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& iMoney

dicono di noi... Da Il Dolcefreddo ho trovato qualità e servizio. Il Centro Benessere Dentale si contraddistingue per professionalità e accoglienza. Ottimo il servizio ricevuto al Bar Universo. Myrta Devitor Ronchi dei Legionari

Desidero complimentarvi con voi per l’ottimo servizio reso con il vostro VideoTruck durante la Barcolana. Poter assistere alla diretta della regata direttamente sul mare e con vista sulla splendida “Amerigo Vespucci” ha reso ancor più emozionante un evento già di per sé straordinario. Lisa Decolli Portogruaro Da imprintaonline cortesia e rapidità del servizio sono una garanzia. Ottima la pizza da La Napa. Da Boutique Ary’s la titolare è sempre disponibile per un consiglio. Teresa Bencic Trieste Da Salone Francy il servizio è sempre puntuale ed efficiente. E, soprattutto, il taglio e la fantasia della titolare sono innovativi. Sonja Hrabic Cervignano del Friuli Da MonfyMate hanno risolto in tempo record il problema al mio dispositivo, dimostrando non solo competenza, ma anche serietà nel rispetto dei tempi. Alida Meneghel 8

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gennaio-febbraio 2008

Monfalcone | L’INFORMAFREEMAGAZINE

Ho letto con molto interesse l’intervista realizzata sul numero 76 di iMagazine con la moglie di Lelio Luttazzi. La sua vicenda ci ricorda che la spettacolarizzazione dei casi giudiziari è sempre un grosso rischio, perché purtroppo l’opinione pubblica non attende mai i tempi delle sentenze della magistratura, ma giudica una persona colpevole o innocente a prescindere. Se poi si è sbagliata e nel frattempo le ha rovinato la vita poco le importa… Fabiana Milocco Udine

Da Al Galeone il pesce proposto è di ottima qualità, cucinato in modo sapiente. Gradevole anche l’ambiente che rende piacevole il pasto in compagnia in un’atmosfera tranquilla. Manuela Furlan Trieste L’ambiente familiare è uno dei punti di forza della Colombara. Trascorrere una serata assaporando i piatti della tradizione coccolati dalle due titolari è un piacere che consiglio a tutti. Sandra Soban Gorizia Da Al Postiglione la carne alla brace è semplicemente deliziosa. La vista esterna sul Collio poi trasforma un semplice pranzo in una vera propria pace dei sensi. Michele Berton Trieste


Dopo aver letto sullo scorso numero il servizio dedicato al nuovo allestimento del Museo Archeologico di Aquileia, sono andato a visitare la struttura assieme a mio marito e a mia figlia. Devo evidenziare che il lavoro di restyling effettuato è senza dubbio pregevole e rende il percorso espositivo decisamente più moderno e di facile fruizione. Andrebbe a mio avviso valorizzata l’attenzione per un fruitore straniero, con maggiori informazioni in lingua inglese. Carla Sordo Udine Alla Bottega di Trimalcione il pesce regala l’autentico sapore del mare. Da imprintaonline le fotocopie sono molto convenienti, mentre da Alla Fonda la pizza è ottima. Monica Tortul Trieste Da A modo mio la colazione è sempre speciale, anche grazie al sorriso di tutto il personale. Bella la nuova struttura esterna. Carmine Rosario San Giorgio di Nogaro In questi mesi ho sempre letto con molto interesse le puntate scritte dal vostro Alberto V. Spanghero sui diversi risvolti del primo conflitto mondiale nei nostri territori. Una serie di servizi davvero dettagliati che dovrebbero essere letti in particolare dalle giovani generazioni, affinché abbiano sempre presente quale immane tragedia rappresenti una guerra e come, di contro, sia fondamentale e indispensabile la convivenza pacifica tra i popoli. Simona Liberati Udine

iMoneyPartner? Yes, I am!

Intervista a Sylvia Paruta, titolare di CasettaCreativa di Ronchi dei Legionari Com’è nata l’idea di aprire questa attività? «L’idea è nata più di 20 anni fa, desideravo tanto aprire qualcosa che fosse mio. Ci sono voluti 20 anni di maturazione per essere abbastanza forte da fare questo passo e lasciare un lavoro a tempo indeterminato in una grossa azienda». In cosa consiste l’offerta di CasettaCreativa? Sylvia Paruta, titolare di «CasettaCreativa nasce da un’idea di for“CasettaCreativa” nire anche al cliente “comune” quello che di solito è riservato solo alle aziende, ovvero la creazione e/o personalizzazione di prodotti unici, siano essi partecipazioni di matrimonio, orecchini in legno, penne incise, bomboniere, targhe di ogni genere e molto altro…» Quali sono a suo avviso i punti di forza di CasettaCreativa? «La possibilità, per ognuno, di creare o veder personalizzato anche un solo pezzo; è infatti possibile personalizzare anche un’unica spilla, senza costi esagerati e senza l’obbligo di un numero minimo. Da noi il numero minimo è 1. Inoltre, nel caso di partecipazioni e bomboniere, avendo i macchinari in casa, seguiamo il cliente per realizzare quello che desidera, per non accontentarsi di quello che si trova sul mercato ma creare qualcosa di personale, fino alla realizzazione del prototipo che viene visionato e toccato con mano, per poi procedere alla realizzazione dei pezzi restanti. Il costo è diverso da quello su internet, ma da noi non si ordina a scatola chiusa tra i modelli disponibili: da noi si crea Il Proprio Modello, sia esso un invito o un regalo personale». Nel vostro settore le novità e le evoluzioni sono all’ordine del giorno: qual è il segreto per essere sempre aggiornati alle richieste del mercato? «Ascoltare il cliente, sentire le esigenze del mercato, e seguire le fiere del settore, fare corsi di aggiornamento e avere macchine all’avanguardia per soddisfare le richieste». A proposito di evoluzione: quali sono le novità su cui sta lavorando CasettaCreativa? «Mi piace sorprendere i clienti mettendo in vetrina o sui social le novità che propongo. Attualmente sto provando una nuova linea di cappellini, bavette, asciugamani e sacchetti per l’asilo, prodotti artigianalmente, con passione, sui quali applichiamo i contrassegni che realizziamo appositamente per scuole materne e asili. Non manca poi l’evoluzione del legno, una materia che adoro e sfrutto per realizzare un’infinità di prodotti: dagli orecchini agli alberi della vita, dagli espositori alle scatoline personalizzate, e molto molto altro… La fantasia non ha confini? Nemmeno CasettaCreativa: passate a trovarci, idee nuove e feedback sono sempre ben accetti». Per promuovere l’immagine della sua attività ha deciso di affidarsi al network di iMagazine: come mai questa scelta? «La molteplicità delle offerte di iMagazine mi ha convinto: dalla stampa al web, dai social media ai maxischermi, e poi gli iMoney… mi hanno convinto ad affidarmi a iMagazine per espandere la clientela di CasettaCreativa». CasettaCreativa fa anche parte del circuito iMoneyPartner: come valuta il progetto dei buoni valore di iMagazine? «Mi è sembrata un’ottima idea per far conoscere CasettaCreativa attraverso la possibilità di acquistare dei prodotti con gli iMoney, perché solo “testando” il prodotto si può capire il suo valore. CosaL’INFORMAFREEMAGAZINE aspettate? Richiedete gli iMoney2008 e venite | gennaio-febbraio | 9 a fare shopping da CasettaCreativa!»



S O M M A R I O

novembre - dicembre 18

L’ANALISI di Paolo Marizza

15 10 anni di Blockchain I VANDALI di Vanni Veronesi

18 I barbari che divennero Romani ANDREA PESSINA di Margherita Reguitti

22 Al centro della bellezza 22

VILLE NAPOLEONIDI di Michele Tomaselli

58 La difficoltà di chiedere aiuto MASSIMO DEVITOR di Claudio Pizzin

60 Anima Gospel

ANNALISA CLEMENTE di Andrea Doncovio

62 La gioia della musica MOSAICO DI VOCI di Claudio Pizzin

30 Lo scrigno della storia IVAN BIDOLI di Claudio Pizzin

32 L’innovatore dell’arte BEATRICE CEPELLOTTI di Michele Tomaselli

34 Il carattere evocativo del quadro INFRASTRUTTURE E AGRICOLTURA di Renato Duca e Renato Cosma

40 Una visione chiamata ferrovia L’INUTILE STRAGE di Alberto V. Spanghero

42 Né vincitori, né vinti SOCIAL E DIRITTO D’AUTORE di Massimiliano Sinacori

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SERVIZI TERRITORIALI di Andrea Fiore

IRENE CAO di Andrea Doncovio

CRISTINA BRAGAGLIA VENUTI di Margherita Reguitti

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56 Diventare ciò che siamo

26 Rovine di fasti antichi 28 Il viaggio dei sensi

26

EDUCAZIONE E SOGGETTIVITÀ di Cristian Vecchiet

50 Il rischio della condivisione VIOLENZA DI GENERE di Polizia di Stato di Gorizia

52 Questo non è amore

CREATIVITÀ AL FEMMINILE di Livio Nonis

54 Lana, mani e cuore

65 Canti di solidarietà NEVIO SCARAMUZZA di Claudio Pizzin

66 Una vita sul palcoscenico FIORI E AVVENTO di Rossella Biasiol

68 Nel tempo di attesa MOVIMENTO E DESTINAZIONI di Manuel Millo

70 Dove splende il sole TURIPESCA di Livio Nonis

72 Torrente Resia MATTEO PELESSON di Michele D’Urso

74 Little Big Jim

DANIELE PINAT E LA MORRA di Livio Nonis

76 Tra divieti e tradizioni CHEF…AME

79 La ricetta di Germano Pontoni 80 e segg. Gli eventi di novembre e dicembre


: lettere alla redazione

▲ Trieste – Il pubblico della Barcolana assiepato lungo le Rive assiste alla diretta sull’iMagazineVideoTruck della cinquantesima edizione della regata velica più affollata al mondo. iMagazine, anche quest’anno, è stato partner ufficiale della manifestazione.

▲ Udine – I rappresentanti degli studenti delle 6 scuole partner (IPA Sabbatini di Pozzuolo del Friuli, ISIS Pertini di Monfalcone, ISIS Solari di Tolmezzo, Liceo delle Scienze Umane Majorana di Pordenone, Liceo delle Scienze Umane Paolo Diacono di Cividale del Friuli, ITA Brignoli di Gradisca d’Isonzo), del progetto speciale di Confcooperative FVG, finanziato dalla Regione, che vede gli allievi degli istituti superiori regionali impegnati a sviluppare idee imprenditoriali in forma di Impresa Cooperativa Scolastica (Ics). Nel corso dell’anno scolastico conclusosi a giugno, le iniziative di Alternanza scuola-lavoro dell’Ufficio educazione di Confcooperative Fvg hanno raggiunto 929 studenti appartenenti a 68 classi di 20 scuole della nostra regione, con numeri in costante aumento rispetto agli anni precedenti.

▲ Trieste – La tuffatrice Noemi Batki (seconda da sinistra) supporta ASUITs (Azienda Sanitaria Universitaria Integrata di Trieste) e ADMO (Associazione Donatori di Midollo Osseo) nel sensibilizzare la popolazione, in particolare i giovani tra i 18 e 35 anni, alla donazione del midollo osseo. La giovane atleta triestina si è iscritta al Registro Italiano Donatori di Midollo Osseo. “Solo avendo a disposizione un numero ampio di potenziali donatori – rende noto ASUTITs – è possibile procedere con il trapianto in tempi rapidi, il che aumenta le possibilità di guarigione per il paziente, ma potenzia anche l’effetto negativo di eventuali incompatibilità. Pertanto occorre avere a disposizione donatori giovani, completamente compatibili e subito disponibili”.

▲ Cervignano del Friuli – Successo di pubblico per la quarta edizione del Cervignano Motor’s Festival, organizzato dalla locale Pro Loco lo scorso settembre. Per un intero fine settimana gli spettatori hanno potuto assistere a esibizioni di auto, moto, fuoristrada, stuntman, oltra a effettuare sorvoli in elicottero dall’alto. iMagazine, come tradizione, è stato media partner dell’evento.

▲ Trieste – Foto di gruppo di tutti i premiati della quinta edizione della “Capo in B” Championship, nell’ambito del Trieste Coffee Festival, la gara tra baristi e operatori del caffè per stabilire chi prepara il migliore “cappuccino in bicchiere” di Trieste. La vittoria è andata ad Antonella Murano; secondo classificato Daniele Riccobon, terzo Roberto De Gioia. A seguire Piero Bassanese, Mario Stock, Federica Sgarra, Cinzia Grillo e Lorena Amorello.

▲ Udine – Sono otto, tutti friulani, i primi laureati del corso di laurea magistrale in Biotecnologie molecolari dell’Università di Udine, coordinato da Bruno Stefanon. Andrea Bertoli, Matteo Calligaris, Ilaria Cela, Valeria De Rosa, Martina Minisini, Eleonora Pavan, Ilaria Rosso ed Ettore Virgolini hanno conseguito il titolo di dottori magistrali, quasi tutti con il massimo dei voti e lode, dopo aver terminato regolarmente il percorso biennale di laurea intrapreso nell’anno 2016/17. ◄ Udine – La dottoressa friulana Elena Gheller (quarta da destra), laureata magistrale in Economia Aziendale all’Università di Udine, ha vinto l’ottava edizione del premio di laurea in ricordo del magistrato Giuseppe Lombardi, scomparso nove anni fa, che operò a Udine e Trieste. La vincitrice ha ottenuto il premio con una tesi di diritto del lavoro correlata alla diffusione delle nuove tecnologie digitali e alle conseguenti modifiche al nostro stile di vita e ai connotati della prestazione lavorativa.

È possibile inviare le proprie lettere e i propri commenti via posta ordinaria (iMagazine – via Aquileia 64/a – 33050 Bagnaria Arsa-UD), oppure via e-mail (redazione@imagazine.it).


▲ Farra d’Isonzo – Sarà la Tenuta Villanova a ospitare domenica 25 novembre la grande festa per il rientro dei Friuli Violent Griller dal Tennessee, dove a Lynchburg hanno rappresentato l’Italia al Jack Daniel’s World Championship Barbecue Invitational, la più famosa gara di barbecue al mondo. Il team friulano ha potuto sostenere le spese di viaggio grazie a una campagna di raccolta fondi on line. E per ringraziare i sostenitori, i quattro esperti Serena, Tomas, Marco e Roberto cucineranno per tutti i partecipanti le specialità delle competizioni di barbecue. Tenuta Villanova (nella foto di Mariana Pinna il direttore Alberto Grossi con i due componenti del team Serena e Roberto) accompagnerà la degustazione della carne cucinata dai campioni del barbecue con la sua selezioni di vini DOC Collio e DOC Isonzo, ma anche con la propria Grappa di Ribolla gialla – orgoglio della distilleria tra le più antiche del Friuli Venezia Giulia – con la quale i Friuli Violent Griller realizzeranno una speciale preparazione per festeggiare l’esperienza americana assieme ai loro supporter.

▲ Trieste – Il sindaco Roberto Dipiazza conferisce la Civica Benemerenza della Città alla Capitaneria di Porto di Trieste nel corso di una cerimonia nella Sala del Consiglio Comunale, alla presenza del Comandante della Capitaneria di Porto di Trieste Luca Sancilio. Questa la motivazione ufficiale: “Per la meritoria opera profusa a sostegno della marittimità e per il diuturno contributo alla salvaguardia della vita umana in mare, fondamento della nostra cultura democratica e solidale”.



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10 ANNI DI BLOCKCHAIN

L’ANALISI

Rubrica di Paolo Marizza

Fiducia

decentralizzata

Un sistema che ridà all’individuo il controllo di informazioni, transazioni e proprietà. La rivoluzione ideata da Satoshi Nakamoto sta cambiando il mondo. Ecco in quali termini.

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Un anno fa avevo pubblicato su queste pagine un articolo sulla Blockchain. Quest’anno questa tecnologia compie 10 anni: le sperimentazioni, i progetti e le realizzazioni impressionano per la loro diffusione esponenziale praticamente in tutti i settori. La Blockchain non è una tecnologia come le altre, è una tecnologia fondativa, o meglio rifondativa: potenzialmente è l’internet del futuro. Parlare di Blockchain non è facile, viene spesso illustrata nei suoi aspetti tecnici e analitici, comprensibilmente ostici per i non addetti. Ma la Blockchain nei suoi aspetti fondamentali può essere illustrata e compresa anche dai bambini. Provo a raccontarla.

la corrispondenza di tutte le transazioni. Se tutti e quattro i quaderni corrispondono, tutto va bene. La transazione è approvata da tutti. Se un quaderno è diverso dagli altri tre, abbiamo un problema. Significa che uno sconosciuto sta mentendo sulla transazione. Sappiamo anche chi sta mentendo (è quello con il quaderno che non corrisponde agli altri). Di conseguenza, gli altri tre ignorano il quaderno che non corrisponde e la pagina viene eliminata (la transazione non è approvata). Sulla Blockchain se tutte le copie corrispondono, tutto va bene e la pagina viene aggiunta al quaderno (la transazione verrà confermata). Se una copia è diversa da tutte le altre della rete, la rete rifiuta la transazione che non corrisponde al resto dei quaderni della rete stessa. Questo è ciò che impedisce Il ritorno del quaderno le frodi. È impossibile per i truffatori manipolare il sisteImmaginiamo quattro estranei seduti in una stan- ma, dal momento che la loro copia non corrisponderebbe a za, ognuno con un proprio quaderno. Non si conoscono ciò che risulta a tutti gli altri. e non si fidano l’uno dell’altro. I quattro in questo esempio rappresentano la comunità di utenti della Blockchain. Un quaderno digitale, Nel mondo reale, molte delle relazioni che intratteniamo distribuito e immutabile nel tempo avvengono con persone o entità che non conosciamo. I La Blockchain non è su carta: è al 100% digitale ed è pubquaderni in questo esempio sono la Blockchain stessa. blica. La tecnologia blockchain funziona esattamente come La Blockchain memorizza una registrazione pubblica di l’esempio del quaderno. Ogni utente blockchain ha una coogni singola transazione (monetaria, informativa, con- pia digitale identica del “quaderno” blockchain che registra trattuale). Nella Blockchain non c’è un unico quaderno, pubblicamente tutte le transazioni. Tutti i quaderni vengoci sono migliaia e migliaia di copie identiche del quader- no costantemente confrontati per assicurarsi che corrisponno detenute dagli utenti, potenzialmente in tutto il mon- dano. Avrete sentito parlare dei cosiddetti “minatori” della do. Tutte queste copie sono sincronizzate dal sistema che Blockchain: sono loro che verificano, autorizzano e “incidogestisce la Blockchain. no” in modo indelebile le transazioni, aggiungendo le pagiLa Blockchain può essere utilizzata per archiviare e ne ai quaderni utilizzando protocolli e regole condivise, tecinviare qualsiasi tipo di transazione e proprietà digitale. niche sofisticate di crittografia e capacità elaborative per asIn questo esempio considereremo una transazione mo- sicurarne la corrispondenza. netaria. Uno dei quattro estranei dà dei soldi a un altro La Blockchain è immutabile, mantiene anche tutte le tranche non conosce. Ora, ciasuno dei quattro estranei regi- sazioni passate, in modo che ci sia tutta la storia della transtra questa transazione in una pagina del proprio quader- sazione o del bene/servizio scambiato. Ciò dimostra e certino. Quindi, confrontano tutti i loro quaderni per assicu- fica chi possiede che cosa nel tempo. In breve, la Blockchain rarsi che corrispondano. sa dove sono tutte le proprietà digitali registrate in ogni Allo stesso modo, quando viene inviato denaro digita- momento. La conseguenza è che se le transazioni sono peer le, la transazione viene registrata su ognuna delle migliaia to peer, ovvero avvengono direttamente tra gli sconosciuti di copie della Blockchain. Ogni copia è un registro (qua- dell’esempio, non c’è più bisogno di intermediari, in quanto il derno) decentralizzato e identico di tutte le transazioni. registro decentralizzato certifica la veridicità (e la proprietà) Proprio come i quaderni vengono confrontati nell’e- senza bisogno di terze parti. A ciascuno può venire in mente sempio, il sistema blockchain confronta costantemente la pletora di enti, operatori pubblici e privati che nell’econotutte le copie nella Blockchain per assicurarsi che ci sia mia senza Blockchain si frappongono tra noi e le nostre esi|

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genze di sicurezza, di certificazione di identità, di documenti, di contratti, di proprietà. La tecnologia blockchain è così preziosa perché elimina la necessità di una costosa e spesso inefficiente terza parte per validare le transazioni. Con la Blockchain gli estranei possono scambiarsi diritti e proprietà digitali senza bisogno di alcun rapporto fiduciario e senza che siano richieste terze parti.

Quaderni intelligenti Immaginiamo che il nostro quaderno possa essere corredato da regole e condizioni che definiscano in anticipo come regolare una transazione. Queste regole sono incorporate in un “contratto intelligente” ovvero in un accordo contrattuale implementato tramite software. A seconda che vengano soddisfatte determinate condizioni, l’accordo si auto-applica e si auto-esegue e ha un sistema di pagamento incorporato, un po’ come un contratto che ha avvocati, istituzioni e un conto bancario incorporato. A metà ottobre c’era la partita Polonia-Italia. Alcuni amici, Luca e Davide, discutevano animatamente sul risultato, con opinioni diverse. Durante l’intervallo della partita mi era arrivata una mail sui contratti intelligenti e, visto che non partecipavo alla discussione, gli amici mi chiesero: “Dove sei con la testa? Contratti intelligenti, boh…”. Cosi ho pensato a un modo per incuriosirli giocando con i risultati della partita. Luca vede l’Italia vincente. Davide invece la vede perdente. Ho proposto a entrambi di fare il seguente gioco: 1) mettere 5 euro in un ipotetico portafoglio digitale (wallet); 2) stipulare un contratto digitale con queste regole: se ITA> POL, il wallet deve inviare 5 euro a Luca; se POL> ITA, il wallet deve inviare 5 Euro a Davide; se ITA=POL, il wallet ritorna 5 Euro a entrambi. Ora il contratto “intelligente” va e controlla sui siti specializzati che i risultati corrispondano per assicurarsi che tutti concordino sul fatto che l’Italia ha battuto la Polonia. Ciò significa che abbiamo raggiunto il consenso e che non ci saranno discussioni tra i due nel post partita. A questo punto, il contratto intelligente dice al portafoglio di inviare 5 euro a Luca.

Tanti quaderni per usi diversi Poiché la Blockchain e le valute digitali (es. Bitcoin) sono stati inventati contemporaneamente, spesso vengono confusi come fossero un unicum. Ma in realtà il Bitcoin è solo il primo di molti usi della tecnologia blockchain. Per esplicitare la differenza si consideri questa analogia: il Bitcoin sta alla Blockchain come l’e-mail sta a Internet. Le criptovalute solo uno dei tanti modi per utilizzare una nuova tecnologia rivoluzionaria. Ci sono diverse migliaia di applicazioni che usano il sistema blockchain e quel numero sta crescendo rapidamente. La blockchain può essere utilizzata per rimuovere intermediari da centinaia di casi. È una tecnologia nuova e stiamo solo iniziando a vedere l’impatto che potrà avere. La rimozione degli intermediari cambierà molte industrie nei prossimi anni e potrebbe causare la perdita di posti di lavoro. Ma gli effetti collaterali negativi saranno probabilmente superati dai molti aspetti positivi. Ad esempio, la tecnologia blockchain sta portando la telefonia, l’accesso al credito, le fonti energetiche a milioni di persone in paesi che non hanno istituzioni e infrastrutture

adeguate, il tutto consentendo a loro di controllare direttamente le risorse. Vediamo alcune delle applicazioni più promettenti, molte già disponibili, altre in corso di sperimentazione. Intrattenimento e cultura - Con la Blockchain, i lettori possono pagare direttamente gli autori. Gli spettatori possono pagare direttamente gli studi cinematografici. Gli ascoltatori possono pagare i musicisti. La tecnologia blockchain può automaticamente garantire che tutte le parti facciano quanto concordato e che i pagamenti siano equi per tutti. Attualmente, le etichette discografiche e gli intermediari come Amazon e Spotify introitano fino al 95% delle entrate generate dagli artisti. Memorizzazione - Attualmente molte persone utilizzano costosi servizi di cloud storage (utilizzo di risorse web per archiviare dati) come Box o Dropbox, che spesso applicano una tariffa mensile fissa. Con la tecnologia blockchain, è possibile archiviare in modo sicuro i file crittografati su migliaia di computer privati in tutto il mondo. Pagamenti - Con la Blockchain i pagamenti da parte di privati e aziende diventano economici, veloci e sicuri. La tecnologia può automaticamente garantire che il denaro cambia mani in modo sicuro ed equo, senza pagare commissioni a terzi. Identità - Con Blockchain l’identità personale può essere condivisa e verificata senza possibilità di frode o furto. La tecnologia blockchain può garantire automaticamente che passaporti, carte di credito, carte di identità, carte dei servizi di assistenza sociale siano autentici. Inoltre consente di autorizzare o meno l’utilizzo delle informazioni personali in funzione dello scopo e anche di essere remunerati per tali utilizzi. Internet of Things (IoT) - La Blockchain potrebbe essere il linguaggio che i dispositivi connessi a Internet usano per comunicare tra loro. Ad esempio lo smartphone potrebbe richiedere e pagare direttamente un’auto intelligente. Catasto - Con Blockchain ci può essere un registro permanente che dimostra chi possiede quale proprietà. La tecnologia blockchain può automaticamente garantire che la proprietà di prodotti, automobili e beni immobili sia registrata in modo sicuro, consentendo di provare facilmente i propri diritti. No profit - Con Blockchain le donazioni possono essere tracciate dal versamento all’erogazione del servizio. La tecnologia blockchain può garantire automaticamente che le donazioni arrivino alle persone giuste e che vengano utilizzate per ciò che è stato promesso. Sharing Economy - Con Blockchain, le cose che possediamo possono connettersi in modo tale da essere remunerati per condividerle. La tecnologia blockchain può automaticamente garantire che riceviamo compensi per consentire ad altri di usare le nostre cose (una bicicletta, un appartamento, ecc.). Molte cose che si utilizzano raramente o parzialmente possono diventare una fonte di reddito, senza possibilità di mancati pagamenti. Paolo Marizza Co-founder di Innoventually e docente DEAMS-UniTS |

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ALLA SCOPERTA DI... I VANDALI Servizio di Vanni Veronesi

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I barbari

che divennero Romani

Quando Aquileia viene distrutta dagli Unni di Attila, nel 452, quelli che siamo abituati a chiamare come ‘barbari’ sono una parte fondamentale all’interno dell’Impero romano. Fra loro ci sono i Vandali, che una certa storiografia ha trasformato nel sinonimo stesso dei distruttori, ma era davvero così? iMagazine ha dato la parola a un libro quasi sconosciuto. Che ci restituisce un’immagine completamente diversa di questo mondo tutt’altro che barbarico.

Gli antefatti

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Nel 117 d.C. l’impero romano arriva al massimo della sua estensione: alla morte di Traiano Roma amministra un territorio che va dall’Inghilterra all’Armenia, dal Portogallo alla Romania, dal Belgio all’Iraq. In questo mondo di strade e città, terme e anfiteatri, scuole e tribunali, popolazioni che un tempo erano state ostili si ritrovano integrate perfet t amente

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nel tessuto socio-culturale romano, al punto che dalla fi ne del I sec. d.C. gli imperatori arrivano dalle periferie più estreme: dalla Spagna dei Celtiberi giunge Adriano (76-138); nell’Africa dei Berberi nasce Settimo Severo (146-211); dalle fi le degli Illiri, in Dalmazia, spunta Diocleziano (244-313). È proprio Diocleziano a comprendere lucidamente che questo sistema, ben funzionante nei secoli precedenti, da tempo mostra crepe sempre più profonde. La crescita dell’Impero si è fermata da quasi 200 anni: dopo otto secoli di conquiste, il mondo romano ha iniziato ad amministrare prima e ad arretrare poi. I confl itti condotti su tutti i fronti non sono più espansivi, bensì difensivi: i bottini di guerra diminuiscono, le tasse aumentano, la moneta viene svalutata, l’inflazione sale alle stelle. Guerre civili continue, colpi di stato e governi che durano un battito di ciglia sono all’ordine del gior-

A fianco: Venezia, esterno della Basilica di San Marco: statua del IV secolo d.C. rappresentante i ‘tetrarchi’, ossia i quattro sovrani dell’Impero romano istituiti da Diocleziano. Sopra: Parigi, Biblioteca Nazionale, cod. Par. lat. 10318, pag. 195: computo pascale chiamato Calculus Dionisi. Il calendario, con tutti i mesi e le costellazioni dello zodiaco, è rappresentato in forma circolare poiché ogni anno inizia e finisce nello stesso punto.


Di fianco, prima fila: moneta del re vandalo Trasamondo; seconda fila, moneta del re vandalo Hilderico. Si noti il diadema doppio, come nella poesia 215 (ed. Riese) del Liber vandalico. Sotto: Parigi, Biblioteca Nazionale, cod. Par. lat. 10318, pag. 142: inizio degli indovinelli nel Liber vandalico. La soluzione è scritta in rosso, sopra i tre versi di ogni enigma.

no: per porre fi ne a questo stato di cose Diocleziano divide l’impero in due parti, Occidente e Oriente, con a capo un Augustus (imperatore) e un Caesar (principe) per ciascuna parte. Nelle intenzioni di Diocleziano la cosiddetta ‘tetrarchia’ dovrebbe garantire un argine allo strapotere unico, nonché un migliore controllo di un territorio immenso; nei fatti il sistema reggerà pochissimo, travolto dalle ambizioni personali e dalla pressione dei barbari sul limes. Così, quando nel 376 i Goti Tervingi, scacciati dalle loro sedi dagli attacchi degli Unni, chiedono all’Imperatore della pars Orientis Valente il permesso di stabilirsi in Tracia, il sovrano è costretto ad accettare, poiché gran parte del suo esercito è impegnato nelle solite guerre contro i Parti. Inglobati nell’impero, svariate popolazioni germaniche diventano l’ago della bilancia della politica romana; da una parte donano all’esercito generali di straordinario valore (Stilicone su tutti), dall’altra chiedono poteri sempre maggiori. E quando le loro richieste non vengono soddisfatte, le tribù non esitano a muovere guerra contro Roma, fino alle estreme conseguenze: nel 410, per la prima volta dopo 800 anni, Roma viene messa a ferro e fuoco dal generale visigotico Alarico. È l’inizio di quelle che gli storici chiamano ‘invasioni barbariche’.

Dalla Spagna all’Africa

Unni, Visigoti, Suebi, Alamanni, Ostrogoti, Alani: l’onda d’urto delle popolazioni che si riversano nei territori dell’impero è fortissima. Fra queste popolazioni ci sono anche i Vandali, che nel 420 si stabiliscono nel sud della Spagna fi nché nel 429 il re Genserico decide di compiere il grande passo: trasferire il suo popolo dall’altra parte dello Stretto di Gibilterra. Nel 435, dopo una conquista fulminea, i Vandali sono i nuovi veri padroni dell’Africa settentrionale: inizialmente riconosciuti come foederati dall’imperatore Valentiniano III, nel 442 ottengono l’indipendenza e la piena sovranità sulle odierne Tunisia e Algeria orientale dallo stesso Valentiniano. Assassinato quest’ultimo nel 455 e salito al po|

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mente, una nuova società letteraria. Che attorno al 534 confezionerà un libro destinato a un successo clamoroso.

L’antologia dimenticata

Alla Biblioteca Nazionale di Parigi è conservato un manoscritto particolarissimo: il Codex Salmasianus (Par. lat. 10318), così chiamato dal nome latinizzato del possessore più noto, Claude Saumaise, che lo ricevette in dono nel 1615 dal collezionista Jean Lacurne. Vergato da una mano umbra in una scrittura onciale databile tra fi ne dell’VIII e l’inizio del IX secolo, il codice manca di undici fascicoli iniziali ed è mutilo anche alla fi ne. Per quanto riguarda il contenuto, il Salmasiano è una miscellanea, ma la parte che c’interessa è quella compresa fra le pagine 1 e 188, intitolata Liber epigrammaton («Libro degli epigrammi») ma passata alla storia come Anthologia Latina. Poesie d’amore, liriche d’argomento mitologico, indovinelli, poemetti, epigrammi satirici: la lettura del Liber ci restituisce l’immagine di una corte più romana che barbarica, dove la cultura letteraria è tenuta in gran pregio e i riferimenti agli autori latini del passato formano una trama Parigi, Biblioteca Nazionale, cod. Par. lat. 10318, pag. 116: poesia dedicata a un edifi cio termale co- raffi nata e complessa. Un genere a sé è quello dei struito dal re vandalo Trasamondo. Le lettere ini- carmi dedicati alla celebrazione di opere pubbliziali, mediane e fi nali del carme formano una fra- che legate al controllo dell’acqua, fondamentali in se: Thasamundus cunta innovat vota serenans, un’area desertica come quella nordafricana: sco«Trasamondo rinnova tutte le sue offerte portanpriamo così un popolo appassionato di bagni terdo serenità». mali, proprio come i Romani. Si prende addirittutere Petronio Massimo, in una delle solite con- ra in giro chi non si è ancora ‘romanizzato’ e congiure di palazzo tipicamente romane, Genseri- tinua a parlare una lingua incolta: co dichiara illegittima l’ascesa dell’usurpatoInter ʻeilsʼ goticum ʻscapia mazia ia drincanʼ re. Chiamati dalla stessa Licinia Eudossia, monon audit quisquam dignos edicere versus. glie di Valentiniano III, per vendicare la morte del marito, i Vandali entrano a Roma dando Fra i gotici «eils scapia mazia ia drincan» vita a un saccheggio che la storiografia del Setnon si ode alcuno recitare versi dignitosi. tecento ha consegnato ai posteri come, per l’appunto, vandalico. In spregio, tuttavia, alla reaIl titolo dell’epigramma è significativo: de conle dinamica degli eventi: nessun assassinio, nessun incendio, nessuna devastazione. E quando, viviis barbaris, «sui banchetti dei barbari». È assai nel 477, Genserico passa a miglior vita, il regno probabile che l’allusione sia alle gozzoviglie delle dei Vandali è ormai il più potente fra quelli nati guardie gotiche di Amalafrida, sorella di Teodoridalle invasioni barbariche, nonché l’unico pie- co e sposa del re vandalo Trasamondo (sovrano dal namente legittimato da Roma e da Bisanzio, tan- 496 al 523). Ospiti ben poco graditi al successore to più che Eudocia, figlia di Valentiniano III, è Hilderico, re dal 523 al 530, destinatario della poediventata sposa del sovrano vandalico Hunirico. sia forse più importante dell’intero Liber (la n. 215 Così, mentre l’Italia assiste alla caduta di Roma della edizione Riese) nella quale tali guardie sono (476) e all’insediamento del regno degli Ostro- rappresentate come nemici in catene: goti, l’Africa del Nord può continuare a dirsi roVandalirice potens, gemini diadematis heres, mana proprio in quanto vandalica, al punto da ornasti proprium per facta ingentia nomen. rimettere in piedi i teatri, le terme e, metaforica20

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Belligeras acies domuit Theodosius ultor, captivas facili reddens certamine gentes. Adversos placidis subiecit Honorius armis, cuius prosperitas melior fortissima fecit. Ampla Valentiniani virtus cognita mundo hostibus addictis ostenditur arce nepotis. Potente re dei Vandali, erede del doppio diadema, hai ornato la tua gloria tramite ingenti imprese. Schiere bellicose domò Teodosio vendicatore, rendendo schiave le genti con una facile contesa. Gli oppositori soggiogò con placide armi Onorio, il cui migliore favore divino realizzò gesta fortissime. La grande virtù di Valentiniano nota al mondo intero si mostra, ridotti alla mercè i nemici, dall’arca del nipote.

