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GIUGNO GIOVANI !MPATTO MAGAZINE - 1 - 29 MAGGIO 2015
IMPATTO
MAGAZINE
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Liliana Squillacciotti
Immagini della memoria l'incontro con Sergio Siano
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Martina Esposito martina.esposito@impattomagazine.it
Napoli vista attraverso gli occhi di chi la vive tra le sue strade e vicoli. Napoli raccontata attraverso le parole di chi ha nelle vene il sangue partenopeo e crea un vincolo indissolubile con una citta'à eterna nei suoi enigmi.
Francesca Spadaro francesca.spadaro@impattomagazine.it
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08 Napoli Sanguigna Caravaggio tra le ombre Una tela fatta di carne viva, muscoli contratti, volti sbarrati, occhi sconvolti e corpi scomposti. Veri e veritieri. Pennellate su dipinti che rompono con la loro anima come un'immagine speculare della societa' di ieri e di oggi. Su fondi scuri, per dare luce alla realta'. Dai bassifondi della vita per una riflessione oltre la tela.
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!MPATTO MAGAZINE - 2 - 29 MAGGIO 2015
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ABOUT MAG
MAG COVER - ISSUE #11
Napoli Sanguigna le donne di Merisi La forza del coraggio indomito nella tenacia di una donna. Sola alla guida di un popolo e dipinta da Caravaggio.
Artista :Tatyana Buyskaya Moderna Giuditta, passionale nella sua tenacia, astuta nella forza della seduzione,è e' la Napoli del riscatto e dagli sguardi dalle profonde sfumature. —
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NO SIGNATURE MAG Why are The Economist's writers anonymous?
Domenica sera e la Napoli di dentro Aria d'estate che stenta ad arrivare, una certa reticenza ad ascoltare chi, dall'esterno, si pone come obiettivo quello di narrare le pieghe profonde di una citta' viva. Un racconto posto al di fuori delle parentesi tonde dei luoghi comuni.
14 Il Faust partenopeo Tra l'esoterismo e un Cristo col velo Una tra le piu' misteriose figure, il cui spirito sembra essere ancora oggi vivo e presente. Il principe Raimondo di Sangro e le atmosfere esoteriche settecentesche, tra le stradine e negli occhi della Napoli contemporanea.
!MPATTO MAGAZINE - 3 - 29 MAGGIO 2015
Storicamente, molte pubblicazioni stampavano articoli senza firme per dare ai singoli autori la liberta' di assumere voci diverse e per permettere ai primi giornali di dare l'impressione che i loro autori fossero piu' numerosi (i primi numeri dell'Economist erano scritti interamente dal fondatore James Wilson). Ma dopo essere nato come un modo di far sembrare che una persona fossero molte, l'anonimato e' poi divenuto un modo per ottenere l'effetto opposto: permette a molti autori diversi di parlare con una voce collettiva. Gli editoriali sono discussi e dibattuti ogni settimana in riunioni a cui partecipano tutti i membri dell’ editorial staff. I giornalisti spesso collaborano sugli articoli. E alcuni articoli sono aggiornati e corretti estesamente. Il risultato e' che gli articoli sono spesso l'opera della coscienza collettiva dell'Economist, piuttosto che di un singolo autore. Ma la ragione maggiore per l'anonimato e' la convinzione che quello che viene scritto sia piu'ù importante di chi lo scrive. Come diceva Geoffrey Crowther, direttore dal 1938 al 1956, l'anonimato mantiene l'autore " non il padrone ma il servitore di una cosa molto piu' importante di lui… e da' al giornale una straordinaria forza di pensiero e principi". —
GO GREEN MAG Per suffragare la propria responsabilita' Green - in base agli usi e costumi dei giornali online del nord Europa - il Gruppo Editoriale Impatto, festeggia ogni 10.000 lettori nuovi con un albero piantato. Altresi'ì il Gruppo Impatto, ha adottato un giardino, l'Impatto Garden, nella provincia di Benevento, il quale, oltre ad essere il luogo dove vengono impianti i suddetti alberi, e' anche un elegante oasi naturale curata e manutenuta con metodologie eco compatibili.
