E D I T O R I A L E L’INFORMAFREEMAGAZINE nº 71 – anno XII numero 6 novembre-dicembre 2017 ISSN 1828-0722 Editore
GOLIARDICA EDITRICE srl a socio unico sede operativa: I – 33050 Bagnaria Arsa, Italy via Aquileia 64/a tel +39 0432 996122 fax +39 040 566186 info@imagazine.it Direttore responsabile Andrea Zuttion Condirettore responsabile Claudio Cojutti Responsabile di redazione Andrea Doncovio Area commerciale Michela De Bernardi, Francesca Scarmignan, Fabrizio Dottori Responsabile area legale Massimiliano Sinacori Supervisione prepress e stampa Stefano Cargnelutti Hanno collaborato Vanni Veronesi, Claudio Pizzin, Daniel Blasina, Ezio Scocco, Paolo Marizza, Vanni Feresin, Margherita Reguitti, Andrea Fiore, Livio Nonis, Cristian Vecchiet, Alfio Scarpa, Michele D’Urso, Michele Tomaselli, Manuel Millo, Andrea Coppola, Germano De March, Alberto Vittorio Spanghero, Renato Duca, Renato Cosma, Germano Pontoni, Isa Dorigo, Sandro Samez, Marianna Martinelli, Irene Devetak, Andrea Tessari Registrazione Tribunale di Udine n. 53/05 del 07/12/2005 Stampato in proprio Tiratura 70.000 copie Credits copertina Lino Guanciale Credits sommario :: Bibliothèque Nationale Paris :: :: Michele Tomaselli :: :: Lino Guanciale :: :: Elio Ciol :: :: Claudio Pizzin :: © goliardica editrice srl a socio unico. Tutti i diritti sono riservati. L’invio di fotografie o altri materiali alla redazione ne autorizza la pubblicazione gratuita sulle testate e sui siti del gruppo goliardica editrice srl. Manoscritti, dattiloscritti, articoli, fotografie, disegni o altro non verranno restituiti, anche se non pubblicati. Nessuna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta in alcun modo, incluso qualsiasi tipo di sistema meccanico, elettronico, di memorizzazione delle informazioni ecc. senza l’autorizzazione scritta preventiva da parte dell’Editore. Gli Autori e l’Editore non potranno in alcun caso essere considerati responsabili per incidenti o conseguenti danni che derivino o siano causati, direttamente od indirettamente, dall’uso improprio delle informazioni ivi contenute. Tutti i marchi citati appartengono ai rispettivi proprietari, che ne detengono i diritti. L’Editore, nell’assoluzione degli obblighi sul copyright, resta a disposizione degli aventi diritto che non sia stato possibile rintracciare al momento della stampa della pubblicazione.
Cari lettrici e lettori, nelle ultime settimane le due Camere del nostro Parlamento sono state indaffarate a votare la fiducia alla nuova legge elettorale con la quale fra pochi mesi noi cittadini saremo chiamati alle urne. Nel frattempo tutte le proiezioni commissionate dai diversi partiti a sondaggisti o istituti statistici concordano su un dato: terminate le elezioni nessuno avrà i numeri per governare. Tradotto nella pratica, per formare un Governo ed evitare di tornare al voto – soluzione che i 945 parlamentari neoeletti, con annessi stipendi e privilegi, non avranno alcun interesse a prendere in considerazione – avrà inizio il mercato delle vacche (con tutto rispetto per i mammiferi) fatto di spartizioni di incarichi di potere, regalie e altre usanze di rito che gli almanacchi dell’italica politica custodiscono agli atti nella rassegnata indifferenza di un popolo intero. In questi anni sono venute a galla questioni drammatiche che segneranno in maniera inesorabile il futuro del nostro Paese. Un tessuto industriale ormai massacrato; un welfare costantemente indebolito; una disoccupazione che non accenna a diminuire; una scuola costretta a reggersi sulla buona volontà degli insegnanti; una pubblica amministrazione tecnologicamente e anagraficamente vetusta, numericamente sovradimensionata eppure scadente nella capacità di fornire servizi e risolvere i problemi del cittadino… Problemi quotidianamente sotto gli occhi di tutti, ma che evidentemente una classe politica sempre più avulsa dal mondo reale e sempre più impegnata a inventare arzigogoli per tenersi stretta la poltrona, non vede o finge di non vedere. Consapevole che i cittadini – e questa è una nostra grave colpa – tendono ad assuefarsi a tutto, istituzionalizzando e rendendo consuetudine fatti che di normale non dovrebbero avere nulla. Prendo un esempio che interessa ognuno di noi: la salute personale. È normale che se una persona richiede una visita specialistica in ospedale attraverso il sistema sanitario pubblico abbia tempi di attesa di diversi mesi, mentre se la stessa visita viene effettuata privatamente – nello stesso ospedale e dallo stesso medico (!), pagando quasi il doppio – la prenotazione è a pochi giorni di distanza? Tradotto in parole semplici, è normale che un cittadino che paga le tasse tra le più alte d’Europa (dati IEM), non solo non abbia un servizio rapido, ma debba pagare ulteriormente per potervi accedere in tempi ragionevoli? Statistiche Istat alla mano, l’Italia investe ogni anno in sanità quasi la metà di quanto faccia la Germania, pur avendo un indice complessivo di tassazione di poco inferiore. Se non vengono investiti nella sanità, dunque, a quali servizi pubblici essenziali vengono destinati i nostri soldi? Scuola, trasporti, innovazioni tecnologiche, nuove infrastrutture… Anche in questi settori gli investimenti dello Stato sono inferiori rispetto agli altri principali Paesi europei. Dove si perde, dunque, una parte rilevante dei denari delle nostre tasse? Questa sarebbe una domanda da porre ai prossimi 945 parlamentari. Pretendendo una risposta. Nel frattempo non mi resta che augurarvi … buona lettura! Andrea Zuttion
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dicono di noi... Il servizio della Farmacia Bacchetti è ottimo; all’Officina delle Erbe si trova di tutto. Da Nettuno si mangia molto bene, mentre Al Rosari garantisce un ambiente davvero familiare. Alla Fonda è un locale bello e moderno, Centro Sport invece è un negozio molto fornito. Da Al Lago si mangia bene e Alla Madonna della Salute è un posto molto bello. Roberto Sartori Romans d’Isonzo
Segnalo la gentilezza riservata ai clienti di Il Giardino di Sara e la capacità di consigliare il cliente da Smartok. DSG Sport è un negozio ben fornito, mentre Carli garantisce abiti di qualità. Da La Napa la pizza è buona e i prodotti di qualità. Da Parchetti di Toro sono cortesi e professionali. Da I Cuccioli di Girasole sanno trattare con delicatezza gli animali, mentre da Officine Barnobi sono molto professionali e puntuali. Da Al Rosari il cibo è genuino; da Illyos si trovano idee per tutti i gusti. Di Boutique Ary’s segnalo la cortesia e la professionalità della titolare. Anche da Capitan Paquito il titolare è molto simpatico. Anna Visintin Gorizia
Da imprintaonline il servizio è rapidissimo e i prezzi decisamente vantaggiosi. Michele Gueli Monfalcone 10
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gennaio-febbraio 2008
| L’INFORMAFREEMAGAZINE
Al Rosari è un ottimo posto dove mangiare. Simone Stabile Cervignano del Friuli
Anche quest’anno ho avuto il piacere di assistere alla diretta della Barcolana attraverso il vostro maxischermo posizionato lungo le Rive a Trieste. Complimenti per la qualità del servizio offerto. Michele Furlan Trieste
Sono stato per la prima volta da A modo mio: ho provato la colazione con cappuccino e brioche e li ho molto graditi. Federico Farano Gorizia
Desidero congratularmi con voi, ma soprattutto ringraziarvi per iMagazine. Offrire gratuitamente ai lettori un prodotto di questa qualità non è da tutti. Anzi, posso affermare senza timore di essere smentito che siete semplicemente unici! Nicola Tonello Trieste
Da Lavasecco Express ho ricevuto un ottimo servizio e il personale è gentile. Gentilezza riscontrata anche da Capitan Paquito. Da Il Dolcefreddo il gelato è veramente buono. Floriana Sebenico Ronchi dei Legionari
Segnalo la qualità delle tesi di imprintaonline e la disponibilità del personale: ho ordinato la mia all’ultimo momento e in un giorno sono riusciti a farmela avere pronta… Superlativi! Anna Calligaro Trieste Stile è un locale raffinato in cui è facile trovare ottime idee regalo anche per eventi importanti. Il titolare poi è davvero molto cortese. Lisa Strussiat Cervignano del Friuli Ho scoperto Ai Compari durante una serata di tango. Il locale è ampio ma al tempo stesso accogliente. I panini sono gustosi e la birra deliziosa. Marcella Longo Gorizia Complimenti per il vostro portale web: sempre aggiornato e attento a valorizzare le cose belle del nostro territorio. Nel mare magnum (e spesso torbido) di internet, una piacevole oasi di qualità. Caterina Pasquale Udine
Da Alla Fonda la pizza è ottima e il locale piacevole. Marisa Cecchin Trieste
Dima Sport è garanzia di abbigliamento sportivo di qualità e di ottima consulenza da parte del personale. Loris Nicoli Trieste
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Intervista a Laura Miniussi, titolare di Il Dolcefreddo di Ronchi dei Legionari Come e quando è nata l’idea di aprire la sua gelateria? «Evidentemente Il mestiere è nel DNA. Sin da piccola ho sempre desiderato avere un’attività tutta mia. Dopo anni trascorsi come dipendente in altri settori sono riuscita con sacrificio e passione a realizzare il sogno». La passione per il gelato invece quando si è sviluppata? Laura Miniussi titolare di Il Dolcefreddo «La scelta è caduta sulla gelateria artigianale in quanto mi piace sperimentare e produrre nuovi gusti. Produrre un gelato impeccabile dal punto di vista dell’artigianalità e della qualità. Gli ingredienti devono essere sempre di origine naturale, garantendo alti standard di qualità». Qual è il segreto per produrre un buon gelato di qualità? «L’uso delle materie prime biologiche - senza ricorrere all’aiuto della chimica come OGM o grassi idrogenati - garantisce un gelato che si può gustare tutto l’anno». Come i tempi, anche i gusti si evolvono: quali sono quelli che vanno per la maggiore in questo periodo? «I gusti classici a base di nocciola e cioccolata vanno sempre, anche il pistacchio che arriva direttamente da Bronte è stato molto apprezzato, come il nostro gusto frolla senza glutine che permette di assaporare un frollino anche a chi è intollerante». Per le persone con intolleranze alimentari che accortezze è importante seguire affinché anche loro possano gustare un buon gelato? «Tutte le nostre basi sono prive di glutine, senza grassi idrogenati e OGM, per garantire tollerabilità e digeribilità. Per chi fosse allergico al latte, inoltre, si possono trovare i gusti frutta o quelli prodotti con zucchero di Stevia e l’uso di semplice acqua. Anche i vegani trovano scelta nel gustare il nostro gelato con una linea a loro dedicata e servito su coni senza glutine». All’interno di Il Dolcefreddo è possibile degustare anche molto altro.. «Il Dolcefreddo è anche caffetteria. Si possono trovare il latte, la panna e lo yogurt fresco a un ottimo prezzo, oltre a tutti i servizi bar». Quali sono a suo avviso i punti di forza di Il Dolcefreddo? «L’uso di prodotti freschi e genuini senza coloranti, conservanti, grassi idrogenati, olio di palma e altri elementi nocivi. Il gelato alla frutta è prodotto con frutta fresca di stagione. E spieghiamo sempre alla clientela ogni dettaglio, come ad esempio che la menta in natura è bianca e che i colori nel gelato alle volte risultano tenui in quanto non usiamo coloranti chimici. Noi siamo per la naturalità del prodotto». Per promuovere la sua attività ha deciso di puntare sul network di iMagazine: come mai? «Per diffondere il concetto di naturalità che piano piano sta dando i risultati sperati. Siamo partiti dal nostro sito web cercando di informare la gente sull’uso di certi coloranti, su cosa sono gli OGM e i grassi idrogenati… Grazie a voi cerchiamo di diffondere questo messaggio: evitare di assumere alcune sostanze nocive per la salute umana». Il Dolcefreddo è anche un iMoneyPartner: come giudica il progetto dei buoni valore di iMagazine? «Il progetto è ben strutturato. Grazie a questo abbiamo riscontrato maggior flussoL’INFORMAFREEMAGAZINE di clientela che sfrutta i buoni valore». | gennaio-febbraio 2008 | 11
S O M M A R I O
novembre - dicembre 18
L’ANALISI di Paolo Marizza
16 Il nuovo paradigma della società GLI ANTICIPATORI DI COPERNICO di Vanni Veronesi
18 Disegnare l’universo 22
ISOLE FÆR ØER di Michele Tomaselli
22 Vento, burrasche e bellezza LINO GUANCIALE di Andrea Doncovio
27 Non solo Cagliostro ELIO CIOL di Margherita Reguitti
30 Un’arte democratica 27
ANDALUSIA di Claudio Pizzin
32 Ai confini della storia FREEVOICES di Margherita Reguitti
36 Musica di vita
PROPAGANDA NELLA GRANDE GUERRA di Alberto V. Spanghero
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38 L’arma della persuasione
52 Una complessa armonia di intenti ALLE ORIGINI DI CHIOPRIS di Vanni Feresin
55 Pagine di epopea
GIUSEPPE F. DEL TORRE di Renato Duca e Renato Cosma
58 Una vita dedicata al prossimo e allo studio GPS della redazione
63 Gli applausi di Roma PAUL MORAND di Margherita Reguitti
64 Il lungo viaggio da Parigi a Trieste ALDEBARAN di Andrea Doncovio
66 Un mare di storia ANAELA TUZZI di Andrea Doncovio
69 Un amico da educare METKA KUK di Michele D’Urso
72 Bronzo a sorpresa ANGELO SIMONETTI di Andrea Doncovio
IMMOBILI E ACQUISTI di Massimiliano Sinacori
74 Arte e memoria
INCIDENTI E PREVENZIONE di Polizia di Stato
77 La ricetta di Germano Pontoni 79
44 Meglio comprare una casa nuova o datata? 32
VITA E SACRIFICIO di Manuel Millo
46 Sicurezza stradale, dove e come intervenire NORMALITÀ ESTREME di Andrea Fiore
48 La vita non dà un reset EDUCAZIONE E FILOSOFIA di Cristian Vecchiet
50 Pensare in modo critico
CHEF…AME
e segg. Gli eventi di novembre e dicembre
: lettere alla redazione
▲ Trieste – Migliaia di persone assiepate lungo le Rive osservano la diretta della 49^ Barcolana – Coppa d’Autunno, trasmessa sul maxischermo iMagazineVideoTruck. iMagazine, per il quarto anno consecutivo, è stato partner tecnico della manifestazione (ph. Claudio Pizzin) .
▲ Ruda – Da sinistra Mauro Buoro, il caporedattore di iMagazine Andrea Doncovio, Michele Buoro e il collaboratore del Berlino Magazine Fabio Ferrarini durante la serata illustrativa del viaggio Trieste-Berlino (1.180 km in mountain bike) effettuato lo scorso agosto da Mauro, con il supporto del figlio Michele. Durante l’evento sono state proiettate le immagini delle 12 tappe effettuate, grazie a clip video realizzati da Tobia Francescon (ph. Luciano Trombin) .
▲ San Giorgio di Nogaro – Il nostro collaboratore Claudio Pizzin assieme a Caterina Tomasulo, in arte Catine, con in mano l’ultimo numero di iMagazine nel quale è ospitata una sua intervista inedita. A San Giorgio Catine si è esibita in una serata di raccolta fondi a fini benefici nell’ambito della manifestazione “Luminarie”.
▲ Palmanova – Alcuni dei componenti del neonato Forum Giovani di Palmanova, a margine della prima riunione tenutasi a ottobre. Coordinatore del Forum è stato nominato Andrea Domenghini; ad affiancarlo un gruppo di coordinamento, composto da Giulia Calabrò (vice-coordinatrice),Giulia Battistella, Sebastiano Di Giusto, Shaban Zanelli e Riccardo Sioni (segretario).
▲ Cervignano del Friuli – Un’immagine della terza edizione del Cervignano Motor Festival organizzato dalla locale Pro Loco a fine ottobre. Un evento che ha registrato partecipanti da tutto il nord Italia e del quale iMagazine è stato media partner. ◄ Villesse – Una proposta di matrimonio assolutamente originale. Quella che Vittorio Boni ha voluto rivolgere alla sua amata attraverso un videoclip di immagini e musica trasmesso sul maxischermo iMagazineVideo Truck, appositamente noTruck leggiato per l’occasione. E dopo la proiezione, la futura sposa ha detto sì… È possibile inviare le proprie lettere e i propri commenti via posta ordinaria (iMagazine – via Aquileia 64/a – 33050 Bagnaria Arsa-UD), oppure via e-mail (redazione@imagazine.it).
▲ Roma – ll Maestro Luigi Pistore (in centro nella foto), veneto di origine ma goriziano di adozione, già direttore dell’Orchestra Filarmonica Giovanile “Alpe Adria” di Gorizia, ritira il Premio “La Furrina”, in qualità di presidente dell’Accademia Casanova di Venezia. Al suo interno si è costituita la “Casanova Academy Orchestra”, orchestra da camera dedicata a Casanova e formata da giovani talenti del Triveneto e da musicisti di fama internazionale.
▲ Turriaco – Il 2 novembre 2017 il nostro collaboratore Alberto Vittorio Spanghero compie 80 anni: l’intero staff di iMagazine desidera rivolgergli i più sinceri auguri per il traguardo raggiunto.
▲ Monfalcone – Alcuni componenti del gruppo Facebook “Quei de via Tacitiana” si sono ritrovati per una serata in compagnia per ricordare la loro gioventù trascorsa proprio in via Tacitiana nella Monfalcone degli anni ‘60/’70. In molti di loro si sono successivamente trasferiti altrove, riprendendo tuttavia i loro legami grazie al social network (ph. Livio Nonis) .
L’ANALISI BLOCKCHAIN REVOLUTION
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Il nuovo paradigma
della società
Oggi sta muovendo i primi passi un’innovazione paragonabile solo all’avvento di Internet e, in passato, a quello della macchina a vapore. Destinata a mutare la nostra quotidianità. Ecco come.
«
Intelligenza artificiale, big data, internet delle cose, apprendimento automatico. Sono alcune delle applicazioni più innovative della rivoluzione digitale che stiamo vivendo. Ormai tutti ne parlano, ma c’è poca consapevolezza delle profonde implicazioni che queste innovazioni avranno non solo sui modelli di business e le strategie delle imprese, ma anche sul settore pubblico – dall’istruzione alla competitività dei sistemi economico-sociali – e nella nostra quotidianità. La Blockchain è tra queste, a mio parere, la più grande innovazione che oggi sta muovendo i primi passi, paragonabile solo all’avvento di Internet, del personal computer e, all’inizio della rivoluzione industriale, alla macchina a vapore. A livello concettuale, la blockchain è un registro decentralizzato, cioè un elenco di tutte le transazioni che avvengono attraverso una rete peer-to-peer (da soggetto a soggetto, da nodo a nodo della rete). La maggior parte del management delle imprese non esita a riconoscerne la portata dirompente, né sottovaluta le straordinarie sfide che tali trasformazioni comportano. Tuttavia, quando si tratta di definire ciò che è un “blocco” di una blockchain, in pochi sono in grado di farlo in modo esaustivo e convincente. La blockchain è una tecnologia che permette la creazione e gestione di un grande database distribuito per la gestione di transazioni condivisibili tra più nodi di una rete. Si tratta di un database strutturato in blocchi (Block) o nodi di rete che sono tra 16
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loro collegati (Chain) in modo che ogni transazione avviata sulla rete debba essere validata dalla rete stessa. In estrema sintesi la blockchain è rappresentata da una catena di blocchi che contengono e gestiscono più transazioni. Ciascun nodo è chiamato a vedere, controllare e approvare tutte le transazioni creando una rete che permette la tracciabilità di tutte le transazioni stesse. Ciascun Blocco a sua volta è anche un archivio per tutte le transazioni e per tutto lo storico di ciascuna transazione che, proprio per essere approvata dalla rete ed essere presente su tutti i nodi (Block) della rete è immodificabile (se non attraverso la riproposizione degli stessi a tutta la rete e solo dopo aver ottenuto la approvazione) ed è dunque immutabile. Oltre alla immutabilità, l’altra grande caratteristica della Rete Blockchain è data dall’uso di strumenti crittografici per garantire la massima sicurezza di ogni transazione. Ma la blockchain più che una tecnologia è un paradigma, un nuovo modo di interpretare il grande tema della decentralizzazione e della partecipazione. In linea di principio è l’uovo di colombo che risolve uno dei problemi secolari e più complessi nella rilevazione e rappresentazione delle informazioni che sottostanno a qualsiasi rapporto di scambio: ovvero come fornire sicurezza e fiducia in una rete di scambi peer-to-peer senza un’autorità centrale che la coordini e la certifichi. La blockchain è infatti la rappresentazione digitale di quattro concetti molto chiari: decentralizzazione, trasparenza, sicurezza e immutabili-
calvinayre.com
Servizio di Paolo Marizza
tà. È la declinazione in digitale di un nuovo concetto di fiducia. E per queste ragioni alcuni ritengono che la blockchain possa assumere anche un valore quasi “politico”, come piattaforma che consente lo sviluppo e la concretizzazione di una nuova forma di democrazia, realmente decentralizzata e realmente in grado di garantire a tutti la possibilità di verificare, di “controllare”, di disporre di una totale trasparenza, di dare vita ad archivi immutabili e condivisi e dunque verificabili e per questo inalterabili, immodificabili e quindi immuni da corruzione. Se si esamina un’interazione che due o più persone hanno su Internet, tutti sono intermediati da una molteplicità di soggetti: chi dà l’accesso, chi verifica le credenziali e l’identità, chi processa l’operazione, chi la valida, chi l’autorizza e la conferma, chi la registra… Intermediazioni spesso ridondanti e inefficienti che ritroviamo nelle transazioni bancarie, nei pagamenti, nel commercio elettronico, nelle interazioni dei social network, nello scambio di email, nelle ricerche di lavoro, nelle compravendite immobiliari, nelle aste online, nel pagamento di tasse e imposte, nei servizi sanitari-assistenziali. La blockchain elimina la necessità di questi intermediari: società di servizi pagamento, broker, aziende come Airbnb, Ebay, Facebook, Linkedin, aziende di servizi pubblici al cittadino… Pensate a un pagamento. Se Paolo effettua un pagamento reale (fisico) a Luigi, Luigi è completamente garantito che: (1) Paolo abbia disponibilità del denaro; (2) il denaro è stato trasferito a Luigi e (3) il denaro è ora legittimamente posseduto da Luigi. In un pagamento online, al contrario, nessuna di queste parti può essere certificata a meno che qualcun altro (una banca, un fornitore di servizi di pagamento, una società di carte di credito) garantisca tutti i passaggi della transazione. Il ruolo dell’intermediario può essere ad esempio esteso alle attività dei registri catastali, alla conformità alle normative, al know-you-customer (KYC), alla contrattualistica online e così via. La tecnologia blockchain risolve questo problema attraverso due semplici caratteristiche strutturali: innanzitutto un registro, cioè un elenco decentralizzato di tutte le transazioni in rete condivise contemporaneamente da ogni membro di tale rete. In secondo luogo, l’immutabilità di tale elenco, che è garantito perché il registro può essere ricostruito solo a monte, cioè ogni transazione nel libro contabile virtuale si collega alla precedente, quindi se la catena viene modificata arbitrariamente, la blockchain viene violata e la “rottura” della stessa è visibile a tutti. Oggi la blockchain ha molte applicazioni tangibili. La più nota è il bitcoin. Eppure sarebbe un grosso errore considerare che la blockchain sia solo il bitcoin. Numerose banche centrali stanno già innovan-
do nel campo delle cripto-valute (Inghilterra, Svezia, Estonia). E molte banche hanno costituito alleanze e consorzi, investendo massicciamente in alcune applicazioni. Ci sono applicazioni di blockchain nel campo del registro virtuale delle proprietà, in smart contracting (contratti codificati e digitalizzati nei blocchi, in termini di obbligazioni e clausole), nella certificazione di qualità e nella tracciabilità dei processi di trasformazione produttiva (agrifood). La blockchain è anche l’alternativa più sicura e più economica all’intranet di qualsiasi azienda. All’interno delle aziende, la blockchain sostituirà anche qualsiasi lavoro che intermedia le transazioni e/o centralizza le informazioni. Ad esempio nel campo della contabilità, della conformità alle normative, dei sistemi informativi, degli acquisti, tutte le informazioni potranno fluire senza frizioni: decisioni e comportamenti saranno trasparenti. Ma sarà impattato anche il modo in cui le aziende potranno interagire con le altre aziende, perché i clienti avranno informazioni dirette sui prodotti e sui servizi delle aziende, perché le filiere produttive e i cicli logistico-commerciali diventeranno trasparenti (tracciabili). Gli investitori saranno in grado di finanziare le imprese anche senza la necessità di passare attraverso i mercati finanziari. I modelli di business saranno drasticamente modificati e migliorati; le strutture dei costi diventeranno molto più efficienti; le relazioni con i clienti saranno basate sulla trasparenza e senza soluzione di continuità. L’impatto della blockchain non è limitato al mondo delle imprese. È uno strumento abilitante il rinnovamento del rapporto tra cittadini e istituzioni. In altri Paesi la nuova tecnologia è attualmente applicata nel settore pubblico. Le banche centrali stanno già abbracciando la trasformazione che questa innovazione comporta e i governi più innovativi (Singapore, Estonia, Svezia) la utilizzano per migliorare i rapporti con i cittadini (anagrafe e servizi amministrativi, registri di beni mobili e immobili, aggiudicazione degli appalti pubblici, rispetto delle normative, bilanci pubblici). Come cittadini è importante essere consapevoli dei potenziali impatti di questa tecnologia nella sfera pubblica e privata. Leggere, fare ricerche, ricevere informazioni sulla blockchain, su come funziona e sulle potenziali applicazioni, consente di prepararsi alla trasformazione del modo in cui interagiremo con il resto del mondo. La blockchain revolution è già una realtà.
Paolo Marizza Co-founder di Innoventually e docente DEAMS-UniTS |
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ALLA SCOPERTA DI...
Disegnare
GLI ANTICIPATORI DI COPERNICO Servizio di Vanni Veronesi
l’universo
500 anni fa, nel castello di Olsztyn, in Polonia, Niccolò Copernico iniziava a comporre l’opera che avrebbe cambiato la storia del mondo: il De revolutionibus orbium coelestium (“Sulle rivoluzioni dei corpi celesti”), pubblicata in punto di morte nel 1543. Dopo millenni di geocentrismo, l’umanità stava per scoprire che non è il Sole a ruotare attorno alla Terra, ma l’esatto contrario: una trasformazione radicale del pensiero che, tuttavia, ha dei precedenti, riconosciuti dallo stesso Copernico. Dall’antica Grecia al tardo Medioevo, infatti, l’Occidente ha conosciuto altre ipotesi di struttura dell’universo: un fiume sotterraneo di idee che tocca Alessandria d’Egitto, Roma, Cartagine e le biblioteche dei monasteri medievali. Una storia esaltante che iMagazine ha ricostruito per voi.
Dalla Mesopotamia ad Alessandria d’Egitto
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In principio furono i Sumeri: tre millenni prima di Cristo studiarono per primi i movimenti degli astri sulla volta celeste. Così anche gli Egizi, gli Assiri e i Babilonesi, e altrove la civiltà indiana e cinese. Tutti, a ogni latitudine e in ogni tempo, hanno alzato gli occhi al cielo cercando di misurare il tempo attraverso il passaggio delle stelle e dei pianeti: nessuno, però, aveva trasformato questa attività in scienza prima dei Greci. Ciò che accadde ad Alessandria d’Egitto a partire dal IV sec. a.C. è infatti qualcosa di com-
pletamente nuovo: per la prima volta un potere politico sovvenzionava la cultura, la ricerca e l’indagine in ogni campo del sapere, nell’ambizioso tentativo di raccogliere in un solo luogo tutta la conoscenza del mondo. Un posto particolare spettava proprio all’astronomia, la cui etimologia ne rivela la funzione originale: mettere ordine, stabilire una ‘regola’ (nomos) nella grande massa degli astri. Fra gli studiosi più influenti di tutti i tempi, un nome svetta sugli altri: Claudio Tolomeo, attivo fra il 100 e il 175 proprio ad Alessandria. A lui dobbiamo la più grande opera di astronomia del mondo antico: la Sintassi matematica, meglio nota con il termine arabo di Almagesto, monumentale sintesi di tutti gli studi precedenti e, soprattutto, opera ‘definitiva’ per 1500 anni. In essa viene messa a punto quella che, da Pitagora ad Aristotele passando per Platone, era stata la visione dominante dell’universo: Terra al centro, Sole e altri pianeti in orbita attorno a essa. Una struttura confermata da osservazioni e calcoli matematici che in molti casi sono validi ancora oggi, per quanto le cose – lo sappiamo – stiano diversamente: ma A fianco: Roma, Biblioteca Apostolica Vaticana, ms. Vaticano Greco 1594: due fogli (35v-36r) dall’Almagesto di Tolomeo. Sopra: Parigi, Bibliothèque Nationale, ms. lat. 8671, f. 84r: i grafici rappresentano tre ipotesi per l’interpretazione di Marziano Capella, Le Nozze di Filologia e Mercurio, § 857, laddove l’autore afferma che Mercurio e Venere ruotano attorno al Sole.
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La cosiddetta ‘Macchina di Anticitera’, datata fra il 150 e il 100 a.C., oggi conservata al Museo Archeologico di Atene. Gli studiosi hanno ricostruito l’originale funzione del meccanismo: attraverso una serie di ruote dentate, la macchina serviva per calcolare il sorgere del sole, le fasi lunari e i movimenti dei pianeti.
se la scienza è una conquista collettiva, Tolomeo non può essere liquidato solo come il canonizzatore dell’errata teoria geocentrica. Perché la scienza è soprattutto una storia di sbagli compiuti da giganti, che però hanno reso possibili indagini successive alla ricerca di altre verità. E ciò che leggiamo in un autore oggi misconosciuto, ossia Marziano Capella, ne è la conferma.