L’architettura di questo carme è sorvegliatissima: Vandaliricus e nepos, riferiti entrambi a Hilderico, sono rispettivamente la prima e l’ultima parola del testo; Vandaliricus e heres aprono e chiudono il primo verso; a sua volta, heres è nella stessa posizione fi nale di nepos e i due termini, di nuovo, si rifanno alla medesima persona. Ciò che colpisce di più, tuttavia, è come il vandalo Hilderico legittima il suo potere, risalendo direttamente al cuore del vecchio, insuperato e insuperabile impero romano attraverso un albero genealogico sorprendetemente matrilineare: Teodosio I padre di Onorio e Galla Placidia; Galla Placidia moglie di Costanzo III, genitori di Valentiniano III; Valentiniano III padre di Eudocia, sposa del re vandalo Hunirico e madre di Hilderico. Siamo di fronte a una dichiarazione di ‘romanità’ da parte di un sovrano dei Vandali; Hilderico vuole infatti dimostrare di avere le carte in regola, fi n dai cromosomi, per essere l’erede degli imperatori d’Occidente e, dunque, il primo interlocutore degli imperatori d’Oriente: l’erede, per l’appunto, del «doppio diadema» dei principes romani.

L’ultimo atto

Di questa svolta abbiamo un riflesso in un singolare testo conservato nel Salmasiano subito dopo la conclusione del Liber epigrammaton: il Calculus Dionisi. Si tratta di un computo pascale, di quelli che si trovano spesso nei manoscritti medievali per sapere quando è caduta (nel passato) o cadrà (nel futuro) la festa più importante della cristianità. Fin qui nulla di speciale, se non fosse che il Calculus ha come estremi cronologici il 429 e il 523. Ora, nel 429 inizia la conquista vandalica dell’Africa, mentre il 523 è l’anno della morte di Trasa-

Ravenna, Basilica di San Vitale: mosaico raffigurante l’imperatore bizantino Giustiniano.

mondo e dell’ascesa al trono di Hilderico: l’anno, cioè, in cui si chiude la fase dei re di estrazione esclusivamente barbarica e si apre quella del gemini diadematis heres. Sembra quasi che il Calculus sia una summa della storia vandalica in Africa: difficile pensare che non accompagnasse il Liber già nell’originale vergato a Cartagine, capitale del regno vandalico. E del resto la virtù di Hilderico, tornando al carme 215, è la stessa del nonno Valentiniano III, riflessa nella magnificenza del suo palazzo e ostentata dinanzi ai nemici in catene. Eppure, la nobiltà vandalica, seguace dell’Arianesimo, non perdonerà a Hilderico la sua fede cattolica: il colpo di stato di Geilamir, nel 530, pone fine al regno del gemini diadematis heres e fa retrocedere i Vandali su posizioni ostili all’Impero romano d’Oriente. La risposta di Bisanzio non si fa attendere: con la scusa di vendicare Hilderico e punire l’usurpatore, Giustiniano conquista il regno vandalico. La cui storia, stavolta, finisce davvero. Senza alcun Calculus Dionisi a celebrarla.

Vanni Veronesi

(in collaborazione con “L’Eco del nulla”) |

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PERSONAGGI

ANDREA PESSINA Intervista di Margherita Reguitti

Al centro

della bellezza

Da due anni è il responsabile della tutela del patrimonio artistico di un territorio fra i più ricchi del mondo: quello della città di Firenze. Eppure le montagne del suo Friuli continuano a mancargli. Come l’intera regione: con la quale ha un debito che vuole saldare.

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L’archeologo friulano Andrea Pessina è alla guida della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Firenze e le Province di Pistoia e Prato. Dalla sede di Palazzo Pitti il dottor Pessina è responsabile dell’attività di tutela e valorizzazione del patrimonio artistico, archeologico, demo-etnoantropologico, architettonico e paesaggistico di un territorio fra più ricchi, importanti e famosi non solo del Paese, ma del mondo. Nato a Firenze nel 1963, il padre friulano vi si era trasferito per lavoro, si è formato all’Università di Pisa dove nel 1998 ha conseguito il dottorato di ricerca in “Archeologia: insediamenti, economia e cultura”. Nel 2006, sempre a Pisa, la specializzazione in Archeologia con indirizzo in Preistorica e Protostorica. Negli anni seguenti ha svolto vari periodi di studio in università europee, fra le quali in

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Francia e Ungheria. Dopo alcuni anni di esperienza universitaria come borsista, nel 1999 ha vinto un concorso per archeologo specialista, bandito dal Ministero per i Beni e le Attività culturali, iniziando una brillante carriera che lo ha portato prima al Museo Nazionale Preistorico Etnografico “L. Pigorini” di Roma, quindi alla Soprintendenza per i Beni Archeologici del Friuli Venezia Giulia. Vinto il concorso per dirigente archeologo nel 2009, è stato soprintendente al Museo Nazionale d’Arte Orientale di Roma e quindi Soprintendente ai Beni Archeologici in Abruzzo nell’emergenza del dopo terremoto, incarico svolto fino al 2012, anno in cui è passato a dirigere la Soprintendenza archeologica della Toscana per poi insediarsi dal 2016 a Palazzo Pitti. Nel suo curriculum annovera il coordinamento scientifico di mostre, convegni, docenze universitarie e la partecipazione a molti progetti italiani ed europei. Oltre un centinaio i suoi contributi scientifici dedicati alla Preistoria italiana. Dottor Pessina, una carriera che nell’arco di pochi d’anni l’ha portata alla guida di una macchina complessa e a tutt’oggi in grande fermento verso il cambiamento. «È stato un percorso veloce e anche caratterizzato da una serie di coincidenze. Quando avevo deciso di lasciare l’archeologia, dopo anni di precariato universitario, caratterizzati dalla mancan-


Pagina accanto, in apertura, primo piano di Andrea Pessina davanti Palazzo Pitti a Firenze; in basso, panoramica della sede della Soprintendenza del capoluogo toscano. Di fianco, scavi nel sito mesolitico di Pramollo databile circa 8000 anni prima di Cristo.

za di concorsi che offrissero uno sbocco professionale stabile e avevo quindi iniziato a insegnare in Friuli, a Tarvisio, di colpo si è aperta l’opportunità di partecipare a un concorso per archeologo specialista. Così sono entrato al Ministero per i Beni culturali». La prima nomina a soprintendente fu in una sede in un momento di grande criticità… «L’esperienza in Abruzzo all’indomani del terremoto è stata difficile, faticosa ma anche molto formativa. Per fortuna la mia sede era a Chieti, dunque in un territorio risparmiato dal sisma. Per questo abbiamo retto bene il colpo. Certo, da friulano, perché tale mi considero a tutti gli effetti, il pensiero è spesso andato alla tragedia che nel 1976 mise in ginocchio la nostra terra, causando morti e danni gravissimi al patrimonio storico, culturale e architettonico». Recentemente le è stato consegnato un importante premio ad Aquileia: dal suo osservatorio previlegiato di soprintendente e archeologo, ritiene che si stia facendo abbastanza nella ricerca e nella valorizzazione della città patrimonio dell’UNESCO? «Aquileia negli ultimi anni ha fatto grandi passi avanti; la creazione della Fondazione, con l’impegno diretto della Regione, ha significato disponibilità di adeguate risorse finanziarie, a cui ha fatto seguito il recente accordo siglato con il nostro Ministero per la gestione diretta delle aree archeologiche da parte della Fondazione. Di fatto, questo è il sito più importante della regione, per il quale senza dubbio si può fare di più e raccogliere di più. L’esperienza attuale di Pompei è in questo senso significativa. C’è da dire che la nostra archeologia, nonostante la presenza di realtà come il Museo di Cividale del Friuli, è ancora poco nota in Italia e nel mondo. Vi sono infatti periodi della storia dell’uomo che hanno proprio qui in Friuli testimonianze significative, ma che sono ancora poco conosciuti e studiati». A cosa si riferisce? «Ritengo che un aspetto nel quale credo di aver dato un contributo importante siano le ricerche fatte in Friuli sull’origine dell’agricoltura e la comparsa delle prime comunità neolitiche. Pochi sanno che in questo

settore, anche durante la preistoria, la nostra regione fu un laboratorio pressoché unico di incontri culturali, grazie al suo ruolo di cerniera fra Occidente e Oriente, vera porta verso i Balcani. Attraverso il Friuli sono entrati popoli che arrivavano probabilmente da lontano e con loro piante e animali». Di che periodo stiamo parlando? «Le ricerche fatte con il supporto del Museo Friulano di Storia naturale di Udine e di alcune università italiane hanno interessato la vita e le popolazioni che vissero dal 5500 al 4500 a. C. Nella bassa e alta pianura friulana esistevano villaggi piccoli e grandi, abitati da genti che avevano relazioni con i territori anche lontani, dalla attuale Croazia fino alla pianura padana e le Alpi nordoccidentali. In pochi sanno che in quel periodo si assistette a un’esplosione demografica nella zona di Pozzuolo del Friuli, dove sono stati rintracciati i resti riferibili a decine di villaggi fondati da questi primi agricoltori. Popolazioni provenienti da Oriente che portarono nelle loro migrazioni animali domestici e introdussero per la prima volta in Italia nordorientale specie vegetali coltivabili. Durante gli scavi di Sammardenchia sono state trovate diverse varietà di grano e orzo. In particolare, è stata individuata la presenza del “grano di Timophev” (Triticum timophevii), le cui origini sono oggi riconosciute nei territori dell’ex Unione Sovietica. Il ritrovamento di asce, accette e altri utensili di pietra verde del Piemonte e della Savoia, ma anche di ossidiane da Lipari, sta a dimostrare una rete vivace di circolazione e scambi di persone e idee attiva quasi 8000 anni fa». Come è cambiato il ruolo di tutela e valorizzazione delle soprintendenze dopo l’ultima riforma del 2017? «Il primo elemento che distingue la riforma voluta dal ministro Franceschini è la separazione netta fra tutela e valorizzazione, con una operazione che ha creato una dolorosa dicotomia: le soprintendenze fanno tutela e i poli museali e i musei autonomi si occupano di valorizzazione. Da questa separazione nasce però un problema non di poco conto: tutela e valorizzazione non sono scindibili in maniera netta, soprattutto per quanto riguarda l’archeologia. I musei si nutrono del| novembre-dicembre 2018 | 23



le scoperte archeologiche che avvengono nel territorio. Dividere in modo netto le due anime del ministero ha portato a forti contrapposizioni». Dei musei contenitori senza linfa vitale? «Direi che oggi il pericolo maggiore è quello di aver creato dei luoghi di antiquaria, dove verranno esposte collezioni morte, non più destinate ad accrescersi grazie all’azione di tutela delle soprintendenze, non più Scavi nel villaggio neolitico di Pavia di Udine luoghi deputati a ospitare le scoperte della ricerca. Mi riferisco in particolare do per originare un territorio abbandonato dall’uomo, all’archeologia, mentre la questione è meno drammati- visione romantica ma di fatto negativa. Vi è poi in Toca per i musei storico-artistici». scana il problema della custodia e salvaguardia di un E per quanto riguarda il ruolo di tutela delle patrimonio architettonico e storico-artistico di enorsoprintendenze? me importanza, che deve essere mantenuto, restaura«Siamo passati da un’impronta specialistica, con to, tutelato. Vi sono costi altissimi, spesso a carico dei dirigenti e strutture ad alta specializzazione, a quel- proprietari privati, che a volte vedono la stessa ammila che viene ora definita “olistica”, dove cioè a un’u- nistrazione statale e quella della Chiesa in grande difnica soprintendenza si richiede di esercitare una tute- ficoltà nel sostenerli». la a 360 gradi». Quale è il tipo di turismo che fa bene al patriQual è la situazione a Firenze? monio storico culturale? «Oggi mi occupo dei palazzi fiorentini, ma anche «Certamente non il turismo di massa, ma quel flusdi chiese, conventi, quadri, archeologia, paesaggio e so costante e non esagerato di persone che cercano, apdel patrimonio demoetnoantropologico immateria- profondiscono e apprezzano ciò che visitano. In questa le, con lo scopo di preservare le tradizioni popolari. direzione in FVG vi è spazio per crescere offrendo più Si tratta di un impegno improbo, che inevitabilmen- servizi, itinerari a ragnatela che comprendano visite ai te porta il soprintendente a privilegiare alcuni cam- grandi e piccoli musei, alle pievi e ai borghi, per non pi della tutela rispetto ad altri, anche solo perché più fare morire quelli che possono anche essere definiti su lontani dalla sua formazione. Inoltre, la recente rivo- scala nazionale “siti minori”, ma lo sono per dimensioluzione del MIBAC è avvenuta su un corpo vecchio ni e non certo per bellezza. Va bene una pluralità di ofe debole, che presentava carenze e vuoti in organi- ferte che comprenda anche il cicloturismo, i cammini e co significativi. Un aspetto da non sottovalutare per i percorsi di pellegrinaggio, i castelli e i luoghi fortifile sue ripercussioni negative. Nel 2016, quando sono cati, i siti archeologici in grotta, senza mai abbandonastato nominato a Firenze, in organico erano presenti re i progetti di grandi mostre che siano occasioni uni150 persone, oggi sono 95. Il ministro Bonisoli in un che per realizzare autentici progetti culturali e di ricerrecente incontro con i soprintendenti ha dimostrato ca, eventi che possono essere un volano di forte richiamolta attenzione su questo aspetto, promettendo con- mo. Pensiamo quale esempio all’attività svolta qui a corsi e assunzioni, continuando una politica avvia- Firenze dalla Fondazione Palazzo Strozzi, che riesce a ta dal suo predecessore, che è riuscita però a colmare produrre annualmente almeno 3 grandi mostre che atsolo parzialmente le lacune». tirano in città centinaia di migliaia di turisti». Quali sono le priorità nel suo territorio e in ILei vive nella bellezza, ma c’è qualcosa che le talia? manca del suo Friuli? «La prima è certamente la gestione del tema del pa«Mi mancano le montagne, dove io mi sento a casa; esaggio in rapporto alle esigenze di sviluppo del ter- i rilievi dei monti sono i miei punti cardinali senza i ritorio in termini di infrastrutture e di crescita econo- quali mi sento disorientato. Mi manca la gente della mica. Tema delicato, che deve essere affrontato dal- nostra regione, a volte troppo semplice, ma certo sinle Regioni d’intesa con gli uffici del nostro Ministero. cera». A oggi però sono poche le regioni che hanno adottaQual è il suo prossimo obiettivo professionale? to i piani paesaggistici, strumenti principali per la ge«Vorrei finire di pubblicare i risultati degli scavi da stione dei valori paesaggistici. La bellezza del paesag- me condotti in Friuli. Si tratta di un debito con la mia gio italiano è un valore estremamente fragile che ri- regione che vorrei quanto prima saldare». chiede scelte ponderate e consapevoli, perché la tutela Margherita Reguitti non può pensare di cristallizzare un paesaggio, finen|

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ALLA SCOPERTA DI...

LE VILLE DEI NAPOLEONIDI IN FRIULI Servizio e immagini di Michele Tomaselli

Rovine

di fasti antichi

Tra i comuni di Ruda e Fiumicello Villa Vicentina sono visibili i resti di dimore che hanno ospitato nei secoli cavalieri in partenza per la Terrasanta, discendenti di Napoleone e lo scienziato Pasteur. Ora una petizione pubblica tenta di smuovere le istituzioni per salvarle.

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Nelle campagne di San Nicolò di Ruda si scorge un’antica villa, nascosta dalla vegetazione, che quasi sembra un tempio nella giungla descritto da Rudyard Kipling. Da una ventina d’anni ha perso il fascino dei tempi perduti, ma la storia di questo luogo (assieme alla villa Ciardi-Baciocchi di Villa Vicentina) s’intreccia col destino avverso dei napoleonidi: “La Commenda” – così come ancora oggi si chiama – oramai è ridotta a un cumulo di rovine, ma le sue origini hanno genesi lontane e vanno ricercate addirittura agli inizi del II millennio. Dapprincipio fu rifugio per crociati e pellegrini e nel 1211 assunse il nome di “hospitale di San Nicolai di Levata”. Tale luogo fu affidato alle proprietà dei Cavalieri dell’Ordine dell’Ospedale di San Giovanni di Gerusalemme (oggi conosciuti come Cavalieri di Malta) i quali, assieme ai Cavalieri Templari, divennero tra i più potenti ordini cavallereschi a difesa della cristianità. Il patriarca aquileiese Wolfger Ellenbrestchirken aveva fatto costruire un

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ospizio per quanti si recavano in Terrasanta, a San Nicolò, situato sulla via che portava ai porti di Aquileia e Grado. Nel corso del 1300 si hanno altre notizie: una pergamena del 1352 attesta che fra’ Guglielmo da Fuscarijs era diventato governatore e rettore dell’ospedale e Franceschino de Mutina da Udine curava gli interessi del luogo. Alla fine del XV secolo cominciò la decadenza della Commenda. Con la dominazione austriaca iniziarono delle frizioni tra i nobili della Contea di Gorizia e il Sovrano Militare Ordine di Malta ma, dopo 600 anni di storia, la Commenda, grazie all’interesse dei napoleonidi, ritornò agli antichi fasti, ristrutturata e ampliata, come dimora degna di un re. Un luogo che tuttavia incrociò i diversi destini toccati dalla malasorte. Ma prima di descriverli, un breve salto indietro. Maria Anna Bonaparte, detta Elisa, sorella esiliata di Napoleone, assieme al marito Felice Baciocchi aveva trascorso gli ultimi anni della sua vita proprio nella vicina villa Ciardi-Baciocchi (oggi in Comune di Fiumicello Villa Vicentina), acquistandola dalla nobile famiglia vicentina Gorgo e ristrutturandola con l’inserimento di preziosi reperti archeologici pro-


venienti da Aquileia, secondo il modello delle ville toscane, su progetto dell’architetto di corte Charles de Sambucy. Fintantoché ad avvenuta morte, il 7 agosto del 1820, e ad appena 43 anni (decesso intervenuto nella camera da letto dell’attuale proprietario), sua figlia Elisa, ereditando l’intero patrimonio familiare, come unica diretta discendente, dopo la morte prematura del fratello Federico Napoleone, caduto da cavallo, decise di acquistare la vicina Commenda e di ristrutturarla. La stessa fu edificata inglobando i resti dell’antico convento templare-giovannita, conservando le finestre medioevali dell’arco ogivale e realizzando una serra detta “la grotta delle aquile”, con delle meravigliose inferriate, dove si coltivavano piante pregiate giunte da ogni dove. Seguirono anni di frenetiche attività nelle due ville, con feste e sfarzosi ricevimenti. Inoltre le stanze dei due plessi furono arredate con svariati caminetti, sale decorate da affreschi, mentre nel salone adibito alle feste faceva mostra una gigantesca “N” in argento, simbolo dei napoleonidi. Non mancarono delle ricche biblioteche. Elisa vi si stabilì assieme al marito Filippo di Camerata e il figlioletto Benedetto Napoleone. Quest’ultimo avrebbe voluto rimanere per sempre tra i verdi boschi della pianura friulana, ma mandato a Parigi nella Corte di Napoleone III non resse l’ambiente di corte e si suicidò in giovane età. Fu per questo motivo che Elisa Bonaparte fece costruire la famosa cappella Baciocchi, rimasta a testimoniare la presenza dei Napoleonidi in Friuli. Nel 1868 la tenuta, divisa attualmente nei territori dei Comuni di Fiumicello Villa Vicentina e Ruda, fu venduta a Napoleone III, il quale la intestò all’unico figlio, il principe imperiale Eugenio Luigi Napoleone, morto poi in Sudafrica. In seguito venne abitata da Tisserand, amministratore dei beni agricoli della corona francese e infine acquistata nel 1919 dalla famiglia Ciardi che d’allora è proprietaria. Maurizio Waschl, ultimo loro discendente, oggi vi gestisce un’azienda agricola. Va ricordato inoltre che nella “Commenda” fu ospite illustre, dal 25 novembre 1869 al 6 luglio 1870, il grande scienziato francese Luigi Pasteur che eseguì studi per combattere il calcino del baco da seta che infestava gli allevamenti friulani. Inoltre, all’interno di questa tenuta furono sviluppate le tecniche di vinificazione. Nelle cantine di Villa CiardiBaciocchi fu perfino sperimentato un metodo per la fermentazione dello champagne. Michele Tomaselli Bibliografia: Cervignano Nostra, rivista n. 9; Messaggero Veneto

Qui sopra, due recenti immagini dei resti della Commenda a San Nicolò di Ruda. Pagina accanto in apertura e in basso a sinistra, due immagini di Villa Ciardi-Baciocchi; in basso a destra, cartolina di Villa Elisa agli inizi del XX secolo.

Salviamo i luoghi del cuore: una petizione per “La Commenda” e Villa Ciardi-Baciocchi

Parte una petizione per salvare la “Commenda” dei napoleonidi a Ruda e “Villa Ciardi-Baciocchi” a Villa Vicentina. I due edifici storici, in particolare la Commenda, stanno scomparendo inghiottiti dalla vegetazione e crollando sotto i colpi del tempo e dell’abbandono. Per salvare un patrimonio di valore inestimabile, è partita la petizione #salviamolacommenda. Due cervignanesi, l’orafo Sergio Serdino e il giornalista Michele Tomaselli sono scesi in campo e hanno deciso di sensibilizzare le istituzioni. A breve scriveranno al ministro Alberto Bonisoli, al presidente della Regione FVG Massimiliano Fedriga, all’assessore regionale alla cultura Tiziana Gibelli, al sindaco di Ruda Franco Lenarduzzi e a quello di Fiumicello Villa Vicentina, Laura Sgubin. «A Villa Ciardi – spiega Serdino – c’è un bellissimo mosaico romano. I granai napoleonici sono gli unici appartenuti alla famiglia Bonaparte. Lungo la facciata esterna è pieno di reperti romani. La cantina e i granai hanno una notevole importanza storica, così come il resto della villa. Non è mai stato fatto nulla per preservare questo patrimonio. Per quanto riguarda la Commenda è per buona parte distrutta. L’unica cosa ancora in piedi è la facciata della “grotta dell’aquila”. Anche in questo caso nessuno è mai intervenuto». Il proprietario Maurizio Waschl non può sobbarcarsi tutti i costi di recupero. L’edificio, inoltre, è soggetto alle belle arti da una serie di vincoli. Sergio Serdino, che cura gli interessi della proprietà, ha provato più volte a contattare gli uffici della Soprintendenza di Udine e la precedente giunta regionale, ma senza risultati. |

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PERSONAGGI IRENE CAO Intervista di Andrea Doncovio

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Il viaggio

dei sensi

La sua trilogia erotica è stata tradotta in 14 diversi Paesi divenendo un caso editoriale. «Nella protagonista dei romanzi c’è molto di me». In esclusiva per iMagazine, la scrittrice friulana ripercorre la sua ascesa. Svelando ciò che realmente vogliono le donne.

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Irene Cao e la scrittura. Partiamo dall’inizio: quando è scoccata la scintilla? «Ho sempre scritto, fin da quando ero bambina avevo un diario. Ce l’ho ancora, non viaggio mai senza il mio taccuino: è il mio diario di bordo. Ho iniziato a contemplare l’idea di scrivere un romanzo all’età di 27 anni e ci è voluto molto tempo prima di arrivare a una forma compiuta e poi alla pubblicazione. L’idea di scrivere il primo romanzo mi è arrivata dopo un viaggio in nord Africa regalatomi dal destino. Un viaggio in cui ho sperimentato l’amore e la gioia, un viaggio che mi ha aiutata a uscire da un momento buio. Ecco, da quel momento ho iniziato ad appassionarmi alla scrittura in maniera seria. Scrivere era diventata una necessità viscerale, qualcosa che il cuore mi chiedeva di fare». Dopo la laurea in Lettere classiche e un dottorato hai collaborato con il settimanale A-Anna. Cosa ha significato per te quell’esperienza? «È stato un sogno realizzato. Da tempo seguivo il giornale da “lettrice”, mi piaceva molto perché l’allora direttrice Maria Latella aveva dato al magazine un taglio non solo puramente modaiolo. Così un giorno, mentre ero a Venezia, mi sono detta: “io su quel giornale ci voglio scrivere”. Dopo aver inviato almeno dieci articoli, un caporedattore si accorse della mia scrittura e mi diede la possibilità di tenere una piccola rubrica. Fu l’inizio di un viaggio di fatica gioiosa». 28

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Nel 2013 arriva l’esordio letterario con la pubblicazione di Io ti guardo, primo atto di una trilogia erotica successivamente tradotta in 14 diversi Paesi. Domanda semplice: com’è nata l’idea? «È nata dalle ceneri di un primo romanzo che scrissi nell’arco di tre anni e una notte di gennaio del 2012 gettai letteralmente nella stufa, perché sentivo che dovevo ripartire da zero. Di quel primo romanzo salvai un piccolo nucleo e da lì sviluppai l’intera trilogia». A quel primo libro ne sono seguiti altri che hanno venduto centinaia di migliaia di copie: qual è a tuo avviso il motivo di questo successo? «Sono libri onesti. Le lettrici si identificano nelle protagoniste dei miei romanzi, spesso hanno vissuto o stanno vivendo o sognano di vivere storie simili a quelle che racconto. Storie in cui non ci sono “effetti speciali”, storie dove a vincere è la verità dei sentimenti». Cosa rappresenta la scrittura per Irene Cao? «Per me la scrittura è un atto intimo e viscerale. Scrivere un romanzo non è una passeggiata, ti costringe a scendere dentro di te e a tenere nella pancia emozioni di ogni genere per molto tempo. È un viaggio di fatica e sacrificio, solitudine e introspezione. Non la vivo benissimo, specie quando mi devo confrontare con le scadenze legate alla pubblicazione, ma la mia anima sportiva mi ha insegnato a non mollare mai». Ci sono scrittori a cui ti ispiri?


In apertura, Irene Cao con una copia di Io ti amo, sequel della trilogia erotica Io ti guardo/Io ti sento/Io ti voglio, edita da Rizzoli (ph. Al Bruni). Di fianco, primo piano di Irene Cao, nata a Pordenone il 10 settembre 1979 (ph. Giorgio Mondolfo).

«Ho sempre cercato un mio stile personale e, volutamente, mentre sto scrivendo, non leggo molti romanzi. Se posso, preferisco leggere scrittori italiani e tra gli italiani un grande narratore da cui ho silenziosamente appreso l’arte dello scrivere è Andrea De Carlo». Dal mezzo al contenuto: cos’è invece il sesso per Irene Cao? «Un viaggio dei sensi, qualcosa che vive nei corpi ma va al di là dei corpi, toccando dimensioni spirituali. Per me è un incontro di anime. Anime che attraverso i corpi trovano il loro punto di fusione». Nei tuoi romanzi, oltre all’eros un ruolo importante è ricoperto anche dal cibo. Come mai? «Come il sesso, anche il cibo è un viaggio dei sensi. E, se ben consumato, nutre l’anima oltre che il corpo». Gli addetti ai lavori sottolineano come i tuoi lettori siano in maggioranza donne: a tuo avviso perché? «Senza scadere nelle generalizzazioni che detesto, forse perché gli uomini preferiscono andare su YouPorn e hanno una visione del sesso più elementare. Le donne che leggono i miei romanzi sono attratte non tanto dalla dinamica del sesso fine a sé stesso, ma dal crescere della passione e dagli inevitabili drammi sentimentali in cui incappano i protagonisti». Ibiza, Venezia, Roma, la Sicilia… Nei tuoi romanzi i luoghi giocano un ruolo importante: come li hai scelti? «I luoghi per me sono protagonisti come le persone. I luoghi parlano e, se si sanno ascoltare, ci dicono molto. Tutti i miei libri sono ambientati in luoghi cari al mio cuore, luoghi in cui io stessa ho vissuto o che comunque conosco bene». Dai luoghi ai personaggi. Elena, la protagonista, è una restauratrice trentenne: quanto c’è di autobiografico in lei? «Molto: la passione per l’arte, l’amore per il lavoro che fa, la pignoleria (della serie: “non è finito finché non è perfetto”), ma anche il perdersi in un mondo tutto proprio, la bontà, la dolcezza, l’insicurezza, l’onestà». Mentre scrive, Irene Cao quali sensazioni prova? «Fatica. Davvero. Tanta fatica. Il piacere arriva solo quando metto la parola “Fine”». Giovane donna e scrittrice di successo: Irene Cao come vive la celebrità e il rapporto con il pubblico? «Semplicemente. Non mi sento una persona celebre e continuo a fare le stesse cose che facevo prima del successo letterario».

Nata a Pordenone, vivi a Caneva: qual è il tuo rapporto con il Friuli Venezia Giulia? «Adoro la mia terra, tanto che ho deciso di stabilire qui a Caneva il mio eremo creativo. Non riesco a stare troppo a lungo lontana dal Friuli Venezia Giulia. È una regione che offre molto, paesaggi diversissimi a pochi chilometri di distanza. È una terra di cui dobbiamo avere cura». In quale luogo della regione ti piacerebbe ambientare un futuro romanzo? «Forse nei boschi del tarvisiano, in quella speciale terra di confine tra Italia, Austria, Slovenia, perché lì c’è una parte della mia storia di famiglia. E una parte del mio cuore». Lo scorso giugno è uscito Io ti amo, ultimo romanzo in ordine di tempo. Cos’è per te l’amore? «È il motore del mondo. Senza amore, nulla esisterebbe». Dal presente al futuro: stai già lavorando ad altri progetti editoriali? «Per ora no, mi sto prendendo un periodo di pausa dalla scrittura e sto continuando a studiare e sperimentare tecniche di regia. Insieme a una troupe in gran parte friulana l’anno scorso ho realizzato 7 mini film per il web, visibili sul mio canale YouTube, dal titolo Un Cuore in Viaggio: un viaggio in immagini nelle città e suggestioni che hanno fatto da sfondo ai miei romanzi». Chiusura con il quesito più difficile. Freud disse di non essere mai riuscito a rispondere alla domanda “Cosa vuole una donna?”. Se la ponessi a Irene Cao, cosa mi risponderebbe? «Vuole essere ascoltata. Null’altro». Andrea Doncovio | novembre-dicembre 2018 | 29


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ALLA SCOPERTA DI...

CRISTINA BRAGAGLIA VENUTI Intervista di Margherita Reguitti Immagini di Fondazione Coronini

Lo scrigno

della storia

Palazzo Coronini Cronberg a Gorizia custodisce un tesoro accumulato da generazioni di nobili. E mentre la grande mostra sull’eredità russa continua a conquistare il pubblico, la responsabile dell’omonima Fondazione ci svela le novità in arrivo la prossima primavera.

