iMagazine 72

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E D I T O R I A L E L’INFORMAFREEMAGAZINE nº 72 – anno XIII numero 1 gennaio-febbraio 2018 ISSN 1828-0722 Editore

GOLIARDICA EDITRICE srl a socio unico sede operativa: I – 33050 Bagnaria Arsa, Italy via Aquileia 64/a tel +39 0432 996122 fax +39 040 566186 info@imagazine.it Direttore responsabile Andrea Zuttion Condirettore responsabile Claudio Cojutti Responsabile di redazione Andrea Doncovio Area commerciale Michela De Bernardi, Francesca Scarmignan, Fabrizio Dottori Responsabile area legale Massimiliano Sinacori Supervisione prepress e stampa Stefano Cargnelutti Hanno collaborato Vanni Veronesi, Claudio Pizzin, Daniel Blasina, Ezio Scocco, Paolo Marizza, Vanni Feresin, Margherita Reguitti, Andrea Fiore, Livio Nonis, Cristian Vecchiet, Alfio Scarpa, Michele D’Urso, Michele Tomaselli, Manuel Millo, Andrea Coppola, Germano De March, Alberto Vittorio Spanghero, Renato Duca, Renato Cosma, Germano Pontoni, Isa Dorigo, Sandro Samez, Marianna Martinelli, Irene Devetak, Andrea Tessari Registrazione Tribunale di Udine n. 53/05 del 07/12/2005 Stampato in proprio Tiratura 70.000 copie Credits copertina Luca Della Savia Credits sommario :: Vanni Veronesi :: :: Luca Della Savia :: :: Angelo Floramo :: :: Claudio Moretti :: :: Rossella Biasiol :: © goliardica editrice srl a socio unico. Tutti i diritti sono riservati. L’invio di fotografie o altri materiali alla redazione ne autorizza la pubblicazione gratuita sulle testate e sui siti del gruppo goliardica editrice srl. Manoscritti, dattiloscritti, articoli, fotografie, disegni o altro non verranno restituiti, anche se non pubblicati. Nessuna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta in alcun modo, incluso qualsiasi tipo di sistema meccanico, elettronico, di memorizzazione delle informazioni ecc. senza l’autorizzazione scritta preventiva da parte dell’Editore. Gli Autori e l’Editore non potranno in alcun caso essere considerati responsabili per incidenti o conseguenti danni che derivino o siano causati, direttamente od indirettamente, dall’uso improprio delle informazioni ivi contenute. Tutti i marchi citati appartengono ai rispettivi proprietari, che ne detengono i diritti. L’Editore, nell’assoluzione degli obblighi sul copyright, resta a disposizione degli aventi diritto che non sia stato possibile rintracciare al momento della stampa della pubblicazione.

Cari lettrici e lettori, dopo le speranze e i buoni propositi per il nuovo anno condivisi in maniera edulcorata durante il periodo natalizio, l’avvio del 2018 ha riportato tutti nella realtà con diverse novità che andremo a scoprire sulla nostra pelle e sui nostri portafogli fin da subito. Basterà infatti attendere l’arrivo delle prossime bollette di energia elettrica e gas per comprendere il concreto significato sul bilancio familiare dell’annunciato aumento del 5% di entrambe le forniture. Una notizia riportata velocemente dai mass media, ma che rischia di rappresentare la stella cometa di un’annata campale in ambito economico. Perché mentre il focus dei mezzi di informazione si fossilizza sul costo di due centesimi di euro per i nuovi sacchetti biodegradabili per l’acquisto di frutta e verdura ai supermercati, l’attenzione sembra totalmente calare su altre novità che rischiano di essere decisamente più impattanti sulla nostra quotidianità. Con l’inizio del 2018, infatti, la Banca Centrale Europea dimezzerà il famigerato Quantitative Easing, ovvero l’acquisto dei Titoli di Stato. Tradotto nella pratica, lo Stato Italiano dovrà piazzare ad altri acquirenti titoli per un valore di 30 miliardi di euro, prima coperti dalla BCE. Compito non proprio semplice per un Paese il cui Pil (Prodotto interno lordo) è dato dagli ultimi rilevamenti Istat in calo rispetto al 2017. In questo scenario già fosco, l’OCSE (Osservatorio per la cooperazione e lo sviluppo economico) in uno dei suoi ultimi rapporti in ordine di tempo segnala che l’economia italiana avrebbe bisogno di un robusto piano di investimenti pubblici per potersi rilanciare, garantendo infrastrutture, servizi, lavoro. Ma per poter fare investimenti pubblici è indispensabile disporre di risorse in cassa da investire. E il bollettino di salute delle casse dello Stato italiano com’è? Per rispondere è sufficiente leggere le ultime notizie riguardanti l’aumento dei contratti nel pubblico impiego dopo 8 anni di blocco, come stabilito dalla recente sentenza della Corte Costituzionale. Senza entrare nel merito della vicenda, ci soffermiamo sugli italici tecnicismi. Il Governo approva l’aumento ma senza trovare le risorse. Tradotto, le casse sono vuote. E per completare la sciagurata congiunzione astrale di inizio anno, il calendario politico ha fissato le elezioni del nuovo Parlamento la prima domenica di marzo, con annessa campagna elettorale che, invece di offrire proposte realistiche su come riempire quelle casse, sdoganerà ogni sorta di promessa di future elargizioni di pubbliche prebende. Gli italiani, dal canto loro, come reagiranno? Gli ultimi sondaggi danno in aumento il numero dei cittadini che si asterranno dall’andare alle urne, con punte del 70% tra gli under 30. Tradotto, la stragrande maggioranza dei giovani – e quindi della generazione che dovrà portare concretamente avanti questo Paese nei prossimi decenni – ritiene inutile votare. Che ci sia forse un problema? Nel frattempo non mi resta che augurarvi … buona lettura! Andrea Zuttion



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Volevo complimentarmi per la vostra puntualità nel diffondere notizie ed eventi del territorio attraverso i social network. In un’epoca in cui a spadroneggiare sono sempre le notizie sensazionalistiche, polemiche o tragiche, valorizzare il bello e quanto di positivo la nostra società è in grado di fare è un servizio a mio avviso fondamentale. L’augurio è che possiate proseguire su questa strada. Ornella Fabris Gorizia

Lo scorso 22 dicembre ho assistito all’esibizione delle “Stelle sul Ghiaccio” nella suggestiva cornice di Piazza Ponterosso a Trieste. Sono rimasto impressionato dalla spettacolarità delle immagini dello show trasmesse in diretta sul vostro maxischermo: davvero uno show nello show che ha reso unica la serata. Manuela Furlan Trieste 10 | gennaio-febbraio 2008 | L’INFORMAFREEMAGAZINE

Ho letto con molto interesse l’intervista ad Anaela Tuzzi sul numero 71 di iMagazine: concordo pienamente con l’istruttrice sull’importanza di educare correttamente i cani e, soprattutto, di trattarli con rispetto senza abbandonarli a sé stessi. Fiorella Simeone Trieste


Desidero farvi i complimenti per l’ottima gestione della Pista di pattinaggio sul ghiaccio a Gorizia. Dopo tre anni, mi sono decisa finalmente a tentare l’ebbrezza dei pattini… Nonostante il timore iniziale, grazie alla gentilezza e alla pazienza delle tutor presenti, sono riuscita a vincere la mia paura e a scoprire il divertimento e l’emozione di pattinare in una cornice da fiaba. Poterlo fare assieme a mio figlio è stato poi semplicemente speciale. Grazie per questa opportunità: spero che anche in futuro possiate continuare a offrire questo bellissimo servizio. Giorgia Braidot Gorizia Da imprintaonline il servizio è rapido ed efficiente e il personale è sempre gentile e disponibile. Giorgio Spina Trieste Da Al Rosari le pietanze servite sono genuine e l’ambiente familiare: da consigliare! Sonia Solvitti Cervignano del Friuli Dima sport garantisce attrezzatura di qualità. Capitan Paquito è un posto giovanile e carino; da Il Dolcefreddo sono molto disponibili. Anche La Colombara è una location carina, mentre da Ary’s Boutique la titolare è davvero gentile. Alla Fonda è un locale bello e accogliente; da Carli il servizio è di qualità. La titolare di Armonie è gentile e disponibile, così come disponibile e accogliente è la dottoressa della Farmacia Bacchetti. La Bottega di Trimalcione è garanzia di cibo di qualità. La titolare de Il Giardino di Sara è molto dolce e simpatica. Infine Ai Compari è un locale bello e accogliente. Raffaella Paoloni Porpetto

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Intervista con Carlotta Saitta di imprintaonline a Trieste In cosa consiste l’attività di imprintaonline? «imprintaonline è un centro multiservizi che si rivolge in primis agli studenti dell’Università di Trieste, la cui sede centrale è proprio a due passi da noi. Qui possono trovare i libri per preparare gli esami dei loro corsi, usufruire dei servizi di fotocopia e stampa, nonché della nostra commuCarlotta Saitta nity on line in cui è possibile reperire gli appunti e le dispense per prepararsi agli esami. Senza dimenticare la vasta gamma di tesi di laurea: in pratica seguiamo gli studenti dal primo all’ultimo giorno della loro esperienza universitaria». Studenti, ma non solo… «Da noi si rivolgono anche numerosi professionisti dei settori più diversi per ricevere stampe di qualità che variano dalla semplice modulistica a progetti complessi». Quali sono a suo avviso i punti di forza di imprintaonline? «Rapidità del servizio, rapporto qualità prezzo, posizione privilegiata e competenza del personale rappresentano punti saldi imprescindibili della nostra offerta. Siamo in grado di preparare tesi di laurea in giornata e, soprattutto, grazie al nostro servizio di tutor riusciamo a intervenire sui file che ci vengono forniti, sistemando autonomamente eventuali errori o sviste dei clienti prima della messa in stampa. Grazie all’orario continuato e all’apertura dal lunedì al sabato, inoltre, possiamo garantire una capacità di risposta praticamente in tempo reale». Quali sono gli altri servizi dell’offerta di imprintaonline? «Offriamo un comodo internet point, fotocopiatrici di ultima generazione per la stampa self service, anche da file, cancelleria, libri scontati, rilegature di ogni genere, servizio di impaginazione, fax, scansioni: in pratica un’offerta a 360 gradi sull’intero mondo della stampa». Un mondo, quello della stampa, in continua evoluzione: imprintaonline come si muove per restare sempre al passo con i tempi? «L’aggiornamento costante è fondamentale, per questo lo staff presenzia a tutte le fiere del settore e monitora continuamente tutte le novità sviluppate dal web: velocizzare i tempi attraverso le nuove tecnologie e i servizi on line è ormai indispensabile». Da diversi anni imprintaonline ha scelto il network di iMagazine per promuovere la propria comunicazione: come mai questa scelta? «Ci piace essere costantemente in contatto con i nostri clienti: grazie al portale iMagazine.it e alla rivista riusciamo a comunicare con loro quando sono a casa, con i maxischermi iMagazineVideoTruck invece li raggiungiamo nel contesto dei grandi eventi. iMagazine, inoltre, garantisce serietà e continuità nella comunicazione dei nostri messaggi». imprintaonline rientra anche nel circuito degli iMoneyPartner: come valuta il progetto dei buoni valore iMagazine? «Molto buono perché riteniamo essenziale conoscere l’opinione della nostra clientela grazie al servizio di feedback garantito dagli iMoney. Inoltre grazie ai buoni valore diverse persone che non ci conoscevano sono diventate clienti abituali». L’INFORMAFREEMAGAZINE | gennaio-febbraio 2008 | 11



S O M M A R I O

gennaio - febbraio 18

L’ANALISI di Paolo Marizza

16 Correre assieme per arrivare lontano Napoleone, Foscolo e il FVG di Vanni Veronesi

18 Una storia sbagliata Luca Dorotea di Andrea Doncovio

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22 Doro Gjat

ANGELO FLORAMO di Margherita Reguitti

26 Il fascino del Medioevo CLAUDIO MORETTI di Andrea Doncovio

28 Essere vero 26

ROSSELLA BIASIOL di Andrea Doncovio

31 Il linguaggio dei fiori SPIRITO DI VINO di Margherita Reguitti

34 Un distillato di umorismo SICUREZZA E RISERVATEZZA di Massimiliano Sinacori

28

38 La videosorveglianza viola la privacy? SEXTORSION E SEX REVENGE di Polizia di Stato

40 Pericoli in agguato

48 Un romagnolo tra i bisiachi GLI EGGENBERG A GRADISCA di Vanni Feresin

53 Un’ascesa senza lieto fine

AGRICOLTURA E TERRITORIO di Renato Duca e Renato Cosma

56 Comunelle e Pastini

TIZIANA GARDONI di Margherita Reguitti

60 Quando la tenerezza diventa tenacia Massimo Alvaro di Andrea Doncovio

64 Nulla è impossibile LUIGI PISTORE di Andrea Doncovio

66 Sulle orme di Casanova MARIO CORUBOLO E L’UGG di Andrea Doncovio

68 Custode della tradizione GIUSEPPE GARBIN di Michele Tomaselli

72 L’architetto delle piste ciclabili Dario Pozzar di Andrea Doncovio

74 Corsa per la verità Figli di uno sport minore di Michele D’Urso

SOPRUSI E DENUNCE di Andrea Fiore

76 Miracolo a Fogliano Redipuglia

FUTURO E TRADIZIONE di Cristian Vecchiet

79 La ricetta di Germano Pontoni 80

42 Un silenzio assordante 31

MATTEO ALBONETTI di Alberto V. Spanghero

44 Animali culturali

AZIONI E SIGNIFICATI di Manuel Millo

46 Vita, esperienza e condivisione

CHEF…AME

e segg. Gli eventi di gennaio e febbraio


: lettere alla redazione

▲ Gorizia – La nostra collaboratrice Eleonora Lulli intervistata dal giornalista di Telefriuli, Daniele Paroni, presenta la Pista di Pattinaggio su Ghiaccio allestita in piazza Vittoria durante l’intero periodo del Dicembre Goriziano. iMagazine è stato mediapartner della struttura.

▲ Trieste – Un’immagine dell’esibizione “Stelle sul ghiaccio” svoltasi sulla pista di pattinaggio allestita in piazza Ponterosso e che ha coinvolto grandi nomi dello sport. L’evento, cui hanno assistito oltre 400 persone, è stato trasmesso in diretta sul maxischermo iMagazineVideoTruck.

▲ Gorizia – Alcuni militari della Brigata di Cavalleria “Pozzuolo del Friuli” protagonisti di una donazione di sangue collettiva presso il Centro Trasfusionale dell’ospedale Fatebenefratelli. In collaborazione con la sezione cittadina “Remo Uria Mulloni” di FIDAS Isontina, l’attività ha registrato la partecipazione di oltre venti militari accompagnati dal Medical Advisor, Maggiore Pasquale Giannelli. “L’iniziativa sta divenendo un appuntamento fisso perciò puntiamo a ripeterlo più volte all’anno”, spiega soddisfatta la presidente della sezione goriziana, Patrizia Zampi. Un sodalizio che dura da diverso tempo, da quando la Brigata fu protagonista durante le donazioni transfrontaliere del 2011 e 2012 in piazza della Transalpina.

▲ Gorizia – Presentata nella Sala “Incontro” della parrocchia di San Rocco la nuova monografia del collaboratore di iMagazine Vanni Feresin, Petali di Gorizia 3, che completa la trilogia iniziata nel 2015 con il successo del primo volume che ha raggiunto le tre edizioni. “In questo terzo volume – spiega l’autore – ho voluto creare una sorta di calendario perpetuo goriziano dove dal 1 gennaio al 31 dicembre si possano trovare centinaia di particolari dimenticati o inediti della storia cittadina. Al centro del volume si propongono alcuni saggi sui centenari goriziani che hanno caratterizzato il 2017 e a chiusura si trovano le biografie di 40 goriziani illustri che hanno segnato la storia della città durante il corso del Novecento”.

▲ Udine – Alcuni componenti del “Comitato Amici di Federico” di Villa Vicentina ritirano il “Premio Bontà – U.N.C.I. città di Udine “ XXVIII edizione, ricevuto dalla Sezione provinciale di Udine dell’Unione Nazionale Cavalieri d’Italia, assegnato il 2 dicembre a Palazzo Belgrado sede della Provincia di Udine. Al centro della foto il presidente dell’associazione Valentino Listuzzi con in mano il premio appena consegnato.

▲ Mezzano (TN) – Foto di gruppo per la comunità di Joannis di Aiello del Friuli nella tradizionale gita prenatalizia ai mercatini del Trentino. Occasione che quest’anno ha condotto la comitiva friulana a Mezzano, uno dei “borghi più belli d’Italia” e a Siror, in Valle di Primiero, dove si svolge il più antico mercatino della regione. Livio Nonis ◄ Prepotto – Presentazione del libro dedicato alle grotte di guerra della valle dello Judrio. Il libro è edito dal Centro Ricerche Carsiche “C. Seppenhofer” di Gorizia. A condurre la serata è stato proprio l’autore del libro, lo storico Marco Meneghini, che con l’ausilio di alcuni appositi pannelli ha illustrato le caratteristiche delle cavità impiegate per scopi bellici durante la Grande Guerra.

È possibile inviare le proprie lettere e i propri commenti via posta ordinaria (iMagazine – via Aquileia 64/a – 33050 Bagnaria Arsa-UD), oppure via e-mail (redazione@imagazine.it).


▲ Trieste – L’assessore comunale allo sport, Giorgio Rossi (primo a destra), premia Francesca Azzarelli e Simone Loy, i bagnini del Pedocin, che con il loro intervento hanno salvato la vita di una persona anziana lo scorso 15 agosto.

▲ Trieste – Rinnovato il consiglio direttivo dello Sci club 70. Roberto Andreassich è stato rieletto presidente del sodalizio per i prossimi 4 anni. Confermati anche i consiglieri Fulvio Colombin, Maurizio Comuzzi (direttore tecnico), Ennio Cotognini, Adriana Debernardi, Alessandro Messi (vicepresidente vicario), Fulvio Montanari, Stefano Paggiaro, Dario Petretich e Daniela Travan. Il collegio dei probiviri sarà composto da Armando Dobrigna (presidente), Mauro Giacomello ed Emiliano Paoletti mentre quello dei revisori dei conti da Marco Pieri (presidente), Paola Poletti ed Euro Riosa.

▲ Monfalcone – L’Associazione Velica Dilettantistica Windsurfing Marina Julia ha festeggiato i 30 anni di attività con un evento celebrativo all’interno della propria sede. Tra gli ospiti numerose autorità civili, istituzionali e sportive: dall’assessore regionale Sara Vito al vicesindaco di Monfalcone Giuseppe Nicoli (affiancato dall’assessore Paolo Venni e dal consigliere con delega allo Sport, Francesco Volante); dal presidente regionale del Coni, Giorgio Brandolin, al presidente provinciale dell’Anaoai (Associazione Nazionale Atleti Olimpici e Azzurri e d’Italia), Rita Apollo; dal presidente della XIII Zona Fiv, Adriano Filippi, all’ex sindaco di Monfalcone Gianfranco Pizzolitto. Nell’arco della giornata sono stati premiati il campione sociale assoluto Andrea Ferin, nonché tutti i campioni sociali delle rispettive categorie: catamarani Carlo Peano e Cristina Tedeschi; derive Gabriele Bonetti; U17 windsurf Marta Bonetti; U15 windsurf Sophie Nevierov; kids Nicolò Nevierov; master windsurf Ezio Ferin; senior windsurf Tommaso Feri.


FINTECH E PMI Servizio di Paolo Marizza

Correre assieme

per arrivare lontano

L’ingresso sul mercato degli operatori che utilizzano le nuove tecnologie per innovare i servizi finanziari diventa un’opportunità per le piccole e medie imprese. Perché oggi non è più solo il pesce grande che mangia quello piccolo, ma quello veloce che mangia quello lento.

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Quando si parla di servizi fi nanziari, si pensa spesso a banche e operatori di grandi dimensioni. Quando si parla di fintech, ovvero di quegli operatori che utilizzano le nuove tecnologie per innovare i servizi fi nanziari, sembra di descrivere un mondo lontano dalle piccole imprese. In entrambi i casi si tratta di un errore. Perché sono proprio le piccole e medie imprese (PMI) ad avere più opportunità e, si spera, vantaggi dall’ingresso delle fintech sul mercato. Lo affermano molte ricerche e l’evidenza empirica di quanto sta accadendo in mercati più evoluti di quello italiano. Digitale, big data, intelligenza artificiale, servizi personalizzati, struttura dei costi più snella: sono tutti elementi portati dal fintech che rappresentano un vantaggio soprattutto (ma non solo) per le PMI. Le startup si inseriscono dove i grandi player non arrivano con facilità. I servizi fi nanziari alle PMI sono sempre stati in secondo piano rispetto a quelli delle grandi imprese. Per una ragione semplice: garantivano meno ritorni anche a causa di profili di rischio meno trasparenti. Oggi l’equilibrio sta cambiando: il fintech consente di avere soluzioni su misura, abbattendo i costi di transazione e riducendo i costi del rischio, permettendo operazioni cosiddette “small ticket”, cioè anche per importi minimi. 16

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gennaio-febbraio 2018

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Oggi anche le PMI e le microimprese diventano appetibili. Singolarmente contano meno, ma sono molte di più. È un po’ la teoria della “coda lunga” di internet applicata alla fi nanza. Dal punto di vista economico la “coda lunga” evidenzia la distribuzione della ricchezza, del fatturato, della domanda e dell’offerta in un sistema o in un mercato. Ad esempio, nel mercato dell’editoria operano diversi scrittori. Quelli più affermati si collocano nella testa della curva in quanto riescono a vendere un maggior numero di copie per titolo, quelli meno affermati o sconosciuti nella coda. Pur vendendo meno copie, gli scrittori meno affermati compongono gran parte dell’area sottostante alla curva della ricchezza/ fatturato complessivi. La diffusione di internet e delle tecnologie di comunicazione e connessione ha permesso a chiunque in qualunque momento e luogo di consultare infi niti elenchi di libri e recensioni, abbattendo i costi di distribuzione e stoccaggio, eliminando il legame tra visibilità dei prodotti/ servizi e la loro pubblicazione cartacea. Diventa cosi conveniente vendere relativamente pochi titoli di molti scrittori poco affermati rispetto a molte copie di pochi titoli. Ciò è accaduto con l’arrivo di Google, Amazon, iTunes, Spotify, Netflix e chi più ne ha più ne metta.

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L’ANALISI


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L’onda di questo fenomeno sta ora investendo il rapporto banca-impresa. La “long tail”, la coda lunga arriva al mondo delle imprese. Ad esempio, pur avendo dimensioni limitate, fatturati contenuti, un minor numero di lavoratori impiegati, la somma delle piccole imprese contribuisce all’occupazione e al PIL molto più di quanto faccia la grande industria. È quindi razionale destinare particolare attenzione anche alla “coda lunga” poiché quest’ultima influisce in modo determinante sull’equilibrio e sulle performance finali dell’intero settore economico. Ma le nostre PMI non possono essere considerate la “coda lunga” del sistema economico. Esse costituiscono il “corpo” della nostra economia. Le PMI italiane rappresentano oltre il 90% delle imprese e due terzi del valore aggiunto, che è superiore di circa 10 punti percentuali rispetto al dato medio europeo, mentre l’occupazione nelle PMI italiane è di circa 13 punti percentuali superiore (78,5% contro 66% media europea). E, fenomeno ancor più italiano, le micro imprese (fino a 10 dipendenti) costituiscono il 95% delle PMI. Affinché anche esse possano contribuire e partecipare alla ripresa economica in atto in Italia è necessario riequilibrare la loro struttura finanziaria, che dipende per circa il 90% da fonti di credito bancario prevalentemente a breve termine, per non limitare gli investimenti e le innovazioni fondamentali per recuperare efficienza, incrementare la produttività, elevare la qualità del capitale umano e affrontare al meglio la digitalizzazione. L’avanzata delle fintech sembra dischiudere un nuovo futuro per i servizi finanziari alle PMI: capaci di rispondere con promettenti strumenti innovativi alla saturazione e ai ritardi degli intermediari tradizionali, in altri Paesi stanno sviluppandosi a ritmi esponenziali. Stiamo assistendo a una trasformazione radicale del sistema bancario e dell’ecosistema finanziario delle PMI, a fronte del fatto che risulta improrogabile assicurare una soddisfacente risposta alla palese necessità, per le PMI che puntano a investire in innovazione, di imparare a conoscere i nuovi strumenti che assicurano accessi alternativi e complementari al credito e alla gestione del rischio e di attrezzarsi per rispondere in modo adeguato a nuove modalità di valutazione e di autovalutazione, come ad esempio la social reputation, il posizionamento nella supply chain, la connessione ai mercati, che questi nuovi strumenti abilitano. I vantaggi delle fintech non si fermano tra l’altro ai loro strumenti innovativi (Peer to

peer Lending, Invoice trading, Direct Lending, Equity/Lending Crowdfunding, Dynamic Discounting) ma arrivano anche ai servizi di consulenza finanziaria, ai sistemi di pagamento alternativi e alle applicazioni della blockchain. In altri mercati l’effetto di queste innovazioni è dirompente. Ad esempio nel mercato del credito, oppure nei servizi digitali, con istituti nativi del web, privi di filiali e sportelli, o ancora nei sistemi di (micro) pagamento. La competizione tra startup e banche non è tra buoni e cattivi, tra piccoli e grandi (anche se essere grandi ovviamente aiuta). È una questione di velocità: non è più solo il pesce grande che mangia quello piccolo, ma quello veloce che mangia quello lento. Fuor di metafora: ci sono spazi dell’ecosistema finanziario che si aprono alla competizione. E alla collaborazione. Le fintech, più agili e flessibili, possono avere il ruolo di stimolare le PMI. E le seconde, con più o meno reattività, possono raccogliere la sfida. Se il fintech sta sviluppando offerte che rendono profittevoli i servizi finanziari per le PMI, anche le banche hanno tutto l’interesse a sviluppare questi nuovi modelli di servizio. L’effetto è duplice e può agire da moltiplicatore di vantaggi per le piccole imprese: da un lato le startup spingono per nuovi servizi verticali e spesso si impongono come imprese di successo. Dall’altro le banche tradizionali non possono più ignorarle: possono acquisirle, entrare nel loro capitale o sviluppare internamente soluzioni simili, o ancora costituire partnership per sviluppare e far evolvere i nuovi servizi abilitati delle nuove tecnologie. In ritardo, anche in Italia qualcosa sembra muoversi in tale direzione, ma correre in due, assieme, farebbe arrivare prima e più lontano.

Paolo Marizza Co-founder di Innoventually e docente DEAMS-UniTS |

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ALLA SCOPERTA DI...

Una storia

NAPOLEONE, FOSCOLO E IL FVG Servizio di Vanni Veronesi

sbagliata

Quattro giovani: Napoleone, Ugo Foscolo, suo fratello Giovanni e un misterioso ragazzo di Vito d’Asio. Quattro vite che si incrociano. Quattro vicende storiche sullo sfondo di Veneto e Friuli. Questa è la storia vera delle Ultime lettere di Jacopo Ortis, lontana anni luce dalla retorica scolastica.

Il generale, il poeta e lo studente

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Nizza, 27 marzo 1796: forte di una rapida carriera all’interno dell’esercito, negli anni rocamboleschi della Rivoluzione Francese, il giovane ufficiale Napoleone Bonaparte si insedia a capo di 38.000 soldati. Dopo aver difeso Parigi dai filomonarchici, ora può finalmente condurre un’operazione militare contro due delle potenze straniere che minaccia-

no la Francia rivoluzionaria: l’Austria e il Piemonte. In Italia settentrionale, del resto, gli ideali della Rivoluzione hanno fatto breccia fra gli intellettuali seguaci dell’Illuminismo e del Romanticismo; fra loro c’è anche un ragazzo proveniente dall’isola greca di Zante: si chiama Ugo Foscolo e non è ancora il poeta che tutti impareranno a conoscere, ma è già protagonista nei salotti alla moda di Venezia e Padova, dove letteratura e politica sono una cosa sola. Proprio a Padova, negli stessi giorni in cui Napoleone dà il via alla Campagna d’Italia, un ventitreenne friulano di Vito d’Asio, studente di medicina al Collegio Pratense, è barricato nella sua stanza in preda a una febbre fortissima. La notte fra il 28 e il 29 marzo il ragazzo viene visitato dal dott. Furlani, che gli prescrive un antiemetico. Quello che succede dopo l’ingerimento del farmaco è concentrato nelle poche righe che l’abate Gennari verga il giorno successivo: «Questa mattina […] si trovò immerso nel proprio sangue per due ferite un giovane friulano, scolare di medicina di quarto anno, le quali ferite si diede egli stesso con un coltellino, non si sa da quali cagioni mosso; se non che si sospetta che ciò gli sia intravvenuto per qualche ratto alla testa, esA fianco: Napoleone che varca le Alpi in un celebre dipinto di Jacques-Louis David. Sopra: Edizione londinese, datata 1814, delle Ultime lettere di Jacopo Ortis, romanzo pubblicato per la prima volta nel 1802. A sinistra è raffigurato l’autore: Ugo Foscolo.

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Di fianco, ritratto di Ugo Foscolo; sotto, coccarda della Guardia militare della Repubblica Transalpina.

Il Tagliamento visto da Vito d’Asio.

sendo febbricitante da qualche dì». L’identità del giovane si ricava da una nota registrata dal parroco di Vito d’Asio una settimana dopo: «5 aprile 1796. In Padova morì il signor Girolamo di Domenico Giovanni Battista Ortis, ed in questo giorno si fecero le esequie». I particolari, invece, sono noti grazie a una lettera del 16 aprile, inviata da don Germanico Ciconi a Candido Ortis, fratello di Girolamo: Imprudentissimamente il medico Furlani lunedì alle ore 23 gli ordinò uno scrupolo di epichequama (preparato galenico, ndr) in tre parti. Alle ore 24 ne prese due, ma senza niun effetto sino alle quattro ore di notte, che poi fu lasciato solo in camera. Dopo poi quella fatal polvere La chiesa di Vito d’Asio. mise in tal orgasmo la macchina, che privato de’ sensi gli cagionò l’eccesso. Io colà non sapevo se prendermela con il medico per la sua imprudenza, se con il rettore (del Collegio, ndr) per la poca attenzione, se con il servitore per la poca cura. […] Erano disseminate alcune ciarle, dicendo alcuni, che ciò era accaduto per amore, altri per debolezza di testa, coll’aver altre volte tentato di darsi la morte, ma falsa la prima, e falsissima la seconda. Feci tanto che ho voluto sapere il fonte, dal quale erano uscite simili ciarle, e ritrovai essere il signor medico Furlani, e ciò per coprire in qualche maniera la sua ignoranza ed imprudenza.

Speranze e (dis)illusioni

Mentre Vito d’Asio piange il giovane, Napoleone invade il Piemonte: i Savoia si arrendono già il 21 aprile, ma la vera guerra è quella imminente contro l’Austria. Il 21 maggio, dopo la vittoria a Lodi, nasce la Repubblica Transalpina, comprendente l’attuale Lombardia: sulle divise della Guardia militare appare una coccarda rossa, bianca e verde, preludio di quel tricolore che sarà la bandiera della Repubblica Cispadana (fondata il 16 ottobre dopo la conquista dei territori emiliano-romagnoli) e che, attraverso varie modifiche, diventerà il vessillo d’Italia. Foscolo segue con entusiasmo l’avanzata di Napoleone e in questo clima romantico redige un Piano di studi dove compare un progetto artistico altrimenti ignoto: un romanzo amoroso intitolato Laura. Lettere. Nel frattempo la guerra contro l’Austria continua: dopo le battaglie di Valvasone, Gradisca e Tarvisio, il 17 aprile 1797 termina la Campagna d’Italia. Il 12 maggio, minacciata dalle truppe francesi, Venezia si arrende prima ancora di combattere e Napoleone entra in città senza sparare un colpo. Infine, il 29 giugno, Cispadana e Transalpina vengono unite nella Repubblica Cisalpina. L’entusiasmo dei filorivoluzionari è alle stelle; convinto, come tan-

Padova: uno dei portici dell’ex Collegio Pratense, accanto alla Basilica di S. Antonio.

Reggio Emilia: la Sala del Tricolore, sede del parlamento della Repubblica Cispadana. Qui venne ‘inventato’ il tricolore bianco-rosso-verde che, attraverso varie modifiche, diventerà il simbolo dell’Italia. |

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Da sinistra: - Bandiera della Repubblica Cispadana, considerata l’antenata del nostro tricolore; - Una delle copie del Trattato di Campoformido: l’unica firma posta sulla destra è quella di Napoleone Bonaparte.

tissimi, che il generale francese spazzerà via il dispotismo dei vecchi regimi, Ugo Foscolo pubblica l’ode A Bonaparte liberatore. L’illusione, tuttavia, dura pochi mesi: con il trattato di Campoformido, il 17 ottobre, la Francia cede Venezia e il Friuli all’Austria, ottenendo in cambio il dominio sui Paesi Bassi.

La tragedia

Campoformido, locanda Al Trattato: qui, secondo alcuni storici e secondo le epigrafi poste sulla facciata, fu ratificato l’accordo fra Napoleone e l’Austria. Villa Manin a Passariano di Codroipo: secondo alcuni storici, in realtà, il Trattato di Campoformido fu siglato qui.

