iMagazine 70

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E D I T O R I A L E L’INFORMAFREEMAGAZINE nº 70 – anno XII numero 5 settembre-ottobre 2017 ISSN 1828-0722 Editore

GOLIARDICA EDITRICE srl a socio unico sede operativa: I – 33050 Bagnaria Arsa, Italy via Aquileia 64/a tel +39 0432 996122 fax +39 040 566186 info@imagazine.it Direttore responsabile Andrea Zuttion Condirettore responsabile Claudio Cojutti Responsabile di redazione Andrea Doncovio Area commerciale Michela De Bernardi, Francesca Scarmignan, Fabrizio Dottori Responsabile area legale Massimiliano Sinacori Supervisione prepress e stampa Stefano Cargnelutti Hanno collaborato Vanni Veronesi, Claudio Pizzin, Daniel Blasina, Ezio Scocco, Paolo Marizza, Vanni Feresin, Margherita Reguitti, Andrea Fiore, Livio Nonis, Cristian Vecchiet, Alfio Scarpa, Michele D’Urso, Michele Tomaselli, Manuel Millo, Andrea Coppola, Germano De March, Alberto Vittorio Spanghero, Renato Duca, Renato Cosma, Germano Pontoni, Isa Dorigo, Sandro Samez, Marianna Martinelli, Irene Devetak, Andrea Tessari, Elisa Michellut Registrazione Tribunale di Udine n. 53/05 del 07/12/2005 Stampato in proprio Tiratura 70.000 copie Credits copertina Antonello Dose Credits sommario :: Michele Tomaselli :: :: Claudio Pizzin :: :: Alessandra Guerra :: :: Jon Jngall :: :: Lara Ciarabellini :: © goliardica editrice srl a socio unico. Tutti i diritti sono riservati. L’invio di fotografie o altri materiali alla redazione ne autorizza la pubblicazione gratuita sulle testate e sui siti del gruppo goliardica editrice srl. Manoscritti, dattiloscritti, articoli, fotografie, disegni o altro non verranno restituiti, anche se non pubblicati. Nessuna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta in alcun modo, incluso qualsiasi tipo di sistema meccanico, elettronico, di memorizzazione delle informazioni ecc. senza l’autorizzazione scritta preventiva da parte dell’Editore. Gli Autori e l’Editore non potranno in alcun caso essere considerati responsabili per incidenti o conseguenti danni che derivino o siano causati, direttamente od indirettamente, dall’uso improprio delle informazioni ivi contenute. Tutti i marchi citati appartengono ai rispettivi proprietari, che ne detengono i diritti. L’Editore, nell’assoluzione degli obblighi sul copyright, resta a disposizione degli aventi diritto che non sia stato possibile rintracciare al momento della stampa della pubblicazione.

Cari lettrici e lettori, l’apertura del settantesimo numero di iMagazine è dedicata al ricordo di una persona che ha ricoperto un ruolo importante nel percorso di crescita di questa rivista e del network che attorno ad essa si è sviluppato. Sto parlando di Maurizio Cechet, scomparso lo scorso 8 luglio, che per diversi anni è stato il direttore commerciale di iMagazine. Ma non solo. In ambito extra-lavorativo, infatti, era impegnato in prima persona nell’attività di Agita, l’associazione degli ex giocatori d’azzardo e delle loro famiglie, di cui oltre a ricoprire il ruolo di vicepresidente, era stato anche uno dei soci fondatori. Lui, ex giocatore che grazie alla propria determinazione e alla vicinanza della sua famiglia era riuscito a ricostruirsi una vita, come raccontava sempre alle serate informative ed educative a cui veniva invitato per parlare del dramma dell’azzardo. Ascoltandolo, emergeva il suo ottimismo contagioso, conseguenza di una visione del mondo che poneva sempre la persona al centro di tutto. «Perché – come ripeteva sempre – chiunque nella propria esistenza commette degli errori, l’importante è sapersene assumere la responsabilità e ripartire. La vita concede a tutti una seconda possibilità». iMagazine, assieme ai suoi familiari e alla stessa Agita, ha rappresentato per lungo tempo uno dei capisaldi della seconda vita di Maurizio, che non aveva chiuso a chiave nel dimenticatoio le debolezze della prima ma, anzi, con loro conviveva per diventare ogni giorno una persona migliore. Nei corsi e nelle riunioni che teneva con il team dei nostri consulenti, rammentando senza soluzione di continuità l’importanza del rapporto umano nella relazione con l’altro – fosse un partner commerciale o un collega di lavoro – ribadiva un concetto per lui fondamentale: mai esprimere giudizi su nessuno. Perché nessuno di noi può sapere realmente quale sia stato il percorso di vita di un individuo, le sue sofferenze, i suoi errori. Questa visione ha contribuito a trasmetterla anche su iMagazine, progetto che lo stesso Maurizio Cechet ha visto nascere fi n dal numero beta, facendosi sempre promotore senza se e senza ma di quella linea editoriale che, in settanta numeri, non ha mai lasciato spazio a pubblicità o comunicazioni legate al mondo dei vizi, rinunciando anche a contratti economicamente importanti pur di rimanere fedele al proprio stile. «Perché iMagazine – amava sottolineare – entrando nelle famiglie deve poter essere letto da tutti: adulti, anziani e bambini». E logica conseguenza fu la scelta dello slogan – proposto dallo stesso Maurizio – che ancora oggi rappresenta all’esterno iMagazine meglio di ogni altra parola: “Voce autentica”. Con quella stessa voce desideriamo ringraziarlo e salutarlo. Non mi resta che augurarvi … buona lettura! Andrea Zuttion



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dicono di noi... Ho avuto modo di leggere l’ultimo numero di iMagazine e devo dire che l’ho trovato, come sempre, curato e ben fatto. Complimenti a tutto lo staff. Raffaele Campanella Trieste Desidero segnalare la gentilezza e la professionalità riscontrate alla Farmacia Bacchetti, un luogo in cui ritornare. Carpe Diem e Class Caffè sono locali accoglienti e discreti, così come l’accoglienza è una delle qualità distintive di Al Parco. Di Athenaeum segnalo la gentilezza e la disponibilità della titolare, mentre CAR Auto si conferma attività ben fornita in cui ho trovato tutto ciò che cercavo. Da Il Dolcefreddo il gelato è squisito e da Ai Compari panini e birre sono ottime. Capitan Paquito è un locale che trasmette la simpatia del titolare. Maurizio Fabris Mossa

Da imprintaonline il servizio è molto rapido. Molto conveniente il rapporto qualità prezzo nella realizzazione delle tesi. Monica Terzi Trieste

Bar Stadio è un posto accogliente e giovanile. Da Al Rosari il cibo è genuino. Desidero segnalare la bravura della titolare di Boutique Ary’s e la passione trasmessa dal titolare di Tami. Di Lavasecco Express segnalo la velocità del servizio; Stile garantisce un ambiente molto professionale con tanta scelta. Il titolare di Nereo è molto gentile e simpatico. Al Parco è un locale davvero accogliente. Attilio Grop 10 | gennaio-febbraio 2008 | L’INFORMAFREEMAGAZINE Porpetto

Da Centro Benessere Dentale il dentista si è dimostrato molto gentile e disponibile. Il titolare di Stile è gentilissimo e spiega nei dettagli le caratteristiche dei diversi oggetti in vendita, dando anche consigli preziosi. Un posto davvero super! Antonio Bianchini Palmanova

Al Parco è un locale molto bello. Da Tami sono gentili e disponibili, mentre Stile è un negozio molto ben arredato e piacevole da visitare. Da A modo mio sono sempre disponibili e sorridenti: un piacere andarci! Dalla carrozzeria Al Tram il lavoro eseguito è stato ottimo. Da Athenaeum ho trovato molta scelta e cordialità, Nereo invece è un ambiente molto giovanile. Raffaella Rizzo Trieste

Da Class Caffè il personale è gentile e disponibile. Segnalo i prezzi vantaggiosi trovati da Bar Stadio, mentre la titolare di Il Giardino di Sara è gentilissima e preparata. Da Al Rosari ho trovato un ottimo rapporto qualità/prezzo, così come vantaggiosi si sono rivelati i prezzi di Oishii. Da Centro Benessere Dentale il personale è gentilissimo e preparato, mentre Al Parco è un locale elegante e la titolare è davvero disponibile. Buone le birre di GM Pub. Carpe Diem è un locale molto giovanile; Al Postiglione è un luogo molto bello e accogliente. Da Alla Fonda la vista dalla terrazza è bellissima. Irma Paoloni Remanzacco


Da Dima Sport il titolare è stato molto gentile e disponibile nell’aiutarmi a scegliere il miglior acquisto tra i capi d’abbigliamento. Gentilezza e cortesia sono anche i punti di forza del servizio offerto da imprintonline. Laura Ciani Trieste Joia è un locale molto accogliente e il personale di A modo mio è disponibile e gentile. Gentilezza e disponibilità sono anche i punti di forza di Class Caffè e Il giardino di Sara. Da Stile l’offerta di prodotti è davvero varia. La titolare di Athenaeum è simpaticissima mentre i panini di Ai Compari sono davvero ottimi. Segnalo i prezzi vantaggiosi di Oishii e la varietà dei capi sportivi di DSG Sport. Da Carpe Diem la pizza è molto buona. Il titolare di Nereo Hair&Beauty è bravo e gentile. Roberto Paoloni Remanzacco Desidero farvi i complimenti per la qualità sempre eccelsa della rivista iMagazine. Sono anni che la leggo ma credo sia doveroso scrivervelo: poter ricevere gratuitamente un prodotto così impone quanto meno un doveroso GRAZIE. Matilde Linussi Gorizia Boutique Ary’s garantisce un ottimo rapporto qualità prezzo e Dima Sport ha un locale molto bello. Da Class Caffè sono disponibili e gentili; da DSG Sport sono ben forniti come abbigliamento. Da Nereo Hair&Beauty e da A modo mio sono gentili e disponibili. Antonio Secchi Udine

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Intervista a Silvano Calligaro, titolare di CAR Auto di Gorizia Silvano Calligaro, quando è nata l’idea di aprire CAR Auto? «Ho aperto il negozio nel gennaio del 1990 spinto da un forte entusiasmo di mettermi in gioco». Quali sono i servizi che offre la sua azienda? Silvano Calligaro titolare di CAR Auto «Offriamo ampia scelta di brand per tutti i tipi di clientela, dal prodotto economico a quello originale». Quali sono secondo lei i punti di forza di CAR Auto? «La mia azienda si distingue per la professionalità, la puntualità del servizio e il vasto assortimento di merce sempre disponibile». Che caratteristiche devono avere le persone che lavorano per la sua azienda? «I nostri collaboratori sono dei professionisti con anni di esperienza in questo campo, continuamente aggiornati alle nuove offerte di mercato». A proposito di mercato, quello dei ricambi delle auto ha subito negli anni una profonda rivoluzione: qual è il segreto per resistere nel tempo? «Il segreto sta nel seguire i corsi e i suggerimenti dei grandi distributori, oltre ad avere la sensibilità nel comprendere le esigenze sempre nuove della clientela». Negli anni come sono cambiate le esigenze della clientela? «La clientela oggi è molto più esigente e, soprattutto, è informata su prezzi e qualità dei prodotti». Parlando sempre di clientela, il vostro bacino di utenza che territorio comprende? «Oltre a rifornire la nostra città, copriamo tutta la provincia di Gorizia, raggiungendo anche la bassa friulana». Il commercio via internet sta facendo concorrenza anche al settore dei ricambi auto: qual è invece il vantaggio di un rivenditore “fisico” sul territorio? «Il vantaggio rimane sempre quello di avere un interlocutore pronto a rispondere delle varie problematiche che si possono verificare negli acquisti». Per promuovere la sua attività ha puntato sul network di iMagazine: come mai questa scelta? «Ho voluto cambiare canale di marketing e provare la vasta gamma di opportunità che iMagazine offre in questo senso». CAR Auto rientra anche nel circuito degli iMoneyPartner: come valuta il progetto dei buoni valore? «Ritengo che possa essere uno strumento efficace per far scoprire la nostra attività tra le persone che ancora non ci conoscono». L’INFORMAFREEMAGAZINE | gennaio-febbraio 2008 | 11



S O M M A R I O

settembre - ottobre 22

L’ANALISI di Paolo Marizza

19 La nuova frontiera delle PMI MONTE ELBRUS di Michele Tomaselli

22 Una partita ancora aperta 26

ANTONELLO DOSE di Andrea Doncovio

26 La rivoluzione del coniglio ALESSANDRA GUERRA di Margherita Reguitti

29 Una storia politica ALGHERO di Andrea Doncovio

32 Catalogna, Italia 29

LARA CIARABELLINI di Margherita Reguitti

36 Immagini e memorie ILA POSTA NELLA GRANDE GUERRA di Alberto Vittorio Spanghero

39 Sento la tua voce in un pezzo di carta NUE 112 di Protezione civile FVG

32

46 Il Numero Unico di Emergenza europeo PERMESSI LAVORATIVI di Massimiliano Sinacori

48 Assistere il parente disabile… Attenzione! 36

PIERCING E TATTOO di Andrea Fiore

50 La comunicazione del corpo MODERAZIONE E CONSUMISMO di Cristian Vecchiet

52 Il valore delle cose

RIFLESSIONI E VOLONTÀ di Manuel Millo

54 Chiamale se vuoi… Coincidenze

GIOVANNI BOLLE di Renato Duca e Renato Cosma

56 Lo scienziato dell’agricoltura MARIA TERESA DA AQUILEIA A GORIZIA di Vanni Feresin

58 L’imperatrice leggendaria

LO SCRITTORE DELLA PORTA ACCANTO di Andrea Doncovio

60 Fabio Marson

CATERINA TOMASULO di Andrea Doncovio

65 Semplicemente Catine ALESSIA SDRIGOTTI di Margherita Reguitti

68 Il mistero della vita ARDUINO PERSELLO di Michele D’Urso

70 Icaro in FVG

BARCOLANA 49 della redazione

72 #vengoanchio MARCELLO MASCHERINI della redazione

75 Lo scultore dei transatlantici PROGETTO FUTURO di Elisa Michellut

77 Uniti in Verde contro la Sla CHEF…AME

79 La ricetta di Germano Pontoni 80

e segg. Gli eventi di settembre e ottobre


: lettere alla redazione

▲ Gradisca d’Isonzo – Un’immagine dell’iMagazineVideoTruck presente al tradizionale appuntamento ferragostano della Mostra Ornitologica e Canina. Anche quest’anno iMagazine è stato mediapartner dell’evento.

▲ Berlino – Mauro Buoro sotto la Porta di Brandeburgo con in mano la copertina del numero di iMagazine in cui presentava ai lettori la sua sfida: percorrere in mountain bike i 1.180 km che distanziano Trieste dalla capitale tedesca. Ultima tappa del suo personale percorso nella lotta contro l’obesità, che l’ha portato a perdere 60 kg. Mauro è stato accompagnato nel suo viaggio dal figlio Michele che lo ha seguito in auto, aggiornando quotidianamente su iMagazine.it con testi e immagini il diario di questa splendida avventura.

▲ Udine – La cantante Lodovica Comello con il poster della copertina a lei dedicata da iMagazine, assieme al caporedattore Andrea Doncovio, autore dell’intervista pubblicata sullo scorso numero della rivista.

▲ Lignano Sabbiadoro – Foto di gruppo di alcuni volontari del progetto “Lignano c’è” e di alcuni ospiti provenienti da Amatrice, assieme all’attore Simone Cristicchi al termine dello spettacolo Orcolat ’76, i cui proventi sono stati devoluti proprio alla popolazione terremotata della citta reatina.

▲ Montecarlo (Principato di Monaco) – La dottoressa Maria Rosaria Peri dell’Azienda Sanitaria Universitaria Integrata di Udine è stata insignita del Gran Cordon D’Or de la cuisine Française. Un titolo riservato a pochi professionisti nella gastronomia a livello internazionale. La dottoressa Pieri è la prima dietista a ricevere questo riconoscimento.

◄ Aquileia – La performance “Terzo Paradiso” coordinata dal maestro Michelangelo Pistoletto e andata in scena lo scorso 11 luglio in piazza Capitolo. Un flash mob nel quale i partecipanti si sono tenuti per mano per formare il simbolo della rinascita, una riconfigurazione del simbolo dell’infinito ideata dall’artista nel 2003. Lo stesso Pistoletto ha spiegato al pubblico il significato della sua opera durante l’intervista con la giornalista Daniela Di Gennaro, alla presenza dell’assessora comunale alla Cultura, Luisa Contin (in piedi nella foto a sinistra). È possibile inviare le proprie lettere e i propri commenti via posta ordinaria (iMagazine – via Aquileia 64/a – 33050 Bagnaria Arsa-UD), oppure via e-mail (redazione@imagazine.it).


▲ Pordenone – Foto di gruppo degli studenti del corso di laurea magistrale in Scienze e tecnologie alimentari dell’Università di Udine ospiti del Research Hub di Electrolux Professional, al termine del progetto che li ha visti realizzare, con l’utilizzo delle attrezzature professionali dello stabilimento, i prodotti alimentari innovativi da loro ideati e progettati in aula, nell’ambito dell’insegnamento di Principi di formulazione.

▲ Taipana – Giovani ragazzi texani sono stati protagonisti di un’esperienza svolta grazie al contributo del Centro Ricerche Carsiche “C. Seppenhofer”, nell’ambito del Children’s International Summer Villages. Assieme agli istruttori del sodalizio goriziano, partendo dal rifugio speleologico di Taipana, hanno potuto ammirare un ambiente per loro inusuale, tra grotte e cascate.

▲ Trieste – La foto della consegna degli otto pulmini omologati per il trasporto di un massimo di nove persone donati dalla Fondazione CRTrieste, nel corso di una cerimonia in Piazza Sant’Antonio, ad altrettante realtà cittadine che operano nel settore dello sport. Sci Club 70 Trieste, Yacht Club Adriaco, A.S.D. San Luigi Calcio, A.S.D. Trieste Trasporti, A.S.D. Polisportiva Triveneto, Tennis Club Triestino, Circolo ippico triestino e Circolo della Vela Muggia sono le realtà beneficiarie.





PAGAMENTI 4.0

L’ANALISI

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Servizio di Paolo Marizza

La nuova frontiera

delle PMI

Il prossimo mese di gennaio entrerà in vigore la seconda direttiva europea sui servizi di pagamento che cambierà le regole del gioco. Le banche dovranno infatti fornire accesso a terzi alle informazioni sui conti della clientela. Ecco gli scenari possibili

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La PSD2 rappresenta nei servizi finanziari l’industria 4.0 dei pagamenti: un sistema che abilita lo sviluppo di nuovi equilibri macro e microeconomici. La direttiva sui servizi di pagamento (PSD2) va ben al di là di una semplice ri-regolamentazione del quadro giuridico esistente per i pagamenti. Questa nuova direttiva entrerà in vigore il 13 gennaio 2018 introducendo un elemento fondamentale che cambia le regole gioco: l’obbligo per le banche di fornire accesso a terze parti (TPP) anche non bancarie alle informazioni sui conti detenuti dalla clientela presso di loro. Le banche saranno infatti tenute a fornire l’accesso ai rapporti di conto a provider (fornitori) di servizi di pagamento (PISPs) e a fornitori di servizi di informazioni (AISPs), i due nuovi soggetti previsti dalla normativa. Quattro le principali aree impattate dalla direttiva: il raggio d’azione, che copre i pa-

gamenti domestici da e verso i paesi dell’Unione Europea, l’eliminazione delle cosiddette “interchange fees” (commissioni interbancarie) delle carte in Europa, l’accesso di terze parti alle informazioni dei conti e la sicurezza dei pagamenti online e dello stesso accesso ai conti. Oggi il dibattito è incentrato sulle conseguenze e le sfide per le banche e i fornitori di strumenti di pagamento, ma un impatto altrettanto rilevante interesserà le Piccole e Medie Imprese (PMI). II maggior impatto sulle PMI deriverà dalla implementazione delle ultime due previsioni. L’obbligo di fornire accesso a terzi alle informazioni sui conti rappresenterà l’aspetto più significativo della direttiva per quanto riguarda la digitalizzazione dei servizi finanziari alle PMI. Ma l’impatto andrà ben oltre il digital banking: l’accesso a tali informazioni apre |

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nuove opportunità di digitalizzazione dei processi aziendali interni ed esterni, proprio grazie al fatto che questa legislazione consente a nuovi operatori di accedere ai dati transazionali di un cliente (Iban, saldi, ecc.). Si consideri ad esempio una fintech (azienda di digitalizzazione dei servizi finanziari) o un tradizionale provider di servizi amministrativo/contabili/fiscali, che nel ruolo di AISP o PISP fornisca servizi transazionali e informativi su pagamenti e altri servizi. Oltre al servizio di pagamento diretto, senza intermediari da Iban (compratore) a Iban (venditore), l’accesso alle informazioni sui rapporti di conto abilita la fornitura di altri servizi a valore aggiunto, come l’integrazione e la riconciliazione dei dati, la gestione della tesoreria e dei flussi di pagamento, il monitoraggio dei pagamenti… Tutti altrettanto e forse più utili alle PMI rispetto ai consumatori finali. Tutte queste informazioni potranno abilitare lo sviluppo di PaaS e SaaS (Platform e Software as a service) per l’erogazione di servizi personalizzati con una esperienza mirata alle specificità delle imprese. Per le PMI questo crea possibilità di sviluppo e di utilizzo di nuove soluzioni innovative nella gestione finanziaria, del ciclo attivo/passivo e del ciclo logistico-commerciale. Tuttavia, non sembra che le PMI abbiano maturato piena consapevolezza degli impatti della PSD2 e non sembra essere un tema prioritario nelle agende delle imprese. 20

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Quali sono i potenziali vantaggi per le PMI in un contesto PSD2? Come si potrebbero utilizzare le informazioni che si renderanno disponibili? Quali sono i criteri principali da considerare quando si seleziona un provider, banca o PSP (Payment Service Provider) adatto per il business della PMI? Un operatore che può supportare l’impresa in modo omnicomprensivo sul fronte distributivo, di marketing e servizio? Oppure un soggetto verticale che massimizza l’efficienza della gestione dei pagamenti e dei flussi di cassa? O ancora, un player che offre una costellazione di servizi integrati con la catena di distribuzione della fornitura? Un PSP/banca che offre non solo servizi transazionali di pagamento, ma supporta anche architetture per i programmi di fedeltà, credito al consumo, gestione della finanza personale dei clienti? La direttiva e i relativi requisiti di standard tecnici di regolamentazione (RTS) relativi alla sicurezza dell’accesso, dell’identificazione, dell’autenticazione, della privacy nell’utilizzo dei dati chiariscono che l’accesso di terzi alle informazioni sui conti deve essere facilitato tramite interfacce aperte, ciò che viene definito quale fattore abilitante lo sviluppo dell’open banking attraverso applicazioni, ovvero API (Application Program Interface). Uno standard comune e interoperabile per le interfacce non è stato però definito né nella direttiva stessa né nelle disposizioni relative agli RTS (Standard Tecnici), questi ultimi ancora in fase di discussione e specificazione. Al riguardo a oggi risulta che le banche abbiano una certa flessibilità e tendano a ottenere gradi di libertà nella definizione delle proprie interfacce. Le banche potrebbero sfruttare questi gradi di libertà per sviluppare, oltre ai servizi di base connessi al pagamento, i servizi digitali


che le PMI richiedono nei diversi processi di business (quali la contabilità, la gestione degli acquisti, l’e-commerce...) per progettare un’interfaccia che includa questi servizi a valore aggiunto. Dopo tutto, se l’interfaccia proprietaria di una banca ha tutto ciò che una PMI richiede, non c’è ragione per cui l’azienda debba cercare un operatore alternativo. Ma una PMI sarà costretta a sviluppare tante interfacce quante saranno le banche con cui intrattiene rapporti? O saranno le nuove terze parti a sviluppare interfacce univoche per ridurre il rischio di frammentazione? Oppure si configureranno alleanze a partnership tra operatori consolidati e nuove terze parti per lo sviluppo di soluzioni e piattaforme di aggregazione e integrazione? La nuova arena competitiva si sta popolando di decine e decine di operatori provenienti da molteplici settori, ciascuno con una propria offerta e un posizionamento più o meno verticale o orizzontale. In questo scenario le banche hanno un chiaro vantaggio da cogliere, ma solo nella misura in cui le offerte di servizio non si configurino come limitate, obsolete o irrilevanti rispetto all’offerta dei player emergenti. Da un punto di vista macroeconomico la PSD2 introdurrà maggiore competizione ed efficienza sistemica. Ciò che farà la differenza saranno le modalità di implementazione, non scevre da rischi operativi. Le sole dinamiche di mercato difficilmente potranno portare a equilibri soddisfacenti nello stabilire standard operativi condivisi in un orizzonte di breve periodo. Nel minimizzare i rischi operativi un ruolo chiave sarà svolto dalla regolamentazione, ancora in fase evolutiva, per accompagnare un passaggio che le imprese dovranno affrontare auspicabilmente in un contesto non frammentato dalla proliferazione di interfacce, metodi di pagamento alternativi, servizi a basso valore aggiunto.

Paolo Marizza Co-founder di Innoventually e docente DEAMS-UniTS


VIAGGI E METE

MONTE ELBRUS Servizio e immagini di Michele Tomaselli

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Una partita

ancora aperta

La vetta più alta d’Europa e il sogno di raggiungerla con gli sci. Una guerra improvvisa fa saltare i progetti. Fino alla nuova opportunità. Sembra la volta buona, finché una tormenta di neve…

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“Thalassa! Thalassa!” (Il mare! Il mare!): il grido liberatorio di diecimila soldati greci, dall’alto del monte Teche (nell’odierna Turchia) dopo una lunghissima ritirata dal fronte persiano quando si trovarono dinnanzi alle coste del Mar Nero. Alle loro spalle, l’impresa nella battaglia di Cunassa (401 a.C.) e l’arrivo in un territorio ostile, lontano migliaia di chilometri da casa. Una marcia guidata da Anabasi (Senofonte), già allievo di Socrate, aggravata dalle perdite di tanti soldati, colpiti dal gelo e dagli accecamenti della neve nel bel mezzo dei villaggi armeni, impervie mulattiere, precipizi mozzafiato e le aspre vette del Caucaso. Una catena montuosa allora sconosciuta, sebbene già menzionata nell’opera eschilea Prometeo incatenato del V secolo a.C. Per i Greci e per altri popoli del Mediterraneo, il Caucaso costituì uno spazio liminare, una “(…) terra incognita dove potevano coabitare fatto e finzione, antico e moderno”. Diversamente, per il mondo bizantino e arabo questo territorio a confine tra Asia ed Europa rappresentò una sorta di frontie-

ra culturale del mondo conosciuto verso l’Oriente, che costituì uno dei laboratori culturali più problematici del Mediterraneo: un crocevia spirituale tra islam e cristianesimo, accostato pertanto a simbolo di contrasti e tensioni. Georges Dumézil, storico, linguista e filologo francese, ha dedicato diversi studi alle popolazioni delle sue montagne e a tal proposito ha scritto: “Una cultura in passato comune all’insieme di popoli della pianura del Sud-Est europeo e delle sponde del Mar Nero”. Luoghi che hanno dato i natali al “compagno” Stalin e che altresì nasconderebbero la ricetta dell’elisir di eterna giovinezza. Infatti secondo alcune testimonianze ci avrebbero vissuto numerosi centenari, tra cui Shirali Muslimov, pastore e contadino dell’Azerbaijan, morto a 168 anni. Vittorio Sella, esploratore e alpinista biellese, effettuò diverse esplorazioni del Caucaso alla fi ne del XIX secolo, visitando i luoghi più impervi; inoltre da pioniere del bianco e nero immortalò quegli scenari in 800 fotografie. Un patrimonio documentale che contribuì significativamente alla conoscenza della cultura caucasica e dei suoi Sopra: salendo all’Elbrus nell’ascesa compiuta da Xiaojing. Accanto: uno scorcio dell’Elbrus dal Mir. Pagina accanto in alto a sinistra, le tombe del XII secolo di Eltyubyu antico villaggio del popolo Balkar; a destra, panorama alle 5 di mattina sul Caucaso. Pagina accanto in basso, il Campo base nei container sopra Garabashi.

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panorami più tipici. Scatti che peraltro hanno documentato la presenza delle case torri di Svaneti, del IX e XII secolo (dal 1996 inserite nella lista dell’Unesco) e che gli sono valsi l’onorificenza della Croce di Cavaliere dell’ordine di Sant’Anna dallo zar Nicola II e il premio Murchison della Royal Geographical Society di Londra. Dopo la Seconda guerra mondiale la storia del Caucaso fu legata indissolubilmente al destino dell’Unione Sovietica e al suo rapido declino. Dopo il “putsch di agosto” e l’inizio della “perestrojka”, l’area caucasica tornò a dividersi: la parte settentrionale (Cecenia, Dagestan e Inguscezia) entrò a far parte della Federazione Russa, mentre le tre Repubbliche meridionali – Georgia, Armenia e Azerbaijan – divennero indipendenti. Nonostante il nuovo assetto politico e territoriale, le tensioni si riaccesero e dopo gli attentati di Beslan e di Vladikavkaz, la Russia dichiarò guerra alla Georgia per il controllo delle Repubbliche di Abkhazia e Ossezia del Sud. L’Elbrus è la montagna più alta del Caucaso, oltre che d’Europa, ed è inserita nell’elenco delle “Seven Summits” (le sette montagne più alte di ogni continente); situata in Russia, dista solo un paio di chilometri dal confi ne con la Georgia. Di origine vulcanica, presenta una forma conica ed è formata da due vette principali: quella Occidentale (5.642 metri) e quella Orientale (5.621 metri). Da diverso tempo volevo salire sulla vetta dell’Elbrus. Così quando nel gennaio del 2011 Filippo mi propose di raggiungerla con gli sci, pensai di realizzare un sogno. La scalata era quasi alla mia portata, perché non richiedeva grandi doti alpinistiche, sebbene si svolgesse sopra i 5000 metri, in un ambiente severo e difficile, nel bel mezzo di temperature polari; nondimeno mi avrebbe dato la possibilità di confrontarmi con una montagna meta ricorrente di alpinisti di tutto il mondo.