!MPATTO MAGAZINE - 4 - 29 MAGGIO 2015
- L ’ IN CO N T R O -
IMMAGINI DELLA MEMORIA —
Napoli vista attraverso gli occhi di chi la vive tra le sue strade e vicoli. Napoli raccontata attraverso le parole di chi ha nelle vene il sangue partenopeo e crea un vincolo indissolubile con una citta' eterna nei suoi enigmi. Contraddittoria e magica. Sergio Siano, fotoreporter de Il Mattino e cittadino responsabile di una Napoli tra luci e ombre. Un fotografo caravaggesco e il suo impegno sociale nel diffondere la bellezza di una terra dalla Storia leggendaria. Jacques Yves Cousteau elaborò una teoria, ripresa da Federico Mayor per rappresentare l’evoluzione della storia dell’uomo e dell’identità culturale, attraverso tre filosofie: quella della pietra, della rosa e del vento. L’origine del mondo risale alla pietra ruvida nata dal fuoco o levigata nata dall’acqua. Simbolo dell’eternità e, al contempo, della morte e del tempo che ha consentito all’uomo di edificare rifugi, templi e palazzi. Ma il tempo corrompe i monumenti costruiti e tenere acceso il nostro sentire è vivere con la poesia e la passione, come una rosa che fiorisce dove nasce, come le tradizioni. La sete inesauribile di qui e di altrove genera la filosofia del vento. Nel venti riconosciamo la necessità di stabilità e la voglia di cambiamento. Il vento, effimero come una rosa e poderoso come la pietra, spira su tesori culturali ispirati dall’eternità e soffia sul bello creato dall’uomo o generato dalla natura.
GLORIA D’ITALIA E ANCOR DEL MONDO LUSTRO, MADRE DI NOBILTADE E DI ABBONDANZA. Far conoscere e proteggere le opere della pietra, della rosa e del vento è un impegno che ogni singolo dovrebbe assumersi per una cittadinanza democratica nel rapporto tra ambiente e patrimonio. Bisogna conoscere per riconoscere, per entrare in rapporto con un monumento, con un pezzo di storia, con il ventre di una città. Una città che a volte appare maledetta, come afferma il maestro Sergio Siano, reporter de Il Mattino. Averlo in redazione e poterlo ascoltare offre l’opportunità di percorrere chilometri e secoli nel giro di poche ore sorvolando muri e limiti, passeggiando tra le undici colline e salendo per stradine come il Paradisiello, fino ai confini ricettacolo ormai di discariche, scendendo nella Napoli sotterranea e sostando di fronte al suo proscenio, per giungere al Vico dei sospiri a Chiaia e alla Napoli grecoromana. L’apposizione è d’obbligo perché essere maestro presuppone una combinazione perfetta, rara se non unica ormai, di umiltà e conoscenze, cultura e insegnamenti di vita.
La Napoli di Siano è la città di tutti e di nessuno, in cui si sono succedute dominazioni e dominatori. La dicotomia napoletana è racchiusa nella sua storia travagliata: sottomessa, amata, odiata, cambiata ma mai plasmata. Si sono sovrapposti strati di culture fino a crearne l’essenza stessa di città “diversa dalle altre” in cui il popolo, di vicolo in vicolo, ha creato un microcosmo, una difesa personale e prepotente della propria identità per mantenere solido il proprio spazio vitale. Un popolo di gesti e di espressioni accentuate per la necessità di farsi comprendere da dominatori stranieri che non parlavano la stessa lingua. Un popolo unito nei momenti di vera rivolta, capace della rivoluzione napoletana e delle quattro giornate di Napoli. Un popolo contradditorio, nomade e radicato al contempo, che va educato affinché senta Napoli legata a sé da un vincolo di parentela. I luoghi e le memorie si devono conoscere perché ci appartengano. “Se le riconosciamo ci diventano familiari e si crea un legame d’affezione”.