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Per Foscolo, fedele al motto «libertà, uguaglianza, fratellanza», il voltafaccia di Napoleone è una mostruosità imperdonabile. Ne segue un travaglio interiore che porta a un ripensamento del suo vecchio progetto Laura. Lettere: accanto al tema amoroso, capisce che il romanzo dovrà muovere dalla storia contemporanea; un’opera politica, dunque, nella quale esprimere la frustrazione degli ideali traditi. Decisiva, da questo punto di vista, la scelta della forma epistolare: un’abile finzione artistica nella quale il lettore segue la vicenda attraverso una serie di lettere inviate dal protagonista a tal Lorenzo Alderani, da quest’ultimo pubblicate in onore dell’amico, morto suicida per la fine del suo amore impossibile, ma soprattutto per la fine ingloriosa della patria veneziana. Nel 1798 l’opera va in stampa, ma nuove vicende belliche costringono Foscolo a interrompere la pubblicazione; per quanto deluso da Napoleone, il suo posto è comunque nella Guardia militare della Repubblica Cisalpina. Lo stampatore, però, ha fretta di uscire: si affida così ad Angelo Sassoli, che interviene sul testo sfrondando i contenuti politici. Il libro esce in due volumi nel 1799 con il titolo Vera storia di due amanti infelici, ma Foscolo non ne saprà nulla fino al dicembre 1800. Il 3 gennaio 1801 interviene sulla Gazzetta universale di Firenze per denunciare il fatto, ma è di nuovo tempo di combattere: accanto a lui c’è anche il fratello minore Giovanni, la cui vicenda umana si chiuderà l’8 dicembre dello stesso anno, quando verrà trovato senza vita nella sua stanza a Venezia. «Certifico io sottoscritto che il sig. Giovanni Foscolo […], nativo di Zante, di anni venti circa, in giorni sei di letto, da febbre nervina perniciosa, morì il dì otto dicembre 1801, di sera, alle ore ventiquattro e sarà sepolto il nove detto, alle ore ventitré. Come da fede, medico chirurgo Paolo Visonà»: così recita il certificato di morte, ma diverse testimonianze parlano di suicidio – altra inquietante concidenza, oltre alla febbre, con il caso di Girolamo Ortis – per debiti di gioco. Due anni dopo Ugo eternerà la memoria del fratello Giovanni in un sonetto bellissimo e struggente:


Un dì, s’io non andrò sempre fuggendo / di gente in gente; vita. Io era in Padova; ma non frequentando io le mi vedrai seduto / su la tua pietra, o fratel mio, gemendo Scuole, non mi era toccato di vederlo mai: ammirai / il fior de’ tuoi gentili anni caduto: // la madre or sol, suo bensì nel mio secreto la filosofica tranquillità di un dì tardo traendo, / parla di me col tuo cenere muto: / ma giovane che visse con modestia, e morì con coraggio. io deluse a voi le palme tendo; / e se da lunge i miei tetti saluto, / sento gli avversi Numi, e le secrete / cure che al Fatti che, a loro volta, non intaccano minimamenviver tuo furon tempesta; / e prego anch’io nel tuo porto te la potenza del romanzo e del suo formidabile incipit: quiete: / questo di tanta speme oggi mi resta! / Straniere Il sacrificio della patria nostra è consumato: tutto è genti, l’ossa mie rendete / allora al petto della madre mesta. perduto; e la vita, seppure ne verrà concessa, non ci resterà che per piangere le nostre sciagure, e la nostra La rivincita della letteratura infamia. Il mio nome è nella lista di proscrizione, lo Nel 1802 Foscolo termina il suo romanzo; archiviata l’iso: ma vuoi tu ch’io per salvarmi da chi m’opprime mi gnobile operazione del Sassoli, esce finalmente la versione commetta a chi mi ha tradito? Consola mia madre: vinto autografa dell’opera: Ultime lettere di Jacopo Ortis. Il nome dalle sue lagrime le ho ubbidito, e ho lasciato Venezia del protagonista non passa inosservato: anche se trasformato per evitare le prime persecuzioni, e le più feroci. in Jacopo per ragioni artistiche, l’evidente ispiratore della storia foscoliana (accanto alla triste vicenda del fratello GiovanParole dure, che suonano come un pugno in faccia a ni) è proprio quel Girolamo Ortis che aveva sconvolto, con Bonaparte, agli Asburgo, al trattato di Campoformido e la sua misteriosa fine, la Padova di fine Settecento. A svelarlo alla censura; un gesto di coraggio altissimo, come tanè lo stesso Foscolo in una lettera del 1808, dove la coloritura ti altri nel corso della vita di Foscolo, da qui in poi semromanzesca non toglie nulla alla sostanza profonda dei fatti: pre contro: contro Napoleone, contro il potere temporaIacopo Ortis friulano, studente dell’Università di Padova, le della Chiesa, contro i regimi assolutistici. E quando, si uccise di due pugnalate nel cuore della gioventù; - non si dopo Waterloo, gli Austriaci ritornati a Milano gli ofseppe il perché: scese sotterra senza lasciare né una parola friranno la direzione di una rivista letteraria, egli rifiuscritta a’ suoi parenti, né una congettura a’ curiosi. Fra terà scegliendo la via dell’esilio in Svizzera e in Inghili molti che sentenziano le azioni dei mortali, lasciandosi terra, dove morirà in miseria nel 1827. Ma senza aver spaventare dagli effetti anzi che persuadere dalle ragioni, mai barattato i suoi ideali. alcuni compiangevano l’Ortis, gli altri lo esecravano; Vanni Veronesi solo chi lo aveva conosciuto, lodava i costumi della sua Sopra, da sinista: - frontespizio della Vera storia di due amanti infelici, versione non autorizzata da Foscolo delle future Ultime lettere di Jacopo Ortis; - La prima edizione delle Ultime lettere di Jacopo Ortis, datata 1802. - Firenze, Basilica di S. Croce: monumento a Ugo Foscolo inaugurato nel 1871, in occasione della traslazione delle sue ceneri da Londra. Di fianco, Londra, cimitero di Chiswick: memoriale di Ugo Foscolo, tomba del poeta dal 1827 al 1871. |

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LUCA DOROTEA Intervista di Andrea Doncovio. Immagini di Luca Della Savia

Doro Gjat A 34 anni è uno degli astri più brillanti del panorama musicale del Friuli Venezia Giulia. «Una terra da cui non riesco a staccarmi». E dove ha voluto registrare il suo nuovo album. La grande scommessa di un’intera carriera.

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A inizio 2018 il mondo del rap parla friulano. Perché da un binomio che coinvolge due eccellenze di questo territorio nasce un album destinato a far parlare di sé. Quello di Luca Dorotea, per tutti Doro Gjat, carnico di Tolmezzo che con la sua musica la scorsa estate ha conquistato una star internazionale del calibro di Joss Stone. Per registrare il nuovo lavoro, ha scelto gli Angel’s Wings Recording Studios di Pantianicco, realtà all’avanguardia in Europa nel settore, perché «nulla deve essere lasciato al caso», come confida lo stesso artista. Luca Dorotea, ovvero Doro Gjat. Partiamo da qui: come mai questo nome? «Negli anni ‘90, quando mi sono avvicinato alla musica hip-hop, il genere non era di tendenza come lo è ora e in Carnia eravamo letteralmente quattro gatti a interessarci a quel suono così particolare e così inusuale per il pubblico generalista di allora. Da qui ha preso il nome il mio primo gruppo, i Carnicats. E io, di conseguenza, ho scelto il nome d’arte Doro Gjat». Come è nata la passione per il rap? «Durante l’adolescenza giocavo a basket e non a calcio come invece buona parte dei miei coetanei. Ciò mi ha spinto ad appassionarmi alla street culture afroamericana che da lì, a cascata, ha profondamente segnato tutta la mia esistenza. Ricordo le prime cassette e le prime riviste, e ricordo come tutto ciò mi appassionasse profondamente. Una passione che prosegue tutt’ora». Quando hai capito che la passione poteva diventare una professione? 22

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«La consapevolezza di poter vivere di questo è un’acquisizione recente, prevalentemente dettata dall’esperienza positiva del mio primo disco Vai Fradi che è stato recepito benissimo dal pubblico. Sul rifiuto della società di riconoscere a chi si occupa di musica o più ampiamente di cultura la qualifica di “libero professionista” ci sarebbe invece molto da dire». Proviamoci… «In Italia se fai il musicista sei un fannullone agli occhi di molti, uno che non ha voglia di lavorare veramente ma preferisce stare a casa in pantofole a suonare la chitarra. Io lotto ogni giorno contro questo tipo di pregiudizio e, arrivato a 34 anni con oltre quindici di esperienza nel settore, ho deciso che era ora di buttarsi a pesce in questo mondo e di smettere di nascondersi dietro la consuetudine – per altro superficiale – che questo non sia lavoro ma solo un hobby». Vivere di arte in Italia è più difficile che altrove? «Questo non lo so perché non ho mai provato a esercitare questa professione all’estero. In molti dicono che è così e, in tutta onestà, sono tentato di crederci. Tuttavia sono anche sicuro che, se non ti rimbocchi le maniche e non ti dai da fare, non combinerai mai niente di buono. E che tu viva a Los Angeles o a Treppo Carnico fa ben poca differenza». Qual è il rapporto di Doro Gjat con il suo territorio? In apertura, Doro Gjat in un momento di relax


«È un rapporto talmente profondo che a volte sento il bisogno di staccarmene. Però la verità è che non ho voglia di farlo: sto bene in Friuli, ne amo i panorami mozzafiato e la rude gentilezza dei suoi abitanti; amo le vette ricoperte di neve stagliate contro il limpido cielo invernale e amo la skyline di Grado Vecchia baciata dal sole di agosto mentre tramonta; amo il frico e la lubianska, il cotto col kren e i cjarsons, il tocai e la Pelinkovac. E potrei continuare per ore. Quello che è importante dire però è che sto cercando di esportare il mio background culturale, per far sì che il resto d’Italia sappia cosa si perde. Ma non solo: parlo della mia terra anche perché vorrei rompere l’isolamento del Friuli Venezia Giulia, farlo uscire dalla sua isola felice, farlo diventare, per la prima volta nella sua storia, non solo un corridoio tra oriente e occidente, ma un vero e proprio baluardo culturale con una sua identità ben delineata e priva di pregiudizi e luoghi comuni». Anche per questo motivo nei tuoi videoclip appaiono sempre i paesaggi della Carnia? «La mia terra è la mia musa e la mia musica suona meglio quando ha il giusto background paesaggistico. Uno dei miei nuovi brani dice: “di che parlerei se mi rubassero anche i panorami?”». Hai mai pensato di abbandonare il Friuli per cercare fortuna in luoghi più rinomati? «Sì, almeno una volta all’anno qualcuno mi ricorda che se voglio lavorare con la musica farei meglio ad alzare i tacchi. Io però sono cocciuto e voglio farcela restando qui, coltivando la mia musica come se fosse il frutto di ciò che mi circonda, la colonna sonora dell’ambiente che mi ha forgiato». Il tuo esordio artistico risale al 2007, con il gruppo dei Carnicats. Cosa ricordi di quel periodo? «Eravamo giovani e avventati, pubblicammo un disco bellissimo per i tempi che correvano; un disco che forse era anche troppo avanti e all’epoca non venne capito del tutto. Però una cosa è certa: noi ci siamo divertiti a farlo e ci siamo divertiti ancora di più a suonarlo dal vivo». A dieci anni di distanza, invece, com’è cambiato Doro Gjat? «Un artista non è tale se il frutto della sua creatività rimane sempre uguale a sé stesso. Dieci anni dopo mi ritrovo un disco tra le mani che ho appena finito di registrare e che ha ben poco a che vedere con quello precedente, e ancor meno con quelli pubblicati a nome Carnicats. Però un filo rosso che li collega tutti c’è, io riesco a vederlo: è la voglia di esprimersi facendo qualcosa di diverso, qualcosa di personale, che non emula ma che a tratti forse “si ispira” a qualcos’altro, mantenendo una sua identità ben precisa». Quali sono i messaggi che desideri trasmettere con le tue canzoni? «Penso che il potere della musica sia quello di riuscire a toccare l’animo dell’ascoltatore sfiorando corde sempre diverse, lasciando che le parole lo guidino in posti inesplorati dove non è mai stato prima. E per fare questo il registro compositivo deve essere variega-

Luca “Doro Gjat” Dorotea nasce a Tolmezzo nel 1983 e si avvicina all’hip hop nella seconda metà degli anni ’90. L’esordio artistico arriva nel 2007 con il primo album omonimo dei Carnicats per l’etichetta ReddArmy. Grazie ai consensi ricevuti, Doro Gjat, insieme ai due soci Dek Ill Ceesa e Dj Deo, inizia a dedicarsi all’attività live che lo porta a calcare alcuni dei palchi di punta del FVG tra cui la Barcolana, in apertura a Fabri Fibra (2008) e Club Dogo (2012), e l’Hip Hop Tv Summer Festival insieme a nomi del calibro di Fedez, Emis Killa, Ensi e Two Fingerz. Nel 2009 pubblica, sempre per Reddarmy, l’EP di mash-up Doro Gjat meets Zion I che, in pochi mesi, raggiunge i cinquemila download. Nel 2012, dopo la pubblicazione del mixtape dei Carnicats Nel frattempo (da cui è tratto Paisàn, singolo del gruppo che è diventato presto una sorta di inno del Friuli Venezia-Giulia), Doro Gjat comincia a considerare la propria carriera solista non più come un’eventualità ma come un passo necessario per la sua maturazione artistica. Nel 2016 ha aperto il concerto di Joss Stone al No Border Music Festival a Tarvisio.

to, deve toccare argomenti differenti e tutti con la stessa efficacia. È un lavoro tutt’altro che facile, a discapito di quello che dicono i detrattori di chi si occupa di arte a tempo pieno». Quali sono gli artisti a cui ti ispiri? «Ce ne sono molti e fare dei nomi è sempre difficile. Dovessi per forza indicarne qualcuno, direi Fabrizio De Andrè per la poetica devastante e la ricerca sonora, soprattutto nelle opere più tarde; e poi Tupac Shakur per il carisma travolgente che ha segnato in modo indelebile tutta la mia generazione». L’inizio del 2018 vedrà l’uscita del tuo nuovo disco: che genere di album sarà? |

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gnificato per te l’incontro con un’artista di fama internazionale? «È stato estremamente stimolante passare con lei e con il suo team quella mezza giornata nella cornice dei laghi di Fusine. Abbiamo chiacchierato e ci siamo scambiati opinioni, prevalentemente incentrate sul senso dell’arte e sul valore che l’ambiente ha per l’ispirazione e per la creatività. Tutti argomenti a me cari». Molti dei giovani cantanti di oggi vengono lanciati al grande pubblico tramite i talent show: hai mai pensato di partecipare a questo genere di programmi? «Mai, devo essere sincero. E il motivo è molto semplice: i talent sono dei collettori di performer di altissimo livello ma fare l’artista è un’altra cosa. Si tratta di creare qualcosa dal nulla e ciò ha ben poco a che vedere con il saper interpretare un brano che ha scritto qual-

ph. Al Bruni Photographies

«Al momento posso solo anticipare che sarà un concept album, ovvero un disco che ruota tutto attorno a un argomento. Racconta la storia di una generazione cresciuta al cospetto dei monti, che ha passato una vita a cercare il modo di valicarli. Ma spesso sono i limiti mentali, e non quelli fisici, a tenerci legati a un posto; e i limiti mentali sono, per antonomasia, i più difficili da superare». Nella realizzazione dell’album hai coinvolto molti artisti: com’è stato lavorare assieme a loro? «Cerco sempre di circondarmi di validi collaboratori e anche questa volta non ho fatto eccezione. Lavorare in squadra per me è vitale, rappresenta uno stimolo non indifferente e coordinare una schiera numerosa di talenti è un onore oltre che un piacere». La scorsa estate hai collaborato con Joss Stone al No Borders Music Festival a Tarvisio. Cosa ha si-

Angel’s Wings Recording Studio & Arts Center I nuovi studi di registrazione Angel’s Wings Recording Studio & Arts Center a Pantianicco di Mereto di Tomba, di Nico Odorico e Monica Zinutti (foto in basso), nascono da un’idea cullata per oltre 3 anni e rappresentano lo sviluppo e l’evoluzione del già esistente studio di registrazione Angel’s Wings. Sono stati inaugurati il 7 febbraio 2015 da una madrina e un padrino d’eccezione: la cantante italiana Cristina Donà e lo scrittore Davide Sapienza.

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Ubicati all’interno di una villa immersa nel verde, gli studi sono stati realizzati ricorrendo a scelte tecniche all’avanguardia e di alto profilo qualitativo, ispirandosi alla filosofia degli studi americani e inglesi. L’obiettivo è quello di far esprimere a musicisti e artisti la propria creatività in piena libertà e agio, in un ambiente attrezzato e al contempo molto confortevole. La progettazione acustica delle sale è stata curata e firmata dal designer texano John H. Brandt secondo i dettami dell’approccio “non-environmental room”, il quale consente di creare spazi capaci di offrire un ascolto perfetto, equilibrato e uniforme, non turbato in alcun modo dall’ambiente circostante. Per realizzare le sale e ottenere degli ambienti acusticamente performanti sono state utilizzate 1.600 mq di lastre di cartongesso da 18 mm, incrociate fra loro utilizzando uno speciale prodotto resiliente che permette una maggiore elasticità delle pareti, smorzando le vibrazioni, e di circa 1.000 mq di lana di vetro per ottenere la massima fonoimpedenza.


cun altro. E io, se posso scegliere, preferisco fare l’artista e lasciar fare il performer ha chi l’artista non lo saprebbe fare. È una questione di ruoli, nient’altro». Restiamo in Friuli. Il tuo nuovo disco è stato interamente registrato negli Angel’s Wings Recording Studios di Pantianicco: come mai questa scelta? «Per il mio secondo disco da solista non volevo che niente fosse lasciato al caso. Volevo il massimo della professionalità e il massimo delle strumentazioni. Qui in regione abbiamo la fortuna di avere uno degli studi meglio equipaggiati d’Europa e non ho voluto farmi sfuggire questa opportunità. Monica e Nico poi si sono rivelati estremamente disponibili e sono diventati quasi una famiglia durante il tempo trascorso in studio: abbiamo condiviso gli spazi, il cibo e i ritmi di lavoro per un mese e so che sarà un’esperienza che mi porterò nel cuore molto a lungo». Sopra queste pareti è stato creato il vero e proprio controllo acustico, realizzato con una struttura di legno riempita interamente di altri 800 mq di lana di vetro e lana di roccia opportunamente combinata. Il pavimento è in legno di rovere, è steso sopra un massetto indipendente dalla struttura dell’edificio ed è completamente flottante: questo fa sì che i rumori dell’esterno non vengano trasportati e diffusi all’interno della sala. Le pareti sono rivestite con stoffa acustica specifica trasparente al suono, in modo da non creare riflessioni sonore inopportune. Altra curiosità sono le porte interne che conducono agli studi, costruite artigianalmente e riempite con una speciale sabbia per una fonoimpedenza estrema (peso di ciascuna porta circa 170 kg). Tutti gli studi sono dotati di climatizzazione e riciclo, assicurando sempre aria pulita e una ottimale ossigenazione delle stanze. Per quanto riguarda gli strumenti e la tecnologia disponibili, gli studi sono dotati di attrezzature esclusive, disponendo di large format consolle della Solid State Logic. Nello studio A (foto a sinistra) si trova un banco analogico modello SSL 4000 E/G+ da 64 canali: questa consolle misura 4,7 metri, ed è l’unico modello della SSL serie 4000 di queste dimensioni presente in Italia. La “Big Live Room” di 70 mq è la sala in cui viene ripresa, tramite appositi microfoni, l’esecuzione dei musicisti. Studiata appositamente per essere utilizzata nelle registrazioni d’insieme di interi gruppi o band musicali, questa modalità è particolarmente utilizzata negli Stati Uniti e nel Regno Unito, e consente di catturare l’energia e l’affiatamento tra i musicisti che contraddistingue la performace musicale. «È il contatto tra le persone, lo sguardo, il “blend” degli strumenti ed il “groove” della band – spiega Monica Zinutti – che portano i musicisti a esprimere al massimo le loro potenzialità. La sala di ripresa, grazie a questa dimensione, è ideale anche per la registrazione di cori, orchestre o bande, permettendo di catturare il suono in maniera ottimale senza disturbi di rumori esterni».

Dopo l’uscita dell’album quali saranno i tuoi nuovi impegni professionali? «Sicuramente un tour per promuoverlo che spero mi dia tanto da lavorare. E poi, chissà, magari ci saranno gli stimoli e le opportunità per lavorare a un nuovo disco…» A proposito di futuro: per un carnico di Tolmezzo, abituato alla concretezza, quali sono i sogni nel cassetto da voler realizzare? «Vorrei avere la possibilità di sistemare la casa di famiglia a Tolmezzo e trasferirmici in pianta stabile con la mia compagna. E poi, chissà, magari qualche piccolo Doro Gjat che gira per casa potrebbe essere il passo successivo. Ma non poniamo limiti alla provvidenza e, nel frattempo, diamoci da fare con questo nuovo disco!» Andrea Doncovio

Da sinistra, Bobby Solo, Nico Odorico, Monica Zinutti e Tinkara Kovac (ph. Al Bruni Photographies).

All’interno della struttura, che comprende un totale di 250 mq, è presente anche un’area relax e una cucina attrezzata, che permettono piena libertà di organizzazione della giornata lavorativa. Questa scelta permette all’artista di dedicarsi totalmente alla sua perfomance musicale in piena libertà e senza vincoli di orari. La nomination tra i quattro migliori studi di registrazione d’Europa ai Pro Sound Awards del 2016 ha dato conferma della vincente filosofia scelta come metodo di lavoro proposto agli Angel’s Wings Recording Studios. Gli studi hanno ospitato numerosi artisti nazionali e internazionali, tra cui Bobby Solo, la cantante slovena Tinkara Kovac, Luca Napolitano, George Aaron, Tamara Obrovac, l’Italian Gospel Choir, The Powerful Gospel Corale, il coro FVG Gospel Mass Choir, gli Harmony Gospel Singers, il coro Picozza, il coro Freevoices, il pianista Sebastian Di Bin, il chitarrista Gianni Rojatti e il batterista Erik Tulisso, il cantante Gianni Drudi, il cantautore Luigi Maieron, il rapper carnico Doro Gjat, Empatia, Volvodrivers, Simone Piva, Athanor Guitar Quartet, Laura Bisceglia. |

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PERSONAGGI

ANGELO FLORAMO Intervista di Margherita Reguitti. Immagini Archivio Bottega Errante Edizioni

Il fascino

del Medioevo

Docente e scrittore, il consulente culturale della più antica biblioteca del Friuli considera ancora oggi la storia come maestra di vita. «Ma anche una grande cucina piena di strumenti e ingredienti diversi».

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Angelo Floramo è esperto di letteratura latina medievale e di paleografia latina e diplomatica, ma anche scrittore e docente. Uomo di frontiera, vanta sangue misto friulano-balcanico. Di lui colpiscono lo sguardo sempre attento e curioso, sia alla grande storia sia alle memorie personali e collettive, così come il suo essere studioso rigoroso e affascinante cantastorie di vite e atmosfere di periferia. Collezionista di emozioni, esperienze e sapori, ama condividerli attraverso le pagine dei libri o con l’avvolgente malia delle parole in osteria, a scuola o nei luoghi deputati alla cultura. Per lui non fa differenza dove e con chi: ha il dono di saper scegliere le parole giuste per arrivare agli astanti. Un raccoglitore di sto-

rie, all’opera davanti a un bicchiere di vino sincero, fra i boschi del Cansiglio e in cammino lungo i sentieri rocciosi del Carso. Come un cercatore di funghi o pepite sa che una minuzia può nascondere un tesoro. Professor Floramo, come è nata la passione per il Medioevo e la scelta di studi non ritenuti forieri di carriere di successo? «Nella vita si è segnati dai bravi maestri e io ho avuto insegnanti di storia appassionati e appassionanti che mi hanno saputo presentare il Medioevo come una crepa non esplorata, ricca di tante suggestioni, in cui metterci le mani con passione e fantasia. All’università, quasi per caso, sono capitato a una lezione di latino medioevale di Nevio Zorzetti, per me un faro. Da lui ho imparato che questa parte della storia è come una grande e bella cucina, piena di strumenti e ingredienti diversi, dove muoversi con grande libertà perché ha orizzonti vastissimi, con ancora molto da capire». In apertura, Angelo Floramo. Di fianco, la copertina della sua ultima pubblicazione L’osteria dei passi perduti. Pagina accanto, un’immagine della Sala Fontaniniana della Biblioteca Guarneriana di San Daniele del Friuli.


Una passione verso la conoscenza del passato per capire il presente? «Direi di sì. La passione per la storia mi ha condotto all’esplorazione dei medioevi slavi e lo studio mi ha portato a capire che cosa sta accadendo oggi nell’area balcanica. La fascinazione dello studio non sempre è legata a ragioni critiche, nasce piuttosto dalla golosità e anche bulimia di conoscere, a tavola e in biblioteca (ride, ndr). Certo lo studio della storia permette di capire meglio ciò che accade oggi». Che rapporto vede fra le migrazioni di ieri e quelle di oggi? «Il millennio medievale ci ha insegnato che non dobbiamo essere preoccupati per gli spostamenti di popoli. I così detti barbari hanno vivificato il substrato latino, greco e cristiano. L’Europa, a Oriente e Occidente, è diventata grande mettendo assieme culture e sensibilità diverse del mondo germanico e slavo. Chi si ferma alla paura ha capito poco della storia. Certo senza sottovalutare l’attuale fenomeno che ritengo debba essere inserito nel giusto contesto, con la corretta priorità. La storia non cristallizza, è sempre in divenire. Nei periodi di crisi e frattura hanno germogliato grandi civiltà». Saggista e narratore, cantastorie e docente, appassionato di cucina, buoni vini e mitologia. Come convivono questi interessi? «Il mio appetito multiplo tiene assieme interessi diversi, nella costante ricerca di qualcosa che sia appagante, mai saziante, sempre sorprendente. Unire sapori improbabili, che poi risultano piacevolmente sorprendenti, è una caratteristica del mito antico ma anche della psicoanalisi, da Freud e Jung. Il mio è un desiderio di viaggiare, esperire e incontrare, sia attraverso i libri, sia nel contatto con le persone. Questo rende la vita un passaggio bello. Mai sazi!» Lei è uomo di frontiera dai geni meticci, quanto incidono le radici in queste terre nell’attività di studioso e scrittore? «Non potrei pensarmi altrove e neppure vivere in un grande centro, lontano dalle crepature, dagli incroci e dagli incontri di queste terre. Sarebbe una desolazione totale. Il fondo sabbioso, confuso, il diverso da te: sono elementi che fanno emergere le scoperte più interessanti, il senso di meraviglia e straniamento. Questa è una regione di attraversamenti di genti ma anche di spinte alle migranze, fenomeni che ci regalano un occhio vago, che ci permette di guardare oltre, senza supponenza, senza chiudere le porte, anche nel dolore dello sradicamento». Con i suoi ragazzi a scuola che tipo di rapporto instaura: docente in cattedra o compagno di viaggio verso la vita? «I ruoli durante la crescita vanno distinti. È importante la consapevolezza che non si è tutti amici. Per ruolo non intendo superiorità bensì il fatto che ho annusato più sentieri e accumulato più esperienza rispetto ai miei studenti. Sono dunque portato a consi-

gliarli e a metterli in guardia. La scuola è però un bel laboratorio in cui tutto è messo in discussione. I miei studenti possono assaggiare qualcosa che io non ho indicato. Allora diventa un loro regalo per me, e viceversa. Dunque pur avendo ruoli diversi siamo una ciurma che va all’avventura. In questo senso sono compagno, nello studio e nei viaggi che compiamo assieme». Se non fosse Angelo Floramo che personaggio del passato o del futuro avrebbe voluto o vorrebbe essere? «Nel passato mi immagino come un chierico molto vagante, radicato in un’idea, ma anche in fuga verso altri orizzonti, in cerca delle orme di un maestro, nella speranza di mai trovarlo, per proseguire la ricerca. Nel futuro non saprei. Sono ancorato a un presente intriso di passato, ma bello da vivere, qui e ora, in quanto irripetibile». Margherita Reguitti Insegnante di scuola superiore, consulente culturale della Biblioteca Guarneriana di San Daniele del Friuli, collaboratore di varie associazioni e riviste, socio fondatore dell’Accademia di Studi Medievali “Rudel” di Gradisca d’Isonzo, Angelo Floramo è autore prolifico. Fra i suoi volumi più recenti Balkan Circus (Ediciclo 2013), Guarneriana segreta (Bottega Errante Edizioni 2015), L’osteria dei passi perduti (Bottega Errante Edizioni 2017), oltre a pubblicazioni storiche in italiano e friulano. |

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PERSONAGGI CLAUDIO MORETTI Intervista di Andrea Doncovio. Immagini di Claudio Moretti

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Essere vero La sua storia d’amore con il teatro è sbocciata all’inizio degli anni ottanta. Restando fortemente legata al rapporto con il territorio e il popolo friulano. Dalle prime esibizioni fino ai progetti per bambini e ragazzi in Sudamerica, ripercorriamo la carriera di un “artigiano” della recitazione: «Il palcoscenico è il luogo della finzione per eccellenza, ma se sei sincero la gente non ti abbandonerà».

