E D I T O R I A L E L’INFORMAFREEMAGAZINE nº 79 – anno XIV numero 2 marzo-aprile 2019 ISSN 1828-0722 Editore
GOLIARDICA EDITRICE srl a socio unico sede operativa: I – 33050 Bagnaria Arsa, Italy via Aquileia 64/a tel +39 0432 996122 fax +39 040 566186 info@imagazine.it Direttore responsabile Andrea Zuttion Condirettore responsabile Claudio Cojutti Responsabile di redazione Andrea Doncovio Marketing / Eventi Eleonora Lulli Area commerciale Michela De Bernardi, Francesca Scarmignan, Fabrizio Dottori Responsabile area legale Massimiliano Sinacori Supervisione prepress e stampa Stefano Cargnelutti Hanno collaborato Vanni Veronesi, Claudio Pizzin, Paolo Marizza, Vanni Feresin, Margherita Reguitti, Andrea Fiore, Livio Nonis, Cristian Vecchiet, Alfio Scarpa, Michele D’Urso, Michele Tomaselli, Manuel Millo, Andrea Coppola, Germano De March, Alberto Vittorio Spanghero, Renato Duca, Renato Cosma, Germano Pontoni, Isa Dorigo, Sandro Samez, Marianna Martinelli, Irene Devetak, Andrea Tessari, Rossella Biasiol, Denise Falcomer, Antonio Amato Registrazione Tribunale di Udine n. 53/05 del 07/12/2005 Stampato in proprio Tiratura 70.000 copie Credits copertina Shahriyar Farshid Credits sommario :: Vanni Veronesi :: :: Michele Tomaselli :: :: Shahriyar Farshid :: :: Moni Zinu :: :: iMagazine :: © goliardica editrice srl a socio unico. Tutti i diritti sono riservati. L’invio di fotografie o altri materiali alla redazione ne autorizza la pubblicazione gratuita sulle testate e sui siti del gruppo goliardica editrice srl. Manoscritti, dattiloscritti, articoli, fotografie, disegni o altro non verranno restituiti, anche se non pubblicati. Nessuna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta in alcun modo, incluso qualsiasi tipo di sistema meccanico, elettronico, di memorizzazione delle informazioni ecc. senza l’autorizzazione scritta preventiva da parte dell’Editore. Gli Autori e l’Editore non potranno in alcun caso essere considerati responsabili per incidenti o conseguenti danni che derivino o siano causati, direttamente od indirettamente, dall’uso improprio delle informazioni ivi contenute. Tutti i marchi citati appartengono ai rispettivi proprietari, che ne detengono i diritti. L’Editore, nell’assoluzione degli obblighi sul copyright, resta a disposizione degli aventi diritto che non sia stato possibile rintracciare al momento della stampa della pubblicazione.
Cari lettrici e lettori, il numero di iMagazine che vi apprestate a leggere ha nella parola confine il filo rosso che lega tra loro storie, persone e territori. Un termine che, sviscerato nelle diverse declinazioni, diventa esso stesso condizione esistenziale e, molto probabilmente, opportunità di un nuovo futuro. Due numeri vengono in aiuto del nostro ragionamento. Il primo è quello sottolineato dalla Confindustria regionale che evidenzia come l’export delle aziende del Friuli Venezia Giulia verso l’estero sia cresciuto di oltre il 10% nell’ultimo anno. Un dato anticipato da quello delle presenze di turisti stranieri in regione durante la scorsa estate, anch’esse in segno positivo, confermando peraltro il trend degli anni precedenti. E se export e turismo rappresentano in questo momento il motore dell’economia e del futuro del Friuli Venezia Giulia, significa due cose: la prima, che il volano economico viene alimentato dall’estero e, la seconda, che il nostro territorio ha tutte le carte in regola per poter giocare in modo efficace la propria partita. Sfruttando in primis un contesto geografico che fino a qualche anno fa poteva costituire un handicap e che ora invece rappresenta il classico uovo di Colombo. Perché spesso è sufficiente alzare gli occhi e ampliare lo sguardo per scoprire come la medesima realtà possa offrire scenari diametralmente opposti. Se fino a qualche decennio fa il Friuli Venezia Giulia veniva considerato – e spesso si auto considerava – l’estremo eremo al confine dell’Italia, spostando la prospettiva più a est e più a nord la nostra regione si ritrova da un lato al centro dello scacchiere mitteleuropeo e dall’altro partner strategico nella direttrice Danubiano-Adriatica. Scenario che, come accaduto negli ultimi anni attraverso progetti transfrontalieri o di aggregazione turistica, può rappresentare la chiave di volta per dare nuova linfa all’economia del territorio. L’internazionalizzazione, infatti, rappresenta ormai una necessità vitale che il Sistema Italia non sembra in grado di affrontare nella sua interezza. Saper sfruttare le proprie peculiarità storiche, geografiche e socioculturali diventa quindi per il Friuli Venezia Giulia la sfida su cui costruire il proprio benessere per i decenni a venire. Tra le tante storie di confine che leggerete nelle pagine seguenti, quella di Alojz Milič sembra la sintesi perfetta di questa evoluzione: figlio di una coppia di cittadini austriaci di nazionalità slovena che, senza spostarsi di casa, si erano ritrovati italiani. Succedeva cento anni fa in questa terra di confine. Che un secolo dopo può trasformare le sue infinite contaminazioni nell’asso vincente del proprio futuro. Non mi resta che augurarvi … buona lettura! Andrea Zuttion
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L’INFORMAFREEMAGAZINE | gennaio-febbraio 2008 | 9
S O M M A R I O
marzo - aprile 18
L’ANALISI di Paolo Marizza
15 Io so che tu sai che io non so EBERARDO DEL FRIULI di Vanni Veronesi
18 Il marchese mediatore ISOLA DI UNIJE di Michele Tomaselli
22 Una perla nell’Adriatico 22
ALEXANDER GADJIEV di Margherita Reguitti
26 Goriziano d’Europa FRANZ MERKALLI & TELLURIKA di Andrea Doncovio
28 Musica di confine MONTE FORTIN di Andrea Doncovio
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30 Numquam in Bello LAVORO E SOCIAL NETWORK di Massimiliano Sinacori
32 Sei sempre su Facebook. Ti licenzio! AUTO E IMMATRICOLAZIONI di Polizia di Stato
34 Veicoli stranieri, nuove norme GIOVANI ED EROINA di Andrea Fiore
36 Il ritorno nel silenzio 28
ERSILIA MARSELLA PAMICH di Renato Duca
39 Dedicato all’amore. Che nella vita c’è NIVES MEROI di Margherita Reguitti
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40 Il volo del corvo timido BOTTEGA ERRANTE di Margherita Reguitti
44 Con la cultura si mangia SCUOLA E FASCISMO di Alberto V. Spanghero
46 Istruzione e regime
SAN MARCO A FOSSALON di Vanni Feresin
50 La nascita di una comunità
TOPONOMASTICA DELLA BISIACARIA di Renato Duca e Renato Cosma
52 I nomi del territorio ALOJZ MILIČ di Michele D’Urso
54 Sto let. Cent’anni AIELLO DEL FRIULI di Michele Tomaselli
58 Il paese delle meridiane ASSOCIAZIONE DINAMICI di Claudio Pizzin
60 Un progetto per il territorio BASKET DE RAZA di Livio Nonis
62 Il tifo per il prossimo ANDREA NOVARO di Michele D’Urso
64 Eravamo quattro amici al bar TURIPESCA di Livio Nonis
66 Il fiume But
EDUCAZIONE E CONSAPEVOLEZZA di Cristian Vecchiet
68 La grammatica della realtà SDEGNO E CORAGGIO di Manuel Millo
70 Sbagliando si impara. Forse… NATURA E PRIMAVERA di Rossella Biasiol
72 Rinnovamento alla vita MONDO OLISTICO di Denise Falcomer
74 Visione olistica della primavera CHEF…AME
79 La ricetta di Germano Pontoni 80 e segg. Gli eventi di marzo e aprile
: lettere alla redazione
▲ Gorizia – L’ex ferramenta Krainer & Comp ha ospitato i protagonisti della fiction “Volevo fare la rockstar” le cui riprese si sono svolte nel territorio isontino e a Trieste. La nuova fiction targata Pepito Produzioni e RAI, è diretta dal regista goriziano Matteo Oleotto, a destra nella foto accanto al direttore di iMagazine Andrea Zuttion.
▲ Udine – Nella “Giornata internazionale della lingua madre” l’ARLeF (Agjenzie Regjonâl pe Lenghe Furlane), per mezzo del suo presidente Eros Cisilino, ha deciso di premiare il giovane studente Patrick Romanin di Forni Avoltri, con una targa speciale per il suo appassionato lavoro presentato all’esame di diploma della scuola Secondaria di 1° grado, sostenuto nel giugno del 2018 (ora Patrick frequenta il Liceo Classico a Tolmezzo), dedicato al poeta friulano Pierluigi Cappello.
▲ Venezia – Il 29 gennaio scorso il nostro redattore Vanni Veronesi ha discusso la tesi al termine del suo Dottorato di ricerca triennale in Scienze dell’Antichità (indirizzo filologico) presso l’Università Ca’ Foscari. Vanni, che si è occupato di geometria e numerologia greca nell’opera latina di Marziano Capella (De nuptiis Philologiae et Mercurii, V sec. d.C.), ha ottenuto la lode per la sua ricerca.
▲ Udine – Foto di gruppo degli studenti dei corsi di laurea magistrale in Economia Aziendale e in International Marketing Management and Organization dell’Università di Udine che hanno partecipato alla quarta edizione del Laboratorio di Strategie e Politiche per l’Azienda del Dipartimento di Scienze Economiche e Statistiche dell’ateneo friulano, in collaborazione con Confindustria Udine. In questa edizione sono stati coinvolti gli imprenditori e il top management di cinque aziende associate a Confindustria Udine: si tratta di Andrea Moro (Technological System by Moro), Federico Olivo (Vistra), Dino Feragotto (Led Luks), Fabrizio Grion (Metlab) e Elio Cecconi (Multiservizi Galileo Società Consortile).
▲ Trieste – Il nuovo console generale della Repubblica di Serbia, Ivana Stojiljkovi , è stato ricevuto in municipio dal sindaco di Trieste Roberto Dipiazza. Nel corso dell’incontro sono stati toccati vari temi di natura economica e culturale e ribadite le ottime relazioni che da sempre caratterizzano i rapporti con la Comunità serba presente a Trieste. Al termine dell’incontro, Dipiazza ha offerto in dono al Console lo Stemma con l’Alabarda del Comune di Trieste.
▲ Fiumicello – Il negozio Calzature Pozzar ha festeggiato i 100 anni della propria Licenza d’Esercizio Italiana, rilasciata dopo la Grande Guerra al posto della preesistente Licenza d’Esercizio Austriaca. Quest’ultimo documento è andato smarrito nel corso del tempo, ma una fattura d’acquisto del 1913 testimonia che il negozio ha più di 100 anni. Nella foto da sinistra Mario Pozzar e la moglie Mariucci, titolari dal 1977 al 2005, Rosanna e Dario Pozzar, attuali titolari.
È possibile inviare le proprie lettere e i propri commenti via posta ordinaria (iMagazine – via Aquileia 64/a – 33050 Bagnaria Arsa-UD), oppure via e-mail (redazione@imagazine.it).
▲ Udine – Consegnati i Premi Friul-Etica per il 2018 ad Attilio Maseri, Mara Navarria (impegnata a Doha in una gara ha ritirato il premio il padre Diego), il giovane trapiantato Efrem Trevisan e, alla memoria, a Mario Toros. Presenti alla cerimonia il presidente del Consiglio regionale del FVG, Piero Mauro Zanin, l’assessore comunale di Udine, Elisa Asia Battaglia, la dirigente scolastica dell’Istituto Stringher (che ha ospitato l’evento) Anna Maria Zilli, il rappresentante della Fondazione Friuli, Flavio Pressacco, il dirigente dell’AIDO, Daniele Damele, l’onorevole Ivano Strizzolo, il rappresentante di Federmanager, Antonio Pesante.
▲ Trieste – “Oltre quella sedia”, onlus triestina di promozione sociale, sostegno ai disabili e sensibilizzazione culturale intorno alla disabilità fisica e intellettiva, ha vinto il Premio OPI per Trieste, il bando per buone pratiche socio-sanitarie promosso da OPI, l’ordine delle Professioni Infermieristiche di Trieste. L’assegnazione è stata decisa dalla commissione del Premio, composta da Andrea Cassone, presidente di giuria e segretario di OPI Trieste, con Giulia Gerebizza, consigliere del gruppo formazione, e Cecilia Trotto, responsabile del Gruppo Immagine.
▲ Udine – Sono sei i volontari del Servizio civile che hanno iniziato il loro percorso all’Università di Udine nell’ambito dei tre progetti approvati e finanziati dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri. I giovani, cinque donne e un uomo di età compresa fra i 22 e i 28 anni, lavoreranno nelle strutture dell’ateneo per un anno, con impegno settimanale di trenta ore e un assegno mensile di 433,80 euro. Si tratta di Serena Tosoni (di Pinzano al Tagliamento), Serena Miconi (di Udine), Noemi Montanaro (di Pagnacco), Sara Adorinni (di Buia), Assunta Pettrone (di Pignataro Maggiore) e Filippo Radina (Udine).
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L’ANALISI
EFFETTO DUNNING-KRUGER Rubrica di Paolo Marizza
Io so che tu sai che io non so
La mancanza di conoscenza su un argomento rende le persone incapaci di riconoscere quanto non capiscono. Nell’era delle distorsioni cognitive di massa, la conseguenza può essere drammatica.
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Di questi tempi i ricercatori Dunning e Kruger della Cornell University troverebbero molte ulteriori conferme dell’effetto studiato già nel 1999 che prende il loro nome. Secondo l’effetto Dunning-Kruger le persone che sanno molto poco di qualcosa hanno più probabilità di sentirsi come se ne conoscessero molto, perché la loro mancanza di conoscenza su un argomento le rende incapaci di riconoscere quanto non capiscono. Dunning e Kruger fecero ricerche per dimostrare come, per qualche ragione, gli umani che non sanno molto di un argomento hanno una grande tendenza a ritenere la loro comprensione “al di sopra della media”. I due ricercatori avevano peraltro individuato illustri precedenti a sostegno del fenomeno secondo il quale l’ignoranza genera maggiore fiducia che la conoscenza: secondo Charles Darwin e Bertrand Russell chi afferma di sapere è stupido, mentre quelli con immaginazione e comprensione sono pieni di dubbi e di indecisioni. Anche Shakespeare sosteneva che il saggio sa di essere stupido e lo stupido, invece, crede di essere saggio. Socrate, ancora, affermava che il sapere sta nella consapevolezza di non sapere. In tempi più remoti Confucio affermava che la vera conoscenza consiste nella consapevolezza dell’estensione della propria ignoranza.
Partendo da questi presupposti, i due ricercatori condussero empiricamente molti test e sperimentazioni per sostenere e validare quanto affermavano. I risultati di Dunning e Kruger sono stati replicati in almeno una dozzina di domini diversi: abilità matematiche, degustazione di vini, scacchi, conoscenze mediche tra i chirurghi, sicurezza e utilizzo delle armi da fuoco tra i cacciatori, conoscenze informatiche tra i programmatori, ecc. Di volta in volta, a prescindere dai soggetti e dagli ambiti interessati, i risultati dei test evidenziavano che le persone meno performanti classificavano la loro competenza molto più alta. In media, i candidati che totalizzavano punteggi inferiore al 10° percentile si auto classificavano intorno al 70° percentile: quelli che meno sapevano di cosa stavano parlando credevano di sapere quanto gli esperti. Ad esempio, ai negatori del cambiamento climatico la superficiale conoscenza della scienza sottostante consente loro di assolutizzare la certezza che il cambiamento climatico mondiale è una bufala e che certamente non c’è nessun riscaldamento globale. Il gap di conoscenza e di consapevolezza dello stesso è spesso così ampio da non indurre al dubbio, proprio perché non sapendone abbastanza non si è in |
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grado di riconoscere i pezzi mancanti del paradigma. Sfortunatamente, la scarsa conoscenza scientifica dei negazionisti è maggiore della “quantità” di conoscenza del fenomeno climatico conosciuta dal pubblico più consapevole. Si potrebbe continuare con le conseguenze degli antibiotici o con il viaggio sulla Luna. L’effetto Dunning-Kruger è quindi una distorsione cognitiva che determina in coloro che non sanno la falsa convinzione di competenza e, al contrario, nei più saggi una scarsa fiducia nelle proprie conoscenze. Da Confucio in poi si tratta di un fenomeno che ha sempre caratterizzato l’uomo, ma che mai come ora, in particolare a causa dei social media e della possibilità di accesso alle fonti di informazione più disparate e non validate, ha avuto una così vasta diffusione. I tuttologi dilagano nel web: aumenta il numero di coloro che, spesso caduti ingenuamente in una bufala o del tutto privi di informazioni affidabili, si gettano a capofitto nei social ostentando certezze e assurdità di ogni genere. Purtroppo, per via dell’ignoranza estesa, queste notizie assumono a volte credibilità arrivando addirittura ad acquistare risonanza nazionale e internazionale. I due ricercatori sostengono che l’effetto è particolarmente preoccupante quando qualcuno con influenza o mezzi per comunicare non trova contraltari che possano mettere in discussione con onestà intellettuale i diversi punti di vista e, figuriamoci, argomentare per far riconoscere i propri errori. Ad esempio, i ricercatori hanno registrato diversi incidenti aerei che avrebbero potuto essere evitati se nell’equipaggio non ci fosse stato un pilota troppo sicuro di sé. Cosa succede quando in situazioni di carenza di basi di conoscenza non si è disposti ad ammettere di esserne in difetto o di avere visioni parziali di un fenomeno? Quando si è così sicuri della propria posizione e percezione che si rifiuta l’idea stessa di apertura all’ascolto e al miglioramento? Le ricerche di Dunning e Kruger mostrano che i più poveri di conoscenze sono anche i meno inclini ad accettare le critiche o i meno interessati al miglioramento personale. E non è un fenomeno “classista”: riguarda tutte le categorie sociali, in quanto gli sviluppi esponenziali del sapere sia negli ambiti delle scienze esatte che delle scienze umane rendono velocemente obsolete le conoscenze apprese solo un anno prima. È interessante notare che, per quanto ho potuto vedere, queste ricerche non abbiano suscitato
analisi e discussioni sulle implicazioni dei risultati sulle dinamiche sociali e politiche nelle democrazie, almeno in quelle rappresentative. I cittadini, che sono ragionevolmente e inevitabilmente “disinformati” sulla maggior parte delle questioni di cui il governo si occupa, se non riconoscono il fatto che non sono informati diventano facili prede di manipolazioni. E se decisioni e votazioni, referendarie o elettive, sono più simili al ragionamento logico che ai dibattiti sul calcio, non si può sperare in un processo decisionale razionale da parte dei cittadini, tantomeno in decisioni razionali non informate. Diventa veramente difficile prendere orientamenti e decisioni razionali non informate dal momento che non si è informati e consapevoli del proprio livello di disinformazione. Si manifesterebbero orientamenti e decisioni per credere che si capiscono le cose che non si conoscono, nella rassicurante certezza che il proprio giudizio sia basato su fatti e ragionamenti quando in realtà si basa su passa parola e superficialità amplificate dalle nuove tecnologie dell’informazione. Pregiudizi subconsci, stereotipi, consuetudini e reiterazioni di messaggi rassicuranti per la loro immediata fruibilità e banalità orientano la formazione di propri “gruppi di affi nità”, molto spesso autoreferenziali. Non piace sentirsi dire cose che non si vogliono sentire. Anche lo status sociale esercita un ruolo: c’è il bisogno di sentirsi in qualche modo superiori agli altri per mantenere il proprio senso di autostima. Di conseguenza, qualcuno più informato che dice cose complicate che implicano fattualità scomode, ma accurate, non piacerà a nessuno. L’effetto Dunning-Kruger nella nostra epoca rischia di avere una magnitudo e impatti incomparabili rispetto alle epoche passate in cui era già stato preconizzato: da Confucio a Bertrand Russel. È una situazione sfortunata per le giovani e future generazioni. La politica, in particolare la democrazia, richiede sì che le persone siano coinvolte, ma anche e soprattutto di fornire gli strumenti per la crescita personale e professionale, di creare le condizioni per un sistema educativo che formi a imparare e a reimparare per favorire l’autonomia di giudizio e l’onestà intellettuale del confronto. Paolo Marizza Co-founder di Innoventually e docente DEAMS-UniTS |
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ALLA SCOPERTA DI...
EBERARDO DEL FRIULI Servizio di Vanni Veronesi
Il marchese
mediatore
Dopo la morte di Carlo Magno, l’impero è vittima delle spinte centrifughe dei suoi tanti, troppi eredi. A muoversi abilmente fra imperatori, sovrani e vescovi c’è solo Eberardo del Friuli, vero e proprio garante dell’unità carolingia: un uomo dotto che radunerà una biblioteca vastissima. E che non esiterà ad accogliere eretici e fuggiaschi nel nome della cultura.
Il contesto storico
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Nell’811 d.C., tre anni prima di morire, Carlo Magno detta il suo testamento. Fra i testimoni spicca Unroch II, fedele compagno di tante avventure militari in giro per l’Europa: a lui spettano ampi territori nel Ducato del Friuli, appena sottratto ai Longobardi. Carlo conosce bene questa regione: pochi anni prima, alla corte di Aquisgrana, ha accolto il musico Paolino di Aquileia e il cividalese Paolo Diacono, celebre autore della Historia Langobardorum («Storia dei Longobardi»). Ed è proprio ad Aqui-
sgrana, in quel cenacolo di intellettuali passato alla storia come Schola Palatina, che in quegli anni si sta formando una nuova cultura di respiro europeo, sotto la guida del grande Alcuino di York. L’idea è tanto semplice quanto geniale: in tutti i territori del Sacro Romano Impero, da Amburgo a Benevento, viene imposta una sola liturgia per la messa, una sola scrittura (la cosiddetta ‘minuscola carolina’, ‘nonna’ del nostro Times New Roman), una sola lingua latina standard, finalmente depurata dai localismi, e un solo modello educativo per le classi dirigenti, basato sulla progressione dal ‘trivio’ (grammatica, retorica, dialettica) al A fianco: antiche strutture nei pressi dell’abbazia di Cysoing, oggi completamente scomparsa: in questi luoghi, oltre che in Friuli, ha vissuto e operato Eberardo, che proprio nell’abbazia di Cysoing verrà traslato dopo la sua morte (ph. Xederma). Sopra: Modena, Archivio Storico Diocesano, ms. O.I.2, f. 154v: la miniatura, tratta dal Liber legum confezionato da Lupo di Ferrieres per Eberardo del Friuli, rappresenta Carlo Magno (seduto sul trono) in dialogo con il figlio Carlomanno, detto Pipino, morto prima di lui nell’810.
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A fianco, partendo dall’alto: - l’impero attorno all’828 (in rosso). - l’impero dopo il trattato di Verdun (843 - in viola) e dopo il trattato di Prüm (855 - in rosa).
‘quadrivio’ (aritmetica, geometria, astronomia, musica). L’attuazione di questo vasto programma culturale passa soprattutto per i monasteri, i veri custodi del sapere antico: da Corbie a Bobbio, da Lorsch a Nonantola, da Reichenau a Montecassino, l’epopea degli scriptoria contribuirà a salvare gli autori latini consegnandoli fino ai giorni nostri. Ma almeno in un caso passa anche per una biblioteca privata: quella di Eberardo del Friuli, figlio del già citato Unroch II, originario della città francese di Cynoing.
Il colto mediatore
Morto Carlo Magno e ritiratosi a vita monastica Unroch II, i rispettivi figli mantengono saldi i rapporti familiari: dopo le scorrerie dei Bulgari in Pannonia (828), l’imperatore Ludovico il Pio affiderà proprio a Eberardo la riorganizzazione del Friuli in marca. Il nome di questa nuova entità politica la dice lunga: marka, in lingua germanica, significa ‘confine’, e il Friuli (che in quest’epoca comprende anche l’Istria) è appunto l’ultimo baluardo dell’Italia, uno dei vari regni che formano il Sacro Romano Impero. Consapevole dell’enorme responsabilità, Eberardo non si accontenta di riorganizzare l’esercito per sbarrare la strada ai possibili invasori: già nell’830 è infatti dedicatario del Liber legum, il «Libro delle leggi» vergato per lui da Lupo di Ferrieres, uno dei massimi intellettuali dell’epoca. È la prova del riassetto politico del Friuli, ma anche dei rapporti internazionali che Eberardo sta tessendo, da buon allievo di quella Schola Palatina che cercherà, nel suo piccolo, di replicare per tutta la vita: di qui il suo amore per la letteratura, che lo porterà a frequentare i più importanti scrittori del tempo, da Lupo di Ferrieres al poeta Sedulio Scoto, che sottolinea come Eberardo puerilibus annis almae sophiae sacra fluentia bibit, «fin dagli anni della fanciullezza bevve le sacre acque della sapienza». Fra i suoi amici spicca anche Rabano Mauro, autore del De laudibus sanctae crucis, una raccolta di poesie sacre ideate in modo tale da creare un nuovo componimento con una parte delle lettere disposte dentro un’immagine, secondo l’antica tecnica grecoromana del calligramma (vd. scheda “Per saperne di più”). È questo l’orizzonte culturale, e quindi politico, di Eberardo: un’Europa che tenga insieme Cristianesimo ed eredità classica, sotto l’egida dell’Impero costruito da Carlo Magno. La dialettica fra imperatore e sovrani, tuttavia, non è affatto piana: la scalata al potere, nel mondo carolingio, anima tutti i principali attori della politica. Fa eccezione proprio il marchese del Friuli, fedele a quell’idea di unità e armonia appresa ad Aquisgrana: così, quando il re d’Italia Lo|
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Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, ms. Regin. Lat. 11, ff. 21v-22r: le prime due pagine del Salterio ‘doppio’, molto probabilmente appartenuto a Eberardo del Friuli ed ereditato dal figlio Unroch. Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, ms. Regin. Lat. 11, f. 236v: alla fine del Salterio ‘doppio’ appare il nome EVVRARDUS (nella foto evidenziato in colore diverso). Se il manoscritto è appartenuto effettivamente a Eberardo, questa potrebbe essere la sua nota di possesso.
tario I, figlio di Ludovico il Pio e di fatto ‘co-imperatore’, entra in collisione con il padre per questioni amministrative, il mediatore non può che essere Eberardo. E quando, alla morte di Ludovico il Pio (840), Lotario I ne eredita il titolo, a negoziare fra l’imperatore e i suoi familiari c’è nuovamente Eberardo, uno dei registi dell’accordo di Verdun (843): l’Italia e il titolo imperiale vanno a Lotario I, le regioni tedesche passano al fratello Ludovico il Germanico e la Francia è assegnata al fratellastro Carlo il Calvo, di cui Eberardo sposa la sorella Gisella. Nell’855 Lotario I, ormai molto malato, si ritira in convento: con i nuovi accordi di Prüm entrano quindi in scena i figli Carlo, a cui viene concessa la Provenza, e Lotario II, a cui va un territorio esteso dalla Svizzera ai Paesi Bassi passando per la Francia orientale, e Ludovico II, che diventa imperatore e re d’Italia, mentre Ludovico il Germanico e Carlo il Calvo mantengono i loro precedenti territori.
Relazioni pericolose
Parigi, Biblioteca Nazionale, ms. Lat. 5411, f. 124r: i monaci dell’Abbazia di San Clemente a Casauria (Pescara) omaggiano l’imperatore Berengario, figlio di Eberardo del Friuli.
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L’ideale unitario di Eberardo si riflette anche in campo religioso. Da avido lettore dei padri della Chiesa, il marchese del Friuli sa che la dottrina è materia in movimento: attorno all’846 non si fa quindi problemi ad accogliere il monaco Gottschalk il Sassone, già da tempo in odore di eresia per la sua tesi della predestinazione. Secondo Gottschalk, la salvezza e la condanna nella vita eterna sono già stabilite da Dio, in un disegno imperscrutabile che Cristo sarebbe venuto ad annunciare non a tutti, bensì a pochi eletti in grado di comprenderlo, gli unici per i quali si sarebbe sacrificato morendo sulla croce: una teoria ferocemente osteggiata da Rabano Mauro, che farà pressioni sull’amico Eberardo per chiedergli di non ospitare più tale scandalum, ma al marchese friulano non sfugge il fatto che queste idee siano già presenti in S. Agostino e S. Isidoro di Siviglia. Ci vorranno due concili e relative condanne per sottrarre Gottschalk, con la forza, all’ala protettrice di Eberardo, ma ormai tutti i fuggiaschi sanno che il Friuli è luogo sicuro: nell’849 arriva infatti ad Aquileia il coltissimo Anastasio, detto il Bibliotecario per il suo incarico alla corte vaticana, scappato da Roma e poi scomunicato per ragioni tuttora misteriose. Anastasio è uno dei pochissimi, nell’Europa di allora, a conoscere il greco e ad avere accesso diretto al mondo
bizantino: non è dato sapere se il suo futuro reintegro nella chiesa di Roma come traduttore di opere greche sia anche opera di Eberardo, ma di certo l’appoggio del marchese friulano non verrà mai meno.
Il testamento
Dopo gli accordi di Prüm dell’855 e una serie di spedizioni militari contro Saraceni, Mori, Slavi e Normanni, Eberardo può godersi il meritato riposo. Attorno all’863, a Musestre sul Sile, redige il testamento assieme alla moglie Gisella: fra le tante disposizioni a favore dei loro nove figli, spiccano quelle relative alla divisione della poderosa biblioteca, composta da quasi 50 volumi, un numero immenso per un laico del medioevo. Troviamo testi patristici, svariati messali e salteri (raccolte di Salmi), le Storie di Orosio (un allievo di Agostino), biografie di santi, un volume del suo vecchio maestro Alcuino di York, libri di storia, geografia, giurisprudenza, medicina e scienze naturali. A Unroch, il primogenito, spetta un
Per saperne di più - Un carme figurato di Rabano Mauro Roma, Biblioteca Apostolica Vaticana, Regin. Lat. 124: al foglio 4v il manoscritto riporta un calligramma di Rabano Mauro dedicato all’imperatore Ludovico il Pio, figlio di Carlo Magno e amico di Eberardo del Friuli. All’interno del rettangolo blu ogni riga forma un verso (si veda il primo, in alto: Rex regum, dominus mundum dicione gubernans, «Re dei re, signore che governi il mondo con l’autorità»); all’interno della poesia, le lettere che formano l’immagine formano a loro volta altri versi. Aureola (in senso orario): Tu, Hludovuicum, / Christe corona, «Tu, o Cristo, incorona Ludovico».
trattato romano di arte militare, il Liber legum che Lupo di Ferrieres aveva confezionato per Eberardo nell’830 e un eccezionale Salterio che molti studiosi identificano nell’attuale codice Reginense latino 11, conservato alla Biblioteca Vaticana. Il manoscritto è ‘doppio’: sulla pagina di sinistra è riportata la traduzione latina dei Salmi compiuta da S. Girolamo a partire dal testo greco (la cosiddetta ‘Bibbia dei Settanta’), mentre su quella di destra è trascritta un’altra versione latina dei Salmi, sempre realizzata da S. Girolamo, ma stavolta a partire dal testo ebraico. Al secondogenito Berengario, nato a Cividale nell’850 circa, va invece un salterio scritto in lettere d’oro e il De civitate Dei («La città di Dio») di S. Agostino, l’opera politico-religiosa più importante del medioevo latino: forse un presagio del futuro destino di Berengario, che diventerà prima marchese del Friuli (874), poi re d’Italia (888) e infine, come Carlo Magno, addirittura imperatore (915). Quasi un premio post mortem alla lealtà politica del padre Eberardo.