TUTTO È AZZURRO A NAPOLI. ANCHE LA MALINCONIA. L’impegno di Siano è immenso nel proteggere e diffondere la memoria e l’identità della Napoli delle mille identità sovrapposte. Dai nomi delle strade, indicazioni di memorie e segnaletiche di storia, alla riscoperta di luoghi e fotografie di un archivio fotografico che a Napoli ancora non esiste, alla testimonianza visiva di una Napoli con i suoi luoghi, i suoi mestieri e i suoi personaggi che rischiano di andar perduti, Siano racconta storie di un passato che non esiste più. Lo scugnizzo dei quartieri spagnoli, con la sua prima macchina fotografica “una Nikon FM, due obiettivi e un flash” ricorda il suo primo servizio fotografico, i suoni della rotativa, la camera oscura e l’odore de sangue degli omicidi che a sedici anni si è ritrovato a dover fotografare per testimoniare. “la famiglia mi ha dato la possibilità di scavalcare il muro. Il labirinto dei Quartieri Spagnoli mi è servito per osservare e percepire. Perché bisogna imparare a ragionare”. L’insegnamento più grande è nell’espressione degli occhi di Siano che guardano Napoli a occhio nudo.
!MPATTO MAGAZINE - 5 - 29 MAGGIO 2015
01 Una Napoli egiziana. Una Napoli in moto. Una notte d’autunno. Una notte di vita. foto di Sergio Siano il mare che bagna Napoli
Piazzetta Nilo era anticamente chiamata (come l’omonima via) piazzetta Bisi, dove Bisi stava per ‘mpisi, e cioè impiccati; era quindi la piazza dei condannati a morte. La derivazione è molto antica, e probabilmente non è del tutto convincente, considerando che al tempo, agli inizi dell’impero romano, la città era una regione “Nilense” per l’insediamento degli alessandrini venuti dall’Egitto, e dove quindi l’utilizzo comune del dialetto napoletano era ancora molto lontano. La piazza ebbe origine quindi dall’insediamento degli alessandrini, che posero al centro della stessa la statua del Dio Nilo.
!MPATTO MAGAZINE - 6 - 29 MAGGIO 2015
San Biagio dei Librai prende il suo nome da San Biagio, venerato dalle monache armene, al quale fu dedicato anche la chiesa di San Biagio Maggiore, protettore dei librai. Nella seconda metà del Seicento, con la ripresa della vita intellettuale, fiorì un rinnovato interesse per i libri e così le botteghe dei librai si moltiplicarono. Si aprì un vero e proprio nuovo mercato e librai provienenti da tutta Europa, ed in particolare da Francia, Olanda e Inghilterra, incrementarono il loro commercio aprendo botteghe sulla strada. La via era una delle più animate della città ed è rimasta nell’aspetto urbanistico immutata sino ad oggi.
!MPATTO MAGAZINE - 7 - 29 MAGGIO 2015
02 L’odore delle spezie. La creta dei presepi. Tè e caffè si scontrano. Culture si uniscono. foto di Sergio Siano il mare che bagna Napoli
IN CO P E R T IN A -
Michelangelo Merisi
napoli sanguigna —
I
n Arte, l’immaginare - in me mago agere ovvero lasciare agire il mago che c’è in me - si traspone in osservazione attenta di ciò che l’occhio propone alla visione, per ottenere la chiarezza di un’immagine limpida nella sua struttura interna, anche se non sempre visibile. La vita come luogo di contraddizioni risolte e superate perché idealizzate attraverso l’arte. D’altronde l’immaginare è anche ciò che appare dalla visione. Ciò che non si vede non interessa. Non è importante. L’attenzione puntuale deve cogliere il dato visibile. Non è possibile nessuna idealizzazione. La realtà deve apparire nuda così com’è. Senza drappi, senza cenci. In un’aderenza intima alla realtà. In una compenetrazione sanguigna, verace, dove scompaiono le bellezze e le perfezioni e compaiono le realtà nelle proprie verità. Realtà che assalgono per la loro drammatica veridicità. Realtà che parlano senza parole e lasciano sconvolte per la spietata onestà.