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Attore, regista, lettore, presentatore, drammaturgo, animatore: se dovessimo chiedere a Claudio Moretti di definirsi, quale risposta riceveremmo? «Un artigiano che cerca, con passione, di dare il meglio di sé nel proprio lavoro, senza mai dimenticare gli insegnamenti ricevuti». La passione per il teatro quando è nata? «Per una data precisa tocca tornare al 1982 quando, rientrando da Latisana insieme a Flavia Valoppi dopo aver assistito a Sei personaggi in cerca d’autore di Luigi Pirandello, estasiati dalla sublime interpretazione, insieme decidemmo che dovevamo fare qualcosa, anche se un’idea precisa non ce l’avevamo». In realtà poco dopo lei e Flavia fondaste il Teatro Incerto… «Confrontandoci con altre persone, pensammo di organizzare dei laboratori tematici: clown, dizione e fonetica, acrobatica, tecnica del movimento... Da lì, insieme alla ventina di corsisti coinvolti, decidemmo di dare forma e sviluppo a quelle esperienze, realizzando i primi spettacoli». Da lì l’evoluzione qual è stata? «Abbiamo iniziato con il clown, forti degli insegnamenti di Claudio de Maglio, direttore della Civica Accademia d’Arte Drammatica ‘Nico Pepe’ di Udine. Poi, negli anni, il nostro lavoro ha avuto una normale e benefica evoluzione; ci siamo messi a scrivere (anche se ancora oggi non lo consideriamo il nostro mestiere), visto che nel panorama della drammaturgia friulana non 28

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trovavamo risposte alle nostre esigenze, urgenze, necessità e desideri di raccontare il mondo, il territorio che ci circonda, e le genti e le storie che ci appartengono. Poi, abbiamo avuto la fortuna di frequentare e diplomarci alla Scuola ‘Fare Teatro’ organizzata dal CSS Teatro Stabile di Innovazione del FVG e frequentata nel triennio 1986-1989. Questa esperienza di studio è stata fondamentale. Ci ha aperto un mondo; abbiamo conosciuto i Maestri e la drammaturgia di Beckett, Pinter, Checov… veri ispiratori del nostro teatro». Cosa significa fare teatro in Friuli Venezia Giulia? «Lavorare dove capita, a volte nei luoghi deputati, ma spesso in corti, piazze, cortili, prati, solai… una vera palestra ricca di umanità varia, che ci ha formati, ci ha dato struttura, ci ha resi più forti. Il Friuli, sebbene sia un piccolo territorio, offre tutto, e in questo tutto pure lo spazio di lavoro per tutti. Ormai sono trentacinque anni che siamo sulla scena; il Friuli, come il resto del mondo, è cambiato, eppure le platee si riempiono davanti a noi e noi non possiamo che essere grati a questo popolo di Friulani». A suo avviso qual è lo stato di salute del teatro in particolare e del mondo dello spettacolo in generale nella nostra regione? «A ogni piè sospinto tira aria di crisi. Il teatro è una forma di spettacolo, di rappresentazione antica ed è arIn apertura, primo piano di Claudio Moretti


rivato fino ai nostri giorni, spesso portando in scena il lavoro degli albori. Insomma dimostra grande capacità di resistenza e di proposta». Per Claudio Moretti cosa significa recitare? «Essere vero. Il palcoscenico è il luogo della finzione per eccellenza, ma se, e dico una cosa solo all’apparenza paradossale, ci metti tutto te stesso con sincerità, in quel momento così magico, la gente ti crederà, ti seguirà e non ti abbandonerà». Tra le sue diverse interpretazioni a quale è più legato? «Ne dovrei citare tre: Four del 1997, racconta la storia di tre tifosi di calcio rimasti fuori dallo stadio, in attesa dei biglietti che non arrivano. Fu il primo di tre spettacoli, diventati poi ‘la trilogia’ che ha fatto maturare in noi la consapevolezza del fare teatro e la ricerca puntigliosa della scrittura drammaturgica. Poi c’è Maratona di New York di Edoardo Erba, tradotto in friulano e adattato per noi da Paolo Patui. Uno spettacolo dove sul palcoscenico Fabiano Fantini e io corriamo per circa un’ora e un quarto; oltre cento repliche di una meravigliosa fatica. Infine, uno spettacolo che non è targato Teatro Incerto, vale a dire I Turcs tal Friul di Pier Paolo Pasolini, testo regalato da noi stessi a Elio de Capitani, regista del Teatro dell’Elfo di Milano e nostro insegnante alla scuola ‘Fare Teatro’. Elio venne folgorato da quelle parole, tradottegli in italiano da Fabiano, e lo spettacolo ne divenne, nella sua semplicità e linearità, una immensa opera». Non solo teatro: Claudio Moretti è un personaggio anche in tv, come dimostrano le collaborazioni con diverse emittenti locali. Cosa significa per lei lavorare in televisione? «C’ho lavorato, ora non più. Capita ogni tanto di riapparire, ma sono momenti sporadici. La televisione ha tempi diversi, devi saperli riconoscere. Partivo comunque avvantaggiato grazie all’esperienza teatrale e radiofonica che ti permettono di lavorare sull’improvvisazione con solide basi». Qual è il rapporto di Claudio Moretti con il “suo” Friuli? «È una terra che amo e che mi fa incazzare; sforna talenti spesso incatenati alle stesse radici. A mio avviso non siamo propensi a fare squadra e questo può essere un limite. Ogni tanto l’ho abbandonato, per poi ritrovarlo in diversi luoghi che ho avuto la fortuna di visitare per lavoro». E il rapporto con la lingua e la cultura friulana? «Sono aspetti che mi appartengono, ne vado fiero. Il friulano è lingua del nucleo familiare, del rapporto con gli amici, del teatro, dei sentimenti e delle corde più profonde. Anche quando parlo in italiano, credo che il mio esprimermi sia frutto di una traduzione dal friulano. E la cultura è un modo di osservare le cose, un punto di vista sul mondo, una prospettiva». Attraverso il suo teatro, infatti, lei promuove e diffonde anche la cultura friulana… «Non è una scelta, è la normalità. Noi – Elvio, Fabiano ed io – raccontiamo storie ed è questo che ci piace; storie che ci riguardano, ambientate in Friuli,

Claudio Moretti a Gerusalemme davanti alla preghiera del Padre Nostro scritta in friulano e asturiano. ma potrebbero capitare in qualsiasi luogo del mondo». Qual è la risposta del pubblico? «Da trentacinque anni percorriamo da nord a sud, da est a ovest questo Friuli; sono rare e si possono contare su una mano le volte che, per ragioni che magari poco ci riguardavano, abbiamo avuto una sala deserta. Eppure noi continuiamo a fare teatro in friulano, da molti anni ormai. La lingua accomuna noi sul palco e la gente in platea. Ci sentiamo tutti parte della stessa comunità. Non finiremo mai di ringraziare tutta questa fiumana di gente». Nel mondo del teatro e dello spettacolo ci sono persone a cui è particolarmente legato? «Ce ne sono diverse, ma preferisco tenerle per me. Cito solo i miei compagni di cammino, Elvio Scruzzi e Fabiano Fantini, insieme a Flavia Valoppi e tutte quelle persone che hanno dato vita a questa splendida avventura». Lei è stato anche in Sudamerica ospite di famiglie friulane emigrate: come l’hanno accolta? «Dico sempre che, soprattutto in Sudamerica, ho casa. ‘Mi casa es tu casa’ me lo hanno detto poche volte ma lo hanno fatto bastare con le azioni concrete. Ho imparato da questa gente il senso vero dell’ospitalità e dell’accoglienza. L’Argentina, dove sono stato numerose volte, è la mia seconda patria, Colonia Caroya il mio secondo paese». L’esperienza non si è limitata a una semplice visita: da allora lei coordina in quei luoghi campi scuoDa sinistra Fabiano Fantini, Elvio Scruzzi e Moretti

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la con ragazzi discendenti da friulani. In cosa consiste concretamente l’attività? «Insieme agli amici Alessandro Montello e Guido Carrara, abbiamo intrapreso questa strada pensando alle nuove generazioni. È stato grazie all’intuito di Ferruccio Clavora, allora direttore di Friuli nel Mondo. Il pensiero di fondo del progetto partiva dal fatto che i ragazzi non frequentavano i Fogolȃrs, proprio per questo pensammo di realizzare campi scuola che permettessero di apprendere e conoscere il mondo dell’emigrazione, che aveva visto coinvolti i loro avi. Spettacoli, mostre fotografiche, ricerche di materiali, concerti plurilingue, laboratori e altro ancora scandivano i giorni delle molteplici attività realizzate da Nord a Sud dell’Argentina, con puntate anche in Uruguay. La normale conseguenza era l’agognata tournée che prevedeva anche 10.000 chilometri in pullman nell’arco di una decina di giorni. Quei ragazzi, che allora potevano avere all’incirca una quindicina d’anni, oggi sono madri e padri di famiglia, imprenditori, amministratori locali e, spesso, grazie anche a questa presa di coscienza sul loro luogo di origine, hanno instaurato un rapporto privilegiato culturale e perfino commerciale con il Friuli». Torniamo alle nostre latitudini. Claudio Moretti ha partecipato anche alla realizzazione di libri e soggetti per l’infanzia: attraverso di loro quali messaggi desidera trasmettere ai bambini? «Questo è merito soprattutto della professoressa Silvana Schiavi Fachin dell’Università di Udine, che ci coinvolse nella realizzazione di varie produzioni, dedicate al mondo dell’infanzia, per l’apprendimento della lingua friulana. Con il fondamentale supporto di Alessandra Kersevan e Giancarlo Velliscig realizzammo video, audiocassetta, libri con illustrazioni di Altan e persino alcune animazioni; ricordo, e ho ancora i costumi, di aver interpretato uno sbilf (folletto, ndr) nascosto in un bosco e scoperto dai bambini, con grande meraviglia, durante un momento di attività scolastica all’aperto. Il piacere, da sbilf, di dialogare con quei bimbi, di rispondere alle loro curiosità, ce l’ho nel cuore e lo ritengo un momento impagabile». Nella sua carriera lei ha recitato dappertutto: carceri, manicomi, night, ospedali e persino al circo. Quale esperienza le è rimasta più impressa? «Ce ne sono tantissime e ognuna, in qualche modo, singolare; ricordo con particolare piacere ed emozione una replica di Maratona di New York in Australia. A un certo punto Steve, uno dei due personaggi, si rivolge a Mario, suo compagno di allenamento, e lo incita con questa frase a tener duro, a non mollare: “Non senti, quelli del Fogolȃr Furlan di New York che gridano ‘Go, go, go’”. Ebbene, in quel mentre dalla platea, in modo assolutamente spontaneo, si levò a ripetere lo stesso grido: “Go, go, go”. Non vorrei aggiungere altro, lascio solo immaginare». Dal passato al futuro: quali sono i prossimi progetti di Claudio Moretti? «Il Teatro Incerto in questo periodo è in sala prove; la prossima primavera debutteremo con Blanc, il no30

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stro nuovo lavoro. Abbiamo ricevuto una proposta assolutamente interessante per il 2019. Per quanto riguarda me, mi ritengo una persona fortunata, che da questo mestiere ha avuto tantissimo. Ricevo molteplici proposte di lavoro che spaziano dalla regia ai laboratori, dalle collaborazioni ai progetti tematici». Dal futuro ai sogni. Le concedono di realizzare un desiderio: quale esprime? «Chiedo un po’ salute per me, per i miei cari. Chiedo un po’ di pace per l’umanità. Il teatro mi ha dato talmente tanto al punto che non trovo giusto chiedergli ancora qualcosa in più». Andrea Doncovio

Claudio Moretti (nella foto in alto a Ushuaia in Argentina) è nato a Gradisca di Sedegliano. Nel 1982 ha fondato il Teatro Incerto con il quale ha percorso in lungo e in largo tutto il Friuli e diverse località italiane ed europee. Nel 1986 inizia la Scuola triennale di Formazione Professionale per attori Fare Teatro organizzata dal C.S.S. di Udine. Da anni collabora con vari enti fra i quali l’Università di Udine, Friuli nel Mondo, il SERT, La Civica Accademia d’Arte drammatica “Nico Pepe”, C.S.S., la Scuola d’Arte e Mestieri di Pordenone ed altri. Ha lavorato per emittenti locali come Rai Regione, Telefriuli, Free e Onde Furlane. Ha partecipato alla realizzazione di libri vari e soggetti video (anche attore) per l’infanzia. Ha recitato dappertutto, compresi carceri e manicomi, ma anche nei night, negli ospedali e persino in un circo. Con Fabiano Fantini ed Elvio Scruzzi, ha scritto testi teatrali, regolarmente pubblicati nella collana “X il Teatro”, e realizzato decine di spettacoli.


ROSSELLA BIASIOL

PERSONAGGI

Intervista di Andrea Doncovio Immagini di Claudio Pizzin

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Il linguaggio

dei fiori

A Isola Morosini ha sede la Scuola Fioristi del Friuli Venezia Giulia. Assieme alla sua presidente abbiamo ripercorso la storia della “secessione floreale” a Gorizia. «Perché un secolo fa la floricoltura dava da vivere a un intero territorio».

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Una realtà unica nel suo genere, attiva in Friuli Venezia Giulia in ambito artistico, culturale e didattico. La Scuola Fioristi regionale, nata nel 2000 con sede a Isola Morosini nel comune di San Canzian d’Isonzo, organizza da anni appuntamenti divulgativi e informativi sulla storia e l’evoluzione della floricoltura. L’ultimo in ordine di tempo si è tenuto a Grado: una mostra dal titolo “La secessione floreale a Gorizia - Floricoltura industriale e arte floreale nel costume e nella società goriziana fra fine ‘800 e primi ‘900”, che ha fatto rivivere un contesto fondamentale per la storia culturale, sociale ed economica nel nostro territorio. In questa intervista, la presidente della Scuola Fioristi FVG, Rossella Biasiol, spiega perché. Presidente Biasiol, cosa si intende per “secessione floreale” a Gorizia? «Nella storia dell’arte per Secessione si intende lo sviluppo di stili artistici che si sono sviluppati tra la fi ne del XIX e l’inizio del XX secolo in

Germania (Monaco e Berlino) e in Austria (Vienna). All’epoca il nostro territorio era sotto il dominio austriaco. In quel periodo anche l’arte floreale è stata trasportata dal vento della secessione: sono state introdotte nuove tipologie di fiori, sono nate le prime fiorerie, sono iniziati i primi “esperimenti” di quelli che oggi vengono chiamati Stili principali di Decorazione Floreale. Possiamo dire che in quel periodo storico sono state gettate le basi dell’arte floreale moderna». La rassegna che avere realizzato a Grado cosa ha voluto trasmettere al pubblico? «La rassegna ha raccontato di un tempo in cui Gorizia guardava il mondo in faccia e non attraverso lo specchietto retrovisore: una Gorizia che esportava, che faceva impresa, che aveva energia e voglia di bellezza e natura. Confermando che economia e arte floreale quando camminano insieme sono una grande forza, che riesce a dare un senso alla vita delle persone e alle loro speranze; riesce a segnare nuove vie, stimolare nuovi approcci e nuove realizzazioni».

In apertura, Rossella Biasol all’opera a Expo 2015 a Milano dove è intervenuta in qualità di esperta a un convegno sul mondo rurale (ph. R. Biasiol). A fianco, la sede della Scuola Fioristi del Friuli Venezia Giulia a Isola Morosini. Info: www.scuolafioristifvg.it

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Perché la floricoltura ha rivestito un ruolo importante nella storia del territorio goriziano? «Molto semplicemente perché dava da vivere a un intero territorio. All’epoca esistevano numerosi vivai, produttori di piante verdi, piante fiorite, fiori recisi; vivai a conduzione familiare, con dipendenti; giardinieri che andavano a specializzarsi in Germania dove studiavano anche l’arte della decorazione con i fiori recisi; giardinieri che assumevano giovani apprendisti; mogli che aprivano i primi chioschi di fiori, le prime fiorerie. Era un periodo di grande fermento per la natura e i suoi collaboratori». Una storia che parte dalla metà del 1800: all’epoca e negli anni seguenti quante persone erano coinvolte nell’indotto della floricoltura? «Parecchie. Verso la fine dell’800 a Gorizia sorsero vari stabilimenti sia in città che alle pendici del colle del Castello, della Castagnevizza e del San Marco, a San Pietro e a Rosenthal. Aziende che si fecero conoscere non solo nell’impero Austro-Ungarico ma anche all’estero, soprattutto in Germania e nell’Europa dell’Est. Fra le ditte possiamo citare Gorian , Voigtlander, Ferrant, Claucig, Fischer, Petarin, Velicogna, Mervic, Stolfa, Bosulin e tanti altri». Parlando invece del costume e della società goriziana, quale fu in quei tempi l’influenza della floricoltura? «La floricoltura parla di bellezza e di armonia, su questa scia di piacere per ciò che è piacevole a vedersi si sviluppò anche la moda: le dame portavano cappellini con decorazioni floreali, fiori nelle acconciature, nelle scollature degli abiti; vasi di fiori abbellivano la casa, finalmente ritornarono le composizioni sulla tavola. Omaggi floreali, piccoli bouquet e mazzolini diventavano messaggi criptati fra innamorati... A Gorizia, ma anche in tutto l’Impero, si parlava parlando di fiori». Quali sono le eredità principali che quel periodo ha lasciato nella società di oggi? «La società di oggi – anche se non bisogna mai fare di tutta l’erba un fascio – si basa molto sull’apparenza, sulla superficialità, sull’immagine. I fiori non parlano di questo. L’eredità di bellezza, armonia, sentimento, tradizioni, conoscenza profonda e unione con la natura che quel periodo storico ha voluto lasciarci è lì in uno scrigno rimasto, forse volutamente, sepolto. Un’eredità che aspetta di essere riconosciuta, ripresa e riportata alla vita, perchè solo attraverso quei principi la floricoltura e l’arte floreale potranno tornare a essere i numeri uno nell’attività produttiva della società del futuro». A livello di professionalità, invece, come si è evoluto il contesto nel Goriziano? «Nel territorio di Gorizia le attività si sono diversificate: mentre un tempo l’azienda di florovivaismo aveva anche un punto vendita in città, ora abbiamo realtà indipendenti e specializzate: fiorerie, aziende di progettazione e manutenzione giardini, garden center, vivai, floricolture». Oggi in Friuli Venezia Giulia quali sono le principali realtà che operano nell’ambito della floricoltura? 32

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«Se parliamo solo di floricoltura, i dati dell’ERSA (vedi box in basso a destra, ndr) ci fanno capire meglio il settore di riferimento. Va anche detto che oggi c’è un ritorno dei giovani al mondo agricolo; sono nate varie aziende di produzione di erbe officinali e aromatiche. Stanno ritornando i vecchi mestieri con la produzione di tessuti colorati con tinture naturali, mielerie, produttori di oli essenziali, creme e unguenti naturali: una buona cosa». In cosa consiste l’attività della Scuola Fioristi del FVG? «La Scuola Fioristi è una vera e propria Accademia dell’arte floreale, nella sede si respira aria di arte e fiori, arte e natura, arte e benessere psicofisico delle persone, anche attraverso una serie di attività olistico/floreali. L’attività principale è la formazione, aperta a tutti coloro che vogliono avvicinarsi al regno dei fiori con un concetto antico riportato a oggi. L’arte della decorazione floreale ha origini antichissime, conoscenze profonde che partono dal Fiore della Vita per arrivare alle tecniche di composizione, passando attraverso il numero aureo presente nell’arte e nell’architettura, la teoria del colore, la storia e cultura dei fiori nelle epoche, la liturgia, la storia del costume e dell’acconciatura, le tradizioni. Nella nostra scuola si impara a ri-conoscere, gestire e ri-portare la magia dei fiori nelle composizioni e negli allestimenti». Quante sono le persone che ne fanno parte? «La nostra realtà è un’associazione di promozione sociale composta da un Consiglio direttivo e altri organi interni. Ogni anno cambia il numero degli associati: a oggi siamo circa un centinaio di persone di tutte le età». Quali sono i prossimi obiettivi dell’associazione? «Parlando della sede che è immersa nell’ambiente naturalistico di Isola Morosini, l’obiettivo è quello di renderla un punto di riferimento per il benessere delle persone, delle famiglie, degli anziani desiderosi di passare del tempo lontani dal caos della città, dedicandosi alla cura del giardino, alla lettura di libri, magari bevendo una tisana all’ombra di un albero. Per quanto riguarda la formazione, ci sono tante novità nell’aria, collaborazioni importanti anche a livello internazionale che si svilupperanno già in questi primi mesi del 2018. Per la cultura dei fiori abbiamo in cantiere un progetto molto importante che parlerà di fiori, arte e arte sacra nel territorio della provincia di Gorizia e che svilupperemo con la collaborazione di enti e associazioni a noi vicine». Andrea Doncovio

In queste pagine, alcune immagini di composizioni floreali realizzate per la mostra “La Secessione Floreale a Gorizia” allestita a Grado.

Floricoltura in Friuli Venezia Giulia

Complessivamente nell’ambito della floricoltura le circa 110 aziende attive in Friuli Venezia Giulia hanno una superficie aziendale di 127,7 ettari, dei quali 39,5 di superfici protette e un valore della produzione stimato in 64 milioni di euro. La floricoltura del Friuli Venezia Giulia è una realtà disomogenea, composta da aziende molto importanti a livello nazionale e internazionale e da realtà medio piccole: - 2% di aziende sopra i 40.000 mq: totale superficie 155.000 mq di cui 105.000 mq superfici protette; - 8% di aziende tra i 10.000 e i 40.000 mq: totale superficie 375.000 mq, di cui 155.000 mq superfici protette; - 28% di aziende tra i 4.000 e i 10.000 mq: totale superficie 297.000 mq, di cui 132.000 mq superfici protette; - 30% di aziende tra i 1.000 e 4.000 mq: totale superficie 240.000 mq, di cui 82.000 mq superfici protette; - 32% di aziende inferiori a 1.000mq: totale superficie 210.000 mq di cui 26.000 mq superfici protette. Tratto da “Allegato alla dgr 434 del 2 marzo 2007 - programma di sviluppo rurale 2007 – 2013” della Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia”. |

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CULTURA

Un distillato

SPIRITO DI VINO Intervista di Margherita Reguitti Immagini di photolife.it

di umorismo

L’Accademia di Belle Arti “Gian Battista Tiepolo” a Udine ospiterà a febbraio una mostra di arte e satira con le vignette più belle e irriverenti realizzate nelle diciotto edizioni del concorso internazionale. Per interpretare con sagacia l’attualità.

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Arte e satira: è questo il binomio della mostra che sarà inaugurata presumibilmente entro il mese di febbraio nelle sale dell’Accademia di Belle Arti “Gian Battista Tiepolo” a Udine. Titolo dell’evento sarà “Spirito di vino 18 years”. Un viaggio del buon umore graffiante proposto dalle vignette più belle e divertenti realizzate nel corso dei primi 18 anni del concorso internazionale. Una proposta del Movimento Turismo del Vino FVG, promotore del concorso con altri enti pubblici e privati, dedicata alla satira enoica e a tutto quanto è vita global: dalla politica alla cultura, dai personaggi ai fatti. Una mostra che è uno sfogliare di un album disegnato e colorato degli avvenimenti dall’inizio del nuovo secolo a oggi, composto dal segno di giovani

artisti di tutto il mondo e di maestri del genere con radici italiane e successo mondiale. L’esposizione, tavole disegnate da spiriti ironici e irriverenti, ogni pezzo originale incunabolo 2.0, propone anche l’attualità delle vignette che hanno partecipato all’ultima edizione del concorso svoltasi a dicembre a Udine. Novità di questa edizione la prestigiosa collaborazione con l’Accademia di Belle Arti GB Tiepolo, recente ma già affermato percorso di studi superiori aperto nel capoluogo friulano. «Questo concorso, nato nel 2000 e quest’anno maggiorenne – ricorda la presidente del Movimento Turismo del Vino FVG, Elda Felluga – fin dall’inizio ha voluto comunicare il vino in maniera trasversale. Questa è la sua forza e il suo futuro che quest’anno ha incontrato anche la preziosa collaborazione dell’Accademia di Belle Arti Tiepolo. Da quest’anno “Spirito di vino” dedicherà particolare spazio all’illustrazione satirica, rafforzando l’attenzione sulla manualità del tratto, sul recupero del segno grafico e del disegno. Al centro del processo creativo dunque la sapienza della mano che permette di materializzare l’idea su un foglio bianco. Come la mano del contadino coltiva la terra per raccoglierne i frutti». Di fianco, da sinistra, Elda Felluga, Giorgio Forattini e Valerio Marini. In apertura, foto di gruppo con i premiati di Spirito di vino edizione 2017.

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Vincitori dell’edizione 2017 sono l’uzbeko Muzzafar Yulchiboev, con Tango nella sezione “under 35”, e la torinese Marzia Grossi, con Wine test per “over 35”. Sul podio secondi classificati nelle due sezioni, il torinese Davide Nolfo con Vino amabile e il toscano Pietro Giallombardo con Vin Gogh. Al terzo posto la milanese Desirè Galbiate con Vino, vinili, vintage e l’australiano Mark Lynch con No title. Accanto alla perizia artistica e artigianale dei lavori in concorso, tutti realizzati a mano con matite e colori, senza l’intervento di computer o programmi di grafica, sorprendente e interessante è stata, da una parte, l’attualità dei temi della politica e cronaca internazionale, e dall’altra la poetica di originali visioni e interpretazioni della magica bellezza del mondo del vino anche in paesi e culture dove la tradizione enologica ha radici recenti. In questo senso un esempio su tutti è rappresentato dalla presenza di artisti cinesi e di altri paesi asiatici. Non è stata dunque facile la scelta per la blasonata giuria di maestri ed esperti di giornalismo e comunicazione che ha portato alla selezione delle 60 vignette arrivate in finale fra le centinaia in concorso. Dalla prima edizione a oggi sono state oltre novemila le vignette pervenute, provenienti da 50 paesi nel mondo. Una mole di creatività di segno e di satira attentamente osservata e valutata dalla giuria oggi composta dal presidente in carica Alfio Krancic e dal presidente onorario Giorgio Forattini, affiancati da nomi illustri della satira, del giornalismo e della grafica come i vignettisti Emilio Giannelli e Valerio Marini, i giornalisti Gianluigi Colin, Franz Botré, Enzo Rizzo, Carlo Cambi, Paolo Marchi, il docente del Politecnico di Milano Aldo Colonetti, i conduttori della trasmissione Decanter di RadioRai Fede & Tinto e l’attore Francesco Salvi. Una squadra di professionisti e artisti di grande esperienza e capacità che hanno come riferimento emozionale e organizzativo la presidente Elda Felluga, ideatrice e convinta sostenitrice della manifestazione e unica donna della giuria. Conclusasi con successo l’edizione della maggiore età si sta già lavorando per il futuro. Sul sito www.spiritodivino.cloud a breve saranno pubblicate tutte le novità e le informazioni del concorso che, come tradizione, è realizzato con il sostegno e il contributo di molti enti pubblici e privati, fra i quali la Regione Friuli Venezia Giulia e il Comu-

Le due vignette vincitrici dell’ultima edizione: sopra Tango di Muzaffar Yulchiboev; sotto Wine test di Marzia Grossi.

ne di Udine, rappresentati alle premiazioni rispettivamente dagli assessori Cristiano Shaurli e Alessandro Venanzi. In programma la pubblicazione di un prezioso volume che proporrà un distillato di umorismo pungente e satira graffiante; inconfondibile e particolarissimo Dna del premio. Perché il sorriso intelligente aiuta la felicità e apre nuovi orizzonti. Margherita Reguitti |

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® www.elettricomagazine.it

S I C U R E Z Z A E R I S E R VAT E Z Z A

La videosorveglianza D I R I T T O

víola la privacy?

Rubrica a cura di Massimiliano Sinacori

Spesso capita che telecamere posizionate sulla propria dimora per ragioni di sicurezza riprendano anche spazi di proprietà altrui. Un danno per la riservatezza delle altre persone? Ecco cosa afferma la giurisprudenza.

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Atti e immagini carpiti da privati mediante telecamere installate all’esterno delle loro proprietà sono assolutamente legittimi e, a detta dei giudici di legittimità, pienamente utilizzabili senza alcuna autorizzazione dell’autorità giudiziaria, costituendo prove atipiche comunque idonee ad assicurare l’accertamento dei fatti. Capita spesso che una videocamera installata, per ragioni di sicurezza, sulla propria dimora finisca col riprendere anche spazi comuni o di proprietà altrui, ponendo quindi un problema di tutela della inviolabilità del domicilio ai sensi degli art. 14 Cost. e CEDU nonché del diritto alla riservatezza di chi dispone dei luoghi videosorvegliati. Il Garante per la Privacy ha fissato alcuni principi base che devono essere rispettati dai soggetti che intendono dotarsi di un sistema di videosorveglianza che possa interferire con il diritto altrui alla riservatezza: |

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- il principio di liceità: l’attività di videosorveglianza deve anzitutto rispettare la normativa di riferimento in materia di trattamento dei dati personali e di quanto previsto, nello specifico, per i dati captati attraverso l’utilizzo di apparecchi audiovisivi; - il principio di necessità: va escluso ogni uso che esuli dalla finalità di garantire la sicurezza dei beni oggetto di tutela; - il principio di proporzionalità: la videosorveglianza che lede la riservatezza altrui può essere attivata solo quando altre misure volte a tutelare il diritto alla sicurezza risultino inefficaci o inattuabili. Nell’ambito dei luoghi di privata dimora altrui, è necessario distinguere fra ambienti esposti al pubblico e, al contrario, ambienti la cui visione dall’esterno è occultata o sarebbe possibile attraverso una serie di accorgimenti o col consenso del titolare. Mentre, infatti, per questi ultimi l’acquisizione di videoriprese è impedita dalla tutela apportata da chi è ivi domiciliato, vice-


versa è ammessa la captazione di ciò che accade negli ambienti esposti al pubblico, come ad esempio ingressi, cortili e balconi del domicilio di terzi trattandosi di luoghi liberamente visibili da più persone e dall’esterno senza ricorrere a particolari accorgimenti; motivo per cui i titolari di detti spazi non possono vantare alcuna pretesa al rispetto della riservatezza (cfr. Cass. Pen. Sent. n. 22093/2015). È altresì lecito avvalersi di telecamere puntate sulla via pubblica per prevenire eventuali illeciti anche se invadono involontariamente la privacy altrui: in tal caso non può sussistere il reato di interferenza illecita nella vita privata per mancanza di dolo. Questo il principio stabilito dalla Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione, nell’annullare una sentenza emessa in grado di appello che condannava il proprietario di un’autorimessa il quale, utilizzando una telecamera puntata sulla strada per prevenire furti già avvenuti in precedenza, si era procurato indebitamente immagini relative allo svolgimento dell’attività lavorativa di una signora. La Suprema Corte, dopo aver precisato che il nostro ordinamento non riconosce alcun diritto di documentazione della vita privata altrui, se non con il consenso dell’avente diritto o in presenza di causa di giustificazione, afferma che, qualora, come nel caso in questione, le immagini siano state procurate involontariamente e nell’esercizio di un proprio diritto ad autotutelarsi (da furti nell’autorimessa), il reato non può sussistere per difetto dell’elemento soggettivo, a causa della mancanza della rappresentazione, da parte del soggetto agente, del carattere antigiuridico del fatto. In sintesi, quando le riprese sono fatte per tutelarsi e senza alcuna intenzione di invadere la privacy altrui, sono perfettamente lecite.

In applicazione del principio di proporzionalità, anche la durata della conservazione dei dati deve, ragionevolmente, essere commisurata all’indispensabilità delle riprese e per il solo tempo necessario alla tutela del diritto alla sicurezza. Alla luce di tali considerazioni, si ritiene che il diritto alla conservazione, salvo i casi ove si renda necessario l’intervento delle autorità giudiziarie, sia, tendenzialmente, limitato alle 24 ore successive. Va ricordato, inoltre, che sussiste l’obbligo per chi pone in essere l’attività di videosorveglianza di informare adeguatamente i soggetti che potenzialmente potrebbero essere violati nel proprio diritto alla riservatezza. In proposito, il Garante ha individuato un modello di informativa semplificata che si può reperire sul sito del ministero della difesa www.carabinieri.it.

Massimiliano Sinacori Per approfondimenti ed esame di alcune pronunce e della casistica in materia è possibile rivolgere domande od ottenere chiarimenti via e-mail all’indirizzo:  massimiliano@avvocatosinacori.com


Rubrica a cura della Polizia di Stato della Provincia di Gorizia

P O L I Z I A D I S TA T O

sheknows.com

S E X TO R T I O N E S E X R E V E N G E

Pericoli in agguato Dalle foto ai video, ogni cosa che pubblichiamo in rete può diventare permanente e visibile da tutti. Aspetti che truffatori e criminali del web conoscono molto bene… Fenomeni sempre più allarmanti in taliano, ma a Mario non importa. Mario scoRete sono la “Sextortion” e il “Sex Re- pre che, oltre alla bellezza esteriore, Giada è anche una ragazza sensibile e davvero bivenge”. Mario è caduto nella trappola del pri- sognosa d’affetto. Per ricambiare l’interesse mo. Giada è una seducente affascinan- sincero di Mario, gli manda alcune sue fotote ragazza straniera in cerca di amici grafie in costume; ecco che le conversazioni italiani, Mario è un uomo in cerca di av- diventano più “interessanti” finché, durante le venture o, chissà, anche di un amore settimane successive, i due hanno bisogno di vedersi. Giada propone a Mario di accendere sincero. Durante un’afosa giornata di ago- la webcam, e lui di certo non si lascia sfuggisto, Mario riceve una richiesta di ami- re l’occasione… cizia da Giada. Mario legge la richieMario resta incantato dalla bellezza e sta e, incuriosito, scopre che Giada ha dall’avvenenza di Giada, che adesso è di froni suoi stessi interessi, è stata in alcu- te a lui, non è più soltanto una foto. Giada si ni posti in cui è stato lui, ed è anche spoglia e chiede a Mario di fare lo stesso. Maamica con altri suoi contatti. Nella ri- rio acconsente, la conversazione va avanti, finchiesta di amicizia, Giada ha anche ché lui riceve un messaggio del tutto inaspetespresso il suo desiderio, che è quel- tato… “bravo, ho registrato la tua performanlo di trovare un amico sincero perché ce, se non mi paghi condivido il video con tutè da sola, in un paese straniero. Ma- ti i tuoi amici di Facebook e lo posto su YouTurio accetta e Giada è ben felice. Tra i be”. Ed in effetti, nel messaggio è anche alledue inizia una bellissima conversazio- gato un link nel quale lo sventurato si rivede o ne; certo Giada non parla benissimo l’i- qualche schermata che lo ritrae nel momento 40

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prima. Di Giada non c’è più alcuna traccia. La donna bella e sensibile che Mario aveva di fronte non esiste più. Mario è confuso. Da un lato si rende conto che la cifra richiesta è alta anche se non eccessiva, e dall’altro ha il terrore che i suoi amici e parenti sappiano quello che ha appena fatto. Nel messaggio, che riporta le istruzioni per il pagamento, è scritto di inviare i soldi a un nominativo in Costa d’Avorio. Mario decide di prendere i suoi risparmi e di andare in un negozio che offre il servizio di Money Transfer e pagare, pur di evitare il disonore. Torna a casa con un peso in meno; la vicenda è per lui chiusa. Il giorno dopo, però, viene ricontattato da “Giada”. Quei soldi non bastano più; adesso “Giada” chiede il doppio. Mario resiste, nega, dice che non pagherà mai più. Ma “Giada” gli fa vedere un’altra schermata del suo video… Mario decide allora di andare a sporgere denuncia alla Polizia Postale e delle Comunicazioni. Lo dice a “Giada”, che cancella immediatamente il suo profilo e fa perdere traccia di sé senza pubblicare nulla. Sextortion è dunque una trappola virtuale in cui si può cadere senza accorgersene, proprio come Mario. Spesso i criminali, nonostante i soldi inviati, pubblicano lo stesso il video o i link. In Italia ci sono già alcuni casi di suicidio. Esiste anche il pericolo del sex revenge (vendetta pornografica), nel quale un fidanzato/a abbandonato trova la sua vendetta nel pubblicare foto e video prodotti consapevolmente con il/la partner quando stavano insieme, così da offrire agli amici e ai conoscenti spunti per chiacchiere e dicerie. Come tutelarci? La Polizia Postale e delle Comunicazioni è da tempo impegnata per scongiurare questi due fenomeni in ascesa. Sul fronte della prevenzione, continuiamo a inviare alert mediante il sito www.commissariatodips. it e con l’APP della Polizia di Stato, in modo che tutti i cittadini possano essere informati sulle ultime trovate dei criminali online, e

trovare consigli preziosi per evitare le trappole della rete. In tutte le occasioni possibili, inoltre, esponiamo le poche regole da rispettare per l’uso sicuro dei social network. Anzitutto, non fidarsi delle richieste di amicizia provenienti da profili sconosciuti. Poi, evitare di fornire informazioni personali, né pubblicandole sul proprio profilo né tantomeno in chat privata. Ancora, evitare il click su dei link postati da sconosciuti. E ricorda: tutto quello che inserisci sul social network, e più in generale sulla rete, può essere permanente. Le denunce, comunque, sono ancora poche rispetto all’entità stimata del fenomeno e questo perché le vittime spesso provano vergogna per l’accaduto. In questi casi, ricordiamo che sporgere denuncia è un diritto di cui non vergognarsi, oltre che essere un aiuto che può rivelarsi prezioso per le indagini.