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A Gorizia, immerso nel verde di un magnifico parco (foto in alto di Pierluigi Bumbaca), sorge Palazzo Coronini Cronberg. Un gioiello architettonico, uno scrigno che custodisce un tesoro accumulato nei secoli da generazioni di nobili goriziani ed europei. Entriamo alla sua scoperta con Cristina Bragaglia Venuti (foto in basso), responsabile dell’attività della Fondazione Palazzo Coronini Cronberg Onlus e curatrice della mostra L’eredità russa dei Conti Coronini.

ph. Carlo Sclauzero

«La Fondazione è un ente morale nato nel 1990 per disposizione testamentaria del conte Guglielmo Coronini Cronberg (1905-1990), ultimo discendente della nobile famiglia goriziana, con lo scopo di conservare, valorizzare e rendere accessibile a tutti il suo immenso patrimonio, a cominciare dal Palazzo trasformato in un museo, e dal parco, entrambi aperti al pubblico». Chi sono i componenti del curatorio che la gestisce e programma l’attività? «Secondo quanto indicato nel testamento del conte ne Com’è nata la Fondazione e quali sono i suoi fanno parte di diritto per la durata del loro incarico il sincompiti statutari? daco di Gorizia, il soprintendente per il Ministero dei Beni Culturali per archeologia, belle arti e paesaggio del Friuli Venezia Giulia, l’assessore regionale alla cultura, i direttori della Biblioteca Statale Isontina e dei Musei Provinciali. A loro si aggiungono quattro esperti nel campo storico artistico». Oggetti preziosi e legami di sangue sono il filo rosso dell’esposizione L’eredità russa dei Conti Coronini. Cosa racconta questa narrazione senza confini in forma di mostra? «Svela la straordinaria consistenza dell’eredità che, nel 1913, il conte Eduard Cassini, ciambellano e maestro di cerimonie alla corte degli ultimi zar, lasciò alla nipote Olga Westphalen Fürstenberg, madre del conte Guglielmo. Attraverso opere d’arte, documenti, fotografie e oggetti preziosi sono narrati i momenti salienti di un racconto iniziato alla fine del ’700, quando il conte piemontese Vittorio Gioacchino Capizzucchi Cassini di Strada decise di arruolarsi nell’esercito del grande impero russo di Caterina II. Da quel momento, per ben tre generazioni, i conti Cassini rimasero al servizio degli zar, ricoprendo importanti incarichi come diplomatici o funzionari di corte, incro30

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ciando sul loro cammino papi, imperatori e presidenti, da Napoleone Bonaparte a Jacqueline Kennedy. Alle loro vicende si intrecciano quelle delle prestigiose famiglie russe Bibikov, Beketov e Kušnikov, da cui discendeva Zoé Bibikova (1840-1907), la moglie di Eduard Cassini, alla quale apparteneva in realtà il cospicuo patrimonio ereditato da Olga e oggi patrimonio della Fondazione». Lei è la curatrice della mostra e responsabile dell’attività della Fondazione: ci accompagna in una visita virtuale nelle sale espositive e nel Palazzo? «La nostra visita inizia nelle sale delle Scuderie, oggi spazi espositivi, book-shop e biglietteria. Qui fotografie e documenti raccontano la storia della famiglia Cassini. Dopo aver fatto la conoscenza con questi importanti antenati del conte Coronini possiamo proseguire poi all’interno del Palazzo che fu la sua casa fino alla morte avvenuta a Vienna. Nelle sale al piano terra, in una sorta di piccola sala del tesoro, sono esposti gli oggetti più preziosi dell’eredità russa: argenti, gioielli, portasigarette e icone. Una testimonianza della raffinatezza e abilità tecnica di una produzione artigianale di altissima qualità che, grazie a maestri del calibro di Fabergé, nell’800 si fece apprezzare in tutta Europa. Turchesi, diamanti, perle e cammei incastonati in spille, bracciali e collane testimoniano le principali tendenze della gioielleria dell’epoca, dallo stile neorococò al gusto per le forme della natura fino all’Art Nouveau». Esposti anche oggetti per l’allestimento di banchetti e tavole per occasioni speciali. «Abbiamo scelto di esporre anche manufatti a smalto e a niello, realizzati con tecniche diverse. Il sapiente uso del cesello ha prodotto oggetti da tavola che, nelle forme e nei decori, si richiamano a uno “stile russo”, ispirato alle tradizioni popolari, agli umili oggetti della vita quotidiana e a un repertorio decorativo ricavato dagli antichi manufatti russi del XVI e del XVII secolo». La mostra è stata l’occasione anche per scoprire e capire l’origine di alcuni oggetti… «Studiando e confrontando abbiamo scoperto come anche molte delle opere d’arte e degli arredi, che siamo abituati a vedere nei suggestivi ambienti arredati dal conte Coronini, abbiano in realtà un’origine russa ma non solo. Si tratta di un viaggio dai pregevoli dipinti olandesi al busto di Napoleone Bonaparte, dalle settecentesche vedute di Napoli al servizio da scrittura in malachite. Quasi ogni stanza del Palazzo conserva in maniera indelebile una traccia della straordinaria ricchezza del lascito Cassini e del gusto del Conte». Quali sono alcuni degli oggetti più pregevoli ai quali è stato riservato un posto d’onore? «Sono molti i pezzi unici e preziosi, alcuni dei quali mai visti prima. Fra questi una preziosissima balza in pizzo francese del Settecento, lunga cinque metri, esposta nel salone centrale, o la spettacolare etagère con specchiera in legno dorato e porcellana, restaurata per l’occasione grazie ai proventi raccolti con il progetto de “Il Panettone del conte” e al sostegno del Lions Club Gorizia Host». Quali sono gli altri tesori della Fondazione che attendono di essere scoperti? «Le collezioni Coronini comprendono una straordinaria varietà di oggetti, molti dei quali non sono mai stati esposti al pubblico o lo sono stati solo in parte. Senza contare i

ph. Carlo Sclauzero

La mostra L’eredità russa dei Conti Coronini resterà aperta fino al 31 dicembre 2018. Ingresso € 5,00, ridotto € 3,00; orari di apertura sul sito www.coronini.it Visite guidate su prenotazioni per gruppi. Catalogo in mostra. Palazzo Coronini Cronberg, viale XX settembre 14 - Gorizia. dipinti, le sculture e i mobili custoditi nei depositi, possiamo ricordare le stampe, tra cui pregevoli esemplari del XVI, XVII e XVIII secolo, disegni, tra cui una significativa raccolta di opere del pittore neoclassico di origine goriziana Francesco Caucig, le monete e le medaglie, per finire con un interessante nucleo di opere orientali che comprende porcellane e stampe cinesi e giapponesi». Quali sono i programmi per il 2019? «Il prossimo anno abbiamo intenzione di far scoprire un’altra sezione delle collezioni Coronini che non è stata ancora studiata e valorizzata appieno: quella dei tessili e dell’abbigliamento. La mostra, che verrà inaugurata in primavera, sarà dedicata agli accessori della moda. Se oggi infatti gli accessori sono considerati essenziali, quasi più dell’abito stesso, perché sono il mezzo attraverso cui una persona esprime la propria personalità o il proprio stato d’animo, altrettanto importante fu il loro ruolo nei secoli passati. Ogni epoca ebbe i propri “fronzoli” che ne caratterizzarono il gusto e lo stile. Per questo un’analisi dei diversi oggetti che nel corso del tempo furono considerati un indispensabile completamento dell’abbigliamento, le loro caratteristiche, i loro materiali, può aiutare, al di là della loro apparente futilità, a conoscere la mentalità e le abitudini che connotavano un determinato periodo storico». Ci può anticipare quali accessori fashion si potranno ammirare? «Da un lato gli accessori che si indossano, che si portano sul corpo insieme al vestito o sul vestito, come cappelli, guanti, scarpe, calze, ghette, ma anche bottoni e ancora cinture, scialli, merletti, pettini. Dall’altro oggetti che si tengono in mano come borse, ventagli, bastoni da passeggio, fazzoletti, tabacchiere, portasigarette, etui (busta o astuccio, ndr) ma anche ninnoli oggi in disuso come boccette portasali e portaprofumo». Oggetti che ci faranno viaggiare in quali secoli? «Una varietà di oggetti preziosi e curiosi giunti fino a noi per raccontarci la società del XVIII e del XIX secolo, evidenziandone piccoli vizi e abitudini quotidiane, un tuffo a ritroso nel tempo dal forte impatto emotivo ed estetico ma anche con una spiccata valenza didattica». Margherita Reguitti | novembre-dicembre 2018 | 31


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PERSONAGGI

IVAN BIDOLI Intervista e immagini di Claudio Pizzin

L’innovatore dell’arte

Con i suoi disegni stregò il grande architetto Max Fabiani. Il pittore statunitense Lajos Markos gli propose di seguirlo in Florida dove sarebbe divenuto milionario. Lui invece scelse di restare nella sua Fiumicello. Dove creò un locale che fece storia e dove ancora oggi, a 85 anni, trae ispirazioni continue per le sue opere.

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Arredatore, architetto, pittore… Ripercorrendo la propria carriera, oggi Ivan Bidoli come si definirebbe? «La natura è stata generosa con me, donandomi i talenti per svariare su più fronti: nel mio percorso di vita ho avuto modo di operare in tutti e tre i campi con successo. Come architetto ho progettato nella mia Fiumicello la struttura dello storico lo-

cale L’Arenella, del bar e del ristorante, ma anche il supermercato (oggi negozio di elettrodomestici) e il monumento ai Caduti eretto nella zona scolastico-sportiva. Di notevole interesse l’opera da me realizzata e donata al Comune di Fiumicello collocata nella sala consigliare, dal titolo Cent’anni di evoluzioni. Come arredatore ho progettato l’arredamento per pizzerie, ristoranti e bar sia in Friuli Venezia Giulia che all’estero. Come pittore sono ancora in attività: ho da poco concluso un’esposizione a Trieste nell’ambito della Barcolana, con quattro opere dedicate proprio all’evento. Per il futuro ci sono in programma ancora altre mostre». All’età di 85 anni è ancora in fervente produzione artistica: era un predestinato per l’arte? «Negli anni ‘60 capitò a Grado un grandissimo artista americano: Lajos Markos. Quando vide i miei lavori mi propose di andare con lui in Florida, dove possedeva una grande tenuta con cavalli. Disse che mi avrebbe fatto diventare milionario». E lei cosa rispose? «Dovetti rifiutare perché avevo appena aperto L’Arenella…» In apertura, Ivan Bidoli nel suo studio. Di fianco, l’opera Smargiassi. Pagina accanto, da sinistra l’opera Corteggiamento lacustre; l’interno della galleria di Ivan Bidoli.

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Alcune delle opere di Beatrice Capellotti Alcune delle opere di Beatrice Capellotti

Ciononostante lei ha esposto in quasi tutto il mondo. Continua a vivere e a operare a Fiumicello, dov’è anche nato: il legame con il suo paese quanto ha influito nell’arte di Ivan Bidoli? «Ritengo i miei lavori unici, con un’impronta molto personale caratterizzata dall’ambiente in cui vivo e da cui traggo ispirazione. Il mio territorio è fondamentale per la mia arte e a Fiumicello vivo stimato e rispettato». Nel suo percorso artistico è stato decisivo l’incontro con l’architetto Max Fabiani. Come lo ricorda? «Fu un farmacista che ne era amico a presentarci. Fabiani vide i miei progetti di architettura che avevo realizzato a Venezia e ne rimase impressionato. Si propose di darmi lezioni precisando che lui mi avrebbe accompagnato fino alla laurea: Fabiani non aveva avuto mai un allievo e io sarei diventato suo discepolo. All’epoca era in pensione dopo l’esperienza di Vienna; finita la docenza si era ritirato a Gorizia». Qual è l’insegnamento più prezioso che le diede? «Fabiani era un personaggio molto simpatico e dolce, era un incanto ascoltarlo. Mi raccomandò di mantenere sempre la mia originalità: la fantasia e la creatività erano le mie doti uniche. La mia frequentazione al corso con Max durò quasi due anni». Dopo cosa successe? «Inaspettatamente fui chiamato a fare il militare: ero convinto che sarei stato esentato in quanto mio fratello Glauco era volontario in aviazione. Finita la leva i miei genitori mi informarono che non intendevano più pagare le lezioni con Fabiani, perché dovevano sistemare anche gli altri fratelli. E a tal proposito avevano acquistato i “Ledamars di Ghesparut”, siti alla fine di via Gramsci a Fiumicello». E in quel luogo lei inventò un locale destinato a fare storia… «Prima progettai un bar che iniziai a gestire e che ebbe subito successo perché arredato in modo singolare. Poi progettai un vero e proprio locale. Non ero né geometra né architetto e i miei disegni dovevano essere firmati da

uno di loro. Tuttavia erano troppo strani e originali e infatti nessuno voleva firmarli. Quando finalmente trovai un architetto disposto a concedere la firma, nacque finalmente L’Arenella. Un locale “unico, bello e originale” a detta degli artisti che vennero a fare serate di cabaret e spettacolo; per citare i più famosi: Mike Bongiorno, Pippo Baudo, Silvan, Jerry Calà...» Nel 1985 lasciò il locale per tornare a dedicarsi alla pittura e alle progettazioni: attraverso i suoi dipinti cosa desidera trasmettere? «La mia pittura, già come tecnica, è unica e materica, molto elaborata. Traggo ispirazione da problemi e fatti di vita quotidiana che tratto in maniera singolare, spesso in modo ironico e con grande fantasia. Dovunque ho esposto ho riscosso successo perché le mie opere stuzzicano la sensibilità del pubblico». A quale tra le sue opere è maggiormente legato? «L’ultima opera prodotta è sempre quella a cui sono più legato, perché il tema trattato è ancora fresco nella mia memoria. Assieme a quell’emozione che è sempre stimolo a creare nuovi lavori». In una vita lunga e densa di emozioni come la sua, c’è spazio anche per qualche rimpianto? «Non sempre la vita dà tutto quello che vogliamo, ma io sono soddisfatto di aver prodotto opere che hanno successo e soddisfano il mio amor proprio. Non penso mai di aver dato il massimo, ritenendo invece di dover sempre fare meglio nel futuro». L’attività di Ivan Bidoli non conosce pause: quali sono le prossime sfide che la attendono? «Le date sono ancora da definire, ma a breve esporrò le mie opere in una mostra a Montebelluna, in provincia di Treviso, in permanenza a Trieste e, in seguito, nella mia Fiumicello». Claudio Pizzin Lo studio di Ivan Bidoli si trova a Fiumicello in via Dante 1. Info: 333 6569779 - info@ivanbidoli.it |

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PERSONAGGI

BEATRICE CEPELLOTTI Intervista e immagini di Michele Tomaselli

Il carattere evocativo

del quadro

All’età di 8 anni ricevette in dono una cassetta di colori a olio. Da quel giorno l’amore per la pittura non l’ha più abbandonata, portandola a esporre in Italia e all’estero. Dalla difficoltà di vivere d’arte alla passione per Picasso, la pittrice originaria del piccolo paese di Muscoli è pronta a una nuova sfida: realizzare dei quadri ispirati al Cammino di Santiago. «In attesa di percorrerlo».

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Creatività, concretezza e fantasia sono le armi di Beatrice Cepellotti, l’artista cervignanese che da diversi anni vive e lavora a Codroipo. Intraprende studi artistici, fin dalla giovanissima età, per merito dello zio Gigi Massimo (assistente del famoso pittore friulano Giuseppe Zigaina), perfezionandosi poi frequentando corsi di re-

stauro, di pittura antica e di tecniche moderne. Una pittrice che è riuscita a trovare un equilibrio nel suo percorso artistico e a elaborare un suo genere prettamente personale e riconoscibilissimo. Le sue opere hanno avuto apprezzamenti dalla critica, grazie alle partecipazioni a mostre collettive tra cui Udine, Bologna, Padova e Torino e attraverso numerose esposizioni personali, dalle quali ha ricevuto premi sia in ambito regionale, nazionale che oltre confine. Traguardi importanti che l’hanno portata a vincere recentemente la decima Biennale di pittura del Carnevale di Foiano a Chianciano, con la sua tela intitolata “Ricordi di musica e arte al mio paese”, sbaragliando la concorrenza di altre 127 opere. Nelle motivazioni del premio è stato valutato “l’equilibrio della composizione dei colori e la capacità dell’artista di attingere con garbo alle correnti novecentesche come l’espressionismo astratto (...)”. Beatrice Cepellotti, lei ha vissuto per diverso tempo a Muscoli, frazione di Cervignano del Friuli, dove risiede ancora oggi la sua famiglia. Che ricordo ha di questa località legata alle sue prime esperienze pittoriche? «Ho iniziato a dipingere a otto anni; il signor Danilo Zuri di Muscoli aveva sentito dire che ero brava e così In apertura, la pittrice Beatrice Capellotti. Di fianco, la sua opera “I fiori di Marina”, tecnica mista, 60 x 70 cm.

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mi regalò una cassetta di colori a olio, vinta alla pesca. È stato un bellissimo regalo, un dono che ha segnato la mia vita. Dai colori a olio, col supporto dello zio materno Gigi Massimo di Cervignano – un vero appassionato d’arte che fu assistente di Arrigo Righi prima e di Giuseppe Zigaina poi –, sono passata ad altre forme di pittura. Sono seguiti anni di studio con corsi di pittura antica con affresco, tecniche pittoriche moderne, nudo e disegni dal vivo. Mentre studiavo ragioneria mi dilettavo con la pittura a olio finchè, a ventiquattro anni, passai alle realizzazioni in acrilico. Quando la sera mi cimentavo a eseguirle, quasi sempre – per mancanza di soldi – ridisegnando sulle tele già ultimate, mio padre mi diceva “Beatrice jê ore distudâ la lûs (in friulano: è ora di spegnere la luce, ndr). E anche se il mio amato nonno Emilio Zanmarchi, reduce da Nikolajewka, non mi spronasse verso l’arte, traevo lo stesso l’ispirazione, disegnando i paesaggi con la neve della disfatta russa, come li vedevo dai suoi racconti». Che ricordo ha del suo mentore? «Ricordo lo zio Gigi con tanto affetto perché m’incoraggiava sempre. Diceva che prima o poi mi sarebbe scattata la vena artistica: aveva ragione. Oggi ho degli allievi che vengono a imparare il mestiere nel mio laboratorio. Almeno cinque, durante l’estate». In gioventù il suo sogno era di fare la pittrice? «Sì, ma qui in Friuli è sempre stato complicato vivere con l’arte. Così, per mantenermi, fui costretta ad adattarmi. Lavoravo la mattina e parte del pomeriggio in un negozio, facendo la commessa, mentre la restante parte della giornata la dedicavo alla pittura. Coi primi proventi comprai tutto l’occorrente per dipingere. Nonostante siano passati diversi anni, ancora oggi abbraccio questa impostazione di vita, tanto che generalmente preferisco realizzare i miei quadri la sera, dopocena, perché riesco a esprimermi meglio». Attraverso quali maestri ha raffinato la sua tecnica? «La frequentazione dello studio del pittore triestino Paolo Cervi Kerischer diede notevole impulso alla mia formazione artistica: fu un maestro con la M maiuscola. Successivamente iniziai un periodo di ricerca presso lo studio di un altro pittore triestino, Franco Chersicola, che contribuì a sviluppare la mia libertà d’espressione. Grazie ai loro insegnamenti passai alla tecnica mista. Ma quello che conta di più nelle mie realizzazioni odierne sono l’intensità e il dominio del colore, mentre il tema rimane una componente». Nelle sue opere gli elementi appaiono estrapolati dal contesto originario per essere inseriti in uno diverso, dove acquistano il ruolo di chiave d’accesso di un universo pittorico… «La mia pittura è in continua evoluzione e ciò dipende da esperienze pregresse. Agli inizi, quando avevo 20 anni, prediligevo ritrarre temi paesaggistici e spazi aperti ma, piano piano, affinando uno stile personale, ho mutato il linguaggio, imprimendo una tecnica più informale e più sintetica. Alla ricerca di sintesi ho sperimentato forme d’arte che si scrivono attraverso la pittura». La sua arte da cosa trae principalmente ispirazione? «Ho cercato di sviluppare la mia creatività confrontandomi con espressionisti come Egon Schiele, pur adorando i giochi di luci e ombre del Caravaggio. Mi piace moltissimo anche Robert Rauschenberg per come ha saputo rende-

Altre opere di Beatrice Cepellotti; in alto “Cortina di ferro”, tecnica mista, 80 x 60 cm; in basso “Infinity”, tecnica mista, 80 x 80 cm.

“Mirage”, tecnica mista, 150 x 120 cm.

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re l’arte in chiave moderna. È curioso sapere, ma se rimango in casa non trovo ispirazione perché deve colpirmi tutto ciò che vedo dal vivo. L’apice dell’illuminazione, tuttavia, è quando vado a visitare una mostra. Lì esco sempre emozionata». Alla sua Muscoli, luogo che nasconde peraltro una chiusa veneziana che pochi conoscono, ha mai dedicato un’opera? «Finora non ho mai affrontato come soggetto il mio paese, forse perché prediligo un genere informale, ma sicuramente le sensazioni che provo quando dipingo a Muscoli sono riuscita a trasmetterle anche colorando altri luoghi. Raccontando la verità ci avevo pensato, ma poi mi fermai. Da ragazza non mi piaceva girare con un cavalletto per le vie del paese: mi avrebbero fermata in troppi... (ride, ndr)». Alcuni critici hanno evidenziato che l’arte è sempre più nelle mani delle donne, ma quali difficoltà s’incontrano oggi? «Le difficoltà ci sono sempre e per una donna ancora di più; se vuoi farti conoscere non basta essere capace e apprezzata, perché in questo mondo le forme di pubblicità contano più di tutto. Più sei conosciuto e più sei cercato, e inevitabilmente aumentano le possibilità di lavoro». A proposito di emozioni, qual è l’opera artistica che l’ha più emozionata? «Guernica di Pablo Picasso esposta al Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía di Madrid. Opera completamente in bianco e nero e di ventotto metri quadri di superficie. Tela creata per commemorare le vittime del bombardamento aereo dell’omonima città basca durante la Guerra civile spagnola, venne terminata in tempo per l’esposizione internazionale». Nelle sue pitture l’atmosfera è spesso densa di mistero. La grande sfida è quella di carpire dal cielo dello spirito i suoi tesori e rivestirli di parola, di colori, di forme, di accessibilità. Da dove scaturisce l’estro che porta al concepimento del quadro? «Un quadro per me nasce dalla memoria o da un episodio particolarmente significativo. Si tratta di rappresentare un ricordo o cercare di dare emozioni destando l’interesse dell’osservatore. Una tela non è una fotografia, piuttosto un film di tanti aspetti variegati che raccontano una storia sotto la conduzione di una regia che decide se applicare un taglio drammatico, intenso o sereno...» È stata annunciata la morte dell’arte svariate volte. La pittura gode di buona salute? «L’arte non è morta, è morta la voglia di ricerca. Capire un’opera significa entrare nella vita del pittore durante ogni singola fase realizzativa. Faccio un esempio: le opere di Frida Kahlo si vedono con occhi diversi se si studia la storia personale dell’artista. Questa regola vale per ogni pittore: da Van Gogh al mio prediletto, Picasso». La critica Cristina D’Angelo, parlando della sua arte, afferma che nei suoi quadri “racconta, ma lascia anche intuire, svela oppure tace, lasciando al posto della narrazione un magico silenzio carico di suggestioni”…

Un primo piano di Beatrice Capellotti.

«Cristina D’Angelo è stata la prima critica che ha creduto in me e mi ha consegnato il primo premio a Izola, in Slovenia; ha scritto quella recensione parecchi anni fa e già aveva colto il mio essere e l’essenza della mia pittura. Le sono molto affezionata». Ringraziando Beatrice Cepellotti, che potete trovare su Facebook sul suo profilo, siamo arrivati alla fine. Per concludere, può svelare ai nostri lettori il suo prossimo lavoro? «Dei quadri astratti ispirati al Cammino di Santiago. Per me sarebbe un sogno percorrerlo». Michele Tomaselli “Casa d’oriente”, tecnica mista, 50 x 80 cm.

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MOSTRE IN FVG (calendario aggiornato su www.imagazine.it) 3-15 novembre ▶CANAL

Mostra fotografica di Olga Canali: una serie di scatti dedicati alle zone umide del territorio monfalconese. Monfalcone (GO). Caffè Carducci, via Duca d’Aosta 83. Orario: mar-dom 7.30-22. Ingresso libero. Info: www.imagazine.it

Fino all’11 novembre ▶TRACCE

La mostra porta al grande pubblico la storica esperienza di ricerca di alcuni dei personaggi che hanno fondato l’Archeologia in Friuli, insieme alla loro intuitiva osservazione del territorio, caratterizzato da strutture archeologiche emergenti di epoca protostorica e medievale.

Udine. Galleria del Castello, Piazzale del Castello. Orario: mar-dom 10.30-17. Ingresso € 5,00. Info: 0432 271591

tizie, piazzetta Francesco Giuseppe I. Orario mer 1012/17-19, sab 10-12. Ingresso libero. Info: lealidellenotizieronchi@gmail.com Fino al 25 novembre ▶MARE & SPORT IN VENEZIA GIULIA, FIUME E DALMAZIA

Fotografie e cimeli d’epoca, coppe, trofei e medaglie. Nonché tutta una serie di diplomi, tessere, regolamenti, pergamene, stendardi e vari documenti inerenti le società nautiche di riferimento. Trieste. Museo Civico della Comunità Istriana-fiumana-dalmata, via Torino 8. Orario: lun-sab: 1012.30/16-18.30, dom 1018.30. Ingresso libero. Info: 040 639188

Esposizione di 126 opere realizzate da oltre 160 artisti giovani, giovanissimi e affermati. Nell’ambito della Rassegna Internazionale biennale del Libro d’Artista.

Udine. Museo Etnografico, via Grazzano 1. Orario: mar-dom 10.30-17. Ingresso € 5,00. Info: info@ dars-udine.it

Due monumentali segni rossi realizzati dall’artista Joshua Cesa, dalle forme spigolose, nei quali si condensa la vocazione di un territorio.

Fino al 24 novembre ▶ACQUA PER ESSERE – TRACCE SENSIBILI

L’aspetto narrativo di questo percorso interattivo tra fotografia, video e installazioni si rivelerà tramite l’apparizione di fragili figure femminili, portatrici di memorie che trattengono tra le mani un’immagine dall’intensa valenza espressiva. Ronchi dei Legionari (GO). Sede Leali delle No-

Percorso immersivo e “multimediale”, allestito negli spazi delle Scuderie del Castello, per dar vita all’incontro impossibile tra l’imperatore del Messico, fucilato il 19 giugno 1867, ed Édouard Manet, il grande pittore francese che, indignato dalla vicenda, denunciò con la sua pittura le responsabilità francesi. Trieste. Castello di Miramare, viale Miramare 1. Orario: lun-dom 9-19. Ingresso € 12. Info: www.castello-miramare.it

Fino al 2 dicembre ▶COME UN RACCONTO

Fino al 18 novembre ▶SEGNI

Doberdò del Lago (GO). Centro Gradina, via Vallone 32. Orario: lun-dom 918. Ingresso libero. Info: www.riservanaturalegradina.com

Fino al 30 dicembre ▶MANET E MASSIMILIANO

Fino al 31 dicembre ▶FLUSSI CROMATICI

Marino Salvador descrive un flusso cromatico che va dalla figura piana al cromatismo della tridimensione passando dal colore pieno alle sfumature e viceversa, creando così un flusso continuo multicolore dove non si riesce a cogliere un inizio e una fine.

Udine. Art Hotel, via Paparotti 11. Orario di apertura dell’hotel. Ingresso libero. Info: www.exibart.com ▶ LA FORZA DELL’ARTE

Le cinque sculture lignee ritrovate dell’altare di Domenico da Tolmezzo della Pieve di San Pietro.

Fino al 9 dicembre ▶MARIO SIRONI

Dal Futurismo al Classicismo 1913-1924. Esposte circa 200 opere del pittore, illustratore, grafico, scultore, architetto, scenografo, tra le figure più originali, intense e radicali del secolo scorso.

Pordenone. Galleria Bertoia, Corso Vittorio Emanuele II 60. Orario: mar-ven 15-19, sab-dom 10-13/1519. Ingresso € 8. Info: www. imagazine.it Fino al 28 dicembre ▶ETERNA NATURA

Una trentina di opere di Giovanni Cesca, datate dagli anni Novanta, riunite intorno al filo rosso della natura che continuamente rinasce, come un vero miracolo di Risurrezione. Sesto al Reghena (PN). Abbazia di Santa Maria in Silvis. Orario: lun-ven 10-12/15-18. Ingresso libero. Info: www. centroculturapordenone.it

Zuglio (UD). Civico Museo Archeologico. Orario: ven 9-12, dom 9-12/15-18. Ingresso € 3. Info: 0433 92562 ▶ L’EREDITÀ RUSSA DEI CONTI CORONINI

Uno sguardo privilegiato sul gusto e lo stile di vita della società aristocratica russa, dall’inizio del XIX secolo alla vigilia della Rivoluzione di ottobre.

Esposti diversi scatti realizzati da Luigi Marzocchi, ufficiale responsabile del “Reparto Fotografico del Comando Supremo” del Regio esercito italiano durante il Primo conflitto mondiale.

Trieste. Civico Museo della Guerra per la Pace Diego de Henriquez, via Cumano 22. Orario: mer-lun 10-17. Ingresso € 6. Info: www.museodiegodehenriquez.it Fino al 7 gennaio ▶GUERRE E PROFUGHI

Il Nazareno è sempre stato un luogo importante e significativo per i goriziani e non solo, con la sua funzione sociale di accoglienza e di soccorso nei diversi momenti drammatici del secolo scorso.

Gorizia. Nazareno, via Brigata Pavia 25. Orario: lundom 10-12/15-17. Ingresso libero. Info: www.turismofvg.it Fino al 27 gennaio ▶SOGNI DI LATTA… E DI CARTONE

In mostra circa 400 esemplari di tabelle pubblicitarie in latta e cartone appartenenti ad una straordinaria collezione privata udinese totalmente inedita: quella di Stefano Placidi, costruita in 35 anni di attività collezionistica. Gorizia. Palazzo Attems, piazza De Amicis 2. Orario: mar-dom 10-18. Ingresso € 3,50. Info: www.turismofvg.it

Fino al 30 gennaio ▶ARTE NEI TRANSATLANTICI

Un viaggio nella bellezza, nell’innovazione, nel lavoro attraverso un allestimento realizzato in tre diverse sezioni.

Monfalcone (GO). MuCa, via del Mercato 3. Orario: gio 10-13, ven-sab 10-18, dom 10-13. Ingresso € 7. Info: www.mucamonfalcone.it

Gorizia. Palazzo CoroniniCronberg, viale XX Settembre 14. Orario: mer-sab 10-13/1518, dom 10-13/15-19. Ingresso € 5. Info: www.coronini.it ▶ ALTROVE 1915-1918

Memorie dal campo di Wagna e altre storie di profughi. Attraverso pannelli, le storie degli abitanti dell’Isontino allora territorio Asburgico, che furono evacuati o fuggirono.

Sagrado (GO). Giardinetto adiacente “La Rosta”. Orario: sempre visibile. Info: www.ccm.it Fino al 6 gennaio ▶DA VITTORIO VENETO A TRIESTE

Fino al 14 febbraio ▶ L’ATELIER DEI FIORI

La mostra nasce dall’incontro tra i fiori eterei di Massimo Gardone e quelli materici di Roberto Capucci, che si sostanziano in serici velluti, rasi e taffetas. Gorizia. Museo della Moda e delle Arti Applicate. Borgo Castello 13. Orario: mar-dom 9-19. Ingresso € 3,50. Info: 0481 533926

I COSTI E GLI ORARI DI APERTURA POSSONO VARIARE SENZA PREAVVISO. VERIFICARE SEMPRE RIVOLGENDOSI AGLI APPOSITI RECAPITI.


INFRASTRUTTURE E AGRICOLTURA Servizio di Renato Duca e Renato Cosma

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Una visione chiamata ferrovia

Collocare i prodotti dei campi sui mercati nazionali ed europei. Già nelle seconda metà del 1800 nella Contea di Gorizia emersero progetti e proposte per far viaggiare efficacemente le merci su treno. Ma la Grande Guerra stravolse tutto.

