iMagazine 69

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E D I T O R I A L E L’INFORMAFREEMAGAZINE nº 69 – anno XII numero 4 luglio-agosto 2017 ISSN 1828-0722 Editore

GOLIARDICA EDITRICE srl a socio unico sede operativa: I – 33050 Bagnaria Arsa, Italy via Aquileia 64/a tel +39 0432 996122 fax +39 040 566186 info@imagazine.it Direttore responsabile Andrea Zuttion Condirettore responsabile Claudio Cojutti Responsabile di redazione Andrea Doncovio Area commerciale Michela De Bernardi, Francesca Scarmignan, Fabrizio Dottori Responsabile area legale Massimiliano Sinacori Supervisione prepress e stampa Stefano Cargnelutti Hanno collaborato Vanni Veronesi, Claudio Pizzin, Daniel Blasina, Ezio Scocco, Paolo Marizza, Vanni Feresin, Margherita Reguitti, Andrea Fiore, Livio Nonis, Cristian Vecchiet, Alfio Scarpa, Michele D’Urso, Michele Tomaselli, Manuel Millo, Andrea Coppola, Germano De March, Alberto Vittorio Spanghero, Renato Duca, Renato Cosma, Germano Pontoni, Isa Dorigo, Sandro Samez, Marianna Martinelli, Irene Devetak, Andrea Tessari Registrazione Tribunale di Udine n. 53/05 del 07/12/2005 Stampato in proprio Tiratura 70.000 copie Credits copertina Cosimo Buccolieri Credits sommario :: Athanasius Kircher :: :: Cosimo Buccolieri :: :: Michele Tomaselli :: :: Luigi Vitale :: :: Alfio Scarpa :: © goliardica editrice srl a socio unico. Tutti i diritti sono riservati. L’invio di fotografie o altri materiali alla redazione ne autorizza la pubblicazione gratuita sulle testate e sui siti del gruppo goliardica editrice srl. Manoscritti, dattiloscritti, articoli, fotografie, disegni o altro non verranno restituiti, anche se non pubblicati. Nessuna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta in alcun modo, incluso qualsiasi tipo di sistema meccanico, elettronico, di memorizzazione delle informazioni ecc. senza l’autorizzazione scritta preventiva da parte dell’Editore. Gli Autori e l’Editore non potranno in alcun caso essere considerati responsabili per incidenti o conseguenti danni che derivino o siano causati, direttamente od indirettamente, dall’uso improprio delle informazioni ivi contenute. Tutti i marchi citati appartengono ai rispettivi proprietari, che ne detengono i diritti. L’Editore, nell’assoluzione degli obblighi sul copyright, resta a disposizione degli aventi diritto che non sia stato possibile rintracciare al momento della stampa della pubblicazione.

Cari lettrici e lettori, secondo l’ultimo rapporto previsionale del Centro studi Confindustria, nel 2017 e nel 2018 l’occupazione in Italia è destinata a rallentare nuovamente, mentre per quanto riguarda la crescita economica bisognerà attendere il 2023 per ritornare ai livelli pre-crisi. Sempre che nel frattempo gli scenari mondiali non mutino nuovamente. Cosa che, mancando sei anni alla scadenza sopra citata, viene da pensare che sarà altamente probabile. Peccato che mentre gli analisti continuano a proporre statistiche fini a se stesse e destinate a cambiare in un battito di ciglia, non ci si accorga – o non ci si voglia accorgere – che il sistema economico mondiale sia ormai radicalmente stravolto. Nel mondo globalizzato che avrebbe dovuto abbattere ogni barriera e aprire il mercato alla forza della concorrenza, a comandare e a dettare le regole sono in pochi. Destinati a diventare in breve tempo ancor meno. Tra loro c’è e ci sarà il signor Jeff Bezos, ovvero mister Amazon. Una figura che nessuno al mondo può ormai considerare distante. Perché la sua creatura, Amazon per l’appunto, è destinata a determinare in maniera sempre più prepotente la nostra esistenza. Stiamo parlando del principale portale di vendita on line al mondo. Per facilitare la comprensione del ragionamento, prendo a prestito una recente ricerca effettuata tra i giovani italiani, che attualmente rappresentano il 4% degli utenti del mercato on line del nostro Paese. Ebbene, per effettuare i propri acquisti, la stragrande maggioranza di loro si reca prima nei centri commerciali per visionare o provare i prodotti; una volta scelti, li acquistano direttamente on line su Amazon, che a minor prezzo li fa arrivare direttamente a casa. Per completare l’esempio, aggiungiamo che – secondo recenti studi – nel giro di cinque anni la percentuale di utenti in Italia che si rivolgerà al commercio on line è destinata a raggiungere il 30%. Aumentando ulteriormente in futuro. Non serve un luminare per comprendere l’effetto domino che si innescherà. Sempre più attività commerciali sono destinate a chiudere, fagogitate dai colossi del commercio on line. O meglio, dal colosso. Perché ormai Amazon non è più semplicemente un vasto mercato sul web, ma una realtà che vuole controllare l’infrastruttura fondamentale della nostra economia. Oltre a venderli, infatti, Amazon anche fabbrica migliaia di prodotti, dagli abiti alle salviette per bambini, produce film e serie TV, consegna ordini ai ristoranti, offre prestiti e potrebbe presto prescrivere farmaci. Così le aziende che vogliono lavorare devono sempre più spesso usare dei servizi di Amazon per farlo. E Amazon sfrutta questa co-dipendenza per dettare legge e prezzi sui suoi fornitori, sfruttando addirittura i dati che raccoglie dalle aziende che vendono sulla sua piattaforma per indebolirle. Senza badare troppo a sottigliezze: se un’azienda non si piega alla volontà di Amazon, Amazon ne blocca la commercializzazione dei prodotti. Ricapitolando: nel giro di pochi anni la maggior parte degli acquisti commerciali verrà effettuata on line; Amazon detiene il monopolio del commercio mondiale on line; detenendo il monopolio, Amazon stabilisce regole e prezzi. Nell’evoluto e politically correct ventunesimo secolo, una società in cui uno decide per tutti, come si chiama? Non mi resta che augurarvi … buona lettura! Andrea Zuttion



2016/2017

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dicono di noi... Da Il Dolcefreddo il gelato è molto buono, mentre Toninato offre un locale molto carino anche per la pausa caffè. Da GM Pub c’è una vasta scelta di birre; Al Lago offre una bella location e si mangia bene, così come molto bene si mangia da Al Postiglione. Al Rosari offre un locale carino e il personale è molto cortese. Paolo Sebenico Monfalcone

Ai Compari è un bel posto, accogliente, con personale professionale che ama veramente il proprio lavoro. CAR Auto si conferma invece punto di riferimento sul territorio per trovare tutto ciò che ruota attorno ai ricambi auto. Class Caffè è un bel locale situato in centro città con buona offerta di dolci e servizio ristorante. Al Parco è un locale accogliente con ottimi caffè, pane e dolci. Federico Farano Gorizia

Da imprintaonline il servizio tesi è davvero rapidissimo e garantisce un prodotto di qualità Luca Cossi Trieste

Da Farmacia Bacchetti e Class Caffè il personale è molto gentile. Da Brontolo ho mangiato bene e porzioni abbondanti, così come bene ho mangiato molto bene da Oishii. Floriana Sebenico Ronchi dei Legionari 12

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gennaio-febbraio 2008

| L’INFORMAFREEMAGAZINE

Complimenti per il vostro portale on line in cui posso trovare informazioni sempre aggiornate sugli eventi e su tutto quanto accade in regione. Davvero un ottimo servizio. Carla Tognon Udine Da Ai Compari l’accoglienza è stata ottima e il servizio molto professionale. Da CAR Auto è presente una vasta offerta di ricambi: praticamente impossibile non trovare ciò di cui si ha bisogno. Al Parco è un locale curato nei dettagli, con una buona offerta di pane e dolci. Da Class Caffè il personale è gentile, il locale accogliente con buona scelta di pietanze per la pausa pranzo. Da Brontolo è un bel posto con servizio molto professionale. Francesca Farano Vicenza Desideravo fare i complimenti per la vostra rivista che presenta in ogni numero articoli davvero interessanti. Davide Melon Trieste La titolare di Athenaeum è attenta alla richiesta della clientela. Da Oishii la qualità del cibo è ottima così come ottimi sono gli aperitivi di Class Caffè. Da Centro Benessere Dentale il trattamento è stato super e da Al Parco il servizio si è rivelato ottimo. La dottoressa della Farmacia Bacchetti è molto gentile. Da Armonie il servizio è molto buono e da CAR Auto il personale è cortese. Da Dima Sport ho trovato abbigliamento sportivo di qualità, mentre Stile offre idee molto belle per l’oggettistica per la casa. Da A modo mio il personale è gentile e il locale piacevole; il servizio di Maglie4You è rapido e puntuale. Anna Visintin Gorizia


Segnalo l’accoglienza ricevuta e la cortesia del personale di Nereo Hair & Beauty. Da imprintaonline, oltre ad un servizio rapido, ho trovato un ottimo rapporto qualità prezzo per la cancelleria. Elisa Rossi Trieste

Athenaeum è un ottimo luogo per universitari, mentre dalla Farmacia Rismondo è possibile trovare molti prodotti oltre ai farmaci. Al Lago è una bella location. Cristina De Pace Ronchi dei Legionari

Nei giorni scorsi mio nipote ha portato a casa l’Annuario scolastico realizzato da voi. Desidero ringraziarvi con il cuore per questo straordinario regalo che fate agli studenti: nessuno fa una cosa simile. Siete dei grandi. Licia Zonch Cividale del Friuli

Ormai è diventata una piacevole consuetudine, ma proprio per questo non va data per scontata. Grazie per il dono dell’Annuario scolastico che ogni anno fate ai nostri studenti. Roberta Granbassi Gorizia

Class Caffè è un locale centralissimo, ben frequentato, con personale gentile. Al Parco garantisce una buona offerta di pane e dolci. Liliana Zambon Gorizia

iMoneyPartner? Yes, I am!

Intervista a Micol Mary Zanolla, co-titolare di Ai Compari di Turriaco Micol Mary Zanolla, com’è nata l’idea di aprire Ai Compari? «L’idea è nata quasi due anni fa. Avevamo a disposizione lo spazio adatto, tante idee e un figlio con la passione per la ristorazione. Ci abbiamo messo due anni Lo staff di Ai Compari; perchè abbiamo fatto Micol Mary Zanolla è la terza da sinistra. tutto da noi e soprattutto per dare tempo a nostro figlio di formarsi facendo corsi e lavorando presso altri locali». Come mai questo nome? «Per noi i Compari sono gli amici più cari, quelli che ci sono sempre nel momento del bisogno. Ed è questo che vorremo essere per tutti». Quali sono a suo avviso i punti di forza del locale? «Sarebbe bello poter elencare i nostri punti di forza, ma siamo una start up, aperti da poco più di 7 mesi. Ogni giorno per noi è una novità e stiamo lavorando per renderci “speciali”. Forse potremo rispondere quando avremmo compiuto 1 anno». Nell’ambito della ristorazione e dell’intrattenimento quali sono gli aspetti fondamentali per una buona offerta verso la clientela? «In entrambi i campi, e da sempre, gli aspetti fondamentali sono professionalità, qualità, simpatia e un’offerta varia». A proposito di ristorazione, quali sono le specialità che si possono gustare da Ai Compari? «Ci consideriamo come la paninoteca/birreria alternativa. Le nostre specialità sono i panini gourmet e le insalatone: prodotti di qualità e abbinamenti particolari. Ma anche la rivisitazione di panini classici e piatti». Ai componenti dello staff cosa viene richiesto per garantire un servizio sempre all’altezza? «Abbiamo scelto di dare spazio a uno staff giovane e preparato. A loro chiediamo sempre il rispetto di tutti i clienti, il sorriso, la pazienza e la professionalità. Chi viene da noi deve potersi rilassare e godersi la serata». Per promuovere la vostra attività avete puntato sul network di iMagazine: come mai questa scelta? «Abbiamo scelto iMagazine, perchè lo conoscevamo da “clienti”. È una voce libera che dà spazio a tutto quanto ha da offrirre il nostro territorio. Quale modo migliore per farci conoscere?» Ai Compari rientra anche nel circuito degli iMoneyPartner: come valuta il progetto dei buoni valore? «Il progetto iMoney ci incuriosiva da sempre: offrire la possibilità a tutti coloro che lo desiderano di utilizzare i buoni valore per venire da noi crediamo sia una formula vincente per farci conoscere». L’INFORMAFREEMAGAZINE | gennaio-febbraio 2008 | 13



S O M M A R I O

luglio - agosto 24

L’ANALISI di Paolo Marizza

21 Nuocere all’innovazione GIULIO CAMILLO di Vanni Veronesi

24 Il teatro della memoria 28

LODOVICA COMELLO di Andrea Doncovio

28 Ritorno a casa

OLTRIS E I BURBA di Michele Tomaselli

30 Un gioiello della Carnia ROBERTA DEMARTIN di Margherita Reguitti

34 Il futuro è donna 30

GIOVANNI DE BRIGNOLI di Renato Duca e Renato Cosma

36 Tra conoscenza e progresso IL MONTE SANTO di Vanni Feresin

40 Custode del territorio OSSERVATORI BELLICI di Alberto Vittorio Spanghero

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43 Gli sguardi sul conflitto OMAR RUSIN di Andrea Doncovio

46 Una storia da tramandare 36

SINISTRI SU STRADA di Polizia di Stato

50 Incidenti e risarcimenti CYBERBULLISMO di Massimiliano Sinacori

50 Soli davanti al computer VIRTUALE E REALE di Andrea Fiore

52 Il web è morto? Viva il web

NECESSARO E SUPERFLUO di Cristian Vecchiet

54 Acquisto, quindi sono

SOLIDARIETÀ E OPPORTUNISMO di Manuel Millo

56 Forse ti aiuto

ROBERTO TERPIN a cura della redazione

63 Gli orfani della speranza STAMPA ANTICA di Margherita Reguitti

La bellezza femminile

64 secondo Alfons Mucha IL MUCA DI MONFALCONE a cura della redazione

68 La storia di una comunità ELISA BROTTO di Michele D’Urso

70 Giovani artisti al bivio DINO PIU di Andrea Doncovio

72 Il cantore del Friuli VALTER CANDUSSO di Michele D’Urso

74 Cazzuola e bicicletta CHEF…AME

77 La ricetta di Germano Pontoni 80

e segg. Gli eventi di luglio e agosto


: lettere alla redazione

▲ Gorizia – Foto di gruppo di insegnanti della scuola primaria e secondaria di primo e secondo grado, e professionisti tra ingegneri, dottori commercialisti e operatori della pubblica amministrazione e del settore turistico che hanno partecipato al corso di aggiornamento “App 2.0: comunicare, insegnare e posizionarsi ai tempi del Web 2.0”, organizzato dal Laboratorio di ricerca sul Web semantico, adattivo e sociale – Sasweb dell’Università di Udine a Gorizia. La cerimonia di consegna degli attestati si è tenuta presso il polo universitario di Santa Chiara, nel capoluogo isontino. ▲ Trieste – Da sinistra il direttore di iMagazine, Andrea Zuttion, e il presidente della Società Velica di Barcola e Grignano, Mitja Gialuz, davanti al manifesto ufficiale della 49esima edizione della Barcolana, a margine della presentazione ufficiale dell’evento. Anche quest’anno iMagazine sarà partner tecnico della manifestazione, con la fornitura degli iMagazineVideoTruck. ▲ Staranzano – Sono stati oltre 200, in rappresentanza di almeno quattro generazioni di praticanti, i karateka di ieri e di oggi che si sono riuniti per festeggiare i 40 anni di attività dell’A.S.D. C.S.K.S. (Centro Studio Karate Sportivo) di Monfalcone. L’evento è stato ospitato negli spazi dell’area feste della Boschetta di Dobbia.

▲ Ruda – A sinistra il caporedattore di iMagazine, Andrea Doncovio, e a destra il fotografo Claudio Pizzin, mentre vengono omaggiati da Mauro Buoro e dalla nipote Denise con una targa ricordo nell’ambito della serata “Lotta all’obesità. Trieste-Berlino 1.180 km in MTB”, in cui Buoro ha presentato la propria storia al pubblico, anticipando il viaggio in Mountain Bike che, a partire dal 30 luglio, lo condurrà nella capitale tedesca. Viaggio di cui iMagazine è media partner.

▲ Bagnaria Arsa – Il direttore di iMagazine, Andrea Zuttion, e la presidente della Pro Loco di Cervignano del Friuli, Elisabetta Nicola, suggellano l’accordo di partnership che mira a promuovere e dare ulteriore efficacia comunicativa agli eventi organizzati dall’ente cervignanese, valorizzando in maniera positiva e propositiva i reciproci marchi di entrambe le realtà. ◄ Cividale del Friuli – Una Fiat Doblò attrezzata per il trasporto di persone disabili in carrozzina è stata consegnata agli operatori del Servizio Sociale dei Comuni dell’UTI del Natisone alla presenza del sindaco del Comune di Cividale del Friuli, Stefano Balloch, e del neo Presidente della Fondazione Friuli, Giuseppe Morandini, che ha finanziato l’acquisto.

È possibile inviare le proprie lettere e i propri commenti via posta ordinaria (iMagazine – via Aquileia 64/a – 33050 Bagnaria Arsa-UD), oppure via e-mail (redazione@imagazine.it).


▲ Roma – La responsabile editoriale di Goliardica Editrice - editore di iMagazine – Cinzia Martinelli assieme al direttore del CeNASS (Center for Near Abroad Strategic Studies), Paolo Quercia, a margine della presentazione della ricerca sulla Sicurezza Migratoria, tenutasi alla sede del Circolo del Ministero degli Affari Esteri. Proprio sulla ricerca, realizzata con il co-finanziamento della Unità di Analisi e Programmazione del Ministero degli Affari Esteri, verterà il primo volume della nuova collana di GPS (Geografia, Politica, Sicurezza), nuovo marchio di Goliardica Editrice.

▲ Ronchi dei Legionari – Foto di gruppo per i dipendenti della Fogal refrigeration Srl, industria attiva nel campo della progettazione e produzione di banchi refrigerati, che ha compiuto 50 anni di attività.

▲ Codroipo – L’iMagazineVideoTruck nel Parco di Villa Manin di Passariano durante l’edizione 2017 di Sapori Pro Loco, manifestazione di cui anche quest’anno iMagazine è stata media partner.





INCUBATORI E ACCELERATORI D’IMPRESA

L’ANALISI

Servizio di Paolo Marizza e Adriano La Vopa*

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Nuocere

all’innovazione

Il processo innovativo parte dall’idea fino alla sua realizzazione e poi commercializzazione. Troppo spesso startup o idee elaborate in laboratori sono fini a se stesse e vengono utilizzate solo per raccontare una bella storia.

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In molti oggi sono soliti associare l’open innovation con le startup, e sempre più si sente di nuovi acceleratori o incubatori “installati” nelle grandi multinazionali. Un recente articolo su Forbes fa il punto sullo stato dell’arte al riguardo: una lettura che ritengo utile soprattutto per gli “innovatori”. Questo articolo ci dà l’opportunità di illustrare la nostra opinione su come utilizzare acceleratori e startup nel contesto dell’open innovation: in generale l’armamentario di incubatori e acceleratori rappresenta solo un piccolo step del processo innovativo aperto. In sintesi, la tesi è la seguente: se gli acceleratori sono utilizzati per reputation building/ public relations (costruzione della reputazione e pubbliche relazioni) allora non possono che essere uno svantaggio per l’innovazione. In ge-

nerale molti acceleratori o laboratori (o hub) per l’innovazione all’interno delle grandi aziende possono certamente aiutare il brand (marchio) e l’immagine, nonché aiutare ad attrarre nuovi talenti che contribuirebbero così a creare una cultura più radicata e orientata all’innovazione. Ma se si fa questo, con uno scopo di company image (immagine della compagnia) e PR, l’esercizio potrebbe essere controproducente per l’innovazione e per la cultura dell’innovazione. Il processo innovativo parte dall’idea fino alla sua realizzazione e poi commercializzazione. In questo processo spesso ci si limita all’idea o sull’uso che se ne può fare: per questo motivo a volte le startup selezionate per gli acceleratori, o le idee elaborate nei laboratori, sono fini a se stesse e vengono utilizzate solo per raccontare una bella storia. Se il fine ultimo |

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è appunto fare “pubbliche relazioni”, il messaggio che si dà ai propri dipendenti è che l’innovazione si riduce al solo prodotto o servizio che la startup propone. Quindi la visione risulta distorta e contribuisce a far crescere una cultura altrettanto distorta nell’organizzazione che la utilizza. Questi sono a nostro avviso i due punti (o consigli) chiave: non utilizzare questa pratica per scopi di marketing o PR; fare attenzione alla cultura dell’innovazione che si vuole creare nella propria azienda. Oggigiorno, infatti, in Italia ma non solo, sembra quasi che l’open innovation sia esclusivamente definita dagli esercizi menzionati in Forbes: dall’attrarre startup, dall’investire in esse, dall’accelerarle o incubarle, e se va bene dall’acquisirle. Ora nessuno dice che questo sia sbagliato, ma il percorso risulta disarticolato e inficiato da carenza di trasparenza, interna ed esterna: non si saprà mai con quale fine le aziende attivino queste iniziative e spesso non si capisce propriamente quale sia la conclusione del percorso. Ovvero, come le grandi aziende scaricano a terra questo potenziale innovativo? Una volta che le aziende investono o acquisiscono una startup, cosa succede? Come viene integrata la nuova tecnologia nei processi o nel portafoglio tecnologico (e IP)? E quando sentiamo parlare di acceleratori di idee, 22

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o hub dell’innovazione, quante delle idee maturate in questi laboratori vedono effettivamente la luce? Ciò peraltro può avere effetti collaterali sull’efficacia delle risorse e delle politiche pubbliche per l’innovazione. La letteratura e la nostra esperienza ci dicono, ad esempio, che solitamente il successo di una campagna di crowdsourcing (sviluppo collettivo di un progetto da parte di numerose persone esterne all’entità che ha ideato il progetto stesso) si aggira intorno al 2-5%, ovvero solo dalle 2 alle 5 idee su 100 vengono selezionate per approfondimenti, o per essere effettivamente inserite in un nuovo prodotto/processo. E di queste 2-5, non sapremo mai quante effettivamente raggiungono il mercato, ovvero quante e quali sono state adottate per lanciare un nuovo prodotto o per creare un nuovo modello di business o di servizio. Un appropriato rilevamento dell’innovazione potrebbe altresì validare o smentire le notizie che si leggono riguardo gli acceleratori, gli hub e i laboratori per l’innovazione. Perché, alla fine, quale sia il vero impatto sul business e sugli ecosistemi territoriali risulta difficile quantificarlo, e soprattutto quale sia la vera innovazione risulta altrettanto “opaco”. Il secondo punto chiave, inerente l’impatto di questi esercizi sulla cultura aziendale, ci dice che essi possono influenzare e distorcere l’idea di innovazione se si inizia con il piede sbagliato. Non si crea una cultura dell’innovazione attraverso l’apertura di un acceleratore o di un laboratorio, ma certamente questi possono rappresentare un complemento per la famosa cross-contaminazione, oltre che per sfruttare competenze esterne all’azienda. La cultura aziendale è una cosa che evolve gradualmente e va sviluppata secondo un percorso strategico


che le permetta di diffondersi e radicarsi nel miglior modo possibile. Bisogna dare spazio alle idee, alla possibilità di svilupparle, di trasformarle in prodotti, e lanciarle sul mercato. Ma ciò non basta, in tutto questo deve esserci anche necessariamente un supporto della dirigenza, lo sviluppo di nuovi modelli di ruolo, che devono rendere possibile anche la cultura del “fail fast”, ovvero sbagliare e capire subito come rimediare, comprendere subito e velocemente ciò che vale e ciò che non ha valore, e continuare per il percorso giusto. Non è solo la collaborazione, o l’accelerazione con le startup, che contribuirà a far nascere e crescere la cultura aziendale, ma sarà tutto un insieme di altri fattori che inf luenzeranno il comportamento dei dipendenti e la loro passione per l’innovazione. Il punto pertanto è: open innovation non significa solo startup e tantomeno esercizi di accelerazione di esse; così come non significa semplicemente aprire un laboratorio di idee o lanciare un mercato dell’innovazione. Open innovation è molto di più. È un nuovo modo di approcciare l’innovazione, di cosa significhi collaborare, fino al paradigma della co-creazione con le filiere di fornitura, di distribuzione e con il proprio competitor. Perciò è bene approcciare il nuovo paradigma a piccoli passi, con nuovi esercizi, ma nel contempo instaurando un processo di trasformazione interno (e culturale), che sappiamo essere non facile. Tutto deve crescere con un aumento di livello coerente di ogni componente organizzativo-gestionale. In definitiva fare open innovation significa esplorare ed espandere i confini aziendali: un percorso a n-dimensioni, che richiede molta attenzione nel decidere quali, come e quando approcciarle e soprattutto come calare e radicare efficacemente le curve di esperienza nel proprio contesto aziendale, cominciando dalla cultura che è il vero fattore abilitante lo sviluppo degli “artefatti”.

Paolo Marizza e Adriano La Vopa Cofondatori di Innoventually


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ALLA SCOPERTA DI...

Il teatro

GIULIO CAMILLO Servizio di Vanni Veronesi

della memoria

Per alcuni fu un genio, un visionario, un gigante di erudizione. Per altri un ciarlatano, un pazzo, un mostro eretico. Partendo dalle ricerche di Lina Bolzoni e Mario Turello, iMagazine ha ricostruito per voi l’incredibile vicenda umana del più affascinante intellettuale friulano del Rinascimento, sospeso fra storia e leggenda.

Un personaggio oscuro

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Il mistero, nella biografia di Giulio Camillo, è un dato stabile fin dalla nascita, avvenuta a Zoppola oppure a Portogruaro, forse nel 1480, forse no. Persino sul nome ci sono dubbi di autenticità, secondo alcuni troppo carico di reminiscenze romane (Giulio Cesare, Furio Camillo…) per non essere uno pseudonimo. Sappiamo poco anche della sua infanzia, probabilmente trascorsa fra San Vito al Tagliamento e Portogruaro, dove compie i primi studi «di umanità» per poi trasferirsi a Venezia; si sposta quindi all’Università di Padova, ma nessuno sa se abbia

completato o meno gli studi. Quest’aura di mistero sulle proprie origini, sapientemente confezionata dallo stesso Camillo che per tutta la vita ‘costruirà’ il suo personaggio come una leggenda, si somma alla singolarità dei suoi interessi: lingua ebraica «e altre orientali difficilissime» dice il Liruti, nonché le «cose astrusissime della cabala ebraica, o delle mistiche loro tradizioni, e […] de’ dogmi misteriosi ed oscurissimi degli Egiziani, de’ Pitagorici, e de’ Platonici».

L’armonia del cosmo

Dietro questi «dogmi misteriosi ed oscurissimi», a dire il vero, si cela una tradizione ben nota sin dalla tarda antichità greco-romana, quando la dottrina di matrice pitagorica, che vedeva nel cosmo un sistema ordinato ‘matematicamente’, si saldò con i mille rivoli dell’Ermetismo e con l’idea concepita da Platone nel Timeo, dove un Demiurgo plasmava l’universo dandogli una forma ‘intelligente’. Questa concezione verticale della realtà, dove si arriva a capire la natura più profonda dell’esistente solo dopo un progressivo innalzamento cognitivo e spirituale, è da sempre una delle due possibili chiavi di lettura del mondo, A fianco: ritratto di Giulio Camillo. Sopra: Ricostruzione del Theatro di Giulio Camillo ad opera di Athanasius Kircher nel ‘600.


contrapposta – ma talvolta fusa assieme – a quella aristotelica, che invece guarda all’essere secondo un’ottica ‘orizzontale’, composita ed empirica: un binomio che Raffaello eternerà nell’affresco vaticano della Scuola di Atene, con il dito di Platone rivolto al cielo e la mano di Aristotele puntata verso la terra. Il dipinto viene realizzato attorno al 1509; sarà pure una coincidenza, ma è lo stes- Veduta del castello di Zoppola. so anno in cui anche Giulio Camillo è a Roma, proprio accanto ai due ‘ideologi’ della Scuola di Atene: lo scrittore Tommaso Inghirami e il cardinale Egidio da Viterbo. Ed è proprio in questo ambiente coltissimo che egli inizia a imporsi come oratore e intellettuale, dividendosi fra la città papale, il suo Friuli e la familiare Venezia, nella quale stringe amicizie importanti – su tutti Erasmo da Rotterdam – accasandosi presso il celebre editore Aldo Manuzio.