Un autore misterioso
Cosa sappiamo di Marziano Capella? Le uniche informazioni (avvocato vissuto a Cartagine) si ricavano dalla sua stessa opera: Le nozze di Filologia e Mercurio, scritta probabilmente fra il 410 e il 429 (ma c’è chi la data alla fine del V secolo). Su questo titolo, così singolare e misterioso, sono state formulate le ipotesi più disparate, ma la verità sta nella natura profonda dei vocaboli: se Filologia è la scienza che ricostruisce la parola, Mercurio è il dio che questa parola è chiamato a interpretare (‘ermeneutica’ deriva da Ermes, nome greco di Mercurio). Nella cornice mitologica dell’opera l’unione spirituale e carnale delle due divinità diventa quindi metafora della conoscenza, sintesi di metodo e interpretazione, rigore e fantasia, studio e intuito: una cornice all’interno della quale sette vergini dottissime, rispettivamente Grammatica, Logica, Retorica, Geometria, Aritmetica, Astronomia e Musica, espongono le materie di cui sono personificazione. Le nozze di Filologia e Mercurio, con i loro nove libri, mettono quindi in scena lo scibile umano: la lezione di Alessandria d’Egitto è ancora viva. Perduto l’originale, per ricostruire la storia delle Nozze nella cultura europea dobbiamo affidarci a metodi da investigatore. I primi manoscritti risalgono al IX secolo, quattrocento anni dopo Marziano: un lungo periodo di buio che però ha lasciato delle tracce, prima fra tutte una sottoscrizione (miracolosamente sopravvissuta) che ci informa di un lavoro correttorio sull’opera marzianea compiuto a Roma da tale Securus Melior, quasi certamente nel 498. La sottoscrizione, però, è sempre riportata alla fine del primo libro e non, come ci aspetteremmo, alla fine del nono. Sei decenni dopo Securus, nel 560, il grande intellettuale calabrese Cassiodoro, nelle sue Institutiones, si riferisce all’opera di Marziano chiamandola «Le sette discipli-
Sopra: - Avranches, Bibliothèque de la Ville, ms. 226, f. 88r: disegni astronomici a commento delle Nozze di Filologia e Mercurio (VIII libro). Il manoscritto risale al XII secolo; - Roma, Biblioteca Apostolica Vaticana, ms. Vaticano Urbinate latino 329: al f. 139v è riprodotto il modello cosmico di Marziano Capella, con Mercurio e Venere in rivoluzione attorno al Sole. Sotto: Roma, Biblioteca Apostolica Vaticana, ms. Vaticano Greco 204: f. 116r con un grafico tratto dall’opera di Aristarco di Samo Sulle dimensioni e distanze del Sole e della Luna.
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Dall’alto: - Leida, Bibliotheek der Rijksuniversiteit, Voss. lat. F 48: al centro del f. 84r il manoscritto riporta una stilizzazione della skaphe di Eratostene. - Sviluppo tridimensionale della skaphe di Eratostene. - Una riproduzione moderna della skaphe di Eratostene. - Illustrazione con le sette arti (Grammatica, Logica, Retorica, Geometria, Aritmetica, Astronomia e Musica) con al centro la Filosofi a, tratta dall’opera Hortus deliciarum di Herrad von Landsberg (XII secolo).
ne», rammaricandosi del fatto che «non potè arrivare nelle nostre mani». Poi però accade qualcosa; un gruppo consistente di manoscritti, copie di un originale sicuramente databile al 562, riporta una seconda versione delle Institutiones nella quale appare un’intera sezione del terzo libro delle Nozze: i capitoli 300-309 e 312-324. Nel 562, due anni dopo la sua dichiarazione sconsolata, Cassiodoro ha quindi trovato Marziano: ma solo il terzo libro o tutti i nove? Passano altri centocinquant’anni e nella lontana Inghilterra il vescovo Tatwine e un Anonimo (detto ‘Ad Cuimnanum’) scrivono due manuali grammaticali in cui riappaiono gli stessi capitoli 312-324; poco tempo dopo il monaco anglosassone Beda compone un De temporum ratione dove l’influsso dell’astronomia marzianea è evidente.
L’astronomia di Marziano Capella
Tutto cambia sotto il regno di Ludovico il Pio (morto nell’840), figlio di Carlo Magno, quando finalmente Marziano riaffiora con la sua opera completa: una esplosione di codici che denuncia un grande interesse degli intellettuali carolingi per questo autore enigmatico. Ed ecco che dalla seconda metà del IX secolo i monaci amanuensi copieranno senza sosta – con tanto di disegni – le Nozze di Filologia e Mercurio, adottandolo come vera e propria enciclopedia da leggere, rileggere e commentare. Due passi su tutti desteranno l’attenzione dei lettori medievali: il capitolo 854, dove Marziano dichiara che: «Venere e Mercurio, in verità, non ruotano attorno alla Terra», e il capitolo 857, dove l’autore puntualizza che: «Mercurio e Venere, sebbene mostrino levate e tramonti quotidiani, tuttavia non percorrono le loro orbite attorno alla Terra, ma girano attorno al Sole in un corso più largo. Perciò hanno nel Sole il centro delle loro orbite». Se è vero che anche per Marziano il Sole ruota attorno alla Terra, nondimeno egli ritiene che Mercurio e Venere ruotino attorno al Sole: un embrione di teoria eliocentrica che non ha paralleli in altri autori latini, ricollegandosi direttamente ai secoli eroici dell’astronomia alessandrina, quando Aristarco di Samo (310 – 210 a.C.) postulò una struttura cosmica con il Sole al centro e tutti i pianeti attorno, non solo Mercurio e Venere. O quando un altro gigante come Eratostene (276 – 194 a.C.) riuscì a calcolare la misura del meridiano terrestre (con un errore dello 0,8%) attraverso una serie di misurazioni effettuate con un vaso-meridiana a fasce concentriche: un oggetto chiamato skaphe, con uno gnomone al centro per segnare l’ora 20
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Dall’alto: - Vetrata della cattedrale gotica di Laon: la Filosofia è collocata al centro della ‘Rosa delle sette arti’. - Foligno, Palazzo Trinci: ciclo di affreschi realizzati da Gentile da Fabriano (inizio ‘400) e ispirati alle Nozze di Filologia e Mercurio. Sulla parete frontale, a sinistra, si nota Astronomia. - Castello di Olsztyn (Polonia): quello che resta del grande calendario fatto realizzare da Niccolò Copernico per calcolare le posizioni degli astri. - Frontespizio del De revolutionibus orbium coelestium (1543) con l’effigie di Niccolò Copernico.
del giorno mediante la sua ombra proiettata sulle pareti del vaso. E non è certo un caso che uno dei disegni più importanti delle Nozze sia proprio una skaphe: un omaggio a Eratostene che conferma la posizione autorevole di Marziano Capella nella scienza occidentale.
Grafiche cosmiche
Questi contenuti singolarissimi delle Nozze suscitano curiosità nel Medioevo; fra le illustrazioni a corredo dell’opera spicca infatti un grafico che illustra tre possibili interpretazioni delle orbite di Venere e Mercurio attorno al Sole: spezzate, intersecate o concentriche. Un commento visivo che si affianca ad altri, raffiguranti eclissi di sole e di luna, orbite planetarie, rotazioni della volta celeste: un corredo d’immagini degno dei nostri migliori manuali scolastici. Il vero trionfo, però, si manifesta nei manoscritti del XII secolo, quando l’Europa delle prime università produce capolavori assoluti: ed ecco che i manoscritti marzianei si riempiono di miniature, con l’iconografia delle sette arti che si diffonde in tutto il continente. Grammatica, Logica, Retorica, Geometria, Aritmetica, Astronomia e Musica prendono vita sui portali delle chiese gotiche, sulle vetrate delle cattedrali e sugli affreschi dei palazzi pubblici: una febbre lunga tre secoli che contagia tutti, da Chartres a Foligno, dove all’inizio del Quattrocento Gentile da Fabriano dipinge un’intera stanza di Palazzo Trinci ispirandosi alle Nozze di Filologia e Mercurio. Una copia manoscritta dell’opera arriva anche nella biblioteca di Guarnerio d’Artegna, a San Daniele del Friuli, sulla scia di un interesse che nel 1499 porta alla prima edizione a stampa dell’opera proprio nel Nord Est italiano, a Vicenza. L’anno successivo viene ripubblicata a Modena, mentre a Padova, Bologna e Ferrara è certamente materia d’insegnamento, proprio mentre sui banchi di quelle università sedeva un giovane monaco polacco chiamato Mikołai Kopernik. E quando nel 1543, in punto di morte, pubblicherà il suo De revolutionibus orbium coelestium, il frate Mikołai, ormai per tutti ‘Niccolò Copernico’, non esiterà a dimostrare il suo antico debito nei confronti delle Nozze: «Per questo motivo credo che non bisogna affatto disprezzare ciò che Marziano Capella, autore di una enciclopedia, e altri fra i Latini sapevano bene. Ritenevano infatti che Mercurio e Venere ruotassero attorno al Sole, posto in mezzo alle loro orbite». La rivoluzione era iniziata. Ma con solide radici nella tradizione.
Vanni Veronesi
VIAGGI E METE LE ISOLE FÆR ØER Servizio e immagini di Michele Tomaselli
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Vento,
burrasche e bellezza
Paesaggi fiabeschi e pecore dotate di telecamere. Natura incontaminata e un’esistenza legata a doppio filo con il mare. Nel profondo Nord dell’Europa, un Arcipelago-Stato ricco di sorprese.
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“Che ne dici di trascorrere qualche giorno di vacanza?”, mi suggerì un amico al mio rientro dall’Elbrus. Fu inevitabile aprire Google Maps e individuare un luogo inimmaginabile, oltre le colonne d’Ercole, dove la natura impera selvaggia. Le isole Fær Øer. A prima vista misteriose, queste 18 isole della corona danese che non fanno parte dell’Unione Europea, hanno cascate in ogni dove e sono ubicate in mezzo al nulla, nel cuore dell’Atlantico settentrionale, a metà strada tra Norvegia e Islanda. L’arcipelago delle Fær Øer è abitato stabilmente e costituisce una nazione autonoma con un proprio Parlamento, una propria lingua, una propria bandiera e batte perfino una moneta. Una meta superlativa e culturalmente aperta, tra i luoghi da visitare secondo la classifica Best Trips 2015 di National Geographic. Quindici giorni più tardi presi un aereo e dopo aver effettuato uno scalo a Copenaghen raggiunsi il 62° parallelo… Atterrare alle Fær Øer è sconsigliato ai deboli di cuore. L’aeromobile si abbassa velocemente e sfida
correnti impetuose. La nebbia e la pioggia rendono l’atterraggio difficile. Si ha l’impressione di planare sul mare per imboccare la pista di Vagar, dove gli aerei decollano e atterrano quasi a pelo d’acqua. Una pista lunga solo qualche centinaia di metri, che ti tiene con il fiato sospeso sino all’ultimo. Vivere nel subartico non è un’impresa facile, bisogna sopravvivere! Tanto che agli albori fu inevitabile iniziare a cacciare le balene. La mattanza dei cetacei, qui chiamata Grindadráp, è una tradizione che affonda le sue radici nel XVI secolo (le prime documentazioni risalgono al 1709) e oggi rientra tra le normali attività di pesca. Uno scempio ammesso dalle autorità faroesi ma osteggiato dalla Commissione baleniera internazionale. Tuttavia la maggior parte dei faroesi considera importante catturare questi mammiferi poiché l’industria baleniera può dare respiro all’economia locale. Uscendo dall’aeroporto si viene accolti da atmosfere bucoliche e si può passeggiare tra sentieri e villaggi lungo le rotte vichinghe. I diavoli del mare però non furono i primi colonizzatori: si ritiene infatti che a scoprirle fu un monaco irlandese, nel VI secoSopra: la cascata di Gasadalur e il villaggio. A sinistra: l’isola di Vagar. Pagina accanto in alto a sinistra, la capitale Tórshavn; a destra, l’isola di Nolsoy. Pagina accanto in basso, il faro dell’isola di Nolsoy.
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lo d.C.. Le isole hanno costiere frastagliate come lamine di metallo battuto, modellate dai venti che non smettono mai di soffiare e che sferzano ininterrottamente le coste. Alcune di loro sono raggiungibili solo via elicottero, mentre Streymoy, Vagar ed Eystoruy – le tre isole più grandi dell’arcipelago – sono collegate da moderni tunnel sottomarini. Il periodo più indicato per visitarle è quello compreso tra la primavera e l’autunno; trattandosi di uno dei Paesi più piovosi al mondo, è meglio raggiungerle indossando un impermeabile e attrezzandosi con un ombrello. Grazie a questo clima umido, variabile e non eccessivamente freddo, le isole sono ricoperte da distese interminabili di prati e pascoli, abitate da circa da 49 mila persone e 87 mila pecore. Si dice che è meglio vivere un giorno da leone che cento da pecora, ma alle Fær Øer questo detto sembra non valere. Da queste parti gli ovini sono considerati animali intelligenti: non soltanto belano ma indossano delle singolari telecamere. L’ente del turismo, stanco di aspettare da Google Street View la mappatura digitale delle isole, ha deciso di farlo autonomamente equipaggiando diverse pecore di videocamere. È nata così Sheep View 360°: una rete di georeferenziazioni e immagini. Eppure visitare le Fær Øer è semplice. Per fare autostop non serve altro che agitare il pollice, qualcuno si fermerà senz’altro. Dopotutto si girano con estrema facilità: il traffico è ordinatissimo e gli unici stop, imprevisti e imprevedibili, sono quelli provocati dalle pecore quando attraversano le strade. I rari turisti che si avventurano fuori da Tórshavn, tra le più piccole capitali d’Europa, con meno di ventimila abitanti e con gli unici tre semafori dell’arcipelago, scopriranno un angolo di paradiso con prati verdissimi, tetti ricoperti d’erba, vallate profonde e lunghissimi fiordi. Un ambiente privo di evidenti segni di antropizzazione, dove ogni infrastruttura è realizzata nel modo meno invasivo possibile. D’altra parte i suoi abitanti sono i guardiani di questo mondo perduto, un luogo ricco di contraddizioni che malgrado l’isolamento sa sempre sorprendere e meravigliare. Allora non c’è da stupirsi se i faroesi amano alla follia il calcio e se a Tórshavn alcuni di loro mi fermano e mi ricordano che nel 2007, alle qualificazioni per gli Europei, la loro nazionale di dopolavoristi, perlopiù composta da pescatori e commercianti, rischiò di eliminare l’Italia, sfiorando pure il colpaccio del pareggio. Storie
di uomini che hanno sfidato la natura per sopravvivere all’oscurità dell’inverno e si sono appassionati a un calcio genuino. Dopo tutto vivere a queste latitudini tra dicembre e gennaio con solo quattro ore e mezza di luce al giorno e in pochi mesi passare a giornate sempre più lunghe fino ad arrivare al sole di mezzanotte è un’emozione unica che ti prende il cuore. Oggi le Fær Øer si stanno spopolando. Per questa ragione, in accordo col Ministero degli Esteri, è stato deciso di favorire l’immigrazione. Per porre rimedio alla fuga delle ragazze all’estero lo Stato ha anche agevolato i matrimoni dei suoi cittadini con donne thailandesi e filippine. Un boom.
Un viaggio “on the road”
A breve distanza dall’aeroporto di Vagar ci sono due scorci meravigliosi da fotografare: l’isola di Tindhólmur, una roccia che si erge sul mare come una scheggia di vetro, e l’incantevole cascata di Gasadalur che prende il nome del vicino paesello. Questo salto d’acqua che sgorga nel mare è uno dei panorami più conosciuti delle Fær Øer. Fino al 2006, anno di costruzione del tunnel che oggi collega Gasadalur al resto del mondo, esistevano solo due modi per raggiungere il villaggio: arrivare con una barca al promontorio e scalare la scogliera o valicare la ripida collina di Gasadalsbrekkan. Karl Mikkelsen, marinaio che per tre decenni ha navigato in lungo e in largo tra la Groenlandia e le Svalbard, racconta in un’intervista le peripezie che doveva affrontare tre volte alla settimana per consegnare la posta. A tal proposito ha dichiarato: «Dimenticate la galleria, quella è arrivata solo nel 2006. Prima di allora era come un secolo fa. Tre, quattro ore di cammino solo per salire sulla monta-
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L’isola di Viðoy e il pittoresco villaggio di Viðareiði
La Chiesa del villaggio di Viðareiði
gna che chiude la nostra vallata e scendere dall’altra parte fino a Sorvagur, prendere lettere, pacchi, ma anche frutta, farina, regali, e tornare indietro. A Natale era un incubo. Viaggiavo con uno zaino da 50 chili, trattenuto da una cinghia sulla fronte, e magari nevicava». Con l’arrivo della strada la vita a Gasadalur è cambiata e oggi si sono aperte nuove possibilità. La donna più ricca delle Fær Øer ha costruito una casa di vacanza e Randy ha aperto un piccolo negozio. L’indomani con una barca raggiungiamo l’isola di Nolsoy, una striscia di terra che si trova di fronte alla capitale: un paradiso incontaminato, ex rifugio vichingo, pieno di colonie di uccelli e tante casupole colorate; decido di fare una camminata fino a raggiungere il faro. Percorriamo il lungo sentiero fino ad arrivare all’estremità opposta dell’isola dove abbiamo modo di osservare delle pulcinelle di mare (i puffins) nidificare sulle scogliere. Un tempo erano preda di cacciatori, ma oggi sono una specie protetta. Nel tardo pomeriggio raggiungiamo l’isola di Streymoy e passeggiamo per il centro storico di Tórshavn, dove ha sede il governo. Il primo ministro faroese, Aksel V. Johannesen di professione avvocato, ha interrotto la tradizione dei premier provenienti dal terziario ittico. Diversamente, il suo predecessore Kaj Leo Johannesen ha una storia simile alla maggior parte della popolazione. A 14 anni inizia a lavorare sui pescherecci, gioca a calcio e si dedica alla pesca per tutta una vita.
Il giorno successivo approdiamo all’isola di Eysturoy e saliamo sul Slættaratindur, la cima più alta delle Fær Øer, con i suoi 882 metri nascosti dalla nebbia. L’entroterra faroese è spesso avvolto da cumuli di bruma. È questo il motivo per cui le case dei villaggi hanno colori vivaci e si diversificano da quelle del vicino. Così sono sempre visibili, anche quando scende la foschia. D’un tratto sul mare s’intravedono le due celebri rocce chiamate “il Gigante e la Strega”. La leggenda racconta che, un tempo, in Islanda, vivevano un gigante e una strega che, invidiosi della bellezza delle Fær Øer, decisero di rubarle. Impresa che però doveva essere effettuata entro l’alba, altrimenti il sole li avrebbe trasformati in pietra. Così la sfida ebbe inizio. La strega dopo aver legato le isole a una corda si arrampicò sulla montagna dell’Eiðiskollur e passò la gomena al gigante, ma quando questi iniziò a tirarla, la montagna si spaccò. Provarono e riprovarono tutta la notte finché non furono colpiti da un raggio di sole che li pietrificò. Da quel momento il gigante e la strega si trovano ai piedi della montagna e fissano l’Islanda. Proseguiamo in auto su una strada a picco sul mare fino a raggiungere Gjógv. Questo grazioso villaggio, insignito dal Consiglio nordico del premio “Natura e ambiente”, ha una chiesa luterana del 1929 e incantevoli case colorate col tetto ricoperto di torba. Qua e là si notano delle hjallur, le tipiche casette per la conservazione delle carni. Passeggiando per le vie si respira un’atmosfera magica nonostante il paesello sia
Il villaggio di Viðareiði
Michele Tomaselli sulla cima del Slættaratindur
Roberto e Toni in areoporto
Michele Tomaselli
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La chiesetta di Saksun
Uno dei piccoli villaggi affacciati su un fiordo
semi abbandonato. Nel 1950 ci abitavano 210 persone e al suo porto ormeggiavano 13 pescherecci. Ora sono rimasti in 28 e le poche imbarcazioni ancorate sono in secca. Il giorno dopo arriviamo a Klaksvik, nell’isola di Borðoy. È dominato da una cupa montagna che si staglia all’uscita dal fiordo. A prima vista sembra un vivace villaggio di pescatori che si è sviluppato attorno al porto, eppure con 5.000 abitanti è la seconda città delle Fær Øer. È un luogo che custodisce le memorie dei marinai e i segreti di mastro birrai. Qui infatti si produce la Föroya Bjór, la birra più famosa del subartico, che si raccomanda di bere usando il caratteristico corno di pecora. Un’esperienza da provare. Ma anche la musica è parte integrante della cultura locale e ogni anno viene organizzato il Summer Festival. Esempi di case con il tetto ricoperto di torba La meta del pomeriggio è l’isola di Kalsoy che raggiungiamo in traghetto dal porto di Klasvik. L’isola non è molto grande ed è solcata da un’unica strada che impone l’attraversamento di cinque gallerie claustrofobiche. Ci fermiamo nel villaggio di Mikladalur, noto per alcune leggende. La più famosa è quella di Selkie la donna-foca. Nella tradizione orale nordica le Selkie sono delle foche che assumono le sembianze di donne meravigliose. Vivono in gruppo e spesso non si distinguono dalle normali foche. Queste figure, simili alle sirene, sono molto popolari e per questo motivo a Kalsoy, davanti all’oceano, è stata eretta una statua in bronzo con le loro sembianze. Il giorno dopo raggiungiamo l’isola di Viðoy e proseguiamo all’estremità più settentrionale, sino a toccare il pittoresco villaggio di Viðareiði. Non dimenticheremo mai le sue montagne: il Malinsfjall Sopra e sotto due immagini del grazioso villaggio di Gjógv (750 m) e il Villingardalsfjall (844 m). Tornando indietro verso Klaksvik, trepidiamo quando all’interno di una galleria a corsia unica e senza semaforo vediamo un’automobile venirci addosso. La fortuna ci sorride e ci aiuta a evitare una collisione quasi certa. La vacanza volge al termine ma abbiamo ancora il tempo di visitare il lago di Saksun e le magnifiche scogliere di Vestmanna. Non ci resta che imbarcarci per l’Italia e pensare al prossimo viaggio. Michele Tomaselli
LINO GUANCIALE
PERSONAGGI
Intervista di Andrea Doncovio
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Non solo Cagliostro Per le riprese della seconda serie di “La porta rossa” tornerà a Trieste in primavera. «Una città bellissima a cui devo molto». Ma se il successo in tv e al cinema lo ha consacrato al grande pubblico, il suo vero amore resta il teatro. «Solo sul palcoscenico scopri ogni sera chi sei realmente».
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Il primo ciak è fissato per la primavera, quando inizieranno a Trieste le riprese della seconda edizione di “La porta rossa”, la serie tv rivelazione del 2017. Lui è Lino Guanciale, il volto e il corpo del protagonista principale, Leonardo Cagliostro, poliziotto assassinato che indaga sul proprio omicidio. «Una storia straordinaria – sottolinea lo stesso Guanciale – scritta da Carlo Lucarelli e Giampiero Rigosi, capace di stregare anche produttori internazionali con la sua trama assolutamente inedita». Lino, partiamo proprio da qui. Quanto sarà difficile bissare il successo della prima serie? «Siamo tutti consci che l’aspettativa è altissima. Il reparto scrittura in questi mesi ha lavorato da matti per tirare fuori soggetti degni di quelli della prima serie. A mio avviso ci sono riusciti. Ora spetta a noi attori riuscire a stare al passo». “La porta rossa” è legata a doppio filo con la sua ambientazione: Trieste. Qual è il rapporto di Lino Guanciale con la città? «Personalmente colgo ogni occasione possibile per tornarci. Questa città è stata e continua a essere davvero importante per me. L’ultimo anno è stato personalmente molto ricco dal punto di vista professionale e non solo. E tutto è nato nei mesi in cui giravamo la serie a Trieste. Ecco perchè Trieste non
è stata solo l’ambientazione insostituibile, ma forse anche il reale personaggio protagonista. Per me tornarci è come rendere omaggio a qualcuno cui devo molto». C’è un posto in città a cui è particolarmente legato? «Amo tornare sul Molo Audace, ma scelgo un luogo meno rinomato: la grande terrazza sopra i palazzi di Melara. Da lassù è possibile osservare un vista mozzafiato su Trieste e sul Golfo. Ovviamente non cito l’Ursus, visto che ho potuto godere di un accesso unico e privilegiato». Facciamo un salto nel passato. Nei primi anni duemila, Lino Guanciale esordiva come attore teatrale: se allora le avessero predetto la fama di oggi ci avrebbe creduto? «Credo proprio di no. Non avendo mai fatto questo mestiere considerando la celebrità come punto d’arrivo, vivo la fama in maniera molto scanzonata. Anche a quel tempo non mi ponevo il problema e quindi non ci pensavo troppo. A me bastava essere sul palcoscenico.
In apertura, Lino Guanciale sul molo Audace a Trieste. A fianco, Guanciale in una scena di La porta rossa. |
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Lino Guanciale in Ragazzi di Vita, per la regia di Massimo Popolizio (ph. Achille Le Pera)
Adesso, rispetto a qualche anno fa, ho semplicemente la fortuna di possedere un’arma in più, che è proprio il successo e che spero possa portare un maggior numero di persone in quella che considero casa mia, cioè il teatro». Un attore con i piedi ben saldi per terra… Da cosa deriva questa capacità? «Probabilmente riguarda l’educazione che ho ricevuto e l’evoluzione della personalità negli anni più verdi. Spesso chi vive la grande popolarità in modo equilibrato è chi, come me, ha alle spalle anni di lavoro svolti sotto traccia. Se si è fatta tanta gavetta, intesa come professionalità onorata ma meno visibile, della quale non si è sofferto ma di cui anzi si è saputo godere, l’arrivo della notorietà viene vissuto come strumento da utilizzare, non come occasione di riscossa o di rivalsa». A 38 anni lei può vantare già numerose esperienze in campo teatrale, cinematografico e di serie tv: quali di questi tre contesti è più stimolante? «Lo sono tutti. Il teatro però ha quell’elemento da cui non puoi prescindere e che non puoi fare a meno di vivere se vieni da lì: il rapporto con il pubblico. Ogni altra esperienza lavorativa è comunque un prezioso arricchimento: lavorare con la macchina da presa ti costringe ad esempio a una precisione millimetrica, alla chiarezza e al raggiungimento di una efficacia interpretativa che non sempre ti poni quando lavori a teatro. Quando reciti a teatro, invece, devi principalmente porti il problema di esercitare una forte attrattiva seduttiva per il pubblico, che è lì per te quella sera, ma non hai un occhio che ti scruta ogni pelo del naso come 28
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avviene con la telecamera. In questi termini lavorare per il cinema e la tv aiuta moltissimo. Ma…» Ma... «Se sei “nato” a teatro non puoi fare a meno di tornare lì. Ti senti come un acrobata al circo: ogni volta rischi di cadere, di farti male, ma allo stesso tempo la sensazione di pericolo con il pubblico davanti è quella che può regalarti tante sorprese. Sul palcoscenico ogni sera rischi realmente di scoprire tante cose nuove di te. Chi viene da lì ha bisogno di tornarci per rimettere in circolo l’energia vitale». Teatro da recitare, ma anche teatro da insegnare: dal 2005 opera come insegnante e divulgatore scientifico teatrale nelle università e nelle scuole superiori. Come mai questa scelta? «Venne come una logica conseguenza dopo i primi anni di attore di giro. Uscito dall’Accademia ebbi la fortuna di lavorare per compagnie importanti: prima quella di Proietti, poi quella di Branciaroli e di Claudio Longhi, regista con il quale collaboro tuttora e che considero il mio compagno di strada teatrale. Quando eravamo in tournee balzava all’occhio che le sere degli spettacoli le sale erano - per essere diplomatici - meno piene di quanto ci si aspettasse. E che spesso a mancare era il pubblico giovanissimo, ma anche quello tra i 20 e i 40 anni. Ci sono un paio di generazioni che hanno proprio staccato il rapporto con il teatro, intendendolo al massimo come un luogo dove divertirsi una volta all’anno, ma non in cui andare abitualmente per crescere e fare esperienze culturali nuove». Questa constatazione dove vi spinse? «Con Claudio Longhi ci siamo chiesti: come facciamo a riportare le persone a teatro senza avere un nome di cartellone? Così, ci siamo inventati una serie di format educativi per fare formazione teatrale nelle scuole ma anche in altri contesti associativi o istituzionali. Li chiamammo Blitz: io e altri attori andavamo a fare delle lezioni spettacolo di storia del teatro recitando, con intervalli di spiegazioni teorico-critiche per fornire a chi ci stava ascoltando gli strumenti per comprendere meglio quanto veniva recitato». I risultati come sono stati? «Abbiamo avuto la dimostrazione che se il teatro fa lo sforzo di uscire dalle sue mura per andare incontro al pubblico potenziale, che è vastissimo, ci vuole poco per creare entusiasmo. Basterebbe fornire alle persone gli strumenti critici per comprendere i testi di Pirandello o Molière per garantire non solo il ritorno a teatro, ma anche la possibile fidelizzazione. Per fortuna sempre più realtà teatrali stanno investendo sulla formazione degli spettatori». Essere insegnanti, e quindi educatori, significa essere degli esempi da seguire. Oggi Lino Guanciale è un esempio per molte persone: avverte la responsabilità di ciò? «È un dolce peso, anche se cerco di non pensarci troppo, infarcendo il mio calendario di lavoro. Questo mi aiuta a stare con i piedi per terra e ad avere il polso della re-
altà. Svolgere il ruolo di “educattore” mi aiuta proprio a metabolizzare tutto ciò: a ricordarmi da dove vengo, cercando di dare le competenze alle persone affinché fra un paio di anni dopo uno spettacolo possano venire a bussare al mio camerino per dirmi che una cosa non gli è piaciuta, e spiegandomi il perché». A proposito di insegnanti: il suo prossimo film con Claudio Bisio parla dei peggiori professori d’Italia nella peggior scuola d’Italia. Pensando all’attualità, quanto c’è di fiction e quanto di reale? «Di reale c’è la situazione di una scuola con tanti problemi compensati dalla passione degli insegnanti, che della classe intellettuale italiana sono la parte più eroica. La scuola è una realtà in perenne emergenza, che a oggi si salva per il genio, l’abnegazione, l’applicazione delle persone che ci lavorano dentro. Sarebbe bello che chi insegna e chi impara in quello che dovrebbe essere il laboratorio del domani, non fosse messo in situazione emergenziale ma confortevole». Recentemente ha dichiarato che le piacerebbe interpretare figure di perdenti. Come mai? «Un po’ per calcolo professionale. Nell’ultimo periodo mi sono cimentato con successo in alcuni ruoli addirittura da sex symbol. Un attore tuttavia deve sempre dimostrare adattabilità e versatilità, per questo credo sarebbe bene cambiare, facendolo anche spigolosamente, rincor-
Lino Guanciale è nato ad Avezzano, in Abruzzo, nel 1979. Nel 2003 si è diplomato all’Accademia nazionale d’arte drammatica di Roma, ottenendo anche il Premio Gassman. La sua carriera d’attore inizia in teatro: diretto da Gigi Proietti recita in Romeo e Giulietta, spettacolo che inaugura il Silvano Toti Globe Theatre di Roma. Tra i nomi del palcoscenico italiano con cui collabora in seguito: Franco Branciaroli, Luca Ronconi, Walter Le Moli, Massimo Popolizio, Claudio Longhi e Michele Placido, che dopo averlo diretto in Fontamara lo chiama a interpretare Nunzio, uno dei personaggi del film Vallanzasca - Gli angeli del male. Nel 2009 debutta al cinema con Io, Don Giovanni di Carlos Saura, nei panni di Wolfgang Amadeus Mozart. Seguono i ruoli ne La prima linea di Renato De Maria, Il Gioiellino di Andrea Molaioli, Il sesso aggiunto di Francesco Antonio Castaldo, Il mio domani di Marina Spada, To Rome with Love di Woody Allen. Nel 2011 esordisce anche in televisione con la fiction Il segreto dell’acqua, trasmessa su Rai 1. Sulla stessa rete, nella primavera del 2012, è tra gli interpreti di Una grande famiglia, diretta da Riccardo Milani.