La nostra spedizione si prefiggeva l’obiettivo di raggiungere la vetta dal versante sud, quindi scendere dalla parete nord, lungo valli remote e selvagge prive di basi d’appoggio e impianti di risalita. Dopo aver richiesto il visto per la Russia iniziai ad allenarmi e a togliere “la ruggine” e i chili di troppo. Per migliorare le mie prestazioni praticavo con periodicità lo scialpinismo, la corsa e il ciclismo, oltre a svolgere esercizi aerobici, di forza esplosiva e di allungamento muscolare. Ma pochi giorni prima della partenza la polveriera caucasica tornò a esplodere e le frontiere della Repubblica di Kabardino Balcaria vennero chiuse. Impossibile partire. Una rinuncia necessaria dopo l’attentato di Zayukovo (rivendicato per impedire la costruzione di un polo sciistico nel Caucaso) con un bilancio di 3 morti, diversi feriti e il danneggiamento di un pilone della funivia del Monte Elbrus. Non fu facile digerire quella bandiera bianca, a cui seguì un’altra beffa: la compagnia aerea non rimborsò i biglietti. Tuttavia, dentro di me la partita con l’Elbrus era solo rinviata. Ne sentii nuovamente parlare a dicembre del 2016, quando mi fu proposto di partecipare a una spedizione di sci alpinismo. Iniziai così nuovamente ad allenarmi. La guida alpina Fabrizio Della Rossa avrebbe coordinato il viaggio. Era un malato di montagna, una specie di spider man con le ali in grado di fare il nono grado a occhi chiusi. Dopo averlo incontrato, conobbi anche i miei compagni di viaggio, tutti friulani: Alberto (Toni)

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e Simone, due fisici, e l’amico Roberto, avvocato. A prima vista trovai un gruppo eterogeneo e compatto. Il 19 maggio ecco arrivare il giorno della partenza... Da Bologna voliamo su Mineral’nye Vody, cittadina termale della Repubblica di Kabardino Balcaria e via d’accesso alle montagne caucasiche. Dopo diverse ore di aereo e un cambio a Istanbul, verso mezzanotte arriviamo a destinazione. Il nostro albergo è davvero singolare, con alcune gigantografie del presidente russo Vladimir Putin. L’indomani la giornata è nuvolosa, con pioggia e freddo. Dopo aver consumato la colazione, a bordo di un pulmino raggiungiamo Cheget, ai piedi dell’Elbrus. Che la zona ambisca a diventare una grande stazione sciistica non c’è dubbio: il piccolo centro, malgrado sia semi abbandonato, pullula di impianti sciistici antidiluviani e imponenti scheletri di cemento. Sullo sfondo le montagne lattee, qualche albergo e alcuni palazzoni, reliquie del comunismo. Nel pomeriggio iniziamo a prendere confidenza con la quota e grazie alla seggiovia monoposto del Monte Cheget, saliamo sopra i 3000 metri, fi no ad arrivare a un belvedere. Nevica intensamente, rendendoci impossibile osservare il gigante caucasico e la via di salita che ci impegnerà nei giorni successivi. Tornati a valle prepariamo l’attrezzatura di scialpinismo e consumiamo la cena in compagnia di Anastasia, una bella ragazza che si occupa del nostro viaggio. Lei è poesia, diver-

samente dalla carne ingollata che sa di suola di scarpa. Affaticati ma felici dopo la lunga giornata andiamo a dormire. Il giorno successivo siamo nuovamente nella morsa di neve e gelo. Per evitare di inzupparci troppo, decidiamo di utilizzare gli impianti di risalita di Terskol (ai piedi dell’Elbrus) per raggiungere la stazione di Krugozor. Calzati quindi gli sci saliamo a Garabashi (quota 3800 m). Giunti sul posto osserviamo decine di containers cilindrici di colore rosso adibiti a bivacco e un gruppetto di nudisti che svidano i meno 25 gradi. La resistenza fisica di quei ragazzi ci impressiona anche quando, a causa del freddo, decidiamo di tornare indietro. È in questo momento che avviene un piccolo miracolo: il sole inizia a spuntare dalle nuvole lasciando intravedere l’Elbrus, il Monte Donguzorun Chegetkarabashi e altre cime caucasiche. Uno scenario indimenticabile e meraviglioso che apre il rito alle sciate in un mix di adrenalina ed emozioni. L’indomani riprendiamo la fase di acclimatamento. Dalla stazione a valle di Terskol, utilizziamo la solita ovovia per raggiungere il Krugozor; successivamente, rimessi gli sci, saliamo alle stazioni Mir e Garabashi, fi no a raggiungere i resti del rifugio Priut. Nonostante la bufera di neve e le temperature siberiane proseguiamo lungo la via normale dell’Elbrus, fi no ad arrivare alle rocce di Pastukhov, a 4600 metri. Le condizioni sono estreme e si stanno protraendo all’intera settimana. Le previsioni annunciano un miglioramento solo per il venerdì, giornata in cui è prevista la nostra ripartenza… Rientrati a valle non ci resta che ordinare una vodka per dimenticare le brutte notizie e verificare la veridicità del proverbio locale: “bevendo la vodka non si incontrano donne brutte”. Non è una coincidenza allora conoscere Xiaojing, una ragazza cinese emigrata negli Stati Uniti e giunta fi n qui per scalare l’Elbrus. La mattina dopo Anastasia ci informa di un guasto all’ovovia: l’unica possibilità di salita è quella di utilizzare la vecchia funivia. Di primo acchito tutto pare normale, ma ben presto scopria-

Roberto e Toni in areoporto

Michele Tomaselli

Mosca il teatro del Bol’šoj

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mo il nostro destino. L’impianto è obsoleto, forse risalente ai tempi di Stalin, con le cabine rattoppate dalla lamiera, senza porte e sprigionano sinistri cigolii. Ragion veduta per farsi il segno della croce prima di utilizzarla. Caricati i bagagli e gli sci raggiungiamo incolumi il campo base. Ci sistemiamo in uno dei container del Barrels, poco sopra l’ultimo impianto sciistico. Il vento è fortissimo e la tormenta soffia senza sosta, depositando in meno di dieci ore quasi tre metri di neve. Nonostante il tempo da lupi, decidiamo ugualmente di tentare la vetta il giorno seguente, sfruttando un’attenuazione del maltempo. Un’impresa difficile, specialmente per i 1900 metri di dislivello da affrontare in un colpo solo. C’è anche la possibilità di ridurre la salita utilizzando il gatto delle nevi, un servizio però a caro prezzo con un esborso di seicento euro. L’indomani le previsioni non sono azzeccate. Le temperature sfiorano i -30°C e nevica intensamente. Malgrado le avversità non ci demoralizziamo, decidendo di partire ugualmente. Verso le 4 stiamo procedendo di buon ritmo, seguendo le tracce del gatto delle nevi, facendoci strada nella nebbia senza vedere a un palmo dal naso. Dopo alcune ore di salita raggiungiamo le rocce Pastukhow e iniziamo ad affrontare il lungo e pericoloso traverso in direzione della crepaccia terminale. Dopo otto ore di avanzata e tanta fatica, giungiamo in forcella, tra la cima est e la ovest, dove lascio un ricordo della mia città. Siamo arrivati a 5400 metri, sempre più vicini all’impresa. Consideriamo la tregua del maltempo un soccorso divino, ma proprio quando tutto sembra volgere per il verso giusto succede l’irreparabile. D’improvviso ci troviamo minacciati da una tormenta di neve e costretti ad affrontare un pendio che presenta un forte rischio valanghe.

Utilizzando il buon senso, decidiamo di tornare indietro. Perchè rinunciare “a una vetta non significa arrendersi ma essere umani anche quando si tenta di fare qualcosa di disumano. È proprio grazie alla capacità di riconoscere i propri limiti e accettare i propri “fallimenti” che si può trovare in se stessi la determinazione per affrontare nuovi progetti”1. La spedizione sta ormai volgendo al termine, così ci concediamo ancora il tempo per visitare il villaggio medioevale di Eltyubyu, del popolo Balkar, con le sue tombe a torre conoidali del XII secolo e il lungo muro con incisi i versi del poeta Qaysin Quli; quindi di volare su Mosca per visitare la città. E proprio nella capitale russa ci giunge la bella notizia che Xiaojing, la ragazza incontrata davanti a una vodka, è riuscita ad arrivare sulla cima dell’Elbrus il venerdì mattina, con il sole. Ora la mente è già alla prossima avventura: le isole Faroe. Michele Tomaselli 1. Intervista a Simone Moro: “In montagna bisogna anche saper perdere”, La Stampa. Alcune foto su gentile concessione di Xiaojing.

Sopra da sinistra: la prima funivia che sale da Terskol e arriva alla stazione del Krugozor; la funivia dell’Elbrus. Accanto dall’alto: Xiaojing è in vetta all’Elbrus; una rara veduta dell’Elbrus . |

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PERSONAGGI

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La rivoluzione

ANTONELLO DOSE Intervista di Andrea Doncovio

del coniglio

Il suo nuovo libro è giunto alla settima ristampa. Dalla fede buddista all’omosessualità, dal futuro della radio a quello dell’Italia: il conduttore di una delle trasmissioni di punta di Radio2 Rai ripercorre per iMagazine la propria carriera. Senza scordare il “suo” Friuli: «Una Terra che mi ha insegnato a coltivare cuore, determinazione e fede»

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Ogni mattina la sua voce, assieme a quella del collega di una vita professionale Marco Presta, accompagna l’inizio di giornata di oltre un milione di italiani, sintonizzati su Radio2 Rai per il quotidiano appuntamento con Il ruggito del coniglio (in onda dalle 7.50 alle 10 dal lunedì al venerdì), trasmissione di intrattenimento che Antonello Dose, friulano di Gonars, conduce ininterrottamente dall’ottobre del 1995. Da questa esperienza ultraventennale ma, soprattutto, dalle tappe salienti della sua vita, ha preso invece forma il suo primo libro – La rivoluzione del coniglio, edito da Mondadori – che dopo la tappa di Grado in luglio, il 16 settembre alle ore 17 verrà presentato nuovamente in regione nell’ambito di Pordenonelegge. Antonello Dose, partiamo dall’ultima fatica: come sono i riscontri del pubblico in merito al suo libro? «Sono sinceramente sorpreso per l’attenzione che ha suscitato. Al momento La rivoluzione del coniglio è arrivato alla settima ristampa e la casa editrice non mi ha nascosto di essere sorpresa e molto contenta. Ho registrato anche un audioli26

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bro che uscirà nelle prossime settimane. Sono impressionato dalle centinaia di persone che vengono ad assistere alle presentazioni e dai messaggi che continuo a ricevere sui social, da conigli, compagni di fede buddista o da semplici lettori». Cosa ha significato per lei scriverlo? «Era qualche anno che desideravo mettere a disposizione la mia esperienza di fede a un pubblico più ampio di quello degli amici e degli affetti più cari. Quando Beppe Cottafavi, editor di Mondadori, mi ha proposto di scrivere un libro sulla mia esperienza buddista, ho pensato di non esserne capace. Ha dovuto insistere mesi per farmi accettare la sfida». Nel testo riporta particolari molto intimi: come mai questa scelta? «In realtà mi sono trovato con le spalle al muro. Ho pensato che non avrebbe avuto senso scrivere un manualetto divertente di Buddismo sullo stile del “Ruggito” come si aspettava l’editore da me. Per far sorridere c’è già la radio tutte le mattine. Per provare a fare qualcosa di utile mi sono sentito in dovere di spiegare perché ho dedicato tanto tempo a pregare e ad approfondire il Buddismo di Nichiren Daishonin, senza nascondere niente».


Lei è nato a Palmanova il 2 luglio 1962, da una famiglia originaria di Gonars. Da piccolissimo si è subito trasferito a Roma: che rapporto ha mantenuto con il Friuli? «Si dice che quando sei stato Carabiniere lo sarai per tutta la vita. Così è un po’ per la friulanità. Il Buddismo afferma che ognuno di noi ha scelto di nascere con particolari caratteristiche. Si può dire quindi che non si nasce friulani per caso. Anche se sono cresciuto altrove e ho vissuto poco nella mia regione, ho ereditato il carattere e la sensibilità della mia gente. C’è chi preferisce ereditare case e terreni, “le robe”. A me basta questo. In Friuli mi sento a casa, mi emoziona il profumo dell’erba medica appena tagliata. Questa Terra mi ha insegnato a coltivare cuore, determinazione e fede, tre requisiti fondamentali per far funzionare l’insegnamento buddista. Il Friuli non lo sa, ma è naturalmente predisposto per gli insegnamenti del Budda». Poter crescere e vivere a Roma cosa ha significato per lei? «La grande città ti offre più punti di vista. Se osservi il fenomeno vita da una parte sola rischi di fartene un’idea sbagliata. Prima la grande città, e poi i viaggi per l’Europa con il Teatro di ricerca di Pontedera, mi hanno aperto la mente a una visione più ampia, internazionale, globale della realtà, e questo 20 anni prima di Internet. Sono stato molto curioso ma anche molto fortunato». Antonello Dose è conosciuto dal grande pubblico come conduttore radiofonico. Ora anche come scrittore. Gli esordi però furono in veste di attore: cosa ricorda di allora? «Ricordo con nostalgia lo spirito di avventura della gioventù. Ricordo che a 20 anni desideravo cambiare il mondo e volevo farlo con la cultura, con l’arte del teatro. Quando si è giovani e idealisti tutto sembra possibile. L’energia della gioventù è inesauribile. Una cosa che mi rattrista molto è quando chiedo a un adolescente “cosa vuoi fare da grande?” e questi mi risponde “non so, niente, in Italia ormai non si può fare niente”. Come esseri umani abbiamo bisogno di seguire i nostri sogni. Se non tiri fuori i sogni dal cassetto e non provi a metterti in gioco per realizzarli non succede niente. Se non hai uno scopo nella vita diventa più difficile tutto, anche affrontare una malattia. Avere un ideale è come possedere una tavola da surf. Hai uno strumento in più per affrontare le onde della vita». A metà anni ’80 il via alla collaborazione con Marco Presta, con il quale ancora oggi conduce Il ruggito del coniglio. Un rapporto professionale indissolubile… «In realtà io e Marco eravamo amici già da una decina di anni prima. Ci siamo conosciuti da ragazzi in una parrocchia di Roma Sud dove le nostre sorelle maggiori facevano le catechiste. Alcu-

Sopra, Antonello Dose assieme a Marco Presta, con cui conduce la trasmissione radiofonica Il ruggito del coniglio. Nella pagina accanto, Dose assieme a Paolo Scandaletti durante la presentazione del suo libro a Grado (ph. C. Pizzin).

ne volte penso che abbiamo una relazione karmica, spirituale. Altre volte, invece, penso che siamo un caso clinico da manuale di psicologia. Siamo davvero molto diversi uno dall’altro. In qualche modo come coppia dimostriamo che la diversità è sempre una ricchezza. Certo, Marco sta dimostrando una grande pazienza nel sopportarmi da tutto questo tempo». Prima della radio insieme avete scritto testi teatrali e televisivi, anche per il Festival di Sanremo. La scrittura quindi Antonello Dose l’ha sempre avuta nel sangue? «No. Al contrario ho sempre sofferto di “sindrome da pagina bianca”, come tutti gli insicuri. Inoltre vengo da studi scientifici. A questo punto credo che non sia un caso che La rivoluzione del coniglio sia entrato nelle prime settimane in classifica nella sezione saggistica. Certo, come autore scrivo tutto il giorno. Ma fi no ad ora era solo un lavoro. In futuro non so». Davanti al microfono invece ha conquistato il grande pubblico. Cosa significa per lei condurre una trasmissione radiofonica dal successo ultraventennale? «Confesso che è una bella soddisfazione lavorare in Rai da tanti anni senza aver mai posseduto la tessera di un partito. In un Paese come il nostro lo considero un piccolo miracolo. Certo la vita è strana. Studio per tanti anni come si costruisce la presenza fisica di un attore in scena, divento buddista e svolto come voce radiofonica… Essere tutte le mattine ai microfoni di Radio2 della Rai, oltre a essere una fortuna, è anche una grossa responsabilità». Qual è il segreto per durare nel tempo rimanendo sempre sulla cresta dell’onda? «Siamo costretti a informarci e aggiornarci continuamente per mantenere uno standard alto. Si tratta della guerra degli ascolti del primetime radiofonico per la raccolta pubblicitaria. Il segreto è cercare di migliorarsi quotidianamente. Ogni giorno continuiamo a lavorare a oltranza e non lasciamo la redazione fino a che non ci sentiamo soddisfatti del risul|

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Antonello Dose assieme al compagno Fabrizio il giorno del loro matrimonio.

tato. Perché nel lavoro come nella vita bisogna combattere nel momento presente, adesso». Come scrive nel libro, lei è omosessuale: in questi anni di carriera si è mai sentito discriminato per questo? «No, anche perché non mi sono mai espresso molto. Agli inizi della mia avventura in Rai ricordo che mi fu consigliato di tenermelo per me perché qualcuno in passato aveva avuto dei problemi rivelando i propri gusti sessuali. Nei Paesi occidentali funziona così: se ti nascondi, gli altri pensano che ci sia qualcosa di male e ti prendono in giro. Se te ne freghi del giudizio e ti esprimi, con “libertà coraggiosa”, come suggerisce il mio maestro buddista Daisaku Ikeda, l’ambiente si inchina e ti rispetta». Nelle pagine de La rivoluzione del coniglio racconta anche della sua sieropositività al virus Hiv. Come ci convive? «Sono positivo da 23 anni e la cosa davvero non rappresenta più un problema. Una persona come me, in terapia antiretrovirale, teoricamente non è più contagiosa. La situazione era molto diversa tanti anni fa, quando non esistevano medicine e lo stigma sociale spesso faceva più danni della malattia stessa. In occasione dell’uscita del libro ho scelto per twitter l’ashtag #viverefeliciconhiv». A proposito di rivoluzioni: quella decisiva per lei è stata l’avvicinamento alla fede buddista. Come avvenne e come le ha cambiato la vita? «Nel libro racconto che ho iniziato a praticare il buddismo perché il primo amore della mia vita, Piero, si era ammalato di Aids e non potevo fare niente per aiutarlo. Pensavo fosse una tecnica da imparare, tipo lo yoga, non immaginavo che fos28

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se una religione vera e propria e che fosse così efficace nella vita di tutti i giorni. Non esiste una vita senza problemi. Il buddismo mi ha insegnato che i problemi non sono “una croce da sopportare” ma un’occasione per migliorarsi, per creare valore per sé e per gli altri. È stata questa, in fondo, la mia rivoluzione. Una rivoluzione interiore che mi ha permesso di ruggire anche se credevo di non esserne capace. Vorrei che tanti giovani sfiduciati possano provare questo potere incommensurabile. La vita è così bella e preziosa, perché sprecarla?» La sua trasmissione radiofonica continua ad avere milioni di ascoltatori ogni giorno: qual è a suo avviso il segreto di questo successo? «Forse perché nessuno si è ancora accorto che siamo un manipolo di cialtroni. Speriamo che non se ne accorgano mai». Lei è una voce di Radio2 da oltre vent’anni: com’è cambiata la radio di Stato in questo arco temporale? «I tempi cambiano, cambiano i valori, crollano le ideologie e anche le stagioni non sono più quelle di una volta. Talvolta ci troviamo a rimpiangere un’Italia che non esiste più. È così difficile trovare un bravo falegname… In tutto questo ritengo che la Rai sia rimasta comunque, proprio per il ruolo pubblico che è chiamata a svolgere, uno degli ultimi baluardi del Paese. La nostalgia è inutile. È inutile restare ancorati al passato, bisogna prendere atto dei cambiamenti e, se possibile, lavorare per un miglioramento continuo, nel momento presente, con lo sguardo rivolto al futuro». Nell’era del digitale e dei social network, un mezzo di comunicazione “antico” come la radio non sembra conoscere crisi: a suo avviso come mai? «“Antico” non significa necessariamente “superato”. Proprio per la sua essenzialità universale, il mezzo radiofonico manifesta una modernità classica in costante evoluzione. Pensiamo soltanto al fenomeno delle radio universitarie o delle web radio fra i giovanissimi. Quando abbiamo iniziato con il “Ruggito” poche persone in Italia possedevano un cellulare. Ora si può chiamare in trasmissione, spedire mail o trasmettere dallo studio in tutto il mondo con una diretta Facebook con un semplice click. Chissà quante altre novità ci aspettano nel prossimo decennio». Dal passato al futuro: quali sono i prossimi obiettivi che Antonello Dose desidera raggiungere? «A questo punto sarebbe davvero divertente vincere una superlotteria e campare di rendita magari dedicandomi ai meno fortunati o a ispirare i giovani. Leggendo le notizie che arrivano dal Paese e dal Pianeta intero, credo però che nessuno avrà da annoiarsi nei prossimi lustri». Andrea Doncovio


PERSONAGGI

ALESSANDRA GUERRA Intervista di Margherita Reguitti

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Una storia

politica

È stata la prima donna a essere eletta alla presidenza del Consiglio regionale del FVG. Ventiquattro anni dopo si ritrova estromessa dal mondo politico-amministrativo, dal quale percepisce però un vitalizio. «Oggi mi definisco anarchica, atea e vegetariana».

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“La politica è forse l’unica professione per la quale non si considera necessaria nessuna preparazione specifica”. L’autore di codesta affermazione è Robert Louis Stevenson (1850–1894) in una raccolta di saggi dal titolo Familiar studies of men and book. In altre parole una riflessione dell’autore di romanzi come Lo strano cosa del dottor Jekyll e del signor Hyde e L’isola del tesoro. Non pare essere stato questo il caso di Alessandra Guerra che, seppur molto giovane di età, si preparò, e molto, per diventare la prima donna presidente del Friuli Venezia Giulia. Entrata nella Lega Nord iniziò a fare politica con successo nel 1993 come consigliera regionale e dal 1994 al 1995 venne eletta al vertice del Consiglio della Regione. Sarà in seguito anche assessora alla cultura, vicepresidente regionale e presidente della Conferenza delle Regioni e Province autonome. Un passo indietro. Quando entra nella Lega Nord la giovane udinese, fedelissima di Bossi, si è appena brillantemente laureata con voto finale 110 e lode e diritto alla pubblicazione della tesi; ha vinto anche il concorso per insegnare, con l’obiettivo di entrare nella carriera universitaria.

«È stato un grande cambiamento – ricorda –, sono arrivata quando governava il pentapartito; gavetta e scuole di partito erano obbligatorie. Oltre a ciò erano da venire le quote rosa; oggi è più semplice entrare in politica senza alcuna esperienza, come dimostrano i curricula dei Cinque stelle. Arrivavo da una famiglia normale con una forte passione civica e laica. Mio padre fu assieme a Fausto Schivi uno dei fondatori del Movimento autonomista friulano». Come andarono le cose? «Devo ringraziare i politici marpioni (usa il termine sorridendo, n.d.r.) e i funzionari che mi fecero fare quello che io definisco un master straordinario di tecniche ammiIn questa pagina due immagini di Alessandra Guerra, nata a Udine il 19 luglio 1963. |

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A Niteroi, favela di Rio, con i ragazzi del Badminton.

nistrative e politiche. Sapevano esprimere professionalità e ideali. La politica, compito che richiede sacrificio e dedizione, era dunque giustamente pagata. Quelli erano i tempi non della Lega becera di oggi, ma di un movimento popolare che aveva un suo centro studi interno nel quale ci si preparava. Erano i tempi del rapporto con l’Università Bocconi di Milano e di Giulio Tremonti. Erano i tempi nei quali presero il via le spinte verso le riforme che poi vennero fatte dal centro sinistra. Io posso dire che ho partecipato a questa fase importante di rinnovamento del nostro Paese». Le capitò di incontrare Matteo Salvini nei suoi incontri di partito? «Se l’ho incontrato non me ne sono accorta e non lo ricordo. Mi confrontavo con Bossi, capo barbarico di un’orda, come eravamo defi niti, ma intelligente, con una sua etica. Il corto circuito della mia vita politica è stata sia la sua malattia sia l’arrivo sulla scena politica della Spa di Berlusconi, alla quale la Lega ha ceduto una fetta di elettorato di insoddisfatti desiderosi di cambiare le cose». È stato a quel punto che lei ha scelto di entrare nel Pd? «Da buona cattolica – quale ero allora – fedele alla propria posizione, ho sperato che tutto potesse cambiare a fin di bene. Poi non ce l’ho più fatta e ho deciso di lasciare prima la Lega, poco dopo la politica». Cosa pensa della Lega di oggi che sembra abbandonare la sua connotazione di partito del Nord? «Oggi non ha più quel fil rouge del federalismo, elemento forte e caratterizzante, per il quale eravamo arrivati alla modifica del titolo quinto della Costituzione. Un cambiamento fondamentale nella vita del Paese che venne attuato poi dalla sinistra sulla spinta di Bossi che sapeva trattare politicamente con tutti». 30

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Di fianco, Alessandra Guerra (seduta a destra) nel 1995 al Quirinale con il Presidente della Repubblica Scalfaro durante la riunione di Camere congiunte per l’inaugurazione della Galleria delle Regioni. Guerra tenne il discorso inaugurale, trasmesso in diretta da Rai2. Pagina accanto, a sinistra, Guerra a Villa Manin nel settembre 1995 in veste di Presidente della Conferenza dei vertici delle Regioni italiane. A destra, a Trieste nel 1994 per il cinquantesimo anniversario del ritorno della città all’Italia. Alla sua sinistra l’allora ministro della Difesa Previti, il Presidente del Senato Scognamiglio e il Presidente della Repubblica Scalfaro.

Lei si occupa ancora di federalismo. «Oggi i miei interessi sono più di tipo culturale e storico. Nella mia attività di insegnante a contratto, l’Università di Trieste mi ha offerto l’opportunità di trattare il tema dell’analisi dei movimenti federalisti e cambiamenti in senso federale. Maroni, che nel momento delle lotte intestine voleva ancora costruire il partito di buon senso della prima ora, mi chiese di lavorare nel parlamento del nord sul federalismo fiscale. Io accettai, ma senza la presenza di Bossi mi ritrovai a essere merce di scambio fra le diverse faide». Nel 2009 la decisione di appoggiare Illy come presidente del FVG entrando nel Pd, una scelta che rifarebbe visti i risultati? «Sono andata a fare la cameriera nel Pd. Io ci credevo tanto, era stata una folgorazione work in progress. La Lega si stava avvicinando a una destra scomoda, era risucchiata da un vortice di potere nel quale doveva la sua esistenza a Berlusconi. In quel momento Illy stava facendo delle riforme di tipo federalista. Da qui la mia scelta di appoggiarlo, inizialmente anche con l’avallo di Maroni. Quel centro sinistra in regione era una danza di buon senso, di opportunità e capacità politiche e amministrative. Mai più visto dopo. Ecco perché poi decisi che avevo voglia di tornare a studiare e di riprendere in mano la mia vita». È ancora iscritta al Pd? «No, mi definisco anarchica, atea e vegetariana. I miei interessi al momento sono tornati ad essere quelli che erano prima che la politica mi rovinasse la vita». In che senso? «Ho perso tutto a causa della politica. Non sono una privilegiata, come alcuni ritengono, ma una persona che merita le scuse della politica che mi ha usata come capro espiatorio: bella, giovane e intelligente, un cavallo di razza, venni defi nita da alcuni, che però doveva essere strigliata. Avrei dovuto accettare di rinunciare ad usare la mia testa». Nel 1994 le subentrò alla presidenza della regione Sergio Cecotti, oggi possibile candidato Go-


vernatore: “Tutto cambi affinché nulla cambi”, per dirla con le parole di Tancredi nel Gattopardo? «Proprio così, Cecotti, che a quel tempo aveva abbracciato gli ideali federalisti del Movimento Friulano di mio padre, era elemento di spicco della Lega. Lui è stata una delle persone che mi hanno fatto più male. Lasciò il partito nel 2003 causando così la mia sconfitta nelle elezioni regionali dello stesso anno». Non la imbarazza ricevere un vitalizio di 3.000 euro al mese dopo circa 15 anni di servizio? «Questo importo è solo un riconoscimento dell’alta professionalità con la quale ho svolto il mio mandato in politica e il frutto di quanto versato in un fondo assicurativo durante l’attività politica. Aggiungo che continuo ancora oggi a dare il mio contributo gratuito attraverso l’insegnamento e la ricerca che svolgo senza onorario, solo con rimborso spese per benzina e autostrada, per enti pubblici e privati che richiedono la mia collaborazione. La politica mi ha distrutto l’esistenza sul piano civico e personale. Un concorso pubblico al quale partecipai avendo i titoli per vincerlo è stato annullato piuttosto che riconoscere le mie competenze. Se non è questo accanimento della politica contro una persona, che cosa è? Avrei potuto avere quel posto, mi venne detto chiaramente, se avessi accettato un percorso di riabilitazione. Io rifiutai: mi considero una matta sana, normale in un Paese anormale». Cosa c’è scritto sulla sua carta d’identità? «Sono un’insegnante, ho vinto un concorso per entrare in ruolo, ma il diritto andò perso negli anni della mia attività politica. Così la mia carriera è stata bloccata. Mi capita di fare formazione, di fare lezione in Università e in scuole private, compiti che tengo a sottolineare svolgo a titolo gratuito». Torniamo all’attualità: a suo avviso come è cambiato il FVG in questi anni?

«Nei primi cinque anni dal 1993 abbiamo fatto miracoli. Riforme importanti: è stata creata l’Arpa, realizzata la riforma sanitaria, iniziato il processo di passaggio delle servitù militari alla Regione. Il centro sinistra ha dato un grande contributo negli anni successivi e devo dire che il presidente Riccardo Illy ha governato benissimo. Con lui condivido l’etica dell’impegno pubblico e la concretezza dei risultati nella conduzione della cosa pubblica. Ha saputo guardare avanti, con una capacità imprenditoriale non compulsiva. Credo sia l’unico politico nazionale ad avere una statura alla Macron». Se la chiamasse sarebbe disposta a lasciare i suoi studi e le sue attività di ricerca per riprendere l’attività politica? «Non è stato facile riprendere a vivere dopo l’esperienza politica. Il mio corpo gridava e solamente attraverso un duro lavoro di recupero del senso della vita e dell’equilibrio psico-fisico – raggiunto anche attraverso lo yoga, lo sport e uno studio approfondito dell’anatomia del corpo – ho recuperato una normalità e serenità di donna e madre. Riccardo Illy tuttavia è una persona con la quale tornerei a mettermi in gioco». I suoi progetti nel breve periodo? «Sto scrivendo un saggio di storia dell’arte con un impianto scientifico basato su documenti rinascimentali, con un supporto documentario non solo di testi cartacei ma anche di testimonianze architettoniche. Sarà un lavoro che tratterà dei terapeuti che seguivano Gesù, fra i quali Maria Maddalena. Il lavoro di una vita per me». Un lavoro che verrà presentato in che forma? «Spero che uscirà come pubblicazione per avere la maggior diffusione possibile. Ma non mi chieda quando». Margherita Reguitti |

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VIAGGI E METE ALGHERO Servizio di Andrea Doncovio Immagini di Riccardo Rigonat

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Catalogna, Italia La Sardegna è spesso considerata sinonimo delle spiagge della Costa Smeralda o di quella sudorientale. Eppure a nordovest, una città in cui l’influsso spagnolo è più vivo che mai, attira un numero sempre maggiore di turisti. Che vi scoprono un intreccio magico di storia e tesori del mare.

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Osservando l’orizzonte dagli antichi bastioni del porto, lasciando che il Maestrale conduca l’immaginazione, è possibile figurarsi le navi spagnole che si avvicinano per l’attracco. Ma anche se una sferzata di vento ci riporta alla realtà, volgendo gli occhi verso le strette vie pedonali che si inerpicano e si intersecano nel colorato centro storico, ritroviamo ugualmente in ogni angolo i simboli di una tradizione cata-

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lana di cui Alghero e i suoi abitanti ancora oggi sono testimoni. Perché la quinta città sarda per popolazione (44 mila residenti), costituisce per storia ed evoluzione una sorta di isola nell’isola. I tetti rossi che toccano il cielo e l’insenatura naturale affacciata sul mare smeraldo sono il biglietto da visita indimenticabile di un territorio dalle radici ben più stratificate del suo centro cittadino. I circa 90 chilometri di litorale algherese sono per tutti la Riviera del Corallo: nomen omen, qui vive la maggiore colonia di coralli della qualità più pregiata, come ricordano le immagini e le iconografie utilizzate nei diversi souvenir che popolano i negozi cittadini. E, soprattutto, l’arte manifatturiera locale, con i maestri artigiani abili nell’unire proprio il corallo con l’oro per creazioni tanto preziose quanto colorate di sole e mare. Per averne conferma è imperdibile una visita al Museo del Corallo, che ne svela origini e forme. Sopra: Alghero al tramonto (ph. Jon Jngall). Accanto: l’interno della chiesa di San Francesco. Pagina accanto in alto, a sinistra vista delle mura dal porto (ph. Milosk 50); a destra dettagli di una antica postazione difensiva. Pagina accanto a destra, partendo dall’alto, l’Escala del Cabirol che conduce alla Grotta di Nettuno; la spiaggia Le Bombarde (ph. Gabriele Maltinti).