L’Idea del Theatro

Gli anni Dieci del Cinquecento sono nuovamente avvolti nell’oscurità, ma in questo lungo periodo il letterato friulano matura l’opera che lo renderà celebre in tutta Europa: L’Idea del Theatro (uscita postuma nel 1550). Per capire di cosa si tratta bisogna tornare al Timeo, dove Platone costruisce una cosmogonia basata su valori numerici, a ognuno dei quali corrisponde un astro celeste che ruota attorno alla Terra ‘suonando’ una determinata nota musicale. Tali astri coincidono con le divinità del pantheon greco-romano, per l’appunto Ermes/Mercurio, Afrodite/Venere, Ares/ Marte, Zeus/Giove, Poseidone/Saturno, alle quali si sommano Artemide/Diana in associazione alla Luna e Apollo in abbinamento al Sole. Su questi dei-pianeti, com’è noto, la mitologia classica aveva costruito un gigantesco repertorio di racconti attraverso cui interpretare la realtà. Giulio Camillo parte da qui e tenta una operazione incredibile: associare alle sette divinità greche altrettanti livelli di ‘lettura’ del mondo, in modo da formare 49 ‘caselle’ nelle quali suddividere l’intero scibile umano. L’immagine è quella del teatro: nel primo dei sette anelli, in quanto fondamento dell’universo, ci sono Diana/Luna, Ermes/Mercurio, Afrodite/Venere, Apollo/Sole, Ares/Marte, Zeus/Giove e Poseidone/Saturno; la seconda fila è rappresentata dal convivio che Oceano offrì agli dei, momento di unione e quindi simbolo delle Idee, che nella filosofia platonica sono i princìpi che stanno a monte di tutte le cose; il terzo livello è formato dall’«antro», la caverna nella quale le Ninfe tessono e le api producono il miele, a simboleggiare gli elementi della natura e le loro combinazioni; il quarto stadio è quello delle Gorgoni, che con le loro tre teste indicano le anime dell’uomo (razionale, irascibile, concupiscibile); nel quinto c’è invece Pasifae, la ninfa che si unì a un toro, a simboleggiare la dimensione fisica dell’uomo; nel sesto troviamo i calzari alati

Veduta di Portogruaro.

Il centro storico di San Vito al Tagliamento (ph: www.maurodefend.it).

di Mercurio, emblema delle azioni umane ‘naturali’ (mangiare, bere, dormire etc.); il settimo e ultimo anello spetta invece a Prometeo, rappresentante di arti e scienze. La combinazione fra le sette colonne divine e i sette anelli teatrali forma appunto 49 settori, ognuno dei quali conterrà una parte del mondo: ed ecco che, ad esempio, la colonna della Luna (n. 1) incrociata con l’anello di Prometeo (lettera A) forma l’immagine di Diana (divinità lunare) con l’arco (strumento prometeico), simbolo della cacciagione. Il posto 1A spetterà quindi a miti, opere letterarie, quadri, sculture e semplici azioni legate alla caccia: un gioco vertiginoso da ripetere, variato e ca|

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Da sinistra, Roma, Musei Vaticani, Stanza della Segnatura: particolare della Stanza di Atene di Raffaello, con Platone (a sx.) e Aristotele (a dx.); Hans Holbein il Giovane, Ritratto di Erasmo da Rotterdam; Frontespizio de L’Idea del Theatro di Giulio Camillo, uscito postumo nel 1550.

ricato di ulteriori rimandi alla cabala, per le rimanenti 48 caselle, che accoglieranno in questo modo ogni aspetto dell’esistenza.

L’illusione francese

Sopra, ricostruzione del cosmo secondo il Timeo di Platone. Sotto, ricostruzione del Theatro di Giulio Camillo, con le sette colonne e i sette anelli che formano 49 caselle per interpretare e classificare lo scibile umano.

Nel frattempo, il 3l ottobre 1517, Martin Lutero affigge sulle porte della cattedrale di Wittenberg le sue 95 tesi: è l’inizio della Riforma Protestante. Ne arriva solo un’eco lontana alle orecchie di Giulio, interamente rivolto a un solo scopo: costruire materialmente il suo teatro della memoria. Gli anni Venti, però, trascorrono senza che il progetto si concretizzi; alla ricerca di una cattedra di retorica, troviamo il Nostro a Bologna nel 1521, a Padova nel 1524, a Genova nel 1525, a Pordenone nel 1527, a Venezia, Portogruaro, San Vito al Tagliamento e Gemona del Friuli nel 1528. Nel 1530 è di nuovo a Bologna per assistere all’incoronazione imperiale di Carlo V, poi ancora in Friuli, quindi in Francia, alla corte del re Francesco I, ben lieto di finanziare la realizzazione del Theatro: un successo personale del Camillo che, tuttavia, gli aprirà le porte dell’inferno. Le invidie degli intellettuali di mezza Europa, infatti, si mettono in moto: iniziano a fioccare le derisioni feroci, le accuse di follia, il disprezzo per la sua adesione totale al modello retorico di Cicerone, che in quegli anni viene contestato da Erasmo da Rotterdam nel suo Ciceronianus. Si capisce così la nota maligna di Viglio Zwichem che, in una lettera datata «Padova, 8 giugno 1532», rivolgendosi proprio a Erasmo afferma di aver visto un modellino del Theatro di Camillo: «L’opera è in legno, ornata da molte immagini e gremita in ogni parte di cassettini; in essa ci sono vari ordini e gradi. Egli ha assegnato a ogni singola figura e ornamento il proprio luogo e mi ha mostrato una tale mole di carte che, sebbene io abbia sentito dire che Cicerone è la fonte più feconda dell’eloquenza, difficilmente avrei pensato che un solo autore potesse contenere tante materie […]. Il nome dell’autore te l’ho già scritto: si chiama Giu-


A fianco, in senso orario: - Roma, Biblioteca Apostolica Vaticana: foglio 47r del codice Ottoboniano latino 1777, trasposizione seicentesca dell’Idea del Theatro di Giulio Camillo. Si notino i disegni ermetico-cabalistici; - Un esempio di ‘stanza della memoria’ simile all’Idea di Giulio Camillo: la Camera della Badessa a Parma, affrescata da Corregio fra 1518 e 1519 con scene allegoricofilosofiche.

lio Camillo. È assai balbuziente e parla un latino faticoso». Polemiche letterarie a parte, la missiva dimostra che nel 1532 il progetto è già convertito in un plastico, quasi certamente destinato a Francesco I, da cui Giulio torna nel 1534. L’atmosfera a corte, tuttavia, è cambiata: d’improvviso il suo Theatro non interessa più. La Riforma di Lutero avanza e occorre tornare all’ordine: basta con gli esperimenti esoterici.

Alchimia ed eresia

Ossessionato dall’idea di trasformare la sua ‘macchina’ in realtà, Camillo gira le corti di mezza Italia per trovare un mecenate, ma nessuno sembra interessato; ridotto in miseria, si volge alle pratiche alchemiche nel disperato tentativo di trovare il suo posto nel mondo. E di nuovo si scatenano le leggende, come quella che lo vorrebbe autore di un homunculus, un essere vivente creato ‘in vitro’. Voci incontrollate che lo inseguono fi no a Ginevra, nei territori già convertiti al Calvinismo, dove lo troviamo nel 1542; anche qui, tuttavia, ermetismo, astrologia e cabala sono dottrine in odore di eresia. Giulio rientra quindi nel suo Friuli, dove riceve una notizia insperata: Alfonso d’Avalos, marchese del Vasto e governatore di Milano, vuole commissionargli la costruzione del Theatro. È il sogno che fi nalmente si fa realtà, eppure troppo bello per essere vero: arrivato nella città lombarda, muore improvvisamente il 15 maggio 1544. Inizia allora una caccia forsennata ai suoi manoscritti, che fi niscono nei luoghi più disparati. Di uno, in particolare, lamentiamo la scomparsa: una copia autografa dell’Idea del Theatro con 201 fogli di pergamena dipinti da Tiziano, conservata nella Biblioteca dell’Escorial di Madrid fi no al 1671, quando andò distrutta in un incendio. Di questo progetto visionario, oggi, conserviamo solo ricostruzioni congetturali, ma una cosa è certa: lungi dall’essere una riedizione delle mnemotecniche dell’antichità, quando si recitava a memoria un’orazione percorrendo con la mente uno

Un altro esempio di ‘stanza della memoria’ simile all’Idea di Giulio Camillo: lo Studiolo alchemico di Francesco I de’ Medici all’interno di Palazzo Vecchio a Firenze, realizzato fra 1570 e 1572.

spazio noto nel quale inserire, stanza per stanza, un diverso argomento, il teatro di Giulio Camillo ambiva a classificare il mondo intero. Fino all’ultimo traguardo: costruire, tramite l’immaginazione, nuovi mondi possibili. In altre parole: acquisire il potere di Dio. Il terreno per i voli intellettuali di Giordano Bruno era già dissodato.

Vanni Veronesi |

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PERSONAGGI

LODOVICA COMELLO Intervista di Andrea Doncovio Immagini di Cosimo Buccolieri

Ritorno

a casa

Cantante, attrice, presentatrice, scrittrice. A nove anni dalla vittoria di “Percoto Canta” che diede il là a una carriera di successi, il 21 luglio il nuovo tour dell’artista friulana farà tappa a Udine. «Mi sento realizzata e felice. Ma resto una grande sognatrice».

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Il prossimo 21 luglio per Lodovica Comello non sarà un giorno come gli altri. Sul palcoscenico del Castello di Udine, la 27enne nata a San Daniele del Friuli, sarà la grande protagonista del Concert for Life 2017, evento benefico che contribuirà a sostenere i progetti di @uxilia Onlus in favore dei bambini meno fortunati. Lodovica, partiamo dalla fine: che effetto fa tornare a cantare nel tuo Friuli? «Sono troppo felice! Sono felice di cantare dopo tanto tempo e sono felice di rifarlo nella mia terra dove ogni volta l’accoglienza è più che superlativa. Non vedo l’ora di vedere volti conosciuti fra la folla». Proprio in Friuli, nove anni fa, prese il via la tua ascesa musicale con la vittoria al concorso Percoto Canta: com’era la Lodovica di allora rispetto a quella di oggi? «La Lodovica di Percoto Canta era una grande sognatrice, ma si sentiva molto insicura. Più che altro vedeva il suo obiettivo più lontano di quello che poi si sarebbe rivelato, e questo la faceva sentire particolarmente piccola. La Lodovica di oggi si sente realizzata e felice perché guardando indietro sa di aver fatto tutto ciò che era in suo possesso per realizzare i propri obiettivi. Ma continua a essere pur sempre una grande sognatrice…» Da cantante di grandi speranze ad artista poliedrica con l’ingresso nel cast della serie tv su28

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damericana prodotta dalla Disney, Violetta. Come fu il passaggio alla recitazione? «Violetta è stata una grandissima palestra per la recitazione, dopo tre anni di set imparare un copione e realizzare una scena erano diventate cose semplicissime e automatiche. Prima di allora avevo frequentato corsi di recitazione e mi ero unita a diversi gruppi teatrali ma nulla è stato così incisivo come la scuola argentina». A Buenos Aires l’interpretazione fu in spagnolo: cosa ricordi di quell’esperienza? «Ho seguito un corso intensivo di un mese a Milano, prima di partire per l’Argentina. Ero impaziente di conoscere la lingua, volevo arrivare preparatissima per non fare brutta figura e quindi mi sono impegnata un sacco. La Disney mi chiese di non impararlo “troppo bene” lo spagnolo perché il mio personaggio era una ragazza italiana e qualche difettuccio di pronuncia ci sarebbe stato bene… alla fine parlavo così bene che nessuno, a Buenos Aires, si accorgeva che io fossi italiana». Due anni più tardi inizia la tua prima tournée musicale. America Latina, Spagna, Francia, Italia: la 18enne che vinse Percoto Canta era diventata una star internazionale. Cosa provasti allora? «Un’emozione indescrivibile, girare il mondo portando con sé la propria musica credo sia il sogno di qualsiasi artista».


Il tuo successo attirò l’attenzione delle tv nazionali che ti invitarono come ospite in numerose trasmissioni. Cosa significò per te diventare un personaggio televisivo? «In realtà fu tutto molto veloce, non mi rendevo nemmeno bene conto di quello che mi stava accadendo. Da lì in poi è stata un’escalation di emozioni». La tv non fu solo una comparsata: arrivarono le prime richieste di conduzione di programmi, fino alla chiamata di Sky per Italia’s Got Talent… «È stata un’opportunità grandiosa per farmi conoscere per com’ero veramente da più persone. La conduzione mi permette di essere me stessa al 100%, di scherzare, parlare, interagire con chi ho di fianco con estrema naturalezza. Un mestiere nuovo che ho imparato ad amare». Quali sono le difficoltà principali nel “fare” tv? «La conduzione è un ruolo che può essere molto impegnativo e delicato. Bisogna essere concentrati, attenti, avere perfettamente a fuoco la situazione e saper tenere con fermezza le redini di quello che accade. Una svista ed è subito una figuraccia». A proposito di nuovi talenti: nei giovani che si presentano ai talent show quali analogie e quali differenze trovi rispetto alla Lodovica degli inizi? «In loro rivedo le emozioni del debutto, la paura di fallire che avevo anch’io ma anche il coraggio di saper rischiare perché chi sale su quel palco offre se stesso agli altri e non è proprio una passeggiata». Dai volti nuovi ai volti noti. Hai lavorato con numerosi personaggi dello spettacolo: chi di loro ti ha insegnato di più? «Claudio Bisio è stato sicuramente un grande esempio. Di lui ho ammirato tutto, il suo essere brillante in qualsiasi situazione, la sua capacità di improvvisare, la risposta pronta e i suoi tempi comici perfetti». Un passo indietro. Nel 2015 hai debuttato come scrittrice con il libro Tutto il resto non conta. Cosa significa per te scrivere? «Scrivere è un po’ come cantare: è catartico. Lo faccio spesso, appunto sensazioni ed emozioni quando sento l’urgenza di fermare i pensieri». A proposito: cos’è quello che conta per Lodovica Comello? «L’amicizia, l’amore, la famiglia, la sincerità di chi ti sta al fianco e la lealtà, sempre». Torniamo alla tv. Lo scorso anno hai condotto per TV8 Singing in the car, primo gioco musicale all’interno di un’auto. Che esperienza è stata per te? «Fantastica. Ho avuto modo di conoscere e lavorare con tantissimi artisti e personaggi noti che mi hanno insegnato molto e con cui mi sono divertita a cantare e improvvisare. E poi è stato il primo, e ad ora unico, programma “tutto mio”. Una grande responsabilità ma anche un grande stimolo». La musica però non si può scordare: a febbraio 2017 è arrivata la tua prima partecipazione al Festival di Sanremo. Com’è giunta questa scelta?

Lodovica Comello si esibirà in concerto al Castello di Udine venerdì 21 luglio alle ore 21.30 con il nuovo spettacolo #Noi2Live

«Semplice, avevo il brano giusto. Un pezzo che mi rappresenta moltissimo e che fin da subito mi ha conquistata». Cantando sul palco dell’Ariston che emozioni hai provato? «Mi tremavano le gambe, un’emozione indescrivibile. Credo unica e irripetibile». Ora il nuovo tour da solista: nei prossimi concerti cosa vorresti trasmettere al pubblico? «Voglio intrattenere, divertire, divertirmi, stupire e stupirmi. Un concerto è un’esperienza che si fa “in due”: chi sta sul palco e chi il palco lo guarda. È uno scambio di energia continuo, un momento unico che condividiamo solo noi in quel momento. Non vedo l’ora». Quella di Udine non sarà una tappa come le altre. Che rapporto hai mantenuto con la tua terra? «Il Friuli è casa mia e ogni volta che ci ritorno è un tuffo in sensazioni positive: famiglia, amici, buon cibo, aria di casa e in qualche modo relax». Nonostante una carriera intensa, sei ancora una giovane star. Dal futuro cosa vorrebbe ottenere Lodovica Comello? «Ho collezionato molte esperienze ma se proprio dovessi togliermi uno sfizio, volendo anche sognare in grande, vorrei provare l’esperienza di una stagione a Broadway nel mondo del musical. Sarebbe il coronamento di un sogno». Andrea Doncovio |

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ALLA SCOPERTA DI...

OLTRIS E I BURBA Servizio di Michele Tomaselli.

Immagini di Igino Durisotti

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Un gioiello della Carnia Il piccolo borgo in comune di Ampezzo è il luogo di origine di una storica famiglia di industrianti tessitori, i cui discendenti sono sparsi in tutto i Friuli Venezia Giulia. Questa è la storia loro e di un rapporto speciale con un luogo ricco di cultura e bellezza.

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Aumentano gli appassionati che ricostruiscono l’albero genealogico di famiglia, con l’intento di avvicinarsi al passato e spiare vicende lieti e tristi della vita dei propri nonni, dei bisnonni e dei trisavoli. Di solito le ricerche iniziano studiando qualche fotografia o dei documenti rinvenuti chissà dove, magari in qualche baule, fi no ad approdare sul web, agli archivi del Comune e della Parrocchia. Prima una pista labile, poi qualche incertezza fi no ad arrivare a prove certe. Con un po’ di fortuna si potrà giungere agli antipodi e ricostruire l’aggrovigliato albero familiare. Questo studio di per sé è conoscenza, a dimostrazione che un popolo senza comprendere la propria sto-

ria, le origini e la cultura, è come un albero senza le radici. Oltris, in comune di Ampezzo, è il paese d’origine dei Burba, un’antica famiglia di industrianti tessitori come recita l’archivio parrocchiale di Teor, il cui nome deriva probabilmente dal friulano “bùrbar”. Il legame di questa famiglia con la Carnia e la tradizione tessile è già rilevabile in un documento del 1661. Sebbene gran parte di loro sia emigrata altrove, sono sempre più quelle persone che da ogni angolo dell’Italia raggiungono la località, stregati dal fascino delle origini. Nondimeno Oltris è particolarmente bella e, una volta raggiunta, sembra di entrare in una favola: le stradine acciottolate, la magia dell’architettura carnica con i balconi fioriti e quel profumo di polenta che spesso si sente la domenica mattina vicino a quel bar sempre chiuso. La struttura urbana è quella dei borghi medioevali con le abitazioni in sassi e i ballatoi lignei. Tito Maniacco, scrittore, poeta e artista, così la descriveva nel 2007 durante una vacanza, mentre A fianco: Sergio Scalet, e Nadia Squarci con le due figlie. Una coppia di creativi pubblicitari ed artisti che dal 2014 vivono ad Oltris. Sopra: la piazzetta di Oltris.

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realizzava una serie di acquarelli: «Un paese dello spirito, non degli occhi, chiuso dentro un cerchio magico» («Oltris nol è un paîs dai voi, ma un paîs dal spirit, siarât dentri di un cercli magic»). Roberta Benedetti, di mamma Burba, ha fatto una scommessa e a fi ne 2016 ha aperto il Bed & Breakfast Sot i Crés, l’unica struttura ricettiva del paese: per ora tiene aperto solo i fi ne settimana, ma ha idee molto chiare per rilanciare l’offerta turistica di Oltris. Questo toponimo significa “oltre” (“al di là del torrente Lumiei”) ed è una meta ideale per vivere il turismo esperienziale e scoprire un territorio ricco di tradizioni e autenticità. Fu citato per la prima volta in un documento del 1260 “in Carnea in villa que dicitur Oltras” e nel 1563, con il nome Oltri; mentre della sua bella chiesa della Santissima Trinità si hanno notizie perfi no nel 1400 e, più tardi, nel 1525, quando papa Clemente VII riconobbe ai fedeli di Oltris 100 giorni di indulgenze. Nel 1767 fu ristrutturata e oggi conserva dei motivi sacri e ornamentali di notevole interesse, tra cui l’altare barocco di marmo bianco scolpito del XVIII secolo, la pala di Giovanni Pietro Fubiaro con la SS. Trinità (secolo XVII) e le Stazioni della Via Crucis, dipinte a olio su tela e donate dalla signora Angela Moro a padre Bonaventura Burba (al secolo Simone, nato nel 1727 da Maria e Leonardo Burba). Notevole è la Croce settecentesca, realizzata in legno d’ulivo proveniente dal Getsemani di Gerusalemme e arricchita con intarsi di madreperla. Fu portata nel 1790 da padre Bonaventura Burba, di ritorno da un viaggio in Terra Santa. Anita Salvador Burba e Attiliana Argenteri Zanetti, curatrici del libro “Corsar e Caminar della tradizione tessile friulana”, pubblicazione in due volumetti più un’appendice con un campione di stoffa, hanno provato a raccontare le vicissitudini di questa famiglia e i legami con Oltris. Un lavoro approfondito tra la Carnia e la Bassa friulana, che ricostruisce persino il loro albero genealogico. Secondo alcune testimonianze i Burba provenivano dalla Bulgaria, sebbene nella prima metà del Settecento fu accertata la loro presenza a Oltris e nei paesi del canale di Socchieve. La maggior parte di loro si sosteneva con l’affitto dei boschi e dei pascoli, cosicché si proponeva come una famiglia di stampo borghese. Al suo interno si annoverava perfi no un notaio – Giustantonio – che spinse alla carriera ecclesiastica molti dei suoi familiari. Senz’altro due intorno alla metà del secolo, uno zio del notaio e un figlio del notaio, a cui seguirono altri nell’Ottocento.

Il paese degli artisti Lavorare con soddisfazione a Oltris si può. A sostenerlo è una coppia di creativi pubblicitari e artisti che, dal 2012, hanno abbandonato Milano per raggiungere la Carnia e vivere con le due figlie. Coppia in amore e sul lavoro, Sergio Scalet, 43 anni, di origini trentine, e Nadia Squarci, 39, di origini carniche, dal 2014 si sono trasferiti a Oltris di Ampezzo; hanno comprato una vecchia casa che hanno successivamente ristrutturato. L’edificio è abbracciato alla natura e permette di entrare nel bosco in pochi secondi. Ubicato al margine della borgata, si racconta che proprio da qui, verso la fine del XVIII secolo, partì la prima famiglia Burba per raggiungere la terra promessa, ovvero la Bassa friulana. All’ultimo piano un’ampia vetrata di una grande stanza, oggi trasformata in laboratorio, apre l’orizzonte alle montagne: è qui che nascono le loro idee e le loro opere d’arte. A Milano creavano per marchi come Mediaworld, Sony, Canon, ed è sempre là che sono nati il loro duo artistico Hackatao e le loro creature, i Podmork: sculture dalle forme morbide e totemiche, che si collocano al centro della loro ricerca immaginifica, capaci di stregare gallerie d’arte e pubblico. Il loro percorso artistico è segnato da diverse personali e progetti in Italia e nel mondo, e oggi lavorano perfino per la Cina. «La montagna regala spunti creativi - spiega Segio Scalet - e in questa borgata di soli 54 abitanti abbiamo trovato la pace. Una conferma? Per fare la copertina dell’agendina Comix Special 2016-2017 la Cosimo Panini ha scelto proprio noi . Il 1°ottobre è stata inaugurata a Milano la mostra personale Wazhack! all’Artea Gallery con molte opere e una nuova serie di Podmork». La giornalista Tanja Ariis nel suo libro «La montagna degli altri. Diventare montanari e inventarsi un lavoro», raccogliendo ventiquattro storie dei nuovi abitanti delle montagne friulane, li ha citati come esempio per rilanciare la Carnia. |

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Oltris, la bella chiesa della Santissima Trinità

Oltris e, sullo sfondo, la Chiesa della Santissima Trinità

La presenza dei Burba a Oltris fu rilevante e oggi è comprovata dalle epigrafi presenti nella chiesa della SS. Trinità. A tal proposito l’ex direttore dei Civici Musei di Udine, Giuseppe Bergamini, ha scritto: «Alla ristrutturazione della Chiesa di Oltris fece seguito nei mesi successivi la decorazione a fresco del soffitto del coro e della navata con motivi ornamentali e simbolici con la raffigurazione della Trinità nel medaglione del coro, nell’assunzione della Vergine e dell’adorazione dei magi in quella della navata. Ai piedi di uno dei magi un cartiglio con il nome del commit-

tente e la data del lavoro: GIO. Daniele Burba/fabricario 1767». Questa famiglia aveva sviluppato una particolare abilità nell’arte del tessere, grazie soprattutto alla scuola di Jacopo Linussio, un illuminato imprenditore che elevò Tolmezzo a importante polo tessile. L’abitudine di filare si tramandava da generazioni e vedeva le donne, dalle più giovani alle più anziane, riunirsi per fare il bozzolo. In queste “riunioni”, dette in carnico “file”, si trasformava la fibra in filo per ottenere dei tessuti successivamente destinati alla vendita. Allo scopo di ampliare la rete di vendita molti valligiani si trasferirono nei territori della Serenissima, o nella vicina Austria, dovunque ci fosse stata la possibilità di esercitare il mestiere del tessero o del sartore. Gli spostamenti avevano carattere stagionale e si distribuivano nel periodo invernale, quando la disponibilità del fieno e del pascolo veniva meno. Inoltre a ogni partenza venivano accompagnati da qualche giovane garzone intenzionato a imparare il mestiere. Secondo la storia dei Burba il personaggio più importante e sensibile della famiglia fu Giovanni, soprannominato barbe Zuan. «Giovanni assieme ad un familiare avviò un laboratorio di tessitura a Padova mentre altri discendenti Burba, per diversi secoli, (…) esercitarono il lavoro di tessitori nella Bassa, ma solo stagionalmente, rientravano in primavera nel paese nativo di Oltris per attendere i lavori di fienagione. Successivamente quando ritennero di avere sufficiente denaro, piantarono degnamente le radici a Teor». Allettati dai facili guadagni che l’Arciducato d’Austria offriva, comprarono la casa dei conti Otellio di Ariis (oggi ancora di proprietà degli eredi di barbe Zuan), seguendo di fatto l’esempio di alcuni Burba giunti a Driolassa (nell’attuale Comune di RivignanoTeor) qualche anno prima. Altra vicenda è quella dei Burba emigrati a Campolongo al Torre; secondo il resoconto di Giuliana Grinami, dopo essere arrivati in questo paese a ponente del fiume Torre, impiantarono una filanda e migliorarono il loro stile di vita

I Burba al gran completo Due giornate di festa e allegria, il 22 e 23 luglio, per riunire tutta, o quasi, la famiglia e i tanti “cugini” dei diversi rami. L’idea di radunare i Burba nasce dalla monfalconese Patrizia Burba allo scopo di tenere vivo quel legame con Oltris. Questo il programma: sabato 22 luglio: ritrovo a Teor per la messa delle ore 11 in ricordo di tutti i Burba che lasciarono Oltris nella speranza di un futuro migliore. Verso le 12.30 seguirà il pranzo in un locale del Comune; domenica 23 luglio: in concomitanza con la festa patronale, visita al borgo di Oltris. La località sarà raggiungibile esclusivamente con i mezzi propri. Alle ore 11 seguirà la messa e verso le 12.30 il pranzo. Per l’occasione sarà preparato il “piatto Burba”, composto da frico, polenta e speck e 1/2 lt di acqua. Si ricorda la possibilità di pernottare presso il B&B Sot i Crés di Roberta Benedetti (contatti 333 87 38 017 e roberta.oltris@gmail.com). Il Comune di Ampezzo metterà a disposizione un pulmino a 8 posti per la spola tra Ampezzo e Oltris. Ognuno potrà scegliere di partecipare a un evento o all’altro, oppure a entrambi. La Società Filologica Friulana darà il patrocinio alle due giornate e ha garantito la presenza del suo presidente Federico Vicario. 32

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tanto che, nel 1814, grazie a ingenti capitali acquistarono dal conte Giovanni Gorgo un notevole appezzamento terriero. Si trattava della tenuta “Altran” di Fiumicello, nel Comune di Aquileia, che comprendeva 91 campi gestiti dai coloni Bartolomeo Stabile e Domenico Nicola, oltre ad alcune case coloniche. Il rogito, del valore di 28.000 lire, stabiliva una caparra di 500 lire italiane in monete d’oro e d’argento e fu fi rmato per la parte acquirente da Giovanni Burba e dai suoi tre figli Giusto, Giobatta e Giovanni. Con il salto sociale di questa famiglia e l’offer- Sopra e sotto, due immagini dell’interno della Chiesa delta dei nuovi stili di vita seguirono tante altre par- la Santissima Trinità tenze. In tempi più recenti Ivana Burba ricorda sua nonna raccontare quando iniziò a fare la tessitrice, anche se qualsiasi altro lavoro poteva andarle bene. Non furono invece dei tessitori i Burba giunti a Cervignano, i cui attuali eredi gestiscono oggi la concessionaria Citroen; diversamente dagli avi dell’altra famiglia presente, quella del geometra Mario Burba che discende dagli acquirenti della tenuta Altran. Anche a Udine è presente questa famiglia. Il signor Pierino Burba racconta di aver avuto diversi parenti natii di Oltris, per esempio suo bisnonno poi trasferito a Trieste, altresì un prozio, in seguito emigrato a Milano. Quest’ultimo, dal nome Giovanni, è il padre della reporter di Panorama Elisabetta Burba. La stessa giornalista ha dichiarato più volte che durante i suoi viaggi in giro per il mondo ha incontrato diversi Burba, Veduta di Oltris specialmente in Russia, in Lituania e in Albania. Ma ci sono pure dei Burba a Gonars e a Monfalcone. Mario Burba di Cervignano ricorda pure un generale statunitense suo omonimo durante la Seconda guerra mondiale. Altre curiosità di questo cognome si trovano in alcuni toponimi del nord Italia, che probabilmente derivano dal nome di alcuni tessitori della Carnia: Villa Burba a Rho, vicino Milano, e perfi no la frazione Burba nel Comune di Genova.