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La Camera di Commercio e d’Industria di Gorizia, sin dalla fondazione (1850), orientò l‘attività istituzionale su taluni obiettivi prioritari, quali: il miglioramento delle comunicazioni sul territorio, con adeguamento della viabilità; lo sviluppo ferroviario; un utilizzo più razionale delle vie d’acqua e degli approdi. Un’attenzione particolare venne riservata alle ferrovie, infrastrutture funzionali alla crescita economica della Contea Principesca, soprattutto del comparto primario, quello agricolo, per le opportunità offerte alla collocazione dei prodotti dei campi su importanti mercati nazionali ed europei, nonché alla loro distribuzione in ambito locale. Parallelamente, dunque, alla diffusione della rete ferroviaria ‘ordinaria’, avviata nella seconda metà dell’Ottocento, destarono interesse pure le potenzialità offerte dallo sviluppo di ferrovie locali ‘a scartamento ridotto’ – dette ferrovie economiche e anche ferrovie secondarie (già in esercizio nel Regno d’Italia e in Europa) – in partenza da Gorizia, con ramificazioni lungo il territorio della provincia. Tre furono le ipotesi progettuali, mai realizzate a causa dello scoppio della Grande Guerra e del successivo cambiamento di indirizzi socio-economici e infrastrutturali operato dall’Amministrazione italiana subentrata a quella Asburgica.

sposizione di essiccatoi per “…la preparazione delle conserve…”; la costruzione di una rete di ferrovie locali “…a scartamento ridotto, che potrebbero venir piantate sulle vie carreggiate già esistenti, e confluirebbero in Ronchi, centro naturale e stazione della strada ferrata meridionale, fornirebbero un mezzo economico pronto e sicuro di trasporto dei prodotti destinati al commercio e delle materie occorrenti per l’orticoltura e le corrispondenti industrie…; l’adeguamento mediante l’espurgazione e l’allargamento dei canali di Aquileja e Grado per concorrere ad agevolare il trasporto per mare e la facile e poco dispendiosa comunicazione con Trieste e Venezia…”. Relativamente alle modalità di trasporto delle merci, Eugenio Ritter precisò che in quel contesto non bisognava fare riferimento alla via ferrata ordinaria, bensì a “…ferrovie economiche e locali a scartamento ridotto…”, in grado di utilizzare “…le strade già esistenti…”, senza il ricorso a “…capitali ingenti, perché non hanno bisogno di appigliarsi alle espropriazioni, di solito congiunte con gravi spese, e perché possono servirsi per la maggior parte anche dei ponti già esistenti…”. La soluzione ipotizzata prevedeva la costruzione di un cardine massimo, costituito dal tronco ferroviario a scartamento ridotto (1 metro) Villa Vicentina-Ronchi, passando per Papariano, Pieris e Begliano, da cui si sarebbero diramate quattro linee, anch’esse a scartamento ridotto, attraversanti le principali località del Friuli austriaco e precisamente: Villa Vicentina-Gorizia, la tratta più lunga, tracciata per Ruda, Perteole, Campolongo, Tapogliano, Versa, Romans, Ponte di Sagrado, Bruma di Gradisca, Farra-Villanova, Lucinico, Podgora, Strazig (dopo aver superato l’Isonzo con un ponte tra le due località), fino a giungere a Gorizia, alla stazione della Meridionale; Villa Vicentina-Scodovacca-Cervignano; Villa Vicentina-Aquileja, con possibilità di collegamenti via laguna e via mare verso Grado e verso Trieste; Romans-Cormòns. Elementi essenziali dell’intervento: 65,5 chilometri di binari, una velocità di crociera dei convogli non superiore a 30 chilometri orari e un costo complessivo di 1,5 milioni di fiorini. In tale modo, scrisse Eugenio Ritter, “… sarà Gorizia congiunta pure col mare, mediante una via diretta ed il Friuli

Le ferrovie economiche di Eugenio Ritter de Záhony Il barone Eugenio Ritter de Záhony fu un tenace sostenitore delle ferrovie economiche, perché consentivano al “…luogo di produzione…” di essere “…alla portata di un pronto, comodo e soprattutto poco costoso mezzo di trasporto verso i luoghi di consumo…”. Tale convincimento venne delineato nel dicembre 1887 in un rapporto sottoposto alla Dieta Provinciale per il seguito di competenza. Esso consisteva in un pacchetto di provvedimenti-obiettivo con il coinvolgimento delle Istituzioni, in primis l’I.R. Governo, la Dieta, l’I.R. Società Agraria. Nello specifico: l’aspettativa di spedizione dei prodotti della terra “…nell’interno della monarchia e persino in Russia e nel Levante, in stato fresco, in conserve od essiccati…”; la promozione della “… coltivazione razionale delle verzure…” tramite “…l’istituzione di scuole e stazioni d’orticoltura…”; la predi- In apertura: un ritratto del barone Eugenio Ritter de Zàhony. 40

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[Austriaco] nostro avrà il vantaggio d’esser posto in diretta congiunzione, e con Trieste, l’Austria tutta, i paesi settentrionali, il Levante in generale, oltre che aver immediato contatto di comunicazione con Udine ed il Regno d’Italia…”. L’idea di Ernesto Holzer: una ferrovia diretta da Gorizia a Cervignano Ernesto Holzer nel 1901, allora consigliere della Camera di Commercio e d’Industria di Gorizia, prospettò con una ricerca l’opportunità di un collegamento diretto della Ferrovia Transalpina (Ferrovia del Wochein) con il resto della rete italiana e con le vie di navigazione interna tramite un breve tronco di congiunzione da Gorizia a Cervignano tra la Transalpina, appunto, e la Ferrovia Friulana. L’autore non ipotizzò la costruzione di una ferrovia economica a scartamento ridotto, bensì di una “ferrovia principale di I rango a scartamento normale”, tracciata lungo l’itinerario Gorizia Transalpina, Piedimonte (area industriale di Strazig), scavalco della linea Meridionale al piede del Monte Tre Croci (monte Calvario), quindi Lucinico, Farra, Gradisca, Romans, Cavenzano e Cervignano. La lunghezza della via ferrata venne prevista in 28,5 chilometri, con un costo complessivo di 3,5 milioni di corone. Secondo Holzer “…da uno sguardo della carta geografica apparisce chiaro che con la attivazione di questo tratto di strada ferrata si formerebbe una linea quasi diretta S. Michele-Glandorf-Klagenfurt-Assling-Gorizia-Cervignano-Mestre, che riuscirebbe la più breve e per l’Austria più favorevole congiunzione fra Vienna e Roma…”. Infatti, mentre la tratta Glandorf-Pontebba-Mestre comportava una percorrenza di 302 chilometri, la GlandorfKlagenfurt-Jesenice-Gorizia-Mestre uno sviluppo di 279 chilometri, inferiore di 23 chilometri rispetto alla prima, con la considerazione che la linea attraverso Gorizia avrebbe corso per 180 chilometri in territorio austriaco (il 65%), mentre quella di Pontebba solo per 106 chilometri (il 35%). Holzer puntualizzò inoltre che “…per la rendibilità della nuova linea ferroviaria basterebbe del resto che venissero instradate sulla medesima soltanto circa 100.000 tonnellate, cioè una piccola parte dell’attuale traffico austro-italiano, per poterle assicurare l’interesse e l’ammortizzazione del capitale occorrente alla sua costruzione…”. E concluse affermando che “…dal qui esposto risulta evidente che per l’attivazione di una linea ferroviaria da Gorizia a Cervignano a completamento di quella del Wochein non dovrebbesi incontrare serie difficoltà, qualora la cosa venisse presa giustamente. Si tratta dunque di non starsene colle mani alla cintola e di agire energicamente per cattivare al progetto l’interessamento del Governo…”.

industriali, verso l’interno della Monarchia e gli Stati del Nord…”, profittando della “…imminente apertura della nuova ferrovia Transalpina…”. Tale via ferrata doveva veicolare anche “…il commercio d’importazione dal di fuori, di quegli articoli, che occorrono in provincia, tanto per il consumo diretto degli abitanti, quanto per l’esercizio dell’agricoltura, delle industrie, delle arti e dei mestieri; nella quale seconda sua funzione, la predetta ferrovia dovrà fare pure capo principalmente alla città di Gorizia quale centro chiamato, per la sua preponderante importanza, commerciale, a divenire intermediario tra gli importatori del di fuori e i consumatori dell’interno, attivando l’ulteriore ripartizione e spedizione frazionata delle merci importate, a seconda dei bisogni dei singoli nostri centri di consumo…”. Secondo gli estensori della relazione, quel compito in capo alla Transalpina poteva essere assolto tramite il supporto di ferrovie di trasporto più economiche rispetto alla linea principale, complementari o locali, ordinariamente a scartamento ridotto, dette anche ferrovie di accesso e di recesso. Ciò, secondo il modello infrastrutturale già in esercizio in quegli anni a Milano, Verona, Bologna, Graz e pure nella vicina Udine. Essi ribadirono, pertanto, il concetto che “…alle ferrovie secondarie compete poi esclusivamente tutto il movimento parziale locale, da centro a centro dei principali territori di produzione e di consumo, con quelle agevolezze di tariffe e di comodità di accesso ai treni, che sono soltanto possibili per queste ferrovie economiche…” . Con siffatte premesse, Pajer de Monriva e Hugues auspicarono la costruzione di assi ferroviari di collegamento tra i principali centri agricoli e industriali del Friuli Austriaco e Gorizia, ponendo l’I.R. Società Agraria in posizione di soggetto propositivo dell’importante intrapresa. Infatti, “…convinta dagli esempi splendidissimi offerti dalle ferrovie economiche aperte a beneficio dell’agricoltura nell’alta Italia, in Francia, nel Belgio, in Germania e nelle altre Provincie della Monarchia, questa i.r. Società agraria impetra pertanto da tutti i pubblici fattori interessati, la costruzione di una ferrovia economica a scartamento ridotto, che partendo da Cervignano sulla ferrovia Friulana, e toccando il massimo numero possibile di località della nostra pianura, faccia capo alla città di Gorizia, sulla ferrovia Transalpina. Solo con l’apertura di questa indispensabile ferrovia economica la nostra pianura friulana potrà sentire i benefici effetti della nuova ferrovia Transalpina, dalla quale altrimenti resterebbe isolata, rimanendo nell’impossibilità di avvalersene per dare incremento alla così bene avviata riforma della propria agricoltura…”. Ma anche quell’auspicio rimase sulla carta, perché pochi anni dopo la bufera della Grande Guerra spazzò via aspettative, programmi, realtà e uomini. E nulla fu più come prima.

La ferrovia economica tra Gorizia e Cervignano di Giuseppe Pajer de Monriva e carlo Hugues Giuseppe Pajer de Monriva e Carlo Hugues inviaroRenato Duca e Renato Cosma no nell’aprile 1906 alla Giunta Provinciale e alla Camera di Commercio e d’Industria, a nome dell’I.R. Società Renato Duca è stato direttore del Consorzio di bonifica Agraria, una relazione sull’opportunità di dare “…un più Bassa Friulana; Renato Cosma è stato condirettore del ampio sviluppo alla esportazione dei prodotti agricoli ed Consorzio di bonifica Pianura Isontina |

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ALLA SCOPERTA DI...

1914-1918: L’INUTILE STRAGE Servizio di Alberto V. Spanghero

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Né vincitori né vinti Il 3 novembre 1918 la firma dell’armistizio da parte dell’Impero Austro-Ungarico pose fine alla Grande Guerra su questi territori. Un conflitto che, con oltre 8 milioni di morti in Europa, lasciò tutti sconfitti.

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Era la mattina del 28 ottobre 1917 quando la gente del monfalconese prese coscienza della ritirata italiana e, nei paesi, non vi era più alcuna traccia di militari in divisa color grigio-verde. Le poche ore che precedettero l’arrivo delle truppe austro-ungariche furono dedicate dalla popolazione all’accaparramento e al saccheggio di buona parte del materiale abbandonato dall’Esercito italiano, materiale che poteva tornare utile. Furono pure messe a soqquadro le abitazioni di quelli che si erano compromessi con gli italiani e li avevano seguiti nella ritirata per paura di vendette e ritorsioni. Dopo mezza giornata di spasmodica attesa, nel pomeriggio incominciarono ad arrivare, provenienti dal Carso via Ronchi e Soleschiano, i primi soldati austro-ungarici della X Divisione del XXIII Corpo d’Armata. Salutati da poche bandiere giallonere a lungo tenute nascoste, i soldati avevano le barbe lunghe dopo mesi di trincea. Sullo slancio attraversarono l’Isonzo e il Torre, il 29 entrarono a Ruda, il 30 liberarono Cervignano e San Giorgio di Nogaro, arrivando il 31 a Pocenia. Un militare ungherese stanco e affamato, mentre camminava inquadrato, rivolto verso alcuni bambini di Turriaco che lo salutavano sogghignò tra i denti “Bruti taliani”. I bambini risero. Anna Cosma, che allora aveva sedici anni, raccontava che i militari austriaci, a differenza di quelli italiani, erano tutti magrissimi con le divise malridotte. Le campane della chiesa di Turriaco, l’unica rimasta ancora in piedi nel territorio di Monfalcone, suonarono per tre giorni di seguito, in segno di giubilo. A iniziare dal gennaio del 1918, incominciarono a rientrare i primi profughi bisiachi provenienti dal campo di Wagna, in Stiria, da Graz e da altre località dell’interno della monarchia. Le varie fasi del rientro avvennero alla spicciolata e terminarono quasi del tutto nell’agosto dello stesso anno, quando la cifra segnalata raggiunse le 5.255 persone: quasi il totale di quelle partite nel 1915. Non ri42

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tornarono perché decedute più di 200 persone. Solo nel cimitero di Wagna furono sepolte 158 persone, 98 delle quali sotto i dieci anni. Le cause di morte registrate tra i minori furono il morbillo, la scarlattina, la difterite, la polmonite e la tubercolosi. Il sindaci del Monfalconese, dove era possibile, ripresero possesso delle amministrazioni comunali e tutti gli uffici ritornarono nelle loro sedi naturali. I ritratti del re Vittorio Emanuele III e della regina Elena furono calpestati e bruciati, a incominciare da quelli appesi ai muri delle scuole elementari che riaprirono già nel novembre del 1917. Il Diciassette non fu solo l’anno della liberazione, ma fu ricordato soprattutto come l’anno della grande fame. In definitiva si stava ripetendo l’amara esperienza della carestia che aveva colpito l’Europa cent’anni prima a causa delle guerre napoleoniche. In conseguenza del blocco navale delle forze dell’Intesa, la situazione economica delle popolazioni degli imperi centrali diventò insostenibile, con risvolti drammatici anche nel Friuli e nel Veneto. Toccò questa volta al Friuli essere occupato da un esercito invasore di austro-tedeschi che, privi di risorse, intesero quelle terre di conquista soprattutto come un deposito inesauribile dal quale prelevare impunemente ogni cosa. Dapprima ci furono ruberie e violenze indiscriminate perpetrate da soldati affamati, in seguito il saccheggio cambiò nome diventando requisizione, asportazione, razionamento. Invece, sul campo italiano, il generale Luigi Cadorna, a seguito della disfatta di Caporetto, fu sostituito in qualità di nuovo comandante dell’Esercito italiano dal generale Armando Diaz, il quale napoletano riempì lo Stato Maggiore dell’Esercito di ufficiali provenienti dalla città di Napoli o dalla regione Campania. In buona sostanza, Caporetto e Diaz furono gli elementi decisivi nella riorganizzazione dell’esercito e questo contribuì alla demolizione del monopolio dei conti e marchesi settentrionali. A differenza di Cadorna, che preferi-

In apertura, Croci bianche. Cimitero americano in Francia. Nel conflitto gli USA persero 405 mila soldati.


Qui sopra da sinistra: scritta su una casa distrutta; Turriaco febbraio 1918: Emilia Francovic, Maria Perco, Nina Mauchigna e Santa Tonca festeggiano il ritorno dell’Austria.

va i contatti con l’aristocrazia dell’esercito, Diaz “non delegava le sue funzioni ad altri e sapeva usare parole buone con sobrietà di gesti senza urla che in certi momenti contavano per la truppa più della coercizione”. Gli ufficiali, pur temendolo, gli volevano tutti bene. Insomma, Diaz era l’immagine del generale buono che amava ripetere “che il segreto del suo mestiere stava nell’elemento uomo, e che si comandava col cuore, con la persuasione, con l’esempio, con la stima e la cortesia”. Armando Diaz, quando fu scelto a sostituire Cadorna in qualità di comandante supremo, era uno degli oltre duecento tenenti generali operativi in quel momento nell’Esercito italiano. Di lui, il generale Enrico Caviglia, sicuramente non poco invidioso del fatto che Diaz venne nominato quale nuovo comandante supremo dell’Esercito, ebbe a dire che era un brav’uomo e un buon soldato, ma che per tutta la vita aveva svolto funzioni di segretario e che quello era il suo posto; “(…) non intese mai bene perché l’Italia abbia vinto a Vittorio Veneto ed al Piave ed è morto senza saperlo (…) ma aveva la più grande qualità che un uomo potesse desiderare: era fortunato!” I suoi collaboratori più stretti, Badoglio e lo stesso Caviglia, dichiararono talvolta di dubitare che il loro superiore avesse un pensiero qualsiasi. Diaz però seppe riconoscere la validità del piano elaborato dal generale Cavallero riguardo all’offensiva di Vittorio Veneto e lo accettò totalmente. Un giorno, mentre guardava con la lente d’ingrandimento la carta geografica della battaglia, in napoletano disse: “Ma ‘sto Vittorio Veneto, addò sta?”. Però bisogna ammettere che Diaz, a differenza di Cadorna, nel primo semestre del 1918 fece fucilare soltanto (si fa per dire) 114 soldati italiani colpevoli di diserzione, insubordinazione, vigliaccheria, abbandono del posto, contro i 173 del quadrimestre maggio-agosto 1917 fatti fucilare da Cadorna. Non si può dire però che questo fosse un progresso, anche perché le fucilazioni del 1918 in realtà riguardavano un periodo di stasi operativa. Le due settimane che intercorsero tra la rottura delle linee italiane a Tolmino e a Plezzo e la loro ricomposizione dietro il Piave furono le più drammatiche, non solo della Prima guerra mondiale, ma di tutta la storia dal Risorgimento in poi. Con la precipitosa fuga delle truppe italiane dalla Bisiacaria e dai territori occupati, terminarono le violenze sulle donne e altre porcherie ignominiose come l’abitudineobbligo da parte di certa soldataglia sporcacciona dedita al sesso orale da parte dei bambini per un bicchiere di zuc-

1921 - Il generale Armando Diaz, duca della vittoria, con un piccolo ammiratore

chero (testimonianza di Mario Spessot di Turriaco, classe 1907). L’esercito italiano sembrava in totale disfacimento, una grossa porzione di territorio era stata conquistata dagli austro-tedeschi. Se gli austriaci avessero attaccato dalle Valli Giudicarie, persino Milano sarebbe stata in pericolo. Caporetto fu una frustata per tutto il popolo italiano e la guerra divenne improvvisamente e veramente un fatto nazionale di tutti, di chi l’aveva voluta, di chi non l’aveva voluta e persino di chi ancora non la voleva. Bisognava lavare l’onta di Caporetto e quindi si doveva tener duro e vincere a ogni costo. Si realizzò una tensione, un collante che permise all’Italia di superare un momento critico, di resistere e di arrivare, seppur con il fiato corto, alla vittoria finale. La guerra italiana si decise militarmente sul Piave, ma dopo Caporetto si decise pure il dopoguerra che segnò la vittoria di qual nazionalismo che doveva portare l’Italia, di lì a qualche anno, al fascismo. La sconfitta e il dissolvimento dell’esercito austroungarico fu determinato da molti fattori, in primo luogo dalla penuria di cibo e dalla forza crescente del socialismo, che furono alla base dei fermenti politici nei territori dell’Impero; in secondo luogo dalle aspirazioni di autogoverno delle minoranze etniche di Cechi, Bosniaci, Italiani, Polacchi, Serbi, Slovacchi e Romeni. A seguito di que|

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sti fatti l’impero asburgico si disintegrò, a prescindere dalla firma dell’armistizio con l’Italia del 3 novembre 1918. Per quanto riguarda le azioni militari che dettero il colpo di grazia alla “finis Austriae” furono in senso stretto coordinate dalla IV armata sul monte Grappa a ovest e dall’VIII armata sul Piave che ebbero il compito di accerchiare e isolare la VI armata austro-ungarica. A queste armate italiane si aggiunsero 11 divisioni britanniche, americane e francesi. Dopo aver attraversato il Piave il 26 e 27 ottobre 1918, l’Esercito italiano il 28 successivo, quando i segni di disgregazione interna del grande impero cominciarono a ripercuotersi anche sul fronte, iniziò il vero sfondamento. Il 29 l’VIII Armata entrava a Vittorio Veneto e il 3 novembre il tracollo austriaco si rivelava definitivo sia in Veneto sia in Trentino. La battaglia finale costò agli austro-ungarici 30.000 perdite tra morti e feriti e un numero stratosferico di prigionieri. Mentre l’Italia ebbe un totale di 38.000 perdite. All’Italia questa vittoria fu necessaria per assicurarsi non solo le sue rivendicazioni territoriali, ma anche il diritto di essere considerata alla pari dei cobelligeranti al tavolo delle trattative di pace che si sarebbero tenute a Parigi nel 1919. Nella famosa conferenza infatti si fecero i conti e si tirarono le somme dell’“Inutile Strage”, frutto dall’imbecillità umana. L’Italia era presente come paese vincitore, consapevole di aver fornito un grande contributo alla vittoria finale. Ma venne subito emarginata, quando si vide che lo sforzo di Francia e Inghilterra oscurava per numero di caduti quello italiano. In quel mondo di pazzi furono mandati a combattere quasi 70 milioni di maschi adulti. Le perdite furono semplicemente oscene: più di 5 milioni di morti negli stati dell’Intesa e tre milioni e mezzo quelli degli Imperi centrali. La Conferenza di pace di Parigi si aprì il 28 gennaio del 1919 e rispetto agli accordi di Londra l’Italia chiese la città di Fiume. Le aspirazioni italiane furono definite imperialistiche e la delegazione italiana abbandonò, per protesta, la conferenza. Dopo ripensamenti la delegazione rientrò, ma politicamente indebolita. Definiti gli accordi, la Germania firmò senza riserve il trattato di pace, seguito il 10 settembre da quello austriaco. All’Italia fu riconosciuto il confine stabilito dal trattato di Londra del 26 aprile del 1915 per cui le vecchie province di Trento, Gorizia e Trieste passarono all’Italia. In buona sostanza si erano realizzate le istanze strategiche che già furono dell’Impero romano, della Repubblica Veneta e del Regno Italico in modo di assicurarsi l’intero controllo di tutto l’asse geopolitico dell’Isonzo. L’ordinata amministrazione austriaca fu subito sostituita da quella borbonico-clientelare. La frittata era fatta e, per certi aspetti, cent’anni dopo non è ancora terminata. Tutto quello che poteva ricordare la storia austriaca venne rimosso e sostituito con la storia italiana, iniziando dalla nomenclatura di vie, piazze, scuole e giardini. I monumenti asburgici furono distrutti e sostituiti con altri che inneggiavano al sacrificio dei soldati italiani. Negli anni Venti il fascismo si sarebbe impossessato della storia e della memoria della Grande Guerra. Così i vari eroi come Enrico Toti, Luigi Rizzo, Francesco Baracca e tanti altri, vennero mitizzati e utilizzati come potente arma di propaganda che l’Italia proletaria e fascista tenterà di imporre come propri. Alla fine di una guerra dove tutti avevano perduto si tirarono le somme. Senza contare i morti civili, il numero dei soldati austro-ungarici di lingua italiana (bisiachi e friulani) e parte di quelli dei paesi della Contea di Gorizia e Gradisca che hanno

dato la loro vita per una causa forse condivisa ma che non hanno mai compreso, lo si può osservare in anteprima nello specchietto, ancora incompleto, che segue. Specchietto di estrema importanza realizzato dopo anni di ricerche dallo storico Giorgio Milocco di Saciletto. Noi lo proponiamo così come ci è pervenuto con alcuni dati ancora parziali o in via di ultimazione e con le singole tipologie espositive.

Alberto Vittorio Spanghero

Ricercatore e storico di Turriaco

Comune Tipo di esposizione Aiello del Friuli Monumento Aquileia Belvedere Targa Begliano Targa Brazzano Campolongo Lapide Capriva Lapide mista Cervignano Chiopris Lapide Cormons Dati da aggiornare Doberdò Dolegna del Collio Farra Fiumicello Fogliano Redipuglia Lapide Gorizia Grado Gradisca Monumento Isola Morosini Targa Joannis Lapide Lucinico Monumento Mariano Lapide mista Medea Monfalcone Incompleto Moraro Mossa Muscoli Strassoldo Perteole Targa Pieris Targa Romans d’Isonzo Lapide Ronchi Ruda Targa Sagrado San Canzian d’Is. Targa San Floriano San Lorenzo Is. San Pier d’Is San Vito Savogna Libro Scodovacca Staranzano Tapogliano Terzo d’Aquileia Targa Turriaco Targa Versa Lapide Villesse Monumento Visco Lapide Villa Vicentina Lapide

n° caduti 36 80 12 ? 37 ? 42 35 ? 40 ? 88 ? 132 ? 29 19 84 ? ? 27 ? ? 39 46 ? 50 90 46 ? 34 22 ? 20 42 ? 14 38 22 60 33 18 ? 17 39

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SCADENZA 20 NOVEMBRE ▶ POESIA AL BAR Sezione: poesia Lunghezza: max 42 versi Quota: € 25,38 Premi: pubblicazione opera Info: 349 9425666 serviziculturali1@libero.it ▶ ACCENDIAMO UNA STELLA Sezione: racconto breve Lunghezza: max 6.500 battute Quota: € 10,00 Premi: libri e pergamene Info: 347 8549828 naturalmente.castelnuovo@gmail.com ▶ CITTÀ DI INDUNO OLONA Sezione: poesia Lunghezza: max 40 versi Quota: nessuna Premi: targhe e buoni libro Info: 339 2000601 proloco. induno@gmail.com SCADENZA 24 NOVEMBRE ▶ DON LUIGI DI LIEGRO Sezione: poesia Lunghezza: max 50 versi Quota: € 20,00 Premi: montepremi in denaro Info: 348 4401794 premiopoesiadiliegro@libero.it SCADENZA 26 NOVEMBRE ▶ IL PAESE DELLA POESIA Sezione: poesia Lunghezza: libera Quota: € 20,00 Premi: pubblicazione opera Info: 0774 354400 concorsi@alettieditore.it SCADENZA 30 NOVEMBRE ▶ RIVIERA DEL BRENTA Sezione: racconto Lunghezza: max 10.000 battute Quota: € 15,00 Premi: montepremi in de-

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naro, pergamene, copie antologia Info: 348 8646301 info@ cittarivieradelbrenta.com ▶ TROFEO PENNA D’AUTORE Sezioni: A) poesia; B) narrativa Lunghezza: A) max 33 versi; B) max 10.000 battute Quota: € 15,00 Premi: montepremi in denaro, volume antologico Info: 349 0934037 premio@ pennadautore.it ▶ ROSSO D’INVERNO Sezione: racconti Lunghezza: max 9.000 caratteri Quota: € 10,00 Premi: montepremi in denaro, targhe, valigette Info: 0422 381504 biblioteca@comunecasier.it ▶ UNA POESIA PER GIULIA Sezione: poesia Lunghezza: libera Quota: nessuna Premi: montepremi in denaro, targhe d’argento, pergamene Info: 338 3984172 accademia@giuliabrignone.org ▶ TROFEO MONTEFAMEGLIO Sezione: poesia Lunghezza: max 36 versi Quota: € 13,00 Premi: trofeo, pubblicazione opera Info: 02 98233100 segreteria@clubautori.it SCADENZA 1 DICEMBRE ▶ DONNA Sezioni: A) prosa; B) poesia Lunghezza: A) max 7 cartelle; B) max 35 versi Quota: nessuna Premi: montepremi in denaro, targhe

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Info: info@premioletterariodonna.it SCADENZA 7 DICEMBRE ▶ FRANCESCO CHIRICO Sezione: poesia Lunghezza: max 50 versi Quota: € 5,00 Premi: quadri, targhe, prodotti tipici Info: 340 4641607 presidente@associazioneincontriamocisempre.it SCADENZA 10 DICEMBRE ▶ ASDOVOS Sezioni: A) poesia; B) narrativa Lunghezza: A) max 40 versi; B) max 20.000 battute Quota: € 15,00 Premi: montepremi in denaro, targhe Info: 340 3063308 asdovos@libero.it ▶ MARCO POLO Sezioni: A) racconto; B) poesia Lunghezza: A) max 8.000 battute; B) max 25 versi Quota: € 20,00 Premi: pubblicazione opera Info: redazione@mreditori.it SCADENZA 15 DICEMBRE ▶ ROSARIO IAPICHELLO Sezione: poesia Lunghezza: libera Quota: € 20,00 Premi: trofei, targhe, medaglie, diplomi Info: 333 5047750 centroartepoesia@libero.it ▶ UN FIORINO D’INVERNO Sezione: narrativa Lunghezza: libera Quota: € 30,00 Premi: targhe, fascette, segnalibri, medaglie Info: 328 3294228 unfio-

www.edizionigoliardiche.it

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rino@montegrappaedizioni.com SCADENZA 18 DICEMBRE ▶ MARIA CUMANI QUASIMODO Sezioni: A) poesia; B) racconto; C) romanzo Lunghezza: A) e C) libera; B) max 150 righe Quota: € 20,00 Premi: trofei, targhe, coppe, diplomi Info: 0774 354400 www.alettieditore.it SCADENZA 20 DICEMBRE ▶ GIUSEPPE ANTONIO BORGESE Sezione: saggio Lunghezza: min 30 max 300 cartelle Quota: € 10,00 Premi: pubblicazione opera Info: 333 1794694 enzaconti@ilconvivio.org SCADENZA 30 DICEMBRE ▶ P. FIANO Sezioni: A) poesia; B) racconto Lunghezza: A) max 1 facciata A4; B) max 5 facciate A4 Quota: € 10,00 Premi: targhe, attestati Info: 338 2282434 sez.caserta@unuci.org SCADENZA 31 DICEMBRE ▶ CREUZA DE MA, FABRIZIO DE ANDRÉ Sezioni: A) poesia; B) narrativa Lunghezza: A) max 50 versi; B) max 4 cartelle Quota: € 10,00 Premi: buoni acquisto libri, targhe, attestati Info: 329 6037907 premioletterariodeandre@gmail.com SCADENZA 31 DICEMBRE ▶ CITTÀ DI FERMO Sezione: poesia Lunghezza: max 35 versi Quota: € 10,00 Premi: targhe e diplomi Info: 339 6120548 premiocittadifermo@gmail.com ▶ UN LIBRO PER AMICO Sezione: libro Lunghezza: libera Quota: € 10,00 Premi: opere, targhe, attestati Info: 09 84446549 associazionegueci@libero.it


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L E G G E R E

(as) s a g g i Antonio Sanson Baimaiself Il Frangente, 2018 Pagg. 218 € 23.00 Il giro del mondo è il sogno di ogni velista, ma per Antonio Sanson era un obiettivo, una conquista, una cura. Non aveva altra scelta, doveva partire. Dalla traversata atlantica con una sola vela alla scuffia nel mar dei Caraibi, dal fascino primitivo delle GalàpaMitja Gialuz, Alessandro Mezzena Lona Barcolana – Un mare di racconti Giunti Editore, 2018 Pagg. 320 € 38,00 Barcolana è la più grande regata al mondo. Ma è anche un incontro di mondi sul mare, un incrocio di storie che viaggia-

Giampaolo Chendi Lokalbahn Cervignano-Aquileia-Grado Natiso cum Turro, 2018 Pagg.172 € 12,00 Il libro è una prima guida informativa che ci fa riscoprire un territorio e quella che fu un’opera importante per lo stesso: la ferrovia che collegava Cervignano del Friuli a Belvedere, nel periodo in cui quelle zone era-

Orietta Selva Il Friuli Goliardica Editrice, 2018 Pagg. 204 € 25,00 La cartografia segreta dei collezionisti del territorio riemerge in un affascinante volume realizzato in memoria di Giorgio Lago, autore del pregiato Imago Italiae. L’opera, che presenta al suo interno centinaia di mappe e stampe antiche, è un af-

gos ai mostri marini della Polinesia francese, la paura lo ha accompagnato fino alla Nuova Zelanda. Poi il passaggio nell’Oceano Indiano, la navigazione in solitaria da Reunion al Sudafrica, la risalita da Città del Capo ai Caraibi, il saluto all’oceano e il rientro nel Mediterraneo. Miglia dopo miglia le isole, i navigatori, gli incontri hanno trasformato la paura in un’avventura straordinaria: 1.165 giorni da uomo libero sugli oceani. Il giro del mondo in barca a vela non è la cura di tutti i mali, ma sicuramente è un’eccellente medicina. E per Antonio Sanson lo è stata. no in barca a vela spinte dal vento. È uno specchio delle diverse anime di Trieste, città che sa pensare, scrivere, fare cultura, vivere e divertirsi. Il libro celebra i primi 50 anni di Barcolana con un dialogo a più voci. Scrittori, giornalisti, fotografi, disegnatori, artisti e marinai danno voce al grande racconto di un’avventura sul mare che dura un giorno solo. Ma che rimane indelebile nei ricordi per sempre.

no parte dell’Impero Austro-Ungarico. Il libro nasce dalla grande passione dell’autore che ha svolto un meticoloso lavoro di ricerca negli archivi regionali, riportando alla luce vecchie mappe e progetti. Paolo Chendi con questo libro aiuta a riscoprire il territorio della bassa friulana e le sue bellezze, con precisi cenni storici e archeologici. Oggi sul sedime della vecchia ferrovia, grazie alla Provincia di Udine, è stata costruita una pista ciclabile che per lunghi tratti ripercorre l’antico percorso.

fresco completo e dettagliato sul patrimonio cartografico del territorio friulano: attraverso un tesoro di carte generalmente inaccessibili viene rappresentata l’evoluzione storico-politica del Forum Iulii, facendone rivivere strade, confini e geografie ormai scomparsi. Un unicum per numero, rarità e antichità dei pezzi esposti, che offre un contributo essenziale alla lettura dell’immagine geografica e cartografica del Friuli radicata nell’immaginario collettivo.

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La psicoterapia ad approccio intelligente

La Musicoterapia

Cinematografica

Il dottor Roberto Pagnanelli, medico psichiatra, affronta le patologie psichiche quali ansia, depressione, panico e malesseri inducendo nel paziente uno stato mentale particolare, privo di barriere difensive logiche agendo, in tal modo, sulla parte irrazionale e inconscia della personalità. Che cos’è, in due parole, la psicoterapia? La psicoterapia differisce dalla farmacoterapia per due motivi. La seconda si avvale di mezzi, di natura chimica o naturale, detti farmaci che hanno lo scopo di interagire con il corpo e le sue funzioni – fisiologiche o patologiche che siano – agendo attraverso ‘recettori’ o sostanze chimiche distribuiti in tutto il corpo, negli organi, nei tessuti e nelle cellule. La prima, invece, non parla con il corpo attraverso sostanze ma con la ‘parola’. Quindi parole e farmaci. Esattamente. Se impiego un antiipertensivo per la pressione alta o un ansiolitico per l’ansia, delego sostanzialmente al ‘farmaco’ il successo della cura. Se invece curo l’uomo nella sua integrità, nella sua essenza, parlo con la persona. Con la sua indole e il suo modo di fare. Quanti tipi di psicoterapie esistono? Moltissime, a seconda dell’approccio scelto. Dall’Ipnosi classica alle terapie Cognitivo-Comportamentali, dal Training Autogeno alla Terapia della famiglia, dalle Terapie di coppia ai metodi speciali quali l’E.D.M.R., ognuna delle quali volta a studiare e approcciare il paziente sul piano ‘psicologico’ anziché farmacologico, in diverse forme. La Musicoterapia come s’inserisce in questo contesto? Fin dagli albori della mia attività mi sono reso conto che ‘parlare’ col paziente sul piano verbale non sortiva alcun effetto positivo. Anzi, il più delle volte discutere di un problema, la crisi di coppia, gli insuccessi sul lavoro, le proprie insicurezze, non solo non portava a risultati concreti ma amplificava ancor più la sofferenza, come se, per usare una metafora, mettessimo il ‘dito nella piaga’ delle proprie insoddisfazioni per tutto il corso della seduta. Con la musica… è tutta un’altra musica!, e le parole sussurrate in un profondo stato di rilassamento sortivano un effetto più deciso. Si poteva dialogare tranquillamente con l’inconscio, la parte più profonda di noi, privo di barriere, in modo diretto, senza vincoli o ostacoli logici. La metodica era di gran lunga efficace, istintiva, naturale. Tanto che l’impiego di metodiche naturali e farmaci, associato alle psicoterapie, mi ha portato a fondare un metodo originale, ‘Terapia ad Approccio Intelligente’ che coniuga il meglio di tutte queste terapie in un’unica forma, da adattare di volta in volta al singolo paziente.