La storia narrata dalle pietre

Alghero è uno dei pochi centri in Italia ad aver conservato quasi intatte mura e torri che da sempre la cingono. Oggi i suoi bastioni, dedicati ai grandi navigatori (Colombo, Pigafetta, Magellano e Marco Polo), sono diventati una suggestiva passeggiata. Alghero fu eretta fra il 1102 e il 1112 dalla famiglia Doria e le sue prime fortificazioni risalgono a pochi decenni dopo. A fine XIII secolo ci fu un ampliamento mentre, durante il dominio aragonese, non fu apportata nessuna modifica sostanziale: rimase il tracciato genovese con 26 torri. Così sino al XVI secolo quando il circuito murario fu ricostruito: completata la parte fronte mare, rimase incompiuta quella a terra. Dal 1867 Alghero fu esclusa dal novero delle città strategiche: iniziò lo smantellamento. Ma di ciò che è stato, tutto (o quasi) è giunto sino a noi: le mura lato mare e otto torri cittadine cinquecentesche (più 11 lungo la costa). La torre di Porta Terra era la Porta Rejal, ingresso della città arrivando da Sassari. La torre di San Gio-

vanni era quella ‘di mezzo’, mentre quella di Sulis è nota per la cruenta battaglia notturna tra 5 e 6 maggio 1412: pochi algheresi si opposero alle truppe di Guglielmo III di Narbona. Il nome deriva da un tribuno cagliaritano protagonista delle agitazioni di fine XVIII secolo, condannato e qui imprigionato per oltre vent’anni. Nel perimetro urbano rientrano anche le torri di San Giacomo, della Polveriera (l’arsenale) e di Sant’Elmo, intitolata a Erasmo (Elm in catalano), santo navigatore. All’interno, in bassorilievo, lo stemma della Corona d’Aragona. Infine la Garitta Reale, avamposto di guardia all’estremità dei bastioni Marco Polo, e la torre della Maddalena con scolatoi sporgenti per lanciare sui nemici olio e acqua bollente, detta anche di Garibaldi, che approdò qui nel 1855. A sud, lungo la panoramica per Bosa, troviamo altre due torri, mentre a nord, tra il parco di Porto Conte e Capo Caccia, ben sei: la più suggestiva quella della Pegna, costruita su un promontorio dai pescatori di corallo. Altre tre sono a Porto Ferro.

Il centro storico è la parte più affascinante della città. Un labirinto di vicoli che sbucano in piazze piene di vita. Le mura gialle e le case antiche rievocano le origini catalane del paese. Così come gli edifici religiosi: la cattedrale di Santa Maria (XVI secolo), le chiese del Carmelo (seconda metà del XVII), con il suo grande retablo dorato, di San Michele, con la caratteristica cupola in maiolica colorata, e di Sant’Anna (1735), in stile tardo-rinascimentale. Dal centro storico al mare è un susseguirsi di lidi uno più bello dell’altro. Per primo Le Bombarde, spiaggia dalle acque trasparenti e dal fondale sabbioso e limpido, meta di famiglie con bambini, giovani e appassionati di surf. Ad appena un chilometro di distanza ecco il Lazzaretto: una successione di dieci calette con sabbia chiara e sottile. Un po’ più distante, all’interno della baia di Porto Conte, la spiaggia di Mugoni costituisce un’oasi totalmente riparata che garantisce acque placide anche nelle giornate più ventose. Gran parte della costa è protetta dall’area marina di Capo Caccia - Isola Piana dove, oltre ai continua a pag. 35 >> |

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Il Nuraghe di Palmavera

L’architettura della costruzione testimonia la straordinaria abilità dell’affascinante e misteriosa civiltà nuragica. Il complesso di Palmavera si trova sul promontorio omonimo a un chilometro e mezzo dal mare, all’interno del parco di Porto Conte, nel territorio di Alghero. È costruito con blocchi di calcare e arenaria, composto da un corpo centrale con due torri e corredato da un antemurale e dalle capanne di un villaggio: oggi se ne contano meno di 50, in origine si stima fossero tra 150 e 200. Venne edificato in più fasi. Alla prima (XVXIV sec. a.C.) risale la torre principale, alta otto metri con diametro di dieci, all’interno della quale c’è una camera centrale con copertura a tholos. Una scala conduceva a piano superiore e terrazzo. In una fase successiva (IX sec. a.C.) fu aggiunta un’altra torre, collegata alla prima con

Capo Caccia

È la porzione marina del grande ecosistema del parco di Porto Conte, del quale fa parte dal 2002. L’area protetta di Capo Caccia - Isola Piana comprende la baia di Porto Conte (ph. Gabriele Maltinti) e il tratto tra Punta Giglio e Capo Caccia: un patrimonio naturale dal valore inestimabile, impreziosito da calcari ricchi di fossili e rare piante sulle rupi. È possibile visitare siti naturalistici e archeologici con itinerari di trekking e speleologici: come Le Prigionette, foresta con asinelli bianchi, cavallini della Giara e dai-

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un cortile e un corridoio. Venne realizzata, inoltre, la grande capanna delle riunioni. Al suo interno, il rotondo sedile del capo. Tra i vari arredi dell’abitazione, è stato ritrovato un modellino di nuraghe, un reperto d’arte preistorica caratteristico di altri complessi della Sardegna (a Mont’e Prama ne sono stati ritrovati ben 16). Oggi dentro Palmavera è possibile ammirare una copia del modellino, mentre l’originale è conservato al museo G.A. Sanna di Sassari. Durante la terza fase di realizzazione (IX-VIII sec. a.C.), fu eretto un muro perimetrale con quattro torri. Dopodichè il villaggio fu distrutto da un incendio e ripopolato in epoca punica e romana. Attorno a Palmavera si snoda un percorso praticabile in mountain bike, attraverso cui proseguire il viaggio nel tempo. Nella baia di Porto Conte – per i Romani portus Nympharum – si può visitare un altro sito nuragico: Sant’Imbenia (XV-VIII sec. a.C.), il più antico scalo marittimo fenicio dell’Isola, sede di traffici col mondo orientale. Rimase al centro delle rotte commerciali di fenici, etruschi e greci fino al VII secolo. A breve distanza, ecco i resti di una villa romana, costruita per l’otium del proprietario, con attorno un latifondo. È costituita da residenza con stanze decorate e ambienti di servizio. A nord ci sono i resti di un impianto termale. ni, e – previo permesso – la Grotta Verde, dove si trovano testimonianze di settemila anni fa: forse destinata a defunti e corredi funebri, vi sono stati ritrovati fossili umani, ceramiche e graffiti. I sentieri dell’area marina salgono in luoghi panoramici come Cala della Barca, nome derivante da un vascello francese affondato qui nel 1664. Nel paradiso delle grotte ci si può dedicare al bird watching: lembi rocciosi sospesi a 300 metri sul mare sono popolati da volatili come il grifone nelle scogliere più impervie e il falco pellegrino a Punta Cristallo. L’area ha diversi livelli di tutela: la zona A è interdetta, mentre nelle riserve – di Punta del Cerchio, Cala del Bollo e di Porto Conte – ci si immerge in fondali ideali per il diving. Tra canaloni e guglie, è possibile osservare imponenti strati di alghe calcaree e praterie di posidonia, con pesci, molluschi e crostacei. Enormi massicci precipitano in acqua con pareti costellate di cavità aeree e marine.


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famosi coralli, sono incastonati centinaia di altri Lo sapevi che… tesori, tra cui la Grotta di Nettuno, raggiungibiProprio Alghero è stata scelta la scorsa primavele via terra, tramite i 654 gradini dell’Escala del ra per ospitare la partenza della centesima edizione Cabirol, o via mare, con imbarcazioni che parto- del Giro d’Italia. La città può essere visitata tutto l’anno, non no dal porto turistico. Oltre a bellezze naturalistiche e secoli di sto- solo in estate. Suggestivo è infatti il Cap d’Any de ria, Alghero – come tutta la Sardegna – van- l’Alguer, il capodanno, con spettacoli che animano il centro. Mentre il momento più appassionato dell’anta anche una superba tradizione gastronomino è la Settimana Santa a Pasqua, con i riti religiosi ca. Da un lato sono infatti piacevolmente inevi- della tradizione spagnola. tabili i molti piatti a base di pesce fresco di ottima qualità, dall’altro è assolutamente impossibile non lasciarsi catturare dai gusti e dai sapori della storia culinaria locale. Per farlo, è possibile scegliere uno degli agriturismi tipici, spesso immersi nel verde e circondati da testimonianze della storia agricola e artigianale della regione. All’insegna dell’autenticità che rivive nei piatti ricchi di sapori e profumi: dai salumi ai formaggi (imperdibile il pecorino sardo), dal pane carasau alla fregola, dai culurgiones alla seada, passando per l’immancabile maialino cotto alla brace… Un concerto del gusto capace di tenere testa al fascino del paesaggio. Ennesima meraviglia di una terra e di una città che da secoli continuano a incantare il mondo, con la consapevolezza sfrontatamente ingenua di A 34 km da Alghero è situata la Cala dell’Argentierimanere inconquistabili. ra dove sono presenti i resti di una miniera sfruttata in passato per le sue riserve di piombo, argento e Andrea Doncovio zinco (ph. Mikhail Strarodubov).

La Grotta di Nettuno. E non solo

La Grotta di Nettuno è raggiungibile attraverso l’Escala del Cabiròl (foto in basso a sinistra) oppure con servizi navetta dal porto cittadino e Cala Dragunara, costeggiando Capo Galera e la caratteristica isola di Foradada. L’interno (foto a destra), visitabile per quasi 600 metri, ospita suggestivi ambienti con stalattiti e stalagmiti, e un lago. La grotta sommersa di Nereo, invece, è la più estesa d’Europa: in immersione si entra a 32

metri di profondità e si esce da un’altra apertura a quindici, dopo un percorso di 350 metri tra gallerie e camere. Oltre alle due più note, ci sono le grotte del Giglio, del Pozzo, del Falco e il tunnel azzurro, che attraversa il promontorio tra Cala della Barca e Cala Puntetta, consentendo il passaggio a basse profondità da una parte all’altra. Un mondo misterioso e affascinante, dove scoprire forme di vita come il corallo rosso.

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PERSONAGGI

LARA CIARABELLINI Intervista di Margherita Reguitti. Immagini di Lara Ciarabellini

Immagini

e memorie

Nella sua Grado trova la serenità da cui nascono le idee. È a quel punto che parte per realizzarle. Dalla Bosnia al Brasile, le sue fotografie narrano storie ed emozioni di popoli e paesi. Da tramandare al mondo.

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Ci sono voluti molti mesi per incontrare la fotografa documentarista Lara Ciarabellini (nella foto in apertura in Bosnia) e volontà adeguata per creare l’occasione della chiacchierata alla quale state per partecipare. Una volontà forte, scaturita dall’aver avuto fra le mani per caso le fotografie del volume “Somnambulism”. Lavori affascinanti per intensità di tema, magnetici per perizia tecnica e assoluto nitore di impostazione, pervasi da suggerite emozioni che a ogni sguardo crescono e mutano. Lara Ciarabellini, gradese cresciuta nell’isontino, è una viaggiatrice in cerca di memorie collettive, di stratificazioni di eventi, di culture e di popoli. I paesaggi o le singole persone catturati e fissati nei lavori sono la sintesi colta in concretezza di luoghi e esseri, intrisi di un’energia più grande e complessa, che va oltre l’immagine nel processo di concettualizzazione. Lara, come è nato il suo linguaggio fotografico? «Dallo studio: non sono autodidatta. Dopo la laurea in Economia nel 2000 ho trovato lavoro a Roma. Nel tempo libero ho iniziato a fotografare; per me, senza velleità. Mi rilassava farlo. Avevo buon occhio, soprattutto per ritrarre la gente, soggetti che mi attraevano più dei panorami». 36

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Quando ha deciso di dedicarsi totalmente alla fotografia? «Alcuni anni dopo; ho lasciato il lavoro e mi sono trasferita in Bosnia, a Sarajevo. Mi sono iscritta a un master biennale di fotogiornalismo e fotografia documentaria all’Università delle Arti di Londra. Dal 2011 al 2013 ho fotografato paesaggi, molti in notturna. Da questo progetto è nato il libro “Somnambulism”, pubblicato dell’editore tedesco Kehrer». Qual è il significato evocativo del titolo scelto? «Da una parte il mio vivere di notte, visto che le fotografie sono quasi tutte scattate al buio, ma anche la mancanza di un padre che sta alla base di questo disturbo del sonno. Un padre che Kusturica in un suo film ha sviluppato nella metafora della scomparsa di Tito, fondatore e padre della Jugoslavia. Il volume, che propone anche autori e poeti, è suddiviso in capitoli. Il primo “Sonnambulismo” ha come protagonisti paesaggi notturni: una fissità di realtà che è ciò che rimane della storia, dopo i cambiamenti sociali e culturali, dopo la distruzione delle guerre. Sono immagini che defi nirei dei capolinea di cose accadute. Nel capitolo “Amnesia” gli scatti documentano ciò che la guerra degli anni ‘90 del secolo scorso ha distrutto fisicamente ma anche moralmente: il


A Niteroi, favela di Rio, con i ragazzi del Badminton.

massacro del vicino, del fratello. Un passato, oggi presente della Siria, per il quale è stato ricostruito materialmente ma non psicologicamente. Nel capitolo “Coscienza” viene concettualizzato il processo di rimozione, dopo aver dimenticato il passato per far posto a un presente alquanto incerto. Nell’ultima parte ritorna la metafora del sonnambulismo in forma di luoghi con la presenza di un uomo che li attraversa avvolto nella nebbia. Un finale aperto del racconto che rimanda all’incertezza di scelte che la nazione bosniaca deve ancora intraprendere». Come nasce la sua fotografia? «I miei lavori sono ragionati ma non costruiti. Prima di scattare mi documento in modo approfondito per capire perché le cose accadono in un luogo piuttosto che altrove. Arrivo allo scatto dopo aver cercato di entrare nella storia delle persone e dei luoghi. Quindi lascio andare il cervello per dare spazio al sentimento in un moto liberatorio della mente». Ci faccia un esempio. «Ho realizzato un lavoro sull’Atterro do Flamengo, un grande parco a Rio de Janeiro, vicino a casa mia. Un paradiso tropicale dove la gente vive, si diverte, si incontra. Prima di decidere un piano di lavoro ho fatto molte ricerche sulla nascita del parco, chi lo ha disegnato, la varietà di flora e di piante. Ho osservato le persone che lo frequentano e gli edifici costruiti all’interno. Durante le Olimpiadi ho fatto dei lavori pubblicati su riviste italiane e internazionali dedicati agli sport amatoriali come il badminton, il surf e la maratona in mare. Ho fatto ricerche sulle singole discipline, ma ho anche studiato come il paesaggio di Rio ha accolto i Giochi. Sportweek ha scelto una mia foto proprio per una copertina sulle Olimpiadi». Perché ha scelto di vivere a Rio? «Rio, come Sarajevo e Gerusalemme, ha un’energia potente che scaturisce dalla natura, dall’incrocio di razze e dalla stratificazione di culture. Certo non è una metropoli tranquilla, anzi la violenza è ovunque; bisogna sempre stare attenti e avere precauzioni. Io vivo nella zona coloniale dove, fi no alla fondazione di Brasilia, c’era il palazzo del governo».

Lara Ciarabellini, gradese di nascita, dopo la laurea in Economia e Commercio ha scelto di fare la fotografa documentarista seguendo percorsi didattici in Italia e conseguendo il Master degree in Photojournalism and Documentary Photography, alla London College of Communication, University of Arts (nella foto durante la mostra fotografica di fine master). Il suo progetto “Somnambulism” ha ricevuto molti riconoscimenti internazionali. È stato premiato alla Biennale Fodar di Fotografia umanistica del 2015 e al Central European House of Photography Portfolio Reviews nel 2014. Come volume è stato presentato alla manifestazione “Vicino Lontano. Premio Terzani” di Udine nel 2016. Sue fotografie sono state pubblicate da riviste come Financial Time, Internazionale e Sportweek, e sono state esposte in importanti gallerie europee. È rappresentata da Anzenberger Agency - http://www.laraciarabellini.com/about.

Ha lavorato nelle favelas? «Certo, in varie occasioni, realizzando un lavoro dedicato alla scuola di meditazione di Rogerio Barros che accoglie i bambini de Morro (le montagne dove sorgono le favelas e creano l’orografia di Rio, n.d.r.). Lì i piccoli imparano a non reagire alla provocazione e alla violenza che incontrano ogni giorno. Intenso è stato il contatto con il progetto “Para ti”, creato da Franco Urani, dirigente della Fiat in Brasile che trasformò parte della sua villa, al confi ne fra zona ricca e favela, in una scuola. Progetto oggi portato avanti dalla figlia. O ancora incontrando la realtà di una squadra di badminton, creata da un professore di ginnastica che ha fatto di ragazze e ragazzi di strada dei campioni nazionali under 15, con il sogno nel 2020 di partecipare alle olimpiadi di Tokio». Cosa rappresenta per lei tornare a Grado? «È la mia terra, il mio mare. Quando torno è l’olfatto il senso che mi dà l’emozione più forte, facendomi sentire a casa. Quell’odore di marinasso (“duto ‘l gno sangue ‘l sa de marinasso”, scriveva Biagio Marin in “Anema mia”, n.d.r.), mi dà la coscienza di essere nel posto da dove sono partita. È il luogo dove mi rilasso, riposo, metto in ordine le mie idee e il mio lavoro. Qui trovo la calma e la pace in famiglia, qui nascono le idee. Poi riparto per realizzarle». Margherita Reguitti |

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ALLA SCOPERTA DI... LA POSTA NELLA GRANDE GUERRA Servizio e immagini di Alberto V. Spanghero

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“Sento la tua voce

in un pezzo di carta”

4 miliardi di lettere e cartoline ordinarie, 20 milioni di raccomandate, 9 milioni di pacchi, 30 milioni di vaglia transitati per le trincee. Il primo conflitto mondiale rappresentò il battesimo del fuoco per il servizio postale. Una mole impossibile da controllare anche per la censura militare.

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La cartolina postale, nelle sue due parti, una per la comunicazione e l’altra per la risposta pagata in franchigia, secondo un Regio Decreto Italiano del maggio 1915, doveva venire distribuita gratuitamente ai soldati in servizio, nella misura di tre alla settimana. Stessa cosa, pur con formalità diverse, avveniva in Austria. In considerazione di ciò si può pensare che altrettanto massiccio fosse lo scambio con l’altra parte, quella che stava a casa, che non fruiva della franchigia. Il soldato al fronte sicuramente non poteva rivelare luoghi e tempi sull’esito degli attacchi contro il nemico o raccontare la vita da “topi intrappolati in fetide trincee” o dei massacri a cui era costretto assistere, né ambiva avere altri scopi. In buona sostanza il fante di trincea veniva a sapere degli attacchi contro il nemico solo a cose fatte e doveva scrivere che tutto sommato stava bene e poco altro. Questo in estrema sintesi. Il suo orizzonte di veduta, per altro, era molto limitato e difficilmente riusciva ad andare oltre al buco della feritoia da cui osservava e sparava sul nemico. Per cui il soldato poco o niente sapeva di quello che stesse succedendo attorno a lui e sicuramente era più importante per lui poter ricevere notizie da casa sulla vita e sulla salute dei propri cari. Leggere o scrivere lettere era per il soldato uno dei pochi modi per distoglierlo dall’inferno in cui era costretto a vivere. Qualora, contravvenendo alle disposizioni vigenti, lo avesse fatto, ci avrebbe pensato la censura impegnata a “ripulire” le lettere e le cartoline dalle notizie ritenute pericolose ai fini militari o negative per il morale delle truppe. Questo i comandi supremi lo avevano capito fin da subito ed escogitarono un sistema di controllo che potesse rendere il soldato psicologicamente sempre meno un uomo liSopra: soldato in trincea mentre scrive alla moglie; di fianco: Basso Isonzo 1917. Militari austriaci intenti al disbrigo della posta.

bero, colpendolo negli affetti più cari per trasformarlo in un uomo oggetto. Non esente da censura era pure la stampa, quella “ufficiale”, che spesso trasformava una sconfitta in una quasi vittoria. Il primo conflitto mondiale è stato il “battesimo del fuoco” per la posta in generale e quella militare in particolare. Nessuno s’immaginava all’inizio del conflitto che il fenomeno sarebbe esploso in maniera così devastante. Gli scambi epistolari da e per i vari fronti di guerra in quel periodo arrivarono a 4 miliardi di lettere e cartoline ordinarie, 20 milioni di raccomandate, 9 milioni di pacchi, 30 milioni di vaglia transitati per le trincee. Non trascurabile fu la propaganda ideologica, politica, militare e religiosa attraverso le cartoline postali: “l’arma della persuasione”. Furono stampati milioni di pezzi con vignette e con frasi tipo: “Vincere bisogna”, “Fate tutti il vostro dovere”, “...che l’Italia sia vittoriosa”. Questi erano i messaggi che circolavano perlopiù

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all’interno degli Stati dove tutti erano convinti che la posta fosse uno strumento di capitale importanza per condizionare la formazione dell’opinione pubblica. Poi c’era un tipo di propaganda a parte, riservata solo ai “Prestiti di Guerra” (ma questa è una storia che racconteremo in un altro contributo). Enorme fu l’impegno dell’U.P.U. (Unione Postale Universale) per regolare tutto quel traffico. Ma soprattutto era di importanza vitale per ogni nazione in guerra cercare di evitare che i soldati passassero informazioni e seminassero disfattismo. Anche se la censura sulla corrispondenza militare, ma soprattutto su quella diplomatica, esisteva da sempre in Europa, con la Grande Guerra si superò un confine fino ad allora ritenuto inviolabile: il segreto epistolare. Affinché il servizio postale potesse decollare erano necessarie almeno due condizioni; un nome e un indirizzo e saper leggere e scrivere. E lì cascava l’asino. Alla fine del XIX secolo, infatti, i due terzi degli italiani erano analfabeti. L’Austria stava sicuramente meglio. Nelle contea di Gorizia e Gradisca, l’alfabetismo era del 99% (Relazione del 1899 sull’attività dell’imperial regio Consiglio Scolastico Distrettuale di Gradisca), mentre nel comprensorio di Forlì, Ravenna e Cesena (abbiamo scelto per equidistanza geografica solo la parte centrosettentrionale dell’Italia) l’analfabetismo toccava punte del 50%. Per non parlare del Sud e delle Isole, dove l’analfabetismo arrivava al 90-95% (Censimento demografico in Italia del 1911). Anche se il livello di alfabetizzazione in Austria era superiore a quello italiano, non si può dire che le cose stessero meglio. Infatti i soldati austroungarici al fronte ricevevano dai loro comandi settimanalmente almeno tre cartoline postali in franchigia dette Feldpostkorrespndenzkarte stampate, oltre che in tedesco, anche in altre sette lingue, compreso l’italiano, che venivano utilizzate per la corrispondenza con le famiglie. Questa situazione di carattere multinazionale creava ai censori austriaci problemi di lingua di tutti i generi facilmente immaginabili. In Austria normalmente erano i comandanti di plotone che dovevano sobbarcarsi il lavoro di lettura degli scritti e apporre accanto al timbro, che attestava l’avvenuto controllo, la stampigliatura “zensuriert”, ossia censurata. Sul fronte italiano il controllo in partenza della corrispondenza veniva svolto normalmente da Regi carabinieri, finanzieri o civili delle Regie Poste. Quasi la totalità della corri-

A sinistra, dall’alto: - “Questa notte mi sono insognato che ero a casa e avevo in braccio la mia Felicita” (Figlia di un anno). Lettera di Luigi Torre, soldato austriaco che così scriveva da Radkensburg alla moglie Maria il 19 luglio 1918. Luigi morì di febbre spagnola nel suo letto a Turriaco il 5 ottobre 1918; - cartolina postale italiana VERIFICATA PER CENSURA, del 3 luglio 1916; - FELDPOSTKARTE. di Luigi Torre alla moglie Maria Cosani scritta il 18 febbraio 1917; - lettera di Riccardo Clemente, soldato in Austria, alla moglie Olimpia Martinuzzi; - Turriaco, 27 dicembre 1916. Ufficio Postale militare del 13° Corpo d’Armata. I figli di Lucia Comar scrivono alla madre in prigione a Udine; - cartolina postale di Luigi Torre alle figlie Argia e Felicita del 28 febbraio 1918. 40

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spondenza era scritta a mano, in maniera frettolosa e a matita, spesso con una calligrafia incomprensibile. Moltissimi soldati scrivevano e ricevevano lettere per la prima volta in vita loro e questo per la totalità altro non era che l’unico modo di togliersi dalla solitudine attraverso uno strumento mai conosciuto prima dalla stragrande maggioranza di loro: la scrittura. Il che significava scontro con le parole prima che con se stessi. Un giovane soldato romagnolo, rimpiangendo i luoghi e i tempi perduti, deportato a centinaia di chilometri di distanza da casa, si meravigliava della forza della scrittura e con le lacrime agli occhi scriveva alla moglie questa splendida frase: “Sento la tua voce in un pezzo di carta”. Si può affermare, senza il minimo dubbio, che il servizio postale sul banco di prova della Grande Guerra assolse benissimo il proprio compito, affermando che la corrispondenza arrivava laddove non arrivava il pane. Quasi tutti gli scritti, su lettera o su cartolina, si dividevano normalmente in tre parti: la prima con i convenevoli riguardanti lettere spedite e ricevute e quelli sulla salute propria e altrui; la seconda con i fatti concreti della vita e la terza con i saluti e con gli auguri. Ecco un esempio con la lettera di Salvatore Baronio, colono, nato a Roncofreddo - Forlì nel 1888 e morto nell’Ospedaletto da campo n° 116 il 21 novembre 1916: Cara molia... Cara mia per senpre... ogi stesso ricevuto latua lettera la cuale mi a fatto molto piacere di sentire che state tuti bene di saluta e anca la nostra filia... la seconda riguardava le notizie su fatti e cose ...sento che mi dici che il grano e stato poco e la uva lostesso ma a tutto si rimedia basta che posiamo aritornare presto assieme a voi... e la terza, con i saluti e gli auguri Saluti a tuti, ai padroni, e tuti cuelli che domanda di me e un più bacio a nostra Cara Filia. ...preghiamo Idio di poterci arrivedere presto... Di nuovo saluti e baci Addio Addio Arivederci.

Nonostante gli addetti fossero genericamente molto attenti, c’era sempre qualcuno che, vuoi per la grande mole di lavoro, vuoi per la difficoltà di lettura dovuta alla grafia o a un italiano dialettale, se non proprio in un dialetto stretto, apponeva su lettere e cartoline in franchigia, senza nemmeno leggerle, il timbro “VERIFICATO PER CENSURA”. Così molte lettere riuscivano a filtrare le maglie della censura e arrivare a destinazione senza subire cancellazioni. Per semplificare il lavoro di lettura e di censura, gli organi preposti del Regio Esercito spedirono nelle zone di guerra cartoline postali con la frase prestampata “sono sano e sto bene”. Non dovevano arrivare all’interno del Paese notizie di una guerra disastrosa con centinaia di migliaia di vittime per occupare piccole porzioni di terreno roccioso senza alcun valore.



In alto da sinistra: Turriaco anni sessanta. “La Catina de la posta”, postina a Turriaco per quasi cinquant’anni, prima sotto l’Austria e poi sotto l’Italia; Turriaco 1916. Lucia Comar e il marito Valentino Tonca, davanti al rifugio di casa; Turriaco 1916. Cassetta postale da campo sistemata sul confine fra Turriaco e Pieris. Non c’è da stupirsi quindi se certe lettere come quelle che proponiamo di seguito siano potute passare ai controlli. Lettera di Primo Farabegoli, colono, nato a Formignano nel 1891, inquadrato nel 6° Reggimento bersaglieri e morto nel 1916 di broncopolmonite contratta al fronte. In una cartolina postale in franchigia l’ l1 agosto 1915 così scriveva al cognato (tralasciamo i convenevoli iniziali sulle lettere ricevute e spedite): ... carissimo cognato ti diro che io adesso mi / atrovo lontano dal pericolo e mi trovo sano in saluta / ma abiamo pasato dei bruti / momenti il giorno 26 abbiamo un gravissimo combattimento / con una bruta sconfitta abiamo dato / lassalto e siamo stati sconfitti /abiamo dato lassalto e siamo /stati respinti con / gravisime perdite al forte di san Michili dove prima di noi cianno dato / altri tre assalti anchessi respinti / noialtri nel combatere/ siamo pasati sopra i fratelli morti /10 o 15 giorni fa / che puzzavano e cinerano una quantità ... caro Primo il nostro batalione eravamo 1100 bersalieri e cinne rimasti 461... ringrazio Dio che sono rimasto neanche ferito. Primo Farabegoli scrive ai genitori: Carissimi genitori rispondo alla vostra desiderata lettera ... il 7 cianno mandati a riposo a villa vicentina vicino al mare e lontano dal pericolo... molti cianno preso un gran calore di vissere (diarrea) dice sia stata in conbatimento che per mancanza di acua che anno bevuto lacua del Isonzo che era fragida (marcia, ndr) perche dentro ce molti cadaveri e cavalli morti e tuti i scoli dei ospedali da canpo... Olimpia Martinuzzi, una signora di Turriaco, per aver scritto al marito militare austroungarico che a Turriaco non si stava tanto bene perché era occupata dagli italiani, fu denunciata da un compaesano addetto alla censura postale e il 20 luglio 1915 fu internata a Giave, in Sardegna. Fu graziata per il fatto che era madre di sette figli, dei quali il più grande aveva 14 anni. Fece ritorno in Austria attraverso la neutrale Svizzera tre anni dopo, quando il fronte si era spostato sul Piave. Per l’inoltro della corrispondenza, dei pacchi e dei vaglia postali, quando di mezzo c’era il fronte e le relazioni diplomatiche fra Stati belligeranti erano interrotte, si faceva uso

di Stati neutrali che facevano da sponda come la Svizzera, la Spagna e la Città del Vaticano. Per esempio sacerdoti isontini internati in Italia dall’Esercito italiano ricevevano mensilmente dall’Austria la congrua attraverso l’ambasciata di Spagna e quella del Vaticano che provvedevano pure al cambio della valuta dalle corone in lire. Una signora di Turriaco, madre di dieci figli, per aver nascosto sotto il grembiule un pezzo di formaggio, fu subito accusata di furto e mandata in prigione a Udine, dove ricevette moltissime lettere e cartoline non in franchigia dai figli. Fu graziata dalla Regina d’Italia Elena di Savoia (così allora si disse) dopo due mesi di carcere. Caterina Spanghero (nonna del sottoscritto), figlia di Angelo, primo portalettere di Turriaco, nata nel 1878, faceva la postina a Turriaco già dal 1911 sotto l’Austria. Venne riconfermata dal Commissario militare italiano nel 1916 con uno stipendio posticipato di 30 lire al mese. Lei raccontava che negli anni della guerra c’era pochissimo traffico della posta tra civili. Le lettere in partenza si assommavano a quelle militari, le quali venivano raccolte in particolari cassette in legno appese sui muri e sugli alberi qua e là. La posta raccolta veniva portata in stazione ferroviaria di Scodovacca dove si provvedeva a un primo smistamento. Quella che partiva dal fronte di guerra verso l’interno del Paese affluiva all’Ufficio sussidiario n° 1 di Treviso, dove c’era l’ufficio centrale di censura postale militare. Concluso il controllo, la corrispondenza subiva una seconda ripartizione che veniva fatta la notte sui treni dal personale postale viaggiante. Messa in sacchi delle Regie Poste Italiane la posta proseguiva suddivisa per province che a loro volta provvedevano a inviarla ai Comuni di destinazione per essere recapitata. Viaggi che potevano durare settimane specialmente se diretti verso le isole. Comunque la posta arrivava sempre, magari dopo mesi, con le “ultime” notizie di una guerra combattuta tra contadini contro la fame e la sporcizia.

Alberto Vittorio Spanghero

Ricercatore e storico di Turriaco

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CONTO TERMICO 2.0

Contributi

per nuove caldaie e stufe

L’incentivo verrà erogato in un’unica rata entro cinque mesi dall’effettuazione dell’intervento, favorendo l’acquisto di apparecchi dalle elevate prestazioni.