Michele Tomaselli Michele Tomaselli e Roberta Benedetti all’interno del B&B Sot i Crés

Voltois Merita senz’altro una visita il borgo di Voltois che, a poca distanza, conserva le architetture più tipiche della Carnia, con alcune dimore che presentano arcate e ballatoi fioriti. A differenza della “cugina” Oltris, qui i suoi abitanti non erano i Burba ma i discendenti della famiglia Spangaro. |

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PERSONAGGI

ROBERTA DEMARTIN Intervista di Margherita Reguitti Immagini di Luigi Vitale

Il futuro è donna Per vent’anni si è impegnata in politica ricoprendo anche la carica di sindaco e quella di vicepresidente della Provincia. Poi la necessità di riprendere in mano la propria vita. Fino alla nuova sfida nella Fondazione Carigo: da affrontare con un vertice tutto al femminile.

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La friulana Roberta Demartin è la prima donna in regione, fra le poche in Italia, alla guida di una fondazione bancaria. Dallo scorso maggio è presidente della Fondazione Cassa di Risparmio di Gorizia. È laureata in scienze politiche con indirizzo di psicologia del lavoro con una tesi da 110 e lode su “La soggettività nello stress lavorativo”, nella quale ha trattato la sindrome del burn-out (esaurimento emotivo), anticipandone le problematiche oggi così attuali . Entrata nel mondo del lavoro nel 1993, dagli inizi degli anni ‘90 al 2011 si è dedicata alla politica, iniziando dal gradino più basso di consigliera nel Comune di Moraro, dove è stata anche sindaco dal 1995 al 1999: tempi nei quali di quote rosa neppure si parlava. Dal 2003 nella Giunta provinciale di Gorizia a guida Ulivo, è stata prima assessore poi vicepresidente. Nel 2011 la scelta

di ritirarsi tornando all’attività di funzionario dell’Arpa, ruolo che ricopre a tutt’oggi. Roberta Demartin, quali sono gli obiettivi della sua presidenza? «In accordo con il consiglio di amministrazione e di indirizzo, abbiamo assunto come obiettivo prioritario lo sviluppo di una progettualità propria dell’ente, senza tralasciare di sostenere le iniziative proposte dai Comuni e dalle associazioni del territorio. Una filosofia operativa che possiamo riassumere con lo slogan: “diamo vita a una progettualità vera, basta con le funzioni di mero bancomat”. Quello che abbiamo in mente è di individuare e sostenere progetti rilevanti per la comunità, senza essere al traino di altri soggetti, allargando la partecipazione a una platea la più ampia possibile di attori che condividano gli stessi obiettivi di sviluppo dell’area goriziana e isontina. Certamente questo non significa sostituirci agli enti pubblici e privati già presenti sul territorio e che da sempre svolgono un’azione positiva, ma al contrario puntiamo a mettere assieme le energie positive e dinamiche che ci sono e vanno potenziate». Dunque una filosofia operativa di rete… In queste pagine, tre immagini della presidente Roberta Demartin.

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«Direi proprio mettere in rete, vale a dire cercare di coinvolgere, motivare e proporre modalità operative che valorizzino i ruoli e le specificità di esperienza maturata, condividendo fini comuni e ambiziosi di crescita nei diversi settori». Quali sono i futuri compagni nella sua cordata ideale? «Certamente i Comuni e le tante associazioni che già svolgono una specifica attività che la fondazione sostiene. Credo che la svolta per un cambio di passo stia nel creare un metodo di analisi e scelta di un’idea madre di progetto da cui partire. Una proposta forte e condivisa, nata all’interno di una singola realtà, talvolta muore per mancanza di struttura operativa o di energie sufficienti per prendere il via e crescere». Serve dunque un cambiamento culturale alla progettazione di sviluppo? «Alla base di questo nuovo modo di operare è necessario vi sia sempre un pensiero che precede l’azione, sviluppando potenzialità da punti di vista diversi, sollecitando le energie migliori attraverso la messa a sistema di quanto già esiste. Non servono idee bizzarre, è sufficiente scegliere e puntare con forza e convinzione sul nostro patrimonio». Ci può fare un esempio concreto? «Più che di un esempio possiamo parlare di un tema da sviluppare: e subito mi viene in mente il patrimonio acqua, declinato in senso culturale, scientifico, turistico e ambientale. Penso anche alla creazione di una massa critica di vari portatori e sviluppatori di interesse da proporre come identificativo dell’Isontino. Nel nostro dna ci sono le potenzialità della storia e della multiculturalità, delle bellezze naturalistiche e ambientali, delle diversità geografiche e architettoniche. Sul territorio abbiamo varie possibilità di location per sport tradizionali e nuovi. Abbiamo dunque vari elementi caratterizzanti e di collegamento fra realtà diverse, nazionali e internazionali, che sono il nostro patrimonio di partenza per concretizzare progetti nuovi di apertura e sviluppo. E qui voglio sottolineare che tutto ciò deve diventare uno stimolo delle migliori intelligenze dei giovani, ai quali possiamo così dare la possibilità di mettere a frutto i loro talenti, stimolandone l’attaccamento al territorio, risolvendo la piaga della fuga verso altre mete». L’alto numero di associazioni sul territorio è una ricchezza o uno spreco di energie in rivoli di attività non incisive? «La ricchezza umana del mondo delle associazioni è fuori di dubbio, di contro alcune realtà sono anacronistiche e concorrenziali fra loro. Nel metodo di cui parlavo prima includo anche l’impegno a fornire un supporto nell’attuare un cambiamento, superando la frammentazione e l’autoreferenzialità, pur mantenendo i propri tratti identificativi e caratterizzanti».

Quale sarà il primo banco di prova? «La prima sfida operativa saranno i cento anni dalla fine della Grande Guerra. Nel tempo la fondazione ha creato una grande banca dati delle diverse realtà isontine; si può partire da lì, dall’analizzare e mettere assieme le proposte che arrivano per creare un calendario di manifestazioni che possano essere promosse su vasta scala in modo congiunto. Questo stesso patrimonio di dati può servire per ottimizzare gli interventi anche nel settore del sociale, degli investimenti e di sostegno alle nuove povertà». Il calo dei rendimenti derivanti dagli investimenti condizionerà la vostra attività? «Fin qui abbiamo avuto un’ottima gestione, attenta a evitare investimenti a rischio. Il mercato finanziario globale è cambiato radicalmente, il rischio zero non esiste più e bisogna essere consapevoli che i soldi vanno spesi bene». Una carriera politica ventennale e poi la scelta di prendersi una lunga pausa, perché? «Per fare quello che la gente chiede ai politici e pochi mettono in atto: tornare a lavorare. Io ho iniziato dalla gavetta. Ogni esperienza, anche la più amara, mi ha rafforzata nel credere nel senso alto della politica, intesa come servizio alla polis. Avevo anche la necessità di riprendere in mano la mia vita e capire chi mi apprezzava sul serio al netto del ruolo». La sua nomina è stata una rivoluzione rosa dell’ente… «È vero. Per la prima volta vi sono tre donne nei ruoli di vertice; sono infatti affiancata da una direttore generale e da una presidente del collegio dei revisori, oltre a una buona presenza negli organi collegiali. Credo siamo fra le prime in Italia. Un cambiamento attuato: lo ritengo un buon auspicio». Margherita Reguitti |

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ALLA SCOPERTA DI...

GIOVANNI DE BRIGNOLI Servizio di Renato Duca e Renato Cosma Illustrazioni di Alfio Scarpa

Tra conoscenza e progresso La sua Gradisca gli ha intitolato l’Istituto Tecnico Agrario cittadino. Ultimo riconoscimento in ordine di tempo al botanico e naturalista i cui studi godettero di massima considerazione scientifica in Italia e all’estero.

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Giovanni de Brignoli di Brünnhoff, personaggio di origini aristocratiche, nacque il 27 ottobre 1774 a Gradisca, cittadina allora ricadente nella Contea Principesca di Gorizia e Gradisca. Compiuti gli studi di base in famiglia, all’età di sedici anni soggiornò per un periodo a Vienna per approfondire la conoscenza della lingua tedesca. Al suo rientro, nel 1797, venne mandato a Venezia ove ebbe l’opportunità di essere introdotto nel vasto mondo della botanica e della ricerca naturalistica da due eminenti studiosi: l’abate clodiense Giuseppe Olivi (1769-1795), botanico, naturalista e zoologo (membro di varie Accademie) e il botanico ed erborista francese Francois Palamède de Suffren (1753-1824). Le sue prime esperienze di ricercatore riguardarono i fiori del Friuli (Monte Nero e ambito cividalese), Carinzia, Carniola, Tirolo e Svizzera, sufficienti a farlo conoscere al vasto contesto scientifico, anche se per ragioni economiche dovette operare quale dipendente della Giudicatura di pace di Cividale (Tribunale) e della Camera di Commercio del Dipartimento di Passariano. Nel 1808 venne assunto come docente di botanica e agraria dal Collegio Convitto (Liceo) di Urbino, ove si distinse per una intensa e poliedrica attività, contribuendo alla fondazione dell’Orto botanico, all’ordinamento della Biblioteca del Collegio, all’espansione del Museo di Storia Naturale e all’illustrazione del Museo lapidario della Città, non trascurando diverse ricognizioni di carattere botanico e geologico sull’Appennino centrale e sulla fascia costiera delle Marche. Pur lontano dalla sua zona d’origine, conservò l’interesse per la flora alpina della nostra regione (Gori36

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zia, Cividale, Venzone, Gemona, Pontebba), del Cadore, del Tirolo e anche del litorale friulano-veneto. Dedicò al naturalista ed entomologo conte Giovanni Antonio Scopoli di Cavalese (1723-1788), medico di fabbrica per sedici anni presso le miniere di mercurio di Idria, un elaborato sulle piante rare dell’area friulana. Giovanni de Brignoli, in seguito alla caduta di Napoleone e al conseguente ritorno dell’Urbinate sotto amministrazione pontificia, dovette rinunciare all’ambito progetto, fortemente sostenuto dal citato conte Scopoli, di una ponderosa ricerca sulla Flora Italiana e perdette pure l’insegnamento a causa della soppressione del Collegio-Convitto, acquisito dall’Ordine dei Gesuiti. Ma non rimase inoperoso. Dopo alcuni incarichi precari a Milano e a Verona, nel 1817 il duca di Modena-Reggio-Mirandola Francesco IV (1779-1846) gli affidò la Cattedra di botanica e agraria presso la locale Università (tenuta fino al 1857), rimasta vacante per la scomparsa del titolare professor Filippo Re, nonché la Direzione del Giardino botanico dello stesso Ateneo, cui diede da subito un notevole impulso con l’ampliamento dell’erbario, inserendovi piante da lui raccolte in aree diverse o ricevute da colleghi italiani e stranieri. Godette in patria e all’estero di incondizionata considerazione scientifica. Numerosi furono i contatti e gli scambi epistolari con personaggi di rilievo e studiosi di vaglia. Tra i tanti, gli italiani don Filippo Maria Albertino Bellenghi (1757-1839), frate camaldolese, teologo e naturalista; abate Giuseppe Berini (1762-1831) di Ronchi, botanico, geologo, archeologo, al quale Brignoli dedicò un nuovo genere di pianta denominato Berinia; Giovanni Battista Balbis (1765-1831), medico e botanico, direttore dell’Orto Botanico di Torino; Giorgio Gallesio (1772-1839), magistrato, funzionario pubblico e botanico, autore della Pomona


italiana, un’importante opera descrittiva dei fruttiferi più diffusi, distinti per varietà; abate Leonardo Brumati (1774-1855) di Ronchi, botanico, storico, archeologo e poliglotta, definito da Brignoli libertario e antiaustriaco; Antonio Bertoloni (1775-1868), botanico, naturalista e medico emerito dell’Università di Bologna; Domenico Bruschi (1787-1863), medico, botanico e avvocato, curatore del Giardino Botanico e dell’Erbario dell’Università di Perugia; Paolo Barbieri (1789-1875), botanico, conservatore dell’I.R. Orto Botanico di Mantova; Giorgio Jan (1791-1866), botanico, naturalista ed entomologo di origine ungherese, primo direttore del Museo Civico di Storia Naturale di Milano; Bartolomeo Biasoletto (1793-1858), nativo di Dignano d’Istria, farmacista, botanico e naturalista professionalmente e scientificamente operativo a Trieste; Roberto de Visiani di Sebenico (1800-1878), docente di Botanica presso l’Università di Padova, prefetto del relativo Orto Botanico; Gian Giuseppe Bianconi (1809-1878), cattedratico di Storia Naturale all’Ateneo bolognese; Filippo Parlatore (1816-1877), medico e botanico palermitano. E gli stranieri: Mariano Lagasca Segura (17761839), direttore dell’Orto Botanico di Madrid; Christian Gottfried Daniel Nees von Esenbeck (1776-1858), botanico, entomologo e fisico, docente di Storia Naturale presso l’Università di Bonn e fondatore dell’annesso Orto Botanico, presidente della Accademia Cesarea Leopoldina (Naturae Curiosorum), nella quale cooptò il biologo e naturalista inglese Charles Robert Darwin (1809-1882), autore della teoria dell’evoluzione della specie; Nathaniel Wallich (1786-1854), naturalista danese, poi naturalizzato britannico, sovrintendente dei Giardini Botanici di Calcutta; Gustav Kunze (1793-1851), botanico, zoologo ed entomologo, docente di Zoologia all’Università di Lipsia e direttore del relativo Giardino Botanico; Johann Georg Christian Lehmann (1792-1860), medico, docente di Scienze Naturali e direttore dell’Orto Botanico di Amburgo; Albert Gottfried Dietrich (1795-1856), botanico, curatore dell’Orto Botanico di Berlino; Alphonse Louis Pyrame de Condolle (1806-1893), botanico svizzero, docente di Storia Naturale presso l’Università di Ginevra e direttore dell’annesso Orto Botanico. Notevole la sua produzione pubblicistica in materia di fioristica, patologia vegetale, agronomia, morfologia e quant’altro, tra cui: Fasciculus rariorum plantarum foroiuliensium, quindi Sulla coltivazione del lino nel Dipartimento di Passariano, oltre a Notizie intorno le scavazioni dell’antica città di Foro Giulio. Collaborò con varie riviste qualificate e fu socio di numerose Accademie (Giornale Arcadico di Scienze, Lettere ed Arti di Roma; Accademia Nazionale delle Scienze di Verona, detta Accademia dei XI; Accademia dei Georgofili di Firenze; Società Linneana di Parigi; Società di Mineralogia di Jena; Società di Geologia gallica). Nel periodo trascorso a Modena Giovanni de Brignoli raccolse in un corposo epistolario (come, peraltro, fece l’abate Leonardo Brumati di Ronchi) ben 733 lettere (datate tra il 1799 e il 1849), di 193 corrispondenti (97 italiani, 96 stranieri) appartenenti a 21 Sta|

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ti diversi (Europa, Asia, Africa, Sudamerica), a riprova dell’esistenza di una fitta rete internazionale di interscambio scientifico con accademici, ricercatori di piante, naturalisti, botanici e fitofili (amatori delle piante). La collezione epistolare risulta corredata da un catalogo manoscritto del 1847 a sua firma, intitolato Catalogus Epistolarum clarorum Botanicorum, Hortulanorum et Phytophilorum quas Joannes de Brignoli a Brünnhoff dono concedit Horto R. Botanico Mutinensi ut Initium costituente Autographotecae ibi instruendae Anno 1847. Recentemente, nel corso di lavori di sistemazione strutturale dell’edificio dell’Orto Botanico, quella straordinaria raccolta ha rivisto la luce dopo oltre novant’anni di oblio (ultima indicazione nel 1929, a cura del direttore professor Augusto Béguinot) e, ora, il suo contenuto viene sottoposto ad accurate analisi di solerti ricercatori. Le lettere di ciascun corrispondente risultano conservate in cartelline con la dicitura Autographoteca Botanica Horti R. Archygymnasii Mutinensis, intestate ai vari interessati. Giovanni de Brignoli utilizzò una nomenclatura diversificata nel qualificare i vari corrispondenti in relazione alla location professionale, all’incarico ricoperto, tenuto conto che il termine botanicus prese corpo nella seconda metà del Settecento per distinguere gli studiosi del mondo vegetale dai tecnici (hortulanorum) e dai cosiddetti amatori (phytophilorum). Anzitutto, coniò tre gradi di classificazione in termini di eccellenza: botanicus, botanicus insignis e botanicus eximius; quindi, una diversificazione di natura accademica: professor botanices per gli universitari, solo botanicus per gli altri; poi, la puntualizzazione in base all’incarico ricoperto in Orti e Giardini Botanici: administrator, praefectus, curator; infine, la specificazione settoriale del botanicus: algologus, bryologus, lichenographus, mycologus, agronomus, entomologus, mineralogus. Il botanico e micologo svizzero Augustin Pyrame de Candolle (1778-1841) gli intestò il genere Brignolia, mentre il medico, botanico e naturalista bolognese Antonio Bertoloni quello di Brignolia pastinacaefolia. E l’eminente naturalista e botanico Pier Andrea Saccardo gli dedicò una corposa nota biografica nel volume sulla Storia e Letteratura della Flora Veneta (1869), evidenziando la sua opera di ricognizione, ricerca e divulgazione, nonché la meritoria attività di docente e il determinante contributo dato alla creazione dell’Orto Botanico di Urbino. Collocato a riposo nel 1856 per motivi di salute, Giovanni de Brignoli si spense a Modena il 15 aprile 1857. All’insigne studioso è stato intitolato l’Istituto Tecnico Agrario di Gradisca d’Isonzo, fondato nel 1980.

Renato Duca e Renato Cosma

Renato Duca è stato direttore del Consorzio di bonifica Bassa Friulana; Renato Cosma è stato condirettore del Consorzio di bonifica Pianura Isontina


ALLA SCOPERTA DI... IL MONTE SANTO Servizio e immagini di Vanni Feresin

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Custode

del territorio

Esattamente 300 anni fa si svolse la cerimonia di incoronazione dell’effige presente all’interno del Santuario della Beata Vergine, oggi in comune di Nova Gorica. Dalle cronache dell’epoca è possibile comprendere il perché dell’importanza di questo luogo.

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Il Santuario della Beata Vergine del Monte Santo è sempre stato al centro dei grandi eventi che hanno caratterizzato un territorio complesso e ricco di cultura e di storia. Dopo un’attenta ricerca d’archivio e il ritrovamento di alcuni importanti documenti, individuiamo alcune date che hanno segnato in modo indelebile la vita del Santuario: l’apparizione a Orsola Ferligoi (1539), la consacrazione della basilica e il dono dell’effige (1544), l’incoronazione della Beata Vergine (1717), la “Soppressione Giuseppina” (1786) e la ricostruzione (1793), il grande pellegrinaggio dedicato al Pontefice Pio IX (1872), il “trionfale ritorno della Madonna” (1922) e il quarto centenario (1939).

A fianco, il conte Attems; sopra, incisione del 1769 tratta dal pontificale romano inerente l’unzione delle dodici croci poste sulle pareti della chiesa.

Numerose pubblicazioni hanno narrato nelle varie epoche la storia della basilica e come si ricorda nel “Compendio Storico della erezione distruzione e riedificazione del Santuario di Maria SS. di Monte Santo sopra Salcano vicino Gorizia”, edito a Udine nel 1841 presso la tipografia di Domenico Biasutti: nell’anno 1539 pascolando sul Monte allora detto dell’acqua la sua greggia una povera figliuola chiamata Orsola Terligoinizza del vicino villaggio di Gargaro, e trattenendosi questa in preci a Maria Vergine, specialmente per giorno di Sabbato a Lei sacro, d’improvviso le apparve la Madre Santissima,e le ordina di dire al popolo, che le fabbrichi lassù una Chiesa, e le chieda grazie. Ubbidiente Orsola scende dal Monte, ed a Salcano, ed a Gorizia espone quanto le è stato commesso. Il Governo, di cui era a capo il Conte Gabriele d’Ortemburg, per procedere con le dovute cautele in affare sì grave e straordinario, stimò ben fatto l’assicurarsi della persona di Orsola nelle pubbliche Carceri finchè la sodezza, e la verità della cosa fosse diligentemente assicurata. Mentre si usavano le opportune diligenze ed i necessari esami, occorse che la contadinella fosse ritrovata sul Monte a pascere senza che né per ritrovata rottura, né per provata indulgenza de’ Custodi, si potesse rilevare come uscita fosse dalle Carceri. E due volte alle Carceri ricondotta, due volte fu, come la prima, miracolosamente liberata. La prima cappella venne edificata lo stesso anno e come si ricorda a pag. 5 del “Compendio”: ora avvenne, che lavorando gli uomini a romper i macigni per eguagliare il terreno, urtò il piccone d’uno di loro in un sasso: questio non cedè, ma fu al colpo scosso dalla terra che da quella parte ricoprivalo, e comparve un sasso di color giallastro, pietra ben lisciata e riquadrata,e, ciò che è più mirabile, si lesse scolpita a lettere fiorate l’Angelica Salutazione: Ave Maria, gratia plena, Dominus tecum, e si rilevava varie figure A sinistra, l’Effige della Madonna del Monte Santo. In apertura, una vecchia cartolina raffigurante il Santuario del Monte Santo.

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simboleggianti i diversi tributi di Maria; colombe indicanti la palma di pace che ci presenta; corone che la costituiscono Signora di quanto avvi di più eccellente in terra, ed in Cielo; stelle, che servono di guida sicura a tutti noi miseri naviganti.

Origini del santuario

Il santuario fu consacrato il 12 ottobre 1544 da monsignor Egidio Falcella vescovo di Caorle, vicario generale del cardinale Marco Grimani, Patriarca di Aquileia. Lo stesso cardinale inviò, proprio per la grande celebrazione, un prezioso dono e cioè un quadro con l’effige della Beata Vergine Maria e il bambino attorniata dai santi Gioachino e Giovanni Battista. I frati minori presero ufficialmente possesso del monastero il 25 febbraio del 1574 anche se l’Arciduca Carlo aveva stabilito, già nel 1566, il loro insediamento con privilegi, diritti, pertinenze e amministrazione assoluta della grande basilica. Tra il 1609 e il 1732 gli Arciduchi Ferdinando III, Leopoldo I e Carlo VI confermarono i diritti acquisiti e minacciarono “i perturbatori di quel Sacro Luogo, assicurando i Pellegrini con la religiosa ospitalità dei Frati”. Venne istituita anche una Confraternita eretta sotto il Patrocinio di Maria Vergine e papa Clemente XII con la bolla Cum sicut accepimus concesse l’indulgenza plenaria con le consuete condizioni “a chiunque visitasse questo Santuario in un giorno dell’anno”. Sempre leggendo il Compendio Storico, il 6 giugno 1717 l’effige della Vergine venne solennemente incoronata: questa fu dopo quella di Tersato la prima in tutto l’Impero Germanico solennemente incoronata. Si addrizzò il memoriale al reverendissimo Capitolo di Roma nel 1715. Ai 22 di Giugno Rescrisse immediatamente al Patriarca d’Aquileja, pregandolo di spedire gli autentici Documenti di quanto asserivano le Padri di S. Francesco Custodi del Santuario per comprovare l’origine, antichità, e molteplicità dei miracoli. Raccolti, spediti, e ricevuti dal capitolo Vaticano, esso decretò che non solo potevasi, ma dovevasi alla solennità dell’incoronazione procedere. Pubblicata dal Pergamo in tutti i dominii dell’Augusta Casa d’Austria; eseguita dal Vescovo Marotti, come Deputato del Capitolo di S. Pietro in Vaticano, scielto da Monsignor Giorgio Spinola Nunzio Apostolico appresso l’Imperatore Carlo VI, il quale Capitolo per lascito ricchissimo fattogli dal Conte Alessandro Sforza deve supplire alla spesa delle Corone da imporsi a tutte le immagini di Maria Vergine celebri per miracoli; assistito dall’Abate Mitrato Fattori, e da Tommaso Gorzer Preposito Mitrato di Seneblin, e Parroco di Villa Vicentina, oltre tutto il Clero Secolare e Regolare, Confraternite, Nobiltà, Truppe, Cittadini, ed immenso popolo: il Governo, tra i quali sono nominati Giovanni Giuseppe Conte di Wildenstein Capitanio di Gorizia, Leopoldo Adamo Conte di Strasoldo Luogotenente in Città, e Francesco Antonio Conte de Lantieri. La gran piazza della Città, denominata Traunich, fu il luogo destinato alla solennissima funzione (e perciò nella facciata del Palazzo di S. E. il Sig. Gerolamo Conte della Torre, Maresciallo della Provincia, in cui ad eterna memoria vi si vede ancora incisa in pietra l’effigie di M. V. di Monte Santo): fu perciò innalzato un vastissimo Padiglione ornato a modo di


Sacro Tempio, con nobilissimo Trono, dove trasportata con somma pompa la sacra Immagine, fu collocata, e col consueto rito, tra spari, evviva, e divote lacrime fu affissa una Corona d’oro alla Beata Vergine, ed altra al Divinissimo Figlio, ammendue arricchite di gemme offerte della Signora Contessa Anna Catterina de Selemburg di Lubiana; e dopo essere stata la Sacra immagine esposta alcune ore in Duomo, poi alla Chiesa delle Monache Orsoline, indi nel Convento di S. Chiara, per soddisfare al divoto zelo di quelle sacre vergini, fu la medesima sera con lo stesso maestoso apparato ricondotta a Salcano nella Chiesa dell’Ospizio dei medesimi Religiosi di Monte Santo, ove egual pompa la mattina seguente fu riportata, ed ivi per otto giorni sopra innalzato Trono collocata, e con ogni genere di funzioni venerata. Tale e tanto fu il concorso in questi otto giorni, che arrivarono al numero di cento e trentatremile le Sacre Particole che pria numerate, e poscia consecrate, furono distribuite ai Fedeli.

Dalle cronache di Francesco Castelliz

Era il giorno 6 giugno 1717. Albeggiava, quando la s. Immagine, portata da quattro P. Francescani in tonicella e accompagnata da numeroso stuolo di devoti, iniziò la sua prima discesa dal Monte Santo. Squillavano nel silenzio mattutino le campane del Santuario, in fondo alle valli e sulle cime dei monti tuonavano festosamente i mortaretti, cielo e terra parevano alternarsi gaudiosi nell’angelico saluto: Ave Maria. Ad ogni sbocco di strada altri fedeli si univano al corteo, altre bandiere e sacre insegne ne accrescevano lo splendore. E Maria avanzava, salutata e benedetta, passava gloriosa sotto un magnifico arco trionfale, ed entrava in Gorizia accolta da incessanti dimostrazioni di gioia e di affetto. Gorizia era tutta quanta in festa: in festa le case, le vie, i cuori.

In quel dì l’attuale Piazza della Vittoria aveva assunto un aspetto fantastico: era tutta bandiere, arazzi, decorazioni, verzura e fiori. Dinanzi al Capitanato – ora R. Vice Commissariato generale civile – era stato eretto un altare riccamente ornato, provvisto di baldacchino e trono, e su questo fu deposta la sacra Immagine del Monte Santo. Erano presenti tutte le Autorità, la milizia, la truppa civica e la gioventù studiosa. Un’immensità di popolo gremiva la piazza. Rimbombo di artiglierie, concerti musicali e suono di campane annunziavano l’approssimarsi di un momento solenne. Poi si fece un profondo silenzio, allora il vescovo di Pedena, mons. Francesco Marotti, delegato pontificio, assistito dall’abate mons. Giuseppe Fattori e da numeroso clero, compì l’atto rituale dell’Incoronazione imponendo, con mani tremanti per rispetto e commozione, preziose corone d’oro sui capi della Beata Vergine e del divin Bambino. Momento solenne, spettacolo grandioso quella folla immensa, inginocchiata, rapita, raccolta in un religioso silenzio più eloquente di quantunque canto, dominata da un solo sentimento, fusa in un solo palpito di fede e di amore! Dopo l’Incoronazione, il Vescovo, cantato il Te Deum, celebrò la Messa Pontificale accompagnata da scelta musica eseguita da un corpo corale ed orchestrale venuto appositamente da Venezia. Il sermone d’occasione fu tenuto dal Padre Lodovico della Vigna, pure di Venezia. Il giorno seguente l’Incoronata venne riportata processionalmente al Monte Santo, ove si tenne, a completamento della solennità, un ottavario di S. Messe, vesperi e prediche con un concorso di popolo mai veduto: 130 mila persone.

