LA MATEMATICA INTORNO A NOI PRIMO PIANO • La matematica è ovunque Intervista a Simonetta Di Sieno POLITICA ED ECONOMIA • E se la migliore democrazia derivasse dalla casualità?
INDUSTRIA E AMBIENTE • Sviluppo industria e tutela dell’ambiente: oggi ci pensa la fluidodinamica numerica Intervista a Vincenzo Armenio • Quando un algoritmo velocizza la produzione Intervista a Carlo Poloni • Tecniche per prove di invecchiamento accelerato
• Oltre il PIL: quando i soldi non fanno la felicità Intervista a Donato Speroni • La matematica delle metropoli • L’algoritmo che consente di predire la crescita economica di un Paese Intervista a Luciano Pietronero
STILI DI VITA • La diversa percezione del tempo tra adulti e bambini Intervista a Roberto Vacca
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P E R
M A G A Z I N E
U N A
V I T A
• Ogni maledetta domenica: quando la coda diventa una vera teoria • Lo spauracchio degli studenti • Numeri tabù, modi di dire e proverbi • I diversi modi di contare e misurare Intervista a Enrico Rogora CULTURA • Quando la matematica diventa arte Intervista a Filippo Camerota • Crittografia: tutto da decifrare • La passione del conoscere Intervista a Umberto Bottazzini D I
Q U A L I T À
FISICA E STORIA • Dall’infinitamente piccolo al grande • 100 anni di relatività • Storie di geni della matematica QUALITÀ DELLA VITA • Salute: la discalculia • Salute: dipendenza dal gioco d’azzardo • Sport: basket matematico • Hobby: cruciverba e sudoku per invecchiare meglio • Comunicazione: palestra per la mente E
S I C U R E Z Z A
Numero 102 Direttore Responsabile Giancarlo Zappa Capo redattore Roberta Gramatica Progetto grafico Fortarezza & Harvey Impaginazione Corberi e Sapori Editori Hanno collaborato Federico Cerrato Simone D’Ambrosio Eliana De Giacomi Pierini Ursula Dobrovic Antonella Ferrara Velia Ivaldi Mario Marcis Walter Molino Nicola Pessina Stefano Rizzuti Paolo Subioli Direzione, Redazione, Amministrazione IMQ, Istituto Italiano del Marchio di Qualità Via Quintiliano 43 20138 Milano tel. 0250731 fax 0250991500 mkt@imq.it - www.imq.it STAMPATO SU CARTA CERTIFICATA
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EDITORIALE
LA MATEMATICA:
SEMPLICEMENTE INTORNO A NOI
La matematica. O la odi o la ami, dicono. Ma di sicuro non puoi ignorarla. Perché, piaccia o non piaccia, la matematica è semplicemente intorno a noi. Che sia presente nell’architettura non ci stupisce più di tanto: piramidi, cilindri e parallelepipedi in fondo li possiamo osservare semplicemente passeggiando per le vie di una qualunque città. Ma nell’architettura della natura, dove la volontà dell’uomo non compare, è emozionante incontrare leggi universali: la conchiglia del Nautilus è ben descritta dalla spirale logaritmica, il numero di petali di varie specie di fiori sono identificabili con la successione di Fibonacci, la quale è a sua volta matematicamente legata alla Sezione Aurea. Già questo basterebbe a stupirci, ma c’è di più: successione di Fibonacci e Sezione Aurea compaiono anche nella musica di Bach, Mozart, Debussy, Bartók,… per non tralasciare quella di alcuni gruppi rock moderni. A ben vedere quindi, in ogni aspetto della nostra quotidianità compaiono, volutamente o meno, la matematica e le scienze in generale. La loro presenza intrinseca nel mondo che ci circonda implica forse che non possiamo godere pienamente della bellezza della natura o della gioia della musica senza un’adeguata preparazione? Di certo no; però è probabilmente vero che se si vive la matematica come un ostacolo insormontabile che ci separa da un livello di conoscenza più profondo, si rischia di non cogliere una parte del fascino e della armonia dell’universo intero, ovvero di perderne qualche aspetto, la cui conoscenza non farebbe altro che arricchirci interiormente. Nessuno è così freddo e insensibile da guardare un cielo stellato pensando solamente a delle formule, così come di fronte allo sbocciare di un fiore o a un arcobaleno è l’emozione ad avere il sopravvento. Sarà la meraviglia che un’esperienza ci trasmette a spingerci poi a esplorare ciò che ci ha affascinato, alla ricerca di qualche cosa di non noto e comunque indescrivibile che ci possa saziare. Un mistero può affascinare come spaventare: è il nostro approccio a fare la differenza. Proprio come accade con la matematica a cui è dedicato il nuovo numero di IMQ Notizie. Matematica che è anche inaspettatamente utile per calcolare il PIL dei Paesi o determinare le democrazie, per contribuire alla qualità dell’ambiente, per accelerare le dinamiche produttive e per migliorare la qualità dei prodotti. La matematica per ottimizzare gli stili di vita, per capire l’arte, per migliorare il gioco e allenare la mente. La matematica che è scienza, umanesimo e vita. La matematica che è intorno a noi. Buona lettura Giancarlo Zappa
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SOMMARIO
SOMMARIO PRIMO PIANO - MATEMATICA E:
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LA MATEMATICA DELLE METROPOLI Un recente studio ha messo a confronto l’economia di antichi insediamenti urbani con quella delle città di oggi. I risultati? Sorprendenti.
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COME PREDIRE LA CRESCITA ECONOMICA DI UN PAESE? CON UN ALGORITMO CHE CONFRONTA LA SUA “FITNESS” CON IL PIL Secondo i fisici della Sapienza e dell’ISC-CNR di Roma le nazioni sul cui futuro economico conviene scommettere sono quelle che negli ultimi vent’anni si sono preoccupate di aumentare la loro competitività sul mercato mondiale prima che il PIL. Intervista a Luciano Pietronero, professore di Fisica all’Università La Sapienza e fondatore dell’Istituto dei Sistemi Complessi del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Isc-Cnr)
LA MATEMATICA È OVUNQUE PERSINO NELLA NOSTRA QUOTIDIANITÀ Intervista alla professoressa Simonetta Di Sieno, direttrice del Centro Interuniversitario di Ricerca per la Comunicazione e l’Apprendimento Informale della Matematica
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TECNICHE PER PROVE DI INVECCHIAMENTO ACCELERATO: SAPERE PRIMA QUELLO CHE SUCCEDERÀ DOPO Ovvero poter individuare fin dalla fase di progettazione di una apparecchiatura eventuali difettI del progetto stesso oltre che i punti deboli a cui dedicare particolare attenzione nel processo di costruzione. Chiaroveggenza? No, tecnica e tecnologia!
STILI DI VITA
POLITICA ED ECONOMIA 8
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E SE LA MIGLIORE DEMOCRAZIA DERIVASSE DALLA CASUALITÀ? Alcuni ricercatori italiani hanno esposto i risultati di uno studio teorico che indica come l’efficienza globale del parlamento potrebbe migliorare se una parte di parlamentari fosse sorteggiata casualmente tra i cittadini. OLTRE IL PIL: QUANDO I SOLDI NON FANNO LA FELICITÀ E se la buona salute di uno Stato andasse oltre i numeri del prodotto interno lordo e dipendesse invece dal numero di acri di foresta conservata, o da indicatori come i misuratori di benessere, sostenibilità, salute, istruzione, felicità? Intervista a Donato Speroni, giornalista del Corriere della Sera e membro del comitato di indirizzo del Rapporto Bes (Benessere equo e sostenibile)
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LA DIVERSA PERCEZIONE DEL TEMPO TRA ADULTI E BAMBINI Intervista a Roberto Vacca ingegnere, saggista e ricercatore scientifico, esperto di matematica e appassionato di futurologia
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OGNI MALEDETTA DOMENICA (SERA) Ovvero quando la coda diventa una vera e propria teoria
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LO SPAURACCHIO DEGLI STUDENTI La matematica è ritenuta la materia più temuta dagli studenti: è difficile, richiede una buona logica e molto ragionamento ma bisogna conoscerla perché è parte integrante della nostra vita quotidiana. Intervista a Antonio Bernardo, docente e direttore della testata online Matematicamente.it
INDUSTRIA E AMBIENTE 20
SVILUPPO DELL’INDUSTRIA E TUTELA DELL’AMBIENTE? OGGI CI PENSA LA FLUIDODINAMICA NUMERICA Intervista a Vincenzo Armenio, professore di Fluidodinamica Ambientale presso l’Università degli Studi di Trieste
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QUANDO UN ALGORITMO VELOCIZZA LA PRODUZIONE In barba ad alcuni proverbi che stigmatizzano la fretta, oggi a supporto dell’industria esistono software che permettono di ridurre i tempi di progettazione e sviluppo, senza nulla togliere alla qualità. Anzi. Intervista a Carlo Poloni, Presidente di Esteco S.p.A.
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QUALITÀ DELLA VITA 40
DIAMO I NUMERI Breve viaggio tra i numeri tabù, proverbi e modi di dire.
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C’È CHI CONTA SOLO FINO A 3 E non perché sia analfabeta o abbia poca pazienza, ma perché nella sua cultura si usa così. Dalla conta occidentale su due mani, ai pigmei che contano solo fino a 3, passando per chi per far di conto passa anche dai piedi, ecco un breve excursus sui diversi modi di contare. Intervista a Enrico Rogora, docente di Storia della Matematica all’Università La Sapienza di Roma
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LA CECITÀ AI NUMERI Capita spesso di trovarsi in pagella un’insufficienza in matematica. Non sempre, però, questo è sintomo della frequente difficoltà che tanti studenti incontrano di fronte a formule e numeri tra i banchi di scuola; può darsi, infatti, che la “difficoltà” sia un disturbo del calcolo vero e proprio. Intervista a Daniela Lucangeli, professore Ordinario di Psicologia dello sviluppo e dell'educazione presso l’Università di Padova
FISICA 62
LE MILLE E UNA MISURA Breve viaggio nei diversi sistemi di misura con un occhio all'importanza della taratura.
DALL’INFINITAMENTE PICCOLO ALL’INFINITAMENTE GRANDE: Il contributo della matematica alla comprensione del nostro Universo.
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IL BANCO VINCE (E IL GIOCATORE ASSIDUO PERDE) Questo ci dice la matematica riguardo al gioco d’azzardo. E ci racconta anche i rischi della dipendenza che può derivarne, una “patologia” che purtroppo all’anno registra incassi da 85 miliardi di euro. Intervista a Diego Rizzuto, fisico e autore del progetto “Fate il nostro Gioco”
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SPORT QUANDO LA VITTORIA PUÒ DIVENTARE ANCHE MATEMATICA Cosa c’entra il basket con le statistiche e la geometria? C’entra e anche molto. Intervista a Mario Fioretti, assistente allenatore dell’Olimpia Milano
CULTURA 50
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QUANDO LA MATEMATICA DIVENTA ARTE E CREA EMOZIONI Intervista a Filippo Camerota, architetto, vice direttore e responsabile delle collezioni del Museo Galileo, Istituto e Museo di Storia della Scienza di Firenze CRITTOGRAFIA: UNA STORIA TUTTA DA DECIFRARE Sin dalla comparsa della scrittura, nacque l’esigenza di celarne il contenuto a destinatari indesiderati.
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HOBBY CRUCIVERBA E SUDOKU PER INVECCHIARE MEGLIO
STORIA 66
MATHEMATIKÓS: LA PASSIONE DEL CONOSCERE Approfondire la storia della matematica equivale a conoscere la storia dell’uomo, del suo progresso e della sua evoluzione. Significa incontrare personalità eccezionali da Euclide a Newton, da Cartesio a Leibniz, che hanno fornito contributi innovativi e illuminanti capaci di stimolare non solo l'indagine matematica tout court, ma di allargare i confini della conoscenza, contaminare etica e filosofia. Intervista a Umberto Bottazzini, professore ordinario di Storia della Matematica Università degli Studi di Milano
SALUTE
CENTO ANNI DI RELATIVITÀ GENERALE, OSSIA PROPRIO QUESTO ISTANTE Nel 2015 ricorre il primo centenario della formulazione della Teoria della Relatività Generale da parte di Albert Einstein.
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COMUNICAZIONE UNA PALESTRA PER LA MENTE Promuovere la matematica attraverso il gioco in una particolare palestra dove operatori esperti propongono problemi di matematica per trasformare lo studio dell’aritmetica e della geometria in un’attività divertente. Intervista al Dott. Giovanni Filocamo, divulgatore scientifico
RUBRICHE
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Panorama News
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Brevi IMQ
STORIE DI GENI DELLA MATEMATICA
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PRIMO PIANO: LA MATEMATICA INTORNO A NOI
LA MATEMATICA È
OVUNQUE PERSINO
NELLA NOSTRA QUOTIDIANITÀ DAGLI STUDI PER LA CONSERVAZIONE DEL COLOSSEO A QUELLI PER OTTIMIZZARE LE OPERAZIONI CARDIOLOGICHE PASSANDO PER IL COSTUME DI GARA DI FEDERICA PELLEGRINI: LA MATEMATICA, OLTRE AD ESSERE COSTANTEMENTE INTORNO A NOI, PUÒ AIUTARCI A RISOLVERE INFINITE PROBLEMATICHE. E LA BELLA NOTIZIA È CHE OGNUNO DI NOI PUÒ IMPARARE A CAPIRLA. BASTA SEMPLICEMENTE VOLERLO DAVVERO. Intervista alla professoressa Simonetta Di Sieno, direttrice del Centro Interuniversitario di Ricerca per la Comunicazione e l'Apprendimento Informale della Matematica
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“L
a filosofia è scritta in questo grandissimo libro che continuamente ci sta aperto innanzi agli occhi (io dico l’universo), ma non si può intendere se prima non s’impara a intender la lingua, e conoscer i caratteri, ne’ quali è scritto. Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri son triangoli, cerchi, ed altre figure geometriche, senza i quali mezi è impossibile a intenderne umanamente parola; senza questi è un aggirarsi vanamente per un oscuro laberinto”.
Così Galileo Galilei, nel celebre Il Saggiatore, sosteneva che il mondo o, meglio, l’universo fosse imperscrutabile senza la conoscenza della “lingua matematica”. Ma è così vero che con i numeri si possa spiegare la ragione ultima di un po’ tutto ciò che succede e ci circonda? Ne abbiamo parlato con la professoressa Simonetta Di Sieno, direttrice del Centro Interuniversitario di Ricerca per la Comunicazione e l’Apprendimento Informale della Matematica.
«Quella di Galileo è la madre di tutte le citazioni, il punto di partenza dell’analisi del matematico consapevole come lo conosciamo adesso. Ma, forse, è anche un po’ banale. È un finto stupore quello di trovare la matematica dappertutto perché, già molto prima di Galileo, i matematici non vivevano nella torre d’avorio ma avevano come mission la soluzione di problemi».
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PRIMO PIANO: LA MATEMATICA INTORNO A NOI
Quindi i matematici sono una sorta di moderni oracoli a cui tutto può essere chiesto? La storia delle carte geografiche è esemplare dal punto di vista di ciò che si può chiedere a un matematico e degli approcci che lo stesso ha nei confronti della soluzione di un problema. Pensiamo ad esempio alle cartine topografiche della metropolitana: ciò che conta è il numero e la successione delle fermate ma il percorso che troviamo stilizzato è assolutamente finito. Che le fermate distino tra loro 100 metri o 10 chilometri ha poca rilevanza, l’importante è sapere dopo quante fermate scendere. Non sarà un’informazione completa ma risponde esattamente all’esigenza. Se, invece, dovessimo fare lo stesso percorso in bici, avremmo bisogno della mappa dettagliata. Il matematico risponde, disegna la carta a seconda della domanda che gli viene posta: la qualità della domanda provoca la tipologia della risposta. Tra l’altro, è la stessa matematica a dirci che il tentativo di avere una carta geografica che riproduca esattamente tutte le informazioni possibili e immaginabili è destinato all’insuccesso: lo fa attraverso la geometria pura e, in particolare, il teorema di Gauss. È una soluzione definitiva al problema della realizzazione delle carte che non possono essere universali ma devono partire dalle diverse esigenze.
L’elenco de
lle fruttu banale? Migliorare le applicazioni de ose performance per il comatematica ne lla ll stume di Federica Peldi tutti i giorni a vita legrini: intensità della p essere pressoch otrebbe spinta, direzione, veé infinito. Basti pensare locità, ci sono stati a ll e co ntinue evoluzi buoni matematici capao tecnologiche. ni ci di insegnare a un computer di leggere i video delle nuotate della Pellegrini ed
Ma gli strumenti che il matematico utilizza per rispondere a questi bisogni sono solo i numeri? In altre parole, possono i numeri rispondere a qualsiasi esigenza? Lo strumento principe del matematico è l’astrazione che consente di trovare soluzioni in grado di rivoluzionare la vita. Basti pensare alla risonanza magnetica, un sistema che consente di tagliare a fette bidimensionali un oggetto tridimensionale e ricostruirlo perfettamente avendo informazioni dettagliate sulla ricostruzione. Questa invenzione che ha cambiato radicalmente l’efficacia della sanità è certamente stata prodotta da tecnici e da sofisticati calcoli di un elaboratore. Ma per dire al calcolatore come e su che dati lavorare si è dovuti partire da uno studio teorico sulla scomposizione di funzioni. I matematici, in generale, navigano tra questi due estremi: chi studia la matematica per avventura e piacere intellettuale e chi, invece, sfrutta lo studio di questa prima categoria per risolvere problemi. Maestro di astrazione di matematica applicata fu, senza dubbio, Alan Turing a cui è dedicato uno dei film di maggior successo dell’ultima stagione: The Imitation Game. La capacità di astrazione dello scienziato britannico ha portato ad applicare ricerche teoriche alla crittografia, consentendo di decifrare i codici segreti nazisti, abbreviare i tempi di una guerra mondiale devastante e porre le basi per la realizzazione dei primi computer. A proposito di computer, che senso ha l’esistenza dei matematici dopo l’ideazione di calcolatori così potenti come quelli odierni? Il calcolatore è solo una macchina che non sa che cosa fare. Se sei capace di usarlo, ottieni risultati splendidi. Un esempio 6
estrapolarne i dati necessari per studiare la sua bracciata e produrre un costume più performante. Non ce ne faremmo nulla di un computer se non ci fosse qualcuno che gli dice che cosa fare. La matematica, dunque, non è solamente saper fare di conto. Un concetto che potrebbe far riavvicinare un po’ la gente comune a questa scienza. Il diffuso disamore nei confronti della matematica è colpa soprattutto del modo in cui noi raccontiamo questa disciplina: cerchiamo di fornire tutti gli strumenti per operare ma se non
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vedi gli scopi, non hai le motivazioni, restano solo un peso senza vita. La matematica è difficile perché ti costringe a fare operazioni che normalmente non hai voglia di fare, cioè scegliere i parametri da privilegiare, decidere quale strada prendere e naturalmente essere sufficientemente confidente con la parte tecnica. Ma a scuola pigiamo quasi esclusivamente il pedale sulla parte tecnica. Se non alleniamo le persone a non aver paura delle decisioni da prendere, ad avere un criterio per scegliere, a cogliere il punto di vista più efficace da cui studiare un problema, tutto il resto serve solamente a far percepire la fatica di entrare in un linguaggio che non appartiene alle persone in modo naturale. Per cui, chiunque potrebbe diventare un buon matematico? La matematica è un’esperienza alla portata di tutti, esattamente come giocare a scacchi, fare i biscotti o, per una donna, dare alla luce un bambino. Ma se è vero che è alla portata di chiunque, è altrettanto vero che alla base deve esserci la decisione di voler imparare a giocare a scacchi, a fare i biscotti o diventare mamma. A monte di tutto deve esserci una scelta. E quali scelte stanno facendo oggi i matematici italiani? I centri di ricerca italiani attualmente si stanno concentrando molto sulla sanità: lo studio del flusso del sangue, il funzionamento del cuore sta dando esiti molto interessanti. La modellizzazione matematica diventa fondamentale come dimostra il fatto che le operazioni sul cuore sono sempre meno “avventurose”. Poi ci sono le ricerche legate alle cellule tumorali e come si possa cercare di prevedere la loro diffusione. Cambiando completamente settore, altre applicazioni molto efficaci riguardano la conservazione dei beni architettonici e dei monumenti, con la produzione di nuovi materiali per la protezione dagli agenti ambientali: quindi l’analisi matematica sta studiando come conservare il Colosseo. Ma l’elenco delle fruttuose applicazioni della matematica nella vita di tutti giorni potrebbe essere pressoché infinito. Basti pensare alle continue evoluzioni tecnologiche: una su tutte, gli algoritmi che rendono i motori di ricerca capaci di rintracciare le informazioni che ci interessano nel mare magnum di Internet. E ci sono anche ambiti meno “nobili” ma altrettanto utili come la gestione del traffico in città per renderlo il più fluido possibile, la sincronizzazione degli orari dei treni che si sta sempre più uniformando in base alle destinazioni (per andare da Milano a Como, ad esempio, i treni partono a intervalli regolari nel corso della giornata), il miglioramento della tattica di gioco della nazionale maschile di pallavolo (ad esempio, quando è opportuno o meno andare a muro), la costruzione dello scafo di Alinghi o, ancora, i modelli per la gestione delle folle in situazioni emergenziali di evacuazione che, ricorderanno i lettori più attenti e appassionati di IMQ, abbiamo raccontato nello scorso numero. z 7
PRIMO PIANO: MATEMATICA TRA POLITICA ED ECONOMIA
E SE LA MIGLIORE DEMOCRAZIA DERIVASSE DALLA CASUALITÀ?
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ALCUNI RICERCATORI ITALIANI HANNO ESPOSTO I RISULTATI DI UNO STUDIO TEORICO CHE INDICA COME L’EFFICIENZA GLOBALE DEL PARLAMENTO POTREBBE MIGLIORARE SE UNA PARTE DI PARLAMENTARI FOSSE SORTEGGIATA CASUALMENTE TRA I CITTADINI. CURIOSO? NEANCHE POI TANTO, STANDO A QUANTO EMERGE DALLA STORIA DI VOTAZIONI E DEMOCRAZIE E RIFLETTENDO SUL CONCETTO CHE LA DEMOCRAZIA NON PUÒ CONSISTERE SEMPLICEMENTE NELL’OPPORTUNITÀ DI ESPRIMERE LA PROPRIA PREFERENZA AL PARI DEGLI ALTRI, MA DIPENDE FORTEMENTE DAL SISTEMA LOGICO E MATEMATICO CON CUI CI SI PROPONE DI METTERLA IN ATTO.
C
he legame c’è tra matematica e democrazia? Il pensiero corre immediatamente a un’ovvietà: la matematica serve solo a dire attraverso i numeri a chi corrisponda la maggioranza, che quindi è legittimata a decidere. Spingendosi oltre, una mente illuminata potrebbe arrivare ad affermare che oltre al numero assoluto di voti è importante anche conoscere le percentuali, per comprendere meglio il peso di una scelta. A parte questo, a prima vista l’argomento sembrerebbe essere stato esaurito. Sorprendentemente c’è molto di più. Innanzitutto bisognerebbe notare come il concetto di democrazia sia nato più di duemila anni fa in Grecia (démos = popolo, cràtos = potere), ma solamente nella seconda metà del 1900, con l’introduzione del suffragio universale, essa si sia finalmente realizzata in molte nazioni. Conseguentemente si può affermare che la democrazia e alcune problematiche a essa inerenti siano una novità relativamente recente. Per realizzare una democrazia serve un riscontro oggettivo riguardo alla volontà dei singoli individui con diritto di voto e dunque sono necessarie leggi che regolamentino lo svolgimento di elezioni e processi decisionali; la matematica può fornire una solida base di oggettività nella valutazione dei metodi di selezione. Il sistema maggioritario è il più semplice e antico: assegna la vittoria all’alternativa che raggiunge il più alto numero di preferenze. Funziona bene, ma richiede un astensionismo basso e solo due alternative. Spesso invece la scelta deve essere effettuata tra più possibilità.