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Il Conto Termico 2.0, in vigore dal 31 maggio 2016, potenzia e semplifica il meccanismo di sostegno già introdotto dal decreto 28/12/2012, che incentiva interventi per l’incremento dell’efficienza energetica e la produzione di energia termica da fonti rinnovabili. I beneficiari sono Pubbliche Amministrazioni (PA), imprese e privati che potranno accedere a fondi per 900 milioni di euro annui, di cui 200 destinati alla PA. Responsabile della gestione del meccanismo e dell’erogazione degli incentivi è il Gestore dei Servizi Energetici. Il nuovo Conto Termico è un meccanismo, nel suo complesso, rinnovato rispetto a quello introdotto dal decreto del 2012. Oltre a un ampliamento delle modalità di accesso e dei soggetti ammessi (sono ricomprese oggi anche le società in house e le cooperative di abitanti), sono stati introdotti nuovi interventi di efficienza energetica. Le variazioni più significative riguardano anche la dimensione degli impianti ammissibili, che è stata aumentata, mentre è stata snellita la procedura di accesso diretto per gli apparecchi a catalogo. Altre novità riguardano gli incentivi stessi: sono infatti previsti sia l’innalzamento del limite per la loro erogazione in un’unica rata (dai precedenti 600 agli attuali 5.000 euro), sia la riduzione dei tempi di pagamento che, nel nuovo meccanismo, passano da 6 a 2 mesi. Con il Conto Termico 2.0 è possibile riqualificare i propri edifici per migliorarne le prestazioni energetiche, riducendo i costi dei consumi e recuperando in tempi brevi parte della spesa 44

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sostenuta. Inoltre, il CT 2.0 consente alle PA di esercitare il loro ruolo esemplare previsto dalle direttive sull’efficienza energetica e contribuisce a costruire un “Paese più efficiente”. Tra le numerose le novità introdotte, ecco le più interessanti: ● L’erogazione dell’incentivo è stata abbassata da due rate annuali a un’unica rata. Ciò significa che l’incentivo ora verrà erogato entro cinque mesi dall’effettuazione dell’intervento a differenza di quanto previsto dal decreto precedente (18 mesi). ● Per le caldaie o stufe a pellet/legna è stato abbassato il limite massimo dell’emissione delle polveri per gli apparecchi che possono goderne da 40 a 30 microgrammi a metro cubo. Ciò significa che acquistando un apparecchio in conto termico si ha anche la garanzia di acquistare un apparecchio particolarmente prestante. ● La pubblicazione on line, sul sito del GSE (Gestore dei Servizi Energetici - www.gse. it) di un elenco di apparecchi, periodicamente aggiornato, che possono accedere al contributo. Quali sono gli interventi che possono accedere a questo contributo? ● Sostituzione di caldaie o stufe a legna, carbone, pellet o gasolio con nuove stufe o caldaie a pellet o legna (misura 2B). ● Installazione di impianti solari termici, anche abbinati a sistemi di solar cooling (raffrescamento estivo con pannelli solari - misura 2C).


● Sostituzione di scalda-acqua elettrici con scalda-acqua a pompa di calore (misura 2D). ● Sostituzione di caldaie tradizionali con pompe di calore a gas o elettriche, anche geotermiche. Come si fa ad accedere al contributo previsto dal Conto Termico 2.0? È necessario iscriversi all’apposito portale predisposto dal Gestore Servizi Energetici, quindi presentare al GSE la domanda corredata dalla scheda raccolta dati, dalla relazione tecnica, dal progetto, dall’asseverazione e dalle foto attestanti l’intervento. In ogni caso se tale procedura dovesse risultare troppo complicata ci si può sempre rivolgere a un CONTO TERMICO POINT dove personale qualificato sarà in grado di fornire la consulenza necessaria prima dell’intervento, una valutazione globale dei risultati ottenibili e, in seguito, istruire la pratica e seguirla durante tutto l’iter, fino all’erogazione del contributo.

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Il NUE 112 in Friuli Venezia Giulia

PROTEZION E

Servizio e immagini a cura di Protezione Civile della Regione FVG

C IV ILE

Dallo scorso aprile a Palmanova è operativa la “Centrale Unica di Risposta” dedicata la Numero Unico di Emergenza europeo. Al suo interno 29 operatori garantiscono un servizio h24. Ecco come funziona nel dettaglio. E il modo migliore per utilizzarlo.

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Dal 4 aprile scorso in tutta la regione Friuli Venezia Giulia ha iniziato a operare il Numero Unico di Emergenza europeo NUE 112. Presso la sede di Palmanova della Protezione civile regionale, ove già operano la centrale dell’emergenza sanitaria e la sala operativa della protezione civile, è stata attivata una sala operativa dedicata al numero 112 denominata “Centrale Unica di Risposta”, la quale è organizzata in maniera tale da dare una prima risposta a tutte le chiamate che riguardano le emergenze, siano esse di soccorso tecnico (Vigili del Fuoco), di carattere sanitario (il c.d. “118”) o di pubblica sicurezza (Polizia di Stato e Carabinieri). Questo numero unico (112), oltre a far adeguare la Regione Friuli Venezia Giulia alla direttiva europea del 1991 istitutiva del 112 come numero unico di emergenza all’interno dell’Unione Europea, mira a ottenere un vantaggio concreto: rendere più efficace, efficiente e celere il servizio di pronto intervento e di soccorso. È, infatti, da tenere presente che tale numero svolge un importante ruolo di filtro: dalle prime statistiche pubblicate una chiamata su due risulta essere impropria, ossia non riguarda un intervento considerato urgente. Si pensi, per esempio, alla richiesta di informazioni per ottenere il passaporto o il porto d’armi. In questi casi la Centrale Unica di Risposta fornisce all’utente il numero del centralino dell’ente interessato, preservando in |

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tal modo le linee telefoniche delle sale operative sul territorio da chiamate non urgenti, che distoglierebbero le forze di pronto intervento dai loro compiti istituzionali. Sempre in un’ottica di miglioramento del servizio offerto al cittadino, il NUE 112 permette, tramite un collegamento con una banca dati nazionale, la localizzazione automatica della chiamata, consentendo quindi all’operatore di risalire al luogo ove si effettua la chiamata. I dati di tale localizzazione vengono successivamente inoltrati all’ente competente, in modo che l’intervento si svolga ancora più velocemente. Questo numero poi sostituisce i precedenti numeri di emergenza 113, 118 e 115; tuttavia tali numeri resteranno ancora selezionabili dall’utenza, ma a rispondere sui vecchi numeri sarà sempre e comunque l’operatore del NUE 112.

Come funziona il NUE 112?

Il NUE 112 è gestito da 29 operatori che lavorano nell’arco delle 24 ore, sette giorni su sette. È ovviamente un servizio gratuito. Si caratterizza anche per la possibilità di effettuare una chiamata multilingue, con traduzione simultanea in 17 lingue a cura di un interprete che si trova in teleconferenza. Tutte le telefonate di emergenza e soccorso fatte a Carabinieri (112), Polizia di Stato (113), Vigili del Fuoco (115) e Emergenza Sanitaria (118) confluiscono nella Centrale Unica di Risposta dove l’operatore identifica e localizza il chiamante, individua il tipo di emergenza e smista le chiamate all’Ente competente.


Tutte le informazioni raccolte vengono inserite in una scheda elettronica; a quel punto la chiamata, corredata dalla scheda, viene trasferita alle Forze di Pubblica Sicurezza (112 e 113), alla Centrale Operativa dei Vigili del Fuoco (115) o al Soccorso Sanitario (118); viene cioè trasferita all’amministrazione competente per tipo di intervento e territorio. Tutto il traffico telefonico e tutti i dati relativi agli eventi vengono registrati. Solitamente per l’intero processo di acquisizione dei dati e trasmissione all’ente competente ci vogliono circa 50 secondi, un lasso di tempo breve a confronto dei vantaggi permessi. Infatti è stato dimostrato, attraverso misurazioni sul campo, che relazionarsi prima con l’operatore del Numero Unico di Emergenza e poi con quello della Centrale competente (Carabinieri, Polizia di Stato, Vigili del Fuoco e Soccorso sanitario) non è una perdita di tempo. In primo luogo la chiamata viene filtrata, verificando se sia appropriata, poi localizzata automaticamente e infine “passata” con i dati di localizzazione e con la possibilità di una gestione coordinata e integrata tra le varie Forze coinvolte. Così facendo, quando arriva alla Centrale competente, l’attivazione del soccorso è quasi immediata; oltre alla descrizione dettagliata dell’evento, la sala operativa sul territorio potrà richiedere solo una rapida verifica dell’esattezza della localizzazione e dei dati anagrafici.

Cosa può fare il cittadino per ricevere il miglior servizio?

Ovviamente affinché il sistema funzioni perfettamente e soprattutto velocemente è necessaria la collaborazione attiva dei cittadini, che devono imparare a effettuare la chiamata correttamente, evitando quindi di entrare troppo nel dettaglio con l’operatore del NUE 112, che come visto sopra ha semplicemente una funzione di smistamento. Si consiglia pertanto di seguire queste semplici regole: 1) Fornire il proprio nome e cognome. 2) Comunicare all’operatore brevemente di che ente si ha bisogno e che cosa sta accadendo senza entrare nei dettagli. (es. “ho bisogno della Polizia perché ho sentito dei rumori sospetti fuori dalla mia porta” oppure “perché c’è una lite in corso”). 3) Confermare all’operatore la propria posizione, indicando eventualmente alcuni elementi utili per individuare il luogo dell’intervento: se è in appartamento si dovrà indicare via, numero civico, scritta sul campanello, scala e piano. Se è in strada, bisogna identificare la via/ numero civico, oppure l’angolo fra due strade, oppure l’insegna di un negozio, oppure un edificio “particolare” (es. municipio, caserma, cinema, chiesa, supermercato, ristorante…). Se

si è alla guida, indichiamo il senso di marcia (es. “Sono in A4 direzione Venezia”) e l’ultima stazione di servizio incontrata, oppure il cartello indicativo dei cavalcavia, oppure i chilometri ancora mancanti alla prossima uscita. Per agevolare ancora di più il cittadino nell’effettuazione della chiamata è stata sviluppata una app “112 Where Are U”, disponibile su tutte le principali piattaforme telefoniche (Apple, Android, Microsoft). Inviando la richiesta di soccorso attraverso la app, la localizzazione è esatta, con la precisione del metro, e, quando l’operatore risponde, sa già se l’emergenza segnalata è di tipo sanitario, di polizia o se è richiesto l’intervento dei vigili del fuoco. La app è preziosa in tutti i casi in cui la localizzazione è difficoltosa, ad esempio in caso di incidente in montagna o in autostrada. Inoltre permette di fare le cosiddette “chiamate silenti”, ovvero richiedere il soccorso senza far sentire la propria voce, ad esempio, se entrano ladri in appartamento, o in caso di rapina. Se non si ha disponibile la app, ma si può scegliere se chiamare con il telefono mobile o il telefono fisso, è meglio usare il telefono fisso. L’operatore, in questo caso, è in grado di determinare con precisione puntuale la posizione del chiamante e si risparmia tempo prezioso per definire la localizzazione dell’evento. Una volta evidenziati questi aspetti l’operatore del NUE 112 inoltrerà il richiedente alla sala operativa competente per tipo di intervento e per territorio, la quale assumerà la gestione dell’intervento e vi chiederà solamente i dettagli riguardanti l’emergenza e una conferma veloce del luogo in cui intervenire. Più si sarà concisi e precisi con l’operatore del NUE 112, più veloce sarà la chiamata con la sala operativa del territorio e di conseguenza sarà più pronto l’intervento e tutti ne trarranno giovamento. Info e approfondimenti: www.protezionecivile.fvg.it

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P E R M E S S I L AV O R AT I V I

Assistere il parente disabile…

attenzione!

Rubrica a cura di Massimiliano Sinacori

D I R I T T O

La legge garantisce tre giorni al mese per i lavoratori dipendenti. Ecco quando possono essere usati. E quando interpretazioni scorrette rischiano di portare al licenziamento o all’accusa di truffa ai danni dello Stato.

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Il nostro ordinamento, all’art. 33, comma 3, della legge 104/1992, prevede la possibilità, per il lavoratore che debba assistere un familiare in grave situazione di disabilità, di usufruire, ogni mese, di tre giornate di permesso lavorativo retribuito. I soggetti che possono richiedere tali permessi sono il coniuge, il parente e l’affine entro il secondo grado, ovvero entro il terzo grado qualora i genitori della persona disabile abbiano compiuto i sessantacinque anni di età oppure siano anche essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancati; inoltre, detti soggetti devono necessariamente rivestire la qualifica di lavoratore dipendente. Da ultimo, con la circolare 38/2017, l’Inps ha esteso la possibilità di beneficiare dei permessi lavorativi per l’assistenza ai disabili anche alle parti di un’unione civile e ai conviventi di fatto con riferimento al proprio partner. Tuttavia, tale apertura non ha ricompreso nell’ambito di applicazione della normativa l’assistenza ai parenti del “compagno”. I permessi non possono mai essere utilizzati quando la persona che necessita di assistenza sia ricoverata presso una strut|

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tura sanitaria, poiché, in tale situazione, l’attività assistenziale verrebbe prestata in modo continuativo da parte degli operatori della struttura e, pertanto, verrebbe meno il presupposto su cui si fonda il diritto. In riferimento alla norma attributiva di tale beneficio sono sorti molti dubbi interpretativi, in particolare, con riguardo alle concrete modalità con cui deve essere prestata l’attività assistenziale in favore del parente disabile. Le conseguenze legate a un’errata interpretazione della normativa, da parte del lavoratore, si sono rivelate molto gravi, comportando in alcuni casi il licenziamento, nonché la condanna per truffa ai danni dello Stato. Molteplici sono stati i casi in cui i datori di lavoro hanno dato incarico ad agenzie investigative di seguire il lavoratore, durante i permessi, al fine di accertare se lo stesso avesse utilizzato tali benefici per prestare effettivamente assistenza o si fosse dedicato ad attività del tutto estranee, come ad esempio l’attività sportiva. Fino al 2010 il dato normativo si presentava più stringente, in quanto, i benefici assistenziali riconosciuti dal Legislatore erano riservati solamente a coloro che avessero assistito i parenti disabili gravi in via “continuativa ed esclusiva”.


Anche a seguito della modifica, avvenuta con la Legge 183/2010, del testo normativo che ha eliminato i requisiti di continuità ed esclusività, la giurisprudenza ha continuato a fornire un’interpretazione molto rigida della disposizione in commento, ritenendo che il lavoratore dovesse impiegare il permesso lavorativo prestando completa assistenza al parente disabile. Tuttavia la realtà dei fatti ha presentato delle fattispecie che non si conciliavano facilmente con la rigida impostazione della Corte e che, certamente, non configuravano un abuso del diritto da parte del lavoratore. Non di rado, infatti, la persona disabile, in ragione del proprio grado di disabilità, non necessita di un’assistenza domiciliare fissa e, allo stesso tempo, l’assistenza può essere prestata anche attraverso attività indirette che non implicano necessariamente la presenza del lavoratore presso il domicilio dell’assistito; basti pensare ai colloqui con i medici, agli acquisti dei medicinali, alla spesa e a tutta una serie di attività prodromiche all’assistenza concreta del disabile. Di recente, la Corte di Cassazione è stata chiamata a pronunciarsi, con la sentenza 54712/2016, sul caso di una lavoratrice dipendente che aveva usufruito dei permessi lavorativi per farsi una vacanza, omettendo di prestare assistenza alla madre disabile. Fermo restando che, nel caso in questione, la condotta tenuta dalla lavoratrice aveva, certamente, configurato un abuso del diritto, tale, addirittura, da integrare il reato di truffa, la Suprema Corte, con tale pronuncia, ha colto l’occasione per fare chiarezza sul dato normativo, andando a indagare il bene giuridico che il Legislatore intendeva tutelare attraverso tal disciplina. Sul punto, il provvedimento ricalca i principi di diritto già delineati nella sentenza 4106/2016 della stessa Corte di Cassazione, individuando la ratio posta a fondamento del diritto nella

necessità, da un lato, di tutelare le persone disabili e, dall’altro, di garantire benefici a favore di coloro che se ne prendono cura. Secondo la Corte di Cassazione l’istituto in commento si configura come uno strumento di politica socio assistenziale, teso a valorizzare le relazioni di solidarietà interpersonale e intergenerazionale, attraverso il quale il Legislatore intende supportare le famiglie che si fanno carico dell’impegno che comporta l’assistenza di un parente disabile. Rispetto all’interpretazione normativa che veniva data dalla giurisprudenza precedente, questa pronuncia valorizza l’aspetto per cui questi permessi retribuiti andrebbero utilizzati sia allo scopo di garantire una maggiore quantità nell’assistenza del parente disabile sia al fine di permettere al lavoratore dei ritagli di tempo per lo svolgimento di proprie esigenze personali o di attività che gli consentano il proprio ristoro psico-fisico. Parrebbe irragionevole, dunque, ritenere illegittimo lo svolgimento di alcune attività personali durante i permessi lavorativi, poiché è illogico vincolare il momento dell’assistenza in un arco temporale, in quanto questa deve svolgersi in termini di continuità in senso lato e non con riferimento all’orario del singolo permesso. Alla luce dei nuovi spunti offerti dalla Suprema Corte, è auspicabile un intervento legislativo che possa mettere ulteriore chiarezza su questo istituto, che rappresenta certamente un importante strumento a tutela delle famiglie e delle persone.

Massimiliano Sinacori Per approfondimenti ed esame di alcune pronunce e della casistica in materia è possibile rivolgere domande od ottenere chiarimenti via e-mail all’indirizzo:  massimiliano@avvocatosinacori.com


www.truccatibene.com

TAT TO O E P I E R C I N G

La comunicazione del corpo

Pelle bucata o ricoperta da tatuaggi: mai come in questa fase storica persone di tutte le età decidono di incidere il proprio fisico per trasmettere messaggi o significati. Spesso, però, senza reale cognizione di causa.

Rubrica a cura di Andrea Fiore

S O C I E T À

Un tattoo è per sempre. Parafrasando il celebre slogan di un’azienda di gioielli, avviamo il nostro ragionamento su una questione di stretta attualità: il ricorso da parte di un numero sempre maggiore di persone a tatuaggi e piercing. Due facce di un fenomeno simile: la modifica estetica del proprio corpo con scritte e disegni incisi attraverso l’ago nel primo caso, o attraverso la foratura di alcune parti superficiali del corpo al fine di introdurvi per lo più anelli o piccoli ornamenti nel secondo caso. Subito un distinguo pratico: i tatuaggi, a differenza dei piercing, non si possono togliere. Attraverso l’utilizzo di determinati prodotti possono essere parzialmente o in toto cancellati, ma la pelle dove sono stati fatti non tornerà mai più come prima.

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La semplicità di una domanda: perché? I tatuaggi hanno un’origine antichissima. Molte civiltà li utilizzavano per tramandare significati profondi di appartenenza o per esprimere la propria individualità. Oggi, invece, perché le persone vanno a farsi un tatuaggio o anche più di uno, fino a giungere in alcuni casi a scelte estreme come i total body (tatuaggi su tutto il corpo)? In quanti casi la scelta ha un significato profondo o, invece, si tratta esclusivamente di seguire una moda? Quante sono le persone che si presentano da un tatuatore solo per il gusto di provare a farsi un tatuaggio, richiedendo sul momento un catalogo per scegliere cosa incidersi? |

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Il tempo è galantuomo? Una precisazione è indispensabile. Non sono contrario a tatuaggi o piercing, né mi permetterei di colpevolizzare coloro che decidono di farseli. Ritengo però fondamentale un’analisi critica sulla consapevolezza della scelta. Perché a differenza di altri casi, in quello dei tatuaggi non si può tornare indietro. E il problema del ripensamento successivo con annesse conseguenze spiacevoli non va sottovalutato. Sono infatti sempre più i casi di soggetti che si ritrovano controvoglia tatuato sulla pelle il nome di una persona che si credeva di amare e che invece si è abbandonata per non vederla mai più, salvo poi dover leggere il suo nome ogni giorno sul proprio corpo. O i casi di giovani che hanno voluto farsi tatuare il simbolo di un’ideologia politica e, una volta cresciuti, maturando e cambiando le proprie idee, si sono ritrovati il corpo marchiato di qualcosa con cui non si vuole più avere a che fare. O persone che hanno scelto di tatuarsi le dita o il dorso delle mani per poi ritrovarsi a disagio quando in un nuovo lavoro devono presenziare a incontri pubblici ufficiali con autorità. Questi esempi – scelti tra molti casi reali – servono a ribadire il concetto fondamentale: il tatuaggio non è un adesivo sul corpo da poter cambiare quando si vuole. Se si decide di farlo, bisogna esserne consapevoli. Alla ricerca dell’identità Ritorniamo ora alla domanda di partenza. Perché sempre più persone di ogni genere, età ed estrazione sociale scelgono di tatuarsi il proprio corpo? In


molti casi la risposta conduce alla ricerca di un’identità che manca, alla necessità di sentirsi unici. Una necessità che l’essere umano avverte dalla notte dei tempi, ma che nella nostra epoca sembra riuscire a trovare concretezza in questa moda. Un termine – moda – che mi attirerà le critiche dei puristi, ma che ritengo sintetizzi al meglio il fenomeno: molti di coloro che si tatuano il corpo non lo fanno per un significato preciso, ma perché è “di moda”. E quando, per sua natura, la moda cambierà anche il ricorso ai tattoo subirà un drastico ridimensionamento. A proposito di esempi… Poco sopra ho fatto ricorso a degli esempi per motivare l’importanza di una scelta consapevole. Desidero concludere questo intervento con un altro esempio, che rafforza la mia tesi modificandone tuttavia la prospettiva. Una persona tossicodipendente, una volta concluso il percorso di recupero e di riabilitazione, decise di farsi tatuare sul braccio una siringa, per ricordarsi sempre quello che aveva vissuto. Una scelta meditata e fortemente voluta: osservandolo ogni giorno, lo ha aiutato a non ricadere nel giro. Mai come in questo caso, ben venga il tatuaggio consapevole!

dott. Andrea Fiore

Medico delle Farmaco-Tossicodipendenze, psichiatra - andrea.fiore@imagazine.it


Rubrica di Cristian Vecchiet

P E D A G O G I A

obviousmag.org

MODERAZIONE E CONSUMISMO

Il valore delle cose Cambiare stanza senza spegnere le luci, sostituire un abito ancora buono, buttare nella spazzatura il cibo avanzato. La società opulenta di oggi ha trasformato in normalità comportamenti impensabili qualche decennio fa. Ma non è detto che sia un bene. L’attitudine al risparmio e alla moderazione nel consumo dei beni materiali di cui disponiamo rappresenta una virtù che manifesta il proprio valore soprattutto in una società consumistica come la nostra. Questo ha un valore aggiuntivo quando si stratta di beni comuni fondamentali o comunque importanti, come l’acqua, il cibo o l’energia elettrica. Lo abbiamo visto quest’estate: la siccità (oltre alla mancanza di una politica accurata) ha fatto emergere la possibilità di dover razionalizzare potentemente il consumo dell’acqua corrente in alcune città italiane. Il caso di Roma è emblematico. È fin troppo noto che il mondo occidentale rappresenti una società opulenta, dove il superfluo abbonda e viene inculcato come indispensabile per una vita normale, mentre la maggior parte del mondo vive in condizioni di maggior ristrettezza e spesso di miseria. Poiché questa discrepanza tra chi ha tanto e chi ha poco o pochissimo rappresenta oggettivamente un male morale, è necessario innescare, oltre a politiche distributive diverse, anche processi educativi che sostengano e potenzino l’attitudine consapevole all’uso attento dei beni di cui disponiamo. E questo soprattutto quando si tratta di beni comuni. Come fare per attivare questi processi? Indubbiamente, come sempre in educazione, il primato spetta all’esempio delle figure significative. I ge52

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nitori, in primis. La pedagogia della testimonianza (come diceva San Francesco, “se necessario anche con le parole”) possiede un primato indiscutibile. Potremmo dire che si impara soprattutto per osmosi. E questo in particolare vale per i più piccoli. I bambini e i ragazzi devono vedere che i genitori e gli altri adulti praticano la moderazione nell’uso dei beni in modo consapevole e voluto. Meglio ancora se spontaneo. E poi ci vuole la pratica educativa in senso più specifico, intesa come l’insieme di tutte le azioni (il dialogo, le indicazioni, le prassi condivise, i rimproveri…) che sostengono la moderazione del consumo di ciò che è indispensabile. Sono tanti i piccoli gesti che educano a un’etica della moderazione. Facciamo alcuni esempi concreti. Quando ci facciamo la doccia non serve far scorrere l’acqua mentre ci si insapona, come non è affatto necessario riempire la vasca. Quando ci si lava i denti, si può chiudere il rubinetto e non lasciar scorrere l’acqua di continuo. Per annaffiare le piante, si può raccogliere l’acqua piovana e, in taluni casi, utilizzare il sistema goccia a goccia. Modificando oggetto di consumo, quando si cambia stanza, si deve spegnere la luce. Sarebbe buona abitudine spegnere l’interruttore del PC o della radio o della TV quando non sono più utilizzati. Spesso la maggior parte di noi spegne il televisore ma lascia accesa la luce della ciabatta elettrica. Si tratta di piccoli gesti, ma che nascondono uno stile cogni-


tivo e soprattutto di vita. E poi hanno dei risvolti pratici molto evidenti. Altro esempio eclatante è lo spreco del cibo. Quante volte buttiamo via il cibo avanzato! Sarebbe buona prassi evitare di cucinare cibo in più, oppure preparare del cibo che si presti a essere conservato e possa quindi essere riutilizzato. I bambini e i ragazzi devono poter vedere che chi prepara da mangiare fa attenzione alla quantità, oltre che alla qualità. Quotidianamente devono poter constatare che non si butta via niente e che quello che avanza viene riutilizzato per i pasti successivi. Di esempi potrebbero abbondare in ogni settore. Si pensi all’abbigliamento. Quanti di noi hanno l’armadio pieno di abiti che utilizzano poco. Oppure quante volte buttiamo via qualcosa solo perché passato di moda o perché non ci piace più. Eppure anche i vestiti hanno un costo e per molti sono un lusso. È importante che i genitori per primi acquisiscano la consapevolezza del valore delle cose e si sforzino di educare a questi piccoli gesti di risparmio. Rimproverare un bambino o un ragazzo quando spreca inutilmente qualcosa è un gesto educativo. Questo perché è un modo per correggere una stortura nel modo di interpretare e vivere il mondo. Bisogna capire e far capire che non tutto è scontato, non tutto è dovuto, non tutto è legittimo. Rimane chiaro che i richiami, le spiegazioni, i gesti che fanno da esempio devono avere un carattere sistematico e non sporadico. L’educazione spesso vacilla anche perché gli interventi educativi sono proposti a spot e sconnessi tra di loro. Importante è invece che l’attenzione educativa sia costante, anche se

declinata con pratiche e metodi diversi a seconda dei momenti, delle situazioni, delle persone e delle fasi di crescita. Noi adulti dobbiamo renderci conto che l’abbondanza di beni materiali può rappresentare un ostacolo educativo. Questo perché chi ha tutto e senza difficoltà fa fatica a cogliere il valore delle cose, a capire il sacrificio che ci sta dietro e soprattutto a percepire che alcuni valori sono fondamentali e altri relativi. L’attenzione a evitare lo spreco dei beni fondamentali è una forma di educazione alla pro-socialità e alla giustizia. Se io ho troppo, è forse perché qualcun altro o molti altri hanno poco o troppo poco. E in ogni caso, se qualcuno non ha di che mangiare e di che vestirsi, io non posso essergli indifferente, perché condividiamo la stessa umanità. Infine, tutti noi non dobbiamo dimenticare che l’attenzione all’uso moderato dei beni materiali può rafforzarsi se cresce in pari tempo l’attenzione ai beni umani e relazionali. Non tutto va moderato. Investire in relazioni calde e umanizzanti vuol dire imparare a dare il giusto ordine alla vita. Se si assaporano le relazioni, si coglie quanto il resto sia meno rilevante. In pari tempo, se ci si abbuffa di cose, è più difficile accorgersi del valore di quanto la vita riserva di realmente essenziale.

Cristian Vecchiet

Collaboratore presso l’associazione La Viarte, è docente di Etica e Teologia dell’Educazione presso l’Istituto Universitario Salesiano di Venezia.


RIFLESSIONI E VOLONTÀ

Chiamale se vuoi … Coincidenze

Rubrica di Manuel Millo

S O C I A L E

Pensare intensamente a una persona e poco dopo ricevere sue notizie. Gli eventi che si intrecciano nel nostro cammino sono solamente frutto del caso?

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Mi piacerebbe pensare che un giorno aprendo la porta di casa incontrerò finalmente la mia vita autentica. La mia riflessione trae origine e spunto dai nostri predecessori. Da uomini che come noi si sono interrogati sul senso profondo della vita e attraverso efficaci interrogativi hanno ricavato buone ricette di saggezza da fumosi granai di convinzioni materialistiche. Spesso capita di vivere la nostra quotidianità attanagliati da un flusso di azioni e di pensieri che non ci appartiene, o meglio che utilizziamo sapendo nell’intimo che sono lontani dalle corde del nostro animo. Ma cosa significa? Perché conduciamo un’esistenza che a volte non sentiamo nostra? Eppure poi accadono situazioni e momenti della vita che rovesciano o per lo meno mettono in discussione quello che stavamo vivendo. Vi è mai capitato per esempio di pensare intensamente a una persona e poco dopo di ricevere sue notizie? Com’è possibile che determinati eventi si intreccino nel nostro cammino e siano solamente frutto del caso, mere coincidenze nel racconto dell’esistenza umana? La nostra mente è molto più grande di quello che possiamo immaginare. E non parlo di |

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semplice fisicità. Traggo spunto da una frase di Stephen W. Hawking – cosmologo, matematico e astrofisico britannico, fra i più influenti e conosciuti fisici teorici al mondo, vincolato all’immobilità e limitato a comunicare con un sintetizzatore vocale –: “Nella mia mente non esistono confini”. Questa sua condivisione ci permette di comprendere un aspetto psicologico estremamente attuale e importante: si tratta di “Alchimie Emotive” direbbe la psicoterapeuta Tara Goleman. Parliamo di schemi mentali che spesso costruiamo come subdoli architetti della nostra fisicità immateriale, come perimetro di vincolo esistenziale. Prendendo per possibile la vita autentica come sosteneva il filosofo L. A. Seneca, essa ci darà la possibilità, se lo vorremo con intenzionalità viva, di ricongiungere gli eventi che chiamiamo coincidenze come qualcosa di prezioso allo sguardo della nostra anima. Certo questo porta con sé la scelta radicale di condurre la nostra attenzione verso i disegni profondi del nostro cuore. Il nostro pensiero, quello su cui ci concentriamo quotidianamente diventa la nostra realtà, per questo è fondamentale disporsi verso un punto di vista elevato. Potremmo fare l’esempio della sintonizzazione radio. Mettiamo il caso che vogliate ascolta-


re la vostra canzone preferita e sapete che sarà in onda sulla stazione 96.20: cosa farete? Prenderete l’apparecchio radiofonico più funzionale, lo accenderete e comincerete a ricercare la stazione togliendo i fruscii di fondo fino a raggiungere la completa nitidezza di segnale. E vi godrete la vostra canzone. In sintesi la vita funziona nello stesso modo e molti filosofi e studiosi lo avevano capito. Quando accadono certe coincidenze non è detto che siano meramente casuali. E se vi foste sintonizzati “involontariamente volutamente” sulla vostra stazione spinti da un impulso che va oltre il governo della vostra parte conscia? A volte il rischio è peccare nel campo della meta comunicazione, cioè scambiare i piani comunicativi e mettere sullo stesso livello elementi che tra loro non sono compatibili. Il risultato genera fraintendimento e qualche brusca arrabbiatura con se stessi e con il mondo. Quando Seneca parla di vita autentica, invita ad avere fiducia nel disegno profondo che sentiamo a ogni nostro respiro, a ogni soffio di vento davanti a un meraviglioso tramonto. Come se la brezza che sfiora la vostra pelle vi permettesse di sentirvi parte di ogni atomo dell’universo. Pensateci e per un attimo chiudete gli occhi e fidatevi di voi, del vostro intuito più profondo, scevro da interessi e complicità soggettuali. Pensate alla libertà, di esse-

re pienamente amati e di amare, di rispettare la vita per quella che è, di vedere il male come un’opportunità per migliorare (parte che richiede estrema maturità, non per questo trascurabile). Aprite i confini della vostra mente e comincerete a capire che quello di cui avete bisogno per vivere è dentro di voi, ruota intorno a voi mentre ci siete immersi; se siamo pesci dentro l’oceano a volte il rischio è di non vedere l’acqua! Nel momento in cui condividerete l’apertura del vostro orizzonte esso diventerà vivo ed efficace. Questo non significa banalizzare la perla che vi è stata donata, la vita stessa. Questo significa renderla proficua e assaporare l’evidenza della sua essenza nell’abbraccio collettivo della vostra natura. E il pregiudizio lascerà spazio al sapore che la verità riveste nell’occhio di chi ci accompagna nel viaggio. Sia esso vicino o lontano. Conosciuto o ancora da conoscere. Percorso o da percorrere. Cosciente o “in-cosciente”. Alla fine nell’orientare il punto di vista le immagini della realtà ritorneranno familiari e comprensive. Sarà, anche per un istante, assaggio di vita pienamente autentica. Potremmo allora davvero ancora dire che è stato tutto solo mera e semplice coincidenza?