Imperatore (dalla testa ai piedi): Iesu Christe tuum vertice signum / Augusto galeam conferat almam / invictam et faciat optima dextram. / Virtus, Iesu, tua detque triumphum / iusto iustitiae induat atque / lorica placitum semper amicum, / quam nullus iaculo proterat hostis, / sed firmum maneat Caesaris omne / ac tuum imperium omne per aevum. / Sicque eius sobolis laeta propago / succedens maneat sceptra tenendo, / donec secla sua iura tenebunt / et terrae solidus permanet orbis, / Christe, dum memoret nomen ubique / et verbum Domini praedicet ultro, «Gesù Cristo, il tuo segno attribuisca al capo dell’Augusto un elmo sacro e renda la sua mano destra invincibile. Gesù, la tua ottima virtù conceda il trionfo all’uomo giusto e rivesta sempre l’amico devoto come una corazza che nessun nemico riesca ad abbattere con una lancia; rimanga saldo, invece, tutto il potere tuo e di Cesare, fino alla fine del tempo. E così la lieta discendenza della sua stirpe, succedendosi, rimanga salda nel tenere lo scettro, finché le sue leggi domineranno i secoli e l’orbe solido della terra rimarrà in vita, fino a quando essa ricordi ovunque il nome tuo, o Cristo, e celebri ancora il verbo del Signore». Croce (dall’alto al basso): In cruce, Christe, Tua victoria vera salusque / omnia rite regis, «Nel segno della Tua croce, o Cristo, regni saldamente su ogni cosa, tu che sei vittoria e vera salvezza». Scudo (dall’alto al basso): Nam scutum fidei depellit tela nefanda, / protegit Augustum clara tropaea parans / devotum pectus divino munere fretum / illaesum semper castra inimica fugat, «Infatti lo scudo della fede respinge le armi nefande, e il petto devoto, mosso dal dono divino, protegge Augusto procurandogli illustri trofei e mette in fuga, sempre incolume, gli eserciti nemici». |
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VIAGGI E METE
L’ISOLA DI UNIJE Servizio e immagini di Michele Tomaselli
Una perla nell’Adriatico
Il profumo dell’elicriso, il mare cristallino, le insenature, le scogliere a picco sul mare, lunghi muri a secco: ingredienti di una vacanza perfetta all’insegna di relax e avventura
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Esistono delle isole da scoprire, luoghi dove la modernità e la tecnologia faticano ad arrivare, nonostante ci siano solo pochi chilometri a separarle dall’Italia. I nostri occhi sono puntati sull’arcipelago chersinolussignano, a sud della penisola istriana, dove si distingue un’isola su tutte che è Unije. Qui l’esistenza scorre lenta, scandita dall’alba e dal tramonto, al ritmo di gesti e tradizioni dettati dalla vita del mare e dalla presenza di una macchia mediterranea incontaminata. Le strade sono quelle di un tempo e le autovetture sono bandite: camminare e andare in barca diventano i modi migliori per trascorrerci una vacanza. Il suo unico villaggio, adagiato sotto il monte Kalk, è costellato da strade che s’inerpicano tra il verde degli uliveti e dei querceti. Questo abitato prende il nome della stessa isola ed è costitui-
to da un centinaio di case, forse duecento o poco più: decisamente troppe - si potrebbe dire - per ospitare un’ottantina di residenti fissi. Ma il nostro dubbio è presto fugato, perché agli inizi del Novecento questo paesello di pescatori era popolato da più di 800 persone, mentre in seguito, a causa di emigrazioni negli Stati Uniti, buona parte dei suoi abitanti si trasferì a New York alla ricerca di condizioni di vita migliori. Impossibile raccogliere testimonianze sulla vicenda, mentre scopriamo che qui ancora sopravvive il ricordo della dominazione italiana, quando l’Istria faceva parte del Regno d’Italia. Tutt’oggi ne è prova il dialetto parlato, anche se contiene influssi di altre lingue, derivate dagli Stati che hanno controllato l’isola: da Venezia all’Impero Ottomano, dall’Italia alla Jugoslavia, fi no all’odierna Repubblica croata. Inoltre, in tempi più recenti, Sopra in apertura,l’arrivo in nave all’isola di Unije, con la vista del
suo grazioso villaggio; di fianco, la spiaggia adiacente al molo di attracco, vicino alla konoba. Pagina accanto in basso, veduta del villaggio di Unije dalla penisola di Polje.
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è stato reintrodotto l’insegnamento dell’alfabeto glagolitico nella piccola scuola elementare, oggi frequentata da appena 3 bambini. L’antico logogramma del popolo slavo nacque dalla stilizzazione dei caratteri corsivi greci verso la metà del IX secolo, grazie al suo creatore San Cirillo. Così, appena sbarcati, non è fuori luogo vedere una scritta incomprensibile sul molo, che ci dicono significare proprio Unije in glagolitico. Di sicuro suscita la curiosità dei turisti che qui arIl molo di attracco, punto d’arrivo nell’isola rivano sempre più numerosi alla ricerca di strutture ricettive; ed è per questo motivo che molte delle antiche abitazioni sono state rimodernate, preservando le caratteristiche costruttive tipiche dell’isola. Come la dislocazione urbanistica, distribuita parallelamente al porto, con la forma di un anfiteatro a mezza luna, mantenendo peraltro la flora locale come il rosmarino, i fichi e le palme. Non c’è da stupirsi se nei mesi di luglio e agosto l’isola si riempie, dando ospitalità a più di cinquecento persone tra emigrati e diversi turisti alla ricerca di relax e natura in mezzo al profumo dell’elicriso, al mare cristallino e alle insenature. Queste casupole di pietra e legno non hanno neanche l’acqua corrente e possono contare solo sulle cisterne di acqua piovana. Analogamente ci Punta Vnetak e il suo caratteristico faro sono i serbatoi pubblici che vengono riforniti periodicamente con una grossa nave cisterna. Una L’arrivo di un pescatore al molo di attracco sicurezza in più, ci dicono, per far fronte ai lunghi periodi di siccità. Per questo motivo bisogna preservare le risorse idriche, evitando il più possibile gli sprechi. Difficile vivere qui, anche perché Unije è molto isolata: lo sanno bene i pochi giovani residenti che per proseguire gli studi devono recarsi fi no a Lussino, una volta terminata la scuola elementare. Ogni mattina li attende una lunga traversata in nave di oltre un’ora. Al ritmo lento del camminare, nelle vie del borgo scopriamo la presenza della chiesa di Sant’Andrea col suo alto campanile, un market,
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La scritta in glagolitico - l’antico logogramma del popolo slavo - sul molo di attracco
Una delle tante tipiche case del villaggio
una posta, un panificio e una pasticceria che funge da punto di ritrovo; mentre per dormire individuiamo numerose guest house. Viceversa per gustare i sapori del mare ci sono due ristorantini: la konoba in riva al mare, dove è possibile gustare il pescato del giorno e godere del tramonto, e il consigliatissimo locale (anche affittacamere) di Romanela Gicić, ubicato in mezzo a un intricato dedalo di viuzze e case di pietra, in un suggestivo insieme di nicchie e rientranze. Qui vengono preparati piatti di pesce, ma anche grigliate di carne e magari la nota cucina alla peka (sotto la campana), il piatto più famoso del litorale: un arrosto che si prepara con carne o pesce e verdure varie in una teglia con coperchio a campana, il tutto cotto sulle braci. Ma a Unije ci sono anche una biblioteca con annesso centro di lettura, un piccolo aeroporto per voli privati e commerciali (che collega Unije all’aeroporto di Lussinpiccolo, anche se attualmente è chiuso fi no a data da destinarsi) e una piccola infermeria per l’assistenza medica di base, anche se per curarsi è spesso necessario spostarsi sulla vicina isola di Lussino, utilizzando una barca a motore, sempre pronta in caso di emergenze. Questi edifici isolani sorprendono perché sono più larghi che lunghi, orientati verso ovest, non hanno spioventi e presentano dalle tre alle sei finestre sul lato verso il mare. Ma anche il porto 24
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ha una sua particolarità e così in caso di brutto tempo costringe le navi a ripiegare nella baia di Maračuol, nella parte orientale dell’isola, poiché non sarebbe sicuro attraccare dinnanzi al paese, in mare aperto. Nel bel mezzo di questa insenatura di ripiego si trova l’ex fabbrica per la lavorazione delle sardine e dei calamari, che all’epoca del Regno d’Italia prendeva il nome di “Arrigoni”. Un’industria che ha funzionato fi no al 1963 e che dava lavoro a oltre 60 persone fi ntantoché fu trasformata in una caserma di frontiera dell’ex esercito jugoslavo. Poco fuori dall’abitato, invece, si trova una spiaggetta dedicata agli amanti dell’abbronzatura integrale, celata tra gli scogli e a cui si accede attraverso un sentiero non proprio agevole. Una folta vegetazione la ricopre di alberi e spianate di lavanda e rosmarino. Al profumo delle erbe aromatiche si aggiunge un mare trasparente e cristallino, ideale per tuffarsi e fare snorkelling. La conformazione rocciosa dell’isola rende l’acqua subito molto alta e, grazie all’assenza di sabbia, consente una limpidezza del mare fuori dal comune. Il fondo è ben visibile anche a profondità di trenta o quaranta metri e i suoi colori variano dall’azzurro cristallino al verde al bianco. Ma le meraviglie non sono fi nite qui. A sudovest del villaggio si trova la piccola penisola di Polje, una striscia di terreno molto fertile (grazie a una sorgente di acqua) che lambisce la punta Vnetak, luogo dove si trova il caratteristico faro. Una radura che peraltro off re il pascolo a numerosi animali tra pecore, capre, cavalli e vacche, ma ci stazionano pure fagiani, pernici e lepri. È qui che conosciamo Robert Nikolić, rappresentante dell’amministrazione locale, nonché referente del presidio Slow Food. Faccia larga, sguardo affabile, ci racconta che dopo anni trascorsi in mare come capitano di lungo corso e dopo aver fatto perfi no parte della Nazionale croata di pesca subacquea, ha deciso di ritornare sulla sua isola, ristrutturando l’antica casa paterna. Qui vive con la moglie e con i due figli. Ci propone di accompagnarlo nell’harem di vacche e vitelli della piana di Polje. Saliti su un carrello e trainati da un trattorino borbottante, da lui stesso guidato, ci avviciniamo alla mandria mansueta di “boscarin”, ovvero i bovini istriani della razza podolica, un tempo diff usi fi no al Friuli, e che Robert ci spiega oramai ridotta a una reliquia genetica. Mentre gli dà da mangiare ci svela che nell’attuale territorio istriano ce ne sarebbero poco più di duecento, a differenza degli inizi del XX secolo, quando invece rag-
Robert Nikolić, rappresentante dell’amministrazione locale, vicino alla mandria mansueta di “boscarin”, ovvero i bovini istriani della razza podolica.
giungevano le sessantamila unità. Un tempo il “boscarin” era indispensabile non solo per il latte e la carne, ma anche perché veniva utilizzato come mezzo di trazione animale per la lavorazione dei campi. La reintroduzione del “boscarin” sull’isola è opera sua e, sempre grazie a lui, si è riprodotto in quasi quaranta unità. Un successo inaspettato, anche perché la carne dei capi allevati è richiesta da diversi ristoratori croati. Ma non è tutto: ci spiega che l’altro risultato ottenuto riguarda il recupero degli ulivi abbandonati dell’area meridionale di Unije, ai piedi dei pendii pietrosi del monte Kalk, grazie agli investimenti della curia e di diversi privati. Anche le feste hanno rivitalizzato l’isola. Ogni 30 novembre – ma è bene accertarsene perché lo svolgimento dipende dal tempo – in occasione della festa del patrono di San Andrea, il team locale di Slow Food organizza la “Lignjada”, gara di pesca ai calamari a cui partecipano non solo barche locali, ma anche svariati turisti provenienti dalla Slovenia e dall’Italia. Il tutto si conclude con la mangiata dei calamari raccolti (di solito 60 chili) senza dover pagare una kuna. Che cosa volere di più? Magari fare una passeggiata in stile wilderness. Così, decidiamo di addentrarci nell’isola. Dal paese ci sono più sentieri. Uno sale sulla collina e poi scende nella baia di Maračuol, l’altro
– quello di sinistra e che prendiamo – compie il periplo meridionale dell’isola arrivando alla punta Arbit prima e alla baia di Maračuol poi. L’inizio del trekking avviene nei pressi di un cimitero. Spinti dalla curiosità, lo visitiamo; all’interno ci sono delle tombe che riportano cognomi italiani, uno dei quali è Nadalin, diffuso anche nella bassa friulana. Successivamente, superiamo l’aeroporto, una fattoria e, dopo 40 minuti di cammino tra gli uliveti, arriviamo alla punta meridionale. Davanti a noi un grande spettacolo. Si vedono le isole Canidole (Grande e Piccola, Vele e Male Srakane), Sansego (Susak) e l’isola di Lussino (Lošinj). Continuiamo lungo i muretti a secco e poi in riva al mare con i piedi nell’acqua. Il sentiero è incerto, ma dopo diversi chilometri arriva alla baia di Maračuol, unendoci al percorso che proviene dal villaggio. Sopra di noi si trova una piccola cappella, da dove si osserva una vista magnifica sull’arcipelago. Un paesaggio incantevole che si adombra lungo la vecchia strada romana che raggiunge la spiaggia di ciottoli della baia di Goligna, punto estremo a nord dell’isola. Un luogo ideale per nuotare e concludere la vacanza. Ora il viaggio è davvero fi nito, ma la mente è già alla prossima avventura…
Michele Tomaselli sulla nave verso Lussino
Come raggiungere l’isola di Unije Unije, come le isole di Ilovik e di Susak, è raggiungibile con una linea giornaliera di navi da Lussino o con frequenza saltuaria, tramite gli aliscafi, da Fiume.
Michele Tomaselli
Quando andare Il periodo migliore per vistarla è tra maggio e settembre. |
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PERSONAGGI
ALEXANDER GADJIEV Intervista di Margherita Reguitti Immagini di Shahriyar Farshid
Goriziano d’Europa
Padre russo e madre slovena. Ma nato e cresciuto a Gorizia. Ora, tra i pianisti emergenti della scena internazionale, vive a Berlino. «Non solo musica classica: amo jazz e rock progressive». Ma a fine marzo ritornerà nella sua città sulle note di Mozart.
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Il pianista goriziano Alexander Gadjiev, 24 anni, è uno dei giovani interpreti che si sta imponendo sulla scena internazionale. La sua formazione musicale è iniziata in famiglia, i suoi genitori infatti sono entrambi pianisti e docenti. I primi tocchi alla tastiera accanto alla mamma Ingrid e poi con il padre Siavush che lo ha preparato da privatista al diploma conseguito al Conservatorio di Trieste, seguito da 4 anni di studio a Salisburgo. Oggi vive a Berlino e viaggia nel mondo per esibirsi in importanti teatri e sale da concerto, ma anche per partecipare e vincere concorsi fra i più prestigiosi. Da Gorizia a Berlino nello spirito della cultura mitteleuropea? «Mi sento fortemente mitteleuropeo e convinto europeista e spero che questi valori che si rifanno a uno spirito contemporaneo ma anche di inizio Novecento possano continuare a vivere e crescere. Del resto le mie radici sono oltre i confini essendo mia madre slovena e mio padre russo. Fino a 19 anni ho vissuto a Gorizia, città crocevia di culture. Ho la fortuna di conoscere diverse lingue, oltre all’italiano e allo sloveno, il russo, l’inglese e ora anche il tedesco. Credo che questi talenti assunti in famiglia e al liceo scientifico Duca degli Abruzzi siano aspetti importanti della mia formazione, fondamentali per il mio modo di ragionare e vedere il mondo». 26
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Recentemente è uscito il suo primo lavoro discografico dal titolo Fantasie Letterarie. «Un progetto che comprende opere di Robert Schumann e Franz Liszt, un tentativo di tradurre in musica la mia passione letteraria, mettendo in relazione intima musica e letteratura. Il repertorio è una scelta dei brani visionari a me più cari, capolavori del pianismo ottocentesco, ispirati a testi di Petrarca e di Dante, connotati da atmosfere irreali: come interprete mi permettono sperimentazioni dal punto di vista sonoro. Musica di grande ricerca ed effetto, eseguite con una spiccata cura per il suono, caratteristica che mi appartiene». Quanto incide il senso onirico e fantastico nella cura della tecnica esecutiva? «Tutto parte dalla comprensione di una scrittura e dalla componente intellettuale del musicista, ma nell’esecuzione di questo repertorio vi è un’intensa ricerca di ciò che non è scritto». Lei ha vinto importanti concorsi internazionali, confrontandosi anche con alcuni dei maestri del pianismo come Martha Argerich. Risultati che le hanno valso l’invito a esibirsi nelle grandi sale da concerto mondiali: dalla Fenice al Regio di Torino, da Tokio a Parigi, da Mosca e GeIn apertura, primo piano di Alexander Gadjiev seduto al pianoforte.
rusalemme, suonando con orchestre e direttori di fama mondiale… «Nel 2015 in Giappone mi è stato assegnato il primo premio al concorso di Hamamatsu, uno dei dieci più prestigiosi al mondo, seguito pochi mesi fa a Montecarlo dalla vittoria al World piano masters competition, vetrina riservata ai soli vincitori di altri premi. L’incontro con Martha Argerich è stato memorabile, subito dopo la semifinale mi aveva avvicinato definendomi “Extraordinaire”. Una grande emozione. Siamo in contattato, compatibilmente con i suoi molti impegni, e ci siamo rivisti anche a Parigi». Avere radici in un una piccola città come Gorizia è stato penalizzante oppure un elemento di vantaggio? «Assolutamente un vantaggio; sono cresciuto come pianista in modo lineare. Dalla piccola alla grande città come Berlino. Crescere in un territorio dove si parlano indifferentemente due lingue e si incontrano culture diverse ti fa capire meglio ed entrare in logiche culturali altrimenti sconosciute. Amo Gorizia, Trieste e tutto il Friuli Venezia Giulia, una terra bellissima dove torno sempre con grande piacere e spesso, compatibilmente con gli impegni di studio e professionali. In futuro mi piacerebbe vivere a Trieste». Genitori musicisti e pedagoghi: una molteplicità di rapporti? «Ho mosso i primi passi al piano fino ai 10 anni con la mamma, poi mi ha seguito mio papà. Il rapporto con loro non è solo affettivo e familiare, ma professionale. Mi danno consigli e mi seguono nei concerti, una complessità di scambio e relazione in evoluzione e molto importante. Mio padre nel panorama nazionale e internazionale è un didatta noto, che io anche apprezzo molto. Sono stato fortunato, nonostante la complessità del rapporto non abbia sempre reso facile combinare il tutto». Suo padre ha portato a Gorizia una ventata di novità nel panorama musicale e culturale della città. «Di questo mi sono reso conto recentemente, in occasione della mia prima masterclass in veste di insegnante al Conservatorio di Trieste, dove ho percepito che quanto seminato in me è riprodotto e comunicato ad altri. Sono felice che questa tradizione familiare continui». La sua giornata tipo? «Quando sono stabile a Berlino inizio la giornata alle 9 studiando per almeno 6 ore. Questa città offre grandi opportunità di seguire concerti con interpreti e direttori di fama. Recentemente mi sono appassionato all’opera. In questo periodo viaggio molto per lavoro e quindi le ore non dedicate alla musica sono destinate a preparare le trasferte. Ad aprile sarò a Pinerolo dove presenterò un repertorio dedicato a Beethoven e Liszt, ma anche ad autori russi come Prokofiev. Quindi sarò a Udine per una masterclass e poi, in estate, Giappone, Francia, Austria, Slovenia, Macedonia e, per la prima volta, in Georgia a settembre».
Alexander Gadjiev ha frequentato il liceo Duca degli Abruzzi di Gorizia per poi laurearsi a Salisburgo
Quali sono i suoi autori contemporanei preferiti? «Nel panorama russo Mikhail Pletnev, il giovane Daniil Trifonov, ma anche Kirill Petrenko e Valerij Gergiev. Fra gli inglesi seguo con interesse Simon Rattle. Sono alcune delle figure che apprezzo in quanto significative per il mio sviluppo della fantasia interpretativa ed espressiva». Il suo interesse è rivolto solo alla musica classica o segue anche altri generi? «Amo la musica jazz e rock progressive. Fra i mie pianisti jazz preferiti ci sono Keith Jarret, Bill Evans e Brad Mehldau. Seguo inoltre Stefano Bollani, di quest’ultimo apprezzo la personalità istrionica e giocosa nella quale mi riconosco». Se non avesse fatto il pianista? «Certamente avrei studiato filosofia e fisica, cercando di fare una crasi fra le due, come accade in Paesi di lingua inglese dove vi sono facoltà che applicano le due discipline». Ha tutto il tempo per intraprendere altre strade… «Così fosse, sarebbe proprio questo il vero sogno nel cassetto». Quando la potremo sentire a breve in Friuli Venezia Giulia? «A fine marzo, al Teatro Verdi di Gorizia, con il concerto doppio di Mozart». Margherita Reguitti |
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PERSONAGGI
FRANZ MERKALLI & TELLURIKA Intervista di Andrea Doncovio
Musica di confine
Da 26 anni calcano le scene del FVG con le loro canzoni “surreali”: «I comportamenti del genere umano sono una continua fonte di ispirazione». Tra uno sguardo sul presente («con i corsi per influencer stiamo raschiando il barile») e uno sul futuro («tra una decina d’anni nessuno si ricorderà di Fedez e company»), il leader della band si racconta per iMagazine.
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Franz Merkalli, un nuovo disco a 26 anni dall’uscita di quello d’esordio e dopo tanti altri successi: qual è la prima sensazione? «Che il tempo sia passato in fretta ma comunque sempre in compagnia dei miei amici con cui si è fatta buona musica divertendo i nostri fans». Qual è invece il segreto della vostra longevità in un mondo in continua evoluzione come quello musicale? «La condivisione di un progetto musicale comune, un’amicizia basata sul rispetto reciproco senza prime donne. La band è solita ricordarmi “Franz tu sei il capo ma non conti niente”. Nel gruppo ognuno di noi riveste un ruolo preciso e in tutti questi anni è regnata quasi sempre l’armonia. Ma del resto in tutte le famiglie succede così». In questi 26 anni come si è evoluta la vostra musica? «Siamo maturati sia nello sviluppo dei brani che nella scrittura dei testi; dall’esordio più metal siamo approdati a un rock potente con linee melodiche molto dirette che fanno presa sui ragazzi, soprattutto quelli più giovani». Ci sono degli artisti che avete preso a modello in questi anni? «Su tutti Frank Zappa, Beatles e Van Halen. Per i testi sono stato sempre un amante della comicità di Jannacci, Cochi e Renato. Noi quattro 28
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ascoltiamo veramente di tutto, siamo onnivori, poi in fase compositiva ti accorgi che gli artisti citati ti sono entrati in circolo influenzandoti anche inconsciamente». Soffermiamoci sull’ultimo disco: quali messaggi vuole trasmettere? «Ci sono alcuni brani che trattano il tema del trapasso; lo facciamo con leggerezza, cercando a modo nostro di strappare un sorriso ma anche di innescare una riflessione sul trascorrere del tempo, troppo prezioso per perderlo attaccati all’iphone o al pc». Il vostro viene definito “rock sismico demenziale 100% italiano”. Eppure i temi che affrontate sono di stretta attualità, con sfumature che fanno riflettere. Come riuscite ad abbinare i due mondi? «Prevale sicuramente l’aspetto surreale più che demenziale. Certi messaggi, se proposti in maniera scanzonata, con un umorismo disarmante per la sua semplicità, riescono a fare breccia nella mente dell’ascoltatore». Quando realizzate una nuova canzone da cosa vi fate ispirare? «Semplicemente dalla quotidianità; spesso la realtà supera la fantasia. I comportamenti del genere umano sono per me una continua fonte di ispirazione». Tra quelli realizzati in questi 26 anni di carriera c’è un brano a cui sei particolarmente legato?
Da sinistra Michael Venzone, Franz Merkalli, Joe Sisma e Alex Armato. Pagina accanto, Franz Merkalli & Tellurika all’interno degli Angel’s Wings Recording Studios di Pantianicco assieme all’audio engineer Nico Odorico, primo da sinistra.
«Ne cito due. Il nostro primo brano La pantegana di Susegana e il nostro ultimo Scaricalapp. Il primo pezzo lo riproponiamo nel nostro ultimo album». Apriamo gli orizzonti: come giudichi lo stato di salute della musica italiana? «La seguo poco; l’impressione però è quella che ci siano tanti bravi musicisti ma poche novità, poca originalità e pochi messaggi. Basta fare un confronto tra i primi 10 album più venduti nel 1979 (un anno a caso) e nel 2019 per darci una risposta. Dalla, PFM, New Trolls, De Andrè… Nomi che ancora adesso resistono nel tempo. Dubito che tra qualche decina d’anni ci si ricorderà di Fedez e company». Dal nazionale al regionale: cosa significa fare musica in Friuli Venezia Giulia? «Rimanere ai confi ni, in tutti i sensi (sorride, ndr). Dagli anni ‘80 ho cantato vari generi, passando per la lirica per poi tornare al mio grande amore che è il rock. Anche cambiando genere il risultato non cambia: pochi luoghi dove fare musica, difficoltà per gli artisti di potersi esibire. Chi ha talento e vuole fare questo mestiere, magari raggiungendo il successo, deve uscire. Alcuni ci sono riusciti alla grande, come ad esempio Elisa». Il Friuli Venezia Giulia quanto è presente nelle vostre canzoni? «Molto. Ricordo ad esempio Orgoglio friulano, presente nel precedente album Lardrock, o Le Pattine, presente nel nostro nuovo lavoro. Ci piace parlare della nostra terra, dei pregi e dei difetti dei friulani». A livello artistico come valuta la qualità del panorama musicale regionale? «C’è fermento, c’è voglia di fare ma è un territorio che dà poche soddisfazioni». Dai musicisti al pubblico: a suo avviso come è cambiato in questi 26 anni? «Il pubblico non si ferma più ad ascoltare come si deve; la musica viene fruita velocemente scaricandola qua e là con un ascolto distratto. Ai miei figli, 6 e 8 anni, ho insegnato a mettere un vinile sul piatto per ascoltare la musica con la dovuta calma; se vuoi ascoltare un vinile devi per forza rallentare, poi ti fermi a guardare la copertina, leggere i testi… È un rito». La musica è spesso una sentinella della società. A suo avviso la nostra società in che direzione sta andando?
«Cito il superiore di Fantozzi nella fatidica cena. Alla domanda del ragioniere “Come sto andando?”, lui rispose “Male, per Dio, male!”. Un esempio: quando ho scoperto che esistono i corsi per fare l’influencer ho capito che stiamo raschiando il barile». Chiudiamo tenendo lo sguardo al futuro: cosa c’è in quello dei Franz Merkalli & Tellurika? «La promozione del nostro nuovo lavoro, tanti concerti – spero – e la possibilità di proseguire questo bellissimo viaggio negli anni fin che il fisico terrà». Andrea Doncovio
“Scaricalapp” è il nuovo disco dei Franz Merkalli & Tellurika, uscito a fine febbraio e preceduto dall’omonimo singolo il cui videoclip (girato dal videomaker Paolo Comuzzi) ha avuto un boom di visualizzazioni on line. Il brano è stato mixato e masterizzato dall’audio engineer Nico Odorico agli Angel’s Wings Recording Studios di Pantianicco. A distanza di dieci anni il quartetto, composto da Franz Merkalli, Joe Sisma, Alex Armato e Michael Venzone, immette nel mercato musicale nuovo materiale, portando a cinque gli album pubblicati durante la loro carriera musicale. |
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ALLA SCOPERTA DI...
MONTE FORTIN Servizio di Andrea Doncovio
Numquam in Bello
Accanto alle gallerie cannoniere in località Villanova di Farra d’Isonzo, svetta un monumento fatto erigere dai proprietari della locale tenuta agricola. «Per onorare i caduti della Prima guerra mondiale e promuovere la pace tra i popoli»
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La panoramica a 360 gradi dalla cima del Monte Fortin offre una vista suggestiva. Gorizia e l’Isonzo, Cormòns e il Quarin, la valle del Vipacco, il San Michele e le alture del Carso. Basta questa visuale per comprendere l’importanza strategica di un luogo che, a 116 metri sul livello del mare, durante il primo conflitto mondiale fu postazione di importanza vitale per il controllo del territorio. Lo dimostrano le nove cannoniere artificiali costruite dall’esercito italiano durante la Grande
Guerra: un sistema sotterraneo dalle notevoli dimensioni e in buono stato di conservazione che ancora oggi riveste un notevole interesse storico, archeologico, geologico e speleologico. Su questi terreni, un secolo fa, soldati e civili videro immolare la propria esistenza sull’altare di una guerra fratricida. In loro onore, la famiglia proprietaria della Tenuta Villanova, sui cui terreni sorgono proprio le cannoniere, ha voluto far erigere a poca distanza un monumento dall’alto valore simbolico, intitolato “Numquam in Bello” (in latino “mai in guerra”). «Sei metri di acciaio corten – spiega Alberto Grossi, direttore di Tenuta Villanova – che svettano verso il cielo e rappresentano due persone, in piedi, sopra resti di armi spezzate, mentre si stringono la mano nel segno di una forte volontà di pace. L’opera, voluta da mia zia Giuseppina Grossi Bennati, vuole onorare i caduti della Prima guerra mondiale e promuovere la pace tra i popoli». A realizzarla è stato l’artista Luigi Voltolina: «Quando mi è stato proposto di pensare a un’opera scultorea per ricordare i caduti della Grande Guerra, da installare davanti alle nove cannoniere del Monte Fortin, il mio pensiero è andato subito ai soldati di fronti opposti, nemici indotti solo dalla bramosia dei potenti, che, al momento della morte, si ritrovano a essere invece tutti fratelli, senza bandiere e confini. Colui che opera nel campo artistico, per commemorare una tale tragedia storica e umana, ha l’obbligo morale di valutare non solo il risultato estetico, bensì anche di approfondire i contenuti etici. Ho elaborato un progetto da un’idea di estrema essenzialità: due uomini uniti dal gesto di stringersi la mano in segno di pace. Un gesto semplice e consueto di saluto e di amicizia. A terra ho messo le sagome di due fuIn apertura, il monumento in corten svetta davanti alle canoniere, sui terreni delle vigne di Tenuta Villanova; di fianco, Alberto Grossi (ph Claudia Guido).
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cili spezzati per simboleggiare l’inutilità di ogni conflitto passato e futuro. Quando mi sono trovato davanti al luogo dove la scultura doveva essere installata, la Valle del Vipacco, ho sentito che dovevo realizzare un lavoro di grandi dimensioni, monumentale, perché potesse meglio dialogare con l’imponenza e la solennità delle cannoniere. Ho scelto l’acciaio corten perché è materiale indistruttibile e crea un bel dialogo estetico con il cemento armato delle Gallerie. Inoltre, nel tempo, prende un’ossidazione di colore caldo e la superficie assume una tonalità brunastra che ben si inserisce nei colori del luogo. Mi auguro di essere riuscito a realizzare una scultura che non viva solo di se stessa, ma all’unisono con la memoria che il territorio celebra alle proprie vit- Veduta panoramica dal Monte Fortin time di guerra».
Le cannoniere
Il sistema fortificato sotterraneo di Monte Fortin, scavato interamente in roccia marnosa-arenacea (flysch) del medio eocene, venne realizzato nel 1915 dall’esercito italiano, per dare un sicuro riparo alle artiglierie che colpivano gli obiettivi austro-ungarici della piana di Gorizia e del Carso. Il forte di Villanova di Farra – come ricorda Marco Meneghini del Centro Ricerche Carsiche “C. Seppenhofer” di Gorizia – ha una struttura simile a quelle del Monte S. Michele e del Monte di Brestovi, sul Carso Goriziano, realizzate in un periodo successivo. Sul Monte Fortin, vista la particolarità della roccia, estremamente incoerente e franosa, le gallerie sono quasi tutte blindate, cioè con la volta a “botte” e le pareti rinforzate in cemento armato, fatto questo che ne ha permesso una buona conservazione. Le parti di cavità che sono semplicemente scavate, L’interno delle gallerie delle cannoniere invece, pur restando praticabili, si presentano ingombre di massi di crollo: vanno quindi percorse con particola- Suggestiva immagine all’imbrunire del monumento re cautela, essendo possibili, anche se poco frequenti, Numquam in Bello dei franamenti interni. È invece totalmente inesistente il pericolo di inondazioni, anche in caso di forti piogge. La progressione nelle cavità di Villanova di Farra non richiede l’ausilio né di corde né di scale; sono necessari una luce individuale frontale e un casco protettivo. Il complesso di Monte Fortin si sviluppa tutto su un unico livello, ed è formato da due gallerie di accesso con ingressi indipendenti, che intersecano una galleria principale. Lungo quest’ultimo tunnel sono praticate le aperture (nove in tutto, tra cui una oggi ostruita) delle postazioni in caverna per obici da 149 mm.
Come arrivarci
Seguendo la strada statale 351 (stradone della Mainizza) da Gorizia verso Gradisca, oltrepassata località Mainizza, dopo circa un chilometro svoltare a destra verso Villanova di Farra - località Grotta. Dopo aver superato un piccolo passo, si arriva ai piedi del Monte Fortin, sotto il suo versante est, totalmente coltivato a vigneto. Qui, una strada interpoderale porta fino alle aperture delle cannoniere. Quest’ultimo tratto si trova sulla proprietà privata di Tenuta Villanova, la cui autorizzazione è necessaria per l’accesso. Info: www.tenutavillanova.com Andrea Doncovio |
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L AV O R O E S O C I A L N E T W O R K
Sei sempre su Facebook. Ti licenzio!
Rubrica a cura di Massimiliano Sinacori
D I R I T T O
Come deve comportarsi un datore di lavoro di fronte a un dipendente che accede ai social durante l’orario lavorativo?
