissione Traspor- di guida da uno a tre mesi, qualora lo stesti della Camera parlano chiaro: circa il so soggetto compia un’ulteriore violazione 41% degli incidenti stradali sono dovu- nel corso di un biennio. ti alla distrazione al volante. Tanti, troppi, Ciò vale per la guida di qualsiasi veicose si considera che la causa va ricerca- lo, anche della semplice bicicletta. La santa nell’errore e superficialità di chi guida: zione può essere elevata anche senza conl’utilizzo del cellulare in auto è il principa- testazione immediata, ma in questo caso le indiziato in questa drammatica classifi- il verbale di accertamento redatto dall’orca. Il fenomeno è talmente rilevante che gano di polizia stradale dovrà indicare con da qualche mese si sta lavorando su un precisione gli estremi della violazione e l’inaggiornamento dell’attuale Codice della dicazione dei motivi che hanno reso imposStrada che preveda regole più stringen- sibile la contestazione immediata. La violati e punizioni più severe per tutti i guida- zione si concretizza anche nei casi in cui il tori distratti. guidatore sia fermo allo stop o al semafo30
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ro, considerando che in queste situazioni l’auto non si trova in sosta, ma è considerata per il nostro Codice in marcia. Giova anche precisare che, come conseguenza diretta della contestazione, vi è anche la decurtazione di 5 punti dal “monte” totale a disposizione di ogni conducente. Ricordiamo anche che, a seguito dell’entrata in vigore della Legge numero 41 del 23 marzo 2016 – che ha introdotto nel nostro ordinamento i nuovi reati di omicidio stradale e lesioni personali stradali gravi e gravissime –, gli organi di Polizia Stradale che intervengono per incidenti stradali gravi dispongono i sequestri penali dei telefoni cellulari dei conducenti coinvolti. Ciò consentirà poi, a seguito di perizia, di stabilire se e chi al momento del sinistro faceva uso del suo apparecchio telefonico, in maniera poi da far emergere la violazione dell’articolo 173 del Codice della Strada. Occorre avere le mani libere, quindi sistemi vivavoce o auricolari da tenere in un solo orecchio. Recenti studi di settore hanno mostrato che le telefonate, anche se fatte con il vivavoce, inducono comunque in distrazione, e di conseguenza aumentano i tempi di risposta ai vari stimoli, si allungano i tempi di reazione, gli spazi di frenata, si riduce (non consapevolmente) la velocità e non si vedono molti cartelli stradali, quindi aumenta il rischio di incidenti, purtroppo sempre e comunque. Chi utilizza il cellulare alla guida quindi può utilizzarlo solo in modalità viva voce o con apparecchi dotati di auricolare, purché il conducente abbia adeguate capacità uditive e non sia necessario l’utilizzo delle mani per il loro corretto funzionamento. In base al nostro Codice della Strada è sempre vietato togliere le mani dal volante per usare un cellulare. La legge vieta in pratica ogni azione e ogni gesto che preveda l’utilizzo fisico del telefono quando il veicolo è in marcia: vietato telefonare, vietato scrivere messaggi, vietato consultare le mappe sullo smartphone. A norma di legge, vietato anche prendere in mano il cellulare per
rifiutare una chiamata. Non è tutto: è anche vietato utilizzare il cellulare in viva voce tenendolo con una mano (in tanti lo fanno attivando la “viva voce”). Se si usano gli auricolari, un orecchio deve sempre rimanere libero e “connesso” ai rumori del traffico. Avere una guida multitasking, ovvero navigare su Facebook, Instagram, fare selfie, mandare sms o telefonare senza bluetooth o auricolare mentre si è al volante, è il comportamento che innalza di più il rischio (+ 83%) di essere coinvolti in un incidente stradale rispetto a chi guida con attenzione. Negli ultimi mesi si è spesso parlato di una modifica al Codice della Strada per inserire, tra le altre sanzioni, anche il ritiro della patente per chi venisse fermato con il cellulare alla guida. É giusto chiarire che al momento il nostro Codice della Strada non ha subito modifiche in merito e quindi, oltre alla sanzione amministrativa del pagamento di una multa e la decurtazione di 5 punti dalla patente, la sanzione accessoria attualmente prevista in caso di violazione è la sospensione della patente di guida qualora, nei due anni successivi all’infrazione, il conducente venga fermato per aver ripetuto la stessa violazione. Per perdere la vita o per uccidere purtroppo basta un attimo di disattenzione. Una guida sicura e rispettosa delle norme prevede mani sul volante, occhi sulla strada e orecchie libere, tutte cose che l’uso del telefono cellulare inibisce in maniera contemporanea.
Ezio Scocco Sostituto Commissario della Polizia Stradale di Gorizia |
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S U CC E S S I O N I E D E R E D I TÀ
Si può diseredare un figlio?
Rubrica a cura di Massimiliano Sinacori
D I R I T T O
Una disposizione testamentaria può escludere dalla successione un legittimario, che ha tuttavia la facoltà di ricorrere in giudizio. Ecco in quali termini.
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“Se sposi quell’uomo da me non avrai un centesimo!” È la classica frase che si sente pronunciare in molti film dal padre iracondo quando la giovane e bella figlia si innamora perdutamente dello spiantato di turno. Una frase che rimanda a una vetusta concezione della famiglia ma che offre anche un interessante spunto di riflessione: diseredare un figlio, nel nostro ordinamento, è possibile? La risposta è meno banale di quanto si possa pensare, perché coinvolge questioni di diritto sostanziale e processuale spesso non così facili da cogliere per chi è estraneo al mondo forense. Procediamo con ordine. La prima cosa da tenere in considerazione è che esistono due tipi di successione nel nostro ordinamento: la successione testamentaria e quella legale (successione legittima) che opera quanto il de cuius (la persona della cui eredità si tratta) non ha lasciato per iscritto le sue volontà. |
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A tutti o quasi nella vita è capitato di essere chiamati all’eredità insieme con altri parenti le cui quote di partecipazione all’asse ereditario (così è chiamato il patrimonio del de cuius) variavano a seconda del grado di parentela, divenendo sempre più modeste a mano a mano che il vincolo di parentela con il de cuius diventava più lontano. Il principio che sta alla base è semplice: tutti in vita dispongono di un patrimonio e, dopo la morte, si deve capire quali saranno le sue sorti. O lo sceglie il de cuius redigendo un testamento, oppure per lui ci pensa la legge, individuando le persone a cui l’eredità va devoluta in assenza di specifiche volontà, secondo le disposizioni contenute negli articoli 566 e seguenti del codice civile. L’art. 565 del cod. civ. dispone che nella successione legittima l’eredità si devolve al coniuge, ai discendenti, agli ascendenti, ai collaterali, agli altri parenti e allo Stato, secondo precise disposizioni. Questi sono i soggetti che, in man-
canza di testamento e secondo regole ben precise, succedono al de cuius in assenza di specifiche previsioni. Con il testamento invece è colui che lo redige, il testatore, a stabilire le sorti del suo patrimonio scegliendo lui chi far diventare suo erede e in quale misura, e quindi è il testatore che include o esclude dal testamento secondo le proprie volontà. Detto questo parrebbe allora che, ad esempio, un padre possa, facendo testamento, escludere un figlio dalla successione. Ma, vedremo, non è così semplice. A complicare le cose interviene un’altra disposizione, l’art. 536 cod. civ., che stabilisce che una quota di eredità nella successione è riservata dalla legge a determinati soggetti: il coniuge, i figli e gli ascendenti. Come si può vedere questi soggetti – detti legittimari – sono legati da rapporti di parentela estremamente stretti con il de cuius, e in effetti lo scopo della norma è quello di tutelare la famiglia, anche comprimendo in parte la volontà del testatore. Fatte tutte queste premesse è evidente che non si pongono problemi rispetto alla successione legittima, posto che, in questo caso, è la legge a stabilire a chi vada devoluta l’eredità. Il problema si pone nel caso di successione testamentaria, quando il testatore manifesta una specifica volontà successoria individuando certi soggetti e non altri per succedergli. In questo caso dobbiamo immaginare che, in presenza di discendenti, ascendenti o coniuge, il patrimonio del testatore sia idealmente diviso in due parti: una disponibile (individuata con le modalità di cui all’art. 556 cod. civ.) e l’altra indisponibile. Per la parte disponibile il testatore potrà fare come ritiene, la parte indisponibile invece va riservata ai legittimari. Così, ad esempio, se il testatore ha solo un figlio, il suo patrimonio è diviso in due identiche parti: una disponibile e l’altra, invece, riservata dalla legge al figlio. Diverso il caso se il testatore ha un figlio e il coniuge: in questo caso la quota indisponibile è pari a due terzi del patrimonio (un terzo al coniuge e un terzo al figlio), mentre il terzo rimanente è liberamente disponibile. E così via secondo le modalità stabilite negli articoli 537 e seguenti cod. civ..
Ma se il testatore, supponiamo, ha un figlio e nel redigere il suo testamento lascia tutto il suo patrimonio (quota disponibile e quota indisponibile) a un vicino di casa che, immaginiamo, si è occupato di lui nel momento del bisogno, quel testamento che fine fa? In base a quanto appena scritto verrebbe da dire che il testamento è invalido, perlomeno nella parte in cui lede la quota legittima che la legge riserva ai discendenti. In questo caso, un mezzo dell’asse. In realtà non è così: il testamento con il quale viene diseredato un legittimario, nel nostro esempio il figlio, è valido ed efficace ma può essere impugnato dal figlio diseredato per ottenere la quota di sua spettanza. L’art. 554 cod. civ. infatti prevede che, nei limiti della quota, le disposizioni testamentarie eccedenti la quota di cui il defunto poteva disporre sono soggette a riduzione. Quindi se il figlio privato dei suoi diritti successori volesse, potrebbe agire in giudizio allo scopo di ridurre il lascito del padre e vedersi riconosciuta la quota legittima, oppure potrebbe decidere di non agire in riduzione e lasciare intatta la disposizione testamentaria del padre. In conclusione dunque è possibile, con una disposizione testamentaria, escludere dalla successione un legittimario, ma a questi è sempre concesso il diritto di agire in riduzione per vedersi riconosciuta la sua quota. Come si può ben intuire anche solo da questo piccolo esempio, la materia successoria è estremamente ricca di sfaccettature interessanti e di problemi complessi e spesso è opportuno che sia colui che sta per redigere testamento sia colui che vuole contestare le diposizioni testamentarie, vengano ben guidati da professionisti del diritto.
Massimiliano Sinacori Per approfondimenti ed esame di alcune pronunce e della casistica in materia è possibile rivolgere domande od ottenere chiarimenti via e-mail all’indirizzo: massimiliano@avvocatosinacori.com
Il mondo in una stanza
www.hikikomoriitalia.it
HIKIKOMORI
Isolati fisicamente dal resto del pianeta per vivere relazioni esclusivamente dietro allo schermo di un pc. Il fenomeno sorto negli anni ’80 in Giappone ora si sta sviluppando anche da noi. Con quali conseguenze?
S O C I E T À
Ritirarsi dalla vita sociale. Questo il significato del termine giapponese hikikomori, coniato per descrivere un fenomeno sviluppatosi nella seconda metà degli anni ’80 del secolo scorso proprio nel paese del Sol Levante. Un periodo nel quale la società nipponica fu scossa da una crisi sociale e generazionale che colpì proprio le giovani generazioni, mentre al contempo nello stesso Giappone la diffusione dei computer raggiungeva i massimi livelli. Un mix che diede vita al fenomeno dell’hikikomori, con adolescenti che si isolavano nella propria stanza, in alcuni casi senza nemmeno scendere dal proprio letto, comunicando con il resto del mondo esclusivamente tramite il computer.
Rubrica a cura di Andrea Fiore
Trent’anni dopo tocca a noi
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Quello che all’epoca sembrava un fenomeno proprio della società giapponese, ai giorni nostri sta diventando una questione che interessa l’intero mondo occidentale. Anche in Europa e in Italia sono realtà casi di adolescenti che si isolano gradualmente dal mondo reale, praticamente senza rendersene conto, trascorrendo il loro tempo chiusi nella propria stanza dietro a un monitor. Una sorta di eremitaggio fisico, perché i diretti interessati, in realtà, non si sentono isolati, anzi. Grazie a internet vivono rapporti virtuali con coetanei in tutto il pianeta, in|
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staurando amicizie o relazioni virtuali con persone che non hanno mai conosciuto fisicamente e che mai conosceranno.
Una dipendenza diversa dalle altre
In base alle statistiche a disposizione – ancora poche trattandosi di un fenomeno recente – i soggetti coinvolti sono in gran parte adolescenti e giovani tra i 15 e i 20 anni, con una maggiore diffusione tra i maschi, solitamente tutti dotati di buona cultura e di buone conoscenze. Persone all’apparenza normali, ma che sembrano attirati da un buco nero in cui tutte le cose passano esclusivamente attraverso il computer. Aspetto questo che rende il fenomeno difficile da affrontare, non limitandolo a una semplice dipendenza da internet. A differenza di quanto accade nei casi di altri tipi di dipendenze, infatti, dove solitamente si interviene sull’oggetto della dipendenza, eliminandolo, in queste situazioni la problematicità è più complessa. A giovani già isolati dal resto del mondo circostante, togliere l’unico strumento di contatto con l’altro potrebbe provocare un effetto deleterio, aggravando ulteriormente un isolamento già pericoloso.
Le famiglie e i segnali non visti
Possibile che questi giovani si ritrovino da un giorno all’altro isolati da tutto e tutti senza alcun segnale premonitore? Almeno in questo abbiamo la certezza che la risposta sia negativa. E chiama in ballo tutti i componenti della famiglia, genitori in primis, che tendono a sottovalutare determinati se-
gnali, come ad esempio l’allontanamento progressivo dalle amicizie fisiche e da altre relazioni, lo scarso interesse per la valutazione della scuola piuttosto che delle attività sportive, fino all’isolamento dagli amici più stretti e dai fratelli. Una mancanza di attenzione talvolta dovuta a un ragionamento inconscio di madri e padri che preferiscono i propri figli al sicuro nella loro stanza, piuttosto che fuori di casa tra i pericoli. Una giustificazione che non li fa accorgere di altre serie problematicità cui i loro ragazzi rischiano di andare incontro.
Come uscirne?
Il totale isolamento dal resto del mondo fa perdere a questi giovani – solitamente ragazzi che non fanno uso di sostanze – l’interesse per qualsiasi attività fisica, compresa quella sessuale. Un distacco dalla realtà che necessita interventi di carattere residenziale, come avviene nei casi di disturbi del comportamento alimentare. Se infatti si lascia invariato il contesto, è arduo immaginare di poter correggere determinati comportamenti: serve una residenzialità al di fuori della propria famiglia per consentire una correzione continua di determinate situazioni. Farlo è fondamentale, anche perché in base alla casistica finora disponibile, se curati correttamente questi soggetti possono tornare a una vita normale.
dott. Andrea Fiore
Medico delle FarmacoTossicodipendenze, psichiatra andrea.fiore@imagazine.it
C U O R E E M A L AT T I E
Che cos’è un infarto?
Rubrica a cura di Lorella Dreas
C A R D I O L O G I A
È la causa più frequente di mortalità nel mondo occidentale. Tuttavia, in molti casi si può tornare a una vita normale. Dai fattori di rischio alla predisposizione genetica, ecco come comportarsi.
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L’infarto del cuore (più propriamente infarto miocardico) è una malattia molto diffusa e, di conseguenza, molto temuta. È la causa più frequente di mortalità nel mondo occidentale. Ma cos’è, di fatto, l’infarto? Il cuore è nutrito, come tutti gli organi, da sangue che arriva attraverso vasi arteriosi, che nel caso del cuore si chiamano “arterie coronarie”. Le arterie, quando sono sane, sono dei “tubi” con pareti interne completamente lisce, attraverso le quali il sangue scorre praticamente senza alcun attrito. Le pareti delle arterie però possono ammalarsi: possono irrigidirsi, infiammarsi, possono depositarsi dei grassi, dei trombi o del calcio al loro interno o tutte queste cose insieme, in un processo che prende il nome di aterosclerosi. L’aterosclerosi porta a un restringimento dell’arteria e quando questo restringimento arriva a occluderla completamente, il flusso del sangue si arresta e il tessuto che veniva nutrito da quell’arteria muore. L’infarto miocardico è dunque la morte di un pezzo di muscolo cardiaco a causa dell’ostruzione dell’arteria coronaria che lo nutre. Quando questo succede, il tipico sintomo è un dolore intenso al centro del torace, che talvolta si estende al collo o al braccio sinistro. In certi casi però può manifestarsi con disturbi diversi, come mancanza di respiro, dolore allo stomaco o addirittura senza sintomi. Qualche volta purtroppo l’infarto manda in tilt l’impianto elettrico del cuore che smette improvvisamente di battere subito dopo, o addirittura prima, che il sog|
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getto si senta male. In questi casi l’infarto si manifesta con una morte improvvisa. Ma quindi con l’infarto il cuore muore? Nella maggior parte dei casi per fortuna no, nel senso che le arterie coronarie sono come i rami di un albero: il pezzo di cuore che muore sarà grande se la coronaria che si occlude è un ramo principale, piccolo se la coronaria è un ramo secondario. Solo se si occlude il tronco c’è il rischio che vada perduto il cuore nel suo intero. Dalle dimensioni dell’infarto dipende anche il futuro di chi ne è colpito: più è piccolo, più potrà essere superato ritornando a una vita normale. Il cuore serve per pompare il sangue a tutto l’organismo; come tutti gli organi ha una riserva: se ne va perso un piccolo pezzo, ne rimane abbastanza per continuare a svolgere la sua funzione normalmente. Se ne va persa una grossa parte, quella che ne rimane potrebbe non farcela a mantenere in vita la persona, oppure farcela con fatica, stancandosi facilmente e solo se aiutato da farmaci. Fortunatamente al giorno d’oggi la medicina offre la possibilità di disostruire la coronaria in corso di infarto miocardico. Entrando con una sottile sonda attraverso un’arteria del braccio o della gamba, si raggiunge il cuore, si entra nella coronaria e gonfiando un palloncino si dilata il restringimento. Il tutto in sola anestesia locale. In alternativa si può somministrare un farmaco che scioglie la parte di ostruzione causata dalla trombosi, ripristinando una pervietà sufficiente al passaggio del sangue. Più presto si agisce riaprendo la coronaria, più piccolo sarà il pezzo di cuore perduto. È importante quindi, se si accusano sintomi sospetti per un infarto, rivolgersi immediatamente al Pronto Soc-
corso. La disostruzione, per essere efficace, deve avvenire entro poche ore. Possiamo prevenire l’infarto? Le cause dell’aterosclerosi non sono ancora state comprese fino in fondo dalla scienza medica. Si sa soltanto che in presenza di alcuni fattori di rischio la probabilità di ammalarsi è maggiore. I principali fattori di rischio sono: il fumo, la pressione arteriosa alta, il colesterolo alto, il diabete. Ma quante volte sentiamo chiedere: “Come mai Tizio che non ha mai fumato, non aveva il diabete né il colesterolo ha avuto l’infarto?” Oppure: “Come mai Caio che ha sempre fumato e mangiato in modo esagerato è arrivato a 90 anni senza aver mai avuto niente?” Una risposta definitiva purtroppo non c’è, salvo il fatto che esiste senz’altro un’ereditarietà anche nell’aterosclerosi, cioè da quando nasciamo siamo più o meno predisposti ad ammalarci. Questo non deve indurci però ad abbassare la guardia sui fattori di rischio. Fattori di rischio significa che se uno prende 100 persone che hanno fattori di rischio e 100 persone che non li hanno, nel primo gruppo si ammaleranno molte più persone che nel secondo. Sta a noi quindi scegliere: stare nel secondo gruppo scegliendo di condurre una vita sana, tenendo sotto controllo i fattori di rischio, o stare nel primo gruppo, sperando di avere la fortuna di Caio. Dott.ssa Lorella Dreas Cardiologa
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SCADENZA 22 SETTEMBRE ▶ L’ARCOBALENO DELLA VITA Sezioni: A) racconto; B) poesia Lunghezza: A) max 3 cartelle; B) max 40 versi Quota: € 5,00 Premi: attestati, diplomi Info: 391 3661739 cassandravent@gmail.com ▶ ANNI D’ARGENTO Sezione: poesia Lunghezza: max 30 versi Quota: € 10,00 Premi: montepremi in denaro, coppe Info: 329 1014882 ass.pens. ggrele@virgilio.it SCADENZA 23 SETTEMBRE ▶ FINO IN FONDO Sezione: poesia Lunghezza: max 32 versi Quota: € 10,00 Premi: targhe, attestati Info: 338 1727277 premio. finoinfondo@gmail.com SCADENZA 28 SETTEMBRE ▶ FIORI D’INVERNO Sezione: poesia Lunghezza: max 30 versi Quota: € 15,00 Premi: coppe, targhe personalizzate Info: 340 9381787 dobravodaliv@gmail.com SCADENZA 29 SETTEMBRE ▶ PREMIO CULTRERA Sezione: racconto Lunghezza: max 20.000 battute Quota: € 20,00 Premi: montepremi in denaro, attestati, pergamene
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(as) s a g g i Colson Whitehead I ragazzi della Nickel Mondadori, 2019 Pagg. 216 € 18,50 Primi anni Sessanta, Florida. Il movimento per i diritti civili sta prendendo piede anche a Frenchtown, il quartiere afroamericano della capitale, ed Elwood Curtis, un ragazzino cresciuto Rüdiger Barth, Hauke Friederichs I becchini Bompiani, 2019 Pagg. 536 € 24,00 Novembre 1932. La Repubblica di Weimar sta vacillando. L’economia è in rovina, il clima politico si fa sempre più violento e gli scontri tra comunisti e nazionalsocialisti infuriano per le strade. Nel parlamento e nella cancelleria faccendieri, avventurieri, estremisti e demagoghi sono impegnati in una spietata lotta per il potere, fatta di impostuElena Dallorso, Francesco Nicchiarelli Signoramia Feltrinelli, 2019 Pagg. 352 € 15,00 Inizia tutto con uno scambio di ricette. È così che Francesca, bibliotecaria milanese, e Fabio, ingegnere romano, si conoscono. Solo che il blog è quasi tutto al femminile, per cui Fabio non ci ha pensato nemmeno un secondo e, semplicemente, si è finto una donna facendo entrare in scena Maria. Doveva essere solo un gioco, il desiderio innocente di avere accesso a un circolo di persone che condividono la stessa passione per i fornelli, ma tra Emma Sternberg Appuntamento dove il cielo è più blu Sperling&Kupfer, 2019 Pagg. 336 € 17,90 «Un’estate a Capri. Cercasi assistente-dattilografa personale.» Quando Isabell legge per caso questo annuncio, non ha niente da perdere: l’uomo che amava l’ha lasciata e il suo nuovo impiego le fa rimpiangere ogni giorno la libreria in cui ha lavorato per quasi quindici anni e che ormai ha chiuso i battenti. Così, per la prima volta nella sua vita, si lascia guidare dall’istinto, fa le valigie e parte. Arrivata nella
dalla nonna, si forma sugli insegnamenti di Martin Luther King. Il suo grande sogno è frequentare il college e iniziare la sua nuova vita, ma proprio il primo giorno di scuola accetta un passaggio su un’auto rubata. Pur non c’entrando nulla con il furto, Elwood viene spedito alla Nickel Academy, una scuola-riformatorio per soli maschi la cui missione è trasformare il piccolo delinquente in “un uomo rispettabile e onesto”. Questo sulla carta. Perché nei fatti la Nickel Academy è un vero e proprio viaggio all’inferno. re, menzogne, battaglie e inganni. Di lì a poche settimane cinque uomini decideranno le sorti della Germania. Insieme ai nazionalsocialisti Adolf Hitler e Joseph Goebbels, i cancellieri Franz von Papen e Kurt von Schleicher tessono una rete di intrighi intorno all’anziano presidente Paul von Hindenburg in una drammatica scalata al potere. Rüdiger Barth e Hauke Friederichs hanno attinto a diari, lettere, documenti inediti e appunti personali di un gran numero di attori e osservatori, e ne hanno ricavato un resoconto travolgente delle ultime dieci settimane della Repubblica di Weimar e di come Hitler e i suoi nemici hanno seppellito la prima democrazia tedesca. i due pian piano si sviluppa un’intesa. Di mail in mail, dai consigli di cucina passano alle confidenze: Francesca è sposata, con una famiglia caotica da gestire e una vita molto pianificata; Fabio/Maria è più sregolato, single, reduce da un fallimento sentimentale. Apparentemente diversissimi, hanno invece un’istintiva affinità nell’approccio ai fornelli e alla vita. All’impiattamento preferiscono la sostanza e, come parola chiave, “semplicità”: ingredienti genuini e tanta cura, in cucina così come nei rapporti personali. Protetti dalle loro tastiere e dai 572 km che separano Roma da Milano, costruiscono un’amicizia complice e giocosa, sempre più stretta. Finché l’inganno non raggiunge il punto di ebollizione… Il trucco di Fabio reggerà a un incontro? E cosa succederà se le distanze si accorciano? magica cornice di Capri, scopre di essere stata assunta nientemeno che da Mitzi Hauptmann: una famosa scrittrice, ora settantacinquenne, in cerca di aiuto per la stesura della propria autobiografia. Mentre il racconto di quell’esistenza favolosa si rivela tra dettagli appassionanti e i panorami mozzafiato dell’isola, Isabell sente che il suo cuore riprende pian piano a battere. E, una pagina dopo l’altra, capisce che, nonostante la differenza di età e di vissuto, lei e Mitzi hanno molto in comune: entrambe hanno conosciuto la solitudine, entrambe hanno ancora qualche sogno nel cassetto - che ora è giunto il momento di aprire. Perché non è mai troppo tardi per scrivere la propria storia, e viverla.
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ALLA SCOPERTA DI...
OSIRIDE BROVEDANI Servizio e immagini di Claudio Pizzin
La fiducia
di riuscire
Nella sua Casa Museo di Trieste rivivono i ricordi di una vita incredibile, fatta di geniali intuizioni, di momenti difficili da dimenticare e di una grande generosità. Che la Fondazione a lui dedicata tramanda nel tempo con aiuti concreti verso il prossimo.