Manuel Millo

Membro Onorario AGCI Ass Gen Cooperative Italiane


Alla riscoperta di illustri dispensatori di conoscenza e progresso

GIOVANNI BOLLE Servizio di Renato Duca e Renato Cosma Illustrazioni di Alfio Scarpa

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Lo scienziato dell’agricoltura Studioso di grande competenza e rigore scientifico, ampliò l’orizzonte della ricerca e della sperimentazione dell’Istituto Bacologico goriziano dalla bacologia-sericoltura alla viticolturaenologia, alla frutticoltura, alla lotta antiparassitaria.

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Giovanni Bolle nacque a Prosecco di Trieste il 16 gennaio 1850. Fu allievo nel triennio 1867-1870 della Fachschule an der Technich di Graz, poi assistente di chimica e fisica presso l’Accademia per il Commercio e la Nautica di Trieste, quindi nel 1871 assistente presso l’Istituto Sperimentale Bacologico di Gorizia e l’anno successivo sostituto del direttore professor Federico Haberlandt, trasferitosi a Vienna per assumere la Cattedra di Agronomia applicata presso l’I.R. Scuola Superiore di Agricoltura della capitale asburgica. Uomo di multiformi interessi in scienza e arte, ampliò l’orizzonte della ricerca e della sperimentazione dell’Istituto goriziano, inizialmente focalizzate sulle problematiche del settore bacologico-serico, orientandole pure verso la viticoltura-enologia, la frutticoltura, le analisi sulla fertilità del suolo, la lotta antiparassitaria e la difesa delle colture. Ciò, col supporto di una produzione pubblicistica di alto livello scientifico, unita a una intensa attività di formazione-informazione e di partecipazione a incontri, eventi e congressi (anche internazionali) 56

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e a una fitta corrispondenza di carattere tecnico. Il professor Giovanni Bolle tenne a Gorizia nel 1873 un corso sulle malattie dei bachi, al quale presenziò un rappresentante dell’amministrazione governativa giapponese (ingegner Nagaatsu Sasaki) e, nello stesso anno, predispose all’Esposizione mondiale di Vienna, nel padiglione del Ministero dell’Agricoltura austriaco, una Sezione di bacologia e sericoltura dell’Istituto, meritando la Medaglia del progresso assegnata da una Giuria internazionale. Partecipò a diversi Congressi bacologici, tra cui quello di Rovereto (1872), di Montpellier (1875), di Milano (1876). Inoltre, nel 1893 visitò l’Esposizione Mondiale di Chicago e nell’estate del 1900 fu presente al Congresso internazionale dei Bibliotecari, organizzato in occasione dell’Esposizione Universale di Parigi, offrendo un proprio contributo di idee tramite una monografia sulla lotta agli insetti che danneggiavano i libri, lavoro che gli valse il primo premio e l’inserimento nel novero ristretto degli esperti di patologia del libro. Giovanni Bolle fu alla guida dell’Istituto Bacologico Sperimentale di Gorizia, con compe-


tenza e rigore scientifico, ininterrottamente per quarant’anni, dal 1872 al 1912; fu vicepresidente dell’I.R. Società Agraria di Gorizia dal 1896 al 1902, nonché socio di autorevoli istituzioni, accademie, società culturali e scientifiche. Si interessò di fotografia, di escursionismo, di alpinismo e storia dell’arte. Poco prima della fine del secolo, assolvendo un compito avuto dal Governo, trovò l’antidoto contro il coleottero Anobium paniceum, il quale rendeva inservibili il vestiario, le dotazioni in cuoio e altri materiali cartacei e legnosi sistemati nei depositi e nei magazzini militari sparsi nell’Impero. Nel 1920, a settant’anni, fu incaricato di avviare l’attività di un nuovo Istituto bacologico a Szekszárd, cittadina dell’Ungheria sud occidentale (provincia di Tolna, nel Transdanubio). Venne insignito di prestigiosi riconoscimenti, titoli, attestazioni, menzioni speciali tra cui: Diploma d’onore all’Esposizione industriale e agraria di Trieste (1882); Medaglia d’oro all’Esposizione per l’allevamento degli animali di Amburgo (1883); Socio Onorario del Museo Nazionale di Bachicoltura e Sericoltura di Torino (1886); Membro effettivo delle Società di Naturalisti di Mosca (1886); Ordine Imperiale austriaco della Corona Ferrea per l’incremento della bachicoltura ungherese (1892); Croce di Commendatore del Montenegro (1898); Consigliere della Corte asburgica (1912). Il professor Giovanni Bolle si spense a Firenze il 2 settembre 1924: a buon diritto merita di essere ricordato come “il più importante scienziato nel campo dell’agricoltura dell’Impero asburgico…” (DEL ZAN F., La Terra indagata. I pionieri della ricerca in Friuli, ERSA, 2009, p. 143).

Renato Duca e Renato Cosma

Renato Duca è stato direttore del Consorzio di bonifi ca Bassa Friulana; Renato Cosma è stato condirettore del Consorzio di bonifi ca Pianura Isontina |

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ALLA SCOPERTA DI... MARIA TERESA DA AQUILEIA A GORIZIA Servizio e immagini di Vanni Feresin

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L’Imperatrice

leggendaria

300 anni fa nasceva colei che sarebbe divenuta la prima donna a ereditare il governo dei territori della monarchia asburgica. Pur non visitando mai la Contea di Gorizia, ne rivoluzionò anche il rapporto ecclesiastico, facendo erigere l’Arcidiocesi al posto del Patriarcato di Aquileia.

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L’Imperatrice Maria Teresa è una figura storica, leggendaria e legata a doppio nodo alla Principesca Contea di Gorizia e Gradisca. La sua politica di sostegno al territorio del Goriziano, il suo senso dello Stato, il suo indomito cattolicesimo sono dei capisaldi di un governo illuminato e autorevole che ha reso un servizio enorme a un territorio complesso e multiforme come quello della Contea. Non mise mai piede a Gorizia ma il suo nome è inscindibilmente legato alla città, all’Arcidiocesi di Gorizia e alla Contea Principesca. Il suo mito continua ancora dopo secoli proprio per tutte quelle riforme che portarono l’Austria da essere un Impero sull’orlo della bancarotta e della guerra civile alla maggior potenza d’Europa dopo quarant’anni di saggio governo. Il 13 maggio del 1717, esattamente 300 anni fa, veniva alla luce, come secondogenita dell’Imperatore Carlo VI d’Asburgo ed Elisabetta Cristina di Brunswick-Wolfenbüttel, Maria Theresia Walburga Amalia Christina von Habsburg. Grazie alla Prammatica Sanzione emanata dal padre quattro anni prima della sua nascita (documento che andava a sostituire la legge salica della primogen it ura maschile per quanto riguarda la successione al trono asburgi-

co) nel 1740, prima e unica donna della casa d’Austria, ereditò il governo dei territori della monarchia asburgica passando alla storia come Maria Teresa d’Austria e fondando assieme al marito Francesco Stefano di Lorena il casato degli Asburgo-Lorena, che governò la Contea goriziana fino al primo conflitto mondiale. Maria Teresa però non venne mai a visitare la città di Gorizia e la Contea anche se un viaggio era stato fissato nei minimi dettagli. Durante i 400 anni di Governo della casata Asburgo, i sovrani che visitarono la Contea furono molti, a partire da Leopoldo I nel 1660, poi Carlo VI nel 1728, Giuseppe II nel 1769 e nel 1775 (durante il regno dell’Augusta madre), Francesco I nel 1816, 1825 e 1832, Ferdinando nel 1844 e Francesco Giuseppe numerose volte, nel 1850, 1857, 1875, 1882, 1900. La leggenda vorrebbe che anche Carlo V nel 1519 fosse passato per la città e si fosse fermato a dormire nella “Locanda Berlin” nella via Rastello, una pura fantasia che nei secoli divenne verità e la storiografia ne narrò addirittura la sosta con tutti gli incontri e le udienze che diede. L’Imperatore Carlo V, sul quale Impero non tramontava mai il sole, forse passò per Trieste in quell’anno ma mai giunse fino a Gorizia, eppure un affresco sulla parete esterna della stessa “Locanda Berlin” ne celebrava la sosta in una città festante e colma di popolo. Per quanto concerne l’Imperatrice Maria Teresa invece fu programmata una visita alla città di Gorizia nel 1773 che non ebbe luogo a causa di un’indisposizione della stessa sovrana. La visita sarebbe stata epocale in quanto si sarebbero dovuti incontrare i granduchi di Toscana e il re di Napoli insieme alla Corte Imperiale Asburgica proprio nella piccola città di Gorizia. Mai un evento così straordinario avrebbe avuto come protagonista proprio la città di Gorizia, e tutto stava andando per il meglio: gli ambasciatori delle varie

A fianco, patente imperiale del 1751 dell’imperatrice Maria Teresa che concede l’uso dello stemma al primo arcivescovo e ai suoi successori. Sopra, Costituzione imperiale emanata da Maria Teresa, testo in tedesco. 58

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corti avevano già preso i contatti con la nobiltà locale e avevano stabilito gli alloggi e il programma di massima. Molte fonti narrano di questa mancata visita, come l’Historia della Contea del de Morelli, e il cronista de L’Eco del Litorale: “Nell’autunno dell’anno 1773 si ebbe sentore in Gorizia essere stata fissata la primavera susseguente per un convegno nella nostra città fra l’Imperatrice e la famiglia Arciducale della Toscana. Tutto il paese si pose in moto per l’alloggio delle due Corti. Il governo occupossi a far riparare il selciato, demolir case meno decenti, levare molti angoli che rendevano angusto il passo delle contrade e deturpavano la città, e a dare quei provvedimenti che rendonsi necessarj per l’affluenza di tanti forestieri. Già era comparso parte del personale di Corte per scegliere e distribuire gli appartamenti; già era giunto l’equipaggio della famiglia Granducale di Toscana, quando un’indisposizione sopraggiunta a Maria Teresa fece sospendere ogni preparativo, con gran dispiacere di tutta la popolazione”. Scrive il nostro storico Morelli: “Tutto si ammutolì in guisa, come se dal più chiaro giorno passati fossimo in un istante alla più buja notte. Tale era il disgusto e tale la tristezza, che si diffuse con rapidità sopra tutte le classe di persone”. Ma la grande stima e il grande affetto che le popolazioni locali provavano verso l’Imperatrice era dovuto anche alla decisione presa dalla stessa, in accordo con Papa Benedetto XIV Lambertini, di sciogliere il Patriarcato di Aquileia ed erigere la nuova Arcidiocesi di Gorizia: un’entità di enormi dimensioni che contava su oltre 600 mila abitanti, con tre diocesi suffraganee e oltre 2.000 parrocchie. La nuova Arcidiocesi sarebbe stata guidata dall’Arcivescovo Carlo Michele dei conti d’Attems, uomo del miglior patriziato locale che aveva ricevuto la sua formazione proprio alla corte imperiale viennese e del quale l’Imperatrice Maria Teresa aveva assoluta fiducia. Con la nomina di Carlo Michele prima come Vicario Apostolico e poi Arcivescovo di Gorizia si aprirà la stagione più esaltante dell’autonomia e della crescita della Chiesa Goriziana, della quale la sovrana fu protagonista di primo piano. La stima e la volontà di rendere automa la neo costituita Arcidiocesi porterà l’Imperatrice Maria Teresa a donare al nuovo Arcivescovo un apparato liturgico unico per preziosità e bellezza. Al Thesaurus Ecclesiae di Aquileia, cioè l’insieme delle reliquie, dei reliquiari e delle suppellettili per il culto divino, diviso fra Gorizia e Udine nel 1753, si aggiunsero un ostensorio di argento dorato, un crocefisso d’argento, un pastorale d’argento, sei candelieri, due ampolle e piattello, il cerimoniale romano, due messali, cinque pianete di colori diversi con i piviali, le dalmatiche e le mitrie coordinate, tutti omaggi dell’imperatrice alla nuova cattedrale. Per tutta la vita Maria Teresa ebbe in grande considerazione la fornitura di suppellettili liturgiche nelle proprie chiese: soprattutto dopo la morte del marito Francesco Stefano nel 1765. Dopo aver iniziato ad usare il lutto come abito quotidiano diede ordine ai propri sarti di convertire i propri vestiti colorati in pianete affinché tutto ciò di cui disponeva nella propria vita matrimoniale andasse solo a maggior gloria del Signore. Maria Teresa volle fare anche numerosi doni personali allo stimato Attems: l’anello episcopale in oro, argento, diciannove diamanti e un’ametista e la croce pettorale in oro, argento, duecento diamanti e nove ametiste, entrambi di manifattura austriaca: essi, oltre al segno evidente del munus episcopale

rappresentano da sempre il visibile e forte legame fra Gorizia e Vienna e sono stati indossati da tutti gli arcivescovi. Il 14 ottobre 1752 Maria Teresa emanò un privilegio con il quale autorizzava Carlo Michele Attems e i suoi successori a fregiarsi dello stemma arcivescovile (che diverrà stemma dell’Arcidiocesi). Lo stemma (foto in alto) viene così minuziosamente descritto: “uno scudo eretto, perpendicolarmente bipartito, con nell’aurea testata un’aquila nera coronata con la lingua rossa sporgente, recante sul petto lo stemma dell’Arciducato austriaco rosso con una fascia bianca o argentea, colle ali distese, sulle quali spicchino le iniziali del suo Augusto Nome, cioè M.T. Nel campo nero a destra la croce argentea patriarcale, nell’area cerulea superiore del campo sinistro diviso obliquamente in due parti il Leone dorato rampante colla coda contorta, le fauci spalancate e la lingua rossa sporgente, e nella parte inferiore argentea due fasce purpuree diagonali, le quali esprimono il simbolo della nuova Arcidiocesi di Gorizia composta colla reliquia del Patriarcato Aquileiese. Allo scudo sia sovrapposta la croce argentea arcivescovile con d’ambedue le parti pendenti i cordoni terminanti in quattro fiocchi fimbrati”. Allo stemma successivamente la croce semplice venne sostituita con la croce doppia dei metropoliti e agli angoli furono aggiunti mitria e pastorale. Il 13 luglio 1766 inoltre Maria Teresa, tramite il correggente figlio Giuseppe II, conferì all’Attems e ai suoi successori il titolo di Principe del Sacro Romano Impero, riconfermato nel 1832 dopo la restaurazione della Diocesi. Questo segno di così grande prestigio voleva sottolineare le origini storiche del territorio del Goriziano e della Principesca Contea che aveva avuto origine proprio sotto il governo dei Principi Conti di Gorizia, i quali, estinto il ramo mascolino il 12 aprile 1500, avevano stabilito di cedere tutti i loro domini alla famiglia Asburgo.

Vanni Feresin |

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L’autore della porta accanto di Andrea Doncovio

© Fabrizio Palombieri

Nel 2010 un aspirante sceneggiatore triestino si trasferisce a Roma per lavoro. Nella capitale, l’impatto con i mezzi pubblici è traumatico. Nasce così l’idea di raccontare le esperienze vissute a bordo su un blog. Ora, tutte quelle vicende, sono diventate un libro.

Fabio Marson

S C R I T T O R I

Fabio Marson e i mezzi pubblici, un rapporto nato quando? «Nato male, storto, sugli autobus di Roma, spesso storti anche loro, nel 2010. Mi ero appena trasferito con l’idea di diventare sceneggiatore; l’impatto con il trasporto pubblico capitolino era stato da subito notevole». Per un triestino muoversi in bus o in metropolitana per Roma che effetto fa? «A Trieste uso poco gli autobus: vivo comodamente in centro, ho mezzi miei e mi piace camminare. A Roma vivo scomodamente in periferia, non ho mezzi miei e cammino come un alpino: gli autobus li uso anche troppo e la mia fobia per gli scooter non aiuta. Ho da subito odiato l’idea di dover impiegare un’ora, se non di più, solo per spostarmi da una parte all’altra, a stretto contatto con gente inviperita, maleducati, delinquenti, matti, caldo e disagi. Poi però ho deciso di raccontare quel mondo: forse un modo per sopravvivere?» Anche perché ogni giorno migliaia di persone utilizzano i mezzi pubblici, ma non per questo pubblicano un libro a riguardo... Cosa ha spinto Fabio Marson a farlo? «La consapevolezza che se non avessi raccontato tutte quelle storie alla fine sarei diventato anche io così. Ad ogni modo, sono andato per gradi: prima ho cominciato raccontando le storie sul mio blog, Mezzinudi – l’Italia raccontata dai mez60

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zi pubblici, poi su una rubrica triestina per Bora. la. Infine sono stati amici e lettori a spingermi a pubblicare i racconti migliori, adeguatamente riscritti». Il libro è una raccolta di trenta racconti: ci anticipi i più curiosi? «Sono tutti diversi tra loro, il fuoco narrativo è sulle storie, non sui disagi come si potrebbe pensare. A bordo di un autobus nella periferia romana, un ragazzo in astinenza da eroina e un ex tossico più grande si sono scambiati esperienze da una parte all’altra del mezzo stracolmo, ed è stato bello vedere come l’ex tossico cercasse di convincere il ragazzo a smettere. Oppure una volta a bordo di un tram, una matta dai capelli rosa si era messa a parlare di sesso con un’anziana. È stata una scena - passatemi il termine - “toccante”. O ancora, una coppia di obesi a Trieste in piena crisi per la casa, alla fine ha ritrovato la serenità parlando di cibo, nel più meraviglioso degli stereotipi. Sono storie piccole, ma possono significare molto». L’esperienza più traumatizzante che hai vissuto a bordo di un mezzo pubblico? «Roma è una città quasi invivibile se ti muovi con i mezzi, basta l’ora di punta per assistere a scene deprimenti. In genere l’abisso si tocca quando scoppia una rissa, ti scopri davvero impotente. Una volta ho dovuto chiamare la Polizia: un tizio minacciava una coppia con una bottiglia di birra, in mezzo alla gente, per fortuna poi si sono calmati tutti. La cosa più traumatizzante, però, è il motivo: quasi sempre futilissimo». E l’esperienza invece che più ti ha insegnato qualcosa? «Una che non ho mai scritto: ero a bordo di un Intercity notte e l’uomo vicino a me, un macedone di cui non vedevo neppure bene il volto tanto era buio, mi aveva raccontato di essere stato militare in guerra. Un cecchino. Se fosse vero o no, non lo so, anche se non avrebbe avuto moti-


vo di mentirmi, dato che l’argomento poi non l’abbiamo affrontato. Ma quell’incontro mi ha insegnato che siamo circondati da storie, più di quante ne possiamo immaginare». “Calci in bocca alla romana”: come mai questo titolo per il libro? «Il titolo della raccolta è il titolo di un racconto: da un notturno che sfrecciava su via Prenestina ho assistito a una rissa tra quelli che molto probabilmente erano indiani. La particolarità è che erano 6 contro 1, ma quell’uno si difendeva come un leone, non con la cattiveria della rissa ma con la grazia delle arti marziali. Ho trovato questa commistione di generi, di realtà e ironia, perfetta per una raccolta. Inoltre a me faceva ridere, ma io ho gusti semplici». Spesso le persone si lamentano di come funziona il trasporto pubblico. Altrettanto spesso, tuttavia, sono proprio gli utenti a comportarsi in modo inappropriato su bus, treni e metro. Ci manca una reale cultura del servizio pubblico? «Dipende probabilmente dalla città. Mi capita spesso di incontrare persone che snobbano il trasporto pubblico. L’autobus è roba da poveri, per intenderci, e purtroppo non hanno tutti i torti. Se il servizio è scadente, la gente userà il servizio solo se vi è costretta. Non credo si possano educare le persone, credo invece che si possa invogliarle a rispettare questo trasporto: se è comodo, utile e dignitoso, perché dovrebbero scegliere di usare la macchina, che costa e stressa?» Tu hai scritto cortometraggi, testi teatrali, sceneggiature, libretti d’opera e radiodrammi: com’è stato cimentarsi con questo nuovo genere? «Liberatorio. Anche se mi stimola molto l’idea di scrivere con i “paletti” imposti dalla forma di una sceneggiatura o dai limiti di una messa in scena teatrale, poter trasformare i post di un blog in

Fabio Marson, triestino classe 1985, è diplomato in Sceneggiatura presso il Centro Sperimentale di Cinematografia, ha scritto testi teatrali, libretti d’opera, sceneggiature e radiodrammi. “Calci in bocca alla romana”, edito da Ultra, segna il suo esordio letterario.

veri e propri racconti di narrativa, sguinzagliando digressioni, salti temporali, approfondimenti storici e riflessioni, è stato come rigenerarsi dopo una lezione di yoga. Non ho mai fatto yoga, ma me lo immagino così». Come definiresti il tuo rapporto con la scrittura? «Pigro e costante. Scrivo poco, ma sempre. La mia concentrazione è debolissima, mi distraggo in un attimo, trovo mille scuse per non scrivere, come ad esempio pulire la casa. Quando ho una consegna, la mia ragazza se ne accorge perché magicamente è tutto in ordine e pulito. Poi però l’entusiasmo prevale, o forse è un bisogno, e quando riesco finalmente a buttar giù su carta quello che ho in testa mi scopro nel mio habitat naturale». Dopo questo esordio letterario, hai già altri progetti in cantiere? «Ne ho già uno pronto, cominciato addirittura prima di “Calci in bocca alla romana”, che mi ha impegnato per almeno tre anni tra interviste, ricerche sui libri e sulle montagne di Carnia e Friuli. L’ho scritto quasi contemporaneamente a “Calci in bocca alla romana” e adesso è finalmente pronto per essere spedito agli editori. Speriamo bene, ho voglia di rimettermi a lavorare su qualcosa di nuovo molto presto, e casa mia ha bisogno di una ripulita». Chiudiamo con i mezzi pubblici. Autobus, treno, metro: qual è quello preferito da Fabio Marson? «Il pullman. Mi rilassa e mi fa passare il tempo più in fretta».

Libreria Luigi, successo per il nuo- po di intellettuale di provincia che, nel giorno del suo 50esimo compleanno, precipita, suo malgravo romanzo di Stefano Caso

È possibile che la domanda: “A che serve la cultura?” sia la protagonista di un romanzo? Così pare leggendo Libreria Luigi, uscito per Ianieri edizioni, del cremonese-friulano-isontino Stefano Caso (foto), residente a Cervignano del Friuli. Un libro colto per le tante citazioni e riferimenti a la maniera di intellettuali di indiscussa fama, divertente per le varie situazioni degne da sketch stile Zelig, ironico e serio per la coesistenza di macchiette e grandi uomini della letteratura mondiale. Ma locale e global: scenografia da negozio di vicinanza e universale nelle grandi domande, appunto. Pagine percorse da slang pecoreccio con impanatura british e da linguaggi alti, mediati da Kafka, Pirandello e Hugo. Molto filmico il plot, la mise en scene propone variazioni da Cervantes e Calvino, con pennellate bruscamente poetiche alla Bukowski e Baudelaire. Protagonista del romanzo è l’anti-eroe libraio Luigi, prototi-

do, in un processo di metamorfosi irreversibile. Nasce così la sua nuova vita, fra dialoghi onirici e incubi popolati dai suoi clienti abituali, incalzato dai fantasmi di grandi scrittori che, in una meta-realtà, gli indicano cosa fare e cosa non fare. Prosegue nel frattempo il tour di presentazioni dell’autore: il 15 settembre a Torre Annunziata, il 16 a Vietri, il 22 alla Libreria Friuli di Udine, il 29 alla Libreria Ubik di Trieste; a ottobre, toccherà alla rassegna del “Libro delle 18.03” a Gorizia, cui seguiranno date a Cervignano, Cremona, Milano, Brescia, Bologna. (mar.reg) |

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SCADENZA 18 SETTEMBRE ▶ PROGETTO ALFA Sezioni: A) poesia; B) narrativa Lunghezza: A) libera; B) max 18.000 battute Quota: € 20,00 Premi: targhe, opere d’arte, medaglie Info: 345 0121350 www. progettoalfa.org SCADENZA 20 SETTEMBRE ▶ RACCONTI CORSARI Sezioni: A) narrativa; B) poesia Lunghezza: libera Quota: € 15,00 Premi: pubblicazione opera Info: 340 6911301 www. racconticorsari.it SCADENZA 22 SETTEMBRE ▶ L’ARCOBALENO DELLA VITA Sezioni: A) racconto breve; B) poesia Lunghezza: A) max 3 cartelle; B) max 40 versi Quota: € 5,00 Premi: attestati e diplomi Info: 0425 63001 cassandravent@gmail.com ▶ EMOZIONI DI DONNA Sezione: narrativa breve Lunghezza: max 12.000 caratteri Quota: € 15,00 Premi: montepremi in denaro, attestati Info: 338 8325002 www.comune.gravellonatoce.vb.it SCADENZA 24 SETTEMBRE ▶ QUANTARTE È ANCHE PAROLA Sezione: poesia Lunghezza: max 30 versi Quota: € 10,00 Premi: opere d’arte Info: 328 0643810 www. quantarte.it

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SCADENZA 26 SETTEMBRE ▶ MEMORIAL GIACHINO Sezioni: A) poesia; B) racconto Lunghezza: A) max 35 righe; B) max 5.400 caratteri Quota: € 10,00 Premi: montepremi in denaro Info: 347 4878156 www.asvap4.it ▶ IDEA DONNA Sezioni: A) poesia; B) narrativa Lunghezza: A) max 30 versi; B) max 3 cartelle Quota: € 10,00 Premi: targhe personalizzate, diplomi Info: 348 4703588 cerchidiparole@gmail.com SCADENZA 30 SETTEMBRE ▶ IN CERCA DELLA QUINTA PERLA Sezione: poesia Lunghezza: max 30 versi Quota: € 10,00 Premi: contratto di pubblicazione, targhe, attestati, medaglie Info: 328 3294228 www. montegrappaedizioni.com ▶ SHORT STORY Sezione: narrativa Lunghezza: max 1.800 battute Quota: € 20,00 Premi: montepremi in denaro, pubblicazione opera Info: 346 0327159 www.enricodamianieditore.com ▶ PREMIO LAGUNA Sezioni: A) poesia; B) prosa Lunghezza: A) max 35 versi; B) max 105 righe Quota: € 10,00 Premi: montepremi in denaro Info: 349 3335095 consdonnelmas@tiscali.it

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▶ PAESE CHE VAI ECOSISTEMA CHE TROVI Sezioni: A) poesia; B) fiaba Lunghezza: A) 50 versi; B) max 4 cartelle Quota: € 15,00 Premi: oggetti in ceramica, targhe, diplomi Info: 348 5390032 www. grottaglie24.it ▶ ANTICA SULMO Sezione: poesia Lunghezza: max 40 versi Quota: € 20,00 Premi: montepremi in denaro, opere artistiche, diplomi Info: 339 3571958 ▶ TALENTI VESUVIANI Sezioni: A) poesia; B) narrativa Lunghezza: A) max 40 versi; B) libera Quota: € 30,00 Premi: targhe, manufatti artigianali Info: 335 6330809 www.talentivesuviani.it ▶ LA VITA IN VERSI Sezione: poesia Lunghezza: max 40 versi Quota: € 10,00 Premi: pergamene, attestati Info: 320 7964728 c.poesialavitaversi@libero.it ▶ GONZO Sezione: narrativa Lunghezza: 160 cartelle (tolleranza 40 cartelle) Quota: nessuna Premi: pubblicazione opera, targa Info: 339 5405082 www. gonzoeditore.com ▶ FIORI D’INVERNO Sezione: poesia Lunghezza: max 30 versi Quota: € 15,00 Premi: targhe, coppe, attestati

www.edizionigoliardiche.it

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Info: 340 9381787 dobravodaliv@gmail.com SCADENZA 2 OTTOBRE ▶ CITTÀ DI SEREGNO Sezione: poesia Lunghezza: libera Quota: € 10,00 Premi: montepremi in denaro Info: 349 6626409 http:// concorsopoesiaseregno.com SCADENZA 4 OTTOBRE ▶ BRA DAY Sezione: poesia Lunghezza: libera Quota: nessuna Premi: medaglie Info: 091 6802168 obcpalermo@gmail.com SCADENZA 7 OTTOBRE ▶ L’OCA BIANCA Sezione: narrativa per bambini Lunghezza: max 3 pagine Quota: nessuna Premi: montepremi in denaro, pubblicazione racconto Info: 338 3621396 www.associazionecaffecorretto.it SCADENZA 8 OTTOBRE ▶ IL BOTTACCIO Sezione: poesia Lunghezza: max 35 versi Quota: € 13,00 Premi: montepremi in denaro, targhe, menzioni Info: ilbottaccio16@gmail. com SCADENZA 9 OTTOBRE ▶ PREMIO WILDE Sezione: poesia Lunghezza: max 150 versi Quota: € 5,00 Premi: pubblicazione opera, diplomi, attestati Info: 333 8770397 www. premiowilde.org SCADENZA 10 OTTOBRE ▶ STREGHE, VAMPIRI & CO. Sezioni: A) romanzo; B) racconto; C) poesia Lunghezza: A) max 500.000 caratteri; B) max 22.000 caratteri; C) max 3 liriche Quota: € 20,00 Premi: montepremi in denaro, pubblicazione opera, targhe, medaglie, coppe Info: 05 84963517, www. premiostreghevampiri.it


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(as) s a g g i Charles Willeford Miami Blues Feltrinelli, 2017 Pagg. 240 € 17,000 Dopo una giornataccia passata a lavorare su un quadruplo omicidio, il detective Hoke Moseley, cronicamente depresso, sempre squattrinato e fuori dagli schemi, finalmente si gode il meritato riposo in una piccola stanza dell’anonimo Eldorado Hotel di Miami, cullato da un bicchiere di brandy. Quando sen-

te bussare alla porta, distratto e con la guardia abbassata, non esita ad aprire. Il giorno dopo si ritrova all’ospedale, notevolmente ammaccato e con la mandibola spappolata. Ripensa ai casi degli ultimi dieci anni e si chiede chi avrebbe voluto picchiarlo fino a fargli perdere i sensi, rubargli la pistola e il distintivo e, dettaglio ancora più inquietante, scappare con la sua dentiera. I primi indizi però non sembrano portare a una vendetta, ma verso qualcosa di imponderabile che forse collega l’episodio a una giovanissima escort, al suo fidanzato e a un bizzarro omicidio di un Hare Krishna.

Fortunato, Diletta, Rosa, Nino, Pietro, Salvatore. Sei bambini chiusi in un cerchio, come per proteggersi. Sette anni il più grande, quattro e mezzo la più piccola. A quell’età, il nascondino è una cosa seria. Chi conta è da solo, ma chi si nasconde sfida il buio. A quell’età, la morte non esiste e non la trovi nemmeno se la

cerchi, al massimo con la morte ci giochi. A quell’età, il sole splende senza pensare alla notte. Eppure nell’isolato numero 4, un palazzo popolare del comprensorio Cielo Rosso, a sud di Catania, scompaiono due bambini, a pochi mesi l’uno dall’altro. Un incubo che si ripete. Già dieci anni prima era sparita una bambina, poi ritrovata in fin di vita lungo i binari della ferrovia che lambisce i palazzi. Un solo elemento, macabro e beffardo, accomuna i tre casi: i piccoli si perdono nel buio mentre stanno giocando a nascondino. Nessuno ha visto niente, nessuno sa niente. O forse troppo.