Vantaggi pratici? Le parole che s’impiegano durante la seduta di psicoterapia sono studiate apposta per quel paziente, il metodo è così individualizzato sulla base del suo carattere e sulla propria modalità di percepire la realtà. Che, nel tempo, può cambiare. Come si parla all’inconscio? Attraverso sogni, metafore, immagini spontanee che hanno un significato per il paziente che andrà poi ‘tradotto’ e decodificato sul piano logico in sede terapeutica. Tali sembianze appaiono inizialmente come geroglifici incomprensibili (tali sono per noi i sogni e le immagini mentali), che assumono però poi un significato. Se il paziente, ad esempio, durante una seduta immagina un albero in un paesaggio collinare o un terremoto o l’essere soffocato da un pitone, l’immagine stessa andrà compresa e valutata in sede terapeutica. E rimandata al paziente sotto altre forme, più comprensibili. “Chi può rappresentare per lei quel pitone, nella sua vita? C’è qualcuno che si comporta come un pitone, nei suoi confronti? Il capoufficio, il coniuge?”. O “cosa significa quel terremoto, qui ed ora, per te?”. I simboli, infatti, sono nati per essere ‘trasformati’, diceva Jung. Da un paesaggio mentale devastato può nascere, con un po’ di pazienza, una nuova città e una nuova visione delle cose. Ha messo in pratica queste sue esperienze? Sì, ho pubblicato con diverse case editrici alcuni “CD–audio di Musicoterapia Cinematografica”, per far comprendere davvero di che cosa si tratta. Il dottor Roberto Pagnanelli è medico-chirurgo e psicoterapeuta. Specializzato in Psichiatria, è diplomato in Medicina Psicosomatica, in Medicina Omeopatica e in Psicoterapie Brevi. È autore di pubblicazioni su riviste scientifiche e di volumi di successo. Ha partecipato a trasmissioni radiotelevisive nazionali e scritto su Starbene, Per me, Più Salute & Benessere, Viver Sani & Belli, Top Salute, Donna Moderna, Più Sani più Belli e Salute Naturale. Ideatore della Musicoterapia Cinematografica, applica la Psicoterapia d’Azione da oltre un ventennio. Lavora a Trieste, Monfalcone, Gorizia e Udine. Info: robertopagnanelli@libero.it www.robertopagnanelli.it Per appuntamenti: cellulare: 330-240171 |

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S O C I A L E D I R I T TO D ’AU TO R E

Il rischio della condivisione

Rubrica a cura di Massimiliano Sinacori

D I R I T T O

Le immagini pubblicate da terzi sui social network come possono essere utilizzate? Ecco alcune precisazioni per evitare di incorrere in spiacevoli controversie…

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Al giorno d’oggi molte persone pubblicano e condividono le proprie foto sui social network e, in molti casi, può accadere che il materiale fotografico messo in rete venga poi riutilizzato da parte di altri utenti. Tali azioni sono diventate per noi un’abitudine e, ormai, fanno parte della nostra quotidianità, ma siamo davvero sicuri di poter disporre liberamente delle foto pubblicate sui social da qualcun altro? Ad esempio, andando a leggere con attenzione le condizioni d’uso di Facebook, uno dei social più utilizzati, all’art. 2 si può rilevare che l’utente è proprietario di tutti i contenuti e le informazioni dallo stesso pubblicati sul social e, inoltre, ha il diritto di controllare e decidere le modalità di condivisione attraverso le impostazioni sulla privacy e attraverso le impostazioni delle applicazioni. Pertanto, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, la scelta di avere un profilo pubblico da parte di alcuni utenti non determina un’autorizzazione degli stessi all’utilizzo da parte di terzi del materiale pubblicato, salvo che ciò si limiti alla condivisione all’interno della stessa piattaforma e, tuttavia, mantenendo sempre riconoscibile la paternità del materiale condiviso. È bene sapere che, nel nostro ordinamento, tutte le fotografie, comprese |

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quelle pubblicate sui social network, sono tutelate dalla legge sul diritto d’autore L. 633/1941. Tale normativa fornisce tutela sia alle semplici fotografie che alle “opere fotografiche” in senso tecnico. Ai sensi dell’art. 87 della citata normativa, per semplici fotografie si intendono le “immagini di persone o di aspetti, elementi o fatti della vita naturale e sociale, ottenute col processo fotografico o con processo analogo, comprese le riproduzioni di opere dell’arte figurativa e i fotogrammi delle pellicole cinematografiche”, mentre le “opere fotografiche” si differenziano dalle prime in quanto sono connotate dai caratteri dell’originalità e della creatività della rappresentazione, secondo un’interpretazione soggettiva da parte dell’autore. Gli articoli da 87 a 92 della Legge 633/1941 prevedono per la fotografia semplice una tutela che si estende per una durata di vent’anni dalla sua produzione e garantisce all’autore il diritto di esclusiva sulla riproduzione e diffusione del materiale fotografato, nonché il diritto al compenso derivante dall’eventuale sfruttamento della fotografia. Per quanto attiene invece le “opere fotografiche”, queste sono tutelate dalla disciplina generale sul diritto d’autore, pertanto, il creatore dell’opera potrà godere dei diritti patrimoniali e morali per una durata pari alla vita dello stesso au-


tore e tale tutela si protrarrà per ulteriori settant’anni solari dopo la sua morte. In linea generale, in base a quanto previsto dall’art. 90, affinché possano ritenersi applicabili le tutele sopra descritte è necessario che la foto, o l’opera, debba contenere il nome del fotografo, la data dell’anno di produzione della fotografia e il nome dell’opera d’arte fotografata. Tuttavia, la giurisprudenza di merito in materia è concorde nel riconoscere che la pubblicazione di una foto o di un’opera fotografica sul profilo social dell’autore rappresenti una presunzione, grave precisa e concordante in ordine alla titolarità dei diritti fotografici legati al materiale pubblicato (cfr. Trib. Roma sent. 12076/2015). Alla luce di tale disciplina, è necessario fare grande attenzione alle modalità di utilizzo del materiale fotografico pubblicato da parte di terzi sui social perché, come evidenziato, si potrebbe incorrere in spiacevoli inconvenienti. Si deve tenere presente che per utilizzare materiale fotografico altrui, con modalità che non si limitino alla sola condivisione all’interno della piattaforma dove è avvenuta la pubblicazione da parte dello stesso autore (rendendo possibile risalire all’autore, alla data e al nome dell’opera), è necessario il consenso da parte dell’autore. L’eventuale

utilizzo delle foto o delle “opere fotografiche” altrui, in assenza di tale autorizzazione, integrerebbe la lesione del diritto d’autore, determinando la possibilità per il creatore della foto di pretendere il risarcimento di tutti i danni morali e patrimoniali conseguenti. I criteri che verranno presi in considerazione ai fini della valutazione dell’entità del danno da risarcire tengono conto dell’interazione di diversi fattori tra i quali: la qualità dell’opera, il tempo per cui si è protratto l’utilizzo non autorizzato, il mancato guadagno che l’autore non ha potuto percepire a causa dell’altrui sfruttamento dell’opera e l’eventuale utilità percepita dall’utilizzatore abusivo. Ai fini della liquidazione del danno nella pratica si è fatto riferimento anche alle tabelle utilizzate dalla SIAE nel “Compendio delle norme e dei compensi per la produzione dell’arte figurativa, plastica e fotografica”.

Massimiliano Sinacori Per approfondimenti ed esame di alcune pronunce e della casistica in materia è possibile rivolgere domande od ottenere chiarimenti via e-mail all’indirizzo:  massimiliano@avvocatosinacori.com


P O L I Z I A D I S TA T O

VIOLENZA DI GENERE

La violenza esercitata sulle donne è un fenomeno che esiste da sempre. Da tre anni la Polizia di Stato ha avviato una campagna di sensibilizzazione. Ecco come funziona. “… la violenza contro le donne è la manifestazione di una disparità storica nei rapporti di forza tra uomo e donna, che ha portato al dominio dell’uomo sulle donne e alla discriminazione contro di loro, e ha impedito un vero progresso nella condizione delle donne…”

Rubrica a cura della Polizia di Stato della Provincia di Gorizia

Dichiarazione per l’eliminazione della violenza contro le donne, adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 dicembre 1993 a New York. Pur non esistendo il reato di “violenza di genere”, con questa espressione vengono indicate tutte quelle forme di violenza da quella fisica a quella psicologica, dagli atti persecutori (stalking) alla violenza sessuale, dai maltrattamenti al femminicidio, che invece costituiscono reato e sono accomunate dal fatto di essere condotte rivolte verso persone appartenenti al genere femminile. È un fenomeno diffuso in tutto il mondo, legato principalmente alla disparità sociale, economica e di potere tra uomini e donne e sul quale influiscono innumerevoli cause, condizioni e fattori. In ambito normativo, su input delle convenzioni internazionali, da quella 52

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dell’ONU del 1979 a quella di Istanbul del 2011, il nostro ordinamento si è adeguato con numerosi strumenti per il contrasto alla violenza di genere, con l’intento di perseguire tre obiettivi principali: prevenire i reati, punire i colpevoli e proteggere le vittime. Cinque anni fa con l’emanazione della legge 119 del 15 ottobre 2013 “Norme in materia di maltrattamenti, violenza sessuale e atti persecutori”, sono state inserite importanti misure preventive e repressive a contrasto di quelle azioni delittuose riconducibili alla violenza di genere. Per la prima volta, nel nostro ordinamento, è apparso un chiaro riferimento alla “violenza basata sul genere” rivolta alla donna in quanto tale e che la sottopone a sofferenze fisiche, psicologiche ed economiche, spesso derivanti da una sottocultura in cui l’uomo prevarica per il presuppo-


sto convincimento di superiorità sulla donna. I dati statistici sottolineano come la violenza esercitata nei confronti delle donne non è un problema di oggi ma è un fenomeno che purtroppo esiste da sempre. La differenza è che oggi vi è una rinnovata coscienza della parità di genere; se nel 2007 le donne uccise sono state 150 dopo 10 anni nel 2017 il numero è sceso a 121 (il 20% in meno). Ciò che aumenta è l’incidenza percentuale del numero di donne uccise sul totale degli omicidi, passando dal 24% del 2007 al 34% del 2017. Questo testimonia quanto sia arduo contrastare il problema con gli ordinari strumenti a disposizione ma allo stesso momento la diminuzione del numero di donne uccise indica che l’attività di prevenzione si sta muovendo nella giusta direzione. L’analisi di alcuni dati indica che probabilmente vi è un sommerso che fatica ancora a emergere per paura o scarsa consapevolezza e che la Polizia di Stato sta cercando di combattere attraverso numerose iniziative di prevenzione e sensibilizzazione. “Questo non è amore” è il nome che la Polizia di Stato ha dato alla sua campagna di sensibilizzazione contro la violenza di genere. Un’iniziativa nata nel 2016 e diventata dal 2017 a carattere permanente. In occasione del 25 novembre, Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, attraverso il Progetto Camper numerosi poliziotti e poliziotte sono presenti nei principali luoghi pubblici e di aggregazione delle varie città italiane con l’intento di informare e favorire l’emersione del fenomeno della violenza di genere. Questo perché, ancor prima che con l’intervento repressivo, è necessario combattere il fenomeno anche con la promozione di una cultura di genere che rimuova le disparità e i vecchi retaggi culturali. Il contatto avviene per strada alla presenza di un’equipe di operatori specializzati, psicologi, medici, investigatori e operatori dei centri antiviolenza, pronti a raccogliere testimonianze di chi, molto spesso, ha ti-

more di denunciare o di entrare in un ufficio di polizia. Per combattere la violenza di genere la Polizia di Stato, oltre a scendere per le strade, si avvale anche di nuovi strumenti. È il caso del “protocollo EVA” (Esame Violenze Agite) che dal 2017, dopo una fase sperimentale, è stato esteso su tutto il territorio nazionale. Si tratta di una procedura che ha come obiettivo quello di anticipare e limitare le esplosioni di violenza e che codifica gli interventi nei casi di maltrattamenti e liti in famiglia, inserendo nella banca dati delle forze di polizia (indipendentemente dalla proposizione di una denuncia o querela) tutti gli episodi di violenza che hanno interessato un determinato nucleo familiare. I poliziotti sono così in grado di conoscere, prima di giungere sul posto, lo storico degli interventi effettuati presso quell’abitazione, se qualcuno detiene armi o ha precedenti di polizia. Questo protocollo offre agli operatori molti più elementi per gestire al meglio situazioni conflittuali e adottare tutti i provvedimenti necessari a tutelare la vittima e interrompere la spirale di violenza. Sono numerosi i centri antiviolenza che collaborano con la Polizia di Stato e le altre Forze dell’ordine. Realtà che, sulla base di una lunga esperienza, conoscono gli effetti che ha la violenza sulle donne, accogliendo e offrendo sostegno alle vittime che l’hanno subita. In provincia di Gorizia al momento sono presenti due centri antiviolenza: “S.O.S. Rosa” a Gorizia (www.sosrosa.it - tel. 0481 32954) e “Da Donna a Donna” a Ronchi dei Legionari (www.dadonnaadonna.org - tel. 0481 474700).

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ALLA SCOPERTA DI...

CREATIVITÀ AL FEMMINILE Servizio di Livio Nonis Immagini di Luciano Malabotti

Lana, mani e cuore Da diversi anni opera a Monfalcone un gruppo di donne che abbina la passione per l’uncinetto con importanti progetti di solidarietà. Il prossimo è in programma il 25 novembre in occasione della Giornata contro la violenza di genere.

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Ritrovarsi per confrontare le proprie esperienze, per realizzare capi a maglia e all’uncinetto o creare pupazzi e addobbi: negli ultimi anni è stato rivalutato l’effetto relax di questa attività antica che ha spinto sempre più persone a cimentarsi con ferri e gomitoli, dedicandosi alla realizzazione di piccoli progetti durante il tempo libero. Non solo: ritrovarsi assieme ha come risvolto importante anche quello di incidere nella realtà sociale del proprio paese e oltre. Sono così sorti tanti Knitting caff è (letteralmente caffè maglieria) e gruppi di lavoro che si prefiggono anche altre fi nalità. Uno di questi è “Creatività al femminile”, sorte diversi anni fa in seno alla Società Mon-

falconese di Mutuo Soccorso. Nato quasi per gioco, dopo una prima mostra di addobbi, gnomi, angioletti e decorazioni natalizie che aveva riscosso un notevole successo, dalla bravura di due socie, Maria Asquini e Emanuela Guiotto, il gruppo inizialmente composto da poche donne si è ampliato fi no a contare oltre una ventina di signore interessate: tutte condividono il piacere di trascorrere dei pomeriggi assieme e di creare oggetti carini con le proprie mani. Dapprima sono stati realizzati piccoli cuori di lana offerti per iniziative di beneficenza della Croce Rossa; quindi sono stati creati altri oggetti da destinare ai mercatini per le iniziative dell’associazione “Vanessa”, che da anni raccoglie fondi per la ricerca in favore dell’A.I.L. (Associazione Italiana Leucemia); nel 2015 il gruppo ha partecipato con i suoi quadrotti di lana multicolore alla coperta dei Guinness di piazza Unità a Trieste; quindi lo scorso mese di marzo per le coperte in piazza Duomo a In questa pagina in alto, il gruppo Creatività al femminile; in entrambe le pagine, due immagini della preparazione delle rose per il 25 novembre e un dettaglio di alcuni lavori realizzati dalle volontarie.

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Biella, nell’ambito della manifestazione “Viva Vittoria Biella”, per dire no alla violenza sulle donne; ad aprile, invece, ha presenziato alla Giornata mondiale per la consapevolezza autistica, aderendo all’evento dei Piccoli Giganti per “Il Sentiero Azzurro” di Roma (100 mt. 1250 quadrati 40x40 cm), con 42 quadrotti in lana in ogni sfumatura del blu. Ora il gruppo è impegnato in un nuovo progetto, molto impegnativo perché ideato autonomamente, nel quale è stata coinvolta anche l’amministrazione comunale di Monfalcone che ha accolto favorevolmente l’idea, contribuendo anche all’acquisto della lana. Il prossimo 25 novembre, giornata scelta dall’ONU per la lotta contro la violenza sulle donne, sarà realizzato un tappeto composto da rose rosse fatte all’uncinetto, da esporre sia nell’atrio del Municipio di Monfalcone che al Teatro Comunale durante la rappresentazione di La sala d’attesa, spettacolo teatrale a scopo benefico contro la violenza sulle donne, il cui ricavato sarà devoluto a favore dell’Associazione Da Donna A Donna e dell’Associazione Alzheimer. Le rose saranno più di 2.500: a realizzarle saranno le socie del gruppo e tante altre amiche che hanno voluto confermare la prorpia presenza a questa importante giornata con un loro contributo di “lana, mani e cuore”.

Livio Nonis


E D U C A Z I O N E E S O G G E T T I V I TÀ

Diventare ciò che siamo

Rubrica di Cristian Vecchiet

P E D A G O G I A

Educare equivale ad accompagnare, evitando di proiettare le proprie aspirazioni. Gli adulti non impongano ai ragazzi scelte o preferenze che sono loro e non di chi si sta aprendo alla vita. Educare vuol dire accompagnare e sostenere qualcuno a realizzare se stesso, favorire la realizzazione della sua personalità nella sua originalità. A essere in questione è l’unicità della persona concreta in carne e ossa: ciascuno è irripetibile e ha qualcosa che nessun altro ha, ha avuto e avrà. Ciascuno di noi è insostituibile, proprio perché ha una sua originalità. «Diventa ciò che sei»: esortava Nietzsche, riprendendo Pindaro. Questo forse è il punto focale dell’educazione e dell’autoeducazione. Ciascuno di noi porta con sé una identità fatta di potenzialità, di una storia personale, di relazioni, di legami, di appartenenze, di errori commessi e subiti, di rilanci, di scommesse sul futuro… Ciascuno rappresenta una narrazione originale e pratica del senso del mondo e della vita, che molto dipende e deve alle relazioni che abbiamo e abbiamo avuto, a quanto abbiamo ereditato e portiamo con noi. Avere degli esempi e dei modelli da seguire è necessario nel processo di crescita. Infatti, si cresce in una certa misura grazie all’identificazione e all’imitazione. Tuttavia, poi è necessario staccarsene per formare la propria personalità, distinta da quella degli altri. Una personalità matura è sempre, almeno in una certa misura, autonoma e non riproduce semplicemente esempi, modelli e stereotipi. Il punto è cercare di diventare se stessi. Quindi non bisogna per forza né essere come gli altri né essere all’opposto degli altri, ma crescere nella conoscenza di sé e cercare di far fiorire la propria originalità, le parti più autentiche di sé. Potrebbe sembrare una verità scontata. Eppure non risulta per nulla facile da rispettare. Non è affatto raro trovare genitori, insegnanti, educatori che vogliano – o comunque sperino – che 56

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i propri figli, alunni, educanti si conformino alle aspettative proprie o della società. È sufficiente andare a vedere una partita di calcio per incontrare genitori che esaltano le presunte prodezze dei figli o che fanno di un errore una tragedia. Ma anche vedere come i figli scelgono la scuola superiore: i genitori spesso piegano i desideri dei figli alle proprie speranze. Va detto che viviamo in un contesto sociale, culturale, economico, in cui la spinta alla conformità ad alcuni modelli è molto forte. Il mercato vuole che tutti noi siamo dei consumatori e, per essere tali, dobbiamo fare nostre – meglio senza esserne consapevoli – le istanze di chi vuol fare soldi e avere potere. Siamo bombardati da decenni da messaggi che ci inducono alla magrezza, al possesso di vestiti di moda, alla ricerca di determinati status symbol. In realtà, come sosteneva Jacques Lacan, non esiste che una domanda alla quale tutti dobbiamo prima o poi rispondere: «Ho agito in conformità con il mio desiderio?». In altre parole: ho rispettato e fatto emergere la mia identità e la mia personalità e fatto fruttare i miei talenti o mi sono adeguato a canoni e aspettative di altri? Questa domanda è decisiva, perché suggerisce che ciascuno di noi ha un proprio posto nel mondo e nella storia e che la propria realizzazione passa attraverso la corrispondenza alla propria originalità. La prima tappa di questo percorso di realizzazione di sé ci viene suggerita dall’oracolo di Delphi: «Conosci te stesso». La conoscenza di sé non è scontata e si sviluppa lungo un processo dinamico che dura tutta la vita. Conosciamo noi stessi grazie alle cose che facciamo, alle relazioni che costruiamo, agli episodi che ci riguardano. Per conoscersi è importante sapersi ascoltare, non lasciare che le cose semplicemente accada-


no, ma chiedersi cosa è successo, perché, come si è reagito e come si sarebbe preferito agire. E cosa si può fare per educare a conoscere se stessi e a rispettare la propria originalità? Innanzitutto dedicare del tempo ad ascoltare. L’ascolto richiede che ci si metta in uno spazio vuoto per fare spazio all’altro. Ascoltare è una modalità importante di prendersi cura dell’altro. Ascoltare richiede tempo al di là della routine quotidiana. Ma è decisivo perché il figlio, l’alunno, il ragazzo che si sente ascoltato si sente al tempo stesso considerato per quello che è, e questo stile di relazione fungerà da modello di riferimento nel proprio rapporto con sé e con gli altri e da base nella maturazione del pensiero critico. Conoscere se stessi aiuta anche a crescere nel pensiero critico (come il pensiero critico aiuta a conoscere se stessi), ossia nella capacità di interpretare in modo autonomo gli eventi, quello che facciamo o non facciamo, e quello che dicono, fanno e non fanno gli altri. Anche in questo caso si può ritenere che l’adulto che ascolta davvero il cucciolo d’uomo, gli lasci la possibilità di esprimere se stesso. È l’originalità accolta che dà la possibilità di esprimersi, di confrontarsi con sé e con gli altri e di far emergere ciò che si è, al di là di qualunque adattamento a copioni o modelli esterni. Partendo dall’ascolto i genitori, gli insegnanti, gli educatori in genere possono stimolare i ragazzi facendoli riflettere sulla loro storia, sui loro desideri, sui loro talenti, sulle loro fatiche, sulle loro difficoltà, sulle loro paure, su quello che hanno sperimentato e vorrebbero sperimentare... Un adulto può chiedere quali sono i desideri e le ambizioni del ragazzo e ragionare con lui sulla realizzabilità dei desideri e delle ambi-

zioni e sulla corrispondenza con le abilità e le difficoltà che ha scoperto di sé. Un adulto può anche esplicitare al ragazzo i suoi pensieri, senza proporli come verità inconfutabili. Importante è che gli adulti evitino di imporre e di indurre i ragazzi a delle scelte o a delle preferenze che sono loro e non di chi si sta aprendo alla vita. Il rischio è sempre presente. Si pensi alla scelta della scuola, dello sport, del lavoro… Ed è importante che gli adulti non rimproverino o non trasmettano senso di disillusione quando un ragazzo non asseconda le loro aspirazioni. Un genitore dovrebbe chiedersi piuttosto quale siano i propri desideri e non mescolarli con quelli dei figli. Educare equivale ad accompagnare, evitando di proiettare le proprie aspirazioni. Rispettare e far crescere la soggettività personale e comunitaria è il compito fondamentale di chi educa. È tale perché vuol dire aiutare un cucciolo d’uomo a diventare ciò che è, a far emergere le parti migliori di sé, a trovare il proprio posto nel mondo, quello che solo lui può ricoprire in quel modo. Per questo chi svolge un ruolo educativo è bene che impari l’arte di ascoltare il prossimo e di discernere tra le proprie aspirazioni e quelle altrui, tra il proprio mondo e quello altrui, per accompagnare senza imporre, sostenere senza sostituirsi.

Cristian Vecchiet

Docente di Teologia dell’Educazione presso l’Istituto Universitario Salesiano di Venezia


SERVIZI TERRITORIALI

La difficoltà di chiedere aiuto

Droga, alcol, gioco d’azzardo: quando una persona è vittima di dipendenza, come può essere aiutata a guarire? Le soluzioni ci sono, ma è fondamentale il sostegno di qualcuno.

S O C I E T À

Statistiche alla mano nella nostra società, che richiede sempre alte prestazioni e tempi veloci di reazione, sono in continuo aumento i casi di dipendenza da sostanze o altri fattori: droga, alcol, gioco d’azzardo… Tutti fenomeni per i quali i Servizi per le Tossicodipendenze (SerT) o i Servizi per le Dipendenze patologiche (SerD) hanno strutture, mezzi e personale per far fronte in maniera efficace. Tuttavia, rispetto ad altre patologie la difficoltà maggiore da superare per coloro che ne sono affetti è il così detto primo scalino. Ovvero l’accesso ai Servizi.

Rubrica a cura di Andrea Fiore

Marketing passivo

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Purtroppo, nonostante gli sforzi avviati negli ultimi anni e incentrati principalmente su campagne di prevenzione, la sanità non brilla per intraprendenza comunicativa: se una persona si presenta presso i Servizi viene curata, altrimenti difficile procedere. Il grosso problema quando si parla di dipendenze, però, risiede proprio nel fatto che chi ne è affetto non lo riconosce, accusando semmai gli altri componenti del nucleo familiare di essere la causa dei suoi disagi. Tradotto in altri termini – peraltro ampiamente sostenuti dai dati – è rarissimo che una persona con dipendenza si presenti ai Servizi dicendo: “Sto male, aiutatemi”. |

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Tre attori in gioco

Oltre alla persona con problemi di dipendenza, nel percorso di cura entrano in gioco anche altri due attori: i Servizi e la famiglia del soggetto. I primi – ovvero i Servizi ambulatoriali legati alle dipendenze – possono contare su alcuni aspetti fondamentali garantiti loro dall’ordinamento giuridico, e che risultano essenziali nell’avvio del percorso. In primis il diritto a mantenere l’anonimato assoluto. Secondariamente, e di fatto strettamente correlato a questo aspetto, la cura viene garantita senza segnalazioni di alcun genere. Per aiutarci con un esempio concreto, se un tossicodipendente o un alcolista si presentano al Servizio, questo non è tenuto – e ovviamente non lo farà – a contattare le forze dell’ordine. Ai famigliari delle persone con dipendenza, invece, spetta forse il compito più arduo: convincere l’interessato a presentarsi al Servizio. Per questo motivo una madre o un padre, una moglie o un marito, un amico o anche un datore di lavoro, qualora lo richiedessero, vengono sempre ascoltati dal personale dei Servizi per capire in che modo possa essere aiutata la persona segnalata. Per un duplice motivo: arrivare ad essa, ma anche al suo sistema familiare, poiché questo rappresenta una delle poche risorse su cui il soggetto dipendente può contare per superare le proprie difficoltà.

La dinamica del gruppo

Nel percorso proposto dai Servizi, la persona dipendente non viene mai considerata da


sola, bensì all’interno di un suo gruppo di riferimento: dalla famiglia ai colleghi di lavoro. Tutti soggetti che possono essere fondamentali anche qualora la persona con dipendenza non accetti di intraprendere il percorso di cura: sono infatti numerosi i casi in cui il Servizio ha attivato percorsi con i famigliari per condividere le loro problematiche. L’esperienza insegna che la relazione tra servizi e famigliari aiuta a modificare il rapporto tra questi ultimi e la persona dipendente, fornendole a sua volta una spinta psicologica determinante per presentarsi al Servizio.

Disponibilità stante

co-

In conclusione di questa nostra panoramica, va ricordato che per accedere ai Servizi per le dipendenze non è necessaria alcuna impegnativa del medico di base, così come non è necessario nemmeno prendere un appuntamento: non appena una persona si presenta, il Servizio si attiva immediatamente secondo la propria filosofia che mira a dare risposte in tempo reale. È bene sottolineare che ogni tipo di dipendenza, a qualsiasi livello essa sia, rappresenta un dramma per le persone che la vivono. Avvicinarsi ai Servizi territoriali può rappresentare un primo passo decisivo verso una soluzione.

dott. Andrea Fiore

Medico delle Farmaco-Tossicodipendenze, psichiatra andrea.fiore@imagazine.it


MUSICA MASSIMO DEVITOR Intervista di Claudio Pizzin

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Anima Gospel Dal 2002 dirige uno degli ensemble più rinomati del Friuli Venezia Giulia, composto da una ventina di elementi: «Autodisciplina e disciplina di gruppo sono fondamentali per lavorare in maniera costruttiva». E in attesa di pubblicare il nuovo CD, il Soul Circus Gospel Choir è pronto per un Natale da protagonista.

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Maestro Devitor, cosa rappresenta per lei il Soul Circus Gospel Choir? «Essendo un coro amatoriale volto a un indirizzo semiprofessionale, il Soul Circus rappresenta una sorta di laboratorio. Vuoi perché le persone vengono messe in una condizione di impegno maggiore rispetto alle situazioni corali amatoriali, vuoi perché questo serve anche a loro per capire che cantare è una cosa seria e l’impegno devoluto per migliorarsi è superiore a quello che l’immaginario collettivo considera, soprattutto in questo periodo. Tutti pensano di poter cantare, ma non è vero che tutti lo possono fare». Com’è nato questo progetto? «È nato dalla volontà mia e di un piccolissimo nucleo di cantanti appena usciti da un coro della provincia di Gorizia di dare vita a una nuova progettualità volta a un linguaggio musicale orientato principalmente verso il Gospel e lo Spiritual». Un percorso iniziato nel 2002: da allora a oggi come si è evoluto? «Ci sono stati molti cambiamenti nel collettivo, così come dal punto di vista delle esecuzioni: dal Gospel e dallo Spiritual, negli anni abbiamo aperto anche verso altri linguaggi musicali, ad esempio quello del musical, nonché alcune rivisitazioni in chiave corale di brani rock e pop. Con una strizzatina d’occhio qui e là anche al canto sacro». Come vengono selezionati i cantanti del Soul Circus? «Soul Circus vanta un collettivo di circa 20 elementi: per far parte del coro si comincia con un periodo di apprendistato di un minimo di tre mesi fino a un mas60

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simo di un anno, a seconda delle capacità dell’individuo. Alla fine di questo periodo si deve essere in grado di sostenere un piccolo esame, una prova d’ammissione». Quale impegno viene richiesto ai componenti del gruppo in termini di prove, di studio e di concerti? «L’impegno è minimo perché in realtà la prova è una volta a settimana salvo quando, in vista dei concerti, viene deciso un incremento con un’ulteriore prova settimanale. Viene però richiesto alle persone di esercitarsi un minimo a casa, sia per quanto riguarda la tecnica vocale ma anche la pronuncia dei testi in lingua originale, giacché Spiritual e Gospel sono prevalentemente in inglese o in slang americano. Una prova alla settimana sicuramente non è sufficiente, tuttavia cerchiamo di farcela bastare lavorando in maniera intensa e ottimizzata». Qual è a suo avviso il segreto della longevità del Soul Circus? «Sicuramente la capacità di adattamento. Siamo riusciti a superare diverse fasi facendo fronte anche a defezioni importanti a cui abbiamo sopperito con nuovi elementi. Credo che la versatilità sia la qualità principale. Essere versatili in realtà è fondamentale in tutta la musica». Massimo Devitor come riesce a mantenere i suoi cantanti al passo con in tempi? «Arte e musica non sono in evoluzione continua. La musica in particolare sta subendo un’involuzione condizionata dai mass media e dai talent. Il lavoro sui cantanti, per mantenere alta la loro attenzione e rimanere al passo con i tempi, è un lavoro enorme, soprattutto quando si ha a che fare con persone un po’ “in età” o persone fortemente radicate in idee inculcate dai mass media che poco corrispondono alla realtà musicale. Quindi il lavoro richiede una buona dose di psicologia. Al giorno d’oggi


un maestro di musica o un’insegnante di canto devono avere delle capacità di gestione della psiche delle persone, altrimenti non è possibile fare nulla». In questi anni vi siete esibiti in numerose location: a quale siete rimasti più affezionati? «Sicuramente nel cuore rimane l’esibizione a Santa Maria degli Angeli di Assisi nel 2006, in occasione del primo concorso internazionale di composizione gospel Gospel Connection di cui Soul Circus si è anche aggiudicato la vittoria con il brano Glory to the Lord, composto da me assieme al maestro Giuliano Fabbro di Udine». Il Soul Circus vede una predominante componente femminile. A suo avviso come mai? «Probabilmente perché da parte delle donne l’interesse per la musica corale è maggiore rispetto agli uomini. Le donne si approcciano al coro con più facilità. Spesso inoltre all’interno dei cori vi sono elementi di una certa età ed è indubbio che nelle donne la capacità di reazione e adattamento sia generalmente maggiore rispetto ai maschi di pari età. Ovviamente non si può generalizzare, ci sono anche le eccezioni e all’interno di Soul Circus ne abbiamo un paio veramente valide». Riuscire a mantenere unito e coeso un gruppo così numeroso non è compito semplice: lei come ci riesce? «Con il bastone e la carota (ride, ndr). In una formazione corale dove si vuole far crescere le persone ed educarle al canto il rigore è fondamentale, perché concedendo troppo spazio alle singole voci (e non solo in senso canoro) si rischia di fare molta confusione. Autodisciplina e disciplina di gruppo sono la ricetta per lavorare in maniera costruttiva». Oltre alla direzione del Soul Circus, quali altre attività svolge Massimo Devitor? «Sono direttore del Gruppo Vocale Farra (che nel 2013 ha partecipato al film Zoran il mio Nipote scemo, vincitore del premio del Pubblico alla settimana della critica alla Mostra del cinema di Venezia) e del gruppo Spiritual Ensemble di Udine. Da alcuni anni inoltre sono parte di un progetto musicale denominato MD’s Quartet, improntato principalmente alla musica greca, con il quale intraprendo regolari tournée in Grecia, in particolare a Creta; ultimamente ho ridato nuova vita a un progetto dal titolo Pat Heaven, in memoria del fondatore del gruppo spentosi alcuni mesi fa. Abbiamo deciso di riproporre quanto fatto anni fa e trasmettere un messaggio di sensibilizzazione nei confronti dei malati terminali e della gestione del loro ricovero, ciò attraverso un’esperienza molto forte in cui siamo riusciti a far registrare due brani a una persona dal letto di ospedale, grazie alla collaborazione del dottor Gualtiero Scaramella che si è dimostrato non soltanto un professionista attento e umano, ma anche una persona dalla sensibilità artistica ineguagliabile. Svolgo inoltre la mia attività di insegnante di canto e tutor». Che cos’è per lei la musica Gospel? «La musica Gospel per me rimane, dal punto di vista musicale, lo sviluppo dello Spiritual verso una musicalità più ritmica, mentre per quanto riguarda i con-

Sopra, il Maestro Massimo Devitor Pagina accanto, il Soul Circus Gospel Choir; Soprano: Antonella Toniutti, Imma Pastore, Roberta Zimolo, Raffaella Bolaffio, Sonia Gerolimich, Lucia Scalora. Contralto: Morena Persi, Grazia D’Urso, Manuela D’Andrea, Myrta Devitor, Elena Garibaldi, Manuela Pauli. Tenore: Fabio Pozzi, Fabio Comelli, Roberto Ciarleglio, Ermanno Iaglitsch, Pietro Rolfo, Roberto Grundner. Basso e baritono: Dario Rocco, Gianni Taurian, Franco Lavaroni, Luciano Visintin. Musicisti: pianoforte, Giulio Scaramella, Giovanni Molaro, Dimitri Arzenton; percussioni, Diego Primosi; batteria, Gabriele Degrassi; basso, Gianfranco Guidolin; chitarra, Marco Santoro. Tel. 380 4724906 - www.soulcircusgospel.it www. facebook.com/soulcircusgospel Prove: ogni giovedì ore 21-23 a Ronchi dei Legionari tenuti, è il passaggio dalla dimensione veterotestamentaria a quella del Nuovo Testamento. La realtà dei fatti è che oggigiorno il termine Gospel è inflazionato e poco definito: nel calderone del “Gospel” purtroppo ora troviamo musica pop, rock, R’n’B, qualsiasi formazione di afroamericani che si esibisce su basi preregistrate». Negli anni il vostro repertorio si è ampliato ed evoluto: esiste il rischio di contaminare l’essenza pura del Gospel e dello Spiritual con altri generi? «Le contaminazioni non sono mai una cosa negativa, certo è che il tutto va fatto con consapevolezza. Negli anni il nostro repertorio si è arricchito di varie sfumature e questo ha apportato sicuramente un valore aggiunto alla nostra formazione. È importante però sapere sempre ciò che si fa, chiamare Gospel qualcosa che Gospel non è, non rende onore a questo genere. Soul Circus si presenta come una realtà flessibile e poliedrica, aperta al nuovo ma anche fedele alla tradizione». Con 16 anni di storia alle spalle, quali sono gli obiettivi per il futuro? «Nell’immediato ci sono i concerti di Natale, di cui la nostra agenda è già ricca. Porteremo sicuramente avanti un progetto di collaborazione con Spiritual Ensemble, giacché le due formazioni possono arricchirsi vicendevolmente e creare un corpus di sicuro successo. Da anni parliamo di realizzare un nuovo CD: sia mai che il prossimo sia l’anno buono…» Claudio Pizzin | novembre-dicembre 2018 | 61


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PERSONAGGI

ANNALISA CLEMENTE Intervista di Andrea Doncovio

La gioia della musica

Da quindici anni dirige l’Orchestra d’Archi di Farra d’Isonzo, uno dei due gruppi di insieme sorti all’interno della locale Associazione Musicale e Culturale. Una realtà frequentata da più di 200 allievi: «Al termine di ogni lezione è fondamentale che escano con il sorriso».