Vanni Feresin


ALLA SCOPERTA DI... OSSERVATORI BELLICI Servizio e immagini di Alberto Vittorio Spanghero

« Gli sguardi

sul conflitto

A Villa Mangilli a Turriaco è stato recuperato un antico cannocchiale utilizzato durante la Grande Guerra anche da re Vittorio Emanuele III. Attraverso le sue lenti personalità civili e militari osservarono il susseguirsi dei combattimenti. Ma non seppero prevedere la disfatta di Caporetto.

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Nel periodo della Prima guerra mondiale l’esercito italiano nelle sua avanzata approntò una serie di punti o piazzole per seguire a distanza le varie operazioni militari. I luoghi destinati a questo compito erano di preminenza sopra elevati come alture, campanili, torrette di palazzi e ville o quelli più comuni sistemati su colline o montagnole. Alcuni impianti erano fissi mentre altri erano sistemati su postazioni occasionali. Quelli fissi disponevano di uno o più cannocchiali e di binocoli che potevano garantire una discreta visibilità riguardo i movimenti e la sistemazione difensiva delle prime linee e lo svolgersi degli attacchi sui campi di battaglia. Gli osservatori più famosi e conosciuti della III Armata erano sistemati a una decina di chilometri dalla linea del fuoco e si trovavano disseminati sui campanili delle chiese in territorio bisiaco e friulano, fuori dalle gittate dei medi e grossi calibri austriaci. Tutti gli osservatori erano collegati con le centrali operative di Armata e di Corpo d’Armata attraverso un’ampia rete telefonica. Poi ogni comando di Corpo d’Armata ne aveva uno proprio. Il re Vittorio Emanuele III era convinto, come tutti i suoi consiglieri di Stato Maggiore, che l’Inghilterra, la Francia, la Russia e l’Italia alleate fra loro, costituissero un tale complesso di forze da non poter dubitare sull’esito vittorioso del conflitto. Tutti erano convinti che la guerra, viste le forze in campo, sarebbe durata al massimo due, tre mesi. Per questo motivo il re e tutto il suo seguito non volevano perdersi l’occasione di vivere un simile irripetibile evento storico. Arrivato da Roma con un treno speciale, il 25 maggio allestì il suo quartier generale nella villa Brunelli alla Corti, a nord di Treviso. Era composto da alcuni generali, un con-

trammiraglio, alcuni colonnelli, diversi aiutanti di campo, scudieri, corazzieri, cucinieri, autisti e due automobili “Fiat Mod. 4, carrozzata Torpedo” a sei posti denominata “Saetta del Re”, un omnibus e un furgone a disposizione della Real casa e alcune donne di servizio per un totale di 23 persone. Il 30 maggio 1915, il re si spostò con tutto il suo seguito nella villa Linussio a Torreano, frazione di Martignacco a 8 chilometri da Udine. La villa venne battezzata per l’occasione “Villa Italia”. Il primo giugno del 1915 il re iniziò il suo incessante peregrinare. Incontrava persone, visitava paesi, istituzioni, ospedali, soldati al fronte, popolazioni e tutti i Comandi di Armata e di Corpo d’Armata. Vittorio Emanuele III venne chiamato il “Re soldato”, perché aveva effettivamente seguito la guerra da vicino vivendo quasi la stessa vita del fante. Indossava la divisa grigioverde e mangiava in maniera frugale il suo rancio. Portava con sé poche cose, qualche effetto personale e l’inseparabi-

Sopra: il marchese Massimo Mangilli-Climpson sulla torretta della villa con il raro cannocchiale; di fianco: osservatorio Colle di Medea, 2 luglio 1916. Il re Vittorio Emanuele III e il principe del Galles scrutano con i cannocchiali il fronte carsico. |

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Turriaco novembre 1916. Il generale Domenico Grandi, in posa con una colonna di prigionieri austro-ungarici per una foto di propaganda

Turriaco 9 maggio 1917 il Re a villa Mangilli

28 ottobre 1917, Turriaco allagata dopo la disfatta di Caporetto

Immagine di un pallone aerostatico Macchinario per la produzione dell’idrogeno

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le macchina fotografica. Pur tenendosi a debita distanza di sicurezza dalla linea del fronte, più di una volta fu invitato a desistere nell’avanzare verso luoghi ritenuti pericolosi per la sua incolumità. Dal giugno 1915 all’ottobre 1917, Vittorio Emanuele III si fermò a Turriaco dodici volte e lo attraversò, passando oltre, altre quattordici. Le visite terminarono bruscamente a Cividale il 24 ottobre 1917. Il 26 dello stesso mese, a causa della disfatta di Caporetto, il re abbandonò definitivamente le nostre zone per rientrare in treno speciale a Roma dove l’attendeva una crisi ministeriale. Questo, in estrema sintesi, il quadro della situazione in generale. Ora veniamo all’oggetto del nostro discorso. Dal diario di Francesco degli Azzoni Avogadro, nominato dal re il 22 maggio 1915 Aiutante di Campo effettivo – carica che gli permise di seguire il sovrano in tutti i suoi spostamenti lungo la linea dei vari fronti – possiamo ricostruire, con una certa approssimazione, la posizione dei tanti “Osservatori” che il re e altre personalità politiche e militari del momento visitavano abitualmente. Oltre ai famosi osservatori posti sul colle di Medea, quello nel boschetto di S. Antonio, quello della Subida, quello sul Monte Quarin quello della Cascina Marcolina fra Romans e Villesse (preferito dal comandante del VII Corpo d’Armata, generale Tettoni) e quello di S. Lorenzo, per citare alcuni, c’erano molti altri posti sui vari campanili: per esempio quello della chiesa di Villesse e quello approntato sul campanile della chiesa di Turriaco in funzione antiaerea. Non mancarono gli osservatori di marina e quelli sistemati nelle trincee e sulle diverse alture, come quello di Monte Calvario a quota 184 e quello di Bosco Cappuccio a quota 151. C’erano poi osservatori di grande prestigio come quello di villa Mangilli a Turriaco, sede prima del XIII Corpo d’Armata del generale Giuseppe Ciancio e poi del XXIII Corpo d’Armata del generale Armando Diaz. Ormai sono rimaste poche le scritte che testimoniano la presenza nel nostro territorio di osservatori risalenti al periodo della Grande Guerra. Una per tutte quella murata nel 1931 sul campanile della chiesa di Campolongo al Torre, che recita: DA QUESTO CAMPANILE RIDOTTO A OSSERVATORIO MILITARE S.M. VITTORIO EMANUELE III NEL GIUGNO 1915 SEGUIVA LE OPERAZIONI GUERRESCHE CHE RIDIEDERO ALL’ITALIA LE CIME DEL CARSO NEL SETTORE DI SAGRADO 1931 IX Con l’intensificarsi dei bombardamenti sul paese, il 25 maggio 1917 il generale Ciancio spostò il comando di Corpo d’Armata nelle trincee di fronte al cimitero di Turriaco. Ciancio rimase là per poco, perché dieci giorni dopo, il 6 giugno, fu sostituito dal generale Armando Diaz che, vista la scomodità del luogo, il 7 luglio si trasferì con tutto il comando nella villa Prandi a Cassegliano. Mentre la villa Mangilli fu declassata a solo comando di reggimento. Situato sulla torretta della villa omonima, l’osservatorio fu luogo d’incontro per tutte le grandi personalità militari e civili che transitarono in quel periodo. La villa si presenta tuttora nelle stesse condizioni in cui si trovava durante la Grande Guerra. Fa spicco la sua massiccia torre in mattoni rossi, alta una quindicina di metri, compresa la cuspide. Sufficiente a sovrastare tutte le case del paese. Costruita a forma quadrata, la torre domina la piazza e caratterizza l’intero complesso. Sulla sommità risaltano le ampie vetrate disposte nel verso dei quat-


tro punti cardinali. Il lato est appare esattamente in linea parallela con i frontoni carsici che vanno dal monte San Michele al monte Sei Busi e alla Rocca di Monfalcone. Il lato ovest è rivolto verso il fiume Isonzo: posizione ideale per una osservazione militare a distanza. Dalla torretta, infatti, si potevano controllare tutti i movimenti della truppa, sia quella che transitava sui ponti dell’Isonzo, sia quella di ricambio che si avviava verso il fronte carsico. Intorno al paese erano dislocati una serie di attendamenti, la linea delle trincee, oltre alle colonne dei prigionieri che venivano concentrati nel “Curtivòn” di villa Priuli. Fra tutti questi movimenti risaltava il triste spettacolo delle colonne dei mezzi portaferiti che, dopo ogni battaglia, a passo lento, venivano a riempire gli ospedali militari di Turriaco (undici realtà ospedaliere fra ospedali, ospedali da campo e Sezioni di sanità) e, purtroppo, anche il cimitero comunale dove furono sepolti i corpi di 2.500 militari italiani. Con quattro cannocchiali di diversa grandezza e potenza, disposti uno per lato, si poteva controllare un’area visiva che spaziava di 360 gradi. Non trascurabile e costantemente tenuta sotto controllo, la presenza dell’intero ciclo per il funzionamento del Drachenballon, per l’osservazione aerostatica a grandi altezze. A livello tattico l’osservazione diretta delle operazioni belliche era di estrema importanza per coordinare il tiro dell’artiglieria, che poteva essere svolto sia da aerei da ricognizione sia da palloni aerostatici. Ma questi palloni avevano un punto debole: se veniva colpita la camera d’aria piena di gas idrogeno, altamente infiammabile, era praticamente impossibile che l’operatore, sistemato nelle cesta sotto il pallone, pur munito di un rudimentale paracadute, potesse salvarsi. Il pallone era tenuto frenato da terra ed era azionato da un verricello a motore con un cavo d’aggancio in acciaio, lungo fino a 500 metri. Il personale di terra necessario al funzionamento e alla preparazione delle varie sortite era composto da un centinaio di soldati, che provvedevano sia alla produzione sul luogo del gas idrogeno, sia allo spostamento manuale e al parcheggio dell’aerostato in appositi hangar mimetizzati. Nella cesta di vimini sistemata sotto il pallone trovava posto un addetto alle comunicazioni munito di binocolo, il quale era collegato direttamente via telefonica con il Comando di villa Mangilli, dove uno staff di ufficiali dirigeva le operazioni. Dall’osservatorio gli alti ufficiali, attraverso potenti cannocchiali sistemati opportunamente sulla torretta della villa, potevano seguire in tempo reale lo svolgersi della battaglia, distanti e al sicuro dai luoghi di sangue e di morte. In un’intervista rilasciata nel 1982, la marchesina Bianca Mangilli ricorda che nel frenetico andirivieni di quegli anni le personalità di spicco che visitarono la villa furono, oltre al re Vittorio Emanuele III, il duca Filiberto d’Aosta, i generali Cadorna, Cappello, Giardino, Cigliana, Grandi, Ciancio, Badoglio e Diaz, gente famosa come Gabriele d’Annunzio e pure Benito Mussolini che con la bicicletta da bersagliere gironzolava per i paesi (in proposito la marchesina Bianca ricorda che sua madre, marchesa Orsola Mangilli, nata Guanin, prese a Mussolini il cappello da bersagliere e andò a vedersi allo specchio). In seguito giunsero pure giornalisti e fotografi famosi, accreditati dai vari ministeri. Un aneddoto: una sera all’ora di cena, il generale Ciancio volle mescolare la polenta e la marchesa Orsola, osservandolo gli disse: «Generale, generale, se foste così bravo in battaglia come mescola la polenta sareste a Trieste già da un bel pezzo». Gelo totale. Finché il generale, uomo di spirito,

Soldati davanti a Villa Mangilli il 12 marzo 1919 scoppiò in una fragorosa risata che trascinò quella di tutti gli altri ufficiali presenti. Quasi inaspettatamente arrivò poi Caporetto. In 48 ore l’esercito austro-ungarico spazzò via l’esercito italiano, costringendolo a una disastrosa ritirata. Sul campo, nelle trincee e negli accampamenti abbandonati in fretta furono rinvenute grandissime quantità di armi e munizioni, oltre a 300 mila prigionieri. Villa Mangilli fu velocemente sgomberata e lasciata alla mercé degli sciacalli che la svuotarono di ogni cosa, comprese le maniglie delle porte. Anche la famiglia Mangilli, per timore di ritorsioni, seguì l’esercito italiano in ritirata. Al suo ritorno, nel gennaio del 1919, buona parte del materiale trafugato le venne restituito e iniziò la ricostruzione sotto l’Italia. Per anni nelle nostre zone continuarono ad apparire qua e là, nei campi e nelle case, abbondanti e pericolose tracce di materiali bellici abbandonati. Dell’osservatorio rimase, oltre al ricordo, solo un cannocchiale forse trascurato nel fuggifuggi generale. Del cannocchiale, per anni usato come gioco dai ragazzi, con il passare del tempo si persero le tracce. Lasciato là e dimenticato, si ossidò fino a diventare un corpo unico quasi irriconoscibile: le varie parti mobili, come l’obiettivo, la canna e l’oculare si fusero assieme tanto da non potersi più aprire. Grazie al marchese Massimo Mangilli-Climpson, pochi mesi fa il cannocchiale è stato recuperato e, dopo un lungo e attento restauro eseguito da mani esperte, è ritornato perfettamente funzionante al suo antico splendore. Come quando, attraverso il suo oculare, misero i propri occhi buona parte delle più grandi personalità militari e civili italiane della Prima guerra mondiale.

Alberto Vittorio Spanghero

Ricercatore e storico di Turriaco |

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ALLA SCOPERTA DI...

OMAR RUSIN Intervista di Andrea Doncovio. Immagini di Claudio Pizzin

Una storia

da tramandare

A Fiumicello opera un gruppo di appassionati di reperti agricoli e di antichi mestieri. «Finora abbiamo recuperato 5.000 pezzi». E in attesa di realizzare un apposito museo per renderli visibili, con loro fanno rivivere la faticosa vita contadina di un tempo.

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Un piccolo gruppo di appassionati di reperti agricoli e di vecchi mestieri che, ormai da alcuni anni, raccoglie materiale e attrezzature del mondo rurale, dei tempi dei nostri nonni. Alcuni oggetti sono stati regalati da persone che li tenevano nelle cantine a fare la polvere. «Quando ce li hanno consegnati – racconta Omar Rusin, fondatore del gruppo “Non cancellare il tuo passato, mantieni viva la nostra storia” – ci hanno raccontato di chi erano e a cosa servivano. Noi li raccogliamo per poter ricreare i vari momenti della faticosa vita contadina ormai dimenticata con l’avvento delle comodità della meccanizzazione». Omar Rusin, com’è nata l’idea di costituire questa aggregazione? «Sono sempre stato appassionato di storia e mi sono sempre interessato e documentato sull’argomento. Grazie a questa mia passione ho avuto modo di conoscere il signor Diego Verzegnassi, anche lui amante di storia di oggetti e di

cultura. Da qui è nata l’idea di creare questa aggregazione». Da quante persone è composta? «Io e Diego siamo gli ideatori ma ne fanno parte e ne possono far parte tutti coloro che, come noi, sono appassionati di storia». Finora quanti reperti avete recuperato? «Parliamo di circa 5.000 pezzi di vario genere: da attrezzatura agraria a quella per il bestiame, dai lavori di falegnameria a quelli di artigianato come il calzolaio o il sarto, fino ad arrivare al lavoro che svolgevano ai tempi le donne in casa». Dove andate a recuperarli e, successivamente, dove li custodite? «Gli oggetti vengono recuperati su tutto il territorio regionale. Per il momento vengono conservati in un deposito appartenente alla mia famiglia». Con l’amministrazione comunale di Fiumicello avete avviato un percorso per la realizzazione di un piccolo museo: a che punto è la situazione? «Trattandosi di un progetto in fase di realizzazione al momento non c’è ancora nulla di definito. Ma confidiamo di avere presto delle novità». Oltre a recuperare reperti agricoli e di antichi mestieri organizzate anche rievocazioni a tema: in che cosa consistono esattamente?

A fianco: il signor Renato Bianchin mentre affila la lama della falce durante una rievocazione. Sopra: rievocazione della mietitura del farro. 46

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«Io e Diego Verzegnassi, insieme ad altri appassionati, organizziamo una giornata di rievocazione lavorativa nei campi. L’evento consiste nella trebbiatura fatta come un tempo, con i cavalli, e la successiva balsatura del frumento. Per due anni questa rievocazione si è svolta nell’ azienda agricola appartenente alla mia famiglia, mentre l’anno scorso l’abbiamo realizzata in un’azienda di Perteole, nel comune di Ruda. Quest’anno abbiamo scelto di riproporla nuovamente nell’azienda della mia famiglia. Oltre a questo evento ci piacerebbe proporre una giornata per l’aratura e la semina del mais: “Il Ros di Aquileia”, una varietà di mais che veniva usata dai nostri nonni per fare la polenta». La gente come risponde alle vostre iniziative? «C’è stato molto entusiasmo da parte di tutti coloro che una volta lo facevano per mestiere: riuscire a condividere con i nipotini questo momento è stata per loro una grande soddisfazione; come tornare indietro nel tempo e dimostrare loro quello che i nonni riuscivano a fare senza tutta la tecnologia che ci ritroviamo al giorno d’oggi». Perché è importante mantenere viva la storia delle nostre tradizioni? «Perché possiamo trasmettere dei valori che oggi si sono persi». In pochi decenni il nostro stile di vita ha subito un’evoluzione epocale: a suo avviso quali sono i vantaggi e quali gli svantaggi di questo cambiamento? «Questo cambiamento ci ha portato via le cose più importanti, come la comunicazione e la condivisione. Basti pensare a quando si lavoravano i campi: la gente era sicuramente più stanca ma era anche un momento dove si poteva parlare e discutere, perché si era tutti insieme. E magari dopo un’intensa giornata di lavoro si apriva un salame e lo si condivideva tutti insieme. Oggi questo non accade più. Per quanto riguarda i vantaggi, oggi una macchina fa il lavoro di dieci persone nella metà del tempo». Piacevoli ricordi o nostalgici rimpianti: i membri della vostra aggregazione come guardano a quel passato che desiderano preservare? «Con un piacevole ricordo, accompagnato da un nostalgico rimpianto». Chi volesse consegnarvi vecchio materiale di attività artigianali o contadine, come deve comportarsi? «Tutti gli interessati possono contattare telefonicamente sia me che Diego Verzegnassi, telefonando al numero 338 3112654». Oltre alla realizzazione del museo, quali sono i futuri obiettivi del vostro sodalizio? «Le idee non mancano, ma al momento cerchiamo di portare a termine quanto avviato».

Andrea Doncovio

Sopra, due immagini di una rievocazione della mietitura. A sinistra Omar Rusin alla guida della mietitrebbia. Sotto, tre immagini di alcuni dei 5.000 reperti fi nora recuperati

Primo piano del campanile della chiesa di San Giacomo nel borgo di Palcoda (ph. M. Tomaselli)

Palcoda, le rovine del borgo (ph. M. Tomaselli)

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SINISTRI SU STRADA / 2

Rubrica a cura della Polizia di Stato della Provincia di Gorizia

P O L I Z I A D I S TA T O

e risarcimenti

www.tuteladelcittadino.it

Incidenti

Seconda e ultima puntata dell’approfondimento dedicato ai sinistri stradali e alle loro ripercussioni. Si conclude in questo numero l’analisi rappresentante nominato in Italia dalla comsui comportamenti da tenere in caso di in- pagnia con cui è assicurato il responsabile cidente stradale, con tutte le possibili con- del sinistro. Per conoscere il nome dell’assiseguenze da prevenire. Nella puntata pre- curazione estera e quello del suo mandatacedente ci eravamo fermati alle procedure rio in Italia, ci si può rivolgere al Centro Inforda avviare per le richieste di risarcimento. mazioni dell’ISVAP. Da qui ripartiamo, ampliando il ventaglio Se chi ha causato l’incidente si dà alla delle situazioni potenziali. fuga, impedendo così la sua identificazioPer la gestione dei sinistri avvenuti in ne, oppure non è assicurato, il danneggiaItalia ma provocati da un veicolo con tar- to può inviare la sua richiesta di risarcimenga estera immatricolato in uno dei Pae- to al Fondo di Garanzia per le Vittime della si membri del sistema “Carta Verde” (sito Strada (FGVS). Il Fondo di Garanzia per le dell’UCI: www.ucimi.it) è competen- Vittime della Strada, istituito con legge nute l’Ufficio Centrale Italiano (UCI, che ha mero 990 del 1969 (abrogata con l’entrata in sede a Milano, in Corso Sempione nr. 39), vigore del Codice delle Assicurazioni Privaal quale il danneggiato deve presentare la te), operativo dal 12 giugno 1971, è ammipropria richiesta di risarcimento mediante nistrato, sotto la vigilanza del Ministero dellettera raccomandata con avviso di ricevi- lo Sviluppo Economico, dalla Consap con mento. L’UCI provvede quindi a contattare l’assistenza di un apposito Comitato, presiel’assicuratore estero, che a sua volta no- duto dal Presidente della Società o, in sua mina una compagnia assicuratrice italiana vece, dall’Amministratore Delegato, compocui affidare la trattazione del sinistro. I re- sto da rappresentanti del Ministero dello Svisidenti in Italia che siano rimasti vittime di luppo Economico, del Ministero dell’Econoun incidente stradale all’estero (l’incidente mia e delle Finanze, di Consap, dell’Ivass, deve essere avvenuto in un Paese del Si- delle imprese di assicurazione e dei consustema Carta Verde e provocato da un vei- matori. In generale il FGVS risarcisce i soli colo immatricolato e assicurato in un Pa- danni alla persona e solo nel caso di lesioese dello Spazio Economico Europeo op- ni personali gravi risponde anche per i danni pure munito di Carta Verde) possono chie- alle cose il cui ammontare sia superiore ad dere il risarcimento danni direttamente al € 500,00. Nel caso invece di veicoli non as48

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sicurati, risponde per i danni alla persona e inoltre integralmente per danni alle cose. Il passeggero trasportato è, invece, sempre tutelato dalla polizza R.C. Auto del veicolo sul quale viaggiava, a prescindere dalla responsabilità del conducente nel sinistro. Una volta che l’assicurazione avrà formulato l’offerta di risarcimento del danno, il danneggiato è sempre libero di accettare l’offerta oppure di trattenere l’importo proposto dall’assicurazione a titolo di acconto sul maggior importo dovuto, senza rinunciare alle sue pretese di risarcimento. Per rendersi effettivamente conto della congruità dell’offerta avanzata dall’assicurazione risulta utile soffermarsi sulle seguenti considerazioni in merito ai criteri di quantificazione dei danni. Il danno materiale equivale normalmente ai costi necessari per la riparazione del veicolo incidentato ed è perciò molto facile da quantificare. A questo importo devono aggiungersi le eventuali spese di traino con il carro attrezzi. Nel caso in cui il veicolo vada completamente distrutto, al danneggiato spetta una somma così composta: a) valore del vecchio veicolo alla data del sinistro; b) spese di rottamazione del relitto e di immatricolazione della nuova vettura; c) tassa di circolazione limitatamente alla parte non ancora goduta. Quando, invece, si riportano delle lesioni personali, bisogna recarsi al Pronto Soccorso dell’ospedale più vicino. Una volta fatti tutti gli accertamenti del caso, il medico deve redigere in modo dettagliato il referto o certificato medico relativo ai danni fisici riscontrati. Anche nel caso in cui non si accusino nell’immediato dolori fisici in seguito a un sinistro stradale, il consiglio è quello di recarsi entro le 24/48 ore successive all’incidente a un vicino pronto soccorso, poiché spesso i postumi tipici dei cosiddetti colpi di frusta e simili posso presentarsi anche dopo un paio di giorni, ma più passa il tempo e più difficile diventa provare che tale malattia sia conseguenza diretta di quel incidente, compromettendone il risarcimento. Il danno alla persona dipende dalla gravità delle lesioni subite. La quantificazione del danno e la determinazione del grado di invalidità devono essere effettuate da un perito medico-legale.

Se viene accertata un’invalidità permanente tra l’1 e il 9%, la misura del risarcimento è stabilita da precise indicazioni di legge in base all’età del danneggiato e ai relativi coefficienti. In caso di invalidità permanente pari o superiore al 10%, il danno è valutato secondo le tabelle dei vari tribunali. Alla luce di quanto fin qui esposto è importante sapere che il risarcimento dei danni conseguenti da sinistro stradale non si può più richiedere dopo due anni dalla data del sinistro quindi si raccomanda non solo di inviare apposita richiesta entro tale periodo, ma eventualmente, in caso di mancato risarcimento, di ricordarsi di rinnovare la stessa almeno ogni 2 anni, sempre con lettere raccomandata con ricevuta di ritorno. Ricordiamoci infine che da poche settimane è entrato in funzione anche in Friuli Venezia Giulia (seconda regione in Italia dopo la Lombardia) il “112” quale numero unico dell’emergenza (Nue). Quindi in caso di incidente stradale digitando il solo “112” quale numero unico delle emergenze avremo l’assistenza necessaria sia per il soccorso sanitario (vecchio numero 118), sia per la messa in sicurezza della zona (vecchio numero 115), sia per l’invio sul posto di un organo di polizia stradale (vecchi numeri 113 o 112 o di polizia locale). Un altro passo avanti verso la razionalizzazione dei servizi nell’interesse del cittadino.

dott. Ezio Scocco Direttore II° Settore Polizia Stradale Gorizia Ispettore Superiore SUPS |

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C YB E R B U L L I S M O

Soli davanti al computer

Rubrica a cura di Massimiliano Sinacori

D I R I T T O

L’aumento dei pericoli per i minori che navigano sul web ha spinto il legislatore a intervenire a livello normativo. Per tutelare coloro che rischiano di divenire vittime inconsapevoli, ma anche per evitare che loro coetanei possano trasformarsi in aguzzini.

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Nella quotidianità di ognuno di noi il confronto con l’utilizzo degli strumenti informatici è oramai divenuto inevitabile. Saper utilizzare correttamente il Web è un requisito necessario e imprescindibile per chi si interfaccia con qualsiasi realtà lavorativa. Ferma restando l’indiscussa utilità della rete Internet, si deve tuttavia rilevare che tale strumento si presta a essere utilizzato anche per la commissione di attività illecite e di reati. I recenti fatti di cronaca legati al fenomeno Blue Whale Challenge ci hanno mostrato quanto la nostra società sia ancora debole e impreparata di fronte alle nuove manifestazioni di criminalità informatica, sia dal punto di vista normativo che dal punto di vista culturale. Nel caso in questione, dei ragazzini di età compresa fra i sette e i sedici anni sarebbero stati invitati (tramite dei social network), da parte di soggetti ignoti, a partecipare a una sfida che li avrebbe spinti a superare prove sempre più estreme fino a portarli alla decisione di togliersi la vita. Tali eventi, in corso di indagine presso alcuni uffici della Procura della Repubblica, sono solo la testimonianza più recente del pericolo che corrono i minori lasciati da “soli” davanti al computer. |

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In questo quadro di giustificato allarme sociale, è certamente da accogliere con favore la recente novella legislativa del 29 maggio 2017, n. 71, avente a oggetto le nuove “Disposizioni a tutela dei minori per la prevenzione e il contrasto del fenomeno del cyberbullismo”. Per meglio comprendere di che cosa si tratta, è bene sapere che la definizione di cyberbullismo contiene un vasto elenco di condotte illecite che possono ledere a soggetti minorenni. Per cyberbullismo si intende “qualunque forma di pressione, aggressione, molestia, ricatto, ingiuria, denigrazione, diffamazione, furto d’identità, alterazione, acquisizione illecita, manipolazione, trattamento illecito di dati personali in danno di minorenni, realizzata per via telematica, nonché la diffusione di contenuti on line aventi a oggetto anche uno o più componenti della famiglia del minore il cui scopo intenzionale e predominante sia quello di isolare un minore o un gruppo di minori ponendo in atto un serio abuso, un attacco dannoso, o la loro messa in ridicolo”. Con l’introduzione di questa normativa il Legislatore intende contrastare le condotte summenzionate attraverso un duplice binario di azione che individua da un lato dei rimedi a carattere preventivo e dall’altro delle misure di contrasto successive alla realizzazione delle condotte.


