E D I T O R I A L E L’INFORMAFREEMAGAZINE nº 73 – anno XIII numero 2 marzo-aprile 2018 ISSN 1828-0722 Editore
GOLIARDICA EDITRICE srl a socio unico sede operativa: I – 33050 Bagnaria Arsa, Italy via Aquileia 64/a tel +39 0432 996122 fax +39 040 566186 info@imagazine.it Direttore responsabile Andrea Zuttion Condirettore responsabile Claudio Cojutti Responsabile di redazione Andrea Doncovio Area commerciale Michela De Bernardi, Francesca Scarmignan, Fabrizio Dottori Responsabile area legale Massimiliano Sinacori Supervisione prepress e stampa Stefano Cargnelutti Hanno collaborato Vanni Veronesi, Claudio Pizzin, Daniel Blasina, Ezio Scocco, Paolo Marizza, Vanni Feresin, Margherita Reguitti, Andrea Fiore, Livio Nonis, Cristian Vecchiet, Alfio Scarpa, Michele D’Urso, Michele Tomaselli, Manuel Millo, Andrea Coppola, Germano De March, Alberto Vittorio Spanghero, Renato Duca, Renato Cosma, Germano Pontoni, Isa Dorigo, Sandro Samez, Marianna Martinelli, Irene Devetak, Andrea Tessari, Rossella Biasiol Registrazione Tribunale di Udine n. 53/05 del 07/12/2005 Stampato in proprio Tiratura 70.000 copie Credits copertina Rivier De Mari Credits sommario :: Bruno Soppelsa :: :: Rivier De Mari :: :: Gabriele Moretti :: :: Daniela Franz :: :: Salvo Barbera :: © goliardica editrice srl a socio unico. Tutti i diritti sono riservati. L’invio di fotografie o altri materiali alla redazione ne autorizza la pubblicazione gratuita sulle testate e sui siti del gruppo goliardica editrice srl. Manoscritti, dattiloscritti, articoli, fotografie, disegni o altro non verranno restituiti, anche se non pubblicati. Nessuna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta in alcun modo, incluso qualsiasi tipo di sistema meccanico, elettronico, di memorizzazione delle informazioni ecc. senza l’autorizzazione scritta preventiva da parte dell’Editore. Gli Autori e l’Editore non potranno in alcun caso essere considerati responsabili per incidenti o conseguenti danni che derivino o siano causati, direttamente od indirettamente, dall’uso improprio delle informazioni ivi contenute. Tutti i marchi citati appartengono ai rispettivi proprietari, che ne detengono i diritti. L’Editore, nell’assoluzione degli obblighi sul copyright, resta a disposizione degli aventi diritto che non sia stato possibile rintracciare al momento della stampa della pubblicazione.
Cari lettrici e lettori, dopo la pedante e ridondante campagna elettorale delle ultime settimane, tanto vacua e sterile nei contenuti quanto risibile e grottesca nelle promesse prive di ogni realistica copertura economica, il 5 marzo – a urne finalmente chiuse – ci sveglieremo accorgendoci che non sono arrivati né la fine del mondo né il salvatore della patria. Ovvero che tutto è rimasto esattamente come prima. Uno scenario che rischia di aprire la strada a un futuro dalle tinte drammaticamente oscure. Perché se il problema risiede nell’incapacità di comprenderlo da parte delle persone deputate a risolverlo, non serve scomodare i paradossi di Zenone per capire di avere imboccato una strada senza via d’uscita. Sillogismo semplice: il sistema Italia ha seri problemi (per esempio abbiamo il PIL con crescita più bassa di tutta Europa); la classe dirigente da decenni non è in grado di proporre una soluzione per cambiare la situazione; quella stessa classe dirigente continuerà a guidare il Paese anche nell’immediato futuro. Ergo, il sistema Italia continuerà ad avere seri problemi. Una colpa di tutto questo – è giusto evidenziarlo – va imputata a noi cittadini. Vuoi perché assuefatti, vuoi perché disillusi, vuoi perché scoraggiati, abbiamo semplicemente scelto di abbandonare la platea da cui assistere al melodramma italico messo cocciutamente in scena dalla nostra classe dirigente. Disarmati dal distacco abissale tra il mondo reale della società civile e quello etereo dei decadenti salotti del potere. Ma quella stessa società civile che, per ragioni diverse, ha deciso di recidere ogni legame con la politica attiva, avrà la volontà, la forza e la determinazione di tornare sul palcoscenico a riprendersi il proscenio? Intorno a questa domanda apparentemente banale ruota tutto il nocciolo della questione. Perché se l’ex Presidente del Consiglio Giulio Andreotti amava ripetere “Il potere logora chi non ce l’ha”, un suo omologo e compagno di partito, ancora vivo e vegeto, come Ciriaco De Mita, una volta spiegò così il comportamento che un uomo politico dovrebbe tenere nella propria carriera: “Nei momenti di difficoltà, ritirati dove sei più forte. Se è la tua regione, fai il leader regionale. Se è la tua città, fai il sindaco. Se non sei forte da nessuna parte, torna a casa da tua moglie. E aspetta”. In altri termini, nessuno si schioderà mai per volontà propria dalla tanto agognata poltrona. E se il sistema autoimmune della politica italiana – con i suoi meccanismi diabolicamente ingegnati per garantire il mantenimento dello status quo – sembra personificare alla perfezione la teoria ciclica di Vico dei corsi e ricorsi storici, una netta rottura potrà avvenire solo dall’esterno. Altrimenti chi detiene il potere continuerà a logorare gli altri e chi si trova in difficoltà tornerà a riproporsi alla prima occasione utile, come se nulla fosse. Inutile pertanto continuare ad attendere altri voti, altri salvatori della patria, altre fini del mondo. Senza rendercene conto, la patata bollente è sempre stata nelle nostri mani. Solo quando smetteremo di rimpallarcela, le cose potranno iniziare realmente a cambiare. Fino ad allora continueremo a sperare, inutilmente, nelle elezioni successive. Nel frattempo non mi resta che augurarvi … buona lettura! Andrea Zuttion
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Sono un appassionato del Carnevale e ogni anno a Monfalcone partecipo alla grande festa del Martedì Grasso. Desideravo complimentarvi con voi per lo splendido servizio reso con il maxischermo durante la lettura del testamento del mitico Sior Anzoletto in piazza e la Cantada: vedere le immagini in diretta è stato ancora più spettacolare! Manlio Furlan Trieste 10 | gennaio-febbraio 2008 | L’INFORMAFREEMAGAZINE
Da A modo mio tutte le ragazze sono sempre sorridenti e gentili: frequentare un locale con un ambiente così piacevole e cordiale è un vero piacere. Ester Skrinar Cervignano del Friuli Le titolari della Colombara sono davvero gentili. Il locale poi è molto carino e il caminetto regala una piacevole sensazione di calore. Squisito il pesce e ottima l’aringa. Nicoletta Monguelfo Monfalcone Ho letto con vivo interesse l’articolo di Vanni Veronesi sulle Ultime lettere di Jacopo Ortis nello scorso numero di iMagazine. Sono rimasta davvero sbalordita di apprendere la realtà sulla loro origine, anche perché pur essendo un’appassionata di Foscolo, io stessa non conoscevo questa realtà delle cose. Simonetta Grignani Udine La Bottega di Trimalcione è garanzia di pesce fresco e di ottima qualità. Da imprintaonline il servizio è rapido ed efficiente. Teresa Mian Trieste Da Carli l’abbigliamento è realmente sinonimo di qualità. Il titolare poi è sempre in grado di fornire i consigli giusti nella scelta, facendo attenzione anche ai più piccoli dettagli. Carla Visentin Monfalcone
Ottimo il menù a base di pesce proposto dal ristorante La Colombara. Squisita la carne alla griglia del ristorante Al Postiglione, con un ottimo abbinamento di vini. Da Al Rosari l’ambiente è famigliare e il cibo genuino: speciali i dolci fatti in casa. Rossella Crispi Trieste Al ristorante Al Postiglione la carne è speciale: ogni volta che ci andiamo il gusto è unico. La vista esterna poi è qualcosa di superlativo. Martina Iacovoni Udine
Dima Sport è il posto ideale per gli amanti dello sci: la competenza e la cura per l’attrezzatura è non comune. Complimenti al titolare. Andrea Sossi Trieste Complimenti per l’ampio servizio di eventi che diffondete on line: visitare il vostro portale web è come aprire una finestra sul mondo della nostra bella regione. Si trova sempre qualcosa di interessante e attuale. Paola Landi Udine
Rapidità e ottimo rapporto qualità/ prezzo sono i punti di forza di Maglie4You. Da Class Caffè gli snack sono sfiziosi, mentre da Athenaeum la titolare è sempre gentile. Samanta Zanutta Gorizia
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Intervista a Luca Fornasetti titolare di Maglie4You a Gorizia Luca Fornasetti, in cosa consiste l’attività di Maglie4You? «Maglie4you è un negozio/laboratorio dove vendiamo abbigliamento personalizzato. Si può trovare abbigliamento per il tempo libero, per la ristorazione, medicale, per lo sport e per il lavoro. Lo personalizziamo come vuole il cliente, con stampe e riLuca Fornasetti cami». Quando è nata l’idea di aprire questa attività? «Inizialmente c’era l’idea di vendere alcune magliette con grafiche da me ideate. Successivamente, con il tempo ci siamo evoluti vendendo quello che il cliente desidera». Com’è avvenuta questa evoluzione? «Ho iniziato vendendo magliette e felpe con le stampe richieste dal cliente. Poi ho investito risorse nell’acquisto di altre stampanti e ricamatrici, consentendo così di allargare l’offerta e arrivando a vestire squadre sportive, ditte di lavoro, farmacie, ristoranti…» Tra i diversi servizi forniti quali sono quelli maggiormente richiesti dalla clientela? «Potendo sfruttare un’offerta ampia e differenziata, tutti i servizi vantano una buona richiesta. Sicuramente la possibilità di realizzare anche singoli ricami puntando sulla personalizzazione del servizio ha attirato diversi clienti privati». A proposito di clientela: quella di Maglie4You da chi è composta? «La clientela è variegata: parte dal singolo privato fino a squadre sportive, associazioni, aziende, farmacie, studi dentistici, ristoranti e piccoli bar». Quali sono a suo avviso i punti di forza di Maglie4You? «Sicuramente i prezzi contenuti. Inoltre attraverso il nostro servizio di e-commerce possiamo ricevere ordini da tutta Italia. Con le aziende del territorio abbiamo poi un rapporto diretto: le andiamo a trovare in sede consegnando sul posto gratuitamente la merce ordinata». Il mondo delle stampe è in continua evoluzione: qual è il segreto per restare sempre al passo con la concorrenza? «In questo settore c’è concorrenza, l’importante è stare al passo con le nuove tecniche di stampa e ricamo e offrire un prodotto a prezzo contenuto, ma di qualità». Da diverso tempo Maglie4You punta sul network di iMagazine per promuovere la propria comunicazione: come mai questa scelta? «Abbiamo scelto di puntare su varie forme di pubblicità, sia cartacee che web proprio come iMagazine, oltra ad alcune sponsorizzazioni. È importante far vedere che siamo presenti e disponibili a partecipare a qualsiasi iniziativa». Maglie4You fa anche parte del circuito degli iMoneyPartner: come valuta il progetto dei buoni valore di iMagazine? «Faccio parte del circuito iMoney da due anni e ritengo rappresenti una vetrina importante per la mia attività». L’INFORMAFREEMAGAZINE | gennaio-febbraio 2008 | 11
S O M M A R I O
marzo - aprile 18
L’ANALISI di Paolo Marizza
16 La nuova moneta è la fiducia THAILANDIA di Margherita Reguitti
18 Una caotica calma ARIANNA GASPERINA di Andrea Doncovio
22
22 La donna che sussurra al legno FRANCO GIORDANI di Michele Tomaselli
26 Sentieri scomparsi TIZIANO COSSETTINI di Andrea Doncovio
31 Ridere è una cosa seria 26
SALVO BARBERA di Claudio Pizzin
34 In scena per caso SEPARAZIONI E DIVORZI di Massimiliano Sinacori
Assegno di mantenimento: quando e 38 quanto?
31
STRADE E SICUREZZA a cura della Polizia di Stato di Gorizia
40 Nella giusta direzione NUOVE ANSIE di Andrea Fiore
42 Paura. Ma di cosa? 34
PERSONE E LINGUAGGIO di Cristian Vecchiet
44 La ragione della parola VITA E SIGNIFICATI di Manuel Millo
46 La volontà di lasciare un’impronta IRS AGRARIA GORIZIA di Renato Duca e Renato Cosma
48 Al servizio dell’agricoltura
L’AUTORE DELLA PORTA ACCANTO di Andrea Doncovio
52 Gianni Carmine
PAOLO MAURENSIG di Margherita Reguitti
54 Il diavolo nel cassetto LUCA BIDOLI di Claudio Pizzin
56 Il silenzio, il buio e le colline RODOLFO LEPRE di Andrea Doncovio
59 Il codice della materia SILVANO CREMASCO di Andrea Doncovio
62 La scienza del restauro MAURO BUORO di Andrea Doncovio
64 Vita e rispetto
UNESCO CITIES MARATHON a cura della redazione
68 Correndo nella storia
FIGLI DI UNO SPORT MINORE di Michele D’Urso
70 Le dodici fatiche… del CrossFit FIORI E PRIMAVERA di Rossella Biasiol
72 Il risveglio della natura TRATTORIA “AL PEON” di Alberto V. Spanghero
74 Una gemma nel limbo CUCINA
78 La ricetta de “La Colombara” CHEF…AME
79 La ricetta di Germano Pontoni 80
e segg. Gli eventi di marzo e aprile
: lettere alla redazione
▲ Udine e Spilimbergo – Continua la promozione del progetto di Mauro Buoro, sostenuto da iMagazine, per la lotta all’obesità e il rispetto sulla strada (vedi articolo a pag. 64). Nelle scorse settimane Buoro ha ottenuto il supporto sia del presidente di FVG Strade, Giorgio Damiani, sia del sindaco di Sequals Lucia D’Andrea, che in qualità di Dirigente scolastico dell’Istituto d’Istruzione Superiore “Il Tagliamento” di Spilimbergo ha invitato Buoro a testimoniare la propria esperienza agli studenti.
▲ Cervignano del Friuli – Foto di gruppo dei componenti della locale Associazione Nazionale Carabinieri durante la tradizione assemblea annuale svoltasi lo scorso 25 febbraio.
▲ Udine – Foto di gruppo del rinnovato Comitato Giovani Imprenditori della Camera di Commercio di Udine, presieduto da Fabio Passon che succede a Massimiliano Zamò. Ne fanno parte anche Mauro Germani (Cna Udine), Mattia Bertossi (Coldiretti Udine), Tommaso Passoni (Confapi Fvg), Francesco Roiatti (Confartigianato Udine), Davide Boeri (Confindustria), Marco Pascoli (Cooperazione). Paola Schneider è invece la rappresentante della giunta camerale.
▲ Romans d’Isonzo e Monfalcone – Due immagini dell’iMagazineVideoTruck impegnato durante le sfilate del Carnevale di Romans e del Carnevale Monfalconese, entrambi eventi di cui iMagazine è stato media partner.
▲ Nassfeld – Il nostro collaboratore Michele Tomaselli ha rappresentato iMagazine durante il press tour organizzato dal locale polo sciistico per promuovere il comprensorio austriaco in Italia. Nella foto, assieme a Tomaselli, Elisa Wolbitsch, responsabile social media del Polo Turistico di Nassfeld.
▲ Gorizia – Un’immagine (ph. Foto Bumbaca) del Golden Gala dell’Unione Ginnastica Goriziana, serata evento che ha aperto ufficialmente il programma di festeggiamenti che durerà tutto il 2018 per celebrare i 150 anni dalla fondazione dell’UGG. Un anniversario del quale iMagazine è media partner.
► Udine – Foto di gruppo per gli studenti delle scuole della regione premiate nel contesto del 13° Concorso Presepi nelle Scuole Primarie e dell’Infanzia organizzato dal Comitato Regionale delle Pro Loco, cui hanno partecipato 56 istituti da tutto il FVG. ◄ Aquileia – Alcuni dei protagonisti della serata incentrata sul piacere del benessere a tavola, dal titolo La Rosa del Friuli vi presenta l’Aronia, tenutasi al Ristorante La Colombara. Nella prima da sinistra: Edi Rigonat, Enrico Bianchin, Francesco Del Bianco, Alessandro Cudini, le titolari di La Colombara Katia e Monya Aizza, Samo Sanzin, Stefano Collaut e Alessandro Comin. Accanto lo staff del ristorante (ph. Claudio Pizzin). È possibile inviare le proprie lettere e i propri commenti via posta ordinaria (iMagazine – via Aquileia 64/a – 33050 Bagnaria Arsa-UD), oppure via e-mail (redazione@imagazine.it).
▲ Udine – Foto di gruppo dei nuovi docenti dell’Università degli Studi di Udine e per quelli che hanno raggiunto risultati di prestigio durante il loro operato nell’Ateneo friulano, come evidenziato durante la tradizionale “Cerimonia del Tocco”.
▲ Bagnaria Arsa – Visita alla redazione di iMagazine per Monica Zinutti – nella foto assieme al caporedattore Andrea Doncovio –, contitolare dello studio di registrazione Angel’s Wings Recording Studio dove il rapper Doro Gjat, personaggio copertina dell’ultimo numero della rivista, ha registrato il suo nuovo album.
▲ Città del Vaticano – Al termine di un ciclo di lezioni durato 8 mesi (settembre 2015 - maggio 2016) e dopo un lungo studio personale, il nostro redattore Vanni Veronesi (nella foto mentre sfoglia il volume delle orazioni di Elio Aristide) si è diplomato in Paleografia greca (voto 30/30) alla Scuola di paleografia, diplomatica e archivistica collegata alla Biblioteca Apostolica Vaticana. Il corso, dedicato allo studio dei manoscritti in lingua greca dal IV sec. a.C. al XVI secolo, ha permesso a Veronesi di approfondire aspetti fondamentali della cultura scrittoria greca e bizantina, nonché di consultare preziosi codici di varie epoche. A Vanni i complimenti di tutto lo staff di iMagazine.
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L’ANALISI
PAGAMENTI DIRETTI Rubrica di Paolo Marizza
La nuova moneta
è la fiducia
La reputazione si sta delineando come la chiave di volta dell’economia del ventunesimo secolo, dando alla nostra credibilità online un’influenza offline, nel mondo reale.
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Uber, la più grande compagnia di taxi del mondo, non possiede veicoli. Facebook, il proprietario dei media più popolare al mondo, non crea contenuti. Alibaba, il rivenditore più diffuso, non ha inventario. E Airbnb, il più grande fornitore di alloggi al mondo, non possiede beni immobili. Queste società sono piattaforme, piattaforme globali che operano una nuova intermediazione tra strutture fisiche e strutture digitali. La nuova intermediazione digitale non riconosce Paesi e confini, spesso non produce nulla in proprio, ma collega persone che hanno qualcosa con persone che hanno bisogno di qualcosa. Amazon, Facebook, Google, Baidu, Tencent, Alibaba, Uber, Twitter e compagnia non hanno altro che una massa critica di acquirenti e venditori, produttori di contenuti e consumatori di contenuti, conducenti e passeggeri, creditori e debitori che vengono connessi tramite le loro piattaforme. La loro materia prima è l’identità, gli stili di consumo e di vita, gli interessi e le passioni delle persone che connettono. Le loro piattaforme tendono quindi a orientare e gestire i comportamenti delle loro comunità. È in questo contesto che un mese fa è stata recepita anche in Italia la nuova Direttiva europea sui Pagamenti, la seconda Payment Service Directive (PSD2). Essa introduce un’innovazione potenzialmente rivoluzionaria: si fonda sulla possibilità di effettuare pagamenti mediante trasferimento diretto da IBAN debitore a IBAN creditore, utilizzando non più i tradizionali circuiti basati su carte di credito/debito, ma terze parti non bancarie (TPP - Third Party Providers) a ciò autorizzate 16
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marzo-aprile 2018
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per legge. La banca, previo consenso del cliente/correntista, comunicherà il “bene-fondi” on-line (Si/No pago), a fronte di una richiesta proveniente da queste terze parti, per l’importo oggetto del pagamento. La nuova normativa – recepita dagli Stati membri il 13 gennaio 2018 – implica il superamento degli attuali assetti della value chain dei pagamenti, con importanti ricadute in termini sia di efficienza operativo-transazionale, sia di natura gestionale nelle attività di rendicontazione/contabilizzazione dell’evento generato dall’attività d’incasso da parte del creditore. Il cambiamento normativo, nonché l’esigenza di trasferire i fondi dal conto corrente del debitore al conto corrente del creditore in modalità trasparente e diretta, avvertita dal legislatore europeo, vedrà nascere nuovi operatori e stimolerà la concorrenza, creando minacce e opportunità per gli assetti esistenti che altri Paesi europei stanno già sperimentando. Ad esempio nel Regno Unito l’introduzione dell’open banking, una forma ancora più avanzata di maggiore concorrenza e apertura del sistema bancario rispetto alla PSD2: la possibilità per le terze parti di accedere ai conti bancari dei consumatori non solo per ottenere informazioni sulle transazioni, ma anche istruire i pagamenti, si è già concretizzata. Ci sono ulteriori opportunità per i nuovi operatori di diventare fornitori di servizi commerciali ad ampio spettro per facilitare l’interazione tra pagamenti, l’infrastruttura bancaria aperta e la distribuzione organizzata. Questa visione del futuro potrà generare un cambiamento epocale nel rapporto tra produttori, distributori e consumatori. È una significativa opportunità per la distribuzione di grande, ma anche di piccola dimensione per in-
centivare i clienti a passare a pagamenti più efficienti e anche istantanei da conto a conto, offrendo contemporaneamente una considerevole personalizzazione basata sui dati transazionali e di acquisto del cliente. Non si tratta solo di pagamenti. Recenti sondaggi rilevano che oltre il 90% dei retailers (venditori al dettaglio) desiderano utilizzare la PSD2 per ridurre le commissioni sulle carte e tre quarti di loro vogliono anche utilizzare l’opportunità per ridurre l’impatto di frodi e violazioni dei dati. Ma soprattutto puntano a utilizzare le informazioni sui comportamenti di spesa dei clienti per fornire offerte speciali e servizi personalizzati presso il punto vendita. Fenomeno che a sua volta provocherà un cambiamento radicale delle modalità e forme distributive dei punti vendita stessi. Si diffonderà una sorta di “disaccoppiamento dal debito”, in base al quale l’autenticazione forte dell’identità del cliente fornita dalle piattaforme alle app del rivenditore consentirà di disintermediare i circuiti delle carte tradizionali (alcune proiezioni indicano che un terzo del volume delle carte europee potrebbe scomparire nei prossimi anni) e anche il POS fisico stesso. Amazon GO lo sta già sperimentando: auto-scansione dei prodotti del supermercato per vedere alla fine il carrello virtuale apparire sull’app dello smartphone con l’ID touch biometrico, che richiede conferma con un click di pagamento immediato dal proprio conto a quello dell’esercente. Per il cliente, la proposta di pagamento con un click evoca una proposta di debito, ma invece quando il cliente esce dal punto vendita il denaro esce dal suo conto. Queste logiche rappresentano una grande opportunità per i nuovi operatori che sviluppano un modello di business basato su dati e sulla monetizzazione delle informazioni attraverso le tecnologie dei big data, dell’apprendimento automatizzato e del digital marketing. L’open banking e la PSD2 offrono l’opportunità di reinventare se stessi anche agli operatori tradizionali. Dopo tutto, uno schema di pagamento non è solo un flusso di dati che collega consumatori, banche, produttori e rivenditori. Le banche e i circuiti di pagamento esistenti hanno decenni di esperienza per sfruttare sia le loro relazioni attuali sia quelle nuove che si presenteranno. Anche i dettaglianti stessi, in particolare i milioni di piccoli esercenti, trarranno beneficio da questa transizione perché nasceranno una varietà di nuovi prodotti e servizi specializzati per aiutarli a gestire le loro attività. Questi cambiamenti fanno dire a molti che la nuova moneta è l’informazione e la capacità di sfruttarla con i nuovi modelli di business, siano essi piattaforme o altri modelli d’impresa, ma la vera nuova “valuta” è il capitale della reputazione. La reputazione si sta delineando come la chiave di volta dell’economia del ventunesimo secolo, dando alla nostra credibilità online un’influenza offline, nel mondo reale. È il patrimonio personale di fiducia
che consentirà a tutti in futuro di accedere a servizi, conoscenze e mercati, consentendo nel contempo l’innovazione sociale. È la fiducia che permetterà alle persone di stabilire connessioni significative e scoprire un’umanità che è stata persa. La fiducia è il fondamento di tutte le transazioni, da sempre. Dal momento che la maggior parte dei modelli di consumo collaborativo, comprese le comunità online e le piattaforme peer2peer e crowdsourcing, richiedono alle persone di effettuare transazioni online con altri soggetti che non hanno mai incontrato di persona, la fiducia tra estranei è un prerequisito per i nuovi modelli di intermediazione. L’aumento della fiducia innescato dall’irrompere delle nuove tecnologie richiede però miglioramenti significativi nel quadro istituzionale, contratti sociali più semplici, minore complessità delle transazioni e minori costi assicurativi. L’auspicio è che il potere e l’influenza si spostino verso le persone con la migliore reputazione e le reti di fiducia solidale rispetto alle persone con potere nominale ed economico. I sistemi basati sulla fiducia sono particolarmente importanti nella sharing economy, l’economia di condivisione. Airbnb incoraggia gli affittuari a valutare gli ospiti e gli ospiti a valutare gli affittuari. Su Uber, i conducenti possono valutare i clienti e i clienti valutano i conducenti. E nei siti di problem solving come Taskrabbit si guadagnano punti e livelli quando si risolvono problematiche con successo. Questi sistemi creano una simmetria di responsabilità e trasparenza tra le parti. Sai che ti stanno valutando e che tali valutazioni vengono condivise. Pertanto, responsabilità e trasparenza tendono ad autoalimentarsi. La fiducia basata sulla condivisione di piattaforme economiche sta diventando il motore centrale dei nuovi modelli di business e le piattaforme in più rapida crescita e di maggior successo sono quelle che sono state in grado di creare fiducia nella propria comunità. La sociologa Raquel Botsman è illuminante quando parla di una nuova epoca, quella della fiducia distribuita. Tuttavia la tecnologia ha difficoltà a proteggere i moderni meccanismi di fiducia distribuita del web. La fiducia se abusata può creare vulnerabilità sistemica. Rimane il dilemma tra nuovi modelli di business che consentono l’innovazione sociale e meccanismi di fiducia inclini a corrodersi. In molti casi, i sistemi di fiducia basati sul web ci fanno progredire e abilitano l’innovazione sociale. Tuttavia, abbiamo bisogno di meccanismi di applicazione, modelli di business e regolamentazioni aggiornate se vogliamo ulteriormente sfruttare questa nuova valuta sociale.
Paolo Marizza Co-founder di Innoventually e docente DEAMS-UniTS |
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VIAGGI E METE
THAILANDIA Servizio di Margherita Reguitti Immagini di Bruno Soppelsa
Una caotica calma
Dalla frenetica Bangkok all’antica Chiang Mai. Viaggio della nostra inviata nel Paese in cui cristianesimo, islam e buddismo hanno radici tanto profonde quanto diverse. E dove il popolo, dopo un anno di lutto, è pronto a seguire il suo nuovo re.
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Thailandia regno del sorriso: non solo un modo di dire ma una realtà che accoglie già dai primi passi nell’area controllo documenti dell’aeroporto internazionale di Bangkok. Passata la verifica dei passaporti, la visione immediata sono le cascate di orchidee disseminate lungo i lucenti corridoi. Piccole donne vestite di bianco le innaffiano con cura rispettosa, una ad una.
Gentilezza e cortesia, modernità e arre-tratezza, ricchezza e povertà, cosmopolitismo e attaccamento alle tradizioni culturali e religiose, libertà e soppressione dei partiti politici con una giunta militare al potere dal 2014. Una monarchia costituzionale nell’area centro-asiatica la cui economia nell’anno 2561 del suo calendario ritorna a crescere dopo la crisi finanziaria delle “tigri asiatiche” di fine secolo. La Thailandia si avvia verso una nuova era dopo 70 anni di regno saggio e fermo. Concluso il funerale dell’amatissimo e longevo re Bhumibol Adulyadej (Cambridge 1927 – Bangkok 2016), Rama IX della dinastia Chakri, svoltosi nella capitale e seguito da milioni di sudditi, ora il popolo, la potente nobiltà, i militari, il mondo della finanza e del business attendono di sapere quale sarà la politica dell’erede, il figlio 64enne Sopra: panorama notturno di Bangkok. A sinistra: la statua del Buddha d’oro. Pagina accanto sopra, lo Sky bar del Dom, in Silom Road. Sotto, il nuovo Hotel Ritz in costruzione a Bangkok.