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Un tempo si diceva che la penna è molto più forte della spada, ma anche la tastiera non scherza. È superfluo ribadire quanto i social media abbiano assunto un ruolo preminente nella vita di ciascuno, fornendoci infinite possibilità di comunicare e di condividere scrivendo e postando quasi ogni cosa. La connessione continua a cui siamo abituati, il continuo condividere e mettere like, talvolta, sfugge un po’ di mano ed ecco che al post o al like può seguire un momento di pentimento dove inizia la cancellazione nervosa di quanto scritto. Ci si dimentica che alle azioni poste in essere in questo mondo parallelo e virtuale, corrispondono inevitabilmente reazioni del mondo reale. Proprio per questa ragione il diritto si è dovuto occupare di problemi sorti dall’incapacità di alcuni di distinguere, nel mondo dei social media, tra ciò che è opportuno e ciò che non lo è. Molti dimenticano, ad esempio, che una diffamazione fatta su un post non è poi molto diversa da quella realizzata su un quotidiano o tra colleghi in ufficio. Oppure che è difficile sostenere di aver saltato un appuntamento di lavoro perché si era a casa ad accudire la madre malata quando lo stesso giorno si è postata una foto che ci ritrae con in braccio lo snowboard. A ben vedere però non solo la condivisione di contenuti più o meno diffamanti o compromettenti può essere causa di pentimento: può accadere anche che il semplice stare su |
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Facebook, o su qualsiasi altro social, sia fonte di guai. Lo sa bene la Corte di Cassazione che nel febbraio del 2019 ha depositato la sentenza n. 3133 ritenendo legittimo il licenziamento della dipendente che aveva effettuato troppi accessi su Facebook durante l’orario di lavoro. Si tratta del caso di una segretaria, assunta con contratto part time, che nel corso dei 18 mesi in cui ha lavorato presso uno studio medico ha effettuato, stando alla cronologia del computer utilizzato, circa 6.000 accessi a siti internet, di cui 4.500 su Facebook, per durate più o meno lunghe ma certamente - afferma la Corte - “in contrasto con l’etica comune”, e tali da “incrinare la fiducia datoriale”. Vale la pena di spendere poche righe per trattare della “pistola fumante” di questa vicenda: la cronologia del computer. La cronologia è stata ritenuta un elemento probatorio sufficiente perché, anzitutto, non debitamente contestata dalla ex dipendente, e secondariamente perché, potendo accedere a Facebook solo attraverso l’utilizzo di una password che è onere del proprietario tenere segreta, non potevano nutrirsi dubbi su chi avesse effettuato l’accesso a quelle pagine. In effetti in un computer al quale hanno accesso più persone la cronologia in sé non prova chi ha visitato un certo sito, ma solo che un certo sito è stato visitato. Se però nella cronologia del browser è riportato l’accesso a una pagina personale cui si può accedere solo mediante password allora è evidente che tale accesso è riferibile a una persona determinata.
E la privacy?
A ben vedere nella sentenza della Corte di Cassazione questo aspetto emerge ma in un frangente che per ragioni processuali ne ha impedita l’analisi. Il controllo che il datore di lavoro può effettuare su un proprio dipendente è subordinato a vincoli di legge e principi di rango costituzionale. Così, ad esempio, il datore non può, a insaputa di tutti, spiare i propri dipendenti mettendo telecamere nascoste nei luoghi di lavoro. Diverso è però il caso dell’articolo 4, comma secondo, della legge n. 300 del 1970 (c.d. Statuto dei lavoratori) che stabilisce che tali principi non si applicano “agli strumenti utilizzati dal lavoratore per rendere la prestazione lavorativa” tra i quali è facile far rientrare il computer che la segretaria aveva a disposizione per ragioni d’ufficio e tramite il quale ha effettuato gli accessi contestati. La disciplina che abbiamo individuato però è monca se non si nomina anche il comma terzo dell’art. 4, il quale sancisce che le informazioni contenute e raccolte attraverso gli strumenti a disposizione del lavoratore sono “utilizzabili a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro a condizione che sia data al lavoratore adeguata informazione delle modalità d’uso degli strumenti e di effettuazione dei controlli”. Nel caso di specie sarebbe stato interessante vedere se effettivamente tali informazioni furono date alla dipendente nelle modalità previste e se l’accesso ai dati sia stato effettuato nel rispetto della normativa sulla privacy.
mente encomiabile, non è così grave da giustificare un licenziamento. Proprio per rispondere in maniera adeguata alle diverse situazioni che il datore ritiene di dover sanzionare, l’ordinamento mette a disposizione, per redarguire i dipendenti poco solerti, diverse sanzioni disciplinari e tra queste il licenziamento è, e deve essere, l’extrema ratio. L’art. 7 dello Statuto dei lavoratori indica al datore di lavoro quale sia la procedura da seguire quando voglia irrogare una sanzione, imponendo, quando questa non sia il mero rimprovero verbale, che prima di procedere (più precisamente cinque giorni prima) il datore debba contestare al lavoratore, per iscritto, il fatto che ha originato la sanzione e, una volta irrogata, il lavoratore ha 20 giorni di tempo per contestarla con le modalità che lo Statuto prevede. Le sanzioni disciplinari vanno dal mero rimprovero verbale, per i fatti meno gravi, alla multa che “non può essere disposta per un importo superiore a quattro ore della retribuzione base” fino alla sospensione dal lavoro e dalla retribuzione (per non più di dieci giorni).
Conclusioni
Quello del lavoratore che accede ai social durante l’orario di lavoro è un tema che necessita di una corretta e oculata valutazione circa l’irrogazione della sanzione disciplinare posto che, evidentemente, le ipotesi possono essere le più varie. Proprio in ragione della molteplicità di situazioni possibili, i sentieri, opposti, che datore e dipendente vorrebbero percorrere sono dissemiAlternative al licenziamento Siamo in presenza di una di quelle situazio- nati di insidie superabili spesso solo con l’aiuto ni dove è necessaria una valutazione “caso per di esperti del settore. caso” poiché, se certamente è deplorevole che un dipendente passi una parte considerevole della sua giornata lavorativa a navigare su siti Massimiliano che nulla hanno a che vedere con il proprio lavoro, lo stesso non si può dire nel caso di un diSinacori pendente che, di tanto in tanto, sporadicamenapprofondimenti ed esame di alcune pronunce e della te, effettui qualche accesso su Facebook o usi Per casistica in materia è possibile rivolgere domande od ottela connessione aziendale per ricerche persona- nere chiarimenti via e-mail all’indirizzo: li. Quest’ultimo comportamento infatti, non certa- massimiliano@avvocatosinacori.com
AU TO E I M M AT R I CO L A Z I O N I
Rubrica a cura della Polizia di Stato della Provincia di Gorizia
P O L I Z I A D I S TA T O
Veicoli stranieri, nuove norme
Più del 70% delle multe comminate ad automobilisti di veicoli stranieri non viene pagato. Ora cambia tutto: ecco come i cinque milione di cittadini interessati possono regolarizzare la loro posizione. Evitando ammende molto salate. Il decreto sicurezza numero 113/2018 provvedere alla stipula e al pagamento di un’as(legge 01/12/2018, n. 132, di conversio- sicurazione in Italia, anche se, di fatto, circolano ne del decreto-legge 04/10/2018, n. 113 in Italia e determinano rischi in questo territorio. c.d. “decreto sicurezza”) introduce il divie- Ciò determina perdite per l’erario, poiché il 14% to, per chi risiede in Italia, di circolare con del premio assicurativo è devoluto al sistema saun veicolo con targa straniera. Le deroghe nitario nazionale. Si pensi inoltre al “bollo” (tassa sono pochissime e le contravvenzioni mol- di proprietà) e anche al mancato pagamento delto salate. Sono stati quindi modificati gli ar- le violazioni contestate ai sensi del Codice della ticoli 93 e 132 del Codice della Strada, che Strada (per impossibilità di notifica e per impossitrattano rispettivamente la guida di veico- bilità di rivalersi sull’obbligato in solido). Nel nostro Paese, il fenomeno dei veicoli stralo estero da persona residente in Italia e la circolazione di veicolo estero in Italia oltre nieri che circolano regolarmente pur essendo di persone residenti in Italia è largamente diffuil termine di un anno. La legge nasce dall’esigenza di contra- so: non c’è un numero esatto, ma una stima apstare l’elusione fiscale (e non solo) che si prossimativa (in difetto) ha calcolato che in Itaverificava con la circolazione sul territorio lia circolano circa 5 milioni di veicoli immanazionale di veicoli immatricolati all’estero tricolati all’estero. Bisogna inoltre aggiungere ma in uso a persone residenti in Italia. Si che, nel solo 2017, il numero di infrazioni compuò ipotizzare che, attraverso l’immatricola- messe da auto immatricolate all’estero ammonzione in altri Stati di veicoli di fatto impiega- ta a 105.982. Una cifra incredibile, specie se si ti stabilmente in Italia da soggetti residenti, pensa a quante di queste multe sono poi state se non addirittura provenienti da una prece- effettivamente pagate: 30.653. Questo significa, dente immatricolazione nel nostro Paese, si quindi, che più del 70% delle multe commidetermina l’elusione delle disposizioni am- nate ad automobilisti di veicoli stranieri non ministrative (assicurative o sanzionatorie) viene pagato. Di quelle 105.982 infrazioni, 21 e tributarie (tassa di proprietà, passaggi di mila circa sono state commesse da auto immaproprietà...) in materia con un rilevante dan- tricolate in Romania, 9.222 in Svizzera, 8.475 in no erariale per mancato introito che può es- Francia e 7.775 in Bulgaria. Il decreto sicurezza 113/2018 introduce il disere stimato in molti milioni di euro. Solo relativamente all’assicurazione vieto, per chi risiede in Italia da oltre sessanta obbligatoria è stato stimato un gettito an- giorni, di circolare con un veicolo immatricolanuo per l’erario di 28 milioni di euro. Infat- to all’estero, in modo tale da punire coloro che, ti, i veicoli immatricolati all’estero non devono approfittando del domicilio straniero del veicolo, 34
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eludevano totalmente il pagamento di quanto dovuto. Ottenere una macchina immatricolata all’estero non è (o meglio non era) cosa particolarmente difficile: su internet esistono numerosi siti che offrono servizi di vario tipo, perlopiù di leasing e noleggio a lungo termine, per la concessione di macchine straniere a residenti italiani. Come primo effetto dell’approvazione di questa nuova legge gli uffici della Motorizzazione sono stati sommersi da richieste di regolarizzazione pervenuti da proprietari di veicoli con targhe estere che risiedono in Italia da più di 60 giorni. Oltre a Milano e Roma, sono numerose le richieste giunte in particolar modo negli uffici dell’Emilia Romagna e delle regioni del Nordest. Si tratta della prima conseguenza della nuova normativa contro i furbetti che circolavano nel nostro Paese con veicoli immatricolati all’estero. Per regolarizzare il veicolo con targa straniera, così come stabilito dalla nuova normativa, bisogna consegnare alla Motorizzazione le targhe estere e la carta di circolazione rilasciate dalle autorità del Paese in cui il veicolo è stato immatricolato. Gli uffici della Motorizzazione a questo punto rilasciano una nuova coppia di targhe e una carta di circolazione provvisoria che nel giro dei successivi 60 giorni verrà sostituita dalla carta di circolazione definitiva. La procedura di regolarizzazione ha un costo di circa 500 euro a veicolo (101,20 euro di spese burocratiche e amministrative, 41,78 euro per l’acquisto delle targhe, e tra 151 e 196 euro per auto di potenza fino a 53 kW e tra 3,51 e 4,56 euro/kW per auto di potenza superiore a 53 kW, costo relativo all’imposta provinciale di immatricolazione, proporzionale alla potenza del veicolo). Altra strada alternativa alla nazionalizzazione per evitare di incorrere in sanzioni è far rientrare il veicolo nel Paese di originaria immatricolazione. Opzione, scelta da pochissimi proprietari, che prevede di far richiesta agli uffici della Motorizzazione del rilascio di un foglio di via e di una targa provvisoria che permetta alla vettura di attraversare le strade italiane fino alla frontiera senza incorrere in sanzioni. La nuova norma, in vigore dal 4 dicembre, ha provocato la corsa alla regolarizzazione anche per la durezza delle sanzioni previste: a un residente in Italia da più di 60 giorni che viene sorpreso sulle strade italiane con un veicolo con targa estera viene comminata una contravvenzione di 712 euro, alla quale si aggiunge l’immediato sequestro del mezzo.
Trascorsi 180 giorni senza che il veicolo sia stato reimmatricolato con targa italiana, o senza che il proprietario abbia chiesto il rilascio di un foglio di via per condurlo al di fuori dell’Italia, scatta la confisca del mezzo, ai sensi dell’articolo 213 del Codice della Strada. La circolare ministeriale del 10 gennaio 2019 spiega chiaramente come comportarsi. La norma infatti vale per tutti, è rivolta quindi sia ai proprietari sia a coloro che si trovano anche occasionalmente a guidare il veicolo a qualsiasi titolo. Non importa infatti da quanto tempo il veicolo si trovi in Italia, o come sia stato portato all’interno del Paese. Allo stesso modo, la circolazione è vietata anche se a bordo del veicolo c’è un documento che autorizza la persona residente in Italia a condurlo. L’unica soluzione è recarsi in un ufficio della Motorizzazione per restituire la targa straniera e reimmatricolare il mezzo. Le uniche deroghe alla circolazione con veicolo immatricolato all’estero sono relative a mezzi concessi in leasing oppure in locazione senza conducente da parte di imprese straniere che non hanno una sede in Italia, o se il veicolo è stato dato in comodato d’uso a un dipendente o collaboratore dell’azienda. Sono anche esclusi dal divieto i conducenti dei veicoli con targa CC, CD, EE e AFI. La circolare del ministero evidenzia come siano in corso di approfondimento alcuni casi limite, ossia quelli che riguardano i veicoli della Città del Vaticano, quelli immatricolati a San Marino e quelli immatricolati all’estero condotti dai residenti dell’exclave italiana di Campione d’Italia. «L’Automobile Club d’Italia – ha riferito dal presidente dell’ACI Angelo Sticchi Damiani – condivide l’intervento del Governo in materia di abuso delle targhe estere sui veicoli circolanti in Italia perché il fenomeno della cosiddetta estero-vestizione, cioè l’utilizzo di targhe estere per risparmiare su bollo e assicurazione, sottraendosi di fatto alle contravvenzioni e al fisco italiano, aveva iniziato a dilagare con forte danno non solo per l’erario, ma per tutti gli automobilisti e i cittadini».
Ezio Scocco Ispettore Superiore SUPS Polizia Stradale Gorizia |
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GIOVANI ED EROINA
Il ritorno nel silenzio
Dopo il boom degli anni ’70-’80 e lo spauracchio dell’AIDS la diffusione dell’eroina sembrava storia passata. Invece l’attuale crisi sociale e la mancanza di informazione hanno creato terreno fertile per farla riapparire. Anche tra i giovanissimi.
Rubrica a cura di Andrea Fiore
S O C I E T À
Droga e disagio sociale vanno spesso a braccetto. Accadeva negli anni ’70-’80, quando il post ’68 e la crisi di un’epoca erano stati lo scenario della diffusione dell’eroina, assunta per endovena, con annessa epidemia di AIDS. Uno scenario che spinse le istituzioni mediche e politiche a promuovere massive campagne informative che, col tempo, portarono a una netta diminuzione del fenomeno. Spingendo inconsciamente le autorità preposte a ritenere ormai sotto controllo il problema, valutando non più determinante investire sull’informazione preventiva.
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crescente scelgono di puntare sull’utilizzo di sostanze.
La droga per eccellenza
L’eroina è considerata la droga con la D maiuscola. La più buona, la più potente: quando si vuole il massimo si punta su di lei. Oggi ancor di più che in passato. Mentre un tempo veniva infatti assunta per endovena, oggi viene assunta in molti modi diversi: inalata, fumata, con la lingua. Tutte modalità che facilitano la sua diffusione – complice peraltro la facilità con cui viene reperita dai pusher – ma che non escludono a priori anche l’assunzione tramite endovena: i casi sono in aumento, tant’è vero che nei servizi sta Strada spianata riapparendo tra i pazienti la figura del “tossico”, Può sembrare paradossale, ma se a che sembrava ormai scomparsa. un giovane nato dalla seconda metà degli anni ’90 in poi provassimo a chiedere Il meglio e subito Privi di una memoria storica sugli effetti cos’è l’AIDS, nella grande maggioranza dei casi riceveremmo risposte vaghe o dell’eroina, giovani e giovanissimi si avvicinano addirittura l’ammissione di non sapere senza titubanze a questa droga. Mentre in di cosa si stia parlando. Una mancanza passato si assisteva a un percorso graduale, di conoscenza che diventa esplosiva in con l’avvicinamento a droghe leggere e, un contesto sociale come quello attuale, successivamente, il passaggio a quelle pesanti, dove il disagio è palpabile in molti strati oggi giorno i ragazzi decidono di puntare fin da della popolazione, raggiungendo picchi subito al consumo di eroina. Con rischi enormi estremamente alti proprio tra i giovani. per la loro salute. A differenza di altre sostanze, l’eroina non Una generazione i cui interpreti, in sempre più casi, oggi non vedono prospettive nel perdona. Assumerla non è come fumare futuro, con oggettive difficoltà a sentirsi marijuana: già la prima assunzione potrebbe adulti. E così, per agguantare la felicità rivelarsi letale o comportare problemi di salute che non trovano nella realtà, in numero molto seri. Se poi, come sta già avvenendo, a farne |
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ricorso sono anche giovani in età di scuola media, gli effetti sul loro cervello in via di sviluppo rischiano di lasciare strascichi permanenti. Non essendoci parametri pregressi a cui fare riferimento – mai in passato l’avvicinamento all’eroina era avvenuto a così giovane età – è impossibile fare delle previsioni a lungo termine sulle conseguenze psicofisiche, sebbene già oggi non si possa essere ottimisti a riguardo.
Informare e fare rete
Per comprendere quanto una corretta informazione e una corretta prevenzione risultino indispensabili per affrontare la questione, è sufficiente segnalare che perfino le Questure regionali hanno diffuso un report in cui sottolineano la necessità di calibrare le informazioni rivolte ai giovani, con l’ausilio di persone esperte. Per farlo serve sviluppare una maggior interazione tra gli adulti di riferimento: genitori, insegnanti, educatori. Tutti vanno formati per aiutarli a riconoscere i casi di disagio, che molto spesso nascono per svariati motivi in ambito familiare. Solo se le istituzioni che si occupano delle persone si metteranno concretamente in rete, condividendo un percorso comune, la risposta potrà essere efficace. Anche perché la sfida si annuncia improba: i dati di tutti gli studi mondiali condotti sul tema concordano sul fatto che la diffusione delle droghe continuerà ad aumentare in futuro. Restare passivamente in silenzio sarebbe un errore imperdonabile.
dott. Andrea Fiore
Medico delle Farmaco-Tossicodipendenze, psichiatra andrea.fiore@imagazine.it
MOSTRE IN FVG (calendario aggiornato su www.imagazine.it) 3-14 marzo ▶ VENEZIA… EMOZIONI IN BIANCO E NERO Mostra fotografica di Enzo Bean. Monfalcone (GO). Caffè Carducci, via Duca d’Aosta 83. Orario: mar-dom 7.30-22. Ingresso libero. Info: www.imagazine.it
Fino al 10 marzo ▶ LUPUS IN FABULA Mostra di Tony Wolff, l’illustratore più amato dai bambini: esposte un centinaio di opere. Cividale del Friuli (UD). Chiesa di Santa Maria dei Battuti. Orario: ven-lun 10-13/14-18. Ingresso libero. Info: www.cividale.net Fino al 11 marzo ▶ ALDO FAMÀ. LO STATO DELL’ARTE Una sessantina tra dipinti a olio, incisioni, collage, esempi di arazzi e installazioni, documenti, supporti audiovisivi e sculture innovative stampate in 3D. Trieste. Sala Veruda, piazza Piccola 2. Orario: lun-dom 10-13/17-20. Ingresso libero. Info: 335 6750946
Fino al 17 marzo ▶ OCCIDENTALISMO Mostra interamente dedicata ai kimono prodotti in Giappone tra il 1900 e gli anni ’40. Gorizia. Museo della Moda e delle Arti applicate, borgo Castello 13. Orario: mar-dom 9-19. Ingresso € 6. Info: www.studioesseci.net Fino al 17 marzo ▶ IL DESIGN DEI CASTIGLIONI A cento anni dalla nascita di Achille Castiglioni una grande mo-
stra su uno dei principali designer italiani. Pordenone. Galleria Bertoia, Corso Vittorio Emanuele II 60. Orario: gio-ven 15-19, sab-dom 10-12/1519. Ingresso libero. Info: www.comune.pordenone.it Fino al 17 marzo ▶METLICOVITZ, L’ARTE DEL DESIDERIO Le opere esposte (73 manifesti, tre dipinti e una ricca selezione di “grafica minore”) sono organizzate in otto sezioni espositive, una delle quali a Palazzo Gopcevich. Trieste. Museo Revoltella, via Diaz 27. Orario: mer-lun 9-19. Ingresso € 8. Info: www.museorevoltella.it
Fino al 24 marzo ▶SONO TORNATI I DINOSAURI Esposti due scheletri originali di Hypacrosaurus. Duino Aurisina (TS). Sistiana, Palazzina Infopoint, piazza De Banfield. Orario: sab-dom 10-16. Ingresso € 5. Info: www.imagazine.it Fino al 30 marzo ▶PHERIPHERAL VISIONS Mostra che riflette sulla storia dei conflitti del ‘900 attraverso le opere di artisti internazionali contemporanei under 35. Trieste. Ex caserma Polmare, largo Petazzi 2. Visite su prenotazione. Ingresso gratuito. Info: 375 5532009 info@iodeposito.org
Fino al 31 marzo ▶ALDO MISSINATO
Mostra fotografica dedicata al “fotografo dei pordenonesi”. Pordenone. Museo Civico d’Arte. Orario: mer-dom 15-19. Ingresso libero. Info: www.imagazine.it Fino al 31 marzo ▶LIBRO APERTO Soggetti religiosi nell’arte dei pittori russi dei secoli XX e XXI. Aquileia (UD). Palazzo Meizlik, via Popone. Orario: lun-ven 9-17, sabdom 9-19. Ingresso libero. Info: www.fondazioneaquileia.it
Fino al 31 marzo ▶UN ITINERARIO DI STUPORE E BELLEZZA Opere di Bruno Lucchi per una mostra en plein air costruita su un percorso di valorizzazione turistica della città. Pordenone. Centro cittadino. Opere visibili h 24. Info: www.imagazine.it Fino al 21 aprile ▶I MARI DELL’UOMO Mostra fotografica di Folco Quilici. Trieste. Bastione Fiorito del Castello di San Giusto, piazza della Cattedrale 3. Orario: mar-dom 10-13/15-17. Ingresso € 5. Info: www.imagemuseum.eu
www.museostorianaturaletrieste.it Fino al 5 maggio ▶TRA NATURA E SCIENZA. LE MACCHINE DI LEONARDO Mostra sui modelli realizzati su disegni di Leonardo da Vinci dal professore di educazione Tecnica Girolamo Covolan dell’Associazione Avanguardia Caffè di Ferrara.. Trieste. Centrale Idrodinamica, Porto Vecchio. Orario: gio-dom 9-17. Ingresso: € 4. Info: www.imagazine.it
Fino al 12 maggio ▶CRALI E IL FUTURISMO Avanguardia culturale: oltre 80 opere del famoso aeropittore. Monfalcone (GO). Galleria Comunale d’Arte Contemporanea, piazza Cavour 44. Orario: mer 1013, ven-dom 10-13/1619. Ingresso libero. Info: www.comune.monfalcone.go.it Fino al 30 giugno ▶I LOVE LEGO La più grande mostra di Lego in Italia con oltre 1 milione di mattoncini assemblati. Trieste. Salone degli Incanti, Rive. Orario: marven 10-18, sab-dom 1019. Ingresso € 11. Info: www.imagazine.it
Fino al 28 aprile ▶ELITRE Le opere di gioiello contemporaneo della designer Ylenia Deriu. Trieste. Civico Museo di Storia Naturale, via dei Tominz 4. Orario: mer-lun 10-17. Ingresso € 3. Info:
I COSTI E GLI ORARI DI APERTURA POSSONO VARIARE SENZA PREAVVISO. VERIFICARE SEMPRE RIVOLGENDOSI AGLI APPOSITI RECAPITI.
CULTURA
ERSILIA MARSELLA PAMICH Servizio di Renato Duca
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Dedicato all’amore.
Che nella vita c’è
Nel mese dedicato alla donna, la raccolta di poesie della scrittrice monfalconese offre uno sguardo disincantato sul mondo. Ma sempre aperto alla speranza.
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L’amore è sentimento cardine della vita. Fonte di gioia e di felicità, motivo di tristezza, di rimpianto e di dolore, è un tema molto presente nella poesia di tutti i tempi, perché la poesia è in grado di rappresentare eventi, immagini, sensazioni e moti dell’anima e, più di altri, sa amplificare ed esaltare questo sentimento. Appare inevitabile il ricorso alla poesia nel mese di marzo, in cui ricorre la Giornata internazionale della donna, istituita per ricordare le sue conquiste sociali e le innumerevoli violenze e discriminazioni di cui è stata ed è oggetto in tante parti del mondo. L’occasione ci viene offerta da una raccolta di versi di Ersilia Marsella Pamich (foto in alto a destra), nata a Sora (Frosinone), monfalconese d’adozione con parentesi in Emilia, Friuli, Liguria e Svizzera, laurea in Scienze Naturali e una significativa esperienza professionale nell’insegnamento. Ersilia è un’osservatrice attenta del contesto che la circonda, talvolta in modo disincantato, spesso graffiante, ma sempre aperta alla speranza. Si tratta di una serie di liriche (diciannove), che raccontano in maniera diretta l’amore nelle sue molteplici sfaccettature, con la spontaneità di chi ‘lo sa leggere’ nel divenire della quotidianità. Una raccolta che tocca filoni diversi, di cui riportiamo a lato un componimento. Il respiro della natura, con la rugiada e la pioggia d’estate. I moti dell’anima: il silenzio, che porta con sé meditazione, ricordi, malinconia; la nostalgia, parola composita della tradizione greca (nostosritorno e algos-dolore), che esprime tristezza e rimpianto; la solitudine, un disagio diffuso nella società contemporanea globalizzata. L’uomo e la forza dell’amore: la magia delle note di un pianoforte; la durezza e la scontrosità di lui; la metamorfosi, dopo la rinuncia. Il linguaggio del cuore: i passi, la corsa del bimbo verso l’abbraccio rassicurante della nonna; la perizia delle mani intelligenti e il
dono da quelle caritatevoli; la madre, lo struggente, nostalgico ricordo di chi non è più tra noi. Sono tutte poesie che contengono un messaggio puntuale, scritte con mano sicura, sapientemente guidata dal cuore: una testimonianza forte di Ersilia Marsella Pamich sull’amore, su questo eterno e profondo sentimento che apre e rapisce ogni anima, una conferma che nella vita c’è. Renato Duca
Mano … mani Mano violenta che dura colpisce ; Mano tesa di un bimbo che inte nerisce; Mano calda di una tenera care zza; Mano tra i capelli che sanno di brezza; Mano febbricitante che dice: sto male! Mano distratta che sfoglia un giornale; Mano sul cuore di un uomo pent ito; Mano che parla per chi non ha udito; Mano col cibo che porta alla bocca; Mano del cieco che smarrito tocc a; Mano sulla spalla che ti conf orta; Mano pietosa che il dolore conf orta; Mano con droga di un infelice; Mano del prete che benedice; Mano leggera che sfiora un pian o; Mano che ammonisce, ma tutto è vano! Mano che tiene un bisturi stre tto e salva Ia vita ad un poverett o. Mano che dona, mano che invita, c’è tutto un mondo tra le tue dita! |
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PERSONAGGI
NIVES MEROI Intervista di Margherita Reguitti
Il volo
del corvo timido
Nelle scorse settimane è uscito l’ultimo libro dell’alpinista friulana, dedicato alla scalata dell’Annapurna. «La scrittura aiuta a distillare l’esperienza». In attesa della prossima sfida: ad aprile in Nepal o Pakistan.
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La tarvisiana Nives Meroi, una delle alpiniste più forti al mondo che ha salito in cordata con il marito Romano Benet le 14 cime più alte della Terra, torna in libreria con il nuovo libro Il volo del corvo timido, edito da Rizzoli. Diario della salita nel 2017 alla cima Annapurna, massiccio montuoso di oltre 8 mila metri in Nepal. Un’impresa diversa dalle altre, portata e termine in cordata di sei, ma sempre coerente con lo stile dei due alpinisti: rispetto della montagna, onestà nel raccontare i propri passi. Un inno alla bellezza ma anche un itinerario di crescita e consapevolezza. “Con quest’ultima perla chiudiamo la nostra collana”: cosa intende con questa frase che apre il libro? «Ho chiamato i 14 ottomila la nostra collana di cime incastonate nella fila di passi che io e Romano abbiamo percorso assieme. L’Annapurna è una perla perché è stata una spedizione particolare, compiuta non da soli ma in cordata con due cileni e due spagnoli, in uno stile alpinistico d’altri tempi. Abbiamo unito le forze, abbiamo armonizzato e messo assieme le differenze per riuscire in un progetto altrimenti impossibile. In solitaria nessuno avrebbe potuto farcela. L’Annapurna è una montagna molto difficile sia per le condizioni climatiche che per le sue caratteristiche». Il vostro non è alpinismo estremo e neppure turismo d’alta quota, ma un alpinismo che definite onesto. Cosa intendete? 40
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«Per onesto intendiamo il nostro modo di confrontarci con la montagna, utilizzando solo le nostre forze e capacità, senza il supporto di bombole di ossigeno e climbing sherpa, usando le corde fisse solo se necessario. Diciamo come siamo saliti, senza metafore o imbellettamenti, senza fare i tromboni». Preparazione, sacrificio, coscienza dei limiti, cuore aperto per vivere la gioia della bellezza della natura. Quali altri sentimenti entrano in gioco? «La condivisione, direi; camminare insieme verso un obiettivo. Per il resto c’è tutto quanto lei dice. Sicuramente è la bellezza la molla che spinge a partire, senza paura di mettersi in gioco, abbandonando le certezze e le comodità. In questo caso in particolare è stata forte la ricerca di un tempo più lento e naturale; diverso dalla città, dalla nostra civiltà consumistica. Ma anche la necessità e la voglia di ricominciare a guardarci intorno. In alta quota si ha l’opportunità di sperimentare l’attenzione ai dettagli». Scrivere un libro cosa aggiunge alla soddisfazione e alla complessità dei sentimenti di un’ascensione? «Durante il trekking di avvicinamento compro sempre un quadernino che uso come diario. Ci scrivo particolari di incontri, momenti speciali e cose fatte. Dunque i libri sono diari ripuliti. Ci vuole tempo, una volta rientrati a casa, per digerire l’esperienza e coglierne il messaggio più forte. Posso dire che la scrittura è distillare l’esperienza. Ma un incontro mi ha fatto anche capire che In apertura, Nives Meroi sul Makalu, la quinta montagna più alta della terra.