C’È UN TALE MICHELANGELO DA CARAVAGGIO CHE FA COSE NOTEVOLI Caravaggio docet. Caravaggio crea e imbarazza. Turba e ammutolisce. Genialità dell’Arte. Materializzazione di un’intuizione interiore e superiore. Per la sfrontatezza nel mostrare un mondo fatto di carne, muscoli, volti contratti, spaventati, indifferenti; di occhi sgranati, bocche aperte in una smorfia di dolore, stupore, passione; di corpi sporchi, quasi nudi e scomposti; di ventri gonfi, di frutta bacata e marcia, di foglie appassite, di personaggi grossolani, dissacranti, umani; di morti vere e sangue reale. Guardare un Caravaggio, compenetrarsi in quel buio alla ricerca della luce e ritrovarci Napoli. Corpi presi dalla vita reale e posti su tela, inglobati in una cornice, in un misterioso e intrigante gioco di luci e ombre. I suoi dipinti assumono il ruolo di uno specchio attraverso cui poter guardare specularmente la città dalle mille contraddizioni. Come immagine rovesciata ma che ritrova in essi la stessa tensione.
!MPATTO MAGAZINE - 8 - 29 MAGGIO 2015
!MPATTO MAGAZINE - 9 - 29 MAGGIO 2015
- CARAVAGGIO NAPOLETANO -
LE DONNE DI MERISI —
La donna libera, umana, raccolta dai bordelli assurge a ruolo di Madonna. La spiritualita' del Caravaggio supera le convenzioni, travalica la comune morale. Nell'uomo egli vede Dio. Oltre qualsiasi scelta di vita e classe sociale.
U
N
Il rosso sangue è sulle mani sporche e negli occhi dei giovani, convinti di portare avanti una lotta d’onore e di potere. Esecuzioni camorristiche tra le strade di Napoli. Sangue che scorre tra i “vasoli” di piperno, nel quotidiano fluire della vita di un popolo che non si scompone. Un colpo secco a pochi metri da una Facoltà, il corpo di un pregiudicato riverso e una Napoli spaccata in due, tra indifferenza e ribellione, che assiste.
Nell’opera in cui Caravaggio ha raggiunto la più alta vetta della classicità, le forme del corpo femminile vengono contestate, rifiutate, perché troppo manifeste nel loro porgersi in avanti con una lascivia di bellezza assoluta. Forme troppo sensuali nel lasciarsi intravedere. La scelta della modella venne considerata oltremodo scandalosa: una prostituta. Lena, prostituta d’alto borgo che rasserenava l’esistenza degli ecclesiastici romani di fine ‘600. La donna di Caravaggio e la sua modella preferita. Lena che scriveva per essere ricordata. Lena, una cortigiana, ritratta come una Madonna nell’irruenza delle sue forme calde. Il sacro e profano in un unico corpo dipinto su tela. In fuga da Roma giunge a Napoli, nascosto e protetto da Napoli, crea Le sette opere di Misericordia. Nella parte alta del dipinto una donna ed un bambino del popolo assurgono a ruolo di Madonna e bambino inglobando l’intera scena. A fine ‘600, di fronte alle Madonne del Caravaggio, si restava estasiati dalla sensualità, rapiti dalla vividezza del corpo, ma non lo si poteva né doveva ammettere. Bisognava ammirare in silenzio ma nascondere, staccare dalla parete. Napoli come le madonne caravaggesche è cortigiana, nelle sue ambientazioni disadorne e indefinibili, nei vicoli oscuri e pericolosi, nella sfacciata bellezza abbandonata a se stessa. La si contempla e tocca di nascosto ma non la si tiene ufficialmente sull‘altare. Meglio celarla, staccare il quadro dalla parete principale dell’altare e porlo su pareti all’ombra.
no sfondo buio, risucchiato nell’ombra, un panneggio rosso sangue, la morte che incombe attraverso tre espressioni diverse, sangue che zampilla e schizza senza pietà alcuna. Oloferne, ubriaco e stordito, riverso su un letto che diventa vittima dell’inganno di Giuditta. La lotta patriottica in difesa di un territorio che si combina in difesa della fede. L’essenza di una donna vedova in una società patriarcale e maschilista. Un gigante nel suo spasmo che tende ancora i muscoli e le mani aggrappate al lenzuolo. Una donna ferma e algida con braccia tese compie il suo dovere. Una serva anziana corrugata e terrorizzata osserva, in attesa di raccoglierne la testa.