NUMERI UTILI E DI EMERGENZA 113

Polizia di Stato Soccorso pubblico di Emergenza

118

Emergenza medica

112

Carabinieri

115

Vigili del Fuoco

117

Guardia di Finanza Corpo forestale dello Stato

1515 Emergenza ambientale Capitaneria di Porto

1530 Emergenza in mare

800-82.20.56

Blocco Bancomat


www.elle.it

SOPRUSI E DENUNCE

Un silenzio assordante S O C I E T À

Le vittime di violenze fisiche e psicologiche spesso non raccontano a nessuno quanto accaduto. Dalla vergona al senso di colpa: ecco i motivi di una scelta dolorosa. Nelle ultime settimane si sono moltiplicati i casi di attrici e di altre donne dello spettacolo che hanno denunciato di essere state molestate in passato da colleghi di lavoro o altre persone. Questi avvenimenti, pur nelle loro diverse sfaccettature, diventano improvvisamente cassa di risonanza di un fenomeno ben più ampio e complesso: quello dell’incapacità spesso delle vittime di violenza di riuscire a denunciare quanto subito.

Rubrica a cura di Andrea Fiore

È colpa sua. O forse no?

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Nella ricerca di una spiegazione a tale comportamento si scopre che i motivi che spingono a questo genere di reazioni sono diversi e coinvolgono alla stessa maniera sia soggetti giovani che adulti. Il grande punto dolente è rappresentato dalla vergogna, collegata al senso di colpa: per quanto possa sembrare incomprensibile, infatti, nella vittima talvolta si insinua l’idea di aver causato o in qualche modo provocato la violenza. Da un punto di vista meramente tecnico, infatti, in questo drammatico contesto ci sono in gioco due attori: chi perpetra la violenza e chi la subisce. E |

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quest’ultimo soggetto tende ad attivare dentro di sé un percorso di riflessione molto doloroso sul perché il fatto sia accaduto. Scatta così un meccanismo psicologico che spinge la mente a indagare su atteggiamenti che possano aver stimolato o contribuito al sopruso, dando il la a un marasma di sentimenti che segnano profondamente l’animo della vittima.

Outing liberatorio Proprio per questo motivo, riuscire a raccontare quanto subito ha un effetto liberatorio nella psiche della vittima. In questi casi diventa indispensabile l’avvio di un percorso psicoterapeutico: l’aiuto e il sostegno di professionisti sanitari è fondamentale per evitare che la vittima sprofondi in pericolose depressioni con pesanti sbalzi di umore nella quotidianità. In base all’esperienza sanitaria, è infatti confermato che le vittime incapaci di denunciare i soprusi subiti avranno serie difficoltà a raggiungere la piena realizzazione fisica di sé: si tratti di piacere sessuale o semplicemente di serenità e divertimento nel vivere la propria esistenza. In altre parole, se la vittima non riesce ad affrontare il problema e raccontare l’accadu-


to, dentro di lei resterà per sempre una cicatrice indelebile impossibile da rimarginare.

Dramma senza fine? L’importanza di trovare la forza di esprimere il proprio dolore e di avviare un percorso psicoterapeutico diventa ancor più fondamentale analizzando un altro genere di dati. Quelli che spiegano come le vittime di soprusi possano a loro volta trasformarsi in carnefici. Una conseguenza che trova una facilitazione involontaria anche dal mancato senso di giustizia provato dalla vittima. Un esempio concreto è rappresentato dai casi un cui la vittima, dopo aver trovato la forza di denunciare l’accaduto alle autorità giudiziarie, non riceve invece una reale giustizia nelle sentenze dei tribunali o nello sconto della pena del proprio carnefice. Ecco perché di fronte ai casi di soprusi è indispensabili che l’intero sistema (sanitario, giuridico, sociale) operi in maniera coerente ed efficiente. Perché in mancanza di risposte verso le sofferenze dei soggetti fragili, la loro reazione non potrà che essere un silenzio assordante. Con tutte le conseguenze che abbiamo analizzato.

dott. Andrea Fiore

Medico delle Farmaco-Tossicodipendenze, psichiatra andrea.fiore@imagazine.it


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FUTURO E TRADIZIONI

Animali culturali

Rubrica di Cristian Vecchiet

P E D A G O G I A

La cultura può essere interpretata come una mappa di valori che si eredita e si contribuisce a implementare e modificare nel tempo. Ma senza questa consapevolezza, quella stessa mappa rischia di essere stravolta. L’uomo è un animale culturale. Questo vuol dire che ogni persona porta con sé una visione del mondo, vive all’interno di una prospettiva di senso, fa proprio e produce continuamente un insieme articolato e complesso di significati che lo aiutano a stare nel mondo e a muoversi nella realtà. La cultura, contrariamente a quanto spesso si è portati a credere, non si trova innanzitutto nei libri ma in primo luogo nei valori che uno porta con sé, ovvero nel modo di vivere che apprende e che contribuisce a innovare. Metaforicamente la cultura può essere interpretata come una mappa che si eredita e che si contribuisce a implementare e modificare. Questa mappa viene aggiornata continuamente sia dagli altri che da noi stessi. Ciascuno di noi impara questa mappa soprattutto inconsapevolmente perché viene accompagnato lungo le vie da percorrere spesso anche senza troppe spiegazioni e così memorizza le vie da seguire. Poi ognuno sperimenta o scopre nuovi percorsi o delle scappatoie e in questo modo alimenta e ristruttura la mappa di partenza. Com’è noto, la parola cultura deriva dal latino “colere” che, tra i diversi significati, possiede anche quello di “coltivare”. La cultura è una forma e un modo di seminare e far crescere l’umanità. Il termine, infatti, ricorda l’atto del contadino che coltiva un terreno. La coltivazione esige cure e attenzioni continue. Il verbo, poi, in latino acquista anche il significato di “abitare”, di vivere in un determinato luogo in modo stabile. La cultura è una forma e una modalità di vivere e abitare. La cultura risiede ovunque vi siano gli uomini. E risiede nella (e nelle diverse) comunità di appartenenza, nelle relazioni in cui si vive, nella lingua 44

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che si impara, nello stile di vita che si eredita, nei riti, nei miti, nelle diverse istituzioni, nei simboli… Infatti, se ci pensiamo bene, le azioni che ognuno compie, la lingua (o le lingue) che utilizziamo, le istituzioni ai diversi livelli, i riti e i miti rappresentano in fondo una mappa di senso e di significati. Pensiamo al valore simbolico delle vicende fantastiche di Babbo Natale e Cappuccetto Rosso. Queste non sono mere invenzioni ma vere e proprie narrazioni di valori. Babbo Natale ci ricorda che i momenti importanti meritano di essere simboleggiati. Cappuccetto Rosso ci insegna che la trasgressione può essere pericolosa e che è saggio seguire chi ne sa più di noi e rispettare i patti. Non solo. La cultura espressa nei costumi, nella lingua, nelle istituzioni, nelle arti simboleggia un patto. Alla base vi è una sorta di alleanza implicita. È un patto stabilito fra gli appartenenti a una comunità, in virtù del quale ci si accorda e ci si impegna sui valori che uniscono e che aiutano a vivere assieme. È un patto che contiene una promessa, la promessa che, grazie a quei valori e grazie a quella mappa, varrà la pena di gustare e vivere con impegno e decisione la vita che ci è stata data senza averla richiesta. La cultura, ossia la mappa di valori e di significati che simboleggia un patto e che contiene una promessa, si esprime nella (e attraverso la) tradizione. La parola tradizione deriva da “tradire” che etimologicamente vuol dire “consegnare”. Nasciamo e cresciamo all’interno di un complesso di simboli che apprendiamo, facciamo nostri, che contribuiamo a modificare e innovare e che a nostra volta saremo destinati a consegnare ad altri. Pensiamo al Natale, alla Pasqua, al primo dell’anno, al compleanno, alla festa delle Repub-


blica. Il fatto stesso di festeggiare, di interrompere le attività ordinarie, di fare i regali, di scambiarsi gli auguri, di invitare gli amici e i parenti, sta a indicare che questi momenti sono particolarmente importanti. Sono così importanti da scandire il tempo e indurci a modificare l’assetto ordinario e la simbolica dello spazio. L’educazione si snoda lungo tutta questa mappa di senso e di significati. La tradizione è l’insieme di valori contenuto all’interno dei diversi simboli di una collettività. La mappa, la simbolica, la tradizione contengono una prospettiva di senso, un patto, una promessa di vita buona. Da un punto di vista educativo non conta tanto il fatto che un giorno un uomo possa accogliere o rigettare la prospettiva affidatagli, quanto il fatto che possa essergli consegnata una mappa, un patto, una promessa con la quale confrontarsi. Essere inseriti in una tradizione appare una tappa ineluttabile. Di più, sembra essere il presupposto per potersi confrontare con essa e poi responsabilmente modificarla o persino rigettarla. Quando nasciamo siamo collocati dentro una cultura, un sistema di simboli, di riti, di miti, di pratiche, di istituzioni, ovvero all’interno di una tradizione che, volenti o nolenti, vivrà in noi e attraverso di noi. Certo, il nostro compito è quello di innovarla. E non pochi cercano persino delle vie e delle strategie per scardinarla. Un compito importante di chi educa è quello di aiutare a conoscere la tradizione dentro cui si vive, di non ignorarla o denigrarla. Prenderne consape-

volezza è il primo passo per poterla anche rinnovare. Senza la conoscenza della tradizione cui si appartiene, è difficile poter prendere una posizione personale o comunitaria che possa essere responsabile. Una presa di posizione responsabile presuppone sempre un certo livello di consapevolezza. Il compito delle nuove generazioni è sempre quello di produrre dei cambiamenti e dei progressi, in virtù di nuove sensibilità e visoni del mondo. I genitori e tutte le figure educative non devono dimenticare l’importanza del compito di introdurre coloro che educano all’interno della cultura della nostra civiltà. Il che vuol dire accompagnare dentro i simboli, i riti, i miti, le pratiche, le istituzioni del nostro mondo. Anche in tutta la loro complessità e le loro ambivalenze. I genitori e le diverse figure non possono ignorare o denigrare il mondo simbolico cui si appartiene. Anzi, chi educa fa bene a spiegarne le ragioni e il senso. Di più, è opportuno che aiuti a vivere dentro quel mondo. Per assaporarlo e coglierne la portata dall’interno. Sembra essere questa la premessa necessaria per poter aiutare chi sta crescendo a maturare un’identità autonoma e capace di assumere decisioni personali e responsabili.

Cristian Vecchiet

Docente di Teologia dell’Educazione presso l’Istituto Universitario Salesiano di Venezia


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AZIONI E SIGNIFICATI

Vita, esperienza e condivisione

Rubrica di Manuel Millo

S O C I A L E

Dai filosofi greci fino a Kant, in tanti hanno affrontato la questione. Ma quando diventiamo realmente “esperti” di qualcosa?

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Ve lo ricordate il primo bacio? Direte come posso scordarlo, quanta goffaggine o imbarazzo ma anche quanta felicità ed emozioni racchiuse in un semplice e infinito gesto di amore e condivisione. Da qui vuole partire una riflessione sui gesti della nostra vita, sulle parole, sui nostri movimenti, le nostre azioni, quelle che ci danno sicurezza, che ci permettono di guardare il futuro da vicino, che ci infondono speranza, che ci fanno comprendere il senso della vita. Tutto questo racchiuso in un termine: esperienza. Ma cosa significa aver fatto esperienza? E soprattutto è sempre necessario fare esperienza di una cosa o di una situazione per comprendere profondamente il significato di un’azione? Fare esperienza è aprirsi alla conoscenza ma con uno sguardo diverso da quando studiamo su un libro di testo, una bella poesia o una formula matematica. Significa essere e farsi coinvolgere, anche attraverso l’interelazionalità; e a volte prendere da un’emozione che diventa ragione di senso. E poi avere fiducia. Perché non sempre ho bisogno o posso vivere direttamente un’esperienza ma lo sguardo del mio prossimo mi può condurre a comprendere un determinato dato del quotidiano, così che ogni meta, anche quella più complessa, diven|

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ta accessibile o comprensibile. Con evidenza dovrò discernere le possibili influenze sul mio giudizio rispetto alla concretezza del dato di esperienza oggettivo. Per questo ci vuole buon discernimento. Perché dunque siamo partiti dal ricordo del primo bacio? Dove vogliamo arrivare? Nella lingua greca antica la parola esperienza era indicata con ἐμπειρία (empeirìa), composta da ἐν, ἦν (in, all’interno) e πεῖρα (prova) volendo significare che con l’esperienza il soggetto era in grado di saggiare all’interno la realtà. I filosofi Senofane ed Empedocle inoltre misero in rilievo l’importanza di un sapere basato su dirette esperienze personali e nello stesso tempo notarono il carattere contingente e particolare. Fare esperienza dunque significa fare conoscenza di una realtà mediante il contatto con un determinato settore dell’esistenza. La cosa sorprendente è che mentre compio questo indirizzo non solo mi dirigo verso qualcosa di nuovo ma trovo anche in me qualcosa che non sembrava appartenermi o che di me non avevo ancora conosciuto. È una condizione propedeutica ed educante. Passione, gioia, dolore, capacità che il mio corpo offre alla mia anima in un rapporto di interconnessione inscindibile. Perché non abbiamo un corpo ma siamo Anima e Corpo. E Spirito. E senza questa unione la


experience.wep-italia.org

nostra vita non potrebbe abbracciare la Vita. Pensate alla vostra macchina: potreste mai andare avanti se uno solo dei vostri pneumatici fosse a terra? Quando manca il respiro vitale è difficile andare avanti. Cosa stiamo scoprendo? Semplice, che tutto è connesso, che tutto è uno come suggerisce in un saggio degli anni novanta lo studioso Michael Talbot. E che siamo quello che siamo anche per le esperienze che abbiamo sperimentato e che sotto alcuni profili ci hanno plasmato o condizionato a livello neuronale. Ma come posso associarmi all’esperienza, a quella offerta e a quella ricercata in modo oggettivo? Significa che in ogni istante del nostro cammino abbiamo la possibilità di sperimentare l’eccezionalità del creato, di tutto ciò che è a nostra disposizione. Ma cosa vorremmo veramente e soprattutto siamo certi che quello che stiamo vivendo sia veramente vero e necessario? E dove è scritto che “deve essere come noi vogliamo”? Spesso infatti ci sentiamo spezzati, infranti nella nostra interiorità, come se vivessimo una dualità rispetto alle cose circostanti. Per vivere la realtà offerta nel giorno presente è importante saper guardare al passato senza condizioni di dipendenza, per imparare da chi ci ha preceduto senza restarne per questo ingabbiati. Curioso che a un certo punto della nostra esistenza emerga incessante la domanda se tutto questo ha avuto o ha un significato maggiore rispetto a quello percepito o banalmente ironizzato in una pausa del caffè. Come note su un pianoforte le lancette del nostro tempo scorrono veloci ma chi sta componendo la melodia che percepiamo quotidianamente? Sarebbe illusorio pensare di poter governare l’interezza di ogni relazione o di ogni istante. Perché quello che viviamo resta un dono che difficilmente è tangibile o concretamente codificabile in semplici parole di affermazione egoistica. Anche se il punto di osservazione e l’interesse motivazionale verso una situazione, ricordiamo, attua notevole e mutabile differenza su qualsivoglia cornice globale dell’esistenza. Siamo come canne al vento ricordava il filosofo Pascal, ma pur essendo canne soggette a queste intemperie, siamo canne pensanti, e questa possibilità ci permette di compiere un passo in più verso quell’esperire, quel ri-

trovare pienezza nell’interiorità che ci riporta alla condizione originaria di principio. Immanuel Kant affermava che nella mente dell’uomo ci sono delle categorie che permettono di cogliere la realtà. Oggi possiamo aggiungere che nel nostro cuore c’è la radice che permette a quelle categorie di connettersi alla sfera del reale. Non solo per cogliere ciò che è ma per accettare con umiltà di far parte di una matrice universale che ci relaziona con il mondo e con le altre persone. Potremmo mai vivere questa vita nel più semplice distacco da esperienze interpersonali? La verità che l’essere umano ricerca, che sente nelle sue corde appartenergli come di diritto, esiste solo su un unico punto di vista? Penso che non spetta a noi qui definire se esista esperienza “vera” o “falsa”. Quello che possiamo fare è essere testimoni di un vissuto fedele rispetto a una giustizia morale che supera le nostre aspettative. Certo i punti di vista saranno variegati, a volte contrari ma siamo proprio certi che sentendo e gustando l’interiorità di quel “primo bacio” non potremmo dirigere ogni principio verso una verità universale che ci permetterà, nella condivisione, di essere pienamente noi, insieme reali e sognati, proiettati verso un viaggio taumaturgico che abbatte i confini e che ci restituisce la serenità che abbiamo sempre ricercato? Perché indipendentemente da come l’abbiamo esperito, compreso o ricordato, in quell’incontro, a volte tenero e impacciato o forse rubato, eravamo “genuinamente” noi.

Manuel Millo

Membro Onorario AGCI Ass Gen Cooperative Italiane |

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ALLA SCOPERTA DI...

MATTEO ALBONETTI Servizio e immagini di Alberto V. Spanghero

Un romagnolo

tra i bisiachi

La serie di approfondimenti sulla Prima guerra mondiale si conclude con la rivisitazione di uno dei pochi diari rinvenuti di soldati sul fronte. Testimonianza cruda e reale di una delle più grandi tragedie della storia contemporanea.

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Potrebbe risultare operazione difficile e forse inutile il fatto che la Storia, a cent’anni dalla fine della Grande Guerra, si faccia ancora comprendere dalla massa della gente e che la memoria stia arrancando faticosamente con il disperato tentativo di diventare un momento da tutti accettato e condiviso. Queste considerazioni, seppur discutibili nel loro complesso, presentano il proprio conto derivante dalla melensa retorica utilizzata dal fascismo del mito della vittoria. Non si può non riconoscere che una propaganda del genere non possa aver influenzato la formazione delle idee, deformando palesemente le coscienze di un intero popolo. Il risultato è stato fin troppo evidente: i vent’anni di regime fascista più altri trenta di storia della Repubblica hanno sicuramente contribuito a livello celebrativo, scolastico, culturale a far apparire gran parte della storia di quegli anni sotto un’ottica eroica, infarcita da

una politica patriottarda risorgimentale. Storia riconducibile soltanto alle mitiche imprese dei vari Baracca, Toti, Cadorna, Diaz, Rizzo, D’Annunzio, di cui tutto si sa. Mentre sulle storie di milioni di fanti, quelli sì eroi, che combatterono una guerra che non volevano e sono caduti per la patria senza capirne il perché, fu steso il velo pietoso del Milite Ignoto. Di loro poco e niente si sa. Storie di anonimi contadini, pastori, braccianti, operai e di giovani illusi, sono rimaste sepolte nell’oblio per un secolo, ignorate dalla “Grande Storia”, tanto che ancora oggi fanno fatica a parlarci. Ciò che può attirare l’attenzione è il fatto che spesso i sopravvissuti di quell’immane massacro siano stati indotti a rifugiarsi nel silenzio. Solo una minoranza, nei loro scritti, lettere o diari che fossero, hanno raccontato una mezza verità, quasi volessero cancellare quella parte della loro vita. La verità di questo atteggiamento, secondo noi, va ricercata almeno in un paio di motivi. Il primo è quello della censura militare, da cui il povero soldato, una volta scoperto, veniva accusato di disfattismo e punito duramente. Secondo motivo: non bisogna ignorare il fatto che allora la maggior parte dei soldati erano analfabeti e che per loro era impossibile comunicare. In terzo luogo, venivano quelli che sapevano a malapena scrivere, ai quali però mancavano gli “strumenti linguistici” necessari per tradurre in Sopra: Monfalcone, giugno 1915. Bersaglieri italiani in postazione; di fianco: località imprecisata 1916. Soldati italiani pochi istanti prima della fucilazione.

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Da sinistra: Carso 1915. Trincea italiana sul monte Sei Busi; Diploma di Croce al Merito di Matteo Albonetti; e sua foto tessera.

parole tutto l’orrore cui erano costretti ad assistere. Infine veniva tutta la propaganda postbellica prima e fascista poi a inibire quel poco di verità che ancora era rimasto. La stampa ufficiale piena di retorica, il cinema, i discorsi e i proclami, le scritte sui monumenti e sui sacrari, tutti inneggiavano al sacro suolo, alla vittoria, agli eroi caduti, alle madri, ai figli e ai mutilati: erano lo specchio che rifletteva la politica di quei tempi. Dimenticando nello stesso tempo i morti di serie B, quelli fucilati solo per una parola di troppo o per aver imprecato contro la guerra o, come per un certo Ruffini, fucilato perché aveva salutato il generale Luigi Cadorna senza togliersi il sigaro di bocca. Dal 2015 alla Camera dei deputati giace un disegno di legge per la riabilitazione di soldati fucilati, come quelli di Santa Maria la Longa e di Cercivento (vedi “Prima dell’alba” di Paolo Malagutti). Sono tragedie di piccoli uomini che non sono riuscite a intrecciarsi con la storia del nostro Paese per il semplice fatto che evocavano liberamente gli strazi della battaglia e i silenzi della morte. Quante volte al giorno nella più nera disperazione hanno maledetto la guerra, i generali che li mandavano a morire: per loro c’era solo il silenzio, la cieca obbedienza e non potevano né gridarlo, né dirlo, né tanto meno scriverlo, ma solo pensarlo nel silenzio della propria mente. Quando il senso innato della sopravvivenza aveva la meglio sugli orrori della battaglia e sulla paura della morte e i soldati rinnegavano i valori militari e lo spirito dell’obbedienza, entravano in funzione i sistemi repressivi militari. Dalle fonti statistiche possiamo osservare che dal 24 maggio 1915 al 3 novembre 1918 i procedimenti penali a carico dei soldati italiani furono complessivamente 262.481, di cui 170.064 conclusi con una condanna. Nell’Esercito austriaco le fucilazioni sono state un

decimo di quelle italiane. I reati più comuni erano la diserzione, ribellione, autolesionismo, indisciplina, resa o sbandamento, codardia, abbandono del posto di combattimento, mancata difesa, ammutinamento, rivolta e saccheggio. A completare il quadro dell’orrore arrivavano le decimazioni e le mitragliatrici “amiche” che sparavano alle spalle della truppe italiane per spingere all’assalto i soldati più riottosi. La diserzione in presenza del nemico, o diserzione con passaggio al nemico, erano reati che prevedevano la pena di morte. Pena che venne comminata in 1.000 casi circa, di cui soltanto 750 effettivamente eseguite nel corso dell’intero conflitto. Altre 3.000 condanne a morte furono inflitte in contumacia a soldati per essere passati volontariamente al nemico, graziati però dopo la guerra nel 1919 dall’intervento dell’amnistia per i disertori, decretata dal Governo Nitti. Da tutte queste considerazioni relative all’organizzazione burocratico-militare italiana nella Grande Guerra traspare evidente la sciatteria di un esercito, quello italiano, che era lo specchio di un paese arretrato. Erwin Rommel, quando era generale dell’Afrika Korps, ebbe a dire a proposito dell’Esercito Italiano: “Gli italiani sono ottimi soldati comandati da mediocri ufficiali e pessimi generali”. Argomento delle mie ultime ricerche sono state le lettere, le cartoline e i diari scritti dai soldati al fron-

Bagnaria di Romagna. La famiglia di Maria Bacchilega (la prima da sinistra in alto), moglie di Matteo, al tempo della Prima guerra mondiale. |

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te. Le lettere raccolte ammontano ad oltre un centinaio, mentre, per quanto riguarda i diari, sono riuscito ad averne al momento soltanto sei, di cui uno scritto da una donna di Turriaco fuggiasca in Carinzia, assieme a quattro figli (“La casa di Bice” pubblicato nel 2015). Ultimo diario rinvenuto in ordine di tempo, al quale ho inteso prestare particolare attenzione è quello del caporale Matteo Albonetti, classe 1893, inquadrato nel 1° Reg.to - 1° Bat. Re - 12 Comp. Bersaglieri ciclisti. Nella Prima Battaglia dell’Isonzo, scatenata da Cadorna dal 23 giugno al 7 luglio 1915, Matteo riuscì a sopravvivere a due assalti alla baionetta. Battaglia che si concluse con la perdita per l’Italia di 42.000 uomini tra morti e feriti, mentre l’Austria ne perdette meno di 20.000. Una premessa. Leggendo attentamente il diario, tra le righe e cercando di captare ciò che non dice, si possono fare alcune osservazioni. La prima riguarda lo stile in cui Matteo descrive gli avvenimenti senza mai lamentarsi o imprecare contro qualcosa o qualcuno. La seconda è suggerita dal modo espressivo che risulta dotato di buoni “strumenti linguistici”, con ampio uso di termini ricercati, derivanti da un’istruzione che potremmo definire per quei tempi superiore. Un’ultima considerazione: la brevità dello scritto, che va dal 5 giugno al 22 settembre 1915, non permette al lettore di farsi un’idea esaustiva della complessità delle operazioni. Si evince però che Matteo Albonetti fu sicuramente un soldato esemplare sia nelle idee sia nel comportamento, ligio al dovere, obbediente e fedele ai valori della patria. Altri quattro quaderni sono andati perduti nella Seconda guerra mondiale. Del diario in nostro possesso citiamo solo alcune parti, adattando il testo origi50

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nale alla brevità dello spazio concesso e rimanendo nel contempo fedeli nella sostanza. Una precisazione s’impone. I soldati in trincea scrivevano le lettere, le cartoline e i diari normalmente a matita. Con la penna e l’inchiostro lo potevano fare solo se si trovavano in zone lontane dal fronte. Il 5 giugno 1915 Matteo Albonetti parte in treno da Napoli, sede del Reggimento. Dopo quattro giorni di viaggio, pieni di incognite e contrattempi, la sera del 7 giugno scende a San Vito al Torre, dove gli viene consegnata una bicicletta da bersagliere. La corsa di avvicinamento al fronte riprende in “macchina”, così Matteo chiamava la bicicletta, attraversando i paesi di Codroipo, Rivolto, Palmanova, Visco e Tapogliano. L’11 giugno si ferma con la propria compagnia a Villesse per accantonarsi, dove rimane dal 15 al 27 giugno. Come scrive il nipote Andrea, il dramma dei “Fassinars” fu causato da un ufficiale italiano, un certo maggiore Cittarella, che aveva fatto fucilare per spionaggio sei abitanti del paese, poi dopo la guerra in sede processuale risultati innocenti. Quando suo nonno – racconta Andrea – arrivò in paese, il crimine era già avvenuto ed egli era all’oscuro di tutto. Rimase sorpreso però da come la gente lo guardava con diffidenza. Infatti nel suo diario scrive: ... giro da una parte all’altra del paese, ma ovunque nulla trovo di quello sperato, senonché facce scure, sguardi sospettosi, il che mi fa capire come essi poco ci amino. E sono italiani! Sono persone per le quali noi soldati di tutta le città d’Italia siamo qua per difendere i loro campi, le loro case, le quali pochi giorni addietro, come del resto anche oggi, possono da un minuto all’altro cadere in mano nemica. Queste poche righe ci dicono che Matteo era già stato catechizzato dalla propaganda di quel periodo. È sufficiente pensare che Matteo in quel momento si trovava quindi in territorio ex austriaco e che loro non erano i liberatori, ma gli invasori. Il 28 giugno, dopo aver passato Ruda, a Villa Vicentina Matteo attraversò l’Isonzo e fece tappa a Turriaco, entrando per la prima volta in terra Bisiaca. Percorse la “strada della morte” – così veniva chiamata la strada che collegava Turriaco al Carso – e il 4 giugno si trovò in trincea a Fogliano-Redipuglia, sulle pendici delle cosiddette quote 111 e 96. Il 5 luglio avvenne il battesimo del fuoco. Il 12 luglio scese nuovamente a Turriaco dove rimase fino al 19. Nel diario annotò: Fogliano 14 luglio 1915. Ci mettiamo dietro ad un dosso e siamo più di 400 fucili. Una voce si fa sentire per la seconda volta e grida: “Bersaglieri alla baionetta. Savoia, Savoia, Savoia! Questo grido viene ripetuto dalla voce di 400 giovani i quali balzano in avanti ad unisono con i fucili spianati. In un batter d’occhio sono sulla trincea austriaca abbandonata. Proseguono e cacciano il nemico fino alla seconda linea. Gli austriaci contrattaccano e noi li fulminiamo. Il terreno è pieno di austriaci cadaveri. Poi l’artiglieria austriaca apre il fuoco e una granata scoppia in


Sopra, Turriaco luglio 1915. Bersaglieri ciclisti guadano l’Isonzo; di fianco, Matteo Albonetti in divisa da bersagliere. Pagina accanto, pagina del diario relativa al 1314 luglio 1915. mezzo di una squadra dei nostri bersaglieri e di loro non rimane più nulla. Alla fine, Matteo fa la conta dei morti. ... su quattrocento che eravamo al mattino mancano all’appello cento bersaglieri tra cui sette ufficiali. Il 6 luglio il battaglione si rintana nelle trincee fino all’11. ... il terreno avanti a noi è pieno di cadaveri di militari italiani e austriaci gonfi neri e puzzolenti. L’operazione militare descritta da Matteo altro non è che una infinitesima parte della Prima delle Dodici battaglie dell’Isonzo. Era iniziata la mattanza di operai e contadini. Una considerazione. Il 23 giugno il generale Cadorna lanciava la prima offensiva sull’Isonzo con l’obiettivo di conquistare Gorizia. Il fronte si dispiegava lungo il monte Podgora, poi ad est di Gradisca, Redipuglia e Monfalcone. In questo “battesimo del fuoco”, i militari italiani, privi di esperienza, furono massacrati in scontri all’arma bianca e scaraventati giù dai torrioni carsici. Il 12 luglio Matteo Albonetti fu di nuovo a Turriaco, dove rimase in riposo fino al 19. In quel lasso di tempo più volte andò a fare il bagno nel fiume Isonzo, tra le istruzioni sull’uso della mitragliatrice e le cannonate austriache che martellavano le postazioni. Poco disse del paese, dei suoi luoghi e della gente. Fece la conta di chi mancava, fra morti e feriti. Il 16 luglio infatti annotò: ... a Turriaco siccome è abitato da qualche donna e qualche bambino quando scoppia un grosso proiettile sono tutti impauriti. Dalle stalle giunge il muggito delle vacche e il nitrito dei cavalli terrorizzati pure essi. Chi non vede non crede e nemmeno può farsi un concetto della paura che produce lo scoppio di un grosso calibro. Matteo Albonetti rimase a Turriaco fino al 19 luglio del 1915. Il 20 era già a Castelnuovo sopra Sagrado. Si spostò prima a Fogliano e poi a Polazzo.

Si rintanò infine il 25 luglio in una trincea del Monte Sei Busi, dove rimase fino al 24 agosto. In quel mese, tutto sommato senza significativi attacchi sia da una parte che dall’altra, Matteo descrisse la vita di trincea tra scambi di fucileria, cannonate, barbe lunghe, terra rossa, patimenti per il caldo e soprattutto per la sete e in compagnia di milioni di pidocchi. Matteo raccontò come la guerra fosse un grande spettacolo dove si moriva in un minuto: ... questo spettacolo non è finzione teatrale. Ciò che stiamo osservando o per meglio dire rappresentiamo, chi muore, muore sul serio. Quindi non si vede l’ora di calare la tela del sipario. Poi il ricambio. Ritornò a Turriaco, dove attraversò nuovamente l’Isonzo abbandonando per sempre la terra Bisiaca. Il 26 agosto lo troviamo a Villa San Gallo a trascorrere il suo meritato riposo. A San Gallo il riposo terminò il 3 settembre e continuò a Campolongo al Torre. Il 21 settembre 1915 il battaglione viene passato in rivista dal Ten. Gen. Grandi, il quale si congratula con noi per la nostra azione del 5 luglio. A Campolongo Matteo rimase fino al 22 settembre 1915. In quella data il diario finisce. Matteo Albonetti era nato a Bagnara di Romagna il 5 giugno 1893. Sposò Maria Battilega di Bagnara. La coppia ebbe sei figli. Morì nello stesso paese dov’era nato il 14 agosto 1958. Con quest’ultima notizia termina pure la nostra escursione sulla più grande tragedia della storia contemporanea dove scienza e tecnologia furono applicate per la prima volta allo sterminio su grande scala.

Alberto Vittorio Spanghero

Ricercatore e storico di Turriaco |

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ALLA SCOPERTA DI...

GLI EGGENBERG E GRADISCA Servizio e immagini di Vanni Feresin

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Un’ascesa

senza lieto fine

Al termine delle Guerre gradiscane, la Casa d’Austria non aveva le risorse per riparare gli ingenti danni subiti dalla fortezza. Per non cederla a Venezia, venne venduta a una ricca famiglia stiriana. Che comprese presto di non aver fatto un buon affare.