la scrittura può essere un messaggio importante. Il libro precedente, Non ti farò aspettare, raccontata la salita interrotta del Kangchendzonga per il manifestarsi della malattia di Romano, superata dopo 5 anni di cure e due trapianti di midollo. Durante una presentazione ho incontrato un giovane che si era fatto tipizzare (reso disponibile a donare il midollo, ndr) dopo aver letto il libro. Risultato compatibile per un trapianto aveva ridato la vita a una ragazzina. Con noi in cima c’è sempre anche il donatore anonimo che ha salvato Romano. Mi sono commossa al suo racconto». Qual è il messaggio di questa salita? «Ho imparato a smentire i pregiudizi. Il libro è incentrato sull’incontro con altri 4 alpinisti: un confronto fra il mio essere metodica nell’esercizio mentale di preparare tutto quanto serve durante la spedizione e la loro esuberanza, a volte sciaguratezza, e forza di trentenni. Mi sono resa conto che quello che per me era superfluo, cambiando prospettiva, diventava utile e meritevole di essere portato in spalla con fatica». Un esempio? «Loro non avevano il fornelletto, per me indispensabile, ma si sono portati una cassa da musica da un chilo fino a 7400 metri. Nella discesa le note sono state importanti. Mi sono ricreduta sulle mie convinzioni che erano pregiudizi». Quanto è durata la salita? «Siamo partiti dal campo base basso a 4 mila metri il 7 maggio e rientrati il 13: cinque giorni. Dall’ultimo campo a 7150 metri siamo partiti a mezzanotte e giunti in vetta alle 9. Pochi minuti per goderci lo spettacolo e poi iniziare la discesa. Non è possibile restare a quelle altitudini a lungo». Come siete cambiati, in oltre 20 anni di scalate, dal punto di vista atletico, psicologico e interiore? «Gli anni vanno avanti, si perde in forza esplosiva e si guadagna in esperienza, capacità di ascoltare i messaggi che il corpo ti manda. Noi non siamo progettati per vivere in alta quota, per questo è importante seguire i segnali del corpo che ha una sua saggezza». Rispetto ai due libri precedenti, in questo lo stile di scrittura appare più incisivo. Un linguaggio asciutto, ironico, mai gergale e sempre di empatia con il lettore. «Sto prendendo coraggio e confidenza con la scrittura e dunque ritengo emerga una maggiore spontaneità. Messa da parte un’iniziale paura mi sento più libera». Cosa prova quando torna sulle sue montagne friulane? «È sempre un piacere essere a casa così come è bello partire, tornare e partire ancora. Quando siamo lontani sentiamo la nostalgia degli affetti, della famiglia, non sentiamo la mancanza di casa perché ovunque ci si sente in un’altra casa. Ci portiamo anche una moka
Nives Meroi con il marito Romano Benet
per fare il caffè e una bottiglia del nostro vino. Davvero non ci manca nulla». Progetti a breve? «Continuare ad andare in montagna. Partiremo presumibilmente in aprile per tornare in Nepal o in Pakistan. Ci piace quella zona dell’Asia. Siamo in una fase nebulosa di scelta della meta. Possiamo decidere all’ultimo in quanto viaggiamo leggeri, tutta l’attrezzatura ci attende a Katmandu dove un’agenzia si fa carico della parte logistica e organizzativa. Oggi è diventato tutto più facile, anche avere i permessi per la salita. Noi pensiamo solo al biglietto aereo». Margherita Reguitti
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SCADENZA 20 MARZO ▶ TROFEO RILL Sezione: racconto breve Lunghezza: max 21.600 caratteri Quota: € 10,00 Premi: pubblicazione opera, montepremi in denaro, penna stilografica Info: 06 58200541 www.rill.it ▶ POESIE SOTTO IL VULCANO Sezione: poesia Lunghezza: libera Quota: € 10,00 Premi: trofei, diplomi d’onore Info: 09 5537158 www. centroartepoesia.it ▶ UNA STORIA FINITA MALE Sezioni: A) narrativa; B) poesia Lunghezza: A) max 35.000 battute; B) libera Quota: € 10,00 Premi: contratto editoriale gratuito, buoni spesa Info: www.thefreak.it ▶ LA MIGLIOR PENNA Sezione: poesia Lunghezza: libera Quota: € 10,00 Premi: coppe, pergamene Info: 0981 505563 www. filomenacosta.facebook.com SCADENZA 22 MARZO ▶ CONCORSO BRUNO PASINI Sezioni: A) poesia dialettale; B) narrativa Lunghezza: A) max 40 versi; B) max 2 facciate Quota: nessuna Premi: montepremi in denaro, targhe Info: 0533 654150 www. comune.fiscaglia.fe.it SCADENZA 23 MARZO ▶ IL CALAMAIO D’ARGENTO
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(as) s a g g i Chiara Gamberale L’isola dell’abbandono Feltrinelli, 2019 Pagg. 224 € 16,50 L’inquieta e misteriosa protagonista di questo romanzo sente l’urgenza di tornare sull’isola di Naxos. È lì che, dieci anni prima, in quella che doveva essere una vacanza, è stata brutalmente abbandonata da Stefano, il suo primo, disperato amore, e sempre lì ha conosciuto Caterina Zaccaroni La vita di C. Mondadori, 2019 Pagg. 600 € 20,00 Cresciuta sotto l’ala di una madre passionale e imprevedibile e di un padre ingombrante nella sua assenza, C., innamorata del pianoforte, dei libri e delle lingue, comincia giovanissima a cercare il proprio posto nel mondo. Sull’onda di una fame insaziabile di nuove esperienze, viaggia prima in Germania
Cristina Cristofoli Appuntamento a Chinguetti La Caravella Editrice, 2019 Pagg. 186 € 13,00 Eva e Leonardo per sentirsi felici hanno bisogno di vivere con intensità, anche a costo di sfidare la sorte. Non sono una coppia incline alle convenzioni sociali, ai viaggi organizzati e alle destinazioni turistiche. Si offrono amore e libertà reciproche, accollandosene i rischi. Nonostante il tentativo Matteo Cimenti L’eterno in un istante Mimesis, 2019 Pagg. 222 € 18,00 Leonardo Bonanni, medico di base in un remoto paesino della montagna friulana, ha una vita comoda e spensierata. Quando riesce finalmente a costruire la casa dei suoi sogni, però, si
Di, un uomo capace di metterla a contatto con parti di sé che non conosceva e con la sfida più estrema per una persona come lei, quella di rinunciare alla fuga. E restare. Ma come fa una straordinaria possibilità a sembrare un pericolo? Come fa un’assenza a rivelarsi più potente di una presenza? Che cosa è davvero finito, che cosa è cominciato su quell’isola? Solo adesso lei riesce a chiederselo, perché è appena diventata madre, tutto dentro di sé si è allo stesso tempo saldato e infragilito, e deve fare i conti con il padre di suo figlio e con la loro difficoltà a considerarsi una famiglia. per studiare il tedesco, poi a Parigi, dove il suo fascino inconsapevole le apre le porte del circolo di artisti e viveurs che si raccoglie attorno a Salvador Dalí. È solo il primo giro di una giostra inarrestabile di peregrinazioni, incontri, avventure sentimentali, erotiche e intellettuali, l’inizio della vertiginosa altalena di cadute e rinascite che sarà la sua giovinezza. Milano le riserverà il primo grande amore e la prima perdita, New York le aprirà gli occhi e la mente, Roma le darà un lavoro e gli amici più cari, e infine l’India, approdo di fortuna dopo una serie di relazioni burrascose, stabilirà un nuovo, inaspettato ordine delle cose. di restare sempre al timone della propria vita, si imbattono in appuntamenti con il destino che mettono a dura prova le loro sicurezze ed equilibri. Non sono immuni dalla violenza di un mondo sempre più ostile e nemmeno il rassicurante ventre della famiglia di origine si rivela quel luogo idilliaco in cui rifugiarsi. Ma è proprio attraverso i loro viaggi fuori rotta che Eva e Leonardo imparano a fare i conti con il proprio passato e le proprie (e altrui) imperfezioni. E si convincono sempre di più che, al di là della confortevole ma limitata realtà di riferimento, ci sia un mondo che vale comunque la pena di esplorare, per poter evolvere e trovare un senso alla propria esistenza.
insinua lentamente il dubbio che ci sia qualcosa che non quadra, intorno a lui. È questa sensazione che lo convince a iscriversi a un corso di meditazione mindfulness, che lo porterà ad affrontare un percorso interiore che coinvolgerà anche i suoi familiari e il paese intero, quando scomparirà improvvisamente. Attraverso incontri, coincidenze e imprevisti, il protagonista realizzerà la sua nuova identità scoprendo una più autentica e sorprendente dimensione esistenziale.
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ALLA SCOPERTA DI...
BOTTEGA ERRANTE Intervista di Margherita Reguitti
Con la cultura si mangia Nel 2011 otto appassionati decidono di unire le rispettive professionalità per trasformare l’attività culturale ed editoriale in impresa. Dalla casa editrice all’organizzazione di festival, otto anni dopo l’obiettivo è stato raggiunto.
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Più economia nella cultura e più cultura nell’economia: un principio fondante di Bottega Errante, associazione culturale, casa editrice, ma anche laboratorio di proposte culturali, workshop ed eventi. Un progetto nato nel 2011, per nulla velleitario ma anzi molto concreto, nel quale l’unione di giovani e differenti professionalità ha saputo creare economia culturale di qualità. Otto appassionati, diversi per formazione e interessi, che hanno fatto della multidisciplinarità una leva di forza per fare della cultura un business. «Bottega Errante Edizioni ha un catalogo di autori italiani e internazionali di tutto rispetto, pubblica pochi libri all’anno perché crede in un’editoria lenta che non rincorre le novità a tutti i costi – spiega Alessandro Venier, uno dei membri operativi – ma anzi accompagna i suoi autori in un lungo viaggio». Come vi siete incontrati e come avete iniziato questa avventura? «Tutto nasce dalle passioni per le parole, i libri e per il concetto di erranza. Il gruppo originario era formato da differenti professionalità del mondo della cultura unite da un sentire comune; Bottega Errante era una sorta di territorio articolato che comprendeva le attività di organizzazione di rassegne e di laboratori creativi, la produzione e la messa in scena di reading. Nel corso del tempo Bottega Erran44
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te è cresciuta, si è modificata e ha abbracciato anche il mondo dell’editoria e dell’organizzazione di festival. Dopo aver creato la collana Gli Erranti assieme a Ediciclo, nel 2015 è nato il marchio editoriale indipendente Bottega Errante Edizioni, inaugurato con la pubblicazione di Guarneriana Segreta di Angelo Floramo. La passione è diventata un lavoro che riempie felicemente le nostre giornate». Come scegliete gli autori da pubblicare fra classici, saggistica, narrativa e prime traduzioni italiane? «Abbiamo un’idea molto precisa. Il nostro progetto editoriale si divide in tre grandi collane, tutte basate sull’elemento delle narrazioni, dei luoghi e del viaggio. In Estensioni ospitiamo il meglio della letteratura contemporanea e classica dell’Est Europa, in particolare dei Balcani. Amiamo profondamente quest’area, ci andiamo spesso, incontriamo autori, traduttori, case editrici, agenzie. Riteniamo che, sia nella storia che ai tempi nostri, i Balcani siano crocevia sociale, politico, storico, umano di movimenti, tensioni, ideali. In Camera con vista ospitiamo narrazioni (romanzi o racconti) che partono dai luoghi, siano essi fisici o ideali. Nei nostri libri siamo saliti in cima a una montagna, abbiamo frequentato le osterie, siamo entrati e usciti dal carcere, abbiamo coltivato la terra con i matti, abbiamo camminato lungo il confine orientale, abbiamo seguito il corso di un fiume scomparso, abbiamo raccontato il caos. Infine ne Le città invisibili ospitiamo narrazioni urbane, che partono dalle nostre città, dai centri storici e dalle periferie dove abitiamo. Sono giornalisti, scrittori, fotografi, raccontano la parte oscura, meno conosciuta, di luoghi più o meno grandi». Il Friuli Venezia Giulia è una regione dove la gente legge molto, partecipa a festival e vita culturale ma è anche un contesto dai numeri contenuti…
Pagina accanto in apertura, Alessandro Venier, Simone Ciprian e Mauro Daltin di BEE; in basso il logo di Bottega Errante. Qui di fianco, il team di Bottega Errante (Alessandro Venier, Federica Moro, Mauro Daltin, Elisa Copetti e Andrea Visentin) assieme allo scrittore Miljenko Jergović, con il suo libro in mano, a pordenonelegge.it
«Viviamo in un’isola felice per il mondo della lettura e della cultura. Udine, ma in generale tutto il territorio regionale, è ricco di librerie e di luoghi in cui incrociare e respirare cultura. Ci sono festival meravigliosi come pordenonelegge.it, vicino/lontano, èStoria ma anche stagioni teatrali e festival di cinema dal respiro nazionale e internazionale. Con così tanta ricchezza in giro, c’è solo da essere felici». Come si è evoluta nel tempo la vostra attività? «Abbiamo cominciato con l’organizzazione di laboratori e con la produzione e messa in scena di reading, attività che manteniamo e che ancora oggi fanno parte della nostra quotidianità. A tutto questo si sono aggiunte però la direzione artistica e organizzativa di festival (pensiamo soprattutto La Notte dei Lettori e il Festival del Coraggio) e l’attività editoriale con la nascita del marchio BEE - Bottega Errante Edizioni. Da qualche anno la pubblicazione di libri e l’organizzazione di eventi sono diventati il cuore della nostra attività». In un’economia editoriale dominata dai grandi gruppi come vi siete ritagliati un vostro spazio autorevole, premiato dai riscontri di vendite? «Crediamo fortemente nell’editoria indipendente e lenta, nei titoli longevi che non si esauriscono nel giro di una stagione; pensiamo che il catalogo non sia solo la spina dorsale di una casa editrice, ma anche il suo vero capitale, la sua reale anima. Pubblichiamo al massimo 15 titoli all’anno, una scelta precisa che ci permette di curare, promuovere e sostenere ogni libro come merita. Abbiamo un progetto editoriale chiaro: poche collane che hanno determinate caratteristiche di testi, di autori, di grafica; lavoriamo con molto anticipo, programmando le uscite da qui a 2-3 anni; manteniamo viva e costante la comunicazione, l’energia, lo scambio e la condivisione con i redattori, i traduttori, le tipografie, i consulenti, le agenzie, i grafici, gli autori e i librai. E poi crediamo che il grande segreto sia quello di non imbrogliare mai i propri lettori, ma di creare un rapporto di fiducia e di lealtà nei loro confronti». Quando decidete il programma di attività chi impone i paletti dei numeri economici da rispettare? «Essere editori significa sia fare attività culturale sia dover rispondere al mercato. C’è una valutazione complessiva che viene condivisa. Ogni libro deve rispondere anche a un piano economico e quindi per ogni pubblicazione abbiamo singoli obiettivi di vendita e punti di pareggio da rispettare. Il ragionamento è complessivo e riguarda quindi, allo stesso tempo, gli aspetti editoriali, culturali ed economici. Non siamo un circolo culturale, ma un’impresa che deve stare in piedi dal punto di vista economico. Noi, a differenza delle grandi case editrici, non abbiamo un ufficio all’ultimo piano che detta la linea. Siamo liberi e felici di esserlo». Dal pubblico dei vostri corsi e dai lettori dei vostri libri arrivano spunti dei quali tenete conto?
«Abbiamo una rete, fatta sia di lettori sia di consulenti, che quotidianamente ci offre spunti e sguardi privilegiati sul mondo dell’Est Europa. E poi dall’incontro diretto con i lettori, alle fiere o nei festival, possono nascere esperienze interessanti. Da tempo avevamo in mente di pubblicare Le marlboro di Sarajevo di Miljenko Jergović, un libro bellissimo ma introvabile in Italia. Molti lettori ce lo hanno chiesto, più e più volte. Nel 2019 accontenteremo il loro (e nostro) desiderio». Qual è il vostro rapporto con le istituzioni? «Assieme al Comune di Udine e alla Regione Friuli Venezia Giulia realizziamo La Notte dei Lettori, un festival dal respiro nazionale dedicato al mondo dei libri e dei lettori, quel popolo silenzioso di cui troppo spesso ci si dimentica. Il festival, giunto alla sesta edizione, in questi anni ha avuto ospiti come Roberto Vecchioni, Vasco Brondi, Massimo Cirri, Enrico Brizzi, Luigi Lo Cascio. Fondamentale per la riuscita del festival è il coinvolgimento di tutte le librerie cittadine e di molte associazioni che operano nel mondo della lettura. Invece, con il Comune di Cervignano del Friuli, la Fondazione Friuli e la Camera di Commercio di Udine organizziamo il Festival del Coraggio, in cui declinare questa particolare parola attraverso l’esperienza di piccoli e grandi atti di coraggio. Ospiti della prima edizione nel 2018 sono stati, tra gli altri, Federica Angeli, Gherardo Colombo, Paolo Flores D’Arcais e The Leading Guy». Nuovi progetti per l’anno in corso? «Sarà un 2019 intenso e meraviglioso. Il nostro catalogo si arricchirà di 13 nuovi titoli; a breve usciranno La ragazza del bar centrale di Alessandro Toso e Gli occhi di Firenze di Paolo Ciampi, e poi pubblicheremo un inedito del grande scrittore Meša Selimović e il nuovo romanzo di Božidar Stanišić. Come casa editrice parteciperemo ai più importanti appuntamenti editoriali come il Salone del Libro di Torino, BookPride a Milano, il PisaBookFestival e Più Libri Più Liberi a Roma. Saremo presenti, tra gli altri, ai festival vicino/ lontano a Udine, a pordenonelegge.it, al Festival della Letteratura di Mantova e a èStoria a Gorizia. E poi, ovviamente, ci aspetterà l’organizzazione della sesta edizione de La Notte dei Lettori e della seconda edizione del Festival del Coraggio, oltre alla realizzazione di un documentario sulla città di Udine che ci vede tra i collaboratori». Margherita Reguitti |
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ALLA SCOPERTA DI...
SCUOLA E FASCISMO – PRIMA PARTE Servizio di Alberto V. Spanghero
Istruzione
e regime
Dalla Marcia su Roma alla Riforma Gentile: dopo la rapida ascesa, Mussolini individuò nella scuola il contesto più immediato per agire sul modo di vivere e di pensare della gente. Ma nel territorio giuliano l’inizio fu più complicato del previsto.
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Il 9 aprile 1919 nelle ex province austriache di Trento, di Trieste e della contea di Gorizia e Gradisca, annesse al Regno d’Italia, si provvedeva al cambio della valuta. Da più di un anno nei territori sopracitati convivevano sia le corone austriache sia le lire italiane. Per porre fine al cambio “fai da te”, una corona per una lira, il governo italiano aboliva la circolazione delle corone austriache e stabiliva che in tutte le transazioni monetarie il cambio fosse fissato a quello di 60 centesimi di lira per una corona austriaca. Nel territorio di Monfalcone l’anno scolastico 1920-21 si aprì ai primi di ottobre con la messa di inizio anno. Per l’occasione nelle parrocchie di Mon-
falcone, Ronchi, Sagrado, Fogliano, San Pier d’Isonzo, San Canzian, Pieris-Begliano e Turriaco i parroci compilarono l’elenco di tutti gli alunni di sesso maschile e femminile, frequentanti la scuola elementare delle classi prima, seconda, terza, quarta e quinta. Con la lettera del 9 giugno 1921 l’Ufficiale Sanitario consorziale ordinava quanto segue: (…) si rende noto che i luoghi destinati alla visita dei malarici e di tutti quelli che intendono a sottoporsi alla profilassi antimalarica di questo distretto sanitario Consorziale sono Turriaco nelle Scuola Popolare, Begliano-Pieris nell’Ambulatorio Comunale e San Canziano nella Scuola Popolare. Verrà pure praticata la vaccinazione antivaiolosa dei neonati. Ciascun sacerdote dovrà rendere nota la disposizione alla popolazione dal pergamo durante la funzione principale della domenica. All’ora prefissa del giorno in cui avrà luogo la vaccinazione il sacerdote dovrà far suonare una campana. Tutti gli alunni ed alunne delle scuole popolari, senza distinzione verranno vaccinati. Archivio Storico Parrocchiale – Turriaco. Atti e corrispondenza – anni 1921-1940. Busta n° 68. Il Direttore didattico Tarlao. A completamento del quadro scolastico-amministrativo, ancora in fase sperimentale per quanto riguarda il corpo insegnante e la distribuzione delle scolaresche nelle varie scuole e per dare l’avvio alle iscrizioni scolastiche per l’an-
In apertura, l’adunata di Napoli del 24 ottobre 1922. Prove generali per la Marcia su Roma (da Il Piccolo del 19 gennaio 2019). Di fianco, Mussolini nel 1922. Pronto a prendere il potere. 46
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no in corso, il 2 luglio 1921 i dirigenti delle scuole popolari del territorio invitarono i vari uffici parrocchiali, i soli detentori dell’anagrafe e del relativo registro dei nati (baptizatorum), dei morti (mortuorum) e dei matrimoni (matrimoniorum) delle popolazioni a fornire, con sollecitudine, l’elenco dei nati nei vari comuni dal 15 ottobre 1914 al 31 dicembre 1915. Per rimanere all’anno 1921, il Commissariato Civile delle Imposte di Monfalcone, Ufficio speciale per i danni di guerra, facendo proprie le indicazioni del Ministero per le Terre Liberate, invitava la popolazione del Monfalconese a presentare domanda per ottenere il risarcimento dei danni di guerra subiti, allegando alla stessa la relativa documentazione completa di perizie secondo i moduli e le norme previste dalla legge vigente entro e non oltre il 30 aprile 1922. Nell’ottobre 1922 ci fu la “Marcia su Roma” che culminò con la presa del potere politico da parte del partito fascista. Un’impresa che stupì tutti per la rapidità del successo e che molti storici definirono “una buffonata che cambiò i destini dell’Italia e quelli dell’Europa”. Allora nessuno si preoccupò più di tanto anche perché, era noto a tutti, Mussolini proveniva dal partito socialista e il nuovo governo avrebbe fatto la fine di quelli precedenti. Una nota: uno dei pochi, se non l’unico monfalconese, a prendere parte alla Marcia su Roma del 27 ottobre-1 novembre 1922, fu il marchese Bruno Mangilli di Turriaco. Il nipote, prof. Massimo Mangilli Climpson, conserva ancora la medaglia e il diploma di partecipazione con la firma di Mussolini e quelle del quadrumvirato Balbo, Bianchi, De Vecchi e De Bono. La situazione politica del 1922, che portò facilmente il fascismo al potere, fu favorita dal quadro politico di allora estremamente incerto in quanto i socialisti, i cattolici e i liberali furono incapaci di formare un nuovo governo. Il 16 novembre del 1922, così Benito Mussolini si presentò alla Camera dei deputati per ottenere la fiducia: “Potevo fare di quest’aula sorda e grigia un bivacco di manipoli. Potevo sprangare il Parlamento e costituire un Governo composto esclusivamente di fascisti, ma non ho, almeno in questo primo tempo, voluto”. Una volta diventato regime, il fascismo volle una propria scuola che formasse il fascista perfetto, una scuola che potesse agire nell’immediato sul modo di vivere e di pensare della gente. Nell’ottobre del 1922 il filosofo siciliano Giovanni Gentile venne nominato ministro della Pubblica Istruzione nel primo governo Mussolini. Nel dicembre dello stesso anno vengono soppressi i provveditorati provinciali e istituiti quelli regionali. Secondo le linee pedagogiche e filosofiche da lui elaborate già a partire dai primi anni del Novecento, il ministro Gentile riuscì a mettere a punto una riforma della scuola che entrò in vigore il 6 maggio del 1923. La riforma, che Mussolini definì “la più fascista delle riforme”, creò una svolta decisiva nel panorama dell’istruzione: comparvero i Sussidiari che nell’intento dovevano essere più rispettosi della creatività
Il ministro dell’Istruzione Giovanni Gentile
del fanciullo, quasi a portare a una autoeducazione. La legge prevedeva tutta una serie di norme e decreti applicativi riguardo a questi contenuti: lo spirito della riforma, il sistema pedagogico-filosofico, l’amministrazione centrale, l’amministrazione scolastica, il personale, e quindi gli ispettori, direttori didattici, le nomine, i congedi e il pensionamento, lo stato giuridico, l’edilizia scolastica, la scuola privata... Tra gli atti del nuovo gabinetto ci fu quello di ripristinare in tutte le scuole del Regno, “dove l’antireligiosità socialista aveva lasciata la sua impronta distruttrice”, l’esposizione dell’effige del Sovrano, accanto al crocifisso simbolo della fede cristiana. Il Regio Provveditorato agli Studi per la Venezia Giulia nel febbraio del 1924 pubblicò, stampato a Trieste, il bollettino La scuola al confine, definito il principale organo di collegamento fra le autorità e la scuola nei territori annessi. Si trattava di una lunga serie di regolamenti, suddivisi in 77 articoli, tutti volti a una più corretta applicazione dei Regi Decreti relativi alla riforma Gentile del 1923. Si andava dall’insegnamento della religione all’assegnazione delle classi agli insegnanti attraverso una selezione di esperto, molto esperto ed esperto benemerito. Fu preparato un facsimile di pagella scolastica che prevedeva la classificazione dell’alunno attraverso 14 distinte materie, più due relative alla condotta: Qualifica dell’insegnante di religione, Canto, Disegno e belle scrittura, Lettura espressiva e recitazione, Ortografia, Lettura ed esercizi per iscritto in lingua italia|
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Elisabetta Sommariva maestra di Turriaco
na, Aritmetica e contabilità, Nozioni varie, Geografia, Storia, Scienze fisiche e naturali, nozioni organiche d’igiene, Nozioni di diritto ed economia, Lavori donneschi e lavoro manuale, Insegnamenti professionali delle classi integrative. Per la condotta: Volontà e carattere dimostrati nella ginnastica e nei giochi; Rispetto dell’igiene e pulizia della persona. Inoltre fu istituita la figura del medico scolastico e qualora ciò non fosse stato possibile, fu prevista la nomina di un vigilatore sanitario fra il corpo docenti, garantendo così un rapporto fra la scuola e la famiglia. Molti indizi però ci spingono a supporre che nei primi anni di permanenza al potere, il fascismo non esercitasse sulla scuola delle province annesse al Regno d’Italia una completa egemonia. Infatti il giornale Il Piccolo di Trieste nell’aprile del 1924 dava notizia sui contenuti di una conferenza, incentrata sul tema delle tendenze politiche della classe magistrale triestina, tenuta dal prof. Coceancig il quale, senza mezzi termini, affermava che: «la famiglia magistrale, nella sua grande maggioranza, è indifferente ed estranea, se non ostile, al fascismo, sebbene il fascismo stesso rappresenti la “saldezza e unità” nazionali». (Riflessioni tratte da Scuola e Confine di Adriano Andri e Giulio Mellinato. Quaderni di Quale Storia, Sciarada 1994). Nell’arco di pochi anni però i metodi di persuasione messi in atto dalla politica centralista del governo fascista ebbero i loro effetti. Infatti, la riottosa organizzazione scolastica giuliana perse quella caratteristica di “localismo” e si allineò alle direttive fasciste mettendosi mestamente al servizio degli interessi nazionali. 48
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Una incidentale obbligata. A Monfalcone, che nel 1922 contava 12.000 abitanti, per iniziativa di un numeroso gruppo di sportivi, tutti occupati nel locale cantiere navale, veniva fondata nell’aprile di quell’anno una sezione sportiva calcio denominata Gruppo sportivo C.N.T. (Cantiere Navale Triestino) che comprendeva al suo interno varie discipline sportive quali il tiro alla fune, il ciclismo e la ginnastica. Nell’arco di pochi mesi, nel rione di Panzano, adiacente alle abitazioni del cantiere, venne creato un campo sportivo di ridotte dimensioni che serviva alle prime attività agonistiche in ambito aziendale. Nel centro di Monfalcone vi era inoltre un altro campo sportivo denominato Campo sportivo militare. Aggiungiamo per dovere di cronaca che nel 1914 a Monfalcone esisteva già un squadra di calcio (di quella formazione è rimasta solo una foto). Nel giugno 1922, sotto il campanile delle chiesa di Turriaco, veniva fondata la squadra di calcio U.S.I.T., Unione Sportiva Isonzo Turriaco e, per volere di tutti, anche una sezione ciclistica. Il primo direttivo era composto da ragazzi giovanissimi, poco più che adolescenti; basti pensare che il presidente Anselmo Gregorin aveva appena 16 anni. Negli stessi anni nel territorio di Monfalcone nascevano, sull’onda della pace raggiunta, diversi gruppi sportivi tra i quali, nel 1922 a Ronchi il Club ciclistico “Costante Girardengo”. Sempre a Ronchi era attiva una squadretta di calcio dedicata a Guglielmo Oberdan, assorbita poi nel 1924 dal Club Sportivo Cotonificio Brunner. Nel 1925, baciata dell’entusiasmo generale, veniva fondata a Pieris la Società Calcio Pieris, per altro già presente nel 1921, e denominata Football Club Pieris. Erano tempi in cui era sufficiente possedere il solo pallone per formare una squadra di calcio senza iscrizioni a federazioni o cartellini di appartenenza, con la sola soddisfazione e l’orgoglio di rappresentare un personaggio, un paese o un campanile. Con la direttiva del 17 dicembre 1922 il Sottosegretario Dario Lupi inviava a tutti i Regi Provveditori agli studi un invito a provvedere che le scolaresche d’Italia si facessero iniziatrici dell’attuazione di un’idea nobilissima e pietosa: quella di creare in ogni città, in ogni paese, in ogni borgata, la strada o il parco della Rimembranza. Per ogni caduto nella Grande Guerra doveva essere piantato un albero. Al riguardo furono costituiti comitati esecutivi e fu redatto l’elenco dei caduti coinvolgendo scolari e insegnanti. La scelta della specie di piante da mettere a dimora doveva essere fatta tenendo conto del luogo e della latitudine. Anche a Turriaco, come in quasi tutti i paesi del Monfalconese, furono messe a dimora migliaia di piante inalberando così strade statali, vie, piazze e giardini. Al tratto di strada che allora portava dalla piazza Vittorio Emanuele III al luogo dove si teneva dal 1921 il mercato degli animali, conosciuto con l’antico toponimo di “Marcite”, oggi viale Gramsci, fu dato il nome di Viale Regina Elena. Su entrambi i lati fu-
rono messi a dimora un centinaio di piante di noce nazionale. I coculari de le Marcite furono tagliati e venduti a basso prezzo negli anni Sessanta a seguito di un’improvvida decisione del Consiglio comunale di allora. L’attività scolastica in chiave fascista iniziò con il ricordare i “sacri anniversari” del 24 maggio e del 4 novembre, date d’inizio e conclusione della Grande Guerra. Queste due “rimembranze” o “ricordanze” diventarono momenti di esaltazione patriottica di riti collettivi nelle scuole, nelle piazze, presso i municipi e persino nelle chiese. Pertanto il fascismo riempì la scuola di cerimonie distribuendo tessere, diplomi e medaglie di ogni genere nel ricordo di anniversari del re e dei reali, degli eroi e martiri fascisti, affiancate dalle riunioni per ascoltare la radio fascista o vedere film del regime. I testi scolastici diventarono veicolo per esaltare episodi di eroismo della Grande Guerra prima, e del fascismo poi, che naturalmente li fece propri. In tal modo gli alunni di ogni classe furono “usati” a manifestare sia le vittorie della guerra sia quelle del partito fascista al potere. In questa maniera la macchina della scuola diventò luogo e simbolo di lapidi ricordo, lampade votive e di aule con il nome degli eroi, aggiornando poi i loro nomi con quelli dei caduti nella Grande Guerra e nelle guerre d’Indipendenza. Con il decreto n° 53 del 18 gennaio 1923, il governo Mussolini pose termine alla Provincia di Gorizia, dividendone il territorio fra le province di Udine e Trieste. Veniva così cancellata, solo cinque anni dopo la fine della guerra, una delle “Nuove Province” del Regno d’Italia, quella cioè corrispondente all’antica Contea di Gorizia e Gradisca. La motivazione politica di un provvedimento così traumatico era nata in conseguenza dei risultati elettorali del 1921, quando la lista slovena e il partito comunista erano risultati vincitori. Con la divisione della provincia in due i collegi elettorali furono quindi ridisegnati in maniera più “opportuna”. Il 2 gennaio del 1927 la Provincia di Gorizia fu ricostituita, limitatamente però ai territori di Gorizia, Gradisca, Cormòns, Aidussina, Canale, Tolmino, Caporetto, Circhina, Plezzo, Idria, Vipacco e parte di quello di Comeno. Solo nel 1947, con la perdita dei territori passati alla Jugoslavia, tornarono a far parte della provincia isontina anche Monfalcone e Grado. Il 10 dicembre 1925 con Decreto dell’Ispettore scolastico di Trieste fu chiusa a Turriaco la scuola elementare privata della maestra Elisabetta Sommariva vedova Cosani. La “mestra siora Lisetta”, così veniva chiamata in paese, aveva educato generazioni di scolari con diligenza e devozione tutta “Austriaca” e forse per questo la maestra Anna Lupo, di origini siciliane e di idee fasciste, probabilmente gelosa dei successi della “collega”, ne promosse la chiusura. “In quell’occasione nessuno in paese prese le difese della maestra Lisetta e tanto meno si scosse al ringraziamento” (Eugenio Brandl, parroco di Turriaco. Diario pag. relativa all’anno 1925). Il 3 aprile 1926 veniva istituito l’Ente Morale “Opera Nazionale Balilla”, la legge più famosa del Ventennio.
Turriaco 9 luglio 1922. Prima formazione dell’U.S.I.T. Da sinistra in piedi: Anselmo Gregorin, presidente, Annibale Candotti, Bruno Spanghero, Giuseppe Spanghero I, Pacifico Vicario, Severino Vicario, Francesco Martinuzzi, Luciano Fabris, Ottavio Spanghero, Marino Visintin, Ettore Minca, Elio Spanghero, Guido Quaio, Fausto Blasig e Gasparo Clemente. Seduti: Giovanni Colautti, Erminio Clemente, Giuseppe Spanghero II, Valerio Bergamasco e Enrico Sullig.
1914, la prima formazione Calcio Monfalcone; da sinistra Marinovich E., Nicoli, Decleva, Lulich A., Mazzoli, Bisiach, Fedel, Marelia, Victovich, Drioli, Marinovich M.
Pieris, 1922. La prima formazione del Calcio Pieris. Da sinistra in alto, Rossi P., Rossi F., De Luisa M., Fasan D, Furlan B., Colautti G., De Martin V., Zorzin E., Fasan M., Furlan G., Miloch A.
Il “Ventennio” fu caratterizzato da una martellante propaganda social-populista nelle scuole tanto che insegnanti e politici dovettero inserire nei programmi scolastici tutta una serie di iniziative aggiornate alle normative e al clima politico imperante con il motto “Libro e moschetto”, oppure ispirate alla triplice parola d’ordine “Dio, Patria e Famiglia”.
Alberto Vittorio Spanghero
Ricercatore e storico di Turriaco
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SAN MARCO A FOSSALON Servizio di Vanni Feresin
La nascita di una comunità Dopo la bonifica degli anni ’30, il territorio di Fossalon si trasformò rapidamente da palude a centro abitato. E dalle cronache parrocchiali emergono dettagli sorprendenti. Come le contrapposizioni politiche tra Democrazia cristiana ed estrema sinistra.
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Nel 1944, il primo vicario autonomo don Antonio Incao, nativo di Rovigo, iniziava la stesura delle cronache parrocchiali ricordando che Fossalon «dieci anni fa era una palude formata dalla terra portata dal fiume Isonzo e in parte dalle sabbie del mare che rimanevano scoperte dall’acqua. Fu comperata dall’Ente Nazionale Rinascita Agraria per la bonifica delle Tre Venezie, che più tardi fu denominato Ente Nazionale Tre Venezie per la bonifica delle Tre Venezie e la zona fu battezzata: Tenuta “la Vittoria” Fossalon». Per bonificare questo territorio fu costruito tutto intorno un grande argine, iniziato nel 1933 e ultimato nel 1937. La zona quindi divenne un’isola del Litorale Adriatico, divisa regolarmente da un idrovoro. Nel 1936 si iniziarono i lavori agricoli su un territorio che copriva 2.200 ettari, di cui 200 ettari adibiti a valle per la pesca. Fossalon apparteneva, e appartiene tuttora, al Comune di Grado; gli abitanti negli anni Quaranta del Novecento erano circa quattrocento e dimoravano in abitazioni costruite dall’Ente Nazionale Tre Venezie.
