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COME internazionalizzare
un’IMPRESA
La collana di e-book dedicati alle Piccole e Medie Imprese
Aprire nuove opportunità commerciali all’estero è un sistema per ampliare i propri confini, posizionare meglio il proprio prodotto o servizio e migliorare la qualità dei propri clienti. I vantaggi per le piccole e medie imprese possono essere rilevanti per la crescita e lo sviluppo di un’azienda. In questo e-book vogliamo offrire agli imprenditori alcuni spunti su cui riflettere prima di avviare una strategia di internazionalizzazione della propria azienda.
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INDICE Prefazione
4
Quando investire sui mercati internazionali
6
I modelli di penetrazione all’estero
8
L’importanza di predisporre un piano export
10
Le esportazioni delle imprese sui mercati extra Ue
14
Gli ostacoli al commercio estero
16
I rischi di operare all’estero
20
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PREFAZIONE Il tessuto imprenditoriale italiano è disseminato di aziende che mostrano tratti d’eccellenza nella produzione o nella lavorazione, ma spesso sono esclusivamente orientate al mercato locale, che è già saturo o estremamente competitivo. Si è spesso investito molto nella produzione e meno nella commercializzazione su mercati esteri. La strategia, invece, di espandersi all’estero potrebbe garantire maggiori volumi con conseguenti maggiori profitti piuttosto che migliori garanzie e sicurezze nei pagamenti. Aprire nuove opportunità commerciali all’estero è un sistema per ampliare i propri confini, posizionare meglio il proprio prodotto o servizio e migliorare la qualità dei propri clienti. I vantaggi per le piccole e
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medie imprese possono, quindi, essere piuttosto rilevanti. In questo e-book vogliamo offrire agli imprenditori alcuni spunti su cui riflettere prima di avviare una strategia di internazionalizzazione della propria azienda.
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quando investire sui mercati internazionali. La crisi economica che sta coinvolgendo tutti i Paesi mette in pericolo la sopravvivenza di molte imprese. Quando si riduce la domanda di un prodotto all’interno del proprio mercato di riferimento, dovuta alla crisi dei consumi o all’abbondanza dell’offerta, occorre trovare nuovi acquirenti investendo verso aree differenti. Nasce l’esigenza di puntare sull’espansione sui mercati internazionali, tramite la creazione di nuovi punti vendita all’estero (negozi, filiali o uffici operativi) o la realizzazione di partnership con altre aziende per commercializzare i propri prodotti. Le imprese che avranno il coraggio e la determinazione di lanciarsi su mercati geografici nuovi saranno in grado di compensare, in termini di incremento di fatturato e di margini, la riduzione che possono avere riscontrato nelle aree geografiche tradizionali. Lo sviluppo a livello internazionale è la strada più difficile da compiere, quella che implica un vero e proprio salto di qualità per un’azienda di piccole dimensioni. Eppure è la strategia che, più di ogni altra, in epoca di crisi può garantire il successo di un’impresa. Servono
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capacità imprenditoriali, ottima organizzazione del lavoro, flessibilità, attenzione alla qualità dei prodotti e cura nella gestione del cliente. In generale la strategia di espansione di un’azienda si sviluppa, a livello geografico, verso i mercati in crescita e, a livello merceologico, sui segmenti ad alta marginalità. La penetrazione nei mercati nuovi o da sviluppare in genere si evolve partendo dall’espansione verso mercati geograficamente contigui - modello “imprenditore con la valigia” – o dal posizionamento in quelli in cui sono presenti consumatori sensibili al made in Italy, con la crescita degli strati affluent e middle-class. Per raggiugerli spesso è necessario concludere accordi con reti distributive già attive, o allestire consorzi o società di scopo per penetrare il mercato sfruttando economie di condivisione dei servizi. Non si tratta di un processo rapido. Al contrario, i successi arrivano dopo investimenti in relazioni locali, in capitale umano, in tecnologia, in adattamenti dei propri prodotti ai mercati e ai clienti nuovi e, non ultimo, a seguito di consistenti anticipazioni finanziarie.