Antonello Dose La rivoluzione del coniglio Mondadori, 2017 Pagg. 240 € 17,00 Il racconto di venticinque anni di esperienze di fede e di vita quotidiana che hanno permesso ad Antonello Dose di approfondire la conoscenza di se stesso e della vita attraverso il buddismo, lui proveniente da

una famiglia cattolica. Un libro nel quale la ricerca e la scoperta della felicità lasciano spazio anche a dolori, malattie, lutti. Dall’omosessualità dichiarata alla lotta contro la sieropositività al virus Hiv: attraverso una scrittura attenta e coinvolgente, il conduttore radiofonico di “Il ruggito del coniglio” si apre ai lettori togliendosi ogni genere di maschera, condividendo la rivoluzione della propria esistenza e trasformandola in un messaggio di speranza verso il futuro per tutte le generazioni.

Paolo Cammilli Conta fino a dieci Sperling&Kupfer, 2017 Pagg. 312 € 16,90

Ivan Zampar Incontri Edizioni Culturaglobale, 2017 Pagg. 126 € 14,00 Otto racconti accompagnati da una malinconia che aleggia lieve e ineluttabile. Storie che illuminano zone d’ombra di individui destinati all’anonimato, rendendo giustizia a solitudini mai gridate.

Dalle vittime senza ancora colpevoli della strage aerea di Ustica alle dolenze della quotidianità, fatta di sogni infranti, amori dissolti, sofferenza per le persone care che non ci sono più. Testimonianza scritta nero su bianco dell’ineluttabile e mai banale mistero della vita. I protagonisti degli incontri sono gli eroi della normalità chiamati ad affrontare ogni giorno le pene riservate dall’esistenza umana. Vivendo situazioni che, nelle loro mille sfaccettature, rappresentano in fondo la storia di ciascuno di noi.

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La psicologa Cristina Orel presenta il 18 settembre, a Trieste, “Il grande libro dei Fiori Californiani” La psicologa Cristina Orel, diplomata in psicoterapia all’Istituto Riza di Milano, presenta il volume dal titolo: “Il grande libro dei fiori californiani”, edito da Edizioni Enea di Milano, scritto a due mani con lo psichiatra Roberto Pagnanelli. Come si usano, quali sono gli impieghi, quali i risultati e le caratteristiche per imparare ad impiegare al meglio la floriterapia. Alle ore 18, alla libreria Lovat di Trieste. Il libro sarà presentato inoltre il 17 ottobre alle ore 18 alla libreria Feltrinelli di Udine.

I fiori californiani, dopo i fiori di Bach e i fiori australiani, rappresentano una delle terapie più conosciute e largamente impiegate nell’ambito delle cure alternative. Derivate dai fiori che nascono nel territorio americano, le stock bottles, così si chiamano i rimedi che troverete in farmacia e nelle erboristerie, ben si prestano alla cura dei piccoli malesseri quotidiani che affliggono la nostra società. Malesseri generali, insicurezza, insonnia, disturbi dell’alimentazione, bisogno di appoggiarsi eccessivamente agli altri e mille altri disturbi possono essere guariti efficacemente da queste essenze, del tut-

to innocue e rispettose della persona. La dottoressa Orel, psicologa psicoterapeuta, psicosomatista esperta in rimedi naturali, illustrerà le proprietà dei principali fiori, da Bleeding hearth a Borage, da Manzanita a Violet passando attraverso Oregon grape e Mariposa lily i quali, grazie anche ad una psicoterapia ben condotta che riporta in armonia l’anima, apportano un immediato sollievo al paziente e a chi soffre di ansia, fobie e depressione. Cristina Orel riceve a Trieste, Monfalcone, Udine e Gorizia www.studiopsicoterapiaorel.com Cell:333691396

Roberto Pagnanelli ha presentato alla Mondadori di Lovere, sul Lago d’Iseo, il volume: “Terapia con i fiori Italiani” (Edizioni Mediterranee) È stato presentato in anteprima, alla Mondadori di Lovere (Bergamo), il volume dal titolo “Terapia con i fiori italiani”, edito da Edizioni Mediterranee.

Per appuntamenti: Cell. 330-240171 E-mail: robertopagnanelli@libero.it Sito web: www.robertopagnanelli.it


PERSONAGGI

CATERINA TOMASULO Intervista di Andrea Doncovio Immagini di Claudio Pizzin

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Semplicemente

Catine

Grazie a YouTube e al suo cabaret in lingua friulana l’artista lucana è divenuta una beniamina del pubblico. Dall’arrivo in Friuli nel 1994 alla nostalgia di casa, dai primi lavori nel mondo della ristorazione alla svolta nella recitazione: una storia da ripercorrere tutta d’un fiato. Con ironia, ma anche con profondità. «Perché un episodio doloroso come l’emigrazione si può trasformare in una grande avventura»

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I suoi monologhi estrapolati dallo show 50 sfumature di friulano ancora oggi impazzano sul web, condivisi da magliaia di appassionati. Tutti stregati dall’umorismo mai banale di Caterina Tomasulo, in arte Catine, friulana di adozione dal 1994, quando sbarcò in regione dalla sua Basilicata in cerca di lavoro. Perché come il cabaret che offre agli spettatori, quella di Catine è una storia di emigrazione, contaminazione e integrazione. Una storia d’amore per la propria terra d’origine e di sincero riconoscimento per la terra che l’ha accolta. Una storia che in questa intervista Catine ripercorre a cuore aperto. “Catine, cabarista friulucana”: quando tre parole dicono già tutto… «Il primo a chiamarmi “cabarista” fu l’attore Claudio Moretti, quando facevo la barista di professione e la cabarettista per hobby. Sono lucana, ma dopo tanti anni passati in Friuli mi sento anche friulana, da qui il termine “friulucana”. Praticamente ho il mal d’Africa e il “màl dal modòn”, ma sto benissimo, in perfetta salute». Il Friuli, i friulani e la lingua friulana: qual è il tuo rapporto con ciascuno di loro tre? «È un rapporto d’amore. Un amore vero, genuino e reciproco. Come potrei non amare questa terra? Qui ho “combinato” tutto: ho trovato un lavoro, ho finito gli studi, ho “acceso un mutuo” e comprato una casa, ho perfi-

no ritrovato la passione per il teatro, che credevo ormai morta e sepolta da tanti anni, e “tal ùltin” (in ultimo), come si dice in friulano, quando ormai ero presidentessa emerita del V.V.F. (Veres Vedrane Furlanes), ho trovato anche l’amore. Adesso comprendo appieno il senso del “cumbinìn”, una delle parole che svelano lo spirito del popolo friulano e il suo modo di intendere la vita. Il Friuli, i friulani e la lingua friulana sono come la Santissima Trinità, si amano tutti assieme». Le cronache raccontano di una giovane ragazza partita da Sant’Ilario di Potenza e giunta in provincia di Udine 23 anni fa, in cerca di lavoro. Che ricordi hai di quel periodo? «Dal giallo della Basilicata al verde del Friuli nello spazio di una notte. A mille chilometri da casa mia. Avevo solo una piccola valigia, pochi soldi e tanta nostalgia… Ma avevo un’amica qui in Friuli, Margherita Menon di Gonars, conosciuta durante una stagione a Bibione e con la quale ero rimasta in stretto contatto. Senza farmi mai pesare niente Rita mi ha dato supporto morale e materiale ospitandomi a casa sua, aiutandomi a cercare un lavoro, a comprare una macchina che mi permettesse di rendermi indipendente, la famosa 126 color “budjese” (bugesa). Le sarò grata per tutta la vita. Quel periodo occupa una parte importantissima nella mia vita e mi fa pensare a una parola: amicizia. Puoi avere tutte le ricchezze che vuoi, ma se non hai un amico vero non sei niente». |

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Qui sopra e nella pagina precedente due immagini di Catine impegnata durante i suoi cabaret.

Il primo lavoro arrivò in un ristorante. «Come cameriera di sala. Prima alla Taverna di Colloredo di Montalbano, dove oltre al mestiere ho imparato anche i primi rudimenti del friulano; poi all’Osteria di Villafredda a Loneriacco e infine al Gjal Blanc di Segnacco, dove tra l’altro ho conosciuto i componenti della compagnia teatrale locale “La Gote”, che poi ha avuto un ruolo determinante nella mia storia. Quando ho ritenuto di avere sufficiente esperienza ho deciso di tentare l’avventura della gestione del bar Marinelli, a Tarcento: quella è stata la mia università. Le superiori le ho fatte in ristorante, l’università al bar. E siccome il bar lo gestivo, ritengo di avere anche un master. Un “percorso didattico” che non cambierei neanche col college più prestigioso del pianeta». L’incontro con la recitazione quando e come avvenne? «La recitazione mi apparteneva fin da bambina, quando all’asilo e poi alle elementari ero la mattatrice di tutte le recite. Con i miei riccioli biondi e gli occhi azzurri sembravo l’ape maia, zompettavo da un ruolo all’altro senza nessuna difficoltà. Poi arrivò l’adolescenza e tra le tante problematiche mi portò anche una timidezza quasi patologica: non riuscivo a parlare di fronte a 20 coetanei brufolosi, figurarsi su un palcoscenico! E così quella passione finì nel dimenticatoio. Poi un giorno Giovanni Mariotti, alias “il Nini”, regista de “La Gote” mi invitò a leggere un copione che secondo lui era fatto su misu66

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ra per me. Era il ruolo di una “vedrane”, la siore Cheche, monologo di Giuseppe Marioni. Da questo personaggio è partito tutto. Non sono riuscita più a fermarmi…» Il passaggio al cabaret come si sviluppò? «Dato che la gestione del bar mi impegnava moltissimo, all’interno della compagnia mi specializzai in monologhi, che potevo studiare senza dover essere presente alle prove. Durante le commedie della compagnia alternavamo così i miei monologhi, e già quella era una forma di cabaret. Ma il passaggio decisivo avvenne nel 2012, con la partecipazione al Festival di cabaret di Attimis, una sorta di Zelig made in Friuli capitanato da Claudio Moretti, uno dei “mostri sacri” del teatro friulano. Lì ho conosciuto altri cabarettisti, anche veneti e triestini. E da lì sono partite diverse collaborazioni». E da lì è nata anche la scelta di incentrare i tuoi testi e le tue esibizioni sulla parodia della lingua friulana ascoltata da una meridionale… «È venuto tutto da sé. Il mio teatro viaggia su due binari: uno è in lingua friulana e parla di personaggi femminili alle prese coi problemi della vita; l’altro è in italiano e parla della mia esperienza di emigrante, delle differenze riscontrate in questa terra così lontana dalla mia, differenze che vanno dal modo di intendere il lavoro ai nomi delle persone, ai nomi dei paesi e naturalmente al linguaggio. Erano impressioni messe giù con l’intento di far ridere e riflettere, ma c’è stato qualcosa in più. È stato come aprire uno stargate. I friulani hanno visto la loro lingua “dal di fuori” e questo ha provocato sorpresa e divertimento. Spingendomi a continuare». Ancora oggi prosegui lo studio del friulano: è una lingua difficile da imparare? «Mi ha aiutato molto il mio “orecchio bionico” e soprattutto il mio lavoro a continuo contatto con la gente: quello che ti insegna il popolo nessuna scuola lo insegna... Non è una lingua facile da imparare, è piena di insidie, di “trappole” linguistiche, ma è proprio questo che la rende così intrigante, così bella e divertente. Io ho accettato la sfida di impararla e mi sono ritrovata in mano un tesoro. Le sue mille sfaccettature mi daranno lavoro ancora per un bel po’, “a Dio piacendo”». Una lucana che impara il friulano appare agli antipodi rispetto ai giovani friulani che sempre meno parlano la “marilenghe”. A tuo avviso come mai questa ritrosia? «Non è un fenomeno solo friulano: tutte le lingue e i dialetti, compresa la stessa lingua italiana, rischiano di scomparire nel calderone del “linguaggio globalizzato”, un misto di inglese, italiano storpiato e faccine. Io amo le lingue e i dialetti perché danno l’identità a un popolo, ne raccontano la storia e ne sottolineano le diversità. Perderli sarebbe come perdere le proprie radici. Però io ho notato che da qualche anno in Friuli è in atto una controtendenza, un “ritorno di fiamma”; sono sempre più numerose le iniziative per promuovere la “marilenghe”: corsi di friulano, trasmissioni per bambini in lingua friulana, migliaia di “Sei friulano se…” Tra i giovani spopolano “Felici ma furlans” e “Tacòns”, DJ Tubet e Doro Gjàt e anche nei miei spettacoli vedo sempre più giovani che si divertono come matti. Forse facendoli ridere e


ballare facciamo venir loro voglia di impararla, questa lingua fantastica». Si parla sempre del tuo rapporto con il Friuli, qual è invece quello con la tua terra d’origine? «La Basilicata è la mia terra, lì ci sono le mie radici, la mia famiglia, c’è Sant’Ilario, il paesino in cui ho vissuto un’infanzia contadina bellissima, in mezzo ai prati e ai campi di grano. Ci vado almeno una volta all’anno, per respirare un po’ di Sud e anche per mantenere il “traffico agroalimentare” che ho messo in piedi da quando sono qui: vado giù con grappa, frico e gubane e torno con origano, olio e scamorze». In Basilicata sanno che una loro corregionale è diventata famosa imparando il friulano? «Attraverso il web oggi si sa tutto, ma non tutti sono “social”. Spesso fermano mia madre per strada: “Ma è vero che tua figlia…?” Comunque, stando a quello che mi scrivono, sono tutti orgogliosi di me». Torniamo al tuo cabaret: secondo te perché piace così tanto proprio alla gente friulana? «Perché gli fa vedere la lingua da un punto di vista differente. Chi vive in una grande e bella foresta, proprio essendo dentro non può vedere com’è da fuori, non può vederne l’immensità. A meno che non arrivi una “foresta”, magari dalla Basilicata, a raccontargli quanto è bella vista da fuori. Mi piace usare la metafora della foresta perché “foresta” in friulano vuol dire “forestiera”. Facendo così scoprire come una lingua che lo stereotipo vuole “ostica” e difficile sia in realtà una lingua colorata e gioiosa, con la quale si può giocare e divertirsi; un divertimento sano, a km zero, preso dalla vita di ogni giorno. E in questo momento si sente tanto il bisogno di ridere». A proposito di cabaret e recitazione in friulano, nel tempo hai sviluppato un rapporto professionale con Claudio Moretti e altri artisti made in Friuli. Come giudichi queste collaborazioni? «Oltre che con Claudio Moretti ho collaborato con Alessandro Di Pauli e Tommaso Pecile in “Felici ma furlans” e “Tacòns”, e anche con Tiziano Cossettini e Pauli Nauli, componenti della Compagnia di Ragogna, dando vita al trio cabarettistico PaToCos. Ultimamente ho avuto l’onore di lavorare con i Trigeminus. C’è fermento culturale in Friuli e per me queste collaborazioni sono state e sono tuttora una bella palestra. Ognuno con la sua forma d’arte, ma tutti accomunati dall’amore per il Friuli». Questi ultimi mesi ti hanno vista impegnata in numerose esibizioni in tutto il territorio: qual è il segreto per non inflazionarsi? «Per non inflazionarsi bisogna sapersi ritirare al momento giusto, e cioè prima di “stufare”. Per me questo è stato un anno intenso, ho girato il Friuli in lungo e in largo, ma in autunno rallenterò. Ho bisogno di crearmi degli spazi per poter studiare cose nuove e mettere in atto tutte le idee che mi frullano in testa». Intanto la tua bravura è stata apprezzata anche dal mondo cinematografico, come dimostra il debutto nel film La donna di picche. Che esperienza è stata per te? «Nel film di Renzo Sovran ho girato una scena di due minuti, il cosiddetto “cameo”, e mi sono divertita tantis-

Primo piano di Caterina Tomasulo (ph. C. T.)

simo, in compagnia di persone brave, preparate e alla mano, gente che fa le cose col cuore. Sono molto curiosa di vedere questo film». Cinema, teatro, cabaret: Caterina Tomasulo cosa vede nel proprio futuro? «La vita mi ha messa in situazioni diverse proprio perché potessi vedere le cose da più punti di vista e raccontarle. Ecco cosa voglio fare: raccontare. Raccontare le cose belle, positive, trovandone il lato divertente, perché c’è, esiste, solo che si preferisce dar risalto alle cose tragiche. E invece il mondo è pieno di piccole realtà bellissime, e sono vicino a noi, basta guardarsi un po’ intorno. Io voglio regalare alle persone momenti positivi, farle star bene, anche se per poco. È una cosa che fa star bene anche me, quindi continuerò a farlo in qualsiasi forma. Con un occhio alla qualità, sempre». Il friulano continuerà a ricoprire un ruolo preponderante nel repertorio di Catine? «Ce, po! Non ho ancora finito di esplorare questa lingua, sono solo all’inizio. Il prossimo passo sarà metterla a confronto col mio dialetto. Ne vedremo delle belle. Vorrei far conoscere al resto dell’Italia queste due splendide regioni di cui si parla così poco: il Friuli e la Basilicata». C’è un messaggio particolare che desideri rivolgere alla gente friulana? «Il messaggio che vorrei arrivasse un po’ a tutti è che l’integrazione è possibile, essere diversi è bello e che con la giusta dose di umorismo e ironia anche un episodio doloroso come l’emigrazione si può trasformare in una grande avventura. Alla gente friulana, che non ha bisogno di tante parole, dico solo questo: Catine ringrazia e non dimentica. A buon intenditor…» Andrea Doncovio |

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PERSONAGGI

ALESSIA SDRIGOTTI Intervista di Margherita Reguitti Immagini di Massimiliano Cao

Il mistero

della vita

Da alcuni anni il parto naturale in casa è tornato di moda tra le neo mamme. A Gorizia una giovane ostetrica ha deciso così di dedicarsi alla libera professione. Quali le differenze con il travaglio in ospedale? Lo abbiamo chiesto direttamente a lei.

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Con la novella “Donna Mimma” Luigi Pirandello volle aprire l’importante raccolta “Novelle per un anno”: nel testo, scritto nel 1917, il premio Nobel siciliano racconta l’arte del far nascere i bambini e l’importanza della professione di levatrice all’interno della società agli inizi del ‘900. Un mestiere avvolto dal mistero della sacralità della vita, in una ricerca di equilibrio fra tradizione ed evoluzione scientifica. Il boom economico dell’ultimo secolo e l’innovazione della medicina hanno interessato anche la nascita: ecco che il parto viene ospedalizzato, in modo da garantire sicurezza alla madre e ingresso alla vita il più facile possibile alla prole. Da alcuni anni però si ritorna a parlare di parto naturale in casa: così la professione dell’ostetrica, quasi estinta nell’ultima parte del secolo breve, risale nella hit parade dei lavori con appeal. Alessia Sdrigotti è una giovane ed entusiasta ostetrica per passione; goriziana, laureata alla facoltà interateneo di Trieste e Udine in ostetricia, esercita la libera professione a domicilio fra isontino, Friuli e Venezia Giulia. 68

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Dolce e dinamica, molto social, segue le future mamme durante la gravidanza a casa loro o nel nuovo studio a Gorizia, durante il travaglio e nei mesi successivi del puerperio. Rispetto alla novella di Pirandello rappresenta la sintesi perfetta fra la tradizione misteriosa dell’agire di donna Mimma e le conoscenze scientifiche della sua giovane antagonista. Come è nata la scelta di questa professione? «Ho sempre sentito la vocazione di essere d’aiuto agli altri, sin da piccola. Crescendo poi, ho scoperto il complesso e meraviglioso mondo femminile ed è nata così la passione per il mio lavoro». Quali sono le modalità di incontro con le future mamme? «Già dal primo mese si inizia un percorso di conoscenza e fiducia reciproche. Inizialmente gli incontri sono mensili: la donna si racconta, io rilevo i parametri essenziali, valuto le analisi ematochimiche per capire come sta progredendo la gravidanza ed essere certa della salute della mamma e del nascituro. Pratico anche trattamenti naturali come il massaggiopolare, meta-


morfico, utilizzando olii essenziali, fiori di Bach, fitoterapici e moxibustione. Nell’ultimo mese di gravidanza le visite si intensificano e se la donna e la coppia hanno deciso di aff rontare il travaglio del parto a casa, divento reperibile h24. Se il parto avviene a casa è indispensabile la presenza anche di un’altra ostetrica». Una donna può scegliere di vivere il travaglio a casa e partorire in ospedale? «Anche questa è una possibilità. Vi è sempre un’ottima intesa professionale con le colleghe che lavorano negli ospedali della regione. Sempre più spesso poi anche il compagno è presente e questo rende l’esperienza ancora più intensa per la coppia». Quali sono le motivazioni per affidarsi alla sua professionalità? «Nelle donne cresce la coscienza che, nella naturalità del parto, esiste la necessità di rispettare la fisiologia, i tempi propri e del bambino, l’intimità del momento, unico ed emozionante. Sempre più donne desiderano vivere questa esperienza fondamentale nella loro vita nell’intimità del proprio ambiente e degli affetti, senza rinunciare alla sicurezza garantita dalla professionalità». Quali sono le paure maggiori durante il travaglio e come superarle? «Le donne temono il dolore e sono apprensive per la salute del bambino. In entrambi i casi serve la capacità di ascoltare e conoscere il proprio corpo e bisogni, instaurando da subito un rapporto forte con il bambino. Il dolore è indispensabile ma anche guida la nascita. Assieme si possono trovare le posizioni per agevolare il diventare genitrice». L’ostetrica 2.0 segue solo la nascita? «Assolutamente no, segue le varie fasi della vita di una donna dalla pubertà alla menopausa. Fasi delicate nelle quali spesso c’è bisogno di

Alessia Sdrigotti, laureata in Ostetricia all’Università di Trieste, è una professionista del benessere femminile. Negli anni ha affinato e allargato le sue competenze di trainer in diverse specialità: da olistic workout a ginnastica posturale e perineale. Effettua la sua attività a domicilio, nel suo studio di Gorizia e in diverse palestre e centri benessere della regione. Contatti: mobile 340-2578694 - http://alessiaostetrica.com un sostegno per riuscire a capirle, accettarle e affrontarle al meglio». Quanti bimbi ha fatto nascere? «Rispondo con una citazione di Frédérick Leboyer, ostetrico e ginecologo francese, uno dei massimi esperti in materia, ideatore del parto dolce senza violenza che porta il suo nome: “Le donne sanno partorire e i bambini sanno nascere”. Sono le donne che fanno nascere i propri figli. Il mio lavoro è di preparazione, supporto e sorveglianza». Il suo sogno? «Il mio desiderio più grande è riuscire a creare un centro per il femminile, di sostegno e di confronto per donne di tutte le età, nel quale il benessere della persona e l’armonia di corpo siano tutt’uno, alla portata di tutte». Margherita Reguitti

Alcune mamme con i bimbi durante un’attività post parto

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F I G L I D I U N O S P O R T M I N O R E o v v e r o , s a r a n n o ( s t a t i ) q u a s i f a m o s i !

Icaro in Friuli Venezia Giulia Voglio cominciare dalla fine. Il motto conclusivo dell’articolo sembra un adagio orientale: il timore viene vinto dalla gioia. E sono arrivato a questo concetto partendo da un dubbio che mi angustiava: possono attività che si somigliano essere completamente differenti, addirittura imparagonabili fra loro? Io avevo sempre pensato che lo sport del parapendio fosse una variante del più antico paracadutismo… «Assolutamente no!»

Arduino Persello, friulano originario di Majano e gemonese di adozione, classe 1968, al momento unico istruttore friulano di volo in parapendio per questo sport in Friuli Venezia Giulia, interviene a rendermi edotto in materia. «Sono due cose completamente differenti, non per niente noi siamo chiamati piloti e non paracadutisti». Continui, continui… «Il paracadute, in definitiva, serve solo a rallentare la caduta; la vela che noi usiamo è invece una vera e propria ala, manovrabile agevolmente, che permette a seconda del tipo usato anche delle mirabolanti acrobazie. Il paracadutista le acrobazie le fa, ma prima di aprire il paracadute. Noi decolliamo, non ci lanciamo, e dobbiamo fare i conti con tutte le leggi che regolano gli spazi aerei». Quindi, concettualmente, siete più vicini all’aliante. Ma vi capita di incrociare aerei in volo? «Succede. Voliamo negli spazi a noi consentiti, e difficilmente si va oltre, ma un aereo militare, ad esempio, va un po’ dove vuole. A me è successo di incrociarne uno che a una cinquantina di metri si è messo di ‘traverso’, per evitare che le sue scie andassero a interferire con il mio volo. E questa distanza è davvero minima; praticamente ho visto in faccia il ‘Top Gun’». Lei da quanto tempo vola? «Ho cominciato esattamente 23 anni fa. All’epoca si era ancora agli albori di questo sport, almeno 70

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qui, ma è stato amore a prima vista. Ho cominciato e non ho più smesso. Dopo un paio di anni ho fatto l’abilitazione al biposto e al deltaplano, e da allora scarrozzo un po’ di gente a spasso per i cieli, anche in compagnia di qualche grifone, animali stupendi che spesso ci accompagnano in volo». Volare assieme alle aquile… Lo vedo uno sport da temerari; non ha mai avuto paura? «No. È giusto che ci sia un po’ di tensione, perché alza il livello di attenzione, ma poi il timore viene vinto dalla gioia di quello che fai. Se mi chiedono: il suo è uno sport pericoloso? Rispondo di no. Perfino Valentino Rossi qualche volta è caduto, ma anche dal divano si casca». Diciamo che se si è preparati si possono superare i propri limiti… «Ho stabilito tre record del mondo, uno dei quali ancora imbattuto. Non ci si alza al mattino e si battono primati. Ho fatto una lunga, gioiosa e appassionante ‘gavetta’ che mi ha dato l’esperienza per affrontare qualsiasi situazione; ho fatto anche degli errori, perché imparando si sbaglia. Ho all’attivo otto ‘emergenze’, più due atterraggi senza perché la distanza dal suolo era troppo bassa». Per emergenza intende l’apertura del paracadute? Scusi sa, ma io ho un po’ la fobia… «Esatto. Come su ogni velivolo, può verificarsi una avaria che renda necessario l’apertura del paracadute di emergenza. In ogni caso è per ridurre ulteriormente la velocità di caduta; le vele non fanno la cosiddetta ‘fiammella’, perché sono già dispiegate, quindi mantengono sempre un minimo di portanza». Mi racconta una di queste ‘disavventure’? «Una volta ero decollato in situazioni limite e mi sono beccato, per inesperienza, un temporale. Si vola col bel tempo, perché così si hanno le condizioni migliori. Bisogna sempre stare attenti alle previsioni. Quella volta ho arrischiato un po’; la vela molto bagnata non è in grado di rispondere ai comandi e quindi o si va ‘alla deriva’ o si casca. Ma l’avventura più pericolosa mi è capitata senza dover ricorrere all’emergenza». Cosa successe? «Eravamo nel Nord-Est del Brasile con una spedizione creata ad hoc, con tanto di staff tecnico di assistenza. In quelle terre ci sono venti ottimali e correnti atmosferiche che rendono possibile ricoprire adeguate distanze, eppure mi ritrovai costretto ad atterrare, poco prima di mezzogiorno, nel bel mezzo della foresta. Ho camminato tutto il giorno verso la direzione imposta dal GPS; ho finito l’acqua, le piccole scorte di cibo e mi stavo rassegnan-


Pagina accanto, foto panoramica di Persello in volo con il parapendio; a destra, partendo dall’alto Persello (dietro) accompagna una persona in volo; Persello (in centro) durante la premiazione di una gara.

do a passare la notte fra le fiere. Per fortuna, verso le 9 di sera, mi hanno ritrovato. Lì, ho avuto un po’ di paura». Spesso accompagna con il biposto la gente a volare; almeno loro, paura ce l’hanno? «Non mi è mai successo, e ne ho accompagnati tanti, che qualcuno si sia fatto prendere dal panico. È successo invece che abbiano avuto qualche nausea, ma mai per paura. La persona più ‘anziana’ che ho portato in volo superava gli 85 anni, la più giovane 6 compiuti da poco. Di episodi particolari ne succedono, ma piacevolissimi; l’ultimo, una richiesta di matrimonio in volo». Addirittura? «Il mio collega e io dovevamo portare in volo una coppia, e lui, prima del decollo, ci ha avvisato della sua intenzione; così, di nascosto da lei, abbiamo preso con noi un megafono e al momento opportuno ci siamo affiancati. Lui ha tirato fuori la sua dichiarazione d’amore e l’ha letta in volo con tanto di richiesta finale. Per me era ‘sì’. E anche per la signora è stato così». Per onor di cronaca, parliamo un po’ dei suoi titoli… «Sono stato più volte campione friulano nelle gare di velocità, e anche campione italiano e mondiale in quelle di distanza. Soprattutto nei primi anni le competizioni rivestivano un ruolo determinante, anche perché rappresentano una spinta a migliorarsi, a prepararsi. Poi l’agonismo classico ha lasciato il posto alla ricerca dell’essenza di questo sport, e mi sono dedicato alla ricerca dei record. Oggi qualche volta gareggio ancora, ma principalmente svolgo attività promozionale e di insegnamento. Prima eravamo una ‘succursale’ di un aeroclub veneto, da poco abbiamo il nostro Aero Club Volo Libero Friuli A.s.d., del quale sono anche presidente. Organizziamo manifestazioni a tutti i livelli; la più famosa è l’ACROMAX, la coppa del mondo di volo acrobatico che si tiene sul Lago di Cavazzo in agosto». Ci sono anche altre specialità? «In definitiva ce ne sono di due tipi: le acrobatiche e quelle di distanza. All’interno di ognuna troviamo delle sottospecialità». La vostra è una attività con interessanti ricadute sul territorio. «Le nostre richieste sono sempre state supportate, aiutati anche dal fatto che Gemona ha una vocazione fortemente sportiva, partendo dalla Facoltà di Scienze Motorie per arrivare al progetto SPORTLAND: qui lo sport viene giustamente considerato una vera attività».

Mi ha colpito molto una sua frase: “il timore viene vinto dalla gioia di fare ciò che fai”. È l’Arduino uomo che parla? «Amo quello che faccio. In ambito lavorativo sono socio di minoranza in una piccola industria, ma abbiamo comunque 35 dipendenti; se hai amore per quello che fai lo puoi trasmettere agli altri». Conosco qualche ragazzo dell’Aeroclub e lei è considerato una specie di leggenda. Qualcuno dice che ogni volta che la vede lei sembra più giovane… Forse volando il tempo scorre diversamente? «Tutte leggende metropolitane. Per quello che faccio mi preparo sia fisicamente che mentalmente. Corro e faccio palestra cercando di sviluppare le doti di propriocettività che mi servono in volo. E bevo un bicchiere con gli amici». I maestri sono fatti così; semplici, diretti, pragmatici, ma non per questo privi di emozioni. E Arduino ha trasmesso tutto questo spiegandomi il suo sport. Non so se proverò ad andare a volare con lui, ma la tentazione è forte. E non ditemi che per voi non è la stessa cosa! Chiunque voglia segnalare “un mito della porta accanto”, può scrivere alla redazione di iMagazine:  info@imagazine.it |

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BARCOLANA 49

#vengoanchio Dal 29 settembre all’8 ottobre torna a Trieste il festival del mare che culminerà con la regata velica più affollata al mondo. Che quest’anno punta a superare le duemila imbarcazioni.