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Imprenditore e benefattore. Comprendere chi è stato Osiride Brovedani (Trieste, 11 febbraio 1893 – 2 luglio 1970) non è cosa semplice, perché per farlo è necessario studiare la sua complessa personalità. Tuttavia per penetrare nel suo mondo occorre nominare due sue creature: la Fissan e la Fondazione Brovedani. In esse si racchiude, in un certo senso, tutta la vita di un uomo, che, dopo aver raggiunto l’apice della sua attività creativa e produttiva nella Fissan, si è voluto ricordare di quella che era stata la sua
base di partenza ardua, difficile e sofferta, che lo indusse, in uno slancio di umana solidarietà e altruismo, a voler risparmiare a quanti più giovani poteva le sue sofferenze e offrire loro la sua esperienza per affrontare la vita con quella serenità e sicurezza che a lui erano mancate. Nato in una modesta famiglia, composta dal padre Giovanni, impiegato all’Ufficio Esattoriale Comunale, dalla madre Noemi casalinga e dalle due sorelle maggiori Aristea e Armida, si impegnò fortemente negli studi fino a quando, mentre frequentava la seconda liceo scientifico, fu costretto a interromperli per aiutare, con il suo lavoro, il padre che non riusciva a sostenere la famiglia. Suo primo impiego fu il galoppino tuttofare al giornale Il Piccolo. In seguito, grazie alla sua versatilità e intelligenza, riuscì a passare da correttore di bozze a critico d’arte nel giornale Il Lavoratore, che meglio esprimeva in quel tempo la sua ideologia politica. Nel frattempo non smise mai di studiare per conto proprio, spinto da una grande curiosità di conoscere e di sapere. Nel 1930 Osiride Brovedani ottenne dal dottor Arthur Sauer, medico tedesco inventore della
In questa pagina sopra, la facciata della Fondazione Brovedani a Gradisca d’Isonzo; di fianco, la statua di Osiride Brovedani, eretta nel giardino della struttura . 40
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Pasta di Fissan, la concessione per la commercializzazione del prodotto e, successivamente, dalla Deutsche Milchwerke di Zwingenberg, anche quella per la produzione. Il nome Fissan è una sintesi latina da un imperativo categorico “Fissuram Sanare”: sanare le screpolature. Iniziò in uno scantinato nel rione di San Giacomo, installando un piccolo laboratorio che diede vita alla ditta “Osiride Brovedani”. Ottenne poi anche la licenza per la “polvere aspersoria Fissan”. Osiride non si limitò a essere il titolare della sua ditta: divenne chimico, tecnico, propagandista medico, pubblicitario, venditore e… distributore. La Pasta di Fissan veniva inserita in tubetti di alluminio e confezionata in astucci muniti dell’immancabile bugiardino. Tale confezionamento era affidato alle famiglie del rione di San Giacomo, ma la merce veniva consegnata e poi ritirata da lui stesso in bicicletta. Brovedani promuoveva i prodotti Fissan contattando direttamente i medici, tanto che pasta e polvere venivano da loro prescritte. Pur non essendo chimico elaborò la formula di due prodotti, Inavit e Inavit Base, che si rivelarono estremamente efficaci nell’azione di normalizzazione della pelle alterata; entrambi ebbero l’autorizzazione del Ministero della Sanità. Si occupò inoltre di una pomata per emorroidi e della Stria Fissan, preparato avveniristico per le smagliature. Lo scadere della concessione coincise con i 72 anni di Brovedani. La casa madre aveva all’epoca deliberato la costruzione di un nuovo stabilimento nella zona industriale di Trieste e gli propose l’incarico di amministratore, che lui accettò. Dopo la sua morte, la moglie Fernanda affidò a Raffaele De Riù, di cui assieme al marito aveva apprezzato le qualità, il compito di amministrare la Fissan. Lo stabilimento Fissan si ingrandì sotto la nuova guida aziendale e, anche attraverso la ricerca e grazie a nuovi impianti e tecnologie, la produzione fu ampliata con una vasta gamma di nuovi articoli per la cura della persona. Questo successo imprenditoriale contribuì a dare compimento alle ultime volontà della signora Fernanda Brovedani. La Fondazione nacque infatti nel 1973 per sua volontà testamentaria, realizzando così il desiderio espresso in vita dal marito di dare un’istruzione ai ragazzi che provenivano da famiglie disagiate: venne eretto un Convitto a Gradisca d’Isonzo – località scelta dopo una ricerca sul territorio regionale – in cui si offriva gratuitamente accoglienza a ragazzi orfani anche di un solo genitore, in età compresa fra i 6 e i 21 anni, provvedendo alle loro
La Fondazione
Nel corso degli anni l’aspetto giuridico della Fondazione si è modificato. Inizialmente costituitasi come Istituzione Pubblica di Assistenza e Beneficenza (IPAB), nel 1996 è stata riconosciuta la personalità giuridica di diritto privato e nel 1998 la Fondazione è stata iscritta all’anagrafe delle Organizzazioni non lucrative di utilità sociale (ONLUS). L’organigramma della Fondazione conta una trentina di dipendenti, che provvedono alla gestione sia dell’attività della Casa Albergo di Gradisca, del Museo di Trieste e del patrimonio della Fondazione. Sono suddivisi in quattro aree: direzione, attività amministrativa, servizi socio-assistenziali e servizi alberghieri e generali. L’impostazione gestionale, concepita con criteri organizzativi e finanziari del tutto nuovi, rendono la Fondazione autosufficiente e quindi non legata a sovvenzioni o ad altri assoggettamenti. L’attuale Consiglio d’Amministrazione è così composto: Raffaele De Riù, presidente nominato a vita; Loredana Bruseschi Samengo, vicepresidente in carica e consigliere nominata a vita; Monica De Riù, consigliere eletta dal CdA; Rita Ravalico Fenzi, consigliere designata da Soroptimist Club Trieste; Rino Russian, consigliere nominato a vita; Gianfranco Sinagra, consigliere nominato a vita; Marco Stener, consigliere designato dal Rotary Club Muggia; Paolo Volli, consigliere eletto dal CdA. |
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Il museo
Il Museo Casa di Osiride Brovedani è stato concepito come un ritorno alle origini. È dallo stabile di via Alberti 6 a Trieste, infatti, che tutto è iniziato. È lì che Osiride abitava con la moglie Fernanda, ed è nel salotto di casa sua che riceveva gli appuntamenti di lavoro, trasformando il tavolo della sala da pranzo in scrivania. Ma soprattutto è nello scantinato che nacque la Fissan, nel 1930. L’obiettivo del Museo è diventare un luogo della memoria per far conoscere la fi-
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gura di Osiride Brovedani ai cittadini e soprattutto ai giovani e ai ragazzi delle scuole. Inaugurato l’11 febbraio 2013, precisamente a 120 anni dalla nascita del “signor Fissan”, è stato sottoposto a un riallestimento e ampliamento degli spazi e riaperto al pubblico il 19 settembre 2017. L’esposizione si snoda attraverso cinque ambienti, organizzati in senso cronologico e contraddistinti da sfumature cromatiche diverse. L’allestimento offre al visitatore i momenti salienti della vita di Osiride Brovedani: dall’infanzia al lavoro come giornalista, passando per il primo stabilimento Fissan, quello appunto nello scantinato dello stabile stesso, fino all’emozionante spazio dedicato all’esperienza della deportazione, per poi tornare al mondo libero post conflitto, denso di ritrovata vitalità. Appartengono a questo ultimo periodo l’amore per la fotografia e la montagna, e l’incredibile espansione dell’azienda Fissan. E poi gli anni ’70 e ’80, con la costituzione della Fondazione, il Convitto e la Casa Albergo. L’ingresso al museo “Casa di Osiride Brovedani” è gratuito. Ingresso accessibile da via San Marco (con ascensore). Per prenotare una visita guidata fuori orario e per le visite di gruppo contattare il numero 3666766799 oppure scrivere a museo@fondazionebrovedani.it. Orari di apertura: martedì 15–18, giovedì 10–13, domenica 10-13 (ogni prima e terza domenica del mese).
Lorena Blanch
esigenze per l’intero ciclo della formazione scolastica in scuole pubbliche, fino agli studi superiori, secondo una concezione assistenziale libera da schemi tradizionali. Presidente a vita della Fondazione venne nominato Raffaele De Riù, sempre per volontà testamentaria della signora Fernanda. Usciti gli ultimi ragazzi, la struttura venne destinata all’accoglimento di persone anziane. «A volte – racconta Lorena Blanch, Responsabile di Struttura della Fondazione Brovedani – l’avvento di una nuova normativa costringe a rivoluzionare i propri progetti, ma quello della Fondazione è un intento di amore e questo non può essere modificato». La Casa Albergo offre ospitalità gratuita a persone sole, di cittadinanza italiana, di età superiore ai 66 anni, autosufficienti con un reddito che non garantisca una completa situazione di benessere. «Diventare anziano – conclude Blanch – vuol dire subire cambiamenti significativi e ritrovarsi a mettere in gioco nuovamente il proprio senso di identità: la Casa Albergo si propone di migliorare la qualità della vita dei suoi ospiti offrendo, a titolo completamente gratuito, oltre a vitto e alloggio, tutti gli altri servizi accessori che consentono di condurre una vita autonoma all’interno di un ambiente comunitario per allontanare la solitudine e rallentare il declino della persona».
Claudio Pizzin
La prigionia
La sua origine semitica da parte di madre costrinse Osiride Brovedani a una terribile prova durante la Seconda guerra mondiale: nel luglio del 1944 venne arrestato e rinchiuso nelle carceri del Coroneo senza conoscerne la motivazione. Apprese in seguito che era stato accusato di “ascoltare Radio Londra”. Pochi giorni dopo fu deportato in Germania dove lo attendevano i campi di concentramento più tristemente noti: Buchenwald, Dora, Belsen. Durante l’internamento scrisse un diario che malgrado le pressioni di un suo compagno di prigionia, il noto scrittore Giovannino Guareschi, non volle mai pubblicare. Dopo la sua morte, il manoscritto venne pubblicato dalla Fissan per onorarne la memoria e, stampato in trentamila copie, venne distribuito a tutti i farmacisti d’Italia e a molti medici. Altre edizioni, di cui una bilingue in inglese ed ebraico, sono state successivamente pubblicate a cura della Fondazione. Contatti: Fondazione Osiride Brovedani onlus via Eulambio 3 – Gradisca d’Isonzo Tel. 0481 967511 – www.fondazionebrovedani.it Sede legale: via Alberti 6 – Trieste |
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ALLA SCOPERTA DI...
OROLOGI E CAMPANILI Servizio di Alberto V. Spanghero. Immagini di Archivio Fotografico Rinaldo Baldo
Come scorre
il tempo
Per lungo tempo l’orologio è stato un lusso. Per questo motivo i primi esemplari vennero installati nelle torri civiche e sui campanili delle città. Un’operazione lunga e costosa che riuniva numerosi tecnici e operai. Come confermato dalla storia degli esemplari presenti sul territorio monfalconese.
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Se si pensa al linguaggio di ieri, riguardo il quantificare e lo scorrere del tempo, vengono in mente espressioni del tipo: al tenp che ghe vol par cosar un ou o al tenp che ghe vol par far buir l’acqua. Probabilmente, quando non c’erano ancora gli orologi, il tempo veniva misurato in fatti concreti legati a fenomeni naturali o a quelli della vita: al primo cant del gal o quando che va a durmir le galine. Bello il riferimento per indicare la notte: l’ora del gnòtul (pipistrello), oppure te xe longo come al passio, la lettura della passione di Cristo nella messa della Domenica delle Palme. Anche le preghiere servivano per misurare il tempo e per la salvezza dell’anima, ma anche per non sbagliare la cottura dell’uovo sodo e dei dolci o la lievitazione degli impasti: ed erano sempre le donne a trovare questi riferimenti. Nel nostro modo di dire, quello di tutti i giorni, oggi meno ma un tempo di più, si diceva: al temp de un’Avemaria; quello della misura minima era in un amen e l’attimo veniva quantificato in un fiat. Ma c’era anche il bellissimo aforisma raccolto a Ronchi: un Credo par un ou a la coc.
Sarebbe lungo elencare i vari punti di riferimento per la misura del tempo presi via via dalle categorie di attività artigianali, contadine e del commercio, probabilmente ogni categoria di lavoro avrà avuto la sua. Fino al XVIII secolo ovunque c’era un’industria tessile c’erano campane che scandivano gli orari di lavoro che si basavano su orologi idraulici, clessidre e meridiane che dicevano l’ora al campanaro. Ma con il passare del tempo ciascuna di queste misure si è andata perdendo all’apparire dell’orologio meccanico, che ha dato più precisione, più certezza. L’orologio per lungo tempo è stato un lusso e una cinquantina di anni fa, noi, bambini di paese, davamo segni d’intelligenza e d’aver fatto progressi notevoli quando arrivavamo a conoscere le lancette dell’orologio. Una donna di Pieris non conosceva le ore e, quando il marito la mandava fuori sulla strada a vedere l’ora che faceva l’orologio sul campanile, lei rientrava dicendo: “le sfere le xe cussì” e si metteva con le braccia aperte nelle posizione che avevano le lancette dell’orologio. Un salto decisivo è quello dell’invenzione dell’orologio meccanico, cioè uno strumento fatto dall’uomo, capace di battere il tempo in maniera uniforme, uguale in ogni momento e in ogni luogo. I primi orologi a
In apertura, Monfalcone luglio 1915; l’orologio delcampanile del duomo abbattuto dagli austriaci. Di fianco, A.S.P.T., libro dei camerari (anno 1778). Nota per l’acquisto di un orologio da Antonio Solari. 44
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pesi comparvero verso la fine del 1200, forse in Italia, ma non si sa chi sia stato a inventarli. Possedere un orologio era una cosa che pochi potevano permettersi, visti gli altissimi costi; per questo motivo i primi orologi vennero installati sulle torri civiche delle grandi città, sui campanili delle chiese cattedrali o su quelle importanti che disponevano di fondi notevoli. Infatti, ci risulta che ad Aquileia, durante i lavori di restauro del campanile, eseguiti dal 1497 al 1549, venne installato sul campanile anche un orologio. Questo lo possiamo vedere dagli Atti Capitolari in cui è scritto: Il giorno 8 dicembre del 1549 il Capitolo convenne con un certo maestro Peregrino che gli faccia un orologio buono e sufficiente da collocarsi nella torre delle campane per il prezzo di ducati 12, consegnandogli inoltre tutto il ferro del vecchio orologio che era collocato in chiesa, presso la sacrestia superiore; e maestro Peregrino accettò e si obbligò non solo di farlo, ma ancora di tenerlo in acconcio a sue spese. Ma per i contrasti con i custodi della torre dai quali veniva impedito e disturbato i lavori andarono più a lungo. Per questo motivo i Canonici stabilirono di dargli oltre i 12 ducati altri due scudi d’oro. Questa, secondo le nostre ricerche, è una delle notizie più antiche sugli orologi da torre che riguardano le nostre zone. Ma il Seicento e il Settecento sono stati per gli orologi da torre e da campanile due secoli di grande espansione. Alle tecniche degli orologi antichi che traevano la loro forza motrice da un peso applicato a una corda che si svolgeva da un cilindro di legno, furono apportati importanti perfezionamenti come il pendolo che, producendo movimenti periodici di uniformità perfetta, rappresentò l’organo regolatore che per tanto tempo era stato invano cercato; un altro organo regolatore importante consisteva in una molla a spirale attaccata per una estremità all’albero di un volantino detto bilanciere e con l’altro estremo fisso a un punto in modo che la molla mantenesse un moto oscillante avente uguale periodo. Le parti fondamentali (fig. 1) di un orologio a pendolo sono il peso (P), la ruota dentata (R), l’àncora (A), il contrappeso (G), gli indici (F) e il quadrante. Questi orologi, abbastanza precisi, nel medioevo incominciarono a essere montati su torri e campanili sostituendo, in parte, le antiche meridiane. Bisogna aggiungere ancora che i primi orologi da torre erano abbastanza costosi, anche quando erano semplici. Il ferro battuto e l’ottone, i due metalli più usati, richiedevano molto lavoro e molto combustibile per la lavorazione. La collocazione del meccanismo imponeva di solito interventi massicci sulle strutture murarie. La costruzione e l’installazione di un orologio da torre poteva durare settimane o addi-
rittura mesi, anni per gli orologi astronomici o quelli con le figure in movimento. La sfilata di santi e patriarchi allo scoccare dell’ora, i colpi del martello sulla campana, l’angelo che ricrea il percorso del sole, il gallo che canta all’alba, la luna che cresce e che cala attiravano sempre la gente che, con il naso all’insù, ammirava l’orologio spettacolo che testi- Figura 1 moniava l’abi- lità artigianale e artistica dell’uomo. Per fare ciò bisognava riunire sul posto squadre di artigiani e di operai, nutrirli e alloggiarli. Finita l’installazione, la manutenzione dell’orologio esigeva la presenza di un tecnico, continui controlli e un fiume di pezzi di ricambio. Per svolgere questi lavori spesso si ricorreva al fabbro del paese. Campane e orologi dunque hanno abitato, si fa per dire, da sempre la stessa casa: il campanile. Infatti, gli orologi meccanici a contrappesi era giocoforza installarli il più vicino possibile alla cella campanaria per una serie di motivi. Primo fra tutti quello di assicurarsi che il quadrante dell’orologio potesse essere visto al disopra delle case e il più lontano possibile; secondo, per facilitare il collegamento tra la macchina e il percussore delle ore sulla campana per mezzo di tiranti o barrette in ferro; terzo per garantire una certa autonomia di carica che veniva data dalla lunghezza della corda alla quale erano legati i contrappesi penzolanti lungo la tromba delle scale. Il 1725 è l’anno in cui i Solari, oriundi genovesi, impiantavano a Pesariis la prima fabbrica per la produzione di orologi a pendolo da torre in Friuli. Nel nostro territorio le prime notizie riguardo agli orologi da torre le troviamo riferite alla costruzione del nuovo campanile del duomo di Monfalcone avvenuta nel 1760, quando si fa cenno ai lavori che vengono sospesi al quadrante dell’orologio. Nel 1778 il paese di Turriaco si adeguava alla |
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Don Enzo Fabrissin, dal 1998 sacerdote a Turriaco. Pagina accanto, orologio restaurato del campanile di Turriaco.
moda del tempo acquistando dal prof. Antonio Solari di Pesariis il suo primo orologio da campanile che fu pagato in tre volte. Per l’usura delle parti meccaniche rimase fermo anche per mesi interi. Nel febbraio del 1923 l’orologio fu riparato con i soldi dei danni subiti a causa della Grande Guerra. Il movimento necessario al funzionamento era dato da due pesi contrapposti in sospensione: si trattava di due blocchi in cemento a forma cilindrica dal peso di una ventina di chili ciascuno che venivano avvolti tramite una corda su di un cilindro di legno posto sotto la cella campanaria. La carica durava tre giorni dopo i quali bisognava ritirali nuovamente su. Questa operazione veniva svolta spesso dai chierichetti. L’antico orologio settecentesco fu sostituito nel 1954 da uno con concezioni meccaniche più moderne ed efficienti dalla ditta Roberto Tobino di Terrile, frazione del comune di Uscio, provincia di Genova. I vecchi pesi di cemento contrapposti furono sostituiti da altri in ferro azionati da un motorino elettrico che provvedeva alla ricarica automatica. Quindi l’orologio da meccanico passò a elettromeccanico. Fino agli anni Sessanta del 1900, le spese per la manutenzione dell’orologio e la messa in sicurezza della scala d’accesso in legno erano di competenza dell’amministrazione comunale. Nell’ottobre 1970 si provvide alla costruzione di una incastellatura in ferro profilato a U per la sospensione e oscillazione delle campane e allo spostamento dell’orologio, inserendo l’apparecchiatura al fun46
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zionamento automatico delle campane. La “Fonderia Udinese di campane” di A. Clocchiatti e figli di Colugna, frazione di Tavagnacco, fu incaricata del lavoro (la spesa totale fu 613.800 lire di allora, pagate a rate). Oltre alla fusione di campane, la ditta Clocchiatti forniva equipaggiamenti elettrici, meccanici, incastellature fisse e mobili per ogni sistema di suono in uso. Alberto, figlio di Mario, specializzato in orologi da campanile sostituì il vecchio orologio di Antonio Trebino risalente agli anni Cinquanta, con uno totalmente elettrico privo dei pesi, del bilanciere e del pendolo; sicuramente più preciso ma molto più sensibile alle condizioni atmosferiche: infatti, durante un temporale non eccessivamente forte, puntualmente si ferma (la spesa fu di lire 33.750). E così pure il paese di San Canzian comperò nel 1790 un orologio da campanile da un certo Giovanni Colautti. Nel 1858 il parroco Giovanni Nanut acquistò per 230 fiorini un nuovo orologio per la chiesa di San Canzian e uno per la chiesa di Begliano. La macchina, per la verità non molto complicata, aveva comunque bisogno di una manutenzione periodica quale l’ingrassaggio delle parti in movimento, la sostituzione delle corde che sostenevano i contrappesi e di tanto in tanto occorreva provvedere alla pulitura degli ingranaggi. Per riportare le sfere in orario, qualora l’orologio si fermasse o andasse vistosamente fuori tempo, l’ora esatta veniva data dalla meridiana. A tale funzione veniva generalmente incaricato il fabbro del paese il quale veniva remunerato in natura o dalla rendita ricavata da un campo che, come nel caso di Turriaco, era spesso chiamato canp de l’orloi. Detto campo si estende sulla destra alla fine di via Venuti e confina con il recinto dell’aeroporto Giuliano e la proprietà Gregorin Nicolò. E così il lavoro dei campi non veniva più regolato solo dal movimento del sole, ma anche dall’orologio in maniera che internamente col suono indichi l’ore, e di fuori le dimostri a tutti coll’indice. Dire per curiosità quante volte un orologio da campanile abbia battuto le ore in un determinato periodo è un conto presto fatto: considerando che le ore vengono ripetute e le mezze ore no, in un giorno il martello percuote la campana per 336 volte. In un anno i botti sono 122.640. Poi, per esempio, se vogliamo vedere quante volte l’orologio di Turriaco ha battuto le ore da quando nel 1778 è stato messo sul campanile vediamo che quel martello ha battuto la campana grande per 26.808.000 volte. Gli orologi meccanici a contrappesi che erano su quasi tutti i campanili della Bisiacaria, risalenti ai secoli passati, vennero sostituiti negli anni
cinquanta e sessanta da quegli elettromeccanici; sostituiti a loro volta, negli anni settanta e ottanta, da quelli elettronici. Alcuni funzionano bene altri, come quello di Pieris, non funzionano affatto. In questi brevi cenni includiamo, come abbiamo fatto per le campane, alcuni brani di poesia riferiti agli orologi, spiegando che i primi cantori dell’orologio non furono poeti di second’ordine, anzi, Dante Alighieri, nel Canto X del Paradiso, intona le lodi della gloriosa rota che gira tin tin sonando con dolce nota: l’allusione è quasi certamente a un orologio da camera. Nel lavoro di ricerca sulle campane ci siamo imbattuti nel poeta friulano Ciro di Pers (1599-1663) il quale, accanto alla tematica lugubre di cui è riconosciuto maestro, rivela una passione tormentosa per gli orologi, di ogni tipo, a polvere, a sole, a ruote. Sette sonetti sono dedicati agli affascinanti ordigni di cui deve aver contemplato a lungo, quasi con lucida allucinazione, i movimenti dei meccanismi che, inesorabili, scandiscono il tempo inarrestabile. Riportiamo il 135 che viene considerato il più ossessivo: Mobile ordigno di dentate rote / lacera il giorno lo divide in ore / ed ha scritto di fuor con fosche note / a chi legger le sa: Sempre si more. / Mentre il metallo concavo percuote / voce funesta mi risuona al core / nè del fato spiegar meglio si puote / che con voce di bronzo il rio tenore... e con que’ colpi onde ‘l metal rimbomba / affretta il corso al secolo fugace / e, perché s’apra, ogn’or picchia a la tomba. Abbandoniamo il poeta seicentesco Ciro di Pers dalla poesia complessa e barocca per approdare con un bel salto, non solo di anni, a quella più solare e dal gusto sicuramente più romantico dello storico e poeta in dialetto bisiac Carlo Luigi Bozzi. Persona molto sensibile e colta, scrisse la poesia, L’orloi, il 28 gennaio 1948, che invitiamo il lettore a leggere interamente e a meditare. L’orlòi E tic e tac...l’orlòi ta’l so canton a’l zeme, por, cussì la so veciaia. Duta la casa tase; pa’l barcon vert sora l’ort se sinte un can che baia. Anca ‘na volta, tanti ani fa, e tic e tac. ‘l vec’ 0rlòi zemeva ta’l so canton. Al temp ‘l xe passà e lu ‘l cuntinua dir quel che ‘l diseva. Di là de i orti e i campi, de lontan anca ‘na volta un can cussì ‘l baiava secondo ‘l vent, un poc più forte o a pian, fin che ta’l scur de luna al se cuietava Zorni lontani; e mi ero putel che dogna ‘l fogolar se ‘dormenzava. E tic e tac... e tic.... e sul più bel anca l’orlòi de bot ‘l se incantava.
Tempi passadi: e mi ero putel e son de tic e de tac me son fat omo, e me lambico adess sto zarvel par domandar: cossa xe sta, ma come come go fat sto salt de là fin qua? Ero un banbin e adess son squasi nonu; come senza saver me xe passà la zoventù ‘l morbin la voia e ‘l sono? Nome l’orlòi che zeme ta’l canton me sa contar come che la xe ‘ndada. Tra un tic e un tac, cussì, senza reson squasi duta la vita consumada. Se tira inanzi fin che cu’n suspir l’orlòi se ferma e più no’l segna le ore. Senza saver parché, senza capir su ‘l “tic “ se nasse e po su’l “ tac “ se more Carlo Luigi Bozzi nella poesia Nostalgia de Foian del 1960 riprende il tema dell’orologio alla fine, quando, dopo aver rievocato scenari di paesaggi collinari, il monte, le due chiese, i campi e la roggia in un “ziél ciaro e zeleste”, conclude con una vena di sottile malinconia che ci sembra traspaia dai versi: “Parsora de dut quel mondo pien de pase / un dopo quel’altro i casca zo pian a pian / i boti de le ore; e po co i tase risponde i altri canpanii lontan. Mi no te poss desmentegar, paese / onde che son nassù tanti ani fa; / co sero i oci vedo le do cese / sinto che la me pase la xe là.