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i modelli di penetrazione all’estero. L’approccio verso i clienti all’estero passa necessariamente attraverso una valutazione oggettiva delle potenzialità dell’azienda e una definizione del percorso di crescita internazionale. La strategia di espansione verso nuovi mercati internazionali può rappresentare una concreta opportunità di crescita per le piccole e medie imprese, se viene affrontata con competenza e metodo. Si possono, in sintesi, adottare quattro tipi di modelli:
• Il modello volto all’”Esportazione e sviluppo commerciale”
attuato
attraverso
contratti
di
distribuzione all’estero con agenti o distributori locali;
• Il modello che mira all’“Ottimizzazione dei costi e dei processi” con la ricerca e la selezione di fornitori esteri;
• L’“Attivazione
di
un
presidio”
che
consenta
la strutturazione di un vero e proprio ufficio di rappresentanza dell’azienda nei vari Paesi;
• La “Costituzione di una struttura operativa” che può essere in partnership con un socio locale oppure indipendente, ed è controllata direttamente dalla casa madre italiana.
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In ogni caso, qualunque sia la strategia che un imprenditore sceglie di adottare, conviene evitare sempre di approcciare il mercato estero in modo disorganizzato. Prima di procedere sarebbe opportuno effettuare un’analisi accurata delle capacità operative e strutturali dell’azienda e un’analisi delle potenzialità del mercato di sbocco del prodotto da vendere. Senza la comprensione chiara dei punti di forza e di debolezza, qualsiasi strategia di espansione sui mercati internazionali potrebbe non raggiungere i risultati prefissati, a prescindere dalla sua validità e dalle risorse allocate.
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l’importanza di predisporre un piano export. Il piano export rappresenta un elemento importante per ogni imprenditore per potere valutare la capacità d’internazionalizzazione dell’azienda e per esplorare e sviluppare le competenze necessarie per lavorare con efficacia in un contesto internazionale. Questi sono i principali aspetti da analizzare con attenzione per redigere un piano per l’export corretto ed adeguato alle principali esigenze di un’impresa:
• Conoscere bene e definire con precisione i mercati in cui investire.
È importante evitare l’estrema
diversificazione eliminando a priori i mercati esteri in cui esistono barriere all’entrata: dazi doganali, costo di trasporto, norme di uso del prodotto. Prima di partire con una strategia di internazionalizzazione occorre conoscere le caratteristiche dei mercati, valutare i competitor, conoscere il potere contrattuale dei clienti e soprattutto le prospettive di sviluppo future.
• Definire il target di maggior interesse. Conviene concentrare gli sforzi sul segmento di mercato estero che presenta il vantaggio comparativo più elevato. Il
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segmento di mercato più interessante in un Paese straniero può essere differente dal target abituale su cui punta un’azienda nel proprio mercato interno.
• Studiare con attenzione le strategie per entrare in nuovi mercati. Ci possono essere differenti sistemi per riuscire a penetrare all’interno di un nuovo Paese estero. Occorre valutare con attenzione quale è la strategia di maggiore successo in base alle caratteristiche del Paese e del target. Si può scegliere di instaurare rapporti di collaborazione con un agente, avviare partnership con un distributore, aprire uno stabilimento per la produzione o creare una propria rete di vendita.
• Scegliere il partner estero più adeguato. Se un imprenditore decide di entrare su un mercato estero tramite un agente o un distributore o un importatore, deve sempre elaborare un accordo operativo con il partner selezionato attraverso un contratto preciso e sicuro. Gli accordi non scritti possono creare problemi imprevisti nel corso di trattative future.
• Valutare la fattibilità di effettuare la registrazione del marchio. Prima di iniziare ad operare su un mercato estero è fondamentale capire se è possibile utilizzare e registrare lo stesso marchio usato nel mercato interno o se sarà necessario cambiare il marchio.
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• Pianificare la presentazione del prodotto. È importante definire a priori le dimensioni, il packaging, l’imballaggio, l’etichettatura, ecc. rispettando gli usi, le consuetudini e le tradizioni del target di interesse. Il packaging di un prodotto potrebbe non andare bene in un Paese estero, per cui sarebbe utile svolgere delle ricerche di mercato per conoscere le abitudini e le esigenze del target di riferimento, per poterle soddisfare nel migliore dei modi.
• Prevedere una “prova di mercato”. Per non rischiare di sbagliare e perdere importanti risorse finanziarie conviene partire a piccoli passi con un investimento minimo, in modo da conoscere gradualmente il mercato estero selezionato. Se il prodotto ottiene risultati soddisfacenti dopo una prima fase di test, allora l’impresa può decidere di investire risorse rilevanti per espandere la propria posizione anche verso nuovi target.
• Definire la gestione del mercato estero. In stretta collaborazione con il partner estero bisogna concordare aspetti rilevanti del business, come il volume delle vendite, il fatturato, il livello dei prezzi, la promozione, la logistica, l’assistenza al cliente.