Ai sensi dell’art. 3 del testo normativo, si prevede l’istituzione di un Tavolo Tecnico al quale parteciperanno diversi enti allo scopo di attuare progetti di prevenzione per i fenomeni di questa natura. Ponendo l’attenzione ai soggetti deputati alla concreta applicazione della legge, si comprende chiaramente l’intenzione del Legislatore di favorire la creazione di una “Rete Sociale” dove, oltre ai minori, sono coinvolti i gestori dei siti internet, il MIUR, gli istituti scolastici, gli organi di Polizia Postale, le questure e una rete di sostegno composta da professori e psicologi. Il MIUR, ai sensi dell’art. 4, dovrà individuare le linee guida per dare efficace attuazione al testo normativo all’interno degli istituti scolastici, formando, in particolare, il personale docente che dovrà concretamente operare sul campo. In ogni istituto sarà individuato tra i professori un referente per le iniziative in materia di contrasto e prevenzione e spetterà al preside (salvo che il fatto non costituisca già reato) l’obbligo di segnalazione alle famiglie di ragazzi coinvolti in vicende di cyberbullismo. A seguito della segnalazione da parte del dirigente scolastico sarà possibile adottare dei percorsi congiunti di sostegno a favore della vittima e delle misure disciplinari nei confronti di chi ha posto in essere determinate condotte. Di grande rilievo è la circostanza che il percorso di sostegno e di ascolto coinvolge anche il cosiddetto “cyber-bullo”, permettendo, dunque, una rieducazione dell’autore senza limitarsi a censurarne il comportamento tout-court. Fra i passaggi più significativi della normativa si deve evidenziare la possibilità, per il minore ultraquattordicenne e per i genitori o esercenti la responsabilità sul minore, di richiedere, ai Gestori dei siti Internet, la rimozione immediata di qualsiasi dato personale a

prescindere dal fatto che la condotta segnalata costituisca o meno reato di illecito trattamento dei dati ex art. 167 del Codice della Privacy. Il Gestore avrà 48 ore di tempo per rimuovere il contenuto oggetto di segnalazione, qualora non ottemperasse ai propri obblighi sarà possibile effettuare una segnalazione al Garante della Privacy che provvederà ad intervenire entro le 48 ore successive. Ulteriore misura di contrasto introdotta per fatti che assumono rilievo penale, ma per i quali non sia stata presentata querela, è costituita dall’ammonimento del questore. I minorenni ultraquattordicenni che pongono in essere, attraverso la rete internet, condotte di ingiuria, diffamazione, minaccia e trattamento illecito di dati personali su istanza della persona offesa possono essere convocati innanzi al questore assieme ad almeno un genitore o esercente la responsabilità genitoriale; nell’occasione, il questore, assunte le informazioni dagli organi investigativi e sentite le persone informate sulla vicenda può decidere di ammonire oralmente il minore, invitandolo a tenere una condotta conforme alla legge e redigendone processo verbale. Questo rimedio rappresenta un ulteriore tentativo per cercare di recuperare e rieducare il minorenne autore di questi reati: al compimento del diciottesimo anno di età, ove non siano state reiterate condotte analoghe, gli effetti dell’ammonimento cesseranno automaticamente.

Massimiliano Sinacori Per approfondimenti ed esame di alcune pronunce e della casistica in materia è possibile rivolgere domande od ottenere chiarimenti via e-mail all’indirizzo:  massimiliano@avvocatosinacori.com


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VIRTUALE E REALE

Il web è morto? Viva il web!

Rubrica a cura di Andrea Fiore

S O C I E T À

I nostri giovani trascorrono sempre più tempo connessi a internet e ai social network, assorbendo come spugne tutti i messaggi che vengono veicolati. Una questione epocale, destinata a segnare le generazioni future.

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«Pensavo che il mondo sarebbe diventato automaticamente migliore se avessimo dato a tutti la possibilità di esprimersi. Mi sbagliavo». In questo caso più del valore dell’affermazione in sé, la nostra attenzione si sofferma sul suo autore: Evan Williams, il fondatore di Twitter e Blogger. Se anche uno dei guru della Silicon Valley esterna pubblicamente i suoi dubbi sui rischi del web, aprire una riflessione a riguardo diviene quanto mai urgente. Perché le dichiarazioni sopra riportate sono l’ultimo e più eclatante amplificatore di una situazione di disagio che sta interessando una fetta sempre maggiore della popolazione, quella giovanile in primis. Tenendo ben presente che il web è uno strumento e, come tutti gli strumenti, è la modalità di utilizzo che lo rende positivo o negativo, è innegabile che stia influenzando in modo sempre meno controllabile le esistenze delle persone più fragili, con una capacità ineguagliabile di captare il malessere delle fasce giovanili, trasformando ragazzi e ragazze da semplici utenti in veri e propri proseliti.

Chi c’è dietro lo schermo?

Abbiamo detto che il web è uno strumento, eppure proprio in questa specificità fon|

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damentale risiede la prima trappola. Quando una persona comunica attraverso il web con chi si sta realmente rapportando? Chi c’è dietro a una applicazione o a un sito che forniscono informazioni o propongono soluzioni ai nostri problemi? All’apparenza può sembrare una questione banale, eppure analizzandolo nel dettaglio è invece il nocciolo della questione. Il primo passo verso una confusione di fondo da cui scaturisce tutto il resto: ci rivolgiamo a uno strumento come se ci stessimo rivolgendo a una persona. E senza nemmeno comprendere chi o cosa stia guidando lo strumento nella relazione con noi, abbattendo ogni filtro si instaura un rapporto diretto. Ora immaginiamo che la persona che utilizza il web sia fragile o stia vivendo una propria situazione di malessere; immaginiamo anche che, attraverso un’applicazione, un sito, un social network o un gioco online questo soggetto fragile entri in relazione con una o più persone sbagliate. Senza quasi accorgercene si è aperto davanti a noi uno scenario dai rischi imprevedibili e dalle potenzialità apocalittiche.

Il web è la verità?

Per molti giovani il mondo virtuale si trasforma così inconsapevolmente nel proprio mondo reale, affidando a questa entità astratta che vive al di là del display del pc, tablet o smartphone il


ruolo di guida della propria esistenza. Ecco che il web per questi ragazzi diventa punto di riferimento più affidabile degli adulti, siano essi i genitori, gli insegnanti, gli allenatori… Se lo dice il web è vero. Una situazione difficile da rovesciare: quando una persona crede ciecamente in qualcosa, l’errore da non commettere è obbligarla a rinunciare a quel qualcosa. Significherebbe essere sconfitti in partenza. Che fare, quindi?

Dentro a una rivoluzione

La risposta certa, in questo caso, non c’è. Perché se da un lato noi operatori dei servizi abbiamo molto chiaro il problema, dall’altro non sappiamo ancora come risolverlo. Stiamo infatti vivendo una rivoluzione epocale, nella quale in pochissimi anni sono avvenuti sviluppi tecnologici mai accaduti nella storia dell’umanità. I cambiamenti sono sempre più veloci ma al tempo stesso non sappiamo dove condurranno. Ciò che si sta verificando non è mai accaduto nella storia: impossibile quindi anche ipotizzare quali conseguenze porterà con sé.

Una vita sul web

La realtà dei fatti, per ora, ci mostra come ogni cosa sia sempre più concentrata sul web. Anche le relazioni sociali e il tempo libero. Un aspetto drammatico, destinato a influire pesantemente sullo sviluppo dell’individualità delle persone. I giovani in particolare tendono a esprimere sempre meno le proprie potenzialità e i propri talenti in attività creative, trascorrendo invece il loro tempo on line. E così suonare uno strumento, praticare sport, sviluppare la propria inventiva diventano improvvisamente azioni non interessanti. Cosa comporterà ciò in futuro? Le risposte si possono solo abbozzare, specie se il presente continuerà a riservare sorprese. E la semplice constatazione dei fatti non aiuta a rasserenare gli orizzonti: le macchine stanno comandando gli uomini. E quasi senza accorgercene ci ritroviamo a essere loro accessori.

dott. Andrea Fiore

Medico delle Farmaco-Tossicodipendenze, psichiatra - andrea.fiore@imagazine.it


Rubrica di Cristian Vecchiet

P E D A G O G I A

Acquisto, quindi sono Nonostante la crisi economica e industriale, la tendenza consumistica permane. E i giovani sono sempre più abituati a soddisfare rapidamente bisogni superficiali. Rischiando di non comprendere il vero valore delle cose e delle relazioni con gli altri. La nostra è conosciuta come la società dei consumi. Questo vuol dire che si caratterizza, tra gli altri aspetti, per l’acquisto continuo e a volte esasperato di beni di consumo anche quando questi non sono affatto necessari. È noto che il mondo pubblicitario induca in modo quasi compulsivo all’acquisto di beni che perlopiù corrispondono a bisogni fittizi e non reali. È un fenomeno sociale ed economico per il quale ciò che conta è il comprare al fine di far produrre e consentire l’incremento dei profitti dei produttori. Il fenomeno appena delineato è trasversale a tutte le generazioni ma particolarmente evidente nel mondo giovanile. I ragazzi avvertono il bisogno di acquistare oggetti per identificarsi con quanto tali oggetti simboleggiano. I bambini e gli adolescenti rappresentano un target determinante per chi si occupa di marketing. Costoro non solo influenzano gli acquisti della famiglia ma inducono i pari all’acquisto e non di rado possiedono loro stessi un certo potere di acquisto. L’acquisto di beni non necessari a volte assume i tratti di una tendenza ossessiva. Il mercato punta a indurre l’acquirente al consumo fine a se stesso con l’intento di produrre utile. Il consumatore è considerato solo un soggetto che viene sollecitato a ricercare la gratificazione immediata di bisogni perlopiù indotti. Nonostante la crisi economica e industriale, la tendenza consumistica permane. Infatti il proble54

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ma di fondo è di ordine culturale, morale ed educativo. La mentalità e lo stile di vita di molti sono consumistici. Le difficoltà economiche spingono a rivedere questo stile cognitivo e i principi che lo innervano. Tuttavia, si tratta di mentalità e di prassi fortemente radicate e pervasive che, per essere cambiate, necessitano di impegno educativo prolungato e deciso. La portata antropologica di questo processo è notevole. L’uomo viene abituato a soddisfare al più presto bisogni superficiali ed è indotto a considerare e soprattutto a vivere come necessari bisogni che sono in realtà superflui. In questo modo egli fa propri valori materialistici e consumistici ed è condotto a vivere tutto secondo criteri di mero consumo. I beni superflui e la loro abbondanza inducono la persona a vivere tutto con superficialità e a livellare le cose di valore. Ne deriva che tutto rischia di essere livellato in basso, e il possesso di beni materiali diviene criterio di misura e di giudizio. Cambiare la prospettiva non è facile ma è possibile. I problemi complessi si risolvono solo mediante risposte complesse. Il punto determinante è cambiare mentalità e stile di vita. Per farlo bisogna ricorrere a strategie plurime e interconnesse. Per cambiare rotta, l’attenzione educativa alla parsimonia e al rispetto delle cose deve avvenire fin dall’infanzia. I genitori devono imparare che non si deve dare tutto ciò che il figlio chiede e che non è bene assecondare i figli né in tutto né nell’imme-

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NECESSARIO E SUPERFLUO


diato. Né tutto né subito, questo è determinante. Il genitore deve far percepire che non tutto è dovuto e che tutto ciò che viene regalato ha una sua importanza e costa sacrificio. Il genitore deve insegnare al figlio ad apprezzare quello che riceve. E deve far passare il messaggio che quanto gli dà non è subito sostituibile. È importante concedere le cose quasi col contagocce e insegnare a godere delle singole e piccole cose. In caso contrario si rischia di assecondare il senso di onnipotenza e di rinforzare il narcisismo e l’egocentrismo. Deve passare attraverso i fatti l’idea che non tutto è dovuto e che non tutto è possibile. Ci sono tante piccole azioni quotidiane che aiutano ad acquisire uno stile sobrio. È una modalità che può risultare efficace anche con gli adolescenti e i ragazzi. Per esempio: perché non cercare di aggiustare le cose quando si rompono, piuttosto di cambiarle? Oppure perché comprare necessariamente le cose di marca? Perché non cercare di riciclare, quando possibile? Queste sono piccole scelte che possono aiutare a ritessere una quotidianità diversa. Risparmiare, riciclare, aggiustare non sono solo un modo per non spendere inutilmente soldi, ma rappresentano gesti che aiutano a dare meno attenzione alle cose che contano meno e più attenzione a quelle che contano di più. Inoltre queste azioni sollecitano la fantasia e la creatività e incentivano una propria personale soggettività. Le piccole pratiche quotidiane ripetute nel tempo rendono virtuosi chi le pratica. Tuttavia, è importante che gli atteggiamenti siano sostenuti da un cambio di mentalità. Innestare e sostenere un modo diverso di pensare mediante il dialogo aiuta a rivedere il proprio modo di concepire il mondo e soprattutto le

proprie priorità. Essere consapevoli della scala dei propri valori di fatto assunta ed essere disponibili eventualmente a rivederla è un passo fondamentale per un cambiamento di stile di vita. Per questo dare delle buone motivazioni al cambio di prospettiva aiuta non poco. Questo vale soprattutto per i giovani e per gli adulti. Il punto è cercare di cambiare lo stile di vita, gli schemi mentali e affettivi mediante scelte e azioni quotidiane consapevoli. Infine, per favorire e indurre ai gesti virtuosi e al cambio di mentalità, determinante è, come sempre, l’esempio delle figure significative: i genitori, gli insegnanti, gli educatori. Le figure sentite come importanti hanno un ruolo decisivo perché rappresentano gli stili cui chi è in fase di sviluppo cerca di identificarsi. La pedagogia dell’esempio rimane quella più incisiva. Le virtù della moderazione, della sobrietà, del risparmio aiutano a considerare e a vivere la vita dando il giusto valore alle cose. Consente inoltre una maggior padronanza di se stessi, un rapporto più equilibrato con le cose e un rapporto più libero con le persone. L’educazione alla moderazione del consumo e al riutilizzo delle cose appare pertanto una prospettiva non eludibile, aiutando così chi è nella fase dello sviluppo a diventare un adulto responsabile.

Cristian Vecchiet

Collaboratore presso l’associazione La Viarte, è docente di Etica e Teologia dell’Educazione presso l’Istituto Universitario Salesiano di Venezia.


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SOLIDARIETÁ E OPPORTUNISMO

Rubrica di Manuel Millo

S O C I A L E

Quando compiamo un’azione pensiamo a noi stessi o alle conseguenze che la stessa può provocare nel prossimo?

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“Aspetta, ti aiuto con quell’incombenza”. E un giorno qualcuno vi disse: “Ma chi te lo ha chiesto”. Che dramma; voi volevate prestare aiuto o qualcuno lo voleva dare a voi e in un attimo un gran misunderstanding (malinteso). O ancora: “Non ho bisogno del tuo aiuto”; e poi dopo qualche tempo: “Ma tanto tu non mi aiuti mai quando ne ho bisogno”. Che confusione. Una canzone diceva “Sarà perché ti amo”. Ma anche se fosse l’emozione che “cresce piano piano” a volte ci sembra proprio di non comprendere il perché si generino questi fraintendimenti. O anche il perché davanti a una richiesta di aiuto non cogliamo questo indirizzo oppure lo cogliamo ma dal nostro completo punto di vista. Magari con un velato senso di riconoscimento in attesa. Ma allora il mio aiuto non era veramente disinteressato? E se le attese vengono deluse? Come gestire tutto questo? Dunque come comprendere le richieste di aiuto? Come essere di aiuto? Come chiedere aiuto? Come evitare le false attese? E soprattutto perché aiutare o essere aiutati? Nel binario della vita che porta alla nostra meta ci sono, con grande frequenza, una sacco di fermate, scambi e passeggeri che salgono sul treno che abbiamo preso. O noi stessi a volte cambiamo vettura prendendo delle coincidenze non sempre puntuali. |

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Così durante l’attesa alla stazione dell’esistenza (adolescenza o età adulta che sia) ci imbattiamo in una quotidianità che non sempre sembra appartenerci. Questo a volte ci turba e ci spaventa oppure ci rallegra perché ci permette di respirare dopo una lunga apnea di relazioni. Quando la nostra convinzione è forte, se non ci fermiamo alla stazione del confronto, le cose che desideriamo offrire come aiuto, siano esse spirituali o materiali, rischiano non solo di non funzionare ma addirittura di intraprendere il cammino del fraintendimento e dell’atto controproducente. Prima di tutto ascoltiamo e osserviamo la situazione in cui ci troviamo. Spogliando la nostra interazione da fini secondari. Non è detto che ponendo il nostro punto di vista sulla realtà esso sia universale e salvifico. Può essere utile rispetto al mosaico della realtà stessa che ci circonda ma dall’altra parte, come tessera di un’opera d’arte, fa parte di un disegno più grande, dove sono in gioco a volte centinaia di altre tessere. E se ovviamo questo particolare, il risultato della dinamica apparirà claudicante. Prima di “cosa farei io”, chiediamoci cosa servirebbe a questa situazione. Difficile perché deve essere oggettiva ma fondamentale. Basti pensare alle storie di ordinaria follia. Come si spiegano? Come se il mondo fosse stato messo in un frullatore insieme alle coscienze di molte persone. Vi sembra scontato? Come gioco di un brutale demiurgo (secondo Platone legislatore dell’universo) che si diver-


te dall’alto del suo potere creatore a scuotere gli atomi del mondo. E poi? Come può apparire la realtà per quella che è e non per qualche cosa d’altro? Tutta questa scia di notizie o incontri e relazioni vitali che ogni giorno si intrecciano con il nostro percorso sono davvero la realtà che viviamo? Oppure il modo in cui le situazioni si strutturano e si presentano sono alterate dalla percezione stessa di vedere la geometria degli eventi, di interpretarli e di metterci in relazione con essi anche nella negazione della semplice “mano tesa”? Aiuto, realtà, osservazione, vita quotidiana. Eventi del mondo. E in tutto questo il rischio di perdersi in un oceano non troppo “pacifico”. Allora nella profondità della nostra ricerca, quali sono i processi che ci portano ad agire in un determinato modo e anche i meccanismi di valutazione rispetto all’interazione con gli altri e con gli eventi? Li definiremo i modelli di rappresentazione delle realtà, che poniamo in atto nel quotidiano. Il filosofo Kant, per esempio, nella sua osservazione dell’uomo indicava delle categorie che accomunano il nostro pensiero e che ci permettono di percepire e comprendere nonché di interagire con le “cose” del quotidiano attraverso l’esperienza. Cosa ci spinge nel profondo a interagire, per non dire addirittura a entrare in relazione o porre ausilio alla condizione esistenziale del prossimo? Cosa ci spinge a dedicare o sacrificare la nostra vita rispetto a un ideale in cui crediamo?

Appare un cosmo infinito e totale, fatto di millesimali sfumature, incongruenze, fraintendimenti, punti di osservazione, dissonanze, valutazioni emozionali e libero arbitrio personale. Molte volte le differenze etniche ci separano, il colore della pelle o le dinamiche culturali diventano barriere più dure di un muro d’acciaio. Eppure esiste qualcosa nel cuore dell’uomo che lo fa tornare alla sua universalità. Quando perdiamo una persona amata, quando l’animo soffre, anche se le ferite non sono riportate sulla pelle, qualcosa dentro di noi cambia ma in realtà per riportarci a noi stessi, alla nostra origine. È la nostra percezione emozionale. L’ascolto vitale del nostro essere profondo. Le notizie che con grande velocità corrono sugli schermi o sui quotidiani a volte ci passano quasi inosservate, altre volte ci paralizzano, ma se parlano di qualcosa a noi conosciuto rientrano nella nostra frequenza “attiva”. Osservare questa partecipazione ai meccanismi di ascolto (personali e del prossimo) ci permette di afferrare con presa sicura quello che accade nel quotidiano. E di poterlo gestire meglio. Ricevendo magari una guarigione incentivante da quella malattia che oggi come ieri ha nome opportunismo.

Manuel Millo

Membro Onorario AGCI Ass Gen Cooperative Italiane



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SCADENZA 16 LUGLIO ▶ ALBIATUM Sezione: poesia Lunghezza: max 32 versi Quota: € 10,00 Premi: montepremi in denaro e diploma Info: 335 1206851 concorsoletterario.albiatum@gmail.com SCADENZA 17 LUGLIO ▶ ACCENDI LE PAROLE Sezione: poesia Lunghezza: max 40 versi Quota: € 10,00 Premi: targhe, coppe, attestati Info: 331 4434566 www.xilemasrl.it ▶ CITTÀ DI MESAGNE Sezioni: A) narrativa; B) poesia Lunghezza: A) max 6 cartelle; B) max 1 cartella Quota: € 20,00 Premi: montepremi in denaro, targhe Info: 347 2349752 www.solidea1utopia.it SCADENZA 20 LUGLIO ▶ FESTA DEI POPOLI AVERSA Sezioni: A) racconti; B) poesia Lunghezza: A) max 200 righe; B) max 50 righe Quota: € 5,00 Premi: montepremi in denaro, pergamene Info: 338 9285253 http://festadeipopoliaversa.wordpress. com

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▶ UNA FIABA PER LA MONTAGNA Sezione: fiaba a tema Lunghezza: max 4 cartelle Quota: € 20,00 Premi: pubblicazione opera, piatto artistico Info: 348 1474530 www.unafiabaperlamontagna.it

SCADENZA 25 LUGLIO ▶ LA CAMPANELLA Sezione: poesia Lunghezza: max 45 versi Quota: € 5,00 Premi: montepremi in denaro Info: 334 7007686 www.lanuovacampanella.it

▶ RENDE… IN VERSI Sezione: poesia Lunghezza: max 35 versi Quota: € 5,00 Premi: trofei, targhe, diplomi Info: 333 1974647 www. gueciass.altervista.org

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SCADENZA 21 LUGLIO ▶ CITTÀ DI ATESSA Sezione: poesia Lunghezza: 30 versi Quota: nessuna Premi: non rivelati fino alla cerimonia di premiazione Info: conventiamo@libero.it SCADENZA 23 LUGLIO ▶ IL TORRENTE Sezione: racconto breve Lunghezza: 7.200 battute Quota: € 10,00 Premi: montepremi in denaro Info: 320 4777202 iltorrente16@gmail.com

SCADENZA 24 LUGLIO ▶ IL POETA E IL NARRATORE ▶ I FIORI SULL’ACQUA Sezioni: A) poesia; B) narrativa Sezioni: A) poesia; B) narLunghezza: A) 40 versi; B) 5 rativa Lunghezza: A) libera; B) pagg. A4 10.000 battute Quota: € 20,00

SCADENZA 26 LUGLIO ▶ CITTÀ DI OLBIA Sezione: racconto breve Lunghezza: max 10 pagine Quota: nessuna Premi: montepremi in denaro, targhe, pubblicazione opera Info: 07 8926710 premiocittaolbia@comune.olbia.ot.it SCADENZA 28 LUGLIO ▶ RACCONTA LA FESTA Sezione: racconto breve Lunghezza: 10.000 battute Quota: nessuna Premi: soggiorno in agriturismo Info: 0461 684735 www.comunegiovo.it SCADENZA 30 LUGLIO ▶ TERNI HORROR Sezione: racconti

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Il nuovo libro dello psichiatra Roberto Pagnanelli Dall’esperienza di un medico esperto in Medicine Naturali, un utile vademecum sull’utilizzo dei ‘Fiori italiani’, i parenti nostrani dei fiori di Bach, australiani, californiani e himalayani.

Edizioni Mediterranee di Roma, una delle più rinomate e antiche case editrici del panorama editoriale italiano, dà alle stampe un libro dal titolo ‘Terapia con i fiori italiani, per curare i disturbi psichici ed emozionali’ (128 pagine, 16 illustrazioni a colori, 16,50 euro). In epoca recente la ricercatrice Giovanna Tolio, in Italia, ha allargato i confini della floriterapia, disegnati da Edward Bach nei primi decenni del secolo scorso, mediante uno studio dettagliato degli effetti curativi dei fiori che nascono da piante che affondano le radici sul suolo italico. Al pari del medico inglese la Tolio ha effettuato studi e ricerche cliniche e sperimentali su pazienti alla ricerca della possibilità di interagire sui più frequenti disturbi psichici del nostro tempo. Quelli di grado lieve che non necessitano d’emblè di cure e trattamenti psichiatrici. Così, finora, esisteva in letteratura un solo trattato riguardante i fiori italiani, dal titolo ‘Il linguaggio dei fiori’ (G. Tolio, Tecniche Nuove, 2004). Prendendo lo spunto da questa ricerca lo psichiatra psicoterapeuta monfalconese Roberto Pagnanelli, esperto di medicine naturali, ha evidenziato i risultati e descritto gli effetti su pazienti trattati, oltre che dall’omeopatia e dai fiori di Bach, anche dai fiori italiani. Che si sono rivelati utili in casi di ansia, tachicardia, disturbi psicosomatici, insonnia, ma anche sensi di colpa, eccessiva responsabilità, rabbia, pessimismo e preoccupazioni. Così il Ciliegio per curare i disturbi dell’apprendimento e della concentrazione, per valorizzarsi e dare il meglio di sé. Il fiore di Mandorlo per l’insicurezza in se stessi, per risvegliare il coraggio e la capacità decisionale. Il Pioppo, con le sue foglie tremule al

vento, per le paure grandi e piccole, per gli attacchi di panico, per l’agorafobia. Il bel fior di Pesco per il senso del dovere eccessivo, per chi si dà da fare incessantemente per gli altri e non trova mai la pace. Per ritrovare la capacità di pensare un po’ a sé e rifiatare in tranquillità. La Pinguicola per chi si sente piccolo, incapace, indifeso rispetto alle difficoltà della vita e abbisogna di forza ed energia vitale. E così via, per i 18 fiori italiani sperimentati. Nel volume, in libreria da luglio, si fa riferimento alle fasi della produzione del rimedio, alla raccolta dei fiori (che può essere fatta anche da voi stessi, seguendo semplici, elementari regole), ai modi di somministrazione e agli effetti desiderati. Col racconto di casi clinici esemplificativi che rendono la lettura semplice e scorrevole, adatta a qualsiasi lettore.

Per appuntamenti: Cell. 330-240171 E-mail: robertopagnanelli@libero.it Sito web: www.robertopagnanelli.it


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L E G G E R E

(as) s a g g i Don Winslow Corruzione Einaudi, 2017 Pagg. 552 € 21,00 A New York potevi aspettarti che finisse in galera chiunque. Il sindaco, il presidente degli Stati Uniti, persino il papa. Chiunque ma non il poliziotto eroe Dennis Malone. Lo sbirro che aveva messo in piedi la migliore unità dell’NYPD. Che sapeva in quali armadi erano nascosti tutti gli scheletri. Perché molti li aveva nascosti lui. Danny Malone voleva solo essere un bravo poliziotto. Era il re della Manhattan North Special Force, detta Da Force. L’unità che imperversava sulle strade di Harlem

come un vento impetuoso spazzando via ogni immondizia. Ma ora che Malone è finito in galera, quel vento non soffia più. Malone e i suoi erano i più svegli, i più abili, i più veloci. Quelli che in città tenevano a bada «la giungla» e a Natale regalavano, di tasca propria, un tacchino ai poveri. Per diciotto anni Malone era stato in prima linea, per strada, e aveva fatto tutto il necessario per proteggere una città che si nutre di ambizione e corruzione, dove di pulito non c’è più nessuno. Compreso Malone stesso. Ad Harlem era diventato una specie di intoccabile, ma anche un sorvegliato a vista. All’improvviso però «la sua città, la sua zolla, il suo cuore» gli si sono rivoltati contro. E ora che è stato incastrato dai federali non gli resta che decidere chi sia meglio tradire.

Quando squilla il telefono del commissario Salvatore Vivacqua, all’altro capo del filo c’è il questore, detto il Doge: un omicidio feroce a Carmagnola. La vittima è Pierluigi Paternostro, artista affermato,

proprietario di una maestosa tenuta in campagna, ex hippie tutto genio e sregolatezza, ma alla fine un tipo pacifico. Chi poteva odiarlo al punto da massacrarlo in casa sua? Perché lo hanno ucciso? Il medico legale dice che è morto da quattro giorni, un ritardo investigativo pesantissimo. Il commissario si trova così protagonista di una disperata caccia all’uomo, mentre il numero delle vittime continua a crescere e la pressione delle alte sfere diventa asfissiante.