Alberto Vittorio Spanghero
Ricercatore e storico di Turriaco |
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ALLA SCOPERTA DI...
STORIA E DECADENZA Servizio di Gilberto Ganzer Immagini di Claudio Pizzin
I napoleonidi
di Villa Vicentina
Un anno fa il nostro collaboratore Michele Tomaselli promosse una petizione per sollecitare le autorità competenti a salvare “La Commenda” e Villa Ciardi-Baciocchi. Da allora nessun intervento è stato rilevato. E mentre il complesso è abbandonato al degrado, dal suo interno riemergono pagine importanti di storia.
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Quando nel 1816 Elisa Baciocchi, sorella di Napoleone, andò a Trieste dopo la permanenza forzata a Bologna, a Graz e nell’oscura fortezza di Brunn, la sua immagine era ormai del tutto innocua e incapace di influenzare qualsiasi idea o programma politico. La rendita annua di trecentomila franchi accordatale dagli Austriaci le permise di acquistare, nello stesso anno, un palazzo in Campo Marzio, appartenuto all’ex generale russo Psarò e, nel 1818, una villa in campagna con ampio podere a Villa Vicentina, già proprietà dei conti Gorgo. L’acquisizione delle due dimore sanciva definitivamente la “permanenza forzata” dell’ex principessa in quest’angolo dell’Impero. I Gorgo erano un casato di origine vicentina giunto in Friuli alla fine del Quattrocento assieme a un cospicuo corpo di “sterratori” provenienti anch’essi da colà. E proprio da questi nuovi abitatori la località prenderà il nome di Villa Vicentina. In Udine abitarono il bel palazzo di via Viola, dove ospiteranno successivamente
l’Accademia degli sventati, acquisendo nuove tenute a Nogaredo dove venne edificata nel 1755 una prestigiosa residenza. Nogaredo era sulla strada per Vienna e collegava infatti la località a Viscone attraverso il guado sul torrente Torre. Nel 1813 questi beni vennero portati in dote da Marianna Gorgo al Conte Pietro di Maniago e così in parte acquisiti da Elisa Baciocchi nel 1818. Quasi in fuga dal suo Granducato toscano, nel 1814 Elisa, non più Granduchessa ma Contessa di Compignano, chiedeva ospitalità ai Manin per partorire nella Villa di Passariano il figlio Gerolamo Federico “nel momento in cui cessava di avere bisogno di un erede cui trasmettere il proprio potere”, come scrisse sconsolatamente a una sua dama di compagnia. Il desiderio di ridare vita ai rituali di un mondo principesco trovò adeguata espressione nella sistemazione delle nuove dimore e soprattutto di Villa Vicentina, grazie al competente aiuto dell’ingegnere Charles de Sanbucy cui venne affidato il piano di ristrutturazione dell’antica commenda. Per Elisa era già intervenuto sia a Lucca sia nei territori della Toscana, e qui avrebbe dovuto rendere una residenza degna del suo rango integrando le rovine medioevali della “commanderie” con le nuove strutture e l’immenso parco che avrebbe potuto ricordare quello splendido che aveva posseduto a Marlia o quelli di Boboli. La vicinanza poi di Aquileia consentiva a Sanbucy di attuare diversi scavi su sollecitazione della committente che desiderava la sua personale “Gallerie d’antiquitès” In apertura, la villa oggi;di fianco, la villa nel 1800. Pagina accanto, alcuni cimeli abbandonati: tinozze con il logo originale della famiglia di Napoleone Bonaparte; il solaio della villa.
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nella villa. Nella località detta “la Bacchina” saranno ritrovate infatti statue, cammei, medaglie, bassorilievi, colonne, marmi e mosaici da utilizzare per le decorazioni anche architettoniche della dimora e del parco (ben 262 carri). A Villa Vicentina si compiacque di una ritrovata serenità come scrisse in una lettera alla sorella Paolina nel maggio 1817: “tutto è perfetto qui... nessuno mi può togliere i miei privilegi perché li devo a me stessa ed alla mia filosofia”. A Trieste frequentava il Teatro Nuovo dove rincontrerà l’amato Paganini, che la accompagnerà anche a Villa Vicentina, come pure l’ex Ministro della Polizia di Napoleone, Joseph Fouchè, che avrebbe voluto poter vivere a Vienna. Immensamente ricco il Fouchè, Duca d’Otranto, frequentava volentieri l’imperiosa e brillante Elisa che riceveva la nutrita compagine di “ex” nella sua dimora triestina, magnificamente arredata e tra le prime illuminate a gas della città (1818). La finissima dotazione degli ambienti triestini conservava quella pompa e quel lusso magniloquente voluto dalla “protettrice delle arti”, come si era fatta ritrarre nel 1812 dal Benvenuti e forse conservava ancora il busto fattole dal Canova. Dell’élite triestina facevano parte il fratello Gerolamo Bonaparte e consorte, Principi di Monfort, e i vecchi cortigiani come Maret, Duca di Bassano, Arrighi Duca di Padova e cugino di Elisa, Savary Duca di Rovigo e, come detto, dal 1819 anche Fouchè. Non doveva essere difficile per il Governo austriaco controllare i movimenti di Elisa e di tanti illustri personaggi che gravitavano attorno a lei; lo stesso era avvenuto anche durante gli scavi di Aquileia dove il Sovrintendente dell’epoca, De Moschettini, informava puntualmente le autorità di quanto avveniva. Se a Trieste gli arredi del palazzo erano così “significativi”, altrettanto doveva essere per Villa Vicentina dove, accanto a mobili forniti da artigiani locali, soprattutto triestini, come suggerì la Crusvar, parte dell’arredo doveva provenire dalle dimore reali di Lucca e Massa, inviato prima a Bologna nel 1815 dove i Baciocchi avevano una residenza. Elisa morì a Villa Vicentina nel 1820, probabilmente per febbre tifoidea, mentre i sontuosi funerali si tennero a Trieste nella Cattedrale di S. Giusto. Lasciò una cospicua sostanza oltre alle proprietà che aveva acquistato con le collezioni d’arte e archeologiche ben conosciute dall’amico e frequentatore della villa, il Conte Francesco Cassis Faraone (e la moglie Giovanna d’Attems), conservatore della storica collezione di Gian Domenico Bertoli. La popolazione di Villa Vicentina si era affezionata all’ex Principessa di Lucca e Piombino ed era stata trattata con caritatevole prodigalità, garantendo ai paesani anche un pubblico maestro per l’insegnamento.
La villa avrebbe continuato a vivere attraverso la figlia, Napoleona Elisa che sposerà il Conte di Camerata e che tanto piaceva da bambina alla stessa nuova Imperatrice dei Francesi, Maria Luisa d’Asburgo, che così annotava: “la Granduchessa di Toscana è molto intelligente, è brutta, ma ha una figlia di tre anni che è la più bella bambina che abbia mai visto”. Ci è quasi difficile pensarlo visti i ritratti della maturità. Napoleona continuò a prodigarsi per la gestione dell’ampia tenuta, quasi fino alla morte, avvenuta nel 1869. Il fratello Federico Napoleone, quel bambino nato nel drammatico 1814 a Passariano, morì invece a Roma nel 1833, per una caduta da cavallo. Tristi avvenimenti occorsero per la Contessa di Camerata: dal suicidio del figlio Napoleone, avvenuto a Parigi, e che per volontà testamentaria volle essere sepolto a Villa Vicentina, ricordata come un luogo gioioso della propria fanciullezza, alle successive perdite di amici e parenti. La Cappella dove giace tuttora entro un sarcofago di marmo con le armi dei Camerata e dei Baciocchi è posizionata su parte di quel giardino che tanto gli ricordava l’infanzia. Una pala di Augusto Tominz del 1869 ne arricchisce l’altare. Più tardi la villa avrebbe ospitato il grande Louis Pasteur, inviato dall’Imperatore dei Francesi Napoleone III nel 1869 per trovare calma e riposo dopo che era stato colpito da paralisi. Qui continuò i suoi studi sulle malattie dei vini e dei bacchi da seta, potendo contare della presenza in villa dell’assistente di chimica Raullin (poi professore a Lione). Pasteur distribuì sempre a Villa Vicentina e nei dintorni una grande quantità di semebachi, curati dal lui stesso, consentendo agli allevatori di ottenere una abbondanza di prodotto, frequentando anche l’amico Chiozza e il bacologo ed enologo Alberto Levi di Villa Nuova. Una lapide fu apposta nel 1931 dalla Società Adriatica di Scienze Naturali per ricordare lo scienziato. Dopo la Prima guerra mondiale e la scomparsa di Vittorio Bonaparte, capo dei bonapartisti, il nucleo più cospicuo di Villa Vicentina fu venduto al Cav. Alessandro Ciardi, già amministratore dei beni. Ora la villa e il complesso tutto necessità di un urgente e doveroso ripristino per tutelare non solo lo straordinario complesso ma anche le importanti pagine di storia che tutt’ora si spiega.
Gilberto Ganzer
Si ringrazia Eliana Merluzzi Barile per la collaborazione |
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Note
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ALLA SCOPERTA DI...
CANTO CORALE A GORIZIA Servizio di Vanni Feresin
di libertà
L’immagine della coralità e del cantare insieme è una sorta di rappresentazione del mondo, del sapersi ascoltare. Anche per questo il territorio goriziano cela una storia di intrecci sociali, culturali e musicali unica nel suo genere.
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Nel territorio del Goriziano il fenomeno della coralità incominciò a delinearsi in modo unitario a partire dagli ultimi decenni dell’Ottocento: un frangente in cui la stabilità politica vedeva crescere, nei territori della vasta compagine imperiale, le pressioni delle ideologie nazionali delle diverse identità etniche e culturali sottoposte alla corona asburgica. Il canto veniva praticato nelle chiese goriziane già dal tardo Medioevo. Ad esempio il parroco dei Santi Ilario e Taziano doveva celebrare quotidianamente la messa cantata. Nel Cinquecento operavano maestri di consolidata esperienza come Giovanni Oberpurger, Giorgio Mainerio di origine scozzese, oppure Giovanni Battista Galero di origine friulana. Questi si servivano di un ridotto organico di musicisti, suonatori di cornetto e di cantori. Il canto non doveva mancare neanche nei monasteri di San Francesco 50
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dove operava fra Nicola Vicentino che impartiva lezioni musicali ad allievi di diversa provenienza. Nel XVII secolo un’importanza notevole nel campo scolastico e della musica sacra la ebbero l’apertura del Seminario Verdenbergico e del monastero della Madri Misericordiose Orsoline. Nella seconda metà del XVI secolo Gorizia, per il suo specifico legame territoriale con l’area alpina e carniola, conobbe una ricezione di forme musicali proveniente dalla Riforma luterana. Così è molto probabile che ad esempio una delle cinque edizioni del primo volume di canti religiosi in lingua slovena sia penetrata negli ambienti dell’Isontino, forse nei palazzi nobiliari dove si organizzavano serate di musica luterana. Nel Seicento è documentata la presenza in città di alcuni musicisti che si distinsero anche per la composizione di musica sacra per coro, come Gioseffo Marini che pubblicò a Venezia un libro di messe e mottetti a otto voci per basso e organo, opera che porta la dedica ai nobili provinciali. Nello stesso secolo è nota le presenza di Matteo Melissa, organista e compositore di salmi concertati da due a cinque voci. Dal secolo XVII di cui si hanno poche tracce di questo gusto musicale corale, si passa al Settecento nel quale ci sono notizie documentarie di canto popolare religioso anche in lingua friulana. Ranieri Mario Cossàr racconta di un’egloga intitolata La Cancion della gnot di Netal e una Cancioneta friulana sopra i tre Res. Sopra, la corale A. C. Seghizzi diretta dal maestro Francesco Valentinsig nel 1969; di fianco, Frontespizio autografo del maestro Augusto Cesare Seghizzi delle Litanie della beata Vergine, del dicembre 1909.
Con la metà del Settecento Gorizia divenne sede di un arcivescovado metropolita che si estendeva in un territorio vastissimo, oltre duemila parrocchie e seicentomila abitanti; e qui compare l’ampia attività musicale della Cappella della Cattedrale, già nel 1747 veniva collocato nella cantoria della stessa chiesa un grande organo, opera dell’organaro veneziano Pietro Nacchini. Spartiti di messe e mottetti di autori di scuola veneziana e austriaca testimoniano la ricca attività di questa gloriosa istituzione tutt’ora esistente. Di destinazione solistica appare la Messa in Feffaut per voci e continuo scritta intorno al 1780 da Gaetano Fabani maestro al cembalo nel Teatro di Società e maestro di Cappella nella seconda metà del secolo. Allo stile classico appartiene la messa corale e Tantum ergo in re maggiore a due voci e organo obbligato del boemo Wenceslao Wrattni, scritta a Gorizia nel 1808, il carattere spigliato della melodia assieme al vivace accompagnamento rimandano a esecuzioni cameristiche. Delle stesso anno anche il Laetentur coeli che ancora oggi è eseguito nella cantoria della chiesa parrocchiale di San Rocco a Gorizia. Fino agli inizi dell’Ottocento il contesto cittadino registra la presenza di attività canore prevalentemente nell’ambito sacro; è complesso stabilire in che misura le campagne e l’entroterra collinare conoscessero il fenomeno della coralità spontanea. Il canto friulano, che si sviluppa fin dalle sue origini a più voci, era allacciato alla vita dei campi e alle radici profonde della popolazione, ma di questa musica fino alla fine del XIX secolo non è rimasta traccia. Bisogna pertanto rapportarsi con le istituzioni accademiche, cioè la Scuola di musica, poi Istituto di Musica, che ebbe il suo fondamento nel 1824 e che non prevedeva almeno nel suo inizio un indirizzo specifico corale, esisteva però una classe di canto con interesse prevalentemente operistico. Questa classe, guidata da Procopio Frinta, permise fin da-
gli anni Quaranta dell’Ottocento di formare allievi che prestavano il loro servizio nell’accompagnamento delle funzioni in Duomo e ciò favorì il consolidamento di un robusto organico di musicisti che assicurava continuità nelle esecuzioni di musica sacra. Il primo Chorregent della scuola goriziana fu Franz Kubick, maestro boemo stipendiato sia dalla scuola sia dalla chiesa cattedrale, insegnava anche nella classe di strumenti ad arco. Nel 1848 gli succedette Francesco Pirz, già violinista e collaboratore sostituto, che rimase a servizio della Cappella della Cattedrale fino agli anni Settanta dell’Ottocento. L’importanza del canto sacro nelle chiese goriziane è testimoniato dalla presenza di organi sempre più importanti e di dimensioni elevate. Negli anni Settanta dell’Ottocento in Cattedrale si susseguivano 33 funzioni accompagnate da orchestra per giungere nel 1881 alle 41 esecuzioni orchestrali e 14 messe corali con accompagnamento organistico. A partire dal 1883 per iniziativa di Adolf Harmel e Ivan Kokošar e del futuro arcivescovo Francesco Borgia Sedej venne alla luce la Società di Santa Cecilia che si occupò in particolare di favorire il recupero del canto fermo, nonché del consolidarsi di un repertorio di facile esecuzione, basato sul modello corale a quattro voci. Questa attività ebbe uno sviluppo che si incrementò fino al ventennio post bellico. Alla fine dell’Ottocento la Cappella Metropolitana era guidata dal compositore e musicista Augusto Cesare Seghizzi che seguì le tracce del cecilianesimo. Succeduto al maestro marchigiano Corrado Bartolomeo Cartocci, insegnante e compositore, Seghizzi seppe promuovere un repertorio che trovò il favore popolare, soprattutto nell’orchestrazione di decine di messe sia di autori italiani e tedeschi. La sua vasta opera compositiva enumera
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A sinistra, pagina miniata di canto gregoriano tratta dal Codice Aquileiese. A destra, Pontificale Romano del 1769, stampato dalla tipografia Balleoniana.
partiture in cui il coro viene ad assumere, accanto alla voce solista, un ruolo centrale. Del 1908 è la Missa in honorem Sactae Ceciliae con una essenziale polifonia a cappella, per organico a cinque voci, quattro maschili e una di contralto. Del 1913 è la Missa Aquileiensis, scritti sul salmodie e motivi della liturgia aquileiese e del canto patriarchino. Grande attività quella di Seghizzi anche nel campo profano con la rivisitazione di centinaia di motivi popolari riportati alla luce e armonizzati con nuova freschezza e slancio. In generale il canto corale poteva contare, prima della Grande Guerra, sul proliferare di numerose iniziative nel campo sacro e in quello profano. Tutto ciò era favorito dall’ordinamento scolastico, infatti accanto alla Scuola di musica c’era una alfabetizzazione e la pratica della lettura musicale di base era ben presente all’interno di ogni grado della scuola austriaca. Durante la guerra la raccolta dei profughi nei vari campi di internamento in Austria favorì indirettamente la pratica del canto come momento di socializzazione e partecipazione a una cultura. A Wagna di Leibnitz, Augusto Seghizzi avviò e diresse cori e orchestre con i quali seguì, oltre alle composizioni sacre, il repertorio dei canti popolari che elaborò in una Suite friulana. Dalla ripresa di questo lavoro, nel primo dopoguerra, nacquero le Gotis di rosade, rapsodie friulane di villotte che ancora oggi rappresentano un modello di riferimento essenziale per l’elaborazione del canto friulano. Nel Ventennio tra le due guerre la coralità ebbe un enorme sviluppo, tra i complessi più importanti certamente la Corale alpina, destinata all’inizio a un repertorio di montagna e poi soppiantata dalla Corale del Dopolavoro che coltivava un interesse per la polifonia. Cori con un numero imponente di coristi che si sottoponevano a un regime durissimo di prove settimanali, col fine di presentarsi a rassegne nazionali e internazionali. Anche da parte slovena l’attività non era meno importante, basti ricordare i grandi compositori e musicisti che furono attivi fino agli anni Sessanta del Novecento: Emil Komel, Vinko Vodopivec, Emil Adamic, Rihard Orel, Joseph Laharnar e Lojze Bratuž. Nel 1927 l’attacco al Trgovski dom fu il segnale di una svolta irreversibile, il regime soppresse le as-
sociazioni slovene che da quel momento si dettero alla clandestinità. Nel 1936 avvenne il tragico assassinio di Lojze Bratuž che rappresenta la più tragica testimonianza del clima in cui versava il goriziano ma dall’altra parte la reazione fu fortissima, basti pensare all’imponente produzione musicale slovena di quel periodo. Sul fronte italiano la Corale Seghizzi, che prese il nome del maestro nel 1933, anno della sua scomparsa, era un coro di oltre 70 elementi e si esibiva in tutta la regione. Oltre all’attività concertistica cantava molto spesso nella cattedrale goriziana, anche accompagnata dal celebre musicista e organista don Vittorio Toniutti. Nel primo dopoguerra tutte le realtà corali cittadine si ampliano in modo eccezionale, sia gli organici prettamente sacri delle parrocchie, sia quelli concertistici. Negli anni Cinquanta don Mirko Filej avviò la rassegna corale Santa Cecilia a Sant’Ignazio, una manifestazione che per decenni divenne un appuntamento fisso, atteso e altamente partecipato. Nel 1962 prese il via la prima edizione del Concorso Corale Seghizzi con a capo della prima giuria di qualità il maestro e violinista Rodolfo Lipizer, al quale oggi è dedicato il Concorso internazionale di violino. Il canto corale rappresentava, fino alla fine degli anni Novanta del Ventesimo secolo, una realtà ricca e consolidata, radicata in ogni strato della società goriziana: non c’era chiesa che non avesse una corale e si contavano decine di gruppi ed ensemble amatoriali dediti al canto e alla partecipazione a concorsi e rassegne. Il coro, ancora oggi, anche se i numeri parlano di una crisi crescente e costante, corrisponde a un fare cultura, a un mondo di valori, a una disciplina morale. L’immagine della coralità e del cantare insieme è una sorta di rappresentazione del mondo, del sapersi ascoltare, e a Gorizia questa immagine dovrebbe essere ancora più significativa in quanto la pacifica convivenza dei popoli, l’incrocio millenario di lingue ed etnie, rappresentano un ideale coro dove ognuno trova il proprio posto e la sua voce si incastra alle altre in una armonia perfetta. Vanni Feresin |
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PERSONAGGI
FRANCA VENUTI CARONNA Servizio di Renato Duca. Immagini di Franca Venuti Caronna
Mani intelligenti Creatività e accurata manualità nella ricostruzione di ambientazioni e nell’arredo di interni sono il marchio di fabbrica dei diorami dell’artista della friulanità. Le cui opere sono apprezzate in tutto il mondo.
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Franca Venuti Caronna, nata a Reana del Roiale, residente a Tarvisio, rivolge da oltre un trentennio la propria attenzione con creatività, passione e pregevole manualità ad ambienti caratteristici del vasto e variegato patrimonio della tradizione e della storia del Friuli. Il suo percorso artistico, supportato dai ricordi vivi dell’infanzia e da una costante e attenta ricerca storiografica, ha preso avvio nel 1990 dal contatto con l’antiquariato friulano tramite interventi di restauro su taluni reperti, passando poi in modo amatoriale all’arredamento di interni, alla composizione di fiori secchi, alla creazione con materiali poveri (pasta di farina e sale) di forme diverse e di ceramiche dipinte.
È approdata, infine, al singolare ambito delle miniature d’ambiente, che sono rappresentazioni fedeli ed espressive della realtà del passato, come le scene di vita popolare e le componenti d’arredo rurale. L’artista, infatti, sa ricreare con mano sicura, attraverso la formula quadri nello spazio, Shadow Boxes (detti anche diorami, ovvero plastici o ambientazioni del ricordo, microcosmi), le atmosfere, i colori, le suggestioni, la valenza culturale delle dimore del Friuli di un tempo, in particolare del Friuli contadino. La tecnica costruttiva di tali miniature, da definirsi artistiche e artigianali, si basa sull’utilizzo di materiali di recupero, creando con certosina cura del dettaglio i singoli elementi costitutivi del ‘quadro’ da rappresentare: il mobilio tipico d’allora, le figure, i cibi e le scorte, gli utensili e le suppellettili… Il tutto riprodotto con puntigliosa attendibilità, che denota conoscenza e profondo attaccamento alle radici friulane e ai valori della friulanità. Franca Venuti Caronna è un’artista nota in Italia e all’estero (Austria, Slovenia, Irlanda, Canada, Stati Uniti). Ha ottenuto numerosi consensi e riconoscimenti per le sue opere presentate in mostre e manifestazioni diverse: alcune di queste sono ospitate in modo permanente in musei del Friuli Venezia Giulia, come il Museo Etnografico Palazzo Veneziano di Malborghetto e il Museo Etnografico del Friuli di Udine a Palazzo Giacomelli, nonché presso privati. Tra i prestigiosi riconoscimenti va ricordato sicuramente il premio ‘Gianfrancesco’, conferitole nel 1996 dal Maestro Romualdo Fachin di Socchieve, nel corso del convegno Rassegna Carnica dell’Arte e dell’Artigianato. In apertura, tipica camera da letto di una casa contadina della Valcanale; qui di fianco, Franca Venuti Caronna.
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Ha collaborato con l’Università degli Studi di Udine alla ricostruzione storica in dimensioni reali, nella sala adiacente a quella delle Lauree, della ‘Antica Osteria Florio’, aperta nel 1834 nel Palazzo Antonini Florio, ora sede del Rettorato. Ha curato in varie occasioni, con sue creazioni a grandezza naturale, installazioni e allestimenti scenici per il set di qualificate trasmissioni televisive RAI, quali, ad esempio, Sereno Variabile, trasmessa dalla Casa della Contadinanza del Castello di Udine, e Linea Verde presso l’Abbazia di Rosazzo. Di straordinario realismo è stata la ricostruzione degli interni della ‘Casa contadina della Val Canale’, in mostra a Malborghetto nel prestigioso Palazzo Veneziano, con un puntuale dettaglio rappresentativo di quella realtà, ove la gente viveva valorizzando quel poco che c’era, senza sprechi, una realtà abitativa caratterizzata dalla cucina nera (annerita dal fumo), dalla stube (stanza soggiorno), dalla dispensa, dalla stalla... La nostra artista si sofferma pure su un singolare fenomeno sociologico, rinverdendo la tradizione dei cramârs, i merciaioli ambulanti stagionali (XIII-XX secolo) che, approvvigionandosi anche a Venezia, in quel di Rialto, portavano le merci di villaggio in villaggio, vendendo porta a porta tele, fili, spezie, erbe aromatiche e medicinali in Friuli e, attraverso i passi di Monte Croce Carnico e della Mauria o tramite il più agevole valico di Coccau, in Austria, Germania, Ungheria, Polonia, Boemia e Svevia. Tra l’altro, ebbero il grande merito di unire il variegato e fiorente mercato della città di San Marco al mondo del nord Europa. Il termine ‘cramâr’ potrebbe derivare dal tedesco krame (merce) o dal bavarese kramer (mercante), mentre per i Carnici pare legato al ceco kramór. A quei merciaioli è strettamente connessa la ‘cassetta’ (o mobiletto di legno) utilizzata per portare a spalla le merci in vendita. Rilevante, anche per il successo di pubblico, è stata la ‘personale’ tenuta a Strassoldo, presso una dimora privata, con le sue opere più rappresentative di ambienti tipici del vecchio Friuli e della Carnia, il fogolâr, la stalla, la latteria... L’artista, inoltre, ha partecipato con propri lavori a numerose edizioni di Friuli DOC, ricevendo apprezzamenti e attestazioni, come pure a Roma nei saloni del Palazzo delle Regioni e presso il Majestic Hotel di via Veneto in occasione della Missione Promozionale della Regione Friuli Venezia Giulia in Irlanda (Dublino, presso la National Library of Ireland). Infine, nella Sala della Lupa di Palazzo Montecitorio per l’allestimento dell’Albero di Natale in occasione dell’anno del Friuli e, recentemente, a un evento a Povolaro (frazione di Comeglians), nella dimora storica di un cramâr (Palazzo De Gleira, ora Comuzzi) dove faceva bella mostra di sé un’opera composta da un gruppo di cramârs rappresentati tra spezie, sete e pregiati lini. Che dire di più su Franca Venuti Caronna, artista della friulanità, se non esprimere, con il vivo apprezzamento per i significativi lavori fatti, l’auspicio che continui il proprio percorso di ricerca e di approfondimento, nonché la sua preziosa opera di divulgazione. Dobbiamo a personaggi concreti come lei se oggi, nel deserto culturale della babele di cose futili e dannose, si riesce a trasmettere ai nostri giovani i valori, la lingua, le radici e le tradizioni di una Comunità, di un Popolo. Grazie Franca.