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Nel silenzio mattutino della sala concerti dell’Associazione Musicale e Culturale di Farra d’Isonzo, Annalisa Clemente mi accoglie con il sorriso. Un aspetto non secondario all’interno di una realtà che ogni giorno opera con bambini e ragazzi, trasmettendo loro l’amore per la musica, in tutte le sue sfaccettature. «Abbiamo la fortuna – precisa il presidente e fondatore Bruno Spessot, mentre mi dà il benvenuto – di poter fare affidamento su docenti dall’elevata professionalità: non si limitano a insegnare a suonare uno strumento, ma operano affinché ogni alunno esca con il sorriso al termine della lezione». Dal 1994 tra questi insegnanti c’è proprio Annalisa Clemente, impegnata da anni in attività concertistica e discografica nell’ambito di diverse formazioni cameristiche e orchestrali in Italia e all’estero. Annalisa Clemente, come è nata la sua passione per la musica?

«Ho voluto iniziare a studiare il violino perché sentivo suonare i miei fratelli Vittorio e Alfredo, rispettivamente di 8 e 6 anni più grandi di me, che a loro volta avevano iniziato perché nostro padre, Angelo, morto quando io avevo solo due anni, suonava il violino con orchestre amatoriali del monfalconese. Così a sette anni mia madre mi iscrisse all’Istituto di musica di Gorizia per studiare con il M° Alfredo Marcosig». Quando ha capito che la passione sarebbe divenuta la sua vita? «Ho iniziato presto a dedicarmi totalmente alla musica. A 14 anni facevo concerti in giro per l’Italia assieme ai miei fratelli con un gruppo strumentale che si chiamava “Vecchia Vienna”. Assieme allo studio del violino ho affiancato lo studio della composizione. Dopo essermi diplomata al Conservatorio Tartini di Trieste nel 1987 con il Prof. Massimo Belli, nel 1989 l’allora direttore dell’Istituto di Musica “A. Vivaldi” di Monfalcone, Ideo Selvaggio, mi propose di insegnare ai bambini e di collaborare nell’orchestra della scuola diretta dal M° Aldo Belli con la viola. Così iniziò il mio percorso di insegnante che da allora ho portato avanti». In apertura, primo piano di Annalisa Clemente (ph. Fotodinamiche Gradisca). Di fianco, l’Orchestra d’Archi di Farra durante un concerto nella Tenuta Villanova (ph. Roberto Verardo).

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Annalisa Clemente assieme al marito Pier Luigi Corona (ph. Biblioteca di Ronchi dei Legionari).

Lei ha suonato con numerosi ensemble in diverse località italiane e internazionali. C’è un concerto a cui è particolarmente legata? «Ho tanti concerti nel cuore: alcuni per l’emozione di aver suonato nell’orchestra accompagnando grandi nomi come Rostropovich, Maisky, Romero, Ughi. Altri per aver suonato in teatri prestigiosi quali Parigi, il Musikverein a Vienna e i teatri che abbiamo raggiunto nella tournée in Russia e nelle capitali baltiche con l’orchestra da camera di Trieste diretta da Fabrizio Ficiur. Ma emotivamente i più coinvolgenti sono stati quelli con mio marito, Pier Luigi Corona, violino e chitarra». Cosa rappresenta per lei la musica? «La musica, al di là di ogni frase retorica, rappresenta una ragione di vita, qualcosa che va al di là di una semplice occupazione professionale». Musicista, ma anche insegnante: cosa significa per lei insegnare musica? «Insegnare significa entrare in empatia con i propri studenti e portarli avanti per un percorso di crescita non solo musicale, ma anche morale e culturale». Non solo insegnante: lei dirige anche l’Orchestra d’Archi della scuola di Farra d’Isonzo. Come si è sviluppato questo progetto? «L’orchestra d’archi si è formata nel 2003 per volere del direttore Bruno Spessot che mi ha sempre appoggiata nell’ambizioso desiderio di avere una realtà propria all’interno della scuola. Negli anni si sono susseguiti tanti cambiamenti e numerosi allievi, crescendo, hanno preso altre strade. Ma il bello è anche questo: bisogna sempre reinventarsi un nuovo programma a seconda degli studenti a disposizione. Tra violini, viole, violoncelli e contrabbas-

L’Associazione Musicale e Culturale di Farra d’Isonzo è nata il 1° marzo 1975 con lo scopo di divulgare la cultura in generale e quella musicale in particolare. Attualmente è frequentata da più di 200 alunni provenienti dai paesi limitrofi ma anche da fuori provincia. Sono presenti classi di pianoforte, canto, violino, viola, violoncello, chitarra, flauto, clarinetto, fisarmonica, arpa e quelle dei corsi complementari. Notevole risulta l’attività dei due gruppi d’insieme presenti nella scuola, ovvero l’orchestra d’archi diretta da Annalisa Clemente e il gruppo di chitarre che porta il nome di “Farra ChitarrEnsemble” seguito dal M° Mauro Pestel. Oltre all’attività didattica e ai numerosi saggi musicali degli studenti, l’associazione, guidata dal presidente Bruno Spessot (nella foto con Annalisa Clemente), organizza nell’arco dell’anno una serie di concerti pubblici presso la Sala Civica del paese (sede anche della scuola di musica) e nel periodo estivo vengono tenuti i Seminari Internazionali di Musica da Camera “Alpe Adria” (giunti alla 28^ edizione) che accolgono giovani musicisti da tutta Europa. Nel corso degli anni, all’interno della scuola farrese, si sono susseguiti docenti di ottimo calibro musicale e didattico che hanno permesso il raggiungimento di importanti obiettivi didattici: dal 1979 al 2011 sono stati effettuati 313 esami complementari (teoria e solfeggio, storia della musica e armonia), 112 compimenti inferiori e compimenti medi di vari strumenti, 37 diplomi di strumento. A partire dall’anno scolastico 2011/2012, la scuola farrese segue un piano didattico in linea con la riforma attuata presso i Conservatori italiani. Per tutti le informazioni sull’attività dell’associazione è possibile consultare il sito: www.farmusica.eu

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si l’orchestra è formata da 20-25 elementi, dagli 11 anni in su». Chi può accedervi e quale impegno viene richiesto? «L’impegno è rilevante perché le prove si susseguono regolarmente alternando il sabato pomeriggio con la domenica mattina per tutto l’anno scolastico. Nell’orchestra c’è un forte spirito d’appartenenza e questo mi gratifica molto. Vi possono accedere tutti gli studenti che abbiano dimostrato di possedere una discreta padronanza tecnica e una buona lettura». In questi anni in quali contesti si è esibito il suo gruppo orchestrale? «L’orchestra si è esibita nelle più svariate occasioni: eventi, rassegne concertistiche, inaugurazioni, Festival. Da sottolineare il concerto tenuto a Praga nell’ottobre 2016 per il senato della Repubblica Ceca in collaborazione con l’Accademia musicale di Praga e il Ballet Club di Ronchi dei Legionari, nonché i concerti in Basilica ad Aquileia, al Teatro di Gradisca con Lucio Belviso o quello alla Fiera della musica di Cremona». È più complesso insegnare la musica a giovani musicisti o dirigere nelle prove e nei concerti giovani orchestrali? «Sono due difficoltà differenti. Il comun denominatore è rappresentato dall’alto grado di concentrazione richiesta per l’una e l’altra attività. Nell’insegnamento è importantissima la

Il Quartetto Stradivarius (ph. Damiano Grattoni) attualmente è impegnato nell’ambizioso progetto che prevede l’esecuzione integrale dell’opera per quartetto d’archi di Wolfang Amadeus Mozart mentre, per la Pasqua 2019, sono in via di definizione alcune repliche delle “Sette Ultime Parole del Nostro Redentore sulla Croce”, affresco sonoro di Franz Joseph Haydn ed autentico cavallo di battaglia del Quartetto Stradivarius.

disciplina e far sviluppare l’amore per la cultura musicale. Nelle prove d’orchestra bisogna avere più qualità “manageriali”: saper creare i giusti equilibri e dare il giusto risalto a ogni sezione dell’orchestra». Dai musicisti al pubblico: come valuta il livello di conoscenza musicale della gente nel nostro territorio? «Un livello medio, purtroppo scontiamo sempre la mancanza di una approfondita cultura musicale sin dalle scuole primarie». Lei insegna musica da ormai 30 anni: in questo periodo come si è evoluto il rapporto tra questa arte e le giovani generazioni? «C’è ancora molta passione tra i giovani, per cui lo zoccolo duro resiste. Tuttavia c’è anche un maggiore senso di disincanto. Oggi i giovani sono coscienti che diventare professionisti della musica è impresa difficile». Quali sono a suo avviso gli aspetti imprescindibili per poter diventare un musicista? «Direi innanzitutto una passione vera, profonda e sincera; lavorare senza risparmio e mettere al bando la pigrizia; essere sempre protesi verso una ricerca continua di un “assoluto” artistico prendendo a modello i grandi Maestri». Torniamo alla musica suonata. Lei è componente stabile del Quartetto Stradivarius: com’è nato questo progetto? «Il Quartetto Stradivarius è stato fondato nel 2000 per iniziativa del collega e amico violinista udinese Stefano Picotti, con l’intento di divulgare la grande musica da camera sul territorio. Composto inoltre da Caterina Picotti, secondo violino, dalla sottoscritta alla viola e Lisa Pizzamiglio al violoncello, il quartetto risulta essere a tutt’oggi l’unico ensemble cameristico a carattere stabile nel panorama musicale del Friuli Venezia Giulia, con un’attività quasi ventennale che lo ha portato ad affrontare un repertorio che abbraccia oltre tre secoli di storia della musica, dagli autori del periodo classico ai contemporanei». Volgiamo lo sguardo in avanti. Dalla scuola di Farra all’Orchestra, fino al suo quartetto: quali sono gli obiettivi di Annalisa Clemente per il prossimo futuro? «Migliorarmi per poter migliorare i miei studenti, sapendo che solo lo studio paga, solo l’impegno senza se e senza ma e la trasmissione incondizionata per la bellezza della nostra arte musicale rimane il principio fondante del mio operare». Andrea Doncovio


ALLA SCOPERTA DI...

MOSAICO DI VOCI Servizio di Claudio Pizzin

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Canti di solidarietà

Torna ad Aquileia il festival canoro riservato agli studenti della scuola primaria e media. Con l’obiettivo di raccogliere fondi in favore dei bambini meno fortunati.

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Torna anche quest’anno ad Aquileia “Mosaico di voci”, festival canoro dedicato ai bambini della scuola primaria e secondaria. L’idea, nata diversi anni fa da Eleonora Franzin, si è realizzata grazie alla collaborazione con il Coro Natissa, nella persona del presidente Fabio Cecchetto, e dell’amministrazione comunale, grazie all’interesse dell’assessore Roberta Ventura. «Chi ha una passione – spiega Eleonora Franzin, vincitrice di numerosi festival canori regionali e nazionali – ha il dovere di metterla al servizio degli altri e non lasciarla in un cassetto. Così, dopo il primo contatto con il Comune e il Coro Natissa, ho subito richiesto la collaborazione di validi e riconosciuti preparatori musicali: Andrea Barzellato, Alessandro Sinatra, Barbara Fogar, Deborah Civita (quest’anno sostituita per problemi lavorativi da Barbara Stabile). Tutti hanno risposto con grande entusiasmo». Dopo le selezioni avvenute lo scorso mese di settembre, i quattordici fi nalisti si esibiranno domenica 16 dicembre all’interno della Sala Romana di Aquileia. Alla giuria, compo-

sta da nomi d’eccellenza della musica regionale, il compito di individuare la canzone vincitrice. Nel frattempo i concorrenti proseguiranno la loro preparazione, sotto la guida dei coach. Tutto in forma gratuita, poiché lo scopo della manifestazione è quello di raccogliere fondi in favore del Comitato “Amici di Federico”, presieduto da Valentino Listuzzi, che destina ogni anno il ricavato della serata fi nale alle famiglie di bambini colpiti da gravi malattie. «La musica – sottolinea Franzin – si mobilita per solidarietà e questo dà a noi tutti la forza per andare avanti e cercare ogni anno di migliorare questa iniziativa. Se tutto andrà in porto come crediamo, il prossimo anno il festival verrà aperto all’intero comprensorio scolastico di Terzo d’Aquileia, Aquileia, Villa Vicentina e Fiumicello». La serata fi nale verrà presentata da Leonardo Tognon ed Elisa Michellut; al termine delle premiazioni tutti i partecipanti e il pubblico saranno coinvolti in una grande festa. Claudio Pizzin

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PERSONAGGI

NEVIO SCARAMUZZA Intervista di Claudio Pizzin Foto di Enzo Andrian

Una vita

sul palcoscenico

In coppia con l’amico Giglio Boemo ha esportato il cabaret alla gradese in tutta la regione. Grazie alla passione del cognato ha conquistato il locale festival della canzone. E ora, a 67 anni, non ha alcuna intenzione di abbandonare le scene.

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Nevio Scaramuzza, attore, cantante, uomo di spettacolo: lei come si definirebbe? «Oggi a 67 anni potrei definirmi un dilettante uomo di spettacolo e cantante per esigenze di copione nel varietà o per i testi teatrali che contenevano il canto, con o senza l’accompagnamento musicale». Il suo nome è legato al mondo del teatro a Grado. Come è iniziata questa storia? «La formazione intellettuale è iniziata all’oratorio dove ho scoperto di essere portato a prediligere la cultura nelle varie espressioni, mentre diversi amici si cimentavano nello sport. Ho avuto la fortuna di condividere con persone eccezionali un decennio, tra il 1970 e il 1980, vissuto trasversalmente tra il teatro (il Piccolo Teatro Città di Grado) e il folk cabaret, frequentando con tanto di contratto i night club di mezza regione e del Veneto. Nelle pieghe del teatro succede che i più vispi, o forse i più folli della compagnia, si incontrano per formare un duo cabarettistico, come andava di moda a quel tempo; io ero io e lui era Giglio Boemo».

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Cosa rappresenta per lei il teatro? «Il teatro produce nei miei sentimenti una sorta di poliedricità, in certi casi buona in altri meno. Ogni volta che sali su un palcoscenico senti la tremarella, termometro che misura il gradiente del pubblico nei tuoi confronti. Il pubblico non sempre è paziente e tollerante se qualcosa non lo soddisfa, i fischi ne sono il segnale… Allo stesso tempo il calore e la gratificazione che il pubblico trasmette con l’applauso finale non ha metro di paragone». Oltre a Giglio Boemo quali sono stati i compagni di viaggio nella sua avventura artistica? «L’elenco sarebbe nutrito, anche se una gran parte di loro non è più tra noi. Li cito in ordine sparso: Dino Facchinetti, Ferruccio Tognon, Tullio Svettini, Giovanni Marchesan (Stiata), Monica Maran e la sua Compagnia Teatro della Mandragola. Spero di non aver scordato nessuno». Grado e i gradesi come hanno accolto i vostri spettacoli? «Prima di noi alcuni intellettuali di paese negli anni 60 fondarono la Compagnia “Piccolo Teatro Città di Grado” che andava a sostituire la vecchia Compagnia filodrammatica, che alla domenica riempiva la casa GIL (gioventù italiana del littorio) per un sano divertimento famigliare. Bisognava strutturare una compagnia che sostituendo le scenette con il teatro, quello vero, facesse maturare cultura e sensibilità Lo scopo era avvicinare i giovani e meno giovani al teatro e, magari, scoprire i talenti per le giuste promozioni. La cultura gradese in fatto di testi teatrali non possedeva niente di speciale da teatralizzare e così i testi utilizzati erano in lingua, aprirono la stagione delle tragedie greche, divenendo un teatro di nicchia per la scarsa partecipazione di pubblico. Poi la svolta con il teatro dialettale e la partecipazione dell’ami-


In questa pagina: da sinistra Nevio Scaramuzza in Folk Cabaret; Scaramuzza e Giglio Boemo in I mamuli del ’ 23; primo piano di Boemo nello stesso spettacolo. Pagina accanto in alto, Nevio Scaramuzza; in basso, L’autostop di Scaramuzza e Boemo .

co Giglio hanno fatto sì che le sale si tornassero a riempire. Gran parte dei testi erano in lingua gradese.». Tra gli spettacoli messi in scena a quale è principalmente legato? «Dovendo sceglierne uno, cito I mamuli del ‘23. Ambientato in un’osteria di paese dove un giorno entra un forestiero per chiedere notizie di una persona di cui ha perso le tracce durante la guerra. Se ci fosse la possibilità lo rimetterei in scena; ma forse è destino che rimanga un sogno nel cassetto». Fare teatro in lingua gradese significa non solo diffondere la cultura, ma anche continuare a studiarla. Da questo punto di vista come si pongono le giovani generazioni? «Qualsiasi sia la forma artistica, fare teatro significa approfondire argomenti, associarli a una trama, scrivere un testo, una scenografia, una “colonna sonora”. Stilare il copione per la prima lettura, per il “sì piace” o “no, non piace”. Quindi passare allo studio a memoria della parte assegnata, poi le prove finché si va in scena. Credo che i giovani sensibili alla tecnologia potrebbero saltare certi passaggi della scaletta appena descritta. Non è facile far tutto ciò con la passione che noi abbiamo profuso. Ma una cosa la si potrebbe fare: un laboratorio teatrale che avvicini i giovani al teatro, poiché non tutti diventano noti giocatori di calcio o di pallacanestro. Sarebbe positivo l’impegno di enti e associazioni che sostenessero una bozza di progetto». Dai tempi in cui lei ha iniziato ai giorni nostri, come si è evoluto il teatro a Grado? «Mi piacerebbe rappresentare con un diagramma l’involuzione della produzione teatrale... I valori di un tempo sono sbiaditi e tanti sono partiti per l’ultimo viaggio. L’attrazione del pubblico non c’é, le compagnie teatrali amatoriali – se sono ancora in piedi – sono prive di prime donne. Il tracciato è depresso, eppure abbiamo conosciuto annate di grande partecipazione. Credo che ognuno dei sopravvissuti abbia scelto di fare spettacolo in autonomia onde evitare di inciampare nella burocrazia e nella modesta verve teatrale stanca, senza ricambi, complice la sordità degli enti pubblici, ma anche dei privati». Non solo teatro: lei di recente ha vinto più volte il Festival della Canzone Gradese. Il suo legame con la musica quando è nato?

«Da fanciullo sono stato introdotto nel gruppo di canto della chiesa. È stato un prete con la passione per la musica a orientarci al canto corale di brani musicali, compreso “l’usualis” gregoriano. Negli anni mi sono sempre interessato di canto e di canzoni, fino a quando mio cognato Gianni, appassionato di musica, ha ridestato in me, in età matura, quel bagaglio culturale vissuto in cinquant’anni. Così ho provato a scrivere un testo che Gianni ha musicato: è nata una canzone allegra che, presentata al Festival della Canzone Gradese, ne è uscita vincitrice». Teatro gradese e canzone gradese: a suo avviso chi dei due gode di migliore salute? «Ogni inizio anno al termine del festival girano voci che, viste le difficoltà, si è trattata dell’ultima edizione. Io non credo possa finire così; piuttosto i due eventi capisaldi della cultura e della tradizione dovrebbero sottoporsi a un lifting di ammodernamento. Bisogna sperimentare nuove espressioni artistiche e sviluppare idee che possano varcare il ponte e portare gli spettacoli nelle sale della bassa, coniugando la narrativa pubblicata da autori giovani, gradesi e non, dove i giovani sono capaci di sorprenderci. Lasciamo loro lo spazio che abusivamente noi occupiamo». Quali sono i prossimi progetti di Nevio Scaramuzza? «L’approccio con la post modernità mi ha fatto conoscere aspetti che ritengo innovativi. Riprendendo lo spettacolo Una cartolina da Grado, ho realizzato un mix tra tecnologia e attualità, in un copione in cui il Tramp-olin di Grado dialoga in collegamento con New York, terra “del Tramp”. Ora sto cercando qualcuno che sia disposto ad aiutarmi nell’impianto scenografico. Per il resto, mi piacerebbe dedicarmi alla consulenza culturale, per riprendere temi abbandonati ma che la nostra isola sa ben sciorinare». Claudio Pizzin | novembre-dicembre 2018 | 67


FIORI E AVVENTO

FIORI E PIANTE

Nel tempo di attesa

Rubrica a cura di Rossella Biasiol. Immagini di Francesca Bottari

Le luci della Corona d’Avvento, fin dall’antichità, mitigano i giorni più bui che precedono il Natale. Per realizzarla è necessario un giusto mix di candele ed elementi vegetali. Ecco quali.

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Natale si avvicina, già da qualche mese nei supermercati troviamo i primi panettoni e alla tv la pubblicità con Babbo Natale. Ma Avvento e Natale sono questi? Frenesia, corsa ai regali, al colore di tendenza per l’albero oppure è qualcosa di più profondo che ci lega a tradizioni e simboli lontani nel tempo? Come sempre il Regno della Natura e le Donne di Guarigione ci raccontano le “antiche storie”, e questa volta ci parlano del “tempo di attesa”. Avvento, Adventus, nel linguaggio religioso del paganesimo era la venuta periodica di Dio e la sua presenza nel Tempio. Nella religione cattolica è il tempo dell’attesa, della venuta, e coincide con l’inizio del nuovo anno liturgico: è il tempo di preparazione al Natale Le prime tracce storiche di un periodo di preparazione al Natale appaiono nel V secolo, quando il Vescovo di Tours stabilì un digiuno di tre giorni prima della nascita di Gesù. Qualche tempo dopo Papa San Gregorio Magno fu il primo a redigere un ufficio per l’Avvento. Nel IX secolo l’Avvento divenne di quattro settimane e nel 1100 il digiuno fu sostituito da una semplice astinenza. Oggi l’Avvento è il periodo di quattro settimane a partire dall’ultima domenica di novembre o dalla prima di dicembre (le quattro domeniche prima del 25 dicembre). |

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Oggetto floreale tipico di questo periodo è la Corona di Avvento, che ormai fa parte della tradizione cattolica, ma di cui non se ne conoscono esattamente le origini. Anticamente i popoli germanici pre-cristiani usavano corone con candele accese durante i mesi freddi e bui come augurio e speranza del ritorno della luce e del calore del sole. Le popolazioni scandinave, nei mesi invernali, ponevano delle candele accese attorno a una ruota e offrivano preghiere al dio della luce per far sì che la “ruota della terra” girasse velocemente verso il sole: così si sarebbero allungati i giorni e ristabilito il caldo. Nel Medioevo questa tradizione fu adottata dai cristiani che realizzavano corone con candele a simboleggiare Gesù “luce del mondo che disperde le tenebre”. Si dice comunque che a ideare la corona dell’Avvento come simbolo dell’annuncio dell’avvicinarsi del Natale, della nascita del Messia, fu il pastore protestante Johann Hinrich Wichern: la sua corona prevedeva però più candele di quella di oggi, una per ogni giorno di avvento. Verso la metà del 1800, per la prima volta una corona d’Avvento illuminò con 24 luci la sala oratoria del Rauhen Haus di Amburgo, in Germania: luci più grandi per le domeniche e più piccole per gli altri giorni.


Agrifoglio

Taxus baccata

Qualche tempo dopo la corona si rimpicciolì, si ridusse a 4 candele, e prese il suo posto nelle scuole, nei ritrovi ecclesiali, negli orfanotrofi e alla fine in quasi tutte le case private della Germania del Nord. Nel resto d’Europa iniziò a diffondersi lentamente verso il 1920 e appieno solo dopo la Seconda guerra mondiale. Tuttavia, le Donne di Guarigione raccontano qualcosa di più profondo e in connessione con il Regno della Natura, qualcosa che i “moderni” hanno dimenticato... La Corona d’Avvento è un oggetto ricco di simboli antichissimi che va preparato seguendo delle regole ben precise, utilizzando materiali vegetali che portano il messaggio del tempo e facendo molta attenzione: attraverso il movimento delle mani nasce la “magia del tempo di attesa”; viene creato un meraviglioso oggetto con una potente energia di amore e protezione, nascosta nella sua forma, che si sprigiona attraverso “onde da forma”. Cosa sono le onde da forma? Ogni forma geometrica emette vibrazioni con un campo oscillatorio microscopico che sfugge agli strumenti fisici più sensibili, ma che si irradiano molto velocemente in determinate direzioni. Queste vibrazioni sono definite “onde da forma”, che nascono da “vibrazioni da forma” e sono generate dall’energia magnetica naturale che viene accumulata al centro di ogni figura o corpo geometrico; l’energia viene poi restituita all’esterno, modificata secondo la struttura geometrica, Pigna fondo la dimensione e il materiale di cui è composta la forma stessa. Le onde da forma erano ampiamente conosciute dalle Antiche Donne: il loro potere veniva impiegato

all’interno delle strutture degli amuleti o nei riti religiosi, nei quali si faceva uso di simboli come la croce, il cerchio, il triangolo. La forma della Corona d’Avvento è circolare: fin dai tempi più antichi il cerchio rappresentava il segno dell’eternità e al tempo stesso dell’unità; il ciclo delle stagioni, la nascita e la rinascita e ancora una volta torniamo allo schema della Genesi, il Fiore della Vita, simbolo di armonia e bellezza per eccellenza. Per realizzare la base della corona di Avvento le Donne di Guarigione ci indicano elementi vegetali e candele: - alloro che porta l’energia della vittoria sulle tenebre; - tasso, cipresso, tuja che rappresentano l’immortalità e la vita eterna; - cedro del Libano che porta energia di forza e guarigione; - agrifoglio con le sue foglie che evocano immagini di sopravvivenza e le sue bacche che, maturando in autunno e durando per tutto l’inverno, celebrano la rinascita del sole al solstizio; - pigne che, con la loro spirale aurea, simboleggiano l’armonia, la regalità e la ricchezza. Le quattro candele portano colore e forma e lavorano energeticamente insieme agli altri elementi nel riequilibrio energetico della casa: vanno dunque scelte con consapevolezza (se volete seguire la liturgia allora tre saranno di colore viola e una rosa). Infine, le Antiche Donne di Guarigione ci consigliano di aggiungere un pizzico di magia in più: un po’ di polvere di cannella (grattugiando il bastoncino) sparsa sopra la corona vi porterà forza fisica, abbondanza e benessere. Buona armonia

Rossella Biasiol

Presidente della Scuola Fioristi del FVG www.scuolafioristifvg.it

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MOVIMENTO E DESTINAZIONI

Dove splende il sole

Rubrica di Manuel Millo

S O C I A L E

La frenesia quotidiana ci conduce spesso a un continuo andirivieni. Ma dove stiamo realmente andando? E, per assurdo, la nostra vita si sta muovendo o, paradossalmente, restiamo sempre fermi?

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Se vi è mai capitato di trovarvi in un luogo aperto, dove l’orizzonte terreno abbraccia quello celeste, la sensazione che si prova a vedere sorgere il sole è qualcosa non solo di affascinante ma a volte anche disorientante. Se i punti di orientamento fossero messi da parte, per un secondo, e dovessimo descrivere se è alba o tramonto, faticheremmo a distinguerli e per un attimo, seppur contrapposti diventerebbero simili. In una fotografia, questo potrebbe concretamente accadere. Ma allora dove si trova la soluzione di questo mistero percettivo? Nel movimento. È grazie all’attenta osservazione del movimento che comprendiamo con certezza la direzione da scegliere nella nostra vita. La vita stessa è ritmo e movimento, senza di esso nessuna forma di vita potrebbe esistere. Tutta questa premessa vuole condurci a metterci o ri-metterci in movimento. Ma voi direte o penserete che vi state muovendo da tutta la vita. Provocazione: ne siete proprio certi? Oppure velatamente c’è qualche flusso che inconsciamente vi spinge o vi trascina verso luoghi che non avreste mai ricercato? A volte potremmo fare delle scoperte molto interes|

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santi, altre volte potremmo farci molto male. Allora cosa fare davanti a tutta questa apparente incertezza. Muoviamoci si, ma camminando con cura e attenzione, senza corse affannose verso mete che probabilmente sono solo proiezioni di una realtà altra, direbbe Platone descrivendo una realtà apparente nel mito della caverna. Potremmo aggiungere, sempre ispirandoci a questo mito filosofico: quali sono le catene che vi tengono legati? Se non ci sono, bene. Sapete che potete scegliere di camminare, di correre o di fermarvi in base a ciò che la vita vi offre da poter compiere. Ma se per un attimo non trovaste più l’orientamento dell’est o dell’ovest perché tutto vi sembra uguale, allora da quel fermo immagine potete ripartire per osservare con maggior attenzione la cartina topografica che portate dentro di voi. Sentirete influenze mediatiche di ogni genere arrivare da ogni dove, e spesso con qualche prerogativa che indirizza i vostri sensi a trovare nella realtà e nella vita un bicchiere mezzo vuoto. Ma ricordate un buon consiglio scientifico: il bicchiere è sempre pieno, solo – direbbe l’esperto – di due materie diverse, liquido e aria. Centrare il punto di vista rispetto al “sole” diventa fondamentale. Quando parlo di sole naturalmente uso un linguaggio metaforico. Per sole


voglio intendere la luce profonda che rischiara le vostre giornate anche in periodi che possono apparire bui. Vi offro una domanda da gustare con calma in questo tempo che ci prepara all’arrivo del Natale: cos’è per voi indispensabile veramente per vivere? Un consiglio: attenzione al nutrimento quotidiano per la vostra vita. Non parlo solo di cibo, ma faccio ugualmente un esempio culinario illuminante. Quando siete ammalati il vostro corpo diventa intuitivamente molto selettivo perché sa da sé quale cibo porta nutrimento e quale lo affatica. E se prima di ammalarci potessimo in realtà già avere quella “chiaroveggenza” per riuscire a individuare a monte il cibo che ci nutre, evidenziando con tale senso le relazioni che ci danno vita, non sarebbe più fruttifera come esistenza? Questo non significa fare astensioni dal mondo delle relazioni e chiudersi in un castelletto di eremitaggio con le poche figure che ci mostrano simpatia o che la pensano come noi. Quello che voglio intendere è acquisire la matura capacità di cogliere e di scegliere quegli orizzonti relazionali che ci portano a spiccare il volo. C’è una bellissima storia di Anthony de Mello, che racconta la vicenda del pollo e dell’aquila. Un’aquila cresciuta a sua insaputa in un pollaio a un certo punto della vita vede, alzando gli occhi al cielo, librare nell’aria un suo simile, ma gli altri polli che sono accanto a lei le dicono di continuare a guardare in basso perché questo a lei non appartiene. Vi lascio con la suspance. Leggete pure tutta la

storia ma pensate ora a questa riflessione di fondo: il vostro sguardo dove è orientato? Chi siete veramente? Quali consigli siete soliti ascoltare? Qualcuno si alzerà dicendo che non si sente chiamato al Premio Nobel, ma qui sta la differenza; non è per il Premio Nobel che certe persone hanno espresso e compiuto la loro vita, ma semplicemente perché sentivano che quello era il miglior bene possibile, anche davanti a grandi sacrifici, anche davanti a grandi fatiche e magari nemmeno potendo vederne il risultato. Due grandi Santi nella storia ci lasciano un prezioso insegnamento: Sant’Agostino e Santa Teresa di Gesù bambino. Il primo ci ricorda che se vogliamo compiere qualcosa di grande, cominciamo a fare bene le piccole cose che ci sono state affidate, anche se a volte non le abbiamo scelte o ricercate o ancor meglio non le capiamo. La seconda perfeziona questo pensiero: non cerchiamo cose straordinarie ma rendiamo straordinariamente buona ogni nostra azione quotidiana. E se aveste ancora qualche dubbio, ricordate che l’orologio delle persone “illuminate” scorreva allo stesso modo del nostro; il punto è come usare questo tempo che ci è stato donato? Io scelgo di impiegarlo dove splende il sole…

Manuel Millo

Membro Onorario AGCI Ass Gen Cooperative Italiane


TURIPESCA Rubrica di Livio Nonis Supporto tecnico di Dario Vetta

Torrente Resia Seconda tappa del giro turistico del Friuli Venezia Giulia, pescando nei vari endemismi che formano un fiume

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Un torrente, secondo la definizione di Ardito Desio, è un “corso d’acqua permanente o temporaneo, dotato di alta velocità media, di regime variabile e caratterizzato da forti piene e da estreme magre. Il torrente è un organismo idrologico di carattere giovanile che provoca nel suo alveo profonde e continue trasformazioni morfologiche”.

montatura costituita da un piombino forato su lenza madre, un salvanodo di gomma o plastica morbida e una girella. Sulla stessa verrà fissato anche il terminale, di diametro inferiore alla lenza madre, con il suo amo. Come esca utilizzare anellidi reperiti in loco. Il diametro dei fili e la piombatura verranno calcolati in base al volume e alla forza delle acque, ma si sconsiglia un piombo superiore ai 10 grammi.