rendo occasioni di rinnovamento. Mastroianni in questo è stato un esempio in Italia. Se un attore sorprende e spiazza il pubblico, dimostra di saper fare cose diverse. La parola d’ordine è liquidità». Rovesciamo la medaglia: per Lino Guanciale cosa significa essere vincente? «Significa essere socialmente utile. Se quello che fai e quello che sei è gratificante per te ed è utile per la collettività e la società che vive attorno a te, questo è essere vincente. La vita non è un contesto in cui vince chi arriva prima; vince chi riesce a essere felice, magari offrendo anche ad altri questa opportunità». Chiudiamo il cerchio: oggi qual è il sogno che Lino Guanciale desidererebbe realizzare? «Spero che nello spazio di una generazione il nostro rapporto con il mondo dello spettacolo sia più vicino a quello di altri Paesi europei, dove andare al cinema o a teatro o vedere serie tv sono cose che vengono valutate paritariamente come alternative. Paesi in cui si hanno cinema pieni, teatri pieni e serie tv seguitissime. Mi piacerebbe dare un contributo perché da qui alla prossima generazione anche da noi ci possa essere una situazione simile». Andrea Doncovio Nonostante i lavori per il grande e il piccolo schermo, non abbandona comunque il teatro; fra il 2011 e il 2012 è uno dei protagonisti de La resistibile ascesa di Arturo Ui (nella foto di Marcello Norberth) di Bertolt Brecht, per la regia di Claudio Longhi, premiato come miglior spettacolo dell’anno dall’Associazione Nazionale dei Critici Teatrali. Alla lunga tournée italiana si è aggiunta anche una tappa in Russia, a Mosca, nell’ambito del Festival dei Teatri Europei. Nel 2012 recita in diversi film: Il volto di un’altra di Pappi Corsicato, di cui è coprotagonista con Laura Chiatti e Alessandro Preziosi, La scoperta dell’alba di Susanna Nicchiarelli, in cui è al fianco di Margherita Buy, e L’estate sta finendo di Stefano Tummolini. Nel maggio 2012 ha girato come protagonista l’opera prima di Francesca Staasch, Happy Days Motel. Dal 2013 è nel cast di Che Dio ci aiuti, trasmesso su Rai 1 e nel 2015 è tra i protagonisti di La dama velata, sempre trasmesso su Rai 1. Nel 2015 vince il Premio Flaiano come attore rivelazione dell’anno. Nel 2016 è tra i protagonisti della fiction Non dirlo al mio capo nel ruolo di Enrico Vinci e nella serie tv Il sistema dove interpreta il ruolo di Michele Grandi. Nello stesso anno vince il Premio Civiltà dei Marsi per la sezione Teatro e Fiction TV, il Premio Flaiano per l’Abruzzo e il Premio come migliore attore di fiction al Magna Graecia Film Festival. Da settembre 2016 nella serie televisiva L’allieva interpreta il ruolo del protagonista maschile Claudio Conforti. Nel 2017 è protagonista della serie poliziesca-fantastica La porta rossa, diretta da Carmine Elia e trasmessa da Rai 2. Riprende lo spettacolo Istruzioni per non morire in pace in scena ad aprile al Teatro della Pergola di Firenze. Sempre nel 2017 riceve il Premio Flaiano come co-protagonista del film-documentario Un’avventura romantica di Davide Cavuti e il CinèCiak d’oro per il film I peggiori di Vincenzo Alfieri. |
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PERSONAGGI
ELIO CIOL Servizio di Margherita Reguitti
Un’arte
democratica
«Ognuno può leggere la fotografia secondo le sue possibilità e preparazione». Dai legami con Pasolini e padre Turoldo ai viaggi nel mondo senza mai abbandonare la sua Casarsa. Il maestro friulano si racconta per iMagazine.
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C’è un raro pudore e un’umiltà dei grandi nella relazione che il maestro Elio Ciol instaura con chi guarda i suoi lavori. Opere che trasmettono ricerca di serenità e spiritualità, cura del dettaglio, avvolto nel silenzio di uno scatto d’istinto o costruito. Un dono colto e fissato per essere generosamente condiviso. I suoi lavori trascendono il segno, suggerendo melodie musicali. Le sequenze delle lagune gradesi, dei paesaggi illuminati dalla neve, degli incastri di pietre antiche, dei paesaggi dai piani sequenza netti, han-
no atmosfere e ritmi sonori: uno spartito di immagini dell’anima, oltre il tempo, che rende il segno armonia di toni e colori, di bassi e di alti. Sequenza di linee contrastanti, composizioni di melodie-immagini di gamme sonore costituite dalle note basse dei neri e dei grigi scuri, in un crescendo di note alte e cristalline di luce. «Certo è una questione di lettura», commenta il maestro, affabile e disponibile guida nella recente mostra delle sue opere presenti nelle collezioni fotografiche internazionali, allestita nell’ex Sala Consiliare del Comune di Casarsa della Delizia, dove vive e lavora da sempre. «La fotografia – spiega – è un’arte democratica: ognuno può leggerla secondo le sue possibilità e preparazione. È un’arte della quotidianità, per questo non intimorisce, ma è accessibile a tutti. Per me è importante capire l’effetto di un mio scatto sulle persone. Ecco perché mi piacerebbe poter intervistare il visitatore. A ognuno potrei così chiedere quali emozioni, pensieri, riflessioni il mio lavoro suscita e trasmette. Questi sarebbero elementi importanti per me». In apertura, Laguna di Grado, 1970, The University of Wales (ph. Elio Ciol). Di fianco, Elio Ciol assieme alla collaboratrice di iMagazine Margherita Reguitti. Pagina accanto da sinistra, Balconi al sole, 1963, Centre Canadien d’Architecture, New York (ph. Elio Ciol) e l’interno della mostra allestita a Casarsa.
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Le opere che sono state esposte nella mostra di Casarsa fanno parte di un’importante donazione di oltre 500 immagini del maestro alla città. «Il gesto del dono – confida – è importante: bisogna dare per avere, per fare che le cose avvengano. Casarsa non aveva uno spazio espositivo per la fotografia: ho deciso di fare una donazione importante, lavori già incorniciati, con la condizione che vengano esposti e questo spazio viva». Figlio d’arte, il maestro Ciol è cresciuto in camera oscura e davanti alla macchina fotografica. Il padre e lo zio, nei primi anni ’20 del secolo scorso, aprirono lo studio accanto alla casa di Pier Paolo Pasolini. Un’attività che ora è gestita assieme al figlio Stefano, valente allievo. «Anche io – prosegue il maestro – ho imparato da mio padre a regolare le luci e a stampare. Oggi il mestiere di fotografo non esiste più. Tutti fanno scatti con molta facilità, senza contemplazione, senza pensare. Ma chissà che fine fanno tutti questi scatti? Io non ho regole, ogni fotografia ha la sua storia, alcune sono regali: vedo e d’istinto scatto, altre foto invece richiedono tempo di contemplazione. Rispetto al passato oggi vi è più attenzione alle piccole cose, al recupero della spiritualità che emanano le pietre e i luoghi. Vi è attenzione a salvare una visione e a metterne in rilievo dei particolari. Una fotografia poi cambia e racconta cose diverse, anche a me». Grande viaggiatore, l’opera di Ciol è testimonianza e memoria: «Ho viaggiato molto; non solo in Europa e in Italia ma anche in Yemen, Siberia, Libia, Uzbekistan, India, Nepal, Egitto e Siria. In alcuni casi le mie fotografie sono ciò che rimane di monumenti e siti archeologici oggi distrutti». Un esempio su tutti; le immagini di Palmira del 1996. Nel 1963 Ciol collaborò come fotografo di scena con padre David Maria Turoldo alla realizzazione di “Gli ultimi”, documentario sulla vita contadina del Friuli degli anni Trenta. «Fu un’esperienza importante – ricorda Ciol – che avrei voluto proseguire, ma mi resi conto che il cinema era un lavoro di gruppo; non
mi avrebbe permesso di continuare a lavorare in studio. Negli anni successivi, ad Assisi ho realizzato dei cortometraggi per ragazzi e oggi, con mio figlio Stefano, abbiamo l’idea di realizzare un progetto di immagini in movimento, un linguaggio che certamente aiuta chi guarda a leggere l’immagine. Sto studiando i movimenti di macchina e le inquadrature». Nella piccola Casarsa Ciol ebbe un rapporto d’amicizia con Pasolini: «Lo conoscevo fin da ragazzo, andavo spesso a giocare con lui e il cugino Nico Naldini, mio coetaneo (entrambi classe 1929, ndr). Un giorno venne in studio e chiese a mio padre che andassi con la macchina fotografica all’Academiuta di lenga furlana. Fu la mia prima foto importante, ma all’epoca non lo sapevo. Non ho mai forzato il nostro rapporto. Lo incontrai per caso nel 1967 ad Assisi, nella sede della Civitate cristiana. Mi vide e subito chiese che cosa ci facessi là. Gli risposi che dal 1955 ero di casa, avendo anche sposato un’assisana. Lui era in città per presentare l’idea de “Il Vangelo secondo Matteo”». Nonostante la passione per i viaggi il maestro non ha mai voluto lasciare Casarsa: «Oggi tutto è cambiato e del Friuli di un tempo restano i ricordi. Sono però ottimista; con i ricordi resistono anche i valori. Capisco i problemi di oggi, la fretta, le preoccupazioni per il futuro incerto, ma credo che fino a quando sorge il sole c’è sempre una possibilità, per la quale ringrazio Dio ogni giorno». Margherita Reguitti
Elio Ciol, nuove mostre in Italia e Francia
Fino al 4 novembre la Galleria La Salizada di Venezia ospita “Il rigore della pietra”, mostra sull’architettura monumentale da Assisi e Roma all’Armenia. Dal 30 novembre al 14 dicembre, invece, il Palais de l’Archevêquè della città francese di Arles ospiterà “La luce incisa”, mostra antologica e presentazione di volume. |
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VIAGGI E METE
ANDALUSIA Servizio e immagini di Claudio Pizzin
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Ai confini
della storia
Islam e Cristianesimo, tradizioni arabe ed europee. Nel sud della Spagna ancora oggi città dal fascino misterioso custodiscono meraviglie secolari, testimonianze di un crocevia di popoli e culture.
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Il sole caldo e brillante offre un clima da piena estate. Solo le ombre che si allungano dalla parete della magnifica Cattedrale, realizzata nel 1228 e dedica all’Assunzione di Maria, tradiscono un autunno ormai alle porte. Tuttavia, la Valencia di metà settembre che si offre ai nostri occhi toglie il fiato. Perché la terza città della Spagna per numero di abitanti, capoluogo della Comunità Valenciana che si affaccia sulla costa orientale della Penisola iberica, è un mix di storia e bellezza. Ingredienti che caratterizzeranno il nostro intero viaggio, con destinazione Andalusia. Prima di raggiungere la regione più meridionale di Spagna, tuttavia, ci concediamo alcuni giorni in questo luogo affascinante, ricco di espressioni architettoniche che testimoniano un passato denso di storia e uno sguardo dritto sul futuro: il cammino dalla Cappella del Santo Calice alla Ciudad de las Artes y las Ciencia – complesso di cin-
que strutture progettato dagli architetti Calatrava e Candela – ne è l’esempio più eclatante. Semplicemente a bocca aperta, invece, si resta di fronte alla Chiesa di San Nicola, non per niente definita la Cappella Sistina di Valencia. Ma è l’intero centro cittadino, variegato e al tempo stesso a misura d’uomo, a conquistarci. Esattamente come la cordialità della gente. L’ultima visita la dedichiamo al Museo nazionale della ceramica nel palazzo “Gonzales Marti”, e concludiamo la permanenza in città con un ottimo pranzo in una trattoria italiana. Prima di raggiungere l’Andalusia, attraversiamo la Región de Murcia fermandoci, dopo quattro ore di bus, nella città di Cartagena. La giornata è caldissima, ma il vento che soffia costante rende il clima vivibile. Visitiamo inizialmente la zona Molinette e l’area del foro romano; dopo un breve giro per le strette vie del centro, ci rechiamo al teatro romano, autentico capolavoro di recupero. Inizia a calare la sera e la città si anima improvvisamente. Come stregati da questo improvviso fervore, proseguiamo tra le viuzze soffermandoci di tanto in tanto ad ammirare le bellissime vetrine dei negozi. L’indomani, prima della partenza, ci concediamo una vista panoramica mozzafiato sul teatro roSopra: Siviglia, Piazza di Spagna Accanto: la Cattedrale di Valencia
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Valencia, Città delle arti e delle scienze
mano e poi sull’intera città. Ora possiamo rimetterci in viaggio. E raggiungere finalmente l’Andalusia. Lungo la strada che ci conduce a Granada il paesaggio muta in modo tanto graduale quanto inesorabile: l’erba ingiallita ai bordi della carreggiata diventa di un verde intenso, mentre spuntano numerosi pioppeti. Poi di nuovo lo scenario torna arido e secco, prima di far posto a lunghe distese di uliveti. Infine il contesto diventa di montagna, con molti pini attorno a noi. E quando le ombre della sera iniziano a farsi largo, ecco le luci della città. Siamo arrivati a Granada. Il giorno seguente raggiugiamo a piedi l’Alhambra, complesso costruito su uno dei colli che domina la città e suddiviso in tre parti: l’Alcanzaba (la fortezza), i palazzi Nasridi e il Generalife. Ammiriamo i giardini perfettamente curati e il palazzo di Carlo V, godendoci lo spettacolo di una vista unica di Granada dall’alto. Rientrando verso il centro, entriamo nella magnifica Cattedrale, costruita nel XV secolo nel luogo in cui prima sorgeva una moschea. Dopo una passeggiata tra i negozi della città vecchia riprendiamo l’autobus e raggiungiamo Cordova, per osservare una delle principale testimonianze della presenza islamica nella Spagna del passato: la Mezquita. La grande Moschea è oggi la Cattedrale dell’Immacolata Concezione. È lunedì e la maggior parte dei musei è chiusa. Ci dirigiamo sul ponte romano per scattare alcune foto e osservare le acque del fiume Guadalquivir. La città è molto facile da girare e a ora di cena ci fermiamo in un locale tipico, dove possiamo degustare la specialità locale: il rabo de toro (la coda di toro). L’indomani visitiamo l’Alcazar de los Reyes Cristianos, palazzo-fortezza che Alfonso XI fece costruire vicino alla moschea. Alle Scuderie de las Cabalerizas Reales ammiriamo le evoluzioni di splendidi cavalli. È già ora di ripartire: entro sera siamo attesi a Siviglia. Il giorno seguente lo iniziamo nella Piazza di Spagna del capoluogo andaluso. Costruita tra il 1914 e il 1928, venne inaugurata nel 1929 in occasione della Expo ibero-americana; realizzata con ceramiche e
Cartagena, teatro romano
Granada, il Patio de la Acequia nel complesso del Generalife
Cordova, la Mezquita, oggi Cattedrale dell’Immacolata Concezione Cordova, i Giardini dell’Alcazar
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Da sinistra: Calle di Cordova con sullo sfondo il Minareto; Siviglia, sepolcro di Cristoforo Colombo; Siviglia, la Giralda.
mattoni tipici della regione, rappresenta l’architettura andalusa. Ma non solo: 48 diversi banchi, decorati con mosaici e mappe della zona corrispondente, simboleggiano infatti tutte le province spagnole. A margine della piazza, il Parco di Maria Luisa attira quotidianamente cittadini e turisti. Noi raggiungiamo la Cattedrale, al cui interno sono custodite le spoglie di Cristoforo Colombo. Quindi saliamo sulla Giralda, la torre del campanile alta 94 metri, costruita prendendo a esempio il minareto della moschea di Marrakech (Marocco). La chiusura superiore fu successivamente modificata Jerez de la Frontera, Mercado Central secondo i dettami del Rinascimento europeo e ora la Giralda è tra i monumenti patrimonio dell’umanità. Non esistono gradini: si sale infatti tramite 34 rampe circolari, sistema che un tempo consentiva ai muezzin di arrivare in cima in sella del loro cavallo. Anche Ferdinando III il Santo salì la torre a cavallo il giorno della riconquista della città. L’indomani raggiungiamo Santiponce, primo insediamento romano in Spagna. All’interno del complesso archeologico di Italica visitiamo la casa di Traiano, la casa degli uccelli, le terme, l’anfiteatro e il teatro romano. Nonostante il sole cocente riusciamo a raggiungere il Monastero di S. Isidoro, edificato su un eremo che secondo la Cadice, panorama sulla citta dal campanile della Cattedrale tradizione aveva ospitato proprio il santo. Un luogo unico, esattamente come l’Alcazar che visitiaCadice, orologio della Cattedrale di Santa Cruz mo nel pomeriggio. La sera ci concediamo un po’ di svago, assistendo a una rappresentazione di flamenco: emozionante. La tappa successiva è Jerez de la Frontera, città accogliente e a misura d’uomo. Visitiamo la Cattedrale-Collegiata di San Salvador del XVII secolo, con la sua torre campanaria isolata rispetto al resto del complesso. Poco distante, vicino a un’ex fortezza moresca si erge l’unica moschea conservata delle 18 originariamente presenti in città. 34
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Malaga, Plaza de Toros
Malaga, panorama dal Castello di Gibralfaro
Passando dal sacro al profano, visitiamo la vicina Bodega di Tio Pepe, concedendoci la degustazione dei suoi vini pregiati. Vorremmo anche visitare la Real Escuela Andalusa de Arte Ecuestre per ammirare gli spettacoli di equitazione con i cavalli di razza andalusa. Ma è di nuovo lunedì e tutto è chiuso. È di nuovo tempo di rimettersi in moto, questa volta in treno con destinazione Cadice. L’imponente Cattedrale realizzata in 130 anni è la nostra prima tappa. Nella cripta al suo interno riposa il compositore spagnolo Manuel de Falla, mentre dalla torre campanaria si può ammirare la città. Dopo una passeggiata sul lungomare godendoci l’infrangere impetuoso delle onde, degustiamo una prelibata zuppa di mariscos e dell’ottimo pesce alla piastra in uno dei locali tipici del centro. L’indomani giungiamo a Tarifa, situata a pochi chilometri dalla sponda africana del Marocco: da qui partono traghetti affollati di marocchini che rientrano nel loro Paese. Addentrandoci nelle strette calli della città vecchia raggiungiamo il Castello di Guzman el Bueno, costruito dal Califfo di Cordova ma che prese il nome dall’eroe della Reconquista. Da qui possiamo ammirare un panorama unico verso il mare e verso la bianca città. Scendiamo verso il porto e poi verso la Chiesa di San Matteo, oltrepassando il mercato all’aperto, con le sue bancarelle di ceramiche, frutta e tessuti. La tappa seguente è Malaga, dove siamo ospiti di Paula, ragazza del posto che ci fa da guida. La Cattedrale della Encarnacion sorge su una vecchia moschea, della quale rimane il patio degli aranci: all’interno si può ammirare tutta la maestosità della costruzione, la cui prima pietra venne posata nel 1528. Di notevole pregio il coro. Poco distante si trova il Museo di Picasso, interamente dedicato alle opere e alla vita del grande artista cui Malaga ha dato i natali. Dopo aver visitato la Iglesia di S. Augustin e la Playa de la malavita sul lungomare, la sera degustiamo le famose tapas locali. Tipicamente italiano, invece, è il caffè che beviamo l’indomani, prepara-
to da una giovane connazionale che lavora in una pasticceria del centro. Dopo colazione ci dirigiamo a Nerja, balcone dell’Europa, cittadina molto graziosa e accogliente. Prima della fine della nostra esperienza in terra andalusa, torniamo a Malaga per visitare il Castello di Gibralfaro, definito dai mussulmani “il monte del faro”. Camminando sulle mura perimetrali lo sguardo si perde verso il mare e i monti che circondano Malaga. Scendiamo nuovamente verso il centro cittadino, raggiungendo Plaza de Toros dove visitiamo il museo dedicato al torero Antonio Ordonez. L’ultima visita la dedichiamo al teatro romano, perfettamente conservato. Tappa conclusiva di questa meravigliosa esperienza, consapevoli di aver visto qualcosa di unico a poche ore da casa nostra. Claudio Pizzin
Publio Cornelio Scipione l’Africano dopo la vittoria nella II guerra punica del 206 a.C. fondò per i suoi veterani Italica, la prima città romana dell’Iberia, oggi complesso archeologico della città di Santiponce. Qui vi nacque l’Imperatore Traiano e il suo sucessore, l’Imperatore Adriano. Adriano la rese grande e le concesse il titolo di colonia. Fu sempre grazie ad Adriano che la città si ingrandì ed ebbe il massimo sviluppo: in quegli anni fu costruita la maggior parte di ciò che è giunto fino a noi molto ben conservato. Il suo anfiteatro ha una capienza di circa 25 mila persone e viene considerato uno dei più grandi dell’Impero, a dimostrazione della grandezza in epoca romana di questa città. |
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MUSICA
FREEVOICES Intervista di Margherita Reguitti. Immagini di Camilla Anchisi
Musica
di vita
Dopo i riconoscimenti ottenuti in giro per l’Italia e la collaborazione con artisti di prestigio, esce il primo cd del coro composto da ventisette artisti isontini under 30. Che con la loro vitalità contagiosa conquistano il pubblico di tutte le età.
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“Thank you for the music” per i componenti del Coro giovanile Freevoices di Capriva del Friuli non è solo il titolo di una delle canzoni più note degli Abba. È un leitmotiv e uno stile di vita. I 27 giovani artisti isontini, cantanti e musicisti under 30, vivono e condividono la musica in modo totale, trovando in questa espressione artistica la coesione, l’armonia gioiosa e il piacere di stare assieme sul palco e nella vita. Sentirli cantare, soprani e mezzosoprani, contralti, tenori e bassi, e vederli ballare, trasmette una carica di vitalità e ottimismo, di sguardo fiducioso verso il futuro; davvero contagiosi. I loro spettacoli a tema, nello stile “show-choir”, sono un perfetto fluire di voci, musica, azioni sceniche e coreografie cariche di energia, stile e acquisite professionalità, trasmesse La direttrice del coro Freevoices Manuela Marussi
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dalla loro leader e maestra, la mezzosoprano e direttrice di coro Manuela Marussi. Impegno e serietà che oggi è possibile ascoltare non solo live, durante le loro esibizioni, ma anche attraverso il loro primo cd, che porta lo stesso titolo del gruppo “Freevoices”, registrato presso gli Angel’s Wings Studios di Pantianicco in provincia di Udine. Un lavoro per il quale ha collaborato anche il maestro arrangiatore Gianni Del Zotto e la fotografa-grafica Camilla Anchisi, autrice della copertina. Un progetto a lungo preparato che ha avuto anche una speciale dedica dell’attore e musicista Moni Ovadia, con il quale in passato hanno collaborato. Per rendersi conto di cosa sanno fare basta fare un giro sui social e vedere il loro video ufficiale, registrato nelle splendide sale di Villa Coronini Cronberg a Gorizia (foto pagina accanto in alto). Veri professionisti che si esibiscono con sicurezza in raffinate coreografie, muovendosi con grazia ed eleganza, ora sensuali, ora ironici. L’album propone il meglio del loro ampio repertorio italiano. Contiene brani presentati in occasione dello spettacolo “Giostra Italiana”, che il pubblico ha avuto occasione di applaudire durante il Festival Internazionale “èStoria” di Gorizia, e anche pezzi del recital “Doppio Fronte”, oratorio sulla Prima guerra mondiale, scritto e interpretato da Moni Ovadia e Lucilla Galeazzi. Quest’ultimo spettacolo ha avuto il suo debutto nel 2014 al Teatro Alighieri di Ravenna, nell’ambito del Ravenna Festival. Una prima alla quale sono seguite molte e importanti repliche presso i teatri Bonci di Cesena, Rossetti di Trieste, Verdi di Pordenone e Verdi di Gori-
zia. L’album propone anche canzoni del repertorio di grandi interpreti e cantautori italiani: da Modugno ai Cetra, da Bennato a Massimo Bubola. Dunque un’antologia canora interpretata con grinta e spunti originali e nuovi, con energia e intensità emotiva, e l’aggiunta dello stile “show choir” dei gruppi americani. Tutti i componenti hanno incontrato la passione per la musica e il ballo a scuola: provengono infatti da un’esperienza corale nata nel polo liceale goriziano. Fino ad oggi si sono esibiti sui palchi di importanti teatri in Italia e in Friuli Venezia Giulia e i loro fan sono già numerosi. In questi anni di attività molti sono stati i premi e i riconoscimenti che i Freevoices hanno ottenuto. Ultimo in ordine di tempo lo scorso autunno a Sassari il Premio Maria Carta 2017, assegnato negli anni ad artisti del calibro di Ennio Morricone, Carla Fracci, Fiorella Mannoia e Vinicio Capossela. A questo ultimo riconoscimento vanno aggiunti tre premi nazionali in altrettanti concorsi per cori giovanili, a Vallo della Lucania, Terni ed Ercolano. Un gruppo giovane con al suo attivo una lunga serie di tournée in Italia e all’esterno, oltre a collaborazioni importanti fra cui la partecipazione al concerto di Vinicio Capossela a Villa Manin di Passariano, alla manifestazione “Classici Contro” delle Università del Triveneto, e l’esibizione in occasione della visita del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano a Monfalcone. Nei prossimi mesi molti sono gli appuntamenti in calendario, tutti puntualmente annunciati nella pagina facebook del gruppo e nel sito dell’associazione culturale InCanto. Qui in particolare è possibile conoscerli singolarmente, scoprendo i loro gusti e sogni, ma anche qualche curiosità personale. Se poi a qualcuno viene la voglia di unirsi a loro è possibile farlo, iscrivendosi ai corsi proposti dall’associazione. La gioia del canto e del ballo è contagiosa e dà energia. Margherita Reguitti
Il CD e la dedica di Moni Ovadia
“Ho condiviso con i giovani cantanti del coro Freevoices e la loro direttrice Manuela Marussi l’esperienza della creazione di uno spettacolo. Collaborare con loro è stato di per sé un privilegio perché, in qualche misura, con generosità, mi hanno fatto parte di un microcosmo vocale che emana un flusso di magia. I Freevoices sotto la direzione vibrante e impeccabile di Manuela fanno scaturire la qualità e l’intensità dei repertori che interpretano da un insieme di talento, di passione, di impegno non comuni unite ad una loro singolarità: la rara capacità di mettersi continuamente in gioco. Questo disco per me è un dono. Quando la mancanza di essere con le loro voci e il loro estro teatrale sullo stesso palcoscenico si farà acuto potrò rifarmi un po’ dello struggimento ascoltandoli nella solitudine dei miei vagabondaggi.” |
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L’arma
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ALLA SCOPERTA DI...
LA PROPAGANDA NELLA GRANDE GUERRA Servizio e immagini di Alberto V. Spanghero
della persuasione
Messaggi semplici e immagini chiare per essere facilmente compresi dalle masse. Il primo conflitto mondiale vide il coinvolgimento, su entrambi i fronti, dei principali illustratori dell’epoca. Divenendo strumento non solo degli interventisti, ma anche dei pacifisti.
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Non si era ancora spenta l’eco della prima cannonata che l’Italia, il mattino del 24 maggio 1915, aveva sparato dal forte di Verona contro le difese austriache posizionate nell’odierno Trentino, che la macchina della propaganda si mise subito in moto.
Com’era prevedibile, l’Italia in quel momento si trovava del tutto impreparata ad affrontare un problema così delicato e importante come quello della propaganda. Non esistevano infatti organismi politici né militari che si occupassero della questione. Soltanto il Comando Supremo, attraverso alcuni organismi per altro preposti ad altre funzioni, cercò di avviare una serie di attività tese a sostenere il morale delle truppe e controbattere la propaganda avversaria. L’Italia, per motivare l’esercito e l’opinione pubblica, fece leva sui sentimenti risorgimentali e sull’italianità e redenzione delle città di Trento e Trieste. Dalla parte opposta l’Austria e la Germania fecero leva sui valori imprescindibili dell’onore e della lealtà, a seguito del tradimento perpetrato dall’Italia nei loro confronti per aver eluso il trattato del 1882 passato alla storia con il nome di Triplice Alleanza, che vedeva l’Italia legata militarmente all’Austria e alla Germania. La stampa in quel momento si trovò ad assumere un ruolo di estrema incertezza ai fini della propaganda, soprattutto perché agli inizi il giornalismo di guerra poteva contare soltanto sui bollettini e gli scarsi comunicati che il Comando Supremo di tanto in tanto diramava. In questo modo i vari corrispondenti erano costretti a lavoSopra: cartolina “Saluti da Monfalcone” del 1916; di fianco: A. Mazza, “Non lasciatemi mancare le munizioni”, locandina del 1917.