Ingresso casa contadina - Museo etnografico di Malborghetto (Palazzo Veneziano).
Sopra, Latin Trattoria Ai Frati Udine - Dedicato alle ultime “sedonere”. Sotto, Dimora storica di un cramar De Gleria - Povolaro (ora Comuzzi).
Renato Duca |
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CULTURA
DONATELLA NONINO Intervista di Margherita Reguitti
L’arte
non mente
A Udine il Parco Sant’Osvaldo che aveva ospitato l’ospedale psichiatrico è stato fulcro di una rassegna artistica capace di coinvolgere migliaia di persone. A ottobre Casa Cavazzini ospiterà un grande evento per rivivere quei momenti, con lo sguardo rivolto al futuro e a un progetto ambizioso.
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A 40 anni dalla Legge Basaglia che sancì la chiusura dei manicomi istituendo i servizi di igiene mentale pubblici, la Cooperativa Duemilauno Agenzia Sociale, con sede a Muggia ma operativa in tutto il Friuli Venezia Giulia, festeggia quest’anno trent’anni di attività nell’ambito dei servizi socio-assistenziali, educativi e riabilitativi. Punta di diamante dell’attività nel settore del superamento del disagio mentale e della creazione di percorsi di salute e inclusione è stata la sesta edizione della rassegna L’arte non mente, organizzata a Udine nel Parco di Sant’Osvaldo, ex Ospedale psichiatrico provinciale. La manifestazione dal titolo Genius Loci è stata pensata e realizzata da Donatella Nonino con l’obiettivo di essere un contenitore trasversale di valori e di progetti attraverso l’arte, i luoghi e gli artisti aprendosi alle associazioni, alle istituzioni e alla cittadinanza. Quaranta fra pittori, scultori, fotografi, danzatrici e performers per un mese hanno fatto incontrare oltre seimila persone negli spazi dell’ex Ospedale psichiatrico udinese, nel parco e nei giardini ma anche nei locali che fino alla fine degli anni Novanta del secolo scorso erano adibiti alla contenzione di uomini e donne “matti”, alienati, persone emarginate dalla società a causa di sofferenze mentali ed esistenziali. Un progetto, L’arte non mente, che prosegue e avrà a metà ottobre un momento importante in quanto verrà presentato a Udine il corposo catalogo della rassegna. Un volume di oltre 150 pagine che non sarà solo un saggio critico sull’operazione artistica ma anche una testimonianza
emotiva degli artisti che vi hanno partecipato, delle persone che nell’ex OPP lavorano, dei molti udinesi, e non solo, che hanno partecipato alle mostre, performances, concerti e incontri organizzati durante l’estate. Un volume ricco di fotografie scattate dai soci del Circolo Fotografico di Pasian di Prato. Durante le 4 serate della rassegna sono state inoltre raccolte 1.100 firme per chiedere all’Azienda Sanitaria universitaria integrata di Udine, proprietaria del complesso, la sua tutela e restituzione alla pubblica fruizione. Donatella Nonino, quando è nata l’idea di unire arte e psichiatria attraverso il medium del luogo del Parco Sant’Osvaldo? «L’arte non mente è nata nel 2014 dalla trasformazione di una manifestazione estiva che negli anni aveva perso di attrattiva. Quando la Cooperativa Duemilauno Agenzia Sociale mi ha proposto di ragionare su cosa progettare per far parlare del parco e soprattutto abbattere lo stigma nei confronti della salute e del disagio mentale mi sono chiesta come fosse possibile far dialogare arte e psichiatria utilizzando un linguaggio nuovo. Durante una passeggiata in montagna e confrontandomi con colleghi sono giunta alla conclusione che la via nuova fosse rappresentata dal portare gli artisti a lavorare in condivisione, indipendentemente dalla loro cartella clinica». Cosa intende? «Cercare e far incontrare persone dotate di un talento unico, indipendentemente dalla loro storia clinica. Mi sono In apertura, il pubblico presente a uno degli eventi di Genius Loci. Pagina accanto, Donatella Nonino.
guardata in giro per respirare la sensibilità degli artisti e all’inizio ho cercato soprattutto non tanto la bellezza e la forza di comunicazione creativa ma autori che potessero far transitare il nostro messaggio, convinta che se l’arte ha l’obbligo sociale di comunicare, lo può fare a qualsiasi condizione. Dunque ho fatto una proposta che poteva sembrare “delirante” a artisti che l’hanno accolta. Grazie anche l’aiuto di Tonello Arredamenti abbiamo allestito il primo spazio in una parte dell’edificio che un tempo ospitava le cucine del complesso, creando così la prima Concept area. In alcune sale abbiamo esposto le opere delle persone che avevano seguito i nostri laboratori, mentre all’esterno abbiamo presentato i lavori di artisti professionisti». Lei ha definito questa edizione straordinaria; perché? «Dopo cinque anni di esperienza quest’anno i risultati hanno superato le aspettative nell’aver portato oltre seimila persone a vivere l’interazione fra arte e luogo, un numero sottostimato per difetto in quanto il censimento degli ingressi è stato effettuato solo da un punto di accesso al parco e sappiano che, vista la vastità del complesso, le vie di ingresso sono molte. Abbiamo capito e sperimentato come i luoghi possono creare l’incontro ideale che genera condivisione del recupero della memoria. Possono sia far rinascere il senso di appartenenza, sia far rivivere la voglia di testimoniare il passato, creando allo stesso tempo un futuro». Il Parco di Sant’Osvaldo ha rivelato una magia d’incontro… «Il luogo parla di storia di persone, di vissuto, non solo di matti, ma di chi vi ha lavorato, del personale come infermieri, dottori e anche degli animali che vivevano nel complesso. Ma il luogo parla anche della politica e della Chiesa che erano sì fuori dalle mura ma facevano sentire il loro ruolo con decisioni e prese di posizione. Ora che abbiamo capito e sperimentato il linguaggio del luogo si possono riscattare memoria e radici: questo è il senso e il focus di Genius loci dove vivere e lavorare in un contesto pregno di storia e passione permette di sviluppare cultura, arte, consapevolezza e inclusione aprendosi all’altro spontaneamente. Qui artisti dal curriculum invidiabile hanno lavorato in piena condivisione e questa deve essere la caratteristica di questo progetto di parco che speriamo di recuperare unendo le forze della Cooperativa Duemilauno Agenzia Sociale ma anche del Comune di Udine, dell’Azienda sanitaria, della Regione, del Ministero per i Beni culturali, della Fondazione Friuli e delle oltre 35 associazioni che hanno collaborato. Un lavoro di rete per restituire il parco alla città e non solo». Cosa significa il parco per gli udinesi? «Il rimando è stato fortissimo, pochi lo conoscevano e la maggior parte del pubblico si è chiesto come mai questa non conoscenza. Dunque sorpresa e gioia della scoperta. Condivido un aneddoto: due signore avanti negli anni timidamente mi hanno avvicinato, emozionate e commosse, per dirmi che la manifestazione è stata una forma di riscatto. Loro vi avevano lavorato per 17 anni tra il ’60 e il ’70 proprio nel padiglione n. 9, dove erano contenute le donne e dove hanno visitato la mostra degli otto artisti di questa edizione. Queste due donne non vi erano più ritornate e quando ci passavano davanti volgevano lo sguardo altrove. Avevano rimosso. Ora sentivano un rapporto diverso con il luogo che torna-
va vivo, sgravato dal dolore della sua originaria funzione. Ecco perché il termine “riscatto”. Il pubblico che ha partecipato alla manifestazione era molto composito per età e formazione; dal mondo della cultura a persone di ogni estrazione». Che cosa lo accumunava? «Il desiderio di condividere l’arte ma anche di viverne la fruizione emotiva non in modo intimo, come accade nei musei e nelle gallerie, ma in relazione e in scambio con gli altri. Questo significa che c’è il desiderio e la necessità di creare un luogo aperto che accolga senza rinnegare il proprio passato, scuotendosi dall’oblio, mettendo la sua essenza di luogo al servizio del futuro». Le istituzione che tipo di sensibilità hanno fin qui dimostrato? «Abbiamo informato, attraverso l’assessore alla cultura Fabrizio Cigolot, la giunta comunale della volontà della cittadinanza espressa con le firme raccolte di voler riappropriarsi degli spazi e dunque è auspicabile che a breve il Comune possa incontrare i vertici dell’Azienda sanitaria, proprietaria del complesso, per sapere quali siano i progetti futuri. Da incontri avuti con la soprintendente regionale del Ministero per i Beni culturali, Simonetta Bonomi, possiamo contare su un interessamento alla tutela degli immobili che sono stati realizzati nel 1904 e dunque rivestono un’importanza anche da un punto di vista di patrimonio storico-architettonico. Abbiamo il sostengo della Fondazione Friuli. Esiste una rete di attori che possono unire le forze per un progetto ambizioso, culturale e di inclusione sociale. Sarebbe bello pensare ad attività che si svolgano tutto l’anno per un incontro costate e continuo». Quando sarà presentato il catalogo? «Stiamo mettendo a punto per la metà di ottobre il programma della presentazione che sarà multimediale e comprenderà anche l’allestimento di performances di danza e musica. Inoltre presenteremo un video-documentario per un viaggio nei momenti, con persone e artisti che hanno dato vita a Genius Loci. Sarà una manifestazione complessa e di festa che ci piacerebbe realizzare a Casa Cavazzini, visto anche che la direttrice dei Musei Civici, Vania Gransinigh, è la madrina dell’evento. Sarà un modo per festeggiare i 30 anni di attività della cooperativa con i tanti amici con i quali stiamo realizzando questo progetto ambizioso». Margherita Reguitti |
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PERSONAGGI FABIO FACCHINETTI Intervista di Andrea Zuttion
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L’arte
della ristorazione
Da dieci anni gestisce a Grado la trattoria Al Pescatore ottenendo consensi unanimi dalla clientela. «Da noi si trova sempre e solo pesce fresco». Perché la qualità è un valore su cui non è disposto a scendere a compromessi.
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La vista sul porto di Grado e il profumo della salsedine dell’aria sono un biglietto da visita che pochi ristoranti possono permettersi. La trattoria Al Pescatore è uno di questi. A gestirla da ormai dieci anni è Fabio Facchinetti, che nelle sue parole trasmette la medesima passione e professionalità con cui accoglie ogni giorno i propri commensali.
«Il flusso costante della nostra clientela ci permette di offrire sempre pesce fresco, garantendo così piatti di qualità. In quest’ottica durante la stagione invernale, ad esempio, abbiamo deciso di tenere il ristorante aperto solo nel fine settimana, andando con il pesce in esaurimento la domenica sera. In questo modo non sprechiamo pesce e, soprattutto, garantiamo un prodotto sempre fresco: non proponiamo mai cibo avanzato dalla settimana prima e congelato». Cucinare il pesce è un’arte: quali sono le vostre specialità più apprezzate dalla clientela? «Sicuramente l’antipasto Al Pescatore: un piatto completo dal freddo al caldo al cui interno si trovano tante specialità: dalle capesante alle alici ma anche prelibatezze che variano di giorno in giorno a seconda della possibilità di avere ulteriori primizie da proporre alla clientela. Quest’anno inoltre abbiamo introdotto un’ulteriore novità vincente: abbiamo proposto il tonno crudo con una ricetta hawaiana modificata dal cuoco, la gente sta apprezzando molto con un riscontro oltre le attese, tanto che porteremo questo piatto come cavallo di battaglia alle imminenti edizioni di Gusti di Frontiera a Gorizia e alla Barcolana a Trieste». La passione di Fabio Facchinetti per la ristorazione come si è evoluta? «Si tratta di una passione nata per un’esigenza di lavoro. Terminato il servizio militare sono entrato
Fabio Facchinetti, quando nasce la storia della trattoria Al Pescatore? «Tutto inizia nel 2009, quando ho rilevato un bar/tabacchino attivo in questi locali. Al suo posto volevamo realizzare una paninoteca, tanto che il primo nome fu Bar Pescatore. Tuttavia avevamo con noi anche una cuoca specializzata nel cucinare il pesce, così iniziammo a proporre anche questa tipologia di menu. Fu un successo, perché la richiesta della clientela era praticamente solo per il pesce… Così decidemmo di regalare l’attrezzatura per i panini a un mio amico che già gestiva una paninoteca e decidemmo di puntare sulla ristorazione di pesce. Negli anni abbiamo migliorato sempre di più la nostra offerta». Quali sono i punti di forza della sua attività? «Cerchiamo di essere gentili e cordiali con la gente, offrire il migliore rapporto qualità prezzo, soprattutto nel prezzo perché il cliente deve essere contento anche al momento del conto: deve sentirsi trattato bene». In apertura, Fabio Facchinetti in viaggio a Pearl Harbor. Nella vostra offerta la materia prima ricopre Pagina accanto, Facchinetti, primo a sinistra, assieme a parte del suo staff. un ruolo fondamentale… 58
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in cucina e mi è subito piaciuto. Mi sono conquistato il posto partendo dal basso, come lavapiatti, passando poi ad affettare i cibi fino a diventare secondo in cucina, dove ho avuto modo di preparare tanti tipi diversi di piatti: lì è nata la mia passione. Dopo aver lavorato con diversi cuochi all’interno del mio ristorante, purtroppo ho avuto dei problemi di salute: a 28 anni mi ero già dovuto operare entrambe le gambe. Per motivi di circolazione del sangue, il primario mi sconsigliò vivamente di fare un lavoro in cui sarei dovuto stare fermo in piedi tante ore, consigliandomi di passare dalla cucina alla sala, in modo da potermi muovere maggiormente, restando peraltro lontano da fonti di calore. Così ora sto affinando l’arte del servizio ai tavoli». Grado è ricca di ristoranti di pesce: quali sono a suo avviso gli elementi imprescindibili per un’offerta di qualità? «A Grado ritengo che tutti i ristoranti offrano un alto livello di cucina di pesce. Quella di Al Pescatore è una cucina tradizionale: la gente apprezza la nostra cucina perché semplice e casalinga, ma al tempo stesso di qualità. Con molta sensibilità verso le richieste e i gusti della clientela». A proposito di Grado: quanto è determinante la città nella vostra offerta? «Ritengo che un ristorante debba sempre offrire pietanze tipiche locali. Probabilmente se fossi in montagna offrirei selvaggina… Sono convinto che la gente venga a Grado per mangiare il pesce e quindi è giusto puntare su questa offerta». Cosa rappresenta per lei Grado? «Grado è la città dove sono nato e cresciuto. Conosco tutti quanti e tutti mi conoscono. Questo è un grande vantaggio, perché ci vogliamo bene vicendevolmente. Tanti alberghi mandano a mangiare da noi i loro ospiti, a dimostrazione dell’apprezzamento nei nostri confronti da parte della gente del luogo». Abbandoniamo per un attimo il lavoro: quali sono le sue altre passioni nella vita? «Amo viaggiare, girare il mondo e scoprire luoghi e culture nuove. Adoro anche la tecnologia. Mi considero un nerd ancora prima che ristoratore. Sono appassionato di computer, telefonini, droni… Mi piace essere all’avanguardia su tutto ciò che è tecnologico. Con un occhio di riguardo anche per la parte ludica, visto che non disdegno i giochi digitali con gli amici».
Se non avesse fatto il ristoratore, cos’altro le sarebbe piaciuto fare? «Avrei avviato un negozio di telefonia… Ancora oggi seguo con passione tutte le innovazioni in questo settore». Torniamo al ristoratore. La numerosa clientela che quotidianamente affolla Al Pescatore è la miglior testimonianza della qualità dell’offerta. Una clientela sia di commensali affezionati sia di turisti in città per un breve periodo: sono più esigenti i primi o i secondi? «Offriamo a entrambe le clientele la stessa cordialità. Con i nuovi clienti siamo magari più attenti a spiegare e a far conoscere il pesce per consentire loro di apprezzare al meglio la cucina gradese in tutte le sue sfumature. Una cucina semplice, dai sapori forti ma che fa sempre risaltare il gusto del mare». Fabio Facchinetti è un imprenditore giovane e dinamico: come si immagina il futuro di Al Pescatore nei prossimi anni? «Vogliamo migliorare ulteriormente la location: il nostro è un locale antico e desideriamo ammodernarlo costantemente, senza per questo venir meno alla storicità del luogo. Siamo nati come bar e siamo diventati una trattoria: ma non ci accontentiamo, vogliamo continuare a crescere di livello e di qualità». Andrea Zuttion Trattoria Al Pescatore specialità di pesce Riva Dandolo, 10 - Grado Tel. 334 7505421 www.ristorantealpescatoregrado.it
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EVENTO SPECIALE BARCOLANA 51 Servizio della redazione. Immagini di Archivio Barcolana
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La meraviglia
del mare
Dopo l’incredibile record dello scorso anno, per l’edizione 2019 la regata velica più affollata al mondo punta ad assorbire la grande crescita ponendo un tetto massimo alle iscrizioni: «Per garantire a tutti ormeggio, divertimento e sicurezza»
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Prosegue la marcia di avvicinamento alla cinquantunesima edizione della Barcolana, in programma domenica 13 ottobre 2019. L’evento sarà preceduto da una settimana di manifestazioni collegate a terra e in mare, che renderanno Trieste protagonista da venerdì 4 ottobre. Dopo il successo dell’edizione del cinquantesimo e il riconoscimento come “the largest sailing race in the world” da parte del Guinness dei primati, Barcolana aggiunge un “+ 1” all’edizione 50, che punta a parlare di mare e ambiente, e a riunire tutti gli appassionati di vela a Trieste, la città che diventa capitale
Il Manifesto 2019
internazionale di questo sport, con un indotto generato dall’evento che supera i 70 milioni di euro, come certificato da uno studio indipendente pubblicato lo scorso febbraio. Dopo l’eccezionale aumento di iscritti in due anni (si è passati da 1.758 barche partecipanti nel 2016 alle 2.689 del 2018, con una variazione di 931 imbarcazioni, per oltre 5 mila persone in più in mare) gli organizzatori hanno reso noto che la Capitaneria di Porto ha suggerito di fissare per un anno il tetto massimo di iscritti a 2.700 barche. «Non cerchiamo nuovi record - ha spiegato il presidente della Società Velica di Barcola e Grignano, Mitja Gialuz - quest’anno
illycaff è, cui è affi data la direzione artistica del manifesto, ha scelto quest’anno l’illustratrice Olimpia Zagnoli (in basso nella foto) per raccontare le emozioni di Barcolana. Il manifesto 2019 è un invito a venire a Trieste per essere protagonisti, in mare e a terra: un’immagine del Golfo, con il suo Castello di Miramare al momento della partenza della regata. In primo piano, Olimpia Zagnoli ha disegnato un fi ore a simboleggiare la bellezza, ma anche la fragilità del nostro mare e di un ecosistema che deve essere protetto, uno dei messaggi chiave di questa edizione della regata. Il fi ore rimanda anche a una delle poesie più amate di Umberto Saba, che descrive Trieste come una città dalla scontrosa grazia, paragonandola a “un ragazzaccio aspro e vorace, con gli occhi azzurri e mani troppo grandi per regalare un fi ore”.
Dee Caffari, in primo piano davanti a Mitja Gialuz.
abbiamo bisogno di assorbire la grande crescita delle edizioni 49 e 50 per garantire a tutti ormeggio, divertimento e sicurezza». Una scelta che tiene conto anche della sostenibilità dell’evento in mare, dopo il necessario allargamento della linea di partenza effettuato nel 2018 per “far stare” tutte le barche al via. Per la prima volta Barcolana vedrà come sua testimonial la velista da record Dee Caffari, prima donna ad aver navigato in solitario intorno al mondo, a favore e contro vento, e skipper di Turn the Tide on Plastic nella Volvo Ocean Race 2017/2018. Barcolana ha scelto Dee per il suo impegno nei confronti della sostenibilità ambientale, per la sua passione genuina e perché rappresenta un modello da seguire per le giovani donne, dimostrando che lo sport della vela è fonte di molte opportunità di crescita personale. «Siamo fieri di annunciare che Dee Caffari si unirà a noi per la Barcolana 51 - ha dichiarato Gialuz -. In quanto velista da record, Dee può promuovere la consapevolezza su temi ambientali e agire concretamente per salvaguardare i nostri oceani. Siamo entusiasti che Dee partecipi alla Barcolana, dove sarà portatrice dei valori che ci accomunano: amicizia, passione per la vela, per gli oceani puliti e spirito sportivo». «Sono stata fortunata - ha commentato Dee Caffari - ad avere la velista triestina Francesca Clapcich nell’equipaggio dell’ultima Volvo Ocean Race. Avevo sentito parlare di questo evento ma è stata “Frankie” a farmi conoscere la Barcolana e non vedo l’ora di partecipare a questa manifestazione con vero spirito sportivo. Il mio obiettivo nel corso della Barcolana sarà quello di aumentare la consapevolezza ambientale e ispirare le nuove generazioni, sensibilizzare sul tema sia la comunità velica sia gli amanti dell’oceano in generale. Voglio anche aumentare l’attenzione sul tema dell’inquinamento oceanico causato dalle plastiche a tutti coloro che parteciperanno alla Barcolana. So che lo scorso anno sono stati fatti notevoli progressi sul tema, ma rimane molto da fare per salvare i nostri oceani e ridurre l’utilizzo delle plastiche monouso nella nostra quotidianità è un passo fondamentale verso questo obiettivo. “Ispirazione” è un altro concetto chiave. Credo che la vela abbia molto da offrire alle veliste e spero che partecipare alla Barcolana mi permetterà di condividere le mie esperienze e ispirare le donne a fare questo sport».
Attesa per il progetto “Dalla pARTE del MARE” che ha visto protagonisti gli speciali contenitori, collocati in 12 punti vendita Despar, in cui i cittadini di Trieste hanno conferito rifiuti plastici per contribuire alla costruzione del sardon “Alice”, l’installazione artistica di 10 metri che sarà il simbolo di Barcolana 51. Il “Sardon Team” di AcegasApsAmga ha raccolto da questi contenitori la plastica che gli artisti di SCART e dell’Accademia delle belle arti di Firenze stanno utilizzando per dare vita alla grande installazione che AcegasApsAmga, GruppoHera, Herambiente e Despar, assieme a Barcolana e al Comune di Trieste, realizzeranno a ottobre. Quest’anno la regata più grande del mondo è caratterizzata da un ulteriore impegno congiunto al fine di richiamare l’attenzione sui rifiuti in plastica e sul loro impatto ambientale quando non correttamente differenziati. Infatti AcegasApsAmga, Comune di Trieste e Barcolana hanno dato vita al marchio #UnPlasticTrieste che si affianca allo storico marchio ZeroImpactEvent e che dal 2016 caratterizza tutte le edizioni di Barcolana, a sottolineare le molteplici iniziative messe in campo per eliminare la plastica e in generale ridurre l’impatto ambientale dell’evento. La multiutility, oltre al potenziamento della raccolta differenziata in tutte le zone della manifestazione e al posizionamento di erogatori d’acqua di rete, per ridurre l’utilizzo di bottigliette, donerà a tutti gli iscritti alla Barcolana uno speciale kit di borse della raccolta differenziata per agevolare i regatanti nel corretto conferimento dei rifiuti anche a bordo. Anche quest’anno nel Villaggio Barcolana saranno presenti gli Ambasciatori della Differenziata che sensibilizzeranno visitatori ed esercenti a effettuare una buona raccolta dei rifiuti, soprattutto nelle zone dedicate alla ristorazione. In particolare, presso quest’area ci sarà una delle novità dell’edizione 2019: quest’anno la plastica è stata bandita dagli stand che somministrano cibo e bevande. Dunque piatti, bicchieri e posate saranno integralmente biodegradabili e conferibili nell’organico. Il villaggio della Barcolana lungo le rive di Trieste, affollato dal pubblico.
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SPORT
LIBERTAS TORVISCOSA Servizio di Livio Nonis.
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L’arte della ginnastica Nella bassa friulana da oltre quarantacinque anni è attiva una società sportiva capace di trasformare uno sport di nicchia in occasione di crescita per centinaia di giovani e adulti. La sua presidente ci spiega come.