• Redigere un business plan. Questo è un aspetto fondamentale
che
nessuna
impresa
dovrebbe
trascurare. Ogni imprenditore che decide di investire
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all’estero dovrebbe redigere prima un accurato business plan per stabilire chiaramente, nei successivi 3 anni, gli obiettivi, i costi, i ricavi, le entrate e le uscite monetarie previste sul mercato estero selezionato. Il business plan può essere utile anche per misurare a consuntivo l’avanzamento del progetto di business e lo sviluppo dell’attività imprenditoriale, oppure per correggere eventuali problematiche non previste inizialmente.
• Definire un piano di comunicazione preciso. Se un’impresa è famosa in Italia, non significa che lo sia anche all’estero. Per conquistare i mercati internazionali è necessario fare conoscere il brand dell’azienda,
utilizzando
tutti
gli
strumenti
di
comunicazione più efficaci (cataloghi di prodotto, sito Internet, annunci stampa, fiere per presentare i prodotti, ecc..). Il piano export deve, quindi, essere realizzato con metodo e molta attenzione, dedicando tempo, risorse e professionalità per realizzarlo nel migliore dei modi. Un’impresa può anche rifare numerose volte il piano export, nel caso decida di cambiare le sue strategie, ma è di fondamentale importanza creare sin dall’inizio delle linee guida per sviluppare con successo il proprio progetto d’internazionalizzazione.
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le esportazioni delle imprese sui mercati extra ue. L’Unione Europea continua ad occupare il primo posto al mondo per esportazioni, importazione e investimenti esteri diretti, sia come investitore sia come destinatario degli investimenti. Nel corso degli anni è riuscita a mantenere una quota delle esportazioni mondiali complessive intorno al 20%, nonostante la crisi economica. Gli Stati Uniti rappresentano il primo mercato di esportazione dell’Unione Europea di bene, servizi e investimenti esteri diretti. La Cina è il secondo, la Svizzera il terzo, la Russia il quarto, il Giappone il sesto, l’India l’ottavo e il Brasile il nono. Lo rivela la relazione 2013 della Commissione al Consiglio Europeo sugli ostacoli al commercio e agli investimenti. ESPORTAZIONE UE DI BENI VERSO IL RESTO DEL MONDO (2010)
Paese USA
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Miliardi di Euro
%
242,3
18%
Cina
113,3
8,4%
Svizzera
105,4
7,8%
Russia
86,1
6,4%
Turchia
61,2
4,5%
Giappone
43,9
3,3%
Norvegia
41,9
3,1%
India
34,8
2,6%
Brasile
31,4
2,3%
28
2,1%
561,3
41,6%
1.349,6
100%
Corea del Sud Altri TOTALE
Questi mercati sono dotati di un forte potenziale di crescita per gli scambi e gli investimenti della Ue. Paesi emergenti come il Brasile, l’India, la Cina e anche la Russia, cioè i cosiddetti Paesi Bric, anche per il futuro potranno offrire interessanti opportunità commerciali per le imprese europee. Le esportazioni verso i Bric si presume che svolgeranno un ruolo fondamentale per la futura crescita delle esportazioni dell’Unione Europea.
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Gli ostacoli al commercio estero. Le imprese dell’Unione Europea incontrano ancora troppi ostacoli nell’accedere ad alcuni mercati esteri. Si tratta in genere di ostacoli non tariffari, come regolamenti tecnici e procedure di valutazione delle conformità, procedure doganali gravose o scarsa tutela dei diritti di proprietà intellettuale. La diplomazia commerciale costituisce in genere il mezzo più rapido per lottare contro gli ostacoli agli scambi in quanto non richiede un contesto specifico, come nel caso dei negoziati di libero scambio, né una lunga e complessa strategia contenziosa come nel caso delle vertenze commerciali. I contatti diretti con le autorità locali possono essere sufficienti per mettere in evidenza gli ostacoli e segnalare l’incompatibilità di alcune misure con gli obblighi che derivano dall’OMC. L’efficacia dell’azione della diplomazia commerciale dipende però dalla possibilità di convincere il Paese con cui si sta trattando che è nel suo interesse eliminare gli ostacoli al commercio.