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Dall’alto: - Turriaco 1916, cartolina illustrata di propaganda dove si vede una colonna di prigionieri austro-ungarici esibiti in piazza; - rarissima cartolina celebrativa dell’occupazione di Monfalcone avvenuta il 9 giugno del 1915; - Gorizia “la perla dell’Isonzo” 9 agosto 1916. Cartolina che illustra la presa della città da parte dell’Esercito Italiano; - una delle tante cartoline apparse per sottolineare il voltafaccia dell’Italia nel maggio del 1915; - 24 maggio 1915, il passaggio del confine italo-austriaco in una cartolina di propaganda italiana.
rare di fantasia, trasformando spesso una sconfitta in una quasi vittoria. Il questo modo l’opinione pubblica più che informata veniva disinformata. Di una situazione del genere, così incerta e nebulosa, ne approfittarono gli interventisti e i pacifisti per strumentalizzare gli avvenimenti in inesauribili dibattiti e dimostrazioni di piazza. A togliere all’informazione quel minimo di verità ci pensava poi la censura, la cui funzione precipua era quella di negare l’informazione e renderla fuorviante. Le cose migliorarono nel 1916, quando il Comando Supremo accorpò in un unico organismo tutte quelle associazioni spontanee di assistenza e propaganda come l’Unione Insegnanti, le Case del Soldato, i Comitati, le Opere Federate e altre realtà culturali. Fu creato il Commissariato Generale per l’Assistenza e la Propaganda Interna. La propaganda, per avere gli effetti che si proponeva, doveva usare argomenti semplici, facili e diretti per essere compresa dalle masse. Uno scienziato poteva essere un pessimo propagandista, mentre un analfabeta poteva attirare le masse. Le cose complicate e difficili sono per pochi, mentre quelle semplici, se dette bene, le capiscono tutti. Gli strumenti necessari alla propaganda come volantini, manifesti, locandine, godettero di grossi finanziamenti da parte del Governo. In particolare i cosiddetti giornali di trincea, come Signor-Sì, La Tradotta, La Ghirba, La Trincea, Savoia, Le baionette, San Marco, Il Montello... In ogni Ufficio Informazioni di Armata era stata creata un’apposita sezione che doveva alimentare e dirigere tutte le forme di propaganda. Ogni ufficiale incaricato a questo delicato compito doveva mettere tutto il buon senso e lo slancio patriottico al servizio della giusta causa. Inoltre doveva costituire in ogni battaglione, in ogni compagnia, in ogni batteria dei piccoli nuclei di collaboratori-informatori efficienti ed entusiasti. A tale scopo, importante per tastare il morale delle truppe, furono le informazioni ricavate dai cappellani militari e dai medici, che nell’esercizio delle loro particolari funzioni godevano di molto ascendente sui soldati e dalle loro notizie date in fiducia si poteva tastare il polso della situazione: ogni occasione e mezzo erano buoni pur di raggiungere lo scopo. Non ultimo e non meno importante fu l’utilizzo a fini propagandistici delle Associazioni dei mutilati, delle vedove di guerra e degli orfani. Oltre alla stampa, per raggiungere le masse in ogni dove, si pensò di utilizzare le Regie Poste, quale veicolo informativo attraverso la creazione di cartoline illustrate. Furono stampate a centinaia di migliaia. Si può
Achille Beltrame, “La domenica del Corriere” del 27 agosto 1916. Gorizia 9 agosto 1916, ingresso delle truppe italiane. R. Herrmann, copertina del settimanale umoristico austriaco “Die Muskete” (“Il moschetto”) del 14 ottobre 1915.
affermare che i quattro anni della Grande Guerra siano stati senza dubbio i più fertili per l’illustrazione. Il disegno satirico in tutte le sue forme, prodotto da artisti di altissimo livello, divenne in breve tempo uno dei migliori strumenti di propaganda, venendo largamente utilizzato in favore delle guerra, ma anche in opposizione a essa. Le firme famose dell’illustrazione di quel tempo furono da parte italiana Achille Beltrame, “Golia” pseudonimo di Eugenio Colmo, Filiberto Scarpelli, Aldo Mazza, Luigi Bemparad, Aroldo Bonzaghi, Enrico Sacchetti, L. D. Crespi, M. Lucini, Leo Pollini e Attilio Frescura, solo per citarne alcuni sugli oltre duecento. Da parte austro-ungherese, per l’eleganza del disegno e l’efficacia delle battute, sia sui giornali che sulle illustrazioni come locandine, manifesti e cartoline, vanno sicuramente ricordati gli austriaci Verenes, Hermann, Fritz, Schonpflug, Bortnyik, Weiss e gli ungheresi autori della pubblicistica propagandistica B. Moldovan, A. Szekely, J. Haranghy, G. Kurthy. Grande successo ebbero i caricaturisti come Amadio, Scorzon, Mazza e altri per aver reso ridicoli e stupidi i potenti di turno con le loro irriverenti vignette. Con il protrarsi del conflitto, per altro non previsto, le finanze degli Stati belligeranti si trovarono ben presto al collasso, con le casse vuote. L’Italia, per far fronte alle colossali spese militari non più sostenibili, dovette correre ai ripari lanciando sei Prestiti Pubblici Nazionali, circa la metà di quelli austro-ungarici: due nel 1915, il terzo fu emesso nel 1916, il quarto nel 1917, il quinto e il sesto nel 1918. Sui muri di quei tempi, nelle piazze, nelle stazioni, nei cinema e teatri, apparvero cartelloni e manifesti pubblicitari che esortavano alle sottoscrizioni pubbliche. Furono stampate centinaia di migliaia di cartoline illustrate, con soggetti diversi, disegnate dal fior fiore dei vignettisti del tempo, che trasmettevano messaggio tipo: “Per la Liberazione sottoscrivete”, “Date denari per la vittoria e la pace”, “Sottoscrivete al Prestito”, “Che l’Italia non zoppichi più”, “Libertà e civiltà nel mondo”, “Sottoscrivete al Prestito Nazionale consolidato al 5% presso la Banca Italiana di Sconto”. C’era anche la sconvolgente figura di un soldato bendato sugli occhi e la scritta: “Per la Patria i miei occhi, per la pace il vostro denaro”. In analoghe cartoline un altro soldato con le mani tese che invocava: “Non lasciatemi mancare le munizioni!” Le sottoscrizioni si ricevevano presso le filiali degli Istituti di emissione di Credito Ordinario, delle Casse di Risparmio, delle Banche Popolari e Cooperative e delle Società Bancarie partecipanti al Consorzio del Prestito. Anche il cinema muto si mobilitò con titoli come: Sempre nel cor la Patria o I bimbi d’Italia sono figli della Patria.
Pagina accanto, da sinistra: - “La Tradotta” Giornale settimanale della III Armata; - “La Ghirba” Giornale di trincea della V Armata; - manifesto austriaco in lingua italiana, per un prestito di guerra. In questa pagina, da sinistra: - Golia, cartolina a carattere umoristico avente per soggetto Francesco Giuseppe in preghiera. - A. Ortelli, “Per la Patria i miei occhi. Per la Pace il vostro denaro”, manifesto del 1917. I toni della propaganda all’inizio della guerra erano – per così dire – decenti. Ma con il passare del tempo, con l’aumento degli inutili massacri e l’uso di nuove armi micidiali come il carro armato e i gas, il livello della satira decadde a livelli di intollerabile bassezza e volgarità. Dopo Caporetto infatti, per tutto il 1918, la qualità della propaganda raggiunse livelli improntati alla sconfitta militare e alla costernazione pubblica. Fu un momento delicatissimo per l’Italia che dovette fare ogni sforzo per arginare il tracollo. Apparvero manifesti tipo: “Vendetta! Tutto ciò che vedi innanzi a te è tuo! L’austriaco te lo ha rubato! Ammazza il ladro e riprendi le tue cose. Il grano della pianura, il pascolo della montagna sono tuoi, difendili! Cedere al nemico signifi ca abbandonare al saccheggio le nostre case e le nostre terre; sacrifi care all’onta e al selvaggio le nostre donne, i vecchi e i fanciulli; far subire ad essi sorte tristissima che subirono gli abitanti delle belle città e delle ricche terre del Friuli e del Veneto: Cividale, Udine, Belluno, Feltre, Valdobbiadene, Cervignano, Portogruaro, Palmanova, Latisana e tante altre”. D’altro canto l’Austria inneggiava alla vittoria (parziale). Sul volantino scritto in italiano e apparso a Gorizia alla fine del 1917 si leggeva: “Italiani! Le truppe Austro-Tedesche hanno riconquistato Gorizia. Sul castello di questa città sventolano di nuovo, dopo un anno di dominio straniero, i vessilli dell’esercito austro-ungarico, mentre l’esercito italiano è stato scacciato dal territorio austriaco”. Sul Piave, l’ultima ratio per l’Italia: “Resistere!” Dal volantino apparso nel 1918, intitolato: “Perché dobbiamo resistere”, riportiamo solo alcuni degli interrogativi che compongono il manifesto: “Perché nessuna sventura è più grande di quella di dover abbandonare al saccheggio la casa dove sono morti i nostri cari e dove sono nati i nostri fi gli. Perché il nemico che combattiamo non conosce né giustizia né umanità e tutti vorrebbe assoggettare a sé con la violenza e con la rapina. Perché le nostre spose e le nostre fi glie non troverebbero difese contro le brame dei tedeschi, degli austriaci, dei bulgari e dei tur-
chi. Perché i violentatori delle suore e delle bambine del Belgio non risparmierebbero le belle donne d’Italia”. Dire oggi quanto fosse stata importante l’arma della persuasione ai fini del risultato della guerra può sembrare, a distanza di cento anni, uno sterile esercizio di mera dialettica. Una cosa però possiamo aggiungere alle altre già dette e scritte: mentre l’Italia combatteva per difendere l’unità del proprio Paese messa in pericolo, l’impero austro-ungarico non poteva dire di fare altrettanto in quanto era costituito da Stati diversi per storia, cultura, lingua e tradizioni. In conclusione possiamo affermare che le illustrazioni propagandistiche e le cartoline in particolare, aldilà delle valutazioni artistiche, ebbero comunque il loro posto e la loro funzione. Aiutarono, fecero sorridere, confortarono e spinsero la conoscenza urtando la suscettibilità di milioni di persone. Resero pubbliche nefandezze, enormità, esagerazioni, vergogne, presentandole spesso come supreme grandezze. Questi sono alcuni esempi di quell’immenso scenario informativo che circolava nelle città al tempo della Grande Guerra, accanto ad altro materiale di scarso valore satirico e sarcastico, comunque sempre pungente, eroico e toccante. Per fortuna la guerra terminò e con essa cessò pure la propaganda. I manifesti, le locandine, i giornali e soprattutto le cartoline illustrate non circolarono più. Con il passare degli anni diventarono oggetto di collezionismo da parte di cultori e dei musei che le hanno conservate. E lo dobbiamo a loro se oggi le possiamo ancora ammirare. A titolo di cronaca, ricordiamo che la Banca di Credito Cooperativo di Turriaco, nel dicembre 2015, per ricordare il suo 119° di fondazione, aveva organizzato un’apprezzata mostra di cartoline di tipo propagandistico incentrata sui Prestiti Pubblici Bancari sia dei governi austriaco e italiano nella Grande Guerra.
Alberto Vittorio Spanghero
Ricercatore e storico di Turriaco
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Meglio comprare una casa D I R I T T O
nuova o datata?
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I M M O B I L I E ACQ U I S T I
Rubrica a cura di Massimiliano Sinacori
Il Codice Civile prevede un regime differente di garanzie per chi acquista un immobile nuovo dal costruttore e chi, invece, ne acquista uno datato da un venditore privato. Ecco quali.
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Comprare casa rappresenta un passo molto importante nella vita delle persone ed è un investimento che richiede un’analisi approfondita di molti fattori. La scelta di acquistare un immobile di nuova costruzione o datato non è legata esclusivamente al prezzo, coinvolgendo, invece, anche altre valutazioni di varia natura. In questa sede si vuole approfondire come la disciplina normativa posta a garanzia dell’acquirente per i vizi o difetti all’immobile possa incidere significativamente su tale scelta. Il Codice Civile prevede, a favore dell’acquirente, un regime di garanzie differente rispetto a chi acquista un immobile nuovo dal costruttore e chi, invece, acquista un immobile datato da un venditore privato. Nel primo caso, troveranno applicazione gli artt. 1667 e 1669 c.c., relativi al contratto d’appalto, pertanto l’ac|
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quirente di un nuovo immobile sarà garantito da una doppia forma di tutela: una di natura contrattuale e una di natura extracontrattuale. L’art. 1667 c.c. obbliga il costruttore a garantire l’acquirente per i vizi e le difformità dell’immobile, che non siano stati espressamente accettati al momento dell’acquisto o che non siano da quest’ultimo conosciuti o conoscibili al momento della consegna. L’acquirente è tenuto a denunciare all’appaltatore il vizio o la difformità entro sessanta giorni dalla scoperta, ciò a pena di decadenza, salvo che il costruttore abbia riconosciuto tali difetti o li abbia occultati in mala fede. In ogni caso, l’azione esperibile nei confronti del costruttore si prescrive in due anni dalla consegna. Ai sensi dell’art. 1668 c.c., nel caso in cui riscontrasse i vizi o le difformità di cui all’art. 1667 c.c., l’acquirente ha il diritto di chiedere che questi difetti vengano eliminati a spe-
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se del costruttore o altrimenti che il prezzo venga proporzionalmente ridotto. Qualora, invece, i vizi siano tali da rendere la casa inabitabile l’acquirente può chiedere la risoluzione del contratto, ferma la possibilità di richiedere anche il risarcimento dei danni subiti. La tutela prevista dall’art. 1669 c.c., contrariamente a quanto è previsto dall’art. 1667 c.c., si estende per una maggiore durata di tempo, nello specifico, per dieci anni dalla consegna dell’immobile. Questo tipo di garanzia trova applicazione solamente nel caso in cui l’immobile presenti gravi difetti o pericolo di rovina a causa di vizi del suolo o difetti della costruzione, e a condizione che l’azione venga esperita entro un anno dalla scoperta. Nonostante la norma in questione parrebbe distinguersi dall’art. 1667 c.c. anche per quanto attiene le problematiche riscontrate nell’immobile – in quanto sembrerebbe operare in presenza di difetti più gravi che potrebbero comportarne la rovina – secondo il costante orientamento della Corte di Cassazione, nel concetto dei “gravi difetti” rientrano non solo quelli che pregiudichino in modo significativo la stabilità o la sicurezza della costruzione, ma anche quelli che incidano negativamente sul normale godimento del bene immobile o sul suo valore di mercato, come ad esempio infiltrazioni d’acqua e umidità nelle murature (Cass. Civ. 2013 / 84, Cass. Civ. 2004 / 17982). Come disposto dall’art. 1669 c.c., la garanzia è estesa anche agli aventi causa del committente, per cui anche chi dovesse acquistare un immobile da un proprietario diverso dal costruttore avrebbe il diritto di agire contro quest’ultimo.
Per chi decide, invece, di comprare una casa, costruita da più di dieci anni, dal precedente proprietario, si applicherà la disciplina generale prevista per il contratto di vendita. Infatti, ai sensi dell’art. 1490 c.c., il venditore è tenuto a garantire il compratore da quei vizi che possano rendere la casa inidonea all’uso o che ne diminuiscano in modo apprezzabile il valore. Il compratore in questo caso è tenuto a denunciare il vizio entro il termine di otto giorni dalla scoperta e deve esperire l’azione, necessariamente, entro il termine prescrizionale di un anno dalla consegna. Il discorso cambia nel caso in cui l’acquirente decida di porre in essere delle opere di ristrutturazione. Infatti, la recente sentenza n. 7756/2017 delle Sezioni Unite ha riconosciuto l’applicabilità delle garanzie previste per la disciplina del contratto di appalto anche in presenza di ristrutturazione di immobile. Pertanto anche in caso di acquisto di una casa da ristrutturare varranno le stesse considerazioni fatte per gli immobili di nuova costruzione.
Massimiliano Sinacori Per approfondimenti ed esame di alcune pronunce e della casistica in materia è possibile rivolgere domande od ottenere chiarimenti via e-mail all’indirizzo: massimiliano@avvocatosinacori.com
INCIDENTI E PREVENZIONE
Sicurezza stradale,
Rubrica a cura della Polizia di Stato della Provincia di Gorizia
P O L I Z I A D I S TA T O
dove e come intervenire
A fronte di una diminuzione degli incidenti mortali tra gli automobilisti, i decessi tra pedoni e ciclisti continuano a essere elevati. Cosa fare per invertire la tendenza? Ecco alcune proposte. Su impulso dell’Unione Europea anche il no- do i dati del 2010 si è ottenuta una riduzione di olstro legislatore si è molto impegnato in ambito tre il 42% del numero dei morti in incidenti stradadi sicurezza stradale, riformando più articoli del li. La strada intrapresa è quella corretta, tanto che Codice della Strada e alcune leggi correlate. A la stessa UE per il decennio che stiamo vivendo inizio millennio, i dati erano molto allarmanti: al (2011-2020) ha fissato un nuovo obiettivo: l’ulteriomondo morivano ogni anno 1.250.000 persone re abbattimento del 50% dei report con riferimento per incidenti stradali, in Europa 54.000 e in Ita- i numeri del 2010. L’andamento è visibile analizzanlia più di 7.000. L’Unione Europea dettò una di- do la tabella 1 (fonte ufficiale dati ISTAT). In Italia abbiamo chiuso il 2015 con 3.081 morti rettiva (valida per il decennio 2001-2010) il cui risultato doveva essere l’abbattimento dei nume- che, se raffrontati agli oltre 7.000 del 2000, fanno meri degli incidenti stradali, dei morti e dei feriti del glio comprendere gli enormi passi avanti fatti, i lutti ri50%. Ogni Stato membro era libero di emana- sparmiati e i costi sociali che sono stati ridotti. Questi re proprie leggi: l’importante era raggiungere il dati, tuttavia, vanno letti “spacchettando” gli elemenrisultato prefissato. Ecco che il nostro legislato- ti che li compongono, così come meglio si evince dal re ha cominciato a emanare una lunga serie di prospetto riportato nelle figure 7 ed 8 (fonte ISTAT). Le leggi entrate in vigore appaiono funzionali per i leggi (sino a giungere ai giorni nostri con la Legge 41/2016 – c.d. dell’omicidio stradale e delle conducenti dei veicoli a quattro ruote (dai 3.847 morlesioni gravi e gravissime), prevedendo l’obbligo ti del 2001 si è passati ai 1.491 del 2014, - 61,2%). delle cinture di sicurezza su tutti i posti e su tut- Abbastanza incoraggiante anche l’andamento del ti i veicoli, l’uso del casco protettivo per tutti i vei- numero dei morti alla guida di veicoli a due ruote a coli a motore a due ruote e per tutti i conducenti, motore (motocicli e ciclomotori), passati dai 1.426 l’inserimento delle fasce per la guida in stato di del 2001 ai recenti 816 (- 42,8%). Su questa cateebbrezza, il provvedimento della confisca per il goria di utenti dobbiamo però fare una ulteriore preconducente/proprietario responsabile delle vio- cisazione, che meglio si evince dal grafico in basso nella pagina accanto (sempre fonte ISTAT). lazioni di cui agli artt. 186 e 187 CdS… Dal 2000 al 2011 il numero dei ciclomotoristi L’obiettivo del 50% è stato sfiorato, sia a livello europeo che a livello nazionale. Analizzan- morti in incidenti stradali è sceso del 75,26% (da
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667 a 165) mentre, nello stesso periodo, il numero dei motociclisti morti è aumentato del 19,87% (da 770 a 923). Sempre analizzando il grafico denominato “Figura 7”, si evince che dal 2003 a oggi le linee indicanti il numero dei decessi dei ciclisti e dei pedoni viaggia in orizzontale e quasi in parallelo. Ciò significa che i due dati tendono pericolosamente a cristallizzarsi, rendendo vani gli interventi legislativi per tale tipologia di utenti. Utile anche dare uno sguardo all’indice di mortalità (riferito all’anno 2014) per categoria di utenti del-
la strada. L’indice di mortalità (ovvero il numero dei morti per 100 incidenti con coinvolta una data categoria di veicoli) è quasi identico per le autovetture, gli autocarri e i ciclomotoristi. Allarma invece il fatto che è praticamente doppio per i ciclisti e i motociclisti, e quasi quadruplo per i pedoni. Attualmente quindi le categorie di utenti della strada che hanno urgente bisogno di intervento normativo e/o legislativo sono i motociclisti, i ciclisti e i pedoni. Per gli ultimi due (utenti deboli per antonomasia della strada) le soluzioni non sono tanto normative ma più infrastrutturali. Dobbiamo sempre più separare fisicamente le aree e le zone di traffico occupate da pedoni e/o ciclisti da quelle occupate dai veicoli a motore. Le piste ciclabili devono essere veramente tali e non costituite da una semplice linea gialla sulla carreggiata che le separa dal traffico veicolare. Si potrebbe inoltre rendere obbligatorio per i minori di 12 anni l’uso del caschetto protettivo mentre si è alla guida di velocipedi. Auspicabile anche diminuire gli incroci tra attraversamenti pedonali (e anche ciclabili) e traffico veicolare, creando ad esempio sotto o sovra passi. Laddove ciò non fosse possibile, specie nei centri abitati, sarebbe il caso di costruire passaggi pedonali (e ciclabili) in rilievo, in maniera da rendere tangibile il fatto che è il mezzo cosiddetto forte che invade l’area del mezzo debole e non viceversa. Sarebbe infine da migliorare o regolamentare in maniera più efficace e sicura la circolazione dei ciclisti nelle rotatorie, studiando anche un miglior collocamento degli attraversamenti pedonali in prossimità delle stesse. Per quanto riguarda i motociclisti, invece, la strada opportuna da percorrere sembra essere quella normativa. Un’ipotesi non tanto remota potrebbe essere quella di inserire questa categoria di utenti tra quella ad alcol “zero”, al pari dei neo-patentati e dei conducenti professionali, considerando la particolare difficoltà di guidare un veicolo con alte prestazioni che viaggia su due ruote. Altra possibilità d’intervento potrebbe essere quella di prevedere il raddoppio della decurtazione dei punti (laddove previste) se le violazioni a norme del Codice della Strada sono commesse alla guida di questi mezzi. Si potrebbe anche innalzare il valore dello spessore minimo dei battistrada degli pneumatici dei motocicli (oggi fermo a 1 mm) per renderlo identico a quello degli autoveicoli (1,60 mm). Questi interventi potrebbero non trovare il favore dell’opinione pubblica, specie dei diretti interessati, ma come il buon pater familas anche il legislatore a volte deve prendere decisioni non condivise che però possono salvare la vita di tutti.
Ezio Scocco Direttore II° Settore Polizia Stradale Gorizia Ispettore Superiore SUPS |
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N O R M A L I TÀ E S T R E M E
La vita non dà un reset
La sovraesposizione sui mezzi di comunicazione di episodi di violenza e di comportamenti estremi sta trasformando le tragedie in spettacolo. Ma a differenza della finzione, nella realtà non si può tornare indietro.
S O C I E T À
Quanto influisce la comunicazione sulla percezione della realtà e sulla sua evoluzione? Da questo quesito si sviluppa la nostra riflessione sull’escalation di fatti di sangue riportati negli ultimi tempi dai mezzi di informazione. Tutti episodi che evidenziano una problematica ormai divenuta tragicamente cronica: la disarmante facilità con cui persone all’apparenza normali fanno ricorso alla violenza.
Rubrica a cura di Andrea Fiore
Prima del web. E dopo il web
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Ancora una volta, nel mondo in continua evoluzione in cui viviamo, dove il progresso tecnologico viaggia a velocità infinitamente superiore rispetto ai ritmi umani, il nocciolo della questione è strettamente correlato alla venuta e successiva esplosione del web. Internet ha infatti completamente sdoganato il flusso e la diffusione di ogni genere di contenuto, superando i tradizionali canoni di decoro e senso del pudore. Prendiamo come esempio la sessualità. Prima dell’avvento del web i mezzi di comunicazione mantenevano un proprio codice di discrezione, evitando di parlare in maniera esplicita dell’argomento o |
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di diffondere immagini troppo forti. Oggi, invece, i siti a luci rosse sono quelli più cliccati in rete, così come le chat per incontri piccanti incrementano continuamente i loro iscritti. Nel frattempo, poi, tutti gli altri mezzi di comunicazione – tv e cinema in primis – si sono adeguati al trend, veicolando immagini sempre più trasgressive. Sessualità ma non solo. Scene esplicite di violenza sono ormai all’ordine del giorno sia on line che in televisione, dove serie tv che narrano le gesta di criminali, trafficanti di droga o di esseri umani veicolano senza soluzione di continuità questo genere di comportamenti.
Da fiction a realtà. Ma senza ritorno
In un vero e proprio scenario di sovracomunicazione come quello descritto, il rischio più immediato – confermato purtroppo dalla quotidianità – è che si formi un contesto culturale, sociale e comunicativo nel quale tutto ciò venga considerato normale. Ricorrere a comportamenti violenti verso il prossimo in generale e verso la donna in particolare diviene improvvisamente una variante plausibile delle nostre relazioni. Come se per il nostro cervello diventasse logico mettere in pratica le informazioni e
le immagini assorbite giorno dopo giorno dai mass media. Con la differenza che, rispetto a quanto avviene sul web, non c’è la possibilità di tornare indietro con lo scorrere del video o cancellare qualcosa. Perché quando nella realtà una vita viene sfasciata nulla la potrà riaggiustare.
L’illusione della falsità
Un fattore spesso comune in questi casi di violenza è rappresentato dai pentimenti tardivi dei protagonisti. Un atteggiamento dettato dall’illusoria quanto assurda percezione che ogni cosa possa essere resettata, esattamente come avviene con i dispositivi elettronici e informatici. Della serie: perdo le staffe, spacco tutto e poi risistemo come prima. Ma con gli esseri umani questo non può funzionare. Le persone che subiscono delle violenze così come le persone che le commettono resteranno per sempre provati da questi eventi. Nonostante la comunicazione invasiva dei giorni nostri tenda a far credere il contrario: tutto diventa spettacolo, quindi falso, quindi superabile. Invece, di fronte alle tragedie, in-
dietro non si torna. Questo, però, vale anche per l’evoluzione della nostra società.
Una lotta senza combattenti
Come per l’inizio del ragionamento, chiudiamo con una domanda: è possibile cambiare le cose? Oppure la comunicazione invasiva e permeante veicolata dai mass media continuerà a far considerare sempre più lecita e normale l’aggressività nei comportamenti umani e sociali? Per assurdo la risposta è insita in un altro quesito: chi si può effettivamente occupare di questo problema? L’attuale statu quo ha consentito ai giganti del web di raggiungere la loro massima ricchezza. Sembra quindi quantomeno improbabile un ripensamento da parte loro. Restano gli enti internazionali e i governi degli Stati. Ma finché nessuno di loro si deciderà a prendere di petto il problema, la soluzione continuerà a restare – lei sì, purtroppo – solamente finzione.
dott. Andrea Fiore
Medico delle Farmaco-Tossicodipendenze, psichiatra andrea.fiore@imagazine.it
Pensare in modo critico
gaia-italia.com
EDUCAZIONE E FILOSOFIA
Rubrica di Cristian Vecchiet
P E D A G O G I A
Secondo Aristotele tutte le altre scienze sono utili perché asservite a scopi pratici, la filosofia non è asservita ad alcuno scopo e pertanto è libera: la grandezza della filosofia risiede nella sua inutilità. Partiamo da una domanda: cos’è la filosofia? Rispondere non è per nulla semplice. Meglio, è semplice e complesso a un tempo, perché la domanda e la risposta implicano delle riflessioni già di ordine specificamente filosofico. In generale la filosofia rappresenta la riflessione sul significato e la ragion d’essere di tutto e di ogni cosa nel tutto. Qualunque realtà ha una dimensione particolare e limitata ma il filosofo la guarda all’interno dell’orizzonte del tutto. Si può educare senza una riflessione filosofica? Educare vuol dire sostenere una persona nel suo stare e orientarsi nel mondo. E, per stare e orientarsi nel mondo, è indispensabile avere una visione di cosa siano la realtà e la vita. Tutti gli uomini hanno uno sguardo sulla realtà, spesso non ben delineato, non di rado connotato da ambiguità e contraddizioni e perlopiù non sempre consapevole, ma in ogni caso tutti ce l’hanno. E questo perché essere uomini vuol dire innanzitutto essere animali dotati di uno sguardo razionale. Educare vuol dire accompagnare qualcuno nel proprio vivere nel mondo. Gli uomini non si accontentano (o non dovrebbero accontentarsi) di vivere, ma cercano di vivere la vita in un certo modo. Gli uomini non vogliono semplicemente esistere, ma vogliono “vivere bene”. Per vivere bene è decisivo sapere cosa vuol dire vivere, e per questo è necessario maturare una visione del mondo, una interpretazione della realtà. L’uomo è un “animale che si autointerpreta” (Ch. Taylor). Di più, l’uomo è un animale al quale le cose importano. Ma qual è la grandezza della filosofia? La sua straordinarietà risiede in ultima analisi nella sua libertà. Il pensiero filosofico è per definizione libero, non è asservito ad alcunché. Di conseguenza la filosofia educa e forma alla libertà. In forma emblematica spiega la grandezza della filosofia Aristotele, uno dei maggiori filosofi mai esi50
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stiti. La grandezza della filosofia riposa nel suo non essere asservita a nulla. Mentre tutte le altre scienze sono utili perché sono asservite a scopi pratici, la filosofia non è asservita ad alcuno scopo e pertanto è libera. La grandezza della filosofia risiede nella sua inutilità. La filosofia è grande perché trova il proprio fine in se stessa. La filosofia è una scienza libera e liberante. Perché per educare bisogna essere filosofi? E perché per crescere e maturare bisogna farlo “con filosofia”? La ragione a questo punto è chiara: perché l’uomo è un soggetto pensante per natura e perché la filosofia educa e forma alla libertà del pensiero e quindi della vita. La filosofia è pensiero critico, cioè non semplicemente adagiato su quello che pensano gli altri e non innanzitutto orientato all’immediato. L’educazione al pensiero libero è tanto più importante quanto il contesto culturale in cui viviamo è improntato all’idea dell’utilità e della conformità al pensiero dominante. La filosofia educa e forma alla libertà del pensare e del vivere. Educa alla ricerca del senso dell’esistere e della conformità tra pensiero e vita. Per questo la filosofia è imprescindibile nell’arte dell’educare. E come si fa a educare all’arte del filosofare? Gli adulti hanno occasioni costanti di mostrare la propria capacità riflessiva, il modo in cui argomentano le ragioni dei loro punti di vista. L’arte dell’argomentare è decisiva. L’uomo è un animale che ragiona, ossia che argomenta. Non tutti gli argomenti hanno la stessa cogenza. Non qualunque modo di argomentare possiede la stessa forza. Mostrare e spiegare perché un argomento ha più forza di altri è un modo per educare al ragionamento. Senza contare, poi, che la vita pratica è filosofia vissuta e quindi educazione filosofica. Un modo per educare al ragionamento filosofico è l’arte dell’interrogazione. Di fronte a ogni cosa chie-
dersi “che cos’è?”. E di fronte a ogni pensiero chiedere “perché?”. Queste due domande educano a non accontentarsi di visioni preconcette o ereditate da altri. Esse educano alla libertà e alla responsabilità di prendere posizione di fronte agli altri, a sé, al mondo. Infine esercitare l’arte di filosofare vuol dire impegnarsi nell’arte del dialogo e del confronto. Con se stessi e con gli altri. Il dialogo nasce e si sviluppa perché l’intersoggettività è parte costitutiva della natura dell’uomo: l’uomo è fatto per stare con gli altri e diventa se stesso nel vivere con e per gli altri. Il pensiero si sviluppa per via dialogica e si rafforza nella ricerca della validazione intersoggettiva. La riflessione si sviluppa e si approfondisce nel confronto con l’altro. D’altra parte, l’uomo è dotato di parola e la parola non è solo comunicazione ma anche costruzione di pensiero, alleanza, identità. Educare vuol dire accompagnare e favorire l’umanizzazione del prossimo e quindi anche di se stessi. Poiché l’uomo è un animale che interpreta se stesso, gli altri e il mondo e vive nel rapporto strutturante con gli altri, l’arte del filosofare assume per lui un’importanza decisiva. Soprattutto perché filosofare vuol dire crescere nella conquista della libertà propria e altrui, maturare nell’esercizio della responsabilità verso l’altro e verso se stessi. In fondo aveva proprio ragione Socrate: “Una vita senza ricerca, non è degna di essere vissuta”.