Ramon Llull, filosofo e mistico catalano del XIII secolo, propose alcuni metodi di votazione. In uno di questi si sceglieva ripetutamente tra due sole alternative alla volta: quella che otteneva la maggioranza passava al turno successivo, l’altra veniva definitivamente scartata. Questa maniera, abbastanza rapida, ha il difetto di dipendere fortemente dall’ordine in cui vengono presentate le possibilità: la prima, per vincere, deve superare tutti i confronti, mentre all’ultima ne basterebbe solo uno. Un miglioramento si ottenne con il fatto che ciascun votante valutasse l’intera serie di tutte le possibili coppie di alternative, attribuendo un punto alla vincente di ogni confronto; sommando i punteggi di tutti gli elettori ottenuti per ciascuna alternativa si poteva dunque decidere il vincitore. Si tratta di un metodo adatto all’elezione di una badessa in un convento, ma senza dubbio impraticabile a livello di milioni di votanti e decine di candidati come in una nazione (ad esempio, con 10 candidati ci sono 45 confronti da valutare). Una nuova procedura fu suggerita nel 1400 da Nikolaus Krebs, detto Nicola Cusano, che ebbe l’idea di fare assegnare da ciascun elettore un punteggio distinto (crescente a partire dal candidato sgradito fino ad arrivare a quello preferito) a ciascun candidato e sommare quindi i punti totali. Il vantaggio era notevole: una sola elezione in cui tutti votavano simultaneamente. Si trattò della prima graduatoria della storia. Oggi la parola graduatoria ci ricorda i lavoratori precari e fa quindi impressione immaginarne una per il posto di imperatore o pontefice. 9
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dati che tra i votanti, Tuttavia, a un’analisi L’efficienza glo b a le potrebbe non rapprepiù approfondita, del parlamento (d e sentare correttaquello che sembrefi n it a come prodotto tr a rebbe essere un mente la volontà n u m e ro di leggi approv ate e vantagg buon sistema si ridell’elettorato. io collettivo deriv Un’ulteriore vulnevela assolutamenante) potrebbe migliorare se u te controprodurabilità deriva dalna parte di parlamentari cente: immaginate l’esposizione al voto fo so rteggiata casu sse che ci siano 6 candistrategico: se gli eletalmen tori non esprimono dati e 20 elettori e che tra i cittadini. te sinceramente la propria uno sia il preferito da 11 graduatoria, ma repersone (raccogliendo 11x6 punti) ma il meno gradito ai rimalegano sistematicamente nelle ultime ponenti 9 (ulteriori 9x1 punti). Un altro candidato invece è la seconda prefesizioni coloro che renza per 14 elettori (14x5 punti) e l’ulsono reputati essere avversari pericotima per i rimanenti 6 (6x1 punti). Il selosi (in vista del condo candidato vincerebbe per 76 a successo della 75 pur non essendo il preferito di nespropria preferensuno, nonostante il primo sia stato inza), può accadere vece scelto dalla maggioranza assoluta anche che candidei votanti! Nonostante a priori si tratti di un procedura che garantisce eguadati mediocri (seglianza sia tra i candicondo la vera opinione dei votanti) ma a priori poco temuti
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vengano sospinti verso le posizioni alte della graduatoria. Il detto “tra i due litiganti, il terzo gode” potrebbe drammaticamente realizzarsi, cioè l’esito potrebbe essere la vittoria da parte di un’alternativa non desiderata praticamente da nessuno, semplicemente come conseguenza di particolari circostanze matematiche. A dispetto di questa debolezza, questo sistema di voto ponderato venne riscoperto con qualche piccola variazione da Jean-Charles de Borda nel XVIII secolo
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Nota Per curiosità e approfondimenti raccomandiamo il libro La matematica della democrazia di George G. Szpiro.
ed è ancora in uso in almeno tre nazioni: Slovenia, Kiribati e Nauru. Una soluzione per non incorrere in alcuni dei problemi e paradossi appena mostrati consiste nell’organizzare la votazione in due momenti: in un primo tempo si sceglie tra tutte le molteplici alternative e si selezionano le due più gradite secondo la maggioranza relativa; successivamente si svolge una votazione a maggioranza assoluta tra queste ultime due. È il procedimento del ballottaggio, attualmente in uso in Francia. Molti altri personaggi nel corso della storia hanno affrontato problematiche inerenti a votazioni o scelte condivise. Tra questi, ad esempio, ci fu anche Charles Lutwidge Dodgson, molto più noto come Lewis Carroll ovvero l’autore di Alice nel paese delle meraviglie, che però non ottenne significativi successi in tale ambito. In un recente articolo1 alcuni ricercatori italiani hanno esposto i risultati di
uno studio teorico abbastanza curioso: l’efficienza globale del parlamento (definita come prodotto tra numero di leggi approvate e vantaggio collettivo derivante) potrebbe migliorare se una parte di parlamentari fosse sorteggiata casualmente tra i cittadini. Riflettendoci bene, non si tratta poi di una novità così sconvolgente: nell’antichità, ad Atene, i componenti dell’assemblea non erano eletti, bensì sorteggiati. Questo per seguire uno dei principi fondamentali della democrazia, che prevede la possibilità sia di governare, sia di essere governati. In tempi recenti Kenneth Arrow, premio Nobel per l’economia del 1972, dimostrò rigorosamente tramite un teorema come non sia possibile costruire un procedimento di votazione che trasformi l’insieme delle preferenze individuali in un ordinamento globale coerente, nel caso che le alternative distinte siano superiori a due. Ogni sistema
di voto presenta dunque delle incongruenze: questo è un colpo durissimo per chi anela all’ideale di una democrazia perfetta. Siamo giunti però a un importantissimo risultato, pagato al prezzo di turbare le nostre certezze: abbiamo compreso come il concetto di democrazia non possa consistere semplicemente nell’opportunità di esprimere la propria preferenza al pari degli altri, ma dipenda fortemente dal sistema logico e matematico con cui ci si propone di metterla in atto. Un’ultima curiosità: l’elezione più lunga della storia fu quella papale iniziata nel 1268 a Viterbo: terminò 2 anni e 9 mesi dopo, con la salita al soglio di Gregorio X (che non era nemmeno prete). Esasperati dalla lungaggine, i viterbesi segregarono e misero a pane e acqua i cardinali; l’unico modo per superare le differenze di opinioni nel conclave fu infine quello di istituire un’apposita commissione delegata composta da sei membri, i quali impiegarono solo poche ore a raggiungere il verdetto. z 1 A. Plachino, A. Rapisarda, C. Garofalo, S. Spagnano, M. Caserta su “Le Scienze” di gennaio 2013.
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Intervista a Donato Speroni, giornalista del Corriere della Sera e membro del comitato di indirizzo del Rapporto Bes (Benessere equo e sostenibile)
E SE LA BUONA SALUTE DI UNO STATO ANDASSE OLTRE I NUMERI DEL PRODOTTO INTERNO LORDO E DIPENDESSE INVECE DAL NUMERO DI ACRI DI FORESTA CONSERVATA, O DA INDICATORI COME I MISURATORI DI BENESSERE, SOSTENIBILITÀ, SALUTE, ISTRUZIONE, FELICITÀ? È QUELLO CHE STA ACCADENDO IN MOLTI PAESI, NEI QUALI INDICATORI SIMILI A QUELLI CITATI STANNO DIVENTANDO LE PRINCIPALI LINEE GUIDA DEI GOVERNI, ORIENTANDO LE POLITICHE DI SVILUPPO E GLI INVESTIMENTI.
OLTRE IL PIL:
QUANDO I SOLDI NON FANNO LA FELICITÀ I soldi, si sa, non fanno la felicità. E non è una frase fatta, visto che all’aumento della ricchezza non sempre corrisponde il benessere. Anzi, spesso, gli abitanti dei Paesi più sviluppati sono stressati, non dormono e non sono soddisfatti della qualità della vita.
A dirlo sono esperti e premi Nobel per l’economia come Amartya Sen. È per questo che da qualche anno economisti e statistici stanno cercando di individuare parametri che permettano di gettare uno sguardo al di là dell’indicatore economico per eccellenza: il PIL.
Andare oltre il Prodotto interno lordo è diventato nel giro di un decennio l’obiettivo comune di governi e istituzioni internazionali. Eppure non si tratta di un’esigenza nuova. Tra i primi a mettere in luce i suoi limiti fu Robert Kennedy che in un famoso discorso
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PRIMO PIANO: MATEMATICA TRA POLITICA ED ECONOMIA
pronunciato nel 1968 disse: “Il PIL misura tutto eccetto ciò che rende meritevole la vita di essere vissuta. Non tiene conto della salute delle nostre famiglie, dei momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia”. Da allora molta strada è stata fatta. “Di trovare indicatori che misurassero il benessere - racconta Donato Speroni, giornalista del Corriere della Sera e membro del comitato di indirizzo del Rapporto Bes (Benessere equo e sostenibile) si parlò per la prima volta al Forum Mondiale Ocse di Palermo. Era il 2004 e allora Enrico Giovannini era capo statistico dell’Organizzazione. Fu il primo passo per la costruzione di parametri nuovi. Seguirono il Forum Mondiale a Istanbul e la Commissione Stiglitz-Sen-Fitoussi, con l’incarico di elaborare strumenti per rilevare le dimensioni di progresso e benessere sociale sostenibili”. A emergere sarebbe stata la non sostenibilità dello sviluppo inteso solo come crescita economica. “Gli studi – contista scanua Speroni – dimostrano che reddito e lando la libenessere aumentano parallelamente sta delle finché non si arriva a un punto di rottupriorità del ra. Da quel momento non si ha più un governo e la alto livello di soddisfazione personale, stessa città di subentra lo stress, non si vive più bene”. Pechino sta Oltre al benessere degli individui, bisopuntando su gna mettere in conto l’impatto sull’amsettori nuovi e biente. La crescita economica della Cipiù puliti, come la na, per esempio, ha avuto conseguenze tecnologia informadisastrose a livello ambientale. L’inquitica e i servizi finannamento è aumentato insieme al proziari, mentre sono gresso. È pur vero però che proprio dal sempre più numerose le continente asiatico sono arrivati i primi aziende inquinanti a chiusegnali di un’inversione di rotta. Qui il dere i battenti. governo ha deciso di puntare di più sulIndicatori nuovi, dunque, definila sostenibilità ambientale e sul benesti come misuratori del benessere da sere e ormai in 70 città e dialcuni, come indici della felicità da stretti della Cina il PIL è altri. Il Fil, Felicità interna Lorstato sostituito da altri da, è l’indicatore introdotto misuratori della perin Buthan negli anni ‘70 Il PIL misura tu formance locale, ed è calcolato periodieccetto ciò che tto ren come gli acri di camente sul totale delmeritevole la v de ita foresta conserla popolazione. Presto di essere vissu ta. vati o la diminudiventato la principale Non comprend zione del tasso linea guida del govere la bellezza dell di povertà cona nostra no, oggi ne orienta le poesia. seguita. La protepolitiche di sviluppo e gli zione della natura investimenti. 14
“L’idea della felicità cambia da un Paese all’altro – dice ancora Speroni – la meditazione è uno degli indicatori di riferimento per misurarla in Buthan. Ma quel tipo di parametro non sarebbe applicabile in altri Paesi. Tro-
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vare categorie generiche e valide ovunque è stata una delle sfide del lavoro fatto finora anche con il Rapporto Bes in Italia”. Salute, istruzione, benessere soggettivo ma anche qualità dei servizi e ambiente. Sono solo alcune delle categorie introdotte all’interno di questo Rapporto, creato da Cnel e Istat nel 2013. “Il Bes – continua il giornalista – si è inserito perfettamente nel discorso internazionale sul superamento del PIL. Con le sue 135 serie divise in 12 domini si presenta come uno strumento capace di misurare importanti ambiti della vita quotidiana tagliati fuori dall’indicatore economico. Nel 2014 è stato pubblicato il secondo Rapporto ma adesso ci si pone il problema di come continuare l’esperienza”. E sotto questo punto di vista i problemi non mancano. “Da una parte – chiarisce Speroni – c’è la possibile soppressione del Cnel annunciata dal governo. Se il comitato dovesse scomparire, bisognerebbe trovare un’altra istituzione capace di rappresentare la società nell’elaborazione del Bes. D’altro canto, una delle sfide dei pros-
simi anni sarà diventare realmente uno strumento nelle mani del potere politico. Bisogna sussurrare all’orecchio del Principe, volendo citare il Manuale per misurare il progresso realizzato dalla Commissione europea”. Dall’Italia all’Europa il passo è breve. Qui il ridimensionamento del ruolo degli indicatori economici potrebbe influire sul rapporto Deficit/Pil e destabilizzare gli equilibri tra gli Stati. “Quando Sarkozy propose di elaborare nuovi parametri – continua Speroni – furono in molti ad accusarlo di voler distrarre l’attenzione dal PIL francese che allora non godeva di buona salute”. E precisa: “Oggi bisogna prendere atto che il modello di sviluppo è destinato a cambiare perché ci sono dei limiti alla crescita. Nei prossimi anni il PIL non continuerà ad aumentare come vorremmo e l’uso di nuovi parametri diventerà indispensabile”. Intanto la Commissione europea si sta impegnando perché parametri come sostenibilità e inclusione siano introdotti tra gli obiettivi di Europa 2020, la strategia decennale per la crescita e l’occupazione varata nel 2010 dall’Unione europea. Quello in corso è l’Anno Europeo dedicato allo Sviluppo e probabilmente non è un caso che sul nuovo sito di Eurostat sia stata introdotta una sezione speciale dedicata proprio agli indicatori di sostenibilità. Ma per molti osservatori ed esperti, il 2015 potrebbe essere anche l’anno di una svolta a livello mondiale. “La grande scommessa – dice ancora il giornalista – è il varo dei nuovi Sustainable Development Goals che dal 2016 sostituiranno i Millennium Development Goals. Si tratta di nuovi obiettivi di sviluppo sostenibile condivisi da tutte le nazioni ma con articolazione regionale”. A dicembre 2014, peraltro, il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon ha annunciato l’introduzione di 17 nuovi indicatori. Si tratta di parametri più attenti a questioni come la povertà, la sicurezza alimentare e un adeguato nutrimento per tutti. “È un sistema in continua evoluzione – conclude Speroni – ma adesso il problema è capire come quantificare questi obiettivi e in particolare la sostenibilità. In altre parole: quanto vale numericamente la scomparsa di una specie di farfalla?”. z 15
PRIMO PIANO: MATEMATICA TRA POLITICA ED ECONOMIA
LA MATEMATICA DELLE METROPOLI UN RECENTE STUDIO HA MESSO A CONFRONTO L’ECONOMIA DI ANTICHI INSEDIAMENTI URBANI CON QUELLA DELLE CITTÀ DI OGGI. I RISULTATI? SORPRENDENTI. NON SOLO ANCHE IN PASSATO VI ERA UNA CORRELAZIONE DIRETTA TRA DENSITÀ DEGLI INSEDIAMENTI E PRODUTTIVITÀ, MA SEMBRA CHE ANCHE IL TASSO DI CRESCITA DELLA PRODUTTIVITÀ FOSSE LO STESSO DELLE CITTÀ CONTEMPORANEE.
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ivere all’interno di insediamenti urbani ad alta densità permise agli abitanti delle città antiche di essere più produttivi, esattamente come avviene per le grandi metropoli di oggi, secondo uno studio della University of Colorado Boulder, pubblicato sulla rivista Science Advances. Dunque il mondo del passato non era poi così tanto diverso da quello contemporaneo, che a tutti noi sembra così unico e speciale rispetto a tutte le altre epoche storiche. Una caratteristica delle città moderne è quella di obbedire a determinate regole. Una di esse è che man mano che la popolazione cresce, anziché espandersi occupando più spazio, tende invece ad aumentare la densità di insediamento. Ciò permette agli abitanti di vivere insieme più vicino, di usare le infrastrutture più intensamente, di interagire più frequentemente e dunque, come risultato pratico, di essere più produttivi, cioè ottenere una maggiore quantità di prodotto per persona. Lo stesso team di ricerca, in un altro articolo precedente (“The Pre-History of Urban Scaling”) aveva messo in luce il fenomeno in sé noto come urban scaling, cioè il fatto che le città – sia antiche che moderne – crescono più aumentando la densità abitativa che non espandendosi come superficie. Ciò non è tanto sorprendente per quanto riguarda le
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Anche nelle citt à antiche, come nelle mo derne, si verificava il fenom del ”urban sca eno lin ossia la tenden g” za della popolazione a crescere aumentando la densità abitativa, anzi ché quella dello spazio occ upato.
città contemporanee, i cui skyline sono costellati da grattacieli sempre più alti nella parte centrale, e i cui tessuti intermedi tendono col tempo a sostituire l’edificato con tipologie edilizie a densità sempre maggiore. Lo è invece per le città antiche, che tutti noi immaginiamo vincolate a un’architettura bassa, a causa delle tecniche costruttive in muratura. Mentre invece è noto che città come la Roma antica erano caratterizzate dalla presenza di insule, palazzi di appartamenti in affitto che arrivavano tranquillamente a 10 piani, consentendo di raggiungere elevate densità abitative. Ora i ricercatori hanno aggiunto un importante tassello in più, dimostrando che gli abitanti degli insediamenti antichi diventavano più produttivi col crescere delle dimensioni e della densità di tali insediamenti, come nelle città moderne. L’analisi dei centri urbani antichi ha mostrato al gruppo di scienziati – guidati da Scott Ortman, docente al Dipartimento di Archeologia dell’università statunitense – come la crescita della popolazione sia accompagnata da una crescita della produzione ancora più veloce. “La teoria dello urban scaling offre l’argomentazione che la crescita di produttività derivi dall’aumento di interazioni sociali connesso alla maggiore densità” ha detto Ortman. “Per gli abitanti della città è più
economico interagire tra di loro, proprio a causa della vicinanza fisica”. Lo studio di Ortman e colleghi è stato condotto mettendo insieme i dati sugli antichi insediamenti, templi e case della Valle del Messico pre-ispanica, cioè l’area su cui successivamente sarebbe sorta Città del Messico. Tali dati furono raccolti negli anni ’60 – prima che la popolazione di Città del Messico esplodesse, rendendola una delle metropoli più grandi del mondo – prendendo in esame tutti gli insediamenti antichi della regione, in un arco temporale di 2 mila anni, lungo tutte e quattro le ere storicoculturali della Mesoamerica (la parte più meridionale dell’America del Nord). I ricercatori hanno utilizzato tali dati per analizzare le dimensioni di centinaia di templi e migliaia di case appartenenti a 4 mila diversi insediamenti, in una gamma che spazia dal più piccolo villaggio alle capitali imperiali. Il lavoro ha permesso di effettuare stime sulla popolazione e le densità, i tassi di sviluppo dei monumenti e le produttività dei residenti. Dall’indagine è emersa chiaramente una correlazione diretta tra densità degli insediamenti e produttività, ma soprattutto il fatto che il tasso di crescita della produttività fosse lo stesso delle città contemporanee.
Le conclusioni di Ortman sono inconsuete: “È sorprendente e incredibile. Ci hanno inculcato sin da piccoli l’idea che grazie al capitalismo, all’industrializzazione e alla democrazia, il mondo moderno sia radicalmente diverso rispetto ai mondi del passato. Abbiamo scoperto che il volano fondamentale dei modelli socioeconomici consolidati nelle città moderne sia antecedente la nostra era”. È interessante anche la conclusione cui giunge Luis Bettencourt del Santa Fe Institute, partner della ricerca con la University of Colorado Boulder. “I nostri risultati suggeriscono che gli ingredienti generali della produttività e della densità di popolazione si mantengono più in profondità di quanto pensassimo e hanno molto a che fare con le sfide e le opportunità richieste oggi dall’organizzazione delle reti sociali”. Un elemento ulteriore che potremmo aggiungere è quello della sostenibilità. Sempre più studiosi sono concordi oggi nel ritenere la città la forma di insediamento più sostenibile dal punto di vista ecologico, dal momento che la vicinanza e la densità consentono di ottimizzare l’uso delle risorse, dal consumo di suolo all’energia necessaria per regolare la temperatura degli ambienti, dal consumo di carburante al minor impiego di z infrastrutture e servizi di tutti tipi.
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PRIMO PIANO: MATEMATICA TRA POLITICA ED ECONOMIA
COME PREDIRE LA CRESCITA ECONOMICA DI UN PAESE? CON UN ALGORITMO CHE CONFRONTA LA SUA “FITNESS” CON IL PIL SECONDO I FISICI DELLA SAPIENZA E DELL’ISC-CNR DI ROMA, CHE SOTTO LA GUIDA DEL PROFESSOR LUCIANO PIETRONERO HANNO ELABORATO L’ALGORITMO, LE NAZIONI SUL CUI FUTURO ECONOMICO CONVIENE SCOMMETTERE SONO QUELLE CHE NEGLI ULTIMI VENT’ANNI SI SONO PREOCCUPATE DI AUMENTARE LA PROPRIA COMPETITIVITÀ SUL MERCATO MONDIALE PRIMA CHE IL PIL. Intervista a Luciano Pietronero, professore di Fisica all’Università “La Sapienza” e fondatore dell’Istituto dei Sistemi Complessi del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Isc-Cnr)
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a chiamano matematica sociale, la disciplina che in pieno illuminismo inizia a indagare sui dati della realtà socioeconomica ed elabora le prime strategie. La scienza dei numeri diviene così strumento di laicizzazione della società e trasporta l’economia dalla sfera morale al campo scientifico. Nella gestione della cosa pubblica si cercano indicatori, si esaminano in modo da orientare scelte e tracciare previsioni. È una sorta di rivoluzione che ancora oggi produce risultati sorprendenti. È il caso di un gruppo di fisici dell’Istituto dei sistemi complessi del Consiglio nazionale delle ricerche (Isc-Cnr) e dell’Università La Sapienza di Roma che, attraverso
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sofisticati sistemi matematici, sono in grado di predire la crescita economica di un paese. Il procedimento è squisitamente scientifico e rifugge dal rischioso dominio delle interpretazioni. Ne parliamo con il Professore Luciano Pietronero. Come si predice la crescita economica di una nazione? Guardando alla diversificazione dei prodotti esportati da ogni Paese e al loro livello di intensità tecnologica; cioè a due indicatori non monetari chiamati rispettivamente “fitness di una nazione” – intendendo la sua competitività sul mercato mondiale a partire dall’analisi dei prodotti che esporta - e
“complessità delle merci esportate” – ossia il loro livello di intensità tecnologica. Confrontando poi la fitness di un Paese con il suo attuale Pil si riesce a prevedere, nel caso di molte nazioni, se il Paese crescerà ancora, se è sul punto di arenarsi o prossimo al tracollo. In sostanza, analizzando i prodotti esportati da una nazione attraverso la voce export si riesce a determinare,
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matematicamente, il potenziale nascosto di crescita, che si tradurrà in futuro in balzo del Pil.
continuando a produrre ed esportare anche prodotti meno sofisticati. Per capirci: dal chiodo all’iPhone.
Cosa trasforma una nazione povera in una ricca? La capacità di arricchire il paniere dei prodotti dell’export con beni complessi, ovvero rari e sofisticati, meglio ancora se ad alto tasso tecnologico
Quali Paesi traineranno l’economia mondiale nei prossimi vent’anni? I Paesi che continueranno a crescere per almeno un altro decennio sono quelli che hanno accumulato un bonus di competitività sul mercato globale che ancora non si è tradotto in un proporzionale aumento di Pil. Nel continente africano, Senegal, Kenya, Madagascar, Uganda e Tanzania
potrebbero ripercorrere le orme delle ‘Tigri Asiatiche’, mentre il Sudafrica rischia di essere invischiata nella middle-income trap e Nigeria e Repubblica Democratica del Congo potrebbero finire nella poverty trap. Il metodo ‘selective predictability scheme’, in controtendenza rispetto alle previsioni economiche standard, si basa sul confronto tra il valore monetario di una nazione (Pil pro capite) e la sua Fitness. E l’Italia? In questa mappa geografica dei Paesi a potenziale inespresso con una produzione di beni ad alto contenuto tecnologico, l’Italia si colloca in buona posizione. La capacità di crescita è – evidentemente – molto più alta nei Paesi emergenti o ancora in fase di sviluppo, mentre nelle economie avanzate questa tensione competitiva è ridotta. Tuttavia l’Italia, con il suo paniere di prodotti manifatturieri sofisticati e molto richiesti all’estero, è tra i Paesi maturi, quello con una migliore spinta di competitività. Come si decide il livello tecnologico di un prodotto? Valutandone i limiti. Un limite è che se un prodotto lo fanno tutti sarà poco complesso. Meno Paesi sono capaci di fare un prodotto, più questo è complesso. Un prodotto è veramente complesso quando lo fanno in pochi e quei pochi sono di alto livello. Queste frasi le abbiamo trasformate in matematica e questo è il nostro algoritmo. Ne segue che i Paesi devono avere sia la diversificazione sia l’alta qualità. Quindi le nazioni che cresceranno di più saranno quelle che hanno migliorato il proprio prodotto tecnologico? Esattamente. Saranno quelle che si sono preoccupate di rafforzare il proprio sistema industriale, della ricerca, dell’innovazione. Quelle che hanno saputo arricchire il paniere del loro export con prodotti complessi, high tech, ma ancora non hanno incassato tutti i proventi generati z da tale diversificazione delle merci.