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Nella ginnastica artistica l’atleta deve essere dotato di forza e velocità, elevata mobilità articolare e deve sostenere un allenamento molto intenso per perfezionare i numerosissimi elementi di coordinazione (alcuni dei quali contro-intuitivi, come i salti all’indietro). I principali elementi, come ad esempio la capovolta, la ruota o la verticale, possono comunque essere appresi anche in età adulta. Senza dimenticare che questo sport non è tenuto in grande considerazione dai media nazionali: solo quando gli eventi diventano importanti – ad esempio nel caso di Olimpiadi o Campionati del Mondo – e si vince qualcosa allora tutti ne parlano e tutto viene esaltato, salvo ritornare nel dimenticatoio nel giro di qualche giorno. Non è facile perciò creare società serie, che mettono al primo posto la figura dell’atleta, per dare una giusta postura e imparare a coordinarsi e avere padronanza del proprio fisico. Nella bassa friulana, tuttavia, esiste un esempio di questo genere di associazioni: la Libertas Torviscosa, una società che con grande lavoro riesce a portare nelle due palestre di Torviscosa e Bicinicco 300 piccoli e grandi atleti (tra loro una trentina di maschietti che si divertono un mondo) prima a “giocare” e successivamente a diventare veri atleti in grado di affrontare tutti gli attrezzi. Un successo testimoniato dal saggio di ogni fine annata sportiva, che deve essere fatto sempre in trasferta, nel palazzetto dello sport di San Giorgio di Nogaro che può contenere fino a 600 spettatori, e organizzandolo in un due momenti, visto l’elevato numero di ragazzi e dei tanti genitori e parenti. Un doppio che ogni anno fa registrare il tutto esaurito. Il palazzetto di Torviscosa invece risulta troppo piccolo, potendo contenere fino a 150 spettatori. 62
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Ma come è nata questa società? Nel 1972 il direttore della SAICI, Guido Becich, chiamò in ufficio Villiam Fortini, suo dipendente ma nel contempo assessore allo sport di Torviscosa, e gli fece notare che nel paese c’erano attività sportive praticate prettamente da maschi, come calcio e pallacanestro, mentre per le ragazze non c’era nessuna possibilità di esercitare lo sport. Detto fatto, Fortini si diede da fare, trovò numerose ragazzine e iniziò a far praticare loro pallavolo, minibasket e ginnastica artistica. Due anni più tardi, nel 1974, un ulteriore impulso allo sport locale venne dato dalla costruzione del palasport. Fortini divenne presidente della Libertas Torviscosa, settore ginnastica artistica, mantenendolo per 45 anni, fino al 2017. Un presidente che ha dedicato tutto il proprio tempo libero per la società, creandola praticamente dal nulla, con pochissime ragazze e qualche tappeto. Nel tempo sono arrivati per i ragazzi tutti gli attrezzi, anche quelli olimpici, come il cavallo con maniglie, gli anelli, la sbarra, le parallele simmetriche, e per le ragazze le parallele asimmetriche, la trave, senza dimenticare i tappeti per il corpo libero e il volteggio destinati a entrambi i generi, la “buca” per imparare a cadere dopo le evoluzioni e il fungo. Dal 2017 la presidenza della società è affidata a Emanuela Del Bianco, una di quelle ragazzine che nel 1972 furono tra le prime tesserate della società, una presidente giovane e dinamica che ha dato nuovo impulso al settore. Cerchiamo di carpirle qualche segreto sulla positiva costanza di numeri di questa associazione. Emanuela, la ginnastica artistica è uno sport di nicchia. In che modo riuscite ad avere un numero così importante di atleti? In apertura, saggio di fine anno della Libertas Torviscosa; pagina accanto, Emanuela Del Bianco, Viliam Fortini e Gianpaolo Peselli, dirigente Bracco.
«Lavoriamo con costanza e serietà sia a Torviscosa che a Bicinicco, abbiamo tecnici preparati in modo professionale dalla Federazione Italiana Ginnastica Artistica, che oltre ai corsi fanno dei master e ottengono brevetti che li portano a insegnare qualsiasi attrezzo. I ragazzi e le ragazze si trovano molto bene, imparano molte cose, con postura e movimenti consoni, e grazie a questa professionalità ritornano e ci danno tanta voglia per proseguire il nostro lavoro». Cosa direbbe a un bambino interessato a praticare il vostro sport? «Noi accettiamo bambini e bambine dai 3 anni e fino ai 6 anni è un gioco, nel vero senso della parola: imparano cos’è l’equilibrio, a saltare in modo corretto come pure a camminare sulla trave. A 6 anni cominciano a capire e a fare i primi esercizi della ginnastica, un metodo lento ma costante che alla fine li porterà a usare con disinvoltura tutti gli attrezzi e a partecipare a tutte le gare, sia in ambito regionale sia, per i più bravi, in ambito nazionale». In questo sport c’è spazio anche per i meno giovani? «Nella nostra società oltre ai corsi per i ragazzi, ci sono serate di ginnastica artistica per ex atleti o anche persone adulte che vogliono provare a praticare questo sport: si allenano in tutti gli attrezzi al loro limite, quello che riescono fare, ma posso dire che è un bel divertimento e un modo per tenersi in forma». Livio Nonis
Il direttivo della Libertas Torviscosa Ginnastica Artistica è composto dalla presidente Emanuela Del Bianco, dal vicepresidente Davide Menossi, dalla segretaria Maurina Milan, dai consiglieri Ornella Moro, Paola Moro, Gianpiero Lanari, Michele Del Bianco, e dal presidente onorario Villiam Fortini. Gli allenamenti e le iscrizioni per la stagione sportiva 2019/2020 partiranno da metà settembre in palasport a Torviscosa dalle 15 alle 19 dal lunedì al venerdì, mentre a Bicinicco il martedì e venerdì dalle 16 alle 20. Per informazioni telefonare a Emanuela Del Bianco (346 2243019) o a Maurina Milan (339 7724964).
F I G L I D I U N O S P O R T M I N O R E o v v e r o , s a r a n n o ( s t a t i ) q u a s i f a m o s i !
Hardcore Bodybuilding Il termine Hardcore, generalmente usato come sinonimo di pornografia, in realtà indica un utilizzo massimale, estremo, di qualcosa, si tratti di musica, sport, letteratura o altro. E a proposito di bodybuilding, chi, se non Franco Zeriul, triestino di San Giovanni, agonista, oserei definire di ‘lungo corso’, vista la oltre trentennale attività, può incarnare l’intensità di questo sport? Franco, ormai il bodybuilding è uno degli sport più diffusi al mondo, che effetto fa poterne parlare avendo alle spalle tanta esperienza? «Praticarlo da oltre 35 anni ti rende un’unica cosa con esso, la sua storia si sovrappone alla tua, e alla fine più che praticare diventi il bodybuilding». Anche lei ha avuto un punto di inizio… «Che risale a quando ero sedicenne, oltre 35 anni fa, nella palestra improvvisata creata dall’amico Nicola, nel Centro di Igiene Mentale di San Giovanni, il mio quartiere a Trieste». Proprio nel Centro di Igiene Mentale? «Quelli erano i tempi… Nicola non era nemmeno un vero e proprio istruttore, ma solo uno che si allenava da più tempo, anche per via dell’età. Nel quartiere la passione per questo sport era vivissima, tangibile, e tutti ci allenavamo in quel modo precario perché sapevamo che Berto Luin, il macellaio del rione, avrebbe presto aperto una vera palestra. Un sogno di noi tutti, che si realizzò con l’apertura di quella che fu l’Atlantic Gym, un nome che sapeva di America e di campioni famosi dell’epoca: Schwarzenegger, Ferrigno, Columbu, Nubret...» Franco Zeriul ai campionati italiani del 2019, primo nella categoria over 40+75 kg
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La maggior parte dei ragazzi dell’epoca però sognavano ancora uno sport con la palla. «Sì, anche io avevo provato calcio e pallacanestro, ma non ci ero proprio portato, mentre l’accesso in palestra l’ho sentito come l’ingresso in un ambiente a me congeniale». Ha avuto una guida? «Diciamo che io appartengo alle seconda generazione di bodybuilder, ovvero a quella di coloro che hanno potuto mettere a frutto l’esperienza di chi li aveva preceduti evitandone gli sbagli, ma non era come adesso dove un istruttore certificato si trova a ogni angolo di strada. Anche io ho cominciato in modo ‘empirico’, apprendendo il più possibile da giornali e da atleti più anziani. Il nostro obiettivo era diventare ‘grossi’ e ci allenavamo e alimentavamo al massimo delle nostre possibilità per quello scopo». Quindi il titolo dell’intervista, Hardcore Bodybuilding, le si adatta? «Solo parzialmente, perché è vero che non ho mai perso un allenamento anche se avevo la febbre, è vero che ho sempre presente i miei obiettivi, ma il mio vero motto è: No Brain, No Gain». Niente cervello, niente crescita. «Esatto, perché per quanto si possa essere intensi non si deve mai abbandonare la capacità di percepire quello che è giusto fare in ogni momento. Proprio per questo sono privo di infortuni, di periodi di superallenamento che distruggono anziché creare, e per questo sono durato tanto a livello agonistico». E le auguro che ciò duri ancora… Parliamo del suo curriculum agonistico. «Dopo oltre dieci anni di allenamento mollai il mio lavoro e aprimmo una palestra. Per offrire un servizio all’altezza ottenni la certificazione FIF di istruttore, e al corso ebbi come docente il professor Antonio Paoli, metà triestino anche lui, il quale, durante una pausa, mi spiegò a grandi linee come si preparava una gara. E lì nacque la mia passione per l’agonismo». Passione che l’ha portata a ottenere anche il titolo mondiale UIBBN nel 2009… «Per me è un tutt’uno, le mie gare sono legate l’una all’altra quasi in una sequenza logica, dove il tempo è relativo. Dalla prima, in cui dovetti perdere 20 chili di peso per entrare in forma e durante la quale tremavo di freddo sul palco proprio per via della dieta ipocalorica, passando per i tre titoli italiani, il Mondiale e fino all’ultima che mi ha dato il titolo europeo, trofeo che mi mancava, sono tutte in relazione fra loro». Una domanda impertinente: lei è un campione di Natural Bodybuilding, perché non ha preso steroidi come fanno tanti altri? «Primo perché se hai stima di te stesso devi dare valore a te e non alla chimica; secondo perché la sincerità è tutto; terzo perché ho la fortuna di essere diventato testimonial di una linea di integratori che mi consente di accedere ai migliori prodotti di integrazione; quarto perché questa disciplina si chiama Body Building, costruire
Franco Zeriul assieme alla sua compagna Fanny. A lato, il suo palmares.
un corpo, mentre se bastasse lasciare cuore e cervello a casa, venire in palestra, ‘rucar e pomparse’, sarìa ciamada Body Miracle». Riporto la frase in triestino perché fra le tante doti di Franco Zeriul annovero una semplicità di comunicazione schietta e allegra, proprio tipica del dialetto della sua meravigliosa città, che ben si accoppia al suo stile di vita sportivo. Mi dica, quali sono i suoi punti di forza? «I miei figli Thomas e Asia, e la mia compagna Fanny, con la quale divido anche la passione per la palestra, perché lo sport è parte della vita ma non tutto. Se ci riferiamo alle doti tecniche, diciamo che posso vantare delle proporzioni corporee ottimali, abbinate a una eccellente simmetria e una preparazione sempre adeguata. Il fatto poi, almeno all’inizio, di gareggiare nelle ‘taglie alte’, oltre i 178 cm di altezza, dava al mio metro e ottanta la possibilità di mostrare una armonia corporea migliore rispetto a chi doveva fare i conti con arti molto più lunghi. In più molti mi riconoscono un’ottima e carismatica tecnica di ‘posing’». Posing? «L’arte di posare, ovvero mettere in mostra il corpo in maniera armoniosa e spettacolare». Quindi per lei il bodybuilding è un’arte? «Preferisco dire che è una disciplina, termine che rende meglio l’idea della fatica fisica, mentale ed emotiva che un atleta deve mettere in campo per ottenere risultati». Una rivista del settore le ha dedicato articoli dove vengono giustamente messe in luce le sue qualità di atleta. Ma lei è anche un istruttore, un preparatore a tutto tondo...
Foto di alcuni anni fa: sessione di allenamento Thai, con gli atleti seguiti da Vidoni
«Ovviamente ho anche tantissime certificazioni collegate con le attività che si praticano nella nostra palestra, la World di via Cumano, dove sono già sei anni che organizziamo un trofeo di bodybuilding per avvicinare i giovani a questa disciplina e dove preparo atleti che hanno voglia di gareggiare anche a più alti livelli. Ho preparato oltre 50 atleti alle gare, ottenendo anche risultati nazionali con Marino, Viviana, Daniele, Andrea e Paola». E allora, con l’augurio di sempre maggiori successi, la lascio tornar a ‘rucar’. Grazie a Franco Zeriul per avermi dedicato il suo tempo e donato un po’ di quella affascinante triestinità che solo un ‘mulo’ come lui, mulo de San Giovanni, pol aver! Michele D’Urso
Chiunque voglia segnalare “un mito della porta accanto”, può scrivere alla redazione di iMagazine: redazione@imagazine.it
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ANDAR PAI GRENBANI
Alla scoperta del Luppolo
Rubrica di Dario Vetta
N A T U R A
Prima puntata della nuova rubrica dedicata ai luoghi selvaggi e sconnessi, nei prati e nei boschi, e alle erbe eduli spontanee che nascono e vivono in questi ambienti.
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Andare ad ammirare la natura, a viverla, a sentirsi in simbiosi con lei, a cercar di cogliere quelle preziose sfumature che la caotica vita di ogni giorno solitamente non ci lascia apprezzare, a respirare quell’aria pura che sempre meno si ha occasione di gustare, a rispettare l’ambiente cogliendo solamente quel poco che basta per portare a casa i suoi sapori. Andare per “grenbani” (dicitura del dialetto bisiaco) è tutto questo. Per la nostra ricerca però dobbiamo avere l’accortezza di scegliere luoghi lontani dalle strade. Cento, duecento metri di distanza, a seconda del traffico, ci daranno una certa tranquillità dal lato inquinamento e ci porteranno probabilmente in un ambiente dove fauna e flora la fanno da padroni. La serenità che una mattinata passata a cercare e a cogliere le erbe dei campi, quelle che i nostri vecchi utilizzavano in abbondanza e che noi abbiamo dimenticato, è impagabile. L’impegno richiesto ci farà scordare le preoccupazioni di ogni giorno, consentendoci di trascorrere ore serene che saranno di lenimento per il nostro spirito. Serenità che volendo ci accompagnerà anche nel pulire, lavare e cucinare la nostra raccolta, compresa la degustazione di manicaretti esclusivi che noi, con sempre maggior esperienza e fantasia, saremo capaci di preparare. |
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Un senso di benessere che diventerà fisico quando verrà il momento, dopo una mattinata passata a camminare su terreni che chiamarli impegnativi sarebbe un eufemismo, di togliere gli scarponi o le scarpe robuste che giocoforza saremo stati costretti a utilizzare. Le piante però, se non le si conosce, possono riservare sorprese amare e pericolose ed è per questo che, a partire da questo numero di iMagazine, pubblicheremo una serie di schede utili a ricordare o a riconoscere le specie che si utilizzano più frequentemente, soffermandoci magari qualche volta su piante tossiche o mortali che possono essere scambiate per specie eduli (edibili, mangiabili). Inoltre, ritornando al momento della raccolta, dovremo tenere presente che solo comportandoci nella maniera opportuna, rispettando le leggi e le prescrizioni che proteggono questi ambienti, saremo in grado di godere sino in fondo dei mille gusti, dei mille sapori e delle mille sensazioni che questi luoghi ci regalano a piene mani. La consapevolezza di non aver offeso l’habitat in cui abbiamo vissuto momenti meravigliosi sarà il miglior condimento per i nostri piatti. Dopo questa doverosa premessa, iniziamo a richiamare alla mente le specie più utilizzate, partendo con il Luppolo, pianta molto comune e dai molteplici utilizzi.
LUPPOLO NOME DIALETTALE: Urtisson, bruscandul NOME SCIENTIFICO: Cannabis lupulus Scopoli, ex Humulus luppulus FAMIGLIA: Cannabaceae DI LATO: Germogli di Luppolo SOTTO: Pianta adulta con inflorescenze femminili DESCRIZIONE: Pianta erbacea perenne, caducifoglia e latifoglia, con rizoma ramificato dal quale si estendono esili fusti rampicanti che possono raggiungere i 9-10 m di lunghezza, può vivere dai 10 ai 20 anni. Le foglie sono cuoriformi, picciolate, opposte, munite di 3-5 lobi seghettati. La parte superiore si presenta ruvida al tatto per la presenza di numerosi peli, la parte inferiore è invece resinosa. IN CUCINA
HABITAT: Cresce in luoghi freschi e semi-ombrosi; terreni incolti, margini boschivi, ruderi... Necessita di tutori. Cresce da 0 a 1200 m. slm. La sua presenza è molto comune nell’Italia meridionale. Fiorisce da maggio a settembre. te: Risotto con il luppolo, Crocchette di patate e luppolo, Sformato ai germogli di luppolo e chenopodio, Luppoli alla besciamella, Sacchetti di crespelle al luppolo selvatico, Guazzetto di scampi e bruscandoli, Bruscandoli in insalata, Crema di bruscandoli con morchelle (funghi Spugnole) farcite di scampi, Knödel (gnocchi) di pane nero coi bruscandoli, Uova al piatto con germogli di luppolo… Si prestano inoltre, dopo una leggera lessata, a essere conservate in congelatore.
Le infiorescenze femminili entrano nella preparazione di birre, liquori casalinghi e grappe amaro toniche. I germogli si prestano per minestre, zuppe, risotti, frittate. Da notare come, a differenza della maggior parte dei germogli utilizzati per uso culinario, i getti del luppolo selvatico siano più gustosi quanto più sono grossi. Facendo scorrere il fusto tra le dita sino a quando si spezza (circa 20 cm. della cima), da quel punto in poi avrete la parte tenera ed edibile. Essendo il gusto del luppolo morbido, seppur leg- P.S. Da non utilizzare in vista di una serata rogermente amarotico, esso si presta a infinite ricet- mantica. Dario Vetta (foto in basso a destra), ultrasettantenne, autodidatta, non possiede alcun titolo accademico ma sin dalla più tenera infanzia si è dedicato, dapprima sotto la guida di sua mamma e poi con esperti raccoglitori, alla raccolta e all’approfondimento del tema. Pubblicazioni e manuali sull’argomento lo hanno aiutato nel suo intento: ampliare quanto più possibile le conoscenze sulle erbe eduli
spontanee. Oltre che ad aver tenuto svariate conferenze sul tema, organizza da dieci anni presso la Società Monfalconese di Mutuo Soccorso (logo in basso a sinistra) la “Settimana delle Erbe Eduli Spontanee”, con serate di approfondimento e uscite sul campo per la raccolta e la degustazione delle stesse. Recentemente ha raccolto nella pubblicazione Andar pai grenbani le principali erbe eduli da utilizzare in cucina.
EDUCAZIONE E POLITICA
La conseguenza delle scelte
Rubrica di Cristian Vecchiet
P E D A G O G I A
Nel sistema democratico il Parlamento è un insieme di rappresentanti suddivisi in gruppi, ciascuno dei quali rappresenta degli interessi e lotta per difendere quegli stessi interessi e ottenere dei risultati. Secondo quale logica scegliamo i nostri rappresentanti?
Educare vuol dire sostenere e accompagnare la fioritura e la maturazione di una persona e di una comunità. La crescita di un uomo passa attraverso la concretezza delle scelte e si esprime nello spessore etico delle decisioni assunte. Educare equivale quindi ad accompagnare alla presa di posizione rispetto alla realtà, ai suoi valori, ai suoi vincoli. Educare vuol dire accompagnare a esprimere la libertà attraverso le decisioni, le azioni e lo stile di vita. Scegliere vuol dire preferire una possibilità rispetto ad altre. Vuol dire affidarsi a una di queste, scartando le altre. Ogni scelta implica delle rinunce. Ogni scelta porta con sé delle conseguenze. Ogni scelta ci determina, ci definisce. Noi siamo, in un certo senso, ciò che scegliamo e ciò che facciamo. La vita buona implica l’educazione alla scelta tra possibilità che ci legano al mondo esterno e che avvertiamo nel nostro mondo interiore. L’educazione si qualifica quindi anche come educazione al discernimento, all’ascolto del proprio mondo interiore. Educare vuol dire anche introdurre all’arte del prestare attenzione alle parti interne di sé, a quanto si muove e agisce nella propria interiorità, per poi decidere quali parti assecondare, a quali istanze valga davvero la pena di aderire. L’interiorità di ciascun uomo può essere rappresentata come un «parlamento interiore» (è stato David Garland a introdurre il concetto mentre sono stati A. Bergonzoni e A. Ceretti a divulgarlo in Italia). Quest’analogia sembra decisamente azzeccata. Nel sistema democratico il Parlamento è un insieme di rappresentanti suddivisi in gruppi (spesso corrispondenti ai partiti), ciascuno dei quali rappresenta degli interessi e lotta per difendere quegli stessi interessi e ottenere dei risultati. Anche il nostro mondo interiore è fatto di partiti in lizza, ciascuno dei quali combatte per avere la meglio sugli altri. Ogni partito del nostro mondo interiore rappresenta un pezzo di ciò che sia68
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mo. Ogni partito interno ha degli interessi da difendere. Spesso questi partiti sono in contrasto tra di loro. Tocca a noi decidere quali partiti assecondare e a quali partiti interni dare maggior ascolto e seguire… Cerchiamo di uscire dalla metafora. Ognuno di noi porta dentro di sé delle immagini di sé, dei ricordi, delle figure (genitori, insegnanti, cantanti, sportivi…) con cui si è identificato, delle esigenze, dei miti, dei desideri. Ciascuno di noi porta dentro di sé un mondo ricco e complesso. È un mondo a tratti chiaro, a tratti misterioso, a tratti affascinante, a tratti spaventoso. Ci sono zone del nostro mondo interiore che ci rasserenano, zone che conosciamo poco e altre che facciamo il possibile per evitare. Eppure il nostro mondo è un universo da esplorare e che, lo si voglia o meno, ha influenza sulla vita reale, quella pratica di tutti i giorni. Così come la vita concreta incide e modifica il nostro mondo interiore. Il nostro mondo interno è come una cabina di regia, dove sono presenti diversi interlocutori interiori (Cfr. A. Ceretti, 2011) che sostengono un modo piuttosto che un altro di rispondere alla domanda sul senso della vita e su come risolvere i più diversi problemi che si affacciano. Gli interlocutori rappresentano le figure che abbiamo interiorizzato, le scelte che abbiamo consacrato come le migliori... La questione è: a quale di questi interlocutori decidiamo di dare maggior credito? Chi decidiamo di seguire? E prima ancora: quali interessi difendono i nostri diversi interlocutori interiori? E infine: ci affidiamo ai partiti migliori o soltanto a quelli più forti? Educare vuol dire quindi introdurre all’arte del prestare ascolto e attenzione ai diversi partiti, portatori di interessi diversi e non di rado contrapposti, che animano il nostro «parlamento interiore». Di fronte alle diverse opportunità che la vita ci riserva, ci troviamo sovente a chiederci quale sia la scelta migliore. Per capirlo, non possiamo prescindere dalla conoscenza di noi stessi, del nostro mondo interiore, dei nostri desideri, dei nostri bisogni, delle figure che abbiamo interiorizzato, idealiz-
zato o anche esorcizzato, dai ricordi che ci rendono orgogliosi e da quelli che vorremmo cancellare per sempre, dalle speranze che ci fanno andare avanti giorno dopo giorno e da quelle che reputiamo mai più realizzabili o semplicemente fantasiose. Spesso ci sentiamo dire «va dove ti porta il cuore», sulla scia dell’omonimo libro di successo. Eppure non è sempre così semplice seguire il cuore, perché non è fatto di desideri, bisogni, ricordi, speranze sempre così trasparenti come vorremmo. È popolato anche di zone d’ombra e aree che vorremmo evitare e non conoscere. Seguire il cuore vuol dire allora passare attraverso l’ascolto e il discernimento. Discernere vuol dire passare al setaccio. Solo dopo aver setacciato le diverse parti che portiamo dentro, è possibile scegliere con consapevolezza e libertà. Solo conoscendo il «parlamento interiore» è possibile rispondere alla domanda «chi voglio essere?», oppure «chi voglio diventare?». In altre parole: «qual è la vita che voglio vivere?». Queste sono domande umanamente ineludibili e, per affrontarle, non si può prescindere dalla conoscenza del mondo interno. Come educare ad ascoltare il mondo interiore, a fare attenzione ai moti del cuore, a riconoscere i partiti del «parlamento interiore»? Forse una prospettiva è quella maieutica di Socrate: fare domande, porre questioni, chiedere sempre il perché: «Dove ti porta questa scelta?», «Quali esempi stai seguendo?», «Dove ti ha portato
in passato questa decisione?», «Perché preferisci questa scelta a quella?». E accompagnare in questo itinerario di scoperta di sé. Accompagnare non vuol dire assecondare ma stare accanto, mostrando possibilità, scorciatoie pericolose e indicando vie di uscita. Non tutto appare chiaro fin da subito, ma progressivamente è possibile far luce sulle ragioni delle scelte e capire se siano le uniche possibili o le più appropriate. E scoprire che alla base della nostra vita rimane pur sempre la libertà di scegliere e che al fondo delle scelte ci sono dei motivi che in un modo o nell’altro finiamo per reputare di fatto legittimi. L’educazione è un cammino di libertà. Educare vuol dire accompagnare nella scoperta delle possibilità che ciascuno ha di realizzare il meglio di sé o quelle che reputa rappresentino il meglio di sé. E questo passa attraverso la conoscenza degli interlocutori che animano la cabina di regia interna, dei partiti che rappresentano e difendono interessi contrapposti nel nostro «parlamento interiore». Imparare a conoscerli e a identificarli è il primo passo per scoprire che alla base di noi stessi ci sono scelte che dipendono da noi. E per scoprire che di fronte ai problemi ci sono sempre diverse possibilità di soluzione e che in ultima analisi spetta a noi decidere quale di queste agganciare.
Cristian Vecchiet
Docente di Teologia dell’Educazione presso l’Istituto Universitario Salesiano di Venezia
PERSONE ED ESEMPI
Cosa significa
insegnare?
Rubrica di Manuel Millo
S O C I A L E
Se ci venisse chiesto di scrivere i nomi delle persone che hanno maggiormente segnato la nostra crescita, quali scriveremmo? E se dovessimo chiedere loro un consiglio oggi, quale sarebbe?