Pesce

Avendo preso a campione il torrente Resia non ci si può esimere dal consigliare un sopralluogo al Centro Visite del Parco Naturale Prealpi Giulie. Il Centro Visite e Foresteria di Prato di Resia, sede dell’Ente, è situato in ottima posizione panoramica. Ospita allestimenti espositivi che riproducono i diversi ambienti naturali (il fiume, il sottobosco, la prateria e la montagna), arricchiti con reperti geologici, una saletta per audiovisivi, un plastico che riproduce il territorio dell’area protetta, un laboratorio didattico attrezzato per svolgere ricerche, esperimenti e attività. I visitatori possono, inoltre, percorrere il sentiero didattico che porta al sottostante torrente, con prati e boschi in cui è possibile scorgere caprioli e picchi. L’accogliente foresteria è dotata di 20 posti letto, con camere dedicate agli animali delle favole resiane (volpe, tasso, scoiattolo). Info: www.parcoprealpigiulie.it.

Il pesce che caratterizzava questa parte del fiume era la Trota Fario. Scriviamo “era” perché gli accordi presi a livello europeo da qualche anno vietano le immissioni di fauna non autoctona nelle acque pubbliche o a esse collegate e le Fario “F.V.G.”, dopo approfonditi studi che hanno compreso anche le analisi del DNA, non risultano autoctone. La trota considerata oggi autoctona in quasi tutte le acque del Friuli Venezia Giulia è la Trota Marmorata. Spinning leggero, Mosca e saltuariamente Galleggiante su pozze di grosse dimensioni, sono le tecniche che possono essere utilizzate, trattandosi però di ambienti difficili sui quali operare, è preferibile utilizzare il metodo “A Fondo”: una canna possibilmente teleregolabile di 2 o 3 metri, dotata di mulinello e anelli, una

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Turismo


Vivere il Parco regala emozioni indimenticabili. L’accesso all’area protetta è libero e gratuito. Decine di sentieri, sempre ben mantenuti, permettono di raggiungere in sicurezza i luoghi più importanti. Agriturismi, foresterie, ricoveri montani, rifugi e bivacchi garantiscono soste e pernottamenti che consentono di rinfrancarsi e godere con calma e intensità la natura circostante. Lungo sentieri naturali appositamente attrezzati, l’escursionista viene accompagnato da tabelle che lo informano sulle caratteristiche dell’ambiente che sta attraversando. Chi vuole conoscere ancora meglio il Parco e le sue caratteristiche può partecipare alle escursioni guidate che annualmente vengono organizzate sia nella buona stagione sia in inverno. Oppure chiedere di essere accompagnato da una guida naturalistica o alpina.

Qui sopra, un esemplare di trota marmorata; sotto, esemplare di trota fario. Nella pagina accanto in apertura, un’immagine del Torrente Resia; in basso, tipica canna da spinning locale, con l’attrezzatura utilizzata per la pesca.

Come arrivare

In auto: dall’autostrada A23 Palmanova-Tarvisio, uscita Gemona-Osoppo, si prosegue sulla S.S. n. 13 Pontebbana in direzione Tarvisio; seguire quindi le indicazioni locali o in direzione TarcentoAlta Val Torre lungo la S.S. 646. In bus: l’area è servita dalle linee SAF autoservizi FVG. In treno: dalle stazioni di Tarcento, Gemona del Friuli, Venzone e Carnia si prosegue per le diverse località con il servizio autobus di linea. Info: www. trenitalia.com. In bicicletta: il Parco è raggiungibile attraverso la ciclovia “Alpe-Adria”. Tutte le catture sono state take & release, ovvero catture con amo senza ardiglione e immediato rilascio. Livio Nonis

Gastronomia

Durante la bella stagione è assolutamente consigliata una visita all’agriturismo Malga Coot. Situata in alta valle in tipico ambiente montano, nel cuore del Parco naturale delle Prealpi Giulie, in alta Val Resia, ai piedi dell’imponente massiccio del Monte Canin è un po’ fuori mano ma offre eccezionali prodotti di propria produzione, assolutamente genuini. Possibilità di pernottamento. In alternativa, qualora il tempo vi mancasse, buono anche il pollo alla griglia e patatine, a Resiutta, all’inizio della valle. Malga Coot: Info e prenotazioni Francesco Rodolfi: 334 9092613 - 334 9092 639 email: francescorodolfi@alice.it | novembre-dicembre 2018 | 73


F I G L I D I U N O S P O R T M I N O R E o v v e r o , s a r a n n o ( s t a t i ) q u a s i f a m o s i !

Little Big Jim Negli anni ’70, quando le bambine giocavano ancora con le bambole (la Barbie andava forte) e i bambini con i soldatini, un pupazzo di nome Big Jim spopolava fra i ragazzini. In definitiva questi due personaggi riproducevano il modello estetico occidentale di coppia ideale: bionda e longilinea lei, moro e muscolato lui. Matteo Pelesson da Monfalcone, pur essendo un peso medio, mi ricorda molto il fisico di ‘Big Jim’. Mi dica, lei è nato così? «Magari! Anzi, da piccolo ero sempre con problemi di sovrappeso e il movimento mi stava antipatico. Non riuscivo proprio a capire cosa ci trovassero i miei coetanei a correre dietro a un pallone o altre amenità. Poi accadde, più per destino che Matteo Pelesson (al centro) assieme al presidente WDFPF Italia, Ivano Bianchi, e al vicepresidente Mauro Garolla.

per volontà, che cominciassi a frequentare un amico che in cantina aveva la panca e i bilancieri. Fu amore a prima vista. Passavamo interi pomeriggi ad allenarci, o quasi, e non ho mai più smesso». Quando ha pensato di farne una professione? «La passione fa nascere la curiosità di sapere come funziona un’arte per poter dare poi il massimo. Dapprima ho conseguito il brevetto di Personal Trainer, poi quello da educatore alimentare. Ma 74

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bisognava pur vivere, e quindi fino al 2010 ho fatto l’operaio. Una volte che hai le basi tecniche, l’insegnamento è una conseguenza naturale, che ti stimola a rimanere sempre aggiornato con corsi e seminari. Però è solo da quattro anni che, in quel di Cormòns e assieme al collega Mattia, gestisco la palestra MAX PUMP». In tutti gli sport si gareggia e il Powelifting non fa eccezione. «Lo scorso aprile il Memorial “Alan Tantin” mi ha dato l’occasione di cominciare la mia carriera. Io amo dare sempre il massimo, però l’agonismo è qualcosa di più. Incoraggiato da un paio di amici ho deciso di partecipare alla gara di Doberdò del Lago e lì ho sentito ancora più forte la motivazione che mi spinge ad allenarmi. Quando indosso il costume da Powerlifter, alla presenza del pubblico che quasi svanisce dai miei sensi, mi rendo conto che sono lì per affrontare il mio nemico di sempre, me stesso, e per batterlo devo essere migliore di come ero il giorno prima. Quella gara poi è ‘particolare’, l’accesso in formula Easy e la ‘guida paterna’ dei membri della federazione WDFPF ti introducono con il tatto dovuto nella specialità. Vincere il titolo triveneto nell’esercizio di distensione su panca è stata una gioia immensa». Da quella gara è stato un crescendo continuo di piazzamenti, perché indossare il costume da Powerlifter – queste sono parole sue che ho letto su un social un po’ di tempo fa – “fa nascere dentro una voglia di…” «…di essere come un supereroe! Scherzi a parte, se guardiamo al personaggio di Batman, vediamo che lui non ha ‘superpoteri’ come Superman o altro, ma diventa un Supereroe perché ha deciso di esserlo. Questo per me è cruciale; tutti coloro che decidono di essere migliori di se stessi sono paragonabili a Batman, quindi a dei Supereroi». A settembre ha gareggiato a Dublino: Campionato Europeo Single Lift. «È stato un onore far parte della spedizione italiana agli Europei, grazie alle prestazioni fin prima raggiunte. Anche se la competizione continentale viene svolta con una specie di ‘Free Access’, nel senso che l’accesso non è rigidamente collegato a un superminimo prestazionale o a una divisa nazionale precisa». Però lei gareggia in una categoria fra le più difficili, perché quella dei pesi medi e dei medio massimi sono le più frequentate in assoluto, quindi avere il pass per Dublino certifica


Pelesson con la medaglia di Campione italiano di Powerlifting

che lei sa il fatto suo… E infatti è arrivato terzo, ovvero podio continentale. «Si può vedere anche così… E sentire l’inno all’estero è sempre da brividi». Quanto è stimolante frequentare campioni? «Un atleta, pur bravo, non deve mai perdere l’umiltà. Stare insieme a campioni come Farina, Dessalvi, solo per citarne alcuni, che possono vantare successi nazionali e internazionali è una grande occasione di apprendimento. E di socialità, perché ti rendi conto che nella ‘famiglia sportiva WDFPF’, magistralmente diretta dal presidente Ivano Bianchi e dal vicepresidente Mauro Garolla, davvero ci si aiuta uno con l’altro per crescere sempre di più». A conferma delle sue qualità, ha superato a pieni voti la selezione per i campionati mondiali del 2019 di Tortosa, in Spagna… «In quel di Mantova, con un dignitoso secondo posto ho ottenuto la ‘Card’ per i Mondiali. Va così, competere ti stimola. Sono arrivato a MantoMatteo Pelesson impegnato alla panca

va dopo aver vinto il titolo regionale nella federazione FIPE, quella legata al CONI. Perché raggiunto un obiettivo ne devi mettere subito un altro, nello sport come nella vita. E non è per insoddisfazione, ma per migliorare sempre». Il powerlifting, inoltre, non è solo l’esercizio di ‘Distensione su Panca’… «Il 14 ottobre scorso mi sono anche laureato campione italiano di Powerlifting nelle tre specialità: Panca, Stacco e Squat. Un’altra emozionante soddisfazione». Questo conferma che lei è un atleta ‘completo’. Il Bodybuilding, disciplina cugina della sua, l’ha mai tentata? «Penso che le due specialità siano proprio sorelle, ovvero solo una diversa prospettiva degli stessi concetti di allenamento. Difatti è impossibile pensare di praticare qualsiasi delle due discipline e ottenere risultati soddisfacenti, senza rispettare rigorosamente il regime alimentare dovuto, senza curare l’allenamento nei minimi particolari e senza ostentare quell’aspetto mentale che ti fa mantenere il ‘focus’ sugli obiettivi prefissati. Questo è ciò che pratico e che insegno. Mi piace chiamarlo ‘Powerbuilding’» Powerbuilding, potenza costruita, ma anche ‘Costruire Potenza’; roba che se la sentono quelli della FIAT la usano come spot pubblicitario. E magari ci sarà Matteo Pelesson a fare la réclame. Pensate di no? Il ragazzo va forte, ci darà ancora tante soddisfazioni, di sicuro. E per essere aggiornati sui suoi successi, ‘Stay tuned’ su iMagazine, ovvio!

Michele D’Urso Chiunque voglia segnalare “un mito della porta accanto”, può scrivere alla redazione di iMagazine:  redazione@imagazine.it


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SPORT

DANIELE PINAT E LA MORRA Intervista di Livio Nonis

Tra divieti e tradizione Praticato già nell’antica Roma, in Italia ancora oggi risulta essere vietato dal codice penale. Eppure la storia di questo gioco è ricca di tradizioni in tutta l’area del Mediterraneo, dove viene regolarmente praticato. In Friuli un gruppo lo sta riportando in auge: in attesa di ospitare proprio in regione un’edizione del Morramondo.

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Rientrato dalla trasferta francese di Ilonse, piccolo paese vicino Nizza, dove si svolto il FestiVous, festival dedicato alla cultura occitana e alle sue tradizioni, tra cui la morra – con tanto di XVI edizione del Morramondo – incontriamo Daniele Pinat, capogruppo del team friulano “Amici della Morra” di Joannis, e con lui cerchiamo di capire qualcosa di più su questo gioco dalle origini antiche. Daniele, partiamo con la domanda più banale: cos’è la morra? «La morra è uno dei giochi più antichi di questo mondo proprio perché tra i più semplici da mettere in pratica. Già Cicerone nel De officiis (44 a.C.) citava l’esistenza di questo gioco, praticato sotto il nome di Micatio (dal verbo micare cioè saltellare, sottintendendo digitis, le dita) e quindi diffuso in tutte le regioni del Mediterraneo in seguito alle campagne militari dei Romani. Durante la Grande Guerra, è stato uno dei pochi svaghi dei nostri soldati nelle trincee. È un gioco di per sé molto semplice perché gli unici strumenti necessari per metterlo in pratica sono la mano e la voce».

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Come si svolge nel dettaglio? «Scopo del gioco è indovinare la somma delle dita mostrate contemporaneamente dai giocatori con l’unico accorgimento che il pugno chiuso, lo zero, vale sempre uno. È un gioco che all’apparenza sembra molto semplice ma non lo è. La cadenza è molto veloce e i tempi per studiare l’avversario e decidere le strategie sono molto stretti. Al tempo stesso è assordante perché i giocatori tendono a gridare i numeri quasi a voler intimidire l’avversario. Qualcuno, proprio per la sua difficoltà, lo ha definito la versione gridata del gioco degli scacchi: la differenza sta che nel gioco della morra il tempo per ragionare si riduce a qualche decimo di secondo. Intuito, colpo d’occhio e riflessi fulminei sono solo alcune delle doti che un buon giocatore deve possedere per avere la meglio sull’avversario». Com’è nato il vostro gruppo? «Possiamo dire che tutto è nato proprio per gioco a Joannis. Assistendo alle partite dei più anziani, catturati dalle logiche che stavano alla base del gioco e affascinati dalla sua gestualità e da tutti i racconti che la vedevano protagonista, abbiamo iniziato ad appassionarci alla morra, tanto da intraprendere una sorta di viaggio alla ricerca delle diverse realtà morristiche ancora presenti in regione. Non è stato facile scovare i giocatori o assistere a momenti di gioco». Cosa avete scoperto? «Abbiamo avuto modo di conoscere diverse realtà paesane, con i loro usi e costumi, e di fare molte amicizie, In apertura, il team degli Amici della Morra di Joannis: Daniele Pinat è il secondo da destra. Di fianco e pagina seguente, immagini di alcuni incontri di morra.


tanto che abbiamo scelto di identificarci come “gli Amici della morra”. Al giorno d’oggi sotto questo nome si riconoscono più di un centinaio di giocatori distribuiti in quasi sessanta comuni della nostra regione. Non si tratta di un’associazione vera e propria, non esiste un direttivo così come non ci sono tesseramenti. È qualcosa che nasce da dentro, ci si sente parte di un gruppo di amici accomunati dalla passione per questo antico gioco popolare e dalla voglia di mantenerlo vivo. Le occasioni di gioco non mancano, ci si trova per passare due ore in compagnia a casa di uno o dell’altro. Con più di un centinaio di contatti è abbastanza semplice riuscire a trovare un po’ di giocatori per improvvisare un “vencjeun” (ventuno è il numero di punti necessari per vincere ed è una maniera per identificare una partita di morra). Una partita di morra diventa una scusa per trovarsi e per socializzare e, se qualcuno è convinto che si tratti di un gioco d’azzardo, posso assicurare che a nessuno di questi appassionati è mai passato per la mente di mettersi a giocare con la convinzione che ci sia qualcosa in palio, men che meno denaro». Quali sono le peculiarità del gioco della morra? «Imparare a giocare a morra non è una cosa semplice. Non esistono manuali, non esistono corsi e ancor meno non ci sono insegnanti o avversari disposti a spiegarti come si gioca bene. Tutto si riduce alle regole di base. Forse il bello per chi si avvicina a questo gioco sta proprio lì, nel percorso che deve fare per riuscire a sentirsi un giocatore di morra. Chi assiste a una partita per la prima volta pensa che i giocatori stiano gridando numeri a caso e che siano impegnati più a fare chiasso che altro. Giocare bene a morra vuol dire avere la padronanza assoluta della propria mano e della propria voce e riuscire a intuire il gioco dell’avversario prima che lui capisca il nostro. Le variabili sono tantissime e la bravura di un giocatore sta proprio nel riuscire a considerarne il numero più elevato possibile. In Sardegna, nelle scuole, ci sono insegnanti che autonomamente insegnano questo gioco ai propri alunni perché dicono porti benefici alla loro sfera emotiva e della loro personalità. Sotto questo aspetto la morra può essere considerata alla pari di uno sport. E proprio come in uno sport chi vuole diventare bravo deve allenarsi». Il gioco della morra è soggetto ancora al codice penale (articoli dal 718 al 722): non si può giocare in luogo pubblico... O tutto questo è anacronistico? «In passato la morra era stata confinata nelle osterie e nelle locande perché considerata un segno di disinteresse e di abbandono delle mansioni domestiche da parte della servitù. La Chiesa poi l’aveva condannata per l’intima connessione che c’era tra il gioco e la bestemmia, considerata uno dei reati più gravi alla pari della lesa maestà. Ma l’avversione per questo gioco si è inasprita ulteriormente a causa delle risse violente che nascevano proprio dalle partite di morra, tant’è che nel 1931 un Regio Decreto la inseriva nella lista dei giochi proibiti all’interno dei locali pubblici. Al giorno d’oggi parlare di giochi vietati sembra quasi assurdo, chiunque ha ben presente che il contesto sociale dagli inizi del novecento a oggi è notevolmente cambiato, però il suo bando continua a essere imposto da una legge anacronistica che rimane in vigore per inerzia del legislatore». Come comportarsi, quindi? «In Italia molte persone si sono riunite in associazioni per il recupero di questo gioco popolare e hanno deciso di

affiliarsi al CONI per poterlo praticare sotto un’ottica sportiva e alla luce del giorno. Ogni associazione ha stilato un proprio regolamento, ci sono degli arbitri, tutto viene regolamentato in ogni suo minimo aspetto. Noi abbiamo sempre rispettato il divieto imposto dalla legge, in alcune occasioni abbiamo partecipato o promosso delle esibizioni per il recupero delle tradizioni popolari dopo che le autorità in materia di pubblica sicurezza avevano dato il benestare. Ci è stato molto più facile partecipare a esibizioni fuori regione, come in Slovenia e in Trentino dove il gioco è permesso, oppure in Sardegna dove è la stessa Regione che spinge e finanzia iniziative per la salvaguardia del patrimonio culturale del proprio territorio. Abbiamo scoperto che anche in Spagna e in Francia, così come in Slovenia e Croazia, il gioco della morra è permesso perché il “problema” non sussiste. Il gioco della morra fa parte di quel patrimonio culturale che si è trasmesso di generazione in generazione o per via orale o per imitazione e c’è il rischio, complice anche il divieto di legge, che questo gioco vada perso. Abbiamo cercato più volte di interessare i politici ma, pur dandoci ragione, ci hanno risposto che le priorità erano altre. Crediamo fermamente che questa espressione di cultura vada tutelata e non abbandonata e la nostra speranza è che un giorno questo gioco possa essere riabilitato, facendolo sparire una volta per tutte dalla tabella dei giochi proibiti appesa nei locali pubblici». Anche perché la morra sembra essersi rilanciata con le nuove tecnologie… «Negli ultimi anni, grazie all’avvento di internet, siamo riusciti a metterci in contatto con diverse associazioni in Spagna e in Francia, abbiamo instaurato un legame di amicizia con giocatori sloveni e croati. Con le associazioni presenti in Italia abbiamo affrontato il discorso di iscriversi alla Federazione Italiana Giochi e Sport Tradizionali, riconosciuta dal Consiglio Nazionale del CONI, quale Disciplina Sportiva Associata. Nel 2003 in Sardegna è stato organizzato il primo incontro internazionale di giocatori di morra del Mediterraneo. Da alcuni anni a questa parte l’evento è diventato itinerante e quest’anno abbiamo preso parte alla sua sedicesima edizione, conquistando il sesto e il settimo posto su un totale di 52 coppie iscritte. Il prossimo anno i giocatori della Corsica si sono proposti per ospitare la diciassettesima edizione del Morramondo: da parte nostra rimane viva la speranza di poter portare questa manifestazione anche in Friuli». Livio Nonis |

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I Rangers Redipuglia conquistano la Serie A1

I ragazzi del Manager Pantoja entrano nell’olimpo del baseball nazionale Il Friuli Venezia Giulia si arricchisce di una Il successo non è venuto per caso, la promonuova società nell’olimpo degli sport: dopo zione è la ciliegina sulla torta frutto di uno sforl’Udinese nel calcio e l’Alma Trieste nel ba- zo dirigenziale importante per mantenere nesket, i Rangers Redipuglia conquistano la gli anni un livello sportivo d’eccellenza, partenSerie A1 di baseball. do dal lavoro di promozione nelle scuole e dal viIn seguito alla vittoria della Serie B nel 2017, il vaio che ha prodotto gran parte dei protagonisti 2018 prevedeva un campionato di Serie A2 con della seniores. l’obiettivo della salvezza ma i ragazzi del MaInoltre non è da dimenticare il grandissimo lavonager Pantoja hanno sorpreso tutta Italia. Pri- ro di tutte quelle persone che dietro le quinte hanno ma sono arrivati ai playoff grazie al terzo posto dato un supporto fondamentale nell’organizzazione, nella Regular Season, poi hanno conquistato la dalla preparazione dei pasti alla gestione del bar. Serie A1 vincendo i playoff, affrontando in semiOra la società che rappresenta un paese di soli finale il Collecchio (Parma) e in finale il Bollate 3.500 abitanti deve prepararsi per affrontare un (Milano) al meglio delle cinque partite. campionato che sarà molto impegnativo anche se I Rangers sono stati straordinari, vincendo ormai i Rangers ci hanno insegnato che proprio nei ben sei partite di fila e lasciando le briciole agli momenti più difficili riescono a dare il meglio di loro avversari. stessi. Un livello di baseball altissimo, con giocate Go Rangers! spettacolari come il fuoricampo di Jordano ColRangers Redipuglia B.C. lado al decimo inning di Gara 3 della semifinale e il doppio contro la recinzione alla nona ripresa del Via Atleti Azzurri d’Italia - Zona Sportiva Sacrario giovanissimo Marco Ienco che firma la fine di Tel. 0481 489050 - Cell. 348 6616746 Gara 2 in finale. Tutti i reparti hanno operato www.rangersredipuglia.it alla perfezione, grazie al fondamentale supporrangersbc@hotmail.com to e preparazione del Manager Pantoja e di tutRangersRedipugliaBC to il suo staff.


chef…ame! Piccolo farro al sapore mediterraneo Ricetta del Maestro di Cucina Germano Pontoni

Preparazione

Ingredienti per 4 persone

Lavare il farro e ammollare in acqua per 24 ore. Cambiare una volta l’acqua, risciacquare e mettere a cuocere con il doppio di acqua; cuocere per mezz’ora a fuoco dolce coperto. Aggiungere gli ortaggi, poco sale e cuocere fino a fine cottura: dovrà risultare morbido e cremoso come un risotto (nel caso si addensi troppo aggiungere poca acqua a bollore durante la cottura); regolare di sapore con sale e pepe e mantecare con l’olio. Sistemare sui piatti un anello e suddividere il farro, guarnire con fette di mozzarella, pomodorini e ciuffi di basilico fresco.

Il piccolo farro, un cereale antico Il “Triticum monococcum,” volgarmente chiamato piccolo farro, è una pianta della famiglia delle graminacee ed è ritenuto il primo cereale “addomesticato” dall’uomo intorno al 7500 a. C. (sono stati ritrovati fossili in Turchia e in altre località del Medio Oriente). Di lui se ne trovò tracce anche nei “Castellieri di Sedegliano” come viene anche riferito dagli storici del nostro Friuli. Di ciclo vegetativo molto lungo, circa undici mesi anche se a basso rendimento, si adatta a suoli poveri e aridi. Viene considerato un ottimo cereale per la produzione di alimenti a elevato profilo nutrizionale, molto rustico e ottimo dal punto di vista dell’adattabilità, nonché dal basso impatto ambientale. Per l’ottima resistenza naturale a malattie e stress necessita di poca concimazione; oggi viene riconosciuto come un cereale con tutte le doti per essere adatto a un’agricoltura biologica. Per questo ha ottenuto l’Indicazione Geografica Tipica in Provenza dal 2005. Giorgio Sincerotto, sindaco di Buttrio, nell’ultima edizione del concorso regionale “La ricetta del Sindaco”, ha proposto alla giuria il piccolo farro sposato con i “fazzolari”: la critica lo ha soprannominato “il sapore del mare per un farro da amare”; nella serata dedicata a “Calici di Stelle” a cura della Pro Loco, sempre a Buttrio, il piccolo farro è stato abbinato alle eccellenze dei vini presentati. Dino Zompicchiatti lo produce da pochi anni ma, come un “amante” della sua creatura, lo propone in più ricette, facendolo

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200 gr di piccolo farro mezza carota mezza costola di sedano mezza cipolla piccola mezzo zucchino 2 cucchiai di olio extravergine sale e pepe q.b. 2 mozzarelle vaccine da 100 gr 8 pomodorini 4 ciuffi di foglie di basilico

assaggiare ad amici e ristoratori per sentire il loro parere e per “catturare” quelle stesse ricette. Buttrio con il “piccolo farro” sta diventando un polo di studio e di iniziative, tant’è che in molti incontri culturali viene proposto con ricette interessanti. Germano Pontoni Abbinato in autunno Maestro di Cucina con carni sapide di ma- Cell: 347 3491310 iale, con radicchi e man- Mail: germanoca@libero.it tecato con creme di formaggio delicato per esaltarne le doti, si affaccia a una primavera dove erbe spontanee e domestiche ne esalteranno i sapori, e provato come base per dolci ha già superato diversi esami; più in là con ortaggi estivi e olii fragranti sarà un tripudio di colori e sapori. La cucina che oggi tiene in considerazione la salubrità del consumatore legato alla filiera di produzione non esiterà a collocare questa varietà di cereale nei prossimi menu firmati dai Guru della gastronomia: sarà certamente un successo che deve essere gustato e proposto a piccole forchettate. Se cresce naturalmente in zone aride, per sviluppare al massimo le proprie virtù, un consiglio a quanti lo vogliono preparare e degustare: fatelo ammollare in acqua per almeno 24 ore. |

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I tuoi eventi su iMagazine!

FOLKLORE

Visita il sito www.imagazine.it, entra nella sezione eventi e segnala direttamente on line le tue iniziative.

Legenda Caffetteria

Afterhour

Birreria

Eventi a tema

Enoteca

Sale convegni

Special drinks

Musica dal vivo/karaoke

Stuzzicheria

Musica da ballo

Vegetariano/biologico/regimi

Happy hour

Cucina carne

Giochi

Cucina pesce

Internet point

Paninoteca

TV satellitare/digitale

Pizza

Giochi e spazi per bambini

Gelateria

Pernottamento

Catering

Buoni pasto

Organizzazione feste

Parcheggio

9-12 novembre ▶ Fiera di San Martino

147^ edizione dell’antico evento fieristico che porta nel centro cittadino il mercatino dell’artigianato e gli stand enogastronomici delle associazioni cittadine. Immancabile il luna park con i divertimenti per i più piccoli. Cervignano del Friuli (UD). Info: www.prolococervignanofvg.it

ristorante

Il range di prezzo indicato (ove applicabile) si riferisce al costo medio di un pasto, escluse bevande alcoliche. I dati segnalati sono stati forniti direttamente dal Gestore del locale. Qualora doveste verificare delle discordanze, Vi invitiamo a segnalarcelo.