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Questo si può ottenere puntando su tre strategie che devono essere tra loro connesse:
• Dimostrare che l’eliminazione dell’ostacolo al commercio potrebbe generare per i consumatori e le imprese di un Paese vantaggi superiori alle perdite che avrebbero le altre aziende in concorrenza diretta con le imprese dalla Ue;
• Fornire soluzioni alternative e proposte concrete per convincere il Paese a rimuovere gli eventuali ostacoli che limitano il commercio con l’estero. In quest’ambito la cooperazione in materia normativa e i negoziati commerciali dovrebbero aiutare a favorire l’accesso ai mercati da parte delle aziende straniere;
• Utilizzare, in casi estremi, anche l’arma della minaccia di una controversia, che può avere un effetto dissuasivo tale da spingere il Paese a rimuovere l’ostacolo. Un processo di risoluzione delle controversie credibile ed efficace è essenziale per ottenere buoni risultati sul fronte della diplomazia commerciale. Ciò dimostra che la diplomazia commerciale è tanto più efficace se usata in combinazione con altri strumenti, in quanto le soluzioni più pratiche possono dare risultati solo se sono affiancate da meccanismi sanzionatori credibili.
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Un altro sistema utile per favorire il commercio con i Paesi esteri è rappresentato dai negoziati per gli accordi di libero scambio. Nel corso dei negoziati la posizione dell’Unione Europea come destinazione di esportazione le consente di ottenere importanti concessioni dai Paesi terzi che sono interessati a negoziare con un mercato integrato di 500 milioni di consumatori. Inoltre questi accordi sono avviati per affrontare numerosi ostacoli e introdurre discipline più rigorose rispetto
alle
norme
commerciali
internazionali
esistenti. Quindi l’Unione Europea mira ad ottenere di più con queste discussioni piuttosto che dalla semplice applicazione delle norme vigenti.
«I negoziati commerciali anche in futuro dovranno andare di pari passo con l’impegno per garantire l’inserimento nelle catene del valore mondiali e creare condizioni quadro stabili e prevedibili per le attività economiche a livello mondiale. Senza una strategia decisa di applicazione delle norme, attuata attraverso la diplomazia commerciale, le procedure di risoluzione delle controversie e dei negoziati e che comporti interventi su diversi fronti, l’Unione Europea non può garantire la dovuta parità di condizioni alle sue imprese sul mercato mondiale. La Commissione, gli Stati membri e l’industria devono continuare a collaborare per favorire l’accesso ai mercati esteri, garantire l’eliminazione degli ostacoli presenti nei Paesi e contrastare i tentativi di introdurre nuovi ostacoli»1.
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In questo modo le aziende europee potranno accedere piÚ facilmente ai mercati stranieri in rapida espansione contribuendo cosÏ alla ripresa economica dei vari Stati dell’Unione.
1. Relazione 2013 della Commissione Europea al Consiglio sugli ostacoli al commercio e agli investimenti - pag. 6
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i rischi di operare all’estero. Bisogna, infine, tenere presente che quando un’impresa opera all’estero deve affrontare una serie di rischi aggiuntivi, oltre ai normali rischi intrinsechi all’attività imprenditoriale: Rischio Paese. Operando all’estero, l’impresa italiana è sottoposta alle leggi del Paese straniero con la possibilità di subire delle perdite economiche a causa di eventi non sotto il controllo dell’azienda. Occorre, quindi, avviare una selezione attenta del mercato nella fase iniziale e un monitoraggio costante della situazione. Rischio monetario. L’impresa italiana che opera all’estero può trovarsi di fronte al rischio di riduzione di valore della transazione dovuta alla svalutazione della moneta estera rispetto all’estero. Ciò può avvenire in presenza di dilazioni di pagamento significative, poiché il prezzo e la moneta in cui dovrà avvenire il pagamento sono stabiliti al momento della stipulazione del contratto internazionale. Rischio tecnico. Un altro rischio da non sottovalutare è quello di realizzare un prodotto con le caratteristiche
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previste dalla legislazione italiana che poi non soddisfi le normative tecniche locali del Paese estero. Rischio giuridico. Un’azienda italiana può, inoltre, incorrere in liti giudiziarie, per una mancata o non approfondita conoscenza della differente legislazione che riguarda ad esempio i contratti. Occorre, quindi, un esame accurato della legislazione locale, avvalendosi di esperti di legislazione del Paese in cui si decide di investire. Occorre, quindi, sapere che si potrebbe incorrere in questi potenziali rischi quando si opera all’estero. Ma, se un’azienda è ben strutturata, se ha risorse finanziarie adeguate agli investimenti, se ha predisposto con attenzione il piano export, se è in grado di offrire un prodotto con caratteristiche adatte al target di un Paese all’estero, allora può iniziare ad avviare il suo percorso di sviluppo ed espansione sui mercati internazionali. La strada da percorrere può essere lunga e complessa, ma alla fine può garantire il successo e la crescita futura di una piccola e media impresa.
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