Nel Caravaggio il buio e la luce sono fonte di esaltazione di drammaticità delle scene. Una luce che arriva quasi brutalmente a scoprire parti di una scena che altrimenti resterebbero avvolte dalle tenebre. Nell’agire spietato della Napoli camorristica, il buio è accecante e la luce tenebrosa. Il patriottismo di Giuditta, di quella Napoli spaccata in due che denuncia e mostra ciò che accade, versus un mero desiderio di violenza colto in uno spasmo, quello di Oloferne moribondo. Un gigante bloccato in una smorfia di terrore, in quell’attimo in cui è sospeso tra la vita e la morte. In uno spasimo eterno. Come eterno sembra essere quel desiderio di vendetta agonizzante e inquietante nel respingere la democrazia e la legge. Intanto c’è chi assiste - come l’anziana serva non bella e immobile - ad un martirio continuo, ad una violenza gratuita. In attesa di una testa recisa da una donna libera ebrea che vuol salvare il suo popolo.
apoli come la donna libera, umana, raccolta per strada nei bordelli e dipinta come una Madonna. Lontano dalla sublimazione del sacro, Caravaggio non ha innalzato lo sguardo dell’uomo verso il divino ma il divino è nel mondo degli uomini ed è nell’uomo. Lì, il genio di Caravaggio cerca il divino e lo trova tra le cortigiane, nei bassifondi bui di Roma. In quella Roma del 1593, tra le osterie, prostitute e artisti avevano in comune la strada, la quotidiana realtà e anche l’intimità con gli uomini della Chiesa. I dipinti di Caravaggio per lo scarso “decoro” vengono commissionati e poi rifiutati. La Madonna dei Palafrenieri rimase sull’altare per meno di un mese.
!MPATTO MAGAZINE - 1 0 - 29 MAGGIO 2015
03 La forza del coraggio indomito è nella tenacia di una donna. Sola e donna alla guida di un popolo. L’anima di Napoli come moderna Giuditta. Gaetano Pappalardo Per grazia ricevuta / 2011
!MPATTO MAGAZINE - 1 1 - 29 MAGGIO 2015
- TERRA MIA -
05 La Napoli viscerale delle tradizioni vive la strada e per strada per la condivisione di vibrazioni che non sono solo sonore. Foto di Sergio Siano Il mare che bagna Napoli
PROCESSIO NE A PI AZZA MERCATO —
“Tu ti ricordi, popolo mio, come eri ridotto?” - Masaniello 1647 a Vico Rotto al Mercato
!MPATTO MAGAZINE - 1 2 - 29 MAGGIO 2015
- TERRA MIA -
DOMENICA SERA E LA NAPOLI DI DENTRO Aria d'estate che stenta ad arrivare, una certa reticenza ad ascoltare chi, dall'esterno, si pone come obiettivo quello di narrare le pieghe profonde di una citta' viva. Un racconto posto al di fuori delle parentesi tonde dei luoghi comuni. Domenica sera, quell’aria di estate che stenta ad arrivare davvero. Si fa attendere, come ogni capricciosa prima donna che si rispetti. Domenica sera, il pranzo abbondante, perché tutta la famiglia è a tavola e allora vale la pena cucinare. Mettendoci amore. Domenica sera e la noia del non sapere cosa fare. Ecco allora far capolino un pensiero, uno di quelli messi sempre nell’angolo, affollatissimo, delle cose da fare. Quel lontano pensiero dunque torna, attorniato da un’aura di prepotenza, a farsi vivo. A bussare alle porte della noia, cercando insistentemente di ottenere il permesso ad entrare. Qualche settimana fa, ogni profilo Facebook di appartenenza partenopea che si rispettasse, non poteva essere privo della condivisione dell’ennesimo tentativo di racconto di una delle realtà più poliedriche che il territorio nazionale abbia la facoltà di offrire; quella napoletana, appunto. Domenica sera, e la solita reticenza nel guardare ed ascoltare il racconto di Napoli, da chi, Napoli, non la vive. D’altronde la firma, questa volta, è illustre. Angela, Alberto. Uno dei pochissimi baluardi degni di nota della divulgazione scientifica nazionale a misura di QI medio.