Gli Eggenberg e Gradisca

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La famiglia degli Eggenberg ha ricoperto un ruolo molto importante per la città di Gradisca e per la nascente Contea principesca. Il cognome Eggenberg è poco noto da noi; fu infatti una famiglia dell’altissimo patriziato stiriano che tra il ‘500 e il ‘600 voleva imporsi politicamente e culturalmente. Quello che le mancava però era un seggio nella Dieta del Sacro Romano Impero. Gli Eggenberg erano principi dal 1625 ma non possedevano territori im-

mediatamente soggetti all’Impero, solo così avrebbero potuto fare parte di questo prestigioso consesso. Ed è per questa ragione che la vicenda di questa famiglia si incrociò col destino della fortezza di Gradisca, un luogo che al principe Giovanni Ulrico era del tutto ignoto prima che gli venisse prospettata la possibilità di diventarne il proprietario. Ma questa opportunità non toccò a lui, che morì nel 1634, bensì a suo figlio Giovanni Antonio una decina d’anni più tardi.

La fortezza di Gradisca e i turchi

La fortezza di Gradisca era stata costruita intorno al 1479, quando la Repubblica di Venezia si era trovata a dover difendere i confini orientali del territorio friulano, in cui era subentrata al Patriarcato di Aquileia, dalla minaccia delle incursioni turche, che si erano intensificate dalla metà del secolo XV. In realtà la nuova fortezza eretta sulla riva dell’Isonzo si rivelò del tutto insufficiente a costituire un baluardo di fronte all’aggressività degli ottomani, che arrivavano in migliaia, varcavano i passi del Carso e attraversavano l’Isonzo senza incontrare resistenza e poi A fianco, lo stemma degli Eggenberg. Sopra, il palazzo dei Provveditori Veneti a Gradisca d’Isonzo. |

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dilagavano in Friuli per tornare rapidamente sui loro cordata con questo nome perché si svolse per la gran passi carichi di bottino e prigionieri. parte attorno alla fortezza. Ufficialmente, però, il conflitto era sorto a causa delle aggressioni dei piMassimiliano I, un grande nemico rati Uscocchi di Segna contro le navi venete lungo Un altro motivo di debolezza di Gradisca era la le coste della Dalmazia. Venezia riteneva che dieprossimità con un altro pericoloso avversario del- tro i pirati ci fosse la volontà dell’arciduca d’Austria la Repubblica di Venezia, l’imperatore Massimilia- di danneggiare i traffici veneti nel Mare Adriatico. no I che, per lascito testamentario dell’ultimo conte Il Senato veneziano decise di scatenare la guerdi Gorizia, era subentrato nella proprietà del territo- ra nella convinzione di vincerla facilmente sia per la rio del Goriziano fin dall’aprile del 1500. Massimilia- superiorità marittima, sia per il possesso della nuono I era un nemico temibile, soprattutto per le mire va fortezza di Palma. L’inizio del conflitto fu favoespansioniste. Già una decina d’anni dopo l’annessio- revole ai veneziani, che occuparono in pochissimo ne di Gorizia riuscì a impossessarsi anche di Gradi- tempo la campagna attorno a Gradisca e isolarono la sca, strappata a Venezia in occasione della guerra del- fortezza. La resistenza degli arciducali fu totale, nola Lega di Cambrai, conclusasi nel 1511. Fu un grande nostante il massiccio bombardamento del marzo del smacco per la Serenissima, difficilmente sopportabi- 1616; alla fine i Veneti desistettero e l’assedio fu tolle: infatti per decenni continuò un intenso lavoro di- to nel novembre del 1617, riportando i confini alla plomatico teso a recuperare il controllo della fortezza situazione precedente al conflitto, con l’obbligo da sull’Isonzo. Ma gli Austriaci non aderirono a nessu- parte degli Austriaci dell’annientamento dei pirati na proposta, per cui fu necessario considerare l’ipote- uscocchi. Da queste vicende Gradisca ricavò grande si di una nuova piazzaforte difensiva in territorio friu- fama ma anche danni ingenti: l’opera di restauro aplano e fu così che venne progettata e costruita Palma- parve subito imponente e non immediata. nova [1593], anche se questo non significava una riLa vendita di Gradisca agli Eggenberg nuncia definitiva. L’Impero era impegnato nella guerra dei Le Guerre gradiscane Trent’anni (1618-1648). Cercò di approfittarne la “Venezia non è da guerra”, scriveva Faustino Repubblica di Venezia offrendo ripetutamente alla Moissesso, cronista diretto della guerra del Friu- Casa d’Austria ingenti somme di denaro per acquili, ma il 19 dicembre del 1615 scoppiò la cosiddetta stare la fortezza che non era riuscita a prendere con “Guerra gradiscana” tra gli arciduchi e Venezia, ri- le armi. L’Imperatore non si lasciò tentare dalle


Il Tallero degli Eggenberg del 1658

proposte veneziane e decise di trasformare la Capitanìa di Gradisca in Contea Principesca sovrana e immediata dell’Impero Germanico – comprendente la fortezza e altre 52 località – e di venderla, nel 1647, al principe Giovanni Antonio di Eggenberg che così acquistava il tanto agognato seggio nella Dieta del Sacro Romano Impero. Per quanto riguardava Gradisca, comunque, la condizione principale era che la proprietà della contea tornasse alla Casa d’Austria in caso di estinzione degli Eggenberg. Tutto il carico dei danni di guerra passava alla nuova famiglia regnante, che disponeva di enormi risorse finanziarie e poté farvi fronte. Gli Eggenberg, tuttavia, compresero presto che questo non era stato un buon affare, anche perché molte rendite del territorio erano già assegnate a diverse famiglie nobili della zona.

Una famiglia sfortunata

Un’altra sfortunata circostanza allentò quasi subito il legame fra la famiglia Eggenberg e Gradisca: nel 1649, solo due anni dopo avere acquisito la proprietà della nuova Contea principesca, Giovanni Antonio Eggenberg morì improvvisamente (aveva 39 anni) lasciando una vedova, la principessa Annamaria di Brandenburgo, e due figli piccoli. Il governo del territorio fu affidato a delegati non sempre capaci di gestire i problemi. Nel 1656 Annamaria nominò il conte Francesco Ulderico della Torre luogotenente della Contea e questi realizzò molte imprese fi nalizzate allo sviluppo sociale ed economico di Gradisca: il primo magazzino pubblico di cereali, le prime scuole, il Monte di Pietà, introdusse anche l’industria serica, dalla dipanatura dei bozzoli alla tessitura e tintura della seta, portò inoltre alcune attività artigianali da Venezia, tra cui la produzione di calze di seta, costruì una loggia pubblica per le riunioni private degli stati e rese più sontuoso l’aspetto urbano della città fortificata.

Gli Eggenberg e lo splendore gradiscano

Nei settant’anni in cui Gradisca fu capoluogo della Contea Principesca creata per risarcire i principi Eggenberg, la città conobbe dunque il momento di maggiore splendore della sua storia. Una pace duratura e un’azione di governo saggia e illuminata assicurarono un ordinato sviluppo urbano, economico e sociale, e fecero assumere a Gradisca il carattere di centro residenziale in contrapposizione a quello di cittadella militare. Il formarsi di un consorzio nobiliare locale in concorrenza con Gorizia arricchì la vita sociale e contribuì a migliorare anche l’immagine della città con la comparsa di sobri ma eleganti palazzetti lungo le vie principali.

La fine della dinastia

Ma la situazione sarebbe cambiata di nuovo perché Giovanni Cristiano morì nel 1710 senza eredi e il fratello lo seguì nella tomba già nel 1713. La serie dei lutti però era destinata a continuare determinando il tragico destino della famiglia: l’unico figlio di Giovanni Sigfrido, Giovanni Antonio II, morì tre anni dopo, a 47 anni, e lasciò tutto l’immenso patrimonio degli Eggenberg al piccolo Giovanni Cristiano II, di appena dodici anni. L’anno dopo, un attacco di appendicite portò via anche questo ragazzino, l’ultimo Eggenberg. Rimasero solo due sorelle e il patrimonio – tranne Gradisca – passò alle loro famiglie. Nella chiesa di Maria Hilf di Graz si trovano le sepolture di Giovanni Cristiano II, del prozio Giovanni Cristiano I e dell’antenato Giovanni Ulrico, il primo che emerse e acquisì grande potere alla corte dell’imperatore Ferdinando. L’indipendenza della principesca contea finì perciò con l’estinzione del ramo mascolino degli Eggenberg nel 1717; la città conservò un’amministrazione particolare per oltre trent’anni ma nel giugno 1754 venne assorbita dalla Contea di Gorizia. Vanni Feresin |

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ALLA SCOPERTA DI...

AGRICOLTURA E TERRITORIO Servizio di Renato Duca e Renato Cosma Foto di Alfio Scarpa

Comunelle e Pastini

Le Proprietà collettive costituiscono un singolare patrimonio storico, economico e culturale. Che in ambito triestino diventano peculiari realtà agresti.

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Sul Carso triestino e sui terrazzamenti lungo la costiera verso Trieste è piuttosto diffusa una particolare forma di proprietà collettiva individuata col termine di Comunelle (Comunelle-Jus/Vicinie-Srenje, ove il termine sloveno Srenje equivale a Comunità), custodita e tramandata da generazioni, tutelata pure in sede regionale (L.R. n. 3 del 5 gennaio 1996) e parlamentare dal Coordinamento Regionale delle Proprietà Collettive del FVG e dalla Consulta Nazionale della Proprietà Collettiva fondata il 7 marzo 2006 presso il Senato della Repubblica. L’esistenza fino ai giorni nostri di tale realtà agreste va ricondotta alla complessa materia dei Beni Comunali di cui beneficiarono in vario modo nel tempo le ‘Comunità di Villaggio’, nonostante usurpi, acquisizioni pubbliche e alienazioni di terreni. Il mondo delle Terre o Proprietà collettive è incentrato su precise figure giuridiche, quali la ‘Comunanza-Agrarna Skupnost delle Comunelle’ del contesto triestino e, per quanto riguarda il resto della regione FVG, le ‘Terre Civiche’ della Carnia, la ‘Proprietà collettiva’ di Pesariis, il ‘Comitato per la gestione degli Usi Civici’ di Grado, il ‘Coordinamento regionale della Proprietà collettiva’. Le Proprietà collettive costituiscono un singolare patrimonio storico, economico e culturale, fondato su quattro caratteri peculiari: l’inalienabilità, l’indivisibilità, l’inusucapibilità, il vincolo perpetuo di destinazione. Nello specifico, le Comunelle del Carso triestino sono Comunioni familiari di antico insediamento, risalenti alle prime forme di proprietà collettiva tra i discendenti e gli eredi degli originari aventi diritto su terreni di proprietà collettiva indivisa, ricadenti nella Provincia di Trieste. Giuridicamente, esse sono 56

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soggetti di diritto privato senza fini di lucro, ovvero comunioni di persone e di beni. Attualmente dette realtà sono 29, tutte iscritte nel Libro Fondiario, e sottendono una superficie di oltre 5.000 ettari, distribuita nei comuni di Duino Aurisina, Sgonico, Monrupino, Trieste, San Dorligo della Valle, Muggia. Le Comunelle risultano menzionate già in atti di fine Settecento e Ottocento: 1786, iscrizione di immobili a nome de la Comune di Rizmagne (San Giuseppe della Chiusa, frazione di San Dorligo della Valle-Dolina); 1832, trascrizione tavolare della proprietà di un bosco a favore della Vicinia di Padriciano; 1835, istanza da parte di rappresentanti della Comune di St. Croce di iscrizione a nome della stessa di alcuni terreni; 1864, rigetto tavolare di istanza del Comune di Trieste per l’intavolazione a proprio favore delle realità intestate alle ‘Comuni’ di St. Croce, Contovello, Opicina, Banne, Trebich (Trebiciano), Santa Maria Maddalena Inferiore. I Pastini, invece, sono un esempio singolare di architettura rurale diffusa in tante aree italiane e pure all’estero (Francia, Spagna, Portogallo, Grecia). Essi identificano un habitat di sicura valenza paesaggistico-naturalistica della costiera triestina e delle pendici collinari della periferia di Trieste, fino a Muggia Vecchia, costituito da verdi terrazzamenti lungo versanti un tempo coltivati a vigneto, fruttiferi, olivo ed ortaggi, i cui prodotti venivano venduti nei mercati del capoluogo. Ma la gestione delle colture imponeva lavorazioni molto gravose ed è andata in crisi per la rinuncia progressiva degli addetti all’attività. Dall’Operato d’Estimo catastale del Comune di Contovello del 22 maggio 1830 risulta che i prodotti ricavati dai Pastini consistevano in segala, orzo, spelta, saraceno, vino terrano dai campi arativi vitati, vino bianco Foto in apertura: ambito di una Comunella


prosecco, vino nero delle vigne, pochissimo fieno, legna da fuoco e che le vigne tutte erano poste sul declivio delle colline e così gli ulivi. Il termine Pastino non è una prerogativa del paesaggio triestino poiché si rinviene storicamente in altre regioni italiane, pur con significati diversi da quello locale, che sta per terreno terrazzato. In Toscana pastina e pastnà, terreno lavorato con la marra; nel Lazio pàstinu, vigneto giovane; in Puglia pastino, terra coltivata; in Campania pàstino, terreno fertile, coltivato ad arboree da frutto e pure pastino e pasteno derivato dall’attrezzo biforcuto di ferro usato per dissodare il terreno; in Sardegna pàstinu, vigneto nuovo. Con la dizione pastinato e pastinatus, verso la fine del VI secolo, si era usi designare, particolarmente in Campania, addirittura un tipo di contratto agrario introdotto dai monaci benedettini per stimolare la bonifica delle terre incolte e infrigidite dalle acque e nel Lazio, in epo- Pastini nella verdeggiante Costiera triestina ca medioevale, si faceva riferimento a contratti di colonia perpetua ad meliorandum, i cosiddetti pastinati. Anche Emblematica, a proposito dei lavori di dissodamenFulvio Tomizza richiama il termine nel romanzo ‘Mate- to per la messa a coltura dei rilievi carsici, la testimorada’ (“Barba Tio, ci vorrebbe il manzo giovane per fare nianza del 1884 dell’agronomo triestino Eugenio Pavail pastino”), a conferma della sua diffusione pure in Istria ni (1826-1896): “Povera è la terra, e povero è l’uomo (Capodistria, Pirano, Umago, Isola) e a Cherso. del Carso! Posto alle più dure prove della vita, il carIl vocabolo pastino deriva dal latino pastinum con si- solino vive stentatamente, dovendo del continuo lottare gnificato di zappa, marra e, in senso lato, di terreno de- contro le difficoltà naturali […] Ma quanti sudori non stinato alla vite. Ne fa fede l’agronomo e botanico ro- costano al povero agricoltore il dissodamento di un picmano Giunio Lucio Moderato Columella (4-70 d.C.) nel colo tratto di terreno per ridurlo a campetto o a pratetsuo voluminoso trattato sull’agricoltura dell’impero: to! Rompere a forza di braccia e di beccastrino (zap“… pastinum autem vocant agricolae ferramentum bi- pa lunga e stretta per cavare sassi dal terreno) e al bisofurcum, quo semina panguntur, unde etiam repastina- gno con la mina la dura roccia […] levare dalle cavità ri dictae sunt vineae veteres, quae refodiebantur… [ov- gli strati più o meno spessi di terriccio per stenderlo sul vero, … viene chiamato dagli agricoltori gruccia (pa- dissodato terreno; erigere con parte delle rimosse piestinum) un ferro a due branche, con cui si caccian giu- tre intorno ad esso ed a sostegno di esso quelle muricce so le pianticelle, donde ancor fu detto repastinari il ca- a secco frequenti e monotone per difendere il campiello var di nuovo la terra al piede delle vecchie vigne…]”. contro i venti ed il dente vorace degli animali pescenti”. Parti integranti dei pastini, quindi inscindibili dagli Ulteriore notazione, ancora di Eugenio Pavani, sui stessi, erano e sono i muretti di contenimento e di soste- permessi di pastinare o di pastinazione: “Tra il 1315 al gno in pietra, manufatti il più delle volte a secco, neces- 1318 Trieste compilava sull’innanzi di statuti più vecsari al rinsaldo degli appezzamenti di terreno, in modo chi, purtroppo smarriti, il suo nuovo codice statutada consentire le lavorazioni su una superficie orizzon- rio, il quale conteneva una serie di ordinamenti intetale o debolmente inclinata e scongiurare dilavamenti, si a propagare e conservare la coltura forestale, al difrane e fenomeni di dissesto idrogeologico. vieto del guasto per pascoli, per tagli ed incendi dei Tali caratteristiche sono chiaramente indicate nell’O- boschi, statuendo pene severe a chi contraffacesse. A perato d’Estimo di Contovello (1830) a proposito dei vi- questi ordinamenti segue nel 1321 il permesso di pagneti: “nella coltivazione delle vigne, le quali formano stinazione (dissodamento è per ordinario riduzione a l’oggetto principale di risorsa per questa comune, gli vigneto) di selve di proprietà privata, permesso tolagricoltori si prestano con gran diligenza. A causa della to però dagli statuti del 1350 […] Nel 1365 chi voleloro posizione vanno soggette a continui dilavamenti, e va pastinare (dissodare), doveva provare mediante teper garantirle da una distruzione generale sono costret- stimoni che quella terra fosse già stata coltivata; ma ti li proprietari di sostenere la terra con frequenti muri, nell’addizione del 1419 tale concessione si restringeva la conservazione dei quali cagiona una continua spesa”. al precedente permesso del giudice e nell’anno stesso E un tanto trova conferma negli elaborati catastali del il dissodamento dei farneti non era tollerato, se non Comune di Duino: “Li terreni di questa Comune sono si- quando i possessori avessero provato con istrumenti tuati parte in pianura, sopra alture scoscese in profondità o con altri mezzi legali la proprietà del bosco”. così dette doline, talchè per essere mantenuti in stato abRenato Duca e Renato Cosma bisognano di escavazione di sassi, dell’erezione di tremoni, e muri di sostegno. E hanno altresì dei terreni artifi- Renato Duca è stato direttore del Consorzio di bonificiosamente eretti mediante accumulazione di terra sopra ca Bassa Friulana; Renato Cosma è stato condirettotratti, che altrimenti verrebbero ad essere affatto sterili”. re del Consorzio di bonifica Pianura Isontina |

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(as) s a g g i William Gibson Inverso Mondadori, 2017 Pagg. 528 € 24,00 America, futuro prossimo. Flynne Fisher vive in una zona rurale dove il lavoro è scarso per chi sceglie di non dedicarsi alla produzione di droghe sintetiche, l’unica attività remunerativa. Dopo un periodo in cui è stata ingaggiata per combattere in un gioco online, Flynne ora cerca di mantenersi facendo

l’assemblatrice in un negozio locale di stampa 3D. Ma arrivare a fine mese è difficile. Suo fratello Burton, ex Marine, come unica forma di sostentamento ha il denaro che gli viene passato dall’esercito in quanto veterano di guerra con gravi lesioni neurologiche riportate sul campo. Inghilterra, settant’anni dopo. Wilf Netherton vive a Londra. È un professionista affermato e un uomo potente all’interno di una società in cui i ricchi sono la maggior parte e i poveri sono stati eliminati quasi interamente. Finché per testare un nuovo gioco online Flynne e Burton vengono proiettati nel futuro. E conoscono Wilf…

Milano. Gheorge Pop è un criminale pieno di idee brillanti. L’ultima, davvero geniale, è quella di riutilizzare la cocaina che - una volta evacuata dai suoi consumatori - abbonda nelle fogne di Milano: raccoglierla, filtrarla, ripulirla, e rimetterla in circolazione. Un tragico giorno d’estate, però, un temporale fa cadere un’enorme gru sul deposito in cui Pop tiene ammassate tonnellate di droga

da ripulire, che trascinate dal vento si spargono sopra Milano. E la città impazzisce: i freni inibitori scompaiono, e gli operosi cittadini di Milano si abbandonano ai loro desideri più nascosti. Desideri che, nella stragrande maggioranza dei casi, si rivelano essere estremamente violenti. In questo contesto inizia l’odissea di uno strano trio: Vladi, un ragazzino di origini russe strutturalmente orfano; Lola, adolescente tanto impaurita quanto decisa, e il comandante dei carabinieri De Leo, che - non potendo fare nulla per fermare l’ondata di violenza - decide che la cosa migliore da fare sia provare a salvare almeno i due ragazzini. E intanto si domanda: ma è possibile che sia stata solo una nuvola di droga a scatenare tutto questo?

Richard Ford Tra loro Feltrinelli, 2017 Pagg. 144 € 15,00 Nel profondo Sud degli Stati Uniti, tra i ruggenti anni venti e gli anni desolati della Grande Depressione, una strana coppia percorre le strade assolate del Mississippi e dell’Arkansas su una Ford a due porte. Lui è il rappresentante di una ditta di amido per il bucato. Lei è sua moglie. Si sono conosciuti giovanissimi,

si sono sposati, si amano e hanno deciso di viaggiare insieme per non doversi separare. E così, per una ventina d’anni, passeranno da un grossista all’altro, da un albergo all’altro, da un ristorante all’altro (festeggiando ogni tanto con qualche bevuta, alla faccia del Proibizionismo), felici di una vita che non potrebbe essere migliore. L’imprevista gravidanza della moglie cambia tutto. L’arrivo di un figlio inatteso separa inevitabilmente quella coppia così unita, costringendo l’uno a un pesante lavoro solitario, l’altra a una vita stanziale in città. Ma quel figlio non è un ragazzo qualunque…

Beppe Tosco Favola Splatter Sperling & Kupfer, 2018 Pagg. 264 € 16,90

Pierpaolo Martino Un angelo con un’ala sola Goliardica Editrice, 2011 Pagg. 101 € 15,50 Una storia vera di un ragazzo down. Pierpaolo Martino ha scelto di raccontare la sua vita, le difficoltà che l’hanno contraddistinta, la caparbietà con cui ha voluto renderla normale, l’orgoglio e la soddisfazione che prova oggi difronte al suo personale successo. Un’affermazione raggiunta soltanto grazie al proprio

impegno, alla propria volontà, al costante sostegno della sua famiglia ed alla forza della sua fede cristiana. Un’affermazione perfettamente rappresentata da un angelo con un’ala sola, figura in cui egli si rispecchia e che riassume la sua difficile crescita in una società troppo spesso incapace di accettarlo ed accoglierlo, in una società sempre tristemente attenta a sottolinearne la presunta diversità. La rappresentazione dell’angelo in copertina è opera dell’autore, per il quale la pittura rappresenta una grande passione ed una notevole opportunità di crescita e visibilità.

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PERSONAGGI

TIZIANA GARDONI Servizio di Margherita Reguitti Illustrazioni di Biro

Quando la tenerezza

diventa tenacia

Spiegare ai bambini le migrazioni dei loro coetanei. Attraverso un libro illustrato una docente di lettere racconta agli studenti delle primarie l’avventura di Tarek. Prendendo spunto da uno spettacolo teatrale. Applaudito in tutto il Friuli Venezia Giulia.

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Ogni anno sono migliaia i minori non accompagnati che arrivano nel nostro Paese, un numero che le statistiche danno in crescita. In Friuli Venezia Giulia al 31 dicembre 2015 erano 463, 196 in più rispetto al 2014. Quasi la totalità sono ragazzi di età compresa fra i 16 e 17 anni, ospitati nelle strutture di accoglienza (dati disponibili nel Rapporto immigrazione 2016 realizzato dal Programma immigrazione della Regione Friuli Venezia Giulia). Arrivano dopo viaggi lunghi mesi, sottoposti a privazioni, soprusi e violenze di ogni genere. Ma i numeri reali sono ignoti e certamente il fenomeno in Italia è più ampio, perché molti sono “i ragazzi e le ragazze in transito” che attraversano il nostro Paese per raggiungere altre destinazioni. Sono fantasmi, la cui principale preoccupazione è non essere né visti né intercettati.

Molti arrivano via mare e i media e le istituzioni si occupano di loro solo come numeri o, a volte, come storie pietose o difficili da immaginare. Racconta un viaggio, in forma di avventura incantata dall’Africa all’Italia, il libro Buon viaggio Tarek di Tiziana Gardoni, uscito per Liberedizioni. Protagonista un bambino forte e tenace, determinato nel sopravvivere a prove dure, con l’obiettivo di realizzare un sogno. Un racconto che prende spunto da una storia vera, lungo un cammino a piedi nel deserto, su treni e camion carichi a dismisura di uomini e donne in fuga dalla fame e dalla guerra, scappando alla violenza dei trafficanti e delle polizie dei paesi attraversati. Narrazione di parola e illustrazioni dei mesi, dei chilometri, delle privazioni, pericoli e paure che stanno dietro ai numeri diffusi quasi quotidianamente dai notiziari di giornali radio e televisioni. Dati che non raccontano di una vita prima del viaggio, né dei sogni, delle famiglie, degli affetti dietro a quegli occhi sbarrati, inquadrati da telecamere e obiettivi. Il libro, realizzato dalla docente di Lettere con una lunga e specifica esperienza di laboratori di animazione teatrale, vuole raccontare ai più piccoli, bambini e bambine delle scuole primarie, un’avventura sì In apertura, Tiziana Gardoni, docente di Lettere originaria di Brescia. Di fianco, la copertina del libro. Pagina accanto, alcune illustrazioni di Biro raffiguranti Tarek.

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pericolosa, ma vissuta con la tenerezza che diventa tenacia; una capacità che solo i bambini hanno. Il libro inizia in una giornata calda e assolata in un villaggio di confine tra Senegal, Mauritania e Mali. È la mamma di Tarek che lo spinge a partire, solo, senza la famiglia, per fuggire da un paese senza acqua, terra e futuro. Viaggerà a piedi nel deserto, schiacciato in un treno, tormentato da insetti, a 40 gradi sotto il sole, su camion sgangherati. Rischierà le violenze degli adulti malvagi, dei soldati predoni, fino all’arrivo in Libia. Qui incontrerà Amina; con lei affronterà il mare cattivo e le onde gigantesche. Una corda sarà la loro salvezza e il sogno di giocare con la maglia della squadra del cuore si realizzerà. Tiziana Gardoni, come è nata l’idea di questo libro? «Con l’associazione Cicogne Teatro avevamo già realizzato uno spettacolo dal titolo “Buonviaggio”, dedicato ai bambini e alle bambine delle scuole medie che racconta il viaggio di Tarek dall’Africa all’Italia. Dall’esperienza di allestimento di questo spettacolo in oltre 80 città in Italia, ma anche in Svizzera e Germania, abbiamo avuto l’idea di raccontare questo aspetto ignorato della migranza a bambini anche più piccoli». Che tipo di rapporto si instaura fra Tarek e i piccoli lettori? «Un rapporto di condivisione dell’avventura incantata del viaggio, senza che abbia connotazioni magiche. Questo mantenere dei connotati legati alla realtà della storia vera, a cui si ispira il racconto, è un elemento caratterizzante del testo. Il lettore percepisce che non si tratta di una favola dalle informazioni che vengono fornite sul viaggio, dalle privazioni di cibo e acqua, dagli incontri con soldati malvagi che aggrediscono invece di difendere. Il testo che scorre accanto ai disegni è reale nelle descrizioni». Con quale forza Tarek affronta un viaggio tanto duro e dal risultato incerto? «Con una vena di ottimismo e di speranza perché Tarek ha un sogno, giocare nella squadra del cuore, ma anche un obiettivo, scappare da un paese dove i soldati prendono i bambini e li fanno sparire. Durante il viaggio il bimbo pensa a una frase che il nonno gli ha raccomandato prima di partire. Non sapendo cosa fosse il mare, il nonno gli aveva spiegato come riconoscerlo in modo semplice dicendogli: “Le conchiglie, quando nella sabbia vedrai le conchiglie potrai dire che sei arrivato al mare”».

L’ultima parte del viaggio è quella per mare, quella che noi crediamo di conoscere. Come l’avete raccontata? «Lungo tutto il racconto il segno pittorico di Biro, giovane illustratore con il quale da tempo l’associazione Cicogne Teatro collabora, ha un tratto di segno e di scelta cromatica molto forte nel contenere realtà e fantasia. Nelle ultime nove pagine vi è un crescendo di intensità di toni pastosi e a volte cupi di blu. Prospettive rovesciate nelle quali Tarek e Amina sembrano davvero travolti dalle onde del mare cattivo». La storia ha però un lieto fine. «È una storia nella quale l’ottimismo non viene distrutto dalle prove. Alla fine Tarek ce la farà, indosserà la maglia della sua squadra del cuore e giocherà la sua partita». La storia inizia in un luogo di confine e lo spettacolo è stato recentemente presentato in Friuli Venezia Giulia. Quale il riscontro del pubblico? «Lo spettacolo è stato inserito nel cartellone Ert per ragazzi a Udine, Cervignano del Friuli, Grado e altre località della regione, ha avuto un’ottima accoglienza da parte dei ragazzi e delle ragazze che, accompagnati dagli insegnanti, hanno, forse per la prima volta, condiviso attraverso personaggi vicini a loro, il senso dell’abbandonare tutto per andare verso un ignoto che sperano sia migliore. Non abbiamo avuto ancora modo di presentare il libro in Friuli Venezia Giulia, ma dall’esperienza in Lombardia, Veneto e Piemonte abbiamo avuto un rimando molto positivo. Soprattutto la scelta di proporre delle letture animate è molto appagante dal punto di vista della partecipazione emotiva alla narrazione. I bambini e le bambine sentono Tarek uno di loro, è il loro eroe». Margherita Reguitti “Buon viaggio Tarek”, ideazione e testi di Tiziana Gardoni, immagini di Biro, promosso dall’Associazione Cicogne Teatro Arte e Musica, uscito per Liberedizioni. Tutti i progetti di spettacoli e attività sono disponibili nel sito dell’associazione creata dall’autrice con Claudio Simeone e Abderraim El Hadiri: www.cigogneteatro.it, cigogne@cicogneteatro. it, face book/cicogneteatro |

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Ribalta nazionale per Roberto Pagnanelli

Presentato al TG5 il libro “Terapia con i fiori italiani” Anche la rubrica del TG5 “La lettura”, condotta dal giornalista Carlo Gallucci, ha acceso i riflettori sul libro del dottor Roberto Pagnanelli “Terapia con i fiori italiani”. L’esperienza televisiva «Negli studi di Roma – racconta il dottor Pagnanelli – è stata una giornata intensa. Per registrare i due minuti da mandare in onda durante il telegiornale c’è un lavoro meticoloso. Per la gioia delle decine di tecnici, abbiamo ripetuto l’intervista sette volte. Dopo la prima, appassionata presentazione di Gallucci che mi ha lasciato a bocca aperta (preso dall’enfasi mi ha chiamato ‘professore’ e, con un ritmo di battuta degno d’una regata, ha descritto il mio lavoro in modo egregio) ecco progressivamente scendere gli entusiasmi, a ogni ripetizione. Nell’ordine: prima ho spostato la poltroncina per avvicinarmi al conduttore (era troppo distante, almeno per me… “Alt, si è avvicinato, tecnici accorrete! Non si spostano le sedie, si riparte!”). La seconda volta ho esordito con “Buongiorno!” (mi sembrava segno di educazione… “Si va in onda di notte – mi ha apostrofato Gallucci – e il conduttore sono io, non lei!”). Al terzo ciak: “Non si parla dei successi delle medicine naturali, non tutti sono d’accordo, lei mi mette in difficoltà col grande pubblico”. E ancora: “Stop, 2 minuti e 23 secondi, troppi, si rifà tutto!”. E così via per sette volte, tanto che all’ultima, quella ‘buona’ ero sgonfio come un pneumatico e non sapevo più cosa dire, dopo tutte quelle bacchettate!» Il libro Dopo i fiori di Bach, i californiani e gli australiani anche i fiori italiani meritano un posto al sole, nel variegato panorama delle medicine naturali. Un’esposizione chiara e coinvolgente per un libro che non smetterà di stupirvi e vi insegnerà a impiegare i fiori italiani nella cura dei piccoli e grandi malesseri dell’uomo moderno. Ansia, panico, depressione, ma anche gelosia, invidia, passioni, emozioni, paure e rabbia, troveranno ristoro nella mente. Fiori di pesco e di ciliegio, pioppo e pinguicola, primula e biancheggiante sambuco diventeranno compa-

gni di viaggio, per una terapia mirata, priva di sintomi collaterali e dagli effetti sorprendenti. Con un procedimento particolare, detto ‘metodo del sole’, i fiori diventeranno ‘essenze’ curative, in grado di interagire con i malesseri e i disturbi dell’anima umana, portando benessere e serenità. Dall’esperienza dello psichiatra un libro semplice ed emozionante che illustrerà le qualità, le caratteristiche e gli effetti dei singoli fiori. Dal libro, edito da Edizioni Mediterranee (192 pag. con illustrazioni a colori), emergeranno storie e racconti di pazienti che grazie alle essenze floreali sono tornati a vivere, dopo il buio del malessere. I fiori italiani illumineranno la lettura, avvincente come un romanzo, indicando la via della guarigione. Il dottor Roberto Pagnanelli, psichiatra ideatore della Musicoterapia Cinematografica, riceve su appuntamento a Trieste, Udine, Monfalcone e Gorizia. Per info e appuntamenti: Cell.: 330-240171; www.robertopagnanelli.it