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Maha Vajralongkorn, Rama X. Un principe in jeans, appassionato di tatuaggi, feste e lusso, che fino ad oggi ha scelto di vivere all’estero. Di tutto questo il turista non ha percezione, salvo restare sorpreso dai giganteschi ritratti a figura intera del vecchio sovrano che, via via, vengono sostituiti da quelli del figlio. Viaggiare nel paese che ha fatto del turismo una delle sue industrie più importanti non è difficile, basta prendere confidenza con la guida a sinistra. La rete stradale è buona, tutta in superficie, movimentata – soprattutto in montagna – da un andamento curvilineo. Non esistono infatti gallerie, la loro realizzazione è sconsigliata dalla religione buddista-animista: disturberebbe gli spiriti del sottosuolo. Buoni gli aeroporti che permettono di spostarsi dal sud, paradiso naturalistico, mare di smeraldo, isole ricche di vegetazione e spiagge di sabbia bianchissima, dalla consistenza di cipria, verso la capitale abitata da oltre 13 milioni di persone (nessuno conosce il numero preciso di abitanti). Ma anche il nord, montagnoso e disseminato di templi buddisti e parchi eco-religiosi, è ben servito. Terra di uomini liberi, mai conquistata da colonizzatori, dove il saluto è l’elegante e rispettoso Wai, un cenno del capo con le mani giunte di fronte al viso. Nazione dove non esistono emergenze né alimentari né sanitarie, l’accoglienza e l’attenzione per lo straniero sono sincere, in passato anche per i profughi giunti dalle vicine nazioni in guerra. Il periodo migliore per una vacanza è da novembre a febbraio, da evitare per piogge il periodo da giugno a settembre, ma essendo un paese tropicale, con diversi microclimi, le temperature sono sempre piacevoli, magari più fresche al nord. Arrivati al sud, nella penisola di Phuket, le possibilità di alloggio sono diverse; dalla tranquilla Kamala beach alla vorticosa movida di Patong e della città di Phuket. Qui, contrariamente al resto del paese a maggioranza buddista, la popolazione è mussulmana: donne velate e risveglio all’alba con la preghiera del muezzin. Un’escursione da non perdere alle isole Phi Phi, rese famose dai film di James Bond, con bagno alla Monkey beach – dove fare attenzione alle scimmie, dispettose e mordaci – e vista sulle grotte dei pipistrelli giganti. Interessante anche una visita al parco naturale. Fantastico è invece fare snorkeling nelle acque cristalline, con gli organizzatori di escursioni che forniscono tutto l’occorrente. Piuttosto che arrivare su potenti motoscafi, scegliete le longtail |
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Di fianco: monaci thailandesi a passeggio lungo le vie cittdine. Pagina accanto dall’alto: - la nostra inviata Margherita Reguitti con il conducente di un moto taxi; - Tessitrice di stoffe tipiche del nord della Thailandia; - Tempio induista a Lamphun.
boats, barche in legno dalla prua addobbata da ghirlande colorate. Alcune isole sono molto turistiche, ma cercando e avendo tempo, si trovano angoli liberi dalle frotte di cinesi e russi. Di notte, le città della penisola del turismo di massa e del piacere “cheap”, si trasformano in grandi bazar: i marciapiedi diventano ristoranti, si spalancano le vetrate su pub e club, locali generosi di birra e belle ragazze. Per gli appassionati di centri commerciali, no problem; ce ne sono di grandi e belli, con miriadi di negozi stile etnico e global. Nella old Phuket troverete un poco di storia, fra architettura sino-portoghese, thai e tanto traffico. Bangkok non dorme mai: tutto è in movimento, un flusso continuo di auto, tuktuk, motorette, milioni di persone che camminano, cucinano e mangiano per strada, commerciano, escono e entrano in modo ordinato dal metrò. Una marea movente e colorata. Prendendo uno dei battelli che percorrono il fiume Chao Phraya si arriva al palazzo Reale: difficile non trovare coda, ma la bellezza del complesso rende la ressa accettabile. La gente thai è pudica, è bene evitare nudità di gambe e braccia visitando gli edifici pubblici e i templi, rispettando l’obbligo di togliersi le scarpe in ingresso. Vicino sorge il palazzo Wat Pho, tempio composto da un insieme di edifici uno dei quali ospita il Buddha Sdraiato. Non lontano Yaowarat, la Chinatown di Bangkok, nel Wat Traimit è custodito il Buddha d’oro, oltre 5 tonnellate di metallo prezioso, uno dei tesori del paese. Il quartiere è un dedalo di strade, stradine e negozi di ogni tipo, chioschi di 20
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gustosa frutta, ananas, papaia, durian (re della frutta, ottimo il gusto ma forte e sgradevole l’odore), dragon fruit, lychee e papaya. Si nota la differenza architettonica fra i templi thai e quelli cinesi. La notte Bangkok non dorme e certe zone diventano dei grandi mercati, le bancarelle invadono le strade, si compra di tutto e mercanteggiare è d’obbligo, ma con garbo. Per avere la città ai vostri piedi, sulle orme del film Una notte da leoni 2, salite al 64esimo piano di The Dom in Silom Road: un drink sulle terrazze non sarà economico, ma mozzafiato di sicuro. Molte altre sono le pellicole e i libri possibili guide inusuali; fra i gialli Uccelli di Bangkok di Manuel Vazquez Montalbàn. La cucina thai è ricca e varia: carni, verdure, pesce, crostacei e mitili sempre accompagnati come companatico dal riso. Non serve un corso per usare le bacchette, a tavola forchetta e cucchiaio. Attenzione: zuppe e pietanze possono essere molto piccanti, i piatti vengono portati a seguire e non ci sono dolci o frutta finali. Non distante dalla cattedrale cattolica, un posto che vale la visita è il Delight kitchen, cibo tradizionale, locale accogliente e ottimo servizio. Vicino ai palazzi vescovili anche un complesso scolastico cattolico dall’architettura moderna, labirintica ma molto funzionale. Muoversi in tuktuk è piacevole, ma se osate sarà molto divertente salire a bordo di una delle moto-taxi condotte da uomini e donne riconoscibili da pettorina e cartellino con foto e generalità. Non avrete il casco, ma proverete l’emozione di dribblare lunghe code, arrivando anche in parti della città precluse alle auto. Naturalmen-
te sempre concordare tariffa e tragitto, meglio se in gruppo. Il nord è tutta un’altra storia: meta di turismo interno, pochi gli occidentali. La capitale offre piacevole shopping diurno e notturno, visite a templi, ozio in caffè anche alla moda: gustarsi a proprio agio la vita thai. Non rinunciate a un massaggio, è un’esperienza da provare. Gli addetti, femmine e maschi, sono molto professionali. Prima di decidere a chi affidarvi, li potete osservare dalle grandi vetrate aperte sui centri, in modo da scegliere senza dubbi, anche nel caso di un massaggio per tutto il corpo. Questa parte del paese è la culla del buddismo thailandese Theravada, che presenta influenze animiste, induiste e cinesi. Per questo qui sono in atto grandi investimenti nella realizzazione di parchi eco-religiosi, dove pregare, incontrare i monaci, passeggiare lungo sentieri nella giungla, o godersi il benessere di calde acque termali. I monaci iniziano la loro giornata al mattino con la questua. La regola prescrive che si possano nutrire fino alle 12, poi sono tenuti al digiuno. Dopo un periodo di noviziato, a 20 anni i giovani vengono ordinati, ma nella tradizione thai vi è anche la consuetudine per i laici di essere monaci a tempo determinato: settimane, mesi, anni. Una forma di spiritualità programmata che dà diritto a conservare il posto di lavoro e permette di acquisire meriti che, attraverso le reincarnazioni, conducano alla completa illuminazione del Nirvana. A 26 chilometri dalla capitale, percorrendo una strada fra campi e risaie, si raggiunge la città di Lamphun, famosa per il complesso templare Wat Phra That Hariphunchai, meta di molti pellegrini, dedicato al gallo, uno dei simboli dell’oroscopo. Nel chedi dorato, alto 46 metri, si dice siano conservate le reliquie del Buddha. Scegliete un’ora al mattino o al tramonto e potrete seguire le preghiere dei monaci, assaporare il silenzio, leggere la storia dell’Illuminato raccontata sulle pareti, godere dell’atmosfera di pace e serenità del luogo. Fuori dal tempio un ponte coperto, all’interno le botteghe che offrono cibi e prodotti tipici. Percorretelo tutto e arriverete al Wat Ton Kaeo, dove donne tessono su antichi telai stoffe dai disegni geometrici e colori sgargianti, confezionando abiti tradizionali. Sempre vicino alla capitale non fatevi scappare una visita a Lampang, città spesso snobbata. Sarete stupefatti dalla bellezza dei suoi templi e potrete visitare l’Elephant Hospital,
l’istituto nazionale di cura dei pachidermi, con possibilità di farvi un giro in groppa al gigante. Per una pausa termale si consiglia una visita al Chae Son National Park. Da Lampang si possono raggiungere i villaggi in montagna, un tempo triangolo d’oro dell’oppio, sui confini con Laos e Myanmar (Birmania). Da qualche anno, anche in virtù delle severissime pene per il traffico di droga, i contadini sono incoraggiati e sostenuti a coltivare caffè, peraltro di ottima qualità, frutta, fragole in particolare e altri prodotti. Un viaggio che continuerà nel prossimo numero. Margherita Reguitti |
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PERSONAGGI
ARIANNA GASPERINA Intervista di Andrea Doncovio Immagini di Rivier De Mari
La donna
che sussurra al legno
Le sue passioni erano creta e gesso. Poi una vacanza in Val Pusteria e la folgorazione per il nuovo materiale: «Attraverso le mie opere sento di ridare vita alla pianta». Alla soglia dei 40 anni, la scultrice di Valvasone racconta il suo percorso artistico. «L’arte ha il dovere di trasmettere il bello che parla»
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Arianna Gasperina, com’è nata la passione per la scultura? «Ho frequentato il Liceo Artistico a Oderzo, e durante quel periodo mi resi conto quanto forte fosse il trasporto che sentivo nei confronti della materia. Si lavorava creta e gesso. Amavo sporcarmi le mani e sentire le forme che prendevano vita sotto i polpastrelli. Un giorno mi venne posta la domanda: che cosa vorresti fare da grande? Risposi immediatamente: scultore. Avevo le forme di Michelangelo Buonarroti e Auguste Rodin che mi riempivano gli occhi e l’anima». Quando ha capito che la scultura sarebbe stata qualcosa di più di una semplice passione? «Nell’ultimo anno del liceo. Realizzai due busti di donna a grandezza naturale, prima in creta e poi in gesso di alabastro, e mi resi conto che adoravo immergermi in quel tipo di creare. Così provai a capire come proseguire questa ‘esigenza’. Esattamente un’esigenza, perché le mani ‘prudevano’ per la voglia di imparare a realizzare quei meravigliosi 360 gradi». Ogni artista ha sempre dei maestri di riferimento: i suoi quali sono stati? «Ho avuto la fortuna di conoscere splendidi maestri in campo, con cui ho condiviso tempo e spazi. I primi passi li ho compiuti grazie a due maestri d’arte di Treviso, Elena Ortica e Gaetano Brugnano, marito e moglie 22
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scultori su marmo, pietra, legno, terracotta e bronzo. Tecnica, dote e cuore vengono espresse dalle loro mani. Così ho iniziato a fare le mie prime fusioni in bronzo e successivamente la prima pietra. Poi conobbi uno scultore maestro dell’arte del legno, Kurt Wierer della Val Pusteria. Con lui ebbi un condensato di informazioni tecniche preziose su come lavorare e assecondare il legno. Poco dopo incontrai Giovanni Padovan, scultore di Frisanco. Attraverso la sua sensibilità compresi la bellezza nell’ascoltare il legno e fu lui a insegnarmi come adoperare lo strumento motosega per realizzare con espressività i volumi di corpi e volti». Nel tempo si è misurata con tecniche e materiali diversi, fino al colpo di fulmine per il legno. Cosa lo ha fatto scoccare? «Il legno era un materiale che all’inizio non avevo preso in considerazione. Il desiderio era diventare scultore su marmo, ma la vita è imprevedibile e durante una vacanza in Val Pusteria mi sono imbattuta in un’esposizione di opere lignee meravigliose. Ed erano proprio quelle realizzate dal Maestro Kurt. Così decisi di provare. L’amore per questo materiale non fu immediato, ma col fare, cercando di ascoltarlo, ho iniziato ad amarlo. Mi sono sentita ‘capita’ da questo materiale così profumato, non sempre duttile, con diversi caratteri rispetto alla tipologia della pianta ma anche rispetto alla vita che ha avuto. Ascoltare quindi le fibre, capirne la risposta, e in base a questo darne forma.
Non adopero il legno come un semplice materiale inerme: così si instaura un vero dialogo che non è ‘solo’ tra me e la scultura, ma con la pianta per ridarle vita in una forma eterna. Il legno negli anni si modifica e ogni segno racconta la sua esistenza. Come per l’essere umano, lo scorrere degli anni impreziosisce il racconto di sé». Tra le tipologie di legno quali sono quelle che predilige per realizzare le sue opere? «Per me è stupendo provare essenze differenti, tuttavia il Cedro del Libano lo amo per la sua fibra compatta e morbida, con venature dorate e un profumo che avvolge e coinvolge. Adoro molto anche il castagno: fibra forte e decisa, mantiene i dettagli e ha una colorazione potente. Su grandi dimensioni dona un’energia spettacolare». Da dove proviene il legno che utilizza? «Spesso sono legni che provengono da abbattimenti programmati. In questo modo è come se ridonassi loro una vita eterna. Se lo meritano. Quando invece il lavoro richiede materiale stagionato, allora mi procuro tavolini essiccati nelle segherie della zona, con cui creo i blocchi che mi servono. Questa tipologia di lavorazione la amo di meno e la utilizzo solo in alcuni casi specifici». Tra quelle realizzate finora a quale opera è più legata? «La gran parte delle opere sono legate ai miei passaggi di vita. Sono sculture che parlano così tanto di me che il distacco è difficoltoso. Se devo sceglierne una cito Tra Terra e Cielo, una scultura d’angelo alta due metri e mezzo circa, in cedro del libano, realizzata per una mostra a cielo aperto sul Catinaccio, zona di alta montagna del Trentino, da cui ne è nato un libro e successivamente un film proiettato al Film Festival di Trento nel 2012. Un’altra è Naso con Naso in legno di Larice, che rappresenta un dialogo tra l’Angelo custode e una bimba curiosa e innamorata di lui. Sono figure alate femminili, materne e potenti. Il mio legame con loro è dovuto al desiderio di poter accarezzare quelle persone, quelle anime che non sono più qui tra noi». Quali sono i messaggi che desidera trasmettere attraverso la sua arte? «Per me l’arte ha il dovere di trasmettere il bello che parla. Cercare di suscitare emozioni e domande toccando il profondo di ognuno. Un dialogo fatto in punta di piedi, con rispetto, dolcezza ma anche forza e determinazione. La vita è preziosa nel momento in cui c’è condivisione, confronto e non del superficiale ma di quelle parti nascoste e importanti che ognuno ha in sé, comprendendo che sentire e percepire non è debolezza, ma è forza e potenza. Potenza del bello vero. Attraverso la mia arte desidero far riflettere dialogando in modo pulito, raccontando, sviscerando emozioni forti, portando a galla quel bisogno che ognuno di noi ha, senza timori». Da cosa prende spunto per scegliere i soggetti delle sue opere? «Dalla vita, da una sensazione, un sentimento che mi naviga nel petto. Focalizzo una forma, una linea, e alcune volte la traccio su un foglio per renderla più reale e per capirla almeno un po’. Capirla nel senso di sentirla, dialogare con quel che sento per dargli forma, forza espressiva. È un fluire dentro il materiale, e grazie al mio continuo stu-
Arianna Gasperina all’opera. Per approfondimenti: www. ariannagasperina.it
dio, cercando una perfezione tecnica del tutto personale, posso permettermi di liberare le emozioni lasciandomi trasportare da loro». È più complicato realizzare un’opera da una propria ispirazione o un’opera su commissione? «Le difficoltà sono differenti. Quando si realizza un’opera personale la fatica sta nel sapersi ascoltare, fluire con umiltà nella materia. Ed è quindi vibrazione, dove tutto deve essere armonia. Non tutti invece, anzi molto pochi, accettano di lavorare su commissione. Per me è una magnifica sfida: accogliere l’idea, il desiderio o il bisogno del committente, farli propri per poi poterli ‘sentire’ e trasmettere nel migliore dei modi». Mentre scolpisce e modella il legno a cosa pensa Arianna Gasperina? «A migliorarmi, ogni scalpellata la voglio percepire. Mi cerco in ogni volume e mi perdo dentro ad esso. Una ricerca in me che fa correre le mani. Mani che bramano riconoscersi e comprendere. Ho potuto capire molto di me grazie alla scultura. Istintivamente trasferisco le parti più intime dentro la materia e spesso finita l’opera, sedendomi a terra per osservarla, vedo chi sono in quel momento. Ed è emozione». Qual è il suo rapporto con il Friuli Venezia Giulia? «Il mio cognome è originario dell’alto Cadore, per la precisione di Casamazzagno. Io sono nata a Pordenone, da papà tarvisiano con origini carniche e cadori-
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ne e mamma triestina con origini piranesi. Posso dire che porto in me molto del Friuli Venezia Giulia». In questa terra è possibile vivere di arte? «È stata fatica farsi conoscere e riconoscere. Mi è stato più semplice instaurare rapporti in Trentino. Ma dopo ventitré anni ho il piacere di comprendere quanto le persone sappiano riconoscermi. La difficoltà di viverci c’è, ma la scultura è la mia casa, per cui affronto con determinazione anche questa fatica di far capire la preziosità dell’arte». Nell’ambito della scultura qual è a suo avviso il livello degli artisti di questa regione? «Abbiamo una regione con bravi artisti, e parlo di quelli che vivono di arte, non per passatempo. Abbiamo più pittori che scultori: bisognerebbe valorizzare maggiormente la scultura. Un bellissimo esempio c’è a Reana del Rojale dove viene realizzato ogni anno un simposio con pietre del Friuli. È importante far avvicinare la nostra gente a vedere, toccare questa realtà. Osservare artisti lavorare significa sporcarsi, annusare, sentire, comprenderne la fatica e le abilità. Bisogna educare al bello, e serve un’educazione per dare possibilità a molti nel distinguere dove c’è arte e dove al contrario viene dichiarata arte la non-arte». Quando non è impegnata a scolpire, quali sono le altre passioni di Arianna Gasperina? «Immergermi nella natura. Amo la montagna, mi dona equilibrio interiore, forza e pulisce i troppi pensieri. Ascoltare i silenzi e perdermi nell’osservare ogni piccola cosa che le nostre meravigliose montagne ci donano». Spesso gli artisti vengono ritenuti personaggi solitaSopra, Arianna durante una pausa di riflessione. ri: vale anche per lei? «Esattamente. Solitaria, schiva, ho bisogno del mio Sotto, l’opera Naso con Naso (ph. Al Bruni). mondo, dei miei tempi, dei miei silenzi affollati dai mille pensieri che si intrecciano e aggrovigliano. Un giorno un amico pittore mi disse: “Sei imprendibile, come tu fossi all’interno di una sfera di vetro”. Molte persone mi chiedono come mai non sempre rispondo con tempestività al telefono o alle mail. I tempi non devono essere regolati da ritmi isterici. Va contro la creatività. Spesso, involontariamente non avviene il rispetto del pensiero che fluisce, e questo per un bisogno che sembra impellente di comunicazione superficiale. Il tempo credo debba essere regolato dall’assoluto bisogno di ascoltare se stessi, percepirsi per esserci». Attualmente a cosa sta lavorando? «Ora mi sto dedicando allo studio di una scultura legata molto alla terra. Alla vita delle api. Creare delle forme semplici e poetiche per far percepire la preziosità di questi piccoli e utili esseri della natura; la realizzazione avverrà presso un’azienda di apicoltori locali. Nel frattempo faccio correre i pensieri anche per un’opera che realizzerò su un cedro di grandi dimensioni e che scolpirò in Piemonte. Infine mi sto preparando a una registrazione della Rai che avverrà a Piancavallo per il programma Mezzogiorno in Famiglia». Quali sono i suoi progetti artistici per il prossimo futuro? «Esporre all’estero, magari tornando in Svizzera e cercando anche di essere presente a Monaco. Parlando di lavoro, invece, ho in mente varie sculture da realizzare su pietra, marmo e ferro». Andrea Doncovio |
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PERSONAGGI
FRANCO GIORDANI Intervista di Michele Tomaselli
Sentieri
scomparsi
Da una sua idea nacque lo spettacolo “Due uomini di parola”, assieme a Mauro Corona e Luigi Maieron, cui si aggiunse più tardi Toni Capuozzo. Ora il cantautore di Claut viaggia con le proprie gambe, come dimostra il nuovo cd pubblicato in autunno. E dedicato alla sua Valcellina.
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Ogni montagna racchiude storie, speranze, emozioni e bellezze. Lo sa bene Franco Giordani: strumentista di grande esperienza, originario di Claut in Valcellina, che con la sua sensibilità ci racconta in musica questa vallata bagnata dal torrente Cellina e dal lago di Barcis. Effetti sonori di grande inten-
sità nella meraviglia di borgate con le case in sasso e ampi ballatoi in legno, là dove si può godere del silenzio della natura più intatta. Nell’album dell’esordio Incuintretimp (2015), in cui veste i panni del cantautore con tredici brani originali e ben strutturati, ci racconta di una montagna che non è quella delle cartoline, anzi piuttosto un microcosmo ove ogni piccola cosa è vissuta con intensità e grande sentimento e che rifiorisce come la terra di acque e dei poeti. Basta citare Federico Tavan, Giuseppe Malattia e Mauro Corona, valcellinesi doc, da cui il talentuoso Giordani trae ispirazione per altri e fruttuosi progetti musicali. Lo scorso novembre la collana Block Nota ha pubblicato il suo secondo album: Truòisparìs, che contiene quattordici nuovi brani scritti in dialetti con varianti linguistiche influenzate dalle vicine valli del bellunese e del cadorino, foto storiche e d’autore, e un racconto inedito dell’amico Mauro Corona. Nel nuovo cd Franco ha messo tutto sé In apertura, Franco Giordani (ph. Gabriele Moretti). Di fianco, la copertina di Truòisparìs (ph. Gabriele Moretti).
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stesso per raccogliere le storie dimenticate della sua gente e riportare alla luce vicende come il disastro del Vajont. Argomenti poi trasformati in musica con le melodie della sua chitarra, del mandolino di Massimo Gatti, già collaboratore di Fabrizio De Andrè, del banjo di Icaro Gatti e della batteria di Elvis Fior. Nel suo percorso è stata fondamentale l’amicizia e la collaborazione con il cantautore Luigi Maieron che lo ha portato a salire su diversi palcoscenici, tra cui quello del Teatro degli Arcimboldi di Milano in occasione del Festival Id&M, con Davide Van de Sfroos, Francesco De Gregori, Enrico Ruggeri e altri. Franco, sei orgoglioso della tua terra e di quei saperi legati al mondo antico, ma (come canta Max Gazzè) “Una musica può fare” davvero una promozione della montagna, valorizzarla e magari invertire la tendenza allo spopolamento? «No, la musica non può evitare lo spopolamento della montagna, ma può risvegliare l’orgoglio e la coscienza collettiva. I politici dovrebbero difendere e valorizzare i nostri paesi, ma purtroppo si ricordano della Valcellina solo al momento delle elezioni. Lo dico anche nel brano di apertura di Truòisparìs: “Se un paese si spegne non se ne accorge nessuno. Tutti parlano a vanvera, e si piange quando è troppo tardi”». “Mi ricordo montagne verdi, e le corse di una bambina...”. Quali sono i tuoi ricordi musicali di inizio carriera legati alla Valcellina? «Ho cominciato a suonare una pianola “Bontempi” che i miei genitori mi avevano regalato a 5 anni e da allora la musica è sempre stata al mio fianco. Sono salito per la prima volta su un palco a 13 anni con la mia band “Klautans” e ho girato tutti i paesi della Valcellina a suon di rock’n’roll. Il mio percorso artistico ha cambiato direzione con l’età “matura”, quando ho cominciato a scrivere le mie canzoni, anche dopo l’incontro con Maieron. Il fatto che l’etichetta Nota Music di Valter Colle abbia già pubblicato due miei cd mi rende felice e orgoglioso». Truòisparìs, in italiano Sentieri scomparsi. Quanto può aiutare riuscire a mantenere le tradizioni in montagna? «Mantenere le tradizioni significa mantenere una mentalità, così come parlare una lingua significa assumere la mentalità di quella parlata. Quando mi esprimo in clautano divento più pratico, i discorsi si accorciano. Secondo me le radici sono importanti, chi difende radici e tradizioni in questi tempi dovrebbe essere considerato una specie di eroe». Andreis, Claut, Barcis, Erto e Cimolais. Paesi dalle architetture uniche e austere punteggiano le Dolomiti Friulane e la fascia pedemontana.
Sei l’ennesimo architetto prestato alle sette note o, forse, sarebbe il caso di affermare il contrario? «Forse tanti cantautori sono architetti perché ci sono troppi architetti! Una cosa è certa: progettare è un processo creativo e quindi confina senz’altro con l’arte di fare musica». Nel brano Revelli dell’ultimo tuo lavoro discografico descrivi la vita di Ruggero Grava: chi è? «È la storia di un eroe sfortunato. Nacque a Claut nel 1929 e lo battezzarono con lo strano nome “Revelli”. Emigrò in Francia e si distinse subito nel campo sportivo, ottenendo molti riconoscimenti da calciatore. Fu ingaggiato da diverse squadre e con il C.O.R.T. vinse il titolo di campione di Francia. Il Grande Torino lo acquistò e purtroppo Revelli morì assieme a tutta la squadra nel disastro di Superga nel 1949. Sua sorella Odille (94 anni) mi ha chiamato dalla Francia per ringraziarmi e mi ha detto che la morte di Ruggero ha segnato indelebilmente il destino della loro famiglia, nata sotto una “cattiva stella”. Cantare “Revelli” al Festival internazionale Suns Europe al Teatro Giovanni da Udine lo scorso dicembre per me è stata una soddisfazione unica e irripetibile». Soffermiamoci sul rapporto con la parlata della Valcellina: com’è nata l’idea di musicare le storie della tua gente? «Truòisparìs è un atto di amore per la mia terra e parla della Valcellina attraverso i suoi artisti più importanti. Ho cominciato a scrivere in clautano da alcuni anni, scoprendo che sono più vero quando scrivo in dialetto, perché parlo di ciò che conosco bene. L’italiano è un po’ troppo sofisticato per il mio carattere, anche se sono orgoglioso di aver scritto Nel giro di uno sguardo, pubblicato sul mio primo cd Incuintretimp». Due uomini di parola è uno spettacolo con Mauro Corona e Luigi Maieron con la presenza di Franco Giordani. Un trio niente male con una comicità surreale e spiazzante, dai ritmi veloci. «Il primo spettacolo di Due uomini di parola lo organizzai personalmente a Bottenicco, dove abito da ormai 20 anni. Fu difficile trascinare Mauro a Moimacco, mi aiutò anche il mio amico ertano Mosè. L’unione tra il pensiero originale e anticonformista di Mauro e la poesia di Gigi emozionò tantissimo e diede il via a una serie di spettacoli che in seguito coinvolsero anche Toni Capuozzo. Abbiamo girato mezza Italia e ci siamo divertiti un sacco». Un aneddoto su Mauro Corona? «Ho sempre ammirato Mauro, è un uomo molto generoso. Lo ringrazierò sempre per avermi donato un racconto dedicato al musicante Bepi Manarin che è stato pubblicato nel mio Truòisparìs. Avrei tanti aneddoti divertenti da raccontare, ma ne scelgo uno “serio”. Giungemmo alla Fiera di Milano per uno spettacolo e Mauro, abituato ai silenzi dei suoi
Sopra, Giordani assieme a Mauro Corona (ph. Mosè Corona). Sotto, l’artista durante un concerto (ph. R. Bostiancich).
boschi, continuava a ripetere: “Io non abiterei mai in una grande città”. Passò al nostro fianco un signore, ben vestito, che camminava sul marciapiede. Indossava pantaloni di colore arancione e scarpe a punta. Mauro lo osservò a lungo dal finestrino e poi disse: “Guarda quello, con quelle barghèsse (pantaloni). Avrà una famiglia? Dove starà andando?”». Con Luigi Maieron c’è un grande rapporto di amicizia. A breve uscirà il suo nuovo album: a lui cosa diresti? «Grazie Gigi per tutti i concerti, per le discussioni sulla musica e per i consigli che mi hai dato. Uno su tutti: mai accontentarsi di un testo, di una linea melodica, pretendere da sé stessi sempre il meglio dal punto di vista artistico». Siamo arrivati alla conclusione. Può svelare ai nostri lettori i suoi prossimi impegni? «Truòisparìs mi sta regalando tantissime soddisfazioni, ho diversi contatti per futuri concerti e questo mi fa molto piacere. Chi è interessato può seguirmi su facebook e sul mio sito www.francogiordani.com. Vi ringrazio molto per lo spazio che mi avete concesso. Mandi, o meglio, detto alla clautana, Sani!» Michele Tomaselli
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PERSONAGGI
TIZIANO COSSETTINI Intervista di Andrea Doncovio Immagini di Daniela Franz
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Ridere
è una cosa seria Chiamò una compagnia teatrale a esibirsi nel suo comune. All’arrivo si scoprì che mancava un attore. E quando chiesero se c’era qualcuno disposto a sostituirlo, lui si fece avanti. Trasformando la sua passione in realtà.
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Ci sono opportunità che possono cambiare in un attimo la direzione della propria vita. Tiziano Cossettini, classe 1962 di Mels di Colloredo di Monte Albano, la sua non l’ha fatta sfuggire. E così da vent’anni, pur mantenendo il proprio impiego all’interno di un’azienda che realizza protesi, calca i palcoscenici di tutta la regione alternando recitazioni in divertenti commedie con interpretazioni in esilaranti cabaret. Con una predilezione mai celata per la lingua friulana.
con l’incontro con la compagnia teatrale di Ragogna». Quando si dice destino… «All’epoca facevo parte della Pro Loco del mio comune e chiamammo la compagnia di Ragogna a fare uno spettacolo. Casualità volle che a loro mancasse un componente e chiesero se c’era qualcu-
Tiziano Cossettini, partiamo dall’inizio: quando è nata la sua passione per il teatro? «La passione è sempre stata dentro di me. Se rivolgo i miei pensieri al passato mi accorgo che fin da piccolo ogni occasione era buona per fare teatro. Certamente non in maniera ortodossa, ma i carnevali, le feste fra amici, le sagre paesane diventavano spunto per inventare piccole storie che si tramutavano poi in vivaci rappresentazioni. La svolta, comunque, avvenne nel 1998 In alto, Tiziano Cossettini nei panni di Osvaldo emigrant Frances. A fianco, Cossettini mentre interpreta Tizzy el sfigat. |
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no che poteva sostituirlo. Ovviamente presi la palla al balzo: la recita andò così bene che da allora sono molto orgoglioso di fare ancora parte di questa compagnia». Quando ha capito che la recitazione sarebbe stata qualcosa di più di una semplice passione? «Quando sono salito per la prima volta su un vero palcoscenico mi sono sentito a mio agio. Non è presunzione, intendo dire che quelle sensazioni e vibrazioni che si provano prima di salire sul proscenio tipo palpitazioni, adrenalina, tensioni, mi trasmettono una energia positiva anziché il contrario. Poi quando si riesce a instaurare un canale intenso di comunicazione con il pubblico tutto diventa straordinario». Non solo recitazione: tra le sue performance spicca anche il cabaret. Tra le due qual è a suo avviso la più difficile? Cossettini nei panni di Ricchetto
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«Nel contesto del cabaret mi defi nirei un buon apprendista, e come direbbe un tipico friulano “mi rangi”. Per quanto riguarda la difficoltà, sono due cose diverse: io vedo la recitazione come più costanza, dedizione, il cabaret invece è più improvvisazione, sregolatezza; una è più studio, l’altra più genialità; partono entrambe però da medesime origini». Qual è il segreto per riuscire a far ridere la gente? «Il ritmo, il tempo esatto della battuta, la mimica, il movimento del corpo, tutto ciò è essenziale se sorretto da un buon copione. L’ingrediente più importante però è essere il personaggio che racconti. Il bello del teatro è che sei in diretta e il pubblico non lo inganni: si accorge subito se credi a quello che stai raccontando oppure fingi». L’efficacia della comicità è spesso legata al suo rapporto con l’attualità e la quotidianità. Vale così anche per Tiziano Cossettini? «Direi di sì. Solo attraverso un fi lo diretto con il nostro vivere quotidiano la comicità si sviluppa in maniera fluida ed è facilmente intuibile e assimilabile anche dal pubblico. Se si vuole coinvolgere emotivamente lo spettatore bisogna per forza di cose estrapolare concetti, situazioni, aneddoti che facciano parte del nostro modo di vivere. Poi per fortuna dei comici, nonostante la società tenda a omologarsi, guardando i comportamenti umani abbiamo ancora tanto lavoro da svolgere...» Dall’interpretazione ai testi: da cosa prende spunto per scrivere il copione di uno spettacolo? «Molte volte sono intuizioni legate al mio mondo. Può accadere di andare al bar ed essere testimone di fatti, battute che aprono scenari inimmaginabili, altre volte possono essere delle letture oppure esclusivamente l’osservazione di certi avvenimenti di cronaca e la loro trasformazione in chiave comica». Tra gli spettacoli messi in scena finora a quale è più legato? «Li amo un po’ tutti. Se dovessi scegliere, sono molto legato alla commedia “Pui di là che di ca” messa in scena con la compagnia teatrale di Ragogna. Prendendo spunto dalla letteratura, per l’idea della vendita dell’anima al diavolo, abbiamo creato la storia di un scrittore imbroglione che come Dante passa nell’aldilà e viene conteso tra inferno e paradiso. Dopo varie rocambolesche avventure riesce a ritornare nel mondo dei vivi dove crede di poter gabbare anche il diavolo. Il finale ovviamente è a sorpresa. Con questa commedia ho avuto anche un riconoscimento da parte dell’associazione teatrale friulana».