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PRIMO PIANO: MATEMATICA, INDUSTRIA E AMBIENTE
SVILUPPO DELL’INDUSTRIA E TUTELA DELL’AMBIENTE?
OGGI CI PENSA LA FLUIDODINAMICA NUMERICA
FINO A METÀ DEL SECOLO SCORSO, SEMBRAVA NON POTESSE DARE GRANDI SODDISFAZIONI, SE NON IN CASI DI SCARSO INTERESSE PRATICO. POI, LA GRANDE SVOLTA: GRAZIE AI CALCOLATORI ELETTRONICI E ALLE ANALISI NUMERICHE, LA FLUIDODINAMICA NUMERICA È DIVENTATA OGGI UN EFFICACE STRUMENTO PER LO SVILUPPO INDUSTRIALE E LA TUTELA DELL’AMBIENTE, OFFRENDO RISPOSTE CONCRETE NELLA GESTIONE DELLE SOLUZIONI DI PROBLEMI CLIMATICI, AMBIENTALI E SOCIALI DEL PIANETA TERRA. Intervista a Vincenzo Armenio, professore di Fluidodinamica Ambientale presso l’Università degli Studi di Trieste
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utti i settori della scienza si avvalgono di modelli matematici per simulare il comportamento di sistemi e supportare chi deve pianificare e gestire il territorio. Gli studiosi, in questo caso fisici, chimici o ingegneri, si avvalgono di modelli cosiddetti dinamici, cioè capaci di evolvere nel tempo e di contribuire alla soluzione di problemi come la diffusione di inquinanti nell’aria o nell’acqua, o all’assorbimento di sostanze nocive da parte di piante o animali. “Le teorie fisiche che ci permettono di interpretare la natura e il mondo che ci circonda non potrebbero essere formulate in assenza di un rigoroso formalismo matematico” afferma il Professore Vincenzo Arme-
nio. “In questo senso – aggiunge – la matematica permette di esprimere le leggi fisiche e quindi di interpretare la natura. Riporto uno degli esempi più significativi di questo concetto. Maxwell nel 1861 formulò una fondamentale teoria fisicomatematica che condusse a congetturare l’esistenza delle onde elettromagnetiche. L’evidenza fisica dell’esistenza di tali onde fu fornita solo successivamente alla teoria di Maxwell mediante gli esperimenti di Hertz. In fisica esistono pochi leggi fondamentali e, nella meccanica classica, sono la conservazione della massa, cioè in natura nulla si crea e nulla si distrugge, la conservazione della quantità di moto, che ci insegna che un sistema di forze applicato a un corpo ne provoca una accelerazione inversamente proporzionale alla sua massa e la conservazione dell’energia. Tali leggi trovano una rigorosa formulazione matematica sotto forma di equazioni matematiche la cui complessità è tale da renderle irrisolvibili per problemi di interesse pratico. In particolare, ciò accade quando si trattano processi fluidodinamici. Fino alla metà del secolo scorso, la soluzione delle equazioni della fluidodinamica era relegata a casi semplici, di scarso interesse pratico. L’interesse in queste equazioni è rinato grazie all’avvento dei calcolatori elettronici, da una parte, e all’analisi numerica dall’altra. I calcolatori elettronici sono macchine in grado di eseguire un numero enorme di operazioni al secondo. L’analisi numerica è una forma di matematica che ha permesso di riscrivere le equazioni che esprimono le leggi di conservazione in una forma utilizzabile dai calcolatori. Nel campo della meccanica dei fluidi oggi i modelli numerici permettono di risolvere problemi sia di tipo ambientale che di tipo industriale”.
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PRIMO PIANO: MATEMATICA, INDUSTRIA E AMBIENTE
Può spiegare come operano i modelli matematici che vengono oggi impiegati per la soluzione di problematiche ambientali e industriali? Supponiamo di dovere determinare le forze che agiscono su un aereo in volo a 800 Km/h con una spinta verticale che lo tiene sospeso e la resistenza dell’aria che provoca il consumo di carburante. Devo risolvere le equazioni della fluidodinamica in un volume di aria che circonda l’aereo. Calcolando la velocità e la pressione in tutti i punti del volume e, quindi, anche sulla superficie dell’aereo, posso trovare le due forze di interesse. Se riformulo le equazioni in forma algebrica – mediante somma e sottrazione di variabili incognite – su un numero enorme di cellette di calcolo nelle quali suddivido il volume, ottengo un sistema algebrico molto semplice
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con un numero enorme di variabili. Tale sistema è risolvibile da una macchina in grado di eseguire un grande numero di operazioni al secondo, un calcolatore elettronico. Su questo principio è basata la fluidodinamica numerica, che oggi fa parte della nostra vita di tutti i giorni. Cito le previsioni meteorologiche che sono basate sull’uso di modelli numerici che ‘girano’ su supercalcolatori. Una volta inizializzati tali modelli con condizioni realistiche fornite da dati satellitari, essi sono in grado di fornire previsioni con un elevato grado di affidabilità. In ingegneria industriale, nella progettazione, per esempio, di aerei, navi, automobili, pompe o turbine ecc., la fluidodinamica numerica è utilizzata come
strumento di ausilio alla progettazione per valutare come le variazioni di parametri di progetto influiscono sul rendimento della macchina. In ingegneria ambientale, la fluidodinamica numerica è, per esempio, utilizzata per valutare l’impatto ambientale di centrali termoelettriche o di stabilimenti industriali che emettono inquinanti in atmosfera o in bacini idrici. L’uso dei modelli numerici permette di ridurre enormemente i tempi e i costi della progettazione di una macchina. Il gruppo di ricerca da lei coordinato quali studi concreti ha compiuto a livello nazionale e internazionale e quali risultati ha portato? Presso l’Università di Trieste, negli anni, ho sviluppato un gruppo di ricerca di fluidodinamica industriale e ambienta-
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I modelli di simulazione nu merica consentono di creare scenari di realtà virtua permettono di le che ci p cosa succede se revedere un si è sollecitato d stema a una certa forzante .
le e il trasferimento tecnologico dell’attività di ricerca è effettuato attraverso lo Spin Off universitario IEFLUIDS s.r.l. che ho contribuito a far nascere e con il quale collaboro. Tra i problemi affrontati negli anni, nel settore ambientale, tra le altre cose, abbiamo valutato: scenari di inquinamento da petrolio, in seguito a un ipotetico rilascio accidentale, per il più grande terminale petrolifero presente sul territorio nazionale; la dispersione nelle aree costiere di Trieste, dei getti di acqua calda e clorata utilizzata per il raffreddamento di turbine di centrali termoelettri-
che. Nel campo dell’energia è in corso di sviluppo un progetto di ricerca e trasferimento tecnologico per la previsione della potenza ottenibile da parchi eolici. Questo progetto, finanziato dalla Regione FVG, vede coinvolti IEFLUIDS e un’azienda nazionale, leader nel settore a livello internazionale. Nel settore industriale sono in corso due progetti importanti. Il primo con il centro di ricerca di un’azienda leader mondiale nella siderurgia, finalizzato allo sviluppo di un sofisticato modello matematico per la simulazione numerica dei getti di acqua/vapore per i processi di tempra. Il secondo, che coinvolge IEFLUIDS e il centro ricerca di una azienda leader mondiale nelle costruzioni navali, è finalizzato a valutare, mediante simulazioni numeriche, l’efficienza aerodinamica delle sovrastrutture delle navi e della ricaduta dei fumi a bordo. Le simulazioni numeriche riescono a calcolare anche l’imprevedibilità presente in natura? I modelli di simulazione numerica consentono di
creare scenari di realtà virtuale che ci permettono di prevedere cosa succede se un sistema è sollecitato da una certa forzante. È il caso citato dello studio degli scenari di dispersione di petrolio, finalizzato alla individuazione delle aree a rischio inquinamento. Faccio un esempio. Se ho una ciminiera che emette fumi inquinanti in atmosfera, dove andranno prevalentemente questi fumi? Quale sarà la concentrazione degli inquinanti che si depositano al suolo? Sono compatibili con la salute dei cittadini? Una volta la risposta a queste domande era fornita ‘a posteriori’, cioè a ciminiera installata, a valle della misurazione dei dati ambientali. Oggi, mediante i modelli matematici è possibile conoscere ‘a priori’, cioè prima che l’impianto venga costruito, l’impatto dell’impianto stesso sul territorio e sulla salute dei cittadini. Questo permette di intervenire già in fase di progettazione per minimizzare l’impatto ambientale dell’impianto. Qual è il paese che maggiormente investe nelle simulazioni numeriche applicate alla salvaguardia ambientale? In testa a tutti, ci sono i paesi del ‘primo mondo’ come quelli del Nord Europa e gli USA. In questo settore di ricerca quanto sono importanti i calcolatori elettronici convenzionali o i supercomputer? Direi che sono di importanza vitale. Aggiungo anche che i risultati necessitano sempre di un’interpretazione critica da parte dell’operatore, che deve essere, necessariamente, uno specialista della materia. Quanto è importante la divulgazione scientifica in un settore come quello nel quale lei opera? Molto importante per quanto riguarda i risultati della ricerca. Quando si tratta di trasferimento tecnologico non è detto che i risultati siano divulgabili, soprattutto quando gli studi sono eseguiti per aziende che operano necessariamente in regime di competizione a livello globale. z 23
PRIMO PIANO: MATEMATICA E INDUSTRIA
QUANDO UN ALGORITMO
VELOCIZZA LA PRODUZIONE IN BARBA AD ALCUNI PROVERBI CHE STIGMATIZZANO LA FRETTA, OGGI A SUPPORTO DELL’INDUSTRIA ESISTONO SOFTWARE CHE PERMETTONO DI RIDURRE I TEMPI DI PROGETTAZIONE E SVILUPPO, SENZA NULLA TOGLIERE ALLA QUALITÀ. ANZI.
Intervista a Carlo Poloni, Presidente di Esteco S.p.A.*
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onostante la crisi, nelle grandi industrie c’è fermento. La necessità di velocizzare la produzione e mettere a punto prodotti ogni giorno più complessi sotto il profilo progettuale, spinge al reperimento di soluzioni sempre più innovative, precise e che diano risultati concreti e ripetibili nel tempo. Lo ha capito bene Esteco, azienda specializzata nella ricerca e nello sviluppo di soluzioni software per l’automazione, l’integrazione e l’ottimizzazione di tutte le fasi dello sviluppo ingegneristico. In cosa consiste il lavoro di Esteco? Sviluppiamo software avanzati con l’obiettivo di semplificare il lavoro degli ingegneri, mettendoli in condizione di gestire in modo efficace progetti multidisciplinari complessi. In particolare forniamo 24
una soluzione tecnologica che consente di integrare in un’unica piattaforma molteplici software di simulazione e analisi utilizzati nella fase di progettazione. Una volta impostato questo workflow la piattaforma consente di automatizzare il calcolo applicando algoritmi di ottimizzazione. Infine, la mole di dati prodotta può essere facilmente esplorata attraverso strumenti di visualizzazione, analisi dei dati e supporto alle decisioni. Come funzionano gli algoritmi di ottimizzazione? Una volta impostati gli input e definiti gli obiettivi del lavoro di progettazione, il nostro software cerca la soluzione di “compromesso” ottimale per realizzare quel determinato prodotto. Si definisce soluzione “di compromesso” perché deve te-
nere conto di numerosi parametri come il costo e le prestazioni. Ad esempio, semplificando di molto il problema, quando viene progettata l’ala di un aereo vogliamo che sia più leggera possibile, ma deve anche poter resistere al carico e garantire la massima efficienza aerodinamica. Il nostro software si interfaccia con il programma che simula il comportamento fluidodinamico dell’aereo e modifica in automatico i parametri geometrici in modo da creare diverse configurazioni di cui viene valutata la resistenza. Gli algoritmi
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consentono di individuare la configurazione di parametri migliori: il miglior compromesso tra resistenza e leggerezza. Come nascono i vostri software? Sono prodotti internamente dal nostro staff di tecnici altamente qualificati. Il team è composto da professionisti di varia natura (abbiamo matematici, fisici, programmatori, ecc.), ognuno dei quali si occupa di un aspetto specifico del software. C’è, ad esempio, chi ne cura la grafica e l’usabilità, chi implementa integrazioni con altri software, chi affina gli algoritmi, ecc.
*Chi è ESTECO S.p.A. Fondata nel 1999, Esteco ha sede centrale nell’AREA Science Park di Trieste, diverse sedi dislocate in vari paesi del mondo tra cui Stati Uniti e India e distributori in Sudamerica, Giappone, Cina e Corea. Ad oggi sono più di 250 le aziende in tutto il mondo che hanno scelto il software modeFRONTIER prodotto da Esteco come piattaforma di ottimizzazione multidisciplinare e multiobiettivo per accelerare l’innovazione di prodotto.
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PRIMO PIANO: MATEMATICA E INDUSTRIA
Quali sono gli ambiti di applicazione e quali i vantaggi apportati? Il nostro target sono le aziende mediograndi e il 50% dei nostri clienti appartiene al settore automotive. Le applicazioni dei software però sono numerose, pensiamo solo all’aeronautica, agli impianti industriali ma anche agli elettrodomestici: parliamo sempre di prodotti complessi che richiedono di tenere simultaneamente in considerazione molteplici requisiti (sicurezza, risparmio energetico, resistenza strutturale, confort, ecc.). Tutti questi settori traggono quindi numerosi vantaggi dall’utilizzo dei nostri software: la razionalizzazione del processo di design, ad esempio, o la riduzione dei tempi di calcolo (che viene svolto in modo automatico risparmiando numerose ore di lavoro umano), la maggiore efficienza e la ripetibilità dei processi e delle analisi. Inoltre, ricorrendo ai nostri software la possibilità di errore umano viene totalmente eliminata. In generale, quali sono i modelli matematici che tornano utili alla progettazione industriale? Anche in questo caso si possono fare tanti esempi. Usiamo tutti i modelli necessari all’ottimizzazione di tipo combinatorio (dal calcolo differenziale a quello delle probabilità, fino alla teoria dei giochi). Ab26
I Zefiro hanno vinto la380 la fornitura di gara per Fre grazie alla lorocciarossa forma aerodinamica re a li zz a ta con u software che h a integrato glin strumenti CAE e processo di moguidato il simulazione fo difica e rn strumenti di a endo gli nalisi necessari.
biamo persino introdotto l’algoritmo di Nash come supporto alle decisioni. Ricorriamo, poi, a processi gaussiani. Insomma, c’è di tutto.
Ci racconta qualche esempio di aziende che hanno utilizzato i vostri software, nei settori dell’automotive, dell’industrial equipment o turbomachinery? Partiamo dai treni, in particolare i treni Zefiro 380 prodotti da Bombardier. Hanno vinto la gara per la fornitura di Frecciarossa a Trenitalia grazie alla loro forma aerodinamica realizzata con il nostro software. L'obiettivo di Bombardier era quello di trovare un modello Pareto-ottimale che allo stesso tempo desse bassa resistenza e avesse buone caratteristiche di stabilità. La soluzione è stata ottenuta con il nostro software che ha permesso non solo di integrare i diversi strumenti CAE (Computer-Aided Engineering) in uso presso Bombardier, ma anche di guidare il processo di modifica e simulazione fornendo gli strumenti di analisi necessari per l'interpretazione statistica dei risultati. Il nostro software utilizza algorit-
mi genetici per determinare le soluzioni Pareto-ottimali, combinando i modelli 3D e le simulazioni di resistenza aerodinamica e di stabilità di vento trasversale. I tecnici di Bombardier hanno considerato ben sessanta differenti parametri in fase di modellazione, compresi elementi come le coperture esterne, la cabina e i vincoli di carattere ergonomico. L'azienda è stata in grado di ridurre la resistenza aerodinamica del treno del 20%, ottenendo una riduzione del consumo energetico di circa il 10%. Gli ingegneri Bombardier sono stati in grado di scegliere tra una selezione di configurazioni, al fine di trovare la soluzione ottimale che fornisse un compromesso tra preferenze stilistiche, rendimento energetico, massima stabilità e sicurezza. Un’altra case history interessante è quella di BMW. Il centro di R&D che lavora ai motori diesel ha usato modeFRONTIER per ottimizzare il sistema di raffreddamento del motore diesel a sei cilindri e per supportare le fasi di validazione del modello termico recentemente aggiornato. Grazie alle sue capacità avanzate di integrazione, automazione e ottimizzazione, il software ha consentito di definire un qua-
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dro preciso per il confronto e l'ottimizzazione di differenti pacchetti di raffreddamento che consentissero di aumentare l'efficienza del motore e ridurre il consumo di carburante. Per identificare le configurazioni migliori, il team di ingegneri di BMW ha utilizzato Kuli, uno dei più popolari software di simulazione di gestione termica disponibili, supportato da simulazioni 3D CFD (Computational Fluid Dynamics). L’utilizzo dei due software ha permesso agli ingegneri di rilevare la configurazione ottimale per i principali parametri fondamentali, cosa che ha portato a una più rapida identificazione dei migliori coefficienti di scambio termico e inerzia termica del motore. Trasferendo il modello sul veicolo reale, alcuni parametri hanno indicato oscillazioni durante i cicli di validazione, in particolare la temperatura dell'olio che ha mostrato un’oscillazione più grande in fase di salita. Grazie all’ottimizzazione eseguita sul ciclo in fase di salita i parametri del motore sono stati affinati, con un conseguente e significativo miglioramento nella misurazione sulla pista di prova. La squadra BMW ha potuto creare un modello di sistema di raffreddamento affidabile, compatibile con le nuove linee guida di prova e abbastanza preciso per essere riutilizzato per il con-
fronto e l'ottimizzazione dei pacchetti di raffreddamento differenti. Inoltre, le funzionalità di automazione di modeFRONTIER, insieme con i suoi potenti algoritmi di ottimizzazione, hanno consentito la messa a punto automatica dei parametri che hanno sostenuto e ridotto il numero di passi di validazione del modello. Altro esempio è quello di Alenia Aermacchi, azienda capofila del design team Green Regional Aircraft (GRA), impegnata a progettare aerei di linea regionali a impatto ambientale ridotto. Il loro obiettivo era ridurre l’impatto ambientale dei vettori regionali riducendone il peso, migliorando l’efficienza aerodinamica, raggiungendo migliori performance operative e al contempo rispettando gli standard per il controllo di emissioni e rumore. Perseguire simultaneamente obiettivi diversi, come la riduzione del coefficiente di resistenza o dell’impatto ambientale nelle fasi di decollo e atterraggio, consente di migliorare la performance ambientale complessiva misurata da indicatori come il consumo di carburante e la produzione di rumore. Durante la ricerca delle soluzioni più promettenti per questi aerei di nuova generazione, i designer hanno analizzato e ottimizzato due diversi profili alari. La prima configurazione, detta “thin”, è servita per migliorare la performance aerodinamica, senza imporre vincoli allo spessore dell’ala. La seconda configurazione “thick” è stata definita con l’obiettivo di ridurre il
peso dell’ala. Il nostro software ha permesso di considerare obiettivi complessi in un contesto simultaneo e ottenere miglioramenti significativi per entrambe le configurazioni. L’automazione di processo guidata dal potente workflow del software ha permesso di esaminare 20.000 design per il profilo alare 2D, integrando l’analisi aerodinamica e strutturale simulata grazie e codici in-house. Una volta identificato il candidato ottimale per i profili, l’analisi CFD è stata validata su un modello di geometria parametrica 3D realizzato in CATIA: i buoni risultati dimostrati dagli indicatori 2D di performance aerodinamica sono stati confermati. I vantaggi apportati dal nostro software sono stati molteplici: innanzitutto, un miglioramento di performance aerodinamica del 2.5% e una diminuzione del peso del 4%; poi, il processo a due fasi di ottimizzazione dell’ala ha guadagnato un notevole livello di efficienza; gli strumenti di analisi statistica hanno consentito una visione delle relazioni tra i parametri di aerodinamica utili a impostare la strategia di ottimizzazione; infine, lo strumento di supporto decisionale MCDM (Multiple Criteria Decision Making) ha fornito uno schema utile alla classificazione del set di soluzioni ottimali e ha guidato il team nella scelta del miglior candidato. z
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PRIMO PIANO: MATEMATICA E INDUSTRIA
TECNICHE PER PROVE DI INVECCHIAMENTO ACCELERATO
SAPERE
PRIMA
QUELLO CHE SUCCEDERÀ
DOPO
OSSIA POTER INDIVIDUARE FIN DALLA FASE DI PROGETTAZIONE DI UNA APPARECCHIATURA, EVENTUALI DIFETTI DEL PROGETTO STESSO E I PUNTI DEBOLI A CUI DEDICARE PARTICOLARE ATTENZIONE NEL PROCESSO DI COSTRUZIONE. CHIAROVEGGENZA? NO, TECNICA E TECNOLOGIA!
S
i chiama centro ARTC che sta per Accelerated Reliability Testing Center. È un laboratorio di IMQ nel quale vengono svolti test che simulano condizioni che eccedono in grande misura quelle di normale operatività di apparecchiature e loro parti componenti. Sono le prove accelerate. I vantaggi? Numerosi e determinanti. È infatti stato sperimentalmente dimostrato che incrementando in modo controllato le sollecitazioni ambientali applicate a un prodotto con una determinata robustezza iniziale, è possibile stimolare e verificare i meccanismi di guasto che lo stesso presenterà nel tempo quando la sua robustezza avrà subito un normale 28
degrado. Il tutto con notevoli riduzioni del tempo che solitamente è dedicato alle prove (giorni anziché settimane, se non mesi) e con considerevoli benefici anche in termini di risparmio dei costi. In particolare, due distinte procedure di prova incontrano sempre maggiore riconoscimento per l'efficacia dimostrata: HALT (Highly Accelerated Life Test) e HASS (Highly Accelerated Stress Screen). Questi metodi consentono di sottoporre le apparecchiature a uno stress combinato, di tipo climatico e meccanico, in condizioni estreme in termini di livelli di temperatura, variazioni rapide di temperatura e livelli di vibrazione, evidenziandone rapidamente i punti deboli.
PROCEDURA HALT La procedura HALT è un processo applicato durante la progettazione di un prodotto che, simulando condizioni ambientali estremamente severe – una sorta di prova di invecchiamento altamente accelerato – consente di irrobustire il progetto. Le prove, normalmente della durata di 3/5 giorni, sottopongono il prodotto a livelli crescenti di sollecitazioni termiche e meccaniche (indipendentemente ed in combinazione), con gradienti termici fino a 60 °C/min, e a sollecitazioni specifiche correlate alle funzioni proprie del prodotto.
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PROCEDURA HASS
La procedura HASS è invece un processo applicato durante la fabbricazione del prodotto che consente di scoprire deviazioni del processo produttivo, prevenendo l'immissione sul mercato di prodotti con difetti latenti. Attuata sulla base dei risultati conseguiti con la procedura HALT e finalizzata ad assicurare che i benefici ottenuti per mezzo di tali prove siano trasferiti anche alla produzione, spesso una corretta applicazione di questa tecnica di collaudo consente di eliminare la necessità delle tradizionali prove di "burn-in".
I prodotti che beneficiano maggiormente di tecniche di prova accelerate, sono: apparecchiature per trasmissione ottica; elettronica per la difesa; elettronica a microonde; misure ottiche; misure a distanza; comunicazioni cellulari; telefonia/telecomunicazioni; LAN/WAN; automotive; sistemi elettronici di gestione e controllo; dispositivi di memoria, rilevamento gas, visualizzazione; computers; stampanti/plotters; alimentatori; elettromedicali. Interessanti anche i vantaggi tra i quali ricordiamo: riduzione dei tempi di prova, identificazione immedia-
ta dei difetti di progetto e di processo, riduzione dei costi di sviluppo e verifica del progetto e quindi del “time to market”, riduzione dei tempi e dei costi di produzione, aumento della garanzia della qualità e dell'affidabilità del prodotto, riduzione dei costi di assistenza e riparazione e possibilità di aumento del periodo di garanzia del prodotto, riduzione del livello di mortalità infantile all'introduzione del prodotto, aumento della soddisfazione del cliente finale. Sapere prima quello che succederà z poi.