MOSTRE IN FVG (calendario aggiornato su www.imagazine.it) Fino al 14 gennaio ▶LA GUERRA – UNA STORIA SICILIANA Mostra fotografica con gli scatti di Tony Gentile. Pordenone. Spazi espositivi, Corso Garibaldi. Orario: ven 16-19, sab-dom 10-12/16-19. Ingresso libero. Info: www.imagazine.it Fino al 18 gennaio ▶TRIESTE OGGI Mostra pittorica di Francesco Martinuzzi dedicata alla città di Trieste. Monfalcone (GO). Caffè Carducci, via Duca d’Aosta 83. Orario: mar-dom 7.30-22. Ingresso libero. Info: www.imagazine.it

Fino al 20 gennaio ▶IL VOLTO, LA POESIA Ventisei poeti ritratti a matita, china, pastello e acquarello dal maestro Franco Dugo. Gorizia. Biblioteca statale isontina, via Mameli 12. Orario: lun-ven 10.3018.30, sab 10.30-13. Ingresso libero. Info: www. isontina.beniculturali.it Fino al 28 gennaio ▶GOODBYE PERESTROJKA Cento opere di pittura, grafica, scultura di artisti dell’ex Unione Sovietica per ripercorrere il momento di entusiasmo politico e creativo che precedette la caduta dell’URSS. Gradisca d’Isonzo (GO). Galleria Spazzapan, via Ciotti 51. Orario: merven 15-19, sab-dom 1013/14-19. Ingresso € 3. Info: www.galleriaspazzapan.it

Fino al 28 gennaio ▶IL VILLAGGIO DI PANZANO Dal degrado alla rinascita 1950/2017. I principali avvenimenti che hanno portato alla valorizzazione urbanistica e sociale del quartiere monfalconese. Monfalcone (GO). Galleria Comunale d’Arte Contemporanea, piazza Cavour 44. Orario: mer/dom 10-13, gio-sab 10-13/1518. Ingresso libero. Info: 0481 494369 ▶I QUATTRO CONTINENTI E I LORO PRESUPPOSTI Mostra antologica dell’artista udinese Walter Bortolossi. Pordenone. Galleria Bertoia, Corso Vittorio Emanuele II 60. Orario: giosab 16-19, dom 10-12/1619. Ingresso € 3. Info: www.comune.pordenone.it ▶A TESTA ALTA Mostra personale di Willy Verginer nell’ambito di Maravee Mind. Gemona del Friuli (UD). Museo Civico di Palazzo Elti, via Bini 9. Orario: mar-dom 11-19. Ingresso libero. Info: www.progettomaravee.com Fino al 4 febbraio ▶L’ICONA RUSSA E LA NUOVA ARTE Esposte 36 icone provenienti dal Museo d’arte e di cultura russa Andrey Rublev e dal Museo Privato dell’Icona Russa. Palmanova (UD). Polveriera Napoleonica, Contrada Garzoni. Orario: mar-dom 10-18. Ingresso libero. Info: www.comune.palmanova.ud.it

Fino al 11 febbraio ▶DONNE, MADRI, DEE Linguaggi e metafore universali nell’arte preistorica. Udine. Castello, piazzale del Castello. Orario: mardom 10.30-17. Ingresso € 4. Info: 0432 271591

Fino al 18 febbraio ▶MARIA TERESA E TRIESTE Storia e culture della città e del suo porto. Trieste. Magazzino delle Idee, corso Cavour 2. Orario: mar-dom 10-19. Ingresso € 6. Info: www.mariateresaetrieste.it

Fino al 25 febbraio ▶L’INCANTO DEL REALE Esposte le opere pittoriche di Renzo Tubaro del periodo 1948-1998. Pordenone. Galleria Sagittaria, via Concordia 7. Orario: mar-dom 1619. Ingresso libero. Info: www.centroculturapordenone.it Fino al 25 marzo ▶LA RIVOLUZIONE RUSSA L’arte da Djagilev all’Astrattismo (1898-1922). Gorizia. Palazzo Attems, piazza De Amicis 2. Orario: mar-dom 10-17. Ingresso € 3,50. Info: www. comune.gorizia.it

Fino al 30 marzo ▶IL TESTIMONE Mostra di Enzo Valentinuz sul passaggio di testimone fra generazioni nella sapiente e difficile arte della pittura murale di “graffito su intonaco”. Gradisca d’Isonzo (GO). Banca popolare di Cividale, piazza Unità 20. Orario: lun-ven 8.20-13.20. Ingresso libero. Info: 328 1474727 Fino al 15 aprile ▶PEACE IS HERE! Fotografie di propaganda degli Americani in Estremo Oriente nel fondo USIS. Trieste. Museo d’Arte Orientale, via San Sebastiano 1. Orario: mar-gio 10-13, ven-sab

14-17, dom 10-17. Ingresso libero. Info: www.museoarteorientaletrieste.it Fino al 21 aprile ▶DEA DEL CIELO O FIGLIA DI EVA? Mostra curata da Maiko Favaro e Alessandra Sirugo sulla donna nella letteratura italiana fra Rinascimento e Controriforma. Trieste. Museo petrarchesco piccolomineo, via Madonna del mare 13. Orario: lun-sab 9-13, gio 913/15-19. Ingresso libero. Info: www.triestecultura.it

Fino al 1 maggio ▶NEL MARE DELL’INTIMITÀ In mostra un migliaio di reperti provenienti dai numerosi giacimenti sommersi e prestati per l’occasione da musei italiani, croati, sloveni e montenegrini. Trieste. Salone degli Incanti, Riva Sauro 1. Orario: mar-ven 9-17, sabdom 10-19. Ingresso € 7. Info: www.nelmaredellintimita.it

Fino al 31 maggio ▶EXODUS Arte per credere. Mostra dedicata all’artista bosniaco Safet Zec. Manzano (UD). Abbazia di Rosazzo. Orario: merdom 9-12/15-18. Ingresso libero. Info: www.abbaziadirosazzo.it Fino al 24 giugno ▶IN VIAGGIO CON THALIA Dalla nave bianca del Lloyd alla principessa del mare (1907-1967). Esposti fotografie d’epoca, volumi, documenti, dépliant e menù di viaggio… Trieste. Civico Museo del Mare, via Campo Marzio 5. Orario: gio-mar 9-13. Ingresso libero. Info: 040 304885

I COSTI E GLI ORARI DI APERTURA POSSONO VARIARE SENZA PREAVVISO. VERIFICARE SEMPRE RIVOLGENDOSI AGLI APPOSITI RECAPITI.


PERSONAGGI MASSIMO ALVARO Intervista di Andrea Doncovio

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Nulla è impossibile Friulano ma residente a Trieste, è l’unico italiano all’interno del gruppo di ispezione del management del Lloyd’s Register, multinazionale inglese che oltre 150 anni fa fondò proprio nel capoluogo regionale la sua prima sede italiana.

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Nel mondo globalizzato di oggi l’inglese oltre che lingua franca internazionale è anche la lingua degli affari. Ci scusiamo allora subito con i lettori se questa intervista riporterà inevitabilmente alcune terminologie British, ormai sdoganate nel mondo del business. Un mondo nel quale Massimo Alvaro, cervignanese di nascita e triestino di adozione, ha imparato a muoversi tra viaggi intercontinentali e incontri con delegazioni di tutti i Paesi, grazie alla sua carriera in ascesa all’interno di Lloyd’s Register.

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Massimo, partiamo proprio da qui: che cos’è Lloyd’s Register? «Lloyd’s Register è una multinazionale inglese nata nel 1760. Per ragioni “anagrafiche” può considerarsi il primo registro navale di classifica. Lloyd’s Register è suddivisa in tre unità di business e oltre alla sua chiara connotazione marina opera in svariati settori tra cui gas, energia, nucleare e rinnovabili, erogando certificazioni e servizi tecnici di vario tipo. Lloyd’s Register è di proprietà della Lloyd’s Register Foundation, ente caritativo britannico dedito alla ricerca e all’educazione delle scienze e dell’ingegneria. La società prende il nome dalla coffee house londinese - Lloyd’s Coffee House, in Lombard Street, dove nel Settecento si riunivano commercianti, armatori, assicuratori e da cui è nato il Registro di Lloyd». Quante sono le sedi nel mondo? «Il nostro quartier generale è a Londra, non più nella famosa coffee house ma a Fenchurch Street e operiamo su 78 Paesi con 9.000 dipendenti. In Italia abbiamo sede a Trieste (primo ufficio sorto sul suolo nazionale oltre 150 anni fa) e poi Milano, Mestre, Genova e Viareggio». Dallo scorso novembre lei è stato nominato Vice President Supply Chain Assurance: in cosa consiste questo ruolo? In apertura, Massimo Alvaro. Di fianco, Alvaro assieme a Olga Fernando, traduttrice ufficiale dell’ambasciatore della Gran Bretagna nonchè delle trasmissioni TV di Maria Di Filippi ogni qual volta presenzia un ospite straniero.


«Il mio nuovo ruolo prevede due cappelli che sono il coordinamento e lo sviluppo dei Corporate Accounts (i primi clienti della business line di cui faccio parte) nonché lo sviluppo di una partnership con una start-up denominata SupplHI. La combinazione delle due attività consente a Lloyd’s Register di fornire ai suoi clienti soluzioni a 360 gradi. Con questo nuovo ruolo sono anche l’unico italiano a far parte del gruppo di ispezione del management (Inspection Management Team)». Il suo lavoro la obbliga a continui viaggi internazionali: con quante e quali realtà ha avuto modo di confrontarsi finora? «Più che obbliga direi necessita. In realtà meno viaggio meno costo, per cui nessuno me lo impone. Tuttavia ritengo che per guadagnare fiducia e rendere più efficaci le relazioni con clienti e colleghi, sia ancora fondamentale vedersi di persona. È curioso perché da un lato questo nuovo mondo digitale permette di essere reperibili ovunque e a qualsiasi ora mentre dall’altro sedersi attorno a un tavolo per ragionare su soluzioni e opportunità facilita e velocizza il tutto. Negli ultimi quattro anni ho prevalentemente viaggiato in Europa con saltuarie “escursioni” negli Emirati Arabi. Nelle precedenti aziende ho avuto la fortuna di viaggiare con una certa frequenza in Stati Uniti, Giappone e Cina». La sua avventura nel Lloyd’s Register, invece, come è iniziata? «Il primo contatto avvenne nel 2010 con Diego Apicella, tuttora Capo del Personale Italia-Croazia-Malta, che mi chiamò nell’ufficio di Trieste per un colloquio. Al tempo la posizione era tecnica/operativa. Premetto che amo questa azienda, per cui nonostante la posizione fosse al tempo sottodimensionata sono andato volentieri al colloquio. Fu più rapida un’altra azienda che mi propose poi una posizione più centrata. Nei successivi tre anni mantenni però il contatto con Diego, finché nella primavera del 2013 si presentò la possibilità di gestire il Sud Europa e Diego mi mise in contatto con il mio futuro capo. Ho iniziato a settembre dello stesso anno gestendo un Sud Europa un po’ particolare che includeva UK (casa madre) e Cuba. Ho ricoperto questo ruolo sino allo scorso ottobre con piena soddisfazione». Nel progetto che sta seguendo attualmente è coinvolta anche una start up: com’è nata questa collaborazione? «supplhi.com è una piattaforma digitale innovativa ideata e sviluppata da Giacomo Franchini, che ne è anche il proprietario e amministratore delegato. Ho avuto la fortuna di incontrare Giacomo al convegno annuale della sezione componentistica di ANIMP (Associazione Nazionale di Impiantistica Industriale) a Milano nel 2015 mentre presentava questa sua idea. Nel vedere la presentazione ho pensato che il nostro brand, l’autorevolezza, l’integrità e indipendenza che ci caratterizzano potessero essere l’elemento mancante. Ho così invitato Giacomo a Londra pochi mesi dopo e da lì abbiamo lavorato per i successivi due anni sviluppando una partnership che riteniamo possa fornire soluzioni mirate per la qualifica dei fornitori nell’industria».

Alvaro ospite al talk show ALIG moderato dal vicedirettore del TG5 Giuseppe De Filippi.

Il progetto avrà anche ricadute occupazionali? «Al momento abbiamo appena finalizzato una assunzione e stiamo cercando un Sales Manager Global per sviluppare il progetto. Se manterremo il piano di sviluppo programmato ci saranno altri innesti sia a livello tecnico e di pianificazione, sia alle vendite. Non vanno escluse anche possibili posizioni in altri Paesi perché il progetto è di scala globale». Nel suo percorso lavorativo qual è stato il segreto per raggiungere questi traguardi? «Non mi considero nessuno di speciale, semplicemente la consapevolezza di essere una persona normale e che dunque ha bisogno di lavorare molto e sodo. Due cose mi caratterizzano: non accettare mai un “non si può fare” a prescindere (se mi si dice “questa cosa è impossibile” è forse il miglior modo per farmi ragionare come si possa fare); la resilienza e la determinazione di non mollare mai di fronte alle difficoltà». Girando il mondo per lavoro quali sono le principali differenze che riscontra negli altri Paesi rispetto al “sistema Italia”? «Noi siamo molto bravi e lo siamo altrettanto nell’autoflagellarci. Agli italiani piace molto dire che all’estero sono tutti più bravi e che da noi non funziona niente. Io credo che al nostro Paese manchino principalmente infrastrutture contemporanee e maggiori incentivi alle imprese. Oggi fare impresa e industria è da eroi e tra i nostri clienti vedo realtà fenomenali che per amore del Bel Paese mettono radici qui. Non nego, e dico una banalità, che in Paesi più “snelli” e “agili” volerebbero. Siamo poco orgogliosi del “sistema Italia” a ragione forse, ma dirlo a gran voce e con il megafono non ci aiuta a fare più business all’estero». Dal punto di vista professionale, quali sono gli obiettivi futuri di Massimo Alvaro? «Per ora voglio fare bene e consolidarmi qui. Vedere le idee proposte realizzarsi. Poi si vedrà». Andrea Doncovio

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PERSONAGGI

LUIGI PISTORE Intervista di Andrea Doncovio. Immagini di Accademia Casanova

Sulle orme di Casanova Dopo aver diretto l’Orchestra filarmonica giovanile Alpe Adria di Gorizia, nel 2014 ha fondato a Venezia un’accademia dedicata a uno dei grandi protagonisti del Settecento. Dando nuovo futuro al progetto musicale sorto proprio in Friuli Venezia Giulia.

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Luigi Pistore, partiamo dalla fine: in cosa consiste l’attività dell’Accademia Casanova? «L’Accademia è nata con un progetto pilota nel 2014 e si è costituita ufficialmente il 2 aprile 2016. Ha sede presso Palazzo Albrizzi a Venezia e ha come obiettivo la divulgazione e la rivalutazione culturale della figura di Giacomo Casanova attraverso la produzione e la diffusione sistematica di iniziative in campo culturale, artistico e musicale». Lei com’è arrivato alla presidenza di questa realtà? «Ne sono stato il primo promotore e tutti gli altri partecipanti hanno voluto affidare a me il compito di rappresentarla. Anche se questo rappresenta un ulteriore impegno in termini di responsabilità ho accettato e mi sento onorato dell’incarico». All’interno dell’Accademia si è costituita anche la Casanova Academy Orchestra, orchestra da camera da lei diretta. Da chi è composta? «L’orchestra ha un taglio decisamente professionale in quanto è composta da musicisti che suonano stabilmente in orchestre di importanti teatri. Riserviamo spazio anche per giovani talenti, molti vincitori di concorsi internazionali. Stretto anche il legame con l’Orchestra Filarmonica “Alpe Adria” di Go66

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rizia: ad esempio il nostro primo violino è Xhoan Sreli, in passato giovane partecipante ai laboratori “Alpe Adria” di Gorizia, ora uno dei primi violini stabili del Teatro La Fenice di Venezia». Come mai avete legato la vostra realtà alla figura di Casanova? «Tra i miei interessi culturali un posto particolare lo occupa proprio Giacomo Casanova del quale, fin da ragazzo, sono un suo appassionato cultore. Da qualsiasi percorso si giunga al Settecento prima o poi si incontra Casanova e questo già dovrebbe far riflettere sulla sua rilevanza storica. Io arrivai a lui quando, studente di Conservatorio, studiai il Don Giovanni di Da Ponte - Mozart. Tra i due, in un misto di storia e leggenda, spuntò il nome di Casanova sia per la sua presenza a Praga nel 1787 in occasione della “prima”, sia per un suo “intervento” alla stesura del libretto d’opera. Le “Memorie” di Casanova da subito mi rapirono e iniziai ad approfondirne lo studio diventato, negli anni, studio interdisciplinare del secolo dei lumi intrecciato tra teatro, letteratura, arte e musica. Così nel 2014, quando i tempi furono maturi, non esitai a dare il “la” fondando insieme agli amici casanovisti l’Accademia che rappresenta a oggi il primo centro dedicato a Casanova nella sua città natale».


Lei è originario di S. Andrea di Campodarsego in provincia di Padova, ma goriziano di adozione visto che a Gorizia vive insieme a sua moglie e suo figlio. È più facile fare musica in Friuli Venezia Giulia o in Veneto? «Non saprei, so solo che per farla bene richiede impegno e dedizione. Ogni luogo offre una possibilità diversa di arricchimento, ma bisogna anche essere pronti a coglierla». Proprio a Gorizia lei aveva sviluppato il progetto dell’Orchestra Filarmonica Giovanile Alpe Adria: cosa ne è stato? «Il progetto dell’Orchestra Alpe Adria è una delle esperienze personali formative più belle realizzate in FVG, regione che offre la possibilità di considerare la diversità culturale come ricchezza e proprio così noi facemmo. Alcuni dei ragazzi partecipanti ora sono professionisti in importanti orchestre in tutto il mondo. In termini territoriali portò per la città di Gorizia anche risultati credo mai raggiunti prima, che culminarono con la realizzazione di un Cd divulgato da una importante rivista in tutta Italia. A oggi, dopo gli anni di crisi dove la scure dei tagli alle risorse purtroppo si è fatta sentire, l’Associazione che lo ha gestito, la NovaAcademia “Alpe Adria”, si dedica all’organizzazione di concerti e di piccole produzioni locali. Ogni tanto mi chiedono di riavviare a Gorizia il laboratorio giovanile ma, onestamente, per ora non vedo ci siano le condizioni». Quali sono a suo avviso le analogie e le differenze tra il progetto Orchestra Alpe Adria e quello della Casanova Academy Orchestra? «La differenza sostanziale sta nel fatto che l’Orchestra Alpe Adria si propone come laboratorio giovanile, la Casanova Academy Orchestra per la sua peculiare attività richiede da subito professionisti già affermati. Una analogia importante sta nel modo e nello stile del fare “musica insieme” portato avanti in termini di continuità con i musicisti che provengono dal laboratorio giovanile goriziano». Per potersi sviluppare e crescere sono necessarie risorse: l’Accademia Casanova su quali può contare? «Per l’Accademia Casanova ho ideato un progetto di management culturale che si sgancia da vecchie logiche gestionali e punta sulla partecipazione attiva di partner e istituzioni privati. Cambia dunque il paradigma: non solo semplici sponsor ma veri e propri elementi costitutivi del progetto. Per questa “vis” innovativa ho ricevuto a Roma lo scorso novembre il premio nazionale “La Furrina”». Si dice “Nessuno è profeta in patria”. Luigi Pistore sembra invece aver trovato il successo nel “suo” Veneto… Che effetto fa? «Mi definiscono spesso “musicista veneto e goriziano d’adozione”: ormai ho due patrie. In effetti mi sento a casa anche a Gorizia. Certo, sono molto legato ai miei luoghi d’origine, tra Padova e Venezia, e le persone che

Sopra, Luigi Pistore con la Casanova Academy Orchestra. In apertura, primo piano del Maestro Pistore.

mi conoscono da bambino ancora oggi mi seguono e mi scrivono con sincera ammirazione, facendomi provare una sensazione particolare». Il rapporto di Luigi Pistore con Gorizia e il Friuli Venezia Giulia invece com’è? «Il FVG è una terra di confine da cui ho imparato prima di tutto il rispetto per le diverse culture. Nello specifico trovo che Gorizia sia una città con interessanti potenzialità nel campo culturale. Forse dovrebbe essere un po’ più ambiziosa e coraggiosa: a volte è un peccato perdere in campo culturale e musicale tante opportunità». A suo avviso qual è lo stato di salute del movimento musicale in generale nel nostro territorio? «Stiamo assistendo a un degrado culturale su larga scale e un po’ anche il nostro territorio ne risente. Per fortuna ci sono delle chiare eccellenze e non sono poi così poche, ma andrebbero più evidenziate e portate come modello. Invece spesso sono lasciate al loro destino e costrette a sopravvivere». Il futuro di Luigi Pistore sarà a Gorizia, in Veneto o altrove? «Mi piacerebbe mettere a disposizione per Gorizia la mia esperienza, consolidare i miei progetti “veneziani” e, come Casanova, essere sempre in viaggio alla scoperta di nuove esperienze». Qual è il prossimo obiettivo che desidererebbe realizzare? «Insieme a esperti, studiosi e collezionisti sto lavorando al “Salotto di Casanova”, uno spazio evocativo esperienziale a Venezia dove, guidati da Casanova, ci si troverà immersi nella vita del Settecento veneziano. Un grande impegno in termini di progettazione ma estremamente stimolante dal punto di vista filologico e culturale. Una vera osmosi tra i vari campi del sapere. Siamo a buon punto e dovrebbe essere tutto pronto nel 2018». Andrea Doncovio |

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ALLA SCOPERTA DI... MARIO CORUBOLO E L’UGG Intervista di Andrea Doncovio. Immagini Archivio UGG

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Custode

della tradizione

Nel 2018 l’Unione Ginnastica Goriziana festeggerà il traguardo dei 150 anni della propria fondazione. In esclusiva per iMagazine, il suo presidente anticipa quali saranno i principali eventi celebrativi. Con lo sguardo sempre rivolto al futuro.

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Presidente Corubolo, nel 2018 l’Unione Ginnastica Goriziana festeggerà i 150 anni della sua fondazione: come verrà celebrato l’evento? «Per quanto riguarda l’aspetto sportivo abbiamo molti appuntamenti in programma che copriranno tutto l’arco dell’anno. Inizieremo ospitando il “Basket Day” di serie C silver di pallacanestro a gennaio: un modo per ricordare i fasti della pallacanestro goriziana quando era ancora targata UGG. Il 23 febbraio, giorno del nostro centocinquantesimo compleanno, apriremo le porte della palestra ai goriziani con un “Galà” di tutte le nostre sezioni. A luglio ci sarà un’amichevole internazionale che vedrà protagonista una rappresentativa nazionale giovanile italiana nella nostra Sala Maggiore contro una Nazionale da individuarsi. A settembre, probabilmente il 23, organizzeremo un torneo internazionale misto a squadre di judo, con la partecipazione di alcune nazioni che hanno combattuto la Prima guerra mondiale: un modo per celebrare il centenario dalla conclusione di quel terribile conflitto. Inoltre abbiamo altri eventi correlati non strettamente sportivi». Ovvero? «L’apertura della nostra sede storica alle giornate del FAI e, inoltre, vogliamo organizzare una mostra multimediale, anche a seguito dell’avvenuta digitalizzazione del nostro archivio storico, coinvolgendo l’intera cittadinanza. In tutti questi proget68

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ti vogliamo la presenza delle scuole, in particolare il Polo Liceale ISIS Alighieri, con cui abbiamo già avviato una collaborazione proficua per l’organizzazione degli Assoluti di Scherma 2017. C’è decisamente molto da lavorare per organizzare al meglio il carnet». Cosa significa per lei presiedere un sodalizio dalla storia così prestigiosa? «È un motivo di grande orgoglio personale. Entrare nelle palestre di proprietà dell’Unione Ginnastica Goriziana significa respirare la storia dello sport a Gorizia. Gli atleti che hanno vestito la maglia dell’UGG raggiungendo risultati di spessore internazionale, pur provenendo da una piccola realtà come Gorizia, sono una spinta a dare il meglio di sé anche nella parte organizzativa e burocratica, di competenza mia e del Consiglio direttivo, per permettere ai tanti ragazzi e giovani che frequentano i nostri corsi di inseguire il loro sogno sportivo». A suo avviso quali sono i fattori che rendono possibile una storia così duratura? «Uso un’unica parola: passione. Passione degli atleti, degli istruttori, dei dirigenti, dei collaboratori a vario titolo e dei genitori. Tutti mettono a disposizione il proprio tempo e si sacrificano per fare in modo che gli spazi siano vissuti, che i giovani In apertura, il presidente dell’UGG Mario Corubolo. Pagina accanto, un’immagine della giornata di Mini sport week, una delle tante iniziative della UGG.


possano fare una delle cose più belle del mondo: praticare lo sport». Attualmente in cosa consiste l’attività dell’UGG? «Siamo fra le poche società polisportive esistenti in Italia. Offriamo ai bambini e ai ragazzi la possibilità di praticare (in rigoroso ordine alfabetico) atletica, ginnastica ritmica, judo, minibasket, pattinaggio e scherma. Ai bambini in età prescolare consigliamo di seguire il “Giocosport”, un primo modo per avvicinarsi allo sport imparando la motricità di base. Agli adulti proponiamo corsi di aikido, fitness, judo, pattinaggio e scherma. Inoltre, dal momento che siamo proprietari della struttura in cui si svolgono le nostre attività, affittiamo gli spazi per conferenze, feste, convegni e incontri. Senza dimenticare che anche altre associazioni utilizzano i nostri spazi proponendo corsi sportivi per anziani. Quanti sono i tecnici e quanti gli atleti coinvolti nelle varie discipline? «Abbiamo all’incirca 400 “miniatleti”, cui vanno a sommarsi circa 100 “atleti senior”. Siamo strutturati con 16 istruttori per le attività giovanili e 6 per le attività per adulti». Nel corso degli anni come si è evoluto il rapporto tra l’UGG e la città di Gorizia? «Unione Ginnastica Goriziana è sempre stata considerata una delle realtà associative più importanti di Gorizia. Gli attuali modelli sociali tuttavia hanno visto una diminuzione della partecipazione delle persone alle attività di volontariato. Una realtà come UGG avrebbe bisogno, per poter continuare a svolgere il proprio ruolo, di una maggior partecipazione concreta dei propri soci alle attività che vengono proposte. In questo senso il Consiglio direttivo che presiedo sta cercando di coinvolgere la cittadinanza». Com’è il rapporto con le altre società sportive della città?

«La premessa è che Gorizia e il suo bacino d’utenza sono limitati. Coscienti di questo limite c’è la volontà di collaborare, nelle forme più varie, con le altre realtà sportive cittadine. È però pur vero che gli accordi si fanno in due. Chiediamo che i progetti abbiano obiettivi chiari e godano di un supporto economico certo. Per le associazioni sportive non è più tempo di “vacche grasse”; non si può più contare su un’indiscriminata contribuzione pubblica. Qualsiasi progetto ha una ricaduta economica e, se vogliamo arrivare al compleanno numero duecento, dobbiamo sempre tener d’occhio i nostri bilanci». Presiedere una società sportiva vuol dire anche tracciare delle linee guida di indirizzo: quali sono gli obiettivi che desidera perseguire durante il suo mandato? «Sono oramai otto anni che faccio parte del Consiglio direttivo e ho già rivestito la qualifica di presidente dal 2010 al 2013. In tutto questo periodo sono stato coadiuvato da altre persone del Consiglio, che hanno iniziato con me a lavorare. Insieme abbiamo analizzato tutte le problematiche e ci siamo posti degli obiettivi, predisponendo anche un piano decennale diretto a risolvere le questioni economiche. In questo gli Enti, come la Fondazione Cassa di Risparmio di Gorizia, ci sono stati vicini e hanno condiviso le finalità del progetto. L’obiettivo principale è quello di consentire a UGG di “camminare con le proprie gambe”, senza necessità di aiuti esterni. Dal punto di vista sportivo, il nostro obiettivo è quello di incrementare il numero degli iscritti ai corsi, migliorando ulteriormente l’offerta qualitativa, sia in termini di spazi sia monitorando le loro esigenze». Dalle nuove normative all’evoluzione degli stili di vita: a suo avviso oggi è più complesso gestire una società sportiva rispetto al passato? |

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«Dal punto di vista normativo si sono incrementati sempre di più gli adempimenti che vengono richiesti alle associazioni. A questo aggiungo che la proprietà della nostra struttura amplifica tali esigenze. Porto un esempio: nel 2008/2009 abbiamo effettuato importanti investimenti nella ristrutturazione delle nostre palestre (circa 380.000 euro) per l’abbattimento delle barriere architettoniche e per riuscire a ottenere sia il Certificato Prevenzione Incendi, sia l’agibilità dei nostri spazi per il Pubblico Spettacolo. L’iter si è concluso positivamente nel 2016… Inoltre l’evoluzione degli stili di vita ha comportato una sfida ulteriore: l’avanzare dell’età non è più un fattore che impedisce di praticare attività sportiva, per cui le società devono attrezzarsi per off rire agli adulti proposte sempre nuove». Organizzare gli eventi celebrativi di questo 2018 è anche un’occasione per toccare con mano i traguardi raggiunti dalla sua società in questi 150 anni. A suo avviso quali sono stati i più significativi? «Innanzitutto gli atleti che sono nati fra le nostre mura e che hanno poi avuto una carriera ad altissimi livelli, come Vittori o Zollia nel basket, a Barbara Lah nell’atletica leggera, solo per citare degli esempi. In 150 anni tantissimi di loro hanno vestito la maglia della Nazionale. Motivo di orgoglio è sempre stato il fatto che UGG abbia giocato con una propria squadra nella massima serie del campionato di basket, raggiungendo ottimi risultati. Se pensiamo invece a cosa la Ginnastica ha fatto per Gorizia nei suoi 150 anni di storia, desidero indicare la costruzione del PalaBigot (palazzetto poi ceduto per una cifra simbolica alla città di Gorizia), la costruzione della nostra sede in cui dopo 150 anni giovani e meno giovani continuano a praticare sport, la collaborazione alla copertura della Palestra della Valletta del Corno per svolgere l’attività di pattinaggio. Comunque, il traguardo più importante che abbiamo raggiunto è compiere 150 anni e non sentirli». Per continuare a garantirsi un futuro, per qualsiasi realtà associativa è fondamentale tramandare conoscenze e modalità operative: come avviene ciò con i suoi collaboratori? «Secondo noi è fondamentale che UGG continui a vivere, indipendentemente da chi si trova al timone. Con il Consiglio direttivo abbiamo preparato, come richiesto dalla Regione, un regolamento per l’utilizzo delle nostre sale; stiamo elaborando dei mansionari per la Segreteria e abbiamo fissato una serie di regole di comportamento cui devono attenersi i nostri istruttori; cerchiamo anche di trasmettere ai nostri nuovi consiglieri le

La palestra dell’UGG gremita durante un evento organizzato dalla società.

conoscenze che abbiamo acquisito durante i nostri mandati, in modo che non vada disperso il patrimonio conoscitivo sviluppato con l’esperienza. È certo che chiunque voglia assumersi l’onore e l’onere di gestire questa società non viene abbandonato a se stesso, così com’è avvenuto nel mio caso. Ho sempre avuto la piena disponibilità dei precedenti presidenti a dare un aiuto e questo, in alcuni momenti difficili che la Società ha vissuto, è stato fondamentale». A proposito di futuro: quando nel 2068 verranno celebrati i 200 anni dell’UGG, c’è un motivo particolare per il quale avrebbe piacere che il periodo di presidenza di Mario Corubolo venisse ricordato? «Un’amica e collaboratrice esterna di UGG, subito dopo la mia nomina, ha scritto un post che mi ha fatto arrossire: “Le persone che riescono a incentivare con tale potenza sono una risorsa incommensurabile. Penso Mario Corubolo sia una risorsa per Gorizia. La nomina a Presidente mi ha fatta gioire e, soprattutto, pensare con orgoglio: “È anche il mio presidente””. Vorrei che il periodo della mia presidenza venisse ricordato non per quello che riuscirà a fare Mario Corubolo, ma per quello che riuscirò a fare per UGG assieme a tutte le persone che mi circondano in questa attività, dalla vicepresidente Elisa Hoban agli altri consiglieri: Stefano Benetti, Giancarlo Bigot, Rolando Parmesani, Emanuele Trevisan e Marco Zini, ai collaboratori di segreteria Paola Rosada e Stefano Marongiu, agli istruttori (troppi per nominarli tutti), ai collaboratori esterni, Cinzia Lacalamita e Igor Damilano e a tutte quelle persone che, in un modo o in un altro, fanno il bene dell’Unione Ginnastica Goriziana. Sarei orgoglioso se la mia presidenza venisse ricordata come il periodo in cui tante persone hanno collaborato assieme per permettere a UGG di continuare a perseguire i suoi traguardi, realizzando in concreto quello che è il nostro storico motto: “Volere è potere”». Andrea Doncovio |

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PERSONAGGI

GIUSEPPE GARBIN Intervista di Michele Tomaselli Immagini di Giuseppe Garbin

L’architetto

delle piste ciclabili

Osservando il Giro in Tv si innamorò del ciclismo e sui pedali conquistò titoli importanti. Per scelta di vita si dedicò all’architettura e negli anni ’90 iniziò a progettare percorsi ciclabili per tutti. A partire dalla Ciclovia Palmanova-Grado.