Stefano Caso Libreria Luigi Ianieri Edizioni, 2017 Pagg. 192 € 14,00 Intellettuale ostinato e un po’ snob, nel giorno del suo cinquantesimo compleanno il libraio Luigi Araldi viene messo in crisi dalle parole di un’anziana e misteriosa cliente, stupita da quell’età portata in maniera davvero pietosa. Parole schiette e pungenti, forse dette da una persona in-

cattivita dalla solitudine, ma che scatenano nel libraio uno strano turbamento. Uscita quella donna, Luigi inizia ad avvertire le voci di alcuni personaggi dei classici della letteratura, fantasmi spesso importuni e petulanti, ma che il giorno successivo, dopo che la misteriosa donna è tornata per fargli dono del necessario per ringiovanirsi il volto, lo convincono a radersi i pochi capelli rimasti e il barbone da vecchio intellettuale che porta ormai da oltre trent’anni. Un’inarrestabile metamorfosi che sembra accompagnata dall’anziana e misteriosa cliente. Ma chi è realmente quella donna? E soprattutto, esiste davvero?

Carlo De Filippis Il paradosso di Napoleone Mondadori, 2017 Pagg. 312 € 16,90

Fabio Marson Calci in bocca alla romana - Autobus, treni, aerei, pullman: storie da Trieste in giù Ultra Ed., 2017 Pagg. 187 € 15,00 Un ex buttafuori che, barcollando, imbianca mezzo tram di cocaina; una donna che svela i tradimenti del marito a bordo di un autobus stracolmo; una moldava che racconta come censurava sceneggiature in contrasto con il regime comunista. Sono solo tre dei trenta fulminanti raccon-

ti di Calci in bocca alla romana, tutti meravigliosamente veri, raccolti in una manciata di anni a bordo di mezzi pubblici a Roma, a Trieste e sulle tratte infinite su e giù per l’Italia. Storie quotidiane, annotate in fretta su taccuino, cellulare e brandelli di carta, che si snodano di giorno e di notte tra presenti brillanti e passati difficili. Pubblicati inizialmente come post sul blog “Mezzinudi – L’Italia raccontata dai mezzi pubblici” e su un quotidiano online, questi racconti offrono una chiave d’accesso ironica e diretta a vite taciute, acquattate tra sedili d’autobus, scompartimenti di treni e fredde notti di sosta in autogrill.

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IL COLLEGIO ARTI E MESTIERI DI GRADISCA D’ISONZO Servizio a cura della redazione

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Gli orfani

della speranza

Il fiumicellese Roberto Terpin ha raccolto in un libro la propria esperienza e quella degli altri allievi: “Una generazione che ha saputo costruirsi con le proprie mani un domani migliore”

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Roberto Terpin (nella foto in altro a destra), originario di Capriva del Friuli, è residente a Fiumicello. Lo scorso 17 maggio a presentato il libro Gli orfani della speranza, concepito per testimoniare la sua esperienza di orfano ospite del Collegio Arti e Mestieri di Gradisca d’Isonzo (foto in apertura) unendola ai ricordi e alle testimonianze di altri ex allievi del Collegio. Una generazione, come raccontano le interviste pubblicate, che ha saputo costruirsi con le proprie mani quel domani migliore che i loro genitori avevano solo potuto sognare. Roberto, perché fu ospite nell’Istituto Arti e Mestieri di Gradisca d’Isonzo? «Mio padre fu gravemente mutilato alle mani a causa di un incidente sul lavoro, di conseguenza non era in grado di svolgere alcun impiego manuale. Fortunatamente fu assunto come portinaio alla Solvay di Monfalcone. Nel 1951 da Capriva del Friuli la famiglia si trasferì a Gradisca d’Isonzo; nel 1954 mia madre morì, così io e mio fratello maggiore fummo ospitati nel Collegio Arti e Mestieri di Gradisca, come orfani di lavoro». Come ha trascorso la sua permanenza in collegio? «Cito le parole pronunciate dallo scrittore Edgar Allan Poe: “…io già non ero come altri erano, né vedevo come gli altri vedevano. Tutto quello che amai, io l’amai da solo”. Rimasi nel collegio dieci anni e furono difficili e complicati. Regnava una rigida crudezza e una ferrea disciplina, anziché la dolcezza, la comprensione e la tolleranza. I bambini che hanno i genitori spesso non sono consapevoli della loro fortuna, a prescindere dalla condizione economica e dalla condizione educativa e affettiva, ciò che conta è che la famiglia ci sia. Si può immaginare quanto profondamente abbia inciso su bambini orfani già segnati da ferite profonde, difficili da guarire. A ogni piccolo orfano il destino toglie qualcosa di caro ed essenziale, che non sarà mai possibile sostituire».

Cosa le è rimasto nel cuore di quegli anni una volta uscito dal Collegio? «Ciò che oggi ancora sopravvive a quel mondo lontano è il ricordo che, col passare del tempo, si fa sempre più nostalgico. Quel mondo fatto di storie, esperienze e privazioni, quel mondo ormai remoto ma pur vivo nella mente di chi è stato in qualche modo legato alla collettività, come nel mio caso, è diventato un mito. Ricordo con piacere e con serenità i momenti belli ma anche le grandi delusioni». Cosa l’ha spinta a scrivere questo libro? «L’idea di realizzare il libro è nata nel 2011, 47 anni dopo la chiusura del Collegio Arti e Mestieri, quando progettai, come fautore, l’evento della prima rimpatriata degli ex allievi, provenienti da ogni parte del Friuli Venezia Giulia. Fu una decisione impulsiva e azzardata, che non poteva cancellare tuttavia la consapevolezza della difficoltà. Temevo e al tempo stesso avevo fiducia di poter trovare in me risorse necessarie per affrontare la nuova sfida». Qual è lo scopo di questo libro? «Ricostruire la storia di una generazione, quella degli orfani della speranza di un futuro migliore che tarderà a lungo a manifestarsi nel nostro lunghissimo dopoguerra. La nostra speranza è che il volume sia letto non solo dagli ex allievi, perché trovino anche loro la forza e il bisogno di raccontare, ma che sia conosciuto anche dalle generazioni più giovani. Può servire agli operatori della scuola per cominciare a spiegare quegli anni, certo servirà a tutti noi per riappropriarci di una pagina importante della nostra storia. Infine spero aiuti a ricordare l’ex Villa Olga, ora di proprietà CISI (Consorsio Isontino Servizi Integrati) di Gradisca d’Isonzo nella quale fu istituita, nel 1942, la Scuola Arti e Mestieri per orfani di guerra e di lavoro». |

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MOSTRE STAMPA ANTICA Servizio e immagini di Margherita Reguitti

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La bellezza femminile

secondo Alfons Mucha

Fino a ottobre Grado ospita una grande mostra con dipinti, disegni, oggetti e documenti provenienti da collezioni private. Per rivivere il passaggio dalla belle époque al secolo breve.

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Senza di lui Sarah Bernhardt non sarebbe la superstar ante-litteram del cinema mondiale: il pittore e scultore Alfons Maria Mucha, nato in Moravia nel 1860 e morto a Parigi nel 1939, fu quello che oggi si direbbe un consulente d’immagine oltre che un amico prezioso, acuto stratega, prodigo di consigli per la carriera della divina. Per lei disegnò gioielli, costumi e manifesti dei suoi spettacoli, da lei ebbe prestigio sociale e tramite lei ottimi contrat-

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ti: ad esempio con la Nestlé e la Moët & Chandon. Di questo che viene considerato uno degli astri dell’art nouveau si possono ammirare dei raffinati disegni di volti e nudi femminili nella mostra dal titolo “Dal leone di San Marco all’aquila bicipite”, XIX edizione di Stampa Antica, allestita a Grado al Grand Hotel Astoria di largo S. Grisogono 3. Osservare gli oltre 30 disegni realizzati a matita e pastelli colorati significa ammirare la bellezza pura e il fascino erotico che Mucha seppe rendere su carta in un raro esempio di omaggio alla sensualità e al concetto di equilibrio estetico del corpo femminile. Queste raffinate opere d’arte sono state scelte da Federico Ossola, titolare della Galleria LegAntiqua che, in collaborazione con la Biblioteca statale isontina, ha realizzato il progetto esposi-


tivo, aperto con ingresso libero fino al 15 ottobre. Per questa XIX edizione Stampa antica, che prese il via a Gorizia nelle sale della Galleria d’Arte “Mario Di Iorio” della Bsi dalla lungimirante idea del direttore Marco Menato, il curatore Ossola ha ricercato, nelle collezioni private di alcune delle casate nobili della Mitteleuropa più in vista, da Venezia a Vienna, dipinti, disegni, oggetti e documenti di rara bellezza, in alcuni casi unici. Il visitatore, accolto personalmente dal gallerista si trova dunque a vivere una narrazione di due secoli di storia, connotati da grande vivacità creativa in un turbinio di sperimentazioni nei diversi settori della vita della borghesia e delle classi dell’élite europea. “Grado – spiega Ossola – da sempre è la spiaggia dell’Impero; la presenza di villeggianti austriaci, oltre che di quelli italiani e di altri paesi del centro Europa, ci ha stimolati a proporre un evento che evidenziasse in modo forte, nel segno del bello, i legami esistenti fra le nostre terre e quella parte del Continente. In modo particolare abbiamo ricevuto in consegna per la vendita le carte geografiche provenienti dalla biblioteca privata del feldmaresciallo Barone Bianchi Duca di Casalanza. La stessa famiglia che fece costruire oltre un secolo fa le splendide Ville Bianchi, oggi hotel di charme”. Fra le attività collaterali alla mostra verranno organizzati degli incontri con i discendenti del casato che vivono fra Gorizia e Vienna. Oltre a ciò nella sezione dedicata alle antiche carte sono esposte le mappe dell’ambasciatore dell’ultimo doge di Venezia, proprietario di Villa Manin. Gemme uniche e perfettamente conservate appartenute all’ambasciatore Daniele Andrea Dolfin, nobiluomo al servizio di Lodovico Manin, ultimo Doge di Venezia i cui avi nel Duecento si erano trasferiti in Friuli nella villa di Passariano. Si tratta di testi stampati nella seconda metà del Settecento, carte che l’ambasciatore usava come strumenti di viaggio, in alcuni casi stampate su tela, e conservate in astucci in pelle bazzana con titoli impressi a secco in oro su tasselli in marocchino rosso. Molto ricca è anche la sezione bibliografica, con oltre 500 volumi dal Cinquecento al secolo breve. Volumi che possono essere consultati e apQui di fianco, partendo da sinistra: Opera di Alfons Mucha e un dipinto di Luigi Selvatico. Pagina accanto, in apertura, Cuscino viola, opera di Luigi Selvatico; in basso da sinistra, una carta geografica e alcune mappe in astuccio.

“Dal leone di San Marco all’aquila bicipite”, XIX edizione di Stampa Antica, Grado al Grand Hotel Astoria di largo S. Grisogono 3, aperta fino al 15 ottobre tutti i giorni dalle 10 alle 13 e dalle 17 alle 22. Per informazioni e prenotazioni di visite guidate in italiano e tedesco è possibile rivolgersi alla reception dell’albergo o telefonare ai numeri telefonici 0481 537898 o 348 2557807. Dal 28 luglio al 21 agosto seconda sezione di Stampa antica dedicata a manifesti, cartoline e incisioni al piano terra dell’ex Cinema Cristallo in via Dante. prezzati in un allestimento da nobile dimora: come in un salotto. “Il nostro obiettivo – prosegue il gallerista e curatore della mostra – è avvicinare il più possibile il pubblico alle opere d’arte e agli oggetti esposti”. Accanto alla sezione cartografica, che comprende anche riviste originali della belle époque, un secondo percorso di visita propone un’inedita collezione di dipinti e i disegni di Lino Selvatico, pittore veneziano al quale il museo Ca’ Pesaro, ma non solo, ha dedicato importanti esposizioni. I dipinti saranno contestualizzati nel fluire del periodo a cavallo fra i due secoli dalla presenza in mostra di cartoline e fotografie. Tutte le informazioni sono disponibili sui siti di Galleria LegAntiqua, del Ministero dei Beni e delle attività culturali e del turismo e della Biblioteca statale isontina, oltre che sui social.

Margherita Reguitti



MOSTRE IN FVG (calendario aggiornato su www.imagazine.it) 2 luglio – 3 ottobre ▶VOLTI DI PALMIRA AD AQUILEIA Esposte importanti opere concesse in prestito da prestigiosi musei internazionali. Aquileia (UD). Museo Archeologica Nazionale, via Roma. Ingresso € 6. Orario: mar-dom 8.30-19.30. Info: www.museoarcheologicoaquileia.beniculturali.it 8-20 luglio ▶SUSANNA DE VITO Mostra personale di pittura. Monfalcone (GO). Caffè Carducci, via Duca d’Aosta 83. Ingresso libero. Orario: mar-dom 7.30-22. Info: www.imagazine.it 10-28 luglio ▶IRIDE Installazioni di Vania Comoretti che descrivono in modo diverso i dettagli del volto dei componenti di alcune famiglie. Gorizia. StudioFaganel, viale XXIV Maggio 15/c. Orario: lun-ven 9.30-13/1619. Ingrsso libero. Info: www.studiofaganel.com Fino al 15 luglio ▶DOLENTE METAMORFOSI Personale di Andrej Kosič. Esposti acquerelli e olii del pittore goriziano. Gorizia. Biblioteca statale isontina, via Mameli 12. Ingresso libero. Orario: lun-ven 10.30-18.30, sab 10.30-13. Info: www. imagazine.it

Fino al 16 luglio ▶TRAPPOLE E VELENI La più grande collezione Tassonomica privata di ragni d’Europa. Trieste. Civico Museo di Storia Naturale, via dei Tominz 4. Ingresso € 3. Orario: lun/mer/gio/ven 10-17; sabdom 10-19. Info: www.museostorianaturaletrieste.it ▶GORIZIA MAGICA Libri e giocattoli per ragazzi (19001945). Gorizia. Fondazione Carigo, via Carducci 2. Ingresso libero. Orario: mer 16-19, sab-dom 10-14/15-19. Info: www.fondazionecarigo.it

Fino al 30 luglio ▶ITALIA METAFISICA Mostra fotografica di George Tatge. Pordenone. Galleria Bertoia, corso Vittorio Emanuele II 60. Ingresso € 3. Orario: mer-dom 15-19. Info: www.comune.pordenone.it/galleriabertoia

Fino al 27 agosto ▶PARADOXA Mostra d’arte contemporanea orientale. Udine. Casa Cavazzini, via Cavour 14. Ingresso € 5. Orario: mar-dom 10.30-19. Info: www.civicimuseiudine.it

Fino al 2 agosto ▶OLTRE IL VISIBILE E L’INVISIBILE Immagini della luce tra Oriente e Occidente. Esposte opere di Riccardo Guarneri e Katsutomi Horiki. Tolmezzo (UD). Palazzo Frisanco, via del Din 7. Ingresso libero. Orario: 10-12.30/15.30-19, chiuso sabato e martedì. Info: www.comune.tolmezzo.ud.it

Fino al 17 settembre ▶ROBERT CAPA IN ITALIA 35 fotografie originali incorniciate e oltre 100 immagini del biennio 1943–44. Trieste. Alinari Image Museum, Castello di San Giusto. Ingresso € 8. Orario: mar-dom 10-19. Info: www.imagemuseum.eu

Fino al 20 agosto ▶LE STANZE SEGRETE DI VITTORIO SGARBI In mostra quasi 200 opere. Sezione ad hoc per artisti triestini. Trieste. Salone degli Incanti, Riva Sauro 1. Ingresso € 8. Orario: marven 10-13/16-19, sabdom 10-19. Info: http:// salonedeglincanti.comune.trieste.it/

Fino al 20 agosto ▶LA DONAZIONE MALABOTTA AL MUSEO REVOLTELLA In mostra disegni e dipinti. Trieste. Museo Revoltella, via Diaz 27. Ingresso € 7. Orario: mer-lun 10-19. Info: www.museorevoltella.it

Fino al 24 settembre ▶CITTÀ DELL’AUTARCHIA E DELLA CELLULOSA La storia di Torviscosa nei suoi aspetti storici, urbanistici e ambientali. Torviscosa (UD). CID, piazzale Marinotti 1. Ingresso libero. Orario: sabdom 16-21. Info: www. cid-torviscosa.it

Fino all’ 8 ottobre ▶AMANTI L’amore di coppia nella Bibbia, nella mitologia, nella letteratura e nella mistica, in sette secoli d’arte. Tolmezzo (UD). Casa delle Esposizione, località Illegio. Ingresso libero. Orario: mar-sab 10– 19, dom 9.30–19.30. Info: www.illegio.it

Fino all’ 8 ottobre ▶LA NECESSITÀ DEL LUSSO Abiti di corte nei ritratti del settecento dei civici musei di storia ed arte. Trieste. Museo Sartorio, largo Papa Giovanni XXIII 1. Ingresso libero. Orario: mar-gio 1013, ven-sab 16-19, dom 10-19. Info: www.imagazine.it

Fino al 15 ottobre ▶DAL LEONE DI SAN MARCO ALL’AQUILA BICIPITE Esposti dipinti, disegni, oggetti e documenti di collezioni private, della nobiltà Mitteleuropea e della belle époque. Grado. Grand Hotel Astoria, Largo S. Grisogono 3. Ingresso libero. Orario: lun-dom 10-13/17-22. Info: 0481 537898 Fino al 7 gennaio ▶L’OFFENSIVA DI CARTA La Grande Guerra illustrata. Dalla collezione Luxardo al fumetto contemporaneo Udine. Castello, piazza del Castello 1. Ingresso € 8. Orario: mar-dom 10.3019. Info: www.civicimuseiudine.it

Fino al 7 gennaio ▶IL LIBERTY E LA RIVOLUZIONE DELLE ARTI IN EUROPA Tra le 200 opere esposte dipinti, litografie, gioielli, ceramiche. Lavori di Jan Preisle e Alphonse Mucha e i capolavori grafici di Gustav Klimt e di Henri de Toulouse-Lautrec. Trieste. Castello di Miramare, viale Miramare. Ingresso € 10. Orario: lundom 9-19. Info: www.castello-miramare.it

I COSTI E GLI ORARI DI APERTURA POSSONO VARIARE SENZA PREAVVISO. VERIFICARE SEMPRE RIVOLGENDOSI AGLI APPOSITI RECAPITI.


ALLA SCOPERTA DI...

IL MUCA DI MONFALCONE Servizio della redazione.

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La storia

di una comunità

Inaugurato nel rione di Panzano l’unico museo italiano specificamente dedicato alla cantieristica e al suo impatto sul territorio.

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È stato ufficialmente inaugurato il Museo della Cantieristica di Monfalcone (MuCa), con sede al pianterreno dell’ex Albergo operai del Villaggio di Panzano, la “company town” sorta attorno al cantiere navale su iniziativa dei primi proprietari, la famiglia Cosulich. Il Museo, progettato dallo Studio Claudio Nardi di Firenze, racconta la storia del cantiere e della città attraverso un percorso espositivo articolato in sezioni. Unico museo italiano specificamente dedicato alla cantieristica e al suo impatto sul territorio, il MuCa rappresenta un’assoluIn alto, l’interno del MuCa (ph. MuCa Monfalcone). Sotto, veduta dell’Albergo operai, negli anni Venti del ‘900 (fondo Giovanni Cividini, Fototeca del Consorzio Culturale del Monfalconese).

ta novità nel panorama museale nazionale. Affronta, attraverso testimonianze e documenti, oltre un secolo di storia, utilizzando un linguaggio contemporaneo e servendosi delle più moderne tecnologie multimediali. Il MuCa fa parte del progetto Polo Museale della Cantieristica Navale di Monfalcone, un museo diffuso che, oltre al MuCa, coinvolge il territorio in maniera diretta, comprendendo una serie di percorsi esterni nel Villaggio di Panzano, in cui è compreso il Centro Visite di via Pisani, punto informativo ed espositivo allestito nel 2011 nell’area delle antiche botteghe del quartiere operaio. L’Amministrazione comunale da anni si era posta l’obiettivo di realizzare un museo per raccontare la propria versione pubblica di un territorio e di un distretto produttivo così particolare, unico esem-

Percorso espositivo del Museo della Cantieristica

Il percorso espositivo del MuCa, suddiviso in 14 sale espositive, si articola in 4 aree tematiche: - la città, l’abitare, i servizi sociali, le guerre, - i cantieri, gli imprenditori, le aziende, - il lavoro in fabbrica, - le navi, le produzioni collaterali, l’immagine aziendale. 68

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Biglietti:

Intero € 7,00; ridotto € 5,00 (over 65, under 25, studenti universitari, scolaresche, gruppi, nati o residenti a Monfalcone, volontari Servizio Civile, soci FAI, professionisti MiBACT, funzionari Musei Comunali, Forze dell’Ordine). Ingresso gratuito per bambini fino a 5 anni, membri ICOM e ICCROM, titolari FVG Card, disabili e accompagnatore, docenti accompagnatori, guide e interpreti turistici, accompagnatori di gruppi, militari Comando Tutela Patrimonio Culturale. Offerta Famiglie: biglietto ridotto per tutti i componenti di famiglie composte da due adulti e almeno un minorenne. Prima domenica del mese: ingresso gratuito per i nati o residenti a Monfalcone. Fino al 18 luglio: ingresso gratuito per i residenti a Monfalcone. Per ulteriori informazioni su scolaresche, gruppi e didattica: www.mucamonfalcone.it

pio di grandi cantieri navali nel Nordest. Notevole anche l’importanza che riveste sotto il profilo storico-testimoniale il quartiere operaio che attorno alla fabbrica è cresciuto, esempio di quartiere pianificato nell’epoca della seconda industrializzazione.

L’edificio

L’Albergo operai, edificio che ospita il MuCa, fu costruito nel 1920 su progetto dell’ingegner Dante Fornasir come alloggio a pagamento per gli operai celibi che lavoravano in cantiere e non risiedevano a Monfalcone. Presentava 700 stanze piccole come celle, 1.300 finestre e 5 corti interne. All’interno, diversi servizi erano dedicati agli operai che vi dimoravano: 30 docce e 12 cabine con vasca e doccia, una mensa, un bar, una sala da gioco, una sala ginnastica, una biblioteca, un ciabattino e un barbiere. L’edificio era noto come “albergo dei lupi” per i suoi immensi corridoi, in cui era facile perdersi. Pesantemente bombardato durante la Seconda guerra mondiale, nel 2010 è stato sottoposto a un progetto di restauro e riqualificazione che ha voluto mantenere inalterato il fascino dell’edificio, conservandone le caratteristiche originarie. La ristrutturazione ha interessato le facciate, le corti e la distribuzione interna della struttura, trasformandola in sede polifunzionale. MuCa, via del Mercato 3 - Monfalcone

Orari:

Estivo (da giugno a settembre) Martedì 9-13, venerdì 9-13/16-19, sabato 16-19 Invernale (da ottobre a maggio) Martedì 10-13, venerdì e sabato 10-18, domenica 10-13


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PERSONAGGI

ELISA BROTTO Intervista di Michele D’Urso

Giovani artisti

al bivio

Dal maestro Dario Puntin ha imparato la tecnica del mosaico ceramico ma per ora è impossibile vivere di arte. Dalla passione per lo sport una nuova prospettiva. Restando in attesa di poter concretizzare il suo progetto di abbellimento dei vecchi palazzi cittadini.

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Diciamolo, la vita va un po’ a caso: ci sono cose che accadono senza nostra espressa richiesta. Per noi che siamo negli ‘anta’, uno di questi eventi ineluttabili era il Servizio di Leva, militare o civile che fosse. A causa sua ti ritrovavi a gestire una armeria o una biblioteca senza che tu ti fossi mai interessato né a un bazooka né ai classici russi. Ma poi, grazie a quel caso, qualcuno si appassionava e diventava un perito balistico o un letterato. Per Elisa Brotto, bisiaca ronchese della frazione di Vermegliano, classe 1992, diventare un’artista è stato un mix tra la propria essenza e la casualità. «In me – confida – la passione per l’arte è innata, tanto che ho conseguito il diploma all’Istituto d’Arte. Tuttavia prima di incontrare il maestro Dario Puntin, conoscevo sì bene l’arte musiva, ma non avrei mai pensato che, nella variante del mosaico ceramico, potesse divenire per me una vera e propria attività».

Quando frequentava la scuola quali erano le sue passioni? «Durante gli anni dell’Istituto d’Arte, oltre alla passione artistica, covavo anche quella per lo sport. Mi piaceva, e mi piace molto, fare ginnastica in genere; all’epoca praticavo l’atletica, specialità salto in lungo, e mi sarebbe piaciuto competere nel tempo. Purtroppo un infortunio alla caviglia mi ha bloccata ancora prima di poter capire se avessi la possibilità di fare bene. Poi l’Istituto d’Arte non era ancora il Liceo Artistico di oggi, c’erano tanti laboratori e trovare il tempo e le energie per sostenere tre allenamenti settimanali era proprio difficile». Preso il diploma si è così trovata al centro del Carrobbio (come i letterati amano chiamare l’incrocio) con il dilemma della vita: quale strada lavorativa prendere? «Decisi di non iscrivermi ad Architettura, scelta invece quasi obbligata per chi ha il mio diploma. A me però piace andare un po’ controcorrente, esplorare terreni nuovi, così volli tentare Scienze Ambientali, dove però la mia preparazione scolastica non era proprio quella più adeguata. E finì che non ce la feci». In apertura, Elisa Brotto mentre fissa un mosaico assieme al maestro Dario Puntin; a fianco e pagina accanto, alcune opere di Elisa.

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E qui entra in gioco il caso: proprio in quella fase di stallo avvenne l’incontro con il maestro Puntin… «Mi chiese se volevo provare il mosaico ceramico applicando una tecnica di sua invenzione: fu passione a prima vista. Rimasi affascinata dalle sue opere e da quelle della sua allieva, che però conosco solo di nome e per le sue realizzazioni, poiché ha deciso di trasferirsi in Cile, la sua terra natale». Impara l’arte e… non metterla da parte. «Dopo aver acquisito la padronanza della tecnica ho partecipato a un concorso promosso dal Centro Giovani del Comune di Monfalcone e dalla cooperativa ‘Thiel’, vincendolo con il mio progetto. Così ho ottenuto i fondi per coprire le spese dei materiali necessari al laboratorio di ‘Mosaico Ceramico Urbano’ che sto conducendo assieme al mio team, sempre presso il Centro di Aggregazione Giovanile e che si tiene ogni martedì sera». In cosa consiste il suo progetto? «Abbellire la città, questo è il mio sogno-progetto; solo che stiamo ancora aspettando il sito sul quale potremo farlo diventare realtà. Sostanzialmente a noi servono muri; anonimi mattoni o pannelli che siano, per dargli colore, bellezza, che sia energia per gli occhi e l’umore. Difficile da immaginare, ma tanti edifici ‘sgraziati’ sono sotto vincolo per valore storico o altro». Se è bello ciò che piace e non ciò che è veramente bello, anche la bruttezza ha i suoi appassionati… Ma lei di cosa ha bisogno per realizzare i suoi progetti? «La mia è un’arte ecologica, in quanto si usano materiali di risulta, come le piastrelle di ceramica tolte di opera e destinate allo smaltimento nelle discariche; questo è senz’altro uno dei motivi per cui mi sono appassionata a quest’arte: perché a me piace dare vita alle cose, in questo caso una nuova vita. Nella sostanza poi, per realizzare le mie opere, mi occorrono tre cose: le piastrelle di ceramica, un disegno e, soprattutto, un posto dove realizzarlo. Infatti uno dei miei primi lavori è stato adornare le mura dei locali dell’azienda agricola di famiglia». Usa solo ceramica? «No, anche terracotta e vetro; ma lavoro con materiale omogeneo, non mi piace mischiarli, almeno

per il momento. Magari in futuro mi appassionerò a qualche altro materiale, come il ferro, oppure adotterò tecniche miste». Perché non si dedica al mosaico classico? «Lo trovo troppo ‘impostato’ per i miei gusti, quasi fosse una specialità completamente diversa. Anche io devo lavorare le piastrelle per dargli la forma voluta ma, rispetto al mosaico classico, sento di aver più strade da seguire per raggiungere lo scopo. Trovo la mia tecnica più adatta a me, più facile per me». Il corso le basta per sviluppare la sua arte? «No. Sto valutando di creare un’associazione artistico culturale, ma ho bisogno di soci, sempre difficili da trovare sia per le capacità che per la disponibilità. E queste difficoltà mi obbligano alla ricerca di altre fonti di interesse e di reddito». Come recitava Jennifer Beals in ‘Flashdance’: “Bisogna pur vivere, prima di diventare famosi”… «Di questi tempi è difficile garantirsi un reddito con l’arte. Nessun tipo di lavoro mi spaventa, ma non sto pensando di fare la saldatrice come la protagonista del film… Però ammetto che sto pensando di affiancare al mosaico un’altra attività». Quale? «Può sembrare strano, ma il pallino dello sport è rimasto sempre vivo in me. Nell’ultimo periodo si è addirittura ingigantito. Sono tornata ad allenarmi con una certa regolarità e tenterò di prendere i brevetti di istruttore di fitness. E poi chissà che sarà...» Concludo porgendo il mio ‘in bocca al lupo’ a Elisa Brotto, ma stavolta voglio aggiungere qualcosa ai soliti auguri. Voglio fare il ‘balavedristico’, il veggente: io me lo vedo già il palazzetto dello sport di Monfalcone adorno di un suo bellissimo mosaico raffigurante l’Ercole Farnese. Michele D’Urso |

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PERSONAGGI

DINO PIU Intervista di Andrea Doncovio. Immagini di Claudio Pizzin

Il cantore

del Friuli

In cinquant’anni di passione musicale ha raccontato aneddoti della sua Gonars e descritto la nostra gente con affettuosa ironia e con arguto garbo. Il tutto rigorosamente in lingua friulana.