«

Dieci giorni di appuntamenti a terra e in mare, di regate ed eventi di spettacolo, cultura, tecnologia, occasioni per vivere il mare nei musei, in città, al cinema e a teatro. Saranno questi gli ingredienti principali della 49^ edizione della Barcolana, in programma a Trieste dal 29 settembre all’8 ottobre 2017. Il record di iscritti - «Un grande obiettivo, di tutti: fissare un nuovo record di iscritti, oltre alla “soglia psicologica” delle duemila barche». Lo ha annunciato il presidente della Società Velica di Barcola e Grignano, Mitja Gialuz (foto in basso): «Dopo la crescita qualitativa di questi tre anni e alla vigilia del cinquantenario della regata – spiega – quest’anno abbiamo una sfida collettiva. Raggiungere il record delle

2.000 barche è un obiettivo che possiamo perseguire tutti assieme, coinvolgendo tutti gli appassionati di vela e l’intera città. Siamo consapevoli del peso della sfida, perché i numeri di Barcolana dipendono dal meteo e da molti fattori, ma siamo consapevoli che il popolo della Barcolana e la città di Trieste sprigionano un’energia positiva e una capacità straordinaria di fare sempre meglio. Quindi quest’anno chiamiamo a raccolta gli appassionati di vela, i molti testimonial che negli anni hanno partecipato a Barcolana, gli armatori che hanno partecipato in passato, affinché tutti assieme raggiungiamo questo incredibile obiettivo». Dal c’ero anch’io al #vengoanchio - «Da anni – sottolinea Gialuz – compiliamo amorevolmente il “C’ero anch’io”, un file che raccoglie, per armatore, tutte le passate partecipazioni; ci sono tanti armatori che hanno partecipato a più di 25 edizioni, e li festeggiamo ogni anno, nel momento in cui si presentano alle iscrizioni, con il titolo di “Old Sailor”. Quest’anno al c’ero anch’io vogliamo affiancare il #vengoanchio, per coinvolgere, da subito, tutti gli armatori che stanno già preparando la propria Barcolana». Un lavoro di squadra - Barcolana 2017 punta a essere un grande “lavoro di squadra”: «L’obiettivo di raggiungere il record di iscritti – aggiunge Gialuz – è uno degli aspetti del coinvolgimento che quest’anno registra la manifestazione. Accanto al forte supporto delle Istituzioni locali - la Regione FVG, il Comune di Trieste, l’Autorità Portuale, la Capitaneria di Porto, la XIII Zona della FIV - la Barcolana ha ottenuto


quest’anno il Patrocinio del Ministero dello Sport, il supporto operativo del Comando Generale delle Capitanerie di Porto e la presenza attiva della Federazione Italiana Vela, riconoscimenti e azioni che permetteranno di sviluppare ulteriori progetti di divulgazione e formazione, e rendere più grande e sempre più condivisa la nostra Barcolana». L’evento 2017 - Il Festival del mare offrirà dieci giorni di eventi in acqua, nel Villaggio e a terra. In acqua, tornano Barcolana Nuota e Barcolana Rema, il primo dedicato al nuoto di fondo il secondo al canottaggio, quindi Barcolana Fun per Sup, Canoa Polo e Foil. Tra gli eventi velici, nuova edizione della Fincantieri CUP, dedicata agli studenti delle Facoltà di Ingegneria Navale europee, che si svolgerà a bordo dei monotipi J70. In calendario anche regate per i monotipi M32, la sfida in notturna per Ufo e altre classi monotipo. A terra torna l’alleanza con i teatri triestini nella terza edizione della “Notte Blu”, la seconda di Barcolana in Città, che punta a coinvolgere esercizi pubblici e Istituzioni in un grande calendario di eventi nel centro di Trieste, tutti a tema mare. Spazio per gli eventi educativi, che vedranno coinvolte scuole e ricreatori, e quindi le attività nel Villaggio Barcolana lungo le Rive di Trieste.

Villaggio e Barcolana in città - Tra le novità di questa edizione, anche un nuovo calendario di apertura del Villaggio Barcolana: per la prima volta, infatti, il Villaggio – in particolare la parte centrale – aprirà anche nel primo fine settimana dell’evento, dal pomeriggio del 29 settembre a domenica 1 ottobre, per poi riaprire da mercoledì 4 fino a domenica 8 ottobre. Al via anche la seconda edizione di Barcolana in città, programma di eventi alla scoperta dei saperi, dei sapori, della tradizione e della cultura della città di Trieste. Un itinerario lungo le vie cittadine dove le diverse attività commerciali mostrano la loro creatività e il loro spirito di accoglienza, ospitando insoliti e originali appuntamenti, eventi culturali, mostre d’arte e fotografia, eventi legati al mondo della moda, degustazioni, concerti a tema mare. Manifesto e polo celebrativa - Il manifesto della Barcolana 2017 è stato realizzato dal fotografo milanese Maurizio Galimberti con il supporto di illycaffè e il design di Basiq. La polo ufficiale (bianca con risvolti blu) e la collezione Barcolana della 49.a edizione continueranno a essere invece prodotte da Slam. Per essere sempre aggiornati sul programma della edizione 2017 della Barcolana, è sufficiente consultare il sito internet www.barcolana.it

In questa pagina in alto a sinistra, Maurizio Galimberti presenta il manifesto 2017 di Barcolana. A destra le polo e l’abbigliamento ufficiale prodotti da Slam. A destra, il pubblico mentre assiste alla regata trasmessa in diretta sul maxischermo iMagazineVideoTruck. Anche quest’anno iMagazine sarà partner tecnico di Barcolana. Pagina accanto, in apertura: la partenza della passata edizione della regata. |

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MOSTRE IN FVG (calendario aggiornato su www.imagazine.it) 2 settembre – 1 ottobre ▶ TRA PITTURA E OBLIO Personale di Aldo Ghirardello. Gemona del Friuli (UD). Museo Civico, via Bini 9. Orario: lun-dom 9.3012.30/16.30-18.30. Ingresso libero. Info: www.exibart.com 5-28 settembre ▶ ELENA VISOTTO – MUTAZIONI COSMICHE

Esposte opere come ipotetici uteriuniversali, dove la luce si trasforma in materia e crea forme che rimandano a creature viventi o immaginarie. Cervignano del Friuli (UD). Galleria Bertoni, via XI Febbraio. Orario: marven 17.30-19.30, sab-dom 16.30-19.30. Ingresso libero. Info: elenavisotto@gmail.com

Fino al 14 settembre ▶ ANIMALS

Mostra dell’artista visivo Ero: esposte opere in plastica e scultura. Trieste. Sala comunale d’arte, piazza Unità 4. Orario: lun-dom 10-13/1720. Ingresso libero. Info: www.imagazine.it

Fino al 19 settembre ▶AMERIKA

Mostra dell’artista svizzera Elisabeth Masé.

Trieste. Studio Tommaseo, via del Monte 2/1. Orario: mar-sab 17-20. Ingresso libero. Info: www.triestecontemporanea.it

Fino al 24 settembre ▶CITTÀ DELL’AUTARCHIA E DELLA CELLULOSA

La storia di Torviscosa nei suoi aspetti storici, urbanistici e ambientali.

Torviscosa (UD). CID, piazzale Marinotti 1. Orario: sab 15-19, dom 10-19. Ingresso libero. Info: www. cid-torviscosa.it Fino all’ 1 ottobre ▶ELIO CIOL

Nei Musei e nelle Collezioni fotografiche internazionali. Mostra personale.

Pordenone. Sala Consiliare, piazza IV Novembre. Orario: sab 15-19, dom 1012/15-19. Ingresso libero. Info: 0434 873981 biblioetca@comune.casarsadelladelzia.pn.it Fino al 3 ottobre ▶VOLTI DI PALMIRA AD AQUILEIA

Esposte importanti opere concesse in prestito da prestigiosi musei internazionali.

Fino al 17 settembre ▶ ROBERT CAPA IN ITALIA

35 fotografie originali incorniciate e oltre 100 immagini del biennio 1943-44.

Trieste. Alinari Image Museum, Castello di San Giusto. Orario: mar-dom 1019. Ingresso € 8. Info: www. imagemuseum.eu ▶ BRUNA DAUS - L’UOMO CHE OSSERVA

Esposte più di trenta opere ad acrilico su tela di grandi dimensioni e una spettacolare installazione pittorica site specific.

Muggia (TS). Sala Comunale d’Arte, piazza della Repubblica 4. Orario: marven 18-20, sab 10-12/1820, dom 10-12. Ingresso libero. Info: www.exibart. com

Aquileia (UD). Museo Archeologico Nazionale, via Roma. Orario: mar-dom 8.30-19.30. Ingresso € 6. Info: www.museoarcheologicoaquileia.beniculturali.it Fino all’8 ottobre ▶AMANTI

L’amore di coppia nella Bibbia, nella mitologia, nella letteratura e nella mistica, in sette secoli d’arte.

Tolmezzo (UD). Località Illegio, Casa delle Esposizioni. Orario: mar- sab 10-19, dom 9.30-19.30. Ingresso libero. Info: www.illegio.it

Fino all’8 ottobre ▶IL MITO DEL POP C’è stata una via italiana al Pop: Silvia Pegoraro lo evidenzia con una mostra dal forte taglio critico che riunisce circa 70 opere di una ventina di artisti. Pordenone. Galleria d’arte moderna e contemporanea Pizzinato, via Dante 33. Orario: merdom 15-19. Ingresso € 3. Info: www.exibart.com Fino all’8 ottobre ▶LA NECESSITÀ DEL LUSSO Abiti di corte nei ritratti del settecento dei civici musei di storia ed arte. Trieste. Museo Sartorio, Largo Papa Giovanni XXIII 1. Orario: margio 10-13, ven-sab 1619, dom 10-19. Ingresso libero. Info: www.imagazine.it

Fino al 22 ottobre ▶RACHEL’S PROMISE

Negli occhi dei gorilla: mostra fotografica di Jo-Anne McArthur

Trieste. Museo Civico di Storia Naturale, via dei Tominz 4. Orario: lun, mer, gio, ven 10-17; sab-dom 10-19. Ingresso € 3. Info: www.museostorianaturaletrieste.it Fino al 5 novembre ▶PASOLINI PRESENTA/E

Pier Paolo Pasolini nella collezione Egidio Marzona.

Tolmezzo (UD). Palazzo Frisacco, via Del Din 7. Orario: mer-lun 1012.30/15.30-19. Ingresso libero. Info: www.exibart. com Fino al 6 gennaio ▶LIVING LANDSCAPE

Il paesaggio del Carso in mostra: esposti pubblicazioni e materiali digitali.

Fino al 15 ottobre ▶DAL LEONE DI SAN MARCO ALL’AQUILA BICIPITE Dipinti, disegni, oggetti e documenti di collezioni private, della nobiltà Mitteleuropea e della belle époque. Grado (GO). Grand Hotel Astoria, largo San Grisogono 3. Orario: lun-dom 10-13/17-22. Ingresso libero. Info: 0481 537898 Fino al 15 ottobre ▶PORDENONE, LA CITTÀ DIPINTA

Racconto con immagini e parole per una passeggiata virtuale nella storia. A cura di Pierfranco Fabris e Fulvio Comin.

Pordenone. Galleria Bertoia, Corso Vittorio Emanuele II 60. Orario: giosab 16-19, dom 10-12/1619. Ingresso libero. Info: www.imagazine.it

Trieste. Museo Civico di Storia Naturale, via dei Tominz 4. Orario: lun, mer, gio, ven 10-17, sab-dom 10-19. Ingresso € 3. Info: www.museostorianaturaletrieste.it

Fino al 7 gennaio ▶L’OFFENSIVA DI CARTA

La Grande Guerra illustrata: dalla collezione Luxardo al fumetto contemporaneo.

Udine. Castello, piazza del Castello 1. Orario: mardom 10.30-17. Ingresso € 8. Info: www.civicimuseiudine.it ▶ IL LIBERTY E LA RIVOLUZIONE EUROPEA DELLE ARTI

Per la prima volta in Italia, una selezione di 200 opere che riporta ai tempi e ai gusti della Belle Époque in Europa. Trieste. Castello di Miramare, viale Miramare. Orario: lun-dom 9-19. Ingresso € 10. Info: www.castello-miramare.it

I COSTI E GLI ORARI DI APERTURA POSSONO VARIARE SENZA PREAVVISO. VERIFICARE SEMPRE RIVOLGENDOSI AGLI APPOSITI RECAPITI.


MOSTRE

Lo scultore

dei transatlantici

Dal 30 settembre al 10 dicembre il Museo della Cantieristica di Monfalcone ospita la mostra dedicata a Marcello Mascherini. Inaugurazione venerdì 30 settembre alle ore 11.

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Marcello Mascherini (Udine, 1906 – Padova, 1983), noto per l’eleganza dei propri bronzi prettamente figurativi, è tra i maggiori scultori italiani del Novecento. Ma non tutti sanno che molte sue opere hanno contribuito all’arredamento di navi prestigiose uscite dai cantieri tra il 1931 e il 1965, periodo d’oro della cantieristica italiana dello scorso secolo. Il progetto espositivo Marcello Mascherini. Lo scultore dei transatlantici è sviluppato e organizzato dal Comune di Monfalcone in collaborazione con la Fondazione Cassa di Risparmio di Gorizia e l’Archivio Marcello Mascherini, nonché con altre istituzioni, in particolare il Consorzio Culturale del Monfalconese e la Fondazione Fincantieri. Le opere scelte, tutte sculture in bronzo di dimensioni più che naturali, alcune delle quali monumentali, sono concesse in prestito dal Ministero per i Beni Culturali e dalla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma: Bora, Scirocco, La Pesca (1951) provenienti dalla nave “Augustus”; La Notte, Fauno con gallo, Gioia di vivere, Vestale 1, Vestale 2 (1960) già sulla nave “Leonardo da Vinci”; La Vita (1964), grande pannello in rame sbalzato e argentato della nave “Raffaello”. Le opere selezionate furono già esposte con successo alla mostra La pesca “Miracolosa”. Omaggio a Marcello Mascherini, che ebbe luogo a Roma nel 2006 organizzata nel centenario della nascita dello

scultore dal Dipartimento per i Beni Culturali e Paesaggistici del Ministero per i Beni e le Attività Culturali con il contributo dell’Archivio Marcello Mascherini. L’evento si colloca in un programma di sviluppo delle risorse museali del Comune di Monfalcone che intende pienamente utilizzare l’investimento del Museo della Cantieristica per ulteriori progetti espositivi di carattere artistico-navale da svolgersi con cadenza almeno annuale, prevedendo di ampliare la presentazione delle opere realizzate dai grandi artisti italiani.

30 settembre - 10 dicembre 2017 Inaugurazione: venerdì 30 settembre ore 11 MuCa, via del Mercato 3 - Monfalcone Per orari e informazioni: www.mucamonfalcone.it |

settembre-ottobre 2017

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F 25-28 OTTOBRE

Viale Borgo Palazzo, 137 BERGAMO Tel 035 3230911 www.promoberg.it

1-3 SETTEMBRE

▶FIERA DI SANT’ALESSANDRO

Agricoltura, zootecnica, equitazione

20-21 SETTEMBRE

▶SAFETY EXPO

Sicurezza sul lavoro e prevenzione incendi 13-15 OTTOBRE

Fiera della montagna

28 OTTOBRE – 1 NOVEMBRE

▶FIERA CAMPIONARIA

Viale della Fiera, 20 BOLOGNA Tel 051 282111 www.bolognafiere.it

8-11 SETTEMBRE

▶SANA

Salone del biologico e naturale 25-29 SETTEMBRE

▶CERSAIE

Ceramica e architettura per l’arredobagno 8-11 OTTOBRE

▶DEVOTIO

Prodotti e servizi per il mondo religioso

Tecnologie rinnovabili

▶HOMI

25-28 OTTOBRE

▶EXPOCASEARIA

Tecnologie per produzione e distribuzione del latte

▶BIOENERGY

25-28 OTTOBRE

▶ I SEMINARI DI QUALYFOOD

via della Fiera, 11 FERRARA Tel 0532 900713 www.ferrarafiere.it

7-8 OTTOBRE

▶FERRARA MILITARIA

Collezionismo militare e storico 7-8 OTTOBRE

▶ELETTRONICA FERRARA

Componentistica e radiantismo 7-8 OTTOBRE

▶SOFT AIR FAIR

Equipaggiamenti e attrezzature Soft Air

Festa delle birra

19-20 OTTOBRE

▶DIGITAL & BIM ITALIA

Innovazione e trasformazioni digitale per l’ambiente 20-22 OTTOBRE

▶BOLOGNA SI SPOSA

Prodotti e servizi per la cerimonia nuziale Cremona Fiere s.p.a. Piazza Zelioli Lanzini, 1 CREMONA Tel 0372 598011 www.cremonafiere.it

29 SETTEMBRE – 1 OTTOBRE

▶MONDOMUSICA

Liuteria di alta gamma

29 SETTEMBRE – 1 OTTOBRE

▶CREMONA WINDS

Esposizione internazionale di fiati 29 SETTEMBRE – 1 OTTOBRE

▶PIANO EXPERIENCE

Strumenti a tastiera

29 SETTEMBRE – 1 OTTOBRE

▶ACOUSTIC GUITAR VILLAGE

Salone della chitarra acustica e classica

25-28 OTTOBRE

▶FIERA INTERNAZIONALE DEL BOVINO DA LATTE

25-28 OTTOBRE

▶ITALPIG

Rassegna suinicola

▶MICAM

▶PADOVA SPOSI

Fieramilano

17-20 SETTEMBRE

Mercato internazionale della pelletteria 22-25 SETTEMBRE

Moda prêt à porter in tessuto e pelle 29 SETTEMBRE – 1 OTTOBRE

▶MILAN GAMES WEEK Fieramilano

3-5 OTTOBRE

▶EXPO FERROVIARIA Fieramilano

3-6 OTTOBRE

Macchine, attrezzature e impianti del vetro

Fieramilano

4-6 OTTOBRE

▶LINEAPELLE

Pelletteria, abbigliamento, arredamento 12-14 OTTOBRE

▶VISCOM ITALIA

Salone del Franchising 20-24 OTTOBRE

28-29 SETTEMBRE

▶HOST

Salone farmaceutico

Fieramilano

▶TUTTO SPOSI

Salone del matrimonio

Piazzale J. F. Kennedy, 1

Salone del matrimonio Udine

14-15 OTTOBRE

▶EXPO ELETTRONICA

Elettronica, informatica, telefonia Udine

▶MOSTRA ORNITOLOGICA Udine

30 SETTEMBRE – 1 OT- Viale del Lavoro, 8 VERONA TOBRE

▶MERCANTEINAUTO

Auto e moto d’epoca

Tel 045 8298111 www.veronafiere.it

30 SETTEMBRE – 8 OT- 15-18 SETTEMBRE ▶COSMO BIKE SHOW TOBRE

▶MERCANTEINFIERA AUTUNNO

Fiera campionaria

Esibizione internazionale di biciclette 27-30 SETTEMBRE

▶MARMOMAC

Marmi, design, macchine e tecnologie

Viale Treviso 1 PORDENONE Tel 0434 23 21 11 www.fierapordenone.it

▶BRIDAL SHOW

▶HAPPY BUSINESS TO YOU

▶MOSTRA SCAMBIO DEL GIOCATTOLO D’EPOCA

13-15 SETTEMBRE

Borsa del contract italiano

27-28 SETTEMBRE

Ospitalità professionale

duzione di motori elettrici 10-13 OTTOBRE

▶SICAM

Componenti e accessori per l’industria del mobile 20-22/27-29 OTTOBRE

▶FIERA DELLA BIRRA ARTIGIANALE

7-8 OTTOBRE

Fiera del matrimonio 8 OTTOBRE

13-16 OTTOBRE

Salone dell’arte

18-19 OTTOBRE

Domotica e tecnologie per la casa 26-29 OTTOBRE

▶FIERACAVALLI

Strumenti per la commercializzazione automobilistica

24-26 OTTOBRE

▶SMAU

Information Communications Technology 27-29 OTTOBRE

Via Emilia, 155 RIMINI Tel 0541 744111 www.riminifiera.it

Salone della creatività

▶GELATO WORLD TOUR

27-29 OTTOBRE

▶SIA GUEST

Fieramilanocity

▶HOBBY SHOW Fieramilanocity

▶HALLOWEEN HORROR SHOW

Fiera del mondo di Halloween

8-10 SETTEMBRE 12-14 OTTOBRE

Salone internazionale dell’accoglienza 12-14 OTTOBRE

▶STREET FOOD ON THE SEA

Via N. Tommaseo, 59 PADOVA Tel 049 840111 www.padovafiere.it

▶ENADA ROMA

▶BIKE EXPERIENCE

7-9 OTTOBRE

14-15 OTTOBRE

▶SPOSA EXPO

Salone del camper

▶SUN

▶GIOCHI EUROPEI GIOVANILI PARALIMPICI

Udine

9-17 SETTEMBRE

Fieramilanocity

Gastronomia internazionale

Fiera dell’abitare

21-22 OTTOBRE

Via Rizzi, 67/a PARMA Tel 0521/9961 www.fiereparma.it

GENOVA Tel 010 53911 www.fiera.ge.it

6-8 OTTOBRE

▶CASA MODERNA

▶HOME AND BUILDING

Fieramilanocity

28 OTTOBRE – 1 NOVEMBRE

30 SETTEMBRE – 8 OTTOBRE

12-14 OTTOBRE

Istruzione e formazione professionale

Salone internazionale delle arti

GORIZIA

▶ART VERONA

▶INTERNATIONAL RETAIL EXPO

▶FLORENCE BIENNALE

Tel 0432 4951 www.udinegoriziafiere.it Via della Barca, 15

Comunicazione visiva e servizi ▶COILTECH per l’evento Materiali e macchinari per la pro-

27-29 SETTEMBRE

6-15 OTTOBRE

26-29 OTTOBRE

▶AUTO E MOTO D’EPOCA

▶VITRUM

Fieramilano

▶VETRINA FARMACIA

Fiera del matrimonio

Fieramilanocity

▶ICS

▶DIDACTA

14-15 OTTOBRE

▶MIPEL

Fieramilano

Ricerca e trattamento di incontinenza

12-14 OTTOBRE

Filiera di luce, domotica e sicurezza

17-20 SETTEMBRE

Piazza Adua, 1 FIRENZE Tel 055 49721 www.firenzefiera.it

12-15 SETTEMBRE

7-15 OTTOBRE

▶CASA SU MISURA

Fieramilano

▶THE ONE MILANO

Salone del matrimonio

Calzature: collezioni primavera/ estate 2018

▶ILLUMINOTRONICA

Fieramilano

▶FERRARA SPOSI

1-3 OTTOBRE

▶RAC

Salone degli stili di vita

Tecnologie di bonifica

30 SETTEMBRE – 1 OTTOBRE

Florovivaismo e architettura del paesaggio

15-18 SETTEMBRE

20-22 SETTEMBRE

▶REMTECHEXPO

E

Salone dell’abitare

Esposizione Internazionale della Calzatura

13-15/20-22 OTTOBRE

▶BOLOGNA BEER FESTIVAL

R

25-28 OTTOBRE

Salone dell’allevamento avicolo

▶CREATTIVA AUTUNNO ▶ALTA QUOTA

E

Fieramilanocity Piazzale Carlo Magno 1 MILANO Fieramilano Strada statale del Sempione 28 RHO Tel 02 49971 www.fieramilano.it

▶POULTRY FORUM

5-8 OTTOBRE

Arti manuali

I

8-10 SETTEMBRE

Le novità 2018 dei grandi marchi della bicicletta 21-23 SETTEMBRE

▶FLOMART

Salone internazionale dell’esterno 17-19 OTTOBRE

Apparecchi da intrattenimento e da gioco

Via dell’Oreficeria, 16 VICENZA Tel 0444 969111 www.vicenzafiera.it

23-27 SETTEMBRE

▶VICENZAORO

Oreficeria, gioielleria, argenteria

13-15 OTTOBRE

▶MEB IN FIERA

Elettroforniture e materiale elettrico 19-22 OTTOBRE

▶ABILMENTE AUTUNNO

Festa della creatività

28-29 OTTOBRE

▶MOVE

Wellness e fitness

28-29 OTTOBRE

▶CHILDREN AND FAMILY Via Cotonificio, 96 Bambini, famiglia e tempo Torreano di Martignacco (UD) libero UDINE


Uniti in Verde

contro la Sla

Anche quest’anno l’associazione cervignanese Progetto Futuro scende in campo per raccogliere fondi per sostenere la lotta alla sclerosi laterale amiotrofica. Ma anche per sensibilizzare l’opinione pubblica.

«

“Uniti in Verde contro la Sla” è uno degli eventi di punta promossi dall’associazione di promozione sociale Progetto Futuro di Cervignano del Friuli, in collaborazione con l’Aisla (Associazione italiana sclerosi laterale amiotrofica). La manifestazione, giunta alla quarta edizione è in calendario il 2 settembre a Cervignano, è nata con l’obiettivo di raccogliere fondi per combattere la sclerosi laterale amiotrofica e, al contempo, informare e sensibilizzare l’opinione pubblica, a partire dalle nuove generazioni, in merito alla malattia. «Nell’estate 2014 – spiega il presidente del sodalizio cervignanese, Luca Furios – è diventata virale la campagna “Ice bucket challenge”, promossa dall’associazione statunitense contro la sclerosi laterale amiotrofica. Sull’onda di questo fenomeno, Cervignanesi Reloaded (gruppo facebook cittadino) ha deciso di dare un contributo concreto organizzando la prima edizione di “Uniti in Verde contro la Sla”. Abbiamo coinvolto l’Aisla regionale, le associazioni, i commercianti e l’amministrazione comunale di Cervignano». L’evento è dedicato a Mauro Zanchin, un ragazzo friulano deceduto proprio a causa della malattia. «Il primo anno – aggiunge Furios – abbiamo raccolto 900 euro. La seconda edizione è stata organizzata da Progetto Futuro. È stato creato un mercatino ed è stato allestito un chiosco per incrementare la raccolta fondi, che ha raggiunto 1.200 euro. Nel 2016, terza edizione, grazie al contributo dei volontari e in collaborazione con altre associazioni, il mercatino solidale è stato ampliato e sono stati organizzati vari momenti di intrattenimento. Abbiamo raccolto 1.620

euro. Tramite questa manifestazione desideriamo raccogliere fondi per combattere la malattia, coinvolgere le persone in questa battaglia e anche informare l’opinione pubblica». L’associazione Progetto Futuro è nata il 16 aprile 2015 per volontà degli amministratori del gruppo facebook Cervignanesi Reloaded, che conta circa 2.500 iscritti. Il sodalizio ha sede a Cervignano e si occupa di promuovere attività in vari settori. Diversi gli eventi organizzati in poco più di due anni di lavoro. Oltre a “Uniti in Verde contro la Sla”, tra le attività organizzate dell’associazione si possono ricordare la conferenza sul tema della pedofilia “L’infanzia prima di tutto. I bambini non si toccano”, il festival “Giornate dell’Oriente”, l’evento “Amala…Non ucciderla” contro la violenza di genere, e il mercatino solidale natalizio “A Natale regaliamo un sorriso”, per aiutare due comunità aquileiesi: Il Mulino, che si occupa di minori in difficoltà, e Il Granaio, che accoglie madri e bimbi in gravi situazioni di disagio. Da segnalare anche la consolidata collaborazione con la Scuola Fioristi FVG per l’organizzazione del premio internazionale “Donna di Fiori”. Spesso l’associazione organizza anche gite, iniziative benefiche e contribuisce in vari modi all’organizzazione di eventi e manifestazioni.

Elisa Michellut Nella foto il consiglio direttivo di Progetto Futuro: da sinistra Sandro Ciulla, Lucia Nussio, Massimo Pagani Trigatti, la vicepresidente Ljiljana Damjanovic, Mattia Godeassi e Luca Furios. |

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chef…ame!

Tortelli tondi con castagne e funghi porcini Ricetta del Maestro di Cucina Germano Pontoni

Preparazione

Mondare e lavare i funghi, sgocciolare e tagliare a pezzi. Impastare le due farine con le uova e il sale fino a raggiungere un composto omogeneo; avvolgere nella pellicola e tenere in frigorifero per almeno 1 ora. Tritare 200 gr di castagne e aggiungere la ricotta, il grana, sale e pepe; mescolare e lasciare riposare in frigo per mezz’ora. Tirare la pasta molto sottile e ritagliare dei dischi di 3 cm di diametro, farcire con il ripieno di castagne, pennellare i bordi della pasta con acqua calda e sovrapporre un altro disco di pasta, sigillare bene con le punte delle dita. Far imbiondire l’aglio nell’olio e toglierlo; aggiungere i porcini e le castagne tagliate a fette grosse, mescolare e insaporire q.b. con sale e pepe e aggiungere il brodo; cuocere per pochi minuti. Cucinare i tortelli in acqua salata non troppo a bollore; sgocciolare e far saltare nel burro, aggiungere la panna e metà condimento di funghi e castagne, far bollire pochi minuti per far addensare, posizionare nei piatti e guarnire con sopra le castagne e i funghi rimasti. Servire ben caldo.

Fantasie di castagne in cucina

Il bosco in autunno ha qualcosa di magico. Il silenzio e le prime foglie che cadono, i colori della natura che assumono calde tonalità. Quanti versetti hanno immortalato le castagne e il bosco in questa stagione... Pane dei poveri valligiani che scendevano nella pianura friulana in autunno per barattare fior di farina o farina di granturco per la polenta. Castagne ballotte lessate nell’acqua con una foglia d’alloro o caldarroste cotte con l’apposita padella bucata sulle braci. Quanto tempo è passato da allora. Questo umile prodotto della natura già da settembre con le prime castagne, provenienti dai boschi della Toscana e del Piemonte presenti nei negozi di frutta “griffati“, esalta piatti con ingredienti ricercati, carni di maiale e oca in particolare. Durante i matrimoni, con fantasia e creatività, le sposano (è proprio li caso di dire) a pesce, salumi e formaggi... Antipasti, primi piatti, secondi piatti, dessert, non solo il classico Montebianco o la Mousse abbinate a liquori e biscottini, ma molto ancora. La castagna era anche protagonista nelle fiabe dei bambini delle Valli dove folletti e gnomi del bosco, quando i ricci cadevano e le castagne

Ingredienti per 4 persone - 300 gr di castagne già lessate - 50 gr di farina di castagne - 200 gr di farina “00” - 3 uova - 300 gr di funghi porcini - 100 gr di ricotta - 1 cucchiaio di formaggio Grana grattugiato - 1 spicchio di aglio - mezzo cucchiaio di burro - 2 cucchiai di olio extravergine di oliva - 2 cucchiai di panna da cucina - 1 mestolo di brodo vegetale - sale e pepe q.b.

mature si sparpagliavano a terra, prendevano possesso di queste casette rivestite da una peluria morbida e dopo una scorpacciata di castagne si addormentavano in sonni profondi per tutto l’inverno. La Castagna regina d’Autunno è uno dei pochi frutti che può essere definito ”naturale”, Germano Pontoni in quanto il suo robusto Maestro di Cucina 347 3491310 riccio la protegge dai Cell: Mail: germanoca@libero.it trattamenti chimici più invasivi. La piccola castagna “CANALUTA”, che cresceva spontanea nelle Valli del Natisone e che per molto tempo è stata la Castagna per eccellenza, ora ha lasciato spazio a varietà più redditizie, marroni grossi che per farne un chilo ne bastano pochi e sorelle vendute in scatole molto richieste per l’uso, già cotte sottovuoto o ridotte in purea in tutti i mesi dell’anno... |

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I tuoi eventi su iMagazine!

FOLKLORE

Visita il sito www.imagazine.it, entra nella sezione eventi e segnala direttamente on line le tue iniziative.

Legenda Caffetteria

Afterhour

Birreria

Eventi a tema

Enoteca

Sale convegni

Special drinks

Musica dal vivo/karaoke

Stuzzicheria

Musica da ballo

Vegetariano/biologico/regimi

Happy hour

Cucina carne

Giochi

Cucina pesce

Internet point

Paninoteca

TV satellitare/digitale

Pizza

Giochi e spazi per bambini

Gelateria

Pernottamento

Catering

Buoni pasto

Organizzazione feste

Parcheggio

7-10 settembre ▶ Friuli Doc

L’occasione di assaggiare i tesori dell’enogastronomia friulana si coniuga ad appuntamenti come mostre, spettacoli, convegni, esposizioni artistiche e produzioni artigianali, sempre nel rispetto delle più antiche tradizioni locali. Udine. Info: www.friuli-doc.it

ristorante

Il range di prezzo indicato (ove applicabile) si riferisce al costo medio di un pasto, escluse bevande alcoliche. I dati segnalati sono stati forniti direttamente dal Gestore del locale. Qualora doveste verificare delle discordanze, Vi invitiamo a segnalarcelo.