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Giuseppe Garbin, cervignanese classe 1950, si appassiona al ciclismo in giovane età, uno sport che lo incorona tra i protagonisti della kermesse delle due ruote. Una carriera costellata da successi e tante soddisfazioni, come le partecipazioni nel 1973, nella categoria dilettanti, ai giri di Serbia e d’Italia. Nel 1974 la scelta di vita di abbandonare l’agonismo cui seguì, a 31 anni, quella di iscriversi alla Facoltà di Architettura e il conseguimento della laurea 5 anni più tardi (nel 1995 conseguì anche la seconda laurea in Pianificazione Territoriale Urbanistica). Un professionista determinato che ha contribuito a elevare in maniera significativa il ciclismo friulano fino a diventare il presidente regionale della Federazione Ciclistica Italiana. Grazie alle sue abilità è oggi ritenuto uno dei massimi esperti nella realizzazione di piste ciclabili. Sua l’idea della Ciclovia Alpe Adria Radweg, nel tratto tra Palmanova e Grado. Architetto Garbin, può spiegare ai nostri lettori quando sono nate le piste ciclabili? «La promozione di forme di mobilità urbana ecocompatibili rappresenta uno dei più importanti impegni

sottoscritti dai firmatari della Carta di Aalborg o Carta delle città europee (del 27 maggio 1994) per lo sviluppo sostenibile. Per questo motivo, dopo un lungo periodo di incidenti sulle strade, preso atto che le arterie urbane erano sempre più trafficate, si decise di privilegiare la bicicletta come mezzo di locomozione. In un certo senso l’Olanda e la Danimarca furono i primi Stati a investire in piste ciclabili. La nostra Regione approvò nel 1993 le “Norme per favorire il trasporto ciclistico”». E in Italia? «In questi ultimi dieci anni è cresciuta la consapevolezza che la bicicletta può rappresentare una valida alternativa ai veicoli a motore. Per incoraggiare i cittadini a limitare l’uso delle automobili è necessario creare una rete capillare di collegamenti ciclabili». Ed ecco arrivare la sua idea vincente, collegare Palmanova a Grado. Un progetto precursore, al quale fece seguito lo sviluppo del circuito Alpe Adria Radweg. L’itinerario transfrontaliero che parte da Salisburgo e che garantisce più di 60.000 turisti all’anno. «In realtà già nel 1992 avevo presentato al Comune di Cervignano del Friuli una proposta che si sviluppava, in parte, lungo il sedime della vecchia ferrovia austriaca. Nel 1993 seguì il primo incontro operativo, a cui parteciparono i rappresentanti dei Comuni di In apertura, Giuseppe Garbin nel suo studio. Di fianco, il team La Selettiva del Mobile con il direttore sportivo Ferruccio Margarit (ph. Susy Margarit).

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Cervignano, Grado, Aquileia, Terzo d’Aquileia, Bagnaria Arsa e Palmanova. Fui sorpreso perché gli amministratori accolsero favorevolmente il mio progetto». Per costruire la piramide di Cheope ci vollero quasi due decenni; molti anni sono stati necessari anche per realizzare la pista ciclabile tra Palmanova e Grado... «Più di vent’anni, quasi come la piramide di Cheope (ride, ndr)… Fu inaugurata nell’estate del 2014. Le difficoltà per realizzare opere pubbliche o di pubblico interesse sono veramente tante nel sistema amministrativo vigente». Quali furono le fasi tecniche-amministrative che portarono al compimento? «Nel 1994 fu indetto un accordo di programma con le Amministrazioni interessate, comprese le Province di Gorizia e di Udine. Mentre nel 1995 consegnavo agli stessi enti (inclusa la Regione Friuli Venezia Giulia) una o più articolate proposte. Verificavo che l’interesse cresceva sempre più, tanto che i sindaci concordavano in modo unanime sull’opportunità di chiedere un finanziamento alla Regione. Inoltre la popolazione accolse favorevolmente l’idea e in pochi giorni si raccolsero 1.700 firme per realizzare la pista ciclabile. Fu così che la Provincia di Udine, presieduta dall’avvocato Giovanni Pelizzo che volle fortemente la realizzazione della ciclabile Palmanova-Grado, mi affidò l’incarico della progettazione preliminare. Un servizio che ho svolto assieme all’architetto Amerigo Cherici». Si dice che le innovazioni cambiano il mondo e forse per questo la scelta del tracciato ebbe varie vicissitudini. «Inizialmente il progetto prevedeva che la pista ciclabile si sviluppasse parallela alla SS 352, da Cervignano fino a Strassoldo, per poi proseguire sulla via Julia Augusta, fino a superare il Canale Taglio. Proseguiva sul suo fianco est, fino ad approdare a Sevegliano di Bagnaria Arsa e quindi a Palmanova. Tuttavia si decise di spostare il percorso in direzione di Privano, lungo la via Torat, per raggiungere “la città stellata” attraverso un sottopasso dell’autostrada». Il 31 gennaio 2015 la Ciclovia Alpe Adria è stata premiata come “Pista ciclabile dell’anno” alla fiera Fiets en Wandelbeurs ad Amsterdam… «Una bel traguardo! Ho accolto la notizia con grande soddisfazione perché testimonia che è stata imboccata la strada giusta». Cambiamo discorso, che cosa ricorda delle sue prime pedalate? «Verso la fine degli anni sessanta guardavo in TV le corse che la Rai trasmetteva con il commento di Adriano De Zan. Mi piaceva pedalare lungo piazza Indipendenza a Cervignano e andare nell’officina del mitico Renato Canesin. Sognavo Fausto Coppi, il campione leggendario, icona del ciclismo, che molti anni prima assieme a Gino Bartali aveva attraversato Cervignano nella tappa Padova-Grado del 37esimo Giro d’Italia, corsa poi vinta da Adolfo Grosso. Inebriato dal “campionissimo” sognavo di comprami una bici da corsa. L’occasione arrivò quando, ospite di uno zio a Milano, ebbi modo di acquistare una Colnago, la meraviglia delle due ruote. La pagai 170.000 lire, allora una cifra esorbitante se paragonata alla paga di un operaio che guadagnava 60.000 lire al mese».

Giuseppe Garbin con la maglia della Nazionale di ciclismo in Serbia (allora Jugoslavia) nell’anno 1973.

Così, con un mezzo alla portata di tutti come la bicicletta, Giuseppe Garbin iniziò a sfidare il mondo. Come fu la sua attività agonistica? «Nel 1966 ho iniziato a gareggiare con la A.S. Willier Triestina nella categoria allievi, mentre l’anno successivo militavo negli esordienti con la squadra Bartali Rovis, fintantoché nel 1969 approdai in terza serie col gruppo sportivo Casagrande Cordignano. Nel 1971 feci il salto di qualità ed entrai a far parte dei dilettanti. Corsi per tre anni con le squadre Filcas Valvasone, Pedale Pavese e Pontoni Variano. Ero un buon corridore, soprattutto in salita, cosicché non tardarono ad arrivare i risultati. Nel 1967 vinsi la mia prima corsa, l’anno dopo mi aggiudicai quattro volte la medaglia d’oro vincendo il Trofeo Friuli e il campionato regionale. Il 1970 divenne l’anno della consacrazione: salii sul gradino più alto del podio ben otto volte. Da militare venni assegnato alla compagnia atleti di Milano». A Cervignano correvano altri campioni? «In quegli anni era nato il gruppo ciclistico La Selettiva del Mobile, diretto da Ferruccio Margarit, che assunse i colori bianchi e rossoblu e puntava sui giovani talenti. Un team che assieme alla squadra Cicli Canesin del promettente Daniele, trasformava la cittadina della bassa friulana in una capitale del ciclismo». Nel 1980 ha fondato assieme ad altri amici l’associazione sportiva Velo Club, di cui ha ricoperto la carica di presidente per circa dieci anni. Oggi che cosa vuole dire alle nuove leve del ciclismo? «Di insistere e non abbandonare mai un obiettivo. Lo sport è sacrificio, ma rappresenta un fondamentale luogo d’incontro; prima di tutto è benessere e salute». Michele Tomaselli Bibliografia - Giuseppe Garbin “Pedalando alla riscoperta della Bassa friulana orientale” dicembre 2015; - Lunari 2018 “I paîs sot al tôr di Aquilea”. |

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PERSONAGGI DARIO POZZAR Intervista di Andrea Doncovio. Immagini di Dario Pozzar

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Corsa per la verità Il 3 febbraio di due anni fa nei sobborghi del Cairo veniva ritrovato il cadavere di Giulio Regeni. Da allora nel mondo si sono moltiplicate le iniziative per richiedere giustizia sull’omicidio. Grazie al suo vicino di casa, la richiesta è giunta su tutti e quattro i Passi del comprensorio del Sella. Raggiunti in cinque ore. L’ultima impresa di un esperto di Ultra Trail.

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Quattro Passi di alta montagna, 52 chilometri percorsi con un dislivello di 1655 metri in poco più di cinque ore, tutto rigorosamente di corsa. Dario Pozzar, la prima domanda è semplice: perché? «La corsa è la mia passione, la pratico tutti i giorni, ma in questa occasione le ho voluto dare un significato diverso, dedicandola a Giulio Regeni e alla sua famiglia. È stato il mio piccolo contributo alla richiesta di verità per Giulio». Lo conosceva personalmente? «Giulio era un mio vicino di casa, un ragazzo molto educato che ogni volta che mi incontrava mi salutava con il sorriso. Siccome l’ultima volta che

l’ho visto è stata una sera in cui ci siamo incrociati correndo (pochi giorni prima della sua tragica scomparsa), ho voluto dedicargli una corsa per far sì che anche i passi Pordoi, Sella, Gardena e Campolongo si unissero al coro di voci che vuole mantenere alta l’attenzione sul caso di Giulio e chiedere che si giunga alla verità». Il percorso da lei compiuto come si è sviluppato? «Ho dato appuntamento ai miei amici sappadini Franco e Gianni ad Arabba, in provincia di Belluno, per le 9 di mattina di un giovedì di metà ottobre. L’idea era quella di correre il periplo del massiccio del Sella, passando attraverso il Passo Pordoi, Canazei in Val di Fassa, Passo Sella, Selva di Val Gardena, il Passo Gardena, Corvara in Val Badia, Passo Campolongo e fare rientro ad Arabba. In quel periodo la montagna presenta colori incredibili, i larici illuminano di giallo e di rosso i pendii, l’aria è asciutta e non c’è il traffico che è invece una costante pericolosa durante la stagione estiva. Alla partenza non c’era neanche una nuvola in cielo. Il via ce l’ha dato la campana del paese alle 9.30: a me non rimaneva altro che correre, mentre ai miei amici non rimaneva altro che pedalarmi a fianco e filmarmi di tanto in tanto». In apertura, Dario Pozzar sul Passo Gardena. Di fianco, Pozzar indica l’adesivo appena attaccato sul cartello stradale del Passo Pordoi.


Perché la scelta delle videoriprese? «L’unica cosa che mi premeva veramente era che mi riprendessero quando sui cartelli dei passi dolomitici lasciavo un adesivo giallo con la richiesta di “Verità per Giulio Regeni”. La corsa è proseguita senza problemi, su ogni Passo ci siamo fermati il tempo necessario per lasciare la dedica a Giulio e per bere un bicchiere di tè. Solo sul Passo Gardena ci siamo fermati per mangiare anche una fetta di strudel in rifugio. All’interno c’era una coppia di turisti tedeschi che vedendomi in tenuta da corsa con la divisa Nagaye Project (l’associazione di cui faccio parte che si occupa della raccolta di fondi in aiuto della popolazione etiope) non smetteva di chiederci cosa stessimo facendo e perché. Per fortuna Gianni è di madrelingua tedesca… Dopo 5 ore di corsa, durante le quali abbiamo chiacchierato del più e del meno, siamo tornati al punto di partenza chiudendo così l’anello stradale che accerchia il gruppo del Sella in senso orario». Per compiere una simile impresa bisogna essere molto allenati: Dario Pozzar come si allena e si tiene in forma? «Mi alleno tutti i giorni, correndo e pedalando. Per le uscite in bicicletta sfrutto le ore della pausa pranzo: sono titolare di un negozio e riesco a gestire gli impegni in modo da essere libero in quelle ore. In inverno poi la sera vado a correre dopo la chiusura, mentre in estate prediligo la mattina presto». La sua passione per la corsa quando è nata? «Ho sempre corso, ma da una dozzina d’anni lo faccio con continuità. È l’unico sport che non implica impegni con altre persone e orari, e avendo un lavoro i cui orari non sono compatibili con la maggior parte degli sport è stata una scelta naturale». Quella dei 4 Passi è stata solo l’ultima impresa in ordine di tempo… «Ho corso una ventina di maratone e altrettante gare su strada di distanza compresa tra la mezza maratona e i 30 km. Quando poi mi sono reso conto del fatto che ormai non mi divertivo più perché correvo queste gare solo per fare ogni volta un tempo finale migliore della volta precedente, ho scoperto le gare di ultra trail (gare di corsa in montagna su lunga distanza) e da 5 anni corro solo quelle. Oltre a molte competizioni di carattere locale, ho corso cinque edizioni della Dolomiti Extreme Trail (53 km con 3800 metri di dislivello), sei edizioni del Sellaronda Trail Running (62 km con 3200 metri di dislivello), tre edizioni del Cortina trail (48 km con 2600 metri di dislivello), cinque edizioni della Trail Dolomitica Eco Marathon (42 km con 2100 metri di dislivello), quattro edizioni della Misurina Sky Marathon (42 km con 3000 metri di dislivello), due edizioni della Mont Blanc Marathon (80

Dario Pozzar tra i due amici Franco e Gianni che lo hanno accompagnato nell’impresa. Il viedo della corsa è visibile online al link https://www.youtube.com/ watch?v=0Z8vfDO_NXU.

km con 6000 metri di dislivello) e l’ultima edizione della Lavaredo Ultra Trail (120 km con 5800 metri di dislivello)». Le piace correre solo in montagna o anche in altri contesti? «Sono di Fiumicello e per allenarmi mi piace correre lungo le strade di campagna della bassa friulana; adesso ci sono anche molte piste ciclabili e le sfrutto per arrivare fino a Grado. Poi ho la fortuna di abitare a pochi chilometri dal Carso dove mi diverto a scoprire sempre sentieri nuovi: è strano pensare che quello che per me adesso è un campo giochi, un centinaio di anni fa era un campo di guerra. Le gare invece le corro ormai solo in montagna: i panorami che cambiano dietro a ogni curva sono uno stimolo perfetto per avere voglia di andare sempre avanti». Solitamente corre da solo o in compagnia? «Generalmente corro da solo, i miei orari sono per lo più incompatibili con quelli dei miei amici. A volte mia moglie Rosanna mi accompagna in bicicletta». Quando corre a cosa pensa? «La corsa è un’esperienza molto introspettiva, non corro mai con gli auricolari perché mi piace sentire il mio respiro, il calpestio dei miei passi e il silenzio che mi circonda. Le sensazioni che provo mi fanno apprezzare la fortuna che ho di essere una persona sana, sempre più consapevole che questo è un privilegio che va sfruttato fino in fondo». Dario Pozzar ha già in mente nuove sfide per il futuro? «Le idee non mancano, senza degli obiettivi prefissati è difficile motivarsi per uscire a correre anche quando piove e fa freddo. Per il 2018 ho già in mente le gare in montagna alle quali mi piacerebbe partecipare, ma per scaramanzia l’unica persona alla quale confido i miei programmi futuri è sempre e solo mia moglie». Andrea Doncovio

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F I G L I D I U N O S P O R T M I N O R E o v v e r o , s a r a n n o ( s t a t i ) q u a s i f a m o s i !

Miracolo a Fogliano … Redipuglia Era il 1951 quando uscì il film ‘Miracolo a Milano’, dove il protagonista lotta e sogna per un mondo migliore; un bel messaggio per quelli che erano tempi vicini al ricordo della guerra. I nostri tempi sono quelli che conosciamo; alcuni parlano di crisi, altri di opportunità, e in mezzo a tutto sto bailamme di voci in contrasto noi italiani ci siamo adattati ad andare avanti a ‘miracoli’. Uno di questi eventi straordinari, sportivamente parlando, si sta verificando proprio nel nostro territorio, grazie all’A.S.D.

Rugby Fogliano-Redipuglia. Comincia a spiegarmelo, con le sue possenti sembianze da ‘Samoano Friulano’, proveniente da una carriera di giocatore che lo ha visto impegnato anche all’estero, Davide Macor, classe 1983, oggi allenatore della squadra maschile, oltre che uno dei generosi ‘factotum’ di questa società. «Rinasciamo, come l’Araba Fenice, dalle ceneri dell’Associazione Pallaovale Isontina, squadra meglio conosciuta con il grazioso acronimo di API; il ‘miracolo’ – precisa Macor – è avve-

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nuto grazie alla passione che ci anima tutti e, in particolare, alla volontà di ferro di persone già legate a doppio filo con il rugby, come il nostro presidente Matteo Cleri, o come la famiglia Leone, in particolare il signor Giorgio, che è stato presidente della ‘Leonorso’, gloriosa squadra udinese. Si può quindi intuire che siamo una specie di “collage”, dove ognuno apporta quello che sa, e il risultato è questo». Com’è strutturata la vostra realtà? «Facendo i salti mortali per trovare i fondi necessari – come un po’ tutti, d’altronde – siamo organizzati in tre settori: la squadra maschile, la squadra femminile e il mini rugby. Quest’ultimo potremmo anche chiamarlo ‘vivaio’, perché la mia interpretazione nella gestione di una società è paragonabile al progetto di costruire un castello: senza fondamenta cade, ed è lo stesso per le squadre alle quali manca il settore giovanile». A quali campionati partecipate? «La squadra maschile, che porta il nome dell’associazione, milita in serie C2, girone A, che comprende tutto il Triveneto. La squadra femminile, chiamata ‘Queens Bees’, partecipa alla Coppa Italia F.I.R. e al campionato austriaco a sette giocatrici, e in più, in collaborazione con le squadre di Tarvisio, Udine e Gorizia, si è messa in piedi una specie di ‘rappresentativa’ che partecipa alle competizioni F.I.R.L. (Federazione Italiana Rugby League) a 13 elementi per squadra». Del rugby mi ha sempre affascinato la lealtà cavalleresca che lo anima, modi diversi di gioco non alterano questo nobile spirito? «Può chiederlo, a nome di tutti, a due dei nostri giocatori: Silvia Capello per la squadra femminile e Juan Vila per quella maschile». Silvia, lei che ne dice? «Assolutamente no. Prima di approdare al rugby ho provato un po’ tutti gli sport senza riuscire mai a trovarmi a mio agio. Invece qui fin dal primo allenamento mi sono sentita a casa, perché non sono stata sottoposta a nessuna forma né di giudizio né di pregiudizio, ma sono stata accettata per quello che sono, e questo è magnifico. E poi i principi di lealtà sono insiti anche nelle tecniche di gioco: il placcaggio, ad esempio, pur essendo un contatto eseguito con una certa forza, è concepito in modo tale da non far male a nessuno, ed è una tecnica comune a tutti, dal rugby a 15 fino al beach rugby». Quando è avvenuto questo primo allenamento di cui parla? «Circa 5 anni fa». Lei ha 24 anni… Come ha fatto in così poco tempo ad arrivare anche alla convocazione in azzurro?


Pagina accanto in alto, Juan Villa con il pallone tra le mani; in basso Silvia Capello assieme a due compagne di Nazionale; a destra Silvia Capello con la maglia azzurra.

«Sono venuti dei tecnici federali che ci hanno sottoposto a dei test; sono andata bene e mi hanno convocata per la trasferta in Libano». A proposito, avete vinto o perso? «Abbiamo vinto 20 a 0. A sentirla così potrebbe sembrare una vittoria schiacciante per noi e una bruciante sconfitta per gli avversari, dato che il rugby libanese è una delle realtà più forti al mondo. Ma nel rugby non si viene mai umiliati da nessuno. La sera della gara eravamo insieme a fare festa e a farci i complimenti. E questa è solo una delle magie dello sport della palla ovale». Quali sono le altre? «Il sostegno che si dà e che si riceve, imparando a usarlo come istinto. A chi non capita di aver bisogno di un sostegno? È magnifico, anche nella vita, girarsi indietro e trovare una persona che ci assiste, che ci aiuta. Da questo scaturisce il piacere dell’aggregazione poiché, pur restando ognuno quello che si è, non c’è spazio per gli individualismi. Per rendere meglio l’idea cito ancora la mia esperienza con la Nazionale: con le mie compagne ci eravamo conosciute solo pochi giorni addietro, eppure, per tutto il tempo passato assieme, dagli allenamenti alla tensione adrenalinica che ti coglie nello sbucare dagli spogliatoi in uno stadio urlante, alla commozione dell’ascolto dell’inno di Mameli, è stato come se tutte percepissimo e condividessimo la stessa emozione». Davide Macor, se il modo delle donne di intendere il concetto di squadra è diverso da quello degli uomini, è diverso anche l’approccio all’allenamento? «Se in allenamento chiedo agli uomini di fare l’esercizio di ‘buttare giù il muro’, gli uomini eseguono e basta, mentre le donne propongono se non sia meglio trovare una soluzione diversa, come ad esempio aggirarlo. Partendo da quest’esempio, si potrebbe scrivere un libro». Coinvolgo Juan Vila, unico straniero della squadra, originario di Baja Blanca, Argentina, con antenati abruzzesi di Atessa, Chieti. La pensa così anche lei? «Sono d’accordo: l’approccio è diverso, indipendentemente che ci sia un indirizzo più tecnico che agonistico». Lei come mai si trova qui? «Mi trovo qui per merito del coach Macor, che mi ha “scoperto” e invitato a partecipare a questa avventura; mi trovo molto bene, ma specifico che non sono un professionista, anche perché in Argentina, pur essendo una nazione fra le ‘Top Ten’ mondiali, di un vero professionismo ancora non si può parlare. In Italia non è molto diverso, la differenza la farebbe solo un ingaggio in Australia, ma per il momento è un so-

gno. In buona parte del mondo per vivere di rugby è usanza diffusa avere un piano B, ovvero fare anche qualcos’altro, soprattutto economia». Recentemente hanno giocato ItaliaArgentina, lei ha tifato per i “Pumas”? «Sì, ma il nostro modo di tifare è molto diverso da quello che si intende in genere. Ho 25 anni e discendo da una famiglia di rugbisti; ho cominciato a giocare che avevo pochi anni e dal nonno in giù siamo tutti amanti di questo sport. Ho imparato a guardare più alla bellezza del gioco che al risultato in sé. Una vittoria può essere sofferta, ma deve essere limpida, altrimenti che valore ha?» Winning Ugly, “vincere sporco”, come cantavano i Rolling Stones, non appartiene al vostro mondo. Vogliamo finire, Silvia, parlando del suo soprannome? ‘Coscia Possente’, sembra un nome indiano… «È nato tutto dalle mie compagne: era il mio compleanno e sul bigliettino di auguri c’era questo nomignolo che poi mi si è attaccato addosso in maniera indelebile, anche perché io sento di avere questa squadra nel sangue, non per niente mi sono fatta tatuare il nostro simbolo… sulla coscia». E se un giorno le arrivasse un ingaggio dalla Nuova Zelanda? «Sarei già lì, ma il tatuaggio resterebbe al suo posto!» Qui hanno creato proprio un bell’ambiente, si percepisce nell’aria una certa felicità che avvolge il tutto. E sempre qui, nel maggio prossimo, si disputerà lo spareggio Under 19 fra Italia e Ucraina per l’ammissione agli Europei a 13 elementi di Belgrado. Che fate? Non avete ancora prenotato il biglietto? Suvvia, non perdetevi lo spettacolo, anzi cominciate con andare a vedere le partite delle Queens Bees, e state attenti, che le api pungono! Chiunque voglia segnalare “un mito della porta accanto”, può scrivere alla redazione di iMagazine:  info@imagazine.it |

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chef…ame!

Filetto di maiale avvolto nella pancetta con verza e montasio cotto alla griglia Ricetta del Maestro di Cucina Germano Pontoni Preparazione Togliere ai filetti il grasso in eccesso ed eventuali nervetti, schiacciare con il palmo della mano. Tagliare la fetta di Montasio in 4 strisce e tagliare nel senso della lunghezza. Togliere alla foglia della verza la parte dura e sbollentare velocemente in acqua salata, asciugare. Schiacciare le fette di pancetta, tagliarle a metà e sistemare il formaggio e la verza a strisce sulla fetta di pancetta, arrotolare e schiacciare, come una fascetta ben chiusa alta quanto il filetto. Avvolgere i filetti nella fetta di pancetta, fermandoli con due stecchini. Riscaldare la piastra e appoggiare i filetti facendoli rosolare 8/9 minuti per lato, coprire e lasciar cuocere ancora pochi minuti. Servire su un contorno di ortaggi invernali o spinaci cotti in padella.

Ingredienti per 4 persone: - 4 filetti di maiale da 120 g alti 2 cm - 1 foglia di verza tenera - 4 fette di pancetta stesa, tagliate non troppo sottili - 1 fetta sottile di formaggio Montasio

Il maiale una fonte inesauribile di risorse Il maiale è un animale estremamente utile che vanta molti meriti nei confronti dell’uomo. Facile da nutrire e da allevare, questo mammifero onnivoro e prolifico è stato una delle principali conquiste alimentari dell’umanità, nel mondo occidentale come in quello orientale. Per secoli in Europa il maiale ha rappresentato per i contadini l’unica possibilità di mangiare carne oltre, naturalmente, quella degli animali da cortile. In Friuli Venezia Giulia era allevato principalmente il maiale di razza pesante, veniva “sacrificato” nelle abitazioni rurali ed era il tesoro di casa, alimentato con granaglie, patate e altri prodotti dell’orto e “coccolato” sin da piccolo da tutta la famiglia in quanto nel periodo invernale, quando raggiungeva il suo peso ottimale, veniva trasformato in salumi e salami che potevano diventare, dopo una sapiente stagionatura, l’economia sommersa della famiglia. Con le parti meno nobili si realizzavano salumi o spezzatini che, consumati velocemente, permettevano un notevole contributo di calorie e proteine.

Le feste paesane che nel periodo invernale vengono messe in calendario sono molte, a volte sposate con altri prodotti rurali come la verza, la fantasia delle “donne di casa”, con abbinamenti insupe- Germano Pontoni rabili per abbinare a Maestro di Cucina Cell: 347 3491310 un musetto o a una Mail: germanoca@libero.it salsiccia il giusto contorno, o cucinare - rimanendo nella tradizione - una Marcundela o i Crafus. Oggigiorno il maiale di razza leggera ha fatto mettere da parte il vitello, animale “sparlato” per il modo in cui viene allevato e alimentato. Il nostro “beniamino” ci mette a disposizioni tagli di carne nobili e meno nobili: la ricerca della creatività su come trasformare le sue carni è superlativa. Se lo sposiamo con i prodotti dell’intero Friuli Venezia Giulia i risultati saranno sempre diversi e appetitosi. |

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I tuoi eventi su iMagazine!

CLASSIC ARTS

Visita il sito www.imagazine.it, entra nella sezione eventi e segnala direttamente on line le tue iniziative.

Legenda Caffetteria

Afterhour

Birreria

Eventi a tema

Enoteca

Sale convegni

Special drinks

Musica dal vivo/karaoke

Stuzzicheria

Musica da ballo

Vegetariano/biologico/regimi

Happy hour

Cucina carne

Giochi

Cucina pesce

Internet point

Paninoteca

TV satellitare/digitale

Pizza

Giochi e spazi per bambini

Gelateria

Pernottamento

Catering

Buoni pasto

Organizzazione feste

Parcheggio

30 gennaio ▶ Il casellante

Con Moni Ovadia. Una metamorfosi che passa attraverso il dolore della maternità negata e della guerra, ma anche una narrazione in musica divertita e irridente del periodo fascista nella Sicilia degli anni Quaranta. Cormòns (GO). Teatro Comunale. Ore 21. Info: www.artistiassociatigorizia.it

ristorante

Il range di prezzo indicato (ove applicabile) si riferisce al costo medio di un pasto, escluse bevande alcoliche. I dati segnalati sono stati forniti direttamente dal Gestore del locale. Qualora doveste verificare delle discordanze, Vi invitiamo a segnalarcelo.

31 gennaio – 4 febbraio ▶ Vincent Van Gogh

L’odore assordante del bianco. Uno straordinario Alessandro Preziosi ritrae l’artista nella parte finale della sua dolorosa esistenza, quando è ricoverato al manicomio di SaintRémy de Provence. Trieste. Politeama Rossetti. Ore 20.30 (4/2 ore 16). Info: www.ilrossetti.it

ristorante

e inoltre... 19 gennaio ▶ Pueblo

Di e con Ascanio Celestini. Cervignano del Friuli (UD). Teatro Pasolini. Ore 21. Info: www.teatropasolini.it

26 gennaio ▶ Ballet Flamenco Espanol

Danza. Prima regionale. Gradisca d’Isonzo (GO). Nuovo Teatro Comunale. Ore 21. Info: www.artistiassociatigorizia.it


scopri tutti gli eventi in regione su www.imagazine.it

Pub

ph. Adriano Ferrara

Giuliana Musso si ispira alla biografia di alcuni dei 53 militari italiani caduti in Afghanistan durante la missione ISAF (2001-2014) e alla voce delle loro madri, per raccontare l’orrore della guerra. Monfalcone (GO). Teatro Comunale. Ore 20.45. Info: www.teatromonfalcone.it

trattoria

6-7 febbraio ▶ Mio Eroe

agriturismo

20 febbraio ▶ La Sciantosa

Operetta. Un po’ café chantant di ieri e un po’ one woman show di oggi, la voce di Serena Autieri conduce il pubblico nella Napoli dove vige l’arte di arrangiarsi, tra gioia e disperazione. Udine. Teatro Nuovo Giovanni da Udine. Ore 20.45. Info: www.teatroudine.it

2 febbraio ▶ Uno sguardo dal ponte

Con Sebastiano Somma. Grado (GO). Auditorium Marin. Ore 20.45. Info: www.ertfvg.it

9 febbraio ▶ Il lago dei cigni

Con la Compagnia Nazionale Raffaele Paganini. Trieste. Teatro Bobbio. Ore 20.30. Info: www.contrada.it


L I V E

M U S I C

19 gennaio ▶ Sogno e son desto

Continua il viaggio affettuoso, spettacolare e sorridente attraverso grandi musiche, racconti particolari e colpi di teatro. Nel duplice ruolo di attore e cantante, Massimo Ranieri porterà in scena il teatro umoristico e le piú celebri canzoni napoletane. Gorizia. Teatro Verdi. Ore 20.45. Info: www.comune.gorizia.it/teatro

8-11 febbraio ▶ Jersey Boys

Le canzoni dei Four Seasons e del loro front man Frankie Valli sono parte di quel repertorio “mondiale” il cui successo non conosce confini, nemmeno generazionali. Un musical davvero senza età. Trieste. Politeama Rossetti. Ore 20.30 (11/2 ore 16). Info: www.ilrossetti.it

e inoltre... 23 gennaio ▶ Orchestra Filarmonica del Lussemburgo

Con Khatia Buniatishvili al pianoforte. Udine. Teatro Nuovo Giovanni da Udine. Ore 20.45. Info: www.teatroudine.it

16 febbraio ▶ Kenneth Brober

Concerto per pianoforte. Sacile (PN). Fazioli Concert Hall. Ore 20.45. Info: www.fazioli.com 82

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13 febbraio ▶ I Musici di Francesco Guccini

Progetto proposto dai musicisti storici del Maestrone modenese, da sempre al suo fianco in centinaia di concerti, che si propone di dare continuità e valore a un patrimonio musicale e poetico immenso. Cervignano del Friuli (UD). Teatro Pasolini. Ore 21. Info: www.euritmica.it

17 febbraio ▶ Filarmonica Arturo Toscanini

Uno straordinario concerto tra classica e jazz, spaziando con le musiche di Duke Ellington, Leonard Bernstein e George Gershwin. Dirige il maestro John Axelrod con Maurizio Baglini al pianoforte e Daniele Titti al clarinetto. Pordenone. Teatro Verdi. Ore 20.45. Info: www.comunalegiuseppeverdi.it

17 febbraio ▶ Emel Mathlouthi

La voce della rivoluzione tunisina. Trieste. Teatro Miela. Ore 21.30. Info: www.miela.it

19 febbraio ▶ Gomalan Brass Quintet

Aida in 55 minuti. Monfalcone (GO). Teatro Comunale. Ore 20.45. Info: www.teatromonfalcone.it


FOLKLORE

19-21 gennaio ▶ Snow Art

Terza edizione del festival internazionale delle sculture di neve. Per un lungo week end artisti del ghiaccio e semplici appassionati realizzeranno le proprie opere che saranno valutate da un’apposita giuria. Pontebba (UD). Info: www.gsdvalgleris.it

11 febbraio ▶ Carnevale di Romans

Tradizionale sfilata di gruppi e carri allegorici provenienti da tutta la regione. Al termine le premiazioni delle maschere vincitrici e degustazione di crostoli e frittele per tutti i presenti. Romans d’Isonzo (GO). Info: comune.romans.go.it

e inoltre... 18-21 gennaio ▶ Festa di Sant’Agnese

Arte, musica, degustazioni. Aiello del Friuli (UD). Località Joannis. Info: www.uanis.it

10 febbraio ▶ La notte delle Lanterne

Evento culminante del Carnevale Saurano. Sauris (UD). Info: www.sauris.org 84

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11 febbraio ▶ Carnevale Muggesano

Le otto compagnie cittadine si sfideranno nel 65esimo Grande Corso Mascherato lungo il centro della città. In piazza Marconi poi cerimonia di premiazione grande festa danzante fino a sera. Muggia (TS). Info: www.carnevaldemuja.com