Lei ha collaborato e collabora tutt’ora con numerosi artisti del territorio: con chi di loro ha un rapporto più forte? «Ho avuto la fortuna di conoscere Claudio Moretti, con lui mi sono avvicinato per la prima volta al mondo del cabaret. Nel tempo la collaborazione e il rapporto di stima si è consolidato ed è diventato anche di amicizia. È un professionista serio e capace da cui si può apprendere molto. Anche con Caterina Tomasulo c’è una forte convergenza e un’amicizia nata parecchi anni or sono. Poi ci sono tutti gli attori della compagnia di Ragogna tra cui Pauli Nauli, con il quale assieme alla Tomasulo formiamo il trio Patocos. Ci sono stati momenti di collaborazione anche con Di Pauli e Pecile, i geniali ideatori di Felici ma Furlans e Tacons, poi Luca Ferri di Anathema teatro e ultimamente ho avuto modo di collaborare e di apprezzare anche i Trigeminus». A proposito di colleghi: c’è un attore o un comico a cui si ispira? «Ve ne sono che mi piacciono molto a livello nazionale e anche nel nostro panorama friulano, ma devo dire che non mi sono mai ispirato a questo o quello. Ritengo importante cercare di essere originale. Ognuno porta dentro di sé caratteristiche uniche che rischiano di essere tradite se non si rimane se stessi». Continuiamo a parlare di territorio, nei suoi spettacoli la lingua friulana è un caposaldo. È più facile far ridere in italiano o in friulano? «La lingua friulana per me è la sorgente, è quella che sgorga per prima. Mi viene naturale la battuta in friulano. La lingua friulana è la lingua del popolo, è vivace, divertente, ha delle espressioni che in italiano diventano quasi intraducibili. Ovviamente mi capita di recitare in italiano e mi fa piacere, anche perché la nostra lingua nazionale dà la possibilità di avere un pubblico più vasto». Qual è il segreto per fare in modo che la propria comicità sia sempre originale e mai ripetitiva? «Cercare di rinnovarsi, avere voglia di scoprire modalità nuove. Nel teatro c’è sempre da imparare: per questo è importante avere un atteggiamento curioso, essere attento ai particolari, vedere alle volte le cose in modo semplice, quasi con occhi da bambino. E poi perfezionarsi ed essere intransigenti con se stessi». Quando si trova davanti agli spettatori quali sono le emozioni che prova Tiziano Cossettini? «Innanzitutto di rispetto per il pubblico. Poi ci sono due fasi: la prima, quasi di tensione adrenalinica, perché dobbiamo ancora conoscerci, ci dobbiamo comprendere, affiatare; poi arriva l’altra,
quella del fluido che scorre, perché il teatro è magia, e allora il pubblico diventa il tuo compagno di viaggio, ci divertiamo assieme in un reciproco scambio di energia». Qual è il complimento che le ha fatto più piacere ricevere? «Quando le persone si complimentano dicendoti che il personaggio interpretato è proprio come loro se lo immaginavano oppure ricorda loro individui che hanno conosciuto. I complimenti che mi fanno però molto piacere sono quando le persone mi ringraziano per aver fatto passare loro un paio d’ore di svago, estraniandole dalle loro preoccupazioni quotidiane. Il teatro è appagante quando capisci che può donare attimi di felicità». Al di fuori del palcoscenico, quali sono le sue altre passioni? «La corsa campestre è una passione che coltivo fin da piccolo; poi i viaggi, la lettura, il cinema, l’astronomia, il calcio. Ma amo trascorrere più tempo che posso con la mia famiglia». Quali sono invece i progetti per il futuro? «Ho scritto la storia di un barbone friulano e con la regia di Luca Ferri lo stiamo mettendo in scena. È una esperienza nuova per me, non tanto perché sarà un monologo ma perché non interpreterò il ruolo in chiave prettamente comica. È una bella sfida con me stesso, faticosa ma al tempo stesso eccitante». Andrea Doncovio Un’interpretazione di nono Berto
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PERSONAGGI
SALVO BARBERA Intervista di Claudio Pizzin
In scena
per caso
A Cervignano del Friuli è attiva una realtà teatrale che accoglie al suo interno giovani e adulti con disabilità intellettive, coinvolgendoli e facendoli diventare protagonisti sul palco. «Il pietismo non fa altro che soffocarli, noi vogliamo far emergere i loro talenti». Il fondatore del gruppo confida come tutto ha avuto inizio.
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Salvo Barbera, come è nata l’idea di creare il gruppo teatrale “In scena per caso”? «È nata ovviamente un po’… per caso. Faccio teatro da quando avevo 15 anni e mi è sempre piaciuto molto. Mio fratello Luigi è morto all’età di 19 anni a causa della leucemia: l’ho perso troppo presto. Era affetto da Sindrome di Down, quindi disabile. Nonostante il tempo passasse, ogni persona con disabilità che incontravo mi ricordava proprio Luigi. Così ho capito che dovevo far vivere in me ancor di più il suo ricordo, ma non solo: dovevo trovare qualcosa che desse la
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possibilità di far emergere queste persone affette da disabilità...» L’occasione si concretizzò nel 2015. «Pensai di usare proprio il teatro come strumento per questa missione. Da qui nacque l’idea di creare un gruppo teatrale in cui vi facessero parte sia ragazzi diversamente abili che normo dotati». La risposta delle persone coinvolte com’è stata? «Tanto entusiasmo, tanta disponibilità e tanta voglia di mettersi in gioco. Ringrazierò sempre il Ricreatorio San Michele di Cervignano del Friuli, e in particolare il presidente di allora Andrea Doncovio, per avermi dato fiducia quando ho presentato questo progetto». Attualmente quante persone collaborano a vario titolo nell’attività del gruppo? «Nell’ultimo spettacolo messo in scena a dicembre e gennaio sono state coinvolte circa 40 persone. La rappresentazione, ovviamente, è solo il momento culminante di un’attività molto intensa: due sere la settimana, il martedì e il giovedì, ci incontriamo incontriamo infatti in Ricreatorio per provare. Ogni prova dura circa un’ora e mezza». Qual è il segreto per riuscire a coordinare un gruppo così eterogeneo? «Penso la pazienza, la disponibilità e l’impegno da parte di tutti. È importante remare nella stes-
Pagina accanto in basso, primo piano di Salvo Barbera; in apertura, Barbera, 33 anni, assieme a una delle attrici. In questa pagina a destra, il gruppo durante una delle rappresentazioni messe in scena lo scorso Natale. Sotto, Barbera assieme ad alcuni degli attori.
sa direzione: solo insieme si raggiungono i risultati prefissati». Com’è il rapporto tra i diversi componenti all’interno del gruppo? «Il rapporto è molto buono, in qualche caso è diventato addirittura fraterno. Stimo tutti tantissimo e voglio loro molto bene. Penso si sia creato in molti di noi un bel rapporto d’amicizia. Io qui ho trovato anche la ragazza...» Come avviene il coinvolgimento attivo dei ragazzi “speciali”? «Esattamente come avviene il coinvolgimento delle persone normo dotate. Il resto lo aggiungono loro, mettendoci un impegno davvero sfrenato. L’attività teatrale influisce positivamente sul loro percorso di crescita: abbiamo ragazzi più felici, più sicuri di se stessi. E questo per noi è il riconoscimento più grande che possiamo ottenere: la loro felicità». Quali sono le principali criticità da affrontare nel rapporto con loro? «Ogni caso è a sé, ognuno ha il proprio carattere. Bisogna solo accettare: a volte la comunicazione diventa difficoltosa e in alcuni casi ci si affida all’istinto. Ma il loro sorriso, il loro impegno e la loro gratitudine abbattono ogni cosa. Penso al luccichio dei loro occhi quando ti osservano: difficile che una persona normo dotata ti guardi così». Nel corso del tempo gli “In scena per caso” hanno potuto fare affidamento sulla collaborazione crescente di istituzioni, associazioni e altri volontari: da cosa nasce a suo avviso questo ampio coinvolgimento? «Credo che attorno a noi si stia creando una sorta di simpatia, curiosità e apprezzamento per quello che facciamo. Probabilmente essere umili alla lunga paga». Se le offrissero risorse da destinare a questo progetto, su quale ambito le investirebbe? «Il problema dei fondi non si è mai posto fino ad ora. Tra il Ricreatorio San Michele che ci sostiene, tra le istituzioni e tra le offerte volontarie siamo riusciti sempre nel nostro intento di devolvere denaro a chi ha bisogno». Quali saranno i prossimi impegni del gruppo? «Adesso stiamo lavorando su un progetto dal titolo Capelli lunghi: il tema è il bullismo omofobo. Dopo di che cercheremo di capire se portare in sce-
Per chi desiderasse ulteriori informazioni sull’attività del gruppo teatrale “In scena per caso” è possibile contattare il Ricreatorio San Michele di Cervignano del Friuli (telefono segreteria 0431 35233 – www.ricre.org)
na in altri luoghi le repliche degli spettacoli già allestiti, oppure iniziare con un nuovo progetto che ho in mente». Lei sottolinea sempre l’importanza di evitare atteggiamenti di pietismo nei confronti delle persone con disabilità: cosa intende in concreto? «“Poverino”, “che pena mi fa” e via discorrendo. Non è cattiveria, in molti casi magari si vuole essere solidali, ma questo è un modo che non fa crescere le persone diversamente abili. Loro, come tutti, hanno i propri pregi e attraverso la sensibilità bisogna farli emergere. Il pietismo, invece, non fa altro che soffocarli». Claudio Pizzin
Realtà sostenute
In questi anni di attività, grazie alle offerte raccolte durante le diverse rappresentazioni, il gruppo “In scena per caso” ha sostenuto numerose realtà che operano in favore delle persone meno fortunate. Tra loro: ADMO - Associazione Donatori Midollo Osseo, ADO - Associazione Donatori di Organi, AFDS – Associazione Friulana Donatori di Sangue, AGMEN - Associazione Genitori Malati Emopatici Neoplastici, Caldo Natale. |
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www.vocidicitta.it
S E PA R A Z I O N I E D I V O R Z I
Assegno di mantenimento: D I R I T T O
quando e quanto?
Rubrica a cura di Massimiliano Sinacori
In sede di separazione resta valido il parametro del tenore di vita. Tutto cambia al momento del divorzio. Ecco come.
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Ne parlavano tutti i tabloids in relazione alla vicenda che vedeva protagonisti un noto ex premier e sua moglie; anche se in realtà, ciò che suscitava una simpatica incredulità erano le cifre milionarie oggetto del contendere. Ma che cos’è l’assegno di mantenimento e quando va corrisposto? L’assegno di mantenimento è un’obbligazione in favore del coniuge che, per ragioni obiettive quali la non addebitabilità della separazione e l’assenza di redditi propri, non può mantenere lo stesso tenore di vita goduto in costanza di matrimonio. Esso consiste, dunque, nella corresponsione da parte dell’altro coniuge, e nei limiti delle proprie capacità economiche, di una somma periodica che consenta al coniuge patrimonialmente più debole di godere di uno standard di vita, benessere e capacità di spesa analogo a quello che avrebbe avuto tenuto conto del complesso delle risorse economiche di entrambi i coniugi. |
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L’assegno di mantenimento non va confuso con l’assegno alimentare, previsto dall’art. 433 c.c. Infatti, mentre il primo consiste nella prestazione di tutto quanto è necessario per la conservazione del tenore di vita matrimoniale e spetta al coniuge che non abbia avuto responsabilità nella separazione e che non disponga di mezzi sufficienti per le predette esigenze, il secondo presuppone, invece, uno stato di totale assenza di mezzi di sostentamento. L’obbligazione di mantenimento e quella alimentare differiscono, quindi, sia nei presupposti che negli scopi perseguiti: l’assegno di mantenimento va a garantire lo stesso tenore di vita goduto in costanza di matrimonio, mentre quello alimentare garantisce il mero sostentamento dell’alimentando. L’obbligo di mantenimento deriva dal più generale obbligo di assistenza morale e materiale reciproca in capo ai coniugi ed è stabilito dall’art. 143 del Codice Civile; norma che, a sua volta, trova fondamento a livel-
lo costituzionale sia nell’art. 2 che riconosce e tutela i diritti fondamentali dell’uomo in tutte le sue espressioni, sia nell’art. 29 che garantisce e riconosce i diritti e l’unità famigliare. Peraltro, com’è noto, con la separazione il vincolo matrimoniale non viene sciolto, bensì “sospeso” fino a che non interviene la sentenza di divorzio, ovvero la riconciliazione dei coniugi. Durante questo periodo, obblighi quali il dovere di fedeltà e di convivenza sono sospesi, mentre resta operante fino al passaggio in giudicato della sentenza di divorzio quello di assistenza morale e materiale, ciò in quanto il legame coniugale conserva comunque la sua efficacia anche in ipotesi di separazione. I parametri in base ai quali il giudice determina l’importo da corrispondere al coniuge beneficiario a titolo di assegno di mantenimento sono genericamente beneficiati dalla legge. L’art. 156, comma 2 del Codice Civile prevede che l’entità di tale somministrazione sia determinata in relazione alle circostanze e ai redditi dell’obbligato. A livello giurisprudenziale, e per dare contenuto alla prescrizione normativa citata, è stato introdotto il concetto di “tenore di vita”, inteso quale situazione condizionante la qualità e la quantità delle esigenze del richiedente e pertanto diventa un elemento indispensabile al fine della valutazione sulla congruità dell’assegno. In altre parole, il giudice è chiamato a valutare, caso per caso, non solo quanto emerge dai redditi prodotti dai coniugi, ma anche ogni altra utilità, attitudine al lavoro o capacità economica suscettibile di valutazione economica (così Cass. Civ, sez. I, n. 3502/2013). Ciononostante, si tratta di un parametro di valutazione del quale si tiene conto solo in fase di separazione. Infatti, con riferimento all’assegno riconosciuto al coniuge beneficiario in sede di divorzio, e quindi in una fase successiva alla separazione, la Corte di Cassazione, con sentenza del 10 maggio 2017 n. 11504, ha stabilito che il dirit-
to all’assegno divorzile, previsto dalla legge 898/1970, non possa essere riconosciuto, e quindi parametrato, sulla base del tenore di vita matrimoniale. Una decisione che si giustifica invocando da una parte il principio di autoresponsabilità economica e dall’altra sul fatto che il divorzio dovrebbe rescindere ogni legame con il precedente vincolo matrimoniale. Pertanto, l’assegno divorzile spetterà soltanto all’ex coniuge che non abbia i mezzi adeguati e che dimostri di essere nell’impossibilità oggettiva di procurarseli, per poter essere economicamente indipendente. Da tali considerazioni è altamente probabile aspettarsi il seguente corollario: il divorzio verrà promosso celermente dalla parte che riterrà di giovarsi di una modifica favorevole dell’assegno di mantenimento che, come abbiamo visto, è quantificato tenendo conto di presupposti diversi nella separazione e nel divorzio.
Massimiliano Sinacori Per approfondimenti ed esame di alcune pronunce e della casistica in materia è possibile rivolgere domande od ottenere chiarimenti via e-mail all’indirizzo: massimiliano@avvocatosinacori.com |
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sheknows.com
STRADE E SICUREZZA
Rubrica a cura della Polizia di Stato della Provincia di Gorizia
P O L I Z I A D I S TA T O
Nella giusta direzione Anche in Friuli Venezia Giulia, come nel resto d’Italia, negli ultimi anni sono diminuiti gli incidenti stradali con esiti mortali. Dati positivi frutto di un insieme di fattori. Ma che necessitano di ulteriori sforzi nell’ambito della prevenzione. Da anni il fenomeno dell’infortunisti- ne – 31.111 a fronte delle 54.355 vittime regica stradale viene seguito con particola- strate nel 2001. re attenzione dall’Unione Europea. I coL’Italia, nel medesimo periodo, registrava un sti sociali degli incidenti stradali, infat- risultato in linea con quello europeo, registranti quantificano gli oneri economici che, do nello stesso decennio una riduzione della a diverso titolo, gravano sulla società a mortalità per incidenti stradali del 42,4%. La seguito delle conseguenze di un inci- Provincia di Gorizia evidenziava nel periodo un dente stradale. Nel 2016, il costo dell’in- risultato migliore di quelli nazionale ed eurocidentalità con danni alle persone è sta- peo: -66,66%. to stimato in circa 17,4 miliardi di euro Confortata dal positivo bilancio l’Unione euper l’intero territorio nazionale (286,80 ropea riconfermava l’obiettivo della riduzione euro pro capite) e in circa 334 milioni di del 50% nel decennio successivo (2011-2020) euro (274 euro pro capite) in Friuli Vene- e l’abbattimento della mortalità sempre dello zia Giulia; la nostra regione incide per stesso valore. l’1,9% sul totale nazionale. In Italia l’andamento del fenomeno è stato Da qui l’obiettivo, fissato nel cosiddet- del tutto in linea con i dati europei, tant’è che i to Libro Bianco del 13 settembre 2001, valori sono in costante calo. di ridurre la mortalità negli incidenti straAndando a valutare l’andamento del fenomedali del 50% entro il 2010 e quello, fis- no infortunistico nel periodo più recente (l’ultimo sato nell’analogo documento posteriore anno di cui abbiamo i dati certificati dall’ISTAT è di un decennio, di ridurre di un ulterio- il 2016) si evidenzia una sostanziale situazione re 50% nel periodo 2011-2020 il nume- di stasi per quanto riguarda l’intero territorio naro dei morti e dei feriti a seguito di inci- zionale, mentre si registra, per quel che riguardenti stradali. da il Friuli Venezia Giulia, una sostanziale dimiNel primo periodo esaminato la cam- nuzione dei dati relativi sia al numero dei sinistri pagna di sensibilizzazione (e non solo) e sia al numero dei morti e dei feriti (riferimensull’argomento diramata ai paesi mem- to 2015 e 2016). Nel 2015 gli incidenti stradabri dell’Unione, pur non raggiungen- li in Italia sono stati 174.539, il numero dei mordo l’obiettivo prefissato, aveva marcato ti 3.428 e il numero dei feriti è stato di 246.920. un ottimo -42,8%: infatti, le persone deDistrazioni al volante e alta velocità risulcedute a seguito di sinistri stradali nel tano essere le cause principali degli incidenti 2010 risultavano essere – in tutta l’Unio- con esiti mortali. 40
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Quale categoria di utenti della strada de- dente calo del numero dei morti (dai 34 di inicede – in Italia – a seguito di un sinistro stra- zio millennio ai 9 del 2016). dale? Il grafico che segue ci dà alcune valiAnche per il 2017 l’andamento è più che ottide risposte: male in quanto (i dati sono ancora in via di definizione) il numero degli incidenti stradali mortali – per quel che riguarda la provincia di Gorizia – è inferiore alle cinque unità. Bisogna doverosamente evidenziare che – stando ai dati in possesso alla Polizia Stradale di Gorizia – praticamente il 30% degli incidenti stradali è provocato dal mancato rispetto delle norme relative agli articoli 141 e 142 del Codice della Strada (ovvero dalle norme riguardanti l’eccesso di velocità) e relative all’articolo 186 sempre del CdS (relativo alla guida in stato di ebbrezza alcolica). Questo Anche la regione “Friuli Venezia Giulia” ha ot- è un dato consistente, e fa parecchio riflettetenuto dei dati confortanti, seguendo fortunata- re sul fatto che la prevenzione e repressione mente in maniera speculare – in termini numerici delle condotte di guida non rispettose di det– l’andamento nazionale del fenomeno. Nel 2016 ti articoli sia elemento cruciale per aumentare si sono verificati in Friuli-Venezia Giulia 3.455 in- la sicurezza sulle nostre strade. Questo sarà cidenti stradali, che hanno causato la morte di 67 senz’altro uno dei prossimi obiettivi che si dopersone e il ferimento di altre 4.630. Rispetto al vrà – in concorso con le altre forze di polizia 2015, diminuisce il numero di vittime della strada – cercare di raggiungere nel più breve tem(-4,3%), in linea con la variazione rilevata nell’in- po possibile. Risultati così buoni sono stati ottenuti intertero Paese (-4,2%); in diminuzione anche gli incidenti (-2,4%) e i feriti (-2,1%), in controtendenza venendo su differenti fronti, coinvolgendo una con la media nazionale (rispettivamente +0,7% pluralità di settori e soggetti, dall’utente delle e +0,9%). Giova precisare che l’ISTAT esamina infrastrutture sociali agli enti gestori o propriesolo i dati relativi agli incidenti stradali mortali e tari delle stesse, educando e sensibilizzando con feriti, considerando gli incidenti stradali con gli utenti al rispetto delle regole della circolasolo danni a cose eventi minori per cui non meri- zione stradale, in un contesto di costante miglioramento delle infrastrutture viarie e di un tori di analisi approfondite. Stringendo sempre più il cerchio dell’analisi parallelo inasprimento delle sanzioni per i tracambiamo il target, sino ad arrivare all’analisi sgressori. del fenomeno nella provincia di Gorizia. Trattandosi di piccoli numeri non abbiamo la per- Ispettore Superiore SUPS Ezio Scocco cezione dell’andamento generale del fenomePolizia Stradale Gorizia no, ma comunque si può notare lo stesso l’eviINCIDENTI STRADALI, MORTI E FERITI PER PROVINCIA, FRIULI VENEZIA GIULIA. Anni 2016 e 2015, valori assoluti e variazioni percentuali
PROVINCE Udine
2016
2015
Variazioni % 2016/2015
Incidenti
Morti
Feriti
Incidenti
Morti
Feriti
Incidenti
Morti
Feriti
1.327
30
1.860
1.291
33
1.813
2,8
-9,1
2,6
Gorizia
456
7
616
328
7
515
20,4
0,0
19,6
Trieste
952
9
1.190
1.062
7
1.340
-10,4
28,6
-12,2
Pordenone Friuli Venezia Giulia Italia
710
21
964
798
23
1.059
-11,0
-8,7
-9,0
3.455
67
4.630
3.538
70
4.727
-2,4
-4,3
0,9
3.283 249.175
174.539
3.428 245.920
0,7
-4,2
0,9
175.791
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Paura. Ma di cosa?
pixabay.com
NUOVE ANSIE
Sono in costante aumento i casi di persone che si presentano dagli operatori sanitari con sintomi di distress. Specchio emblematico di una società in cui l’individuo si trova sempre più a disagio.
Rubrica a cura di Andrea Fiore
S O C I E T À
Per affrontare il nostro ragionamento questa volta dobbiamo partire dalla chiarezza terminologica e, conseguentemente, dei significati. Condizione che, come vedremo, è spesso assai nebulosa tra i soggetti interessati. La parola chiave da cui iniziare è distress, termine che rappresenta l’aspetto negativo dello stress: una sorta di stato avversivo in cui la persona coinvolta non è in grado di adattarsi completamente ai fattori di stress, mostrando comportamenti disadattivi. E in una società sempre più competitiva, dall’evoluzione rapida e caotica come la nostra, il fenomeno sopra descritto apre scenari complessi e di non semplice soluzione.
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Sto male e so perché. Ma… La richiesta di prestazioni sempre più intense nei diversi ambiti della vita, da quello lavorativo a quello famigliare, sta provocando un aumento vertiginoso dei casi di ansia tra le persone, in particolare adulti e anziani, mentre i giovani sembrano evidenziare maggiori capacità di adattamento. Mobbing, reazioni di panico, disturbi postraumatici da stress: le nuove forme di patologie variano in conseguenza ai casi, ma sono tutte di carattere secondario. In pratica, sono provocate da altri fattori, il più delle volte – e qui risiede il paradosso – già conosciuti dalle persone che ne soffrono. In molti, infatti, si presentano da medici e specialisti spiegando quale secondo loro sia la causa del proprio malessere e chiedendo una solu|
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zione. Quasi ritenendo il dottore uno shamano con la bacchetta magica (o, meglio, con il farmaco magico) per risolvere in pochi giorni tutti i loro problemi. Il rapporto umano prima di tutto Trovarsi di fronte un paziente che, in breve sintesi, afferma “so che sto male ma non posso farci niente” è uno dei contesti più complicati per qualsiasi specialista, perché riduce l’efficacia del proprio campo di azione. Se poi la gran parte delle depressioni secondarie sono legate a determinati eventi o situazioni non modificabili, anche l’eventuale ricorso ai farmaci per affrontare il problema sarebbe scarsamente efficace. Un esempio può aiutarci a chiarire: se lo stato di ansia di una persona è provocato da episodi di mobbing sul posto di lavoro, finché non cambierà quella situazione sarà molto difficile intervenire in maniera proficua. Ecco che allora la parola di un medico può essere più importante e positiva dell’effetto di un farmaco. Un aspetto talvolta non preso in adeguata considerazione dagli specialisti: scrivere al computer, rispondere al telefono o addirittura sbadigliare mentre un paziente in difficoltà comunica il suo disagio sono atteggiamenti da evitare assolutamente. Anche perché di fronte, più che una persona ammalata, potrebbe trovarsi una persona spaventata. Ansia o paura? Come avvenuto in apertura, torniamo a ragionare sul significato dei termini. Se è vero che il farmaco più usato al mondo è l’ansiolitico e, conseguentemente, l’ansia è uno dei principali mali che colpisce le persone della nostra società, cosa si intende per ansia?
In estrema sintesi è la paura senza oggetto, ovvero non so di cosa ho paura, ma ho paura. Tuttavia, nei casi descritti in precedenza e argomento della nostra riflessione le persone sono ben consce di cosa hanno paura. Possiamo ancora quindi definirla ansia? La risposta è no perché, molto più semplicemente, se so di cosa ho paura, la mia non è ansia ma per l’appunto… paura. Medicina o sociologia? Quando una persona si presenta dal medico affermando di essere triste e angosciata perché sta per essere licenziata, quali strumenti ha a disposizione il medico per cambiare le cose? Una domanda provocatoria, ma al tempo stesso concreta. Dal punto di vista logico, ancor prima che clinico, nel caso specifico l’angoscia è provocata dal timore di perdere il lavoro. La soluzione più efficace – per restare nel paradosso – sarebbe che il medico potesse convincere il datore di lavoro del paziente a non licenziarlo. Questo per spiegare come, nei contesti di distress, di ansie e paure, continuano ad aumentare verso i medici richieste che poco hanno a che fare con il contesto sanitario, bensì correlate principalmente all’evoluzione sociale. Ma proprio perché l’evoluzione sociale tende a emarginare le persone in difficoltà, quando queste si presentano da noi medici è fondamentale garantire loro ascolto, accoglienza ed empatia. Spesso, rimedi più efficaci di qualsiasi farmaco.
dott. Andrea Fiore
Medico delle Farmaco-Tossicodipendenze, psichiatra andrea.fiore@imagazine.it
Rubrica di Cristian Vecchiet
P E D A G O G I A
insurzine.com
PERSONE E LINGUAGGIO
La ragione della parola L’uomo è un animale connotato dalla possibilità di dialogare. La sua capacità linguistica coinvolge tutta la propria identità. Ecco perché evitate termini volgari e violenti non è solo una questione di bon ton. A caratterizzare l’uomo non vi sono soltanto la sua ragione, la sua capacità relazionale, la sua volontà… vi è anche il linguaggio. L’uomo è un animale dotato di parola. È l’unico animale capace di esprimersi, dialogare e costruire relazioni attraverso il linguaggio anche propriamente verbale. È interessante notare che il termine greco logos significa sia ragione che parola. Quasi a dire che senza la parola non vi è ragione e senza ragione non si può avere vera e propria comunicazione. Senza dimenticare che il termine logos deriva da léghein, che vuol dire “raccogliere”, “mettere insieme”. La parola, come la ragione, esprime la capacità di connettere e di costruire legami. Non solo. C’è qualcosa di ancora più interessante. L’uomo non è dotato di parola nel senso che possiede tra le diverse facoltà anche quella di parlare. L’uomo è radicalmente un animale connotato dalla capacità di dialogare. La sua capacità linguistica coinvolge tutta la propria identità di uomo. L’uomo è impastato di parola. L’uomo in un certo senso è parola, perché senza di essa cesserebbe di essere quello che è in tutte le sue dimensioni. Basti pensare che 44
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senza il linguaggio l’uomo non sarebbe capace di pensare e di costruire relazioni. Ma cosa implica il fatto che l’uomo sia dotato di parola? Il linguaggio è in fondo l’espressione dell’interpretazione che diamo al mondo e a noi stessi. Le parole indicano la nostra realtà, le sue sfaccettature e il modo in cui in essa viviamo. Fin negli aspetti più semplici. Com’è risaputo chi vive in mezzo al deserto ha diverse parole per esprimere i differenti tipi di deserto e chi vive in mezzo al ghiaccio distingue tra diverse forme di ghiaccio. Nel nostro immaginario, invece, il deserto è semplicemente deserto e il ghiaccio solamente ghiaccio… Di più, l’articolazione linguistica con la morfologia e la sintassi offre un vero bagaglio di categorie e di strumenti con cui leggere la realtà. Certamente il linguaggio non è solo quello verbale ma anche il non verbale. La parola in un certo senso va al di là di se stessa e rinvia a un mondo che non può esaurire. Potremmo dire che tutta la persona è linguaggio. Eppure a definire un senso più ampio contribuisce indubbiamente anche il linguaggio verbale con le sue stratificazioni e sedimentazioni. La lingua è sempre una “lingua pensiero”.