21-24 settembre ▶ Gusti di Frontiera

Culture e tradizioni gastronomiche si ritrovano a Gorizia per la grande festa del gusto che attira ogni anno centinaia di migliaia di visitatori tra le decine di stand in cui è possibile assaggiare specialità di tutti i continenti. Gorizia. Info: www.comune.gorizia.it

ristorante

e inoltre... 15-17 settembre ▶ Settembre Doc!

Enogastronomia, musica, arte, spettacoli. Latisana (UD). Info: www.prolatisana.it

16-17 settembre ▶ Mostra mercato del formaggio e della ricotta di malga Degustazioni e musiche. Enemonzo (UD) Info: prolocoenemonzo@gmail.com


scopri tutti gli eventi in regione su www.imagazine.it

Pub

22 settembre – 2 ottobre ▶ Mostra regionale della Mela

trattoria

Due week end di mostre, convegni, concorsi e premi dedicati alla mela e ai suoi derivati (succo, sidro e aceto). Previste iniziative didattiche per i bambini, contest musicali, eventi sportivi e il tradizionale concorso di bellezza. Mereto di Tomba (UD). Località Pantianicco. Info: http://prolocopantianicco.it

agriturismo

21-22 ottobre ▶ Festa della Zucca

Musici e giocolieri, mangiafuoco, nobildonne e cavalieri, i terribili armigeri, il ciarlatano ed il mendicante, il rustico con i pennuti e tanti altri: ecco i personaggi che animeranno il centro storico della città medievale. Ma al centro di tutto c’è sua maestà la zucca. Venzone (UD). Info: www.venzoneturismo.it

19-22 ottobre ▶ Ein Prosit

Principale rassegna enogastronomica del Nordest. Tarvisio (UD). Info: www.einprosit.org

21-22 ottobre ▶ In autunno: frutti, acque, castelli

Artigianato, vivaismo, antichità. Cervignano del Friuli (UD). Castelli di Strassoldo. Info: www.castellodistrassoldo.it


L I V E

M U S I C

16 settembre ▶ Paul Bogart

Unica data italiana per un artista che è sinonimo stesso di country music, come le sue canzoni capaci di mischiare uno stile giovane e fresco con la tradizione e lo spirito di questo genere musicale. Lignano Sabbiadoro (UD). Arena Alpe Adria. Ore 18. Info: www.azalea.it

7 ottobre ▶ Procol Harum

Passati alla storia per i grandi successi nel panorama musicale inglese di fine anni ‘60, sono considerati i “profeti dal suono orchestrale” nonchè uno tra i primissimi esponenti del progressive rock. Unico live del Nordest. Pordenone. Palasport Forum. Ore 21. Info: www.azalea.ita.it

e inoltre... 10 settembre ▶ Goran Bregovic

Concerto di chiusura di Friuli DOC. Udine. Piazza Libertà. Ore 21.30. Info: www.friulidoc.it

16 settembre ▶ Nuovo Fronte 82

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| L’INFORMAFREEMAGAZINE

Vasco Rossi Tribute Band. Tricesimo (UD). Piazza Libertà. Ore 21. Info: www.prolocotricesimo.it


ph. credits Massimo Mantovani

21 ottobre ▶ Michael Nyman

A inaugurare “Il volo del jazz” sarà uno tra i più amati e innovativi compositori inglesi, la cui fervente creatività lo ha reso una delle più affascinanti e influenti icone culturali della nostra epoca. Sacile (PN). Fazioli Concert Hall. Ore 20.45. Info: www.controtempo.org

23-24 ottobre ▶ Ligabue

Dopo l’operazione alla corda vocale che l’aveva obbligato a sospendere Made in Italy Tour, il Liga è pronto a far tappa in FVG in un doppio concerto destinato a divenire l’evento clou dell’autunno musicale regionale. Trieste. PalaRubini Alma Arena. Info: www.azalea.it

17 settembre ▶ Le Orme

Concerto gratuito nell’ambito di Settembre DOC. Latisana (UD). Piazza Indipendenza. Ore 21. Info: www.prolatisana.it

24-29 ottobre ▶ Jazz&Wine of Peace Festival

Cinque giornate di grande musica jazz. Cormòns (GO). Info: www.controtempo.org


CLASSIC ARTS

14 ottobre

▶ Coro Ana Milano

Una selezione di letture e canti alpini e militari dal 1896 al 1943 – frutto di una scelta ragionata all’interno di un patrimonio vastissimo – per un excursus che dalla fine dell’Ottocento arriva alla Grande Guerra, e termina con la Seconda guerra mondiale. Pordenone. Teatro Verdi. Ore 20.45. Info: www.comunalegiuseppeverdi.it

18-22 ottobre

▶ Le avventure di Numero Primo

Di e con Marco Paolini. Numero Primo è un bambino intelligente, ibrido genetico e figlio insperato del maturo Ettore e di una madre di cui conosciamo solo la voce computerizzata. L’occasione giusta per una riflessione a 360 gradi sul nostro presente e sul nostro futuro… Trieste. Politeama Rossetti. Ore 20.30 (22/10 ore 16). Info: www.ilrossetti.com

e inoltre... 10 settembre ▶ Giovanni Vernia

Sotto il vestito: Vernia. Maniago (PN). Piazza Italia. Ore 21. Info: www.azalea.it

16 settembre ▶ Cori d’Europa

Festival internazionale. Grado (GO). Auditorium Biagio Marin. Ore 21. Info: www.grado.info 84

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| L’INFORMAFREEMAGAZINE


w w w.imag azine.i t

26 ottobre

▶ La buona novella

Simone Cristicchi, poliedrico “cantattore” consacrato dalla critica come l’artista italiano contemporaneo più completo, torna in scena con l’opera di Fabrizio De André, proposta in versione per orchestra e coro giovanile scritta da Valter Sivilotti. Gorizia. Teatro Verdi. Ore 20.45. Info: www.comune.gorizia.it/teatro

26-28 ottobre

▶ Per te. Dedicato a te, cara Julie

Il nuovo poetico e visionario spettacolo acrobatico della Compagnia Finzi Pasca, realtà che non ha eguali sulla scena internazionale. Colori e risate, pesantezza di guerrieri e leggerezza di farfalle, quadri di luce e vento, tanto vento. Udine. Teatro Nuovo Giovanni da Udine. Ore 20.45 (28/10 anche ore 16). Info: www.teatroudine.it

20 ottobre ▶ Luigi Mariani / Enrico Bronzi

Concerto al buio. Trieste. Istituto Regionale Rittmeyer per i ciechi. Ore 20. Info: www.neisuonideiluoghi.it

26 ottobre ▶ Angela Hewitt

Concerto per pianoforte. Monfalcone (GO). Teatro Comunale. Ore 20.45. Info: www.teatromonfalcone.it

L’INFORMAFREEMAGAZINE

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S PO R T

16-17 settembre ▶ Cervignano Motor’s Festival

Terza edizione della manifestazione motoristica che coinvolge fuoristrada, enduro, stuntman, rally… In programma domenica anche il Cars&Drift Meeting, con l’esposizione di pin up e di prototipi estremi. Cervignano del Friuli (UD). Area commerciale Le Rogge. Info: www.prolococervignanofvg.it

17 settembre ▶ Maratonina Città di Udine

Diciottesima edizione della mezza maratona che si corre su uno dei tracciati più veloci al mondo. Partenza da Cividale del Friuli e arrivo a Udine in piazza Libertà. Previste anche gare collaterali non competitive aperte a tutti. Cividale del Friuli (UD). Info: www.maratoninaudine.it

e inoltre...

16 settembre ▶ Green Altitude Volley

Torneo di green volley più alto d’Italia. Sutrio (UD). Monte Zoncolan. Info: 371 1098778

16-17 settembre ▶ Historic Nordest

Gara di regolarità turistica per auto storiche e moderne. Aviano (PN). Piancavallo. Info: www.scuderiapncorse.it 86

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w w w.i m a gazi ne.i t

8 ottobre ▶ Barcolana

49^ edizione della Coppa d’Autunno, evento culminante dei dieci giorni di festa della Barcolana: nel Golfo di Trieste quest’anno l’obiettivo è di battere tutti i record superando la soglia delle duemila imbarcazioni partecipanti alla regata velica più affollata al mondo. Trieste. Info: www.barcolana.it

22 ottobre ▶ Lignano Bike Marathon

Dal mare alla laguna con divertenti single track e cambi di ritmo che sapranno soddisfare e mettere alla prova anche i biker più esigenti. Percorso complessivo di 30 chilometri. Lignano Sabbiadoro (UD) Info: www.lignanobikemarathon.it

24 settembre ▶ Skyrace Monte Dimon

Gara di corsa in montagna su tracciato di 15 km. Ligosullo (UD). Valdajer. Info: www.aldomoropaluzza.it

30 settembre – 1 ottobre ▶ Lignano Triathlon

Gare di Triathlon. Lignano Sabbiadoro (UD). Info: 0431 409111 L’INFORMAFREEMAGAZINE

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MEETING

13-17 settembre ▶ Pordenonelegge

Torna la festa del libro con gli autori. Scrittori da tutto il mondo raggiungeranno la città in riva al Noncello per presentare al pubblico le proprie opere, confrontandosi sui grandi temi dell’attualità a stretto contatto con il pubblico. Pordenone. Info: www.pordenonelegge.it

19-24 settembre ▶ Cervignano Film Festival

Quinta edizione del concorso internazionale per cortometraggi e videoclip. In programma proiezioni di opere, dibattiti, concerti e due focus speciali: uno sul cinema scolastico e uno su quello del Friuli Venezia Giulia. Cervignano del Friuli (UD). Info: www.cervignanofilmfestival.it

e inoltre...

15-17 settembre ▶ Slofest

Eventi culturali in omaggio alla comunità slovena. Trieste. Piazza della Borsa. Info: 040 635626

26 settembre – 21 ottobre ▶ Arlecchino Errante

Festival dedicato all’arte dell’attore. Pordenone. Info: www.arlecchinoerrante.com 88

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21-24 settembre ▶ Bio Photo Contest

Festival internazionale di fotografia naturalistica. Sarà possibile incontrare e intervistare grandi fotografi del settore e ammirare le “multivisioni” create con le loro foto. Previsti anche workshop ed escursioni. Budoia (PN). Info: www.biophotocontest.com

30 settembre – 7 ottobre ▶ Le Giornate del Cinema Muto

Trentaseiesima edizione del festival che abbina alla proiezione delle opere cinematografiche prive di sonoro la musica dal vivo di straordinari musicisti ed ensemble orchestrali. Tra gli ospiti 2017 Alicia Svigals, Isabelle Sajot e Richard Siedhoff. Pordenone. Teatro Verdi. Info: www.giornatedelcinemamuto.it

6 ottobre ▶ Realizzazione Museo all’aperto

Convegno sul futuro del Comprensorio difensivo di Dolina dei Bersaglieri. Ronchi dei Legionari (GO). Sala Convegni. Info: www.prolocofoglianoredipuglia.it

28 ottobre ▶ Premio Bruno Cavallini

Concorso letterario istituito da Vittorio Sgarbi. Barcis (PN). Info: www.premiobrunocavallini.it L’INFORMAFREEMAGAZINE

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F U O R I

R E G I O N E

T R E V I S O 2-17 settembre

▶FESTA DEL FAGIOLO BORLOTTO NANO Oltre alle degustazioni e mercato del fagiolo, in programma anche il quinto festival del Vino di Asolo e Montello e delle eccellenze dei prodotti tipici gastronomici. Poderobba. Info: www.prolococovolo.it 9 settembre – 1 ottobre

▶SILVIA CANTON  L’EQUILIBRISTA L’artista presenta 25 dipinti, in maggioranza mai esposti prima, che testimoniano la sua più recente evoluzione espressiva all’interno di un percorso stilistico maturo e riconoscibile. Conegliano. Galleria Novecento. Info: info@silviacanton.it Fino al 10 settembre

▶SAGRA DI RONCADE Degustazioni di street food ed eventi sportivi faranno da cornice a una settimana di appuntamenti in cui spiccano la fiera dell’artigianato e la mostra degli uccelli. Roncade. Info: 333 5610679 Fino al 10 settembre

▶PALIO DEL CASTEL D’AMORE Manifestazione ufficiale del consorzio europeo di rievocazioni storiche. Saranno allestiti mercati medievali, mentre il ritorno dell’imperatore sarà festeggiato dal corteo storico con danze, sbandieratori, giullari e giocolieri. Castelfranco Veneto. Info: paliodicastelfranco.org Fino al 24 settembre

▶MOSTRA STORICA CENTENARIO GRANDE GUERRA Ambizioso progetto di valorizzazione storico culturale di rievocazione della famosa battaglia aerea avvenuta sui cieli del Comune d’Istrana, nell’anno del suo centenario. Istrana. Ca’ Celsi. Info: 0422 831810 26 ottobre

▶FRANCESCO DE GREGORI Tappa in Veneto per il tour europeo di De Gregori che presenterà i suoi più grandi successi. Accompagnato da una formazione inedita composta da Guido Guglielminetti, Alessandro Arianti, Paolo Giovenchi e Alessandro Valle. San Biagio di Callalta. Supersonic Music Arena. Ore 21. Info: www.azalea.it Fino al 31 ottobre

▶AFTER HIROSHIMA Nel settantaduesimo anniversario del bombardamento di Hiroshima e Nagasaki, la mostra guida il pubblico attraverso una narrazione di carattere universale sul nucleare e i suoi retaggi. Treviso. B#S Gallery. Info: www.bsidewar.org


F U O R I

R E G I O N E

V E N E Z I A 8 settembre – 3 gennaio

▶TESORI DEI MOGHUL E DEI MAHARAJA. LA COLLEZIONE AL THANI Arriva a Venezia, per la prima volta in Italia, la prestigiosa e celebre mostra dedicata alle gemme e ai gioielli indiani, dal XVI al XX secolo, appartenenti alla Collezione Al Thani. Oltre 270 oggetti esposti. Venezia. Palazzo Ducale. Info: www.palazzoducale.visitmuve.it Fino al 9 settembre

▶MOSTRA INTERNAZIONALE D’ARTE CINEMATOGRAFICA Star nazionali e internazionali approderanno sul lido per la 74esima edizione di uno degli eventi più glamour d’Italia. Tra retrospettive, proiezioni, dibattiti e immancabili feste a tema. Venezia. Lido. Info: www.labiennale.org Fino al 16 settembre

▶PLASTICAMENTE. DALL’UOMO AL MARE DAL MARE ALL’UOMO Possiamo fare qualcosa per aiutare l’ambiente e gli animali marini? La mostra itinerante in italiano e inglese cerca di rispondere a queste e altre domande sul complicato rapporto fra l’uomo, la plastica e il mare. Venezia. Museo di Storia Naturale. Info: www.museiciviciveneziani.it 3 ottobre

▶LIGABUE A Jesolo si sarebbe dovuta tenere la data zero del tour del Liga, sospeso per l’operazione alla corda vocale cui si è sottoposto il cantante. Finalmente ristabilito, il momento tanto atteso sta per arrivare. Jesolo. Pala Arrex. Ore 21. Info: www.azalea.it Fino al 22 ottobre

▶DAVID HOCKNEY  82 RITRATTI E 1 NATURA MORTA All’interno dell’apparentemente limitato formato della figura si frammenta e si esprime un’infinita gamma di temperamenti umani che testimoniano, ancora una volta, la grandezza di questo maestro della nostra contemporaneità. Venezia. Galleria Nazionale d’Arte Moderna. Info: www.visitmuve.it 22 ottobre

▶VENICE MARATHON Si corre su un percorso unico al mondo, dove ogni chilometro è ricco di fascino e suggestione; dalla partenza, posta di fronte a Villa Pisani, all’arrivo con spettacolare vista sulla laguna. Venezia. Info: www.venicemarathon.it Fino al 29 ottobre

▶IMAGO MUNDI: GREAT AND NORTH Esposizione dedicata al Nord del continente americano: 759 artisti danno forma alla creatività contemporanea di Canada Centro-Orientale, Canada Occidentale e delle comunità Inuit e di Indigeni nordamericani. Venezia. Palazzo Loredan. Info: www.istitutoveneto.it


O L T R E

C O N F I N E

C R O A Z I A 6-10 settembre

▶OUTLOOK FESTIVAL Il più grande festival europeo della musica bass e della cultura sound system. Sui numerosi palcoscenici dell’Outlook si esibiscono più di 300 performers. Pola. Info: www.outlookfestival.com 8-10 settembre

▶RALLY AUTO D’EPOCA Lungo le rive cittadine esposizione di modelli d’auto d’epoca provenienti da tutta l’Alpe Adria. Previsti anche cortei motoristici lungo le strade del territorio. Umago. Info: +385 (0)95 2717 631 11-15 settembre

▶FESTA DELLE ZUCCHE Cinque giorni di degustazione ed esposizioni, con la zucca protagonista principale. Saranno visibili esemplari intarsiati da appassionati, capaci di trasformarle in vere e proprie opere d’arte. Dignano. Info: www.vodnjandignano.com 13-16 settembre

▶OFFSHORE CHALLENGE Competizione internazionale con 48 imbarcazioni provenienti da Croazia e Italia. Durante le serate, in città in programma il Tunalicious street food festival, con degustazioni gratuite di specialità a base di tonno. Parenzo. Info: www.biggame4tuna.hr 15-17 settembre

▶ALLA CORTE DI BACCO All’inizio la festa simboleggiava l’inizio della vendemmia, mentre oggi è un evento importante e rinomato, caratterizzato da un ricco programma: numerosi giochi, degustazioni, musica e ballo. Buie. Info: info@istria-buje-buie.com 21-24 settembre

▶WEEKEND MEDIA FESTIVAL Festival nazionale dell’industria della comunicazione che chiama a raccolta più di 4.000 professionisti dei media, del marketing e delle pubbliche relazioni provenienti dall’intera area balcanica. Rovigno. Info: www.weekendmediafestival.com 23-24 settembre

▶FESTIVAL DEL FORMAGGIO Week end di degustazioni e possibilità di acquistare formaggi provenienti da tutta l’Istria. Momento speciale sarà l’assegnazione del titolo di Miss Capra d’Istria. Sanvincenti. Info: www.tz-svetvincenat.hr

16-17 settembre

▶TRAIL MANIAK Per i fanatici della corsa campestre, due giorni in cui gareggiare in mezzo ai boschi attraverso sentieri impervi a spiovente sul lago o arrampicandosi sugli alberi… Woerther See. Info: www.trail-maniak.com 21-24 settembre

▶HUMOR FESTIVAL Quattro giorni di risate con artisti e commedianti da tutto il mondo: un festival all’insegna della satira e del divertimento, con spettacoli di teatro, musica e cabaret. Velden. Info: www. humorfestival-velden.at 23-24 settembre

▶FESTA DEL FORMAGGIO I casari della Gailtal vantano una lunga tradizione nella preparazione del formaggio di malga. Il festival invita all’assaggio di formaggi e alla degustazione di vini. Kötschach-Mauthen. Info: www.alles-kaese.at


O L T R E C A R I N Z I A 23-24 settembre

▶FESTA DELLE MELE Momento d’incontro tra cultura e tradizione, ma anche un’occasione golosa per assaporare le specialità culinarie carinziane, con la mela protagonista assoluta. St. George nim Lavanttal. Info: www. sankt-georgen.at 30 settembre – 9 ottobre

▶ST. VEITER WIESENMARKT La più antica festa folklorica di tutta la Carinzia, tra sfilate, giochi e rievocazioni. St. Veit. Info: www. wiesenmarkt.at 7 ottobre

▶POLENTAFEST Ricette prelibate con protagonista la polenta. Che, a differenza dell’opinione comune, è un piatto versatile, capace di stupire con i suoi abbinamenti. Nötsch im Gailtal. Info: www.carinzia.at

C O N F I N E S L O V E N I A 7-10 settembre

▶GIORNATE DEI COSTUMI NAZIONALI E DEL PATRIMONIO DELL’ABBIGLIAMENTO Il rispetto per il costume come valore culturale. Da questo assioma si sviluppano quattro giorni di esposizioni, dibattiti e sfilate rigorosamente in costume d’epoca. Kamnik. Info: https://visitkamnik.com 8-10 settembre

▶IL BATTESIMO DI NETTUNO Il battesimo marittimo rappresenta l’ammissione simbolica dei novizi della Scuola Marittima facendoli diventare membri a pieno titolo dell’istituzione, sotto gli auspici del dio Nettuno. Pirano. Info: www.slovenia.info 12-16 settembre

▶FESTIVAL DEL FILM SLOVENO Ventesima edizione dell’evento culturale e d’affari, luogo d’incontro tra registi, pubblico professionale, partner d’affari e amanti dei film. Portorose. Info: www.culture.si Fino al 14 settembre

▶TARTINI FESTIVAL Pirano ricorda il “suo” maestro Giuseppe Tartini attraverso un festival internazionale che porta nelle piazze della cittadina istriana musicisti dalla Slovenia e dall’estero impegnati in concerti speciali. Pirano. Info: www.tartinifestival.org 23-24 settembre

▶MARATONA CICLISTICA ISTRIANA Il più grande evento ciclistico dell’Istria slovena. I partecipanti potranno scegliere tra tre percorsi di diversi gradi di difficoltà, per cui la maratona sarà adatta a tutti i ciclisti, dai principianti a quelli più esperti. Portorose. Info: www.istrski-kolesarskimaraton.si 6-15 ottobre

▶LA CITTÀ DELLE DONNE Festival internazionale delle arti contemporanee. Concerti, mostre d’arte, installazioni, performance e spettacoli che combattono i temi tabù delle identità sessuali e del genere. Lubiana. Info: www.slovenia.info 29 ottobre

▶MARATONA DI LUBIANA Le gare base di maratona (42 km) e mezza maratona (21 km) sono accompagnate da corse amatoriali su varie distanze e dalla mezza maratona su pattini in linea e hand-bike. Lubiana. Info: http://vw-ljubljanskimaraton.si


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maggio-giugno 2015

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CULTURA: 700 MILA EURO PER SVILUPPO IMPRESE CREATIVE La Giunta regionale del FVG ha approvato in via preliminare il bando per la concessione di sovvenzioni per il finanziamento di programmi personalizzati di accelerazione e consolidamento d’impresa, finalizzati allo sviluppo imprenditoriale di progetti a valenza culturale, rivolti alle imprese culturali, creative e turistiche. L’iniziativa, che rientra nell’ambito del Por Fesr Fvg 2014-20, dispone di una dotazione finanziaria pari a 700 mila euro (350 mila euro di origine comunitaria, 245 mila euro nazionale e 105 mila euro regionali). Possono beneficiare delle sovvenzioni le imprese turistiche e le imprese culturali e creative costituite e iscritte nel Registro delle imprese o al Repertorio economico amministrativo (Rea) della Camera di commercio competente per il territorio da almeno 24 mesi alla data di presentazione della domanda. Il bando ammette inoltre la partecipazione di liberi professionisti, per i quali il termine di 24 mesi decorre dalla data di comunicazione dell’Agenzia delle Entrate attestante l’avvenuto ricevimento della dichiarazione di inizio attività.

Il bando è aperto anche alle imprese culturali non residenti nel territorio italiano, purché regolarmente costituite secondo le norme di diritto civile e commerciale vigenti nello Stato di residenza e iscritte nel relativo registro delle imprese. Ogni candidato può presentare un solo progetto e sono ammissibili iniziative caratterizzate da una rilevante connotazione culturale e/o creativa con durata compresa tra un minimo di 12 e un massimo di 15 mesi.

COMUNE DI MONFALCONE Abitanti: 27.981

(dati Anagrafe giu-lug 2017) nati: 45, deceduti: 49, immigrati: 214, emigrati: 221, matrimoni: 8 Recapiti: 0481 494280, www.comune.monfalcone.go.it

COMUNE DI SAN CANZIAN D’ISONZO Abitanti: N.P.

Recapiti: 0481 472311, www.comune.sancanziandisonzo.go.it

COMUNE DI STARANZANO Abitanti: 7.255

(dati Anagrafe giu 2017) nati: 2, deceduti: 9, immigrati: 18, emigrati: 32, matrimoni: 2 Recapiti: 0481 716911, www.comunedistaranzano.it

COMUNE DI RONCHI DEI LEGIONARI Dati: N.P.

Recapiti: 0481 477111, www.comuneronchi.it


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8 settembre Auguri Andrea! Lo staff di iMagazine 8 settembre Buon compleanno Andrea! Marina 10 settembre Felice anniversario Marty! Francesco 13 settembre Tanti auguri Anna! Lo staff di iMagazine 16 settembre Auguri alla mitica Rosy! Cate, Giovanna, Simona 18 settembre Buon compleanno Stefano! Lo staff di iMagazine 27 settembre Tanti auguri Riccardo! Elisa, Marina, Andrea, Graziana, Cesare 1 ottobre Happy birthday Sister! Cinzia & Nick 9 ottobre Buon compleanno Francesca! Lo staff di iMagazine 17 ottobre Buon compleanno Cesare! Tanguera & Fans 21 ottobre Tanti auguri Lorenzo! I santoli 31 ottobre Buon compleanno zia Lida! The Family Mandaci entro il 1º ottobre i tuoi auguri per le ricorrenze di novembre e dicembre! Li pubblicheremo gratuitamente su iMagazine! Segnalaci giorno, evento, mittente e destinatario e spedisci il tutto via e-mail (info@imagazine.it), via posta ordinaria (iMagazine, c/o via Aquileia 64/a, 33050 Bagnaria Arsa – UD) o via fax (040 566186).


Fonte: Federfarma Gorizia e Ordine dei Farmacisti di Trieste

96 | marzo-aprile 2015 FARMACIE DI TURNO

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ALLA SALUTE via Cosulich 117 Monfalcone, tel. 0481 711315 CENTRALE pzza Repubblica 16 Monfalcone, tel. 0481 410341 COMUNALE 1 via Aquileia 53 Monfalcone, tel. 0481 482787 COMUNALE 2 via Manlio 14 Monfalcone, tel. 0481 480405 REDENTORE via IX Giugno 36 Monfalcone, tel. 0481 410340 RISMONDO via Toti 53 Monfalcone, tel. 0481 410701 SAN ANTONIO via Romana 93 Monfalcone, tel. 0481 40497 SAN NICOLÒ via Iº Maggio 92 Monfalcone, tel. 0481 790338 ALL’ANGELO via Roma 18 Ronchi dei L., tel. 0481 777019 ALLA STAZIONE v.le Garibaldi 3 Vermegliano, tel. 0481 777446 LEDRI via Marina 1 Grado, tel. 0431 80058 COMUNALE via C. Colombo 14 Grado, tel. 0431 80895 ZANARDI via Trieste 31, Staranzano, tel 0481 481252 AL LAGO via Roma 13, Doberdò, tel 0481 78300 LUCIANI via Dante 41, Sagrado, tel 0481 99214 SPANGHERO via Aquileia 89, Turriaco, tel 0481 76025 VISINTIN via Matteotti 31, San Pier d’Isonzo, tel 0481 70135 RAMPINO piazza Venezia 15, San Canzian d’Is., tel 0481 76039 DI MARINO via Redipuglia 77, Fogliano, tel 0481 489174 TRIESTE via Mazzini 43, tel. 040.631785 TRIESTE via Combi 17, tel. 040.302800 TRIESTE via Fabio Severo 122, tel. 040.571088 TRIESTE piazza Ospedale 8, tel. 040.767391 TRIESTE capo di piazza Mons. Santin 2 tel. 040.365840 TRIESTE via Commerciale 21 tel. 040.421121 TRIESTE via Ginnastica 6, tel. 040.772148 TRIESTE piazza Venezia 2, tel. 040.308248 TRIESTE via Curiel 7/B (Borgo S. Sergio), tel. 040.281256 TRIESTE via Giulia 14, tel. 040.572015 TRIESTE via Dante 7, tel. 040.630213 TRIESTE via Costalunga 318/A, tel. 040.813268 TRIESTE via Giulia 1, tel. 040.635368 TRIESTE corso Italia 14, tel. 040.631661 TRIESTE largo S. Vardabasso 1, tel. 040.766643 TRIESTE piazza della Borsa 12, tel. 040.367967 TRIESTE via Rossetti 33, tel. 040.633080 TRIESTE via Mascagni 2, tel. 040.820002 TRIESTE via S. Giusto 1, tel. 040.308982 TRIESTE via Roma 15 (angolo via Valdirivo), tel. 040.639042 TRIESTE via Piccardi 16, tel. 040.633050 TRIESTE via Baiamonti 50, tel. 040.812325 TRIESTE piazza Oberdan 2, tel. 040.364928 TRIESTE piazzale Gioberti 8, tel. 040.54393 TRIESTE via Oriani 2 (largo Barriera), tel. 040.764441 TRIESTE piazza Cavana 1, tel. 040.300940 TRIESTE viale Miramare 117, tel. 040.410928 TRIESTE via dell’Istria 33, tel. 040.638454 TRIESTE piazza Giotti 1, tel. 040.635264 TRIESTE via Belpoggio 4 (angolo via Lazzaretto Vecchio), tel. 040.306283 TRIESTE via Bernini 4 (angolo via del Bosco), tel. 040.309114 TRIESTE largo Piave 2, tel. 040.361655 TRIESTE via Felluga 46, tel. 040.390280 TRIESTE piazza Libertà 6, tel. 040.421125 TRIESTE via dell’Istria 18/B, tel. 040.7606477 TRIESTE via di Servola 44, tel. 040.816296 TRIESTE viale XX Settembre 6, tel. 040.371377 TRIESTE via dell’Orologio 6 (via Diaz 2), tel. 040.300605 TRIESTE via Pasteur 4/1, tel. 040.911667 TRIESTE via Tor S. Piero 2, tel. 040.421040 TRIESTE piazza Goldoni 8, tel. 040.634144 TRIESTE via Revoltella 41, tel. 040.941048 TRIESTE via Brunner 14, tel. 040.764943 TRIESTE campo S. Giacomo 1, tel. 040.639749 TRIESTE piazzale Valmaura 11, tel. 040.812308 TRIESTE via Roma 16 (angolo via Rossini), tel. 040.364330 TRIESTE piazza Garibaldi 6, tel. 040.368647 TRIESTE via Stock 9, tel. 040.414304 TRIESTE largo Sonnino 4, tel. 040.660438 TRIESTE piazza S. Giovanni 5, tel. 040.631304 TRIESTE via Alpi Giulie 2, tel. 040.828428 TRIESTE via Cavana 11, tel. 040.302303 TRIESTE largo Osoppo 1, tel. 040.410515 TRIESTE via Settefontane 39, tel. 040.390898


Le farmacie contrassegnate dal fondino arancione anticipano di un giorno le date di turno indicate. Le farmacie di Trieste iniziano e terminano i turni 2 giorni dopo rispetto alle date indicate

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16-22

09-15

02-08

SETTEMBRE OTTOBRE

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98 | maggio-giugno 2015 | 98 | marzo-aprile 2012 |

Âstu viodût, a son lis elezions in Gjermanie. Sperìn che la bire no aumenti di presit

Te ga visto che ghe xe le elezioni in Germania. Speremo che no aumenti la bira

Si videl, da so v Nemčiji volitve. Upajmo, da se pivo ne podraži.

Hast du gesehen? Es sind Wahlen in Deutschland. Hoffen wir, dass der Bierpreis nicht steigt!

Te ga vist, xe le elesioni in germania. E speremo che la bira no aumenti!

Hai visto, ci sono le elezioni in Germania. E speriamo che la birra non aumenti! Per le traduzioni si ringrazia: Irene Devetak (sloveno), Isa Dorigo - Ufficio comunità linguistiche Regione FVG (friulano), Andrea Coppola Università di Trieste (tedesco), Marianna Martinelli (bisiaco), Alessandro Samez (triestino).




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