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Quanti ricordi emergono all’orizzonte della nostra memoria quando per un attimo rivediamo un vecchio compagno di scuola. Quante avventure e sorrisi condivisi ma anche quante sudate di capo sui libri di matematica o italiano. E alla fine che cosa ci resta? Quanto ha inciso quel tempo trascorso non solo negli edifici ma nella funzione di quegli anni vissuti nel mondo che con lo sguardo del poi sembra di leggerezza ma nel tempo in cui lo vivevamo sembrava essere dilatato, come i mesi di un parto alla vita vera e propria? E cos’è che oggi, in qualche misura e in alcuni momenti, addirittura ce lo fa rimpiangere? Partiamo dalle origini. Che cos’è la scuola? Già nei tempi antichi, nell’epoca egizia per esempio, l’indirizzo scolastico aveva assunto un sapore rigido e poco permissivo dove i giovani venivano formati alle funzioni amministrative dello Stato. Per chi ancora non lo sapesse, il termine latino schola deriva dal greco skhol che indicava paradossalmente il tempo libero, dedicato allo svago della mente, cioè lo studio e in seguito “luogo ove si attende allo studio” (sec. XIII). Dunque ampliando lo specchio di indagine è opportuno partire da un verbo che |
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è diventato quasi una funzione sottintesa a chi lo compie: educare. Allora può davvero essere solo la scuola a compiere questa “ex-duzione”, questo condurre fuori? E condurre fuori che cosa e da chi? Anche Michelangelo, seguendo il metodo socratico, sosteneva che l’opera era già presente nella pietra, lui doveva solo togliere il di più che la ricopriva. Qual è il luogo “principe di questo regno”? La famiglia. Da sempre. Guardiamo ancora alla storia. La prima istruzione presso i Persiani era data dalla famiglia stessa. I bambini fino all’età di 5 anni non erano ammessi alla presenza dei padri e fino ad allora vivevano con le donne; poi all’età di 7 anni venivano affidati dallo Stato all’educazione di “uomini gravi e irreprensibili”, 4 illustri insegnanti chiamati il “saggio”, il “più giusto”, il “più temperato” e il “coraggioso”, che li istruivano al culto degli dei, al saper governare, alla temperanza e al coraggio. Tutto questo per ricondurci al concetto fondamentale: l’arte di insegnare. Se all’apparenza potremmo pensare che il compito è prettamente delegato alla figura istituzionale di un insegnate rischieremmo di essere fuorviati da que-
sta pre-comprensione iniziale. Abbiamo in qualche modo delegato consciamente o inconsciamente questo passaggio di testimone appunto a figure preposte. Non c’è nulla di errato nell’affidarsi a chi ne è qualificato ma avete mai pensato che ognuno di noi potrebbe essere insegnante per se stesso e per il prossimo? Se ricordassimo con attenzione le persone cardine della nostra vita, i nostri mentori, che hanno segnato il cammino personale di ognuno di noi, potremmo costituire un ottimo prontuario per diverse evenienze. Prendiamo un quaderno e cominciamo a scrivere le persone che in qualche modo nella vita hanno segnato la nostra crescita – mamma, papà, un insegnante, un amico, un mentore… Di ognuno di loro scriviamo le caratteristiche positive e quelle negative, le poniamo a confronto e vediamo dove si sono posizionate nella nostra vita. Dopo di che istituire una pagina dedicata a ogni singola figura dove scrivere qualcosa sulla nostra esperienza con lui o lei, come se qualche lettore terzo dovesse leggerla. Detto questo, fare una sintesi delle caratteristiche buone che ci portiamo nel viaggio della vita e per finire una sorta di lettera testimonianza dove scrivere a una persona cara saggi consigli per il futuro. Comincerete ad accorgervi che tutto quello che avete vissuto è davvero un’opera d’arte e come tale essa esprime caratteristiche e suggerimenti che nella condivisione relazionale con chi vi sta accanto assume valore esponenziale che trasforma e avvalora il vissuto di ogni singolo individuo. Insegnare infatti ha in sé proprio la caratteristica di incidere, di lasciare un segno. E sotto questo profilo i segni incisi nell’esperienza di chi ci ha preceduto e del nostro vissuto, intersecati con le qualità del nostro prossimo, esponenzialmente trasformano tutto questo in una sorte di “salvagente” per il nostro cammino. Questo non signifi-
ca che non sbaglieremo più, che troveremo il segreto per l’arte della perfezione. Non è questo che ci compete. E forse diventerebbe non solo noioso ma anche pericolosamente ossessivo. Quello che arricchisce e che rende frutto è l’esperienza di un vivere in relazione. Oggi più che mai cerchiamo di abbattere lo stress da un lato mentre dall’altro incrementiamo il nostro tempo occupato in mille attività. E se in quest’arte di insegnare fosse celato, in modo in realtà molto evidente, il vero senso profondo dell’essere al mondo? Una verità così profonda e alla stessa misura così nettamente evidente. Tramandata per millenni. Eureka direbbe Archimede. Ciò che conta, come direbbe Sant’Agostino, è che se vuoi ottenere grandi cose comincia a fare bene quelle piccole. E qui il bello è che ogni cosa può diventare bella. Non significa non faticosa. Significa di quella bellezza di cui la natura stessa ci parla. Di cui il giorno e la notte ne sussurrano e insegnano a osservare. Non c’è arte che non si possa realizzare quando nel profondo di noi quel qualcosa ci ha fatto “incantare”, nel bene e nel male. È il paradosso della vita.
Manuel Millo
Membro Onorario AGCI Ass Gen Cooperative Italiane
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ALLA SCOPERTA DI...
CHEI DAI TAPS Servizio e immagini di Livio Nonis
Riciclo e solidarietà
Da ormai 15 anni a Ruda è attivo un gruppo di volontari che recupera tappi di plastica provenienti da tutta la regione per avviarli al riciclo, destinando i fondi in beneficenza. Ecco la loro storia e, soprattutto, come lavorano.
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Un semplice tappo svitato dalla bottiglia di plastica, fino a non molti anni fa, veniva gettato nell’immondizia senza nessun riguardo o attenzione. Poi, di punto in bianco, è diventato un oggetto da custodire. Cos’è successo? Un gruppo di lavoro (così piace essere definito), Chei dai Taps di Ruda (Quelli dei tappi di Ruda), ha iniziato una raccolta, a scopi benefici, e fatto diventare importante questo piccolo, minuscolo oggetto, tant’è che attorno a esso è nata una e vera e propria organizzazione. Andiamo per gradi e vediamo come è nato questo gruppo. Era il 2004 (quest’anno si festeggiano i 15 anni di “lavoro”, se fosse un matrimonio si festeggerebbero le nozze di cristallo) quando un alpino di Torviscosa, Ottorino Sguazzin, fece conoscere a due esplosivi coniugi rudesi, Bruno e Vanilla Lugano, alcuni volontari che raccoglievano tappi di plastica che poi consegnavano a una fabbrica di Chions di Pordenone per la trasformazione. Il ricavato ottenuto per la consegna dei tappi veniva destinato a opere di beneficenza. “Perché non portare anche nella Bassa Friulana questa iniziativa?”, si sono detti i signori Lugano. Dopo un attimo di riflessione decisero di recarsi dai responsabili della Protezione civile di Ruda per spiegare il loro progetto. L’iniziativa venne accolta in
modo positivo, soprattutto dall’amministrazione comunale guidata dall’allora sindaco Alfonso Marcellino Sgubin, che concesse una vecchia casa nell’Amideria Chiozza. Grazie a Mario Lenarduzzi, Mario Gratton e Beppino Carlet partì quest’avventura. Altre persone si sarebbero unite successivamente, una ventina in tutto. Raccontato come nacque il gruppo Chei dai Taps, ora analizziamo la filiera produttiva, da quando il tappo viene svitato a quando diventa un prodotto di nuovo consumo, ricordando che, alla fine, il ricavato di questo lavoro viene devoluto alla “Casa Via di Natale” Franco Gallini di Aviano che sostiene, donando vitto e alloggio, i famigliari dei malati del vicino CRO (Centro Regionale Oncologico).
Il sacchetto di tappi: il suo percorso
Solitamente il tappo viene depositato in un sacchetto di nylon, quindi, a discrezione dell’organizzazione del comune in cui viene effettuata la raccolta (tutto il Friuli Venezia Giulia è interessato, e parzialmente anche le vicine Slovenia e Austria) viene portato o in parrocchia o presso le sedi dei donatori di sangue, degli alpini, delle protezioni civili o di singoli privati cittadini. Quando il numero di sacchetti è cospicuo, la Protezione civile, con i propri mezzi, li trasporta nella sede principale a Ruda, in località La Fredda.
Selezione e preparazione per il trasporto
Arrivati alla prima destinazione, i sacchi contenenti i tappi passano un minuzioso controllo; i volontari hanno creato un sistema di semplici calamite per verificare che i tappi siIn apertura, i volontari di Chei dai Taps; qui di fianco, un pallet ottenuto grazie al riciclo dei tappi in plastica. 72
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Qui sopra, due volontari dividono i tappi in plastica dai tappi in ferro; nelle due foto in a destra, due particolari di questa operazione che avviene grazie all’uso delle calamite; in alto manualmente, sotto il particolare dell’uscita del macchinario.
ano di plastica: se inavvertitamente qualcuno avesse messo nel sacchetto tappi di metallo, il magnete li scoprirebbe e verrebbero gettati nei contenitori di solo ferro. Un’operazione importante al fine di non rovinare i macchinari della ditta che poi riceverà il materiale. Questa cernita permette poi di preparare dei grandi sacchi, dal peso di circa 3 quintali l’uno, che verranno poi sistemati su dei camion, con destinazione la ditta Imbal Nord di Tombelle di Vigonovo, in provincia di Venezia. Pur all’apparenza semplice, il controllo dei tappi è faticoso: i volontari hanno l’occhio vigile e riescono a trovare altre impurità che la calamita non può conoscere come l’alluminio, la plastica non conforme e altro. La sede di Ruda è meta di visite d’istruzione da parte delle scuole e, in quelle occasioni, anche i bambini, muniti di guanti, si divertono a compiere questa operazione.
Trasporto e utilizzo nella sede finale
Quello di Tombelle di Vigonovo è uno stabilimento dedicato alla raccolta e alla lavorazione di materiale plastico, dove mediante l’utilizzo di compattatori, container e macchinari tecnologicamente all’avanguardia, viene eliminata ogni piccola impurità, assicurando risultati altamente professionali. Finito questo procedimento, il materiale plastico viene lavato e macinato, divenendo pronto per essere rilavorato. Alla fine si avranno nuovi pallet o cassette per la frutta, o altro ancora.
Alcuni numeri
Per scoprire quanti tappi sono stati controllati finora, bisogna affidarsi alla matematica, quella semplice, ma efficace, delle elementari. Il questi 15 anni, con la raccolta dei tappi, sono stati devoluti 130.000 euro alla “Casa Via di Natale”. Tenendo presente che un chilogrammo di tappi viene remunerato con 0,20 euro e che ce ne vogliono 500 per fare un chilogrammo, calcolatrice alla mano:
130.000 euro/0,20 equivale a 650.000 chilogrammi. Questo dato (650.000) moltiplicato per 500 dà un risultato sorprendente: 325 milioni (325.000.000) di tappi controllati. Tenendo presente che ogni anno per questo scopo vengono erogati a tutti i “tappisti” d’Italia un totale di 38.000 euro e che Ruda ne riceve mediamente 8.500 euro, si desume che un quarto della produzione italiana passa per questo paese della Bassa Friulana. Il gruppo di lavoro, una quindicina di persone, tutte assolutamente volontarie, si ritrova ogni martedì, dalle 13 alle 17, nella vecchia casetta in località “La Fredda”, nell’interno dell’Amideria Chiozza, con qualsiasi temperatura, con il caldo afoso dell’estate o nel freddo inverno: muniti di guanti e grande volontà controllano tutto il materiale arrivato dalle varie parti della regione. Ognuno sa quello che deve fare e lo fa con grande passione. Unico neo è l’età avanzata dei componenti della squadra: si va dai 60 agli 84 anni. Ci vorrebbe anche qualche giovane che li affiancasse per dare continuità a questo lavoro. L’amministrazione comunale, nel 2005, ha conferito loro “La Croce di Malta”, un riconoscimento per il lavoro volontario e di solidarietà svolto, e chissà che, forse, vista la costanza e l’impegno, per queste nozze di cristallo possa concedere il bis.
Livio Nonis I nomi dei primi volontari: Ennio e Sonia Antonelli, Lidio Virgolin, Donata e Franco Quargnal, Rina Cocetta, Luisa Daminato, Franca Lena, Luciano Snidero, Solidea Spanghero, Francesco Gratton, Enio Scarabelli, Alessandro Paparoni, Edi e Elena Piovesan, Lucio Fuart, Alfredo Visintin, Giovanna Patti, Enio e Alida Scarpin, Adriano e Franca Quargnal. |
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Rubrica di Denise Falcomer
B E N E S S E R E
MONDO OLISTICO
La stagione del metallo Il principio dell’autunno secondo la Medicina Tradizionale Cinese è il rapporto che abbiamo con tutto ciò che riguarda il mondo esterno attraverso l’interiorizzazione. Il momento ideale per fare un inventario delle proprie risorse. In autunno la temperatura inizia a scendeÈ il momento migliore anche per noi sia per re ed è la stagione per cui bisogna accumula- raccogliere le proprie energie e risorse, sia per re energia, proprio come fanno gli scoiattoli, gli fare un inventario di oggetti, situazioni, persone orsi e tutti quegli animali che vanno in letargo. presenti nella nostra vita che non ci servono più o Preparano la loro tana, fanno le pulizie, accu- che hanno svolto il loro compito. Dandoci modo di mulano cibo ed energie per far fronte alla sta- poter compiere l’azione di liberarci del vecchio per gione invernale. fare spazio al nuovo. Le attività che ci danno un senso di pulizia, liLa citazione bertà, possibilità di nuovi spazi sono in armonia con la stagione autunnale. L’azione di lasciar anMetallo dare è come quando respiriamo: se svuoti bene, Nel Cielo è il secco, riesci a riempire bene. In questi casi, ad esempio, sulla Terra è il metallo, si rivelano utili al mattino le tecniche di yoga delnelle strutture corporee è la pelle e i peli, la respirazione, pranayama, oppure la meditazionegli zang è il polmone, ne Dinamica Osho. negli aspetti colorati è il bianco, Per la Medicina Tradizionale Cinese (MTC) i nei suoni è il singhiozzo, nei movimenti reattivi ad una alterazione è la polmoni sono l’organo che crea una diretta connessione con l’esterno, assieme all’intestino crastosse, so, le cui funzioni sono l’eliminazione delle sconegli orifizi è il naso, rie. Per tanto è consigliato prendersene cura atnei sapori è l’acre, traverso il vivere in armonia con la natura e con nei voleri è l’abbattimento. ciò che ci offre. L’abbattimento reca danno al polmone. Consideriamo il male che affligge molti di noi in Huangdi Neijing Suwen, cap. 5 questa stagione. Con il primo vento, il primo fred74
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do ci colpisce subito e sentiamo dolori in corrispondenza degli zigomi o delle arcate sopraciliari, spesso accompagnati da mal di testa, febbre e sinusite. Ne ho sempre sofferto fin da ragazza, finché dopo una crisi tremenda, curata per un lungo periodo con medicinali che realmente hanno indebolito il mio stato di salute, ho preferito affidarmi a un percorso alternativo allopatico più vicino alla natura e al mio essere. Già all’avvicinarsi del termine dell’estate inizio a integrare la mia quotidianità con l’Echinacea Augustifoglia (controindicata sui soggetti autoimmuni, in casi di asma e leucemia) e il Ribes Nigrum (rivolgersi sempre a un bravo erborista o omeopata che vi personalizza le dosi). Associo una dieta apposita e inizio con una diminuzione di tutti quegli alimenti che stimolano la naturale produzione di muco fisiologico tipo latte, formaggi, mascarpone, gelati alle creme, burro, yogurt (in pratica i derivati dai latticini), farine bianche e gli zuccheri raffinati. Mi sottopongo a piacevoli sedute preventive di riflessologia plantare cinese, cosa cui noi occidentali tendiamo a ricorrere solo quando il danno è fatto. Nel caso in cui fossi già afflitta, ricorro immediatamente a tre tipi di cure oltre a quelle già indicate. La prima sono i bagni di vapore caldo, o fumenti, quelli della nonna: preparo la mia miscela (che metterò in un vaso di vetro e terrò a disposizione per più volte) fatta di 200 gr. di sale fino dell’Himalaya (ricco di sali minerali), 5 gr. di estratto secco di zenzero, 20 gr. di fiori di camomilla secchi, 5 gocce di olio essenziale di eucalipto (fluidificante ed espettorante), rosmarino (antisettico), timo (antivirale, sconsigliato per chi soffre di ipertiroidismo) ma sostituito dal geranio (antivirale ) o dal tee-tree (antisettico, antivirale), che aggiungerò con un paio di cucchiai da minestra alla mia acqua calda per i fumenti. Per il secondo tipo di cura, associo i gemmoderivati a discrezione del mio erborista, che mi consiglia del Carpino (antinfiammatorio, anticatarrale, sedativo), l’Ontano Nero (decongestionante anche per situazioni croniche), la Rosa Canina (immunomodulante), il Ribes Nero (antinfiammatorio, astringente, antiallergico, ma da usare solo su presidio,
perché ha diversi effetti contrastanti con altre patologie), Piantaggine (espettorante, antibatterico, antinfiammatorio), Astragalo (immunostimolante, adattogeno, antivirale). La terza cura implica il cambio del regime alimentare. Quello che prima preventivamente diminuivo, ora lo elimino fino a quando non raggiungo uno stato di salute ottimale. Mi affido agli alimenti che secondo la MTC, nella stagione del metallo, rinforzano i miei polmoni e l’intestino crasso, Esiste una stretta correlazione fra mucosa intestinale e respiratoria, ciò spiega la ragione per cui l’assunzione di alcuni cibi creano una congestione intestinale traducendosi anche nella difficoltà muco respiratoria. In questa stagione troviamo molti cibi ricchi di vitamina C e zolfo: cavolo, verza, cavolini di Bruxelles, cavolfiore, aglio, patate dolci, zenzero, cipolle, pere, nocciole, ravanelli, cannella, cardamomo, porri, mandorle, broccoli, sedano, crauti, uva, mele, prugne, carne di cavallo... Ogni stagione, con la sua energia, è in parte responsabile del fatto che la successiva possa svolgere il suo compito. In autunno le foglie devono ingiallire, seccarsi e cadere, per proteggere gli arbusti e gli alberi dal freddo. Il riposo dei semi d’inverno è il presupposto della forza per crescere e germogliare in primavera. Dai forti germogli abbiamo un’ottima fioritura estiva, da cui nella tarda estate matureranno frutti, tuberi e semi. Nel simbolismo degli elementi della MTC il legno (primavera) fa ardere il fuoco (estate), le ceneri concimano la terra (periodo di passaggio delle stagioni inteso anche come tarda estate), dalla terra si estraggono i metalli (autunno). I metalli e i minerali vivificano l’acqua (inverno), e l’acqua fa crescere le piante e gli alberi. Denise Falcomer
La pratica dell’olistica, pur essendo frutto di conoscenze e tradizioni secolari, non è parte della “medicina ufficiale” ossia di quell’insieme di pratiche mediche scientifiche fondate sulla sperimentazione clinica di laboratorio. Questa pratica viene invece inserita tra le “medicine alternative” o “medicine non ufficiali”. Per tale ragione questa rubrica vuole essere solo un’introduzione alla conoscenza, alla sua storia e alle spiegazioni dei suoi procedimenti; non può, e non deve, essere in alcun
modo intesa come un invito a seguire i dettami di questa pratica, cosa che viene sempre e solo lasciata alla libera scelta del lettore. Desidero altresì invitare sempre tutti i lettori a consultare prima di ogni cosa il loro medico di famiglia e i relativi specialisti da esso consigliati, seguendo innanzitutto le vie della medicina ufficiale. A esse può essere eventualmente affiancato un percorso che segua una o più pratiche di medicina alternativa o non ufficiale.
Operatrice olistica specializzata in bio terapie e discipline orientali; 393 94 05 536 #deniseoperatoreolistico @deniseoperatoreolistico terapieolistichedenise@gmail.com
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Il rimedio naturale del mese: la Rhodiola o radice d’oro È noto che, con l’arrivo dell’autunno e l’approssimarsi della caduta delle foglie dagli alberi, giunga anche per noi la caduta… del tono dell’umore. Le giornate si accorciano, torna il freddo, le vacanze sono alle spalle, si torna alla propria attività professionale e, molto spesso, la psiche ne risente. Stanchezza, ansia, momenti di abbattimento e di svogliatezza, fino a vere e proprie patologie depressive, tipiche di questo periodo. Usciamo dalla ‘fase Yang’ dell’anno, quella agostiana, ricca di calore e contagioso entusiasmo, per gettarci a capofitto nella fase settembrina, dominata dall’Yin. Ci si chiude in casa, i pensieri si adombrano e le energie psicofisiche scemano. Per fortuna c’è il rimedio giusto per vincere la stanchezza e i pensieri pessimistici che affannano il cuore. Lo scopriamo insieme. Dell’argomento ne parlava Ippocrate, il padre della medicina, nel corso del V secolo a.C.: “In autunno e primavera tutte le donne (ci troviamo nell’Isola di Kos, in Grecia, N.d.A.) piangono. Chi per un motivo ben preciso e spiegabile. La moglie di un pescatore caduto in mare e non ancora tornato, ad esempio, si dispera notte e giorno. E tutto ciò è ben chiaro. Ma la vicina di casa, alla quale va tutto bene, con marito e figli in piena salute, si dispera allo stesso modo, e ciò è apparentemente incomprensibile. La causa di tutto ciò? – ipotizzava il medico – È insita nel nostro corpo. La bile nera, prodotta dal fegato, in questo periodo sale agli occhi e li costringe a piangere”. Si trattava già, 2.500 anni fa, d’un primo abbozzo embrionale del concetto di ‘depressione endogena’, cara a noi psichiatri dell’epoca moderna. Una malattia che nasce dentro di noi, non generata da fatti esterni (come avviene nella depressione reattiva). Oggi chiamiamo Serotonina questa molecola in grado di generare felicità e infelicità. Tuttavia, allora, era già del tutto geniale l’ipotesi che fosse una sostanza prodotta dal nostro corpo a generare lo stato d’animo avverso. Così spesso i pazienti giungono in ambulatorio con ferali notizie. “Dopo un periodo di benessere mi sento di nuovo male. E non so spiegarmi il perché. Avevo trovato un po’ di pace, andando in vacanza con i nipotini, e ora sono ‘punto e a capo’, con la mia depressione. Dottore, mi aiuti lei, non voglio tornare a prendere gli psicofarmaci”. “D’accordo – rispondo – sappiamo che quando occorrono bisogna assumerli senza problemi, tuttavia, se possiamo farne a meno e trovare la strada per star bene lo stesso, ci impegniamo, medico e paziente, affinché ciò avvenga nel più breve tempo possibile”.
Veniamo ora, amici lettori, a distinguere quali siano i sintomi depressivi e quelli ansiosi, per fare chiarezza e aiutare a comprenderli. Osservate le tabelle nella pagina accanto, cercando di cogliere le sottili sfumature della sintomatologia che potreste presentare. Naturalmente ognuno di voi, una volta accertato di percepire questi malesseri, valuterà individualmente quale sia il grado in cui essi stessi si presentino, cioè la loro intensità. A un estremo ci sarà chi è solo affaticato e manifesta lievi e saltuarie difficoltà di concentrazione e attenzione. All’estremo opposto vi sarà chi invece soffre di disturbi molto invalidanti, fino a uno stato di depressione conclamata, di pertinenza psichiatrica. Per quanto concerne l’ansia avremo, da una parte, chi non riesce ad uscire di casa da anni e, dall’altra, chi è ansioso solamente in determinati momenti, a esempio quando aspetta la fidanzata o il figlio che tarda a rientrare a casa. Per chi di voi avesse riscontrato la presenza di molti dei sintomi descritti, il consiglio è di rivolgersi a uno specialista, un medico o uno psicologo per far fronte alle proprie difficoltà emotive e/o esistenziali, nelle modalità che riterrà più indicate. In generale tuttavia, soprattutto nei casi lievi e moderati, vi è un rimedio molto efficace per
Tabella 1 I SINTOMI DELLA DEPRESSIONE Abbattimento del tono dell’umore – Tristezza, svogliatezza – Inappetenza – Dimagrimento – Incapacità di provare piacere nelle cose – Disinteresse per le proprie attività (cura della casa, famiglia, lavoro) – Trascurare la propria persona (non lavarsi o pettinarsi, vestirsi a fatica) – Rallentamento psicomotorio – Eloquio lamentoso, monotono, incentrato sempre sugli stessi temi (la paura di andare in rovina, l’aver ‘sbagliato tutto nella vita’, il malessere) – Pensieri pessimistici – Svalutazione – Insonnia, incubi o ipersonnia – Lamentele continue relative al proprio stato – Desiderio di accentrare su di sé l’attenzione dei familiari – Rifiuto delle terapie proposte, nell’ottica di non credere più alla guarigione – Recriminazioni su avvenimenti passati – Sensazione d’impotenza e di non poter modificare il proprio stato di salute.
Tabella 2 I SINTOMI DELL’ANSIA Irrequietezza motoria (non riuscire a star fermi) – Senso d’angoscia – Paure, spesso immotivate – Desiderio di avere sempre qualcuno accanto – Inquietudine – Volto teso, con espressione angosciata – Pupille midriatiche (più larghe della norma N.d.A.) – Insonnia, difficoltà ad addormentarsi – Risvegli notturni e incubi – Paura nell’affrontare le situazioni, fino al panico (nell’entrare in un supermercato o parlare in pubblico) – Fobie – Tachicardia, pressione alta, sensazione di non respirare bene – Sospiri frequenti – Pensieri incentrati su ciò che più fa paura – Non riuscire a far fronte agli impegni, lavorativi o scolastici – Tendenza a chiudersi in se stessi e non uscire di casa, se non accompagnati – Veri stati d’angoscia con paura d’impazzire.
risolvere le situazioni rappresentate dai casi in cui ci si senta stanchi, demotivati, abulici e nei quali il ritorno al lavoro rischia di diventare un vero e proprio incubo. È la Rhodiola rosea.
Posologia. Va assunta appena svegli, per evitare l’insonnia, in capsule o compresse, alla dose, variabile in funzione dell’età e del peso, di 100-170 mg/die. Resta comunque consigliata, in tutti i casi, una psicoterapia per mettere a fuoco le reali problematiche del soggetto e garantire la risoluzione completa della sintomatologia, soprattutto al momento dell’interruzione dell’assunzione del ‘farmaco naturale’. Momento chiave della cura.
La Rhodiola
La pianta. Dotata di foglie carnose e fiori gialli, ha un profumo simile alla rosa (Rhodiola = Piccola rosa). È resistente ai climi freddi, vivendo in Scandinavia, in Alaska e Siberia, fiorendo fino a 3.500 metri di quota. La storia. I popoli siberiani ne conoscevano da tempo le proprietà, utilizzandola per aumentare la resistenza al freddo e alle fatiche. In Cina la medicina la impiegava come tonico rinforzante l’energia vitale Yang e la vigoria sessuale. Nell’ex Unione Sovietica veniva usata per dare forza alle milizie, agli astronauti e agli atleti olimpici. L’effetto. La pianta agisce su fisico e mente, stimolando le performance intellettuali e curando ansia e depressione. Accresce la quantità di Dopamina e Serotonina nell’ippocampo migliorando memoria, concentrazione e attenzione. Stimolando le Endorfine genera inoltre sensazione di benessere e tranquillità. Indicazioni. È indicata per ansia, depressione, stanchezza, sindrome del burnout, disturbi sessuali, bulimia e stati prolungati di stress e fatica. Controindicazioni. Agendo nei confronti del CYP3A4 può interagire con anticoagulanti orali (Warfarin) e digossina, per i quali è sconsigliato, come pure in caso di gravidanza e allattamento. Non va impiegata contemporaneamente ad ansiolitici e antidepressivi.