Cristian Vecchiet Docente di Teologia dell’Educazione presso l’Istituto Universitario Salesiano di Venezia
VITA E SACRIFICIO
Una complessa armonia di intenti
Rubrica di Manuel Millo
S O C I A L E
Quando siamo con qualcuno o facciamo qualcosa per qualcuno, ascoltiamo realmente il suo bisogno o mettiamo in atto il nostro?
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Quante volte seduti davanti al cielo stellato, da soli o in buona compagnia, quando ci sembrava di aver raggiunto ogni obiettivo programmato ci siamo interrogati sul senso della nostra esistenza. E non intendo a livello filosofico o escatologico, cioè come fine ultimo, ma a un livello semplicemente umano. Quelle classiche e semplici domande che risuonano nella mente mentre stai per andare al lavoro o nell’euforia di un bacio rubato. E poi? Cosa si cela dietro tali fugaci pensieri? Il poeta Tagore in una sua poesia ci ricordava che, distratti dalla ricerca esistenziale, a volte rincorriamo il mondo senza accorgerci delle preziosità che abbiamo accanto. Non sempre le cose vanno come da programma, anzi ci sono giorni in cui capita di avere risultati nettamente inaspettati, disattesi, irruenti o poco incisivi. Ma la nostra ricompensa? Abbiamo “sacrificato” una vita intera verso obiettivi determinati. E ora? Volevamo fare grandi cose e alla fine, in un momento di mancata gratitudine, quel nodo alla |
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gola sale fino a elettrizzare i sensi più remoti, esplodendo con tutta la sua incisività verso la sconvolgente domanda: per chi o che cosa ho speso la mia vita? Questa sensazione sacrificale tormenta il nostro essere più profondo. Da dove nasce, dove ci porta e soprattutto cosa ci vuole dire? In un grido di dolore rivolgiamo queste parole addirittura all’amato (inteso come rapporto tra due persone che vivono sia relazioni filiali che matrimoniali). La ricerca della felicità è connaturata all’animo umano, è il traguardo che tutti, almeno per un momento, vorremmo raggiungere; ma siamo sicuri di sapere cosa sia? La felicità è nelle cose, negli oggetti o si trova “nelle cose dello Spirito”? (cit. San Paolo 1Cor 2,14). E in questa felicità siamo pronti a svolgere, come attanti soggettuali, un’azione liberante per il prossimo? Quando siamo con qualcuno o facciamo qualcosa per qualcuno abbiamo ascoltato realmente il suo bisogno o abbiamo messo in atto il nostro? Quando ami una persona faresti tutto per lei. Ma è così davvero? Spesso capita
di sentire riecheggiare tra le mura familiari parole più taglienti di una lama: “Ho sacrificato la mia vita per te - ho fatto tutto per te e questa è la ricompensa!?!” E l’altro in modo canzonatorio risponde “…ma chi ti ha chiesto nulla!?!” Perché in alcuni attimi emerge questo desiderio di riconoscimento di un’azione che dovrebbe essere liberante, in particolare se fatta con amore? Queste provocazioni esprimono il bisogno di essere apprezzati o ancor più amati. Ma è necessario arrivare al sacrificio di sé per ottenere amore? E cosa significa veramente la parola sacrificio? Inoltre quando ho intrapreso determinate scelte erano davvero “sacrifici”? Lo sono diventati? Con quale principio o spinta motivazionale ho compiuto determinati passi? Solo per essere riconosciuto e gratificato? Valutando l’etimologia e la sua origine, la parola “sacrificio” è composta da due termini: “sacer” e “facere”, che nella accezione più completa indicano il compiere qualcosa di onorevole. Allora quale cosa è più onorevole che offrirsi per il bene altrui e donare il proprio tempo per il prossimo senza aspettarsi o ricusare nulla in cambio? Ogni tanto non siamo così memori nel ricordare che la cosa più preziosa che abbiamo in questa vita è il tempo che ci è concesso nel nostro quotidiano. E se maturamente scegliamo di spenderlo per il bene universale, o se nel momento in cui abbiamo intrapreso quella scelta i nostri valori in campo erano sinceri, ecco che il senso di questo sacrificio non è più condizione privativa ma fortemente ricca di valore morale. Dentro di noi ci sono delle ferite non curate che il rapporto e il necessario confronto con l’umano portano a galla. Perché viviamo e troviamo senso proprio nello scambio con il volto dell’essere persona. Il grido di lamento per un mancato apprezzamento del nostro “sacrificio”, del bene donato o speso per una determinata causa, sottende in certi estremi la mancanza di cura o attenzione che in qualche momento del passato abbiamo vissuto. Una ferita non rimarginata che ci fa smarrire e perdere nelle relazioni attuali. Un senso del nulla che mi interpella nel modo più complesso, deviando la colpa all’altro o alla vita stessa, senza considera-
re che tutti i partecipanti del “gioco” potrebbero vivere la medesima condizione. Il lettore potrebbe lanciare la provocazione che non sia facile ricevere una manchevolezza morale o fisica da parte di una persona cara e che la rabbia provata in alcuni momenti della vita debba essere sfogata. Corretto. Siamo esseri umani. Offriamo una riflessione pertinente: siamo sicuri di conoscere noi stessi quando ci mettiamo in discussione con il mondo? Già l’oracolo di Delfi (il più prestigioso oracolo greco nel periodo arcaico) ricordava questo concetto fondamentale. Inoltre esiste la questione del tempo di maturazione e di accettazione di sé e dell’altro. Noi vorremmo raggiungere mete superlative, obiettivi eccelsi, forse irraggiungibili e lo vorremmo subito perché ci scontriamo con la nostra condizione di creature naturali e provvisorie. Come gestire questo carico emotivo nel momento in cui mi sono speso per una causa, mi sono sacrificato e non ho apparentemente “cavato un ragno dal buco”? Il consiglio: tendere al principio di scelta originario. Discernere se è stata un’influenza frizzante attivata da bisogni personalistici e vuoti interiori o se, scevre da interesse, le azioni si sono compiute nel disegno istintivo che ammanta di pienezza e fascino la vita, che genera vita nella condivisione ma non necessariamente nella comunione di intenti.
Manuel Millo
Membro Onorario AGCI Ass Gen Cooperative Italiane |
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ALLE ORIGINI DI CHIOPRIS
ALLA SCOPERTA DI...
Servizio di Vanni Feresin Immagini di Claudio Pizzin
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Pagine
di epopea
Dopo alcuni anni di lavoro è stato presentato alla comunità di Chiopris Viscone dagli archivisti e storici Giada Piani e Vanni Feresin, curatori del lavoro di inventariazione, il riordino dell’antico fondo parrocchiale. Dai rapporti con i paesi vicini alle invasioni turche, passando per cospicue donazioni penitenziali, ecco cosa è emerso.
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Le origini del nome di Chiopris La prima segnalazione del nome di Chiopris si ha nel 1368: “Tjeupris” oppure nello slavo “Koper”, l’uno nel significato di rimunerazione per la fedeltà e l’altro graminacea simile al miglio. In una interpretazione ancora più fantasiosa si ha la denominazione di Ciro Pers, cioè a ricordo dell’illustre friulano fra Ciro di Pers. Un’altra etimologia farebbe derivare il nome Chiopris da Chod di pioris, cioè luogo chiuso per le pecore: in antichità nel Friuli si trovavano boschi e pascoli, e molte famiglie del paese nei secoli erano dedite alla pastorizia, diversi cognomi ricordavano così il lavoro dei progenitori, ad esempio “Pecorari”. L’ultima teoria si può desumere dalle Notizie storiche di Chiopris del 1912, estratto da L’Eco del Litorale, che fa riferimento al proverbio sei di Chiopris e no di Daris e viceversa, nel senso di essere creditore e non debitore: tutto ciò rispecchia l’arguzia friulana. Il Catapano di Chiopris La data più antica in cui si fa riferimento a Chiopris risale al 1300, anno in cui vi era già un sacerdote reggito-
re della Parrocchia. Nel Catapano parrocchiale del 1598 lo storico Ercole Partenopeo, per incarico dell’allora parroco Pietro Passero, trascrisse un documento antico de verbo ad verbum nel quale trovavano posto tutti i nomi di coloro che contribuirono affinché la Veneranda Chiesa di San Michele Arcangelo di Chiopris, la Chiesa di Sant’Andrea e San Daniele profeta di Nogaredo al Torre, la Chiesa di Santa Maria di Strada, la Chiesa di San Zenone di Viscone e quella di San Leonardo e San Gallo di Medeuzza (tutte filiali della Chiesa di Chiopris) avessero censi e introiti per la loro conservazione e la loro sopravvivenza. Questo registro custodisce al suo interno una infinità di notizie: i nomi degli oblatori della chiesa, il calendario perpetuo, i confini e le vicinìe della Chiesa parrocchiale e delle chiese filiali, le copie dei testamenti, le nuove campane, il catalogo delle funzioni della pieve di Chiopris per l’anno 1698, le elezioni dei parroci tra il 1726 e il 1747, memorie e documenti in copia, gli inventari e le suppellettili liturgiche della chiesa di Chiopris e il primo libro dei battesimi della chiesa parrocchiale di S. Michele Arcangelo di Chiopris dal 23 gennaio 1643 al 3 marzo 1684. Alla pagina 41 è annotata la notizia più antica della Chiesa di Chiopris, data 1300. All’epoca quindi era già presente una chiesa, con curato e camerari. Nel 1296 però non risulta esistere la Chiesa di Chiopris tra le pievi dalle quali i collettori papali raccoglievano le decime, mentre Viscone è citata proprio fin da quell’anno. Cer-
A fianco, chiesa della Madonna di Strada situata sulla via Palmarina. Sopra, la chiesa di San Michele Arcangelo a Chiopris. |
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Da sinistra: la chiesa di San Zenone a Viscone; il Catapano dell’omonima parrocchia: risalente al 1598, vi sono riportati i morti e le donazioni.
tamente il vicario di Viscone fu sempre soggetto al parroco di Chiopris. Nel Catapano è riscontrabile il nome di un parroco del 1342, tale Martinus. Il 20 maggio 1352 vi fu un grande saccheggio alle ville di Manzano e Chiopris, mentre nel 1368 i paesani di Medea fecero notevoli lamentele verso Chiopris per un pascolo controverso. Il 26 giugno di quell’anno, sotto un noce nei pressi del pascolo, vennero sentiti molti testimoni, diversi dei quali di Chiopris. L’antica chiesa di Chiopris La Chiesa di Chiopris fu consacrata la prima domenica di luglio del 1385, anche se la parola esatta è riconciliata, pertanto è probabile che fosse avvenuto un fatto d’armi nella chiesa o una profanazione durante un saccheggio del 1352. Dal 1385, ogni prima domenica di luglio, si celebra ancora oggi l’anniversario della consacrazione al quale partecipavano i vicari delle chiese filiali di Santa Maria di Strada, Nogaredo, Viscone e Medeuzza.
del visitatore apostolico e del vescovo di Lubiana (commissario arciducale in spiritualibus et temporalibus), Bernardino Passero, padre del parroco, e Michele della Gaspera furono chiamati a dare informazioni pertinenti alla Chiesa di San Michele arcangelo di Chiopris in quanto più anziani e bene informati. Nello stesso anno fu convocata con suono di campana la vicinìa parrocchiale a Nogaredo per prendere in nota i confini e i beni della Chiesa di Sant’Andrea di Nogaredo. L’8 marzo 1593, per ordine di Francesco Barbaro, vescovo e visitatore apostolico, poi patriarca di Aquileia, fu convocata la vicinìa a Viscone per prendere nota dei beni e stabili pertinenti alla Chiesa di San Zenone dello stesso paese. Nel medesimo giorno si presero nota dei beni spettanti alla Chiesa di Santa Maria di Strada e della confraternita della Chiesa. Il 9 febbraio 1550 venne convocata una vicinìa da parte della Chiesa di San Giovanni Xenodochio in Cividale contro un colono di Chiopris che venne licenziato senza motivo: il Gastaldo di Cormòns e il Capitano di Gorizia chiesero di restituire le terre al colono affinché egli potesse continuare a lavorare onde evitare di non mandarli errabondi pel mondo. Stabilita così la restituzione dei beni, i coloni continuarono a lavorare le terre fino al 1558, anno in cui le contese e le liti ricominciarono e perdurarono per molti anni. Nel secolo XVI le controversie tra la Chiesa di Chiopris e le filiali continuarono in modo sempre più vivace, anche per la situazione che vedeva la parrocchiale in terra arciducale e le vicarie in terra veneta. Nel 1570 il conte Bartolomeo Porcia, abate di Moggio, visitò Chiopris, vi trovò 20 famiglie e 150 comunicandi. Nogaredo aveva invece 70 comunicandi. Il parroco di allora, don Giovanni Battista Pariano, si lamentò con il visitatore della sua prebenda e del fatto che non riusciva a mettere insieme un salario conveniente per lui e il suo vicario di Nogaredo. Molto poco ottenne negli anni successivi.
La storia del paese Il paese di Chiopris fin dalle sue origini apparteneva alla Contea di Gorizia e al governo dei Conti di Gorizia come altri paesi friulani: Cormòns, Mossa, Lucinico, Capriva, Moraro, Mariano, Fratta, Versa, Medea, Nogaredo, Ialmicco e Crauglio. Dopo l’estinzione del ramo mascolino dei conti goriziani avvenuta nel 1500, Chiopris divenne parte delle terre ereditarie austriache e rimase incardinato per molto tempo alla Contea Principesca di Gorizia, insieme ai paesi di Farra, Villanova, Romans e Villesse, che poi passarono per un secolo alla Contea Gradiscana. Nel 1406 Domenico, detto Strizza, fece una cospicua donazione alla Chiesa di Chiopris affinché fossero celebrate delle messe dopo la sua morte e così fece nel 1446 Paolo Marzut, stabilendo un’importante fondazione di messe per la sua anima, da celebrarsi ogni anno, con un Le guerre gradiscane e il XVII secolo grosso capitale destinato alla Chiesa parrocchiale. Le guerre gradiscane del 1615-1617 portarono il paese Le invasioni turche del 1471 portarono danni ingenti di Chiopris al centro di scorribande e avvenimenti stoall’abitato e alla chiesa, provocando migliaia di vittime. rici, come l’imboscata al generale arciducale Marradas che scampò per miracolo alla morte, non senza impoverire l’aLe vicinìe antiche bitato con il saccheggio dei vari templi sacri. Dal Catapano si attingono ulteriori informazioni riTra il XVI e il XVII, secolo giurisdicente in civilibus guardo le vicinìe parrocchiali. Il 7 aprile 1586, per ordine et criminalibus a Chiopris era la famiglia dei conti della 56
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Torre. Raimondo della Torre, morto nel 1623, fu servitore solerte della casa d’Asburgo: nel 1585 era divenuto deputato provinciale, nel 1587 tesoriere provinciale; vista l’audacia contro i turchi, l’Arciduca Ferdinando lo confermò alla proprietà della giurisdizione prima di Cormòns, e poi anche di Chiopris e Mariano. Mattia della Torre vendette nel 1669 la giurisdizione di Chiopris ai de Grazia, in particolare a Giovanni Giuseppe de Grazia, della nobile famiglia veneziana che già in antico faceva parte del patriziato della Contea. Gerolamo de Grazia ottenne nel 1755 un seggio presso la Camera dei Nobili negli Stati Provinciali, cosicché Chiopris d’allora in poi era rappresentata anche all’interno dell’istituzione più importate del Contado. La giurisdizione venne mantenuta fino al 1792, anno in cui vennero abolite le piccole giurisdizioni. I rapporti con Viscone Chiopris era appartenuta prima ai Conti di Gorizia e poi alle terre ereditarie dell’Austria, insieme alla Gastaldia di Cormòns, soggetta alla contea di Gorizia e non a quella di Gradisca. Ma i rapporti con i confinanti veneti sono ben visibili anche nelle questioni ecclesiastiche, infatti, come si ricorda nel primo libro anagrafico dei battesimi di Viscone: “Emanato il sovrano decreto dell’eccellentissimo Senato per la separazione delle chiese venete, che erano soggette à Parrocchie Austriache, vi significhiamo che da questo punto resta impedito l’esercizio di qualunque Parrocchialità del Pievano venerando di Chiopris in codesta Villa di Viscon di Torre, e Mediuzza, e che perciò fino alle ulteriori Pubbliche deliberazioni dovrete ricorrere à questa Curia direttamente per le facoltà necessarie di esercitar la cura d’anime in detti Luoghi, ed ogn’altra Parrochial incombenza. Vi commettiamo in oltre, che nel termine di giorni quindeci abbiate à spedirci le più precise note del quantitativo del Quartese, e d’ogni altra rendita et emolumento, che il sudetto Pievano di Chiopris era solito d’eriggere annualmente dai sudetti due Villaggi, onde si possa con tali cognizioni intieramente eseguire quanto prescrive il sudetto Venerato Decreto, e con ciò vi auguriamo dal Signore ogni bene. Udine 10 genaro 1784”. Da Napoleone al primo conflitto mondiale Nel 1797 iniziarono le dominazioni napoleoniche: nel 1806 Chiopris passò sotto il governo del cessato Regno d’Italia, nel maggio del 1809 l’Austria riconquistò brevissimamente i paesi, che ricaddero nuovamente sotto i francesi fino al 1813, per poi ritornare all’Austria. Durante il primo conflitto mondiale la Canonica di Chiopris divenne presidio italiano con danni notevoli all’Archivio parrocchiale, soprattutto per quanto concerne le carte anagrafiche, i protocolli e gli atti dell’amministrazione della Chiesa. Vanni Feresin
Alla riscoperta di illustri dispensatori di conoscenza e progresso
GIUSEPPE FERDINANDO DEL TORRE Servizio di Renato Duca e Renato Cosma Immagini da raccolta privata foto di Alfio Scarpa
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Una vita dedicata
al prossimo e allo studio
È stato un protagonista ottocentesco al servizio dell’agricoltura e del mondo contadino. Ma anche promotore di due progetti di riforma didattica delle scuole locali.
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Tra gli autorevoli protagonisti della botanica e della spezieria che, tra Ottocento e Novecento, operarono con fervore al servizio dell’agricoltura e del mondo contadino della Contea Principesca di Gorizia e Gradisca e del Litorale va sicuramente annoverato Giuseppe Ferdinando del Torre, discendente da un antico ceppo lombardo, insediatosi a Cividale nel 1249. Nacque il 14 maggio 1815 a Romans, borgata del Friuli austriaco. Assolti gli studi ginnasiali, nel 1839 conseguì la laurea in farmacia presso l’Università di Padova. Pur impegnato professionalmente e nella gestione dell’azienda agricola di famiglia, partecipò attivamente alla vita della comunità romanese e a quella delle istituzioni comitali. Nel 1843 venne nominato Ispettore scolastico per le scuole di Romans. L’incarico gli offrì l’opportunità di elaborare nel 1845 e nel 1863 due progetti di riforma della didattica nelle strutture scolastiche locali, coinvolgendo la Scuola agraria di Gorizia e le cosiddette Scuole di campagna, nonché i rispettivi corpi insegnanti, con l’obiettivo della crescita socio-economica della gente dei campi e dello stesso settore agricolo, attraverso un inquadramento mirato dei giovani contadini nella teoria agronomica e nella pratica campestre. 58
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Eletto Podestà del Comune di Romans nel 1850, fece parte dal 1861 al 1894 della Deputazione della Dieta provinciale, che rappresentò attivamente nel Consiglio scolastico distrettuale. Fu socio solerte e fattivo della benemerita I.R. Società Agraria di Gorizia, che nel 1890 gli conferì il diploma di Socio onorario del Sodalizio, e lo fu anche della Società di Agricoltura di Udine, nonché quale Onorario della Società Operaia di Mutuo Soccorso, Socio corrispondente dell’Accademia udinese di Scienze, Lettere e Arti e, nel 1869, componente della Commissione distrettuale per l’ordinamento dell’imposta fondiaria. Collaborò con il periodico di Gherardo Freschi l’Amico del contadino edito a San Vito al Tagliamento (foglio settimanale di agricoltura, industria, economia domestica e pubblica, varietà) e con il giornale di Leopoldo Antonio Comelli L’eco dell’Isonzo edito a Gradisca (bisettimanale di cose patrie, letteratura, scienze, arti ed educazione). Ebbe contatti con eminenti protagonisti della cultura friulana, come la scrittrice e poetessa Caterina Percoto (1812-1887), a lungo corrispondente del botanico e naturalista di Ronchi abate Leonardo Brumati, e il poeta Piero Zorutti (1792-1867), autore tra l’altro di almanac-
chi lunari (strolics), pubblicati annualmente dal 1821 al 1867. Ma l’iniziativa che gli valse un apprezzamento diffuso fu sicuramente la redazione de Il Contadinel, un almanacco popolare annuale, scritto inizialmente in friulano, pubblicato senza interruzioni per quasi quarant’anni (1856-1894): “Un calendario ad uso e consumo di quella società contadina che lui sapeva essere alla base dell’intera comunità” (Bacarini L., La farmacia del Torre a Romans d’Isonzo 1813-2013, Gorizia, 2013, p. 49). La presentazione fu sicuramente stimolante per l’obiettivo culturale e sociale che si prefiggeva: “Chist librutt no l’hai fatt pal sior né pal letterat: l’hai scritt unicamentri pal contadinel dal miò pais. Il fin l’è di meti in riliev lis sos virtus, di corezi i difiez, di mostrai qualchi meorament che si podes introdusi nella coltivazion dei chiamps, nella domestiche economie, e nell’allevament del bestiam, di tignilu in zornade des utilis scuviarte: insumis di zovai” (Il Contadinel, Lunari par l’an 1857). Dopo venti numeri de Il Contadinel in friulano, col ventunesimo (quello del 1876) il nostro studioso diede alle stampe il lunario in versione italiana, intitolandolo Il Contadinello. Lunario per la gioventù agricola per l’anno bisestile 1876, con un puntuale incipit dedicato ai lettori, prevedendo qualche riserva a proposito del cambiamento linguistico, come in effetti avvenne: “Se oggi abbandono l’uso del dialetto friulano e incomincio a parlarvi nella vostra madrelingua, nella lingua cioè da cui esso deriva, vi prego per l’amore che vi porto a non negarmi la vostra attenzione […] oggi, meno qualche rara eccezione, non vi è villaggio che non abbia una scuola, e la frequentazione è obbligatoria per tutti. In queste scuole il maestro vi parla in italiano e non in friulano, e i libri sono in italiano per farvi apprendere appunto la lingua italiana, che è la lingua legale di questo briciolo di terra, che chiamasi la parte italiana della principesca contea di Gorizia e di Gradisca” (Faggin G., La letteratura friulana del Goriziano nell’Ottocento e nel Novecento, «Cultura friulana nel Goriziano», Istituto di Storia Sociale e Religiosa, A.a.v.v, Gorizia, p. 116). I numeri del lunario dal 1892 al 1895, gli ultimi quattro, vennero redatti parte in friulano e parte in italiano, con l’aggiunta del titolo anche in marilenghe, Il Contadinell, con due ‘elle’ finali come vole-
Attestato di Socio Onorario a G. F. del Torre da parte della I.R. Società Agraria di Gorizia
va la grafia dell’autorevole linguista friulano abate Jacopo Pirona (1789-1870). Oltre a ciò, appare opportuno ricordare anche alcuni scritti di sicuro interesse, cui lo Speziale romanese dedicò tempo e impegno: Istruzione popolare sul letame, sul modo più vantaggioso di prepararlo e di conservarlo, e sul modo di costruire i corrispondenti letamai (Istruzion popolar sore il mud plui vantazòs di preparà e di conservà il ledàan e sore il mud di fa la rispettive buse), lavoro predisposto nel 1874 su incarico della I.R. Società Agraria di Gorizia; Sul bisogno di riordinare le scuole popolari in campagna: rapporto letto nella seduta del 19 ottobre 1878 dell’I.R. Consiglio scolastico distrettuale di Gradisca; Piante che crescono in Friuli: coltivate e selvatiche, che meritano di essere conosciute (Plantis che crèssin in Friùl: coltivadis e salvadis, e che mèritin di sei cognossùdis), estratto dal Contadinel, lunari per la zovintut agricole. Giuseppe Ferdinando del Torre si spense a Romans il 12 aprile 1894. Egli “fu capace di riunire in sé caratteristiche rinascimentali e risorgimentali: fu studioso, scienziato, letterato, educatore, filantropo, patriota. In una terra ed in un tempo di passaggio, visse le profonde contraddizioni imposte da un mutevole confine. […] La sua fu una vita dedicata al prossimo ed allo studio” (Bacarini L., La farmacia del Torre a Romans d’Isonzo 1813-2013, op. cit., p. 47).
Renato Duca e Renato Cosma
Renato Duca è stato direttore del Consorzio di bonifica Bassa Friulana; Renato Cosma è stato condirettore del Consorzio di bonifica Pianura Isontina
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(as) s a g g i Fabio Genovesi Il mare dove non si tocca Mondadori, 2017 Pagg. 324 € 19,00 Fabio ha sei anni, due genitori e una decina di nonni. Sì, perché è l’unico bimbo della famiglia Mancini, e i tanti fratelli del suo vero nonno – uomini impetuosi e pericolosamente eccentrici – se lo conten-
dono per trascinarlo nelle loro mille imprese, tra caccia, pesca e altre attività assai poco fanciullesche. Così Fabio cresce senza frequentare i suoi coetanei, e il primo giorno di scuola sarà per lui un concentrato di sorprese sconvolgenti. Giorno dopo giorno, dalle scuole elementari fino alle medie, il protagonista cerca di crescere nel precario equilibrio tra un mondo privato pieno di avventure e smisurato come l’immaginazione, e il mondo là fuori, stretto da troppe regole e dominato dalla legge del più forte.
Negli studi di Madrid della radio nazionale, ogni venerdì intorno a mezzanotte, la voce di Nancy Sinatra canta Bang Bang e introduce «Onde confidenziali», trasmissione di cronaca nera e inchieste, condotta da Diego Martín. Nel corso di due ore Diego propone indagini studiate nel dettaglio, ricerche sul campo, interviste con fonti attendibili. La trasmissione, molto scomoda, molto amata ma anche criticata, è una
specie di paradosso in una Spagna sull’orlo di un precipizio. Il paese è in piena crisi economica, il malessere e la tensione sociale sono sempre più alti e improvvisamente la destra postfranchista vince le elezioni dopo dodici anni di governo socialista. La sera delle elezioni uno dei giovani candidati del partito vincitore viene assassinato, il primo di una serie di omicidi in diverse città spagnole. Da Madrid a Valencia, passando per Barcellona, le vittime non hanno legami apparenti tra loro, e invece Diego Martín scorge un intreccio, tenta di unire i frammenti del puzzle, ma non immagina che l’investigazione lo porterà oltre la scena di un crimine locale e nel cuore di una tragedia nazionale iniziata durante il franchismo.
George Saunders Lincoln nel Bardo Feltrinelli, 2017 Pagg. 352 € 18,50 Febbraio 1862, la Guerra Civile è iniziata da un anno, e il Presidente degli Stati Uniti, Abraham Lincoln, è alle prese con ciò che sta assumendo i contorni di una catastrofe. Nel frattempo Willie, il figlio prediletto di undici anni, si ammala gravemente e muore. Verrà sepolto a Washington, nel cimitero di Georgetown. A partire da questa scheggia di verità storica – i giornali dell’epoca raccontano che Lincoln si recò nella cripta e aprì la bara per
abbracciare il figlio morto –, George Saunders mette in scena un inedito aldilà romanzesco popolato di anime in stallo. Il Bardo del titolo, un riferimento al Libro tibetano dei morti, allude infatti a quello stato intermedio in cui la coscienza è sospesa tra la vita passata e quella futura. È questo il limbo in cui si aggirano moltitudini di creature ancora troppo attaccate all’esistenza precedente come Willie, che non riesce a separarsi dal padre, e il padre, che non riesce a separarsi dal figlio. Accompagnati da tre improbabili guide di ascendenza dantesca, assisteremo allo sconvolgimento nel mondo di queste anime perse per l’arrivo di Willie, che è morto e non lo sa, e di suo padre, che è come morto ma deve vivere per il bene del proprio paese.