18-21 novembre ▶ Fiera di Santa Elisabetta

Ritorna una delle fiere più antiche del territorio, con l’atteso momento della pesatura del tacchino per l’assegnazione dell’ambito premio. Quest’anno sotto il tendone della Pro Loro ritorna il Tirradio. Romans d’Isonzo (GO). Info: www.comune.romans.go.it

ristorante

e inoltre... 16-18 / 23-25 novembre ▶ Sagra dell’Oca

Degustazioni e spettacoli. Morsano al Tagliamento (PN). Info: sagraoca@libero.it

23-25 novembre ▶ Fiera di Santa Caterina

Bancarelle, dolciumi, artigianato, luna park. Udine. Info: www.comune.udine.it


scopri tutti gli eventi in regione su www.imagazine.it

ristorante

Ventunesima edizione della kermesse dedicata a sua maestà il cioccolato. Oltre alle degustazioni dei maestri cioccolatieri, in programma laboratori, showcooking e spettacoli musicali. Gradisca d’Isonzo (GO). Info: www.chocofest.it

trattoria

23-25 novembre ▶ Chocofest

bar

1-3 dicembre ▶ Fiera di Sant’Andrea

Il centro di Gorizia è pronto ad accogliere il grande mercato con le bancarelle dei prodotti tipici, dall’artigianato all’enogastronomia, fino alle idee regalo per Natale. Immancabile il luna park con le sue attrazioni. Gorizia. (UD). Info: www.comune.gorizia.it

5 dicembre ▶ Fiera di San Nicolò

Antico mercato nel centro cittadino. Monfalcone (GO). Info: www.monfalcone.info

8 dicembre ▶ I Krampus

Con mercatini di Natale. Pontebba (UD). Info: www.tarvisiano.org


CLASSIC ARTS 29 novembre ▶ Ale & Franz

Si chiamerà Nel nostro piccolo, lo show in cui i due, con la consueta ironia, racconteranno la vita, gli esordi e la carriera a Milano, i grandi personaggi di quella città. Condividendo la fortuna di aver potuto respirare la stessa aria che Gaber e Jannacci respiravano. Udine. Teatro Nuovo Giovanni da Udine. Ore 20.45. Info: www.azalea.it

15 novembre ▶ Penso che un sogno così…

Due musicisti a eseguire le canzoni di Domenico Modugno dal vivo, Beppe Fiorello a raccontare la propria infanzia e a rivangare i propri ricordi, sospinto da ciò che le canzoni di “Mister Volare” riescono a suscitare a un cuore nostalgico. Gorizia. Teatro Verdi. Ore 20.45. Info: www.comune.gorizia.it

e inoltre... 25 novembre ▶ Amori assassini

Per la Giornata contro la violenza sulle donne. Cervignano del Friuli (UD). Teatro Pasolini. Ore 21. Info: www.teatropasolini.it

30 novembre – 3 dicembre ▶ Miss Marple

Con Maria Amelia Monti. Trieste. Teatro Bobbio. Ore 20.30 (domenica ore 16.30). Info: www.contrada.it


www.imagazine.it 13 dicembre ▶ La Bibbia riveduta e scorretta

Con gli Oblivion in prima regionale. Germania 1455, Johann Gutenberg introduce la stampa a caratteri mobili. Conscio della portata rivoluzionaria della scoperta, mentre cerca di scegliere il titolo bussa alla porta un Signore. Anzi, il Signore. È proprio Dio che da millenni aspettava questo momento. Cormòns (GO). Teatro Comunale. Ore 21. Info: www. artistiassociatigorizia.it

6-9 dicembre ▶ Peter Pan

Le note del più celebre album di Edoardo Bennato accompagneranno uno dei musical più popolari in Italia. Sul palco grandi interpreti ed effetti speciali carichi di emozione. Trieste. Politeama Rossetti. Ore 20.30 (sab anche ore 16, dom solo ore 16). Info: www.ilrossetti.it

e inoltre... 11 dicembre ▶ Giovanna d’Arco

18-19 dicembre ▶ Bukurosh, mio nipote

Con Monica Guerritore. Prima regionale. Con Francesco Pannofino ed Emanuela Rossi. Gradisca d’Isonzo (GO). Nuovo Teatro Comunale. O- Monfalcone (GO). Teatro Comunale. Ore 20.45. Info: www. re 21. Info: www.artistiassociatigorizia.it teatromonfalcone.it



L I V E

M U S I C

14 dicembre ▶ Bruno Conte 7 dicembre ▶ Ceghedaccio Symphony Orchestra

Let’s the music Play porterà a teatro le più famose hit dance anni ‘70 e ‘80. Sul palco una trentina di elementi tra cantanti e orchestrali tutti provenienti dal FVG. Direzione artistica di Denis Feletto. Domenico Mason guiderà la sezione d’archi. Valter Sivilotti supervisionerà gli arrangiamenti. Udine. Teatro Nuovo Giovanni da Udine. Info: www. ceghedacio.com

13 dicembre ▶ Ron

Nell’anno in cui avrebbe compiuto 75 anni, Ron ricorda l’amico Lucio Dalla con un tour speciale all’interno dei teatri, riproponendo molti successi intramontabili del cantautore bolognese, riarrangiati secondo la propria musicalità. Palmanova (UD). Teatro Modena. Ore 20.45. Info: www. folkest.com

L’anima battistiana è quella che emerge dalla sua inconfondibile voce e dà una forza interpretativa unica e inimitabile, che è stata nel tempo riferimento per intere generazioni di cantanti e musicisti. Monfalcone (GO). Teatro Comunale. Ore 20.45. Info: www.teatromonfalcone.it

21 dicembre ▶ Harlem Gospel Choir

Dopo lo strepitoso successo dello scorso anno, il più famoso coro gospel al mondo ritorna in Friuli Venezia Giulia con le voci raffinate dei migliori musicisti delle chiese nere di New York. Trieste. Politeama Rossetti. Ore 21. Info: www.ilrossetti.it

www.imagazine.it

e inoltre... 6 dicembre ▶ Mirkoeilcane

9 dicembre ▶ Neri per Caso

18 novembre ▶ Stanley Clarke Band

21 dicembre ▶ Giovanni Allevi

Ingresso gratuito. “Stiamo tutti bene”. Cervignano del Friuli (UD). Teatro Pasolini. Ore 21. In- Aiello del Friuli (UD). Palmanova Outlet Village. Ore 17. Info: www.azalea.it fo: www.euritmica.it Equilibrium Tour. Il volo del Jazz. Sacile (PN). Teatro Zancanaro. Ore 21. Info: www.controtempo.org Gorizia. Teatro Verdi. Ore 20.45. Info: www.comune.gorizia.it


SPORT

16-18 novembre

▶ Italian Baja d’Autunno

Ultima tappa del Campionato Italiano di Cross Country Rally. La Baja d’Autunno farà base a Valvasone e avrà un tracciato di circa 18 km da ripetere 5 volte il sabato e 3 la domenica. Valvasone Arzene (PN). Info: www.italianbaja.it

25 novembre

▶ Mezza Maratona Città di Palmanova

Sedicesima edizione dell’evento podistico che coinvolge anche i comuni di Trivignano Udinese e Santa Maria la Longa. Confermata la doppia partenza attraverso Porta Cividale e Porta Udine. Palmanova (UD). Info: www.espalmanova.it

e inoltre... 18 novembre ▶ Corsa dei Castelli

Arrivo al Castello di San Giusto. Trieste. Castello di Miramare. Info: www.promorun.it

1-2 dicembre ▶ Telethon Udine

Staffetta 24 per 1 ora. Udine. Centro storico. Info: www.telethonudine.it 86

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settembre-ottobre 2007

| L’INFORMAFREEMAGAZINE


w w w.im a gazi ne.i t

14-15 dicembre

▶ Short Track

Seconda prova valevole per la Coppa Italia con atleti seniores e giovanili provenienti da tutta Italia per confrontarsi nella due giorni agonistica sul ghiaccio della Val Canale. Pontebba (UD). Info: www.ghiacciopontebba.it

6 gennaio

▶ La corsa della Bora

Oltre alle marce non competitive da 8 e 57 km, attesa per l’ipertrail da 164 km, riservati solo ad atleti esperti in navigazione GPS, lungo i saliscendi del Carso triestino. Trieste. Info: www.s1trailcom

7 dicembre ▶ Città di Palmanova

Open internazionale di scacchi. Palmanova (UD). Info: www.palmascacchi.it

24 dicembre ▶ Il giro del Sla…go

Corsa di 12 km per raccogliere fondi contro la Sla. Barcis (PN). Lago. Info: www.barcis.fvg.it



YOUNG

18 novembre ▶ Fantafavole Show

Il Teatro si trasformerà per un pomeriggio nel regno delle fiabe! Un’ora e tre quarti di divertimento per tutta la famiglia, in cui il pubblico viene coinvolto da divertenti animazioni musicali, tra i personaggi delle fiabe tradizionali mescolati a quelli originali, ormai sempre più conosciuti, della compagnia Fantateatro. Gorizia. Teatro Verdi. Ore 16. Info: www.comune.gorizia.it

9 dicembre ▶ Caro Babbo Natale

Zia Tata, Drop, il nipote e Zia Pliée sono un po’ strani. Si avvicina il Natale, dovrebbero essere felici, ma qualcosa non va. Scrivono le loro letterine e le mettono sotto l’albero. Babbo Natale le riceve: non chiedono i soliti regali. Lui vuole conoscere chi gli manda queste richieste e farsi un’idea… Cormòns (GO). Teatro Comunale. Ore 16. Info: www.artistiassociatigorizia.it

21 dicembre ▶ A Christmas Carol Musical

Non c’è storia di Natale più nota di quella di Ebenezer Scrooge, il più arido, avido e avaro degli affaristi, del tutto insensibile all’atmosfera natalizia. Le scene di ballo ricreano l’allegria delle famiglie nelle giornate più felici ed “effetti speciali” davvero sorprendenti scioglieranno il cuore di ghiaccio di Scrooge…. Udine. Teatro Nuovo Giovanni da Udine. Ore 18. Info: www.teatroudine.it

29-31 dicembre ▶ Alis

Lo show di tutte le emozioni con i migliori artisti dal Cirque du Soleil e dal Mondo del Nouveau Cirque. È l’unico show internazionale di quasi 2 ore senza interruzioni e che non usa gli animali. Un viaggio appassionante nei valori umani. Trieste. Politeama Rossetti. Ore 16/20.30/21.45. Info: www.ilrossetti.it

www.imagazine.it

e inoltre... 18 novembre ▶ Col naso all’insù

Ribaltare il punto di vista sugli adulti, mostrando cosa pensano i bambini. Pordenone. Teatro Verdi. Ore 16. Info: www.comunalegiuseppeverdi.it

25 novembre ▶ Ahi ahi si sciolgono i ghiacciai

Età consigliata 3-10 anni. Trieste. Teatro Bobbio. Ore 11. Info: www.contrada.it

1 dicembre ▶ Annie, il musical

Con il gruppo “Amici di Alice” di Monfalcone. Cervignano del Friuli (UD). Sala Aurora. Ore 17.30. Info: www.teatrosalaurora.it

16 dicembre ▶ Cecco, l’amico di Natale

Liberamente ispirato a “Storie di orsacchiotto” di Else H. Minarik. Gradisca d’Isonzo (GO). Nuovo Teatro Comunale. Ore 16. Info: www.artistiassociatigorizia.it



F U O R I

R E G I O N E

T R E V I S O 10-24 novembre

▶COLORI D’AUTUNNO Mostra mercato del vino a km. 0, ideata per promuovere in esclusiva i prodotti delle aziende locali. Previste degustazioni e numerosi spettacoli di intrattenimento. Vazzola. Località Visnà. Info: 340 2737745 18 novembre

▶CORRI IN ROSA Manifestazione ludico motoria riservata alle sole donne, tutte invitate a indossare la t-shirt ufficiale. Le distanze previste sono due: 5 Km e 10 Km. Saranno premiati i sei gruppi più numerosi. San Vendemiano. Info: www.corrinrosa.run 24-26 novembre

▶VINI DA TERRE ESTREME L’evento vuole rendere omaggio ai vini coltivati in aree cosiddette estreme: montagna, forti pendenze, terreni rocciosi, terrazzamenti, gradoni, sabbie, piccole isole. Si potranno assaggiare oltre 350 etichette. Treviso. Palazzo Bonifacio Variolo. Info: www.vinidaterrestreme.com 2 dicembre

▶PROSECCO RUN Gara internazionale Fidal Bronze di corsa su strada sulla distanza di 21,097 km omologata A. Mezza maratona sulle strade del Prosecco Superiore, Conegliano, Valdobbiadene DOCG. Vidor. Info: www.prosecco.run Fino al 15 gennaio

▶LA MATERIA TRASFORMATA Il riutilizzo dell’oggetto nelle pratiche artistiche contemporanee. La mostra si terrà nell’ambito dell’iniziativa promossa da TRA (Treviso Ricerca Arte) a cura di Valerio Dehò, dal titolo “Re.use: scarti, oggetti, ecologia nell’arte”. Treviso. Galleria L’Elefante. Info: www.galleriaelefante.com Fino al 3 febbraio

▶ELLIOTT ERWITT  I CANI SONO COME GLI UMANI, SOLO CON PIÙ CAPELLI Un percorso che spazia dagli anni cinquanta fino ai giorno nostri e che documenta la profondità e l’acutezza del lavoro fotografico di Erwitt su questo specifico tema. Le sue sono tutte immagini realizzate “dal punto di vista dei cani”. Treviso. Ca’ dei Carraresi. Info: www.casadeicarraresi.it Fino al 3 febbraio

▶DA TIZIANO A VAN DYCK. IL VOLTO DEL ‘500 La suddivisione delle opere mira a mettere in risalto l’evoluzione della pittura veneta a partire dalla tradizione belliniana e dalla rivoluzione giorgionesca, per illustrare la maniera delle grandi botteghe rinascimentali e manieriste, fino ad arrivare alle nuove espressioni seicentesche. Treviso. Ca’ dei Carraresi. Info: www.casadeicarraresi.it

V E N E Z I A Fino al 13 novembre

▶VENEZIA JAZZ FESTIVAL Concerti, incontri e workshop con i maggiori artisti del jazz internazionale. Teatri, chiese e hotel saranno pervasi dai suoni e dalle parole che raccontano la contemporaneità, sondando le diverse anime della musica del mondo. Venezia. Info: www.venetojazz.com 16 novembre

▶DIRTY DANCING Il musical che, come il film, ha appassionato e continua ad appassionare vecchie e nuove generazioni di fan, torna in scena nei teatri italiani. Il racconto di Baby e della sua storia d’amore con Johnny, nata in una lontana estate degli anni ‘60. Jesolo. Palazzo del Turismo. Ore 21. Info: www.azalea.it 21 novembre

▶FESTA DELLA MADONNA DELLA SALUTE La Festa che evoca un sincero sentimento religioso popolare, in ricordo della pestilenza del biennio 1630-31. Migliaia di cittadini sfilano davanti all’altare maggiore della Chiesa della Salute a perpetuare il vincolo di gratitudine che lega la città alla Vergine Maria. Venezia. Basilica della Madonna della Salute. Info: www.basilicasalutevenezia.it 19 dicembre

▶BRUNORI SAS Il cantautore sarà accompagnato nel concerto dall’ensemble del Quartetto d’Archi di Torino, diretto dal Maestro Stefano Amato, con arrangiamenti espressamente composti per questo palcoscenico, dove approda per la prima volta. Venezia. Teatro La Fenice. Ore 20. Info: www.venetojazz.com 29 dicembre – 1 gennaio

▶CONCERTO DI CAPODANNO A dirigere l’Orchestra e Coro del Teatro La Fenica sarà il Maestro Myung-Whun Chung. Tenore Francesco Meli, soprano Nadine Sierra. Venezia. Teatro La Fenice. Info: www.teatrolafenice.it Fino al 6 gennaio

▶TINTORETTO 15191594 Tintoretto torna protagonista di un grande progetto espositivo, promosso congiuntamente con la National Gallery of Art di Washington, con la collaborazione delle Gallerie dell’Accademia di Venezia, il contributo di Save Venice Inc. e il sostegno di Louis Vuitton. Venezia. Palazzo Ducale. Info: www.palazzoducale.visitmuve.it Fino al 6 gennaio

▶EPOCA FIORUCCI A Ca’ Pesaro un altro intrigante dialogo tra moda e cultura, questa volta grazie alla pirotecnica creatività di Elio Fiorucci, il celebre stilista milanese scomparso nel 2015, da molti definito il “paladino della moda democratica”. Venezia. Galleria Ca’ Pesaro. Info: www.visitmuve.it


O L T R E

C O N F I N E

C R O A Z I A 15-18 novembre

▶DESIGN DISTRICT Fiera internazionale dell’arredamento e della decorazione di interni. Un’offerta completa dalla progettazione alla realizzazione dell’allestimento di interni di alberghi, ville, appartamenti, case per le vacanze, ristoranti e altre strutture. Rovigno. Info: www.design-district.net 16-18 novembre

▶GIORNATE DELL’OLIO DI OLIVA NOVELLO Degustazioni guidate, conferenze tematiche, spettacolo gastronomico. I maggiori olivicoltori e produttori di olio d’oliva dell’intera Euroregione Adriatica daranno vita a un evento di carattere internazionale. Dignano. Info: www.dmmu.info 23-25 novembre

▶CROFISH Fiera internazionale della pesca che concentra in un unico luogo tutti i soggetti economici interessati, che svolgono attività di pesca, maricoltura e pesca sportiva nella Repubblica di Croazia e nelle nazioni vicine. Parenzo. Info: www.crofish.eu 29 novembre – 5 dicembre

▶FIERA DEI LIBRI IN ISTRIA Festival del libro che, oltre all’editoria croata, promuove anche l’editoria regionale europea. Vendita promozionale di libri accompagnata da una serie di eventi letterari. Pola. Info: www.sanjamknjige.hr 1 dicembre – 6 gennaio

▶GIORNATE DEL CALAMARO DELL’ADRIATICO I ristoratori dell’Istria Nord-occidentale proporranno a prezzi convenienti menù con diverse portate a base di calamaro, combinandole a vini locali e a oli d’oliva di primissima qualità. Umago, Cittanova, Buie, Verteneglio. Info: www.coloursofistria.com 6 dicembre – 13 gennaio

▶AVVENTO PARENZO Pattinaggio gratuito, concerti, performance e una ricca offerta gastronomica correlata nel parco Matija Gubec. Parenzo. Info: www.adventporec.com 15-16 dicembre

▶SUNNY WINTER TRAIL Il percorso, lungo circa 30 km, conduce attraverso una combinazione di rocce mediterranee e boschi costieri, regalando un autentico piacere sportivo e visivo. La categoria Urban, di 16 km, è destinata a corridori di trail classici e agli appassionati di corsa su strada. Orsera. Info: www.trickeri.org

C A R I N Z I A 17 novembre – 31 dicembre

▶CHRISTKINDLMARKT Nel centro di Klagenfurt ricco di espositori specializzati sarà possibile acquistare i regali di Natale o gustare le specialità gastronomiche della regione in un’atmosfera rilassata e variopinta. Klagenfurt. Info: www.visitklagenfurt.at 24 novembre – 23 dicembre

▶AVVENTO A VELDEN Nei fine settimana che precedono le festività natalizie il programma prevede attività per bambini, mercatino di Natale, punch e molte altre delizie gastronomiche. Velden. Info: www.veldener-advent.at 1 dicembre – 6 gennaio

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settembre-ottobre 2007

| L’INFORMAFREEMAGAZINE

▶AVVENTO AL KAP 4613 Suggestive bancarelle e chioschi del vin brulé decorati e illuminati in stile natalizio sulla terrazza galleggiante sul Lago Millstatt. Millstattersee. Info: www.kap4613.at


O L T R E

C O N F I N E

S L O V E N I A 7-18 novembre

▶LIFFE Festival cinematografico internazionale con un’apposita sezione riservata ai cortometraggi da tutto il mondo. In programma incontri con registi e attori. Lubiana. Info: www.liffe.si 16-17 novembre

▶LA VIA DEL VINO NEI TUNNEL Nei tunnel sotto la città vecchia di Kranj, produttori provenienti da tutta la Slovenia presenteranno i loro vini, da degustare assieme a carni e formaggi locali. Kranj. Info: www.visitkranj.com 24 novembre – 2 dicembre

▶FESTIVAL DEL FILM LGBT La rassegna metterà in visione film di autori gay e lesbici nonché i film sul tema dell’omosessualità. Il festival si terrà a Lubiana, Ptuj, Capodistria, Maribor e Celje. Luoghi diversi. Info: www.ljudmila.org 3-9 dicembre

▶ANIMATEKA Festival internazionale del film d’animazione con opere provenienti da tutto il mondo. In programma anche retrospettive oltre a incontri e approfondimenti culturali. Lubiana. Info: www.animateka.si 26 dicembre

▶FESTIVAL DEGLI SPUMANTI Un evento dedicato alla bevanda che incarna al meglio lo spirito di festa. Tra degustazioni e approfondimenti tematici, non mancheranno momenti musicali e danzanti. Portorose. Info: www.portoroz.si 26-30 dicembre

▶FESTIVAL DEL TEATRO DA STRADA Nel periodo tra Natale e Capodanno le strade di Lubiana diventano un palcoscenico a cielo aperto con giocolieri, acrobati e artisti pronti a sfidare le intemperie con le loro esibizioni. Lubiana. Info: www.anamonro.si Fino al 31 dicembre

▶CARPACCCIO NELLE FOTOGRAFIE DI UBALD TRNKOCZY Nel chiostro del Convento dei Frati minori , in esposizione immagini che ripropongono le opere di Vittore Carpaccio, grande pittore della Repubblica di Venezia. Pirano. Info: www.portoroz.si

22-23 dicembre

▶BAUERNADVENT L’avvento contadino di Villaco. Gesù Bambino arriverà in battello sulla Drava, entrerà in città con un solenne corteo e distribuirà i suoi doni ai bambini. Villach. Info: www.bauernadvent.at 1 gennaio

▶NUOTATA DI CAPODANNO Sul lago Woerthersee si può scegliere “a piacimento” di percorrere a nuoto 25 o 100 metri nell’acqua gelida… Woerthersee. Info: www.carinzia.at 5 gennaio

▶ICE CLIMBING CHAMPIONSHIP I migliori scalatori del ghiaccio di tutta l’Austria pronti ad arrampicarsi lungo i 28 metri di altezza per una sfida di abilità e, soprattutto, contro il tempo. Kötschach-Mauthen. Info: www.nassfeld.at

L’INFORMAFREEMAGAZINE

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settembre-ottobre 2007

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F Eccellenze enogastronomiche dei territori Viale Borgo Palazzo, 137 BERGAMO Tel 035 3230911 www.promoberg.it

10-12/16-18 NOVEMBRE

10-13 NOVEMBRE

Complemento d’arredo 1-3 DICEMBRE

Le eccellenze enogastronomiche Made in Italy

fieramilanocity

23-25 NOVEMBRE

▶MILANO AUTO CLASSICA

Salone d’auto classica e sportiva fieramilano

14-16 DICEMBRE

▶REINING FUTURITY

Western ed equitazione

▶GOURMARTE

23-25 NOVEMBRE

▶G! COME GIOCARE fieramilanocity

14-16 DICEMBRE

▶COUNTRY CHRISTMAS

Ballo e musica country

E

Accessori per la moda

Birre speciali e artigianali

▶SALONE DEL MOBILE

R

9-12 NOVEMBRE

▶BONTÀ TECH

▶BEER EXPO

E

▶CHIBIMART

10-13 NOVEMBRE

Cibo e tecnologia

I

1-9 DICEMBRE

▶L’ARTIGIANO IN FIERA

Campionaria del Lavoro Fieramilano

Viale della Fiera, 20 BOLOGNA Tel 051 282111 www.bolognafiere.it

7-11 NOVEMBRE

via della Fiera, 11 FERRARA Tel 0532 900713 www.ferrarafiere.it

▶EIMA INTERNATIONAL

Macchine per l’Agricoltura e il Giardinaggio

10-11 NOVEMBRE

▶USI&COSTUMI

21-23 NOVEMBRE

Tutela e promozione del patrimonio tangibile e intangibile

Cartoleria/cancelleria di prodotti Ufficio-Scuola

8 DICEMBRE

▶BIG BUYER

23-25 NOVEMBRE

Hobbistica Creativa, Belle Arti e Fai da Te

24-25 NOVEMBRE

▶PET EXPO&SHOW

▶FISHING SHOW ITALIA

Piazza Adua, 1 FIRENZE Tel 055 49721 www.firenzefiera.it

10-11 NOVEMBRE

▶FIRENZE CANAPA

I mille usi della pianta

25-26 NOVEMBRE

16-19 NOVEMBRE

29 NOVEMBRE – 1 DICEMBRE

▶ILLUMINOTRONICA

Expo della tecnologia urbana e per la casa

Cremona Fiere s.p.a. Piazza Zelioli Lanzini, 1 CREMONA Tel 0372 598011 www.cremonafiere.it

10-13 NOVEMBRE

▶IL BONTÀ

▶BIENNALE ENOGASTRONOMICA ▶ Fieramilanocity Piazzale Carlo Magno 1 MILANO Fieramilano Strada statale del Sempione 28 RHO Tel 02 49971 www.fieramilano.it

6-11 NOVEMBRE

▶EICMA

Ciclo e Motociclo fieramilano

Lavoro, formazione e orientamento

9-11 NOVEMBRE

▶HOBBY SHOW

Creatività manuale femminile 17-18 NOVEMBRE

▶RADIOMATORE 2

Elettronica, radiantistica e fotografia 17-18 NOVEMBRE

▶GAMECOM

Fumetto, cinema e giochi

Divertimento a misura 010 anni 27-29 NOVEMBRE

▶RIVE

Rassegna Internazionale Viticoltura Enologica

Salone degli animali

15-17 NOVEMBRE 16-19 NOVEMBRE

Arte contemporanea 21-22 NOVEMBRE

▶EXPO ELETTRONICA ▶ON AIR SHOW&EXHIBITION

▶QUATTROZAMPE IN FIERA

Fiera della pesca sportiva

Animali da compagnia

24-25 NOVEMBRE

10-11 NOVEMBRE

▶ARTE PADOVA

▶MODEL GAME

Modellismo statico e dinamico

Via N. Tommaseo, 59 PADOVA Tel 049 840111 www.padovafiere.it

15-16 DICEMBRE

24-25 NOVEMBRE

▶PUNTO D’INCONTRO

15-18 NOVEMBRE

▶LIBRINSIEME

Autori, lettori, editori, librai Udine

15-18 NOVEMBRE

▶IDEA SOLIDALE

Incontri e spazi con le associazioni di volontariato Udine

15-18 NOVEMBRE

▶IDEA NATALE

Tutto il regalo delle festività Udine

16-18 NOVEMBRE

▶FLORENCE CREATIVITY

Fatto a mano in Italia Udine

17-18 NOVEMBRE

▶EXPOSCUOLA

▶IL MONDO CREATIVO

7-8 NOVEMBRE

▶GIOCA BIMBI

▶AUTO E MOTO DEL PASSATO

Grande mercatino

▶FIERA DELLA BIRRA ARTIGIANALE

▶SIPAC

Salone Internazionale e Professionale di Attrezzature per Camping 7-9/14-16 DICEMBRE

▶FESTIVAL DELL’ORIENTE

Via Emilia, 155 RIMINI Tel 0541 744111 www.riminifiera.it

6-9 NOVEMBRE

▶ECOMONDO

Recupero di Materia ed Energia e dello Sviluppo Sostenibile 6-9 NOVEMBRE

▶KEY ENERGY

Energia e della Mobilità Sostenibile 17-20 NOVEMBRE

▶GLUTEN FREE EXPO Via Rizzi, 67/a PARMA Tel 0521/9961 www.fiereparma.it

8-11 NOVEMBRE

Prodotti e alimentazione senza glutine

2-4 / 9-11 NOVEMBRE

Fiera dell’elettronica, dell’informatica e del radioamatore 23-25 NOVEMBRE

▶VERONA MINERAL SHOW GEO SHOP

Fiera internazionale di minerali fossili e preziosi 23-25 NOVEMBRE

▶VERONAFIL

Manifestazione filatelica, numismatica, cartofila 26-27 NOVEMBRE

▶WINE2WINE

Forum sul business del vino 29 NOVEMBRE – 1 DICEMBRE

▶JOB ORIENTA

Orientamento, scuola, formazione, lavoro

17-20 NOVEMBRE

Mercato e prodotti senza lattosio

Alto antiquariato, arte e Novecento

Viale Treviso 1 PORDENONE Tel 0434 23 21 11 www.fierapordenone.it

10-11 NOVEMBRE

▶ELETTROEXPO

▶LACTOSE FREE EXPO

▶GOTHA

Viale del Lavoro, 8 VERONA Tel 045 8298111 www.veronafiere.it

Via Cotonificio, 96 Torreano di Martignacco (UD) UDINE Tel 0432 4951 www.udinegoriziafiere.it Via della Barca, 15 GORIZIA

Via dell’Oreficeria, 16 VICENZA Tel 0444 969111 www.vicenzafiera.it

11-14 NOVEMBRE

▶COSMOFOOD

La fiera del food&beverage


my

5 novembre Buon compleanno mamma! Romeo, Massimo, Daniela, Stefano, Eva, Luigi 11 novembre Felice anniversario, Marco! Luana 17 novembre Tanti auguri Giovanni! Marco, Antonio, Carlotta, Simona 24 novembre Buon compleanno Samantha! Luca e Stefania 2 dicembre Buon compleanno direttore! Lo staff di iMagazine 2 dicembre Tanti auguri Concetta! Graziana, Marina, Elisa, Mattia, Cesare, Riccardo, Andrea 7 dicembre Buon compleanno Sofia! Giorgia e Karin 12 dicembre Buon anniversario Taty! Filippo 16 dicembre Auguri a Donatella! Michela, Francy, Sara 24 dicembre A Rosalia i piÚ cari auguri di buon compleanno Andrea, Daniela e Massimo 24 dicembre Buon compleanno Rosalia! Lo staff di iMagazine Mandaci entro il 1º dicembre i tuoi auguri per le ricorrenze di gennaio e febbraio! Li pubblicheremo gratuitamente su iMagazine! Segnalaci giorno, evento, mittente e destinatario e spedisci il tutto via e-mail (info@imagazine.it), via posta ordinaria (iMagazine, c/o via Aquileia 64/a, 33050 Bagnaria Arsa – UD) o via fax (040 566186).


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marzo-aprile 2015

FARMACIE DI TURNO

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Fonte: Federfarma Gorizia e Udine

AL PONTE via Don Bosco 175 Gorizia, tel. 0481 32515 ALESANI via Carducci 40 Gorizia, tel. 0481 530268 BALDINI corso Verdi 57 Gorizia, tel. 0481 531879 COMUNALE 1 via San Michele 108 Gorizia, tel. 0481 21074 COMUNALE 2 via Garzarolli 154 Gorizia, tel. 0481 522032 D’UDINE piazza San Francesco 5 Gorizia, tel. 0481 530124 MARZINI corso Italia 89 Gorizia, tel. 0481 531443 MADONNA DI M. via Udine 2 Lucinico, tel. 0481 390170 PROVVIDENTI via Oberdan 3 Gorizia, tel. 0481 531972 TAVASANI corso Italia 10 Gorizia, tel. 0481 531576 TRAMONTANA via Crispi 23 Gorizia, tel. 0481 533349 FARO via XXIV Maggio 70 Brazzano, tel. 0481 60395 STACUL via F. di Manzano 6 Cormons, tel. 0481 60140 LUZZI via Matteotti 13 Cormons, tel. 0481 60170 ROJEC via Iº Maggio 32 Savogna d’Is., tel. 0481 882578 PIANI via Ciotti 26 Gradisca d’Is., tel. 0481 99153 BACCHETTI via Dante 58 Farra d’Is., tel. 0481 888069 CINQUETTI via Manzoni 159 Mariano d. Fr., tel. 0481 69019 MORETTI via Olivers 70 Mossa, tel. 0481 80220 LAZZARI via Petrarca 15 Moraro, tel. 0481 80335 DELLA TORRE via Latina 77 Romans d’Is., tel. 0481 90026 SORC piazza Montesanto 1 S. Lorenzo Is., tel. 0481 80023 LABAGNARA via Monte Santo 18 Villesse, tel. 0481 91065

TRESCA via XXIV Maggio 1 Aiello d. F., tel. 0431 99011 CORRADINI c.so Gramsci 18 Aquileia, tel. 0431 91001 SORANZO via Vittorio Veneto 4 Bagnaria Arsa, tel. 0432 920747 RUTTER c.so Marconi 10 Campologo Tapogliano, tel. 0431 999347 COMUNALE via Monfalcone 7 Cervignano d.F., tel. 0431 34914 SAN ANTONIO via Roma 52/1 Cervignano d.F., tel. 0431 32190 LOVISONI p.zza unità 27 Cervignano d.F., tel. 0431 32163 DEBIASIO via Gramsci 55 Fiumicello, tel. 0431 968738 MONEGHINI via Roma 15/A Ruda, tel. 0431 99061 SATTI via 2 Giugno 4 Terzo d’Aquileia, tel. 0431 32497 GRIGOLINI p.zza del Popolo 2 Torviscosa, tel. 0431 92044 SANTA MARIA via San Antonio Villa Vicentina, tel. 0431 967263 FLEBUS via Montello 13 Visco, tel. 0432 997583 FAVARO via Roma 48 S. Vito al Torre, tel. 0432 997445 FACINI borgo Cividale 20 Palmanova, tel. 0432 928292 LIPOMANI borgo Aquileia 22 Palmanova, tel. 0432 928293 MORANDINI piazza Grande 3 Palmanova, tel. 0432 928332 RAMPINO piazza Venezia 15, San Canzian d’Is., tel 0481 76039 DI MARINO via Redipuglia 77, Fogliano, tel 0481 489174 CORAZZA via Buonarroti 10, Capriva del Friuli, tel 0481 808074 RAJGELJ CHIARA via Scuole 9, Medea, tel 0481 67068

COMUNE DI GORIZIA Dati: N.P.

Recapiti: 0481 383276, www.comune.gorizia.it

COMUNE DI VILLESSE

Abitanti: 1.674

(dati Anagrafe ago-set 2018) nati 1, deceduti: 4, immigrati: 8, emigrati: 12, matrimoni: 1 Recapiti: 0481 91026, www.comune.villesse.go.it

COMUNE DI MOSSA

Abitanti: 1.554 (dati Anagrafe giu-lug 2018) nati 3, deceduti: 3, immigrati: 12, emigrati: 10, matrimoni: 9 Recapiti: 0481 80009, www.comune.mossa.go.it

COMUNE DI MEDEA Dati: N.P.

Recapiti: 0481 67012, www.comune.medea.go.it

COMUNE DI GRADISCA D’ISONZO Dati: N.P.

Recapiti: 0481 967911, www.comune.gradisca-d-isonzo.go.it


05-11

29-04

22-28

15-21

08-14

01-07

24-30

17-23

10-16

03-09

| 97 NOVEMBRE| marzo-aprile 2015 DICEMBRE

       Le farmacie contrassegnate dal fondino arancione anticipano di un giorno le date di turno indicate.

             

            

    

COMUNE DI CERVIGNANO DEL FRIULI Abitanti: 13.797

(dati Anagrafe ago 2018) nati 6, deceduti: 9, immigrati: 0, emigrati: 35, matrimoni: 6 Recapiti: 0431 388411, www.cervignanodelfriuli.net

COMUNE DI FARRA D’ISONZO Abitanti: 1.701

(dati Anagrafe set 2018) nati 1, deceduti: 3, immigrati: 1, emigrati: 1, matrimoni: 0 Recapiti: 0481 888002, www.comune.farra.go.it

COMUNE DI MARIANO DEL FRIULI Dati: N.P.

Recapiti: 0481 69391, www.comune.marianodelfriuli.go.it

COMUNE DI S. LORENZO ISONTINO

Abitanti: 1.544 (dati Anagrafe ago-set 2018) nati 1, deceduti: 1, immigrati: 7, emigrati: 6, matrimoni: 2 Recapiti: 0481 80026, www.comune.sanlorenzoisontino.go.it

COMUNE DI CORMÒNS Abitanti: 7.335

(dati Anagrafe mar-giu 2018) nati 17, deceduti: 37, immigrati: 87, emigrati: 70, matrimoni: 4 Recapiti: 0481 637111, www.comune.cormons.go.it


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marzo-aprile 2012

maggio-giugno 2015

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G - F O RI FLO ISO ARRA ZIA- ED G N I RO RIAN TINOCD’ISO RADI ZION MA O D - EC NZ SC E P A R NS EL ORVCEO - D ER D’I COL MIOGRMO ’ISO LE SO LI NGNS VIRA NZ FA NZ O - O-ADNGRO O M 32797|/2 O - M ROLIONA- M - CA IGL 011 VIL ARI EZGDI NO PR IE 082 LES AN NAEA LOSSA IVA DI SE O D DEFLRD-ESA DE - CE EL COI LN L F RV FRIU ULLLI FLROR RIU IGN LI OI- IEUN LI AN - M SAN LZO O D EDE I . F. A -

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Skromen Bozic. Vedno riba je! Odpri naslednjo Weihnachten in beschränkten Verhältnissen. - Das ist immerhin Fisch! Los, öffne noch eine andere Dose! Nadal sensa schei.... Sempre pesse xe, dai, verśi ‘ncora una!

Nadal dei poveri: Sempre pese eh: su verzi un’altra Nadâl in miserie economiche. -Al è simpri pes! Dai vierç une altre.!

Natale in ristrettezze economiche. - Sempre pesce è! Dai apri un’altra.! Per le traduzioni si ringrazia: Irene Devetak (sloveno), Isa Dorigo - Regjon autonome FVG Servizi lenghis minoritariis (friulano), Andrea Coppola Università di Trieste (tedesco), Marianna Martinelli (bisiaco), Alessandro Samez (triestino).




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