La nuova vicarìa
Altezza l’Arcivescovo Carlo Margotti la celebrazione di una S. Messa domenicale, nell’anno 1941, ci fu pure concesso nell’anno 1942 il permesso di battezzare. Solo alla fine di questo anno però s’è potuto ottenere dall’Ente una sala che viene esclusivamente adibita a cappella fino a che non sarà costruita la chiesa quando le dure circostanze della guerra lo permetteranno. Sua Altezza l’Arcivescovo Carlo Margotti visitò nel 1943 la Cappella e conferì la S. Cresima a persone del luogo e a soldati in servizio nel posto”. Il sacerdote però non risiedeva a Fossalon ma vi giungeva per la messa domenicale. Nel 1944, vista la necessità di avere una assistenza spirituale fissa sul territorio, l’arcivescovo Carlo Margotti concesse la creazione di una nuova vicarìa autonoma, come si legge dal decreto del 7 settembre 1944 “Auditus ad normam Juris Canonici Ven. Capitulo Metropolitano et Rev.mo Archipresbyero de Grado, ac favorabili ab illis accepto voto, praesentibus nostris locum vulgo Fossalon, erigimus in curam autonomam vicarialem, cum finibus hodie existentibus inter Novam Vicariam et paroecias circumstantes, nempe S. Laurentii de Fiumicello, de Belvedere, de Grado, et de Isola Morosini”.
Scriveva don Antonio Incao: “La popolazione del luogo dipendeva dalla parrocchia dei Ss. Ermacora e In apertura, arcivescovo Giovanni Giacinto AmFortunato di Grado. Per la distanza dalla chiesa par- brosi all’inaugurazione del nuovo tempio di Fossalon rocchiale e per il numero di abitanti fu permessa da S. nell’ottobre 1959. 50
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I sacerdoti
In pochi anni (1944-1947) si successero diversi reggenti della nuova vicarìa: dopo Antonio Incao (1944-1946) fu la volta di don Stanislao Zerial (aprile-agosto 1946), Narciso Miniussi (pochi giorni 1946), Antonio Desanti (settembre 1946-agosto 1947), Antonio Agostini che rimase in carica dal 1947 al 1955, poi don Antonio Rampazzo fino al 1970 e in ultimo don Edoardo Gasperini. La piccola chiesa rimase in funzione per molti anni ma come si legge dalle cronache mancavano le suppellettili liturgiche e il tempio era molto povero. 31 luglio 1946: “La nostra chiesa è troppo povera di paramenti e biancheria. O’ chiesto aiuti a Gorizia. Ci è stata donata molta roba. Si sono distinte le Ancelle di Gesù bambino, le Notre Dame, le suore della Provvidenza”. Il 3 febbraio 1948 venne inaugurato l’altare provvisorio di Sant’Antonio e la vita della comunità era segnata dagli eventi nazionali: di lì a pochi giorni ci sarebbero state le storiche elezioni politiche. Marzo 1948: “Ottimamente riuscita la Settimana della Croce. Turni di preghiera, predicazioni. Pure la Settimana Santa è ben riuscita. A Pasqua però molte SS. Comunioni di meno che a Natale e molti uomini sono in grave crisi di coscienza. Le disposizioni dell’Episcopato sono rispettate, quindi meno frequenza ai SS. Sacramenti degli iscritti ai partiti di estrema sinistra”. Il 18 aprile del 1948 don Antonio Agostini registra i risultati elettorali nelle cronache parrocchiali: “Elezioni: risultato migliore del previsto. In due mesi s’è fatto molta strada. Elettori 94% - F.P. 120 - D. 94; per il Senato la D.C. vince di 4 voti con gli altri partiti; per la Camera 9 voti in meno. Il Fossalon si è dimostrato cristiano e fedele ai principi religiosi; purtroppo per essere poveri braccianti molti si sono lasciati trascinare da false promesse. Chi nulla ha, troppo appetisce”.
Le prime colonie
Anche a Fossalon giungono i contributi per le colonie al mare e così il primo luglio 1948 si legge “Grandi novità per il Fossalon! Si inaugura la Colonia Marina Diurna - Il Vicario ha ottenuto i fondi per finanziare due mesi di colonie al mare. L’Ente Tre Venezie costruisce il Refettorio, la Direzione, gli spogliatoi. Settanta bimbi godono ottimo cibo e tanto sole. La popolazione, occupatissima in questi mesi di estenuante lavoro, è felicissima di affidare i bimbi alla Colonia. I bisognosi di montagna sono mandati a Lusnizza e a Valbruna (Tarvisiano). Tanto al mare che ai monti i bimbi sono mandati completamente gratis. L’opera del Vicario è molto riconosciuta e la gente si dimostra riconoscente”. Il 1948 è un anno di grandi attività e novità per la piccola comunità, infatti il 7 novembre viene inaugurato il ponte girevole. L’entusiasta sacerdote ascrisse l’evento con toni trionfalistici: “Gran festa al Fossalon. Si può dire che appena oggi comincia la vera storia di questa bonifica. Oggi si è inaugurato il ponte girevole che unisce il Fossalon alla terra ferma, al suo retroterra. Il Vicario era presente in nome di Sua Altezza il Principe Arcivescovo impossibilitato a venire [...]. Da oggi saranno fatti passi da gigante. L’otto dicembre si appalteranno i lavori per le scuole”.
Il primo patrono e le scuole
Il 25 aprile 1949 si svolse il primo festeggiamento ufficiale del patrono, così si precisava nel diario parrocchiale:
“S. Marco, prima solennità del Patrono! Prime Ss. Comunioni. Funziona il Rettore del Seminario mons. Soranzo. La festa riesce bene”. Di lì a poco viene benedetta la prima pietra delle nuove scuole: “Finalmente la bella cerimonia della posa e benedizione della prima pietra delle nuove scuole. È prossima anche la costruzione del Cimitero. la commissione prefettizia è stata già [informata] e tutto è combinato. Ora al Comune di Grado cominciare la costruzione!”. Anche nel 1949 le colonie hanno una grande importanza per la comunità, tanto da essere visitate da molte autorità; così scriveva don Agostini: “Con la partecipazione di Autorità si è chiuso l’anno scolastico dell’asilo e sono aperte le colonie diurne alla nostra bella spiaggia. Quanto sono felici i bimbi e quanta gioia in tutti! C’è veramente da ringraziare Iddio per questo grande dono della colonia molto si ripromettono i bambini e i genitori. Le colonie rimangono visitate da diverse autorità prefettizie e provinciali che dimostrano la loro ammirazione ed esprimono la loro compiacenza”.
Le nuove campane
Anche se la piccola chiesa provvisoria continuava a essere il cuore religioso della comunità, il vicario autonomo don Antonio Agostini iniziò a porre le basi per quella che sarà la nuova chiesa di Fossalon. In agosto giunsero le nuove campane dedicate al patrono San Marco, alla Beata Vergine Assunta e a Sant’Antonio e formavano un concerto Do, Re, Mi molto apprezzato dalla popolazione locale. Continua il racconto del cronista: “Ormai suonano a distesa le campane al Fossalon e la palude che una volta era mortale per la malaria, oggi ride nella fresca e verde bellezza dei suoi campi. Godono i lunghi filari di pioppi, godono i dolci tramonti verso Barbana, e i buoni fedeli si scoprono e pregano l’Angelus. Ormai hanno ritrovato la voce amica della campana. Ora si può nascere e sposare con più dignità: si può anche morire perché c’è una voce di più che piange ed invita all’estremo saluto. Oggi non si ricevono più i sacrifici, i lunghi calcoli, le delusioni, poi ancora speranze... oggi si gode nel Signore. Ancora una volta: qui seminat in lacrimis in escultatione metet!” Il 14 settembre 1949, un mese esatto dall’inaugurazione del nuovo concerto di campane, il sacerdote annotò che le prime attività epistolari per la realizzazione della nuova chiesa erano state intraprese: “Anche durante l’ultima visita di S. A. mons. Arcivescovo si è tanto parlato della Chiesa. L’attuale Cappella è assolutamente insufficiente. I fedeli non possono esser contenuti. D’inverno si gela e d’estate si muore. Infine bisogna pure dire che è una “stalla” adattata a Cappella. Anche l’Arcivescovo pubblicamente ha riscontrato che la frequenza dei fedeli aumenta. A distanza di un anno, quasi il Fossalon non si riconosce più. La popolazione è in continuo aumento, da Capodanno a oggi 21 battesimi in circa 800 abitanti”. Ma per giungere a conclusione del grande progetto dovrà passare ancora un decennio. Vanni Feresin
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ALLA SCOPERTA DI...
I nomi
TOPONOMASTICA DELLA BISIACARIA Servizio di Renato Duca e Renato Cosma
del territorio
Un patrimonio corposo e variegato, che richiama ed evidenzia storia, ambiente, insediamenti umani, usi e costumanze di una zona singolare delimitata da Timavo, Isonzo, Carso e Mare Adriatico.
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La toponomastica è una disciplina che concorre alla ricostruzione di tradizioni, fatti ed eventi del passato di una località, di un paese, di un territorio attraverso lo studio e la spiegazione dei nomi, soprattutto laddove più marcate risultano le trasformazioni prodotte nel tempo dalla pressione antropica e dallo sviluppo socio-economico. In questo quadro, appare interessante focalizzare l’attenzione sulla realtà toponomastica presente nella parte meridionale dell’Isontino, un’area nota col termine di Bisiacaria, ma anche di Territorio di Monfalcone o Territorio e, pure, di Agro Monfalconese. Un patrimonio corposo e variegato, che richiama ed evidenzia storia, ambiente, insediamenti umani, usi e costumanze di una zona singolare delimitata da Timavo, Isonzo, Carso e Mare Adriatico. Una ‘ricchezza’ da preservare gelosamente assieme alla ‘parlata’, un retaggio culturale meritevole di attenta e sistematica indagine e continuo approfondimento. La dizione di Territorio di Monfalcone (Territorio) risale al XV sec. ed è legata alla tradizione friulana e veneta (Patria del Friuli); quella di Agro Monfalconese, invece, è più recente, poiché frutto della letteratura agraria della seconda metà dell’Ottocento e dei primi decenni del Novecento, coeva delle iniziative e degli interventi che donarono al Monfalconese il beneficio dell’irrigazione e del risanamento idraulico e igienico sanitario. 52
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La toponomastica off re, pertanto, un contributo importante per la lettura delle vicende antiche e recenti del Territorio e un’occasione per ribadire l’entità e la specificità dei termini formatisi nel corso di un lungo arco temporale, caratterizzato da vari ‘passaggi politici’ imposti dalla storia, almeno dal X secolo (Longobardi e Franchi, Patriarcato Aquileiese, Patria del Friuli, dominio Asburgico, Amministrazione italiana). Per l’analisi di tali termini va fatto affidamento soprattutto sulla circostanziata e pregevole ricerca di Maurizio Puntin (Dei nomi dei Luoghi-Toponomastica storica del Territorio di Monfalcone e del Comune di Sagrado, 20032010), nonché sull’opera di ampio respiro scientifico di Cornelio Cesare Desinan, riguardante l’intero ambito regionale (Agricoltura e vita rurale nella toponomastica del Friuli-Venezia Giulia, 1982) e su taluni lavori di studiosi del passato e contemporanei, in primis dello storico Silvio Domini. Diversi toponimi, particolarmente quelli legati agli insediamenti, sono riportati già in atti del X secolo, ma è dalla ricca cartografia veneziana e asburgica (militare e catastale) che proviene una testimonianza concreta e ripetuta dei caratteri di queste nostre contrade. Essa, infatti, fornisce preziose notizie sull’idrografia, sulla viabilità, sullo sviluppo degli insediamenti e sulle modificazioni del paesaggio-ambiente e permette di acquisire, grazie all’impareggiabile
Pagina accanto: suggestiva immagine del fiume Timavo (ph. Claudio Pizzin). Qui di fianco: toponimi in mappe e documenti
supporto dei ‘periti’ veneti e degli ‘agrimensori’ austriaci, un panorama toponomastico locale cospicuo e vario. Le acque del Territorio, così copiose e vitali, sono strettamente connesse alla sua storia più che millenaria tramite due fiumi emblematici, il Timavo e l’Isonzo. La cartografia degli anni a cavallo tra Settecento e Novecento mostra chiaramente come i vari corsi d’acqua, originati dalla risorgenza isontina e dagli apporti dei bacini carsici, incidessero profondamente la pianura monfalconese, da cui le tante roje, ora irrimediabilmente modificate o addirittura cancellate: le Rogge di Sagrado e di Turriaco, il Brancolo (con gli affluenti Roja di S. Canziano, Gorgat, Jadinaz, Riva di Cop, Roja di Bistrigna), il Fiumicino, la Cavana, la Correntia (Quarantia), lo Sdobba, il Canal Panzano o Fiume della Posta (con gli affluenti Roggia di Panzano o degli Schiavetti, Roggia San Giusto o Roggia di Monfalcone), Roggia Rosega, Roggia Molinat, il Locavaz (con gli affluenti Roggia Moschenizza, Roggia dei Tavoloni-Fontanelle, Fiume dei Bagni), infi ne le Rogge Creton e Diavolo Zoppo. Ma pure gli ‘idronimi’ con riferimento anche ad arginature e ripari di difesa: Bevarie, Brechi, Brodici, Cavana, Cavedoni, Clici, Corentia (Quarantia), Fiumesino, Fontanelle, Grodate, Marinetta, Raparoni, Risera, Rivata, Rondon, Sdoba, Sguaz, Studens, ecc. Quelle acque, nei secoli, particolarmente nella parte meridionale del Territorio, contribuirono alla formazione di diversi comparti paludosi a ognuno dei quali il costume locale attribuì curiose denominazioni, note ancor oggi, ma sempre meno usate nella parlata corrente: Palude della Moschenizza, P. della Risaia, P. Balo-Sfondra-Marinetta, P. del Lisert, P. Rebaz, P. della Posta o di Panzano, P. Serraglio, P. Grande (successivamente P. Risaia, P. Serrato, Serrajetto, P. Aperto, P. del Conte Checco, P. Alberone, P. Tientinbone), P. della Cona, P. del Malipiero (Isola della Pietra Rossa o Isola Morosini). Singolari, poi, i nomi assegnati a taluni mulini sparsi nel Territorio, qualcuno di origine antica
(XIV sec.), tutti comunque legati alla località o alla roggia che dava loro forza motrice: Molino Rondon (S. Canziano); M. di Reis (M. della Risaia), M. di Sdobba e M. delle Colos’cie-Coloschie (Staranzano); M. degli Schiavetti, Molinat, M. della Moschenizza, M. di Pietrarossa-Sablici (Monfalcone); M. Sardotsch (Duino). Oggi, molti di quei corsi d’acqua e tutti gli specchi paludosi e i mulini sono scomparsi in seguito ai lavori novecenteschi di bonifica integrale, di miglioramento fondiario, agli insediamenti industriali e alle iniziative nautico-balneari. Peraltro, va ricordato che nell’Agro Monfalconese le innovazioni irrigue e le sistemazioni idrauliche e agrarie non hanno introdotto una specifica toponomastica, come è invece avvenuto nel Basso Piave, nel Polesine e anche nella Bassa Friulana, sia pure in misura minore. Ciò, perché in Bisiacaria la bonifica più che creare nuove terre da destinare alle pratiche agricole, ha migliorato quelle esistenti, aumentandone la produttività, elevando le condizioni di vita e di lavoro nelle campagne e stimolando la crescita socio-economica in concorso con altre attività. Numerosi e variamente localizzati risultano gli ‘etimi’ relativi a flora spontanea arborea e arbustiva: Albaroni, Boschetta, Cona, Saletto, Stropari, ecc. Diff usi appaiono gli ‘oronimi’, ovvero i toponimi legati a forma e qualità del terreno: Alture, Barene, Basse, Busata, Coz, Dulina, Fondi Magri, Giarate, Grubie, Paludetti, Pascoli, Sabioni, ecc.. Poi, i ‘prediali’ (Cassegliano, Soleschiano, Staranzano) e, infi ne, meritano una particolare attenzione gli ‘antroponimi’ come Blason, C. Bortolo, Toderi, PontgibaudPongibò-Tientinbon, ecc. e i ‘toponimi religiosi’ come Anconetta, Capitei, Marzelliana, Marcorina, S. Antonio, S. Paolo, S. Poletto.
Renato Duca e Renato Cosma
Renato Duca è stato direttore del Consorzio di bonifica Bassa Friulana; Renato Cosma è stato condirettore del Consorzio di bonifica Pianura Isontina |
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NONNO MILIC Intervista di Michele D’Urso
Sto Let. Cent’anni Primogenito di una coppia di cittadini austriaci di nazionalità slovena che, senza spostarsi di casa, era diventata italiana pochi mesi prima della sua nascita. Soldato e partigiano, premiato dal Presidente della Repubblica. La vita lunga un secolo di un uomo senza confini.
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Il Nonno ci attende al crepuscolo, seduto sotto la spoglia pergola di gennaio che adorna l’ingresso della casa di famiglia, quella dove lui è nato, cento anni fa. «Dober večer, buona sera. Kako ste? Come state?» Lui risponde solo in italiano, sa bene chi sono e conosce il motivo della mia visita: farmi raccontare un po’ di quel Novecento che lui ha vissuto in lungo e in largo. Perché è questo che io voglio da lui, fresco centenario, farmi portare a spasso nel tempo; voglio sentire l’eco delle parole di Mussolini, Churchill, Tito e tanti altri, ripetute da chi era presente. Voglio sentire lo stridio dei cingoli dei corazzati di El Alamein e il profumo del mosto fresco del Terrano portato in volo dalla Bora forte di cento anni fa, quella che ribaltava i tram e che adesso non soffia più così. Voglio assistere alla prima trasmissione televisiva italiana e ballare il Mambo Triestino che nasceva scopiazzando il Rock and roll di quando Trieste era America. Voglio tutto questo, e nonno Milič lo sa eccome. La mia vita ci sta quasi due volte nella sua. Con quanti uomini avrà parlato prima di me? Quanta gente ha visto nascere, amarsi, odiarsi, morire? Una volta mi trovai a discutere di storia con un uomo di medicina dei nativi dell’Isola delle Tartarughe. Gli dissi che secondo me la loro storia narrata era meno precisa della nostra scritta. Allora lui mi chiese: «Quanto è grande un libro?» Io mostrai le dimensioni approssimandole con le mani. «E tu vorresti che duemila anni di storia stiano in un libro così piccolo?» Aveva ragione. Come faccio ora a narrare i cento anni di nonno Alojz Milič in un articolo così breve? 54
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«Prima de tuto mejo se entremo in casa». A tirarmi fuori dalla mia baraonda mentale ci pensa proprio lui, l’esperto, invitando con il braccio ad appressarci all’uscio, premurosamente anche nei confronti di Valentina, il mio gancio per l’intervista, la moglie di suo nipote (vnuk) Damjan, e che è al sesto mese di gravidanza. Il o la bisnipote di nonno Milič nascerà nell’anno 2019, a un secolo esatto di distanza dalla sua nascita. Stoletje, un secolo, e il sangue che scorre nelle vene di Nonno Milič si arricchirà di un nuovo fiume di vita. Ci sediamo attorno al tavolo della cucina; lui è un po’ sordo, ma anche la mia voce non è delle più chiare, perché sono molto emozionato. «Quando siete nato?», Valentina traduce Kdaj ste se rodili? Nonno Milič non risponde, ma ha sentito. Vuole dirmi tante cose e anche lui non sa da dove cominciare, perché i ricordi si affollano disordinatamente all’ingresso delle sue corde vocali. Decide di alzarsi, raggiunge il mobile che sta alle sue spalle, apre un cassetto e comincia a tirare fuori carte. Passaporti, tessere dell’ANPI, foglio matricolare militare, foto di famiglia, cartoline e altro ancora, che depone sul tavolo davanti a me. Dal foglio matricolare militare si legge la sua data di nascita: 9 gennaio 1919. Pochi giorni dopo la mia intervista, in paese a Rupingrande (Repen), capoluogo del comune di Monrupino, sono previsti grandi festeggiamenti ufficiali con le autorità. Continuo a sfogliare i documenti, ma leggo un nome strano: Emili Luigi. Chi è? È sempre lui, nonno Alojz Milič, con nome e cognome cambiati coattivamente dall’amministrazione italiana Sopra, nonno Milič tra il nipote Damjan e sua moglie Valentina; pagina accanto, una foto di Milič in gioventù.
fascista. Poi, come se la storia restituisse giustizia, la correzione; il cognome Emili depennato con tratti inclinati e paralleli, il simbolo dell’annullamento per antonomasia, e ricompare Milič; però Luigi resta al posto di Alojz. Ma in fondo queste sono cose da uomini, cose dappoco, perché il nome con il quale Madre Terra riconosce lo spirito di nonno Milič è un altro: Čeldin’ve. I Milič sono tanti in tutto il Carso e oltre, ma di Čeldin’ve c’è una casata sola. Il soprannome deriva dalla parola “Čelo”, che significa fronte, ed era stato appioppato alla loro famiglia non tanto per via della ereditaria fronte alta, quanto per una certa cocciutaggine caratteriale dei suoi componenti. I testardi, mi viene da tradurlo. E bisogna essere davvero testardi e determinati per collegare fra loro due secoli. Alojz è il primogenito di una coppia di cittadini austriaci di nazionalità slovena, che senza spostarsi di casa, come per tanti loro connazionali, era diventata italiana pochi mesi prima della sua nascita. Primo e unico maschio di una famiglia che dopo di lui aggiungerà nove femmine per propagare l’eredità dei “testardi”, delle quali tre sono ancora in vita e a cui auguriamo di raggiungere i traguardi del loro fratello maggiore. «Mi guidavo el camion, e gavevo la mapa che colegava le tre zità. Dormivo anca soto el Camion». I ricordi hanno cominciato a muovere le corde vocali, il triestino “krašuko” delle sue parole è una melodia che sa di vita in tutte le sue forme, dalle gioie alle sofferenze. Questo a El Alamein? «Dormivo soto el camion perché là jera forte sbalzo termico, de giorno arrostiva, ma la notte, al mattino coperto tutto di brina, allora jera mejo dormir soto el camion. E son anca vignudo a casa col camion». Tornato a casa con il camion? «Nel ’45. Me ga autorizado gli americani, e gavevo el fojo de via dove jera notade tute le zità e i punti che dovevo tocar. Son tornado a casa dopo cinque anni». Qui dice che lei è stato chiamato alla visita di leva anticipata con la classe 1918, e che è partito militare all’inizio del 1939, e sempre nel 1939 è stato trattenuto alle armi. Quindi se è tornato a casa nel 1945, è mancato da casa sette anni pieni. «Si, sarà. E chi se ricorda. Son sta mandà in tante zità, Verona, e poi una ke jera belisima, Bardonecchia, vicin al confin francese, e poi da lì inviadi a Taranto e imbarcadi per la Libia. Anche a El Alamein avevo il camion, e poi son stà fato prigioniero tre volte, la prima degli inglesi, vizin a quela zità, Ssandria, o come che xe disi…» Alessandria d’Egitto. «Poi son pasado soto i Francesi, o jera un che voleva per forza impararne el francese, e poi son sta fato prigioniero de novo». Lei è stato anche partigiano, Prekomorska brigade, la brigata che attraversa il mare, con tanto di Diploma d’Onore al Combattente per la libertà d’Italia 1943-1945, rilasciato il 19 giugno 1984 dall’allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini e dal Ministro della Difesa Giovanni Spadolini. Vuol dire che siete stati addestrati
dagli alleati e poi inviati a far parte delle truppe partigiane che risalendo i Balcani sono rientrate in Italia? «Mancava l’acqua, non te ne trovavi da nisuna parte, io per fortuna gavevo sempre la borraccia con me, ma gli inglesi no gavevano acqua per tutti noi; un “sluk” doveva bastarte per giorni, e cusì ga fato la decimazion e ne gà fato scampar...» Ho sentito già la storia da altri reduci; mi hanno detto che siete stati fatti prigionieri in oltre 300.000 e che gli inglesi, non avendo viveri nemmeno per loro, hanno minacciato la decimazione ma hanno lasciato i cancelli dei campi di prigionia aperti, e così la maggior parte di voi è riuscita a scappare e, con “passaggi di fortuna”, arrivare in Grecia e poi da lì risalire verso l’Italia… «Ierimo tanti, ma americani bombardava sulle colonne in ritirata e ore intiere pasade drio un mureto a spetar che finisi i bombardamenti, perché no podevimo far altro. Quando jera pausa qualche volta cercavo di metterme in contatto con Škabar, un mio paesano che abitava qui sotto, ma che non c’è più da tanto tempo. O mandavi cartoline, io scrivevo a una zia che stava de casa nella valle del Vipacco, a Brajnik. Poi tornati, quando era Zona A e Zona B, ci vennero a trovare mia suocera e le fidanzate dei miei due commilitoni». L’intreccio dei ricordi è troppo intricato perché ne avessi una descrizione più esauriente. Avrei voluto di più; avrei voluto farla prima questa intervista, qualche anno fa, quando sarebbe stato più facile permettere alla voce del cuore di tirare fuori i ricordi dai meandri della memoria. Ma i messaggi di nonno Milič sono chiari comunque. Cosa ha detto in chiusura? Che vennero a trovarli le fidanzate. Già, l’amore è l’arma più grande e potente, è quello che ti fa superare i tuoi limiti, sopravvivere alle guerre e ad altre avversità della vita. Nonno Milič ha amato e onorato l’amore. Ha festeggiato le nozze di diamante con la sua amata Angela, scomparsa nel 2009, ed è stato papà per tre volte |
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di tre maschi: Janko, il primogenito (scomparso prematuramente all’età di sette anni per una banale appendicite), Lorenzo (Renzo) e Walter, e da loro ha avuto nipoti e pronipoti. Tutti Vnuk, ovvero nipote di nonni, non di zii, che invece è Nečak. Una differenza che in italiano si perde, ma che è invece molto significativa, perché il termine preciso che traduce nonno, Stari Oče, letteralmente Vecchio Padre, rende meglio la differenza fra i due tipi di nipoti esistenti. Ma il messaggio di amore non si esaurisce solo verso la famiglia, va verso l’umanità intera, perché nel cuore di nonno Alojz non esistono più confini; li ha abbattuti tutti. E lo dimostra il fatto che lui, di madrelingua slovena, che a casa parla in sloveno, sogna ricorrentemente in italiano di trovarsi ancora al fronte e di presentarsi come italiano, contesto per il quale ha ricevuto la croce di merito proprio dall’Esercito Italiano. Ma essendo stato anche partigiano, ha il diploma rilasciato da un presidente come Pertini. Non è questa la dimostrazione di quanto siano assurdi i confini, le fazioni, i ghetti, nei quali la nostra variopinta umanità si rinchiude da sola? Partigiano e soldato, e in entrambi i casi premiato. Questo risulterà incomprensibile a chi non ha mai vissuto un confine, ma noi che questo confine lo viviamo sulla nostra pelle, esaltiamo le cose che abbiamo in comune, non le differenze. Qualcuno obietterà che nonno Milič non è un famoso letterato come Boris Pahor, né un artista come Lojze Spacal, quindi che altro può trasmettere un uomo ‘normale’? In fondo lui ha fatto solo il capo squadra della manutenzione in Ferrovia (rinunciando al passaggio a Capo Tecnico perché questo lo avrebbe allontanato dal suo amato Carso e dai suoi cari, cosa già avvenuta per troppo tempo), ha fatto parte del consiglio comunale per qualche mandato, e possiamo aggiungere che ha prodotto dalle storiche e cocciute vigne dei Čeldin’ve un eccellente vino Terrano, apprezzato ancora oggi dagli esperti del settore, trasmettendo questa nobile arte di vignaiolo a figli e nipoti. Cos’altro può trasmettere un uomo normale? Invece c’è molto altro, perché, per esempio, andare a vendemmiare fino a 98 anni suonati (“Il movimento è vita”) porta il suo esempio di laboriosità a cinque generazioni. Nonno Milič ha avuto sempre la forza di distinguere il bene dal male, non facendo di tutta l’erba un fascio fra coloro che gli hanno cambiato i connotati e istigato alla rivendicazione ma, apprezzando gli uomini di buona volontà, ha sostenuto tutto il processo di pace che noi oggi viviamo e che ha portato alla creazione di quest’Europa. Come un solido ponte unisce le due sponde di un fiume, Nonno Milič, con le sue cento primavere, collega due culture, quella slovena e quella italiana, due modi diversi di vedere le cose, affinché tutto proceda verso la pace. Lui è tutto questo. Ma cento anni non si possono raccontare in un articolo; e nemmeno in un libro bello grosso, perché l’amore non si può misurare a chili
La Croce al Merito di Guerra consegnata a Milič il 5 luglio 1973
Diploma d’onore conferito a Alojz Milič dal Presidente della Repubblica Sandro Pertini. o a litri, ma lo si può solo percepire. E dire che Nonno Milič è anche mio nonno, il nostro nonno, è rendere omaggio alla parte nobile della razza umana, che spesso dimentica l’unicità del nostro destino barricandosi dietro muri linguistici o altro. Brez meje. Senza confini, questo è l’amore trasmesso da Nonno Milič a tutti noi. Per questo posso solo scrivere grazie Nonno Milič, per tutto quello che hai fatto e che farai. Stari Oče, Najlepša Hvala za vseh ...iz srca! Michele D’Urso |
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AIELLO DEL FRIULI Servizio di Michele Tomaselli Immagini di Aurelio Pantanali
Il paese delle meridiane Tutto è cambiato 700 anni fa, con l’avvento dell’orologio meccanico. Ma ancora oggi la luce solare indica con precisione le ore del giorno. Lo sa bene questo comune della bassa friulana, un luogo dov’è impossibile perdere la cognizione del tempo.