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Il titolo del suo ultimo cd, uscito a inizio aprile, sintetizza meglio di ogni descrizione l’essenza stessa di Dino Chitare, ovvero Dino Piu, cantautore di Gonars che a 69 anni sta vivendo una seconda giovinezza, impegnato con la propria musica a diffondere la cultura friulana, sostenendo anche progetti di volontariato e di finalità sociale. Un percorso che lo ha recentemente condotto fino a Londra, dove ha potuto incontrare numerosi giovani friulani emigrati per studio o per lavoro, ma con un legame ancora molto forte verso la propria terra d’origine. Dino Piu, la musica e la lingua friulana. Un connubio nato quando? «Quando avevo 16 anni ho iniziato a cantare nel Coro “Tite Grison” di Gonars, amando le villotte friulane di Tita Marzuttini. Lì ho sentito subito una grande passione per le canzoni in lingua friulana». La passione per la musica invece quando ha iniziato a prendere piede?

«Praticamente in contemporanea. Sempre all’età di 16 anni ho comprato la mia prima chitarra e con lei tutto è iniziato». La scelta di cantare in friulano, invece, come si è sviluppata? «In gioventù già scrivevo in friulano con una certa ironia sui fatti della gente di Gonars. Utilizzare il friulano per trasmettere quello che volevo raccontare è stata così una scelta praticamente naturale». E la risposta del pubblico come fu? «Le parole che mettevo in musica si contraddistinsero subito per la marcata vena provocatoria ma mai offensiva. Il pubblico ha accettato fin da principio quest’ironia. Certo, non sono mancate alcune simpatiche contestazioni…» Attraverso la sua musica e le sue canzoni, che messaggi vuole trasmettere Dino Piu? «Io desidero narrare le storie della mia gente, del paese e del Friuli, inviando messaggi d’amore ma mantenendo sempre una nota ironica che contraddistingue i testi delle mie canzoni». “Dino Chitare” – come viene soprannominato – da cinquant’anni è un narratore della sua terra e delle sue genti. Sia la prima che le seconde, a suo avviso, come sono cambiati durante questo arco temporale? «Eh, a je gambiade un grun! A scuele ti dave il mestri, in glesie ti dave il predi e ancje il muini, se dopo Di fianco, Dino Piu con la sua band. In apertura un primo piano di Dino Piu.

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in cjase a vegnivin a savelu ti onzevin ancje i genitors! Vue invezit prove disi alc a un frut… (È cambiato tutto completamente! A scuola te le dava il maestro, in chiesa te le dava il prete e il sacrestano, se poi a casa venivano a saperlo ti ungevano anche i genitori. Oggi invece prova solo a dire qualcosa a un ragazzo…)». Attraverso la sua musica Dino Piu persegue anche finalità solidali. «Tramite l’associazione di promozione sociale Fûr Timp è stato realizzato un disco con la raccolta delle mie canzoni. In poco più di un mese abbiamo venduto mille copie. Tutto il ricavato è stato devoluto in beneficienza, nello specifico all’asilo parrocchiale di Gonars». Non solo Friuli, ma anche Friulani all’estero: lo scorso novembre si è esibito al Fogolâr Furlan di Londra in occasione del Wine Festival. Qual è il legame dei Friulani d’Inghilterra con la loro terra d’origine? «I ragazzi friulani accorsi al Fogolâr Furlan hanno partecipato numerosi e orgogliosi della loro friulanità. Parlavano tutti in friulano. L’unico invito che posso rivolgere loro è quello di continuare così». A tal proposito, nel mondo globalizzato che usa l’inglese come lingua franca, secondo lei che ruolo possono ricoprire le lingue minoritarie come il Friulano, in particolare proprio tra i giovani? «Il Friulano è un segno distintivo e di appartenenza che lega al Friuli, alle sue tradizioni e ai valori della famiglia friulana. Un ruolo importante, quindi». Torniamo alla musica: delle sue canzoni, a quale è più affezionato? «Sono affezionato un po’ a tutte, ma in particolare alla canzone Madunute da Plazute, perché a fevele da mame dal Signor (perché parla della mamma del Signore)». Il suo ultimo cd musicale si intitola “Nissun sa a cui che i tocje (Nessuno sa a chi gli tocca, ndr)”: come mai questa scelta? «Questa frase è inclusa in uno dei pezzi del nuovo disco. Rappresenta la filosofia del cantastorie, si parla dell’ironia della sorte. È un po’ la storia della vita». Dino Piu che rapporto ha con i componenti della sua band? «I ragazzi della band – e dico ragazzi perché sono molto più giovani di me – sono sensibili e molto preparati. Il nostro è un rapporto amichevole. Basti pensare che le prove le facciamo direttamente durante le serate…» La vostra attività musicale è patrocinata e sostenuta anche dall’Università di Udine, dalla Regione, dall’ARLeF e dalla Filologica: che significato ha per voi l’apporto delle istituzioni? «Il loro apporto è una conferma della validità del progetto, importantissimo durante le presentazioni ufficiali, soprattutto all’estero». A 69 anni Dino Piu canta e suona con passione indomita. Ci sono altri obiettivi per il futuro? «Obiettivi? In questo caso la risposta è facile: “Nissun sa a cui che i tocje”…» Andrea Doncovio

L’associazione Fûr Timp di Gonars è un ente di promozione sociale che promuove la diffusione e la conservazione della lingua e della cultura friulane che per riuscire nel suo intento ha deciso di usare un veicolo ben preciso: la musica scritta e interpretata dal cantautore gonarese Dino Piu, geniale e bizzarro, simpatico e sregolato quanto basta (secondo le migliori tradizioni degli artisti). Così, con il patrocinio dell’Università degli Studi di Udine e Agenzia PromoTurismo FVG nonché con il patrocinio e la collaborazione dell’ARLeF e della Società Filologica Friulana, l’Associazione ha prodotto due raccolte musicali-culturali che narrano fatti, eventi, personaggi e spaccati di vita vissuta tra i borghi del Friuli, raccontando, in musica, aneddoti e consuetudini paesane, riproponendo l’antica tradizione del cantastorie e conservando in un unico documento cultura, tradizioni, consuetudini di vita e idioma caratteristico di un popolo. I CD musicali prodotti dall’associazione Fûr Timp non sono un prodotto commerciale, ma vengono diffusi gratuitamente e contribuiscono a una raccolta fondi le cui offerte vengono utilizzate per lo svolgimento di attività solidaristiche e devolute in beneficenza. Il CD Nissun sa a cui che i tocje è stato presentato dall’autore Dino Piu con la sua Band in anteprima lo scorso novembre presso il Fogolâr Furlan di Londra, in occasione del Wine Festival, con un concerto dal vivo, iniziato con una ouverture in inglese sulle note di “It’s a long way to Tipperary” dedicata a Her Majesty the Queen “le Reìne Elisabete”, proseguita con parole in friulano. Sono seguite melodie con parole sempre in marilenghe. Info: www.dinopiu.com. |

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F I G L I D I U N O S P O R T M I N O R E o v v e r o , s a r a n n o ( s t a t i ) q u a s i f a m o s i !

Cazzuola e bicicletta Oggi, quando si pensa allo sport si pensa al professionismo, ai soldi, al successo, ma non è stato sempre così. Valter Candusso, nativo delle colline moreniche friulane, Pers di Majano per la precisione, classe 1945, è un eroe di quei tempi, di quando lo sport significava soprattutto gioia di muoversi. «Sono sempre stato molto attivo – racconta l’interessato –magari si potrebbe pensare che ciò derivi dal mio segno zodiacale, ma mia madre, invece, diceva che sono così perché sono nato il giorno in cui è saltata in aria la polveriera di Osoppo».

Effettivamente lei, anche se per pochi mesi, è un figlio della guerra… «Miseria nera, diciamolo. O si comprava il cibo o si comprava altro; anche un pantalone nuovo impegnava una rinuncia all’alimentazione. Quando chiesi a mio papà se mi comprava la bicicletta lui, mortificato, rispose: “Mi dispiace figlio mio, ma ho appena comprato la bicicletta per tua sorella che così può andare a lavorare”». Quanti anni aveva quando fece questa richiesta? «Sedici, e lavoravo già da tre anni a tempo pieno come muratore. Le paghe erano basse, per racimolare qualcosa in più dovevi praticare il ‘cottimo’, forma di lavoro che poi è divenuta fuori legge. Per questo a diciannove anni emigrai in Germania, a Monaco di Baviera. Lì, come oggi d’altronde, i lavoratori sono trattati meglio». Però lei è anche un emigrante di ritorno... «La Germania è la mia seconda patria perché mia moglie Traudi è di Monaco. L’ho conosciuta durante il lavoro: lei era disegnatrice edile e quindi posso dire che non mi sento estraneo da nessuna parte. Tornare a vivere in Italia è stata una scelta, forse sbagliata o anche no, ma pur sempre una scelta; nessun obbligo». 74

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Torniamo alle due ruote, quando ha cominciato a correre in bici? «Da ragazzo, non possedendo una bici, usavo quella di mia madre per fare le corse con gli amici e giocavo a pallone, perché lì potevi anche senza scarpe. In Germania giocavo a calcio nella squadra degli emigranti, la TSV Italia, che era al livello della vecchia Serie C italiana. Però partecipavamo al campionato tedesco, quindi quando venimmo a giocare a Monfalcone in una sfida internazionale eravamo stranieri... Ho cominciato a correre in bicicletta dopo il matrimonio, quando siamo venuti ad abitare a Pers, per una esplicita richiesta di mia moglie». A sua moglie piace il ciclismo? «Non proprio; trova il calcio un mondo di ‘sostenuti’, specialmente per come lo intendiamo noi italiani, mentre a lei piace molto la gente umile, che non ostenta nulla. La sincerità è una delle sue qualità; una delle tante che mi ha fatto innamorare di lei. Come la generosità, ad esempio: dopo il terremoto, mio cognato, il fratello di Traudi, raccolse assieme a lei dei fondi per poter costruire una casa a chi era rimasto senza». Il vostro è stato un classico ‘colpo di fulmine’? «In un certo senso sì, ma solo grazie a un amico-collega tedesco, un certo Maximilian, che fece da cupido, riuscii a fidanzarmi con lei. Verso noi emigranti c’era un po’ di avversione, in tanti casi anche giustificata, ma alla fine il 24 maggio del 1969 ci siamo sposati e la sua unica richiesta per venire a vivere in Friuli è stata questa: “Valter, va ben tutto, ma in Italia smetti di giocare a pallone”». All’amor non si comanda… «All’amore si obbedisce. Visto che facevo sempre il muratore e che lavoravo tanto, sempre con quel metodo ‘poco legale’, rinunciando alla paga, il giovedì decisi di lavorare solo mezza giornata per allenarmi, mentre la domenica gareggiavo». Solo un allenamento a settimana? «La domenica vincevo lo stesso... In paese fondammo il Gruppo Sportivo Pers e cominciammo a gareggiare tutte le domeniche; poi, per dissapori interni, venne fondato il Friul Stella Pers e continuammo avanti. Si correva nei Dilettanti; io ci davo dentro al massimo, tanto che nel 1974 venni convocato nella Nazionale Italiana Dilettanti per partecipare al Giro di Serbia». Non aveva ancora trent’anni. «Quella fu la mia ‘opera omnia’. Ne conservo un ricordo molto forte. Erano dieci tappe di circa 160 km giornalieri, e faceva così caldo che l’a-


Pagina accanto, Valter Candusso in testa al gruppo durante una gara; qui sopra a sinistra Candusso beffato al traguardo durante una volata; a destra Candusso assieme ai ciclisti del Gruppo Sportivo Tarcento.

sfalto si attaccava ai tubolari. Alla fine delle tappe crollavo sulla brandina da campo, perché si dormiva in tenda e non in hotel come i professionisti; gli altri componenti della Nazionale mi prendevano in giro perché prendevo subito sonno. Ma io ero distrutto; in una tappa avevo addirittura perso la borraccia e non ero bravo come loro a farmi da solo le flebo per recuperare la fatica». Flebo? «Sì, ma niente di illegale. Almeno così dicevano loro». Non mi dica di non avere mai pensato che quello non fosse doping… «A me non interessava e tanto bastava. Qualcuno mi chiedeva cosa prendessi per andare così forte, e quando rispondevo che portavo con me solo i Pavesini con la marmellata preparati da mia moglie ci rimanevano male… Ma era la verità! I Pavesini si sciolgono facilmente, così non avevo bisogno di bere litri di acqua». Se il giovedì pioveva, come si allenava? «D’inverno praticavo anche tanto ciclocross. Se poi proprio nevicava facevo qualcosa sui rulli. Non mi interessava solo il ciclismo: ad esempio ho anche provato con la scultura e la pittura, ottenendo qualche risultato». Ha tenuto qualche mostra dei suoi lavori? «Sì, ho esposto dei miei quadri». Torniamo al ciclismo, che fino al 2000 l’ha vista protagonista con la conquista di vari titoli regionali e partecipazioni a classiche dilettantistiche come la Settimana Bergamasca… «Oggi si chiama Settimana Lombarda ed è aperta anche ai professionisti, mentre una volta era solo per dilettanti. C’era ugualmente gente fortissima, che vedevi in televisione lottare contro Merckx e Gimondi. E io, per la curiosità di vederli dal vivo, ero costretto a fare una gara nella gara per stare alla loro ruota». Oltre a quelli dei campioni, alla memoria salgono anche i nomi di gregari con le gambe d’acciaio, come Adorni e Bitossi.

«In qualche modo li ho incrociati tutti. Quando Moser vinse la Coppa a San Daniele del Friuli, io ero nel gruppo; però ero l’unico ad aver lasciato il cantiere alle 15 ed essere salito in sella». Dopo tante battaglie è arrivata anche la pensione… «Non mi pareva vero: 43 anni di lavoro. Al mattino dovevo pizzicarmi il volto e ricordarmi che non dovevo correre a lavorare, che potevo andare in bici, a ballare con la moglie, a giocare a briscola al bar del paese. Poi, proprio dopo una notte di danze sfrenate, è arrivato il signor ‘Ictus’ e il mio lato sinistro si è paralizzato. Potrei tentare di fare qualche giro con un triciclo, ma è troppo pericoloso e ancora non ci sono tante ciclabili vicino a casa. Ma la mia passione è sempre lei, la bicicletta e gli amici che mi ha fatto conoscere. Tanti ragazzi austriaci correvano con il nostro gruppo sportivo e ancora oggi vengono a trovarmi e a portarmi qualche buona birra». Così si spiega anche la mostra dei quadri. «Sono nato con la cazzuola in mano per cui ho solo cambiato strumento. Dipingere mi dà una pace che mi fa sopportare la malattia, mi fa conoscere mondi nuovi. La scultura invece l’ho dovuta abbandonare perché la Camusso, la mia mano sinistra, non vuole sentirne di funzionare». Non le manca certo l’ironia… «Ho avuto tanto; una moglie che mi ama e due figli stupendi, Stefan e Maximilian». Una vita piena la sua, perché nonostante le avversità, dalla povertà alla malattia, non si può certo dire che siano mancati i successi. «Effettivamente, il giorno in cui saltò in aria la Polveriera di Osoppo, io c’ero!» Chiunque voglia segnalare “un mito della porta accanto”, può scrivere alla redazione di iMagazine:  info@imagazine.it |

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chef…ame!

Carbonara di pesche e pancetta Ricetta del Maestro di Cucina Germano Pontoni

Preparazione Sbucciare 2 pesche nettarine, tagliarle a metà e togliere il nocciolo. Tagliarle quindi a bastoncini simili a fiammiferi di legno. Srotolare la pancetta e tagliarle a strisce di 2-3 mm. Mettere i tuorli d’uovo in una scodella, aggiungere il Grana e il latte, quindi sbattere con una forchetta. Cuocere la pasta molto al dente in acqua salata; in una padella larga far soffriggere leggermente la pancetta con l’olio. Scolare gli spaghetti (tenere una tazza di acqua di cottura) e versarli nella padella con la pancetta. Con l’acqua tenuta da parte portare la pasta alla cottura ottimale ben legata. Aggiungere il preparato di uova e mescolare fino a cremare. Aggiungere quindi i bastoncini di pesca e mescolare delicatamente. Impiattare e, successivamente, macinare sopra il pepe rosa. Guarnire con fette di pesca e foglie di maggiorana fresca, quindi servire ben caldo.

Ingredienti per 4 persone - 350 gr di spaghetti n° 5 - 3 pesche nettarine non troppo mature - 80 gr di pancetta arrotolata stagionata di Fagagna (tagliata in 5 fette) - 2 tuorli d’uovo - mezzo bicchiere di latte - 50 gr di Grana grattugiato - 2 cucchiai di olio extravergine di oliva - sale - pepe rosa macinato al momento - per guarnire foglie di maggiorana fresca

Le pesche in cucina Molteplici sono le tipologie di pesche che vengono prodotte in Italia con varietà sempre più ricercate per un mercato in continua evoluzione, essendo un prodotto con durata limitata e in buona parte con varietà adatte a essere veicolate per la trasformazione di confetture, marmellate, sciroppate, in composta o in macedonia. La località friulana di Fiumicello, che vanta con lo storiografo Pietro Martinis una ricerca databile all’inizio del secolo scorso con le varietà Iris rosso (di polpa bianca con leggere venature rosse), Triestina (sempre a polpa bianca con venature rosse più marcate, con polpa soda quanto basta e fondente) e Isontina (a polpa gialla mediamente soda), vede tra i suoi produttori una continua ricerca innovativa per varietà che mantengano inalterato il fine associativo di ottenere una pesca da consumo veloce, in quanto viene raccolta a giusta maturazione per garantirne il profumo e il sapore originali. Da segnalare le varietà precoci come le Springlady, Flavor grest, Royal Glory o le tardive Elegant Lady, senza dimenticare le Red Moon e Spring

Bells, varietà che hanno ottenuto ottimi piazzamenti nel Concorso Regionale che si tiene a luglio. Le statistiche però riconoscono nelle Nettarine la Big top oramai conosciuta da un ventennio, sebbene anche la Antares, la Orion, la Cawea stanno registrando un cre- Germano Pontoni Maestro di Cucina scendo di notorietà. Cell: 347 3491310 Le nettarine godono Mail: germanoca@libero.it di un ottimo futuro legato al consumo giovane: con una buccia sottile (pelle), liscia e dalla polpa succosa, alcune varietà a pasta gialla si prestano a preparazioni in cucina: non solo dolci o dessert, ma anche salate con ricette creative abbinate a ortaggi, carni e perfino pesce. |

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Centro Benessere Dentale di Gradisca d’Isonzo

I nostri servizi - IGIENE DENTALE: PREVENZIONE, PULIZIA DEI DENTI - CONSERVATIVA: OTTURAZIONE, CURA DELLA CARIE - ENDODONZIA: CURA DEI CANALI RADICOLARI DEI DENTI - PEDODONZIA: LE CURE PER I DENTINI DEI PIÙ PICCOLI - SBIANCAMENTO DENTALE: PER UN SORRISO SICURO ED EFFICACE

- ORTODONZIA CONSERVATIVA ED ESTETICA: RIALLINEAMENTO DEI DENTI; APPARECCHIO INVISIBILE

- PARODONTOLOGIA: CURA DELLA PIORREA - PROTESICA FUNZIONALE ED ESTETICA: PROTESI DENTALI FISSE E MOBILI ► IMPLANTOLOGIA – IMPLANTOLOGIA A CARICO IMMEDIATO: SOLUZIONE FISSA PER L’EDENTULISMO - CHIRURGIA AVANZATA: TECNICHE SPECIALIZZATE DI INTERVENTO ORALE Centro Benessere Dentale - A Gradisca d’Isonzo (GO) in Viale Trieste, 34 Tel./Fax: 0481 969739, cell.: 333/3213683 - A Trieste in Via Erta di Sant’Anna, 12 Tel.: 040/8320830 - A Cavalicco di Tavagnacco (UD) in Via San Bernardo, 30/5 Tel.: 0432/570995 E-mail: info@centrobenesseredentale.it Sito: www.centrobenesseredentale.it

Direttore Sanitario Dott. Nicola Greco

DOTT. ALESSANDRO, COSA SI INTENDE PER TRATTAMENTO ENDODONTICO? La terapia endodontica, più comunemente chiamata devitalizzazione, è un processo che comporta la rimozione del nervo, il tessuto molle composto da Dott. Alessandro Poiani vasi sanguigni e nervi all’interno del dente e dei canali radicolari. Viene dunque rimosso il tessuto pulpare sia a livello della corona che delle radici. Dopo una piccola radiografia digitale, che permette di diagnosticare e attestare la condizione iniziale del dente prima del trattamento, si procede con l’anestesia locale e l’apertura della cavità di accesso, quindi con la rimozione della porzione di dente che copre la polpa fino ad arrivare ai canali, che attraversano la radice in tutta la sua lunghezza. QUANDO DIVENTA INDISPENSABILE PROCEDERE CON TALE TRATTAMENTO? Tale trattamento diviene indispensabile ed inevitabile quando una carie non viene presa e curata in tempo. L’evento cariogeno evolvendosi va in profondità, dove la contaminazione batterica provoca una forte infiammazione ed infezione. La polpa viene così esposta e ha inizio il fastidioso mal di denti, che dura fino a quando resta viva. In seguito, dopo aver fatto male per un periodo più o meno lungo, essa va in necrosi, quindi muore.


Il dentista? Il mio migliore amico!

Il trattamento endodontico nei dentini da latte ha assunto negli anni sempre più rilievo. Se prima si procedeva con una semplice otturazione provvisoria o addirittura con l’estrazione del dente gravemente cariato, ora si capisce l’importanza che ricopre il suo mantenimento all’interno dell’arcata per non alterare gli spazi di eruzione e permettere una corretta permuta del permanente. Inoltre è importante che il dente deciduo resti in bocca tutto il tempo necessario per non

perdere una buona funzione masticatoria, fonatoria, deglutitoria ed infine, non meno importante, estetica. è giusto dunque attuare le procedure atte a salvare e curare il dente del bambino permettendogli la sua permanenza nel cavo orale, e salvaguardando così l’insorgere di problematiche legate alla sua precoce perdita. Tuttavia, quando questo non è davvero possibile, per scongiurare possibili problemi una volta estratto il dentino deve essere presa in considerazione la possibilità di applicare un mantenitore di spazio, che aiuta e permette di ridurre al minimo lo spostamento dei denti e preserva lo spazio per l’eruzione dei permanenti corrispondenti.

DOTT. ALESSANDRO, IN QUANTE FASI SI ARTICOLA LA TERAPIA ENDODONTICA? La cura canalare comporta vari passaggi, tutti molto importanti e ciascuno propedeutico al successivo. Ancor prima dell’apertura del dente è necessario assicurarsi che il campo operativo sia ben isolato; per questo motivo talvolta vi è anche una piccola ricostruzione del dente prima del trattamento, se la corona è gravemente danneggiata. In seguito l’odontoiatra metterà un ulteriore supporto di isolamento mediante l’uso della diga, un telo di gomma teso da un archetto in metallo e tenuto intorno al dente grazie ad un uncino. Dopo questi accorgimenti l’endodonzista inizierà la cura vera e propria, che consiste nella ricerca dei canali (i quali variano da 1 a 4 a seconda del dente). Verrà loro misurata la lunghezza, verranno strumentati, quindi ripuliti dal residuo di pol-

pa, ed infine lavati con un antisettico per eliminare tutti i batteri. La nostra esperienza al vostro servizio! Dopo la pulizia ed un’otturazione provvisoria si passa alla ricostruzione integrale della corona del dente, grazie ad un perno in fibra di vetro che viene cementato all’interno del canale radicolare; il materiale di cui è composto ricorda l’elasticità della dentina: questo permette un carico masticatorio ottimale ed evita che il dente ricostruito si fratturi. Infatti, in seguito alla rimozione della polpa esso diviene più fragile, e incline alla rottura, poiché perdendo la sua naturale elasticità il dente non più vitale diviene più arido. Grazie alla devitalizzazione è dunque possibile, in seguito, ottenere il totale recupero dell’elemento ed inoltre la possibilità di un suo reinserimento nell’arcata dentaria grazie ad un opportuno intervento protesico.

L’endodonzia nei denti decidui..

Lo sapevi che...

La cura dei canali radicolari dei denti è talvolta l’unica alternativa all’estrazione. Per questo motivo è molto importante che essa sia il più possibile accurata e precisa. Talvolta tuttavia può capitare che nonostante tutto la terapia endodontica vada ripetuta. Questo procedimento prende il nome di ritrattamento.

Un mezzo moderno ed efficace per tenere sotto controllo la devitalizzazione di un dente sono le radiografie digitali ad uso odontoiatrico, oramai innocue nella loro esecuzione ma piuttosto utili e vantaggiose per quanto riguarda un corretto trattamento endodontico e la sua conservazione nel tempo.


I tuoi eventi su iMagazine!

FOLKLORE

Visita il sito www.imagazine.it, entra nella sezione eventi e segnala direttamente on line le tue iniziative.

Legenda Caffetteria

Afterhour

Birreria

Eventi a tema

Enoteca

Sale convegni

Special drinks

Musica dal vivo/karaoke

Stuzzicheria

Musica da ballo

Vegetariano/biologico/regimi

Happy hour

Cucina carne

Giochi

Cucina pesce

Internet point

Paninoteca

TV satellitare/digitale

Pizza

Giochi e spazi per bambini

Gelateria

Pernottamento

Catering

Buoni pasto

Organizzazione feste

Parcheggio

13-17 luglio ▶ Mostra Regionale delle Pesche

Concerti, spettacoli e degustazioni per cinque giorni dedicati alla Pesca di Fiumicello. Sabato e lunedì estrazioni della tombola, domenica live dei Tiromancino. Fiumicello (UD). Info: www.comune.fiumicello. ud.it

ristorante

Il range di prezzo indicato (ove applicabile) si riferisce al costo medio di un pasto, escluse bevande alcoliche. I dati segnalati sono stati forniti direttamente dal Gestore del locale. Qualora doveste verificare delle discordanze, Vi invitiamo a segnalarcelo.