Quando nasciamo impariamo a vivere anche grazie al linguaggio che ci viene insegnato. Esso contiene la cultura della comunità entro cui veniamo al mondo e il deposito della tradizione, della storia di quel mondo di relazioni. Ciò che noi avvertiamo sul piano degli istinti, delle emozioni, dei pensieri iniziamo a esprimerlo attraverso il linguaggio che ci viene trasmesso. Crescendo impariamo per lo più inconsapevolmente a leggere la realtà in un modo determinato, a dare valore a certe cose, a rispondere alle esigenze che avvertiamo in un certo modo. E tutto questo anche grazie al linguaggio. Certo, poi ognuno di noi contribuisce a modificare il linguaggio. Ma esso rimane innanzitutto una eredità che ci viene consegnata. Il linguaggio è il deposito articolato di significati. Il linguaggio è la lettura che diamo di noi stessi e degli altri. Non solo. Esso è lo strumentario interpretativo. Noi guardiamo alla realtà mediante la parola, mediante le strutture del linguaggio. Il linguaggio esprime e simboleggia in fondo un’alleanza e una promessa. È l’alleanza tra le persone della comunità in cui nasciamo perché esprime le risposte che loro hanno dato alle esigenze che hanno avvertito. È una promessa perché in fondo incarna il senso per il quale vale la pena vivere. Come si vede il linguaggio è sì comunicazione ma è anche molto di più. Il linguaggio è significato, ragionamento e forse ancor prima relazione e legame. In altre parole il linguaggio esprime la modalità di appartenenza a un mondo sociale, a una comunità. Ovvero il linguaggio è identità. Più precisamente una identità comunitaria. Il linguaggio esprime sempre un’articolazione condivisa del senso delle cose. Il linguaggio – proprio perché una delle forme di introduzione e di relazione con gli altri, con noi stessi e con la realtà – è anche educazione e formazione. E questo per
molte ragioni. Il linguaggio educa a rappresentare il mondo in un certo modo, a distinguere tra valori e disvalori, a reputare certi valori più importanti di altri. Lo stile del linguaggio anche proprio semplicemente verbale favorisce un certo stile cognitivo, emotivo e comportamentale. In altre parole il linguaggio educa a un certo modo di interpretare il senso della vita e ancor di più a viverla concretamente. È almeno per questi motivi che sarebbe opportuno che tra gli adulti si affinasse la consapevolezza del valore e del potere di influenzamento delle parole e del linguaggio. Un linguaggio ricco favorisce una maggior ricchezza della mappa cognitiva, affettiva e comportamentale. Il linguaggio violento, oltre a essere offensivo e lesivo di per sé, favorisce comportamenti violenti. Il problema del linguaggio volgare non è rappresentato semplicemente dalla mancanza di bon ton. Suggerisce una visione della vita e delle relazioni. Anche se spesso viene utilizzato senza attenzione o per abitudine, esso comunque articola un senso, un modo di vivere i rapporti e di affrontare i diversi ambiti della vita e le diverse situazioni che ci capitano. Chi educa deve essere consapevole che le parole rappresentano uno schema con cui guardare alla realtà, interpretare ed esprimere i propri sentimenti e le proprie emozioni, articolare i propri pensieri, ossia costituisce una mappa di orientamento nella vita. Un’attenzione maggiore rispetto a quanto normalmente si fa potrebbe aiutare a una crescita più equilibrata sia dei giovani che della comunità nel suo insieme.
Cristian Vecchiet
Docente di Teologia dell’Educazione presso l’Istituto Universitario Salesiano di Venezia
VITA E SIGNIFICATI
La volontà di lasciare un’impronta
Rubrica di Manuel Millo
S O C I A L E
La tentazione di essere sopra ogni dove e dominare la natura è sempre latente in ogni essere umano. Ma se è antropologico voler lasciare un proprio segno ai posteri, è fondamentale prima chiedersi perché.
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La testardaggine che guida le nostre azioni nella vita a volte ci porta a buoni risultati ma altre volte lascia un gusto amaro in bocca. Perché? Quale può essere l’errore di fondo? Sant’Ignazio di Loyola, fondatore dell’ordine dei gesuiti, già a metà del XVI secolo aveva compreso che è opportuno guardare alle cose del mondo con una santa indifferenza. Prestiamo attenzione. Non significa essere indifferenti o cinici rispetto alle esperienze del quotidiano. Significa trasformare il punto di vista da una dittatura di egoismo quasi monarchico a una apertura sulle frontiere del rapporto empatico con il prossimo. Perché spesso guidati dall’Ego come impeto di fulminea tempesta, il desiderio di lasciare il segno su questo cammino terreno ci porta verso la prevaricazione del sentimento. Quasi avessimo paura che senza il dominio del fare la nostra esistenza non avesse senso. Intendiamoci, non stiamo parlando di dare spazio all’ozio e a lenti che opacizzano lo sguardo. Stiamo riflettendo su come |
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le azioni possano avere risvolti diversi semplicemente spostando l’orizzonte dell’intenzionalità. Cosa significa? Facciamo un esempio: quante volte avete inesorabilmente investito le vostre forze, a causa di un irrigidimento di pensiero, verso un qualsivoglia obiettivo con risultati claudicanti? Poi invece altre volte, quando si sono presentate delle occasioni e voi semplicemente avete aderito con buon impegno e senza interessi personalistici, quelle situazioni hanno portato frutti considerevoli. Concretamente: per anni avete cercato il vostro compagno di vita ideale senza grandi risultati; poi un giorno, quando avete lasciato ogni tormentoso pensiero, si presenta davanti a voi una persona e senza grandi filosofie ma con la semplicità del cuore cominciate a relazionarvi con sincerità. E guardandovi indietro, quella scelta di vivere la genuinità del momento con tutta la presenza del vostro essere vi ha regalato una splendida famiglia. Alle spalle di questa apparente e cronologica via del mattino soggiacciono moltissime riflessioni filosofiche che viste negli esempi citati condividono quasi una fanciullesca elementarità. Il filosofo Ecatone nel II sec. a.C.
scriveva: “Ti svelerò un filtro amoroso potentissimo, senza unguenti, senza erbe e senza formule magiche: se vuoi essere amato, ama”. Due semplici righe sintetizzano il concetto a monte di ogni esistenza. Estrapolando ciò gustiamo adeguatamente il titolo di oggi: la volontà di lasciare un’impronta. Vogliamo dare senso profondo a questo percorso sulla terra? Per un attimo spogliamoci dalle nostre “passioncelle del quotidiano” (direbbe il poeta David Maria Turoldo), abbattiamo i muri che noi stessi abbiamo costruito, influenzati raffinatamente dai desideri del mercato globale; andiamo oltre. Cosa troveremo? Fate questa esperienza sensibile: il silenzio. Intendo il silenzio orante. Quello in cui i pensieri s’annegano e l’esistenza emerge con tutto il suo impeto. L’esploratore norvegese Erlig Kagge, nel suo ultimo libro intitolato guarda caso Il Silenzio scrive: “Cercare il silenzio. Non per voltare le spalle al mondo, ma per osservarlo e capirlo. Perché il silenzio non è un vuoto inquietante ma l’ascolto dei suoni interiori che abbiamo sopito”. Perché la nostra forza interiore esiste ed è a completa disposizione degli intenti che ci prefiggiamo; l’unico inesorabile dettaglio è che a quelle intenzioni vanno poi aggiunte le relazioni che abbracciano ogni ramo del percorso terreno. E la vita è come un’eco molto profonda: quello che pensi e che compi, e che a volte urli al cielo, ritorna con la stessa forza. Per cui quando parlavamo di santa indifferenza, il messaggio tra le lettere è di accogliere quello che si presenta davanti ai nostri occhi con una rinnovata coscienza sociale: non più per me ma per l’altro, che fuori di me parla di me, direbbe il filosofo Emmanuel Levinas. Perché le sfumature che mi contraddistinguono ma non mi appartengono
a diritto esclusivo, attraverso l’incontro con e nell’altro rivelano la mia interezza. Non tutto quello che fa parte di me può diventare veramente mio senza lo scambio e l’uscita da me. Nel mio prossimo si apre la possibilità non solo di una conoscenza più adeguata del proprio io interiore, ma parte e si sviluppa l’impronta del mio passaggio, non solo terreno. Infatti pensiamo per esempio ai nostri bisnonni: non è detto che li abbiamo toccati con mano eppure la loro impronta è in noi perché il loro essere nel mondo si è trasmesso nei loro figli e nei figli dei loro figli fino ad arrivare a noi. Non conosceremo mai tutto quello che vorremmo conoscere, né eviteremo tutto quello che vorremmo evitare, ma sapere questo principio ci permette di cambiare punto di vista sulla realtà e forse sulla verità delle cose. Vogliamo lasciare un’impronta di noi in questo grande universo? Allora lasciamo prima di tutto che questo universo si riveli e si celi in egual misura a noi, accettando la nostra creaturalità. La tentazione di essere sopra ogni dove e di dominare la natura stessa resterà sempre latente in ogni essere umano. La grande differenza è che siamo e resteremo liberi di scegliere. Vogliamo lasciare un segno? Certo, è parte dell’indirizzo umano. Antropologico. Culturale. Ricordiamo semplicemente perché lo facciamo, altrimenti il rischio è smarrire la via.
Manuel Millo
Membro Onorario AGCI Ass Gen Cooperative Italiane |
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ALLA SCOPERTA DI...
L’IMPERIAL REGIA SOCIETÀ AGRARIA DI GORIZIA Servizio di Renato Duca e Renato Cosma Riprod. fotografica e disegno di Alfio Scarpa
Al servizio dell’agricoltura Sorta nel 1765, fu la seconda realtà del suo genere all’interno dell’Impero asburgico. Un’istituzione che, a cavallo di tre secoli, divenne faro prezioso per lo sviluppo economico e culturale del territorio.
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La Cesarea Regia Società d’Agricoltura delle ‘Principate Contee di Gorizia e Gradisca’, poi I.R. Società Agraria di Gorizia, venne formata per volontà dell’imperatrice Maria Teresa d’Austria (1717-1780) in base a Rescritto del 4 giugno 1765. Essa fu la seconda Società d’Agraria a essere costituita nell’ambito dell’Impero, dopo l’omologa di Klagenfurt (1765) e prima di quelle di Graz (1766), Lubiana (1767) e Trieste (1857). Il merito dell’istituzione di tali strutture in talune regioni della Monarchia - Stiria, Carinzia, Cragno (Carniola) e Tirolo - va riconosciuto a Massimiliano Fremont (Progetto Fremont), un funzionario statale, belga di nascita, direttore delle Fabbriche Regie di Trieste, cui venne affidato nel 1766 pure l’importante incarico di dirigere i lavori per la bonifica del comprensorio aquileiese, comprendente i territori di Aquileja, Cervignano e San Martino. Il 20 marzo 1764 la proposta del Fremont per l’insediamento di una Società Agraria goriziana venne portata all’attenzione e valutazione degli Stati Provinciali, i quali il 9 agosto dello stesso anno rilasciarono in proposito il parere favorevole. Spettò a S.E. Giuseppe Maria co. Auersperg, presidente della Sessione Commerciale comitale (Magistratura creata nelle province dell’Impero con giurisdizione e compiti di coordinamento delle attività economiche e commerciali), comunicare che il Governo aveva ordinato il 24 dicembre 1764 al locale “… Consiglio Capitaniale che dopo aver sentiti li Consessi Commerciali per stabilire una Società di Agricoltura debbono proporsi uno o più soggetti, abili e capaci senza determinazione di numero, li quali volessero a tale effetto impiegarsi […] per suggerire vantaggiose speculazioni per l’agricoltura…”. L’accelerazione riservata alla procedura costitutiva fu segno evidente dell’estremo interesse che il nuo48
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vo soggetto pubblico poteva rappresentare per lo sviluppo socio-economico dell’intero territorio della Contea. L’inaugurazione si tenne il 27 agosto 1765 sotto la presidenza del conte Gaspare Lanthieri de’ Paratico. La Società, a termini statutari, era “… un Istituto approvato da Sua Maestà e diretto a promuovere l’Agricoltura, le Arti, i Mestieri ed il Commercio”. In particolare, ponendosi l’obiettivo di fornire agli agricoltori un’istruzione agraria di base non disgiunta da una certa azione contro l’analfabetismo, essa mirava a: animare lo studio dell’economia rurale; provvedere e comunicare le migliori opere antiche e moderne in fatto di agricoltura e commercio; corrispondere con altre Società agrarie e con distinti agronomi, sia nazionali che esteri. A supporto di tali obiettivi, la Società intendeva procurarsi “… a mezzo dei suoi membri l’esatta cognizione dello stato dell’Agricoltura, delle Arti, dei Mestieri e del Commercio nella provincia [Contea], come non meno dei difetti ed ostacoli, che si frappongono a questi diversi rami d’industria…”. La compagine sociale era composta da Soci ‘effettivi’, con domicilio nella Contea, quali “… possidenti, agronomi […] persone, le quali, sebbene non esercitino l’economia rurale, hanno però in qualche guisa ben meritato della coltura del paese o delle scienze che vi hanno relazione…”. E da Soci ‘onorari’, “… personaggi cospicui per rango od autorità, ai quali la Società abbia motivo di attestare la propria riconoscenza o considerazione ...”. E pure da una rappresentanza del mondo nobiliare femminile, che però non ebbe gran seguito nel tempo: dal 1765, anno della costituzione della Società, furono Socie per un certo periodo le nobildonne contesse Clementina Coronini nt. Leinigen, Marianna Coronini nt. Del Mestri, Cattarina Coronini nt. Lanberg, Marianna de Neuhaus nt. Della Torre, Amalia Strassoldo; successivamente, dal 1783 GiuFoto in apertura: il logo della Società Agraria di Gorizia
seffa Strassoldo nt. Della Torre e dal 1791 Lodovica Serimann nt. Neuhaus. Ma, anche, da non possidenti e ‘villici’, come Giuseppe Gerin di Villesse (1766), Domenico Collaut di Bruma (1847), Francesco Cettul di Isola Morosini (1848), Ernesto Fisher giardiniere della Famiglia baronale Ritter de Zahony. L’ambito di operatività dell’Istituzione, definita anche Dicastero tecnico della Provincia, era suddiviso in 14 Sezioni territoriali: Gorizia, Cormons, Gradisca, Monfalcone, Aquileja, Campolongo, Quisca, Canale, Tolmino, Pletz, Aidussina, Comen, Sesana, Duino. La Società Agraria di Gorizia ebbe un ruolo importante sia come soggetto propositivo, sia attraverso l’azione dei propri associati nel prospettare agli Organi provinciali e governativi, tra le diverse priorità e aspettative del compendio agricolo della Contea, i problemi derivanti dalla precarietà idraulica e dalla siccità ricorrente, presenti in varie zone del comprensorio interessato. Determinante, per esempio, fu il sostegno assicurato alla costituzione di un soggetto giuridico (Consorzio, Associazione, o altra figura) per l’introduzione e l’esercizio della pratica irrigua a beneficio delle campagne monfalconesi, utilizzando le acque dell’Isonzo derivate a Sagrado. Gli atti della Società ne danno ampia e ripetuta testimonianza. Tra i tanti interventi in proposito, significativo quello del conte Francesco Coronini, presidente della Società, autore di uno studio dal titolo Über boden meliorationem in Görz, trasmesso nel novembre 1870 al Ministero dell’Agricoltura per segnalare l’indifferibilità di taluni interventi di bonifica integrale (idraulico-sanitaria e irrigua) nell’Isontino e nel Friuli austriaco, fino ad allora non cantierabili a causa di varie problematiche operative, tra cui in primis l’assenza di adeguati stanziamenti finanziari. Inoltre, concreto ed efficace fu il supporto offerto dal socio conte Nicolò Mantica, anche tramite una dettagliata relazione del novembre 1873, tesa a rimarcare quanto la Società Agraria era stata “… larga di appoggio al Comitato promotore del Consorzio …” e a ricordare la sua meritoria azione promozionale sul tema irrigazione presso il Governo centrale, “… l’eccelso Ministero del Commercio e Pubblica economia …” e quello dell’Agricoltura. La Società nel 1891, nella circostanza del 125° anniversario della ‘formazione’, ebbe un ruolo importante, peraltro condiviso con la locale Camera di Commercio, nell’organizzare l’Esposizione agricola-forestale ove trovarono spazio importanti manifestazioni ed eventi, tra i quali il 4° Congresso enologico, un’assise di alto profilo caratterizzata dalla presenza di esperti e studiosi illustri e dalla partecipazione di numerosi imprenditori e operatori agricoli. All’I.R. Società Agraria di Gorizia, esclusa con il crollo dell’Impero Asburgico dal panorama istituzionale isontino articolato secondo un nuovo assetto politico-amministrativo, va riconosciuto il grande merito di essere stata, a cavallo di tre secoli, testimone positivo di importanti conquiste e, soprattutto, “… vera protagonista e simbolo del cammino e della dinamica economica e culturale …” della Contea (Tommaso Fanfani, Contributi per la storia del paesaggio rurale nel Friuli Venezia Giulia, Pordenone, 1980, cap. IV.F, p. 445).
Renato Duca e Renato Cosma
Renato Duca è stato direttore del Consorzio di bonifica Bassa Friulana; Renato Cosma è stato condirettore del Consorzio di bonifica Pianura Isontina
Il Principe Arcivescovo Francesco Saverio Luschin
Presidenti Al prof. Carlo Hugues, eminente figura scientifica, Segretario della Società Agraria nel 1913, un anno prima dello scoppio della Grande Guerra, si deve un’accurata e puntuale cronistoria dei presidenti che si avvicendarono alla guida della benemerita Istituzione dal 1765 al 1913. Quell’ampio e prolifico arco temporale, ben 148 anni, fu scandito da 13 presidenze, di cui alcune di lungo periodo: Co. Giovanni Gaspare Lanthieri de’ Paratico (37 anni, 17651802); 1802–1804 (2 anni), Presidenza vacante; Bar. Francesco Antonio Codelli de’ Fahnenefeld, Capitano Circolare di Adelsberg-Postumia (7 anni, 1804-1811); Co. Francesco de’ Thun Hohenstein (15 anni, 1811-1826); Co. Giovanni Battista Coronini-Cronberg (4 anni, 1826-1829); Co. Michele Coronini-Cronberg (4 anni, 1829-1833); Co. Giovanni Battista Coronini-Cronberg (4 anni, 1833-1837); Principe Arcivescovo Francesco Saverio Luschin (13 anni, 1837-1849); Co. Cristiano d’Attems (5 anni, 1849-1854); Nob. Giuseppe Persa de’ Liebenwald (5 anni, 18541860); Bar. Mons. Agostino Codelli de’ Fahnenefeld–Sterngreif, Vicario Episcopale (2 anni, 1860-1861); Nob. Alessandro de’ Claricini (10 anni, 1861-1870); Co. Francesco Coronini-Cronberg, Capitano Provinciale (31 anni, 1870-1901); Cav. Luigi Pajer di Monriva, Capitano Provinciale (13 anni, 1901-1913). |
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va una droga che non conosce. Su di giri, esce con gli amici e si lancia in una bravata, un furto maldestro. Prima di rendersene conto, ha ucciso un uomo. Condannato all’ergastolo, si ritrova di colpo sorvegliato a vista in penitenziario. Tutte le sue giornate sono consegnate alla stessa lancinante solitudine, solo con se stesso e costretto alla vicinanza fisica con persone con cui non ha niente in comune e che pure sono simili a lui, unite nell’uguale sforzo per mantenersi stabili di mente. Queste pagine non sono un racconto del carcere, ma delle persone che lo popolano. sta. Così, travestita da infermiera, si confonde tra un gruppo di crocerossine e sale a bordo di un treno per la Polonia, nella speranza di unirsi alla Resistenza. Non sa che quel viaggio la porterà dritta nelle mani di un vecchio nemico, e infine su un altro convoglio diretto in uno dei luoghi più infernali mai creati dall’uomo: Auschwitz. Ma il destino ha ancora in serbo un’ultima sfida per Marlene: compiere un attentato che potrebbe eliminare le più alte cariche del Reich, a patto di condannare a morte l’uomo che ama... riuscirci, dovrà raggiungere il “Rifugio sotto al Sasso”: un luogo remoto, dove gli ultimi reietti illuministi si sono nascosti per evitare la morte sul rogo. Sarà un lungo e drammatico viaggio attraverso un paese ormai trasformato in terra di nessuno. Popolato da un’umanità allo sbando che, tra la luce e il buio, ha scelto il buio. La scienza è diventata un crimine. La medicina è stata bandita. Ma una madre non si arrende. Non ancora. sione è spesso decisiva per essere qualificati, capaci, educati, comunicativi, degni dell’altrui fiducia, o esattamente il contrario di tutto ciò. Suggerisce e propone tematiche relative alla comunicazione efficace, sia essa verbale che non verbale (la più importante). Parla di Programmazione Neuro Linguistica ma anche come condurre una telefonata capace di interesse e come chiudere in maniera favorevole una trattativa. Con un intero capitolo dedicato alla figura del leader.
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L’autore della porta accanto di Andrea Doncovio Le sue formazioni sono sempre più richieste dalle aziende per gestire i conflitti e migliorare la conduzione delle trattative commerciali. Dopo anni di esperienza sul campo, ha deciso di mettere nero su bianco le strategie insegnate agli altri: «L’80% del mio programma può essere speso anche in famiglia e nelle relazioni in generale». È nato così carisma.ti.
Gianni Carmine
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carisma.ti. Gianni Carmine, partiamo da qui: come mai questo titolo? «Più che un titolo lo considero un’azione, un proposito, uno stimolo. Con la parola carisma indico un’attitudine, la capacità di generare relazioni solide e costruttive. La padronanza di gestire e anticipare i conflitti, l’abilità nel condurre trattative commerciali positive, continuative nel tempo. La filosofia descritta in carisma.ti permette di manifestarsi proponendo un’energia positiva, suggerisce sistemi validi per amplificare la capacità di relazionarsi con gli altri in maniera efficace e socialmente compatibile. Comprendendo e mettendo in pratica molte delle tematiche descritte è interessante osservare come si diventi molto più consapevoli delle proprie capacità e del proprio potenziale. carisma.ti vuole stimolarci e condurci a essere più empatici, più leader di noi stessi». Il libro quali contenuti racchiude? «carisma.ti illustra strategie per condurre negoziazioni in modo efficace. Esprime modalità utili per un approccio adeguato: sappiamo tutti quanto la prima impressione sia spesso decisiva per essere qualificati, capaci, educati, comunicativi, degni dell’altrui fiducia, o esattamente il contrario di tutto ciò. Suggerisce e propone tematiche relative alla comunicazione efficace, sia essa verbale che non verbale (la più importante). Parla di Programmazione Neuro Linguistica ma anche di come condurre una telefonata capace di suscitare interesse e come chiudere in maniera favorevole una trattativa». Un capitolo a parte è dedicato alla leadership. «Sovente mi capita di formare il reparto direzionale delle aziende. Con poco stupore, purtroppo, mi imbatto in mentalità obsolete e superate, come il “paròn” sempre presente, che apre e chiude l’ufficio o i cancelli dell’azienda. Ma così non ha il tempo per sviluppare, innovare… Il nuovo leader sa creare altri leaders, non solo seguaci che seguono. Fino a quan52
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do un leader è necessario non sarà mai un grande leader». Questo testo ha anche un legame con i corsi che lei tiene in qualità di formatore. Formatore di cosa, in particolare? «Conduco seminari formativi utili ad accrescere capacità comunicative, migliorare empatia e ascolto: dedicando l’80% dell’attenzione alle argomentazioni dell’altro e il 20% all’illustrazione di prodotti e benefici. Supporto nella gestione di obiezioni scomode e chiarisco come gestire quelle positive, mosse da interesse. Porto i partecipanti in uno stato di alta prestazione, spiegando alcuni metodi utili per non essere sconfitti dalla propria voce interiore, spesso in grado di annientarci e renderci incapaci di reagire a molti contesti per noi sfidanti». Con quali tipologie di persone si rapporta durante le sue formazioni? «Nella maggioranza dei casi a richiedere le mie sessioni formative sono aziende con focus commerciale. Con favorevole soddisfazione noto che anche nei corsi aperti a utenti privi di partita iva e che non svolgono attività commerciali, le persone partecipano con entusiasmo e trasporto: l’80% del mio programma può essere speso anche in famiglia e nelle relazioni in generale». Quali sono le problematiche principali che solitamente le viene chiesto di affrontare e aiutare a superare? «Spesso la richiesta è originata dalla direzione di un’azienda, non soddisfatta del lavoro ma soprattutto dei risultati dei sottoposti. Il più delle volte, le problematiche nascono proprio dall’alto. Mi capita di provocare chiedendo alla direzione: “L’impiegato aveva i mezzi per adempiere al mandato?”, “Il lavoratore aveva la formazione adeguata per svolgere tale mansione?”, “Il dipendente la stima?”. Trovo perfetto il principio: investire sulle persone conviene».
Nel testo così come nei suoi corsi lei sottolinea l’importanza di costruire relazioni efficaci: cosa intende? «Le modalità di approccio verso i colleghi sono importanti per garantire un ambiente produttivo, altamente solidale. Proporre poi una comunicazione empatica ed efficace verso clientela e fornitori rappresenta un’altra fase strategica. Non è tanto importante cosa diciamo, bensì come lo diciamo». La passione per la formazione in Gianni Carmine quando è nata? «Nel 2000 lavoravo come dipendente in un franchising di arredamento. L’azienda organizzava numerose sessioni formative e io dedicavo volentieri anche molte giornate festive per seguire con regolarità le lezioni. Ho iniziato subito anche da autodidatta ad aggiornarmi attraverso consultazione di libri e altri corsi in tutto il territorio italiano. Mettevo in pratica con spontaneità le nozioni imparate: da sempre svolgo attività di consulenza commerciale, prima come dipendente poi come imprenditore. Ho deciso quindi, parallelamente ad altre attività, di svolgere la professione di formatore: lo faccio con passione quotidiana». Formatore ma anche imprenditore. Lei gestisce un bed & breakfast a Grado: anche questo un lavoro di relazioni. «Le due attività sono assolutamente complementari. Ho un validissimo aiuto al B&B: Denise, la mia compagna, è capace di stupire con colazioni e cene occasionali grazie a rara creatività. Anche in questo contesto le relazioni sono fondamentali per un riconosciuto apprezzamento. Sono la conferma di me stesso: ciò che insegno ad aziende e istituti poi lo metto in pratica e, garantisco, funziona». Nel suo passato vanta anche un’esperienza lavorativa a Salisburgo: cosa faceva per l’esattezza? «Ho maturato anni di esperienza nel settore dell’arredo bagno e delle finiture d’interni, il primo negozio era situato a Udine ed era rivolto soprattutto ad architetti. Puntavo a proporre ambienti eleganti e raffinati, una scelta che ritenni spendibile anche all’estero. Con un socio aprii una filiale a Salisburgo e le soddisfazioni sono state molteplici. Il mio compito era quello di progettista e di formazione del personale; in qualità di titolare svolgevo anche mansioni amministrative e organizzative: abbiamo dato vita a eventi importanti e valide collaborazioni». Come mai decise di abbandonare quella strada? «Aprii il negozio a Salisburgo lo stesso anno di nascita di mia figlia. L’entusiasmo derivato dalla nuova avventura imprenditoriale aveva concentrato molte delle mie energie sul progetto austriaco. Raramente facevo trasferte troppo lunghe. Cercavo di rincasare con regolarità proprio per dare supporto e soprattutto amore alla mia famiglia, progetto decisamente più importante. Capitavano giorni in cui era richiesto il mio intervento in vista di un appuntamento con un architetto o di un progetto importante. Mi recavo quindi in negozio e dopo aver svolto le mie mansioni e portato a termine gli appuntamenti prefissati rincasavo a orari improbabili. Ero
Gianni Carmine, 43 anni, risiede a Cervignano del Friuli. Ha pubblicato carisma.ti, edito da l’informa professional (vedi pag. 51).
naturalmente impegnato anche con il negozio a Udine e ciò rappresentava motivo di affaticamento. Dopo tre anni decisi di cedere le quote al mio socio, per dedicarmi e concentrarmi nell’attività di Udine». Solitamente un formatore risulta efficace quando i suoi allievi sono poi in grado di realizzarsi con le proprie gambe… Da questo punto di vista Gianni Carmine si ritiene efficace? «Con soddisfazione ricevo numerose dimostrazioni di stima, attraverso messaggi privati e pubblici vengono rese note molteplici sperimentazioni e la messa in pratica di strategie apprese ai miei corsi, e i risultati si apprezzano già nel breve periodo. Questo rappresenta benzina e ispirazione per me e la mia professione». Oltre alla sua professione, quali sono le altre passioni nella vita di Gianni Carmine? «Forse la più presente è la musica, mi accompagna in qualsiasi attività, mentre organizzo un nuovo corso di formazione o nelle semplici pulizie casalinghe. Naturalmente mi ha accompagnato anche nella stesura di carisma.ti. Faccio parte di una rock band come chitarrista e mi rilassa l’ascolto di musica in vinile. Continuo a coltivare l’interesse per il mondo dell’arredamento e delle finiture d’interni attraverso riviste del settore e fiere dedicate. L’estetica e il design mi appassionano molto, sono spesso declinati nei dettagli di un orologio o nel progetto aerodinamico delle automobili. Amo geometria e proporzioni anche quando queste sono intenzionalmente “stonate” e ostentate». Volgiamo lo sguardo al futuro: quali sono i prossimi obiettivi che desidera raggiungere? «Sto frequentando un Master in Programmazione Neuro Linguistica. Potrebbe essere l’argomento centrale del mio prossimo libro: carisma.ti è stata un’avvenuta appassionante. Amo guardare al futuro con ottimismo: mi sento completamente allineato con i suoi ritmi, i cambi repentini e le incertezze. È impossibile fermarsi, la clessidra lenta del tempo e degli avvenimenti è sempre in movimento. Siamo all’interno di un treno che in ogni caso procede, inesorabile, sicuro; alle volte attraversa contesti a noi ostili e non favorevoli, altre volte scorgiamo dal finestrino situazioni ottimali e ci sentiamo oltremodo vivi. Comunque proceda il nostro viaggio dovremmo sentirci costantemente avanzare. Noi siamo futuro». |
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PERSONAGGI
PAOLO MAURENSIG Servizio di Margherita Reguitti
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Il diavolo nel cassetto
Un tranquillo paesino svizzero sconvolto dall’arrivo di un mefistofelico editore. È la letteratura la protagonista principale dell’ultimo romanzo dello scrittore goriziano. Che rivolge una provocazione ai giovani: «Diventate personaggi della TV, dopodiché vi pubblicheranno anche la lista della spesa».