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PRIMO PIANO: MATEMATICA E STILI DI VITA
LA DIVERSA PERCEZIONE DEL TEMPO TRA ADULTI E BAMBINI:
QUESTIONE DI LOGARITMO? NE ABBIAMO PARLATO CON ROBERTO VACCA, INGEGNERE, SAGGISTA E RICERCATORE SCIENTIFICO, ESPERTO DI MATEMATICA E APPASSIONATO DI FUTUROLOGIA
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uanto dura un minuto? Tutti sono in grado di rispondere immediatamente “60 secondi”. Eppure, non è così. O quantomeno, non proprio. “Il tempo è relativo, il suo unico valore è dato da ciò che noi facciamo mentre sta passando”. Ogni giorno facciamo esperienza diretta dell’essenza della teoria della relatività di Albert Einstein. Se stiamo facendo qualcosa di divertente o lavoriamo su un progetto che assorbe tutte le nostre energie, il tempo vola; se, invece, stiamo aspettando qualcuno perennemente in ritardo o ci stiamo annoiando nel nostro tempo libero, magari in attesa di un evento a cui teniamo particolarmente, le ore sembrano non passare mai. È una questione di percezione. Secondo le teorie dell’ingegnere americano James M. Kenney, l’uomo non percepisce il valore assoluto del tempo che passa ma la percentuale di cambiamento di durata corrente della vita causata da quel trascorrere di tempo. In parole più semplici, un anno sembra più lungo a chi è più giovane mentre al progredire dell’invecchiamento, diminuisce la percezione del tempo che ci resta da vivere. Col passare dei giorni, in sostanza, l’uomo avrebbe una percezione del tempo sempre più contratta. E Kenney suggerisce anche una formula per calcolare questa contrazione: il trascorrere di un anno per un bambino che ha un anno di età segna il raddoppio della sua vita, a 10 anni l’aumento è solo del 10%, a 40 del 2,5%, a 80 dell’1,25%, a 100 dell’1%. Da ciò deriva che a 40 anni, se pensiamo di vivere fino a 80, crederemo di essere a 2/3 della nostra vita e non a metà: i 40 anni che restano passeranno, infatti, dando l’impressione di durare la metà del reale, cioè esattamente quanto trascorso tra i 20 e i 40 anni di vita. Quindi, un ventenne che dovesse campare fino a 80 anni, avrebbe già vissuto metà della propria vita soggettiva. Un calcolo piuttosto elementare che vede la percezione del tempo esclusivamente in funzione logaritmica dell’età. Sono numerosi i detrattori di questa teoria matematica accusata di ignora-
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PRIMO PIANO: MATEMATICA E STILI DI VITA
re le emozioni e le esperienze soggettive che, invece, hanno un impatto notevole sulla percezione del tempo e la sua distorsione. Secondo questo filone di pensiero, il logaritmo di Kenney non è una spiegazione della diversa percezione del tempo tra giovani e adulti ma semplicemente una descrizione in numeri di quanto sia possibile riscontrare nella realtà. Una descrizione che può essere resa molto più semplicemente in termini verbali. «Qualunque ultratrentenne – scrive Claudia Hammond, saggista e docente di psicologia a Boston, nel suo Il mistero della percezione del tempo (Einaudi) – vi dirà che il tempo sta accelerando e che ogni indicatore temporale, dalle domeniche sera al Natale, dà l’impressione di ripresentarsi sempre prima». Come si può spiegare? «A 11 anni – prosegue la Hammond – una settimana in cui non abbiamo nulla da fare ci si stende davanti a dismisura; da adulti ci prendiamo una settimana di ferie per imbiancare la casa e a neanche metà tinteggiatura è finita». Eppure, quantomeno per convenzione, un giorno dovrebbe durare sempre 24 ore. Perché la nostra percezio-
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ne soggettiva cambia? Ne abbiamo parlato con Roberto Vacca, ingegnere, saggista e ricercatore scientifico, esperto di matematica e appassionato di futurologia. «Secondo la filosofia di Immanuel Kant – spiega – il tempo non ha una realtà assoluta ma è un’intuizione pura di noi stessi e del nostro strato interno. Se, dal punto di vista scientifico, questa proposizione può essere considerata vaga e piuttosto priva di senso alla luce della fisica moderna, è altrettanto vero che ciascuno di noi dispone di un proprio senso del tempo interno che gli permette di giudicare rozzamente quanto tempo è passato a partire da un momento dato». Per capire meglio come la nostra mente elabori diversamente gli eventi e la loro durata a seconda delle esperienze che facciamo, Vacca passa attraverso un esempio concreto: «Molte persone raccontano che durante un incidente automobilistico o un’altra breve emergenza, il tempo sembra scorrere al rallentatore. Si tratta di un’esperienza reale oppure di
un’impressione retrospettiva? David Eagleman, professore di Neuroscienze e Psichiatria al Baylor College of Medicine di Houston, ha tentato di dare una risposta per via sperimentale. Senza dilungarmi nei test effettuati, ci basti sapere che la conclusione scientifica è che la nostra stima del tempo che trascorre e la memoria degli eventi intorno a noi sono interconnesse. Durante un evento che mette paura, infatti, l’area del cervello chiamata amigdala diviene più attiva e crea un insieme secondario di memorie che coesiste con gli insiemi normalmente registrati da altre parti del cervello. Così gli eventi spaventosi sono associati a memorie più ricche e dense. In sostanza, Eagleman sostiene che “quanta più memoria abbiamo di un evento, tanto più a lungo crediamo che sia durato”. Da ragazzi accumuliamo memorie molto ricche di ogni nostra esperienza; più tardi le memorie vengono ridotte: prestiamo attenzione minore agli eventi perché ne abbiamo già visti tanti. Ecco perché le vacanze estive dei bambini sembrano durare una vita mentre le ferie degli adulti volano via». D’altronde, l’aveva già detto Paul Janet nel 1877: “Fate ricordare a qualcuno i suoi ultimi ottodieci anni di scuola, durano un secolo. Ora prendete gli ultimi 8-10 anni di vi-
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ta: durano un’ora”. La diversa percezione del trascorrere del tempo più che una questione di età anagrafica sembra, dunque, essere una funzione delle esperienze concrete che stiamo facendo in quei determinati istanti della nostra storia personale. «Se uno continua a darsi da fare negli anni – sottolinea Vacca a dimostrazione della fondatezza di questa tesi – la sua percezione del tempo che scorre non si contrae poi in maniera così significativa». Un QUANTOMENO fattore importanP ER CONVENZION te può essere E, U N G IO rappresentato RNO DOVREB BE DURARE SEMP dall’evoluzione, RE 24 ORE. PERCHÉ LA NO soprattutto ST P ER quella tecnologiCEZIONE SOGG RA ETTIVA ca, che incide forCAMBIA? temente sui cambiamenti di ritmo di vita e, di conseguenza, sulla percezione del tempo sente tra chi riesce a stare al passo con i tem- più cose, ha una vita pi e chi, invece, ne viene sopraffatto. più ricca, intensa, affollata «Chi usa bene gli strumenti tecnologi- e avrà una percezione del passagci moderni – sostiene Vacca - riesce a gio del tempo conseguentemente più vivere più vite senza dovere morire più contratta rispetto al reale scorrere dei morti perché riesce ad avere input minuti, dei giorni e degli anni». molto più vari: parla con più persone, Tornando, dunque, ai modelli matematici che hanno spinto la nostra riflessione, si potrebbe rappresentare la percezione del tempo in funzione dell’età anagrafica come una parabola, il cui vertice è rappresentato dal nostro periodo di massima attività e che, invece, si avvicina molto all’asse nei nostri primi e ultimi anni di vita. Ma quanto più rallentiamo il nostro invecchiamento mantenendoci attivi, tanto più ci terremo lontani dall’asse. Tutto ciò ci porterebbe a dire che un tempo oggettivo non esiste e tutto dipende dell’esperienza di ciascun individuo. «Ma non è proprio così – ammonisce Roberto Vacca – nel senso che il tempo, così come comunemente lo intendiamo, ore, minuti, secondi, è sicuramente oggettivo. Ciò che non esiste è un tempo universale in senso relativistico, ma la cosa non tange in maniera
concreta i fini pratici quotidiani di ogni essere umano. Se due eventi sono contemporanei, a distanza spaziale notevole tra loro, entra in gioco la velocità della luce e la contemporaneità diventa una cosa che in luoghi diversi non ha più senso di esistere. Ma si tratta di un approccio scientifico che ha ragione di essere solo su distanze siderali. Nella vita di tutti i giorni, invece, anche quando abbiamo un differente fuso orario, possiamo parlare di simultaneità: quando è mezzogiorno a Roma, è vero che a New York sono le sei del mattino, ma se ci parliamo per telefono non ci accorgiamo nemmeno della differenza di tempo che il segnale impiega a essere trasmesso; ce ne iniziamo ad accorgere solo quando la comunicazione avviene via satellite perché il segnale deve percorrere molta più distanza». Ma qui entra in gioco la fisica e i discorsi scientifici che ne conseguono ci costringerebbero a toccare ben altri lidi rispetto a quelli da cui siamo partiti. z 33
PRIMO PIANO: MATEMATICA E STILI DI VITA
OGNI MALEDETTA DOMENICA (SERA) OVVERO QUANDO LA CODA DIVENTA UNA VERA E PROPRIA TEORIA
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avanti agli sportelli delle poste, di fronte alle casse del supermercato, al casello autostradale: tutti i giorni ci capita di essere in qualche fila in attesa del nostro turno. Una cosa naturale che nulla sembra avere di scientifico. Invece anche in queste attese quotidiane nulla è casuale. Già, perché molto spesso vengono regolate attraverso uno studio che incrocia la matematica e la statistica, quello sulla teoria delle code. Si parla, in generale, di sistema delle code quando “un servizio erogato richiede un tempo non prevedibile per essere effettuato e quando, dall’altra parte, ci sono utenti che richiedono questo servizio, anche loro in maniera casuale. Da questa doppia causalità viene fuori un tempo di attesa”. Questa è la definizione che Massimo Roma, docente di Sistemi di servizio e simulazione all’Università La Sapienza di Roma, fornisce alla teoria delle code. Le origini di questo modello matematico risalgono al 1909, quando l’ingegnere danese Agner Krarup Erlang riuscì a trovare il sistema per regolare il traffico telefonico di un call center, diminuendo così i sovraccarichi della linea. Già dalla sua nascita, quindi, questa teoria ha avuto applicazione
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nella vita quotidiana in vari settori. Oggi i campi in cui viene sfruttata sono moltissimi: dagli uffici postali ai supermercati. Ma viene anche usata per evitare sprechi. Spiega il professor Roma come essa venga applicata anche, per esempio, nelle catene di montaggio nelle fabbriche: “Se una macchina non è efficiente, avrò dei pezzi della sequenza che rimarranno in fila in attesa, danneggiando la produzione finale e comportando dei costi imprevisti”. Ma come può avere riscontro nella realtà questa teoria? A spiegarlo è Davide Giglio, docente di Modelli e metodi per l’automazione all’Università di Genova: “Sulla base delle statistiche sull’affluenza di persone, per esempio, si può calcolare il numero migliore di
dipendenti da mettere a uno sportello per evitare code troppo elevate”. “Queste teorie spesso funzionano su modelli semplici - spiega ancora Giglio - per avere dei modelli reali e precisi si ricorre spesso alle simulazioni”. Con la teoria delle code, dunque, si possono stabilire i turni di lavoro in un determinato gior-
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no e in una determinata ora, basandosi sulle statistiche di afflusso delle persone. Tornando all’applicazione quotidiana della teoria delle code, una di quelle che tutti conosciamo meglio riguarda il tradizionale traffico della domenica sera. Quante volte ci sarà capitato di tornare in città dal weekend e trovare l’autostrada intasata? Anche questo fenomeno può essere spiegato, almeno in parte, dalla teoria delle code. Innanzitutto, perché l’applicazione di questo modello vale perfettamente per i caselli, dove un arrivo di più macchine del previsto può creare un ingorgo, semplicemente perché in un determinato orario l’arrivo di automobili è ben più alto di quanto previsto solitamente, con la conseguenza che i tempi di attesa si allungano. Un’altra spiegazione del traffico arriva da una teoria affine a quella delle code ma che si discosta
in parte dal modello creato da Erlang. “Quando le autostrade sono molto affollate - spiega Giglio - basta una minima perturbazione per rompere l’equilibrio: basta che uno rallenti un poco e di conseguenza dovranno fare lo stesso anche quelli dietro per mantenere la distanza. E così, a catena, anche quelli ancora più dietro. Fino a formare un ingorgo con delle macchine ferme. Questo succede spesso con movimenti banali, come quello di cambiare corsia. Si formano così le code, grazie a questa sorta di onda definita tecnicamente shock wave”. Lo studio delle code, quindi, potrebbe aiutare a ridurre notevolmente i tempi di attesa per poter usufruire di un servizio. L’applicazione pratica però è ancora scarsa, soprattutto in Italia. Secondo il professor Roma, c’è un “grosso gap tra lo studio in accademia e quanto poi viene fatto nella pratica”. Uno dei settori che più sfrutta la teoria delle code è quello dei call center. Alcuni, infatti, mettono in attesa il cliente specificando il “tempo stimato di attesa”. “Bastano formule semplici per calcolare il tempo medio che ci vuole per metterci in collegamento con un operatore - secondo Giglio - ma ci sono cose più difficili da calcolare, come le code ai supermercati e alle poste. In questi casi la previsione può
essere rischiosa e se non rispettata può infastidire le persone”. Non a caso, anche in alcuni Paesi europei si è provato a cambiare il sistema delle code. Pensiamo, per esempio, a una delle leggi di Murphy (l’ideatore della frase “se qualcosa può andare storto, lo farà”): “Scegli la coda che vuoi, non sarà mai la più veloce”, recita la formula ironica. Forse proprio partendo da questa idea molti supermercati (e non solo) hanno pensato di creare una sola fila di attesa. Non più, quindi, una coda da scegliere, ma una unica in modo che la cassa che si libera prima può essere sfruttata dal cliente arrivato per primo. Un sistema che viene adottato nei supermercati di mezza Europa, ma anche negli aeroporti al momento dell’imbarco e del check-in. Non è comunque facile applicare questo sistema dappertutto, sia per la mancanza di spazi per poterlo fare sia per una semplice questione psicologica: quanta paura ci fa una fila lunghissima rispetto a tante piccole code? Anche l’impatto visivo gioca la sua parte. La scelta della fila unica nasce proprio dallo studio della teoria delle code ed è una delle soluzioni più semplici usate per risolvere il “problema”. Di metodi per evitare le code, però, ce ne possono essere tantissimi e negli ultimi anni sono stati proposti per ridurre le attese dei clienti. Spesso ad aiutare è anche la tecnologia: basti pensare alla possibilità di comprare i biglietti per visitare un museo su Internet, evitando così file infinite davanti alla biglietteria. O, ancora, ai forum che molti utenti del web usano per darsi consigli e trovare strade alternative in modo da tornare a casa la domenica sera, dopo un bel weekend al mare o in montagna, senza rimanere bloccati nel traffico per z ore.
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PRIMO PIANO: MATEMATICA E STILI DI VITA
LO SPAURACCHIO DEGLI STUDENTI
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LA MATEMATICA È RITENUTA LA MATERIA PIÙ TEMUTA DAGLI STUDENTI: È DIFFICILE, RICHIEDE UNA BUONA LOGICA E MOLTO RAGIONAMENTO, MA BISOGNA CONOSCERLA PERCHÉ È PARTE INTEGRANTE DELLA NOSTRA VITA QUOTIDIANA.
Intervista a Antonio Bernardo, docente e direttore della testata online Matematicamente.it
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lzi la mano chi non ricorda le notti insonni passate a studiare matematica, magari alla vigilia di una verifica. Quante ore sui libri cercando di capire qualcosa in algebra, geometria, analisi. E quanta ansia! Tra i Paesi Ocse, il 59% degli studenti si dice preoccupato dalle attese di prestazione nelle verifiche, il 33% si sente molto teso nello svolgimento dei compiti a casa, il 31% è a disagio con la soluzione di problemi ma, soprattutto, il 61% è tormentato dall’idea di prendere brutti voti in matematica. Eppure, la matematica secondo il professor Antonio Bernardo è uno dei modi attraverso cui osservare il mondo in cui viviamo, ma anche e soprattutto osservare noi stessi e le regole della nostra mente. Eppure resta sempre la convinzione che sia qualcosa di ostico, comprensibile a pochi. Perché? “Non è solo la matematica a essere ostica e difficile da capire. Qualsiasi disciplina, anche non scientifica, se è molto sviluppata non è comprensibile alla maggior parte delle persone. Prendiamo la musica: la cosiddetta musica leggera o popolare è facilmente comprensibile e il perché lo dice la parola stessa, ma basta spostarsi verso il jazz o la musica classica e il discorso è diverso. È facile riconoscere gli strumenti, vagamente le melodie, ma bisogna essere un vero studioso o appassionato di musica per capirla fino in fondo, nella sua interezza e profondità. Lo stesso discorso vale per l’arte visiva, la poesia, la filosofia”.
Cosa rende così difficile e diverso lo studio della matematica rispetto ad altre discipline? Due fattori: il livello di astrazione e la rigidità nell’applicazione delle regole di calcolo e ragionamento. Nella prima sono favoriti i giovani. La matematica è fatta principalmente di regole e operazioni su simboli, sempre più astratti man mano che si va avanti negli studi. I ragazzi sono più predisposti degli adulti a ragionare sulle cose astratte, apprendono più facilmente le ‘regole’ senza porsi tante domande su cosa significhino. Anzi preferiscono quelle astratte alla concretezza delle cose reali, anche per mancanza di esperienza. Nell’applicazione delle regole, invece, sono più avvantaggiati gli adulti perché sanno per esperienza e per averlo appreso negli anni che bisogna stare alle regole, rispettarle. I ragazzi sono disposti a impararle ma non hanno la costanza nel seguirle. Per studiare matematica è vero che bisogna avere una sorta di predisposizione? Essere predisposti aiuta moltissimo, le cose si capiscono rapidamente e gli esercizi vengono fatti in fretta. Prendiamo il caso di Maryam Mirzakhani, particolarmente famosa perché è la prima donna che ha vinto la medaglia Fields per la matematica, il premio più prestigioso per un matematico, l’equivalente del premio Nobel, che per la matematica non c’è. È iraniana, a 17 37
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anni vince la medaglia d’oro alle olimpiadi internazionali della Matematica, la vince anche l’anno seguente ottenendo il punteggio massimo possibile, si laurea in matematica a Teheran, dottorato a Harvard e nel 2014 vince la medaglia Fields. Una così deve per forza avere una ‘sorta di predisposizione’ per la matematica. Se non hai questa ‘rapidità’ devi essere armato di pazienza, tenacia, buona volontà. Per esperienza però posso dire che è più importante essere appassionato della matematica, avere piacere a studiarla, essere tenace e pieno di buona volontà; avere una predisposizione può servire per andare veloci all’inizio ma per alcuni ragazzi può essere controproducente perché alle prime difficoltà, quando devono applicarsi un po’ di più, mollano lo studio. Quanto la tecnologia ha modificato l’approccio alla matematica? La tecnologia non si può ignorare. Si cerca sempre di rallentarne l’uso per prudenza. La scuola, quindi, da un lato ha l’obbligo di insegnare l’uso delle nuove tecnologie, quelle consolidate, 38
Avere ne isposizio una pred per andare ire può serv ll’inizio ma veloci a ante essere ort è più imp ionato della appass vere piacere ica, a matemat la, essere tenace a studiar no di buona e pie volontà.
dall’altro lato deve prendere atto che se una calcolatrice, un programma o una app per telefonino risolve rapidamente e con precisione un calcolo anche complesso non è più necessario insistere oltre un certo limite nelle capacità di calcolo. È inutile insegnare a scuola, come si faceva una volta, la bella calligrafia: oramai la macchina da scrivere e ancor di più il computer hanno eliminato la scrittura a mano. Certo che uno deve conoscere come si scrive in maniera corretta, comprensibile e leggibile. Così per la matematica: i calcoli, le espressioni bisogna comunque saperle svolgere.
Quali sono i consigli che si sente di dare a uno studente per approcciarsi correttamente alla materia? Il consiglio che mi sento di dare è di non credere, quando si va male, che è a causa di una propria incapacità intellettiva irrimediabile: tenacia e impegno possono sicuramente dare dei risultati significativi.
Qual è secondo la sua opinione l’approccio didattico migliore per insegnare la matematica? Insegnare richiede delle tecniche, dei metodi che siano efficaci e coinvolgenti. Nulla è scontato nell’insegnamento. Quello che serve è la ‘metacomunicazione’, l’entusiasmo che hai verso la materia o verso alcuni argomenti. Il tuo entusiasmo viene percepito subito, così come i ragazzi capiscono immediatamente se hai piacere di dialogare con loro. Un’altra cosa da tenere costantemente presente è che i ragazzi hanno bisogno di un feedback immediato, cioè vogliono sapere subito se stanno andando bene o no, se stanno capendo oppure no. Che genere di preparazione offre il sistema scolastico italiano rispetto al resto d’Europa? In Italia si cerca di privilegiare l’approccio teorico astratto, nei paesi anglosassoni si preferisce un approccio applicativo, contestualizzato. Da noi si sta cercando di andare in questa direzione, ma nessuno può dire se porterà un miglioramento.
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Lei è direttore di Matematicamente.it. Come è nato questo sito? Il sito è del 2000, sono passati 15 anni. L’idea è nata qualche anno prima, quando si sono diffusi i siti internet. Ho iniziato pubblicando un po’ di materiali per ragazzi, principalmente giochi, quiz, test, materiali che ho sperimentato in classe, man mano mi sono fatto prendere la mano e adesso non ho più idea di quanti contenuti siano stati pubblicati. Un passo avanti significativo l’ho fatto nel periodo del dottorato di ricerca sull’uso delle nuove tecnologie nella didattica, presso la facoltà di Ingegneria Informatica dell’Università del Salento. Uno sforzo notevole ma che ha portato a un grande successo quando ho vinto il premio de Il Sole 24 Ore come miglior sito italiano di didattica. Quali sono i principali servizi offerti? Matematicamente.it offre dei contenuti gratuiti e dei contenuti ‘plus’ a pagamento. Il progetto più avanzato è, a mio avviso, una collana di manuali scolastici di matematica, fisica e non solo, gratuiti, liberi e con licenza Creative Commons, con licenze del tutto simili a quelle di Wikipedia per intenderci. Inoltre si possono trovare numerosissimi test interattivi di matematica, fisica, scienze, migliaia di esercizi svolti di queste materie, qualche migliaio di tesine per la maturità, tutte le prove di matematica assegnate alla maturità scientifica, le prove Invalsi, ecc. Una sezione molto seguita contiene i manuali per studiare gli esami della ECDL (European Computer Driving Licence) e le simulazioni, la patente del
computer per intenderci. Si tratta di contenuti particolarmente apprezzati e seguiti dagli studenti. Matematicamente.it è una testata giornalistica registrata presso il tribunale di Lecce, una rivista didattica e divulgativa di matematica, fisica, informatica e affini. I servizi plus consistono principalmente in un video corso di matematica dalla scuola media all’università, tutto ‘filmato’ da me, e altri video corsi meno approfonditi di fisica, chimica, scienze, latino registrati da altri collaboratori specialisti di queste materie. Infine, sul sito sono presenti libri cartacei e ebook, alcuni gratuiti e altri a pagamento sempre su temi scientifici. Cosa ricorda della sua carriera scolastica? È legato a qualche professore che l’ha formato e avviato allo studio e alla comprensione della matematica? Ricordo abbastanza bene tutti i miei docenti di matematica, mi hanno dato le basi, ma non ne ho avuto nessuno che mi ha insegnato un approccio specifico. Ho capito andando avanti negli studi che la matematica la devi comprendere da solo, risolvere i problemi è una sfida tra te e il quaderno, tra te e quella determinata equazione o problema. Non so perché sono diventato un insegnante di matematica: forse è stata una passione z che avevo fin da piccolo… Chissà!
SCUOLA FINLANDESE: NON PIÙ MATERIE MA ARGOMENTI Scienze, letteratura e storia bye bye. La Finlandia dice addio alle vecchie materie scolastiche e le sostituisce con gli “argomenti”. Le giornate degli studenti non saranno più scandite dall’alternarsi delle tradizionali lezioni di matematica, diritto e religione. Al loro posto arrivano temi trasversali analizzabili da vari punti di vista. Un esempio? L’argomento “Unione europea” può essere affrontato non solo dal profilo storico ma anche da quello giuridico, geografico ed economico. I ragazzi insieme agli insegnanti contestualizzano questi aspetti, li analizzano e collegano tra loro. Le materie, grandi protagoniste della scuola classicamente intesa, vengono declassate ad angoli prospettici da cui analizzare gli argomenti. Insieme all’oggetto di studio cambia anche il metodo: meno lezioni frontali, confronto e approccio ludico allo studio. A sovvertire il sistema classico dell’insegnamento è stata un’avanguardistica scuola di Helsinki che ha dato inizio a quella che il governo locale ha definito “una grandissima sfida per l’istruzione”. Ancora una volta è la Finlandia a guidare quella che si preannuncia come una rivoluzione copernicana del concetto stesso di scuola. Il paese scandinavo già in passato si era fatto notare per alcune importanti riforme scolastiche a partire dal metodo di insegnamento della matematica. Oggi la scuola finlandese è considerata una delle migliori al mondo e i suoi studenti, secondo i dati diffusi dalle indagini di Pisa, sarebbero i più bravi e non solo in matematica.