Marc Fernandez Onde confidenziali Sellerio, 2017 Pagg. 224 € 12,00
Giorgio Di Maria Le venti giornate di Torino Sperling & Kupfer, 2017 Pagg. 156 € 17,50 Le venti giornate di Torino erano iniziate il 3 luglio di dieci anni prima: la siccità, l’insonnia collettiva, i cittadini che vagavano come fantasmi per le strade del centro storico, le grida misteriose, le statue che sembravano aver preso vita, e soprattutto una orribile catena di omicidi. Poi, dopo venti giorni, tutto era finito, all’improvviso, come era cominciato. E nessuno aveva più voluto parlare di quella storia. Dieci anni dopo, un anonimo in-
vestigatore dilettante decide di indagare per scrivere un libro su quella vicenda. Perché l’insonnia di massa? E chi erano, e da dove venivano, le mostruose figure di cui troppe testimonianze raccontano? E soprattutto, che nesso c’era tra quanto accadde e la biblioteca che era stata aperta presso la Piccola Casa della Divina Provvidenza? Una biblioteca assai strana, dove non si trovavano i testi pubblicati dagli editori, ma scritti di privati cittadini, che rivelavano i loro pensieri più intimi e profondi, molto spesso terribili, e li mettevano in condivisione con altri cittadini come loro. Non passerà molto prima che il protagonista si renda conto che quella orribile stagione si è conclusa solo in apparenza, e che le forze oscure che avevano scatenato quei drammatici giorni di violenza cieca sono ancora presenti e vigili.
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Gli applausi di Roma
per la prima di GPS
Presentato alla Camera dei Deputati il primo libro della nuova collana di Goliardica Editrice, editore di iMagazine.
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Autorità politiche, militari e accademiche hanno presenziato alla Sala dei Gruppi parlamentari della Camera dei Deputati a Roma al convegno dal titolo Migrazioni e sicurezza internazionale - Per un approccio italiano alla sicurezza migratoria, organizzato dal CeNASS. Punto di partenza della riflessione sono stati i contenuti dell’omonimo libro della nuova collana di Goliardica Editrice, editore di iMagazine, GPS (Geografia Politica Sicurezza), curato da Paolo Quercia, direttore del CeNASS (Center for Near Abroad Strategic Studies). Nel ventennio dal 1991 al 2011 sono sbarcate illegalmente sulle coste italiane poco più di 100.000 persone. Dal 2012 al 2016 i migranti irregolari giunti in Italia attraverso il Mediterraneo sono divenuti circa mezzo milione, mentre le regioni attraversate dai flussi sono sempre più instabili e insicure, spesso controllate da trafficanti, gruppi criminali e jihadisti. Quali sono le relazioni tra crisi migratoria nel Mediterraneo e la sicurezza europea? Come conciliare la protezione dei migranti e dei rifugiati con la sicurezza degli Stati e il controllo dei confini? Questo studio del CeNASS fornisce la più approfondita ed articolata analisi del rapporto tra crisi migratoria e sicurezza dall’Africa al Mediterraneo e offre una serie di indicazioni per il governo, gli amministratori pubblici e tutti coloro interessati dai problemi di gestione dei fenomeni migratori e allo sviluppo di migrazioni sicure. Paolo Quercia - nella foto in apertura durante il suo intervento al convegno - è un analista ed esperto di relazioni internazionali e studi strategici. Direttore di Ricerca, dal 2001, del Centro Alti Studi Difesa, ha lavorato come consulente del Ministero del
Commercio con l’Estero e del Ministero degli Affari Esteri. È stato Visiting Reserarch Associate dello European Center for Minority Issues. Tra le sue pubblicazioni: Questioni strategiche e di sicurezza nel Corno d’Africa ed il ruolo dell’Italia (Centro Alti Studi Difesa, 2012), Fare Italia nel Mondo. Le sfide post-globali delle nuove relazioni internazionali (Marsilio, 2009), Il Tesoro dei Pirati. Sequestri, riscatti, riciclaggio. La dimensione economica della pirateria somala (con. F. Biloslavo, Rivista Marittima, 2013). Il libro Migrazioni e sicurezza internazionale - Per un approccio italiano alla sicurezza migratoria GPS, 2017 Pagg. 282 € 25,00 Acquistabile on line su www.edizionigoliardiche.it
Il direttore di iMagazine, Andrea Zuttion, assieme alla presidente del Comitato Parlamentare di vigilanza Schengen, Europol, Immigrazione Laura Ravetto a Roma, nell’ambito della presentazione del primo volume della collana GPS. |
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CULTURA
PAUL MORAND Servizio di Margherita Reguitti
Il lungo viaggio
da Parigi a Trieste
Grazie a un documentario, il giornalista Mario Rizzarelli riporta all’attenzione del pubblico la vita del discusso autore e diplomatico francese. Le cui ceneri sono tumulate assieme a quelle della moglie nel cimitero della Comunità Greco Orientale nel capoluogo regionale.
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La vita letteraria, politica e diplomatica europea della prima metà del ‘900 può essere riassunta, fra luci e ombre, in un uomo che fece del suo cosmopolitismo e della sua creatività elementi distintivi: Paul Morand (Parigi 1888-1976), autore di successo in vita, amico di Proust, innovatore del genere “novella” d’Oltralpe, diplomatico di carriera, grande viaggiatore.
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Dopo la Seconda guerra mondiale fu rimosso dalla storia per la sua adesione al governo di Vichy e le sue presunte idee antisemite. Ebbe un legame forte con Trieste, dove è sepolto nel cimitero della Comunità Greco Orientale. Nel 1927, infatti, sposò la principessa di origini greche, Hélène Soutzo, la cui madre, Callirhoé Economo, nacque a Trieste. Della famiglia restano in città lo splendido Palazzo Economo di piazza della Libertà, sede delle Soprintendenze MIBACT regionali, ma anche quello dove lo scrittore veniva ospitato dalle cugine di Hélène, nei suoi soggiorni triestini. Noto a pochi in Italia e a Trieste, oggi ritorna all’attenzione del pubblico e di studiosi grazie al documentario “Il lungo viaggio: Paul Morand da Parigi a Trieste”, del giornalista triestino Mario Rizzarelli. Attraverso un’accurata ricostruzione, frutto di ricerche, con immagini dei luoghi legati allo scrittore e interviste a testimoni e studiosi, Rizzarelli ripercorre l’intera esistenza di Morand, mettendo in evidenza i suoi legami con Trieste e con la famiglia Economo, delineando il contesto storico ed economico che portò
allo sviluppo cosmopolita, multiculturale e multireligioso della città. La grande storia giocò un ruolo fondamentale nella vita di Morand: la sua esistenza venne infatti fortemente influenzata dalle scelte compiute in momenti difficili e complessi. Avendo accettato di fare l’ambasciatore del governo di Vichy, in Romania e in Svizzera, fu rimosso dall’incarico dopo la Liberazione di Parigi del 1944, dal governo De Gaulle. Anni dopo, il Consiglio di Stato darà soddisfazione a un suo ricorso, reintegrandolo nella carriera. Anche le accuse di collaborazionismo nei suoi confronti verranno archiviate. Esule volontario in Svizzera fi no al 1955, anno nel quale ritornò a vivere di tanto in tanto anche in Francia, ottenne solo nel 1968 la nomina all’Académie française. Solo allora, infatti, De Gaulle, per statuto “protettore” dell’Académie, tolse nei suoi confronti il veto che, nonostante tutto, aveva fi no ad allora mantenuto. Spirito libero e anticonformista, amante della vita mondana e delle feste brillanti, corteggiato dalle donne, negli anni di maggior successo fu circondato da un alone di leggenda. Mario Rizzarelli, come è nato il suo interesse per questo autore? «Il mio interesse per Morand è nato naturalmente dal suo legame con Trieste, dove è sepolto nel cimitero della Comunità Greco Orientale. È stato questo fatto a indurmi, diverso tempo fa, a leggere qualche sua opera. Solo recentemente, tuttavia, ho pensato di realizzare un documentario. Inizialmente l’idea era di limitarlo ai suoi rapporti con Trieste, ma poi ho raccolto Sopra da sinistra,, un primo piano di Morand; sua moglie, la principessa Hélène Soutzo; il Palazzo Economo a Trieste. Di fianco,, alcune opere di Morand; da sinistra L’allure de Chanel, Lewis e Irene e L’Homme Pressé. Pagina accanto in apertura,, Paul Morand; in basso, Mario Rizzarelli.
la sfida molto più ambiziosa di dedicarlo all’intera sua vita». Che cosa è emerso di nuovo dalle sue ricerche e dalle interviste proposte nel documentario? «Innanzitutto la conferma del grande valore letterario di questo scrittore, che fu il più popolare di Francia nel periodo tra le due guerre mondiali. La sua singolarità, compresa subito da Marcel Proust, risiede soprattutto nel suo stile inimitabile. Un altro aspetto che mi ha colpito è l’accusa nei suoi confronti di antisemitismo. In realtà l’accusa, a mio avviso, è un po’ aff rettata e superficiale. Se in alcune sue opere si trovano delle espressioni che potrebbero avvalorare tale interpretazione, è anche vero che non mancano scritti di segno contrario. Ad ogni modo preferisco lasciare il discorso aperto in maniera che chi è interessato possa farsi l’idea che ritiene». Il documentario, della durata di un’ora e mezzo, si avvale di musiche originali di Valter Sivilotti e Marco Bianchi. Realizzato con il patrocinio e la collaborazione dell’Alliance Française di Trieste, che ha anche curato la traduzione della versione in francese, è stato girato in Francia, Svizzera, Romania e a Trieste. Dopo il successo riscosso dalle presentazioni nel capoluogo regionale – al Museo Revoltella, evento arricchito anche da una tavola rotonda – e a Firenze, a Villa Finaly, collegata alle università di Parigi, il documentario sarà proiettato in dicembre nella capitale francese. Margherita Reguitti
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ALLA SCOPERTA DI
ASSOCIAZIONE ALDEBARAN Servizio di Andrea Doncovio
Un mare
di storia
Oltre 600 modelli di navi, una biblioteca con più di seimila volumi tematici, un archivio di decine di migliaia di foto. Da oltre 65 anni è attiva a Trieste una realtà impegnata nella diffusione della cultura marinara. Un gioiello unico in FVG, apprezzato dagli stranieri ma che molti triestini nemmeno conoscono.
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Fin dall’antichità i navigatori utilizzavano le stelle per orientarsi in mare aperto, affidando a loro le certezza della propria rotta da seguire per raggiungere la meta. E proprio il nome di una stella, Aldebaran, venne scelto nel 1951 da un gruppo di appassionati di mare e di navigazione per intitolare un’associazione fondata con lo scopo di diffondere nel tempo la cultura marinara nella città di Trieste e non solo. Una realtà che negli anni, grazie alla passione dei suoi soci, ha saputo sviluppare e potenziare un patrimonio documentale e modellistico unico nel suo genere. Una parte sostanziosa è custodita nella sede di Molo Fratelli Bandiera a Trieste. «Ogni giorno – spiega il presidente del sodalizio, Dario Tedeschi – alcuni soci garantiscono l’apertura al pubblico dalle 18 alle 19.30, festivi esclusi. Chiunque può accedere gratuitamente sia per vedere dal vivo il patrimonio presente sia per richiedere informazioni o prendere visione dei documenti».
Tra questi, ad esempio, i “Quaderni Aldebaran”: oltre cento ricerche non pubblicate ufficialmente, ma consultabili liberamente in sede e dedicate a svariati temi di ambito marinaresco. «Oltre a questi quaderni – sottolinea Tedeschi – i nostri soci hanno anche pubblicato monografie specifiche sui cantieri navali di Trieste e di Monfalcone, o su determinate navi costruite in città». L’ingresso nell’ampia sala espositiva dell’associazione, invece, toglie letteralmente il fiato. In teche di vetro sono infatti esposti alcuni degli oltre 600 modelli di navi realizzati negli anni dai soci di Aldebaran. «Ognuno di loro – specifica il presidente – è un pezzo unico e irriproducibile. Sono tutte riproduzioni fedeli frutto di studi approfonditi e realizzate in scala costante (1:200 o 1:500) a seconda della tipologia di modello. Diversi sono i filoni seguiti: uno riguarda le navi di Trieste (intese come quelle costruite in città, appartenenti ad armatori triestini o facenti servizio commerciale su Trieste); un altro riguarda le navi della Marina Italiana dal 1861 ai giorni nostri, con un approfondimento specifico per le navi del secondo dopoguerra; un terzo filone riguarda tutte le imbarcazioni di lavoro e di pesca dell’alto Adriatico. Infine lasciamo anche un “filone libero”, con la possibilità di realizzare, ad esempio, modelli di navi che hanno fatto una visita a Trieste o navi particolarmente famose, come quelle della marina statunitense o russa. Inoltre un nostro socio ha la peculiarità di riprodurre modelli di imbarcazioni da regata o da diporto. Anch’essi hanno comunque un riferimento a Trieste, tratDi fianco, modello del Motoscafo Bora (scala 1:25). In apertura, da sinistra, Sergio Deponte, vice presidente di Aldebaran, il presidente Dario Tedeschi e il direttore di sede Alessandro Skerlj.
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tandosi dei primi motoscafi in vetroresina realizzati dal CRDA (Cantieri Riuniti dell’Adriatico, ndr), poi diventata Fincantieri». Non solo imbarcazioni. Un’altra piccola nicchia è infatti costituita dalla raccolta di modelli di idrovolanti, ugualmente collegati alla storia e alla cultura del territorio, visto che la gran parte di loro veniva prodotta nei cantieri di Monfalcone, precisamente nelle officine aeronautiche. Attigua alla sala espositiva c’è poi la biblioteca dell’associazione che conta oltre seimila titoli inerenti la cultura navale e marinara. «Inoltre – aggiunge Tedeschi – possediamo un archivio di disegni e di progetti delle navi originali che abbiamo raccolto direttamente dai cantieri, dall’Ufficio storico della Marina Militare o da altri enti. Senza scordare i disegni prodotti dai nostri stessi soci, in seguito ad appositi studi finalizzati alla realizzazione dei modelli». A completare un patrimonio dal valore inestimabile, in parte custodito anche nelle abitazioni dei singoli soci, c’è un archivio fotografico in continua evoluzione, nel quale si aggiungono sempre nuovi soggetti con la conseguente necessità di una costante attività di riordino per renderlo meglio fruibile ai ricercatori che si rivolgono alla Aldebaran. Attualmente l’archivio conta circa 24.000 fotografie di navi mercantili italiane, 12.000 fotografie di navi militari (sia italiane che estere) e altre 20.000 fotografie salvate dagli archivi CRDA, che consentono di osservare l’evoluzione di una nave dal momento della costruzione a quello della consegna all’armatore. «Le navi – spiega con un sorriso Tedeschi – sono come le donne: cambiano nel tempo. Una donna oggi può essere bionda, domani mora e poi rossa… Dal momento in cui sono finite in un cantiere fino alla loro demolizione le navi possono cambiare numerosi particolari. Ecco spiegata l’importanza determinante della documentazione fotografica: oltre a scegliere quale nave riprodurre, infatti, dobbiamo sempre decidere anche il preciso momento storico di riferimento. Perché la stessa nave, in anni diversi, potrà presentare differenze più o meno sostanziali». Ma quanto tempo viene impiegato per realizzare un modello? «Impossibile stabilirlo. Tutti noi soci siamo volontari – conclude il presidente – e eseguiamo i lavori nel tempo libero: invece di guardare la tv o fare una passeggiata, ci mettiamo all’opera nella propria officina. Per completare un modello ci possono volere mesi o anni. Forse anche per questo, rispetto al passato, sono pochi i giovani che si avvicinano alla nostra realtà».
Transatlantico Ausonia (scala 1:500)
Piroscafo Baron Bruck (1:200)
Nave Faro Burgmeister O’swald (1:300)
Incrociatore Fiume (1:200)
Fregata C. Bergamini e Nave scuola Italia (1:500)
Andrea Doncovio L’associazione Aldebaran ha sede a Trieste in Molo Fratelli Bandiera 17/b. È visitabile gratuitamente ogni giorno – festivi esclusi – dalle 18 alle 19.30. Tra le diverse attività del sodalizio c’è anche l’organizzazione di conferenze e l’allestimento di mostre dedicate alla cultura marinara triestina: dalla cantieristica al modellismo. Per ulteriori informazioni è possibile visitare il sito internet www.associazionealdebaran.org/wp
Corvetta Licio Visintini (1:200) Nave da sbarco Etna (1:500)
PERSONAGGI
ANAELA TUZZI Intervista di Andrea Doncovio
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Un amico da educare Istruttrice cinofila e giudice di gara internazionale: a Corno di Rosazzo è attiva una delle principali esperte in Friuli Venezia Giulia sull’educazione dei cani. «Dobbiamo ricordarci sempre che sono animali e non esseri umani».
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rato e condotto in gara. Da allora sono passati ben quindici cani. Da adulta ho iniziato a tenere corsi di addestramento in diversi centri cinofili e nel 1999 sono diventata Giudice di gara». E non solo… «Sono anche istruttrice cinofila riconosciuta dall’Ente nazionale cinofilo (E.N.C.I.). È una passione che richiede tanto impegno e tanta pazienza: insegno ai proprietari a gestire e a educare il proprio cane, in primis il rapporto e la comunicazione con l’animale. Se poi il proprietario si impegna e il cane risulta particolarmente dotato li preparo a intraprendere le discipline sportive che seguo». Tra i cani che allena c’è anche il suo. «Aragorn, un paIn apertura, Anaela Tuzzi al lavoro con Gunther, pastore tedesco di 6 store belga. A fianco, Anaela durante la sua prima gara nel 1972 as- anni. La mia vera passione. Lo alleno e lo sieme al boxer Erika.
È stata la prima donna e la conduttrice più giovane in Italia a praticare la disciplina cinofila di Utilità e Difesa. Le sue consulenze e i suoi insegnamenti vengono richiesti in ogni regione. Quando invece non è impegnata in giro per il mondo in qualità di giudice di gara nelle discipline di Utilità e Difesa, Obedience (obbedienza avanzata) o Soccorso attitudinale (ricerca di persone disperse), Anaela Tuzzi si rifugia nella sua casa di Corno di Rosazzo, dove negli anni ha sviluppato il proprio centro di addestramento, proseguendo di fatto una tradizione di famiglia. «Mio padre Renato e mia madre Nerina – ricorda Anaela – erano addestratori ed educatori di cani per famiglia e per sport. Da piccolissima ho sempre avuto il cane come baby sitter. La passione è nata seguendo mio padre alle gare di utilità e difesa». Da passione a impegno di vita: come si è concretizzato questo passaggio? «Da piccola conducevo i cani di mio padre alle gare: alla prima competizione avevo nove anni. A dieci anni, invece, potei avere il mio primo cane: un pastore tedesco di nome Cello. Che ho prepa-
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Anaela Tuzzi (nella foto assieme ad Aragorn) è nata il 9 dicembre 1962. È educatrice cinofila riconosciuta dagli enti cinofili nazionali: ENCI, GENTLETEAM, CSEN. Giudice di gara esperto Enci, Istruttrice cinofila per le discipline sportive di Ricerca e Obbedienza. È tra gli organizzatori del Trofeo di Obedience in programma in Friuli Venezia Giulia nel 2018 e sarà Giudice delle Prove di selezione per il Campionato del Mondo 2018, che si terrà in Olanda.
preparo per le gare di Obedience. Esercizi di obbedienza avanzata dove il cane su comando del conduttore deve impegnarsi a eseguire nel modo più veloce e preciso determinati esercizi (superamento di ostacoli, trovare riportare oggetti, eseguire esercizi a comando a distanza)». Un antico detto recita: “Il cane è il miglior amico dell’uomo”. È proprio così? «Il cane è l’animale domestico fedele per eccellenza. Si affeziona naturalmente all’uomo, perché ha bisogno di un punto di riferimento, di regole, di una guida. Il padrone diventa un leader da seguire, amare e rispettare. Il cane per sua natura è un animale sociale, quindi vive bene in un branco. Se vive in una famiglia, questa diventa il suo branco. Se ne ha la possibilità sarà in grado di amare, rispettare e difendere questo branco». L’uomo invece come tende a comportarsi nei confronti del cane? «Spesso purtroppo l’uomo non conosce queste regole e tende a umanizzare il cane. Lo fa vivere in famiglia senza un minimo di educazione. Non si fa rispettare e il cane cresce senza punti di riferimento e senza regole. Non è sufficiente nutrirlo, coccolarlo, tenerlo al riparo. Queste esigenze sono 70
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fondamentali per l’uomo non per il cane. Il cane ha bisogno di essere educato e guidato. E soprattutto di essere trattato come un cane». Cosa significa educare un cane? «All’interno della famiglia “branco” il cane deve conoscere e seguire una gerarchia dove lui stesso si troverà sempre all’ultimo gradino, dopo tutti i componenti della famiglia, compresi i bambini. Tutte le persone della famiglia devono comportarsi allo stesso modo nei confronti del cane, devono farsi ubbidire, essere decisi e costanti in qualunque situazione. A ogni comportamento gradito dovranno sempre premiare il cane con coccole o cibo, mentre dovranno assolutamente bloccare e fermare qualsiasi comportamento sgradito, con una punizione vocale o distraendo il cane. Il cane comprende immediatamente le debolezze dei padroni e si rende conto dove può disubbidire senza conseguenze. In più rinforza il comportamento sgradito con le persone che ritiene più deboli». Talvolta la cronaca testimonia episodi di cani che aggrediscono i propri padroni, spesso anche i bambini. Cosa scatta nella mente dell’animale in questi casi? «Oltre a educarlo alle regole, il cane va socializzato. Vuol dire che deve conoscere il mondo umano, spesso stressante e frenetico. L’ambiente della città o di un appartamento per il cane non è l’ambiente ideale e se il cane non ha un carattere docile ed equilibrato fa molta fatica ad adattarsi: possono così scaturire comportamenti di nervosismo e di aggressività. Per quanto riguarda la socializzazione con i bambini bisogna fare un discorso particolare». Ovvero? «I bambini vengono visti dal cane come cuccioli. Cuccioli da educare. Il cane cucciolo vede il bambino come un cucciolo, un fratellino, un compagno di giochi. Come gioca il cucciolo con i suoi fratellini? Rincorre, atterra, morde. Se lo fa con un bambino sono dolori. Il cane adulto, d’altro canto, tende a educare il bambino con le proprie regole, come se fosse un cucciolo di cane. All’inizio il cane adulto ha tantissima pazienza ma se il comportamento indesiderato si protrae oltre il limite di sopportazione – che è molto variabile – esibisce comportamenti di “educazione”». Che consistono in cosa? «Se non si comporta bene viene punito e sottomesso. Per punire e sottomettere, il cane adulto morde e atterra. Se il cucciolo si ribella, il morso diventa più incisivo. Se il cucciolo protesta, la sottomissione diventa più forte. Ora immaginate se al posto del cucciolo di cane ci fosse un bambino... Per alcune razze più portate alla difesa e alla predazione il bambino che corre, si muove a scatti e piange, viene considerato come una preda. Da rincorrere, bloccare, afferrare. E qui il risultato è sicuramente molto pericoloso. Al cane adulto, inol-
tre, dà molto fastidio il suono stridulo di alta tonalità e tende ad associarlo al verso di piccole prede: il verso del bambino rischia quindi di far scattare l’istinto di caccia». Quali soluzioni per evitare incidenti? «Educare il bambino a rispettare il cane, educare il cane a sopportare il bambino. E, soprattutto, non lasciare mai il bambino da solo con il cane». Nei suoi anni di attività è mai stata morsa dai cani? «Parecchie volte. Sono rischi del mestiere; da educatrice succede spesso che devo intervenire su comportamenti sgraditi, anche di aggressività. Tuttavia ogni volta che ho preso un morso il cane mi aveva sempre avvertito. Sono stata io che non ho colto il messaggio in tempo, oppure ho voluto sfidare l’animale. Quindi: colpa mia». I suoi corsi si svolgono maggiormente in giro per l’Italia piuttosto che in Friuli Venezia Giulia: come mai? «Forse qui in regione siamo ancora un po’ chiusi sull’argomento educazione. Ci si improvvisa autodidatti, salvo poi giungere da me in ritardo: in questi casi devo fare una ri-educazione e non una educazione. I miei corsi sono di educazione avanzata e per le competizioni sportive, ma anche in questo campo in FVG siamo un po’ fermi. Ci sono regioni più talentuose di altre: Lombardia, Piemonte ed Emilia Romagna sono le più attive». Tra i padroni di cani che si rivolgono a lei, quali sono le problematiche più frequenti su cui richiedono aiuto? «Problemi di gestione, cane iperattivo, disubbidiente. Ma io educo il proprietario a gestire il cane: il cane infatti agisce seguendo gli insegnamenti del padrone e leggendo i suoi comportamenti. Ci sono poi casi di iperattività nei cuccioli, con razze più scatenate di altre. Ecco perché prima di prendere il cucciolo è necessario informarsi su cosa si porti a casa, capire se si avrà il tempo necessario da dedicargli, capire se si sarà in grado di gestirlo. I cani non sono tutti uguali. Sono esseri viventi con il proprio carattere. Io insegno ai proprietari a leggere e interpretare i segnali che dà il cane, a bloccare ed estinguere i comportamenti sgraditi e a fissare i comportamenti graditi. Fatto questo il cane impara ad eseguire i primi esercizi di obbedienza. Consiglio sempre di iniziare il percorso molto presto, ai 3-4 mesi di età dell’animale». Dall’addestramento alle gare ufficiali: come cambia la gestione di un cane in ambito agonistico? «Il cane che viene avviato allo sport deve avere alle spalle un’educazione di base. Successivamente si passa a un addestramento avanzato nel quale sviluppare la capacità di attenzione dell’animale instaurando via via un rapporto strettissimo tra cane e conduttore».
Anaela e il padre Renato nella squadra nazionale al Campionato europeo per cani da utilità di Orbe (Svizzera) nel 1980, con i pastori tedeschi Quarz e il Rakk.
A proposito, qual è il luogo più adatto dove far vivere un cane? «Dipende dal tipo di cane, in base alle caratteristiche della razza. Un cane da lavoro è sicuramente iperattivo e quindi non può stare chiuso in appartamento. Si può abituarlo a vivere in giardino o in casa, ma è fondamentale seguirlo, non abbandonarlo a se stesso e non lasciarlo da solo tutto il giorno solamente perché ha un cortile enorme. Spesso i cani fanno danni, fuggono, distruggono tutto perché si annoiano e si sentono soli». Andrea Doncovio Anaela Tuzzi ha pubblicato per l’informa professional due libri: Come crescere ed educare il tuo cane e Obedience. Allenamento mentale per cani e conduttori che praticano uno sport nuovo. Informazioni su www.edizionigoliardiche.it
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F I G L I D I U N O S P O R T M I N O R E o v v e r o , s a r a n n o ( s t a t i ) q u a s i f a m o s i !
Nanchino Surprise Un bel film degli anni ottanta, con protagonista una giovanissima Madonna Ciccone, si intitolava Shangai Surprise; era una bella storia a lieto fine, di quelle che riappacificano con il mondo. In questa che vado a raccontarvi cambiano la città e la protagonista, ma la storia è ugual-
mente dolce, perché Metka Kuk, triestina, fresca ventenne, per il suo compleanno – il 2 settembre – si è regalata in quel di Nanchino la medaglia di bronzo ai Mondiali di pattinaggio, specialità Inline. «In realtà il regalo me lo sono fatto il giorno prima, ma andava bene lo stesso», tiene a specificare. Metka, riferimenti all’oriente a parte, per lei è stata davvero una sorpresa questo podio mondiale? «In realtà no, perché l’anno scorso ai Mondiali di Novara, il podio lo avevo sfiorato con la classica medaglia di legno. Quest’anno sono partita arricchita di quella esperienza, per cui sapevo di poter fare meglio». Cosa le è mancato per vincere? 72
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«Credo solo la convinzione nei propri mezzi, perché per quanto riguarda l’esibizione non penso ci siano state differenze eclatanti. I punteggi assegnati dai giudici erano molto vicini. Se devo esprimere un concetto agonistico, dico che devo ancora affinare la strategia di gara, perché adeguare la combinazione tecnico-artistica a seconda delle avversarie o delle richieste del metro di valutazione dei giudici può fare la differenza». Bronzo ai Mondiali è comunque un grande risultato; come ci è arrivata? «Se partiamo dall’inizio, devo citare i pattini di plastica che mi hanno regalato quando avevo solo due anni, e con i quali ho scorrazzato su qualsiasi superficie, dal marciapiede al prato della casa di famiglia in quel di Slivia, sul Carso Triestino». A due anni già pattinava? A quell’età tanti bambini hanno ancora qualche problema di equilibrio... «Difatti era proprio quello che mi affascinava: la costante ricerca dell’equilibrio. Troppo semplice correre e camminare. Comunque non disdegnavo nemmeno la danza e la ginnastica artistica, e in quest’ultima disciplina ho fatto anche qualche gara. Con i pattini ci andavo in giro sempre, anche con un monopattino che lasciavo ovunque; solo un corso propedeutico fatto alla Polisportiva di Opicina e un paio di lezioni al ‘Polet’ possono definirsi gli unici insegnamenti di pattinaggio che ho ricevuto durante la prima infanzia». Quando ha abbandonato le altre discipline? «Ho cominciato a pattinare seriamente con la società di Staranzano, dai 6 fino ai 14 anni, durante i quali ho gareggiato nelle varie categorie di età. Non è che facessi solo sport, frequentavo anche la scuola di musica per imparare a suonare la fisarmonica». Ogni Sloveno parla almeno tre lingue, suona uno strumento e pratica uno sport. Questa è una qualità comune ed encomiabile delle sue genti… «Sì, ma il tempo è quello per tutti; alla fine ho abbandonato la scuola di musica perché non riuscivo a starci dietro, però quel sapere mi è sempre utile. Dopo il diploma ho deciso di iscrivermi alla Pedagoška Faculteta dell’Università di Lubiana, e fra i vari esami che bisogna sostenere c’è quello di pianoforte e direzione d’orchestra, tutte cose che è stato possibile realizzare grazie agli insegnamenti musicali ricevuti anni addietro».
Pagina accanto, Metka Kuk durante una gara ai Mondiali di pattinaggio; a destra Metka mentre riceve la medaglia di bronzo sul podio di Nanchino lo scorso 1 settembre.