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«Misteri celati sotto strati di apparente normalità, contrapposizioni violente di intelligenze acute e pianificatrici, personaggi e luoghi costruiti e descritti con una cura del dettaglio, anche storico, funzionale a far immedesimare e tenere avvinto il lettore. La sapiente vis narrativa e letteraria di Paolo Maurensig, autore mitteleuropeo nelle radici e internazionale nel linguaggio e nella costruzione di storie universali, ha scelto la letteratura quale ambientazione e tema del nuovo libro Il diavolo nel cassetto, fresco di stampa per i tipi Einaudi. Lo sfondo di azione della trama è un mondo pervaso da vacuità e presunzione, antitetico all’idea di universalità della scrittura. Se l’uomo è gentile, pacato, di poche cesellate parole, guizzanti talvolta di ironia, lo scrittore sceglie di raccontare temi di forte contrapposizione; il bene e il male, la pochezza umana e la capacità di ambire a cose alte, l’intelligenza e la vanagloria, lo spirito e la materia. La lotta fra forze contrapposte, fra aspetti positivi e malvagi, insiti nei tanti caratteri della sua commedia umana, sono elementi di thriller e di svariate tonalità di suspense dei suoi romanzi. La sua scrittura e creatività non hanno un rapporto apparentemente diretto con il Friuli Venezia Giulia, se non nelle radici goriziane, nella formazione bilingue italiana e slovena, nella scelta di vivere a Udine nonostante il suo respiro internazio54
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nale. Molti dei suoi romanzi sono infatti ambientati in città della Mitteleuropa come l’amata Praga e Vienna, ma anche in Portogallo, Germania e ora in Svizzera. I lavori abbinano una trama avvincente e un’indagine psicologica profonda dei personaggi, sfaccettata, talvolta rivelatrice di aspetti sorprendenti di una realtà rovesciata, spesso giocata sull’archetipo del doppio. Dal primo successo mondiale del 1993 con La variante di Lüneburg, a Teoria delle ombre, vincitore nel 2015 del premio Bagutta, la spietata lotta per la vita o per l’affermazione di un primato di uomini fuori del comune è, in una forzatura di sintesi, il filo rosso del suo lavoro. Una storia realistica e onirica, che ha il profumo delle brume e l’incertezza dei paesaggi di montagna avvolti dalla nebbia. Un romanzo nel quale il centro del racconto è quel desiderio smodato di autoaffermazione, agguantando un brandello di eternità offerto dalla pubblicazione di un libro, di essere autori destinati a sopravviversi, senza tenere in conto la necessità della presenza di un’idea, di stile, di capacità e originalità creativa. Una bramosia della contemporaneità che ha messo radici negli abitanti di un tranquillo paesino svizzero. A sconvolgere la vita del borgo dove tutti, ma proprio tutti, si sentono portatori del sacro fuoco della scrittura, arriverà un mefistofelico editore. Paolo Maurensig propone dunque con questo romanzo un’avvincente domanda su cosa sia letteratura. Non una sa-
tira, non è nel suo stile, ma una parabola del mondo letterario, dei rapporti esistenti fra scrittori ed editori. Un mondo dove solo i lettori possono vivere con semplice ma non superficiale, piacevole onestà la lettura di una storia, che deve essere, non solo scritta bene, ma capace di appassionare chi legge. Un papiro che si srotola, una musica che si diffonde, lasciando sempre però una parte di non svelato, di mistero appunto. Diventare scrittore per Paolo Maurensig è stata una conquista della maturità dopo aver fatto molte esperienze e tanti lavori, vivendo in città diverse: una preparazione non accademica ma costruita mattone su mattone vivendo. Maurensig, questo libro cosa racconta del mondo letterario di oggi in Italia e all’estero? «L’editoria sta attraversando un periodo difficile anche all’estero. Mai come in Italia, dove per numero di lettori siamo agli ultimi posti». A New York recentemente, dopo i successi di altri romanzi, è uscito Theory of shadows (versione in inglese di Teoria delle ombre) e le è stato assegnato il riconoscimento “Literary grand master”. Mai pensato di lasciare l’Italia? «Una ventina d’anni fa mi sarebbe piaciuto trasferirmi per un certo periodo negli Stati Uniti per imparare l’inglese. Ma non ho mai pensato di farlo per sempre». La trama narrativa è frutto di fantasia o attinge alla sua esperienza? «Esperienza e fantasia lavorano di pari passo». Come mai un piccolo paese della Svizzera per raccontare che cosa sia la letteratura? «Certi temi sono talmente vasti che non basterebbero cento saggi per esaurirli. Spesso è il genere letterario,
come la favola, la parabola, la satira a colpire nel segno ottenendo un esito là dove la più accurata analisi ha fallito». A uno scrittore esordiente che cosa consiglia? «Consiglierei di diventare un personaggio televisivo, dopodiché potrebbe pubblicare anche la lista della spesa. Sto scherzando, naturalmente. All’esordiente consiglierei di sviluppare al massimo l’autocritica. Solo guardando oggettivamente al proprio lavoro si può raggiungere un certo grado di perfezione». Che rapporto ha con i lettori? «I miei lettori sono molto esigenti». Dopo gli importanti e apprezzati romanzi dedicati al mondo degli scacchi e della musica, settori dei quali Maurensig è profondo conoscitore, ecco la letteratura, un mondo del quale egli conosce fatti e misfatti. Autore prolifico sta in questi giorni terminando un nuovo romanzo al momento coperto dal più assoluto riserbo. Margherita Reguitti
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PERSONAGGI
LUCA BIDOLI Intervista e immagini di Claudio Pizzin
Il silenzio,
il buio e le colline
Il fascino delle montagne e la visione umana della morte. L’insegnante friulano racconta i significati del suo primo romanzo breve. Nato da una gita avventurosa a Valle di Soffumbergo.
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Luca Bidoli, com’è nata l’idea di scrivere Il silenzio, il buio e le colline? «Non saprei dirlo. So solo che, ad un certo punto, un’idea, una traccia di una possibile storia è nata in me. Il resto è venuto in modo quasi immediato, necessario oserei dire. Dovevo scrivere quello che già formulavo e immaginavo nella mia mente, tutto qui». Cosa desidera trasmettere al lettore attraverso questo libro? «La cosa più semplice e immediata: un’emozione e una possibile identificazione». La storia prende avvio dal male incurabile diagnosticato a una donna che decide di isolarsi in un piccolo paesino. Come mai questa scelta? «Potrei paradossalmente dire che non sono io ad aver fatto questa scelta, ma lei. Ho solo cercato, sarà l’eventuale lettore a giudicare, di immedesimarmi in una natura femminile, con tutti i rischi che questo comporta, una identità sostanzialmente timida e introversa che, di fronte al male, cerca un rifugio, un riparo e una possibilità. Anche il dolore, in questo mio scritto, è letto e visto come apertura di un senso, non negazione della vita, ma ricerca di una consapevolezza più profonda, più autentica e reale». Il paesino di montagna “in cui l’inverno dura più di tre mesi” è un luogo immaginario o ha preso spunto da qualche località precisa? 56
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«Due autunni fa, al ritorno da una domenica a Venzone - ero con mio fratello Fabrizio e con Agnese, la mia futura moglie - a sera inoltrata, mio fratello ci propose una deviazione verso Faedis, per raggiungere un minuscolo paesino, Valle di Soffumbergo, dove si svolgeva la festa delle castagne. La strada era impervia e sembrava non condurre in nessun posto. C’erano solo il silenzio, il buio e le colline. Ho pensato in modo scaramantico: ‘Se ci dovessimo bloccare qui per un guasto, ci ritrovano in primavera’. Esageravo, ma era un’impressione condivisa sul momento. Quando, almeno io, avevo perso ogni speranza, ecco comparire di fronte a noi, disposto ad anfiteatro, un luogo magico e incantato: il paese. La vista sulla pianura era stupenda; in una giornata di sole, probabilmente, con lo sguardo si poteva raggiungere il mare. Poche case, una chiesa, un’ampia piazza con albero centrale e panche. E la sagra con tanta gente giunta da ogni luogo. Abbiamo mangiato castagne e bevuto vino caldo. Una bella atmosfera, soffice, avvolgente. Ma io, intanto, pensavo: come sarebbe stato l’indomani? E l’inverno, in questo luogo, quanto sarebbe durato? Vivevano ancora delle persone, quante, chi erano, come trascorrevano le giornate infi nite, segnate dal buio e dal freddo? Mi attraeva tutto questo: la montagna incantata, dove trovare un tempo scandito da un ritmo diverso, ancestrale, lontano e difforme da ogni defi nizione possibile, da ogni nostro oggi».
Per Luca Bidoli che significato ha la montagna? «La montagna è l’altrove, sempre e comunque. Si declina in una pluralità di luoghi, di esperienze, di incontri, di tempi. È la cima che non potrai mai raggiugere, ma che guardi, immaginandoti la felicità dell’arrivo; è la tensione verso una dimensione diversa e ulteriore, nella quale devi riapprendere l’umiltà data dalle tue possibilità, anche fisiche. Sono i profumi dell’erba appena tagliata, dei prati e dei boschi, è l’eco, a volte appena percettibile, del torrente che hai sfiorato; è la traccia di un animale che non riconosci ma che da quel momento è parte di te. È la tana, immateriale, nelle tue sere, quando la notte non è riparo, ma punto estremo di solitudine e paura. Non ho molti amici, ma alcuni tra questi li ho conosciuti a Noiaris, Priola, Cesclans, Cabia, e già declinarne i nomi è magico». Luca Bidoli è nato a Palmanova, risiede a Cervignano e insegna a Pieris: qual è il suo rapporto con il territorio in cui vive? «Ci vivo bene, nel senso che mi piace, che non cessa di emozionarmi. La definizione di Nievo sa un po’ di retorica, ma è sostanzialmente appropriata: “ Un piccolo compendio dell’universo”. Vi sono, specie d’inverno, giornate splendide, maestose. Mi piace guidare verso la laguna, guardare, da lì, al ritorno, le cime innevate delle nostre montagne: le Alpi appaiono sempre così vicine, protettrici e benevole. A Pieris mi trovo davvero bene, la “Bisiacaria” è un territorio speciale, con gente e persone uniche: credo e spero di aver collaudato amicizie e rapporti duraturi». A proposito di insegnamento: cosa significa per lei formare le nuove generazioni? «Temo queste domande, perché la porta alla retorica è sempre spalancata. A scuola io ci vado volentieri. Mi piace e credo non nella missione del mio lavoro, ma nella concretezza di ciò che sperimento e condivido. Cerco di trasmettere la mia passione, reale, verso i libri, la lettura, alcune delle discipline che insegno, come la storia e la storia antica in particolare. Voglio destare curiosità, interesse, piacere. Diceva nonno Montaigne: “Non faccio nulla senza gioia”. Potrebbe essere un mio motto, nulla senza gioia, e aggiungo anche impegno, senso di responsabilità e ironia». La protagonista del suo libro vive la morte come una sorta di liberazione. Come mai questa scelta da parte dell’autore? «Penso che nella nostra civiltà occidentale oggi si viva la morte come una sorta di tabù, una realtà che non si vuole dire, si ostracizza, perché l’imperativo non è solo la vita, ma la vita bella, salutare, piena, completa, dietetica, come se potessimo essere sempre giovani, immuni dal dolore e dalla sofferenza. Invece la morte è il senso più alto e completo dell’esistenza. Noi iniziamo a vivere, in modo consapevole, perché ci rendiamo conto che moriremo. Paradossalmente questo non è assolutamente la negazione della vita, ma la sua esaltazione. Nel mio racconto c’è una donna, di un’età volutamente indefinibile, che sa di avere poco tempo: le hanno diagnosticato un male incurabile e quel tempo deve essere vissuto in modo diverso, perché è il suo
tempo, appartiene solo a lei. Non è una sconfitta, ma un’opportunità da cogliere e condividere, anche nel dolore. La liberazione non è la morte, ma una vita autentica». Il silenzio, il buio e le colline è il suo primo romanzo breve. In precedenza lei aveva pubblicato poesie, aforismi, favole e saggi: cosa l’ha spinta a questo nuovo format? «Un conto è quello che uno scrive, un’altra cosa è quello che riesce a pubblicare. Io ho sempre scritto, in momenti diversi della mia vita, racconti più o meno lunghi. Li ho sempre rimessi nel cassetto. Non che non mi piacessero, ma credevo e credo tutt’ora fossero troppo particolari. Lo scorso anno, di getto, in poche settimane, ho scritto questo racconto lungo o romanzo breve che dir si voglia; l’ho trovato buono e così lo hanno giudicato quelli che me lo hanno pubblicato». A proposito del titolo, per Luca Bidoli cosa rappresenta il silenzio? «Una rara e inestimabile possibilità per ascoltare sé stessi e gli altri». Il libro si conclude con il paesino abbandonato da tutti gli abitanti, popolato solo qualche settimana d’estate dai figli dei nipoti che “si sforzano di essere felici e poi si annoiano”. Chi sono, in realtà, quei figli dei nipoti? «Siamo noi, almeno una parte piuttosto cospicua. E non mi sottraggo; anch’io faccio parte di quel novero». Nelle citazioni biografiche del libro è scritto che Luca Bidoli “vive, o, per lo meno si sforza di farlo, in Friuli”. Perché vivere è uno sforzo? «Perché è un mestiere, e come tale va appreso, sin dagli anni giovanili. Sopravvivere, in realtà, è molto più semplice e immediato, ma non sempre dà i risultati sperati». Ha in mente nuovi progetti letterari per il futuro? «Nella mente c’è sempre qualcosa, a volte anche troppo, poi bisogna vedere il tempo, le occasioni, le possibilità... Ho appena terminato un nuovo libro, un romanzo, un po’ più articolato e complesso. Credo che lo lascerò decantare, sedimentare per alcuni mesi, lo rileggerò e cercherò di valutarne pregi e difetti. Poi deciderò il da farsi, sempre consapevole dei miei limiti, secondo la lezione di Aristotele». Claudio Pizzin
MOSTRE IN FVG (calendario aggiornato su www.imagazine.it) Fino all’11 marzo ▶ ANTONIO PIRONE Mostra personale di pittura dell’artista udinese. Cividale del Friuli (UD). Chiesa di Santa Maria dei Battuti. Orario: sab-dom 10-13/15-19. Ingresso libero. Info: www.cividale.net ▶ ANIMAL RAVE Esposte le opere prodotte in sette anni di attività da parte degli artisti ospitati nel RAVE East Village Artist Residency. Codroipo (UD). Villa Manin di Passariano, piazza Manin 10, Barchessa di Levante. Orario: ven 15-19, sab-dom 10.30-13/15-19. Ingresso libero. Info: www. raveresidency.com Fino al 16 marzo ▶ JACQUES TOUSSAINT - ARTE 1967-2017 Le tappe fondamentali della ricerca di Jacques Toussaint, basata sullo sviluppo di un particolare linguaggio artistico che, mediante accostamenti di materiali tra loro diversi, alterna la creazione d’arte con quella di oggetti d’uso comune. Trieste. Spazio Cavana, via San Sebastiano 1. Orario: mar-sab 10-13/15.3019.30. Ingresso libero. Info: www.exibart.com
Fino al 18 marzo ▶ ART IN A SUITCASE Selezione di 8 artisti provenienti da Slovenia e Austria, riconosciuti internazionalmente che appartengono a generazioni diverse e usano l’arte con approcci e tecniche varie. Muggia (TS). Museo Carà, via Roma 9. Orario: marven 17-19, sab 10-12/1719, dom 10-12. Ingresso libero. Info: 040 9278632 Fino al 25 marzo ▶ LA RIVOLUZIONE RUSSA L’arte da Djagilev all’Astrattismo (1898-1922). Gorizia. Palazzo Attems, piazza De Amicis 2. Orario: mar-dom 10-17. Ingresso € 3,50. Info: www.comune. gorizia.it
Fino al 30 marzo ▶IL TESTIMONE Mostra di Enzo Valentinuz sul passaggio di testimone fra generazioni nella sapiente e difficile arte della pittura murale e di “graffito su intonaco”. Gradisca d’Isonzo (GO). Banca Popolare di Cividale, piazza Unità 20. Orario: lun-ven 8.20-13.20. Ingresso libero. Info: 328 1474727 Fino al 30 marzo ▶SFINGI ARCANE Mostra collettiva focalizzata sull’interesse per le sfingi viste come sibilline figure mitologiche. Trieste. Double Room Arti Visive, via Canova 9. Orario: lun-ven 17-19. Ingresso libero. Info: 349 1642362
Fino al 30 marzo ▶TRA TERRA E CIELO Esposte undici opere del pittore e grafico pubblicitario Gilberto Barburini. Udine. Palazzo Caiselli, vicolo Florio 2/b. Orario: lunven 8-19. Ingresso libero. Info: www.imagazine.it Fino al 31 marzo ▶RACCONTI PER LE ORE PICCOLE Mostra collettiva, espongono Moira Franco, Carol Rama, Gudrun Krebitz. A cura di Francesca Lazzarini. Trieste. Mlz Ar Tdep, via Galatti 12. Orario: gio-sab 17-19.30. Ingresso libero. Info: marcolorenzetti.ac@ gmail.com Fino al 2 aprile ▶OCCHI VETRIFICATI In mostra 24 disegni di Zoran Music che sono altrettanti urli silenziosi. Fissati a matita o inchiostro sui supporti più disparati: fogli di quaderno, carte di riciclo e persino libri. Trieste. Museo Revoltella, via Diaz 27. Orario: merlun 10-19. Ingresso € 7. Info: www.museorevoltella.it
Fino al 4 aprile ▶OMAGGIO ALLE DONNE Esposti dipinti e grafiche di Gina Roma e Laura Padoa. Gradisca d’Isonzo (GO). Caffè Emopoli, piazza Unità 12. Orario: lun-dom 6-24. Ingresso libero. Info: www.imagazine.it
Fino al 15 aprile ▶PEACE IS HERE! Fotografie di propaganda degli Americani in Estremo Oriente nel fondo USIS. Trieste. Museo d’Arte Orientale, via San Sebastiano 1. Orario: mar-gio 1013, ven-sab 14-17, dom 10-17. Ingresso libero. Info: www.museoarteorientaletrieste.it Fino al 21 aprile ▶DEA DEL CIELO O FIGLIA DI EVA? Mostra curata da Maiko Favaro e Alessandra Strugo sulla donna nella letteratura italiana fra Rinascimento e Controriforma. Trieste. Museo petrarchesco piccolomineo, via Madonna del mare 13. Orario: lun-sab 9-13, gio 913/15-19. Ingresso libero. Info: www.triestecultura.it
Fino al 1 maggio ▶NEL MARE DELL’INTIMITÀ In mostra un migliaio di reperti provenienti da numerosi giacimenti sommersi e prestati per l’occasione da musei italiani, croati, sloveni e montenegrini. Trieste. Salone degli Incanti, Riva Sauro 1. Orario: mar-ven 9-17, sabdom 10-19. Ingresso € 7. Info: www.nelmaredellintimita.it
Fino al 31 maggio ▶EXODUS Arte per credere. Mostra dedicata all’artista bosniaco Safet Zec. Manzano (UD). Abbazia di Rosazzo. Orario: merdom 9-12/15-18. Ingresso libero. Info: www.abbaziadirosazzo.it Fino al 24 giugno ▶IN VIAGGIO CON THALIA Dalla nave bianca del Lloyd alla principessa del mare (1907-1967). Esposti fotografie d’epoca, volumi, documenti, depliant e menu di viaggio. Trieste. Civico Museo del Mare, via Campo Marzio 5. Orario: gio-mar 9-13. Ingresso libero. Info: 040 304885 Fino al 2 settembre ▶MONACO, VIENNA, TRIESTE, ROMA In mostra le opere dei più prestigiosi e noti artisti triestini e giuliani del primo Novecento. Trieste. Museo Revoltella, via Diaz 12. Orario: merlun 10-19. Ingresso € 7. Info: www.museorevoltella.it
Fino al 22 aprile ▶PITTURA DI GUERRA I maggiori e più validi artisti del Triveneto si confrontano con i temi legati al primo conflitto mondiale. Tolmezzo (UD). Palazzo Frisacco, via Del Din 7. Orario: mer-lun 10.3012.30/17-19. Ingresso libero. Info: 0433 487961
I COSTI E GLI ORARI DI APERTURA POSSONO VARIARE SENZA PREAVVISO. VERIFICARE SEMPRE RIVOLGENDOSI AGLI APPOSITI RECAPITI.
RODOLFO LEPRE
PERSONAGGI
Intervista di Andrea Doncovio Immagini di Claudio Pizzin
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Il codice
della materia
La scintilla per l’arte scocca alla scuola elementare della sua Aquileia. Poi l’avvio del percorso figurativo e l’improvvisa consapevolezza di non riuscire più a tradurre l’emotività nel colore. Fino alla scoperta della potenza dell’astrazione. Capace di unire i ruoli di architetto e artista.
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Architetto Rodolfo Lepre, quando è sbocciata la sua passione per l’arte? «I primi approcci all’arte e alle tecniche di rappresentazione risalgono al periodo delle scuole elementari. Una passione nata grazie alla tenacia e capacità di coinvolgere e trasmettere l’interesse per l’arte da parte del mio insegnante di allora, il maestro Corsini. Ai tempi partecipammo come scuola elementare di Aquileia a numerosi concorsi d’arte: a 10 anni vinsi il primo riconoscimento in una rassegna nazionale. Desidero però ricordare un caro amico che nel 2005 mi ha spinto, quasi costretto, a riprendere la via dell’arte in modo costante: Claudio Zampar, che ci ha lasciati prematuramente qualche anno fa; serbo di lui un ricordo vivo e indelebile». Che genere di artista è Rodolfo Lepre? «Faccio quello che mi piace e che sento necessario. Sono sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo che segua però il filo conduttore della mia vicenda artistica. Nasco come artista figurativo; essendo anche un cultore della storia dell’arte e delle avanguardie artistiche del primo novecento fino agli anni ‘80, mi avvicino all’astrazione In apertura, Rodolfo Lepre nel suo studio.
e all’informale come necessità e ricerca di una nuova espressione». La sua arte e le sue opere come si sono evolute nel tempo? «Ero attratto dalle nature morte, ma i soggetti erano anche animali, paesaggi, persone e oggetti nello spazio. A un certo punto con la pratica figurativa non riuscivo più a tradurre l’emotività nel colore. L’astrazione invece è riuscita a farmi reinventare un nuovo vocabolario in cui forme, segni, accumulazioni di materia e campiture di colore sono riuscite a dare vita alle necessità espressive più intime». Nella sua arte la materia ricopre un ruolo molto importante: come mai? «La materia è fondamentale e senza di essa non ci sarebbe il mio lavoro. Utilizzo e ricerco i materiali tipici del cantiere: sabbie, colle, cementi, pigmenti colorati e quant’altro, materiali legati alla mia professione, dalla quale la mia arte non vuole discostarsi e probabilmente non potrà separarsi mai. Lo spirito dell’architetto, nelle mie opere, emerge nella ricerca di un ordine-disordine geometrico, campiture che si stagliano su fondi neutri per esaltarne il contrasto. Rettangoli, quadrati, tracciati curvilinei danno vita a composizioni |
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Tre opere di Rodolfo Lepre. Da sopra: - Alternanze - TM su tavola 100x100x5 (anno 2015); - Novo codice - TM su tavola 70x70x5 (anno 2016); - Game -TM su tavola 60x80x5 (anno 2017).
che si collocano in un’idea rappresentativa a metà fra linguaggio informale e astrazione geometrica. Architetto e artista non sono in contraddizione tra loro, anzi, nel passato e anche attualmente queste due figure si sono unite con ottimi risultati. Il mio intento è di far parte, a pieno titolo, di questa squadra». Quali sono i messaggi che vuole trasmettere attraverso le sue opere? «Cerco di soddisfare, innanzitutto, le mie necessità espressive; le opere sono una liberazione della creatività, tramite l’uso della materia e del colore, con la celata ambizione che la mia arte possa essere apprezzata e magari anche capita. Desidero solamente tramettere emozioni, enigmi, domande, ma anche sensazioni piacevoli di condivisione». Il percorso di studi prima e lavorativo poi hanno influito sul suo modo di essere artista? «Lo studio e il lavoro hanno avuto sempre la priorità perché fondamentali per la sopravvivenza. La mia passione è stata coltivata nel tempo, cercando di conciliare prima gli studi poi la vita professionale e di seguito l’attività artistica. Una giornata è fatta di 24 ore, per riposarci ne bastano 5-6, il resto è dedicato a studio, lavoro e attività artistica». Tra quelle realizzate, quali sono le opere a cui è particolarmente legato? «È difficile individuarne qualcuna nello specifico, perché ogni opera è una parte di te, di un tratto di strada, di un periodo particolare. Ci sono però opere alle quali sono legato maggiormente di altre, soprattutto a quelle che hanno segnato una svolta nel mio percorso e nel modo di rappresentare, che hanno significato la scoperta di nuove tecniche e modalità operative». Ha mai pensato di “vivere” solo di arte? «Il mio essere artista è legato a una condizione ideologica, propria di una necessità interiore. Non posso pensare di non poter più creare le mie opere, di inventare, di sperimentare, di realizzare, e il tutto, non presuppone il fatto di vivere di questo. La mia professione mi consente di vivere, con molta sobrietà; spero che il futuro possa darmi soddisfazioni anche da questo lato». Solitamente quando trova il tempo per realizzare le sue opere? «Non ho un tempo per l’arte e per il lavoro, quando sento la necessità di dedicarmi all’arte lo faccio. Può essere durante la giornata, la sera, la notte. Sono stati d’animo e sensazioni che non obbediscono a comandi o orari, rispondono a un meccanismo di cui non conosci l’origine, ma
L’architetto Rodolfo Lepre, seduto tra il Maestro Michelangelo Pistoletto e la vicesindaco di Aquileia Luisa Contin. Lepre vive ad Aquileia. Per maggiori approfondimenti sulle sue opere e sul suo percorso artistico: www.rodolfoleprearte.it
senti urgente il bisogno di sporcarti le mani di colore. Trascorro dei periodi anche lunghi di distacco e periodi di intensità quasi insopportabile. Lavoro in uno spazio dedicato nell’ambito della mia abitazione». In questi anni qual è il complimento che le ha fatto più piacere ricevere? «In generale il mio lavoro viene apprezzato e gradito, pur essendo anche difficile ed ermetico. Ricordo con grande gioia la visita di uno dei maggiori artisti contemporanei di livello internazionale, il Maestro Michelangelo Pistoletto, il quale ospite nel mio studio ha apprezzato il mio lavoro. Questo ricordo è gratificante, naturalmente assieme a quello delle persone che hanno appeso in casa propria un mio lavoro». Lei vive e lavora ad Aquileia: come definirebbe il suo rapporto con la città e il territorio? «Ho amato e amo molto questa città, la sua storia e i suoi monumenti, ho rinunciato ad andarmene, in età giovanile, pur avendo avuto diverse opportunità, ma che comportavano un trasferimento. Ho in genere buoni rapporti con i miei concittadini, coltivo belle amicizie con le quali periodicamente mi confronto. Ho vivo il ricordo della esposizione personale, tenutasi a palazzo Meizlik nel 2016, dove ho ottenuto un significativo riscontro di pubblico, realizzata con il fondamentale sostegno del Club per l’Unesco di Aquileia, degli Imprenditori Aquileiesi e della Cassa Rurale del FVG». I luoghi della sua quotidianità in che maniera hanno influito sulla produzione artistica di Rodolfo Lepre? «Aquileia e il suo territorio presentano delle peculiarità importanti; pensiamo a una giornata d’autunno o di primavera a osservare in silenzio le vestigia di Aquileia antica, ove i pensieri vagano alla ricerca di una risposta, di una storia da farsi raccontare, di una domanda sul futuro, di un perché; le sensazioni che provo sono indescrivibili
e influiscono fortemente sul mio modo di fare arte. Luoghi mistici come la stupenda Basilica, la sensazione magica che provo ogni volta che vi entro, spesso in solitudine. La mia produzione artistica è condizionata in parte anche dalle tracce che scopro in questi luoghi, dall’eredità del passato custodita nella contemporaneità, traducendo tutto in forme modulate secondo rilievi, asperità, scavi e graffi». Come valuta lo stato di salute del mondo dell’arte e degli artisti in Friuli Venezia Giulia? «Al contrario di quanto succedeva al tempo delle avanguardie novecentesche, sino agli anni ‘80, oggi gli artisti, in genere, sono molto indipendenti, tendenti quasi all’isolamento. Credo che noi tutti abbiamo la necessità del confronto, della discussione, per capire noi stessi e il nostro lavoro. Il FVG ha avuto e ha artisti straordinari, molti non hanno, e non hanno avuto, il successo meritato, sia di critica che commerciale. Il livello qualitativo dell’arte nella nostra regione, comunque, è alto». Attualmente sta lavorando a nuove opere? «Sto lavorando sul filone che mi è consueto, sempre con la materia protagonista. Ultimamente prediligo il nero e il bianco di fondo con campiture colorate. Trovo questi abbinamenti molto interessanti e appropriati, anche se non esaustivi. Riescono a darmi gli elementi per lavorare in modo soddisfacente ed emozionante. Sto cercando di togliere e non di aggiungere, una pratica che richiede complessità. La via non è semplice ma è essenziale per il mio percorso. Attualmente ho dei contatti e delle proposte per mostre personali da tenersi fuori regione. Ricerco solo la qualità espositiva: sto valutando e vedremo nei prossimi mesi cosa farò. Sicuramente continuerò a lavorare e a ricercare per le mie opere il “nuovo possibile”». Andrea Doncovio |
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PERSONAGGI
SILVANO CREMASCO Intervista di Andrea Doncovio
La scienza
del restauro
A Casarsa della Delizia risiede uno dei principali restauratori di radio d’epoca della regione. «Dalle componenti tecniche ai mobili che le racchiudono, ciascun modello ha caratteristiche peculiari da rispettare in ogni dettaglio». Perché l’evoluzione di questo mezzo di comunicazione ha viaggiato di pari passo con quella della nostra società.
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Seduto nella cucina della sua casa a San Giovanni di Casarsa della Delizia assieme alla moglie Lucia, Silvano Cremasco ha tra le mani un libro con gli schemi tecnici di centinaia di radio d’epoca. Classe 1939, originario di Loncon di Annone Veneto, è uno dei massimi esperti del settore in Friuli Venezia Giulia. Una passione nata in gioventù, grazie anche agli studi nella Scuola di Radiotecnica di Motta di Livenza, cui è seguita una vita da elettrotecnico, con esperienze anche a Milano. «Gli anni ’50 e ’60 – spiega Cremasco – sono stati un periodo di grande fervore nella produzione delle radio. Una sorta di spartiacque che le ha trasformate da oggetto elitario a prodotto acquistabile dalle masse. Dai telai in ferro si è passati a quelli in bachelite, con i collegamenti dei fili interni già predisposti. La scelta di puntare su materiali più economici consentì di abbattere i prezzi e diffondere così le radio su larga scala». A differenza di quanto accadeva negli anni ’30, agli albori della radio, quando questo mezzo di comunicazione era quasi uno status symbol… «I prezzi erano spaventosi per l’epoca: una radio poteva costare anche 2.000 lire, un vero e proprio ca-
pitale per quei tempi. Infatti la possedevano solo le persone facoltose». Nella sua vita professionale ha aggiustato centinaia di radio. Tuttavia, la sua passione è sistemare proprio i modelli più antichi: come mai? «Aggiustare una radio d’epoca è un lavoro complesso. Non si tratta solo di una questione tecnica, ma è il risultato di uno studio accurato e di un ragionamento preciso: dalla scelta dei materiali a quella dei colori, tutto deve seguire un percorso consequenziale nel rispetto della storia di quel determinato modello». Come fa Silvano Cremasco a conoscere tutte le caratteristiche delle radio d’epoca che restaura? «Tutto nasce dalla passione e dall’opportunità di averle viste in precedenza: nei mercatini, nelle fiere specializzate o semplicemente modelli che mi sono stati portati nel mio laboratorio per essere aggiustati. Inoltre possiedo diversi libri specialistici con gli schemi originali di tutte le case costruttrici di una volta, con i dettagli di ciascun modello e tutte le caratteristiche tecniche». Caratteristiche tecniche che negli anni si sono inevitabilmente evolute… «Quando ho iniziato a studiare negli anni ’50, le radio avevano valvole grosse come bottiglie. Già negli anni
In apertura, Silvano Cremasco tra diverse radio da lui riparate (ph. Denis Molinari). Sotto, l’evoluzione delle valvole interne alle radio: da quelle grandi come bottiglie, dei modelli anni ’30, a quelle più piccole dei decenni successivi.