13 febbraio ▶ Carnevale Monfalconese

Nella giornata di Martedì Grasso il Mandamento monfalconese si dà appuntamento in piazza per la lettura del testamento di Sior Anzoleto e la Cantada. Nel pomeriggio spazio poi alla grande sfilata di carri e gruppi mascherati. Monfalcone (GO). Info: www.monfalcone.info

11 febbraio ▶ Carnevalfest

Sfilata di gruppi e carri allegorici. Cervignano del Friuli (UD). Info: www.ricre.org

13 febbraio ▶ Carnevale di Trieste

Con il tradizionale Palio dei Rioni. Trieste. Info: www.carnevaletrieste.it L’INFORMAFREEMAGAZINE

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SPORT

28 gennaio ▶ Maratonina del Collio

Evento che apre la stagione delle Maratonine in FVG; percorso prevalentemente lungo piste ciclabili attraverso il Parco naturale del Preval e suggestivi scorci tra i vigneti del Collio Goriziano. Capriva del Friuli (GO). Ore 10. Info: www.marciatorigorizia.it

3 febbraio ▶ Ski krono Varmost

Suggestiva cronoscalata di sci alpinismo in notturna lungo le piste del Varmost e prima edizione dello Ski Raid Varmost, per una lunghezza di 15 km e un dislivello di 2000 metri. Forni di Sopra (UD). Info: www.for-adventure.it

e inoltre... 13-14 gennaio ▶ Snow Rugby

Evento internazionale. 6^ edizione. Tarvisio (UD). Località Camporosso. Info: http://snowrugby.com

21 gennaio ▶ Snow Art on Ice

Pattinatori, acrobati e atleti del pattinaggio di figura. Pontebba (UD). Palaghiaccio. Ore 18.30. Info: www.ghiacciopontebba.it


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3-4 febbraio ▶ Alpe Adria

Trofeo internazionale di judo. La competizione è rivolta ai giovani judoka, maschi e femmine, Under 18 e Under 21. Da 5 anni la gara vede con continuità la preiscrizione di oltre 1.000 atleti. Lignano Sabbiadoro (UD). EFA Village. Info: www.alpeadriajudo.it

16-18 febbraio ▶ Transcavallo

Gara di scialpinismo a squadre, in una sorta di viaggio agonistico eco-sostenibile che condurrà gli atleti ad affrontare pendenze di 55 gradi per raggiungere la vetta del Guslon. Aviano (PN). Piancavallo. Info: www.transcavallo.it

10 febbraio ▶ Sci alpino

Gare regionali e nazionali. Tarvisio (UD). Info: www.fisifvg.org

18-19 febbraio ▶ Salto speciale e combinata nordica

Campionato nazionale Ragazzi. Tarvisio (UD). Arena Paruzzi. Info: www.fisifvg.org L’INFORMAFREEMAGAZINE

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YOUNG

21 gennaio ▶ Piacere Lenny

La Civica Orchestra di Fiati “Giuseppe Verdi” - Città di Trieste in un concerto narrativo, liberamente ispirato agli Young People’s Concerts di Leonard Bernstein. Per bambini dai 6 anni. Monfalcone (GO). eatro Comunale. Ore 17. Info: www. teatromonfalcone.it

28 gennaio ▶ Becco di Rame

La storia dell’oca Tolosa che una notte, per proteggere l’aia e il pollaio, in una lotta furiosa con una volpe, perde la parte superiore del becco. L’intuizione di un veterinario le consentirà di avere una vita normale. Udine. Palamostre. Ore 17. Info: www.cssudine.it

4 febbraio ▶ I musicanti di Brema

La storia dell’asino che scappa per evitare di essere macellato e che parte alla volta di Brema appassionerà i più piccoli ma anche gli spettatori adulti, che si divertiranno in questo viaggio strampalato. Trieste. Teatro Bobbio. Ore 11. Info: www.contrada.it

11 febbraio ▶ La gatta con gli stivali

La protagonista aiuta un pover uomo a far fortuna, a sposare una principessa dal caratterino non facile ma in fondo buona e amorevole e a diventar signore. Soprattutto insegna ai piccoli spettatori il valore dell’amicizia e della gratitudine. Cormòns (GO). Teatro Comunale. Ore 16. Info: www.artistiassociatigorizia.it

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e inoltre... 21 gennaio ▶ Il Drago rosso e l’arcobaleno

13 febbraio ▶ Carnevalfest ragazzi

28 gennaio ▶ Robin Hood

25 febbraio ▶ Puppazia Show

Per imparare ad apprezzare le piccole cose. Gradisca d’Isonzo (GO). Nuovo Teatro Comunale. Ore 10. Info: www. artistiassociatigorizia.it Teatro d’attore con pupazzi e sagome. Trieste. Teatro dei Fabbri. Ore 11. Info: www.contrada.it

Festa e giochi in maschera. Cervignano del Friuli (UD). Ricreatorio San Miche. Ore 15. Info: www.ricre.org Teatro di bambole giganti. Gorizia. Teatro Verdi. Ore 16. Info: www.comune.gorizia.it/teatro


MEETING

19-28 gennaio ▶ Trieste Film Festival

20 gennaio ▶ Bruno Pizzul

19 gennaio ▶ Natura a Nordest

28 gennaio ▶ Mussolini contro Lenin

Ventinovesima edizione dell’evento cinematografico con focus sulle opere dell’Europa centro orientale. Per dieci giorni in programma proiezioni (anche fuori concorso) e approfondimenti con esperti. Trieste. Info: www.triestefilmfestival.it

Nicola Tomasi Muttar e Matteo Cefarin, due talentuosi fotografi goriziani, permetteranno di vedere, attraverso i loro occhi e le loro immagini, le meraviglie della natura del Friuli Venezia Giulia. Cormòns (GO). Palazzo Locatelli. Ore 20.30. Info: www. tocsdicormons.org

Uno dei telecronisti sportivi più famosi d’Italia ripercorre la propria carriera tra ricordi e aneddoti nell’ambito della rassegna “Una Vita Spesa per la Legalità”. San Daniele del Friuli (UD). Auditorium Alla Fratta. Ore 20.45. Info: www.festivalcostituzione.it

Emilio Gentile, professore emerito dell’Università di Roma La Sapienza, traccerà un confronto tra le figure dei due personaggi partendo dal testo “La prima ondata” di Primo Conti. Udine. Teatro Nuovo Giovanni da Udine. Ore 11. Info: www.teatroudine.it

www.imagazine.it

e inoltre... 15 gennaio ▶ Monfalcone e il Novecento

26 gennaio ▶ Testimoni della Shoah

22 gennaio ▶ Il senso della fine

9 febbraio ▶ Alberto Gattegno

Conferenza storica. Monfalcone (GO). Biblioteca comunale. Ore 18. Info: www.bibliotecamonfalcone.it Presentazione del libro di Julian Barnes. Palmanova (UD). Sede Auser. Ore 18.30. Info: www.libermente.com

La memoria dei salvati. Una storia del Nord Est. Palazzolo dello Stella (UD). Casa del Marinaretto. Info: 0431 588421 Il caffè tra il 622 e oggi. Trieste. Hotel Victoria. Ore 17.30. Info: www.tscoffeefestival.it


F U O R I

R E G I O N E

T R E V I S O Fino al 27 gennaio

▶IMPERMANENCE La mostra riunisce le opere di nove artisti internazionali, in una riflessione congiunta ma sfaccettata sui concetti di impermanenza e caducità dell’essere umano, di memoria e di perdita e conseguente ricostruzione identitaria. Treviso. B#S Gallery. Info: www.bsidewar.org 28 gennaio

▶GRAN GALÀ DEI PAPPAGALLI Esposizione di pappagalli, una fantasmagoria di colori per preservare specie e sottospecie di psittacidi. Ottava edizione di un evento unico in tutta Italia. Visnà. Info: www.grangaladipappagalli.org Fino al 28 gennaio

▶ANIME. LA SEDUZIONE DEL DISEGNO ITALIANO Esposizione personale di Omar Galliani, a cura di Daniel Buso. Mostra ideata e progettata da Giorgio Russi. Tra le opere in mostra anche il “Grande disegno siamese”. Treviso. Museo Civico Casa Robegan. Info: www.museicivicitreviso.it 1 febbraio – 24 giugno

▶LA MODERNITÀ DEL PAESAGGIO La rassegna, curata da Giandomenico Romanelli con Franca Lugato, si pone come obiettivo di indagare alcuni aspetti fondamentali, ma meno conosciuti, della storia dell’arte italiana, facendo luce sulla figura emblematica e ancora da approfondire di Wolf Ferrari. Conegliano. Galleria Novecento. Info: www.exibart.it Fino al 4 febbraio

▶LUDOVICO BOMBEN  SUPERFICIE DI CONTATTO La sua ricerca prende avvio con le installazioni ambientali luminose che mirano a destrutturare ambienti e luoghi quotidiani, scardinando le percezioni di chi abitualmente li frequenta. Treviso. Tra – Ca’ dei Ricchi. Info: www.trevisoricercaarte.org 13 febbraio

▶CARNEVALE A MOSNIGO Tradizionale festa carnevalesca aperta a tutti, con spettacoli e intrattenimenti. Immancabile appuntamento con la premiazione delle maschere partecipanti più belle. Moriago della Battaglia. Info: 338 1982126 Fino al 4 marzo

▶LE TRAME DI GIORGIONE Capolavori della storia dell’arte e del tessuto riuniti in Casa Giorgione e in diversi siti della Città Murata, destinati ad accogliere l’attualità della grande tradizione di tessoria della Serenissima di 5 secoli fa. Castelfranco Veneto. Museo Casa Giorgione. Info: www.museocasagiorgione.it


F U O R I

R E G I O N E

V E N E Z I A 18 gennaio

▶NEK, MAX, RENGA Data zero del nuovo tour di Nek, Max Pezzali e Francesco Renga: per tutta la durata dello spettacolo, reinterpreteranno i brani più significativi degli oltre 25 anni di carriera di ciascuno. Jesolo. Pala Arrex. Ore 21. Info: www.azalea.it Fino al 21 gennaio

▶VENEZIA ICON. MEMORY OF THE FUTURE In mostra le opere del fotografo americano Chuck Freedman e dell’artista israeliano Zohar Kawaharada, per un connubio speciale tra arte e attualità. Rivolte al futuro della nostra società. Venezia. Ikona Gallery. Info: www.ikonavenezia.com 26 gennaio – 1 maggio

▶MARINO MARINI  PASSIONI VISIVE Prima retrospettiva mai realizzata dedicata a Marino Marini, che ambisce a situare organicamente l’artista pistoiese nella storia della scultura. Venezia. Collezione Peggy Guggenheim. Info: www.guggenheim-venice.it Fino al 28 gennaio

▶LE PIETRE DEL CIELO. LUIGI GHIRRI E PAOLO ICARO Per il secondo atto del programma di ricerca legato al Fondo Luigi Ghirri, la Fondazione Querini Stampalia sviluppa un progetto che mette a confronto fotografia e scultura, aprendo una nuova occasione di valorizzazione tra linguaggi dell’arte. Venezia. Fondazione Querini Stampalia. Info: www.querinistampalia.it 22 febbraio

▶GIANNI MORANDI “D’amore d’autore” è il titolo del nuovo tour di uno dei principali cantanti italiani, che vedrà a Jesolo la data zero. La grande prova generale in vista delle tappe successive nelle principali città del Paese. Jesolo. Pala Arrex. Ore 21. Info: www.azalea.it Fino al 25 febbraio

▶WERNER BISCHOF  FOTOGRAFIE 19341954 250 immagini del grande fotografo svizzero consentono di ripercorrere le storie e i viaggi di uno dei punti di riferimento dell’Agenzia Magnum, fondata nel 1947 da Henri Cartier-Bresson e Robert Capa. Venezia. Casa dei Tre Oci. Info: www.treoci.org 25-26 febbraio

▶GUSTO IN SCENA Cultura enogastronomica, nuovi stili di vita, chef, pasticceri, produttori e vip, per far rivivere la tradizione delle spezie di Venezia attraverso La Cucina del Senza®. Venezia. Scuola Grande di San Giovanni Evangelista. Info: www.gustoinscena.it


O L T R E

C O N F I N E

C R O A Z I A 12-16 gennaio

▶EHF EURO 2018 Campionato europeo di pallamano. Turno preliminare del Gruppo B che vede impegnate le nazionali di Francia, Bielorussia, Norvegia e Austria. Parenzo. Info: http://cro2018.ehf-euro.com 28 gennaio

▶CAMPIONATO ISTRIANO INVERNALE DI CORSA Tredicesima edizione della manifestazione che coinvolge partecipanti provenienti dall’Istria e oltre, dai principianti ai dilettanti e professionisti, dove l’idea di base è quella di promuovere uno stile di vita sano. Rabaz. Info: www.trickeri.org 3 febbraio

▶CARNEVALE A POLA Il momento culminante dell’evento è il corteo delle maschere, quando centinaia di maschere sfilano lungo la città. Tutti gli appuntamenti legati al carnevale terminano il giorno prima del Mercoledì delle ceneri con il bruciare del pust - fantoccio di paglia (con sembianze umane) colpevole per tutti i guai. Pola. Info: www.pulainfo.hr 3 febbraio

▶COMPRESSPORT ISTRATREK Gara internazionale di trekking sulle distanze di 13, 26 e 45 chilometri, con un’apposita sezione dedicata agli amanti delle ultra-maratone. Pisino. Info: www.istratrek.srk-alba.hr 14 febbraio – 20 marzo

▶GIORNATE DEI MOLLUSCHI Gli amanti della buona cucina avranno la possibilità di gustare deliziose specialità di mare. I ristoranti dell’area offriranno fantasiosi menù a base di molluschi, a prezzi accessibili. Con l’accompagnamento di vini e oli d’oliva locali. Umago. Info: www.coloursofistria.com 18 febbraio

▶LAGUNA POREČ GRAND PRIX Gara ciclistica internazionale aperta ai ciclisti per le categorie Maschi Elite e U-23, cioè per le squadre UCI Kontinental, le squadre nazionali e le squadre e i club regionali. Parenzo. Info: bk.kamen.pazin@pu.t-com.hr 23-24 febbraio

▶GIORNATE DEL MIELE Mostra internazionale e simposio scientifico. In esposizione i prodotti degli apicoltori istriani, con la possibilità di degustazioni a tema. Pisino. Info: www.lipa-pazin.hr

13-14 gennaio

▶ COPPA DEL MONDO DI SCI Bad Kleinkirchheim ospiterà nuovamente la Coppa del mondo di sci alpino femminile. Nella discesa libera e nel super-G, le migliori sciatrici del lotto daranno prova delle proprie qualità sportive. Bad Kleinkirchheim. Info: www.carinzia.at 19-21 gennaio

▶EIS TOTAL Al rifugio Pitzal cascate di ghiaccio dalle forme bizzare, una parete a sbalzo per le scalate e una vivace atmosfera da campo base attendono gli alpinisti provenienti da tutte le Alpi. Mandarfen. Info: www.mc2alpin.at 20 gennaio – 4 febbraio

▶TOUR ALTERNATIVO DELLE 11 CITTÀ OLANDESI Il più grande spettacolo mondiale di pattinaggio sportivo con 3.000 concorrenti per le maratone di pattinaggio su 50, 100 e 200 km che si svolgono sulla pista del lago ghiacciato. Weissensee. Info: www.carinzia.at


O L T R E C A R I N Z I A 26-27 gennaio

▶SCHLAG DAS ASS La gara di sci più lunga del mondo con 25,6 chilometri di piste e 6.400 metri di dislivello lungo il comprensorio dell’Alpe Nassfeld. Hermagor. Info: www. schlagdasass.at 10 febbraio

▶SABATO GRASSO La città diventa palcoscenico per trampolieri, giocolieri e personaggi in costume che animano il corteo seguito ogni anno da 10.000 spettatori. Villach. Info: www.villacher-fasching.at 24-25 febbraio

▶WEEKEND ITALIANO Un fine settimana dedicato alle grandi canzoni della musica italiana, con una serata speciale in cui non mancherà anche l’accompagnamento gastronomico con le delizie culinarie del Belpaese. Hermagor. Gartnerkofel Talstation. Info: www.nassfeld.at

C O N F I N E S L O V E N I A 29 gennaio – 4 febbraio

▶JUNIOR CUP DI BIATHLON Evento sportivo internazionale riservato alla categoria juniores, con giovani biatleti provenienti dall’intera Alpe Adria. Pokljuka. Info: www.biathlon-pokljuka.com 31 gennaio – 2 febbraio

▶MENT Festival che ospita oltre 50 artisti emergenti tra musicisti e band provenienti da tutta Europa. L’evento diventa per loro trampolino di lancio per esibirsi nei principali festival estivi del Continente. Lubiana. Info: www.visitljubljana.com 4 febbraio

▶CAMMINO DI GALETOVEC Tradizionale escursione sugli sci giunta alla sua ventiduesima edizione, che condurrà i partecipanti in uno dei comprensori più affascinanti della Slovenia. Bled. Info: www.bohinjskabela.si 10 febbraio

▶GRAN BALLO DI CARNEVALE A Pirano tradizionale appuntamento mascherato tra glamour e divertimento, per una serata danzante in cui i vestiti allegorici fanno la moda. Pirano. Info: www.slovenia.info 10 febbraio

▶COPPA INVERNALE DI NUOTO Gara internazionale di nuoto nelle gelide acque del Lago di Bled. Una sfida al limite in uno scenario naturale magico e incontaminato. Bled. Info: www.stre-swimming.com 16-18 febbraio

▶WEEK END DI SAN VALENTINO Tra concerti e party a tema, un lungo fine settimana dedicato agli innamorati per trascorrere in modo alternativo la loro festa, in un’atmosfera molto romantica. Portorose. Info: www.slovenia.info 26 febbraio – 4 marzo

▶FESTIVAL INTERNAZIONALE DEL FILM DI MONTAGNA In programma proiezioni di opere provenienti dalla Slovenia e dall’estero, incontri letterari con famosi alpinisti, presentazioni di libri a tema e tavole rotonde. Lubiana. Info: http://imffd.com


F

I

13-15 GENNAIO ▶BERGAMO ARTE FIERA

Fiera dell’arte moderna e contemporanea 13-21 GENNAIO

▶ITALIAN FINE ART

Mostra mercato di alto antiquariato 2-4 FEBBRAIO

▶BERGAMO SPOSI

Salone del Matrimonio 16-18 FEBBRAIO

▶AGRI TRAVEL & SLOW TRAVEL SHOW

Fiera del turismo agri e slow 1-4 MARZO

13-14 GENNAIO ▶WINTER WONDERLAND

Parco divertimenti indoor 27-28 GENNAIO

▶AUTO E MOTO DEL PASSATO

Mostra mercato

10-11 FEBBRAIO ▶MINER BIJOUX

Minerali e bigiotteria 10-11 FEBBRAIO

▶FERRARA MILITARIA

10-11 FEBBRAIO

▶ELETTRONICA FERRARA

10-11 FEBBRAIO ▶SOFT AIR FAIR

24-25 FEBBRAIO

▶LIBERAMENTE

Turismo en plein air

Fiera delle arti manuali

Viale della Fiera, 20 BOLOGNA Tel 051 282111 www.bolognafiere.it

2-5 FEBBRAIO ▶ARTE FIERA

Fiera internazionale d’arte contemporanea 10-11 FEBBRAIO

▶NERD SHOW

Mostra mercato fumetto e videogames

16-18/23-25 FEBBRAIO ▶FESTIVAL DELL’ORIENTE

20-21 FEBBRAIO ▶ALMA ORIENTA

Giornate dell’Orientamento

21-23 FEBBRAIO ▶FORUM PISCINE

Piazza Adua, 1 FIRENZE Tel 055 49721 www.firenzefiera.it

9-12 GENNAIO ▶PITTI IMMAGINE UOMO

Moda

18-20 GENNAIO ▶PITTI IMMAGINE BIMBO

Moda

24-26 GENNAIO ▶PITTI IMMAGINE FILATI

Moda

16-18 FEBBRAIO ▶TOURISMA

Salone internazionale dell’archeologia 22-25 FEBBRAIO

▶DIF

Danza in Fiera

Salone dell’hobbystica, fai da te, creatività 1-3 MARZO

▶FAMAART

Cornici e accessori 2-4 MARZO

▶EUDI SHOW

Salone europeo delle attività subacquee

Fieramilanocity Piazzale Carlo Magno 1 MILANO Fieramilano Strada statale del Sempione 28 RHO Tel 02 49971 www.fieramilano.it

24-26 GENNAIO

Fiera internazionale dell’oggetto pubblicitario Fieramilanocity

26-29 GENNAIO ▶HOMI

Salone degli stili di vita Fieramilano

6-8 FEBBRAIO ▶MILANO UNICA

Salone italiano del tessile Fieramilano

▶BIT

Borsa Internazionale del Turismo Fieramilanocity

11-14 FEBBRAIO ▶MICAM

Mercato internazionale della pelletteria e accessori moda Fieramilano

20-22 FEBBRAIO ▶LINEAPELLE

Calzatura, pelletteria, abbigliamento e arredamento Fieramilano

20-22 FEBBRAIO ▶SIMAC TANNING TECH

Tecnologia per calzature e pelletteria Fieramilano

21-23 FEBBRAIO ▶MYPLANT & GARDEN

Florovivaismo Fieramilano

▶MIFUR MIPAP

Piazzale J. F. Kennedy, 1

GENOVA Tel 010 53911 www.fiera.ge.it

20-28 GENNAIO ▶ANTIQUA

Fiera dell’alto antiquariato 3-4 FEBBRAIO

Moda prêt à porter in tessuto, pelliccia, pelle e accessori Fieramilanocity

▶MIDO

Ottica, Optometria e Oftalmologia Fieramilano

16-19 FEBBRAIO via della Fiera, 11 FERRARA

Arte moderna e contemporanea

9-11 FEBBRAIO

Salone del turismo in movimento 10-11 FEBBRAIO

▶PADOVA SPOSI

Fiera del matrimonio

Via Rizzi, 67/a PARMA Tel 0521/9961 www.fiereparma.it

15-18 FEBBRAIO ▶TURISMO & OUTDOOR

Salone del caravanning 16-18 FEBBRAIO

▶BIKE SPRING FESTIVAL

Salone del cycling

Via Cotonificio, 96 Torreano di Martignacco (UD) UDINE Tel 0432 4951 www.udinegoriziafiere.it Via della Barca, 15 GORIZIA

12-14 GENNAIO ▶UDINE SPOSA

Fiera del matrimonio Udine

22-25 FEBBRAIO ▶EXPOMEGO

Fiera Campionaria Gorizia

▶PARMA GOLF SHOW

Viale Treviso 1 PORDENONE Tel 0434 23 21 11 www.fierapordenone.it

13-21 GENNAIO ▶PORDENONE ARTE

13-21 GENNAIO

▶PORDENONE ANTIQUARIA

20-21 GENNAIO ▶FIERA DEL DISCO

1-3 FEBBRAIO

▶SAMU EXPO

Salone delle tecnologie per i metalli e palstica 10-13 FEBBRAIO

▶CUCINARE

Salone dell’enogastronomia e delle tecnologie per la cucina

Viale del Lavoro, 8 VERONA Tel 045 8298111 www.veronafiere.it

18-21 GENNAIO ▶MOTORBIKE EXPO

31 GENNAIO – 3 FEBBRAIO ▶FIERAGRICOLA

31 GENNAIO – 3 FEBBRAIO ▶FRUIT & VEG INNOVATION

31 GENNAIO – 3 FEBBRAIO ▶EUROCARNE

Soluzione per la filiera corta 21-25 FEBBRAIO

▶PROGETTO FUOCO

Impianti per la produzione di calore

15-16 FEBBRAIO ▶AQUA FARM

Acquacoltura e industria della pesca 16-18 FEBBRAIO

▶HOBBY SHOW

Salone della creatività

Via dell’Oreficeria, 16 VICENZA Tel 0444 969111 www.vicenzafiera.it

19-24 GENNAIO ▶VICENZAORO

Via Emilia, 155 RIMINI Tel 0541 744111 www.riminifiera.it ▶SIGEP

Via N. Tommaseo, 59 PADOVA Tel 049 840111 www.padovafiere.it

17-19 FEBBRAIO

20-24 GENNAIO

Mostra felina

Specialità birrarie, birre artigianali, food e tecnologie

▶ITINERANDO

24-26 FEBBRAIO

▶WORLD CATS

▶ARTE GENOVA

20-21 GENNAIO

17-20 FEBBRAIO ▶BEER ATTRACTION

▶ESPOSIZIONE FELINA

▶PTE

23-26 FEBBRAIO

23-25 FEBBRAIO

▶IL MONDO CREATIVO

E

▶ESPOSIZIONE CANINA

11-13 FEBBRAIO

▶BERGAMO CREATTIVA

R

13-14 GENNAIO

Tel 0532 900713 www.ferrarafiere.it Viale Borgo Palazzo, 137 BERGAMO Tel 035 3230911 www.promoberg.it

E

Salone Internazionale Gelateria, Pasticceria, Panificazione artigianali e Caffè

Oreficeria e pietre preziose 10-12 FEBBRAIO

▶HIT SHOW

Caccia e sport 24-26 FEBBRAIO

▶PESCARE SHOW

Salone internazionale della pesca sportiva


my

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marzo-aprile 2015

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95

6 gennaio Buon compleanno Stefania! Stefano 7 gennaio Tanti auguri Marzia! Stefano 11 gennaio Auguri zia Saby! Cinzia a Nick 16 gennaio Buon anniversario Luca Martina 23 gennaio Buon compleanno Davide! Nicola, Simone, Patrizia, Susy 29 gennaio Tanti auguri Barbara Cinzia 4 febbraio Buon compleanno Roby! Lucia, Marta e Simona 14 febbraio Infiniti auguri Carla Anselmo 21 febbraio Buon compleanno Marina! Andrea, Elisa, Riccardo, Graziana, Cesare, Luisa, Eugenio 27 febbraio Felice anniversario a Paolo e Giulia Nicoletta Mandaci entro il 1º febbraio i tuoi auguri per le ricorrenze di marzo e aprile! Li pubblicheremo gratuitamente su iMagazine! Segnalaci giorno, evento, mittente e destinatario e spedisci il tutto via e-mail (info@imagazine.it), via posta ordinaria (iMagazine, c/o via Aquileia 64/a, 33050 Bagnaria Arsa – UD) o via fax (040 566186).


Fonte: Federfarma Gorizia e Ordine dei Farmacisti di Trieste

96 | marzo-aprile 2015 FARMACIE DI TURNO

|

ALLA SALUTE via Cosulich 117 Monfalcone, tel. 0481 711315 CENTRALE pzza Repubblica 16 Monfalcone, tel. 0481 410341 COMUNALE 1 via Aquileia 53 Monfalcone, tel. 0481 482787 COMUNALE 2 via Manlio 14 Monfalcone, tel. 0481 480405 REDENTORE via IX Giugno 36 Monfalcone, tel. 0481 410340 RISMONDO via Toti 53 Monfalcone, tel. 0481 410701 SAN ANTONIO via Romana 93 Monfalcone, tel. 0481 40497 SAN NICOLÒ via Iº Maggio 92 Monfalcone, tel. 0481 790338 ALL’ANGELO via Roma 18 Ronchi dei L., tel. 0481 777019 ALLA STAZIONE v.le Garibaldi 3 Vermegliano, tel. 0481 777446 LEDRI via Marina 1 Grado, tel. 0431 80058 COMUNALE via C. Colombo 14 Grado, tel. 0431 80895 ZANARDI via Trieste 31, Staranzano, tel 0481 481252 AL LAGO via Roma 13, Doberdò, tel 0481 78300 LUCIANI via Dante 41, Sagrado, tel 0481 99214 SPANGHERO via Aquileia 89, Turriaco, tel 0481 76025 VISINTIN via Matteotti 31, San Pier d’Isonzo, tel 0481 70135 RAMPINO piazza Venezia 15, San Canzian d’Is., tel 0481 76039 DI MARINO via Redipuglia 77, Fogliano, tel 0481 489174 TRIESTE via Mazzini 43, tel. 040.631785 TRIESTE via Combi 17, tel. 040.302800 TRIESTE via Fabio Severo 122, tel. 040.571088 TRIESTE piazza Ospedale 8, tel. 040.767391 TRIESTE capo di piazza Mons. Santin 2 tel. 040.365840 TRIESTE via Commerciale 21 tel. 040.421121 TRIESTE via Ginnastica 6, tel. 040.772148 TRIESTE piazza Venezia 2, tel. 040.308248 TRIESTE via Curiel 7/B (Borgo S. Sergio), tel. 040.281256 TRIESTE via Giulia 14, tel. 040.572015 TRIESTE via Dante 7, tel. 040.630213 TRIESTE via Costalunga 318/A, tel. 040.813268 TRIESTE via Giulia 1, tel. 040.635368 TRIESTE corso Italia 14, tel. 040.631661 TRIESTE largo S. Vardabasso 1, tel. 040.766643 TRIESTE piazza della Borsa 12, tel. 040.367967 TRIESTE via Rossetti 33, tel. 040.633080 TRIESTE via Mascagni 2, tel. 040.820002 TRIESTE via S. Giusto 1, tel. 040.308982 TRIESTE via Roma 15 (angolo via Valdirivo), tel. 040.639042 TRIESTE via Piccardi 16, tel. 040.633050 TRIESTE via Baiamonti 50, tel. 040.812325 TRIESTE piazza Oberdan 2, tel. 040.364928 TRIESTE piazzale Gioberti 8, tel. 040.54393 TRIESTE via Oriani 2 (largo Barriera), tel. 040.764441 TRIESTE piazza Cavana 1, tel. 040.300940 TRIESTE viale Miramare 117, tel. 040.410928 TRIESTE via dell’Istria 33, tel. 040.638454 TRIESTE piazza Giotti 1, tel. 040.635264 TRIESTE via Belpoggio 4 (angolo via Lazzaretto Vecchio), tel. 040.306283 TRIESTE via Bernini 4 (angolo via del Bosco), tel. 040.309114 TRIESTE largo Piave 2, tel. 040.361655 TRIESTE via Felluga 46, tel. 040.390280 TRIESTE piazza Libertà 6, tel. 040.421125 TRIESTE via dell’Istria 18/B, tel. 040.7606477 TRIESTE via di Servola 44, tel. 040.816296 TRIESTE viale XX Settembre 6, tel. 040.371377 TRIESTE via dell’Orologio 6 (via Diaz 2), tel. 040.300605 TRIESTE via Pasteur 4/1, tel. 040.911667 TRIESTE via Tor S. Piero 2, tel. 040.421040 TRIESTE piazza Goldoni 8, tel. 040.634144 TRIESTE via Revoltella 41, tel. 040.941048 TRIESTE via Brunner 14, tel. 040.764943 TRIESTE campo S. Giacomo 1, tel. 040.639749

COMUNE DI MONFALCONE Abitanti: 28.022

(dati Anagrafe ott-nov 2017) nati: 59, deceduti: 48, immigrati: 255, emigrati: 242, matrimoni: 3 Recapiti: 0481 494280, www.comune.monfalcone.go.it

COMUNE DI SAN CANZIAN D’ISONZO Abitanti: 6.223

(dati Anagrafe ott-nov 2017) nati: 10, deceduti: 12, immigrati: 56, emigrati: 29, matrimoni: 2 Recapiti: 0481 472311, www.comune.sancanziandisonzo.go.it


 

 

 Le farmacie contrassegnate dal fondino arancione anticipano di un giorno le date di turno indicate. Le farmacie di Trieste iniziano e terminano i turni 2 giorni dopo rispetto alle date indicate

10-06

03-09 

  

24-02

  

17-23

10-16

03-09

27-02

20-26

13-19

06-12

| 97 GENNAIO | marzo-aprile 2015 FEBBRAIO

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COMUNE DI STARANZANO Abitanti: 7.258

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(dati Anagrafe sett 2017) nati: 8, deceduti: 1, immigrati: 38, emigrati: 23, matrimoni: 0 Recapiti: 0481 716911, www.comunedistaranzano.it

COMUNE DI RONCHI DEI LEGIONARI Dati: N.P.

Recapiti: 0481 477111, www.comuneronchi.it

 


M ST ON ED IZIO AR FA NE A N LCO C PE ZA NE ERCET NO - VGRIRVIE R LE FA 327 G R I - S ONORNGSANTE MIG 92|/2200 LIE 11027 AN CHIZNIAN1 CA I DAO OD D DI NZ EI ELEL IA LE FRFR N D GI IUIU ’IS ONALILI ON RI ZO

98 | maggio-giugno 2015 | 98 | marzo-aprile 2012 |

zimske olimpijske igre PyeongChang 2018 smo v olimpijskem duhu vrataaaaaaaaaaaaaaa

Olimpiadis Invernâls PyeongChang 2018 e spirt olimpic. La puarteeeee

Olimpiadi Invernali PyeongChang 2018 e spirito olimpico … el porton!

Olimpiadi Invernali PyeongChang 2018 e spirito olimpico PyeongChang Olympische Winterspiele 2018 … la porta! und der olympische Geist. Die Tüüür...

Per le traduzioni si ringrazia: Irene Devetak (sloveno), Isa Dorigo - Regjon autonome FVG Servizi lenghis minoritariis (friulano), Andrea Coppola Università di Trieste (tedesco), Marianna Martinelli (bisiaco), Alessandro Samez (triestino).




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