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DIAMO I BREVE NUMERI! VIAGGIO TRA
I NUMERI TABÙ, PROVERBI E MODI DI DIRE
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«B
isogna ammettere che Porfirio è un vincente nato, un vero numero uno. E dire che non ha appoggi in alto loco!». «Eh, ma sai come si dice? Chi fa da sé, fa per tre.» «Già. Al suo comizio c’erano mille persone, mentre hai visto com’è finita ad Achille? I suoi hanno fatto un quarantotto, lui stesso ha sudato sette camice girando casa per casa: eppure a sentirlo c’erano sì e no quattro gatti». «E la stampa non l’ha risparmiato: su di lui hanno sparato a zero». «Era prevedibile: dopo che s’è venduto per trenta denari al consorzio del provolone con quell’indegna concessione edilizia, la gente non l’ha perdonato». «Aggiungici che ha fatto il diavolo a quattro per piazzare il cugino alla provincia…». «E tu come lo sai?» «Beh, stesso cognome e una notevole somiglianza: fai due più due…”
No, non parliamo di malcostume italico, né delle ultime elezioni in qualche paesino non meglio identificato: la conversazione di strada qui sopra riportata è immaginaria e, come si dice, ogni riferimento è puramente casuale. Piuttosto, ci avete fatto caso? I numeri sono perfettamente integrati nel parlare quotidiano. Si intrecciano alla trama del discorso, nei modi di dire, e quasi non ci accorgiamo di star citando cifre: stiamo, letteralmente, “dando i numeri”. Niente di strano, direte: se la matematica misura il mondo, e la lingua è il nostro codice per descriverlo, è inevitabile che vadano a braccetto con disinvoltura. E quindi vai con i vari “non c’è due senza tre”, “sbrigarsi in quat-
tro e quattr’otto”, e via di questo passo: non c’è bisogno di dare spiegazioni, il senso è immediato quanto il risultato di un’addizione elementare. E poi “te l’ho detto cento (o mille) volte!”, che non sarà da prendere alla lettera, ma è sinonimo di “infinite” volte. In altri casi è l’iconicità del numero a illustrare il senso in cui viene utilizzato nella frase: “Batti il cinque!”, conio linguistico dell’americano “Give me five”, ci fa venire in mente la mano aperta. E tenere il “cappello sulle ventitré” è una tipica espressione toscana che ci riporta all’orologio, così come “i piedi alle dieci e dieci” è una presa in giro prettamente meridionale verso chi, nel passo, ricorda le papere. 41
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Ancora il trenta. E che dire del “vendersi per trenta denari”, che abbiamo già visto nell’immaginario dialogo di prima? È questa la cifra per cui, secondo il vangelo di MatCi sono poi formule in cui, se la logica teo, Giuda Iscariota avrebbe tradito matematica è evidente, non è altret- Gesù: trenta monete d’argento, per la tanto chiaro perché si siano scelte pro- precisione. Da qui la frase è passata a prio quelle cifre e non altre. “Hai indicare la rinuncia ai propri fatto trenta? E fai trentuvalori in cambio di un no!” lo abbiamo sentito compenso irrisorio: renta? t to t tutti; ma perché proprio fa un’azione abietta “H a i no!”. tu n e e tr n trenta e non, poniamo, in cui si è dannati i o e E fa a Papa L to le a is r venti o dodici o sete beffati. e t ch tre Un motto lo dopo aver ris dinali, tantatré? In questi caX che, so ero dei nuovi car o un si, storia e leggenda ci Mai in tredici. at um a 30 il n di aver dimentic , gli vengono in soccorso Suo malgrado, e si accors amico. Poco male mero l’apostolo tradie svelano l’arcano: il vescovo ntare di uno il nu motto invita a fare antore è assurto agli to, me bastò au rporati: dopotut cora un piccolo sforzo, onori delle cronadei po pa. come fece Papa Leone X era il Pa che anche per la conche, solo dopo aver ristretto a siderazione scaramanti30 il numero dei nuovi cardinali, si ca che si ha di certe cifre. Non accorse di aver dimenticato un vescobisognerebbe mai sedersi in tredici a vo amico. Poco male, gli bastò auuna tavola perché, come accadde per mentare di uno il numero dei porpol’ultima cena di Cristo, grandi sventure rati: dopotutto, era il Papa. incomberebbero sul tredicesimo com42
mensale. Ma come spiegare l’antipatia verso il numero 13 anche solo raffigurato? Di recente nel laicissimo Regno Unito alcuni ristoranti blasonati hanno introdotto il posto “12 bis”, al quale accomodarsi serenamente, compresi tra il 12 e il 14. Secondo i titolari, i loro clienti vip sarebbero tutti vittima della triscaidecafobia, la paura irrazionale del numero 13: la stessa che ha portato alcune compagnie aeree ad eliminare la relativa fila di poltrone o, piuttosto, a passare con nonchalance dalla 12 alla 14. Lo stesso dicasi per alcuni grattacieli in giro per il mondo, dove “manca” il piano incriminato dalla pulsantiera degli ascensori e non c’è una stanza con il nefasto numero. Viene in mente il bestseller di Stephen King, 1408, dove è addirittura la somma delle cifre della stanza in questione a renderla esiziale per chiunque vi soggiorni. Tutta colpa di Giuda? No, non solo. Nella mitologia norrena Loki era il tredicesimo dio, subdolo e invidioso di Odino e Thor, apportatore di caos e mali. E il venerdì 13 del 1307, Filippo IV, re di Francia, ordinò di annientare l’Ordine dei Templari e impossessarsi delle loro ricchezze.
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Qualcuno invece ricorda cosa accadde nel 2012, anno in cui si sovrapposero le profezie Maya e le quartine di Nostradamus: ma il terzo venerdì 13 di quell’anno, caduto in luglio e temuto al punto da collezionare un numero imprecisato di defezioni sul posto di lavoro in giro per il mondo, trascorse senza grandi incidenti – non più di ogni altro giorno, comunque. Paese che vai… L’altro abietto è il 17 che, a ben vedere, dalle parti nostre è considerato veicolo di sfortuna ben più del 13. Vituperati e fuggiti entrambi, ma non ovunque: in Oriente - Cina e Giappone soprattutto - i nostri spauracchi laggiù sono
numeri fortunati, mentre i “portamale” sono piuttosto il 4, il 14, il 24 e fondamentalmente qualunque numero contenga il 4, perché si pronuncia in modo simile alla parola “morte”. Non è vero ma ci credo. Cos’è la superstizione, se non l’irrazionale paura di qualcosa, spesso seguita dall’ancora più irrazionale costume di compiere un gesto bizzarro, o investire di caratteristiche apotropaiche un oggetto per allontanare il rischio paventato? Dunque via libera a cornetti, e al sale gettato dietro la schiena (mai rovesciato sulla tovaglia, per carità!), e il repertorio di cose vecchie-nuove-prestate-regalate per le spose novelle. Tornando ai numeri: mai, in quattro, salutarsi incrociando le braccia o brindare incrociando i bicchieri; mai rifare un letto in tre; di contro, 3 è un numero creduto fortunato, per non parlare del 23, che è talvolta citato per apprezzare, in codice, una parte del corpo creduta “fortunatissima”.
Grazie, non fumo. La storia, lo abbiamo visto con Leone X e i suoi cardinali, lascia il segno: specie quando deriva dal tempo di guerra. Avete mai sentito dire che porta male accendere con la stessa fiamma la sigaretta a tre persone diverse? Si dice che il terzo potrebbe addirittura morire. Questo perché durante le guerre del Novecento il modo migliore per farsi colpire da un cecchino, durante le notti in trincea, era cedere al piccolo piacere del tabacco: il fuoco dapprima attirava il nemico, poi gli faceva prendere la mira e, infine, gli faceva premere il grilletto. Certo, in tempo di pace è difficile che qualcuno possa risentirne, se non l’ingenuo tedoforo che per il troppo indugio potrebbe averne le dita bruciate. Infine, chi può dire se la scaramanzia giova o no? Chi ci crede non farebbe mai la controprova, e chi non ci crede non presta caso a tutti questi discorsi. Meglio dunque affidarsi all’ironia: “Essere superstiziosi è da ignoranti, ma non esserlo porta male”. Parola di Eduardo De Filippo. z
“GUIDA GALATTICA PER AUTOSTOPPISTI”:
IL 42 ERA LA RISPOSTA ALL'UNIVERSO ATTESA PER 7 MILIONI E MEZZO DI ANNI
Hai mai provato a chiedere a Google la risposta alla vita, l’universo e tutto quanto? Se lo fai in inglese (“answer to life, the universe and everything”) avrai la risposta che gli appassionati di fantascienza sanno già: 42. È una citazione della Guida galattica per autostoppisti, serie radiofonica, romanzo e film cult del genere Sci-Fi. Una risposta non-sense elaborata per 7,5 milioni di anni da un supercomputer costruito ad hoc. Ma 42 è anche la regola con cui il Re di cuori estromette Alice (nel paese delle meraviglie) dalla corte o l’interno in cui vive Fox Mulder di X-Files. A pagina 42 di Harry Potter e la pietra filosofale, il maghetto scopre i suoi poteri, nella stessa pagina Jonathan Harker scopre di essere un prigioniero di Dracula di Bram Stoker e Frankenstein svela di poter creare la vita. Altri numeri fantascientifici? Il 23 degli Illuminati ben noto agli appassionati di Lost e a cui è anche dedicato un intero film con Jim Carrey. E come dimenticare il 1701? È il numero di fabbrica dell’Enterprise di capitan Kirk. 43
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C’È CHI CONTA
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SOLO FINO A
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Intervista a Enrico Rogora, docente di Storia della Matematica all’Università La Sapienza di Roma
E NON PERCHÉ SIA ANALFABETA O ABBIA POCA PAZIENZA, MA PERCHÉ NELLA SUA CULTURA SI USA COSÌ. DALLA CONTA OCCIDENTALE SU DUE MANI, AI PIGMEI CHE CONTANO SOLO FINO A 3, PASSANDO PER CHI PER FAR DI CONTO PASSA ANCHE DAI PIEDI, ECCO UN BREVE EXCURSUS SUI DIVERSI MODI DI CONTARE.
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na spia americana, infiltrata tra i soldati nazisti, viene scoperta per aver contato con le dita in maniera diversa da come fanno solitamente i tedeschi. È solo una scena di Bastardi senza gloria, il film di Quentin Tarantino ambientato nel periodo della seconda guerra mondiale, ma spiega alla perfezione quali sono le differenze tra le varie popolazioni mondiali nel modo in cui contiamo. Anche dall’uso delle dita, infatti, si può capire la provenienza di una persona. L’esempio classico è la differenza tra noi europei (che contiamo a partire dal pollice, aprendo man mano le altre dita) e gli orientali (che partono invece dall’indice o dal mignolo). Di sistemi, però, ce ne sono tantissimi: c’è chi inizia a contare con la mano aperta (è il caso dei giapponesi), chiudendo via via le dita per andare avanti e chi – come indiani e pakistani – usa solo il pollice, spostandolo sulle falangi. “I modi di contare sono strettamente collegati all’uso del corpo
umano - spiega Enrico Rogora, docente di Storia della matematica all’Università La Sapienza di Roma l’uso delle dita di entrambe le mani porta a privilegiare i primi 10 numeri, riservando a essi nomi che poi ricorrono per esprimere numeri più grandi, come in italiano. L’estensione all’uso di mani e piedi, invece, privilegia i primi 20 numeri”. Basti pensare a come si dice in francese il numero 80, ovvero 4 per 20. Un’altra possibilità è quella di contare escludendo il pollice, “come nell’antico Egitto, dove si contava sulla base del numero 12”. Quindi i numeri sono o non sono universali? “Ci sono molti modi di contare ma una sola idea di numero, anche se non è universalmente acquisita”, risponde il professor Rogora, che spiega come ci siano popolazioni che dei numeri “hanno un’idea meno astratta della nostra, come i Pigmei, i Botocudos e gli Aranda”. Popolazioni che sanno con-
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ERSALE DI UNIV TTO C’È IL FA RITTURE TE LE SC CHE TUT MONDO DEL ONO DISPONG SISTEMA CHE DI QUAL NOTARE PER AN RI. I NUME
tare al massimo fino a 3 e che quantificano tutti i numeri più grandi semplicemente come “molti”. Di universale c’è il fatto che tutte le scritture del mondo “dispongono di qualche sistema per annotare i numeri. Tanto che le più antiche testimonianze scritte dell’umanità non sono poesie, preghiere o racconti, bensì ricevute, inventari d’archivio e bolle di accompagnamento”, spiega Marco Cimarosti, programmatore e autore del libro Non legitur: giro del mondo in trentatré scritture. 46
Il sistema che più si avvicina a essere universale è quello decimale posizionale. “In Europa chiamiamo questo sistema cifre arabe, in ricordo del fatto che Fibonacci, colui che lo introdusse da noi, lo aveva appreso dai matematici arabi”, racconta ancora Cimarosti. Gli arabi, però, chiamano quei simboli cifre indiane. Il professor Rogora spiega nel dettaglio la sua provenienza: “Il nostro sistema viene fatto risalire agli indiani ma già i cinesi, i babilonesi e i maya avevano sviluppa-
to un sistema posizionale, anche se meno raffinato”. Proprio i maya, ad esempio, usavano un sistema posizionale basato sul numero 20, invece che sul 10. “Sebbene la scrittura maya sia estinta da secoli, ci sono aree del Messico e del Guatemala dove capita ancora di vedere numeri (ad esempio i civici delle case) scritti con questi antichi simboli”, specifica Cimarosti. È un po’ quello che succede da noi con i numeri romani, ancora largamente utilizzati in vari contesti: per indicare secoli, ore, pagine, papi, re. “La numerazione romana è elegante per numeri piccoli – chiarisce Rogora – ma
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inadatta per i calcoli, che infatti nell’antichità venivano effettuati con l’abaco”. “In Grecia invece si usava un sistema che attribuiva un valore numerico a ogni lettera dell’alfabeto – secondo la ricostruzione di Marco Cimarosti – le prime lettere indicano l’unità, le seconde le decine o poi le centinaia. Oggi questo sistema, in greco, ha un uso limitato e analogo al nostro impiego dei numeri romani”. Il sistema posizionale è quindi il più diffuso. Su base decimale – ricordiamo: quello che noi usiamo tutti i giorni – prevede diversi modi in cui viene scritto in base all’area geografica. Lo spiega ancora Marco Cimarosti: “In Cina e in Giappone i numeri si scrivono per mezzo dei normali ideogrammi cinesi. La scrittura cinese ha, in sostanza, un segno per ogni parola. Esistono nove simboli per rappresentare i numeri da 1 a 9 e poi una serie di altri simboli che indicano gli ordini di grandezza decimale: 10, 100, 1000. A ognuno di essi corrisponde una parola e, quindi, per
scrivere i numeri si seguono le regole della sintassi della lingua cinese”. La forma grafica dei dieci simboli di questo sistema varia per ogni lingua. Cambia l’aspetto visivo ma il metodo rimane uguale. Anche in arabo “le cifre che compongono un numero si scrivono da sinistra a destra, come nelle lingue europee o in quella indiana”, nonostante solitamente si scrivi da destra verso sinistra. Ci sono, poi, sistemi che usano basi diverse da quella decimale, come illustra il professor Rogora: “Abbiamo il sistema binario (in base 2, quello dei computer), quello ottale (base 8), quello esadecimale (base 16, utilizzando oltre alle cifre anche i caratteri A, B, C, D, E, F per rappresentare i numeri tra l’11 e il 15). Gli astronomi babilonesi ed ellenistici usavano addirittura un sistema sessagesimale, ovvero basato sulle potenze di 60. Di questo modello rimangono oggi le misure angolari e quelle temporali (un minuto vale sessanta secondi e un’ora vale sessanta minuti)”. z
ANCHE GLI ANIMALI CONTANO Agli animali manca la parola, ma non i numeri e pare che a far di conto se la cavino niente male. Sono tante le specie che, secondo gli esperti, sarebbero in grado di contare. Si va dai delfini alle api, passando per scimmie e salamandre. È stato dimostrato, per esempio, che le api contano i fiori su cui si posano per raccogliere il nettare. Se in un campo il fiore che lo contiene è il terzo, le api si posano sempre sui suoi petali a prescindere dalle distanze. Voto alto in matematica anche per le salamandre. Messe di fronte a delle provette con all’interno due o tre prede, si lanciano subito alla conquista di quella più piena. Una storia antica e curiosa quella che lega gli animali al mondo dei numeri. Per la prima volta se ne parlò sul finire dell’Ottocento quando in tutta Europa si diffuse la storia del cavallo Hans che batteva lo zoccolo se il padrone eseguiva correttamente un’operazione matematica. Qualche anno dopo, nel 1907, uno psicologo dimostrò che l’animale aveva memorizzato le reazioni del pubblico. Scalpitava, è vero, ma non perché aveva imparato le tabelline. Oggi la teoria più diffusa è che molti animali siano attenti alle quantità numeriche e sappiano elaborarle. Si tratterebbe di una facoltà legata al bisogno di nutrirsi. Alcuni ne parlano come di una caratteristica simile a quella che si riscontra nei bambini più piccoli: sanno contare ma non riescono ad applicare le regole dell’aritmetica ai grandi numeri.
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LE MILLE E UNA
MISURA
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no dei campioni di misura più antichi risale al 2600 a.C. ed è il cubito egiziano, ossia un pezzo di marmo della lunghezza corrispondente a quella di un avambraccio, i cui sottomultipli erano il palmo e il dito. La maggior parte delle volte, infatti, le unità di misura della lunghezza corrispondevano a parti del corpo umano: oltre al cubito, si usavano il piede, il pollice e il pugno. Stesso discorso valeva anche per la “lunghezza” dei Romani: le unità in uso all’epoca erano il dito, il palmo (4 dita), il piede (quattro palmi), il passo (5 piedi), lo stadio (125 passi) e il miglio (5000 piedi). Il peso si misurava invece in libbre, la capacità in anfore. Con la caduta dell’Impero Romano d’occidente e la nascita del sistema feudale, la confusione dei sistemi di pesi e misure crebbe, visto e considerato che ogni feudo teneva per buono il suo. Di fatto, poi, all’epoca coesistevano sovranità diverse (la comunità, la Chiesa, il Signore, il Re, l’Imperatore), ognuna delle quali possedeva il proprio sistema di misurazione e
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TORIA NELLA S SEGUITI SUS SI SONO EMI DI MISURA O SI ST DIVERSI PASSATO TROPP È È I S DO E NON A QUAN TEMPO D LL’ENTRATA IN GIUNTI A DI UN UNICO VIGORE A VALIDO SISTEM TTI. PER TU
cercava di imporla agli altri, specialmente negli scambi commerciali. Fu Carlo Magno il primo che cercò di ovviare a questa moltitudine ma, a seguito della caduta dell’impero carolingio, con la moltiplicazione dei centri di potere si moltiplicarono anche le misure ufficiali, che si sovrapposero a quelle locali rimaste in vigore. Per fare un esempio: resisteva il “pes regis Liutprandi”, intagliato in una colonna del Battistero di San Giovanni a Firenze, che ebbe vita breve in Toscana ma in Piemonte, col nome di “piede Liprando”, durò fino all’introduzione del sistema metrico decimale e in Lombardia addirittura fino al 1860. La varietà delle misure significative di cui si è a conoscenza per i vari Paesi e le varie epoche è veramente sorprendente: per misurare la lunghezza, ad esempio, a Torino si ricorreva al braccio, corrispondente a un terzo dell’impronta del corpo di Cristo
sulla Sindone; a Londra era in vigore la yarda, una misura corrispondente, secondo alcune fonti storiche, alla distanza tra la punta del naso e la punta delle dita di Enrico I, misurata con il braccio aperto orizzontalmente; in alcuni Paesi, addirittura, la distanza si misurava con un tiro dell’arco. Questo, solo per citarne alcune. Ancora nel 1700, la situazione europea era da “un nome e due misure”: da un Paese all’altro la lunghezza del piede variava anche di un buon 10% in più o in meno, per la libbra si saliva al 15%.
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Da un lato lo sviluppo dei commerci e l’interesse del fisco premevano per la creazione di un unico sistema di misura, dall’altro lato il desiderio dei signori di mantenere le possibilità di guadagno approfittando della confusione esistente frenava il processo di unificazione. Tuttavia il problema, adesso, non era più solo di natura commerciale: anche gli scienziati, infatti, richiedevano l’unificazione dei sistemi di misura per far conoscere e confrontare i risultati dei loro esperimenti.
Nel 1799, dopo mille disavventure (tra le quali il carcere), i due astronomi consegnarono all’Assemblea nazionale francese i risultati del loro lavoro, in base al quale venne costruito un regolo in platino-iridio, della lunghezza prestabilita, denominato successivamente metro legale. Alla fine dell’800, la seconda rivoluzione industriale e le numerose scoperte tecnologiche che favorirono il sorgere di una strettissima collaborazione fra scienza, tecnologia e mondo della produzione resero particolarmente urgente
multipli e sottomultipli decimali. Nel 1901 Giorgi mostrò che era possibile combinare le unità meccaniche metro-kilogrammo-secondo con le unità pratiche elettriche per formare un unico sistema a quattro dimensioni aggiungendo alle prime tre una quarta grandezza di natura elettrica, come l’ampere o l’ohm. Solo nel 1960 si giunse all’attuale Sistema Internazionale delle unità (SI) basato su sette unità fondamentali: il metro, il kilogrammo, il secondo, l’ampere, il kelvin, la mole e la candela. z
Fonti http://www.inrim.it Smseurope.org
Il momento più favorevole per realizzare la creazione di un sistema di misurazione unico e omogeneo arrivò alla fine del Settecento con la Rivoluzione francese. Nel 1790, Charles-Maurice de Talleyrand presentò all’Assemblea nazionale francese la proposta, appoggiata da tutti gli scienziati, di trovare una nuova unità di misura in natura. Due anni dopo, i due astronomi Delambre e Méchain vennero incaricati del lavoro di misurazione, lavoro che durò sette anni e li condusse attraverso un vero e proprio viaggio nella storia e nelle rivoluzioni. Le misurazioni che dovevano eseguire prevedevano la realizzazione di stazioni di rilevamento, poste in luoghi elevati. Dovettero quindi arrampicarsi su campanili, castelli, torri e, dove questi non esistevano, furono costretti a costruire alte piattaforme per sistemare i loro strumenti.
la ricerca di un sistema di misura unico per la quantificazione e la misura delle grandezze fisiche. Così, nel 1875, a Parigi, i rappresentanti di 17 Paesi si riunirono per approvare la Convenzione sul metro, e adottarne l’Unità per la Misura delle lunghezze. In contemporanea vide la luce anche l’organismo internazionale della metrologia: la Conferenza Generale dei Pesi e delle Misure (CGPM). Gli ultimi step della travagliata storia della misura videro Karl Friedrich Gauss come uno dei primi che fissò un sistema basato su tre unità di misura fondamentali: il millimetro, il grammo e il secondo. In quegli stessi anni si fissarono anche misure per i fenomeni elettrici, come il volt e l’ampere. Nel 1874 fu la volta del CGS system, un sistema basato sulle unità fondamentali del centimetro, il grammo e il secondo e che usava i prefissi dal micro al mega per esprimere
Questioni di Taratura IMQ CENTRO ACCREDITATO
Dati dei campioni metrici nazionali condivisi e consolidati, chi garantisce se gli strumenti predisposti per la misurazione di una determinata grandezza assicurano l’accuratezza di misura richiesta? I centri di taratura accreditati ACCREDIA, come ad esempio quello di IMQ (LAT No. 021). Una misurazione effettuata con strumenti non adeguati può essere fonte di costi ingiustificati oltre che di una riduzione della qualità della produzione, insoddisfazione dei clienti per forniture fuori specifica o scarto di prodotti non conformi, costi di rilavorazione e ritardi di produzione. I laboratori di taratura accreditati sono in grado di offrire alle aziende importanti opportunità tra cui anche quella del riconoscimento dei risultati delle misure a livello internazionale. Riconoscimento che, superando le differenti norme nazionali, evita alle aziende di dover affrontare lunghe e costose ripetizioni di procedure di misura e certificazioni per adeguarsi a diversi standard.