Torniamo ai 14 anni. «In una specie di ‘ritorno alle origini’ cambiai società e andai con il ‘Polet’, con cui gareggio tutt’ora e che ha sfornato campioni che hanno vinto anche titoli mondiali». E qui avvenne un altro cambiamento. Lei, che aveva sempre gareggiato con i pattini classici, i ‘quad’, decide di passare ai pattini in linea. «Sono sempre pattini, ma molto diversi. I pattini in linea ricalcano, in qualche modo, il pattinaggio su ghiaccio, specialità nella quale mi ero sempre cimentata, per puro divertimento, in ogni occasione, dalle piste allestite per Natale ai Palaghiaccio di quando andavamo in vacanza. Aggiungo che da qualche anno i miei hanno preso un appartamento a Pontebba, e lì appena è possibile vado sempre a pattinare per ore. Appena provai le tecniche con gli ‘Inline’ chiesi subito al mio allenatore, Mojmir Kokorovec, di iscrivermi al campionato italiano, che si sarebbe tenuto dopo un mese. Arrivai terza…» Il passaggio di specialità si è rivelato fondamentale per il suo successo. «Con i quad avevo ottenuto solo brillanti piazzamenti, ma nulla di più. Invece nell’Inline ho vinto per due anni consecutivi il titolo italiano, favorita anche dal ritiro dalle scene, onore al merito, di una campionessa come Silvia Marangoni, per ben 11 volte campionessa del mondo, della quale spero di imitarne, almeno in parte, i successi». Ammirazione per la Marangoni a parte, qual è il suo atleta preferito? «Se parliamo di ghiaccio, ma anche in assoluto, senz’altro Javier Fernandez, campione del mondo uscente, oltre al leggendario Plushenko. In campo femminile, le atlete russe sono senz’altro da ammirare». Torniamo alla trasferta di Nanchino. «Fare parte della Nazionale è entusiasmante. Lo staff, i compagni, lo stare insieme, scoprire mondi nuovi e così diversi dal luogo di origine, è un’esperienza che fortifica ed inorgoglisce. Della trasferta cinese ricorderò per sempre i taxisti: guidano come pazzi!» Nel particolare, Metka Kuk come si prepara alla gara? «Prima della gara, dopo aver fatto il ‘warm up’, il riscaldamento e le prove tecniche, non faccio assolutamente nulla; mi siedo e aspetto il mio turno guardando gli altri che provano. È così da sempre; non far nulla mi rilassa e serve a concentrarmi».
Adesso che vive a Lubiana come concilia gli allenamenti? «Non concilio, nel senso che l’Università è molto impegnativa e gli accessi alle varie piste mi sono consentiti, al momento, solo negli orari aperti al pubblico, in quanto non ho ancora il riconoscimento di atleta ‘di interesse’. Spero di ottenerlo presto, altrimenti sceglierò un appartamento molto lontano dalla facoltà e mi costringerò ad andare a lezione a piedi, così terrò almeno le gambe allenate. Non ho nemmeno potuto partecipare ai Campionati Europei perché i tempi dell’Università non me lo consentivano». Trieste o Lubiana, quale preferisce? «Non potrei fare a meno di entrambe. Sono il mio mondo, le mie radici, i posti dove sento di poter tornare. L’una completa l’altra; mi appartengono». Siamo ai saluti finali. Un paio di anni fa ho intervistato Tadej Pivk, di Žabnice, per gli italiani Camporosso Valcanale, anche lui cittadino italiano di nazionalità slovena. Era già campione del mondo di corsa in montagna, ma gli interessava vincere la Coppa del Mondo, che è un’altra cosa, e dopo l’intervista l’ha vinta per due volte. Spero di portarle la stessa fortuna. «Hvala, Grazie». Un’ultima cosa; è fidanzata? «No, non ancora». Fantje, ragazzi, cosa aspettate a farvi avanti? Lo so, potrebbe essere difficile raggiungerla, vista la rapidità delle sue evoluzioni, ma, credetemi, non esiste nulla di più stabile della ricerca continua dell’equilibrio. Chi lo dice? Io … e Vasco Rossi … che la vita è tutto un equilibrio sopra la follia!
Chiunque voglia segnalare “un mito della porta accanto”, può scrivere alla redazione di iMagazine: info@imagazine.it |
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ANGELO SIMONETTI Servizio di Andrea Doncovio
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Arte e memoria A 14 anni dall’attentato di Nassirya nel quale morirono 19 italiani, l’Associazione Nazionale Carabinieri di Cervignano inaugura un monumento per onorarne la memoria. Lo ha realizzato lo scultore di Ruda Angelo Simonetti. iMagazine lo ha ammirato in anteprima.
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Nel suo laboratorio a Mortesins di Ruda, Angelo Simonetti osserva con attenzione l’ultima opera realizzata in ordine di tempo. Fino all’8 novembre potrà limare ogni piccolo dettaglio, poi la grande pietra dal peso di 2 tonnellate, sapientemente modellata dalle sue mani, verrà posizionata a Cervignano del Friuli, in prossimità della scuola primaria “Giovanni Biavi”, per volontà dalla locale sezione dell’Associazione Nazionale Carabinieri, che venerdì 10 novembre inaugurerà l’opera con una cerimonia commemorativa (inizio ore 10.30) cui parteciperanno autorità politiche e militari provenienti da tutto il Friuli Venezia Giulia, per ri-
cordare le 19 vittime italiane (13 carabinieri, 4 soldati dell’esercito e 2 civili) dell’attentato avvenuto a Nassirya, in Iraq, il 12 novembre 2003. «Il monumento – spiega Franco Forlin, presidente dell’A.N.C. cervignanese – vuole rappresentare il luogo ove è avvenuta la strage: l’artista ha scolpito la fiamma, simbolo dell’Arma, e ha incavato uno spazio per porvi la targa che reca impressi i nomi dei caduti. Nella parte posteriore ha simbolicamente rappresentato il momento cruciale della tragedia, l’irradiarsi dell’onda d’urto verso la struttura che ospitava i militari». E proprio Forlin, su suggerimento di altri componenti dell’associazione, Antonino Ferrigno e Roberto Fattor, ha voluto commissionare l’opera ad Angelo Simonetti. «Per me è un onore – afferma l’artista – poter realizzare questo monumento, in particolare per il valore simbolico che vuole trasmettere». Simonetti, classe 1960, attualmente in pensione, è stato in carriera un poliziotto investigativo. La passione per l’arte, tuttavia, è insita in lui da sempre: «Da ragazzo – ricorda – ho frequentato a Napoli l’Istituto d’arte, acquisendo il titolo di Maestro d’Arte e il diploma d’Arte Applicata nella sezione Decorazioni plastiche». Trasferitosi in Friuli ha continuato la carriera di poliziotto e, contemporaneamente, quella di artista: In apertura, da sinistra Ferrigno, Simonetti e Forlin. Di fianco, il retro del monumento dov’è rappresentato l’irradiarsi dell’onda d’urto verso la struttura che ospitava i militari italiani a Nassirya. Pagina accanto, la targa con i nomi dei caduti.
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«Il sostegno di mia moglie e mio figlio – confida – sono stati determinanti per consentirmi di portare avanti entrambi gli impegni, scelta che ha inevitabilmente influito sul tempo che potevo dedicare alla famiglia». Proprio in Friuli Venezia Giulia Simonetti ha potuto conoscere i professori e scultori Vittorio Balcone e Roberto Nanut, che lo hanno avvicinato all’ambiente artistico friulano, sloveno e austriaco. In seguito ha frequentato lo studio del maestro incisore Giovanbattista Nitti di Vicenza, apprendendo l’arte di incisione calcografica e realizzando numerose stampe. Negli anni Simonetti ha partecipato a simposi di scultura e mostre d’arte nazionali e internazionali. «Per le mie opere – sottolinea – il più delle volte trovo ispirazione dalla natura che ci insegna già tutto. Non mi limito tuttavia a una semplice riproduzione fedele: ritengo fondamentale saper interpretare quanto vediamo attorno a noi». Quella di Cervignano sarà l’undicesima opera pubblica del maestro Angelo Simonetti collocata in Friuli Venezia Giulia. Le altre si trovano a Gorizia (al Parco della Rimembranza e in altri luoghi cittadini), Monfalcone, Ronchi dei Legionari, San Floriano del Collio, Trieste e in Val d’Arzino. Per ulteriori informazioni o per visionare i suoi lavori è possibile consultare il sito: www.angelosimonettiscultore.com Andrea Doncovio
chef…ame!
Paté di fegato d’oca al Ramandolo di Nimis e pane brioche Ricetta del Maestro di Cucina Germano Pontoni Preparazione
Tritare e far imbiondire a calore basso la cipolla con 50 gr di burro e aggiungere la salvia. In una padella antiaderente ben calda far rosolare velocemente il fegato lavato, sgocciolato e tagliato a pezzetti. Bagnare con il Ramandolo e far evaporare, salare e pepare, versare nella cipolla ben cotta e quasi trasparente. Cuocere assieme per 5 minuti e intiepidire. Togliere la salvia, passare al mixer il fegato e successivamente al setaccio, ripassare al mixer e incorporare il burro rimasto ben freddo, tagliato a pezzetti, fino a ottenere una crema chiara. Regolare di sapore, mettere in una bacinella e far raffreddare. Versare nei bicchieri bassi un cucchiaio di gelatina liquida non fredda, mettere in una sacca da pasticceria con cornetto rigato, far cadere sopra la gelatina al centro del bicchiere (staccato dal vetro per mezzo centimetro), guarnire con una fettina di carota lessa rigata al centro e una foglia di prezzemolo. Far rassodare in frigorifero e versare la gelatina rimasta coprendo il tutto. Far tostare in forno il pane brioche e servire il paté di fegato d’oca con il pane e i chicchi di uva passita. Accompagnare con un bicchiere di vino Ramandolo.
L’oca e il vin novello
Ovvero una grande festa di paese che conta 22 anni di successi Quale sposalizio migliore di quello tra la carne dell’oca matura, cotta come si deve, e un vinello giovane e brioso. Ecco quindi che a Lavariano, dopo il formaggio della locale Latteria, che vanta riconoscimenti da ogni dove, di prepotenza e accompagnata da iniziative per renderla sempre più famosa, l’oca - animale importante per l’economia di un tempo e regina delle tavole della civiltà rurale - si ripropone, o meglio si afferma, con grande entusiasmo, da oramai un ventennio, e delizia i palati degli intenditori prestandosi a essere trasformata con fantasia dalle mani delle cuoche e dei simpatizzanti di Lavariano e Dintorni. La nutrita giuria di popolo, come dimostra la quantità e la varietà dei piatti che vengono proposti in questa due giorni autunnale (11-12 novembre), ha tutte le carte in regola per esaltare le nuove proposte, che di anno in anno a tema vengono assaggiate e valutate per poi, gli anni a venire, diventare prelibatezze da degustare. La valutazione delle ricette non è cosa semplice per la giuria, ma alla fine sono tutti felici, sia i vincitori sia i partecipanti. È questo entusiasmo che mi ha portato a raccogliere le ricette che di anno in anno sono state proposte. Alcune creative per essere viste sotto la lente di ingrandimento, altre per gli abbinamenti a volte interessanti e curiosi, in ogni caso la carne cotta a ”puntino” e presentata con un po’ di innovazione è
Ingredienti per 4 persone - 500 gr di fegato d’oca naturale - 150 gr di burro - 1 cucchiaio di cipolla bianca - Mezzo bicchiere di vino Ramandolo di Nimis - 2 foglie di salvia - 80 gr di gelatina pronta (confezione in polvere da stemperare in acqua o vino) - Sale e pepe q.b., 1 carota lessa, 4 piccole foglie di prezzemolo, 4 fette di pane brioche e chicchi di uvetta passita - 4 bicchieri bassi e larghi
sempre tenuta in massima considerazione. Di anno in anno la giuria, dopo aver premiato i vincitori, emana il “tema” da proporre l’anno successivo, coscia o petto, primo o secondo piatto o piatto unico e, perché no, le frattaglie che nella scorsa edizione hanno avuto un grande successo. Le ricette raccolte sono diventate una “gusto- Germano Pontoni sa” pubblicazione per i Maestro di Cucina 347 3491310 vent’anni di “L’Oca e il Vin Cell: Mail: germanoca@libero.it Novello”. Sembra l’altro ieri quando, nel 1986, Dante Bernardis, il Cantore dell’Oca di Lavariano, mi inviò la ricetta “La Viarte, La Primavera (Crespelle con le carni d’oca e “sclopit”) pubblicata sul mio primo libro riguardante l’oca. In effetti da allora sono trascorsi molti anni e per l’Oca di Lavariano c’è sempre la buona stagione: lo dimostra l’impegno assunto dall’intera comunità che, in autunno, per le prime brume, festeggia l’oca, animale menzionato già da Strabone nei suoi scritti su Aquileia durante il periodo della Pax Augustea, quando gli allevatori di oche (Anserarii) e i loro schiavi vivevano una buona economia vendendo il fegato (ficatum) delle oche ingrassate con fichi secchi alle mense dei nobili dell’antica Roma. Preludio del francese “Foye Gras”… |
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Dottor Roberto Pagnanelli La filosofia del dottor Pagnanelli è quella di offrire alla persona la massima attenzione ai bisogni e alle esigenze in tema di salute, prevenzione e benessere, senza per questo tralasciare i risvolti psicologici che spesso sono alla base dei sintomi. In linea con questa tradizione, il medico ha permesso ai pazienti di confrontarsi con le varie strategie terapeutiche, dai fiori di Bach agli oligoelementi, dalla fitoterapia all’omeopatia, non disdegnando, in casi adeguati, l’impiego di farmaci chimici e di psicoterapie associate. Il medico psi-
Problematiche affrontate: ● ANSIA ● PANICO ● DEPRESSIONE ● INSONNIA
coterapeuta ha potuto trasmettere le proprie conoscenze in materia attraverso numerosi libri che hanno visto nascere e crescere un sempre maggior numero di lettori e un significativo interesse verso la comprensione delle dinamiche psichiche che sottendono i sintomi e, in particolare, dei principali rimedi attraverso cui curarli. Così persone che hanno subito lutti e perdite, problemi lavorativi, esperienze traumatiche, ansia, depressione e patologie psicosomatiche (quali eczemi, cefalee, gastriti) hanno trovato conforto in un approccio multidisciplinare che comprende terapie naturali, psicologiche e farmacologiche. A ogni paziente il suo trattamento. Il dottor Roberto Pagnanelli, psichiatra ideatore della Musicoterapia Cinematografica, riceve su appuntamento a Trieste, Udine, Monfalcone e Gorizia. Per info e appuntamenti: Cell.: 330-240171; www.robertopagnanelli.it ● PATOLOGIE PSICOSOMATICHE: - Gastriti - Eczemi - Cefalee - Cure disintossicanti stagionali e depurazioni preventive
Dottoressa Cristina Orel Molto frequentemente il malessere è dovuto allo stress, all’ansia o alla depressione. In questi casi una persona comincia a porsi alcune domande: “Come sto oggi? Il mio umore è nero!”, “Soffro d’ansia e dormo male, mi sveglio stanco al mattino”, “Il mio malessere ha raggiunto livelli di guardia… Che posso fare?”. Il rimedio di questi stati esiste: una buona psicoterapia con un’esperta di tecniche mentali. Molte manifestazioni psichiche dimostrano un disagio interiore. Sen-
so di sfiducia, insicurezza, ansia, problematiche scolastiche e relazionali. “Non ce la faccio più ad andare avanti”, “L’angoscia mi distrugge…”, “Non riesco a superare un esame”, “Come posso risolvere?”. Da molti anni la dottoressa Orel, psicologa psicoterapeuta specializzata all’Istituto Riza ed esperta di rimedi naturali, autrice di alcuni libri, aiuta a ritrovare la fiducia in sé, a riprendere nelle proprie mani la propria vita, con accoglienza e professionalità. Questo approccio, psicosomatico ed immaginativo, è in grado di garantire in tempi brevi un pieno recupero della proprie capacità emotive e relazionali. L’aiuto di una professionista per un benessere sicuro. La dottoressa Cristina Orel psicologa-clinica, riceve su appuntamento a Trieste, Monfalcone, Udine e Gorizia. Per info e appuntamenti: Cell.: 333-6913969; www.studiopsicoterapiaorel.com
MOSTRE IN FVG (calendario aggiornato su www.imagazine.it) Fino al 12 novembre ▶SENTIERI ILLUSTRATI Esposte a Pordenone le opere dei 12 “millennials” dell’illustrazione italiana. Pordenone. Galleria Sagittaria, via Concordia 7. Orario: lun-sab 9-19, dom 16-19. Ingresso libero. Info: www.centroculturapordenone.it Fino al 12 novembre ▶PIERRE ZUFFEREY EXIL Personale dell’artista svizzero. Muggia (TS). Museo Ugo Carà, via Roma 9. Orario: mar-ven 17-19, sab 10-12/17-19, dom 10-12. Ingresso libero. Info: 040 9278632
Esposizione di carnet de voyage. Monfalcone (GO). Biblioteca comunale, via Ceriani 10. Orario: lun-ven 9.30-19, sab 9.30-13. Ingresso libero. Info: www.bibliotecamonfalcone.it Fino al 25 novembre ▶VENTO D’AUTUNNO Visioni di Marina Legovini. Gorizia. Galleria LegAntiqua, corso Verdi 73. Orario: lun-sab 912.30/15.30-19.30. Ingresso libero. Info: www.imagazine.it
Fino al 26 novembre ▶ROBERT CAPA IN ITALIA 35 fotografie originali incorniciate e oltre 100 immagini del biennio 1943–44. Trieste. Alinari Image Museum, piazza della Cattedrale 3. Orario: mar-dom 10-19. Ingresso: € 3. Info: www.imagemuseum.eu
Fino al 18 novembre ▶LINEE DI FUGA Mostra di Roberta de Jorio e Roberto del Frate. Trieste. Atelier Home Gallery, via della Geppa 2. Orario: gio-sab 18-20. Ingresso libero. Info: www.exibart.com Fino al 19 novembre ▶DURO JANEKOVIC Immagini del fotografo zagabrese realizzate fra il 1930 e il 1935. Gradisca d’Isonzo (GO). Galleria Spazzapan, via Ciotti 51. Orario: mer-ven 15-19, sab-dom 10-13/1419. Ingresso: € 3. Info: www.galleriaspazzapan.it
Fino al 20 novembre ▶SCORCI MONFALCONESI
Fino al 9 dicembre ▶DIFETTO MODERNO Personale del pittore sloveno Aleksander Veliscek. Trieste. Galleria MLZ Art Dep, via Galatti 14. Orario: gio-sab 17-19.30. Ingresso libero. Info: marcolorenzetti.ac@gmail.com
Fino al 10 dicembre ▶GORIZIA MAGICA Libri e giocattoli per ragazzi 19001945. Gorizia. Fondazione Carigo, via Carducci 2. Orario: mer 16-19, sab-dom 1014/15-19. Ingresso libero. Info: www.fondazionecarigo.it ▶MARCELLO MASCHERINI Lo scultore dei transatlantici. Esposte sculture in bronzo di dimensioni più che naturali. Monfalcone (GO). Museo della Cantieristica, via del Mercato 3. Orario: mar/ dom 10-13, ven/sab 10-18.
Ingresso: € 7. Info: www. mucamonfalcone.it Fino al 17 dicembre ▶DIARI DELLA SOPRAFFAZIONE Da Auschwitz al genocidio armeno: una mostra sugli “Olocausti” del nostro tempo. Opere di Bruno Fadel. Sesto al Reghena (PN). Abbazia di Santa Maria in Silvis. Orario: ven-dom 1012/15-18. Ingresso libero. Info: www.viedellabbaziasesto.it Fino al 22 dicembre ▶VENEZIA E TRIESTE SULLE ROTTE DELLA RICCHEZZA E DELLA PAURA Un’esposizione per ripercorrere una storia tra epidemie e sviluppo mercantile. Trieste. Civico museo del mare, via di Campo Marzio 5. Orario: gio-mar 913. Ingresso libero. Info: www.museodelmaretrieste.it
Fino al 6 gennaio ▶LIVING LANDSCAPE Il paesaggio del Carso in mostra. Trieste. Museo civico di storia naturale, via dei Tominz 4. Orario: lun/mer/ gio/ven 10-17, sab-dom 10-19. Ingresso: € 3. Info: www.museostorianaturaletrieste.it Fino al 7 gennaio ▶L’OFFENSIVA DI CARTA La Grande Guerra illustrata. Dalla collezione Luxardo al fumetto contemporaneo. Udine. Castello, piazza del Castello 1. Orario: mar-dom 10.30-17. Ingresso: € 8. Info: www.civicimuseiudine.it
Mostra fotografica di Ulderica da Pozzo. Un inedito approfondimento sull’ex Ospedale Psichiatrico di Sant’Osvaldo di Udine. Udine. Palazzo Morpurgo, via Savorgnana 12. Orario: ven-sab 15-18, dom 10.3012.30/15-18. Ingresso libero. Info: www.civicimuseiudine.it Fino al 7 gennaio ▶IL LIBERTY E LA RIVOLUZIONE EUROPEA DELLE ARTI Dal Museo di arti decorative di Praga una selezione di 200 opere. Trieste. Castello di Miramare, viale Miramare. Orario: lun-dom 9-19. Ingresso: € 10. Info: www. castello-miramare.it
Fino al 18 febbraio ▶MARIA TERESA A TRIESTE Storia e culture della città e del suo porto. Trieste. Magazzino delle Idee, Corso Cavour 2. Orario: mar-dom 10-19. Ingresso: € 6. Info: www.mariateresaetrieste.it Fino al 21 aprile ▶DEA DEL CIELO O FIGLIA DI EVA? Mostra sulla donna nella letteratura italiana fra Rinascimento e Controriforma. Trieste. Museo Petrarchesco Piccolomineo, via Madonna del Mare 13. Orario: lun-sab 9-13, gio 913/15-19. Ingresso: € 4. Info: 040 6758200
Fino al 7 gennaio ▶OLTRE LE PORTE
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26 novembre ▶ Beppe Grillo
Si intitola “Fake” la nuova fatica dell’artista genovese, che il pubblico del Friuli Venezia Giulia potrà riabbracciare, a distanza di sette anni, nell’unica data regionale del suo nuovo tour. Udine. Teatro Nuovo Giovanni da Udine. Ore 21. Info: www.azalea.it
ristorante
Il range di prezzo indicato (ove applicabile) si riferisce al costo medio di un pasto, escluse bevande alcoliche. I dati segnalati sono stati forniti direttamente dal Gestore del locale. Qualora doveste verificare delle discordanze, Vi invitiamo a segnalarcelo.
1 dicembre ▶ La vedova allegra
Un capolavoro di genuina ispirazione dove i protagonisti sono coinvolti in un vorticoso e divertente scambio di coppie, di promesse, di sospetti e di rivelazioni. Nuovo allestimento della compagnia Corrado Abbati. Gorizia. Teatro Verdi. Ore 20.45. Info: www.comune.gorizia.it/teatro
ristorante
e inoltre... 5-6 dicembre ▶ Emilia
Vincitore dell’Oscar del teatro italiano 2017. Pordenone. Teatro Verdi. Ore 20.45. Info: www.comunalegiuseppeverdi.it
7 dicembre ▶ Lo Schiaccianoci
Con il Balletto di Roma. Cormóns (GO). Teatro Comunale. Ore 21. Info: www.artistiassociatigorizia.it
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Pub
La prima trasposizione teatrale del capolavoro di Umberto Eco è firmata da uno degli autori teatrali più raffinati e ammirati del nostro tempo, Stefano Massini. Rivivremo così la storia di Adso e di Guglielmo da Baskerville. Trieste. Politeama Rossetti. Ore 20.30 (10/12 ore 16). Info: www.ilrossetti.com
trattoria
6-10 dicembre ▶ Il nome della rosa
agriturismo
20 dicembre ▶ La Taviata delle Camelie
L’interazione tra David Riondino, Dario Vergassola, una cantante e la musica originale di Giuseppe Verdi arrangiata per ensemble da camera, attraverso una serie di situazioni drammatiche ma anche dissacranti. Cervignano del Friuli (UD). Teatro Pasolini. Ore 21. Info: www.teatropasolini.it
11-12 dicembre ▶ Sei personaggi in cerca di autore
Di Luigi Pirandello, con Eros Pagni. Monfalcone (GO). Teatro Comunale. Ore 20.45. Info: www.teatromonfalcone.it
15 dicembre ▶ Ma voi… Come stai?
Di e con Anna Maria Barbera. Prima regionale. Gradisca d’Isonzo (GO). Nuovo Teatro Comunale. Ore 21. Info: www.artistiassociatigorizia.it
L I V E
M U S I C
15 novembre ▶ Peter Hammil
Uno dei principali esponenti della corrente progressive rock made in UK e storica voce dei Van der Graaf Generator sbarca in regione con un nuovo capitolo della sua carriera solista. Tolmezzo (UD). Teatro Candoni. Ore 21. Info: www. azalea.it
25 novembre ▶ Dave Holland Trio
Il sound e l’empatia collettiva che Holland genera quando suona con altri musicisti rendono i suoi concerti un’esperienza sonora unica e affascinante. Con lui Kevin Eubanks e Obed Calvaire. Sacile (PN). Teatro Zancanaro. Ore 21. Info: http:// controtempo.org
e inoltre... 2 dicembre ▶ Spiritual Galaxy
Concerto conclusivo di “Il volo del jazz”. Sacile (PN). Teatro Zancanaro. Ore 21. Info: http:// controtempo.org
15 dicembre ▶ Gabriele Carcano 82
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settembre-ottobre 2007
| L’INFORMAFREEMAGAZINE
Concerto per pianoforte. Monfalcone (GO). Teatro Comunale. Ore 20.45. Info: www.teatromonfalcone.it
30 novembre ▶ Jordi Savall
Assieme all’ensemble Hespèrion XXI in un concerto sulla tradizione musicale di Istanbul, culla di popoli e religioni, città che ha sempre attirato viaggiatori e artisti europei. Pordenone. Teatro Verdi. Ore 20.45. Info: www.comunalegiuseppeverdi.it
19 dicembre ▶ South Carolina Mass Choir
I grandi inni della tradizione gospel e gli spirituals che affondano le loro radici nel cuore dell’America nera proposti da una delle corali più famose al mondo. Udine. Teatro Nuovo Giovanni da Udine. Ore 20.45. Info: www. teatroudine.it
31 dicembre ▶ Strauss Festival Orchester Wien
Concerto di fine anno. Udine. Teatro Nuovo Giovanni da Udine. Ore 18. Info: www.teatroudine.it
7 gennaio ▶ Fiorella Mannoia
Combattente – Il tour. Trieste. Politeama Rossetti. Ore 21. Info: www.azalea.it
FOLKLORE
10-13 novembre ▶ Fiera di San Martino
Il tradizionale mercato animerà il centro cittadino mentre nell’area del Mesol sarà posizionato il luna park con le sue attrazioni. In programma anche mostre e concerti. Numerosi stand enogastronomici. Cervignano del Friuli (UD). Centro cittadino. Info: www. prolococervignanofvg.it
17-20 novembre ▶ Fiera di Santa Elisabetta
Anche nella 184^ edizione della manifestazione, il momento culminante sarà la pesatura del tacchino gigante in piazza la domenica pomeriggio. Non mancheranno eventi culturali e il tradizionale mercato. Romans d’Isonzo (GO). Info: www.comune.romans.go.it
e inoltre... 10-12 novembre ▶ Gemona, formaggio e… dintorni
Mostra mercato e degustazioni. Gemona del Friuli (UD). Info: www.turismofvg.it
24-26 novembre ▶ Fiera di Santa Caterina
Bancarelle, dolciumi, artigianato e luna park. Udine. Info: www.comune.udine.it 84
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settembre-ottobre 2007
| L’INFORMAFREEMAGAZINE
www.imagazine.it
2-4 dicembre ▶ Fiera di Sant’Andrea
Uno dei momenti più attesi del Dicembre Goriziano, con il tradizionale mercato lungo le vie del centro e il grande luna park che attrae grandi e piccini. Attesa per l’accensione dell’abete natalizio collocato in piazza Vittoria. Gorizia. Info: www.comune.gorizia.it
24-26 novembre ▶ Chocofest
Ventesima edizione per la più grande festa del cioccolato in Friuli Venezia Giulia. Gli ospiti potranno godere del “cibo degli dei” da degustare in diversi modi. Liquido, in pezzi o accostato a dolci o frutta… Gradisca d’Isonzo (GO). Info: www.chocofest.it
5 dicembre ▶ Fiera di San Nicolò
Mercato e degustazioni. Monfalcone (GO). Info: www.comune.monfalcone.go.it
10 dicembre ▶ Sapori di Carnia
La tradizione culinaria in mostra. Raveo (UD). Info: 338 4009792 L’INFORMAFREEMAGAZINE
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SPORT
19 novembre ▶ Mezza Maratona Città di Palmanova
Gara podistica competitiva sulla distanza canonica della mezza maratona. È caratterizzata da un percorso veloce, privo di curve secche e completamente piatto. Palmanova (UD). Partenza da Piazza Grande, ore 10. Info: www.espalmanova.it
9 dicembre ▶ Master Cross Selle SMP
5-10 dicembre ▶ Campionati italiani di pugilato olimpico
6 gennaio ▶ S1 Trail – La corsa della Bora
Sei giorni di grande boxe con atleti e tecnici provenienti da tutta Italia e personale dello Staff Federale (arbitri, commissari, medici sportivi, speaker). Attesi ospiti d’onore di livello internazionale. Gorizia. PalaBrumatti. Info: www.planetfighters.it
Evento sportivo di caratura internazionale. Al via i migliori atleti del ciclo pratismo europeo. Il tracciato di gara sarà ricavato anche questa volta all’interno del Parco di Piuma. Gorizia. Parco di Piuma. Info: www.caprivesimtbteam.it
Oltre alle marce non competitive da 8 e 57 km, attesa per l’Ipertrail da 164 km, riservato solo ad atleti esperti in navigazione GPS, lungo i saliscendi del Carso triestino. Trieste. Info: www.s1trail.com
e inoltre...