Roberto Pagnanelli Roberto Pagnanelli è medico-chirurgo, specializzato in Psichiatria. Psicoterapeuta, si è diplomato in Medicina Psicosomatica all’Istituto Riza di Milano, in Medicina Omeopatica all’Università degli Studi di Urbino e in Psicoterapie Brevi al CISSPAT di Padova. È autore di pubblicazioni su riviste scientifiche e di volumi sulle medicine naturali. Ha partecipato a trasmissioni radiotelevisive e scritto su Starbene, Per me, Salute Naturale, Più Salute & Benessere, Riza Scienze, Viver Sani & Belli, Top Salute, Donna Moderna, Più Sani più Belli. Ideatore della Musicoterapia Cinematografica, lavora come psichiatra psicoterapeuta, esperto in medicine naturali a Trieste, Monfalcone e Udine. www.robertopagnanelli.it Per appuntamenti: 330-240171
MOSTRE IN FVG (calendario aggiornato su www.imagazine.it) 14-30 settembre ▶CAMBIAMENTI Mostra personale di Annalisa Iuri. Gorizia. Biblioteca statale isontina, via Mameli 12. Orario: lun-ven 10.3018.30; sab 10.30-13.30. Ingresso libero. Info: www.isontina.beniculturali.it Fino al 15 settembre ▶BESTIE E MOSTRI AD AQUILEIA Uso e persistenze delle figure animali tra natura e simbolismo dall’età romana al Rinascimento. Aquileia (UD). Palazzo Meizlik, via Popone 7. Orario: gio-sab 16.30 -19.00, dom 10-12/16.30-19. Ingresso libero. Info: www.aquileiarcheologia.it Fino al 20 settembre ▶L’ARTE ALL’ARTE RE-INTERPRETA VITO TIMMEL Mostra che propone i lavori realizzati dagli alunni degli ultimi anni dell’indirizzo arti figurative-discipline grafiche e pittoriche del Liceo Artistico Max Fabiani di Gorizia, ispirati alle opere del pittore triestino. Monfalcone (GO). Museo della Cantieristica, via del Mercato 3. Orario: ven-sab 10-19; dom 1013. Ingresso libero. Info: www.mucamonfalcone.it Fino al 20 settembre ▶THE SELFPORTRAIT AND ITS DOUBLE Settanta ritratti in bianco e nero e a colori raccontano la vita misteriosa di Vivian Maier. Trieste. Magazzino delle Idee, Corso Cavour 2. Orario: mar-dom 10-20. Ingresso € 6. Info: www. turismofvg.it
Fino al 22 settembre ▶ANDY WARHOL PROFANO COME SACRO Una panoramica completa sulla personalità camaleontica e poliedrica di Andy Warhol, in un luogo riconosciuto come patrimonio culturale del FVG. Duino Aurisina (TS). Portopiccolo, Sistiana, via delle Botteghe. Orario: lunven 16-19, sab-dom 1013/16-20. Ingresso € 10. Info: www.turismofvg.it
▶CINA CINA CINA Immagini di Giorgio Lotti per la 33^ edizione della rassegna fotografica promossa da CRAF. Spilimbergo (PN). Castello, piazza del Castello. Orario: mer-ven 16-20, sabdom 10.30-12.30/16-20. Ingresso libero. Info: 0427 91453 http://craf-fvg.it Fino al 25 settembre ▶LE ABITAZIONI DI TORVISCOSA, CITTÀ-FABBRICA DEL NOVECENTO Immagini d’epoca, disegni e scritti illustrano le caratteristiche tipologiche, costruttive e di uso dei materiali, in un percorso di 28 pannelli. Torviscosa (UD). CID, piazzale Marinotti 1. Orario: sab-dom 15-19. Ingresso libero. Info: www. cid-torviscosa.it
Fino al 29 settembre ▶SIDE BY SIDE Oltre 200 opere originali tra tavole a fumetti, illustrazioni, schizzi, studi e gli straordinari, rarissimi dipinti su tela realizzati in 50 anni di carriera da Giorgio Cavazzano. Pordenone. PAFF! - Palazzo Arti Fumetto Friuli, viale Dante 33. Orario: mar-ven 16-20; sab-dom 10-20. Ingresso € 8. Info: www.paff.it ▶DAL REPERTO AL SEGNO Vita quotidiana di antiche genti: mostra delle illustrazioni di Federica Zendron. Montereale Valcellina (PN). Museo Archeologico. Orario: sab-dom 16.30-19.30. Ingresso € 4. Info: www.eupolis.info ▶POESIA E CALORE Mostra di pittura del maestro Remigio Giorgiutti. Reana del Rojale (UD). Vetrina del Rojale, via Municipio 11. Orario: mar-gio 1012; ven-sab 15-18. Ingresso libero. Info: 349 4244611 www.prolocodelrojale.it Fino al 30 settembre ▶LA FORZA DELL’ARTE Le cinque sculture lignee ritrovate dell’altare di Domenico da Tolmezzo della Pieve di San Pietro, ritrovate nel 2016 dal Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale. Zuglio (UD). Civico Museo Archeologico, via Giulio Cesare 19. Orario: mer-gio 9-12, ven-dom 912/15-18. Ingresso € 3. Info: 0433 92562
5-18 ottobre ▶RENATO DE MARCO Mostra personale. Gorizia. Biblioteca statale isontina, via Mameli 12. Orario: lun-ven 10.30-18.30; sab 10.30-13.30. Ingresso libero. Info: www.isontina. beniculturali.it Fino al 6 ottobre ▶MAESTRI La rassegna ritrae i filosofi del mondo greco, i fondatori delle grandi religioni, gli artigiani nelle loro botteghe, i grandi artisti nei loro atelier, che, con tanta passione, hanno insegnato le loro arti. Tolmezzo (UD). Casa delle Esposizioni, Illegio. Orario: mar-sab 10-19, dom 9-20. Ingresso € 12. Info: www.illegio.it Fino al 13 ottobre ▶IL GIORNO E LA NOTTE Dal vedutismo al cinema muto: viaggio alla scoperta della prima forma di spettacolarizzazione delle immagini. Pordenone. Galleria Sagittaria, via Concordia 7. Orario: mar-dom 1619. Ingresso libero. Info: www.centroculturapordenone.it
Fino al 13 ottobre ▶SERGIO SCABAR OSCURA CAMERA Il percorso espositivo è composto da quasi 300 fotografie e si sviluppa seguendo l’andamento cronologico del lavoro di Scabar, distinguibile in due fasi: una prima en plein air, del genere del Reportage, e una successiva più sperimentale e riflessiva. Gorizia. Palazzo Attems, piazza De Amicis 2. Orario: mar-dom 10-18. Ingresso € 6. Info: 0481 547499 Fino al 20 ottobre ▶MAGNIFICI RITORNI In mostra i tesori aquileiesi conservati al Kunsthistorisches Museum di Vienna, in occasione dei 2200 anni dalla fondazione della città di Aquileia. Aquileia (UD). Museo Archeologico Nazionale, via Roma. Orario: mar-dom 10-19. Ingresso € 10. Info: www.fondazioneaquileia.it 25 ottobre – 8 novembre ▶SERGIO CULOT Retrospettiva fotografica. Gorizia. Biblioteca statale isontina, via Mameli
12. Orario: lun-ven 10.3018.30; sab 10.30-13.30. Ingresso libero. Info: www.isontina.beniculturali.it 25 ottobre – 2 febbraio ▶IL RINASCIMENTO DI PORDENONE L’omaggio di Pordenone a Giovanni Antonio de’ Sacchis detto Il Pordenone. Le opere esposte provengono da importanti musei italiani e internazionali. Pordenone. Galleria d’Arte Moderna, viale Dante 33. Orario: mar-ven 14-18, sab-dom 10-12/14-18. Ingresso € 8. Info: www.comune.pordenone.it Fino al 27 ottobre ▶TRAME LONGOBARDE Tra architettura e tessuti in mostra le bordure realizzate dai detenuti di Spoleto. Cividale del Friuli (UD). Monastero di Santa Maria in Valle, via Monastero Maggiore 34. Orario: lunven 10-13/15–18, sabdom 10–18. Ingresso € 4. Info: www.monasterodisantamariainvalle.it Fino al 31 ottobre ▶LIGNANO SESSANT’ANNI DI EMOZIONI 1959-2019 Mostra fotografica open-air lungo l’asse centrale di Lignano Sabbiadoro. Un viaggio all’interno delle diverse bellezze del nostro territorio, attraverso angoli e scorci suggestivi di una Lignano da scoprire. Lignano Sabbiadoro (UD). Viale Venezia. Info: 0431 409111 www.lignano.org Fino al 10 novembre ▶L’INDISPENSABILE SUPERFLUO Accessori della moda nelle collezioni della famiglia Coronini. Viaggio nel tempo tra le icone dello stile. Gorizia. Palazzo Coronini, viale XX Settembre 14. Orario: mer-sab 1013/15-18; dom 10-13/1519. Ingresso € 5. Info: www.coronini.it Fino al 30 novembre ▶NEL CUORE DELL’AMARIANA L’esposizione descrive attraverso pannelli con immagini, grafiche e testi uno tra i massicci che più caratterizzano il territorio della Carnia. Ampezzo (UD). Museo Geologico, piazza Zona Libera della Carnia. Orario: fino al 30 settembre 9.30-12.30 /15-18 (chiuso il lunedì); ottobre-novembre apertura su richiesta. Ingresso libero. Info: 0433 487779
I COSTI E GLI ORARI DI APERTURA POSSONO VARIARE SENZA PREAVVISO. VERIFICARE SEMPRE RIVOLGENDOSI AGLI APPOSITI RECAPITI.
chef…ame! Arrosto di vitello ai fichi neri e patate al rosmarino Preparazione
Aprire la spalla con un coltello affilato, mescolare sale e pepe con gli aromi tritati e strofinare la carne, spolverare con il pane grattugiato, tagliare a pezzi 4 fichi e sistemare al centro della carne. Legare con filo da cucina e sistemare in una teglia da forno, irrorare con l’olio e infornare a 180° per 20 minuti, bagnare con il vino e far evaporare. Terminare la cottura e tenere sempre bagnato con brodo in modo che si formi una salsina densa. Quando il vitello è cotto, avvolgere in una pellicola, tenere in caldo, passare la salsa al passatutto, nel caso che sia troppo densa aggiungere poco brodo: deve risultare una salsina di giusta densità. Intanto sbucciare le patate, tagliare a “tocchi” e sbollentare per 4 minuti in acqua salata e cuocere in forno con un rametto di rosmarino. Quando sono cotte togliere la pellicola e il filo di cottura al vitello e sistemare sul piatto di portata; guarnire con le patate e fichi neri con la buccia tagliati a metà. Irrorare il vitello con la sua salsina.
Fichi in cucina e...
Verdi, neri, grandi, piccoli, “Mori” freschi e secchi. Noti e gustosi questi frutti-non frutti da millenni apprezzati in tutto il mondo, sono un gradito e prezioso dono dell’estate. Sono una prelibatezza in grado di dare sapore e cromaticità per ogni piatto, dall’antipasto al dessert. Frutto o non frutto? Quello che comunemente viene ritenuto un frutto, in realtà non lo è; si tratta di una grossa infruttescenza carnosa, con una forma a pera sferica, a volte allungata, ricca di zucchero alla sua maturazione. I veri frutti sono gli acheni, quei piccoli granellini che si trovano all’interno della polpa deliziosa: per questo alcuni consumatori non lo apprezzano, per molti invece è un prodotto da ritenere interessante non solo per il sapore e per la sua duttilità ma anche per i suoi contenuti, ovvero per i valori nutrizionali e le proprietà benefiche. È composto per l’80% di acqua e per il restante di zuccheri e fibre, è antinfiammatorio e lassativo, contiene vitamina A in abbondanza ma anche la B6, è inoltre ricco di ferro, calcio, magnesio, rame, selenio e potassio, consigliato per la cura della pelle (da non usare assolutamente il suo latte come crema abbronzante), delle ossa e per la vista, è povero di grassi e privo di colesterolo, contiene polifenoli, antiossidanti naturali e beta carotene.
Ingredienti per 4 perone - 800 gr di spalla di vitello - 1/2 bicchiere di vino Friulano - 8 fichi neri - 1 foglia di alloro - 1 rametto di rosmarino - 1 ciuffo di salvia - 2 cucchiai di pane grattugiato - brodo di carne q.b. - 2 cucchiai di olio extravergine di oliva - sale e pepe q.b.
Con oltre 150 varietà coltivate, la buccia del fico si presenta in diverse colorazioni da chiara, verde, bluastra, nera. Le varietà di fico più apprezzate sono quelle verdi, le nere ma in particolare – in Friuli Venezia Giulia – il Figo Moro de Caneva, Germano Pontoni fico conosciuto e con- Maestro di Cucina sumato come eccel- Cell: 347 3491310 Mail: germanoca@libero.it lenza dai Veneziani nei secoli scorsi e che da un paio di decenni viene coltivato con ottimi risultati economici nelle campagne di Caneva di Sacile. Qui oltre al frutto che ha una durata limitata, sono riusciti a creare prodotti gastronomici e di abbinamento come salse e creme, anche prodotti di bellezza per la cura della persona. Oltre che con i fichi freschi, ricette creative consentono l’uso di quelli secchi, da noi dimenticati forse per i granellini interni, ma che sempre di più arrivano dal Sud dell’Italia, coltivati in zone dedicate, come ad esempio i “fichi di barile” per il loro contenitore, che oggi si presentano in contenitori “griffati” e sono arricchiti all’interno con mandorle, noci, buccia d’arancia candita e altre fantasie. Tutto per dare a questo prodotto il titolo di eccellenza. |
settembre-ottobre 2019
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I tuoi eventi su iMagazine!
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FOLKLORE ph. Studio Andrian
Legenda Caffetteria
Afterhour
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Eventi a tema
Enoteca
Sale convegni
Special drinks
Musica dal vivo/karaoke
Stuzzicheria
Musica da ballo
Vegetariano/biologico/regimi
Happy hour
Cucina carne
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Cucina pesce
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Paninoteca
TV satellitare/digitale
Pizza
Giochi e spazi per bambini
Gelateria
Pernottamento
Catering
Buoni pasto
Organizzazione feste
Parcheggio
12-15 settembre ▶ Friuli DOC
Nozze d’argento per la manifestazione enogastronomia udinese che taglia il traguardo delle 25 edizioni. Per quattro giorni la città diventa una vetrina per presentare il meglio della produzione enogastronomica e artigianale, artistica e culturale della FVG. Udine. Info: www.friuli-doc.it
ristorante
Il range di prezzo indicato (ove applicabile) si riferisce al costo medio di un pasto, escluse bevande alcoliche. I dati segnalati sono stati forniti direttamente dal Gestore del locale. Qualora doveste verificare delle discordanze, Vi invitiamo a segnalarcelo.
26-29 settembre ▶ Gusti di Frontiera
Il mondo in tavola a Gorizia con oltre 350 stand, i migliori piatti e i prodotti enogastronomici dai quattro angoli del globo. Anche nella sua 16esima edizione, l’evento si conferma la kermesse enogastronomica più grande del Triveneto. Gorizia. Info: www.gustidifrontiera.it
ristorante
e inoltre... 20-22 settembre ▶ Festa della Mela
Gastronomia del territorio e intrattenimenti. Tolmezzo (UD). Info: www.nuovaprolocotolmezzo.it
4-6 ottobre ▶ Mare Nostrum
Festival della cultura del mare Grado (GO). www.grado.it
scopri tutti gli eventi in regione su www.imagazine.it
ristorante
Un centinaio di eccellenti artigiani, artisti e antiquari esporranno all’interno dei due antichi castelli, mentre nello splendido parco esterno ci saranno vivaisti rinomati e articoli per la casa e il giardino. Cervignano del Friuli (UD). Castelli di Strassoldo. Info: www.castellodistrassoldo.it
trattoria
19-20 ottobre ▶ In Autunno: Frutti, Acque e Castelli
bar
26-27 ottobre ▶ Festa della Zucca
Una manifestazione quasi unica per la sua maniera un po’ goliardica di interpretare le antiche cronache della Terra di Venzone. In programma rievocazioni e degustazioni di piatti speciali a base di zucca. Venzone (UD). Info: www.venzoneturismo.it
13 ottobre ▶ Farine di Flôr
Mulini, farine e delizie della Carnia Sutrio (UD). Info: www.albergodiffuso.org
24-28 ottobre ▶ Ein Prosit
Rassegna enogastronomica del Nordest. Udine. Info: www.einprosit.org
L I V E Simone Di Luca PHOTOGRAPHY@2012
M U S I C 28 settembre ▶ Percoto Canta
Cambia location il concorso canoro più importante del Nordest. La serata finale della 32sima edizione della manifestazione si terrà al Teatro Nuovo Giovanni da Udine, dove saranno premiati i vincitori delle categorie Junior, Senior e Cantautori - Brani Inediti. Udine. Teatro Nuovo Giovanni da Udine. Ore 21. Info: www.percotocanta.it
15 settembre ▶ Noemi
In occasione di Friuli DOC sbarca a Udine il Blues & Love Summer Tour, con il quale l’artista propone i suoi brani più celebri rivisitati in chiave blues assieme alle cover dei più grandi artisti internazionali che hanno influenzato la sua carriera. Udine. Piazza Libertà. Ore 21.30. Info: www.friuli-doc.it
e inoltre... 20-21 settembre ▶ Orchestra Sinfonica del Verdi
Al pianoforte Alessandro Taverna. Trieste. Teatro Verdi. Ore 20.30 (sab ore 18). Info: www.teatroverdi-trieste.com
19 ottobre ▶ Oslo Philarmonic
Direzione di Vasily Petrenko. Udine. Teatro Nuovo Giovanni da Udine. Ore 20.45. Info: www.teatroudine.it
www.imagazine.it 23-27 ottobre ▶ Jazz&Wine of Peace
Dal Bill Frisell Harmony a John McLaughlin, da Nubya Garcia a Dianne Reeves, solo per citare alcuni dei grandi musicisti attesi sul Collio per cinque giorni di grande jazz internazionale. Cormòns (GO). Info: www.controtempo.org
22 ottobre ▶ Eric Gales
Giudicato uno dei 5 migliori chitarristi viventi, tanto da ricevere i complimenti di un mostro sacro come Carlos Santana, insieme alla sua Eric Gales Band presenterà il suo ultimo lavoro: The Bookends. Trieste. Teatro Miela. Ore 21. Info: www.miela.it
e inoltre... 20 ottobre ▶ Kärnter Sinfonieorchester
23 ottobre ▶ North Czech Symphony Orchestra
Direzione di Nicholas Carter. Con Leonardo Pierdomenico al piano. Pordenone. Teatro Verdi. Ore 16. Info: www.comu- Monfalcone (GO). Teatro Comunale. Ore 20.45. Innalegiuseppeverdi.it fo: www.teatromonfalcone.it
CLASSIC ARTS
18 ottobre ▶ Carmen
CON ANNESSA SEZIONE LATTANTI
CONVENZIONATO CON IL COMUNE DI RONCHI DEI LEGIONARI Tutti i servizi sono ammessi nel Registro Regionale della Provincia di Gorizia e sono autorizzati al funzionamento per concedere il diritto al beneficio regionale per l’abbattimento delle rette a carico delle famiglie. (art. 15 della L.R. 20/2005)
Con servizi integrativi di: • Centro gioco pomeridiano • Baby dance • Servizio di baby sitting Asilo Nido “Le Birbe” di Birbe & Co. Coop soc. ONLUS via Redipuglia 80A/B - 34077 Ronchi dei Leg. (GO) tel./fax 0481 474538 - e-mail birbeeco@libero.it sito internet www.birbeeco.com
Un nuovo allestimento rende attuale una delle opere più famose in assoluto. La storia di Carmen, donna passionale, di grandioso temperamento, si svolge fra le quinte dove il turbine della vita spazza il palcoscenico e trascina i protagonisti in una relazione devastante. Pordenone. Teatro Verdi. Ore 20.15. Info: www.comunalegiuseppeverdi.it
22-27 ottobre ▶ L’onore perduto di Katharina Blum
L’irreprensibile segretaria Katharina Blum incontra Ludwig Götten, sospetto terrorista. Trascorre la notte con lui e l’indomani ne facilita la fuga. Da quel momento la sua vita viene sconvolta… Trieste. Politeama Rossetti. Ore 16 e 20.30. Info: www.ilrossetti.it
e inoltre... 13 settembre ▶ Un ozioso disinteresse, un fantastico incanto
La storia di Vito Timmel. Trieste. Teatro Miela. Ore 18. Info: www.miela.it
14 settembre ▶ Don Pasquale
Dramma buffo di Donizetti. Spilimbergo (PN). Teatro Miotto. Ore 20.30. Info: 0427 419160
www.imagazine.it
29-31 ottobre ▶ L’attimo fuggente
A trent’anni dall’uscita del film capolavoro di Peter Weir, L’attimo fuggente arriva nella prima versione teatrale italiana firmata da Tom Schulman, premio Oscar per la sceneggiatura originale. Udine. Teatro Nuovo Giovanni da Udine. Ore 20.45 (gio ore 19.30). Info: www.teatroudine.it
30 ottobre ▶ Non si uccidono così anche i cavalli?