E ALLORA, PLAY. Non senza quel fiero orgoglio radicato nei napoletani di razza. Non senza quel briciolo di spocchia, non senza quella profonda convinzione secondo cui, Napoli, ha il privilegio di poterla raccontare solo chi la vive, solo chi la sopporta, solo chi decide di trascorrere parte della propria esistenza in un chiaroscuro caravaggesco. Di quelli in cui le ombre tagliano la tela, senza alcun rispetto, agognando le attenzioni dello spettatore. E le luci, bé le luci vivono di vita propria. Prepotenti, come non mai. “È vero che a Napoli cantate tutti?”, il terrore. Il terrore di ogni napoletano è quello di essere identificato con lo stereotipo del “pizza-spaghettimandolino”. E capita, puntualmente. A quel punto non resta altro se non deludere le aspettative del prossimo, informandolo del fatto che esistono napoletani stonati.
TERRA MIA 1977 - PINO DANIELE Il terrore, cliccando “play”, è quello. Vedere impressi sullo schermo una serie infinita di luoghi comuni, sterili. Bastano i primi dieci minuti di visione, il racconto della storia di Parthenope, e il terrore lascia lo spazio alla curiosità, alla voglia di scoprire, di sapere se qualcuno, da fuori, è riuscito a cogliere tutto ciò che c’è dentro. Dentro ai vicoli, dentro ai bassi, dentro le botteghe, dentro i palazzi, dentro. Nelle viscere di una città, di un popolo, fatto di mare e lava. Il racconto, andato in onda su Rai Tre, è sì una cartolina, ma di quelle care, che nessuno compra. Di quelle che si fanno ammirare, in bella vista, tra la merce venduta ad un euro. Spicca. Spicca ed è per pochi. Per chi davvero vuole osservare e non limitarsi a vedere. Osservare, ascoltare, apprendere. Cercare, addirittura di comprendere. I luoghi comuni sono stati, fortunatamente, affrontati attraverso delle parentesi, che fin quando restano tali, hanno tutto il diritto di esserci. In fondo, a Napoli, la pizza si mangia davvero. Domenica sera, quell’aria d’estate che ancora stenta ad arrivare, Pino Daniele come sottofondo e la consapevolezza che qualcuno almeno ci ha provato a mostrare ciò che vive, dentro.
!MPATTO MAGAZINE - 1 3 - 29 MAGGIO 2015
06 Un velo sottile, cosi inafferrabile da sembrare etereo, riveste il corpo del Cristo. Un velo sottile racchiude e protegge l’incommensurabile grandezza di un dio del mistero. Foto di Sergio Siano Il mare che bagna Napoli
!MPATTO MAGAZINE - 1 4 - 29 MAGGIO 2015
IL FAUST PARTENOPEO Un breve viaggio, fatto di un battito di palpebre, tra i vicoli tutti paralleli di un centro storico fatto di pietre che parlano, e raccontano storie. Una tra le piu' misteriose figure, il cui spirito sembra essere ancora oggi vivo e presente. Il principe Raimondo di Sangro e le atmosfere esoteriche settecentesche, tra le stradine e negli occhi della Napoli contemporanea.