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QUANDO LA MATEMATICA
DIVENTA ARTE E CREA EMOZIONI L
a matematica è una scienza ma è anche un’arte, che raggiunge i suoi livelli più alti quando entra in gioco la creatività. Filippo Camerota, che ha dedicato la sua carriera di studioso alle intersezioni tra arte e discipline scientifiche, ne è certo. “Con i numeri – sostiene – si possono creare forme e con la forma si entra nella dimensione del linguaggio visuale, altro modo di comunicare che accompagna l’umanità fin dalla sua origine. La matematica può essere emozionale almeno quanto l’arte può essere razionale. Ragione e ‘furor’ creativo convivono in entrambe le discipline”.
Intervista a Filippo Camerota, architetto, vice direttore e responsabile delle collezioni del Museo Galileo, Istituto e Museo di Storia della Scienza di Firenze
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Quando è nato il senso matematico nell’arte? Stando alle fonti antiche, mi riferisco soprattutto a Plinio il Vecchio, autore della Storia Naturale – un trattato enciclopedico in cui si parla anche di arte – il senso matematico nella pittura è sempre esistito. Di alcuni grandi pittori dell’antichità, Pamphilo in particolare, il maestro di Apelle, si diceva che non potevano concepire la propria arte senza il supporto della geometria. Nella storia moderna, il rapporto tra arte e matematica si consolida all’inizio del Quattrocento quando l’invenzione della prospettiva impone un legame inestricabile tra la geometria e il colore. Secondo uno dei primi e più influenti teorici della pittura, Leon Battista Alberti, l’artista doveva essere al tempo stesso un competente geometra. E in alcuni casi, vedi ad esempio Piero della Francesca o Albrecht Durer, la competenza matematica degli artisti superava di gran lunga le aspettative dello stesso Alberti. Lei è autore di un interessante e approfondito volume che ripercorre la storia della prospettiva a partire dagli studi sulla geometria di Euclide fino a Giotto, Brunelleschi, Alberti, Leonardo. Ci aiuta a comprendere come nasce la prospettiva nell’arte e come si è modificata? I pochi frammenti di pittura antica tuttora visibili nei palazzi imperiali di Roma e nelle ville patrizie di Pompei testimoniano una conoscenza dei principi della prospettiva pittorica fin dall’epoca greca. Di quella conoscenza, tuttavia, non
è stato tramandato niente. Tutte le fonti, che pure sono citate da Plinio e Vitruvio, sono andate perdute. Quando all’inizio del Quattrocento gli artisti fiorentini riscoprirono il linguaggio prospettico, lo inventarono di sana pianta, riformulando regole e principi “senza maestri”, come specifica Alberti. Naturalmente questo fenomeno culturale non nasce dal niente, anzi, nasce proprio perché alimentato da una tradizione matematica che fin dal XIII secolo aveva cominciato a permeare molti aspetti della vita civile, dal commercio alla tecnologia, alla topografia. A Firenze c’erano scuole per l’educazione primaria che provvedevano alla formazione matematica dei futuri mercanti e artigiani. Lì si formavano anche gli artisti che proprio dalle tecniche di misurazione tramandate in quelle scuole sembrano aver estratto i principi geometrici dell’arte prospettica il cui scopo è rappresentare le cose come l’occhio le vede, cioè con le misure apparenti derivate dalle leggi dell’ottica geometrica. Stabiliti i principi e le regole, la prospettiva è rimasta sostanzialmente immutata nella sua impalcatura geometrica. Ciò che è cambiato nel tempo è stato il campo delle sue applicazioni che dalla pittura si sono estese all’architettura, alla scenografia teatrale, alla cartografia, con risultati sempre più spettacolari. Il periodo barocco ha visto portare l’illusionismo ottico ai massimi livelli, dando luogo a capolavori che ancora oggi, nonostante la nostra familiarità con la spettacolarità delle immagini virtuali, suscitano autentica ammirazione.
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PRIMO PIANO: MATEMATICA E CULTURA
Fino alla metà di giugno a Palazzo Magnani a Reggio Emilia la mostra “Piero della Francesca. Il disegno tra arte e scienza”, presenta la figura del grande maestro di Sansepolcro nella sua doppia veste di disegnatore e grande matematico. Qual è stata l’intuizione e quale il valore apportato dal pittore? Piero della Francesca è stato il primo pittore a concepire un libro che servisse davvero a saper disegnare. Alberti aveva gettato i principi teorici, concedendo solo pochi passi del suo importante trattato sulla pittura al disegno.
Piero invece guida la mano del pittore fin dai principi geometrici di stampo euclideo e l’accompagna per tutto il libro fino alle costruzioni geometriche più laboriose e virtuosistiche. Piero insegna a misurare prospetticamente ogni cosa, dagli oggetti geometrici alle forme naturali, come la figura umana. E stabilisce un linguaggio del disegno geometrico molto rigoroso che impone l’uso metodico, ad esempio, delle proiezioni ortogonali. Da questo libro inizia la codificazione del disegno geometrico in età moderna.
Che tipo di interesse sta suscitando la mostra? C’è una buona risposta del pubblico? Sì, il pubblico sembra rispondere secondo le nostre aspettative. È una mostra impegnativa, nel senso che rincesca a r chiede un’attenzione non solo F a l l Piero de rimo pittore a se superficiale da parte del visitail p vis tore. Vi sono modelli che illuè stato n libro che ser re. eu gna strano tridimensionalmente concepir o a saper dise io del gli esercizi prospettici di Piedavver ce un linguagg lto o is m il ro e presuppongono b o a ic t r s t E me o e o s g u o ’ l n un’interazione con il visidiseg impone delle e h c o s tatore che è chiamato a rigoro , ad esempio, i. o l cercare il punto di vista metodic zioni ortogona corretto da cui guardarli. proie E questo avviene. I visitatori si incuriosiscono e cer-
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cano di capire. Poi c’è una bella selezione di opere d’arte – disegni, dipinti, tarsie lignee, sculture, stampe, libri illustrati – che rende la visita un’esperienza più che soddisfacente. La relazione tra numeri e arte è presente anche nell’arte contemporanea. Ci può fare qualche esempio? L’ultima mostra di grande successo allestita a Palazzo Magnani era dedicata a Maurits Cornelis Escher, un artista olandese che ha saputo fare della matematica il senso della propria arte.
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Per Godfrey Harold Hardy la matematica è bellezza. È d’accordo con questa affermazione? Sì, la matematica è anche bellezza, per le ragioni che ho detto prima. La matematica esprime la forma, governa la musica, ordina i colori e le proporzioni. È proprio questo che certamente affascinava Piero della Francesca e dedicando una mostra al suo trattato di prospettiva abbiamo voluto trasmettere proprio questo aspetto, ossia esaltare il valore estetico del linguaggio matematico.
rie numerica di Fibonacci. Ma Le mirabili geo già le avanguardie che trasforma metrie del Novecento no in oggetti impo le figure avevano operato ss al tempo stess ibili ma in questo senso: o affascinano da credibili, Kandinsky, MonLe mirabili geometrie se drian, Klee. Tra i che trasformano le pubblico molto mpre un etero futuristi, troviafigure in oggetti imche va dal sem geneo plice mo perfino un arpossibili ma al tempo profano ai log ici e tista come Gino Sestesso credibili affasciai matematici. verini che dedica un linano da sempre un pubbro alla sezione aurea. blico molto eterogeneo che Più di recente è stata la mateva dal semplice profano, ai logici e ai matematici. Nell’arte contempora- matica frattale a offrire nuove fonti di nea è diffusa la tendenza a usare im- ispirazione artistica: l’insieme di Manmagini della matematica come motivi delbrot è diventato il prototipo di un di espressione artistica: penso al Na- caleidoscopico riprodursi di forme e stro di Möbius di Max Bill o alle com- colori, in questo caso controllato dagli posizioni di Mario Merz ispirate alla se- strumenti della computer grafica.
Lei lavora attivamente nel museo Galileo di Firenze. Qual è la mission di questa istituzione e le attività che si rivolgono al pubblico che stanno riscuotendo maggiore successo? Il Museo Galileo conserva e valorizza una collezione di strumenti scientifici di straordinario valore e bellezza, messa insieme dai Medici e dai Lorena e arrivata a noi quasi nella sua interezza. Al tempo stesso, il Museo è un istituto di ricerca per la storia della scienza, possiede una biblioteca specializzata, promuove mostre e pubblicazioni ed è un punto di riferimento a livello internazionale per chi si occupa di storia della cultura scientifica. Una delle biblioteche digitali tematiche accessibili attraverso il nostro sito web (http://www.museogalileo.it) è dedicata proprio alla prospettiva e ha accolto, in occasione della mostra a Palazzo Magnani, tutti i codici superstiti del De prospectiva pingendi di Piero della Francesca (http://www.museogalileo.it/salastampa/inews/piero dellafrancescanuovabibliotecadigitaletematica.html). Da molti anni ormai svolgiamo anche attività didattiche per le scuole, con laboratori appositamente confezionati per età scolare, spesso rivolti anche al pubblico adulto. Sono attività molto seguite e si rinnovano frequentemente per mantenere viva l’attenzione dei più giovani verso i vari aspetti della z cultura scientifica. 53
PRIMO PIANO: MATEMATICA E CULTURA
CRITTOGRAFIA UNA STORIA TUTTA DA DECIFRARE C
on l’avvento di Internet la temapo, che può essere resa visibile con un tica della privacy e della riservaappropriato intervento chimico-fisico tezza delle informazioni persoquando necessario. Si può ottenere un nali (e non solo) è divenuta molto atinchiostro simpatico semplicemente tuale. Tale problematica è tuttavia molcon succo di limone oppure latte: scrito più antica di quanto si possa supvete un testo su un foglio bianco con porre: sin dalla comparsa della scrittuuna di queste sostanze e lasciate asciura, nacque infatti l’esigenza di celarne gare. Avvicinando il foglio a una soril contenuto a destinatari indesiderati. gente di calore, una lampadina o una Il primo passo fu quello di rifiamma, il messaggio diverrà visibicorrere alla steganografia le. Utilizzando cloruro di co(dal greco = balto (sfruttandone le procoperto e = prietà igroscopiche), si LA scrivere), cioè utiottiene invece il miraSIN DAL ELLA D A S R A lizzare una qualcoloso effetto di poter P COM A, R U T T I che tecnica in cui leggere il testo solo R SC NZA E G I S E ’ L il messaggio fosse durante la fase di riNACQUE IL CONTENUTO invisibile a tutti, a scaldamento, mentre NE DI CELAR ESTINATARI eccezione dell’optornerà a essere invisiAD . I T A R portuno destinatabile a freddo. E INDESID rio. Il vantaggio di Alcuni dei più remoti questo approccio è esempi di steganografia si quello di non destare sotrovano nelle Storie di Erodoto. spetti in chi possa eventualmente tenPer avvisare i Greci dell’imminente intare un’intercettazione, in quanto gevasione da parte dei persiani, un esule neralmente l’informazione non somigreco inviò in patria una tavoletta per glia nemmeno a un testo. Un esempio scrittura, con il messaggio inciso sul lepuò chiarire meglio. Tutti nella loro ingno, poi ricoperto da cera in modo da fanzia si sono imbattuti almeno una sembrare una tavoletta vergine. volta nell’inchiostro simpatico: si tratta In un’altra situazione, un messaggero di una sostanza invisibile al momento fu rasato, gli fu scritto il testo sulla cudella scrittura o immediatamente dote e si aspettò che ricrescessero i capel54
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li: metodo sicuramente efficace ma alquanto lento e limitato come possibilità di contenuto, non trovate? Leonardo da Vinci scriveva alcune delle sue annotazioni da destra verso sinistra, utilizzando uno specchio, in modo che se fossero state lette da chiunque altro (senza specchio) sembrassero caratteri senza senso. Era sicuramente un personaggio molto… riflessivo! Per raggiungere un grado di sicurezza maggiore, fu necessario
spingersi verso la crittografia (dal greco
ó = nascosto, segreto) in cui la comunicazione, anche se intercettata, deve comunque essere elaborata per divenire comprensibile. Anche in questo caso, quasi tutti da bambini hanno provato a scrivere un testo cifrato, ottenuto semplicemente trasponendo le lettere dell’alfabeto. Ma cosa avranno di così importante i bambini da nascondere, se fanno uso di tecniche steganografiche e crittografiche?! Una delle prime testimonianze di crittografia militare risale alla scitale spartana che consisteva in un’asta di legno (la scitale) attorno alla quale si arrotolava una pergamena o una striscia di pelle, come fosse una benda; una volta scritto il messaggio, la striscia veniva srotolata e quindi il messaggio rimaneva incomprensibile a chiunque, finché il destinatario non l’avesse riavvolta attorno a una scitale identica a quella del mittente.
Da questo semplice esempio si può già trarre una considerazione fondamentale sulla crittografia: è necessario che il destinatario e il mittente si siano accordati sulla tecnica di crittografia e si siano scambiati una chiave comune (la scitale, in questo caso). Ci sono illimitate possibilità di crittografie, come minimo tutte quelle che la fantasia di una mente umana può concepire; ciò nonostante, per quanto geniale, nessuna di queste può essere ritenuta totalmente sicura. L’inaccessibilità di un’informazione criptata è basata sulla mancanza di conoscenza della chiave a eccezione di destinatario e mittente. Tuttavia una chiave comune deve essere scambiata e questa può finire nella mani di un soggetto non desiderato (furto, trafugamento, copia, smarrimento, ecc.) e permettere una facile decriptazione dei successivi messaggi trasmessi. Inoltre qualcuno può riuscire a comprendere un
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PRIMO PIANO: MATEMATICA E CULTURA
contenuto indovinando la chiave o parte di essa, oppure utilizzando tecniche appropriate. Infatti la corsa ingegnosa verso una crittografia sempre più complessa e sicura è stata accompagnata da un altrettanto brillante inseguimento verso la decifrazione (crittanalisi). Per lungo tempo la crittografia ha sfruttato una codifica del messaggio tramite rimescolamenti di lettere: eppure basta una semplicissima analisi delle frequenze dei simboli in un testo per riuscire ad accedere al contenuto. Ogni lingua ha la propria statistica: in italiano la lettera più frequente è la “e”, seguita dalla “a”, mentre la consonante più frequente è la “n” (e poi “l”, “r”, “t”,…). Applicato a testi sufficientemente lunghi, il risultato è garantito e sembra prodigioso. Ogni tecnica di crittografia ha debolezze intrinseche che possono essere sfruttate per fare breccia. Maria Stuarda (1542-1587), regina di Scozia, pagò con la vita l’eccessiva fiducia riposta nella cifratura della propria corrispondenza con i cospiratori ai danni della cugina Elisabetta I d’Inghilterra. In tempi più recenti, l’apice della necessità di trasmettere informazioni segrete fu raggiunto durante la seconda guerra mondiale. Ogni nazione, ogni esercito aveva non solo le proprie tecniche e macchine cifranti, ma anche unità di controspionaggio e intercettazione. Fin dal 1918 in Germania venne sviluppata, in versioni commerciali e militari, ENIGMA, una macchina di cifratura a tre dischi rotanti, ispirata al disco cifrante di Leon Battista Alberti. Per anni essa rimase inviolabile a potenze del calibro di Francia e Inghilterra, ma non alla Polonia dove le informazioni raccolte dal controspionaggio vennero messe a frutto da Marian Adam Rejewski, giovane matematico polacco, che riuscì con grandi sforzi a svelarne il funzionamento. Purtroppo, poco prima dell’inizio del conflitto, una nuova versione più avan-
A chi fosse interessato, segnaliamo i libri: Codici & segreti, di Simon Singh The codebreakers, di David Kahn
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zata di ENIGMA ricacciò gli occhi curiosi dei polacchi nell’oscurità. Quanto conseguito dalla Polonia tuttavia non fu vano, ma permise successivamente ad Alan Turing e al gruppo di crittoanalisti in forze alla sede segreta di Bletchley Park di infrangere l’inaccessibilità di ENIGMA e leggere in chiaro tutte le comunicazioni tedesche. Fu una situazione quasi imbarazzante: non tutte le informazioni ricavate potevano essere utilizzate, per timore di rivelare ai nemici lo stato così avanzato sulla conoscenza di ENIGMA e quindi di fare cambiare loro maniera di crittografare! Nell’era digitale la crittografia ha assun-
to un ruolo importantissimo: pensate agli acquisti on-line e alle transazioni finanziarie. Chi si fiderebbe a inviare i numeri della propria carta di credito, su una rete in cui sono connessi miliardi di persone, certamente non tutte ben intenzionate? Grazie all’algoritmo RSA (dagli ideatori Rivest, Shamir e Adleman) a chiave asimmetrica, il cui funzionamento si basa sulla complessità della fattorizzazione in numeri primi, le nostre transazioni possono considerarsi ragionevolmente protette. Chi ancora non si sentisse abbastanza sicuro, potrà in futuro affidarsi alla crittografia quantistica che consente di conoscere se il
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messaggio trasmesso è stato o meno intercettato da qualcuno. Questo passo permetterebbe la realizzazione di un cifrario perfetto e (almeno in teoria) metterebbe la parola fine alla competizione tra crittografia e crittoanalisi. L’implementazione pratica di questo sistema rivoluzionario è ancora in fase di sviluppo.
Per chi a questo punto si fosse appassionato molto di crittografia, c’è una sfida unica al mondo: esiste un testo risalente al XV secolo, il manoscritto Voynich (dal nome dello scopritore), il cui contenuto è ancora ignoto, avendo resistito sino a oggi a tutti gli attacchi di z decifrazione… In bocca al lupo!
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PRIMO PIANO: MATEMATICA E CULTURA
MATHEMATIKÓS: LA PASSIONE DEL CONOSCERE APPROFONDIRE LA STORIA DELLA MATEMATICA EQUIVALE A CONOSCERE LA STORIA DELL’UOMO, DEL SUO PROGRESSO E DELLA SUA EVOLUZIONE. SIGNIFICA INCONTRARE PERSONALITÀ ECCEZIONALI DA EUCLIDE A NEWTON, DA CARTESIO A LEIBNIZ, CHE HANNO FORNITO CONTRIBUTI INNOVATIVI E ILLUMINANTI CAPACI DI STIMOLARE NON SOLO L'INDAGINE MATEMATICA TOUT COURT, MA DI ALLARGARE I CONFINI DELLA CONOSCENZA, CONTAMINARE ETICA E FILOSOFIA.
Intervista a Umberto Bottazzini, professore ordinario di Storia della Matematica Università degli Studi di Milano
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atematica, scienza dalla storia ultra millenaria. La parola deriva dal greco màthema che significa “conoscenza o apprendimento”. Il termine mathematikós significa invece “appassionato del conoscere”. Si perdono, infatti, nella notte dei tempi le origini di questa disciplina. I testi matematici più antichi provengono dall'antico Egitto, nel periodo del Regno di mezzo, dalla Mesopotamia, dall'India. Tutti si ispirano al teorema di Pitagora, che sembra essere il più antico e diffuso risultato matematico che va oltre l'aritmetica e la geometria ele-
mentari. Ma quale definizione possiamo dare di matematica? Umberto Bottazzini, dice così: “Potrei rispondere con la definizione data una volta dal grande logico Bertrand Russell: la matematica è quella scienza in cui non si sa di cosa si parla e se quello che si dice è vero. È una battuta, ma come in ogni battuta c’è un elemento di verità: Russell si riferisce alla matematica moderna, pensata come una costruzione di natura assiomatica regolata dalle leggi rigorose della logica. Ma non è certo questa l’immagine della matematica familiare al grande pubblico”.
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Quali sono le grandi tappe, le pietre miliari nella storia della matematica? Potrei cominciare con la scoperta dei numeri irrazionali da parte dei seguaci di Pitagora - come mi disse una volta Thomas Kuhn, la prima rivoluzione in matematica - E poi il metodo assiomatico, che Euclide presenta negli Elementi e che per oltre duemila anni è stato il modello di ragionamento rigoroso in matematica. E poi l’invenzione dello zero e del sistema decimale posizionale, il metodo delle coordinate che consente a Cartesio di stabilire un’intima relazione tra geometria e algebra, il calcolo infinitesimale creato da Leibniz e Newton, le geometrie non euclidee. La matematica è nata con l’uomo. Forse ancora prima di imparare a parlare, abbiamo imparato a contare. È così? Certo, la matematica che conosciamo è una creazione degli esseri umani che, come hanno mostrato esperimenti con i neonati, hanno la capacità di distinguere numerosità - piccole - nei primi mesi di vita, ancor prima di imparare a contare. Lei è autore di molti libri sulla storia della matematica, tra i quali, il più recente, Numeri, che traccia un excursus di questa disciplina nel tempo partendo dalle civiltà antiche. Quali e quanti passi avanti sono stati fatti da questa disciplina nel tempo? Numeri risponde alla sua domanda per quanto riguarda appunto i numeri, raccontando le storie che hanno accompagnato la scoperta di nuove proprietà dei numeri e la creazione di nuovi sistemi numerici, storie affascinanti 60
dove il sacro si intreccia col profano, le religioni con gli affari, la libera fantasia creatrice dei matematici coi problemi pratici della vita quotidiana. Quanto la tecnologia, i computer e i supercalcolatori hanno modificato e forse ampliato lo spettro di indagine della matematica? I computer hanno avuto e stanno avendo una profonda influenza sullo sviluppo della matematica, non solo perché hanno consentito di affrontare con successo problemi numerici altrimenti inabbordabili, ma perché hanno stimolato i matematici con una quantità di nuovi problemi. A chi usa definire la matematica una pura astrazione, un elegante gioco intellettuale cosa risponde? Che è un’immagine superficiale della matematica e - se concepita come un mero gioco intellettuale - assai lontana
dal vero. Che la matematica sia una scienza astratta è innegabile, ma proprio nell’astrazione sta il segreto della sua straordinaria capacità di fornire soluzioni a problemi concreti a prima vista assai diversi fra loro, dai fenomeni della natura a quelli del vivere sociale. La matematica mostra tutta la propria potenza quando diviene linguaggio per la fisica?
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Umberto Bottazzini è professore ordinario di Storia della matematica all’Università degli Studi di Milano e fa parte del comitato editoriale delle principali riviste internazionali di storia della matematica. Tra i suoi libri più recenti: La patria ci vuole eroi. Matematici e vita politica nell’Italia del Risorgimento (con P. Nastasi, Zanichelli, 2013) e Numeri (Il Mulino 2015). Nel 2006 ha vinto il premio Pitagora per la divulgazione matematica. Dal 2012 è Fellow dell'American Mathematical Society, che nel 2015 gli ha attribuito il Whiteman Memorial Prize per i suoi lavori di storia della matematica. Da oltre venticinque anni collabora alla pagina di Scienza e filosofia de Il Sole 24 ore-Domenica.
Da ragazzo è sempre stato uno studente modello dai voti brillanti nelle materie scientifiche? Anche in questo caso direi di no.
Direi che, soprattutto per la fisica, la matematica è un elemento costitutivo della scienza moderna. Non solo la fisica, ma anche l’astronomia, e più recentemente ha cominciato a essere rilevante il suo ruolo anche in biologia. Esiste un popolo che è stato più portato di altri nelle materie scientifico-matematiche? Direi proprio di no.
All’inizio di quest’anno gli è stato assegnato l‘AMS Albert Leon Whiteman Memorial Prize 2015, prestigioso riconoscimento dell'American Math Society assegnato ogni due anni dall’American Math Society a storici della matematica che si sono distinti, nell'arco della propria carriera, per le straordinarie conquiste e l'avanzamento della ricerca matematica.