Sopra, due modelli di Radiorurale: a sinistra in epoca fascista con i simboli del fascio; a destra con il fascio tagliato dopo la caduta di Mussolini. Sotto, non solo radio: modello di grammofono smontabile del 1929, riparato da Cremasco.
’60 poi, quando lavoravo a Milano, venivano utilizzati i primi transistor per i modelli di radio più piccole. Si usavano ancora i modelli a valvole, ma con quelle mini che svolgevano le stesse funzioni occupando molto meno spazio». Radio più piccole e maneggevoli, più economiche, ma esteticamente tutta un’altra cosa rispetto alle origini. «Una volta si puntava molto sull’estetica. Nel processo di realizzazione della radio erano impiegate maestranze diverse per i mobili e per la dotazione tecnica. Un tempo, poi, il mobile non era verniciato ma ricoperto con ceralacca. Personalmente ho aggiustato radio provenienti da molti paesi: Cecoslovacchia, Francia, Stati Uniti, ma dal punto di vista estetico ritengo i modelli italiani un gradino sopra tutti per stile e bellezza». A proposito di modelli, ce ne sono alcuni a cui è particolarmente legato? «Ogni modello ha una sua peculiarità, non solo dal punto di vista tecnico o estetico, ma anche storico. Penso alla Radiorurale che Mussolini donava alle grandi agenzie agricole affinché trasmettessero alla popolazione contadina i suoi discorsi. I modelli dell’epoca avevano inciso il simbolo del fascio, poi “tagliato” una volta caduto il regime. Penso anche a Radio Roma, dotata di 4 valvole anziché delle 5 tradizionali. Oppure il modello Nilo Azzurro della Radiomarelli: un apparecchio radiofonico utilizzato dalle truppe italiane durante i conflitti in Etiopia e Somalia per poter ricevere i segnali provenienti direttamente dall’Italia. Ogni modello d’epoca ha una sua storia speciale». Dalla storia al presente: quanto lavoro richiede il restauro completo di una radio d’epoca? «Molto, anche se dipende sempre dalle condizioni in cui si trova il singolo modello. Tuttavia la gente non si rende realmente conto di cosa significhi restaurare una radio d’epoca. Bisogna intervenire sul mobile con un importante lavoro di sistemazione, pulendo e lucidando, mantenendo inalterato ogni singolo dettaglio: dalla scala (il vetro che protegge il sistema per sintonizare le stazioni) alle manopole, tutto deve essere in linea con il modello originale. Lo stesso deve avvenire anche per la parte tecnica, con situazioni talvolta ancora più complesse». In che senso? «Bisogna sempre tenere in mente il contesto in cui veniva utilizzata la singola componentistica. Oggigiorno si utilizzano altoparlanti magnetici, mentre un tempo venivano utilizzati altoparlanti elettromagnetici che avevano il compito di generare un campo magnetico in grado di
creare le vibrazioni. Se non si tiene conto di molteplici dettagli come questo le radio non potrebbero tornare a funzionare». Per poter restaurare con precisione le radio d’epoca è necessario poter disporre dei pezzi necessari: lei dove li recupera? «La maggior parte si recuperano da altre radio, spesso in fiere o mercatini di settore. Tuttavia il numero delle radio d’epoca in circolazione sta diminuendo, quindi talvolta è necessario ingegnarsi creando da sé – con materiale idoneo – i pezzi mancanti. Un lavoro “invisibile” che porta via tempo e fatica e di cui le persone che mi portano le proprie radio ad aggiustare non sempre hanno percezione». Tra le radio aggiustate quale le ha creato maggiori difficoltà? «Una volta una persona mi portò un vecchia radio ritrovata in soffitta, utilizzata addirittura dai colombi come nido. Faceva impressione solo prenderla in mano. Grazie anche all’aiuto di mia moglie facemmo un grosso lavoro di sistemazione e l’apparecchio tornò come nuovo». Domanda all’apparenza banale: a Silvano Cremasco piace ascoltare la radio? «Quando lavoravo la tenevo sempre accesa. Magari non la ascoltavo, ma se non era in funzione non riuscivo a concentrarmi. Un’abitudine che mi porto dietro ancora oggi». Il restauro di una radio è un’arte per il lavoro che richiede e per il suono che può tornare a trasmettere. Ma c’è un modello che non è riuscito a riparare? Sorride. «C’è una radio degli anni ’40 che non sono ancora riuscito a sistemare a causa di una valvola molto particolare che, per caratteristiche specifiche, è complicata da aggiustare. Ma ci sto lavorando…» C’è da scommetterci che anche questa volta sarà lui ad avere la meglio. Andrea Doncovio
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PERSONAGGI
MAURO BUORO Intervista di Andrea Doncovio
Vita
e rispetto
Dopo aver coronato il sogno di raggiungere Berlino sui pedali, ad aprile percorrerà 330 km in 24 ore attraversando 39 diverse località del Friuli Venezia Giulia. Un’esperienza che replicherà anche in Veneto, Lombardia e Piemonte. Con un nuovo obiettivo. Raccontato in esclusiva a iMagazine.
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L’ultima istantanea ha la cornice della storia. La Porta di Brandeburgo come viatico tra passato e futuro. Tra l’obesità di 152 kg che mette in pericolo l’esistenza e il ritorno all’amore per la vita, sostenuto da una forza di volontà che ogni giorno si scopre più intensa. Una determinazione che si autoalimenta, dando nuovi impulsi, stimoli, sollecitazioni. Perché se quando tutto sembrava finito trovi la salvezza salendo sulla sella di una bicicletta, allora scendere diventa impossibile. E la spinta sui pedali si trasforma in un moto perpetuo che conduce verso emozioni e orizzonti molto più lontani dei chilometri divorati sull’asfalto. Mauro Buoro, in cosa consiste la sua nuova avventura in mountain bike? «Da tempo covo il desiderio di percorrere in bici il tragitto tra i due punti di confi ne più estremi dell’nordest e del nordovest d’Italia, partendo da Rabuiese per raggiungere Bardonecchia in provincia di Torino. Una coast to coast di 640 km attraversando FVG, Veneto, Lombardia e Piemonte. Nel frattempo, però, mi è venuta anche questa nuova idea: correre una Maratona di 24 ore per scoprire queste bellissime regioni durante il giorno, ma vedendole anche nelle ore notturne». E la prima regione sarà proprio il Friuli Venezia Giulia, in cui in 24 ore toccherà 39 diverse località. In base a quale criterio le ha scelte? 64
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«Come sempre fatto nelle precedenti esperienze, partirò dal mio comune di residenza: Ruda. La data prescelta sarà un fine settimana di aprile, in base alle condizioni meteo. Nello stilare il resto del percorso, ho trovato interessante percorrere la pianura del Friuli ai suoi confini, con le colline e i monti. Mi dirigerò prima a Trieste per poi iniziare l’ascesa verso la Carnia e quindi riscendere a Osoppo e proseguire per Aviano, Pordenone e poi verso il mare (Lignano) e tornare a casa. Il bello del FVG è che in 24 ore vai dalla Slovenia al Veneto, dal mare alla montagna». Sarà da solo o accompagnato da qualcuno? «Questa sfida sarà in solitaria, solo con la mia MTB. Mi mancherà la compagnia di mio figlio Michele che mi ha seguito in quella indimenticabile impresa Trieste–Berlino: 1240 km in 12 giorni, condivisi con lui nei momenti belli e in quelli difficili. Ma io lo sentirò nei miei pensieri durante l’intera maratona: lo vedrò fermo con l’auto in una piazzola che mi aspetta e mi fa le foto, o sotto un albero con la borraccia in mano e a incoraggiarmi urlando “sei un grande, papà!”. Mi ha però promesso che verrà ugualmente a farmi qualche foto». Cosa l’ha spinta verso questa sfida? In apertura, Mauro Buoro oggi e, nel partocolare, quando pesava 152 Kg. Pagina accanto, da sinistra: la piantina con il percorso della maratona 24h; Mauro Buoro con il figlio Michele sotto la Porta di Brandeburgo a Berlino.
«Avere sconfitto l’obesità che mi portavo addosso da tanto tempo ed essere riuscito a dimagrire 70 kg in 4 anni. Quindi il desiderio di migliorare le prestazioni sportive verificando dove posso arrivare con le mie sole forze fisiche e mentali. Ne ho passate tante nella mia vita per i problemi provocati dall’obesità. Ma adesso ho trovato serenità e tanta fiducia in me stesso. Sto bene e la mia mente è libera da pensieri negativi: ho tanta forza di volontà». Nella presentazione dell’iniziativa ha sottolineato l’importanza del reciproco rispetto sulla strada tra automobilisti e ciclisti: nel nostro territorio come giudica lo stato delle cose a riguardo? «Per strada vedo cose che mi fanno passare la voglia di andare a correre. Non c’è rispetto tra queste due categorie: tutti pensano di avere ragione anche quando la colpa è evidente, nella convinzione che la causa è sempre dell’altro. Manca educazione stradale e va insegnata nelle scuole già in giovane età. Se nelle rotatorie dovessi passare solo perché ho la precedenza sarei già morto venti volte, e non esagero. Tralasciando il resto: gli insulti, i tagli della strada durante le svolte, gli spruzzi dell’acqua dei tergicristalli, le urla per utilizzare la pista ciclabile anche quando non c’è, gli sfiori ad alta velocità. È vero però che per le strade ci sono anche gruppi indisciplinati di ciclisti. Io dico semplicemente: rispettiamoci». Lei è reduce dall’impresa della scorsa estate: da Trieste a Berlino sui pedali. Percorrendo le strade di Austria e Germania quali sono le differenze rispetto all’Italia nel rapporto con i ciclisti? «Tasto dolente, troppa differenza. Le piste ciclabili da noi ci sono, non tante ma stiamo migliorando. Ho percorso i 400 km della ciclabile Alpe Adria, da Grado a Salisburgo: la cosa che si nota subito in Austria sono i tanti cicloturisti anziani con le loro bici, attrezzate con borse e luci, e tutti con giubbino fluorescente per essere visibili pure nelle strade. Ma anche tante famiglie con i bambini piccoli e genitori con i carrettini omologati per neonati, con una
bandierina per segnalare la loro presenza. Per la Germania è sufficiente questa esperienza: andando verso Lipsia, lungo una delle poche strade prive di ciclabili, la corsia era stretta e la pendenza in salita mi costringeva ad andare piano. Tutti i camion sono rimasti rigorosamente dietro di me aspettando che io scollinassi per superarmi solo allora, a due metri di distanza. Un altro pianeta». Torniamo all’impresa di Berlino: giungere sotto la porta di Brandeburgo dopo aver percorso 1.240 km in bicicletta cosa ha significato per lei? «Un sogno. Passare sotto la porta di Brandenburgo e dire “io ce l’ho fatta” è stata un’emozione unica. Non scorderò mai gli ultimi due chilometri percorsi assieme a mio figlio Michele: non so spiegare cosa abbiamo provato in quel momento, ma so che ho avuto la forza e la fortuna di viverlo». Quell’esperienza come le ha cambiato la vita? «Ho acquisito tanta fiducia in me stesso e consapevolezza della mia forza di volontà. Se crediamo in noi stessi si può fare quasi tutto nella vita. E poi il sostegno della gente: mi fermano per dirmi “Ti ammiro, sei un esempio”. A tutti spiego che una corretta alimentazione e una buona attività sportiva rendono la vita più bella. Un’associazione che aiuta le persone a trovare la forza di iniziare una dieta controllata e a trovare la fiducia in se stessi mi ha addirittura invitato come testimonial. Una visibilità – ci tengo a sottolinearlo – figlia anche dell’attenzione mediatica che iMagazine ha dato alla mia storia». Dal passato al futuro: dal punto di vista fisico, come si sta preparando per percorrere 330 km in 24 ore? «Sono in ritardo nella preparazione a causa di un’operazione alla gamba fatta lo scorso ottobre. Mi alleno come sempre: tanti chilometri su e giù per la strada costiera che conduce a Trieste, ottima per allenarsi con il suo saliscendi e il panorama |
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fantastico. Esco anche alla sera per abituare il mio corpo per la notte e faccio molta attenzione all’alimentazione: per una corsa così lunga non devo avere crisi di fame o cali di glicemia, devo sapere dosare bene le forze fisiche ma anche mentali perché questo fa la differenza». Dalla lunghezza del tracciato al transito notturno in strade non sempre illuminate: quali sono le criticità che teme maggiormente di questa impresa? «Ho deciso di partire da Perteole in direzione Trieste alle ore 24 di venerdì perché con l’ora legale avrò più luce alla mattina e la notte sarà più corta. Sono attrezzato per l’illuminazione con batterie che mi permettono di avere una buona visuale sulla strade per evitare buche o ostacoli. Grazie a un apposito giubbino giallo sarò ben visibile agli automobilisti. Ciò che temo maggiormente è il freddo: la stanchezza e la mancanza di sonno possono creare problemi di termoregolazione del corpo. In poche parole non devo sentire freddo dentro. Ma la mia determinazione farà la differenza». Un’impresa che rappresenta solo la prima tappa di un percorso… «Dopo il FVG passerò a Veneto, Lombardia e Piemonte: seguirò i confini delle pianure, cercando di usare meno possibile le strade statali, attraversando piccoli paesi, bellissimi borghi e località storiche. Nella loro scelta mi confronterò con l’amico Fabio Ferrarini, dottorando all’Università di Milano, giovane storico della cultura della Mitteleuropa. Entrambi siamo dei viaggiatori». Qual è il messaggio che desidera trasmettere con questa sua sfida? «Io ho sofferto molto per la mia obesità. Mi sentivo impacciato e goffo, ma non ho mai perso la mia dignità e la fiducia in me stesso. A volte bisogna trovare le persone giuste che ti aiutano e cercare di avere tanta forza di volontà per trovare il proprio benessere. Ecco cosa voglio trasmettere». “Trova una motivazione, ti salverà la vita” è una frase a lei molto cara. Dopo aver realizzato il sogno di Berlino, qual è ora la nuova motivazione? «Voglio vivere e promuovere il rispetto sulle strade verso noi ciclisti: siamo persone, padri, amici, mariti, nonni, e pedalare ci fa stare bene. E quando saliamo in sella vogliamo anche tornare a casa. Così ora la mia motivazione è riassunta in nuovo messaggio: “Lotta all’obesità e rispetto sulle strade”. Mi piace pedalare ma voglio tornare a casa dai miei cari». Andrea Doncovio
UNESCO CITIES MARATHON Servizio della redazione Immagini di Foto Petrussi
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Correndo nella storia Domenica 25 marzo è in programma la sesta edizione dell’unica maratona al mondo che collega tre siti Unesco. Con numerose competizioni collaterali. Eccole nel dettaglio.
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L’Unesco Cities Marathon è l’unica maratona al mondo che collega tre siti appartenenti al Patrimonio Mondiale dell’Unesco: Cividale del Friuli, Palmanova e Aquileia distano esattamente 42,195 chilometri, la lunghezza classica della maratona.
Un evento giunto alla sua sesta edizione che quest’anno si correrà domenica 25 marzo, con partenza dalla città ducale, transito per la città stellata e arrivo nella città romana. Un evento sportivo per il quale, come tradizione, centinaia di volontari della Protezione Civile regionale garantiranno la sicurezza monitorando la chiusura delle strade su cui transiteranno gli atleti. Anche il casello autostradale di Palmanova resterà chiuso dalle ore 9 alle 15.30 della Domenica delle Palme. Oltre alla classica maratona, sono in programma numerose altre gare collaterali: Iulia Augusta Run: gara individuale sulla distanza di 21 km che percorrerà il tratto finale del percorso della maratona. Partenza da Piazza Grande, a Palmanova, e arrivo in Piazza Capitolo, ad Aquileia, di fronte alla Basilica. Unesco in Rosa: nuova gara tutta al femminile che partirà da Terzo di Aquileia e permetterà di raccogliere fondi per LILT - Lega Italiana per la lotta contro i tumori. La manifestazione è aperta alle sole donne, anche di età minori, purché queste accompagnate e sotto la tutela dei genitori. Ogni partecipante è libera di coprire il percorso al passo che ritiene più opportuno in base al suo stato fisico di preparazione. Ogni partecipante è tenuta ad indossare il giorno della manifestazione la t-shirt celebrativa dell’evento. Due scatti della scorsa edizione: di fianco gli atleti della Roller Marathon; in alto i partecipanti alla 42 km.
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Nordic Walking: per chi corre, ma anche per chi cammina con i bastoncini. Prova a carattere ludicomotorio riservata agli appassionati della “camminata nordica”. Come la gara podistica, la Iulia Augusta Nordic Walking scatterà da Piazza Grande, a Palmanova, e arriverà in Piazza Capitolo, ad Aquileia, per una distanza di 21 chilometri. TriSport Cities Unesco: nuoto, bici, corsa. Il triathlon scatterà sabato 24 marzo con la frazione di nuoto (750 metri) che si terrà alla piscina di Feletto. Il giorni dopo sono invece in programma le altre due frazioni di gara: la prova ciclistica, sul percorso da Cividale a Palmanova (25,600 km), e quella podistica, sul tragitto da Palmanova ad Aquileia (16,595 km). Unesco Roller Marathon: sui roller lungo l’intero percorso della maratona podistica (da Cividale ad Aquileia). La manifestazione è aperta a tutti gli atleti in regola con il tesseramento per l’anno in corso appartenenti a Società regolarmente affiliate alla FIHP. Special Olympics: evento per le persone, ragazzi ed adulti, con disabilità intellettiva. Partenza da Terzo d’Aquileia, arrivo alla Basilica di Aquileia. Lunghezza totale del percorso: 4 chilometri. Gara non competitiva aperta anche agli accompagnatori. Info: www.unescocitiesmarathon.it
Torna a Doberdò il
Memorial “Alan Tantin”
Mercoledì 25 aprile al centro visite Gradina di Doberdò del Lago, il gruppo di amici del compianto Alan Tantin (nella foto in alto al bilanciere durante una gara) organizza la nona edizione della gara di Powerlifting targato WDFPF, World Drug Free Powerlifting Federation. All’evento presenzierà il presidente federale Ivano Bianchi, grazie al cui impegno ormai più che ventennale è stato possibile rendere uno sport ‘disciplina non olimpica’ come il Powerlifting appetibile alle grandi sigle di promozione sportiva, quali l’AICS (Associazione Italiana Cultura e Sport), con cui è stato recentemente siglato un protocollo d’intesa. «Non abbiamo nessuna associazione alle spalle – spiega Michele D’Urso, portavoce del gruppo formato da Cristiano Staropoli, Gianluigi Batzu, Nicola Miani, Luigi Stanic, Elena Luzzi, Anna Pe-
iMagazine media partner dell’Unesco Cities Marathon
Rafforzando un rapporto ormai consolidato negli anni, anche per l’edizione 2018 iMagazine sarà media partner dell’Unesco Cities Marathon. Sia in piazza Grande a Palmanova – punto di partenza della mezza maratona e della Nordic Walking Run, oltre che punto di passaggio della maratona ufficiale, della Roller Marathon e del Triathlon – sia nell’area d’arrivo in piazza Capitolo ad Aquileia, la comunicazione audio-video delle gare e delle premiazioni sarà garantita dai maxischermi iMagazineVideoTruck. triccione, Felice Vozza e Giulio Boico – e questo ci complica non poco le cose, nonostante io sia anche il delegato del Friuli Venezia Giulia per la WDFPF. Per fortuna con l’aiuto dei volontari e degli sponsor, riusciamo a mettere in piedi questo piccolo ‘miracolo’ sportivo: tutti uniti grazie all’amicizia che ci ha donato Alan». Alla gara sono attesi atleti da tutto il Triveneto: al Memorial Tantin, che è open, è abbinato sempre infatti anche il Campionato Triveneto di distensione su panca. Per l’accesso alla gara viene utilizzata la formula ‘EASY’ WDFPF, ovvero non occorre che i partecipanti siano tesserati di federazione. Questo per favorire la diffusione di questo sport. «In sostanza – sottolinea D’Urso – la nostra è una gara per principianti, anche se negli anni scorsi abbiamo sempre avuto un livello discreto, grazie alla costante presenza di atleti regionali di indubbio valore come Ivan Noacco, Gary Lee Dove e Pierluigi Weber. Lo scorso anno abbiamo raggiunto il culmine con le partecipazioni prestigiose di Pasquale Fernandez e Roberto Campion, ovvero gli ultimi due campioni d’Italia dei pesi massimi. Anche le ragazze non scherzano: la nostra esordiente Anamaria Frasin, dopo aver rotto il ghiaccio proprio al Memorial Tantin, si è andata a prendere il titolo italiano a Biella. Senza scordare gli atleti che si cimentano anche in altre discipline, come Paolo Palomo Lanzaro, praticante Biathlon e CrossFit, che coglie sempre risultati di rilievo un po’ dovunque». |
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F I G L I D I U N O S P O R T M I N O R E o v v e r o , s a r a n n o ( s t a t i ) q u a s i f a m o s i !
Le dodici fatiche… del CrossFit La scienza dell’allenamento, intesa come studio completo, oserei dire ‘olistico’, della spiegazione di tutte le reazioni che accadono in un soggetto che si allena, è relativamente giovane. Ma se ci limitiamo alla domanda del “come posso fare per aumentare le mie prestazioni?”, troviamo prove che certificano il suo inizio addirittura nella mitologia. Dal vitello portato sulle spalle da Milone di Crotone alle lunghe nuotate di Chilone di Patrasso, tutti i competitori di qualsiasi disciplina si sono posti il quesito. Il CrossFit, sport relativamente giovane, a detta di molti, me compreso, risponde con efficacia a questo antico dilemma; ne chiedo conferma a Tiziano Verdelli, istruttore e fondatore assieme a Michele Pacor e Danilo Innocenzi, dell’ASD Hangar X di Ronchi dei Legionari. Tiziano, è d’accordo sulla mia introduzione? «Si sono d’accordo, anche se una descrizione in versione “mitologica” non l’avevo mai sentita. Più che dodici fatiche sono molto importanti le dieci qualità fondamentali che alleniamo nel CrossFit: resistenza cardiovascolare e respiratoria, stamina (capacità di produrre, immagazzinare e utilizzare energia), forza, flessibilità, potenza, velocità, coordinazione, agilità, equilibrio e precisione. Tutto ciò rende il CrossFit portatore di veloci risultati: il segreto sta nell’intensità sempre molto alta dei circuiti di allenamento. Abbiamo anche numerosi studi scientifici che provano la bontà della nostra disciplina». Prima del CrossFit ha praticato altri sport?
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«Diversi: canottaggio, canoa fluviale, rugby, sci alpino, sci di fondo, scialpinismo e mountain bike. Professionalmente ho iniziato a insegnare più di 25 anni fa, ai tempi d’oro del body building e dell’aerobica. Ho vissuto il cambio dalle “vecchie” palestre ai “centri wellness” come un’opportunità di crescita e mi sono dedicato, fra i primi, allo studio e alla pratica di tre discipline che non ho più abbandonato: il pilates, il power yoga e il functional training. Mi ritengo fortunato e bravo ad aver intuito questo cambiamento, in quanto lo studio di tali discipline mi ha dato una conoscenza ‘completa’ del mestiere». Come è arrivato al CrossFit? «Il passaggio è stato naturale in quanto il CrossFit è “un allenamento funzionale costantemente variabile ad alta intensità”: pane per i miei denti, insomma. Circa 8 anni fa ho cominciato a sentirne parlare, ho fatto delle ricerche in rete, mi ha interessato e ho iniziato a seguire i corsi presso uno dei primi “box” - come vengono chiamate le palestre CrossFit - in Italia, a Milano. Un paio d’anni dopo ho deciso di dare l’esame per la certificazione ufficiale CrossFit e ottenere la licenza per poter aprire un box». Come nasce la vostra associazione? «Dalla passione, intesa sia come amore per la disciplina che dedizione per gli allievi». Questa disciplina deriva dall’addestramento militare? «Non proprio, anche se molte volte lo sento dire. Negli Stati Uniti anche i pompieri e le forze dell’ordine in genere usano il CrossFit come allenamento per le dure prove della loro professione. Da questo si può dedurre come sia utile a qualsiasi persona perché ci prepara alle difficoltà che incontriamo giornalmente nella nostra vita». Ci sono competizioni regolamentate da una federazione? «Attualmente non ci sono federazioni in Italia; le gare sono organizzate dai box presenti sul ter-
In questa pagina, due immagini di allenamento all’interno della palestra dell’Hangar X di Ronchi dei Legionari. Pagina accanto, foto di gruppo degli atleti: Tiziano Verdelli è il primo in piedi da sinistra.
ritorio, come l’appena concluso campionato regionale. Gli atleti praticanti vengono divisi in categorie in base al livello di allenamento e in base all’età. Con grande soddisfazione, nella categoria donne la nostra Valentina Pisano si è piazzata al primo posto. E non sono mancati altri piazzamenti di rilievo, come quello dell’ottimo Michele Forte, sul podio al terzo posto nella categoria over 40. Le gare “importanti” sono organizzate dalla CrossFit, che è un marchio registrato, tramite il suo sito. Una gara si svolge partecipando al WOD (work of day), che è il classico circuito che caraterizza ogni classe di CrossFit. I WOD sono pubblicati ogni settimana sul sito ufficiale, dove vengono registrate le prestazioni di atleti di tutto il mondo, certificate da un giudice; ciò permette che solo i più forti vengano selezionati per partecipare ai livelli superiori, fino ai CrossFit Games, competizione che si tiene negli Stati Uniti». Con che criterio si scelgono gli esercizi sui quali competere? «Non esiste un gruppo o un numero di esercizi: il CrossFit si basa sulla continua variabilità degli allenamenti e questo principio si ritrova poi nelle gare dove si può trovare di tutto, dagli esercizi classici del weightlifting alla corsa, salti, nuoto, vogatori… Per esempio, in una finale dei Games, il primo WOD richiedeva di portare nel minor tempo possibile un numero prestabilito di sacchi molto pesanti giù dalle gradinate dello stadio, lanciarli oltre un muro, trasportarli con una cariola e riportarli in cima alle gradinate. E questo era solo il primo WOD…» Quale soddisfazione professionale la entusiasma di più: un allievo che vince una competizione o un allievo che recupera una buona condizione fisica? «Sono due soddisfazioni diverse ma entrambe molto entusiasmanti. Nel nostro box non alleniamo solo atleti dediti a gare CrossFit, ma anche atleti di altre discipline:
lo scopo primario è portare in buona condizione fisica qualsiasi persona. L’ambiente nel ‘BOX’ è magnifico perché è il gruppo che si crea a stimolarti a raggiungere ogni giorno risultati migliori, non solo il carisma dell’istruttore». C’è un limite massimo di età per la vostra attività? «No assolutamente; abbiamo nonne che si allenano e assicuro che danno filo da torcere
alle ragazze più giovani. Una di queste ‘nonnine’ è una nostra coach trainer; io stesso, con i miei 50 anni suonati, non mi tiro certo indietro durante i WOD». E già, non ci si tira indietro. Perciò non mi resta che augurare all’ASD Hangar X CrossFit T20, un futuro ricco di soddisfazioni e... sudore. Non per niente, caccia esclusa, ogni volta che vedo un atleta di CrossFit allenarsi, mi vengono sempre in mente le 12 fatiche di Ercole! Chiunque voglia segnalare “un mito della porta accanto”, può scrivere alla redazione di iMagazine: info@imagazine.it |
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FIORI E PRIMAVERA
Il risveglio della natura
Rubrica a cura di Rossella Biasiol. Immagini di Francesca Bottari
FIORI E PIANTE
In collaborazione con la Scuola Fioristi del Friuli Venezia Giulia, prende avvio una rubrica dedicata al mondo dei fiori e della piante. Prima puntata incentrata sull’origine del Fiore della Vita L’etimologia di una parola ci apre spesso una finestra su un mondo che dovremo imparare a guardare con altri occhi, quelli del cuore, un po’ come facevano le antiche donne di guarigione tanto tempo fa. “Primavera”: dal latino primo (inizio) ver, da una radice indoeuropea col senso di ardente, splendente. L’etimologia ci rivela quindi che la primavera è inizio splendente per l’intero regno della natura: tutto si risveglia, si rigenera, torna a nuova vita dopo il sonno dell’inverno. Sembra di sentire nell’aria il sussurro “si ricomincia!”: la luce aumenta, l’aria si profuma, i fiori sbocciano, i prati e le siepi si colorano di tinte pastello, gli alberi si stiracchiano, una musica meravigliosa, una vibrazione che entra nel cuore: è armonia, è risveglio di antiche Il Fiore della Vita
memorie. Ogni volta che sento parlare di armonia e fiori il mio pensiero va subito ai libri sacri, alla Genesi, in particolare al terzo giorno quando “Iddio disse: produca la terra verdura, erba, che faccia seme ed alberi, che portino frutto ciascuno secondo la sua specie”. Semi, una precisa richiesta di continuità alla quale la Terra è chiamata a rispondere: ogni seme porta in sé la riproduzione della sua specie, si trasforma, fiorisce, diventa frutto e attraverso il seme ritorna alla terra per dare seguito alla sua specie. Con ordine e armonia, nascita e rinascita. Lo scienziato Drunvalo Melchizedek, nel suo libro L’antico segreto del Fiore della Vita, racconta che ogni movimento nella Genesi produce una vasta conoscenza e forma uno schema ben preciso composto da un insieme di cerchi (vedi fig. 1). Lo schema della Genesi altro non è che un fiore a sei petali conosciuto anche come Fiore della Vita. Quando ho aperto gli occhi sul Fiore della Vita mi sono ricordata di un gioco che facevo da bambina con il compasso: lo facevate anche voi questo meraviglioso fiore che arrivava direttamente dai ricordi della vostra anima? Il Fiore della Vita, chiamato anche Sesto giorno della Genesi, si ottiene dalla rotazione di sei cerchi, corrispondenti ognuno a un giorno della Creazione e rappresenta tutto il Creato; è un simbolo che è stato ritrovato nell’architettura e nella cultura di popoli antichissimi, dagli Egiziani agli Etruschi, agli Ebrei, ai Celti o ancora sulle cattedrali gotiche di tutta Europa. Simbolo potente di guarigione
e protezione, porta in sé la magia: nella sua struttura completa viene riconosciuto uno dei canoni principali più antichi del concetto matematico di bellezza e armonia, la presenza del numero aureo (PHI 1,618), esotericamente considerato sacro e presente nella natura. Dunque quando parlo di primavera parlo di un risveglio potente della magia e dell’energia che si esprimono attraverso la forma, il colore e il profumo di fiori e foglie: parlo di bellezza, una bellezza delicata naturalmente, ma che ci fa stare bene, ci fa sentire in pace con noi stessi e con il resto del mondo. Sant’Agostino diceva: “Gli occhi si dilettano con le cose che hanno le corrette proporzioni”. I fiori, gli arbusti, gli alberi sono perfettamente in proporzione per forma e per colore e, per la precisa richiesta che fu fatta alla Terra tanto tempo fa, devono riprodursi, devono attrarre gli insetti per dare il via al processo di continuità della specie. Avete mai osservato bene le api e i fiori? I fiori si fanno affascinanti e misteriosi per le api, le richiamano con il colore, il portamento, la forma e il profumo: è un gioco che fanno anche gli innamorati. E l’essere umano perché è tanto attratto dai fiori? In tutti gli esseri viventi esiste un’innata capacità di valutare ciò che è in grado di restituire energia e benessere: i fiori “lavorano” con noi come se fossimo grandi insetti, ci attraggono e con la loro energia ri-
fig. 1
sanatrice, fatta di colore-forma-profumo, vanno a toccare positivamente il nostro stato d’animo mettendolo in equilibrio. Dunque è importante per l’uomo ri-tornare al suo posto nel regno naturale, ri-prendere il suo dialogo con i fiori considerandoli come esseri fisici e non solo come strumento di pura decorazione. Diamo il benvenuto ad alcuni di essi guardandoli con altri occhi. Buona armonia
Rossella Biasiol
Presidente della Scuola Fioristi del FVG www.scuolafioristifvg.it
Bucaneve: il suo nome botanico è Galanthus nivalis, fiore color latte della neve. Porta l’energia del coraggio, della forza e della speranza per affrontare al meglio i cambiamenti della vita. I sottili steli eretti portano un singolo fiore bianco a campanula formato da tre petali esterni allungati e tre interni meno visibili, segnati da una maculatura verde: il numero magico dell’armonia 3 + 3.