A
Napoli, in quella vera, quella dove del Vesuvio non si scorge il profilo che a distanza di sicurezza si getta nel mare creando cartoline infinite, ma se ne avverte la presenza, sapendo esattamente da che punto stia osservando la frenesia di un popolo a cui la lava sembra essere stata posta all’interno delle vene, esistono luoghi che della propria aura di misticismo, vivono. Il centro storico di Napoli, quel cuore pulsante e sempre attivo di una città mai veramente addormentata, quel labirinto fatto di vicoli, bassi e profumi, è la culla ed il terreno fertile di una serie infinita di leggende, storie, miti che non fanno altro che concatenarsi, stringere rapporti, confondersi. E confondere. Stradine, vicarielli. Tutti paralleli, simili tra loro se a guardarli è un occhio poco allenato. Poche indicazioni, nessuna segnaletica capace di attirare davvero l’attenzione. “Scusi per…”, è più semplice chiedere a chi è del luogo. E nello sguardo di chi è pronto ad offrire il proprio aiuto, si può scorgere quell’atmosfera settecentesca così abilmente descritta da Salvatore Di Giacomo. “Fiamme vaganti, luci infernali – diceva il popolo – passavano dietro gli enormi finestroni che danno, dal pianterreno, nel Vico Sansevero. Scomparivano le fiamme, si rifaceva il buio, ed ecco, romori sordi e prolungati suonavano là dentro: di volta in volta, nel silenzio della notte, s’udiva come il tintinnio d’un’incudine percossa da un martello pesante, o si scoteva e tremava il selciato del vicoletto come pel prossimo passaggio d’enormi carri invisibili”. Cappella Sansevero, è
ancora oggi, nell’immaginario collettivo, uno dei luoghi partenopei in assoluto più vicino alla sfera dell’esoterismo. La fama del luogo va di pari passo con la fama di colui che, all’interno di quest’ultimo, ha inserito elementi e messaggi avvolti, tutt’oggi, da un’aura di mistero e reverenza. Dai simboli massonici, alle “leggende nere” che tutto sembrano avvolgere. In maniera quasi impalpabile eppure consistente. Esattamente come quel velo creato dal Sanmartino e posto dagli sguardi del pubblico ai limiti dell’evanescenza. La cappella del principe di Sangro è un continuo perdersi e ritrovarsi tra i confini del vero e del presunto. Nulla è davvero come appare, nessun particolare è figlio di un’unica, certa, interpretazione. Le statue fatte scolpire in memoria dei genitori e, contemporaneamente, simboli allegorici del percorso massonico, il Cristo, al centro di quel perimetro magico ed immaginifico. Quel Cristo, avvolto, come si è accennato, da un velo di marmo che assume, come detto, i connotati dell’impalpabilità. La sapienza dello scultore, che quasi passa in secondo piano rispetto all’ipotesi della sapienza del principe Raimondo, questa volta alchemica. Una figura avvolta in un’aura di curiosità e timore. Quel senso di angoscia del sapere che si prova di fronte alle due macchine anatomiche. Eccezionale riproduzione in cera dell’epoca o, semplicemente, l’ennesimo esperimento di quello che Benedetto Croce ricorda essere stato “per il popolino delle strade che attorniano la Cappella dei Sangro, l’incarnazione napoletana del dottor Faust […] che ha fatto il patto col diavolo, ed è divenuto un quasi diavolo esso stesso, per padroneggiare i più riposti segreti della natura”?
!MPATTO MAGAZINE - 1 5 - 29 MAGGIO 2015
GIUGNO GIOVANI 100 EVENTI 50 LOCATION
NAPOLI
MAPPA DEGLI EVENTI
30 MAGGIO 30 GIUGNO
dal 30 maggio al 3 giugno
30 Maggio - ore 19.30
3 Giugno
A cura di Visivo Comunicazione e Visivo Experimental Gallery Project: Arte e Moda prendono forma. Tunnel Borbonico, Via Domenico Morelli, presso Garage Morelli
ore 11.00 - A cura di Accademia di Belle Arti, Citta'à della Scienza, Universita' Federico II, Ufficio Scolastico Regionale per la Campania: Verso Futuro Remoto. Accademia di Belle Arti
1 Giugno - ore 22.00
www.giugnogiovani.it www.comune.napoli.it
A cura di UDU - Unione degli Universitari: Una Notte al Castello – Festival delle Universita' Campane. Cortile dell'Universita' Parthenope, via Amm. F. Acton, 38
2 Giugno - ore 11.00 Prefettura di Napoli Celebrazioni per la Festa della Repubblica. Piazza del Plebiscito !MPATTO MAGAZINE - 1 6 - 29 MAGGIO 2015
ore 18.00 - A cura di Comitato UANMA:“ Welcome Princess Happening. Scale Principessa Iolanda a Capodimonte ore 19.30 - A cura di Circolo dei Giovani: I giovani tra sogno e realta': spunti per una costituente educativa. via Pigna, 197 ore 21.00 - A cura di Arteteka e Kestè " Pazz Yes I am" Primavera 2015. Largo San Giovanni Maggiore Pignatelli