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Domenica 28 aprile 2019 Aiello del Friuli ospiterà la diciannovesima Festa delle Meridiane, con un programma ricco di incontri, mostre, mercatini, esposizioni, giochi popolari e spettacoli. Dopo un lungo lavoro di ricerca, il Comune di Dael (in friulano, ndr), che per secoli fu controllato dagli Asburgo, assurgendo a salotto buono della Belle Epoque ma poi ridimensionato dall’annessione all’Italia, è rifiorito grazie a un’elegante iniziativa. Un progetto ideato per riportare in vita gli orologi solari coinvolgendo l’intera cittadinanza, diverse abitazioni e ben 65 artisti. La meridiana (o orologio o quadrante solare) non è altro che uno strumento col quale si può misurare lo scorrere del tempo, tramite l’ombra generata
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dal sole, proveniente da un bastoncino, noto come gnomone. Esistono meridiane di diversa forma: orizzontale, verticale, equatoriale, a dittico, a elevazione, a riflessione. In un susseguirsi di creazioni e sperimentazioni, il loro innesto ha mutato scenari di vie e piazze, creando suggestivi e fecondi sodalizi tra l’architettura, la scultura e la pittura. Sono diversi i modelli dipinti o scolpiti sulle facciate delle case e che presentano motti dedicati al sole, al tempo e alla vita e che inoltre, grazie a particolari scritte in italiano, friulano, latino, greco e arabo, inducono l’osservatore alla riflessione filosofica. Un repertorio iconografico singolare, dalle svariate forme, unico e incomparabile: studiato peraltro su ogni singolo edificio. Oggi, grazie al Circolo culturale Navarca e al suo presidente Aurelio Pantanali, Aiello ha conquista-
Pagina accanto in apertura, Banda Uanis, Complesso gnomonico Meridiana Universale; in basso da sinistra, Casa Malacrea Pinat, meridiana realizzata dal fabbro Gianni Pinat di Aiello; La Vila, meridiana in creta (autore Sergio Micco di Sammardenchia di Tarcento). Qui di fianco, Pascut, meridiana su ceramica di casa MalacreaFerlat (autrice Anna Di Vincenzo di Strassoldo).
to la fama di “paese delle meridiane”, un patrimonio gnomonico ricchissimo che annovera oltre 100 meridiane (circa una ogni venti abitanti), ma il numero è in continua crescita. Non esiste nessun luogo al mondo che presenta tanti orologi solari in uno spazio così contenuto. La presenza è tale da poter organizzare dei veri e propri itinerari alla loro scoperta. Motivo per cui il paese viene idealmente diviso in sette zone. La zona 1, chiamata “Banda Crauì”, lungo le vie Marconi, Alfieri e Casa Bianca ne include 12; la zona 2, detta “La Vila”, vicino alla Chiesa, ne annovera 11, tra cui la particolare sfera armillare; la zona 3, soprannominata “Borc dai Fraris”, tra via Battisti e via dai Fraris ne registra 10; la zona 4, denominata “Pascut”, tra via Petrarca e via Alighieri ne contiene 33, di cui 20 inserite nel Museo della Civiltà Contadina del Friuli Imperiale; la zona 5, nominata “Moravissa”, ne accoglie 12, distribuite tra via Manzoni e via Cavour; la zona 6, denominata “Banda Uànis”, ne comprende 15 lungo via Cavalleria, tra cui il complesso gnomonico Meridiana Universale; infi ne la zona 7, detta “Uànis”, nella frazione di Joannis, ne custodisce 15. Ma da dove nasce questa peculiarità? In realtà non è mai esistita una tradizione storica e tutto è nato, un po’ per caso, quando agli inizi degli anni Novanta i professori Franco e Carlo Bressan, grazie al coinvolgimento di alcuni studenti, realizzarono sul muro della scuola il primo quadrante solare (anche se in realtà il primato spetta al mulino Brandis o Sardon nell’800). Successivamente Carlo ne costruì altri: uno a Molin Novacco e l’altro sulla cantina Perini. Fino a giungere al 1993, quando Aurelio Pantanali, incuriosito e allo stesso tempo attratto dalle meridiane, decide di realizzarne una, sulla casa di famiglia, dovendola dipingere. A questo punto, dopo averla completata, la gente inizia a fermarlo, proponendogli di realizzarne anche delle altre sui muri di abitazioni private. Tra le richieste pervenute anche quella di Andrea Bellavite (l’attuale sindaco) che gli commissiona una per la canonica. D’allora, grazie al Circolo culturale Narvarca, ai cittadini, a tanti artisti e gnomonici di tutta la regione, si è costituito un progetto artistico, sociale e culturale di ampio respiro, che ha trasformato Aiello nel “paese delle meridiane”. Per dare continuità al piano di lavoro, nel 2001 è stata istituita la Festa delle Meridiane, che propone diverse iniziative, tra cui l’assegnazione del premio per la migliore nuova meridiana dell’anno. Un appuntamento immancabile per poter esplorare questo luogo del tempo. Info: www.ilpaesedellemeridiane.com
19a Festa delle Meridiane, 27-28 aprile 2019 Sabato 27 aprile Museo della Civiltà contadina Ore 18.30, inaugurazione mostra fotografica Composizioni del Tempo di Simon Zamar Ore 19, inaugurazione mostra Manifesti d’epoca del cinema - Tema: Cartoni Animati, di Renzo Simonetti Ore 19.30, inaugurazione mostra di Franco Canciani sulle biciclette d’epoca da corsa Ore 20.30, concerto Note sull’Acqua con la scuola di Musica di Ruda Domenica 28 aprile Museo della Civiltà contadina e Cortile delle Meridiane Ore 9, inaugurazione mostra fotografica di Aurelio Pantanali, Meridiane antiche e moderne del FVG; apertura stand e apertura del Mercatino Biologoco e dell’Hobbistica Ore 9.30, inaugurazione mostra di merletti a tombolo con la Scuola Merletti di Gorizia Ore 9.45, gara con scuola d’addestramento cani Ore 10.30, La trappola del Sole, conferenza sulle meridiane, con Giorgio Mesturini, Simone Bartolini, Giuseppe di Donà e Alceo Solari 0re 11.15, Etica del gusto: tutti con “le mani in pasta” nel regno degli artigiani del gusto. Dimostrazioni Ore 12.30, pranzo Sapore Solare con intrattenimento musicale del Duodeno Ore 14.30, giochi popolari di una volta con i bambini della scuola primaria e secondaria Ore 16, giochi con la magia delle bollicine di Wendi Ore 16.30, danza dei bambini con la Scuola di Danza di Palmanova Ore 17.15, inaugurazione Meridiane di Aiello 2019*, con la banda Ore 18.30, concerto Tempo di note della banda “G. Rossini” di Castions di Strada Ore 19, premiazione Concorso Meridiane Aiello 2019 Ore 19.30, estrazione lotteria Ore 20.15, spettacolo con la scuola Danze Sportive Olimpia di Cervignano *Le 4 nuove meridiane del Concorso Meridiane Aiello 2019 sono le seguenti: 1) Casa Evelina Battistin, Piazza Roma 3 – Aiello 2) Casa Federico Tiberio, via Cavalleria 6 – Aiello 3) Casa Luciano Serpi, via Zorutti 8 – Aiello 4) Casa Gianluca Capiotto, via da Vinci 24 – Joannis
Michele Tomaselli |
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ASSOCIAZIONE DINAMICI Servizio e immagini di Claudio Pizzin
Un progetto per il territorio Grazie alla collaborazione con l’Azienda sanitaria e nove Comuni del territorio, un’associazione ha avviato l’iter per la realizzazione della Nuova Neuropsichiatria Infantile dell’Ospedale San Polo di Monfalcone.
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«Rendere la nuova sede della Neuropsichiatria Infantile di Monfalcone all’avanguardia nel panorama nazionale”. Da questo obiettivo messo nero su bianco dal commissario straordinario dell’Azienda Sanitaria Bassa Friulana Isontina, Antonio Poggiana, prende spunto il progetto che promosso dall’associazione dinAMICI, con il coinvolgimento dei sindaci di nove comuni che usufruiscono della Neuropsichiatria infantile dell’Ospedale San Polo: Doberdò del Lago, Fogliano Redipuglia, Grado, Monfalcone, Ronchi dei Legionari, San Canzian d’Isonzo, San Pier d’Isonzo, Staranzano, Turriaco. Il progetto prevede la realizzazione di venti stanze, all’interno del San Polo,
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per ospitare minorenni con disabilità psichiche, motorie e sensoriali che richiedono interventi prolungati nel tempo, e ha ottenuto il patrocinio e la collaborazione dell’AAS2 Bassa Friulana Isontina, oltre all’appoggio da parte della Regione Friuli Venezia Giulia che ha finanziato la ristrutturazione dell’area destinata al nuovo servizio con 1 milione e 430 mila euro. Ne abbiamo parlato direttamente con la presidente di dinAMICI, Manuela Fumis. Manuela Fumis, come nasce il vostro progetto? «Il nostro progetto nasce nel 2016 da un sopralluogo effettuato presso il Servizio di Neuropsichiatria infantile dell’ospedale San Polo di Monfalcone. Questo servizio segue l’utenza che presenta disturbi del neurosviluppo e disturbi psicopatologici e che risiede nei nove comuni del Distretto Basso Isontino: sono bambini e ragazzi con problematiche di diversa complessità ed evoluzione (dalla primissima infanzia alla maggior età). Le criticità del Servizio rilevate sono di tipo logistico, in quanto le stanze a oggi messe a disposizione per servire i circa 1.058 ragazzi con disabilità diverse (dato del 2017) sono state assegnate nel tempo in funzione dell’aumento degli utenti che vi fanno accesso e sono sparse su più piani. Mancano la sala di attesa, i bagni per i bambini, la stanza per l’autismo e diversi altri spazi, inoltre gli arredi e tutto ciò di cui necessitano gli operatori per le terapie offerte non sono mai stati rinnovati».
Pagina accanto, in apertura il consiglio direttivo di dinAMICI; in basso Manuela Fumis; qui di fianco, il rendering delle nuove sale presso l’ospedale San Polo di Monfalcone.
Quali sono gli obiettivi che vi siete prefissati? «Sulla spinta di una nota frase “Se puoi sognarlo puoi farlo”, abbiamo costruito un progetto vero e proprio per portare alla realizzazione di uno spazio tutto nuovo dove far nascere la “Nuova Neuropsichiatria infantile”. Lo abbiamo suddiviso su più obiettivi che nel tempo abbiamo raggiunto coinvolgendo i Comuni che usufruiscono del servizio e portando i nove sindaci a fare assieme a noi i sopralluoghi del reparto. Successivamente abbiamo riunito i sindaci a un unico tavolo e assieme a loro abbiamo firmato una lettera congiunta di richiesta all’Aas2 Bassa friulana isontina di uno spazio, che abbiamo poi ottenuto, di circa 900 metri quadrati». Uno spazio vuoto? «Come associazione offriremo tutti gli arredi e gli allestimenti, dotando di ogni confort e innovazione il nuovo spazio previsto per il Servizio: gli arredi saranno donati direttamente al Servizio Territoriale di Neuropsichiatria infantile. Per garantire quest’ultimo risultato abbiamo proposto il nostro progetto, stilato da architetti specializzati del settore, che è stato approvato dalla Direzione Sanitaria dell’Aas2». Un progetto che richiede diverse risorse. «Risorse che fortunatamente riusciamo a reperire grazie al coinvolgimento di tutto il territorio e al sostegno dato dai cittadini attraverso contributi e donazioni, nonché da associazioni, imprenditori e altre realtà». In questi ultimi anni è sensibilmente aumentata l’attenzione verso i disturbi dell’infanzia e dell’adolescenza. Nel vostro territorio di riferimento qual è lo stato dell’arte in termini di richieste dell’utenza e di necessità dei pazienti? «Il Distretto Basso Isontino si contraddistingue per essere il distretto aziendale con il bacino di minori più numeroso (10.623 ovvero il 28,7% dei minori della Aas2). Un territorio caratterizzato da importante immigrazione, da peculiari caratteristiche socio economiche, con indici di elevata presenza di esordi di patologia psichiatrica e significativa presenza di gravi disabilità. Nel 2017 più di mille utenti hanno fatto riferimento al servizio per interventi di diversa intensità presso il San Polo. Fanno parte di questo migliaio di utenti 250 minori con disabilità psichiche motorie o sensoriali che per la cro-
nicità delle loro problematiche necessitano di interventi prolungati nel tempo. Negli ultimi vent’anni si è registrato quasi un raddoppio dei casi di minori disabili passati dai 132 del 1998 ai 250 del 2017». La direzione generale dell’azienda sanitaria isontina mira a rendere la nuova sede della Neuropsichiatria infantile di Monfalcone all’avanguardia nel panorama nazionale. Quali sono le caratteristiche innovative rispetto ai servizi omologhi sul resto del territorio? «Sicuramente la connotazione non ospedaliera, tecnologie avanzate per le diverse patologie, schermi touch all’interno della sala di attesa suddivisa per tre fasce d’età, giochi e allestimenti secondo il metodo Montessori e tantissime novità che sveleremo più avanti perché stiamo decidendo gli ultimi dettagli con i professionisti proprio in questo periodo». Claudio Pizzin IL TEAM DI dinAMICI Manuela Fumis (presidente), Manuel Manuzzato (vicepresidente), Luca Manuzzato (tesoriere), Luisa Rodà (grafica e comunicazione), Virginia Mainardi (segreteria), Francesco Di Pippa (coordinamento eventi), Edi Clemente (pubbliche relazioni), Federico Vittori (fotografo eventi), Igor Damilano (direttore artistico spettacoli), Marco Della Rupe (pubbliche relazioni), Nicole Manuzzato (collaboratrice). www.associazionedinamici.com Donazioni Associazione dinAMICI insieme per il volontariato Iban: IT 09 W 08877 64660 0000 00347413 |
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SPORT
BASKET DE RAZA Servizio di Livio Nonis. Immagini di Basket di Raza
Il tifo
per il prossimo
Dalla passione per la squadra locale di pallacanestro un gruppo di supporters ha fondato a Staranzano un’associazione di promozione sociale per sostenere le realtà impegnate nella crescita dei giovani e nell’aiuto alle persone diversamente abili.
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Tutto nasce dalla volontà di dare una continuità al tifo, renderlo costruttivo, non limitarsi a sostenere i propri beniamini, in questo caso la squadra di serie B della Falconstar, bensì trovare motivazioni affinché le persone aiutino lo sport giovanile, lavorando e impegnandosi nel sociale, con la grande idea di far sì che anche i giovani collaborino, si rendano utili per la loro crescita personale e anche per le proprie società di appartenenza. Con questi presupposti è nata l’associazione di promozione sociale “Basket de Raza” che prende il nome dalla Sagra de le Raze di Staranzano. Una sola parola d’ordine ma importante, “solidarietà”, e un obiettivo, “auto-finanziamento”, collaborando con il mondo sportivo, pallacanestro in primis. È partito perciò un impegno costruttivo con due realtà del territorio bisiaco: l’Associazione Basket Femminile Monfalcone e la Pallacanestro Monfalcone, presenti in tutte le manifestazioni con giovani giocatori e dirigenti che si preoccupano di dare una mano in ogni aspetto logistico, compreso servire ai tavoli, cucinare, rassettare… L’im-
portante è valorizzare i giovani, responsabilizzarli, far comprendere loro che se non è facile vivere dal di dentro una manifestazione, altrettanto non lo sarà affrontare i problemi della vita. I ragazzi sanno anche che parte del ricavato delle manifestazioni andrà alle proprie associazioni sportive, consentendo loro di giocare e divertirsi, perché l’associazione – che non ha fini di lucro – sponsorizza le attività dei sodalizi collaborativi. Tra questi la Calicanto Onlus di Trieste, associazione che aiuta i ragazzi portatori di handicap. Una serata della Sagra de le Raze viene riservata all’esibizione di questi giovani: un lavoro immane per animatori e maestri, ma che ha portato ottimi frutti. Senza scordare il gemellaggio con la Castelvecchio Basket in Carrozzina e la collaborazione con l’Associazione Vanessa Onlus “Un ponte per la Vita e la Solidarietà”. La Cena dei Divi è uno degli ultimi eventi organizzati in ordine di tempo (il 21 dicembre scorso), con il patrocinio del Comune di Monfalcone e il sostegno benefico della Bcc di Staranzano e Villesse. Una serata particolare, in stile Notte degli Oscar, per la raccolta di fondi in favore delle mamme in difficoltà sostenute dal Centro di Aiuto alla Vita. La cena è stata preparata con la collaborazione dei ragazzi e degli insegnanti dell’Istituto Sandro Pertini - indirizzo Alberghiero - di Grado e l’accompagnamento del gruppo teatrale La Compagnia dei Riservati di Reana del Roiale che ha intrattenuto gli ospiti con scene cinematografiche hollywoodiane. In apertura, stand “Basket de Raza” alla Festa del Vino a Monfalcone; foto a fianco, il direttivo dell’associazione partecipa all’asta di beneficenza “Albero più brutto”.
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Foto di gruppo con i ragazzi della Calicanto Onlus per la donazione di attrezzature sportive e musicali. Paola Grazia Ferfoglia è la prima a sinistra.
A presiedere l’associazione “Basket de Raza” è Paola Grazia Ferfoglia. Presidente, da quanti anni state vivendo questa meravigliosa avventura? «Basket de Raza nasce alla fine del 2011 come associazione di Staranzano, ma il gruppo esisteva già da tempo come tifoseria. Portare avanti progetti e programmi non è semplice perché lavoriamo anche duramente, ma quando sei in mezzo ai giovani, in particolare a quelli con problemi di disabilità, l’energia arriva da sola. La consapevolezza che servi anche solo un pochino a migliorare la loro vita rende tutto più facile, e siamo noi alla fine che impariamo da loro. Consideriamo il volontariato una scelta di vita, non qualcosa che si fa quando si ha tempo o voglia. A volte pesa, certo, ma sappiamo che questa per noi è la strada giusta. In qualche modo ci ringiovanisce». Quante sono le persone attive nell’associazione? «Nel direttivo siamo in sette, ma sono una sessantina le persone che da anni si alternano per dare una mano. Siamo ormai una famiglia itinerante che va dove c’è l’occasione per racimolare qualcosa da donare sotto varie forme. In realtà, non serve stimolare nessuno, abbiamo instaurato dei rapporti di amicizia e rispetto, alla vecchia maniera. Tutti insieme, con i propri limiti, aiutandoci a vicenda per un unico obiettivo chiaro e trasparente, grazie all’amore comune per lo sport e per i giovani. Vorrei dire che lavorare fa bene». Quali sono gli obiettivi per il futuro? «Da poco siamo presenti come associazione anche a Monfalcone dove abbiamo la nostra sede operativa. Per il momento l’idea è quella di riuscire ad allestire proprio a Monfalcone uno spettacolo in teatro, che dia visibilità al coraggio incredibile, al talento e alla bellezza che le persone disabili possono donarci, un esempio forte di come si possa vivere la vita superando ogni genere di handicap. Quando stai con loro ti accorgi veramente che hai ancora tanta strada da fare per avere la stessa loro forza».
Lei è mamma e moglie, ha molti interessi in varie attività… Come riesce a conciliare tutto? «Credo sia la disponibilità verso le persone che alla fi ne mi ha portato a una vita quotidiana non usuale. Sono così, non è un pregio. Sono responsabile di due associazioni e in altre due collaboro. E lavoro. Come faccio? Si decide di sacrificare, o meglio dedicare il proprio tempo al volontariato. Si fa. Ma ce ne sono tante di persone che lo fanno, davvero. Quando ti abitui a stare insieme alla comunità, vivi valori semplici ma indispensabili, la giornata diventa un’avventura diversa ogni giorno, corri e corri, ma alla fi ne tutto s’incastra. In famiglia siamo un po’ tutti così, perciò anche lì ci aiutiamo a vicenda. Ma vorrei aggiungere una cosa…». Prego. «Desidero spendere due parole per il direttivo e le persone che mi supportano e che nel silenzio ci danno il loro contributo lavorativo. Senza di loro tutto sarebbe più difficile. Abbiamo ancora tanto di buono intorno a noi, dovremmo dare più spazio alle cose positive che da sempre possono essere un esempio importante per le generazioni future. Ringrazio il Comune di Monfalcone e il Comune e la comunità di Staranzano che da sempre ci sostengono». Livio Nonis Partita del cuore con all’associazione Vanessa Onlus
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F I G L I D I U N O S P O R T M I N O R E o v v e r o , s a r a n n o ( s t a t i ) q u a s i f a m o s i !
Eravamo quattro amici alle corse… o al bar? Lo sport affratella. Lo sport insegna a collaborare. Starete pensando subito a uno sport di squadra, vero? Ci siete andati vicino, ma se pronuncio la parola “Staffetta”, la pensate ancora cosi? Forse; personalmente, non sono ancora riuscito a chiarirmi il dilemma. La Staffetta mi sembra qualcosa di più di una squadra, perché quelle singole prestazioni messe al servizio del gruppo, per raggiungere un risultato finale comune, sono la prova che una generosa collaborazione fra uomini porta all’elevazione dei rapporti umani stessi. Così dovrebbe essere in tutti i campi, dal lavoro al divertimento. È indubbio però che certe cose le riesca a spiegare solo chi le ha provate, e chiedo perciò lumi ad Andrea Novaro, classe 1971, che fa da portavoce di un quartetto triestino che qualche anno fa alcune splendide emozioni se le sono regalate. Da sinistra Andrea Novaro, Alessandro Leban, Walter de Laurentiis, Moreno Mandich . Pagina accanto una locandina dei nostri supereroi.
Eravate quattro sconosciuti o amici di vecchia data? «Diciamo che nell’ambiente della corsa ci si conosceva un po’ tutti, ma l’evento che ci ha unito è stato, nel 2009, la fondazione della società sportiva “Sportiamo”, alla quale abbiamo aderito quasi contemporaneamente. Da lì a poco la nascita del gruppo con Walter de Laurentiis (classe 1969), Alessandro Leban (capitano, 1971) e Moreno Mandich (1970). Walter già lo conoscevo bene perché avevamo cominciato assieme da ragazzini nel Gruppo Sportivo San Giacomo agli inizi degli anni ’80, mentre con Moreno e Alessandro ho approfondito la conoscenza durante gli allenamenti, ma soprattutto nei “terzi tempi”, ovvero nelle rituali birre post allenamento». Praticavate tutti mezzofondo oppure siete arrivati dalla velocità? 64
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«Io e Walter provenivamo dal mezzofondo, anche se Walter è soprattutto un siepista di grande livello: nel 1992 è stato il primo triestino a scendere sotto il muro dei 9’ sui 3000 siepi. Moreno proveniva dal mezzofondo veloce (prevalentemente 800 metri), ma ha iniziato in tarda età a correre, ovvero dopo i 20 anni, e a far sul serio dopo i 30. Alessandro ha iniziato anche lui un po’ tardi, cioè da ‘Master’, dedicandosi alla maratona dopo aver fatto anni di mountain-bike». Siete stati voi a formare la Staffetta oppure siete stati messi assieme da un allenatore? «Nel 2011 abbiamo scoperto che esistevano i campionati italiani master non solo di staffette veloci ma anche di mezzofondo, per precisione la 4 x 1500. Non avevamo un allenatore perché, vista l’età e l’esperienza, ci si gestiva da soli; più per gioco che per convinzione abbiamo deciso di partecipare, e deve essere anche stato dopo molte birre, perché io erano ormai 8 anni che non correvo più un 1500, Alessandro li faceva qualche volta per diversivo, e solo Walter e Moreno, ma molto a fasi alterne, li praticavano. Inoltre io ero ancora tesserato come assoluto, essendo nell’età cuspide fra Senior e Master (atleti over 35 anni), e cambiai definitivamente categoria in Master proprio per l’occasione. Neanche mai a pensarlo, nello stesso anno, abbiamo vinto il titolo italiano master categoria M40 a Bastia Umbra (Assisi). Nel 2012 a Bologna ci siamo ripresentati arrivando secondi, però noi eravamo ormai 4 vecchietti categoria M40 puri, mentre i vincitori erano più giovani ed entravano nella categoria facendo la media dell’età». L’Unione fa la forza, ma ci sono dei meccanismi da registrare, come quando si passa il testimone… «Ci sono tecniche da acquisire, ma bisogna soprattutto attuare una strategia di gara. Penso che l’importante in queste staffette lunghe consista nel come disporre i quattro staffettisti in base alla “forma” di ognuno. Per primo usare chi sta meglio, che può quindi prendere la testa della corsa; per i due intermedi meglio usare i due un po’ “affiacchiti”, in modo che cerchino di non perdere molto dai primi, e per ultimo usare chi può recuperare qualcosa o magari il più dotato nello sprint finale, in modo che possa giocarsela in un arrivo in volata». Ovviamente, ognuno di voi ha un palmares individuale… «Io ho fatto tutta la trafila delle varie categorie giovanili e sono stato campione regionale assoluto dei 1500 metri nel 1991 (indoor) e nel 1994, e per due volte finalista ai campionati italiani, categoria Promesse, sempre nei 1500. Poi il lavoro in ferrovia e la famiglia mi hanno un po’ ‘distolto’, però mi sono preso la rivincita diventando Campione italiano ferrovieri Corsa su Strada nel 2004 e di Cross nel 2008, e ovviamente diventando anche un tenero papà. Alessandro Leban è stato campione regionale master Maratona e secondo ai Campionati italiani master 1500, categoria M45, nel 2017: davvero niente male per uno che ha cominciato quando gli altri smettono. Walter de Laurentiis, oltre al titolo di campione regionale assoluto nei 3000 siepi del 1992, può vantare vari titoli italiani e anche quello europeo, conseguito nel 2012, nelle categorie master dei 3000 siepi. Infine Moreno Mandich è riuscito a conquistare vari podi ai Campionati italiani master negli 800 metri, più due medaglie di le-
Il Memorial Alan Tantin raggiunge la stella
gno (4° posto) ai Campionati europei master negli 800 e nei 1500». Si narra che a una premiazione siete arrivati con due maglie diverse e qualcuno è venuto in pigiama. «Ogni fine anno la FIDAL (Federazione Italiana di Atletica Leggera, ndr) provinciale premia i campioni italiani anche a livello master; nel 2011, data la vittoria, dovevamo andare alla premiazione. Avevamo fatto, a scopo ludico, delle magliette un po’ particolari con un teschio davanti e il nome o soprannome sulla schiena, e le facemmo di due colori, una gialla e l’altra nera. Per la premiazione optammo di indossare la gialla, ma Moreno si confuse e venne con la nera. Per fortuna Walter aveva con sé tutte e due e, per non far sentire Moreno la pecora nera, optammo per due in giallo e due in nero... e ovviamente tante risate nel terzo tempo». La chiamano “Atletica leggera”, ma di leggerò non ha nulla: sforzi cardio-polmonari ai limiti, consumi calorici esagerati, sudore fino dove non batte mai il sole… «Tutta l’atletica richiede molto tempo e sforzo da dedicare agli allenamenti, e anche quando non ti alleni devi stare attento a quello che fai. La corsa poi in particolare non regala niente; quando corri non improvvisi nulla, non hai possibilità di recuperare con il colpo della domenica, ma devi solo e sempre andare al limite. E nell’ambito della corsa stessa, il mezzofondo – dove devi allenare tutti gli aspetti: dalla componente aerobica a quella anaerobica lattacida, dalla velocità alla resistenza, dai balzi alle falcate – rappresenta una delle discipline più complesse». Nonostante sia passato qualche anno, i vostri tempi sono ancora attuali. «Io e de Laurentiis facevamo parte, nel 1992, del quartetto che detiene tuttora il primato provinciale della 4x1500, ottenuto con il CUS Trieste (gli altri due erano Blasina e Cafagna). Quindi sono 27 anni che nessuna squadra, a Trieste, è riuscita a fare meglio». Vi ritrovate ancora per correre o per stare in compagnia? «Qualcuno di noi corre ancora, altri... un po’ meno. Walter e Moreno hanno assunto cariche direttive nell’ambito di “Sportiamo” e curano tutto, assieme ad altri: dall’orga-
Il 7 aprile a Ronchi dei Legionari la decima edizione della gara di powerlifting Calcisticamente parlando chi vince un campionato per dieci volte può fregiarsi di una stella da appuntare sul petto. Il Memorial Alan Tantin (in memoria del monfalconese morto in un incidente stradale nel 2007 all’età di 29 anni), gara di powerlifting, sport appartenente alla pesistica, il prossimo 7 aprile raggiungerà l’ambito traguardo delle dieci edizioni. «Nessuno di noi organizzatori, il 18 aprile del 2010, quando realizzammo la prima gara – afferma Michele D’Urso, a suo tempo allenatore di Alan Tantin e portavoce del comitato organizzatore – avrebbe mai pensato che saremmo arrivati fin qui. La decima del Memorial, necessitando di una sede di gara più ampia, grazie alla collaborazione di ASD Hangar X e CrossFit T20, torna a Ronchi dei Legionari, in via Tambarin 18 - zona industriale Aeroporto, sede dell’Hangar X. Allo scopo di rendere sempre più interessante la partecipazione alla nostra gara, quest’anno, primi a sperimentarlo, sarà adottata la formula Wild Bench, ovvero gli atleti che vorranno, al termine della loro ultima alzata di potenza, con soli 2 minuti di recupero, potranno effettuare la prova di resistenza. Vincerà chi totalizzerà più punti fra le due gare». Le operazioni di peso saranno dalle ore 9 alle 10 e la gara inizierà alle ore 10.30. Oltre a D’Urso, fanno parte del comitato organizzatore anche Cristiano Staropoli, Gianluigi Batzu, Luigi Stanic, Nicola Miani, Giulio Boigo, Elena Luzzi e Anna Petriccione. Foto in alto: da sinistra Gianluigi Batzu, Alan Tantin, Anna Petriccione e Michele D’Urso nel 2003 a Novara in occasione del Campionato Italiano Powerlifting. nizzazione ai tesseramenti. Ogni tanto ci ritroviamo per bere assieme qualcosa, perché l’amicizia resta e i ricordi pure, come quando abbiamo vinto il titolo a Bastia Umbra, e per festeggiare cantavamo “Siamo noi, siamo noi, i campioni dell’Italia siamo noi...”. Ricordo anche che dopo la gara, quando ci siamo presentati in albergo, Moreno, alla reception, cantava “Siamo noi!”. Quindi il nostro motto per il brindisi resta ancora “Siamo noi!”, perché sarà pur vero che “Sportiamo” negli anni seguenti ha mietuto altre vittorie con altri atleti, ma noi siamo stati i primi. “The firsts, the originals”, siamo noi!»
Michele D’Urso Chiunque voglia segnalare “un mito della porta accanto”, può scrivere alla redazione di iMagazine: redazione@imagazine.it |
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Rubrica di Livio Nonis Supporto tecnico di Dario Vetta
TURIPESCA
Fiume But Dopo il lago montano e i torrenti di montagna e di pianura, spazio al fiume di montagna. Con un focus sull’area tra Sutrio e Arta Terme, ideale per cimentarsi con tecniche diverse di pesca sportiva.
Pesca
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Un buon ambiente ove esercitare la pesca sportiva nei fiumi montani è il tratto del But (o la But come viene chiamato localmente) situato tra il ponte di Sutrio e la stretta sopra Piano d’Arta. Questo tratto di fiume presenta varie tipologie di “spot”, ovvero varie situazioni di pesca. Il tipo di pesca più redditizio ed esercitato è senz’altro lo “spining” con cucchiaino rotante, con “rapala testarossa” o con una riproduzione di avannotto di trota. Tuttavia in questa occasione desidero soffermarmi su un sistema di pesca un po’ desueto, non troppo in voga ma che si rivela molto utile nei momenti di “magra”, quando il fiu-
me non ha più una grossa portata, ma solamente bassi raschi e correntelle. Il sistema al quale mi riferisco è il “Rodolòn”, un tipo di pesca al tocco che si avvale di una piombatura semplice quanto particolare: un filo di piombo avvolto a spirale su un tubicino che ha la funzione di salvanodo. La spirale sarà più o meno lunga e pesante a seconda della forza dell’acqua. Questo sistema permette di lavorare lanciando nei bassi raschi e nelle correntelle; il piombo, essendo cilindrico e relativamente leggero, tenderà a rotolare sul fondo facendo arrivare il terminale con l’esca. Terminale che avremo predisposto piuttosto lungo (circa 60 cm), in prossimità delle zone di caccia della trota in maniera morbida e naturale (una piccola buca, un piccolo anfratto tra le pietre,
In questa pagina, tre immagini del fiume But in un momento di magra
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Canna teleregolabile di 7 metri; montatura per pesca a tocco Corona e Rodolòn.
sotto una cascatina...). Il rotolare del piombo probabilmente ha dato il nome alla tipologia di pesca: Rodolòn. Altro sistema di pesca al tocco, da utilizzare con fiume di maggior portata e velocità delle acque, è quello denominato “A corona”. In questo caso è necessaria una lenza madre dello 0,22 sulla quale monteremo un segnafilo o, in alternativa, un bel nodo di lana rossa, che ci aiuti a distinguere la nostra lenza sulle acque, e un moschettone. A seguire monteremo la nostra “Corona” formata da una serie di pallini spaccati, montati su un trave (sempre dello 0,22) alla distanza di circa 6 cm tra loro. Lunghezza del trave e peso dei pallini ce lo suggerirà la portata del fiume. Alla fine del trave una girella e una “bragola” lunga circa 40 cm, dal diametro dello 0,18 e con amo del 3, brunito e forgiato. Per esca consiglio di preferire sempre anellidi autoctoni, ottime anche le larve di tricottero ma, in questo caso, montare amo adeguato. Preda probabile sarà la trota fario, ed essendo i luoghi di pesca molto vari e selvaggi ci sono diverse probabilità di incontrare qualche buon esemplare.
Gastronomia
Dopo una dura giornata di pesca si ha il diritto di “coccolarsi” un po’ e dunque consiglio di recarsi, per una buona cena, all’Hotel Park Oasi ad Arta Terme. Gestito da Mauro e Raffaella Löwenthal, ispettori micologi per la Carnia e persone che “ne sanno” di funghi e di erbe eduli, l’hotel offre piatti unici. Agnolotti ripieni ai funghi di bosco, cjarsons alle erbe spontanee, tagliatelle ai funghi di Cabia così gustosi e profumati li potete gustare solamente grazie alla conoscenza naturalistica dei signori Löwenthal e alla conoscenza del terreno di chi collabora con loro per reperire le materie prime. Se poi avete a disposizione più di una giornata da dedicarvi, centro benessere o campo base migliore dell’Hotel Park Oasi sarà difficile che voi troviate. Idrocromoterapia, sauna e massaggi estetici con essenze naturali, oppure per i più sportivi, mountain bike, trekking, escursionismo e sentieriLarva tricottero nella sua guaina protettiva
stica oppure ancora cultura del territorio, elementi di micologia e alimurgia, con l’utilizzo di funghi, fiori ed erbe spontanee, sono tutti temi che vi saranno proposti.