Narciso (foto in apertura): originario dell’Europa, il suo nome deriva dalla parola greca narkào (stordisco) e fa riferimento al profumo inebriante dei fiori di alcune specie; per la sua forma viene associato al Fiore della Vita: è simbolo di rinascita, rigenerazione, gioia e speranza. Spesso, contenendo in sé il numero 6, viene anche associato alla Ruota della Vita celtica, un’antichissima forma di calendario che segna il ciclo delle stagioni durante l’anno. Con la sua energia apre i canali della comunicazione, aiuta a scrivere, fare discorsi, consente di portare a termiPratolina: l’origine del suo nome secondo le ipote- ne i progetti. si moderne deriva da bellus (bello, grazioso), mentre il nome perennis fa riferimento al ciclo biologi- Viola: è il colore dei fiore che ha dato il nome co di questa specie. Il suo capolino porta in sé la a queste piccola pianta conosciuta fin dai temspirale aurea, il numero dei suoi petali corrispon- pi più antichi nel bacino del Mediterraneo. L’arde a uno dei numeri magimonia è presente con il ci di Fibonacci. Con la sua numero 5 di Fibonacci e energia la pratolina ci accoil colore complementare glie nei campi in primavedi petali e foglie. Con la ra, allontanando le situaziosua energia la viola mini drammatiche e stressangliora la chiaroveggenti, semplificando la vita e faza aprendo il chakra del vorendo il rilassamento e la terzo occhio e guarisce cura di sé. dal dolore. |
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ALLA SCOPERTA DI... LA TRATTORIA “AL PEON” Servizio e immagini di Alberto V. Spanghero
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Una gemma
nel limbo
A Turriaco da 250 anni è attiva una delle realtà più antiche in Friuli Venezia Giulia nel campo della ristorazione. Che, paradossalmente, non è ancora riuscita a ottenere il titolo di “Locale Storico”...
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Ormai viene accettato quasi da tutti che il paese di Turriaco si possa definire il “Cuore della Bisiacaria” per almeno due motivi. Il primo si riferisce alla qualità della parlata del dialetto bisiàc che a Turriaco permane abitualmente in uso e che ancora viene parlato con l’antica musicalità che lo contraddistingue dagli altri dialetti veneti. La seconda considerazione potrebbe ascriversi alla vivacità della varie associazioni locali, che risultano molto attive nel campo dell’arte musicale, corale, teatrale e soprattutto in quella della produzione letteraria che, dati alla mano, risulta in proporzione al numero degli abitanti in Bisiacaria ben oltre alla media. Periodicamente nelle varie sale a disposizione si organizzano mostre, convegni e concerti musicali. Insomma Turriaco è un paese che “offre”. Tra i fiori che compongono l’aiuola del giardino culturale turriachese ricordiamo in primis l’ultra centenario Coro Parrocchiale San Rocco che risale al 1744 e la società Filarmonica Turriachese nata nel 1870. Poi di seguito per anzianità abbiamo l’Unione Sportiva Isonzo Turriaco (U.S.I.T.) nata nel 1922, la Bocciofila nata nel 1947 e la Pro Loco costituita nel 1964. Si può continuare, solo per citarne alcune, con la pallavolo Libertas, il tennis e il calcetto. Attivi in tutto il territorio sono il Gruppo Teatrale (1994) del
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Circolo Culturale e Ricreativo don Eugenio Brandl e il Gruppo dei Costumi Tradizionali Femminili Bisiachi, conosciuto in Italia e all’estero, e altre realtà associative non meno interessanti e attive. Ma in una storia, c’è sempre un ma: il fiore che più di altri si può definire all’occhiello e vanto per la comunità, secondo il parere nostro e di molti, risulta essere, sia per il tono di colore locale che dà, sia e soprattutto per la fragranza del “profumo” che emana, la Trattoria “Al Peon” di Renzo Spanghero di Turriaco, famosa in tutta l’Italia per il suo succulento piatto di polenta e baccalà. Vera delizia per il palato di intenditori locali e forestieri. Ne fanno da corollario enogastronomico in piazza Libertà il bar pasticceria “Adriatica” di Luigi Rizzo, ex Martinuzzi, il bar “ Bisboccia”, ex albergo, il “Baretto 19” di Mao Jianqin, la trattoria “Ta’l Curtivòn” e leggermente decentrati sulla provinciale Gorizia-Grado “la Baracca del pesce”, e la trattoria “Alla Roggia” adiacente all’omonima Roia del mulin vec’, la cui presenza a Turriaco viene attestata in un documento risalente al 1312. Conosciute in tutto il territorio per la simpatia le “private” di Luigi Cecchini e Zaira Buttus in Lepre. Fra le numerose realtà che operano nel campo della ristorazione in Friuli Venezia Giulia, quella della famiglia Renzo Spanghero, meglio conosciuta come “Al Peon” di Turriaco, si distingue per la straordinaria bontà dei suoi piatti in cui si riscoprono i sapori di antiche tradizioni. Ma quello che più conta e fa grande meraviglia ai fini della conoscenza sociale e culinaria è soprattutto la sua lunga storia. Una storia affascinante che ha attraversato tutte le vicissitudini umane immaginabili e possibili iniziate già sotto la Repubblica di Venezia e continuate, prima sotto il periodo napoleonico e poi per un secolo sotto l’impero asburgico, giungendo sino a noi, viva e vegeta più che mai. Una storia che affonda le proprie radici nel profondo delle nostra cultura e della nostra tradizione. Non si trat-
In questa pagina, in alto: una foto del Peon oggi; in basso, Ariella e Renzo con i figli Davide e Ilaria Pagina accanto, in alto: La locanda Spanghero nel Settecento. Disegno di Walter Dusatti; in basso: Giuseppina Minin e Ettore Spanghero il giorno del loro matrimonio.
ta di una storia che nasce nel buio dei tempi, ma una storia documentata con un provato inizio in cui vengono certificati nomi, date e luoghi. La trattoria “Al Peon” di Turriaco risulta essere per continuità esercitata dalla stessa famiglia una delle più antiche, se non la più antica, della regione Friuli Venezia Giulia. Questa splendida realtà, giunta indenne sino ai giorni nostri dopo aver attraversato tutti i marosi della storia, emana ancora un certo fascino e mistero. La grande avventura, documenti alla mano, risale al 1767, quando il Territorio di Monfalcone era ancora sotto la Repubblica di Venezia, in cui un certo Valentino Spangher risulta essere l’oste di un’osteria a Turriaco, posta sulla strada “Par San Piero”. Cosa potesse offrire una locanda come quella di Tin Spangar a quei tempi in un paese a economia prettamente agricola, oltre al vino e a un menù povero, di stagione e soprattutto saltuario, lo possiamo soltanto immaginare: una minestra di fagioli o di verdure condita con il pestà cu la crodia, late fresc pena munzù cu la polenta brustulada, forse il famoso zuf cu le frize, polenta frita cu’ lardèl e, quando c’era, al toc’ de carne cu le patate, ovi cu la martondela e qualche sanguanèl. Nel periodo pasquale poi si potevano trovare ovi duri cu’l radic’ de zocheta, fortaia cu i urtissoni, ovi duri cu i sparasi salvadeghi, polenta missiada cu’l radicèt cundì cu l’ai taià gros, la radicela (tarassaco) i confenoni (papavero) e lo straordinario risoto cu i s’ciopeti (vescicaria).Vero richiamo per intenditori: pes frit de l’Isonz e il succulento e ricercato piatto di polenta e guite (pispole). Nei mesi invernali sicuramente non mancavano le squisite luganeghe frite ta’l vin bianc e gli straordinari crudeghini cu la sbroada. I condimenti erano il saìn (strutto), il grass de oca (grasso d’oca) che però si usava più per lenire ematomi e dolori muscolari, al pesto (battuto di lardo), molto di rado il burro e gli oli che venivano usati con parsimonia, quasi fossero dei medicinali. Ma il piatto che più di altri trovò immediatamente il fa-
vore della clientela locale e di quella di passaggio per qualità e prezzo fu sicuramente lo straordinario polenta e bacalà. Non ci è dato di sapere quando questo appetitoso pesce disseccato fece la sua comparsa sulle mense della Bisiacaria: forse arrivò per via mare attraverso i porti di Grado e Monfalcone. Il baccalà fino a non molto tempo fa era considerato un alimento della cucina povera.
L’hostaria Spanghero: la storia in sintesi
Nel periodo della Serenissima la locanda era di proprietà di Valentino Spangher oste (1734-1799). Dopo la caduta della Repubblica di Venezia, l’osteria era condotta da Antonio, figlio di Valentino (1776-1845) e usciva indenne dal terremoto napoleonico (1797-1815). Poi trascorsero in tranquillità i cento anni sotto l’impero Austriaco (1815-1915), che vengono tuttora ricordati da molti come un periodo di grande pace e serenità. Gli osti che si alternarono in quell’epoca furono Giuseppe, Marco e Vittorio Spanghero, che oltre a fare l’oste faceva anche il cestaio. Durante la Grande Guerra con Vittorio al fronte come soldato austro-ungarico, l’osteria veniva portata avanti dalla moglie Romana Cosani. In quel triste periodo il Monfalconese, occupato dall’Esercito Italiano fin dal giugno 1915, si era venuto a trovare improvvisamente in prima linea al fronte. A Turriaco, infatti, stazionavano normalmente dai 5 ai
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10 mila soldati. Immaginarsi la confusione che vi regnava in un paese di poco più di mille abitanti con trenta osterie spuntate come funghi e due case di tolleranza. Ma dopo quattro anni di patimenti e sciagure, anche la guerra terminò lasciando dietro di sé lutti e miserie. La trattoria Spanghero, pur riportando qualche ammaccatura, riusciva fortunatamente a salvarsi dalla distruzione e a proporsi al nuovo cambiamento geografico e politico: le vecchie province di Trento e Trieste, infatti, passavano dall’Austria all’Italia. Nel dopoguerra la vita della trattoria scorreva nell’abbandono e nella stagnazione sociale. Con il ventennio la situazione economica assumeva i contorni che rispecchiavano grosso modo la frenesia politica del momento: adunate, saggi ginnici, commemorazioni, sfilate erano all’ordine del giorno. Ettore, il figlio di Vittorio, subentrava al padre e assieme alla madre Romana e alla moglie Giuseppina Minin dava nuova lena all’attività con la costituzione nel 1947 della “Bocciofila Turriachese”. Negli anni Sessanta, morto Ettore nel 1966, la figlia Vittoria subentrava al padre. Nel 1971 la conduzione della trattoria Spanghero passava a Renzo, figlio di Ettore, il quale, coadiuvato dalla moglie Ariella Donda, ostessa e cuoca, cambiava la ragione sociale dell’esercizio battezzandolo con il nome di “Peon”. Attualmente a gestire la Trattoria, oltre a Renzo e Ariella, sono i figli Davide come cuoco e Ilaria come banconiera.
Futuro e… passato
Alcuni degli oggetti storici presenti all’interno del locale: dall’alto Al masenin del cafè, la radio a tre valvole, la bilancia ottocentesca. Tavolo apparecchiato secondo la tradizione.
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Nel settembre 2010 Renzo Spanghero, in base alla legge regionale n° 29 del 5 maggio 2005, chiedeva alla Regione Friuli Venezia Giulia, tramite il Comune di Turriaco, che il suo locale venisse considerato “Locale Storico”. La legge prevedeva che i locali storici per accedere al censimento suddetto dovevano possedere obbligatoriamente almeno due dei tre seguenti requisiti previsti dal comma 1 dell’articolo 87 della LR 29/2005, e cioè: continuità di gestione, localizzazione all’interno di un edificio di comprovato pregio architettonico, possesso di arredi e strumenti di valore storico-artistico. Primo requisito. La continuità della gestione esercitata dalla famiglia Spanghero è comprovata da un’ampia documentazione ricavata sia dal “Catastico Veneto delle persone tutte che esercitano arti liberali o meccaniche della Patria del Friuli...” relativo agli anni 1740-1797 custodito nelle Biblioteca Joppi di Udine, sia dal “Libro dei Camerari” relativo agli anni 1744-1818, custodito nell’Archivio Parrocchiale di Turriaco e sia dall’“Operato d’Estimo catastale per il Comune di Turriaco”, eseguito nell’anno 1823 e custodito nell’Archivio di Stato di Gorizia. Infine, per arrivare al 1914 si possono citare “Gli Almanacchi e le Guide Schematiche per la Provincia di Gorizia” dal 1851 al 1914, custoditi nella Biblioteca Statale Isontina di Gorizia. Secondo requisito. L’edificio risale sicuramente al periodo della Serenissima Repubblica di Venezia, collocabile quindi intorno al 1600, in quanto fu costruito dai conti Priuli, nobili veneziani, che rimasero proprietari fino a tutto l’Ottocento. Lo stabile, censito per la prima volta dal Catasto Austriaco, fu inserito nella “Mappa Censuaria” nel 1818 e descritto successivamente nel 1823 negli Elaborati d’Estimo Catastale.
Due foto di Renzo Spanghero; a sinistra abbigliato da “Peon”; a destra immortalato ai giorni nostri. Costruito interamente in pietra viva, lo stabile rispecchia il metodo costruttivo in uso nel Sei-Settecento, quando le case del ceto popolare si costruivano secondo il principio dell’“aurea mediocritas”. Metodo che si ispirava principalmente alla forma quadrata o rettangolare nella fabbricazione dei locali abitativi, dove, dal rapporto superficie utile-volume, si poteva trarre la massima resa, secondo una filosofia di vita che si appagava del poco. La costruzione non presenta fregi, marmi o scritte degne di nota ed è appunto in questo che sta la sua preziosità, che si deve proteggere e conservare: semplicità di linee e di spazi che ci riconducono al periodo della civiltà contadina. Sicuramente nel tempo si sono fatti dei lavori di ammodernamento, ristrutturazioni, aperture di nuovi accessi, nuove pavimentazioni, adeguamenti a nuove norme sanitarie e abitative che però nel loro complesso non hanno intaccato i muri perimetrali e la forma originaria dello stabile. Terzo requisito. Possesso di arredi e di strumenti di valore storico-artistico. Negli anni Cinquanta del secolo scorso il materiale da bar e quello da cucina come i bicchieri, piatti, posate, brocche, tazzine risalenti a prima della Grande Guerra veniva sostituito da altro più moderno e funzionale. Buona parte di que-
sti strumenti di lavoro, diventati ormai reperti storici, sono tuttora conservati gelosamente dalla famiglia ed esposti in apposite bacheche. Breve elenco: piatti merlati in ceramica bianca, bicchieri in vetro di un ottavo e da un quarto, fiasche in vetro da un litro, macinini in legno per il caffè, un missia polenta fine Ottocento in ferro forgiato, una serie di posate in ottone di primo Ottocento, una radio a tre valvole degli anni trenta del 1900, alcune ghierette colorate coprilampadine inizio Novecento, un lume a petrolio, un ferro da stiro a braci, una bilancia di inizio Novecento e alcuni tovaglioli colorati. A questa richiesta, presentata sette anni fa, dalla Regione e dal Comune di Turriaco fino ad ora non è pervenuta alcuna risposta. Mentre altre realtà del territorio, altrettanto degne, ma sicuramente meno antiche della trattoria “Al Peon” di Turriaco, il prestigioso riconoscimento in questione lo hanno già avuto. Dopo questa straordinaria cavalcata nel tempo, lunga 250 anni, la secolare trattoria “Al Peon”, ora alle soglie del Terzo Millennio, si trova prospera e in buona salute. In attesa del responso delle istituzioni.
Alberto Vittorio Spanghero
Ricercatore e storico di Turriaco
Da sinistra, Biblioteca Comunale di Udine, Fondo Principale M S 1559; Archivio Storico Parrocchiale di Turriaco, Atto di nascita di Valentino Spanghero
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Ristorante La Colombara Via Zilli 34, AQUILEIA (UD) Tel. 0431 91513 - www.lacolombara.com
Il Ristorante “La Colombara” dispone di due grandi sale, in una delle quali un tipico caminetto riscalda una piacevole atmosfera; ampio il suo parcheggio auto privato. Ottima è l’organizzazione per le colazioni di lavoro, pranzi per comitiva, banchetti e cerimonie. La famiglia Aizza e i suoi collaboratori creano un’atmosfera di signorile e amabile ospitalità e fanno sì che nulla venga lasciato al caso ed anche il più piccolo particolare contribuisca a fare della vostra esperienza un attimo indimenticabile, come lo è una visita ad Aquileia. Monya e Katia Aizza, com’è nata e come si è sviluppata la passione per la ristorazione? «La passione per la ristorazione è da sempre insita in noi. Siamo praticamente cresciute nel ristorante di famiglia: La Colombara ha iniziato la sua attività il 15 gennaio 1981 e noi eravamo piccoline. Dallo scorso 21 dicembre siamo rimaste solo noi due sorelle a gestirlo». Qual è il tipo di cucina che propone La Colombara? «La cucina è semplice ma genuina: gnocchi, pane e pasta vengono fatti in casa con prodotti freschi acquistati il più possibile a km 0. Le farine, la frutta e la verdura provengono da Fiumicello, mentre il pesce dal mercato di Grado. I piatti seguono la stagione, ma ci sono anche pietanze “storiche” come calamari ripieni ai carciofi, brodetto di pesce, gnocchi al salmone, sarde in savor, prosciutto crudo di San Daniele; nel periodo invernale il cotechino con i crauti, Katia e Monya Aizza
in primavera gli spaghettini all’uovo con le verdure (asparagi, urtisons, sclupit), in autunno il Toc in Braide con i funghi, gnocchi di zucca e ricotta affumicata. Ci sono inoltre i piatti innovativi che vengono presentati nelle serate del benessere ma che si possono poi degustare anche a cena durante la settimana, come ad esempio la fresca insalatina di asparagi bianchi, quinoa, fragole e ristretto balsamico. Senza scordare i dolci fatti in casa da Monya». Quali sono le “specialità della casa”? «Ne elenchiamo alcune: Fiori di timilia con sclupit, nocciole tostate e semi di Chia; Mezzi bucatini alla colatura di acciughe e pomodorini semi-dried; Filetto di sgombro grigliato, melanzana marinata alla curcuma, patate schiacciate all’olio di semi di vinacciolo; Costine di maiale marinate alla birra al farro su listarelle di verza all’aceto balsamico di aronia. Nel periodo quaresimale presentiamo una serie di piatti a base di aringa: Insalatina di aringa con finocchietto, arance siciliane, dressing agli agrumi; Tagliatelle fatte in casa con aringhe, porro croccante e pinoli tostati; Trilogia di aringhe alla Colombara con polenta abbrustolita». Qual è il segreto per soddisfare le esigenze di ogni genere di commensali? «Oltre alla bontà dei piatti, da noi non mancherà mai il sorriso, la gentilezza e la nostra semplicità, per fare in modo che il cliente si senta in un luogo familiare, tra persone amiche».
chef…ame! Lo Chef Germano Boso suggerisce:
Riso Carnaroli Bio sfumato al Chardonnay Valpanera 2016, con seppioline, Rosa di Gorizia, Mela Friulana Monococco Delicious Ingredienti per 4 persone 320 gr. di riso carnaroli bio 200 gr. di seppioline 150 gr. di Mela friulana Monococco Delicious 150 gr. di Rosa di Gorizia 80 gr. di Chardonnay 650 gr. di brodo vegetale 1 spicchio d’aglio 1 cucchiaio di porro 3 cucchiai di olio e.v.o. sale e pepe q.b.
Preparazione Mondare e lavare la Rosa di Gorizia. Pulire le seppioline, tagliarle a listarelle sottili e spadellarle a fuoco vivo con olio extravergine d’oliva e 1 spicchio d’aglio in camicia. In una casseruola rosolare 1 cucchiaio di porro tritato, aggiungere il riso, tostare, sfumare con il vino Chardonnay e portare a cottura usando il brodo vegetale. A tre quarti di cottura aggiungere le foglie di Rosa di Gorizia, ¾ di mele grattugiate e le seppioline precedentemente cotte. Una volta cotto il riso, posizionarlo nei piatti e guarnire con sopra la Rosa di Gorizia, le mele e la polvere di Rosa di Gorizia disidratata. Servire caldo.
chef…ame!
Crema di asparagi bianchi e vongole di Marano Ricetta del Maestro di Cucina Germano Pontoni Preparazione
Sbucciare le patate e pelare gli asparagi, separare 2 cm di punte e tagliare a pezzi le patate e i turioni degli asparagi. Sbucciare e tritare finemente lo scalogno e far imbiondire con 2 cucchiai di olio; aggiungere le patate e gli asparagi tagliati a pezzi e far insaporire. Bagnare con il brodo bollente e cuocere fino a che le patate sono cotte. Passare tutto attraverso il passaverdure a disco fine. Legare con la maizena mescolata con un cucchiaio di olio e aggiungere al passato e legare bene il tutto con una frusta. Far bollire il tutto fino a ottenere una crema di giusta densità. In una padella con coperchio portare a bollore il vino bianco e aggiungere le vongole; coprire e far aprire subito. Trattenere 8 vongole con il guscio e sgusciare le altre; filtrare il liquido, mettere in una casseruola, aggiungere le punte degli asparagi e far bollire pochi attimi. Infine aggiungere le vongole sgusciate. Dividere la crema nelle tazze o piatti da zuppa e suddividere il composto di vongole e punte di asparagi, guarnire con due vongole aperte, un pizzico di prezzemolo e un filo di olio. Servire ben caldo.
Ingredienti per 4 persone - 500 gr di asparagi bianchi - 500 gr di vongole di Marano - 2 patate grosse - 2 scalogni - 2 litri di brodo - mezzo bicchiere di vino bianco vegetale - 1 cucchiaio di prezzemolo tritato - 4 cucchiai di olio extravergine di oliva - un cucchiaino di maizena - sale e pepe nero macinato al momento
Asparagi oggi La ricetta più conosciuta è quella degli asparagi lessati in acqua e sale “sposati” alle uova sode, conditi con olio buono e insaporiti con pepe e aceto. Con il tempo questi ortaggi, inizialmente per lo più verdi, nei primi anni del secolo scorso grazie alle abili mani di produttori e con semplici accorgimenti nel momento in cui iniziano a spuntare dalla terra, sono stati privati dei raggi del sole e, coprendoli, sono diventati bianchi e morbidi. Di loro natura gustosi, attraverso ricette innovative hanno riempito nella loro stagione molte pagine di riviste e libri di cucina, e grazie alla loro duttilità nella trasformazione sono sempre più ricercati. Solamente negli ultimi anni, per vari motivi, l’asparago verde viene di nuovo messo a dimora in grandi spazi per produzioni che prevedono una raccolta in grande quantità per un mercato in continua crescita. Se intorno agli anni ‘80 erano poche le ricette per la loro cottura, ora – con la presentazione di piatti sempre più fantasiosi e ricercati – ecco che, esaltandone le differenze di produzione, anche gli abbinamenti a parere degli estimatori e dei gourmet si fanno sempre più interessanti, abbinati alla carne e al pesce, ai formaggi e con cotture diverse di uova. Da Tavagnacco, oramai riconosciuto per la sua Festa che vanta più di ottant’anni di vita, l’asparago nei mesi di aprile e maggio è l’ortaggio più richie-
sto, che si coltiva con buoni risultati anche in diverse località: Fossalon, Gorgo di Latisana, Nogaredo al Torre, Fiumicello, fino a raggiungere la destra Tagliamento nel territorio di Zoppola. Si può affermare con certezza che la regione Friuli Venezia Giulia si Germano Pontoni trova ai primi posti in Maestro di Cucina Italia per la produzione Cell: 347 3491310 di questo “magico” or- Mail: germanoca@libero.it taggio che consente di soddisfare il palato ma anche di saper mettere in ordine il proprio fisico. Gli asparagi hanno infatti proprietà diuretiche importanti (è bene non farne molto uso nel caso si soffra di problemi di diuresi), contengono manganese, vitamina A, purificano il fegato e il pancreas. L’asparagina, sostanza che prende il nome proprio dal vegetale, è utile per “pulire” il sangue. Da non dimenticare il fosforo, il ferro e le vitamine dei gruppi B e C, seppur in minore quantità. Perfino studiosi dei secoli passati ne hanno esaltato i pregi. Ora anche noi esaltiamo questi turioni, sposandoli con i prodotti del territorio per far conoscere attraverso di loro le nostre ricercate eccellenze. |
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21-25 marzo ▶ Sunset Boulevard
In esclusiva nazionale, nella produzione originale inglese da tour: con la straordinaria colonna sonora composta da Andrew Lloyd Webber, ripercorre il film omonimo di Billy Wilder (“Viale del tramonto”), una punta di diamante del cinema americano. Trieste. Politeama Rossetti. Ore 20.30 (24 e 25/3 anche ore 16). Info: www.ilrossetti.it
Il range di prezzo indicato (ove applicabile) si riferisce al costo medio di un pasto, escluse bevande alcoliche. I dati segnalati sono stati forniti direttamente dal Gestore del locale. Qualora doveste verificare delle discordanze, Vi invitiamo a segnalarcelo.
ristorante
4-8 aprile ▶ Slava’s Snowshow
Trovarsi al centro di una tempesta di neve e, dopo un minuto, salire le scale dell’arcobaleno; ridere e commuoversi, innamorarsi e lasciarsi. Un concentrato di fantasia e di sogni che dal 1993 ha stregato oltre 4 milioni di spettatori. Udine. Teatro Nuovo Giovanni da Udine. Ore 20.45 (7/4 ore 18, 8/4 ore 17). Info: www.teatroudine.it
ristorante
e inoltre... 16 marzo ▶ Calendar Girls
Con Angela Finocchiaro, Laura Curino, Ariella Reggio. Palmanova (UD). Teatro Modena. Ore 20.45. Info: www.ertfvg.it
22 marzo ▶ I capolavori del Balletto russo
Con il Balletto Yacobson di San Pietroburgo. Gorizia. Teatro Verdi. Ore 20.45. Info: www.comune. gorizia.it/teatro
scopri tutti gli eventi in regione su www.imagazine.it
ristorante
Giuseppe Giacobazzi affida a un videomessaggio il suo dialogo con i futuri nipoti perché – come spiega lo stesso attore – “divenuto padre a 53 anni non so se riuscirò a vederli da vivo”. Uno spettacolo che diverte e fa riflettere. Monfalcone (GO). Teatro Comunale. Ore 20.45. Info: www.teatromonfalcone.it
trattoria
10-11 aprile ▶ Io ci sarò
agriturismo
Un lavoro che ironizza sulla condizione femminile a partire dalla gioiosa fluidità del corpo. Una performance che parla di donna, libertà e ironia. Con Claudia Marsicano. Gradisca d’Isonzo (GO). Nuovo Teatro Comunale. Ore 21. Info: www.artistiassociatigorizia.it
10 aprile ▶ Blanc
Con Fabiano Fantini, Claudio Moretti, Elvio Scruzzi. Cervignano del Friuli (UD). Teatro Pasolini. Ore 21. Info: www.teatropasolini.it
19 aprile ▶ Che disastro di Commedia
Con Gabriele Pignotta. Esclusiva regionale. Cormòns (GO). Teatro Comunale. Ore 21. Info: www. artistiassociatigorizia.it
bar
13 aprile ▶ R.OSA – A corpo libero
L I V E
M U S I C
13 marzo ▶ Yamandu Costa
Uno dei più grandi fenomeni della musica brasiliana di tutti i tempi, in ogni sua performance è in grado di rielaborare qualsiasi canzone quasi giocando e rivelando una profonda intimità con il suo strumento, esplorando tutte le possibilità della chitarra a 7 corde. Cervignano del Friuli (UD). Teatro Pasolini. Ore 21. Info: www.euritmica.it
28 marzo ▶ Renzo Arbore
Con ironia e delicatezza, Renzo Arbore sa come scatenare il suo pubblico con l’Orchestra Italiana. Tre ore dense di spettacolo, durante le quali lo showman foggiano non si risparmia mai. Trieste. Politeama Rossetti. Ore 21. Info: www.ilrossetti.it
e inoltre... 23-31 marzo ▶ Lucia di Lammermoor
Opera. Musica di Gaetano Donizetti. Trieste. Teatro Verdi. Orari diversi per ogni giornata. Info: www.teatroverdi-trieste.com
24 marzo ▶ Carlo Boccadoro
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| L’INFORMAFREEMAGAZINE
Sentieri selvaggi. Pordenone. Teatro Verdi. Ore 20.45. Info: www.comunalegiuseppeverdi.it
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8 aprile ▶ Festival Show
Unico appuntamento del FVG con i casting per selezionare gli artisti emergenti che saliranno sui palchi della più famosa kermesse estiva del Nordest. Possono partecipare alle selezioni cantanti, cantautori, band, gruppi vocali, rappers di età compresa tra i 12 e i 45 anni. Turriaco (GO). Ai Compari. Inizio ore 16. Info: www. festivalshow.it
12 aprile ▶ Massimo Ranieri
“Sogno e Son Desto… In Viaggio” è uno show concepito come autentico inno alla vita, all’amore e alla speranza. Ranieri sarà protagonistadi un viaggio affettuoso, spettacolare e sorridente, attraverso grandi canzoni, racconti particolari e colpi di teatro. Udine. Teatro Nuovo Giovanni da Udine. Ore 21. Info: www.azalea.it
16 aprile ▶ Bergen Philharmonic Orchestra
Viktoria Mullova violino solista. Udine. Teatro Nuovo Giovanni da Udine. Ore 20.45. Info: www.teatroudine.it
30 aprile ▶ Ramin Bahrami & Danilo Rea
Bach is in the air. Monfalcone (GO). Teatro Comunale. Ore 20.45. Info: www.teatromonfalcone.it L’INFORMAFREEMAGAZINE
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FOLKLORE
10-25 marzo ▶ Festa del vino di Bertiolo
69^ edizione della festa regionale del vino Friulano. Degustazioni e premiazioni dei produttori del territorio fanno da cornice al tradizionale Mercato di San Giuseppe. Spazio anche a eventi sportivi, musicali e culturali. Bertiolo (UD). Info: www.bertiolo.com
19-22 aprile ▶ Streeat Food Truck Festival
Prelibatezze italiane e internazionali, dal dolce al salato, selezionate tra le svariate proposte del cibo di strada, preparato su camioncini allestiti come vere e proprie cucine itineranti. Udine. Piazza Primo Maggio e centro cittadino. Info: www.streeatfoodtruckfestival.com
e inoltre...