Lei ha dedicato molta attenzione alla divulgazione scientifica rivolta a rendere popolare e diffusa la conoscenza di determinate discipline. Quali sono gli strumenti che hanno portato risultati più significativi? Nel mio caso si è trattato di articoli su giornali, ma questo non significa che altri strumenti non possano rivelarsi più efficaci. Perché è importante che la matematica esca dalle aule universitarie e incontri il grande pubblico? Perché il pensiero matematico è un formidabile strumento di educazione al ragionamento razionale. In ultima analisi, uno strumento di democrazia. z 61
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DALL’INFINITAMENTE PICCOLO
ALL’INFINITAMENTE
GRANDE:
IL CONTRIBUTO DELLA MATEMATICA ALLA COMPRENSIONE DEL NOSTRO UNIVERSO
N
el lungo percorso che ha portato alla descrizione attuale della fisica del nostro Universo, dal moto dell’atomo e dei suoi costituenti fondamentali (elettroni e quark) a quello delle Galassie, dall’infinitamente piccolo all’incommensurabilmente grande, la matematica ha avuto un ruolo fondamentale, che si è modificato nel tempo. “Matematica e fisica sono discipline molto diverse” ci spiega Marina Cobal, fisico, tra le scienziate italiane impegnate al Large Hadron Collider, il grande acceleratore di protoni del Cern a Ginevra e coordinatrice del gruppo di ricerca ATLAS Udine/ICTP. “Non è possibile dare una definizione univoca del lavoro di un fisico e di quello di un matematico -aggiunge - si potrebbe dire che il fisico è colui
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che costruisce una strada che consente di viaggiare tra il mondo dei fenomeni naturali, quello che vediamo e misuriamo e la teoria, cioè la loro rappresentazione. Ma cosa distingue un matematico da un fisico? E che influenza ha avuto la matematica sulla fisica? Tanti hanno provato a fornire una risposta. Famosa è quella di Paul Dirac, grande fisico teorico inglese del secolo scorso che affermava: “Il matematico gioca un gioco in cui egli stesso inventa le regole. Il fisico gio-
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ca un gioco in cui le regole sono fornite dalla natura. Ma, con il passare del tempo, diventa sempre più evidente che le regole che il matematico trova interessanti sono quelle che la natura ha scelto”. E in effetti ci si può meravigliare della sorprendente utilità delle idee e dei concetti introdotti dalla matematica per la formulazione di teorie fisiche. Sembra esserci una convergenza quasi misteriosa delle due discipline che, come era sembrato al filosofo Charles Sander Peirce (1839-1914), “racchiude probabilmente un segreto che deve ancora essere scoperto”. Quando nasce la matematica? Se intesa come disciplina organizzata e indipendente, compare con i Greci del periodo classico compreso fra il 600 e il 300 a.C.; se intesa invece genericamente come l’impiego di numeri e figure geometriche, cominciò a svilupparsi migliaia di anni prima e include il contributo di molte civiltà anteriori, tra le quali il posto più importante spetta a quella babilonese e a quella egiziana. L’interpretazione, o meglio la descrizione, data da Tolomeo (151 d.C.) del moto dei pianeti in epicicli sembra essere la prima prova storica di una descrizione matematica esplicita di una successione di eventi fisici, in questo caso le successive posizioni dei pianeti. Il riconoscimento dell’importanza della matematica
non è certamente una novità dell’età moderna. Ma nel mondo antico e medioevale questa disciplina era studiata prevalentemente come scienza astratta, che per sua natura non poteva essere applicata all’analisi dei fenomeni naturali. Il suo utilizzo era per lo più limitato a quegli ambiti nei quali si faceva riferimento a rapporti puramente ideali (come nella musica) o allo studio di una sostanza per definizione incorruttibile e dotata di movimenti uniformi (come l’etere nell’astronomia aristotelica). Quando veniva applicata allo studio della natura - come nelle scuole pitagoriche - essa aveva la funzione di evidenziare una struttura metafisica soprasensibile, quindi qualcosa che andava al di là del fenomeno naturale. Gli inizi della scienza moderna possono essere fatti risalire alla seconda metà del XVI o alla prima metà del XVII secolo quando Copernico e Keplero reinterpretarono e resero molto più precise le leggi di Tolomeo e quando Galileo scoprì la legge della caduta libera e del pendolo (intorno al 1590) e riuscì a osservare con un telescopio le lune di Giove. E la sua interazione con la fisica? Poiché gli eventi tra i quali la fisica stabilisce delle correlazioni sono specificati da numeri, come le coordinate di un corpo a un istante dato, o da funzioni, come le intensità di campo in tutti i punti dello spazio, non è sorprendente che le correlazioni che esistono tra di essi, cioè le leggi della natura, siano, per dirla con Galileo, “scritte in lingua ma-
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PRIMO PIANO: MATEMATICA E FISICA
danno implicitamente la descrizione delle condizioni future del sistema, cioè degli eventi futuri, in funzione delle condizioni iniziali. Qual è stato l’apporto di Newton? Le scoperte e osservazioni di Copernico, Keplero e Galilei, furono alla base della meccanica di Newton (1687), la cui formulazione fu l’avvenimento più sensazionale tra tutti quelli che l’avevano preceduta e tra la maggior parte di quelli che la seguirono, perché unì sotto un unico principio due serie di osservazioni estremamente diverse, come quelle relative alla rotazione della Luna intorno alla Terra e alla caduta dei gravi. Newton scoprì che erano entrambe governate dall’attrazione gravitazionale della Terra la quale accelera il moto dei corpi in caduta verso
tematica”. Nella scienza moderna la matematica – anche grazie agli sviluppi dell’algebra – diventa uno strumento metodologico per quantificare i fenomeni naturali come oggetti specifici della ricerca scientifica. La matematica nel ‘500-‘600 ha essenzialmente due funzioni: da un lato serve per formulare le leggi della natura e, dall’altro, aiuta a dedurre le conseguenze di tali leggi, ossia a risolvere le equazioni del moto che 64
di essa e mantiene la Luna sulla sua orbita circolare intorno alla Terra. Egli riuscì anche a dedurre come conseguenze dell’attrazione gravitazionale del Sole il moto dei pianeti e della Terra e il fatto che essi obbediscono alle tre leggi di Keplero. La determinazione della forma generale delle orbite dei corpi celesti partendo dalle equazioni date dalla teoria richiedeva delle operazioni matematiche tutt’altro
che facili, dato che le equazioni, nella loro forma matematica molto semplice, non davano direttamente la relazione tra le posizioni per tre istanti arbitrari, ma soltanto quella per tre istanti separati da distanze infinitamente piccole. Il calcolo integrale e quello differenziale sono indissolubilmente legati ai nomi di Isaac Newton e di Gottfried Wilhelm Leibniz (1646-1716). Per tutto il ‘600 e il ‘700 ha luogo un grandioso sviluppo della fisica che si serve potentemente dello strumento matematico. Il personaggio che meglio rappresenta questo aspetto è probabilmente Eulero (1707-1783), unanimemente considerato uno dei più grandi matematici di tutti i tempi, e certo il maggiore del XVIII secolo: il suo nome è legato a una enorme quantità di formule, teoremi, metodi, criteri, relazioni, equazioni. Si può dire che con Eulero nasce la fisica matematica, intesa come disciplina scientifica che si occupa delle “applicazioni della matematica ai problemi della fisica”, ma meglio sarebbe dire forse la fisica teorica. Fino al p r i m o
‘800 la matematica, in particolare la geometria, descrive la realtà. Poi comincia un progressivo distacco della matematica dalla fisica. Parallelamente si svolge una continua e accesa discussio-
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0 TO IL ‘60
1955) si rese conto ne sul significato PER TUT BE LUOGO EB 0 0 O 7 P ‘ che se le traiettorie della matematica P L U I L E OSO SVI SERVÌ I D N dei corpi in un campo per i fisici. Le diA R UN G CHE SI A C I S gravitazionale devoscussioni tra KelI F DELLA ENTEMENTE no essere descritte alvin e Boltzman su T O P UMENTO R T S lo stesso modo in cui quale sia la natura O L DEL TICO. vengono descritte le degli atomi, vedono MATEMA traiettorie delle particelle Boltzman su una posilibere (cioè mediante linee zione che è più vicina a geodetiche nello spazio-tempo), è quella moderna: non occorre che necessario modificare la geometria delalla base di una teoria ci siano oggetti dilo spazio. E trovò - pronta per il suo scorettamente osservabili; ciò che conta è po - la geometria differenziale di Luigi che dalla teoria sia possibile dedurre Bianchi, Gregorio Ricci-Curbastro e Tulprevisioni verificabili. Riemann (1826lio Levi-Civita, che avevano approfondi1846) fa un passo ulteriore: vede che soto nei decenni precedenti i concetti di no possibili infinite geometrie (anche in curvatura introdotti da Carl Friedrich più di 3 dimensioni) e distingue chiaraGauss e Bernhard Riemann. Einstein mente la creazione di un ente matemaadottò tale geometria e mediante essa tico dal modello matematico della realformulò la sua teoria della relatività getà fenomenica. Lentamente la matemanerale, alla base dei moderni modelli cotica acquista la posizione che oggi cosmologici della struttura a grande scala nosciamo, di costruzione ipotetico-dedell’Universo e della sua evoluzione. duttiva, del tutto autonoma rispetto alPassando dalle leggi che regolano il cola realtà. In parallelo, avanza la speciasmo, a quelle che regolano il mondo milizzazione: i matematici cominciano a croscopico, la meccanica classica si dinon interessarsi più troppo alla fisica e i mostrò presto incapace di descrivere il fisici perdono contatto con le parti più comportamento della materia e della raavanzate della matematica. diazione elettromagnetica a scale di lunCosì, mentre i concetti fondamentali del ghezza inferiori o dell’ordine di quelle calcolo differenziale e della teoria delle dell’atomo o a energie nella scala delle equazioni alle derivate parziali furono interazioni interatomiche. Questo portò suggeriti, almeno in buona parte, dai allo sviluppo della meccanica quantiproblemi fisici cui furono applicati, la stica nella prima metà del XX secolo. Esstessa considerazione non si può invece sa nacque unendo ed elaborando un inapplicare – per esempio – per due delle sieme di teorie fisiche formulate a cavalpiù recenti teorie matematiche applicalo del XIX e del XX secolo, di carattere te a problemi di fisica, cioè la geometria spesso empirico. Il nome “teoria dei di Riemann e lo spazio di Hilbert comquanti”, introdotto da Max Planck agli plesso (uno spazio vettoriale che geneinizi del Novecento, si basa sul fatto che ralizza la nozione di spazio euclideo), le alcune quantità o grandezze di certi siquali furono inventate e sviluppate dai stemi fisici a livello microscopico, come matematici molto prima che fossero l’energia, possono variare soltanto di vaconcepite le teorie fisiche alla cui forlori discreti, detti “quanti”, e non contimulazione e al cui fondamento hanno nui. La scoperta che i principi della meccontribuito. canica quantistica possono essere La geometria di Riemann, conosciuta espressi nel modo più semplice e concianche come geometria ellittica, è la so facendo uso dello spazio di Hilbert geometria della superficie di una sfera. complesso è dovuta a J. von Neumann Una retta in questa geometria corri(1903-1957). Anche in questo caso la sponde sempre e comunque a uno dei teoria era già stata ben sviluppata nelle cerchi massimi della sfera. Nella geomesue linee essenziali assai prima che divetria di Riemann quindi non esistono panisse manifesta la sua utilità per la fisica. rallele poiché ogni coppia di rette conLo sviluppo della meccanica quantistica, verge in punti antipodali. La somma despesso indicato come teoria quantistica gli angoli di un triangolo nella geometria dei campi, è una delle branche più Riemanniana è >180º. Einstein (1879-
astratte e matematizzate della fisica, tanto che alcuni dei suoi strumenti risultano estranei persino a fisici di altre specializzazioni. Nella fisica moderna – come si vede con gli esempi della relatività e della meccanica quantistica – la matematica è presente in modo molto più ampio ed evidente che nella fisica classica. Il punto è che la fisica moderna si occupa di cose del tutto inaccessibili ai nostri sensi, sia che si occupi dei destino del nostro Universo sia che cerchi di comprendere quali sono i costituenti ultimi della materia e le loro interazioni. La fisica del XX secolo, con le teorie della Relatività e della Meccanica Quantistica, ha cambiato radicalmente la visione del mondo che ci circonda. Dallo spazio e dal tempo assoluti e indipendenti si è passati a una descrizione di un mondo in cui distanze ed intervalli di tempo dipendono da chi le osserva, in cui l’ordine di accadimento di due eventi non è sempre univoco, in cui la velocità del tempo segnato da un orologio dipende da quali corpi si trovino vicino. Nel microscopico si è invece abbandonata la descrizione della fisica classica, magari caotica, ma sempre deterministica, per arrivare a una descrizione probabilistica, in cui gli stati e le proprietà del mondo microscopico non sono determinati, a priori, intrinsecamente, ma acquisiscono realtà solo se vengono misurati o se entrano in contatto con altri “oggetti”. L’abbandono della realtà locale, del fatto cioè che le azioni esercitate in un luogo, per particolari sistemi, possono avere effetti istantanei su oggetti a distanze virtualmente infinite, stravolge la descrizione di un mondo che fino al secolo scorso sembrava sensato e ragionevole. Il genere di matematica che è diventato indispensabile in fisica è assai più avanzato di quello che serviva agli scopi della meccanica classica: la matematica, nelle teorie più recenti, non serve solo come strumento per la risoluzione di problemi matematici nati in un contesto relativamente elementare (ciò che appunto accade per la meccanica classica), ma funge essa stessa da scenario teorico. In altre parole, le idee fisiche sono già formulate in termini di concetti matematici altamente sofisticati.z
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PRIMO PIANO: MATEMATICA NELLA STORIA
CENTO ANNI DI RELATIVITÀ GENERALE, OSSIA
PROPRIO QUESTO ISTANTE 66
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NEL 2015 RICORRE IL PRIMO CENTENARIO DELLA FORMULAZIONE DELLA TEORIA DELLA RELATIVITÀ GENERALE DA PARTE DI ALBERT EINSTEIN (1879-1955).
N
el 1905, lo scienziato tedesco aveva enunciato la Teoria della Relatività cosiddetta “Ristretta” (o Speciale), in cui le leggi della meccanica e dell’elettromagnetismo venivano riscritte per essere valide anche in sistemi di riferimento in moto uniforme a velocità prossime a quelle della luce nel vuoto (circa 300.000 km/s). Con questo primo lavoro fu possibile colmare delle lacune nella fisica di inizio secolo, arrivando a spiegare alcune anomalie e discrepanze sperimentali; da quel momento divenne chiaro che esiste un limite massimo alla velocità raggiungibile e che in tale regime i fenomeni osservati sono molto diversi da quanto accade a basse velocità (rispetto a quella della luce). Tale risultato sarebbe bastato per ricordare Einstein come uno dei più importanti fisici di ogni epoca, ma lui non si fermò qui: cercò una descrizione ancora più ampia e completa, in cui fosse inclusa anche la forza di gravità e arrivò infine a concepire la Relatività Ge-
nerale. Paradossalmente in essa non esiste alcuna forza di gravità: è invece la presenza di massa ed energia a modificare la curvatura dello spazio-tempo, nelle cui deformazioni conseguentemente “scivolano” i corpi, muovendosi lungo traiettorie in precedenza interpretate come manifestazione della forza di gravità introdotta da Newton. Un pensiero rivoluzionario, mai nemmeno sfiorato prima di allora. Spazio e tempo cessarono dunque di essere due concetti distinti e divennero un’unica entità. Quando fu enunciata, la teoria rimase incomprensibile anche per i maggiori scienziati dell’epoca, apparendo come una speculazione puramente matematica senza connessione con il mondo reale. Poiché non è possibile creare intensi campi gravitazionali in laboratorio, le verifiche possono tipicamente essere di tipo osservativo (attraverso rilevazioni astronomiche) più che sperimentale. Einstein, nel 1919, ne suggerì alcune, oggi ricordate come “verifiche classiche”: • la precessione del perielio dei pianeti (ovvero una variazione della loro orbita); • la deflessione di raggi di luce da parte di campi gravitazionali; • il redshift (spostamento verso frequenze inferiori) gravitazionale della radiazione elettromagnetica.
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PRIMO PIANO: MATEMATICA NELLA STORIA
I risultati furono notevoli: mentre il redshift gravitazionale fu di difficile riscontro (la prima misura risale al 1925, ma venne definitivamente confermato solo nel 1959), per la prima volta fu possibile spiegare quantitativamente la precessione del perielio di Mercurio. Inoltre, nel 1919 due spedizioni inglesi sfruttarono un eclisse solare per misurare la deflessione della luce stellare da parte del Sole. Da allora la Relatività Generale è stata messa alla prova ripetutamente e in maniera sempre più raffinata, resistendo per un secolo; si noti che, per quante verifiche positive siano state superate, basterebbe un solo fallimento per invalidare la teoria. Le conseguenze della Relatività Generale sono molteplici; alcune seguono direttamente dagli assiomi della teoria, mentre altre sono divenute chiare solamente durante i successivi cento anni di ricerca. Qui di seguito ne ricordiamo brevemente le principali. La dilatazione del tempo e la contrazione dello spazio sono effetti che comparivano già nella Relatività Ristretta, cioè si verificano si-
mento scottante di ricerca attuale e stematicamente nei sistemi in moto uno dei prossimi anni potremmo esseuniforme relativo, mentre la dilataziore spettatori della scoperta. In Italia - a ne temporale gravitazionale è un ulteCascina, vicino a Pisa - si trova VIRGO, riore fenomeno generato esclusivauno dei più grandi rivelatori al mondo, mente dalla presenza di massa-enerun interferometro laser composto di gia: più si è vicini ad una massa (o enerdue bracci lunghi 3 km ciascuno. gia), più è lento lo scorrere del tempo. Giusto per citare qualche risultato un Ovvero, il tempo per l’inquilino del piapo’ esoterico, basti ricordare che Kurt no terra scorre più lentamente di quelGödel (1906-1978) mostrò che come lo del quinto! Questi effetti hanno un soluzioni delle equazioni di Einstein impatto rilevante nelle misurazioni sanello spazio-tempo, in condizioni tellitari per applicazioni GPS e vengono estreme, possono esistere curve chiuormai tenuti in considerazione nelle se, cioè dei loop temporali; da allora applicazioni tecnologiche avanzate. sono stati scoperti matematicamente La deflessione della luce da parte di anche worm-hole e cilindri di Typler. campi gravitazionali intensi causa l’efTuttavia, la compatibilità con altre legfetto di “lente gravitazionale” che gegi della fisica e soprattutto la loro reale nera spettacolari immagini in cui un esistenza è tutta da dimostrare; finché oggetto celeste appare contemporai fisici non dirimeranno la questione, la neamente in più posizioni attorno alla fantasia del viaggio nel tempo gode di sorgente del campo, quasi fosse un foun autorevole sostegno. tomontaggio; a volte si vedono due Limitandosi ai risultati più certi, si può oggetti uguali, a volte anche di più. constatare come anche oggi, a un sePer quanto riguarda invece la prediziocolo di distanza, ne dell’esistenza di questa branca della onde gravitazionafisica rimanga scoli, ancora non ci IN ITALIA - A CASCINA, nosciuta e inaccessono prove speriVICINO A PISA - SI TROVA sibile alla maggior mentali: è un argoVIRGO, UNO DEI PIÙ GRANDI
RIVELATORI AL MONDO, UN INTERFEROMETRO LASER COMPOSTO DA DUE BRACCI LUNGHI 3 KM CIASCUNO.
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parte delle persone per molteplici ragioni. Innanzitutto la matematica utilizzata è molto avanzata (geometria differenziale e calcolo tensoriale): anche Einstein stesso dovette ricorrere all’aiuto di Hermann Minkowski (18641909), matematico lituano che fu suo insegnante a Zurigo. I fenomeni descritti sono inoltre così stravaganti da sembrare fantascientifici, tanto sono in contrasto con il senso comune. Un caso famoso è quello del paradosso dei gemelli, il quale tratta di due gemelli che da un determinato momento in poi si mettono in moto relativo uno rispetto all’altro, ad esempio uno resta sulla Terra mentre l’altro viaggia su un’astronave; ciascuno dichiara di essere fermo nel proprio sistema di riferimento e presume che il tempo sia rallentato per il proprio fratello. Entrambi calcolano quindi che l’altro sia rimasto più giovane: da qui il paradosso secondo la Relatività Ristretta. Ma un’analisi più attenta nell’ambito della Relatività Generale svela che sarà il gemello che ha subito l’accelerazione durante il suo viaggio a essere effettivamente rimasto più giovane.
Se siete sbigottiti, increduli e soprattutto diffidenti, è più che naturale; figuratevi che è stato così (e vale ancora) per gli stessi scienziati: nel 1921 a Einstein fu attribuito il premio Nobel, ma non per la Teoria della Relatività (Generale o Ristretta), bensì per la spiegazione dell’effetto fotoelettrico che, pur essendo un passaggio importantissimo e fondamentale per la meccanica quantistica, al giorno d’og-
gi viene spiegato in poche righe anche sui libri di testo specialistici. C’è tuttavia un risultato derivante proprio dalla teoria della Relatività Generale, che conoscono addirittura anche i bambini: E=mc2, la celeberrima equazione che descrive l’equivalenza tra massa ed energia; la formula più nota sul pianeta è inverosimilmente originata proprio da una delle teorie meno noz te al grande pubblico.
Una sera del 1915, avendo finalmente con fatica terminato di scrivere un articolo riguardante una bizzarra teoria, un uomo si affacciò a una finestra e con soddisfazione preparò la pipa, per concedersi la meritata ricompensa. Accese un fiammifero, da cui scaturirono miliardi di miliardi di fotoni, alcuni dei quali riuscirono a fuggire liberi verso il cielo. Sono ancora in viaggio. Per loro (viaggiando alla velocità della luce) non è trascorso nemmeno un attimo da quando fu formulata la teoria della Relatività Generale. Vivono nell’eterno presente di quell’istante. z
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PRIMO PIANO: MATEMATICA NELLA STORIA
STORIE DI GENI
DELLA MATEMATICA
John Nash - Fonte: http://overpress.it
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l piccolo John aveva un carattere solitario e introverso. A scuola mostrava molto più interesse per i libri che per gli altri bambini. Per fortuna in famiglia il clima era sereno, con un papà affettuoso, che però gli faceva leggere libri di scienza anziché proporgli letture per l’infanzia. Solo grazie alla sorella minore riuscì a integrarsi un po’ di più con i coetanei, facendosi coinvolgere qualche volta nei normali giochi da bambini. Tuttavia John spesso e volentieri preferiva rimanere per conto proprio. Questa sua mancanza di abilità sociali lo mise in cattiva luce nei confronti degli insegnanti, dunque nean-
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che il suo rendimento scolastico era granché. Non riuscì mai per tutta la vita a fare amicizia né con uomini né con donne. Gli toccò lottare per 30 anni con la schizofrenia, una delle più devastanti malattie psichiatriche, che lo portò a credere di essere prima l’imperatore dell’Antartide, poi il piede sinistro di Dio, poi persino di trovarsi a capo di un governo universale. Ecco la perfetta storia di un genio, perché John Nash insieme a tutto questo è stato anche uno dei più grandi talenti della matematica, che ha rivoluzionato l’economia con i suoi studi di matematica applicata alla teoria dei giochi e nel 1994 ha vinto il
premio Nobel. Questo premio per l’economia ha poi fruttato nel 2002 l’Oscar al regista Ron Howard, che dalla vita di Nash ha tratto il suo film più famoso, A Beautiful Mind, nel quale il ruolo dello scienziato viene interpretato dal prestante Russell Crowe. Vincere il Nobel ma soffrire per tutta la vita di schizofrenia. Conviene davvero essere dei geni della matematica? All’inizio ci sono solo le promesse e le aspettative. È pieno di speranza il futuro di Esther Okade, la bambina inglese che all’età di 10 anni si è già iscritta all’Open University, l’ateneo a distanza più famoso del mondo, dopo aver su-
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perato i difficilissimi test d’ingresso alla facoltà di matematica. Esther non avrà mai i problemi relazionali con i compagni di classe che ha conosciuto il futuro Nobel John Nash, perché la scuola l’ha saltata del tutto, dal momento che l’istruzione di base gliel’ha data la sua mamma, la quale ha fatto del salotto di
mond (Dustin Hoffman) possa essere sfruttata per vincere al casinò. L’idea funziona, ma alla fine Charlie si pente di sfruttare per soldi il suo consanguineo, perché nella vita ci sono cose che contano di più dei soldi, dei Nobel e della matematica stessa. Un caso simile a quello del personaggio interpretato da Dustin Hoffman è rappresentato da Jason Padgett, inizialmente un ragazzo qualsiasi, per niente brillante negli studi, che preferiva passare il suo tempo in palestra e nei night. Una sera, nel corso di una scazzottata in un “karaoke bar”, ricevette una botta in testa che lo mise k.o. Al risveglio era un’altra persona, perché vedeva cose che nessun altro era in grado di percepire, ma soprattutto era in grado di eseguire calcoli incredibili, così come di avere una perfetta cognizione del pi greco, il numero irrazionale – con un quantità infinita di decimali - che rappresenta il numero di volte in cui il diametro di un cerchio entra nella circonferenza. Un trauma cranico lo aveva reso un genio della matematica! È un caso singolare di “sindrome del savant”, o sindrome dell’idiota sapiente, una condizione che accomuna tutti coloro
che sono particolarmente dotati di un’abilità particolare, a fronte di ritardi, problemi o traumi che interessano altri aspetti della personalità. Jason ha subito una grave lesione all’emisfero destro del cervello. Una delle conseguenze è che riesce a compiere calcoli incredibilmente complessi, persino a fare una cosa difficile quanto inutile come leggere interi libri al contrario. Le cause della sindrome del savant non sono ancora note; tra le ipotesi c’è quella che il trauma all’emisfero destro di Padgett abbia consentito un potenziamento delle funzioni di quello sinistro, dove sono tipicamente localizzate le capacità matematiche. Gli scienziati sono al lavoro per capire come sia possibile risvegliare in ciascuno di noi queste possibilità latenti. Esperimenti positivi in tal senso sono stati compiuti utilizzando la stimolazione magnetica transcranica (TMS), una tecnica non invasiva di stimolazione elettromagnetica del tessuto cerebrale. Forse un giorno sarà messo in vendita un accessorio per l’iPhone da usare come cappello quando è il momento di risolvere problemi matematici complessi. Il sogno di tutti gli z studenti.