Turismo
A pochi chilometri da Arta c’è Zuglio, l’antica Iulium Carnicum, la città romana più settentrionale d’Italia, fondata tra il 58 e il 49 a.C. come vicus e diventata colonia nel I secolo d.C. Assunse un rilievo sempre maggiore per la sua posizione strategica, in prossimità della cosiddetta Via Iulia Augusta, la quale attraverso l’impervio passo di Monte Croce Carnico conduceva alle regioni del Norico. In età tardoantica e altomedievale fu sede episcopale (IV-VIII secolo). La diocesi, suffraganea di Aquileia, estendeva la sua giurisdizione alla Carnia e al Cadore. L’ente comunale fu soppresso nel 1932 per essere aggregato al comune di Arta, fu poi ricostituito come comune autonomo nel 1946. Il Civico Museo Archeologico “Iulium Carnicum”, inaugurato nel 1995, si trova al centro del capoluogo, nei pressi dell’area archeologica del Foro e raccoglie i rinvenimenti degli scavi della città romana, iniziati già nel XIX secolo (e precedentemente conservati in un piccolo Antiquarium) e oggetti provenienti dall’intera Carnia. Nel comune di Zuglio, a circa tre chilometri dall’abitato, si trova la Pieve di San Pietro in Carnia, fra le più antiche del Friuli e a più riprese sede episcopale nell’alto Medio Livio Nonis Come arrivare In auto: Arta terme è raggiungibile, via autostrada, attraverso la A23 Udine-Tarvisio, uscita Carnia (a soli 33 km da Udine Nord, 60 km da Tarviso) oppure percorrendo la SS 13 da Udine in direzione Nord. Da ovest è raggiungibile dal Cadore attraverso il passo Mauria o passando per Sappada. Seguendo le indicazioni verso Tolmezzo dopo 12 km si raggiungerà la destinazione. In treno: sia provenendo da Trieste che da Venezia o da Tarvisio la stazione più vicina ad Arta Terme è Carnia; usando mezzi pubblici si può poi raggiungere la località turistica che dista 12 km dalla stazione. |
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EDUCAZIONE E CONSAPEVOLEZZA
La grammatica della realtà
Rubrica di Cristian Vecchiet
P E D A G O G I A
Instillare il dubbio non per dubitare di tutto ma per sollecitare ad andare sempre più in profondità nelle cose. Perché il sapere ci apre ai valori morali. Educare vuol dire accompagnare in forme plurime a uno stile di vita consapevole e responsabile. È un’impresa affascinante e ardua a un tempo. Ogni educatore sa bene quanto contano gli esempi e le figure autorevoli nel percorso di crescita di un uomo e anche nella formazione all’arte di educare. Uno dei più autorevoli educatori del passato, a cui vale sempre la pena rifarsi, è senza dubbio Socrate: filosofo che nella Grecia antica, con l’arte del dialogo, cercava di andare in profondità nella comprensione della realtà e dell’umano, nella convinzione che la conoscenza fosse un tassello decisivo del vivere bene. La testimonianza di Socrate è sempre viva e attuale, e a essa può far ricorso chiunque creda che valga la pena di impegnarsi nella ricerca di una vita autentica. Ogni educatore può essere anche oggi in un certo senso allievo di Socrate e compagno della sua stessa avventura. Questo gigante ci ha insegnato l’importanza di “rendere ragione” della propria visione del mondo e del proprio modo di vivere. Cercare delle buone ragioni per vivere in un certo modo piuttosto che in un altro è elemento essenziale di una vita consapevole. Socrate ci ha spiegato che è meglio sapere che non sapere. E ci ha detto che sapere di non sapere è meglio di far finta di sapere. Anzi, Socrate insegna che sapere di non sapere è già sapere. Sapere di non sapere è, in un certo senso, il presupposto della conoscenza. Questo implica l’apertura alla possibilità di conoscere. Sapere di non sapere è il presupposto per mettersi in ascolto umile dell’altro, di se stessi e della realtà. Sapere di non sapere in un certo senso introduce al senso della realtà e del nostro essere nel mondo assieme ai nostri simili. Entrare in contatto in modo umile con noi stessi, con gli altri, con il mondo, aiuta a capire che la realtà 68
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ha le sue regole, i suoi vincoli. La realtà – e potremmo dire la vita – ha la sua grammatica. Il sapere ci apre ai valori morali, al valore del tu e del noi. Di più: il sapere è qualcosa di altamente positivo in se stesso. E come si può fare per mettersi in ascolto della realtà? Un metodo è quello di porsi alcune domande fondamentali. Chiedere e chiedersi «perché?» e «cos’è?». Chiedere: «Perché fai quello che fai?». Oppure: «Perché dici quello che dici?». Ovvero: «Perché giudichi in questo modo?». E rincarare: «Sei proprio sicuro?», «ne sei convinto»? Chiedere le buone ragioni è proprio dello spirito socratico. Instillare il dubbio non per dubitare di tutto ma per sollecitare ad andare sempre più in profondità nelle cose, per passare dalla superficie a quello che sta sotto la superficie, per non dare nulla per scontato e non accontentarsi del «sentito dire» o del «si è sempre fatto così». Educare all’arte di ragionare, di porsi domande, di cercare risposte soddisfacenti e non banali, che non siano semplici ripetizioni del già noto e senza convinzione. Questo è fondamentale nel processo di crescita. Educare a chiedersi e a chiedere sempre il perché aiuta a maturare il senso critico. Le buone ragioni non possono essere scontate ma sempre argomentate. Le buone ragioni corrispondono ai buoni argomenti. Educare a non accontentarsi delle prime risposte, o a quello che si sente dire su una questione, è compito di un buon educatore. Chi educa deve far emergere il gusto del farsi domande e del chiedersi il perché delle proprie e delle altrui convinzioni. Non importa tanto che gli educatori sappiano sempre dare delle ottime ragioni su tutto o rispondere a tutte le domande. È però decisivo che avvertano l’importanza del cercare le buone ragioni e così testimonino il valore del cercare e trovare argomentazioni fondate. Platone fa dire a Socrate: «Una vita senza ricerca non è degna di essere vissuta».
Fare domande non è un esercizio solo intellettuale. È anche un compito etico. Chiedere a se stessi le buone ragioni di una presa di posizione o le buone ragioni di una scelta ossia di un comportamento è già di per se stesso un atteggiamento etico e richiama alla necessità – e non solo all’opportunità – di un agire congruente. Le buone ragioni possono indurre a cambiamenti nei comportamenti e negli stili di vita. Ma come si fa a trovare delle buone risposte alle buone domande? Un modo può essere l’osservazione della realtà, l’attenzione a quello che succede a noi e attorno a noi, al nostro mondo emotivo e al mondo emotivo altrui. La vita quotidiana, se ben osservata e ascoltata, offre molte risposte ragionevoli a tante domande. Ancor di più il proprio mondo interiore offre tanti suggerimenti e ipotesi di senso. Proviamo a fare alcuni semplici esercizi: «Cosa provo quando aiuto qualcuno in difficoltà?» Oppure: «Cosa ho provato quando ho assistito o sono venuto a conoscenza di un torto che qualcuno dei miei cari ha subito?» La realtà quotidiana ci offre molte esperienze su cui ragionare. Il mondo emotivo e affettivo ci offre molti indicatori di senso e di valore. Educare può voler dire allora insegnare a prestare attenzione alla realtà, a quello che succede a noi, ai nostri cari o anche a persone che ci sono all’apparenza molto distanti. Educare vuol dire insegnare a prestare attenzione alle emozioni, ai sentimenti che proviamo e alle domande che ci vengono quasi spontanee di fronte agli eventi ordinari e straordinari che capitano a noi e agli altri. Educare vuol dire essere compagni di avventura di Socrate, cioè imparare a chiedersi e a chiedere: «Perché pensi questo?». Oppure: «Perché hai agito così? È stato giusto?». Di più: «Si sarebbe potuto fare altrimenti?» Anche le domande sulle cause e sulle conseguenze delle azioni indicano delle direzioni di marcia: cosa mi ha portato a reagire così? A quali risultati mi ha portato? Porre delle domande non vuol dire avere subito delle risposte, ma significa intraprendere un sentiero che avvicina a risposte plausibili o più attendibili di altre. Questi esercizi dello spirito verso il proprio mondo interiore, verso il prossimo e la realtà che ci circonda passano attraverso il confronto con gli altri. La ricerca dei perché si sviluppa attraverso il dialogo con i nostri simili. E questo ci testimonia che, a maggior ragione, la domanda sul perché ha un’impronta eminentemente etica. Senza l’altro io non sono e senza l’altro la mia vita perde di qualità e profondità.
Cristian Vecchiet
Docente di Teologia dell’Educazione presso l’Istituto Universitario Salesiano di Venezia
SDEGNO E CORAGGIO
Sbagliando si impara. Forse…
Rubrica di Manuel Millo
S O C I A L E
Accorgersi di aver commesso un errore non significa comprendere il perché sia accaduto. Con il rischio inevitabile di perseverare nello sbaglio.
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Un’antica locuzione latina dice “errare humanum est, perseverare autem diabolicum” (“commettere errori è umano, ma perseverare è diabolico”). Errare dunque sarebbe caratteristica intrinseca della natura umana. Attenzione però a non distorcere il tema della perseverazione a favore del “diaballo”, cioè del divisore, ingenerando così una serie di fraintendimenti che devierebbero dal giusto modo di “perseverare”. Perché perseverare non è un errore salvo che non si perseveri nell’errore. Il gioco di parole in atto ci permette di individuare quello che a volte, quasi per convenienza, mettiamo in atto rispetto al fatto di non arrendersi davanti agli accadimenti che la vita ci pone innanzi. Cosa significa errare e a sua volta errore? Il dizionario recita: “abbandono della verità o della convenienza, fraintendimento o travisamento di valori, fallo, colpa, peccato, falsa credenza in materia di fede”. Errare entra nella logica della verità e della convenienza. Allora la nostra osservazione deve necessariamente assumere un punto di vista superiore. Se ho commesso un errore in qualche modo stavo compiendo una azione (materiale o relazionale). Questo significa che per comprendere la deviazione devo andare necessariamente a osservare |
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la logica e il processo che sta a monte del mio presunto errore, individuare con attenta analisi la causa e porre rimedio nell’indirizzo della convenienza, come orientamento di corrispondenza all’atto compiuto. Ora, quale processo era posto nell’ottica della mia azione? Perché mi sembra di aver compiuto un errore? Gli esempi possono essere molteplici e di livelli diversi. Da un errore domestico a un errore verbale. Quello che conta in questo momento preciso è osservare lo schema e, se necessario, romperlo per ricomporlo sotto un principio edificante e maggioritario citato all’inizio dell’analisi: quello della verità. Facciamo verità prima di tutto con noi stessi. Esempio: ho sbagliato il compito di matematica? Analisi: quanto ho studiato? Poco o niente? Direi che la risposta era già dentro di noi. Diversamente, ho studiato moltissimo ma appena vedo il foglio tutto si fa vuoto nella mente? In questo caso la conoscenza deve essere a monte, su noi stessi. Qui entra in gioco un’altra dinamica: psicologica. Incatenati apparentemente all’errore: non è il compito di matematica il problema, ma è la tensione sottesa alla dimostrazione di farlo bene. Una sottile dinamica dell’apparire che si cela dietro all’ottenimento di un risultato altro che è ben diverso dal compito di matematica.
Estrapolato l’esempio e applicato lo schema, questo processo vale per moltissime delle esperienze della nostra vita; perché facciamo quello che facciamo? Per la verità? Per la convenienza? Ma in che versante del termine convenienza? Esclusivamente personale o più ampiamente sociale? Non sempre la risposta può essere univoca ma la riflessione rispetto alla natura - non solo del nostro agire ma del nostro pensare - può fare una grande differenza e l’evidenza di un errore può portare il nostro sbaglio a un livello più profondo di realtà, edificante la nostra identità relazionale. Oggi più che mai si vuole far passare e occultare allo stesso tempo due dinamiche: perfezione e creaturalità. La perfezione non è la cultura estrema dell’esteriorità ma l’attenta definizione di anima e corpo. Sono insieme e sono uniti. Se c’è un errore lo si compie con entrambi. E se c’è una tensione è perché i due soggetti in gioco sono divisi tra loro. All’inizio del nostro incontro letterario dicevamo che perseverare è diabolico. Ma abbiamo specificato che nell’errore stava la diabolicità intesa come divisione di intenti. Il perseverare in sé invece ha una caratteristica di speranza. Sant’Agostino ricordava che la speranza ha due figli: lo sdegno e il coraggio. Lo sdegno per la realtà delle cose e il coraggio per cambiarle. Sotto questo punto di vista, appli-
cando una relazione di appartenenza, perseverare nell’ottica della speranza e nell’abbandono della divisione interiore ci permette di aprire l’orizzonte del coraggio di cambiare le cose. Allora ecco che sbagliando si può imparare. È sempre una questione di scelta, come scegliere a quale lupo dare da magiare (con lupo intendo riferirmi ai moti interiori, come rabbia o gioia). E anche se inizialmente può sembrare una cosa complessa il modo in cui scelgo di affrontarla, può fare una grande differenza. Posso essere arrabbiato e vivere tutta la mia giornata con questo sapore in bocca oppure posso scegliere di essere felice perché mi sono semplicemente reso conto di avere commesso un errore. Perché già il fatto di averlo compreso mi permette di guardare le cose da una prospettiva diversa: ho imparato la lezione, ho acquisito una conoscenza; in realtà semplicemente nell’uno e nell’altro caso ho potuto per un attimo vedere e ritrovare me stesso. E adesso? Come diceva il mio insegnate di musica, dopo aver fatto tutti gli esercizi teorici: “Adesso suona la tua musica”.
Manuel Millo
Membro Onorario AGCI Ass Gen Cooperative Italiane
N AT U R A E P R I M AV E R A
Rinnovamento alla vita Il 21 marzo l’equinozio di primavera sancirà l’ingresso nella nuova stagione. Un periodo che già nell’antichità veniva festeggiato con eventi dall’alto valore simbolico.
Rubrica a cura di Rossella Biasiol
FIORI E PIANTE
Quali sono le parole che vi vengono in mente quando si parla di primavera? Rinascita, profumo, luce, colore, vita. La natura si risveglia in tutta la sua bellezza: fiori, animali, alberi, anche l’acqua dei fiumi e del mare, il cielo e le nuvole cambiano il loro colore. Il 21 marzo, equinozio di primavera, apre ufficialmente la stagione più dolce dell’anno ma anche un magico portale che ci conduce alle feste e alle tradizioni degli antichi popoli. Equinozio, equum nocti ovvero uguale alla notte: questo raro equilibrio era considerato
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un momento potente per i rituali sacri, e i fiori non potevano mancare. Già nel 2700 a.C. in Egitto si festeggiava Sham El Nessim, “fiutare il vento”, che segnava l’inizio della primavera egiziana; era un rinnovamento alla vita, la più antica cerimonia per i contadini e serviva per ringraziare gli dei del raccolto. La festa non aveva una data fissa e la sua celebrazione veniva annunciata ogni anno, il giorno precedente, ai piedi della piramide di Cheope. Per i Celti, due erano le “porte della natura” che portavano alla parte più buia e alla parte più luminosa dell’anno ed erano rappresentate da Samhain e da Beltane. Nella notte fra il 31 gennaio e il 1° febbraio veniva festeggiato un “tempo di mezzo” fra buio e luce: Imbolc. Era questo il momento in cui propiziare l’arrivo della primavera e il ritorno della vita sulla terra. In Grecia e in tutto il mondo ellenico venivano festeggiate le Adonie, momento in cui la natura si rigenerava. Per la festa si innaffiavano con dell’acqua tiepida i semi piantati nei vasi per aiutarli a crescere più rapidamente. I Romani ebbero sempre una particolare predilezione per le celebrazioni legate alla natura: Flora, la dea coronata di fiori, aveva la funzione di proteggere i cereali e le piante utili all’alimentazione, compresi gli alberi da frutto, nel momento delicatissimo della loro fioritura. A lei venivano dedicate i Floralia o Ludi Florales, organizzati fra aprile e maggio; la prima celebrazione risale al 238 a.C. Di fianco, Flora Farnese Sec. II d.C. - Museo Archeologico Nazionale di Napoli. In apertura, uno splendido ciliegio in fiore.
Primavera dunque, la stagione del risveglio, un’esplosione di colori e profumi dei fiori appena sbocciati e degli alberi che germogliano... una vera e propria liberazione dalla brutta stagione. In compagnia di Flora proviamo a osservare con altri occhi lo spettacolo degli alberi da fiore. Mandorlo: simbolo di rinascita e resurrezione è il primo a dare il segnale che finalmente l’inverno sta finendo; i suoi fiori portano il numero 5 dell’armonia nei petali e il suo frutto, la mandorla, ha ispirato fin dall’antichità simboli divini. È stata considerata l’essenziale celato sotto l’apparenza, il cuore dell’essere. La sua forma infatti riporta alla Genesi e alla geometria sacra. Sappiamo che la Creazione corrisponde a uno schema formato da un insieme di cerchi che porta il nome di Fiore della Vita; quando i primi due cerchi si intersecano creano una forma che viene chiamata Vesica Piscis, ovvero Mandorla Mistica, considerata anche il “grembo materno dell’universo”. Ciliegio: albero che porta il simbolismo della nascita perché capace di crescere prima e in modo più sgargiante degli altri, in greco era detto kérasos. In Giappone fin da tempi antichissimi viene
Schema Vesica Piscis e Fiore della Vita celebrata una ricorrenza in cui il ciliegio è unico protagonista, l’Hanami, la festa dell’osservazione dei fiori: è la celebrazione della rinascita della natura, espressa dai fiori di ciliegio e anche dell’essenza effimera della vita espressa dalla fioritura molto breve. Chiamato anche Sakura, il fiore è simbolo di pace interiore e il suo frutto, la ciliegia, è simbolo di riarmonizzazione energetica, dona serenità e tranquillità interiore. Nella Natura si cela la Creazione. Buona armonia
Rossella Biasiol
Presidente della Scuola Fioristi del FVG www.scuolafioristifvg.it
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MONDO OLISTICO
Visione olistica B E N E S S E R E
della primavera
Rubrica di Denise Falcomer
Come utilizzare i principi naturali che questa stagione porta con sè, per una rinascita e un rinnovamento interiore ed esteriore. Immagina la fiamma di un fiammifero apLa rabbia, se non è ben gestita, tende pena acceso: audace e scoppiettante, que- a ristagnare in questi due organi; se investa è la primavera. Una stagione in cui ci ce è mantenuta in equilibrio beneficiamo sentiamo così desiderosi di ricominciare, ri- di un’ottima abilità organizzativa, capacisvegliarci e metterci in mostra al nostro me- tà di rinnovamento, di una visione aperta glio. È opportuno approfittare della prima- e una forza espansiva. Il colore abbinato è vera, simbolo di pulizia, per rigenersi dagli il verde, colore dei germogli e della natura abusi alimentari delle feste e dagli eccessi in espansione. È utile indossare un maglioesperienziali, mentali ed emozionali. ne, un pantalone o un foulard verde. La primavera, per la Medicina TradizioRimanere saldi al passato, rimuginando, nale Cinese (MTC in seguito) che fa capo non favorisce la funzionalità del nostro ora tutte le discipline orientali (agopuntura, ganismo richiamato dalla primavera. Sugmoxa, coppettazione, shatzu, riflessologia gerisco in questo periodo la depurazione plantare cinese, varie arti marziali...), è as- con infusi come: karkadè, salvia, agrumi, sociata all’elemento legno che è a sua volta tarassaco, carciofo, malva, cardo mariano, abbinato al fegato e alla cistifellea. betulla, liquirizia. La MTC ci suggerisce un’alimentazione ricca dal gusto aspro: limone, aceto, La citazione pompelmo, lamponi, ribes, ciliege, nespo“Non dovresti curare gli occhi senza curare la le, prugne, prezzemolo, germogli, cereali testa o la testa senza curare il corpo. Così an(sorgo e soia rossa), carne (di cavallo, mache non dovresti curare il corpo senza curare iale, fagiano, gallina), pesce (seppia, aral’anima. Questo è il motivo per cui la cura di gosta, ostrica e cozze) e una cottura delimolte malattie è sconosciuta ai medici, percata come quella a vapore. ché sono ignoranti del Tutto che anch’esso Questo tipo di sapore astringente si condovrebbe essere studiato, dal momento che trappone alla normale attività del fegato una parte specifica del corpo non potrà stare con il risultato che l’energia in esso non si bene a meno che non stia bene il Tutto”. disperde e mantiene la sua ottimale funzioPlatone in un dialogo con Carmide ne. È vero anche che, di norma, una ricet74
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ta equilibrata deve rappresentare tutti e 5 gli elementi stagionali della MTC (che tratteremo nelle future pubblicazioni). Il fiore di Bach, meglio assocciato alla primavera secondo il naturopata tedesco Dietmar Kramer, è impatiens: chi meglio di questo fiore può rappresentare la capacità di donare calma mentale e fisica (quella che serve alla primavera per sbocciare). La persona in questo periodo dell’anno si sente impaziente, frenetica, iperattiva e dimostra incapacità di sopportare la lentezza degli altri, perchè desidera compiere nuovi progetti, mettere in pratica quelle idee che per tutto l’inverno ha cullato e che magari il profumo dell’aria primaverile ha risvegliato. Sono un’appassionata di pietre: con loro lavoro, o meglio collaboro; ora siamo consapevoli che tutto ciò che esiste nell’universo rappresenta una forma di energia, dotata di una propria frequenza vibrazionale. Ciò vale anche per le pietre, i cristalli, i minerali, le gemme. Il fisico Nikola Tesla ha affermato che si tratta di un argomento importante per comprendere l’universo e ha dimostrato come alcune forme di energia possono alterare la risonanza vibrazionale di altre forme d’energia; su questo concetto si basano i trattamenti dove si utilizzano i cristalli (o fiori, o musica, o colori, o reiki, o la comunicazione consapevole) per riportare benessere naturale fisiologico-emozionale. Per quando riguarda l’uso dei cristalli su un soggetto che si sente in perenne “primavera”, consiglierei di porre sotto il cuscino o portare con sé durante la giornata, anche in tasca, una splendida sodalite. Questa pietra dai colori blu, bianchi e neri, calmanti e rinfrescanti, è considerata la pietra della verità. Ottima per chi lavora molto con la comunicazione (cantanti, insegnanti,venditori); utile per supportare quei bimbi un po’ frenetici, che preferiscono qualche piccola bugia alla verità, agisce sull’autostima regalando una naturale auto-disciplina che porterà a vivere la La pratica dell’olistica, pur essendo frutto di conoscenze e tradizioni secolari, non è parte della “medicina ufficiale” ossia di quell’insieme di pratiche mediche scientifiche fondate sulla sperimentazione clinica di laboratorio. Questa pratica viene invece inserita tra le “medicine alternative” o “medicine non ufficiali”. Per tale ragione questa rubrica vuole essere solo un’introduzione alla conoscenza, alla sua storia e alle spiegazioni dei suoi procedimenti; non può, e non deve, essere in alcun
La ricetta della primavera Vellutata di rafano e crescione Ingredienti (per 2 persone) - 2 patate grosse - 1 porro grande - scorza di pompelmo e limone - 2/4 cucchiai di rafano - 2 porzioni di germogli di crescione semi di fieno greco, noce moscata, sale, succo di limone e olio d’oliva q.b. - 1 litro d’acqua. Come si prepara Con l’aiuto dello zester grattugiare la buccia del pompelmo e del limone, da usare come finitura. Sbucciare le patate e lavare il porro, tagliare a pezzetti, grattugiare il rafano e mondare i germogli. In un tegame scaldare un filo d’olio, farvi rosolare patate e porro, aggiustare di sale e spruzzare qualche goccia di limone, mescolare e aggiungere i semi di fieno greco, lo zafferano e 1 litro d’acqua, quindi far sobbollire per mezz’ora. Quando le patate saranno morbide passare tutto, aggiustare di acqua, sale e noce moscata per rendere la zuppa della giusta consistenza. Al termine aggiungere a fuoco spento il crescione e il rafano grattugiato e amalgamare bene. Impiattare con un filo d’olio, una goccia di limone e la scorza degli agrumi. vita nel modo più autentico possibile; aiuta a fare introspezzione, placando i sensi di colpa per il timore di vedere ciò che non ci piace di noi stessi. Denise Falcomer
Operatrice olistica specializzata in bio terapie e discipline orientali; 393 94 05 536 #deniseoperatoreolistico @deniseoperatoreolistico terapieolistichedenise@gmail.com
modo intesa come un invito a seguire i dettami di questa pratica, cosa che viene sempre e solo lasciata alla libera scelta del lettore. Desidero altresì invitare sempre tutti i lettori a consultare prima di ogni cosa il loro medico di famiglia e i relativi specialisti da esso consigliati, seguendo innanzitutto le vie della medicina ufficiale. A esse può essere eventualmente affiancato un percorso che segua una o più pratiche di medicina alternativa o non ufficiale. |
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Le incredibili proprietà del ginkgo biloba Il dottor Roberto Pagnanelli, medico psichiatra, affronta l’argomento delle Medicine Naturali. Esperto in Medicina Olistica, illustra le proprietà di una pianta dagli effetti straordinari: il Ginkgo biloba. Disturbi della memoria, depressione, alterazioni della circolazione e vertigini, possono essere curate con la fitoterapia. Dopo venticinque anni di lavoro come Medico di Medicina Generale, nei giorni scorsi, ho consegnato all’Azienda Sanitaria le mie dimissioni volontarie. Ammetto che la cosa non sia stata facile e mi sia dispiaciuta più di quanto si possa immaginare. È stato il lavoro di una vita, non poteva essere altrimenti. Si era creato, nel tempo, un bel rapporto coi pazienti. D’intimità, di rispetto e, per quanto un’attività professionale possa permetterlo, di sincero affetto. Tuttavia ci sono momenti, nella vita, nei quali occorre fare scelte coraggiose ancorché scomode. Così un bel giorno mi son trovato di fronte ad un bivio. Sce-
gliere fra una medicina ipertecnologica, standardizzata da ‘linee guida’, nella quale l’attività di un medico viene valutata sulla base del numero di vaccinazioni fatte o di esami strumentali eseguiti, o sposare, per una volta ancora, una medicina più umana, il rapporto che si viene a creare fra il medico e il suo paziente. Ho sempre amato la libertà di ogni essere umano che sceglie sulla base delle proprie convinzioni, delle conoscenze ed esperienze, senza imposizioni di sorta. Nella medicina attuale lo spazio di manovra del singolo medico viene progressivamente ristretto. Anziché il volo di un’aquila attraverso le monta-
L’acqua che scorre è un’immagine simbolo della vita di un medico
gne, qual è per me la medicina, questa assume via via le sembianze di un volo di linea, con scali e coordinate decise talvolta a tavolino da altri e non sempre condivise. A me interessa esclusivamente la persona che ho di fronte. Questo è il mio credo. Così quando le scartoffie e il monitor del computer hanno coperto la scrivania ben più di quanto fosse necessario, superando il livello di guardia, ho sentito che il limite era superato e che era bene sfilare il camice bianco, riporlo sull’appendiabiti con un gesto abituale e uscire di scena, delicatamente. Lasciando ad altri il mio posto. Pur di sentirmi libero di essere quello che sono, e fare, in scienza e coscienza, ciò che ritengo giusto. Ho voluto essere io stesso a comunicarla ai pazienti, questa mia decisione, anziché attraverso un’anonima cartolina, giunta non si sa come in cassetta postale. Poterli guardare in faccia, uno per uno. Qualcuno ha pianto, altri si sono sentiti traditi, abbandonati. Alcuni mi hanno abbracciato forte, con il cuore pulsante. Ma nulla, per me, è più importante della libertà di credere, profondamente, in ciò che si fa. Nel rispetto di quella che è, ancora, una professione fra le più nobili. Così, dopo questa premessa alquanto doverosa, ci troviamo ancora insieme, a parlare di piante medicinali. Un mondo affascinante che ci appassiona tuttora. Qualcuno vorrebbe ignorare il valore e il significato conquistato nei millenni, ma noi siamo qui a discuterne, in modo aperto. Per il senso di libertà intellettuale e di pensiero, a cui mi riferivo poc’anzi. Il sole del tramonto illumina la stanza, attraversa l’aria e rende la visione più nitida, in questa luce dell’Ovest che parla ancora di forza della Natura. La pianta a cui dedichiamo la nostra attenzione oggi è il Ginkgo biloba. Il termine Ginkgo deriva da Yin-Kuo che in cinese significa albicocca d’argento. Biloba invece deriva dal latino bis e lobus, in riferimento alla divisione in due lobi delle foglie. Quest’albero esisteva già prima della comparsa dell’uomo sulla terra, circa 280 milioni di anni fa, come dimostrano resti fossili trovati in varie parti del mondo. Forse i dinosauri si sono cibati delle sue foglie. Sei esemplari di Ginkgo, ancora esistenti, sono sopravvissuti alle radiazioni
prodotte dalla bomba atomica caduta sulla città di Hiroshima. In Giappone è considerato albero sacro che orna i templi buddisti e taoisti, ed è il simbolo della città di Tokyo. Nell’erbario cinese il Ginkgo è considerato una sostanza benefica per il cuore e i polmoni. Ma l’impiego più importante è l’estratto delle sue foglie nella terapia dei disturbi di circolo cerebrali, deficit della memoria, disturbi circolatori agli arti, sia arteriosi che venosi, ed è stato di recente utilizzato in alcune forme di emicrania e di Alzheimer. Contiene, infatti, bioflavonoidi (ginketolo, bilabetolo e ginkolide) che agiscono sulle membrane cellulari, stabilizzandole e contrastando la formazione dei radicali liberi. Questi inibiscono il P.A.F. (Platelet Activating Factor) prodotto da cellule infiammatorie che danno origine ad aggregazione piastrinica, formazione di trombi e aterosclerosi. Il Ginkgo viene pertanto impiegato in disturbi della memoria, nella demenza senile e multinfartuale, nella terapia degli acufeni, nella cura delle arteriopatie periferiche e delle patologie venose. Ricordate peraltro che non va impiegato in gravidanza e nei pazienti che assumono Aspirina e anticoagulanti. Roberto Pagnanelli Il dottor Roberto Pagnanelli è laureato in Medicina all’Università degli studi di Trieste con 110 e lode. Medico-chirurgo e psicoterapeuta. Specializzato in Psichiatria. È diplomato in Medicina Psicosomatica all’Istituto Riza di Milano, in Medicina Omeopatica all’Università degli Studi di Urbino e in Psicoterapie Brevi al CISSPAT di Padova. È autore di pubblicazioni su riviste scientifiche nazionali e di opere di successo in campo editoriale. Suoi i best-seller “Attacchi di panico” e “Il grande libro dell’omeopatia”. Ha partecipato a trasmissioni radiotelevisive e scritto articoli di Medicina Naturale su Starbene, Per me, Salute Naturale, Più Salute & Benessere, Riza Scienze, Viver Sani & Belli, Top Salute, Donna Moderna, Più Sani più Belli. Ideatore della Musicoterapia Cinematografica, lavora a Trieste, Monfalcone e Udine. robertopagnanelli@libero.it www.robertopagnanelli.it Per appuntamenti: 330-240171
F Tel 0532 900713 www.ferrarafiere.it Viale Borgo Palazzo, 137 BERGAMO Tel 035 3230911 www.promoberg.it
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Fiera delle arti manuali 5-7 APRILE
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5-7 APRILE
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Esposizione Internazionale di Arte Funeraria e Cimiteriale 18-21 APRILE
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Mostra Internazionale al Servizio della Sanità e dell’Assistenza 27-29 APRILE
▶GRAND PRIX
9-12 APRILE
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▶MISEN
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Fiera dell’animale domestico
15-17 MARZO
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Mostra mercato dei prodotti biologici e biodinamici 15-17 MARZO
▶FESTA DELL’UNICORNO
La più grande manifestazione italiana sul fantasy 9-12 APRILE
▶EXPOMOVE
Rivoluzione elettrica e mobilità urbana sostenibile 24 APRILE – 1 MAGGIO
▶MOSTRA INTERNAZIONALE DELL’ARTIGIANATO
Cremona Fiere s.p.a. Piazza Zelioli Lanzini, 1 CREMONA Tel 0372 598011 www.cremonafiere.it
23-25 MARZO
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Fiera d’arte contemporanea
25-29 MARZO
▶QUALYFOOD
Salone dell’industria alimentare
Piazzale J. F. Kennedy, 1
GENOVA Tel 010 53911 www.fiera.ge.it
8-10 MARZO
▶FESTIVAL DELL’ORIENTE
15-17 MARZO
▶HOBBY & FANTASY
Creatività, hobbistica e arti manuali
E 13-15 MARZO
RHO Tel 02 49971 www.fieramilano.it
8-10 MARZO
▶CARTOOMICS
Fumetto, Cinema, Gioco, Videogioco, Cosplay Fieramilano
8-10 MARZO
Fiera del consumo critico e degli stili di vita sostenibili Fieramilanocity
▶ENADA PRIMAVERA Via Rizzi, 67/a PARMA Tel 0521/9961 www.fiereparma.it
8-10 MARZO
▶ART PARMA
Arte moderna e contemporanea
▶MADE EXPO
▶MODEL SHOW
Salone internazionale del modellismo 29 MARZO – 7 APRILE
▶FIERA DI PRIMAVERA
Fiera campionaria
Fieramilanocity
▶
5-8 APRILE
Viale Treviso 1 PORDENONE Tel 0434 23 21 11 www.fierapordenone.it
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▶SALONE INTERNAZIONALE DEL MOBILE Fieramilano
▶SALONE INTERNAZIONALE DEL COMPLEMENTO D’ARREDO Fieramilano
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Fieramilano
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Mostra mercato di antiquariato 28-29 MARZO
▶SMAU
Salone dell’innovazione
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▶SAPORI D’IRLANDA
22-24 MARZO
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Gusto, spettacolo ed emozioni 23-25 MARZO
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Biennale Internazionale dell’Ambiente del lavoro
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Orientarsi tra scuola e lavoro
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25-28 APRILE
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Sviluppo internazionale del made in Italy alimentare
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Fiera Internazionale d’Arte Moderna e Contemporanea
Soluzioni per l’elettricità
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Via Cotonificio, 96 Torreano di Martignacco (UD) UDINE Tel 0432 4951 www.udinegoriziafiere.it Via della Barca, 15 GORIZIA
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Milano Architettura Design Edilizia Fieramilano
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15-17 MARZO
1-6 APRILE
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R
9-14 APRILE
Rivoluzione elettrica e mobilità urbana sostenibile
▶MOSTRA INTERNAZIONALE DELL’ARTIGIANATO
E
▶FA’ LA COSA GIUSTA! Firenze Fiera s.p.a. Piazza Adua, 1 FIRENZE Tel 055 49721 www.firenzefiera.it
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I
Green economy
30-31 MARZO
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Rassegna internazionale dell’agroalimentare di qualità
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Via dell’Oreficeria, 16 VICENZA Tel 0444 969111 www.vicenzafiera.it
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Fiera della creatività 30-31 MARZO
Salone dei motori e delle bici 27-28 APRILE
▶VI COMIX
Fiera del fumetto
chef…ame! Gnocchetti con trota salmonata, asparagi verdi e fiori di primula (Mignaccole o spatzli) Preparazione
Sbollentare e tritare finemente i fiori di primula. Versare il latte in una bacinella, unire la farina, sbattere bene, aggiungere le uova, i fiori di primula tritati, e la polvere di zafferano diluito in poco latte tiepido, aggiungere il sale e mescolare bene, deve risultare un impasto di media consistenza. Lasciare riposare e nel frattempo preparare il condimento. Pulire il porro, utilizzare solo la parte bianca, lavarlo e tagliarlo a rondelle sottili. In una padella scaldare un filo d’olio, aggiungere il porro e stufare dolcemente. Tagliare la trota e gli asparagi a pezzetti, aggiungere al porro, insaporire con sale, pepe e cuocere per pochi minuti, aggiungendo mezzo mestolo di brodo vegetale bollente. Su una pentola di acqua bollente salata, disporre l’apposito arnese per le “mignaccole”, versare il composto preparato in precedenza nella vaschetta. Far scorrere avanti e indietro con movimenti regolari, ottenendo delle gocce che cadranno nell’acqua in ebollizione formando dei gnocchetti. Come vengono a galla raccoglierli con la schiumarola, versarli nella padella con la salsa di trota, asparagi e foglie di timo, aggiungere mezzo mestolo di acqua di cottura e amalgamare. Guarnire con fiori di primula, irrorando con un filo d’olio extravergine di oliva. Ricetta da “Assaggio di Fiori” di Rossella Biasiol, edito da L’Orto della Cultura, volume curato dal Maestro Germano Pontoni.