21-23 luglio ▶ Festa della Sedia

Per un intero fine settimana in programma eventi culturali e spettacoli. Non mancheranno i chioschi gastronomici e momenti di intrattenimento. Manzano (UD). Info: www.prolocomanzano. ud.it

ristorante

e inoltre... 5-6/11-15 agosto ▶ Sagre d’Avòst

Specialità a base di gamberi di fiume. Bagnaria Arsa (UD). Località Castions delle Mura. Info: 0432 996387

7 agosto ▶ Festival del Folklore

Esibizione e spettacolo di gruppi folklorici. Aviano (PN). Piancavallo. Info: www.prolocopiancavallo.it


scopri tutti gli eventi in regione su www.imagazine.it

Pub

Degustazioni di specialità a base di frutti di bosco ma anche forniti chioschi gastronomici per tutti i gusti. In programma spettacoli, concerti ed escursioni. Trasaghis (UD). Località Avasinis. Info: www. prolocoavasinis.org

trattoria

12-15 agosto ▶ Festa del Lampone e del Mirtillo

agriturismo

25 agosto – 4 settembre ▶ Sagra de le Raze

Due settimane di concerti, sport, spettacoli e appuntamenti culturali. Immancabili degustazioni della protagonista principale: l’anatra muta. Staranzano (GO). Info: www.sagradeleraze.it

12-13 agosto ▶ Festa dell’Arrotino

Prodotti tipici e artigianali della Val Resia. Resia (UD). Località Stolvizza. Info: www.vivistolvizza.org

20 agosto ▶ Sagra dei Osei

Il più antico evento del suo genere in Italia. Sacile (PN). Info: www.prosacile.com


L I V E

M U S I C

20-22 luglio ▶ Onde Mediterranee Festival

Tre giorni di grande musica con i concerti di Samuel, Niccolò Fabi e Max Gazzé. Nei pomeriggi previsti anche incontri culturali. Cervignano del Friuli (UD). Parco Europa. Ore 21.30. Info: www.ondemediterranee.it

25 luglio ▶ Sting

“57th & 9th World Tour”, con gli special guest The Last Bandoleros e Joe Sumner. Concerto evento nell’ambito di Mittelfest. Cividale del Friuli (UD). Parco della Lesa. Ore 21. Info: www.azalea.it

e inoltre... 22 luglio ▶ Litfiba

Nell’ambito del Festival di Majano. Majano (UD). Area Concerti. Ore 21.30. Info: www.azalea.it

27 luglio ▶ Fiorella Mannoia

Combattente il tour. Udine. Castello. Ore 21.30. Info: www.azalea.it 82

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31 luglio ▶ Ezio Bosso

I brani, dalla forte carica empatica, rappresentano un percorso metanarrativo dello stesso Bosso. Sono storie di stanze, che rivelano da dove egli proviene. Codroipo (UD). Villa Manin di Passariano. Ore 21.30. Info: www.azalea.it

22 agosto ▶ NEK

Oltre ai nuovi brani del suo ultimo lavoro discografico “Unici”, NEK proporrà le grandi canzoni che hanno segnato la sua carriera. Lignano Sabbiadoro (UD). Arena Alpea Adria. Ore 21.30. Info: www.azalea.it

28 luglio ▶ Jess Stone

Unica data italiana. Tarvisio (UD). Piazza Unità. Ore 21.15. Info: www.azalea.it

23 agosto ▶ Trivium

Unica data italiana. Gradisca d’Isonzo (GO). Parco del Castello. Ore 21.30. Info: www.azalea.it


CLASSIC ARTS

28 luglio

▶ Gianluca Impastato

Direttamente da Colorado Caffè una serata ad alto tasso di comicità con alcune delle gag diventate ormai celebri sul piccolo schermo e pronte a divertire il pubblico. Cervignano del Friuli (UD). Parco Europa. Ore 20.30. Info: www.prolococervignano.it

31 luglio

▶ Ale & Franz

I due artisti sul palco interagiscono con il pubblico rispondendo a domande e curiosità, facendo scoprire come nascono e come vivono i loro personaggi più celebri. Lignano Sabbiadoro (UD). Beach Arena. Ore 21.30. Info: www.azalea.it

e inoltre... 6-9 luglio ▶ La vedova allegra

Operetta. Trieste. Politeama Rossetti. Ore 20.30 (9/7 ore 17.30). Info: www.ilrossetti.com

19 luglio ▶ Concerto sinfonico

Con l’Orchestra della Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste. Trieste. Castello di San Giusto. Ore 21. Info: www.teatroverdi-trieste.com 84

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w w w.imag azine.i t

31 luglio

▶ L’anno che verrà

Serata evento dedicata a Lucio Dalla. Ospite testimonial dell’evento sarà la cantautrice Mariella Nava. Coinvolti sul palco numerosi artisti locali. Grado (GO). Diga Nazario Sauro. Ore 21.15. Info: www.imagazine.it

2 agosto

▶Orcolat ‘76

Simone Cristicchi accompagnato dal Coro del Friuli Venezia Giulia e dalla Mitteleuropa Orchestra porta in scena il progetto dedicato al ricordo del sisma che sconvolse il Friuli nel 1976. Lignano Sabbiadoro (UD). Arena Alpe Adria. Ore 21.30. Info: www.azalea.it

24 luglio ▶ The Wind

Con la Zerorchestra e l’Accademia d’Archi Arrigoni. Pordenone. Teatro Verdi. Ore 21. Info: www.comunalegiuseppeverdi.it

25-26 luglio ▶ Nessun dorma

Concerto Lirico a lume di candela. Udine. Piazzale del Castello. Ore 21. 15. Info: www.filarmonia.it


S PO R T

15-16 luglio ▶ International Beach Rugby

Squadre provenienti dall’Europa (per il titolo continentale) e da Fiji, Nuova Zelanda, USA e Iran per una sorta di Mundialito del beach rugby. Lignano Sabbiadoro (UD). Beach Arena. Info: 339 3625317

23 luglio ▶ Lussari Mountain Bike

Gara internazionale di Mountain Bike nello scenario suggestivo del Monte Lussari. In programma anche la 20^ edizione del memorial “Il Barba”. Tarvisio (UD). Località Camporosso. Info: www.pedaletarvisiano.org

e inoltre... 14-16 luglio ▶ Ultracycling Tre Confini

540 km con 11.500 mt di dislivello tra Italia, Carinzia e Slovenia. Gemona del Friuli (UD). Info: www.ultracycling3confini.com

14-16 luglio ▶ Frassinoro Summer Biathlon Festival

Unica kermesse italiana dedicata al biathlon estivo. Forni Avoltri (UD). Loc. Piani di Luzza. Info: www.turismofvg.it 86

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20 agosto ▶ Staffetta 3 Rifugi

Gara internazionale di corsa in montagna a squadre di tre elementi ciascuna. Si toccheranno i rifugi Marinelli, Lambertenghi-Romanin e Tolazzi. Forni Avoltri (UD). Località Collina. Info: www.3rifugi. com

27 agosto ▶ Aquatic Runner Border Lagoon

Mezza maratona da compiere a nuoto (5 km) e correndo (23 km) tra le 5 isole che separano Grado da Lignano Sabbiadoro, attraversando la Laguna di Marano Lagunare. Grado (GO) Info: www.aquaticrunner.com

21-22 luglio ▶ Rally del Piancavallo

31^ edizione. Aviano (PN). Località Piancavallo. Info: www.rallypiancavallo.it

27 agosto ▶ SkyRace Dolomiti Friulane

Evento podistico internazionale. Forni di Sopra (UD). Info: www.for-adventure.it L’INFORMAFREEMAGAZINE

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MEETING

13-19 luglio ▶ Premio Amidei

37^ edizione del premio internazionale alla miglior sceneggiatura cinematografica. Spazio speciale dedicato a folclore e credenze nel cinema italiano indipendente. Gorizia. Info: www.amidei.com

15-25 luglio ▶ Mittelfest

Ventiseiesima edizione del festival multidisciplinare di prosa, musica, danza e marionette. Si conclude quest’anno la trilogia degli elementi con focus sull’aria. Cividale del Friuli (UD). Info: www.mittelfest.org

e inoltre... 1-8 luglio ▶ ShorTS

Festival internazionale dei cortometraggi. Trieste. Info: www.maremetraggio.com

7-16 luglio ▶ Stazione di Topolò

Artisti da tutto il mondo a confronto con la molteplice realtà del luogo. Grimacco (UD). Località Topolò. www.stazioneditopolo.it 88

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17-23 luglio ▶ Pordenone Blues Festival

Assaggi di blues attraverso concerti, mostre, proiezioni, conferenze, letture, lezioni di rock’n roll, stage, contest, sfilate… Pordenone. Centro storico. Info: www.pordenonebluesfestival.it

17-20 agosto ▶ Kugy Mountain Festival

Nona edizione della rassegna culturale dedicata al mondo della montagna. In programma proiezioni, incontri con gli autori e spettacoli teatrali. Tarvisio (UD). Info: acquariostudio@gmail.com

26-28 luglio ▶ Aquileia Film Festival

Evento cinematografico dedicato all’archeologia. Aquileia (UD). Piazza Capitolo. Info: www.fondazioneaquileia.it

7 agosto ▶ Voci dei Luoghi

In programma l’omaggio al Premio “Giuseppe Malattia della Vallata”. Barcis (PN). Info: www.barcis.fvg.it


F U O R I

R E G I O N E

T R E V I S O 6-23 luglio

▶SAGRA DI SAN DANIELE Specialità enogastronomiche locali faranno da cornice a manifestazioni sportive, tornei di burraco, concerti live, serate danzanti e passeggiate naturalistiche. Vittorio Veneto. Località Carpesica. Info: 380 3795618 14 luglio – 1 agosto

▶MOSTRA DEI VINI SUPERIORI Nata alla fine degli anni Sessanta per promuovere la produzione del vino dei contadini locali, è diventata punto di riferimento per i produttori del territorio e una delle mostre più importanti nella provincia di Treviso. Fontanelle. Località Vallonto. Info: 348 0335451 20 luglio – 6 agosto

▶SUONI DI MARCA FESTIVAL L’occasione per poter godere dei piaceri del palato, dell’artigianato e della buona musica, immersi in uno storico e pittoresco contesto di mura alberate. Tutto a ingresso gratuito. Treviso. Info: www.suonidimarca.it 22 luglio

▶FESTA DEI POPOLI I gusti e i sapori del mondo allieteranno una serata di musica internazionale. Sarà anche allestito un mercatino di promozione sociale e artigianato etnico. Godego. Info: https://festadeipopoligodego.wordpress.com Fino al 5 agosto

▶ORGANIC MEMORY L’esposizione riunisce artisti internazionali in una riflessione congiunta e sfaccettata sulla memoria collettiva, a partire dai corpi e dalle forme in cui essa si incarna. Treviso. Tra – Cà dei Ricchi. Info: www.trevisoricercaarte.org 25-27 agosto

▶D+ ULTRACYCLING DOLOMITICA Gara ciclistica non stop sul complesso delle Dolomiti. Creata per professionisti e non, in team (staffetta) o in singolo (sia self-supported che con veicolo al seguito). Una delle sfide più dure al mondo. Cison di Valmarino. Info: www.ultracyclingdolomitica.com Fino al 24 settembre

▶LA BELLE EPOQUE L’evento Illustri persuasioni. Capolavori pubblicitari dalla Collezione Salce si articolerà in tre momenti espositivi, organizzati per cronologia: 1. La Belle Epoque, 2. Tra le due guerre, 3. Dal secondo dopoguerra al 1962. Treviso. Museo Nazionale Collezione Salce. Info: www.collezionesalce.beniculturali.it 90

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F U O R I

R E G I O N E

V E N E Z I A 13 luglio

▶FRANCESCO RENGA Nell’ambito del Mirano Summer Festival uno dei cantautori più amati del pubblico italiano presenterà i brani dell’ultimo album “Scriverò il tuo nome”. Mirano. Area Festival. Ore 21.30. Info: www. azalea.it 15-16 luglio

▶FESTA DEL REDENTORE Sabato sera grande spettacolo pirotecnico, mentre domenica le centinaia di imbarcazioni presenti sul Bacino di San Marco si sfideranno nella Regata del Redentore lungo il Canale della Giudecca. Venezia. Info: www.comune.venezia.it Fino al 29 luglio

▶VENEZIA JAZZ FESTIVAL Ventisettesima edizione di uno degli eventi musicali più importanti del Nordest. Tra gli artisti attesi quest’anno spiccano Carmen Consoli, Omar Sosa e Stefano Bollani. Venezia. Luoghi diversi. Info: www.venetojazz.com Fino al 6 agosto

▶IRENE ZUNDEL  OLTRE IL VELO DELL’APPARENZA L’artista messicana, Premio per l’arte alla Biennale del Contemporaneo di Firenze, esporrà alla Biennale l’istallazione “Oltre il velo dell’apparenza”, affiancata da una selezione di suoi altri lavori recenti. Venezia. Centro culturale Don Orione. Info: www.donorione-venezia.it Fino al 7 agosto

▶FACE FOOD FESTIVAL Nel Villaggio del Cibo si susseguiranno appuntamenti dedicati all’enogastronomia di qualità e alla buona musica: spazio quindi a degustazioni e concerti. Venezia. Località Marghera. Info: www.facefoodfestival.it Fino all’8 settembre

▶DO UT DES Sbarca a Venezia la nuova mostra dell’artista boxeur Omar Hassan, nato a Milano e di origini egiziane, che ha conquistato la critica internazionale. Venezia. Chiesa della Misericordia. Info: www.exibart.com Fino al 5 novembre

▶MARIALUISA TADEI. ENDLESSLY Selezione di sculture fra cui numerose inedite, oltre a un nucleo di opere fotografiche e acquarelli su carta. Venezia. Il Giardino Bianco - Art Space. Info: www.marialuisatadei.it L’INFORMAFREEMAGAZINE

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O L T R E

C O N F I N E

C R O A Z I A 13-28 luglio

▶JAZZ IS BACK BP Concerti di alcuni fra i migliori jazzisti croati ed esteri. La scena musicale verrà completata anche dai frequentatori della Scuola estiva di jazz della Gioventù musicale croata. Grisignana. Info: www.jazzisbackbp.com 14-23 luglio

▶PLAVA LAGUNA CROATIA OPEN La tappa istriana del grande tennis internazionale del circuiti ATP, oltre a portare grandi nomi della terra rossa, animerà la città con eventi collaterali sia sportivi che musicali. Umago. Info: www.croatiaopen.hr 15-22 luglio

▶PULA FILM FEST Festival cinematografico più antico in Croazia e uno dei più antichi in Europa. Oltre 73 mila spettatori riempiono l’Arena cittadina e le vie del centro per assistere ai diversi eventi. Pola. Info: www.pulafilmfestival.hr 20-23 luglio

▶FESTIVAL DI DANZA E TEATRO NON VERBALE Punto d’incontro per tutti i professionisti di ballo. In programma danza contemporanea, teatro fisico, mimiche, rappresentazioni circensi, teatro di strada, seminari educativi e laboratori. Sanvincenti. Info: www.svetvincenatfestival.com 28-29 luglio

▶JAKOVLJA Festa popolare e rassegna del bue istriano con cortei e rievocazioni. Previsti anche tornei sportivi e momenti enogastronomici. Canfanaro. Info: info@istria-kanfanar.com 28-30 luglio

▶LEGEND FEST Festival delle leggende, dei miti e delle storie dell’Istria. Ogni giorno rappresentazioni, laboratori e performance lungo le vie della città. Pedena. Info: www.legendfest.hr 11-12 agosto

▶FESTA DELLE COZZE Musica da ballo dal vivo, cozze fresche, appena pescate e altre delizie gastronomiche del territorio per un week end tutto gusto e divertimento. Santa Marina. Info: www.tar-vabriga.com

14 luglio

▶FETE BLANCHE Sulle sponde del lago Woerthersee una serata raffinata per la tradizionale festa in bianco: musica, spettacoli e degustazioni con partecipanti rigorosamente abbigliati in… bianco. Velden. Info: www.feteblanche.at 15 luglio

▶FISCHFEST Tradizionale festa del pesce a Feld am See. Oltre a menu a base di prodotti ittici, in programma anche concerti e appuntamenti ludici riservati ai bambini. Feld am See. Info: www.fischfest.at 15 luglio – 2 settembre

▶FESTIVAL DELLA COMMEDIA Durante l’estate la città di Spittal sulla Drava si dedica interamente all’arte del teatro. Ci si incontra a Castel Porcia per divertirsi con stile e per immergersi nella leggerezza dell’essere. Spittal. Castel Porcia. Info: www.ensembleporcia.at


O L T R E C A R I N Z I A 16 luglio

▶GROSSGLOCKNER BERGLAUF Per gli amanti delle sfide impossibili una delle gare di corsa in montagna più massacranti e difficili: l’ascesa al ghiacciaio del Großglockner. Il percorso è lungo 13 km, con un dislivello di 1494 metri. Heilingenblut. Info: www. grossglocknerberglauf.at 29-30 luglio

▶SPECTACULUM La più bella festa medievale di tutta l’Austria. Nella scenografia suggestiva risorge il medioevo nelle mura della vecchia abbazia, con musici, cavalieri, artisti, artigiani e commercianti d’epoca. Friesach. Info: www.carinzia.at 30 luglio – 6 agosto

▶VILLACHER KIRCHTAG Con oltre 200.000 visitatori, è una delle principali attrazioni dell’estate in Carinzia. Oltre a variopinti costumi tradizionali e alla musica folk, la festa sarà allietata da specialità gastronomiche tra cui la “Kirchtagssuppe”. Villaco. Info: www.villacherkirchtag.at

C O N F I N E S L O V E N I A 1-22 luglio

▶CON UN GRANELLO DI SALE Festival dedicato alla creatività dei bambini, con giochi, laboratori e spettacoli dedicati ai più piccoli e con loro protagonisti principali. Pirano. Info: www.slovenia.info 12-16 luglio

▶MIFF Festival folcloristico internazionale dei paesi del Mediterraneo. Esibizioni di gruppi provenienti da Austria, Ungheria, Croazia, Republica Ceca, Polonia e Slovenia. Pirano e Capodistria. Info: www.slovenia.info 13-16 luglio

▶BIRRA E FIORI Il terzo week end di luglio Lasko diventa la capitale del divertimento in Slovenia, con appuntamenti degustativi della birra locale e numerosi spettacoli collaterali. Lasko. Info: www.pivo-cvetje.si Fino al 14 luglio

▶FESTIVAL BLED Manifestazione musicale a carattere internazionale, con concerti di musica classica e appuntamenti culturali. Focus particolare rivolto ai giovani talenti. Bled. Info: www.festivalbled.com 22-23 luglio

▶FESTA DEL VINO E DELL’AGLIO Nella caratteristica località di Nova Vas, nell’entroterra della Istria slovena, si vivrà un’esperienza culinaria speciale, con degustazioni dei prodotti locali. Nova Vas. Info: www.slovenia.info 23-29 luglio

▶METALDAYS Per gli amanti della musica metal una settimana di concerti ed eventi in uno scenario naturale unico nel suo genere, nel Parco Nazionale delle Alpi Giulie, sulla sponda del Fiume Isonzo. Tolmino. Info: www.metaldays.net 17 agosto – 14 settembre

▶TARTINI FESTIVAL Evento di musica internazionale dedicato al maestro Giuseppe Tartini, piranese di nascita. Anche quest’anno sono attesi eminenti musicisti di fama mondiale. Pirano. Info: www.tartinifestival.org


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ONDATE DI CALORE, ARRIVA IL MONITORAGGIO TELEFONICO

Avviata la campagna preventiva da parte della Regione per controllare lo stato di salute dei soggetti fragili in caso di elevate temperature estive.

Telefonando al numero 0434 223522, selezionando l’opzione n. 3, ogni giorno dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 18 (costo di una chiamata urbana del proprio operatore) si possono ricevere consigli sui corretti comportamenti da tenere in caso di ondate di calore nonché informazioni sulla rete dei servizi sociosanitari. In occasione di ondate di calore (che indica un periodo prolungato caratterizzato da temperature elevate, al di sopra dei valori usuali, accompagnato da una elevata umidità, che impedisce la regolare sudorazione) vi può essere un aumento di malori e quindi di rischi per la salute. In particolare sono più esposti gli anziani, i bambini e i soggetti con patologie cardiovascolari, respiratorie, obesi, o con disturbi mentali o con dipendenze da alcol e droghe. In collaborazione con ARPA FVG - OSMER sono stati individuati degli indici, validati a livello internazionale, che, in base al valore della temperatura, umidità e percezione del caldo da parte della persona, vengono utilizzati nell’attivazione del sistema di allerta caldo sul territorio regionale. Il territorio è stato suddiviso, in base alle caratteristiche ambientali e temperature rilevate negli anni passati, in 5 diverse aree dove attivare l’allerta, tra queste ci sono: Trieste città, la costa, la pianura, la collina, Tolmezzo e zone non interessate da temperature elevate. Il servizio di telecontrollo prevede che, nel momento in cui si attende il superamento dell’indice stabilito, elaborato da ARPA FVG - OSMER, viene avviata un’attività di monitoraggio, con chiamate telefoniche a circa 1.200 utenti fragili. Le persone verranno informate dell’imminente ondata di calore e sarà verificato il loro stato di salute. Le liste di questi soggetti sono segnalate dai Distretti sanitari in collaborazione con i medici di medicina generale e i servizi sociali comunali. Per essere inseriti nel monitoraggio, segnalare un parente o una persona fragile, in particolare soggetti anziani che vivono da soli, si può telefonare al call center salute sociale 0434 223522 nell’orario di apertura del servizio. Allo stesso numero telefonico sarà possibile ottenere informazioni sui servizi disponibili e indicazioni su come affrontare nel miglior modo possibile le temperature elevate.

COMUNE DI MONFALCONE Abitanti: 27.992

(dati Anagrafe apr-mag 2017) nati: 40, deceduti: 54, immigrati: 240, emigrati: 252, matrimoni: 9 Recapiti: 0481 494280, www.comune.monfalcone.go.it

COMUNE DI SAN CANZIAN D’ISONZO Abitanti: 6.196

(dati Anagrafe apr-giu 2017) nati: 13, deceduti: 19, immigrati: 75, emigrati: 46, matrimoni: 3 Recapiti: 0481 472311, www.comune.sancanziandisonzo.go.it

COMUNE DI STARANZANO Abitanti: 7.276

(dati Anagrafe mar-mag 2017) nati: 14, deceduti: 17, immigrati: 86, emigrati: 63, matrimoni: 2 Recapiti: 0481 716911, www.comunedistaranzano.it

COMUNE DI RONCHI DEI LEGIONARI Dati: N.P.

Recapiti: 0481 477111, www.comuneronchi.it


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1 luglio Auguri Massimo! Stefano, Eva, Luigi 6 luglio Buon compleanno Eugenio! Luisa, Andrea e Marina 10 luglio Tanti auguri Bruttino! Nick e Cinzia 15 luglio Buon compleanno Alexandra! Eva, Stefano, Luigi, Giorgio 16 luglio Felice anniversario Gabry! Gianluigi 18 luglio Buon compleanno Marta! papà Stefano 24 luglio Tanti auguri Francisco! Cinzia e Nick 28 luglio Tanti auguri di buon compleanno alla nostra nipotina Chiara Nonna Rosaria e nonno Franco 20 agosto Buon compleanno Fabrizio! Lo staff di iMagazine 22 agosto Tanti auguri Jenny! Lory, Anna e Terry 29 agosto Buon compleanno Max! Lo staff di iMagazine 31 agosto Felice anniversario a Elisa e Riccardo! Mandaci entro il 1º agosto i tuoi auguri per le ricorrenze di settembre e ottobre! Li pubblicheremo gratuitamente su iMagazine! Segnalaci giorno, evento, mittente e destinatario e spedisci il tutto via e-mail (info@imagazine.it), via posta ordinaria (iMagazine, c/o via Aquileia 64/a, 33050 Bagnaria Arsa – UD) o via fax (040 566186).


Fonte: Federfarma Gorizia e Ordine dei Farmacisti di Trieste

96 | marzo-aprile 2015 FARMACIE DI TURNO

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ALLA SALUTE via Cosulich 117 Monfalcone, tel. 0481 711315 CENTRALE pzza Repubblica 16 Monfalcone, tel. 0481 410341 COMUNALE 1 via Aquileia 53 Monfalcone, tel. 0481 482787 COMUNALE 2 via Manlio 14 Monfalcone, tel. 0481 480405 REDENTORE via IX Giugno 36 Monfalcone, tel. 0481 410340 RISMONDO via Toti 53 Monfalcone, tel. 0481 410701 SAN ANTONIO via Romana 93 Monfalcone, tel. 0481 40497 SAN NICOLÒ via Iº Maggio 92 Monfalcone, tel. 0481 790338 ALL’ANGELO via Roma 18 Ronchi dei L., tel. 0481 777019 ALLA STAZIONE v.le Garibaldi 3 Vermegliano, tel. 0481 777446 LEDRI via Marina 1 Grado, tel. 0431 80058 COMUNALE via C. Colombo 14 Grado, tel. 0431 80895 ZANARDI via Trieste 31, Staranzano, tel 0481 481252 AL LAGO via Roma 13, Doberdò, tel 0481 78300 LUCIANI via Dante 41, Sagrado, tel 0481 99214 SPANGHERO via Aquileia 89, Turriaco, tel 0481 76025 VISINTIN via Matteotti 31, San Pier d’Isonzo, tel 0481 70135 RAMPINO piazza Venezia 15, San Canzian d’Is., tel 0481 76039 DI MARINO via Redipuglia 77, Fogliano, tel 0481 489174 TRIESTE via Mazzini 43, tel. 040.631785 TRIESTE via Combi 17, tel. 040.302800 TRIESTE via Fabio Severo 122, tel. 040.571088 TRIESTE piazza Ospedale 8, tel. 040.767391 TRIESTE capo di piazza Mons. Santin 2 tel. 040.365840 TRIESTE via Commerciale 21 tel. 040.421121 TRIESTE via Ginnastica 6, tel. 040.772148 TRIESTE piazza Venezia 2, tel. 040.308248 TRIESTE via Curiel 7/B (Borgo S. Sergio), tel. 040.281256 TRIESTE via Giulia 14, tel. 040.572015 TRIESTE via Dante 7, tel. 040.630213 TRIESTE via Costalunga 318/A, tel. 040.813268 TRIESTE via Giulia 1, tel. 040.635368 TRIESTE corso Italia 14, tel. 040.631661 TRIESTE largo S. Vardabasso 1, tel. 040.766643 TRIESTE piazza della Borsa 12, tel. 040.367967 TRIESTE via Rossetti 33, tel. 040.633080 TRIESTE via Mascagni 2, tel. 040.820002 TRIESTE via S. Giusto 1, tel. 040.308982 TRIESTE via Roma 15 (angolo via Valdirivo), tel. 040.639042 TRIESTE via Piccardi 16, tel. 040.633050 TRIESTE via Baiamonti 50, tel. 040.812325 TRIESTE piazza Oberdan 2, tel. 040.364928 TRIESTE piazzale Gioberti 8, tel. 040.54393 TRIESTE via Oriani 2 (largo Barriera), tel. 040.764441 TRIESTE piazza Cavana 1, tel. 040.300940 TRIESTE viale Miramare 117, tel. 040.410928 TRIESTE via dell’Istria 33, tel. 040.638454 TRIESTE piazza Giotti 1, tel. 040.635264 TRIESTE via Belpoggio 4 (angolo via Lazzaretto Vecchio), tel. 040.306283 TRIESTE via Bernini 4 (angolo via del Bosco), tel. 040.309114 TRIESTE largo Piave 2, tel. 040.361655 TRIESTE via Felluga 46, tel. 040.390280 TRIESTE piazza Libertà 6, tel. 040.421125 TRIESTE via dell’Istria 18/B, tel. 040.7606477 TRIESTE via di Servola 44, tel. 040.816296 TRIESTE viale XX Settembre 6, tel. 040.371377 TRIESTE via dell’Orologio 6 (via Diaz 2), tel. 040.300605 TRIESTE via Pasteur 4/1, tel. 040.911667 TRIESTE via Tor S. Piero 2, tel. 040.421040 TRIESTE piazza Goldoni 8, tel. 040.634144 TRIESTE via Revoltella 41, tel. 040.941048 TRIESTE via Brunner 14, tel. 040.764943 TRIESTE campo S. Giacomo 1, tel. 040.639749 TRIESTE piazzale Valmaura 11, tel. 040.812308 TRIESTE via Roma 16 (angolo via Rossini), tel. 040.364330 TRIESTE piazza Garibaldi 6, tel. 040.368647 TRIESTE via Stock 9, tel. 040.414304 TRIESTE largo Sonnino 4, tel. 040.660438 TRIESTE piazza S. Giovanni 5, tel. 040.631304 TRIESTE via Alpi Giulie 2, tel. 040.828428 TRIESTE via Cavana 11, tel. 040.302303 TRIESTE largo Osoppo 1, tel. 040.410515 TRIESTE via Settefontane 39, tel. 040.390898


Le farmacie contrassegnate dal fondino arancione anticipano di un giorno le date di turno indicate. Le farmacie di Trieste iniziano e terminano i turni 2 giorni dopo rispetto alle date indicate

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LUGLIO marzo-aprile AGOSTO 2015 | 97

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M ST ON ED IZIO AR FA NE A N LCO C PE ZA NE ERCET NO - VGRIRVIE R LE FA 326 G R I - S ONORNGSANTE MIG 9|/2200 LIE 11027 AN CHIZNIAN1 CA I DAO OD D DI NZ EI ELEL IA LE FRFR N D GI IUIU ’IS ONALILI ON RI ZO

98 | maggio-giugno 2015 | 98 | marzo-aprile 2012 |

Notte di S.Lorenzo Forsa, pensa un altro desiderio

Note de San Lorenso Forsa, esprimi un altro desiderio

Noč svetega Lorenza Daj, zaželi si novo željo! Gnot di S. Lurinç Fuarce, esprim un altri desideri!

Notte di S. Lorenzo Forza, esprimi un altro desiderio!

Nacht der Laurentiusschwärme. Los, du darfst dir noch etwas wünschen!

Per le traduzioni si ringrazia: Irene Devetak (sloveno), Isa Dorigo - Ufficio comunità linguistiche Regione FVG (friulano), Andrea Coppola Università di Trieste (tedesco), Marianna Martinelli (bisiaco), Alessandro Samez (triestino).




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