16-18 marzo ▶ International Street Food Parade
Degustazioni food & beverage di strada. Trieste. Info: www.internationalstreetfoodparade.it
15 aprile ▶ Festa del Salame
Degustazioni e concorso Romans d’Isonzo (GO). Info: www.comune.romans.go.it
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21-22 aprile ▶ Alla corte di REfosco di Faedis
Evento enogastronomico per promuovere il vitigno autoctono del faedese, che proprio dalla particolare conformità dei terreni prende sapori e gusti unici e inconfondibili. Faedis (UD). Info: www.prolocofaedis.it
27 aprile – 1 maggio ▶ Festa degli Asparagi
81^ edizione per l’evento che abbina alle degustazioni asparagi appuntamenti culturali, sportivi e musicali. Oltre agli immancabili Laboratori del Gusto aperti a tutti gli appassionati. Tavagnacco (UD). Info: www.protavagnacco.it
20 aprile – 2 maggio ▶ Sagra del Vino
Cultura, sport, enogastronomia. Casarsa della Delizia (PN). Info: http://procasarsa.org
27 aprile – 1 maggio ▶ Stiria Food Festival
Birra, Wurstel, crauti, Wienerschnitzel, Krapfen, Strudel. Udine. Piazza Primo Maggio. Info: www.turismofvg.it
SPORT
24-25 marzo ▶ Xtreme Winter Trail
Grande festa degli sport invernali con gare di winter trail running, speedfly, zorbling, ciaspole, sci, slackline, motoslitte, fatbike… Aviano (PN). Piancavallo. Area sciistica. Info: www. xtremewinterdays.it
25 marzo ▶ Street Workout
Per la prima volta a Gorizia arriva lo Street Workout, format fitness outdoor più grande d’Italia. Su base walking dinamico previste stazioni fitness nelle piazze più belle della città. Gorizia. Info: www.streetworkout.fit
e inoltre... 18 marzo ▶ Collio Marathon Bike
38 km con dislivello di 900 metri. Cormòns (GO). Partenza ore 9.30. Info: www.colliomarathonbike.com
8 aprile ▶ Lignano Nordic d’oro
Nordic walking tra mare e laguna. Lignano Sabbiadoro (UD). Lungomare. Info: www.nordicwalkinglignano.it 86
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| L’INFORMAFREEMAGAZINE
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21-22 aprile ▶ Colli Goriziani Historic
La 14^ edizione si svolgerà nei paesaggi del Collio, colli orientali e vallata del Torre-Natisone con partenza e arrivo da Gorizia. Gorizia. Info: www.gasclub.org
22 aprile ▶ Scialpinistica del Monte Canin
62^ edizione della manifestazione promozionale sportiva di scialpinismo aperta a tutti. Il tragitto avrà una lunghezza di circa 18 km e un dislivello positivo di 2150 metri. Chiusaforte (UD). Sella Nevea. Info: www.e20sportrun.it
28-29 aprile ▶ Campionato del mondo di Karate per club
Coppa internazionale, Memorial Eiji Ogashara (1935-2011). Tarvisio (UD). Palasport. Info: www.publicationspromotion.it
29 aprile ▶ Palmalonga
Marcia ludico-motoria con percorsi da 7-12-18 km. Palmanova (UD). Bastioni. Info: www.marciatoripalmanova.it L’INFORMAFREEMAGAZINE
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MEETING 10-17 marzo ▶ Dedica Festival
Sarà Atiq Rahimi, scrittore, fotografo e cineasta afghano, voce raffinata e personalissima che dà speranza e orgoglio alla sfortunata terra da cui proviene, il protagonista della 24^ edizione della rassegna monografica. Pordenone. Info: www.dedicafestival.it
9 marzo – 13 aprile ▶ Future Forum
Riflessioni e testimonianze di esperti locali e internazionali sulla valorizzazione innovativa del FVG, volano per sviluppare l’economia mettendo in luce in chiave futura alcune tra le nostre più importanti vestigia storiche e paesaggistiche. Udine (e altre località). Info: www. friulifutureforum.com
e inoltre... 16-18 marzo ▶ MigrArt
L’arte come incontro. Lignano Sabbiadoro (UD). Info: www.mentilibere. org
20 marzo ▶ Percezioni, magnetismi, massoneria
Vettor Pisani e i suoi esperimenti magici. Gorizia. Associazione Prologo, via Ascoli 8. Ore 20.30. Info: info@prologoart.it
F U O R I
R E G I O N E
T R E V I S O 17-18 marzo
▶MODEL PIAVE Mostra/scambio di modellismo statico e dinamico con concorso. Luogo di incontro e scambio per tutti i modellisti. Esposizione gratuita di lego per bambini. Santa Lucia di Piave. Info: 340 2256953 18 marzo
▶FONTE IN FIORE Appuntamento per gli amanti del giardinaggio. Mostra-mercato di piante e fiori con la presenza di circa 30 vivaisti con lo scopo di migliorare lo sviluppo degli orti e dei giardini. Fonte. Info: www.comune.fonte.tv.it 25 marzo
▶TREVISO MARATHON Per la sua 15^ edizione, l’evento sportivo prevede per la prima volta partenza e arrivo sempre a Treviso. In programma anche la terza edizione della mezza maratona. Treviso. Info: www.trevisomarathon.com Fino al 2 aprile
▶MAURIZIO CANNAVACCIUOLO PLOTS. INTRECCI In mostra straordinarie opere ad olio su tela, accompagnate da un catalogo/brochure con le immagini delle opere in mostra e da una nota del Critico d’Arte Alice Rubbini, oltre che da una conversazione-intervista con lo Storico dell’Arte Alberto Dambruoso. Treviso. Casa Robegan. Info: www.museicivicitreviso.it 8 aprile
▶MOSNIGO IN FIORE Mostra mercato di fiori, piante e artigianato. Appuntamenti enogastronomici con degustazioni dei prodotti tipici del territorio. Moriago della Battaglia. Info: 333 3099134 22 aprile
▶LA BESTIA Manifestazione ludico motoria ricreativa non classificabile e a carattere non competitivo. L’evento è inserito all’interno del Campionato Italiano Mud Run. Miane. Info: http://labestia.run Fino al 24 giugno
▶TEODORO WOLF FERRARI LA MODERNITÀ DEL PAESAGGIO Rassegna per indagare alcuni aspetti fondamentali, ma meno conosciuti, della storia dell’arte italiana, facendo luce sulla figura emblematica e ancora da approfondire di Wolf Ferrari. Conegliano. Galleria Novecento. Info: www.exibart.com
F U O R I
R E G I O N E
V E N E Z I A 17 marzo – 8 aprile
▶ARTE LAGUNA Gli spazi mozzafiato dell’Arsenale di Venezia ospitano le opere dei 115 finalisti del Premio internazionale Arte Laguna, giunto alla sua dodicesima edizione. Venezia. Arsenale. Info: www.labiennale.org 25 marzo – 1 aprile
▶VALERIA MARCHI AFFILIAMO Il bianco per Valeria Marchi non è un colore ma uno stato immateriale, un luogo e un vuoto per entrare in contatto con la realtà sensibile, oltre ogni concetto e rappresentazione. Portogruaro. PAB. Info: www.exibart.com Fino al 2 aprile
▶CANOVA, HAYEZ, CICOGNARA. L’ULTIMA GLORIA DI VENEZIA L’occasione per onorare un momento speciale della storia artistica della città, rievocando quella stagione di rilancio culturale iniziata nel 1815, con il ritorno da Parigi dei quattro cavalli di San Marco, opera simbolo della città. Venezia. Gallerie dell’Accademia. Info: www.gallerieaccademia.org Fino al 6 aprile
▶SABRINA GROSSI ETERNI RITORNI Elementi quali l’acqua, l’aria, la luce e le atmosfere suggerite dalle differenti ore del giorno, modificati da condizioni climatiche sempre mutevoli, realizzano una pittura dinamica e fluida, che da note impressioniste vira verso toni espressionisti, poi astratti e informali. Venezia. Residenza Cannaregio. Info: www.exibart.com 7-8 aprile
▶LA OTTANTA Regata costiera sulla rotta Caorle-Grado-Pirano, aperta sia a imbarcazioni stazzate ORC o IRC, sia in Libera nelle categorie X2 e XTutti. Caorle. Info: www.cnsm.org Fino al 22 aprile
▶KATAGAMI E KATAZOME Simbologia e decorazione dei tessuti in Giappone. Approfondimento tematico nell’ambito dell’esposizione “Venezia e l’Oriente” che rilancia la collezione della Fondazione cittadina. Venezia. Palazzo Molcenigo. Info: www.museiciviciveneziani.it 26 aprile
▶BOB DYLAN Torna in Italia il Premio Nobel per la letteratura con “Never Ending Tour”, nel quale proporrà i brani di “Fallen Angels”, “Triplicate” e l’appena uscito “Trouble No More”. Jesolo. Pala Arrex. Ore 21. Info: www.azalea.it
O L T R E
C O N F I N E
C R O A Z I A 18-25 marzo
▶PERIN MEMORIAL Torneo internazionale di tennis giovanile under 18. In gara 280 giocatori provenienti da 30 paesi. Orsera. Info: www.istra.hr 24-25 marzo
▶PLAVA LAGUNA MEZZA MARATONA Evento podistico in grado di coinvolgere tutti i componenti della famiglia. In programma gare di Mezza maratona e staffetta, corse ragazzi, corse family e la 10 km. Parenzo. Info: http://it.lagunaporec.com 4-8 aprile
▶ISTRIA MUSIC FESTIVAL Festival internazionale di canto corale e orchestrale. In programma esibizioni di ensemble musicali provenienti da tutto il mondo. Parenzo. Info: www.mrf-musicfestivals.com 6-8 aprile
▶100 MIGLIA DELL’ISTRIA La più grande gara ultra trail in Croazia. Oltre 1.200 concorrenti di 55 paesi si sfideranno nelle diverse competizioni: la più difficile sarà la Red Course sulla distanza delle 100 miglia. Albona e Umago. Info: www.istria100.com 14-15 aprile
▶BIKE & GOURMET TOUR Andare in bicicletta è un piacere in sé. E quando si aggiunge la possibilità di assaggiare prelibatezze istriane, vini e oli d’oliva, il piacere si moltiplica. Rovigno. Info: www.maistra.hr 20-23 aprile
▶BOOKTIGA Fiera del libro usato nel centro cittadino. L’occasione per trovare libri scritti in diverse lingue e per effettuare eventuali scambi. Parenzo. Info: www.knjiznicaporec.hr 27-29 aprile
▶ETNOFILM Festival internazionale del documentario etnografico. Proiezioni, incontri con gli autori, laboratori e intrattenimenti artistici musicali. Rovigno. Info: www.etnofilm.com
8-11 marzo
▶SKIBOB WORLD CUP Finali di sci-bob nelle specialità di slalom speciale, slalom gigante e supergigante. Attesa anche per i paralleli maschili e femminili con sfide a duello. Nassfeld. Info: www. nassfeld.at 15-18 marzo
▶IRON SLEDDOG MAN Un grande lavoro di squadra tra uomini e animali è il presupposto necessario per ottenere un buon piazzamento in questa gara di sleddog: una delle più dure d’Europa, con 70 mute di cani provenienti da diversi paesi. Innerkrems. Info: www.raufner.at 15 marzo – 1 aprile
▶MERCATINO DI PASQUA Prodotti artigianali e di vivaismo fanno da cornice al mercato che saluta la primavera e rappresenta l’occasione ideale per alcuni regali a tema per l’imminente Pasqua. Klagenfurt. Info: www.visitklagenfurt.at
O L T R E C A R I N Z I A 2-8 aprile
▶FULL METAL MOUNTAIN Nello splendido scenario di Passo Pramollo, un festival dedicato alla musica metal, con band provenienti da tutta l’Alpe Adria per cinque giorni di grande spettacolo. Nassfeld. Info: www.fullmetal-mountain.com 8 aprile
▶SKI & GOLF TROPHY Una sfida avvincente su due sport: al mattino gara di sci tra i paletti delle piste, nel pomeriggio torneo di golf a nove buche. Nassfeld. Info: www. nassfeld.at 29 aprile
▶WÖRTHERSEE AUTOFREI Un’intera giornata senza automobile per riscoprire la quiete del Lago Wörthersee: protagonisti ciclismo, pattinaggio e corsa, per un evento pensato per tutte le famiglie. Klagenfurt. Wörthersee. Info: www.woerthersee-autofrei.at
C O N F I N E S L O V E N I A 12 marzo
▶GREGORJEVO Anche la Slovenia ha il suo San Valentino, ma lo si festeggia un mese più tardi e si chiama San Gregorio. Luci galleggianti scorrono sul fiume Kokra, auspicio speciale per gli innamorati. Kranj. Info: www.visitkranj.com 14-21 marzo
▶FESTIVAL INTERNAZIONALE DEL FILM DOCUMENTARIO In collaborazione con Amnesty International Slovenia verrà assegnato il premio per il miglior film sul tema dei diritti umani. Lubiana. Info: www.fdf.si 18 marzo
▶I FASCI DELLA DOMENICA DELLE PALME Sette giorni prima della Domenica delle Palme, l’occasione per osservare le creazioni speciali realizzate con i rami d’ulivo. Kamnik. Info: www.visitkamnik.com 30 marzo – 1 aprile
▶REGATA DI PASQUA La regata più importante nella classe optimist in questa parte d’Europa e la regata con il maggior numero di partecipanti in Slovenia. Portorose. Info: www.klub-pirat.si 14-15 aprile
▶FESTA DELLA RIBOLLA E DELL’OLIO D’OLIVA Tra gli stand, oltre alla possibilità di degustare i prodotti migliori, sarà possibile anche acquistare preziosi ricordi regalo. Previsti anche incontri formativi. Višnjevik. Info: www.brda.si 20-22 aprile
▶FESTIVAL DEL CIOCCOLATO La principale manifestazione dedicata al cioccolato in tutta la Slovenia, con maestri cioccolatieri provenienti da tutto il Paese e dall’estero. Degustazioni, mercato, spettacoli. Radovljica. Info: www.festival-cokolade.si 28-29 aprile
▶FESTIVAL DELL’OLIO E DELLA BIETOLA Nell’antico e tipico villaggio istriano situato nell’entroterra di Pirano, l’occasione per degustare i prodotti tipici del territorio realizzati nel segno della biosostenibilità. Padena. Info: www.slovenia.info
F
I
21 APRILE – 6 MAGGIO Viale Borgo Palazzo, 137 BERGAMO Tel 035 3230911 www.promoberg.it
1-4 MARZO ▶BERGAMO CREATTIVA
Fiera delle arti manuali 24-25 MARZO
▶INFIT CONVENTION
Fitness e body wellness 12-15 APRILE
▶LILLIPUT – IL VILLAGGIO CREATIVO
Salone educativo per l’infanzia
Cremona Fiere s.p.a. Piazza Zelioli Lanzini, 1 CREMONA Tel 0372 598011 www.cremonafiere.it
2-4 MARZO ▶OUTDOOR EXPO
Attrezzature, accessori, test, workshop ed esibizioni del settore outdoor 2-4 MARZO
▶EUDI SHOW
Salone Europeo delle Attività Subacquee 15-18 MARZO
▶COSMOPROF
Salone internazionale di profumeria e cosmesi 15-18 MARZO
▶BE ITALIAN
Agroalimentare e attrezzature professionali per la ristorazione 24-26 MARZO
▶ARTE CREMONA
Arte contemporanea e moderna 9-13 APRILE
▶SEMINARI DI QUALYFOOD ▶EUROPEAN FUTURITY
Cavalli di razza
26-28 MARZO
▶BOLOGNA LICENSING TRADE FAIR
Mercato dei diritti derivati 26-29 MARZO
▶BOLOGNA CHILDREN’S BOOK FAIR
Editoria libraria e multimediale per l’infanzia e la gioventù
via della Fiera, 11 FERRARA Tel 0532 900713 www.ferrarafiere.it
21-23 MARZO ▶RESTAURO MUSEI
Conservazione, tecnologie e valorizzazione beni culturali 14-15 APRILE
▶MISEN
Salone nazionale delle sagre 14-15 APRILE
▶GUSTOSISSIMO
Salone del cibo
Piazza Adua, 1 FIRENZE Tel 055 49721 www.firenzefiera.it
9-10 MARZO ▶BIG MARKET
Salone dei punti vendita 21 APRILE – 1 MAGGIO
▶MOSTRA INTERNAZIONALE DELL’ARTIGIANATO
5-7 APRILE
18-21 APRILE ▶EXPOSANITÀ
Mostra Internazionale al Servizio della Sanità e dell’Assistenza 20-22 APRILE
▶COSMOFARMA
Prodotti e Servizi per la Salute
8-12 MARZO ▶TEMPO DI LIBRI
Piazzale J. F. Kennedy, 1
GENOVA Tel 010 53911 www.fiera.ge.it
9-11 MARZO ▶FESTIVAL IRLANDESE
Musica, cultura, gastronomia, folklore 6-15 APRILE
▶FIERA PRIMAVERA
Campionaria
E
7-9 MARZO ▶GREEN LOGISTICS EXPO
Salone internazionale della logistica sostenibile 17-25 MARZO
▶ANTIQUARIA PADOVA
Mercato dell’antiquariato 22-23 MARZO
▶SMAU
Salone delle innovazioni tecnologiche 19-21 APRILE
▶ELETTROMONDO EXPO
Fieramilanocity
9-11 MARZO
Salone del Fumetto, Cinema, Gioco, Videogioco, Cosplay, Costuming e Entertainment Fieramilano
13-16 MARZO ▶EXPOCOMFORT
Esposizione internazionale del riscaldamento, condizionamento, refrigerazione Fieramilano
13-16 MARZO ▶BIE
Biomass Innovation Expo Fieramilano
23-25 MARZO
Via Rizzi, 67/a PARMA Tel 0521/9961 www.fiereparma.it
3-11 MARZO ▶MERCANTE IN FIERA PRIMAVERA
22-24 MARZO ▶MECSPE
Industria manifatturiera
Viale Treviso 1 PORDENONE Tel 0434 23 21 11 www.fierapordenone.it
3-11 MARZO ▶ORTOGIARDINO
Salone floricoltura, vivaistica, orticoltura, attrezzatura per giardini, parchi
Fiera del consumo critico e degli stili di vita sostenibili 23-25 MARZO
21-22 APRILE
▶RADIOAMATORE HIFI CAR
▶HOBBY SHOW
Salone italiano della creatività Fieramolianocity
6-9 APRILE ▶SI’ SPOSAITALIA COLLEZIONI
Fieramilanocity
17-22 APRILE ▶SALONE INTERNAZIONALE DEL MOBILE Fieramilano
Udine
14-16 MARZO ▶YOUNG
Incontri ed esperienze per orientarsi nel mondo della scuola e del lavoro Udine
6-8 APRILE ▶ORTOGIARDINO
Giardino, orto, verde urbano, ecologia, vivere l’aria aperta Gorizia
Viale del Lavoro, 8 VERONA Tel 045 8298111 www.veronafiere.it
3-4 MARZO ▶PASSION ART TATTOO CONVENTION
L’arte del tatuaggio 9-11 MARZO
▶SPORT EXPO
La fiera dello sport giovanile 17-18 MARZO
Elettronica, informatica e radioamatore 17-19 MARZO
▶MODEL EXPO
Fiera del modellismo 15-18 APRILE
▶VINITALY
Salone internazionale del vino e dei distillati 15-18 APRILE
▶ENOLITECH
Tecniche per la viticoltura 15-18 APRILE
Agroalimentare di qualità
Via Emilia, 155 RIMINI Tel 0541 744111 www.riminifiera.it
14-16 MARZO ▶ENADA PRIMAVERA
Apparecchi da intrattenimento e da gioco
▶MIART
Fieramilanocity
Fitness, sport, benessere
▶SOL&AGRIFOOD
13-15 APRILE
Arte Moderna e Contemporanea
10-11 MARZO ▶FSB SHOW
▶ELETTROEXPO
▶FA’ LA COSA GIUSTA!
Fieramolianocity
Via della Barca, 15 GORIZIA
Soluzioni per l’elettricità
Fiera Internazionale dell’Editoria
Abiti da Sposa e da Cerimonia
▶TANEXPO
Esposizione Internazionale di Arte Funeraria e Cimiteriale
Fieramilanocity Piazzale Carlo Magno 1 MILANO Fieramilano Strada statale del Sempione 28 RHO Tel 02 49971 www.fieramilano.it
▶CARTOOMICS
▶COSMOPACK
Salone Internazionale del Packaging
Esposizione internazionale del fiore e della pianta ornamentale
R
Via N. Tommaseo, 59 PADOVA Tel 049 840111 www.padovafiere.it
4-6 MARZO
9-14 APRILE Viale della Fiera, 20 BOLOGNA Tel 051 282111 www.bolognafiere.it
▶EUROFLORA
E
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Via dell’Oreficeria, 16 VICENZA Tel 0444 969111 www.vicenzafiera.it
15-18 MARZO ▶ABILMENTE PRIMAVERA
Fiera della creatività 24-25 MARZO
▶MONDO MOTORI Via Cotonificio, 96 SHOW Torreano di Martignacco (UD) Motori e bici UDINE Tel 0432 4951 www.udinegoriziafiere.it
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2 marzo Tanti auguri Luisa! Eugenio, Andrea e Marina 3 marzo Buon compleanno Daniel! Lo staff di iMagazine 4 marzo Auguri Dimitri! A&M 11 marzo Buon compleanno Vittoria! Lory e Giovanna 22 marzo Tanti auguri Elisa! Mamma, papà, Riccardo, Marina e Andrea 23 marzo Auguri papà! Massimo, Daniela, Stefano, Eva 26 marzo Buon compleanno Cinzia! Lo staff di iMagazine 3 aprile Buon compleanno Anita Cinzia e Nick 5 aprile Buon anniversario Marianna Silvio 14 aprile Buon compleanno a nonno Licio I tuoi nipoti Giacomo, Simone e Sara 24 aprile Buon compleanno Daniela! Andrea, Rosalia, Massimo 30 aprile Felice anniversario e Carmine e Teresa Pasquale e Assunta Mandaci entro il 1º aprile i tuoi auguri per le ricorrenze di maggio e giugno! Li pubblicheremo gratuitamente su iMagazine! Segnalaci giorno, evento, mittente e destinatario e spedisci il tutto via e-mail (info@imagazine.it), via posta ordinaria (iMagazine, c/o via Aquileia 64/a, 33050 Bagnaria Arsa – UD) o via fax (040 566186).
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marzo-aprile 2015
FARMACIE DI TURNO
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Fonte: Federfarma Gorizia e Udine
AL PONTE via Don Bosco 175 Gorizia, tel. 0481 32515 ALESANI via Carducci 40 Gorizia, tel. 0481 530268 BALDINI corso Verdi 57 Gorizia, tel. 0481 531879 COMUNALE 1 via San Michele 108 Gorizia, tel. 0481 21074 COMUNALE 2 via Garzarolli 154 Gorizia, tel. 0481 522032 D’UDINE piazza San Francesco 5 Gorizia, tel. 0481 530124 MARZINI corso Italia 89 Gorizia, tel. 0481 531443 MADONNA DI M. via Udine 2 Lucinico, tel. 0481 390170 PROVVIDENTI via Oberdan 3 Gorizia, tel. 0481 531972 TAVASANI corso Italia 10 Gorizia, tel. 0481 531576 TRAMONTANA via Crispi 23 Gorizia, tel. 0481 533349 FARO via XXIV Maggio 70 Brazzano, tel. 0481 60395 STACUL via F. di Manzano 6 Cormons, tel. 0481 60140 LUZZI via Matteotti 13 Cormons, tel. 0481 60170 ROJEC via Iº Maggio 32 Savogna d’Is., tel. 0481 882578 PIANI via Ciotti 26 Gradisca d’Is., tel. 0481 99153 BACCHETTI via Dante 58 Farra d’Is., tel. 0481 888069 CINQUETTI via Manzoni 159 Mariano d. Fr., tel. 0481 69019 MORETTI via Olivers 70 Mossa, tel. 0481 80220 LAZZARI via Petrarca 15 Moraro, tel. 0481 80335 DELLA TORRE via Latina 77 Romans d’Is., tel. 0481 90026 SORC piazza Montesanto 1 S. Lorenzo Is., tel. 0481 80023 LABAGNARA via Monte Santo 18 Villesse, tel. 0481 91065
TRESCA via XXIV Maggio 1 Aiello d. F., tel. 0431 99011 CORRADINI c.so Gramsci 18 Aquileia, tel. 0431 91001 SORANZO via Vittorio Veneto 4 Bagnaria Arsa, tel. 0432 920747 RUTTER c.so Marconi 10 Campologo Tapogliano, tel. 0431 999347 COMUNALE via Monfalcone 7 Cervignano d.F., tel. 0431 34914 SAN ANTONIO via Roma 52/1 Cervignano d.F., tel. 0431 32190 LOVISONI p.zza unità 27 Cervignano d.F., tel. 0431 32163 DEBIASIO via Gramsci 55 Fiumicello, tel. 0431 968738 MONEGHINI via Roma 15/A Ruda, tel. 0431 99061 SATTI via 2 Giugno 4 Terzo d’Aquileia, tel. 0431 32497 GRIGOLINI p.zza del Popolo 2 Torviscosa, tel. 0431 92044 SANTA MARIA via San Antonio Villa Vicentina, tel. 0431 967263 FLEBUS via Montello 13 Visco, tel. 0432 997583 FAVARO via Roma 48 S. Vito al Torre, tel. 0432 997445 FACINI borgo Cividale 20 Palmanova, tel. 0432 928292 LIPOMANI borgo Aquileia 22 Palmanova, tel. 0432 928293 MORANDINI piazza Grande 3 Palmanova, tel. 0432 928332 RAMPINO piazza Venezia 15, San Canzian d’Is., tel 0481 76039 DI MARINO via Redipuglia 77, Fogliano, tel 0481 489174 CORAZZA via Buonarroti 10, Capriva del Friuli, tel 0481 808074 RAJGELJ CHIARA via Scuole 9, Medea, tel 0481 67068
COMUNE DI GORIZIA Dati: N.P.
Recapiti: 0481 383276, www.comune.gorizia.it
COMUNE DI VILLESSE
Abitanti: 1.696
(dati Anagrafe dic 2017-gen 2018) nati 2, deceduti: 8, immigrati: 14, emigrati: 4, matrimoni: 1 Recapiti: 0481 91026, www.comune.villesse.go.it
COMUNE DI MOSSA Dati: N.P.
Recapiti: 0481 80009, www.comune.mossa.go.it
COMUNE DI MEDEA Dati: N.P.
Recapiti: 0481 67012, www.comune.medea.go.it
COMUNE DI GRADISCA D’ISONZO Dati: N.P.
Recapiti: 0481 967911, www.comune.gradisca-d-isonzo.go.it
05-11
28-04
21-27
14-20
07-13
31-06
APRILE
24-30
17-23
10-16
03-09
MARZO
Le farmacie contrassegnate dal fondino arancione anticipano di un giorno le date di turno indicate.
COMUNE DI CERVIGNANO DEL FRIULI Abitanti: 13.881
(dati Anagrafe nov-dic 2017) nati 5, deceduti: 21, immigrati: 127, emigrati: 92, matrimoni: 2 Recapiti: 0431 388411, www.cervignanodelfriuli.net
COMUNE DI FARRA D’ISONZO Abitanti: 1.715
(dati Anagrafe dic 2017) nati 1, deceduti: 1, immigrati: 2, emigrati: 5, matrimoni: 0 Recapiti: 0481 888002, www.comune.farra.go.it
COMUNE DI MARIANO DEL FRIULI Dati: N.P.
Recapiti: 0481 69391, www.comune.marianodelfriuli.go.it
COMUNE DI S. LORENZO ISONTINO
Abitanti: 1.536 (dati Anagrafe dic 2017-gen 2018) nati 2, deceduti: 3, immigrati: 12, emigrati: 12, matrimoni: 0 Recapiti: 0481 80026, www.comune.sanlorenzoisontino.go.it
COMUNE DI CORMÒNS
Abitanti: 7.347 (dati Anagrafe dic 2017-gen 2018) nati 2, deceduti: 10, immigrati: 20, emigrati: 12, matrimoni: 1 Recapiti: 0481 637111, www.comune.cormons.go.it
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marzo-aprile 2012
maggio-giugno 2015
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G - F O RI FLO ISO ARRA ZIA- ED G N I RO RIAN TINOCD’ISO RADI ZION MA O D - EC NZ SC E P A R NS EL ORVCEO - D ER D’I COL MIOGRMO ’ISO LE SO LI NGNS VIRA NZ FA NZ O - O-ADNGRO O M 32793|/22 O - M ROLIONA- M - CA IGL 0011 VIL ARI EZGDI NO PR IE 027 LES AN NAEA LOSSA IVA DI SE O D DEFLRD-ESA DE - CE EL COI LN L F RV FRIU ULLLI FLROR RIU IGN LI OI- IEUN LI AN - M SAN LZO O D EDE I . F. A -
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Elezions regjonâls in F-VG Orpo, a son aumentâts plui dai presis! Elezioni Regionali in FVG Ostrigheta, xe aumentai più del caro vita!
Elesioni regionali in friul Caspita, i xe cressudi piu’ del caro vita!
Elezioni Regionali in FVG Caspita, sono aumentati più del caro vita!
Regionalwahlen in Friaul-Julisch Venetien. Wow, sie stiegen mehr als die Verteuerung!
Regijonalne volitve v Furlaniji, Julijski krajini. Ojoj, so podrazili več, kot življenjski stroški.
Per le traduzioni si ringrazia: Irene Devetak (sloveno), Isa Dorigo - Regjon autonome FVG Servizi lenghis minoritariis (friulano), Andrea Coppola Università di Trieste (tedesco), Marianna Martinelli (bisiaco), Alessandro Samez (triestino).