Fiori in cucina Un viaggio nel tempo potrebbe farci ritrovare i fiori nei piatti e nelle bevande delle varie epoche e civiltà. Pietanze saporite e profumate, bevande gustose e delicate. I fiori eduli sono usati come ornamento, aroma e gusto, oltre alle proprietà nutrizionali e all’uso fitoterapico. Fin dall’antichità i fiori sono stati usati non solo per guarnire piatti e bevande, ma sono sempre stati un tocco raffinato in tavola. Petali di rosa, violette, lavanda, garofano, rosmarino, calendula, malva hanno impreziosito i banchetti di tutte le epoche. In Oriente il fior di loto e la rosa hanno conquistato palati e filosofie. L’uso di un fiore si lega al suo concetto intrinseco, alle emozioni che il profumo e il colore possono aprire. Tradizioni, erboristeria, conoscenza scientifica portano in tavola fiori e colori capaci di rendere il momento del mangiare ancor più sacro e prezioso, come sottolineavano gli orientali e in particolare gli indiani nei testi sacri. In base alla pigmentazione il sapore del fiore può essere forte o delicato al palato e nascondere particolari proprietà, anche terapeutiche. Il fiore d’arancio per un piatto delicato da gustare rilassandosi. Lo zafferano per un piatto più sfizioso. Il fiore può esaltare con la sua
Ingredienti per 4 perone Per i gnocchetti: • 200 gr. di farina “00” • ½ bicchiere di latte • 3 uova • ½ bustina di zafferano • 1 cucchiaio di olio extravergine di oliva • una manciata di fiori di primula • sale q.b. Per la salsa • 300 gr. di filetto di trota salmonata • 1 piccolo porro • 4 asparagi verdi lessati • olio extra-vergine di oliva • sale pepe e brodo vegetale q.b. Per la guarnizione e condimento finale: • fiori di primula e olio extra-vergine di oliva ben fruttato.
fragranza i sapori degli altri ingredienti. Deliziose sono le insalate nelle quali si mescolano i gusti dando una sensazione di freschezza e leggerezza, con note sottili speziate ed erbacee. E poi zuppe, carni, crostacei, dolci si presentano gustosi grazie ai fragranti petali. Sono ovvie e dovute le Germano Pontoni raccomandazioni sull’ac- Maestro di Cucina 347 3491310 quisto, raccolta e uso dei Cell: Mail: germanoca@libero.it fiori commestibili, nonchè sulla loro provenienza. Esiste un’ampia bibliografia sull’argomento, sulla loro necessaria coltivazione biologica specializzata, ben distinta da quella dei fiori che si vendono per bellezza in fioreria. La Scuola Fioristi del Friuli Venezia Giulia, in collaborazione con i Maestri di cucina, dedica molte iniziative, corsi e aggiornamenti sull’uso dei fiori, non solo per abbellire ambienti e tavole destinate alla convivialità, ma consigliandone l’uso in preziose ricette. |
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15-18 marzo ▶ Olio Capitale
Tredicesima edizione del Salone degli Oli extravergini tipici e di qualità. Centinaia di produttori provenienti da tutta Italia e dall’estero faranno conoscere i prodotti dei propri frantoi. Previsto anche un concorso di qualità. Trieste. Stazione Marittima. Info: www.oliocapitale.it
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Il range di prezzo indicato (ove applicabile) si riferisce al costo medio di un pasto, escluse bevande alcoliche. I dati segnalati sono stati forniti direttamente dal Gestore del locale. Qualora doveste verificare delle discordanze, Vi invitiamo a segnalarcelo.
16-31 marzo ▶ Festa del Vino di Bertiolo
Settantesima edizione della kermesse dedicata ai vini del Friuli Venezia Giulia. In programma mercatini, raduni motoristici, giochi per bimbi, concerti di band emergenti, degustazioni guidate e luna park. Bertiolo (UD). Info: www.bertiolo.com
ristorante
e inoltre... 15-17 marzo ▶ Irlanda in festa
Musica, cultura, folklore, gastronomia irlandese. Polcenigo (PN). Info: www.irlanda-in-festa.it
7 aprile ▶ Festa delle Rondini
Enogastronomia, spettacoli, mercatino. Gonars (UD) Info: www.progettogonarsvivo.org
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ristorante
Nel Parco Hemingway un’autentica festa popolare all’insegna della solidarietà. Spettacoli, laboratori e incontri culturali con un occhio di riguardo dedicato ai più piccoli e alle loro famiglie. Lignano Sabbiadoro. Info: www.lignanoinfiore.it
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20 aprile – 1 maggio ▶ Lignano in Fiore
bar
25 aprile – 1 maggio ▶ Ethnic Festival
Stili, saperi, sapori, suoni, solidarietà: giunge alla ventesima edizione l’evento che mira a promuovere, unire e far conoscere le culture di tutto il mondo. In concomitanza con il “Mundialito”, torneo delle Nazioni under 16 di calcio maschile e femminile. Gradisca d’Isonzo (GO). Info: www.ethnicfest.it
24 aprile – 6 maggio ▶ Sagra del Vino
Cultura, sport, enogastronomia. Casarsa della Delizia (PN). Info: www.procasarsa.org
26 aprile – 1 maggio ▶ Stiria Food Festival
Degustazione e spettacoli. Udine. Piazza Primo Maggio. Info: www.turismofvg.it
L I V E
M U S I C 2 aprile ▶ Claudio Baglioni
Con Al centro uno degli artisti più amati dal pubblico italiano vuole festeggiare i 50 anni di carriera: un concerto nel quale Baglioni proporrà i suoi grandi successi, cantando su un palco posizionato proprio al centro, con il pubblico a 360° attorno a lui. Trieste. Pala Rubini. Ore 21. Info: www.azalea.it
27 marzo ▶ Roberto Vecchioni
Prima data in FVG (l’11 aprile sarà a Udine) del tour che porterà nelle principali città italiane il nuovo album L’infinito, che contiene il duetto dell’artista con Francesco Guccini nel singolo Ti insegnerò a volare, ispirato a Alex Zanardi. Gorizia. Teatro Verdi. Ore 21. Info: www.azalea.it
e inoltre... 18 marzo ▶ Ermal Meta
Con lo GnuQuartet. Trieste. Politeama Rossetti, Sala Generali. Ore 21. Info: www.azalea.it
22 marzo ▶ John Mayall
Aprirà il concerto Francesco Piu. Udine. Teatro Nuovo Giovanni da Udine. Ore 21. Info: www.azalea.it
www.imagazine.it 19-20 aprile ▶ Elisa
Per il nuovo tour Diari Aperti, Elisa ha scelto la dimensione intima e avvolgente del teatro (data zero a Latisana il 15 marzo). Undici tracce, tutte in italiano, che sono anche undici fotogrammi della sua vita. Trieste. Politeama Rossetti. Ore 21. Info: www.azalea.it
10 aprile ▶ Giovanni Allevi
Affiancato dall’Orchestra Sinfonica Italiana, il M° Allevi porterà sul palco Equilibrium, tour che segue la pubblicazione dell’omonimo ultimo progetto discografico. Un progetto che è stato eseguito in anteprima mondiale negli USA. Udine. Teatro Nuovo Giovanni da Udine. Ore 21. Info: www.azalea.it
e inoltre... 7 aprile ▶ Alessandra Amoroso
18 aprile
▶ Tedeschi Trucks Band “10”. Unica tappa in FVG. Trieste. Pala Rubini, Allianz Arena. Ore 21. Info: www. Unico concerto nel Nordest. Trieste. Politeama Rossetti, Sala Generali. Ore azalea.it 21. Info: www.azalea.it
CLASSIC ARTS
26-27 marzo ▶ La Bibbia riveduta e scorretta
Germania, 1455: Gutenberg introduce la stampa a caratteri mobili. Bussa alla porta della prima stamperia della storia un signore. Anzi, il Signore. Che chiede a Gutenberg di pubblicare la sua autobiografia… Monfalcone (GO). Teatro Comunale. Ore 20.45. Info: www.teatromonfalcone.it
9 aprile ▶ We will rock you
Ritorna il musical basato sulla musica dei Queen. In un lontano futuro di appiattimento culturale il rock è stato bandito. Solamente alcuni bohemians ne conservano il sacro fuoco, nascosti sottoterra. Ma il momento della liberazione è vicino. Gorizia. Teatro Verdi. Ore 20.45. Info: www.comune. gorizia.it
e inoltre... 20 marzo ▶ Giuseppe Giacobazzi
“Noi”. Trieste. Teatro Bobbio. Ore 20.30. Info: www.contrada.it
30 marzo ▶ L’illusionista
One man show di Luca Bono. Gradisca d’Isonzo (GO). Nuovo Teatro Comunale. Ore 21. Info: www.artistiassociatigorizia.it
10 aprile ▶ Il rigore che non c’era
Il nuovo spettacolo di Federico Buffa. Il rigore che non c’era è quell’evento, magari improvviso, che ha cambiato la storia di una partita, è quella metafora, magari improvvisa, che ha cambiato la storia di una vita… Cormòns (GO). Teatro Comunale. Ore 21. Info: www.artistiassociatigorizia.it
16-17 aprile ▶ Pintus
Destinati all’estinzione è lo show nel quale l’imitatore triestino prende in giro le nostre abitudini quotidiane, seguendo il successo record dei primi “50 sfumature di...Pintus” e “Ormai sono una milf”. Trieste. Politeama Rossetti. Ore 20.30. Info: www.ilrossetti.it
3 aprile ▶ Vangelo secondo Lorenzo
La storia di Lorenzo Milani. Udine. Teatro Nuovo Giovanni da Udine. Ore 20.45. Info: www.teatroudine.it
4 aprile ▶ Il canto della caduta
Di e con Marta Cuscunà. Cervignano del Friuli. Teatro Pasolini. Ore 21. Info: www.teatropasolini.it
SPORT
31 marzo ▶ Unesco Cities Marathon
L’unica maratona al mondo che collega tre siti appartenenti al Patrimonio Mondiale dell’Unesco: Cividale del Friuli, Palmanova e Aquileia. Previste anche gare su distanze minori. Cividale del Friuli (UD). Partenza ore 9.15. Info: www.unescocitiesmarathon.it
25 aprile – 1 maggio ▶ Spring Meeting
Uno degli appuntamenti più importanti d’Europa per quanto riguarda il volo libero. Competizione internazionale di deltaplano che riunisce i migliori piloti del continente. Meduno e Travesio (PN). Info: www.springmeeting.it
e inoltre... 17 marzo ▶ Ski Alp Tuglia
Open di scialpinismo. Forni Avoltri (UD). Piani di Luzza. Info: www.carniarena.com
7 aprile ▶ Trail delle Farfalle
Corsa competitiva in montagna. Bordano (UD). Casa delle Farfalle. Info: www.e20sportrun.it
27-28 aprile ▶ Colli Goriziani Historic
Manifestazione motoristica a cronometro libero tra i paesaggi del Collio, colli orientali e vallata del Torre Natisone, con arrivo a Gorizia e passerella lungo le vie del centro cittadino. Gorizia. Info: www.gasclub.org
28 aprile ▶ EcoMaratona del Collio Brda
La gara podistica transfrontaliera, considerata tra le sei ecomaratone più belle d’Italia, si snoderà tra le vigne che si espandono nella zona del Collio tra il confine italiano e quello sloveno. Cormòns (GO). Partenza ore 8.15. Info: www.colliobrdatrail.it
14 aprile ▶ Sci Alpinistica del Monte Canin
Manifestazione promozionale Open. Chiusaforte (UD). Località Sella Nevea. Info: www.e20sportrun.it
27 aprile ▶ Triathlon Lignano Sabbiadoro
Nuoto, bici e corsa in un percorso unico. Lignano Sabbiadoro (UD). Spiaggia. Info: www.triathlonlignano.it
MEETING
w w w. i m a g a z i n e . i t
9-16 marzo ▶ Dedica Festival
27-30 marzo ▶ Pordenone International Film Festival
20-22 aprile ▶ Link
26 aprile – 4 maggio ▶ Far East Film Festival
Otto giorni con la scrittrice, poetessa e giornalista Gioconda Belli e con il suo universo poetico e narrativo. Incontri, teatro, musica, fotografia e libri dedicati al rapporto fra l’America precolombiana e il Sudamerica di oggi. Pordenone. Info: www.dedicafestival.it
Tre giorni di incontri e appuntamenti aperti a tutti e dedicati al mondo dell’informazione e ai suoi protagonisti. Attesi grandi nomi del giornalismo italiano e internazionale. Trieste. Piazza della Borsa. Info: www.luchettaincontra.it
Rassegna di corto e lungo metraggi prodotti dai giovani. Saranno proiettate le migliori proposte pervenute con il tema “non solo droga, i giovani e le dipendenze”. Pordenone. Ex Convento di San Francesco. Info: www. pordenonefilmfestival.it
Ventunesima edizione della rassegna internazionale del cinema popolare asiatico. Prevista una ricca programmazione di titoli: preview, cult, riscoperte, incontri con ospiti, attori, registi, dive. Udine. Info: www.fareastfilm.com
e inoltre... 19 marzo ▶ La ragazza di Chagall
26 marzo ▶ Roberto Vecchioni
21-23 marzo ▶ Film Forum
10-14 aprile ▶ Le voci dell’inchiesta
Presentazione del libro di Antonella Sbuelz. Latisana (UD). Centro polifunzionale. Ore 18.30. Info: 0431 525180 Incontro internazionale sui film e sui media. Gorizia. Info: www.filmforumfestival.it
Lectio magistralis sul cantautorato italiano. Gorizia. Teatro Verdi. Ore 17. Info: www.comune.gorizia.it Festival del cinema del reale. Pordenone. Info: www.voci-inchiesta.it
F U O R I
R E G I O N E
T R E V I S O 16-17 marzo
▶VENETO IN GRIGIOVERDE Fiera militare del Triveneto, con ampia area espositiva dedicata al collezionismo di settore che richiama appassionati da tutto il Nord Italia. Previste anche gare di tiro softair. Santa Lucia di Piave. Info: www.venetoingrigioverde.com Fino al 17 marzo
▶RICCARDO GUASCO PUNTO E A CAPO. MANIFESTI SOSTENIBILI AL 100% BIO Anche il fumetto contemporaneo diventa di casa al Museo Nazionale Collezione Salce, in occasione di Treviso Comic Book Festival. Treviso. Museo Nazionale Collezione Salce. Info: www.collezionesalce.beniculturali.it 23-24 marzo
▶TIME TO MODEL Mostra statica di mezzi militari e civili, aerei gundam, navi, treni e lego. Previsti simulatori di volo, auto e virtual flight. Spazio apposito per laboratori per ragazzi. Salgareda. Info: www.modellismosalgareda.it 31 marzo
▶TREVISO MARATHON Una maratona internazionale “incantata” lungo le strade della Marca Trevigiana, la Città di Treviso e il Parco Naturale Regionale del Fiume Sile. Treviso. Info: www.trevisomarathon.com 7 aprile
▶CORSA PODISTICA DUE MULINI Gara podistica non competitiva su tre diverse tipologie di distanza: 4,3 km – 10 km e 18,3 km. Aperta anche a gruppi di Nordic Walking. Treviso. Sant’Angelo. Info: www.2mulini.it 14 aprile
▶MOSNIGO IN FIORE Mostra mercato di fiori, piante e artigianato. Stand gastronomico con specialità tipiche e degustazioni. Dimostrazione di cottura dello spiedo, rievocazione storica della Casatella. Moriago della Battaglia. Mosnigo. Info: 338 1982126 15-16 aprile
▶CLAUDIO BAGLIONI Due concerti per il tour con cui l’artista festeggia i 50 anni della propria carriera, riproponendo tutti i suoi principali successi discografici. Villorba. PalaVerde. Ore 21. Info: www.azalea.it
V E N E Z I A 19 marzo – 18 agosto
▶LETIZIA BATTAGLIA FOTOGRAFIA COME SCELTA DI VITA Grande antologica di Letizia Battaglia (Palermo, 1935), una delle protagoniste più significative della fotografia italiana, che ne ripercorre l’intera carriera. Venezia. Casa dei Tre Oci. Info: www.treoci.org 20 marzo – 28 aprile
▶JEWISH MANGA ART. LA BELLEZZA DEL RIGORE Una mostra fuori dal comune, innovativa ma con richiami antichissimi: le tavole Manga a soggetto ebraico disegnate da Thomas Carlo Lay. Venezia. Museo Ebraico. Info: museoebraico@coopculture.it Fino al 24 marzo
▶FUTURUINS Oltre 250 opere, di cui 80 dal Museo Statale Ermitage, dall’antichità all’arte contemporanea, per riflettere sul senso e sui significati delle rovine. Venezia. Palazzo Fortuny. Info: www.museiciviciveneziani.it Fino al 24 marzo
▶VENEZIA E SAN PIETROBURGO. ARTISTI, PRINCIPI E MERCANTI Una delle più ricche collezioni di arte veneziana al mondo, con dipinti e disegni, alcuni dei quali mai esposti in Italia, dei massimi artisti veneti a partire dal Cinquecento. Venezia. Centro Culturale Candiani. Info: www.centroculturalecandiani.it 26 marzo
▶THEGIORNALISTI La band guidata da Tommaso Paradiso, nuova autentica stella della musica italiana, riparte con il suo “Love Tour”, nuovo attesissimo progetto live del gruppo. Jesolo. Palazzo del Turismo. Ore 21. Info: www.azalea.it 6-7 aprile
▶LA OTTANTA Regata costiera sulla rotta Caorle-Grado-Pirano, aperta sia a imbarcazioni stazzate ORC o IRC, sia in Libera nelle categorie X2 e XTutti. Caorle. Info: www.cnsm.org 18 aprile
▶GIORGIA Dopo l’uscita del suo nuovo album di cover “Pop Heart”, la voce tra le più amate della musica italiana torna con l’omonimo tour nei palazzetti di tutta Italia. Jesolo. Palazzo del Turismo. Ore 21. Info: www.azalea.it
O L T R E
C O N F I N E
C R O A Z I A 23-24 marzo
▶MEZZA MARATONA PLAVA LAGUNA Oltre alla mezza maratona di 21 km in programma anche la 10K Run. Inoltre, per i più piccoli, la Kids Run (dai 400 ai 1800 m) nonché la Family Run (di 3,5 km). Parenzo. Info: www.plavalaguna.com 28- 31 marzo
▶GIORNATE DELLA COMUNICAZIONE Festival della comunicazione pubblicitaria che desidera essere un punto di riferimento per i professionisti del marketing e per i comunicatori. Rovigno. Info: www.danikomunikacija.com 1-30 aprile
▶GIORNATE DELL’ASPARAGO E DELLA SEPPIA La rapsodia gastronomica primaverile di Albona si svolge durante nei ristoranti nell’area. L’asparago è l’ingrediente principale dei menu dove spiccano anche le seppie dell’Adriatico. Albona. Info: www.rabac-labin.com 3-7 aprile
▶ISTRA MUSIC FESTIVAL Nona edizione del Festival internazionale di cori e orchestre con ensemble provenienti da tutto il mondo, che si esibiranno nell’arco delle giornate. Parenzo. Info: www.mrf-musicfestivals.com 6-7 aprile
▶MOTOVUN PHOTOHILL Festival della fotografia: per due giorni in programma esposizioni, laboratori, workshop e incontri per appassionati ed esperti del settore. Montona. Info: www.tz-motovun.hr 12-14 aprile
▶100 MIGLIA DELL’ISTRIA Gara ultra trail. Tre percorsi con distanze che variano dai 170 km ai 67 km, tutti accomunati da affascinanti saliscendi e arrivo nel centro di Umago. Umago. Info: www.istria100.com 27-28 aprile
▶FESTIVAL DELLE ERBE SPONTANEE Attraverso conferenze e laboratori, i visitatori avranno l’opportunità di conoscere le indicazioni e le modalità d’uso delle erbe spontanee nella gastronomia e nella fitoterapia. Chersano. Info: www.istria-krsan.com
14-17 marzo
▶IRON SLEDDOG MAN Un grande lavoro di squadra tra uomini e animali è il presupposto necessario per ottenere un buon piazzamento in questa gara di sleddog: una delle più dure d’Europa, con 70 mute di cani provenienti da diversi Paesi. Innerkrems. Info: www.raufner.at 21-24 marzo
▶SKIBOB WORLD CUP Finali di sci-bob nelle specialità di slalom speciale, slalom gigante e supergigante. Attesa anche per i paralleli maschile e femminile con sfide a duello. Nassfeld. Info: www.nassfeld.at 4-20 aprile
▶MERCATINO DI PASQUA Prodotti artigianali e di vivaismo faranno da cornice al mercato che saluta la primavera e rappresenta l’occasione ideale per alcuni regali a tema per la Pasqua imminente. Klagenfurt. Info: www. visitklagenfurt.at
O L T R E C A R I N Z I A 13 aprile
▶HUNTER RUNDE Sessantottesima edizione della gara di caccia sportiva tra le colline della Bogensportarena con premi riservati alle diverse categorie di partecipanti. Velden. Info: www.bogensportarena-velden. at 13 aprile
▶SKI GOLF TROPHY Una sfida avvincente su due sport: al mattino gara di sci tra i paletti delle piste, nel pomeriggio torneo di golf a nove buche. Nassfeld. Info: www. nassfeld.at 28 aprile
▶AUTO FREI Per un’intera giornata le sponde del Woerthersee saranno bandite ai veicoli a motore divenendo il regno di pedoni e ciclisti, protagonisti di una grande festa all’aria aperta. Woerthersee. Info: www. woerthersee.com
C O N F I N E S L O V E N I A 13-20 marzo
▶FESTIVAL DEL FILM DOCUMENTARIO Rassegna internazionale. In collaborazione con Amnesty International Slovenia verrà assegnato il premio per il miglior film sul tema dei diritti umani. Lubiana. Info: www.fdf.si 15-16 marzo
▶FIERA DI SAN GREGORIO Cento espositori parteciperanno nella centrale piazza Bevk. In programma concerti e degustazioni di prodotti tipici locali della tradizione agricola. Nova Gorica. Info: www.td-novagorica.si 21-24 marzo
▶COPPA DEL MONDO DI SALTO CON GLI SCI Planica si conferma scenario ideale per le finali della Coppa del Mondo di Salto con gli Sci, con il suo catino animato da diecimila spettatori. Chi sarà il campione 2019? Planica. Info: www.planica.si 30 marzo
▶SINFONIA DI CILIEGI Nello splendido scenario del Collio sloveno attorno a Castel Dobra una giornata tra degustazioni, con passeggiate in mezzo alla natura e ai ciliegi in fiore. Castel Dobra. Info: www.brda.si 12-14 aprile
▶FESTIVAL DEL CIOCCOLATO Maestri cioccolatieri provenienti da tutta la Slovenia faranno assaggiare al pubblico le loro prelibatezze. Previsti anche workshop e intrattenimenti per adulti e bambini. Radovljica. Info: www.radolca.si 13-14 aprile
▶LUKA KOPER La Maratona d’Istria unisce 4 città del litorale istriano – Ancarano, Capodistria, Isola e Pirano – promuovendo uno stile di vita sano in un ambiente pulito. Capodistria. Info: www.portoroz.si 20-21 aprile
▶ROŠKA TRAIL Trail naturalistico con partenza dal lago di Kočevje e percorso che si dipana all’interno della foresta, in un’esperienza di silenzio e di pace, unita allo sforzo fisico. Kočevje. Info: www.kocevsko.com
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2 marzo Tanti auguri Luisa! Eugenio, Andrea, Marina 10 marzo Buon compleanno Elisabetta! Nicola, Ferdy e Davide 22 marzo Tanti auguri Elisa! Mamma, papà, Mattia, Riccardo, Marina, Andrea 23 marzo Auguri papà! Massimo, Stefano, Daniela, Eva 26 marzo Buon compleanno Cinzia! Lo staff di iMagazine 29 marzo Tanti auguri Eleonora! Lo staff di iMagazine 31 marzo Buon primo compleanno Mattia! All the family 3 aprile Buon compleanno Anita Cinzia e Nick 6 aprile Felice anniversario Giuseppe Caterina 11 aprile Buon compleanno nonna Chiara Luca, Simone, Giovanna e Teresa 24 aprile Buon compleanno Daniela Andrea, Rosalia, Massimo 28 aprile Tanti auguri Paola! Ovidio e Luciano Mandaci entro il 1º aprile i tuoi auguri per le ricorrenze di maggio e giugno! Li pubblicheremo gratuitamente su iMagazine! Segnalaci giorno, evento, mittente e destinatario e spedisci il tutto via e-mail (info@imagazine.it), via posta ordinaria (iMagazine, c/o via Aquileia 64/a, 33050 Bagnaria Arsa – UD) o via fax (040 566186).
Fonte: Federfarma Gorizia e Ordine dei Farmacisti di Trieste
96 | marzo-aprile 2015 FARMACIE DI TURNO
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STORICA via Cosulich 117 Monfalcone, tel. 0481 711315 CENTRALE pzza Repubblica 16 Monfalcone, tel. 0481 410341 COMUNALE 1 via Aquileia 53 Monfalcone, tel. 0481 482787 COMUNALE 2 via Crociera 14 Monfalcone, tel. 0481 480405 REDENTORE via IX Giugno 36 Monfalcone, tel. 0481 410340 RISMONDO via Toti 53 Monfalcone, tel. 0481 410701 SAN ANTONIO via Romana 93 Monfalcone, tel. 0481 40497 SAN NICOLÒ via Iº Maggio 92 Monfalcone, tel. 0481 790338 ALL’ANGELO via Roma 18 Ronchi dei L., tel. 0481 777019 ALLA STAZIONE v.le Garibaldi 3 Vermegliano, tel. 0481 777446 LEDRI via Marina 1 Grado, tel. 0431 80058 COMUNALE via C. Colombo 14 Grado, tel. 0431 80895 ZANARDI via Trieste 31, Staranzano, tel 0481 481252 AL LAGO via Roma 13, Doberdò, tel 0481 78300 LUCIANI via Dante 41, Sagrado, tel 0481 99214 SPANGHERO via Aquileia 89, Turriaco, tel 0481 76025 VISINTIN via Matteotti 31, San Pier d’Isonzo, tel 0481 70135 RAMPINO piazza Venezia 15, San Canzian d’Is., tel 0481 76039 DI MARINO via Redipuglia 77, Fogliano, tel 0481 489174 TRIESTE via Mazzini 43, tel. 040.631785 TRIESTE via Combi 17, tel. 040.302800 TRIESTE via Fabio Severo 122, tel. 040.571088 TRIESTE piazza Ospedale 8, tel. 040.767391 TRIESTE capo di piazza Mons. Santin 2 tel. 040.365840 TRIESTE via Commerciale 21 tel. 040.421121 TRIESTE via Ginnastica 6, tel. 040.772148 TRIESTE piazza Venezia 2, tel. 040.308248 TRIESTE via Curiel 7/B (Borgo S. Sergio), tel. 040.281256 TRIESTE via Roma 15 (angolo via Valdirivo), tel. 040.639042 TRIESTE via Piccardi 16, tel. 040.633050 TRIESTE via Baiamonti 50, tel. 040.812325 TRIESTE piazza Oberdan 2, tel. 040.364928 TRIESTE piazzale Gioberti 8, tel. 040.54393 TRIESTE via Oriani 2 (largo Barriera), tel. 040.764441 TRIESTE piazza Cavana 1, tel. 040.300940 TRIESTE viale Miramare 117, tel. 040.410928 TRIESTE via dell’Istria 33, tel. 040.638454 TRIESTE piazza Giotti 1, tel. 040.635264 TRIESTE via Belpoggio 4 (angolo via Lazzaretto Vecchio), tel. 040.306283 TRIESTE via Bernini 4 (angolo via del Bosco), tel. 040.309114 TRIESTE largo Piave 2, tel. 040.361655 TRIESTE via Felluga 46, tel. 040.390280 TRIESTE piazza Libertà 6, tel. 040.421125 TRIESTE via dell’Istria 18/B, tel. 040.7606477 TRIESTE via di Servola 44, tel. 040.816296 TRIESTE viale XX Settembre 6, tel. 040.371377 TRIESTE via dell’Orologio 6 (via Diaz 2), tel. 040.300605 TRIESTE via Pasteur 4/1, tel. 040.911667 TRIESTE via Tor S. Piero 2, tel. 040.421040 TRIESTE piazza Goldoni 8, tel. 040.634144 TRIESTE via Revoltella 41, tel. 040.941048 TRIESTE via Brunner 14, tel. 040.764943 TRIESTE campo S. Giacomo 1, tel. 040.639749 TRIESTE piazzale Valmaura 11, tel. 040.812308 TRIESTE via Roma 16 (angolo via Rossini), tel. 040.364330 TRIESTE piazza Garibaldi 6, tel. 040.368647 TRIESTE via Stock 9, tel. 040.414304 TRIESTE largo Sonnino 4, tel. 040.660438 TRIESTE piazza S. Giovanni 5, tel. 040.631304 TRIESTE via Alpi Giulie 2, tel. 040.828428 TRIESTE via Cavana 11, tel. 040.302303 TRIESTE largo Osoppo 1, tel. 040.410515 TRIESTE via Settefontane 39, tel. 040.390898
COMUNE DI MONFALCONE Dati: N.P.
Recapiti: 0481 494280, www.comune.monfalcone.go.it
COMUNE DI SAN CANZIAN D’ISONZO Abitanti: 6.196
(dati Anagrafe giu-nov 2018) nati: 20, deceduti: 32, immigrati: 120, emigrati: 130, matrimoni: 9 Recapiti: 0481 472311, www.comune.sancanziandisonzo.go.it
Le farmacie contrassegnate dal fondino arancione anticipano di un giorno le date di turno indicate. Le farmacie di Trieste iniziano e terminano i turni 2 giorni dopo rispetto alle date indicate
04-10
27-03
20-26
13-19
06-12
marzo-aprileAPRILE 2015 | 97
-05 30-05
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23-29
16-22
09-15
02-08
MARZO
COMUNE DI STARANZANO Abitanti: 7.256
(dati Anagrafe giu-dic 2018) nati: 26, deceduti: 49, immigrati: 204, emigrati: 187, matrimoni: 18 Recapiti: 0481 716911, www.comunedistaranzano.it
COMUNE DI RONCHI DEI LEGIONARI Dati: N.P.
Recapiti: 0481 477111, www.comuneronchi.it
M ST ON ED IZIO AR FA NE A N LCO C PE ZA NE ERCET NO - VGRIRVIE R LE FA 327 G R I - S ONORNGSANTE MIG 9|/2200 LIE 11029 AN CHIZNIAN1 CA I DAO OD D DI NZ EI ELEL IA LE FRFR N D GI IUIU ’IS ONALILI ON RI ZO
98 | maggio-giugno 2015 | 98 | marzo-aprile 2012 |
Praznični mostovi med veliko nočjo in prvomajskimi prazniki. Ni bilo potrebno delati makete! Brückentage zwischen Ostern und 1. Mai. - Es war nicht nötig, dass du ein Modell bautest! Ponti de festa tra Pasqua e primo magio No iera el caso de far un modelin Puints festîfs tra Pasche e prin di Mai -Nol jere il câs di fâ un model! Ponti festivi tra Pasqua e Primo maggio - No iera el caso de far un model!
Per le traduzioni si ringrazia: Irene Devetak (sloveno), Isa Dorigo - Regjon autonome FVG Servizi lenghis minoritariis (friulano), Andrea Coppola Università di Trieste (tedesco), Marianna Martinelli (bisiaco), Alessandro Samez (triestino).