In prima regionale la storia di una folle maratona di ballo dove i partecipanti, in cambio di vitto e alloggio, disperati e in cerca di successo ballano per giorni e notti senza interruzioni, diventando oggetto di scommesse da parte del pubblico. Cormòns (GO). Teatro Comunale. Ore 21. Info: www.artistiassociatigorizia.it
19 ottobre ▶ La leggenda di un amore
Festival Teatrale Internazionale. Gorizia. Kulturni Dom. Ore 20.30. Info: www.turismofvg.it
26 ottobre ▶ Napoli milionaria
Con la Compagnia il Dialogo. Gorizia. Castello. Ore 20.30. Info: www. imagazine.it
SPORT
21-22 settembre ▶ Cervignano Motor Festival
Un intero week end dedicato al mondo dei motori con esibizioni su 2 e 4 ruote dei più svariati modelli di auto e moto. Confermata anche per questa edizione la possibilità di effettuare ascese in elicottero. Cervignano del Friuli (UD). Area Le Rogge. Info: www.prolococervignanofvg.it ph. bumbaca
22 settembre ▶ Maratonina di Udine
I runners partiranno da piazza Primo Maggio e termineranno la loro corsa in via Vittorio Veneto. Una gara che promette di rinverdire i fasti conosciuti di uno dei “percorsi più veloci al mondo”. Udine. Info: www.maratoninadiudine.it
e inoltre... 20-22 settembre ▶ Concorso Completo Internazionale di Equitazione
Palmanova (UD). Info: www.comune.palmanova.ud.it
5-6 ottobre
▶ Romans Motordays Esibizione motociclistica non agonistica. Romans d’Isonzo (GO). Info: www.turismofvg.it
www.imagazine.it
13 ottobre ▶ Barcolana
Dopo l’edizione record dello scorso anno, la regata velica più affollata al mondo ritorna con un tetto massimo alle iscrizioni fissato a quota 2.700 imbarcazioni. Nei dieci giorni che precedono la gara, previste numerose regate e altri eventi collaterali. Trieste. Info: www.barcolana.it
27 ottobre ▶ La Corsa dei Castelli
Una gara podistica con partenza dall’asburgico Castello di Miramare, un percorso per le vie del centro di Trieste e arrivo al Castello di San Giusto. Trieste. Info: www.promorun.it
6 ottobre ▶ Maratonina Transfrontaliera
Marcia ludico motoria a passo libero aperta a tutti. Gorizia. Info: www.marciatorigorizia.it
13 ottobre ▶ Lignano Bike Marathon
Percorso in Mountain Bike su strada e sterrato. Lignano Sabbiadoro (UD). Info: www.lignanobikemarathon.it L’INFORMAFREEMAGAZINE
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MEETING
18-22 settembre ▶ Pordenonelegge
Sarà lo scrittore spagnolo Javier Cercas a inaugurare la 20^ edizione della Festa del libro con gli autori, con oltre 500 protagonisti e centinaia di incontri, dialoghi e lezioni magistrali in oltre 50 location nel centro storico. Pordenone. Info: www.pordenonelegge.it
2-6 ottobre ▶ GEOgrafie Festival
Monfalcone aprirà il suo cuore storico, la piazza, il teatro e le sale più prestigiose alle parole dei libri e ai loro autori, ai piccoli editori e ai librai, seguendo lo slogan “Scrivere la terra, leggere la terra”. Monfalcone (GO). Info: www.comune.monfalcone.go.it
e inoltre... 13-18 settembre ▶ I mille occhi
Festival internazionale del cinema e delle arti. Trieste. Teatro Miela. Info: www.miela.it
4-6 ottobre ▶ Malnisio Science Festival
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La natura come filo conduttore per parlare di scienza. Montereale Valcellina (PN). Località Malnisio. Info: www.turismofvg.it
w w w. i m a g a z i n e . i t
5-12 ottobre ▶ Le Giornate del Cinema Muto
Una delle più importanti manifestazioni cinematografiche mondiali dedicate alla riscoperta e allo studio del cinema muto e al cinema delle origini. Pordenone. Info: www.giornatedelcinemamuto.it
11-13 ottobre ▶ Festival del Coraggio
Seconda edizione dell’evento che porterà in città protagonisti dell’attualità nazionale per dibattiti e approfondimenti. Previsti anche mostre, workshop e spettacoli. Cervignano del Friuli (UD). Info: www.festivaldelcoraggio.it
23-27 ottobre ▶ Cervignano Film Festival
Concorso internazionale di cortometraggi. Cervignano del Friuli (UD). Info: www.cervignanofilmfestival.it
29 ottobre – 3 novembre ▶ Trieste Science+Fiction
Più importante evento italiano su fantascienza e fantastico. Trieste. Info: www.sciencefictionfestival.org L’INFORMAFREEMAGAZINE
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F U O R I
R E G I O N E
T R E V I S O 13-15 settembre
▶FEFFARKHORN Festival del folklore celtico. Tre giorni di musica, spettacoli, bancarelle, arte e natura a ingresso libero. Speciali degustazioni a tema. Cimadolmo. Località San Michele di Piave. Info: info@feffarkhorn.com 13-22 settembre
▶FESTA DEL PESCE Per due fine settimana, degustazioni di piatti a base di pesce nel padiglione allestito dalla Pro Loco. Previsti anche intrattenimenti musicali e culturali. Sernaglia della Battaglia. Info: www.prolocosernaglia.it 15 settembre
▶LA CENTENARIA Trail del Fronte. Novità di questa seconda edizione è il nuovo percorso, portato a 42 Km e con 300 metri in più di dislivello positivo. Pederobba. Info: www.trevisomarathon.com 22 settembre
▶CONEGLIANO PEDALA Quarantunesima edizione dell’evento ciclistico non competitivo aperto a tutte le categorie, con in palio premi speciali riservati a singoli e gruppi più caratteristici. Conegliano. Info: 339 6984679 12-13 ottobre
▶MOSTRA SCAMBIO CITTÀ DI TREVISO Auto, moto, cicli, modellismo, ricambi d’epoca, mostra e vendita del rottame, auto e moto da restaurare, speciale raduni multimarca, mostre tematiche. Treviso. Info: www.sport-show.it 13 ottobre
▶LA MEZZA DI TREVISO Una delle più belle mezze maratone italiane. Prevista anche la gara sulla distanza dei 10 chilometri. Il percorso valorizza le bellezze della città e del territorio circostante. Treviso. Info: www.lamezzaditreviso.com 19 ottobre
▶VERTICAL DEL GEVERO La gara di corsa in montagna si svolge tra sentieri, mulattiere e carrarecce, con partenza e arrivo dalla Piazza Roma di Cison di Valmarino. Cison di Valmarino. Info: http://traildelgevero.com
V E N E Z I A 15 settembre
▶REGATA DI BURANO A partire dalle ore 16 spazio alla regata dei giovanissimi su pupparini a 2 remi, per proseguire con la regata donne e concludere con la regata gondole sempre a 2 remi. Venezia. Burano. Info: www.comune.venezia.it Fino al 20 settembre
▶LEONARDO, GENIO E BELLEZZA Un aspetto inedito di Leonardo da Vinci sarà raccontato nella mostra realizzata per il cinquecentenario della sua morte: la figura di cosmetologo e profumiere che si dedica alla creazione di fragranze e cosmetici. Venezia. Palazzo Mocenigo. Info: https://mocenigo.visitmuve.it Fino al 22 settembre
▶ARSHILE GORKY Prima retrospettiva italiana su questo artista considerato una delle figure chiave dell’arte americana del XX secolo. Riunite insieme circa 80 opere provenienti da prestigiose collezioni internazionali sia istituzionali che private. Venezia. Ca’ Pesaro. Info: https://capesaro.visitmuve.it Fino al 22 settembre
▶BARRY X BALL Maestro della scultura internazionale contemporanea, tra i più interessanti autori concettuali degli anni duemila, Barry X Ball si confronta con la storia dell’arte e il museo attraverso la rilettura di capolavori del passato. Venezia. Info: https://capesaro.visitmuve.it Fino al 13 ottobre
▶CARNET DE VOYAGE Viaggio olfattivo illustrato che permette al visitatore di scoprire l’origine dei profumi The Merchant of Venice in una dimensione sospesa tra fantasia e realtà. Venezia. Museo di Palazzo Mocenigo. Info: https://mocenigo.visitmuve.it Fino al 13 ottobre
▶MARE BLU Con una singolare coincidenza formale, le opere riunite in Mare blu rendono omaggio all’acqua e alle onde, allo scorrere, al sommergere e al dare vita. Venezia. Forte Marghera. Info: https://www.visitmuve.it 27 ottobre
▶VENICE MARATHON Si corre su un percorso unico al mondo dove ogni chilometro è ricco di fascino e suggestione; dalla partenza, posta di fronte a Villa Pisani, all’arrivo con spettacolare vista sulla laguna. Venezia. Info: www.huaweivenicemarathon.it
O L T R E
C O N F I N E
C R O A Z I A 14 settembre
▶MARATONA DI NUOTO DI SANTA EUFEMIA La 20° edizione dell’ormai tradizionale maratona di nuoto, lunga 4,5 km, chiama a raccolta una novantina di partecipanti provenienti dalla Croazia e dall’estero. Rovigno. Info: www.rovinjswim.com 19 settembre
▶FIERA DEI PRODOTTI ISTRIANI AUTOCTONI L’obiettivo della Fiera è di promuovere i prodotti istriani e la produzione agricola. La Fiera permetterà ai visitatori di assaggiare e acquistare prodotti locali dai produttori agricoli istriani. Parenzo. Info: www.trznica-trg.eu 19-22 settembre
▶WEEKEND MEDIA FESTIVAL Il più grande festival regionale dedicato alla comunicazione attira oltre 4.000 professionisti ed esperti nei settori della comunicazione, del marketing e delle pubbliche relazioni. Rovigno. Info: www.weekendmediafestival.com 21-22 settembre
▶FESTIVAL DEL FORMAGGIO Manifestazione gastronomica con degustazioni di piatti a base di formaggio ed esposizione casearia. In programma anche il concorso Miss Capra d’Istria. Sanvincenti. Info: www.tz-svetvincenat.hr 21-22 settembre
▶PULA MARATHON La corsa nella storia romana. In programma gare da 42 km, 21 km, staffetta 3x7 km, corsa cittadina notturna 5 & 10 km, gare per bambini. Pola. Info: www.pulamarathon.com 26-29 settembre
▶VLADIMIR SKATE FILM FESTIVAL Programma filmico dedicato ai film a lungometraggio e ai video ispirati alla tematica dello skateboard. Allestita anche la mostra fotografica dello skateboard. Fasana. Info: www.infofazana.hr 4-6 ottobre
▶POREČ SHOW RIDE Durante la fiera verranno organizzate attività e gare per bambini, oltre a una piccola scuola di show ride. Grande attesa per gli spettacoli acrobatici. Parenzo. Info: www.sportfestporec.com
20-21 settembre
▶TRAIL MANIAK Per i fanatici della corsa campestre, due giorni in cui gareggiare in mezzo ai boschi attraverso sentieri impervi a spiovente sul lago e arrampicandosi sugli alberi… Woerthersee. Info: www.woerthersee.at 21 settembre
▶SKY TROPHY La chiusura della stagione estiva vede la sfida tra le buche del Golf Club di Velden, con una gara resa ancor più spettacolare dalla vista mozzafiato sul lago. Velden. Info: www.carinzia.at 28-29 settembre
▶FESTA DEL FORMAGGIO I casari della Gailtal vantano una lunga tradizione nella preparazione del formaggio di malga. Il festival all’assaggio di questi formaggi e alla degustazione di vini. Kötschach-Mauthen. Info: www.alles-kaese.at
O L T R E C A R I N Z I A 28-29 settembre
▶FESTA DELLE MELE Momento d’incontro tra cultura e tradizione, ma anche occasione golosa per assaggiare le specialità culinarie carinziane, con la mela protagonista assoluta. St. George nim Lavanttal. Info: www.sankt-geprgen.at 28 settembre – 7 ottobre
▶ST. VEITER WIESENMAKT La più antica festa folclorica di tutta la Carinzia, tra sfilate, giochi e rievocazioni. St. Veit. Info: www.wiesenmakt.at 5 ottobre
▶POLENTAFEST Ricette prelibate con protagonista la polenta. Che, a differenza d’opinione comune diffusa, è un piatto versatile, capaci di stupire con i suoi abbinamenti. Nötsch im Gailtal. Info: www.carinzia.at
C O N F I N E S L O V E N I A 10-15 settembre
▶VILENICA Festival letterario internazionale che diventa ribalta d’eccezione per poeti, scrittori, drammaturghi e saggisti provenienti da oltre venti diversi Paesi. Verrà assegnato l’omonimo premio letterario internazionale. Sesana e altre città. Info: www.vilenica.si 10-19 settembre
▶FESTIVAL MARIBOR Musicisti sloveni e stranieri si esibiranno in concerti di musica sinfonica e da camera. In programma anche workshop e laboratori con il coinvolgimento attivo degli spettatori. Maribor. Info: www.festivalmaribor.si 12-26 settembre
▶CAMPIONATI EUROPEI DI VOLLEY Il torneo iridato maschile, giunto alla sua trentunesima edizione, vede un maxi tabellone, con il numero delle squadre partecipanti salito da 16 a 24 per ottenere il titolo continentale. Lubiana. Info: www.visitljubljana.com 14-29 settembre
▶GIORNATE DEL BACCALÀ Evento gastronomico che mira a promuovere i prodotti a km 0 del territorio, con un occhio di riguardo alla preparazione del baccalà che verrà servito in ricette speciali nei ristoranti della città. Isola. Info: www.visitizola.com 15 settembre – 13 ottobre
▶FESTIVAL DELLA STRADA DELLA FRUTTA La regione di Brkini è conosciuta per la sua ottima frutta, tra cui spiccano le mele e le prugne. Il visitatore potrà entrare nei frutteti. Oltre alle prelibatezze gastronomiche, la manifestazione propone anche delle attività culturali e sportive. Brkini. Info: www.visitkras.info 20 settembre – 6 ottobre
▶FESTIVAL ESCURSIONISTICO DELLA VALLE DELL’ISONZO Il festival comprende escursioni organizzate, adatte sia alle famiglie che agli appassionati di montagna. In programma anche mostre, conferenze e degustazioni di cucina locale. Bovec. Info: www.slovenia.info 28-29 settembre
▶CAMPIONATI MONDIALI DI ARRAMPICATA I migliori arrampicatori al mondo si sfideranno in gare in cui abilità di ascesa e corsa contro il tempo costituiranno un binomio con cui fare i conti. Kranj. Info: www.worldcupkranj.com
F
I
E
R
E
DEL POLLAME Viale Borgo Palazzo, 137 BERGAMO Tel 035 3230911 www.promoberg.it
18-19 SETTEMBRE
▶SAFETY EXPO
Convegno esposizione dedicato alla sicurezza 3-6 OTTOBRE
▶FIERA CREATTIVA
Fiera delle arti manuali
23-26 OTTOBRE
▶EXPOCASEARIA
Tecnologie per produzione e distribuzione del latte e suoi derivati 23-26 OTTOBRE
▶BIOENERGY
Salone delle tecnologie per le rinnovabili 23-26 OTTOBRE
▶WATEC ITALY
Tecnologie per l’acqua e l’ambiente
17-18 OTTOBRE
▶FORME
▶FIERA CAMPIONARIA
Viale della Fiera, 20 BOLOGNA Tel 051 282111 www.bolognafiere.it
4-5 SETTEMBRE
▶FARETE
Meeting point delle imprese
6-9 SETTEMBRE
▶SANA
Salone Internazionale del Biologico e del Naturale 23-27 SETTEMBRE
▶CERSAIE
Salone Internazionale della ceramica per l’architettura e dell’arredobagno 15-17 OTTOBRE
▶AMBIENTE LAVORO
Salone della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro 23 OTTOBRE
▶FLEET MANAGER ACADEMY
Gestione delle flotte auto aziendali
Cremona Fiere s.p.a. Piazza Zelioli Lanzini, 1 CREMONA Tel 0372 598011 www.cremonafiere.it
27-29 SETTEMBRE
▶CREMONA MONDO MUSICA
via della Fiera, 11 FERRARA Tel 0532 900713 www.ferrarafiere.it
23-26 OTTOBRE
▶ITALPIG
Rassegna suinicola
23-26 OTTOBRE
▶FIERA INTERNAZIONALE
Fieramilano
15-18 SETTEMBRE
▶MICAM
Salone della calzatura
18-20 SETTEMBRE
Fieramilano
Tecnologie di bonifica
▶THE ONE MILANO
▶REMTECH EXPO
18-20 SETTEMBRE
19-22 SETTEMBRE
Prêt-à-porter femminile d’alta gamma
▶SALONE INTERNAZIONALE DEL RESTAURO
Fieramilanocity
28-29 SETTEMBRE
Fiera del gioco
Musei e imprese culturali
▶FERRARA SPOSI
Salone del matrimonio
▶MILANO GAMES WEEK Fieramilano
1-4 OTTOBRE
12-13 OTTOBRE
▶VITRUM
Assieme a Ferrara Militaria
Fieramilano
▶FERRARA MONDOELETTRONICA
25-27 OTTOBRE
▶TATTOO ▶
27-29 SETTEMBRE
In concomitanza con Motors World
Firenze Fiera s.p.a. Piazza Adua, 1 FIRENZE Tel 055 49721 www.firenzefiera.it
9-11 OTTOBRE
▶DIDACTA
Alternanza scuola-lavoro 18-27 OTTOBRE
▶FLORENCE DESIGN
Vetrina d’eccellenza della scena artistica contemporanea
31 OTT – 3 NOV
▶FLORENCE CREATIVITY
Fiera della creatività
Macchine, attrezzature e impianti del vetro 2-4 OTTOBRE
▶LINEAPELLE
Pelli, accessori, componenti, tessuti
Fieramilano
4-6 OTTOBRE
▶PETS IN THE CITY
Fiera dell’animale domestic
Fieramilanocity
10-12 OTTOBRE
▶VISCOM
Fiera della comunicazione visive
Fieramilano
18-22 OTTOBRE
12-13 OTTOBRE
▶PADOVA SPOSI
Salone del matrimonio 24-27 OTTOBRE
▶AUTO E MOTO D’EPOCA
Il più grande salone europeo del suo genere
GENOVA Tel 010 53911 www.fiera.ge.it
▶SALONE DEL FRANCHISING
Fieramilanocity
Fieramilanocity
17-20 OTTOBRE
▶FIERA D’AUTUNNO
Artigianato di qualità e shopping
26-28 SETTEMBRE
▶FLOMART
Udine
5-6 OTTOBRE
Auto e moto d’epoca
▶MARMOMAC
▶MERCANTEINAUTO
5-13 OTTOBRE
▶MERCANTEINFIERA
22-25 OTTOBRE
▶CIBUS TEC
Innovazione tecnologica nel settore agroalimentare
25-28 SETTEMBRE
Marmi, design, macchine e tecnologie 11-13 OTTOBRE
▶ART VERONA
Dipinti, sculture, disegni, stampe, ceramiche 20-22 OTTOBRE
Viale Treviso 1 PORDENONE Tel 0434 23 21 11 www.fierapordenone.it
13-14 SETTEMBRE
▶COLFERT EXPO
Idee e strumenti per qualificare il serramento 25-26 SETTEMBRE
▶COILTECH
Produzione e manutenzione di motori elettrici 15-18 OTTOBRE
▶SICAM
Salone dell’industria del mobile
▶FIERA DEL CONDOMINIO SOSTENIBILE
Salute della casa, dell’ambiente e del portafoglio
23-24 OTTOBRE
▶MCM
Manutenzione industriale 23-24 OTTOBRE
▶AQUARIA
Analisi e trattamento di aria e acqua 23-24 OTTOBRE
▶SAVE
Automazione, strumentazione, sensori 23-24 OTTOBRE
▶HOME & BUILDING
Tecnologie per la domotica
8-10 OTTOBRE
Apparecchi da intrattenimento e da gioco 8-9 OTTOBRE
▶IBE
Salone internazionale dei bus 9-11 OTTOBRE
Via N. Tommaseo, 59 PADOVA Tel 049 840111 www.padovafiere.it
Abitare con passione
Viale del Lavoro, 8 VERONA Tel 045 8298111 www.veronafiere.it
▶ENADA ROMA
19-24 SETTEMBRE
▶SALONE NAUTICO INTERNAZIONALE
14-22 SETTEMBRE
▶IL SALONE DEL CAMPER
Fieramilano
Innovazione per le imprese 24-26 OTTOBRE
Piazzale J. F. Kennedy, 1
Via Rizzi, 67/a PARMA Tel 0521/9961 www.fiereparma.it
▶SMAU
22-24 OTTOBRE
Via Cotonificio, 96 Torreano di Martignacco (UD) UDINE Tel 0432 4951 www.udinegoriziafiere.it Via della Barca, 15 GORIZIA
5-13 OTTOBRE
Via Emilia, 155 RIMINI Tel 0541 744111 www.riminifiera.it
Fieramilano
Lo stile da spiaggia
▶CASA MODERNA
▶HOST
Fiera internazionale dell’ospitalità
▶SUN
▶RASSEGNA AGENTI CALZATURE
Fieramilano
Pelletteria e accessori moda
23-26 OTTOBRE
Unico evento zootecnico in Italia
Salone degli stili di vita
▶MIPEL
Evento internazionale
▶FIERA INTERNAZIONALE DEL BOVINO DA LATTE
13-19 SETTEMBRE
▶HOMI
29 SETT – 1 OTTO
15-18 SETTEMBRE
Fiera internazionale del settore caseario 30 OTT – 3 NOV
Fieramilanocity Piazzale Carlo Magno 1 MILANO Fieramilano Strada statale del Sempione 28 RHO Tel 02 49971 www.fieramilano.it
Salone Internazionale del Florovivaismo
▶TTG
Salone dell’esperienza turistica 9-11 OTTOBRE
▶SIA
Fiera dell’hospitality 9-11 OTTOBRE
Via dell’Oreficeria, 16 VICENZA Tel 0444 969111 www.vicenzafiera.it
7-11 SETTEMBRE
▶VICENZA ORO
Eccellenze della produzione orafa 17-20 OTTOBRE
▶ABILMENTE
Salone delle idee creative 26-27 OTTOBRE
▶CHILDREN & FAMILY
Fiera del bimbo e della famiglia
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8 settembre Auguri Andrea! Lo staff di iMagazine 8 settembre Buon compleanno Andrea! Marina 14 settembre Felice anniversario a Carla e Roberto Sofia e Michele 16 settembre Buon compleanno Saretta! Lucia, Dorothy, Fabiana 18 settembre Auguri Stefano! Lo staff di iMagazine 27 settembre Buon compleanno Riccardo! Mattia, Elisa, Marina, Andrea, Graziana, Cesare 1 ottobre Happy Birthday Sister! Cinzia e Nick 9 ottobre Auguri Francesca! Lo staff di iMagazine 17 ottobre Buon compleanno Cesare! La bande della Fossa 21 ottobre Auguri Lorenzo! I santoli 31 Buon compleanno zia Lida! The Family Mandaci entro il 1º ottobre i tuoi auguri per le ricorrenze di novembre e dicembre! Li pubblicheremo gratuitamente su iMagazine! Segnalaci giorno, evento, mittente e destinatario e spedisci il tutto via e-mail (info@imagazine.it), via posta ordinaria (iMagazine, c/o via Aquileia 64/a, 33050 Bagnaria Arsa – UD) o via fax (040 566186).
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marzo-aprile 2015
FARMACIE DI TURNO
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Fonte: Federfarma Gorizia e Udine
AL PONTE via Don Bosco 175 Gorizia, tel. 0481 32515 ALESANI via Carducci 40 Gorizia, tel. 0481 530268 BALDINI corso Verdi 57 Gorizia, tel. 0481 531879 COMUNALE 1 via San Michele 108 Gorizia, tel. 0481 21074 COMUNALE 2 via Garzarolli 154 Gorizia, tel. 0481 522032 D’UDINE piazza San Francesco 5 Gorizia, tel. 0481 530124 MARZINI corso Italia 89 Gorizia, tel. 0481 531443 MADONNA DI M. via Udine 2 Lucinico, tel. 0481 390170 PROVVIDENTI via Oberdan 3 Gorizia, tel. 0481 531972 TAVASANI corso Italia 10 Gorizia, tel. 0481 531576 TRAMONTANA via Crispi 23 Gorizia, tel. 0481 533349 FARO via XXIV Maggio 70 Brazzano, tel. 0481 60395 STACUL via F. di Manzano 6 Cormons, tel. 0481 60140 ALLA MADONNA via Matteotti 13 Cormons, tel. 0481 60170 ROJEC via Iº Maggio 32 Savogna d’Is., tel. 0481 882578 PIANI via Ciotti 26 Gradisca d’Is., tel. 0481 99153 BACCHETTI via Dante 58 Farra d’Is., tel. 0481 888069 CINQUETTI via Manzoni 159 Mariano d. Fr., tel. 0481 69019 MORETTI via Olivers 70 Mossa, tel. 0481 80220 DELLA TORRE via Latina 77 Romans d’Is., tel. 0481 90026 SORC piazza Montesanto 1 S. Lorenzo Is., tel. 0481 80023 LABAGNARA via Monte Santo 18 Villesse, tel. 0481 91065
TRESCA via XXIV Maggio 1 Aiello d. F., tel. 0431 99011 CORRADINI c.so Gramsci 18 Aquileia, tel. 0431 91001 SORANZO via Vittorio Veneto 4 Bagnaria Arsa, tel. 0432 920747 RUTTER c.so Marconi 10 Campologo Tapogliano, tel. 0431 999347 COMUNALE via Monfalcone 7 Cervignano d.F., tel. 0431 34914 SAN ANTONIO via Roma 52/1 Cervignano d.F., tel. 0431 32190 LOVISONI p.zza unità 27 Cervignano d.F., tel. 0431 32163 DEBIASIO via Gramsci 55 Fiumicello, tel. 0431 968738 MONEGHINI via Roma 15/A Ruda, tel. 0431 99061 SATTI via 2 Giugno 4 Terzo d’Aquileia, tel. 0431 32497 GRIGOLINI p.zza del Popolo 2 Torviscosa, tel. 0431 92044 SANTA MARIA via San Antonio Villa Vicentina, tel. 0431 967263 FLEBUS via Montello 13 Visco, tel. 0432 997583 FAVARO via Roma 48 S. Vito al Torre, tel. 0432 997445 FACINI borgo Cividale 20 Palmanova, tel. 0432 928292 LIPOMANI borgo Aquileia 22 Palmanova, tel. 0432 928293 MORANDINI piazza Grande 3 Palmanova, tel. 0432 928332 RAMPINO piazza Venezia 15, San Canzian d’Is., tel 0481 76039 DI MARINO via Redipuglia 77, Fogliano, tel 0481 489174 CORAZZA via Buonarroti 10, Capriva del Friuli, tel 0481 808074 RAJGELJ CHIARA via Scuole 9, Medea, tel 0481 67068
COMUNE DI GORIZIA Dati: N.P.
Recapiti: 0481 383276, www.comune.gorizia.it
COMUNE DI VILLESSE
Abitanti: 1.684
(dati Anagrafe giu-lug 2019) nati 0, deceduti: 4, immigrati: 11, emigrati: 16, matrimoni: 2 Recapiti: 0481 91026, www.comune.villesse.go.it
COMUNE DI MOSSA Abitanti: 1.559
(dati Anagrafe gen-mag 2019) nati 3, deceduti: 3, immigrati: 15, emigrati: 18, matrimoni: 0 Recapiti: 0481 80009, www.comune.mossa.go.it
COMUNE DI MEDEA Dati: N.P.
Recapiti: 0481 67012, www.comune.medea.go.it
COMUNE DI GRADISCA D’ISONZO Dati: N.P.
Recapiti: 0481 967911, www.comune.gradisca-d-isonzo.go.it
02-08
26-01
19-25
12-18
05-11
28-04
21-27
14-20
07-13
31-06
| 97 SETTEMBRE| marzo-aprile 2015 OTTOBRE
Le farmacie contrassegnate dal fondino arancione anticipano di un giorno le date di turno indicate.
COMUNE DI CERVIGNANO DEL FRIULI Abitanti: 13.773
(dati Anagrafe apr 2019) nati 8, deceduti: 13, immigrati: 72, emigrati: 54, matrimoni: 3 Recapiti: 0431 388411, www.cervignanodelfriuli.net
COMUNE DI FARRA D’ISONZO Abitanti: 1.676
(dati Anagrafe lug 2019) nati 0, deceduti: 1, immigrati: 7, emigrati: 7, matrimoni: n.p. Recapiti: 0481 888002, www.comune.farra.go.it
COMUNE DI MARIANO DEL FRIULI Dati: N.P.
Recapiti: 0481 69391, www.comune.marianodelfriuli.go.it
COMUNE DI S. LORENZO ISONTINO Abitanti: 1.531
(dati Anagrafe ,mag-lug 2019) nati 2, deceduti: 5, immigrati: 12, emigrati: 24, matrimoni: 2 Recapiti: 0481 80026, www.comune.sanlorenzoisontino.go.it
COMUNE DI CORMÒNS Abitanti: 7.268
(dati Anagrafe gen-lug 2019) nati 21, deceduti: 64, immigrati: 146, emigrati: 137, matrimoni: 11 Recapiti: 0481 637111, www.comune.cormons.go.it
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marzo-aprile 2012
maggio-giugno 2015
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G - F O RI FLO ISO ARRA ZIA- ED G N I RO RIAN TINOCD’ISO RADI ZION MA O D - EC NZ SC E P A R NS EL ORVCEO - D ER D’I COL MIOGRMO ’ISO LE SO LI NGNS VIRA NZ FA NZ O - O-ADNGRO O M 32892|/22 O - M ROLIONA- M - CA IGL 0011 VIL ARI EZGDI NO PR IE 029 LES AN NAEA LOSSA IVA DI SE O D DEFLRD-ESA DE - CE EL COI LN L F RV FRIU ULLLI FLROR RIU IGN LI OI- IEUN LI AN - M SAN LZO O D EDE I . F. A -
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Haloween e tradizion locale - La zuca te la podevi lasar casa!
Noč čarovnic je lokalna tradicija Bučo lahko pustiš doma!
Halloween und lokale Überlieferung. - Du hättest den Kürbis zu Hause lassen können!
Haloween e tradizion locâl. “La coce tu podevis lassâle a cjase”!
Halloween e tradizion local. La suca te podevi lasarla a casa
Per le traduzioni si ringrazia: Irene Devetak (sloveno), Isa Dorigo - Regjon autonome FVG Servizi lenghis minoritariis (friulano), Andrea Coppola Università di Trieste (tedesco), Marianna Martinelli (bisiaco), Alessandro Samez (triestino).