www.imagazine.it
12-26 novembre ▶ Campionato Mondiale di scacchi
2-3 dicembre ▶ Telethon 2017
25-26 novembre ▶ Gran Galà Alfa Romeo
17 dicembre ▶ Marcia di Babbo Natale
Categorie maschili e femminili under 20. Tarvisio (UD). Palasport. Info: www.turismofvg.it Raduno monomarca con sfilata lungo la pianura friulana. Palmanova (UD). Info: www.grangala.info
Staffetta 24x1 ora. Udine. Centro storico. Info: www.telethonudine.it Percorsi da 6, 12 e 18 km. Spilimbergo (PN). Info: http://prospilimbergo.org
YOUNG
26 novembre ▶ Tato lupo e la bella addormentata nel bosco
La strega Bruttaghigna lancia una maledizione sulla piccola Aurora, secondo cui allo scoccare dei sedici anni di età la ragazza si pungerà con il fuso di un arcolaio e morirà. Intervengono per fortuna le tre fate buone Gioia, Allegra e Serena… Cormòns (GO). Teatro Comunale. Ore 16. Info: www. artistiassociatigorizia.it
3 dicembre ▶ Il viaggio di Tartaruga
Una placida e ostinata tartaruga viene a sapere che il suo amico leone sta per sposarsi e si mette in cammino per partecipare alla festa. Lungo la strada incontra diversi animali che le sconsigliano di continuare: “un viaggio simile non è roba per una creatura lenta come lei”. E invece… Gradisca d’Isonzo (GO). Nuovo Teatro Comunale. Ore 16. Info: www.artistiassociatigorizia.it
11-29 dicembre ▶ Piccolo Festival dell’Animazione
Ampia panoramica del corto d’animazione per valorizzare le eccellenze culturali. Una prima tranche totalmente all’insegna dei giovani, e una seconda che è un vero e proprio concorso. Pordenone. Info: www.vivacomix.net
17 dicembre ▶ Il canto di Natale
Scrooge, uomo d’affari che pensa solo al successo a discapito della famiglia, non riesce a godere del tepore del Natale, finché la notte della vigilia si trova di fronte tre fantasmi, che rappresentano il passato, il presente e il futuro… Trieste. Teatro Bobbio. Ore 16.30. Info: www.contrada.it
www.imagazine.it
e inoltre... 12 novembre ▶ Il giro del mondo in 80 giorni
Liberamente ispirato al romanzo di Jules Verne. Gorizia. Teatro Verdi. Ore 16. Info: www.comune.gorizia.it/teatro
25 novembre ▶ Giochiamo con la natura
Laboratorio ludico didattico. Trieste. Località Prosecco. Ore 15. Info: www. curiosidinatura.it
26 novembre ▶ Il postino di Babbo Natale
Teatro di narrazione e pupazzi. Monfalcone (GO). Teatro Comunale. Ore 17. Info: www. teatromonfalcone.it
5 dicembre ▶ Arriva San Nicolò
Sfilata in centro e dolci per tutti. Cervignano del Friuli (UD). Ore 17. Info: www.ricre.org
F 20-23 NOVEMBRE
Viale Borgo Palazzo, 137 BERGAMO Tel 035 3230911 www.promoberg.it
▶I SEMINARI DI QUALYFOOD
I seminari di Qualyfood
11-13/17-19 NOVEMBRE
▶SALONE DEL MOBILE
Mobili e complementi d’arredo 1-3 DICEMBRE
▶GOURMARTE
Eccellenze gastronomiche del made in Italy
via della Fiera, 11 FERRARA Tel 0532 900713 www.ferrarafiere.it
4-5 NOVEMBRE
▶USI & COSTUMI
Promozione del patrimonio 16-18 NOVEMBRE
▶FUTURPERA Viale della Fiera, 20 BOLOGNA Tel 051 282111 www.bolognafiere.it
17-19 NOVEMBRE
▶IL MONDO CREATIVO
Hobbistica, belle arti, fai da te
18-19 NOVEMBRE
▶MONDO ELETTRONICA
Mercatino radioamatore 19-20 NOVEMBRE
Fiera mondiale della pera 8 DICEMBRE
▶AUTO E MOTO DEL PASSATO
Grande mercato
16-17 DICEMBRE / 22 DICEMBRE – 7 GENNAIO
▶WINTER WONDERLAND
Parco divertimenti indoor
22-24 NOVEMBRE
Cartoleria, cancelleria
▶FLORENCE TATTOO
Arredi e attrezzature per saloni acconciatura
▶BIG BUYER
2-3 DICEMBRE
▶MODEL GAME
Modellismo statico e dinamico 2-10 DICEMBRE
▶MOTOR SHOW
Salone internazionale dell’automobile
Cremona Fiere s.p.a. Piazza Zelioli Lanzini, 1 CREMONA Tel 0372 598011 www.cremonafiere.it
11-14 NOVEMBRE
▶IL BONTÀ
Eccellenze gastronomiche dei territori 11-14 NOVEMBRE
▶IL BONTÀ TECH
Cibo ed esperienza tecnologica
11-14 NOVEMBRE
▶FREE FORM
Salone degli stili alimentari
11-14 NOVEMBRE
▶SPECIAL BEER EXPO
Birre speciali artigianali 17-19 NOVEMBRE
▶REINING FUTURITY
17-19 NOVEMBRE
▶COUNTRY CHRISTMAS
Ballo e musica country
E
R
9-10 DICEMBRE
▶GIZMARK
Informatica e radiantismo
Fieramilanocity Piazzale Carlo Magno 1 MILANO Fieramilano Strada statale del Sempione 28 RHO Tel 02 49971 www.fieramilano.it
3-5 NOVEMBRE
Tatuaggio e body art
9-11 NOVEMBRE
▶PELLEPIÙ
Tecnologia del lusso nella pelle 29-30 NOVEMBRE
▶BTO
Turismo e innovazione 15 DICEMBRE
▶ITALIAN WEDDING AWARDS
Esposizione mondiale del motociclismo Fiermilano
10-13 NOVEMBRE
▶CHIBIMART INVERNO
Moda e accessori
Fieramilanocity
GENOVA Tel 010 53911 www.fiera.ge.it
14-16 NOVEMBRE
▶ABCD
Salone italiano dell’educazione
17-19 NOVEMBRE
▶LIGURIA DOG SHOW
Esposizione internazionale canina 2-3 DICEMBRE
▶NATALIDEA
Shopping delle feste
2-3 DICEMBRE
▶SMACK & PLAY
Fumetto, videogame, cosplayer
25-27 NOVEMBRE
▶STILI E SAPORI
Gusto e stili di vita
▶WORLD ALLERGEN & SMART FOOD
Come mangiare per vivere meglio
Fieramilano
▶SMART BUILDING EXPO Fieramilano
17-19 NOVEMBRE
▶G! COME GIOCARE Fieramilanocity
24-26 NOVEMBRE
▶MILANO AUTO CLASSICA
Salone dell’auto classica e sportiva Fieramilano
2-10 DICEMBRE
▶A/F
L’artigianato in fiera Fieramilano
▶VEGAN DAYS
1-3/8-10/15-17
▶FESTIVAL DELL’ORIENTE
Via Rizzi, 67/a PARMA Tel 0521/9961 www.fiereparma.it
11-12 NOVEMBRE
▶MOSTRA ORNITOLOGICA
4-5 NOVEMBRE
▶TUTTINFIERA
Collezionismo, elettronica, modellismo 10-13 NOVEMBRE
▶ARTE PADOVA
Mostra mercato arte moderna e conteporanea 11-12 NOVEMBRE
▶QUATTROZAMPE
Cani e gatti
16-18 NOVEMBRE
▶EXPOSCUOLA
▶SIPAC
Attrezzature per campeggio e outdoor
Alimentazione senza glutine
▶ Via Cotonificio, 96 Torreano di Martignacco (UD) UDINE Tel 0432 4951 www.udinegoriziafiere.it Via della Barca, 15 GORIZIA
16-19 NOVEMBRE ▶LIBRINSIEME
Autori, editori, librai Udine
16-19 NOVEMBRE Viale Treviso 1 PORDENONE Tel 0434 23 21 11 www.fierapordenone.it
4-5/11-12 NOVEMBRE
▶RISO E CONFETTI
Prodotti e servizi per il matrimonio 8-9 NOVEMBRE
▶PUNTO D’INCONTRO
Lavoro, formazione, orientamento
10-12 NOVEMBRE
▶FESTIVAL IRLANDESE
10-12 NOVEMBRE
▶HOBBY SHOW
Salone italiano della creatività
10-12 NOVEMBRE
Creatività e divertimento e misura 0-10 18-19 NOVEMBRE
▶RADIOAMATORE2
Elettronica e computer
Dove le feste sono di casa Udine
Viale del Lavoro, 8 VERONA Tel 045 8298111 www.veronafiere.it
24-26 NOVEMBRE ▶VERONA MINERAL SHOW
Minerali, fossili, preziosi
24-26 NOVEMBRE ▶VERONAFIL
Filatelica, numismatica e cartofila 4-5 DICEMBRE
▶WINE2WINE
Business del vino 16-17 DICEMBRE
▶ESPOSIZIONE INTERNAZIONALE CANINA
18-19 NOVEMBRE
▶FOTOMERCATO
Antiquariato, usato e digitale fotografico
18-19 NOVEMBRE
▶GAMECOM
Giochi e cartoni animati 25-27 NOVEMBRE
▶ESTETICA SHOW
12-14 DICEMBRE
▶RIVE
Viticoltura ed enologia
Educazione, formazione, lavoro 22-23 NOVEMBRE
18-21 NOVEMBRE ▶GLUTEN FREE EXPO
▶IDEA NATALE
▶GIOCA BIMBI Via N. Tommaseo, 59 PADOVA Tel 049 840111 www.padovafiere.it
Recupero di materia e sviluppo sostenibile
25-27 NOVEMBRE
▶SICUREZZA
Sicurezza e prevenzione incendi
7-10 NOVEMBRE ▶ECO MONDO
25-27 NOVEMBRE
15-17 NOVEMBRE
Eccellenza e professionalità nel settore matrimonio
Piazzale J. F. Kennedy, 1
E
7-12 NOVEMBRE
▶EICMA
15-17 NOVEMBRE
Piazza Adua, 1 FIRENZE Tel 055 49721 www.firenzefiera.it
▶ON HAIR
I
Via dell’Oreficeria, 16 VICENZA Tel 0444 969111 www.vicenzafiera.it
11-14 NOVEMBRE ▶COSMOFOOD
Eccellenze enogastronomiche 24 NOVEMBRE – 3 DICEMBRE
▶SPAZIOCASA Via Emilia, 155 RIMINI Tel 0541 744111 www.riminifiera.it
Idee e soluzioni per l’abitare
F U O R I
R E G I O N E
T R E V I S O 10-26 novembre
▶ANTICA SAGRA DI CONTEA 236^ edizione dell’evento che offre specialità gastronomiche, musica dal vivo, ballo, intrattenimento per bambini e famiglie oltre all’atteso quiz a squadre della “Ruota della fortuna”. Montebelluna. Località Contea. Info: 347 7316950 11-12 novembre
▶SPORT&SHOW Spettacoli, esibizioni, mostre, su una superficie di oltre 35.000 metri quadrati, coinvolgendo aziende del settore, club e team di tutti gli sport motoristici. Treviso. Zona Dogana. Info: www.sport-show.it 19 novembre
▶PEDEMONTANA IN CORSA Mezza maratona di 21,300 km. Si correrà su percorso collinare, su strade asfaltate e alcuni tratti di sterrato, all’interno dei comuni di Castelcucco, Possagno, Cavaso del Tomba e Monfumo. Monfumo. Info: 392 6629735 3 dicembre
▶PROSECCO RUN Gara Internazionale Fidal Bronze di corsa su strada sulla distanza di 21,097 Km omologata A. Mezza Maratona sulle strade del Prosecco Superiore, Conegliano, Valdobbiadene DOCG. Vidor. Info: www.silcaultralite.it 8 dicembre
▶I MERCATINI DI NATALE Bancarelle di artigiani e produttori a KM 0 dove trovare articoli e prodotti per tutti i gusti e ottime occasioni per i regali di Natale. Nel pomeriggio per tutti i bambini animazione con la presenza di Babbo Natale. Castello di Godego. Info: www.prolococastellodigodego.it Fino al 26 dicembre
▶RITRATTI Un percorso tra classico e contemporaneo con opere di maestri del Rinascimento e di giovani artisti contemporanei presenti negli archivi della Fondazione Bevilacqua La Masa, oltre a Walter Davanzo. Villorba. Barchessa di Villa Giovannina. Info: info@artikaeventi.com Fino al 14 gennaio
▶ILLUSTRI PERSUASIONI. TRA LE DUE GUERRE In mostra un centinaio di magnifiche testimonianze dell’arte pubblicitaria del periodo compreso tra la Prima e la Seconda guerra mondiale, dal 1920 al 1940. Treviso. Museo Nazionale Collezione Salce. Info: www.collezionesalce.beniculturali.it
F U O R I
R E G I O N E
V E N E Z I A 21 novembre
▶FESTA DELLA MADONNA DELLA SALUTE Ogni anno viene costruito un ponte provvisorio su barche che attraversa il Canal Grande per consentire il passaggio della processione. Decine di migliaia di persone rendono omaggio alla Madonna per la loro salute. Venezia. Basilica della Madonna della Salute. Info: http://basilicasalutevenezia.it Fino al 23 novembre
▶MAGISTER GIOTTO A 750 anni dalla nascita dell’artista, la mostra ne racconta la produzione artistica attraverso un percorso visivo e auditivo in un susseguirsi di ambienti di grande impatto percettivo. Venezia. Nuova Scuola Grande di Santa Maria della Misericordia. Info: www.exibart.com 12 dicembre
▶BIAGIO ANTONACCI Anteprima del nuovo tour che debutterà il 15 dicembre dal Nelson Mandela Forum di Firenze, per poi proseguire con una serie di live nei Palasport più importanti di Italia. Jesolo. PalaArrex. Ore 21. Info: www.azalea.it 28 dicembre – 1 gennaio
▶CONCERTO DI CAPODANNO A dirigere l’Orchestra e Coro del Teatro La Fenice sarà il Maestro Myung-Whun Chung. Tenore Michael Fabiano e soprano Maria Agresta. Venezia. Teatro La Fenice. Info: www.teatrolafenice.it Fino al 3 gennaio
▶TESORI DEI MOGHUL E DEI MAHARAJA Per la prima volta in Italia, la mostra dedicata alle gemme e ai gioielli indiani, dal XVI al XX secolo, appartenenti alla Collezione Al Thani. Oltre 270 oggetti raccontano 500 anni di storia dell’arte orafa legata al subcontinente indiano. Venezia. Palazzo Ducale. Info: www.palazzoducale.visitmuve.it Fino al 7 gennaio
▶SIMBOLISMO MISTICO Una quarantina di opere rilevanti, esposte nei diversi Salon di vari artisti, alcuni noti altri meno, che inviteranno a guardare e interpretare con occhi nuovi l’eredità artistica lasciata dal Simbolismo di fine ‘800. Venezia. Collezione Peggy Guggenheim. Info: www.guggenheim-venice.it Fino al 7 gennaio
▶PICASSO. SULLA SPIAGGIA Attraverso una selezione unica e raffinatissima di opere realizzate da Pablo Picasso tra febbraio e dicembre del 1937 emerge il rapporto speciale e privilegiato dell’artista spagnolo con il Mar Mediterraneo. Venezia. Collezione Peggy Guggenheim. Info: www.guggenheim-venice.it
O L T R E
C O N F I N E C R O A Z I A 6-11 novembre
▶POREČ DOX Festival internazionale del film documentario. Il programma mette l’accento sulle opere regionali, mentre quello d’intrattenimento su mostre, seminari, tavole rotonde e altri eventi. Parenzo. Info: www.poup.hr 17-19 novembre
▶GIORNATE DELL’OLIO D’OLIVA NOVELLO I maggiori olivicoltori e produttori di olio d’oliva dell’intera Euroregione Adriatica si danno appuntamento a Dignano. Previsto lo ‘spettacolo gastronomico’ curato dai ristoratori che prepareranno numerose sorprese. Dignano. Info: www.dmmu.info 21 novembre
▶FESTIVAL DELLA POLENTA Tradizionale festa popolare con un ricco programma di cultura, divertimento e gastronomia. Spazio principale dedicato alla polenta e ai suoi abbinamenti nei diversi piatti. Parenzo. Info: www.myporec.com 1-10 dicembre
▶FIERA DEI LIBRI IN ISTRIA Festival del libro che, oltre all’editoria croata, promuove anche l’editoria regionale europea. Vendita promozionale di libri accompagnata da una serie di eventi letterari... Pola. Info: www.sanjamknjige.hr 2 dicembre – 7 gennaio
▶GIORNATE DEI CALAMARI DELL’ADRIATICO I ristoratori dell’Istria Nord-occidentale proporranno a prezzi convenienti menù con diverse portate a base di calamaro, combinandole a vini locali e ad oli d’oliva di primissima qualità. Umago. Info: www.coloursofistria.com 10 dicembre
▶CAMPIONATO ISTRIANO INVERNALE DI CORSA Dai principianti ai dilettanti e professionisti, l’idea di base è quella di promuovere uno stile di vita sano. I percorsi saranno di profili diversi, dalla lunghezza variabile da 6 a 9 km. Pola. Info: www.trickeri.org 20-24 dicembre
▶FIERA DELLA CREATIVITÀ Esposizione e vendita di oggetti regalo, oggetti fatti a mano, decorazioni, prodotti ecologici, realizzati da hobbisti, artigiani, pasticcieri e altri artisti creativi. Pola. Info: udrugarazvoj@gmail.com
C A R I N Z I A 18 novembre – 24 dicembre
▶CHRISTKINDLMARKT Nel centro di Klagenfurt ricco di espositori specializzati sarà possibile acquistare i regali di Natale o gustare le specialità gastronomiche della regione in un’atmosfera rilassata e variopinta. Klagenfurt. Info: www.visitklagenfurt.at 24 novembre – 23 dicembre
▶AVVENTO A VELDEN Nei fine settimana che precedono le festività natalizie il programma prevede attività per i bambini, mercatino di Natale, punch e molte altre delizie gastronomiche. Velden. Info: http://veldener-advent.at 1 dicembre – 7 gennaio
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settembre-ottobre 2007
| L’INFORMAFREEMAGAZINE
▶AVVENTO AL “KAP 4613” Suggestive bancarelle e chioschi del vin brulé decorati e illuminati in stile natalizio sulla terrazza galleggiante sul Lago Millstatt. Millstattersee. Info: www.kap4613.at
O L T R E
C O N F I N E
S L O V E N I A 2-30 novembre
▶NOVEMBER GOURMET LJUBLJANA Durante il mese si svolgono le visite culinarie Sapori di Lubiana, Esperienza del vino a Lubiana e Esperienza della birra a Lubiana, accessibili a prezzi promozionali. Lubiana. Info: https://gourmet-lj.si 4-11 novembre
▶SENTIERO DEL VINO Lungo il fiume Ljubljanica si presenta l’offerta dei vitivinicoltori sloveni di tutte le regioni. Si potranno degustare i piatti sloveni tradizionali. Previsti concerti bandistici ed esibizioni di gruppi folcloristici. Lubiana. Info: http://en.slovenskifestivalvin.si 11 novembre
▶FESTA DI SAN MARTINO A BRDA Nelle cantine delle vecchie case abbandonate dell’antico villaggio è possibile degustare vini di qualità di oltre 30 produttori di vino di Brda. In programma anche la Marcia di San Martino. Brda. Info: www.brda.si 25 novembre – 2 dicembre
▶FESTIVAL DEL FILM LGBT Si possono visionare film di autori gay e lesbici nonché i film sul tema dell’omosessualità. Il festival si terrà a Lubiana, Ptuj, Capodistria, Maribor e Celje. Lubiana. Info: www.ljudmila.org 3-6 dicembre
▶FIERA DI SAN NICOLÒ Nel giorno a lui dedicato, il Santo arriva nel centro cittadino per donare a tutti i bambini presenti doni e dolciumi. La festa è una delle più antiche della Slovenia, risalente al 1839. Lubiana. Info: www.slovenia.info 4-10 dicembre
▶ANIMATEKA Festival internazionale del cinema d’animazione con autori provenienti da tutta Europa per una settimana di proiezioni e dibattiti, oltre a numerosi eventi collaterali. Lubiana. Info: www.animateka.si 26 dicembre
▶FESTIVAL DEGLI SPUMANTI Un evento dedicato alla bevanda che incarna al meglio lo spirito di festa. Tra degustazioni e approfondimenti tematici, non mancheranno momenti musicali e danzanti. Portorose. Info: www.portoroz.si
16-17 dicembre
▶BAUERNADVENT L’Avvento contadino di Villaco. Gesù Bambino arriverà in battello sulla Drava, entrerà in città con un solenne corteo e distribuirà i suoi doni ai bambini. Villach. Info: www.bauernadvent.at 1 gennaio
▶NUOTATA DI CAPODANNO Sul lago Woerthersee si può scegliere “a piacimento” di percorrere a nuoto 25 o 100 metri nell’acqua gelida… Woerthersee. Info: www.carinzia.at 6 gennaio
▶ICE CLIMBING CHAMPIONSHIP I migliori scalatori del ghiaccio di tutta l’Austria pronti ad arrampicarsi lungo i 28 metri di altezza per una sfida di abilità e, soprattutto, contro il tempo. Kötschach-Mauthen. Info: www.nassfeld.at
L’INFORMAFREEMAGAZINE
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settembre-ottobre 2007
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1971, una banda di ragazzi a Redipuglia si innamorano del baseball e fondano una società, i Rangers. Lo spirito allegro dei fondatori ha dato vita ad una realtà fervida e dinamica che nel 2017 ha compiuto 46 anni di storia e di successi. Oggi i Rangers Redipuglia sono una delle società di riferimento del Friuli Venezia Giulia grazie alla loro grande attività giovanile che produce ottimi talenti. L’obiettivo è un percorso di crescita, dalle giovanili alla prima squadra, con la costante di un gruppo coeso. La formazione senior è stata campione di Coppa Italia di Serie B in 3 delle ultime 4 edizioni e promossa in Serie A negli ultimi due anni consecutivi. Il baseball è lo sport perfetto per i giovani d’oggi: permette di stare insieme, di giocare in gruppo e allegria, facendo attività all’aria aperta, in un contesto verde e amichevole. L’attività si
svolge tutto l’anno (nei mesi freddi in palestra) e si articola nel campionato e vari tornei regionali oltre ad altri eventi di carattere nazionale. Quest’inverno la squadra Under18 dei Rangers si recherà a Tenerife (Spagna) per un torneo e una serie di clinic per migliorare la crescita e la qualità di gioco. Bambini e bambine vengono suddivisi per età: Minibaseball (dai 5 agli 8 anni), Under 12, Under 15 e Under 18. Tutti hanno la possibilità di mettersi alla prova con questo meraviglioso sport, vieni a provare! Rangers Redipuglia B.C. Via Atleti Azzurri d’Italia - Zona Sportiva Sacrario Tel. 0481 489050 - Cell. 348 6616746 www.rangersredipuglia.it rangersbc@hotmail.com RangersRedipugliaBC
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5 novembre Buon compleanno mamma! Romeo, Massimo, Daniela, Stefano, Eva, Luigi 12 novembre Buon anniversario Taty! Daniel 16 novembre Tanti auguri Lorenzo! Sabry, Francesca e Dodi 22 novembre Buon compleanno Gianluca! Nonna Caterina e zia Chiara 2 dicembre Buon compleanno direttore! Lo staff di iMagazine 2 dicembre Tanti auguri Concetta! Grazie, Marina, Elisa, Cesare, Riccardo, Andrea 5 dicembre Buon anniversario Simo! Elena 11 dicembre Congratulazioni al neo dottore Salvatore! Papà Pasquale e mamma Maria 19 dicembre Buon compleanno Betty! Fabrizio e Serena 24 dicembre A Rosalia i più cari auguri di buon compleanno Andrea, Daniela e Massimo 24 dicembre Buon compleanno Rosalia!
Lo staff di iMagazine Mandaci entro il 1º dicembre i tuoi auguri per le ricorrenze di gennaio e febbraio! Li pubblicheremo gratuitamente su iMagazine! Segnalaci giorno, evento, mittente e destinatario e spedisci il tutto via e-mail (info@imagazine.it), via posta ordinaria (iMagazine, c/o via Aquileia 64/a, 33050 Bagnaria Arsa – UD) o via fax (040 566186).
Fonte: Federfarma Gorizia e Ordine dei Farmacisti di Trieste
96 | marzo-aprile 2015 FARMACIE DI TURNO
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ALLA SALUTE via Cosulich 117 Monfalcone, tel. 0481 711315 CENTRALE pzza Repubblica 16 Monfalcone, tel. 0481 410341 COMUNALE 1 via Aquileia 53 Monfalcone, tel. 0481 482787 COMUNALE 2 via Manlio 14 Monfalcone, tel. 0481 480405 REDENTORE via IX Giugno 36 Monfalcone, tel. 0481 410340 RISMONDO via Toti 53 Monfalcone, tel. 0481 410701 SAN ANTONIO via Romana 93 Monfalcone, tel. 0481 40497 SAN NICOLÒ via Iº Maggio 92 Monfalcone, tel. 0481 790338 ALL’ANGELO via Roma 18 Ronchi dei L., tel. 0481 777019 ALLA STAZIONE v.le Garibaldi 3 Vermegliano, tel. 0481 777446 LEDRI via Marina 1 Grado, tel. 0431 80058 COMUNALE via C. Colombo 14 Grado, tel. 0431 80895 ZANARDI via Trieste 31, Staranzano, tel 0481 481252 AL LAGO via Roma 13, Doberdò, tel 0481 78300 LUCIANI via Dante 41, Sagrado, tel 0481 99214 SPANGHERO via Aquileia 89, Turriaco, tel 0481 76025 VISINTIN via Matteotti 31, San Pier d’Isonzo, tel 0481 70135 RAMPINO piazza Venezia 15, San Canzian d’Is., tel 0481 76039 DI MARINO via Redipuglia 77, Fogliano, tel 0481 489174 TRIESTE via Mazzini 43, tel. 040.631785 TRIESTE via Combi 17, tel. 040.302800 TRIESTE via Fabio Severo 122, tel. 040.571088 TRIESTE piazza Ospedale 8, tel. 040.767391 TRIESTE capo di piazza Mons. Santin 2 tel. 040.365840 TRIESTE via Commerciale 21 tel. 040.421121 TRIESTE via Ginnastica 6, tel. 040.772148 TRIESTE piazza Venezia 2, tel. 040.308248 TRIESTE via Curiel 7/B (Borgo S. Sergio), tel. 040.281256 TRIESTE via Giulia 14, tel. 040.572015 TRIESTE via Dante 7, tel. 040.630213 TRIESTE via Costalunga 318/A, tel. 040.813268 TRIESTE via Giulia 1, tel. 040.635368 TRIESTE corso Italia 14, tel. 040.631661 TRIESTE largo S. Vardabasso 1, tel. 040.766643 TRIESTE piazza della Borsa 12, tel. 040.367967 TRIESTE via Rossetti 33, tel. 040.633080 TRIESTE via Mascagni 2, tel. 040.820002 TRIESTE via S. Giusto 1, tel. 040.308982 TRIESTE via Roma 15 (angolo via Valdirivo), tel. 040.639042 TRIESTE via Piccardi 16, tel. 040.633050 TRIESTE via Baiamonti 50, tel. 040.812325 TRIESTE piazza Oberdan 2, tel. 040.364928 TRIESTE piazzale Gioberti 8, tel. 040.54393 TRIESTE via Oriani 2 (largo Barriera), tel. 040.764441 TRIESTE piazza Cavana 1, tel. 040.300940 TRIESTE viale Miramare 117, tel. 040.410928 TRIESTE via dell’Istria 33, tel. 040.638454 TRIESTE piazza Giotti 1, tel. 040.635264 TRIESTE via Belpoggio 4 (angolo via Lazzaretto Vecchio), tel. 040.306283 TRIESTE via Bernini 4 (angolo via del Bosco), tel. 040.309114 TRIESTE largo Piave 2, tel. 040.361655 TRIESTE via Brunner 14, tel. 040.764943 TRIESTE campo S. Giacomo 1, tel. 040.639749 TRIESTE piazzale Valmaura 11, tel. 040.812308 TRIESTE via Roma 16 (angolo via Rossini), tel. 040.364330 TRIESTE piazza Garibaldi 6, tel. 040.368647 TRIESTE via Stock 9, tel. 040.414304 TRIESTE largo Sonnino 4, tel. 040.660438 TRIESTE piazza S. Giovanni 5, tel. 040.631304 TRIESTE via Alpi Giulie 2, tel. 040.828428 TRIESTE via Cavana 11, tel. 040.302303 TRIESTE largo Osoppo 1, tel. 040.410515 TRIESTE via Settefontane 39, tel. 040.390898
COMUNE DI MONFALCONE Abitanti: 27.998
(dati Anagrafe ago-set 2017) nati: 40, deceduti: 52, immigrati: 272, emigrati: 243, matrimoni: 5 Recapiti: 0481 494280, www.comune.monfalcone.go.it
COMUNE DI SAN CANZIAN D’ISONZO Abitanti: 6.198
(dati Anagrafe lug-set 2017) nati: 7, deceduti: 24, immigrati: 89, emigrati: 70, matrimoni: 5 Recapiti: 0481 472311, www.comune.sancanziandisonzo.go.it
Le farmacie contrassegnate dal fondino arancione anticipano di un giorno le date di turno indicate. Le farmacie di Trieste iniziano e terminano i turni 2 giorni dopo rispetto alle date indicate
06-12
COMUNE DI STARANZANO Abitanti: 7.236
(dati Anagrafe lug-ago 2017) nati: 7, deceduti: 11, immigrati: 59, emigrati: 73, matrimoni: 4 Recapiti: 0481 716911, www.comunedistaranzano.it
COMUNE DI RONCHI DEI LEGIONARI Dati: N.P.
Recapiti: 0481 477111, www.comuneronchi.it
30-05
23-29
16-22
09-15
DICEMBRE
02-08
25-01
18-24
11-17
04-10
NOVEMBRE
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98 | maggio-giugno 2015 | 98 | marzo-aprile 2012 |
La lungje spiete dal Nadâl Il prossim an no lu cjolìn in Otubar!
Spètar de longo el Nadal El prosimo ano no lo ciolemo in otobre!
Spetando el Nadal Prossimo anno no lo ciapemo in ottobre! Das lange Warten auf Weihnachten. Nächstes Jahr kaufen wir es nicht im Oktober!
Dolgo čakanje na bozič. Naslednje leto ga ne vžamemo v oktobru
La lunga attesa del Natale Il prossimo anno non lo prendiamo in ottobre!
Per le traduzioni si ringrazia: Irene Devetak (sloveno), Isa Dorigo - Regjon autonome FVG Servizi lenghis minoritariis (friulano), Andrea Coppola Università di Trieste (tedesco), Marianna Martinelli (bisiaco), Alessandro Samez (triestino).