Esther Okade Fonte: www.independent.co.uk
casa un’aula scolastica per le due figlie. All’età di sei anni Esther aveva già ottenuto il GCSE, la qualifica accademica in matematica che normalmente possono ottenere gli alunni delle scuole superiori tra i 14 e i 16 anni. Esther ha subito passato il primo esame col massimo dei voti e il suo piano è di finire il corso di laurea in due anni, per poi occuparsi di finanza e diventare milionaria. Altro che schizofrenia! È un quasi business plan applicato alla genialità. Charlie, il protagonista di un altro famoso film, Rain Man, interpretato da Tom Cruise, pensa che la genialità matematica del suo fratello autistico Ray71
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LA CECITÀ AI NUMERI
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CAPITA SPESSO DI TROVARSI IN PAGELLA UN’INSUFFICIENZA IN MATEMATICA. NON SEMPRE, PERÒ, QUESTO È SINTOMO DELLA FREQUENTE DIFFICOLTÀ CHE TANTI STUDENTI INCONTRANO DI FRONTE A FORMULE E NUMERI TRA I BANCHI DI SCUOLA; PUÒ DARSI, INFATTI, CHE LA “DIFFICOLTÀ” SIA UN DISTURBO DEL CALCOLO VERO E PROPRIO. Intervista a Daniela Lucangeli, professore Ordinario di Psicologia dello sviluppo e dell'educazione presso l’Università di Padova
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i sono casi in cui i conti non tornano per davvero. E questo succede a partire dai primissimi anni di vita quando, nel bambino, si riscontra un particolare disturbo che inficia la sua capacità di fare i calcoli: la discalculia. Ne parliamo assieme alla Prof.ssa Daniela Lucangeli, studiosa da sempre di infanzia e apprendimento. Cos’è la discalculia? La discalculia è un disturbo specifico del sistema dei numeri e del calcolo che si manifesta in assenza di lesioni neurologiche e di problemi cognitivi più generali. Pertanto, non va confusa con le difficoltà che spesso incontrano gli studenti nell’apprendimento della matematica. La discalculia compare in casi di istruzione normale, intelligenza adeguata, un ambiente culturale e familiare favorevole. Tale disturbo implica fatica cognitiva, oltre che nelle operazioni di calcolo, anche nella scrittura e nella lettura dei numeri. È un deficit che si manifesta nel riconoscimento e nella comparazione di quantità semplici, nella difficoltà a distinguere maggiore da minore, perfino a capire se 3 è maggiore o
minore di 5. È una carenza di “intelligenza numerica”. Gli indicatori della discalculia sono molto precoci nel bambino: si parla di “cecità alla quantità” già a partire dai primi anni di vita. Si tratta di un disturbo raro: secondo lo IARLD (International Academy for Research in Learning Disabilities) la percentuale di bambini che ricevono una diagnosi di questo tipo è del 2% circa. Quando e come è stato scoperto questo disturbo? Negli ultimi 20-30 anni le scienze cognitive hanno riservato una particolare attenzione ai problemi di neurosviluppo del calcolo. La conoscenza della discalculia è stata possibile grazie agli studi sulle anomalie “dell’intelligenza numerica” (caratteristica molto precoce nell’essere umano). La discalculia compare già alla nascita come cecità al numero e si lega alle fatiche nella lettura e nella scrittura. Tutti questi disturbi hanno una causa comune: un deficit della memoria fonologica, quel tipo di memoria che ci consente di ricordare i suoni mentre si legge.
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Qual è l’attenzione della scuola e degli insegnanti di oggi nei confronti della discalculia? La legge 170 promuove l’obbligo alla personalizzazione del percorso e dei piani didattici e l’utilizzo di strumenti pensati per supportare il bambino nell’apprendimento. Questo per i bambini affetti da Disturbo Specifico di Apprendimento (DSA), di cui la discalculia fa parte. Per tutti gli altri studenti, la scuola deve comunque impegnarsi a potenziare le competenze di calcolo a mente e le strategie composizionali. La scuola deve insegnare la “grammatica dei numeri”, che è ovviamente diversa da quella delle lettere, e deve insegnare a “cognizionare” secondo strategie numeriche. Non è scontato, però, che tutti i docenti riescano a farlo. In caso di discalculia sarebbe opportuno intervenire tempestivamente, per evitare il rafforzamento degli errori che mette in atto il bambino. Gli insegnanti o i genitori, a volte, si accorgono tardi del problema, anche perché il bambino ricorre a diverse strategie per colmare le sue lacune. Perciò, ai primi segni di difficoltà nel calcolo o nella comprensione dei numeri è necessario consultare lo specialista. 74
Qual è il ruolo del gioco nell’apprendimento della matematica? A proposito di gioco cito il progetto Little Smiling minds del quale sono fondatrice assieme a Focus e a Digital Accademia. Questo progetto nasce da due dati di fatto. Il primo è che, attraverso il gioco, l'intelligenza umana ha dimostrato di sviluppare al meglio le sue funzioni fondamentali. Una metafora può illustrare bene il ruolo del gioco nella maturazione delle funzioni cognitive: come il cucchiaino, mescolando zucchero e caffè, facilita e velocizza il processo di trasformazione consentendoci di bere l'ottima bevanda in poco tempo, così il gioco catalizza le funzioni cognitive ed emotive nell'apprendimento. Il secondo dato di fatto è che, ad oggi, il digitale rappresenta uno dei principali canali di mediazione comunicativa. L'obiettivo del progetto è di aiutare i bambini nel loro sviluppo cognitivo utilizzando sia il gioco e sia le piattaforme digitali insieme alle figure più significative al mondo: mamma e papà. I genitori, infatti, hanno la medesima funzione degli educatori: facilitano e velocizzano i processi di maturazione e di ottimizzazione dell'apprendimento. Il cervello risponde in base agli stimoli
che gli vengono dati: è dunque fondamentale essere consapevoli della centralità del proprio intervento ed esercitarlo nel migliore modo possibile. La prima app firmata Little Smiling Minds si chiama Contabosco. Con Contabosco il bambino scopre in modo divertente il mondo dei numeri: le quantità, la differenza tra grande e piccolo, il maggiore e il minore ecc. L’app prevede tanti esercizi con gradi di difficoltà diversa che portano il bambino a scoprire e a consolidare la sua “intelligenza numerica”. Guidati dagli animali del Contabosco i piccoli affrontano piccole e divertenti imprese, ideate per potenziare i meccanismi di base della cognizione di quantità. Il genitore può seguire i progressi del bambino: nell'app infatti c'è un'area dedicata a mamma e papà in cui è possibile monitorare i livelli di gioco superati e trovare consigli e approfondimenti per aiutarlo sempre meglio. Un sistema semplice di punteggio a stelle e di gratificazioni divertenti crea per il bambino un ambiente di apprendimento accogliente ed efficace. Oltre alla discalculia esistono altri tipi di disturbo legati all’apprendimento della matematica? Esistono delle difficoltà che non sono disturbi. Se il bambino non riesce in un’attività, per esempio suonare la chitarra, non vuol dire che abbia un disturbo ma semplicemente che quell’attività non rientra nel suo “dominio cognitivo”.
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Si può “guarire” da questo tipo di disturbi? Chi ha disturbi lievi può arrivare a una normalizzazione del profilo, chi soffre di cecità al numero è probabile che manifesti il disturbo anche in età adulta. La sua fatica cognitiva sarà magari regolamentata ma continuerà a essere presente. Tutti i disturbi di apprendimento possono migliorare. Certo molto dipende dalla loro intensità e dall’età in cui vengono individuati, nonché dalla "plasticità" cerebrale della persona, incrementabile anche con la didattica e con la riabilitazione funzionale. Per i bambini con profilo di difficoltà
e/o disturbo specifico del calcolo, gli studiosi, all’unanimità, raccomandano di individuare il tipo di intervento a partire dagli errori specifici, privilegiando così un lavoro personalizzato, mirato a potenziare le reali difficoltà del soggetto. Per questa ragione, gli strumenti da impiegare vengono individuati dopo aver definito precisamente l’esatto profilo del bambino. È importante che ogni intervento sia costruito ad hoc. Non tutti i bambini con disturbo dell’apprendimento sono uguali: in ogni disturbo si possono riconoscere dei sotto-profili più specifici sui quali bisogna lavorare. Solo così è possibile che il bambino migliori. z
DANIELA LUCANGELI
Studiosa da sempre di infanzia e apprendimento, Daniela Lucangeli è Professore Ordinario di Psicologia dello sviluppo e dell'educazione presso l’Università di Padova. Inoltre, è membro del comitato scientifico International Academy for Research in Learning Disabilities di ricerca nelle difficoltà di apprendimento e del comitato scientifico del Ministero della Pubblica Istruzione “Legge 170 disturbi dell'apprendimento” ed è Direttore scientifico del Polo Apprendimento Italiano, presidente dell’associazione CNIS (Coordinamento Nazionale degli Insegnanti Specializzati) e direttore del comitato scientifico dell’associazione GateItaly (Gifted and Talented Education) Autrice di numerose pubblicazioni scientifiche inerenti lo sviluppo cognitivo, negli ultimi anni si è dedicata particolarmente allo studio del potenziamento della cognizione numerica.
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IL BANCO VINCE
(E IL GIOCATORE ASSIDUO PERDE) QUESTO CI DICE LA MATEMATICA RIGUARDO AL GIOCO D’AZZARDO. E CI RACCONTA ANCHE I RISCHI DELLA DIPENDENZA CHE PUÒ DERIVARNE, UNA “PATOLOGIA” CHE PURTROPPO ALL’ANNO REGISTRA INCASSI DA 85 MILIARDI DI EURO.
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Intervista a Diego Rizzuto, fisico e autore del progetto “Fate il nostro Gioco”
hi di noi, almeno una volta, non ha creduto al sogno di poter vincere al superenalotto e poter così cambiare vita? Ma questo sogno è davvero a portata di mano? Ed è davvero un sogno a basso costo quello che comporta solo la spesa di un biglietto “gratta e vinci”? Quali false credenze influiscono sulla propensione al gioco? Quante informazioni sono concesse al giocatore? Da queste domande è nato, nel 2009, il progetto Fate il Nostro Gioco. L’idea alla base è usare la matematica come strumento di prevenzione,
una specie di “antidoto logico” per immunizzarsi almeno un po’ dal rischio degli eccessi da gioco. Perché, ne sono convinti gli autori del progetto, la matematica è esercizio di pensiero critico, un’occasione per creare un’opinione consapevole nei cittadini, specialmente nei ragazzi, in un ambito in cui molto si basa sulla scarsa conoscenza delle leggi che governano la sorte. Ne parliamo assieme a Diego Rizzuto, uno degli autori di Fate il nostro Gioco.
Quali sono i numeri del gioco d’azzardo, oggi, in Italia? Quante sono le persone dipendenti dal gioco d’azzardo? Nel 2013 in Italia si sono spesi 84 miliardi di euro per il gioco pubblico d’azzardo (che comprende tutte le tipologie di gioco: slot machine, superenalotto, gratta e vinci, poker online, ecc.). Questo significa che, in media, si tratta di circa 1400 euro per ogni italiano (ma non tutti gli italiani giocano, quindi c’è chi spende anche per gli altri). Sul numero esatto dei giocatori patologici o problematici si oscilla tra 200.000 (il numero minimo, accettato da tutti) a un massimo di circa un milione di persone. Per capire come si definisce un giocatore patologico ci viene in aiuto l’indice canadese CPGI (Canadian Problem Gambling Index), uno strumento che consente di riconoscere l'eventuale presenza di comportamenti di gioco eccessivi o patologici. In base alla gravità, l’indice individua quattro categorie di giocatori: il giocatore non patologico, il giocatore a rischio, il giocatore problematico e il giocatore patologico. Quali sono le conseguenze del gioco d’azzardo nella vita delle persone? Le conseguenze sono disastrose. Un giocatore patologico trascorre ore e ore a giocare, cosa che lo distoglie da tutti gli altri impegni. Non a caso, chi è malato di gioco perde spesso il lavoro e rompe i legami familiari. In secondo luogo, se il giocatore ha perso tutti i soldi giocando, e nel frattempo ha anche perso il lavoro, non gli resta che chiedere prestiti, ricorrere all’usura e rubare. Quindi, oltre ad arrecare un danno a sé, il giocatore patologico crea un danno anche alla sua famiglia e alla società in cui vive. Senza contare che, per guarire dalla dipendenza, bisogna iniziare un percorso di recupero e riabilitazione che comporta dei costi per il sistema sanitario.
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Il giocatore patologico è consapevole dei rischi che corre? No. Ricordo che quando andavo a scuola io, negli anni ’90, eravamo bombardati dalle campagne contro la droga, ognuno di noi conosceva i pericoli legati all’uso di eroina e altre sostanze stupefacenti. Per il gioco d’azzardo, invece, non esiste una massa simile di informazioni. Nessuno mostra i rischi che il gioco patologico comporta e le campagne di informazione sul tema sono davvero poche. Man mano che la dipendenza cresce, il giocatore si rende conto che qualcosa nella sua vita sta cambiando (anche perché non riesce a non pensare al gioco). La vera consapevolezza, però, arriva quando decide di smettere e intraprende il percorso di recupero. Oggi è necessario colmare le lacune e far capire a tutti quali sono i rischi legati al gioco d’azzardo. Nei nostri anni di at-
tività abbiamo incontrato oltre 100.000 studenti e ci siamo resi conto che questi non hanno la più pallida idea di quali possono essere le conseguenze. Percepiscono il gioco d’azzardo patologico come un vizio (“smetto quando voglio”) e non come una patologia. Ovviamente, va specificato che non tutti quelli che giocano d’azzardo sono giocatori patologici; esistono i cosiddetti “giocatori d’azzardo sociali”, quelli che si limitano a una schedina ogni tanto e che mantengono il gioco sotto controllo. La patologia è tutt’altra cosa. Come nasce l’idea del progetto Fate il nostro Gioco? Quasi per caso. Quando nacque il progetto, nel 2009, il nostro unico obiettivo, come formatori scientifici, era trovare un modo innovativo di spiegare la statistica e la probabilità agli studenti, due discipline che pochi sanno porgere in modo accattivante. Con intento sempre divulgativo abbiamo partecipato al Festival della Scienza del 2009 con una sala de-
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dicata al gioco d’azzardo, che doveva servirci come esca per attrarre giovani visitatori. Non ci aspettavamo certo un successo del genere. Oggi manteniamo ancora la nostra anima divulgativa delle discipline matematiche parallelamente all’obiettivo di fare prevenzione. Qual è il ruolo della matematica nel vostro progetto? Il gioco d’azzardo ha un’anima matematica, le sue regole sono studiate dai matematici, i giochi hanno tutti una genesi matematica. In particolare ci sono due argomenti che mi preme sottolineare e che rappresentano il cuore del nostro progetto. Innanzitutto, la matematica dà la certezza al banco di vincere e al giocatore assiduo di perdere. Ogni gioco, infatti, comporta per il banco un margine di guadagno sicuro. Ogni gioco ha il suo margine: le slot, ad esempio, hanno un margine del 15% ma, in alcuni casi come la cinquina al lotto, la per-
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IL GIOCO A DO H D’AZZAR TEMATICA, A MA UN’ANIM EGOLE SONO LE SUE R MATEMATICI, DAI STUDIATE CHI HANNO I GIO A GENESI TUTTI UN TICA. MATEMA
centuale può arrivare fino a sfiorare il 90%. Nei giochi più vecchi il margine era più alto perché si giocava meno spesso; oggi, i giochi online o le slot machine comportano puntate più frequenti. Questo non significa che i giochi più recenti, dato che hanno una percentuale più bassa, siano più onesti. La percentuale sarà anche più bassa ma, poiché sono giochi più frequenti, nel lungo periodo è praticamente la stessa cosa. L’altro argomento sul quale vale la pena insistere sono le trappole cognitive, quei trucchi che il gioco d’azzardo usa per tenere il giocatore legato a sé anche quando giocare non gli conviene più. Mi riferisco ai near miss (“quasi vincita”), dei quali il gioco d’azzardo è pieno, che danno la sensazione di non aver vinto per un pelo. Questo, assieme alle numerose piccole vincite, spinge a continuare a giocare. Il giocatore quando vince un importo piccolo lo rigioca immediatamente.
Per non rischiare dipendenza, meglio allora non giocare? No, certo. Non vogliamo dire a tutti di non giocare; in fondo, gli italiani hanno giocato la schedina per anni e i malati di gioco d’azzardo erano meno di oggi. Una soluzione potrebbe essere quella di rendere meno pericolosi i giochi esistenti ad esempio riducendo la possibilità di near miss e di piccola vincita inserendo ben precisi vincoli nei regolamenti dei giochi.
Quali sono gli strumenti che utilizzate per far conoscere la vostra campagna di informazione? Gli strumenti cha abbiamo a disposizione sono tanti: mostre interattive, conferenze nelle scuole, nelle università, interventi televisivi, corsi di formazione e approfondimenti per operatori, insegnanti e giocatori patologici. L’iniziativa grazie alla quale giriamo l’Italia con maggior frequenza è la nostra conferenza: abbiamo pensato a qualcosa che andasse oltre la tradizio-
nale conferenza, che sapesse unire divulgazione matematica e denuncia sociale in una forma coinvolgente e divertente. Ne è nata una conferenza di un'ora e quaranta minuti circa in cui smontiamo alcune delle più diffuse false credenze sul gioco d’azzardo e restituiamo il senso delle reali probabilità di vincere al Superenalotto o al Gratta e Vinci attraverso simulazioni di gioco, video e una continua interazione con il pubblico. Gli studenti, poi, sono un pubblico particolare: con loro non ha senso fare i bacchettoni, spiegargli le conseguenze disastrose del gioco d’azzardo in maniera troppo rigida e istituzionale e dirgli di non giocare. Per questo, con loro puntiamo tutto sulla paura - comune a tutti - di farsi fregare, li coinvolgiamo, li facciamo interagire e divertire. Abbiamo presentato la prima conferenza a Torino, al Teatro Colosseo, il 13 gennaio 2011. Da lì, grazie al successo che ha riscosso e all’ottima visibilità che ne hanno dato i mezzi d’informazione, è stata replicata numerose volte in Scuole, Comuni, ASL e Università di tutta Italia coinvolgendo, ad oggi, quasi 100 mila persone. z
IL PROGETTO “FATE IL NOSTRO GIOCO” Paolo Canova e Diego Rizzuto, un matematico e un fisico di Torino, dopo esperienze diverse nel campo della comunicazione scientifica hanno messo insieme competenze e obiettivi dando vita nel 2009 a Fate il Nostro Gioco. Insieme a Sara Zaccone, nel 2012 hanno fondato TAXI1729, una società di formazione e comunicazione scientifica con un preciso intento: unire la precisione e il rigore di cui la scienza ha bisogno con la passione e il divertimento che nascono da un modo diverso di raccontarla. In poco tempo, Fate il Nostro Gioco ha avuto un successo e una visibilità difficili da prevedere, rivelando grandi capacità di attirare su di sé l’attenzione del pubblico e dei mezzi d’informazione. Gli autori sono stati infatti ospiti del programma di divulgazione scientifica di La7 La Gaia Scienza, ed è stata affidata loro una rubrica, I probabilisti, tra marzo e maggio 2010. A questa esperienza hanno fatto seguito molti interventi, come esperti di matematica e gioco d’azzardo, su Italia1 (Le Iene), Rai1 (A sua immagine), Rai3 (Cosmo, programma di divulgazione scientifica), Radio Deejay (insieme al Trio Medusa e a Luciana Littizzetto) e Rai Radio3. Al progetto sono stati dedicati numerosi servizi su Rai2, Rai3, Canale5, Italia 1, La7, speciali sul TG3 nazionale, TGR Piemonte e TGR Liguria e articoli su numerose testate nazionali. Nel lavoro di ricerca e d’intervento sul territorio, la società ha attivato collaborazioni con numerosi enti, università e associazioni. 79
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COSA C’ENTRA IL BASKET CON LE STATISTICHE E LA GEOMETRIA? C’ENTRA E ANCHE MOLTO. PERCHÉ, COME CI SPIEGA MARIO FIORETTI, LO “SPIELBERG” DELL’OLIMPIA MILANO, UNA BUONA AZIONE È IL RISULTATO DI UNA APPROFONDITA ANALISI DI DATI E STATISTICHE. MA NON SOLO. L’OSSERVAZIONE DI NUMERI E SCHEMI GEOMETRICI È FONDAMENTALE PER L’APPRENDIMENTO DEI GIOCATORI E IL MIGLIORAMENTO DELLE LORO PERFORMANCE SUL CAMPO.
QUANDO LA VITTORIA PUÒ DIVENTARE ANCHE MATEMATICA
Intervista a Mario Fioretti, assistente allenatore dell’Olimpia Milano
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ario Fioretti occupa un posto sulla panchina dell’EA7 Emporio Armani Milano dalla stagione 2003/04. Da allora ha raggiunto cinque volte la finale scudetto (2004/05 sotto Lino Lardo, 2008/09 e 2009/10 sotto Piero Bucchi, nel 2011/12 con Sergio Scariolo al comando), vincendola infine nel 2013/14 con Luca Banchi capo-allenatore. Fioretti è anche un grande esperto di analisi dei video; non a caso si è guadagnato il ruolo di video coordinator anche per la nazionale italiana (oltre al meritatissimo soprannome di “Spielberg”). Caratteristica, questa, che di certo gli ha permesso di conoscere e apprezzare di più il ruolo di spazi, angoli, tempi e degli altri concetti matematici che, inevitabilmente, fanno capolino a ogni azione che si svolge sul campo da gioco.
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QUALITÀ DELLA VITA: MATEMATICA E SPORT
PARLA NESSUNO IN CAMPO ETRIA DI GEOM VITABILMENTE, Quanto contano le Assolutamente sì. E PERÒ, IN ET SI BASA statistiche nella palÈ davvero imporIL BASK NUMERI lacanestro? tante fornire ai I, SU SCHEM ONDUCIBILI Nel tempo le statistiche giocatori delle staRIC hanno acquisito sempre tistiche. OvviamenE AZIONI RIO ALLA PROP maggiore importanza e te siamo noi dello . IA GEOMETR peso. Da questo punto di vistaff a selezionare gli sta c’è stata quindi un’evoluzione, al punto che in alcune squadre ci sono dei team che lavorano proprio su questo. Ovviamente, le statistiche contano quando si riesce a sfruttarle facendole diventare qualcosa di utile, un insegnamento per l’intera squadra o anche solo per il singolo giocatore. Negli USA esiste una forte tradizione nell’utilizzo della statistica nello sport. Anche nel basket. Lei pensa che l’Italia sia allo stesso livello o debba ancora migliorare sotto questo aspetto? Siamo migliorati parecchio ma non siamo ancora al livello degli Stati Uniti. E questo non perché manchino le capacità ma perché mancano le risorse in grado di lavorare su questi aspetti. Quali sono le elaborazioni che ritiene più importanti per capire e “leggere” una partita a posteriori? Il capo allenatore come usa questi dati? I giocatori vengono coinvolti? Dopo una partita è fondamentale l’analisi. Bisogna non solo raccogliere le impressioni a caldo ma sezionare ogni azione che si è svolta in campo per ottenere sia risposte tecniche e sia risposte numeriche che vanno poi collegate tra loro. Ogni società dovrebbe avere un database delle partite giocate, per poter avere accesso a una banca dati di numeri e casistiche che possono tornare utili in futuro. Nelle analisi che facciamo post partita i giocatori sono coinvolti. Mostriamo loro un video sulle azioni (sia dell’attacco e sia della difesa) che noi dello staff pensiamo si debbano migliorare e spieghiamo loro come vorremmo che fossero migliorate. I giocatori leggono dati e statistiche e le ritengono utili per capire meglio il loro gioco o quello degli avversari? 82
schemi e i dati che riteniamo utili ai fini dell’apprendimento e del miglioramento. Prima di fornire alla squadra delle analisi, quindi, queste vanno filtrate da noi. Gli schemi di gioco possono essere ricondotti a formule matematiche o geometriche? Innanzitutto, i concetti di spaziatura (spacing) e tempistica (timing): la distanza tra i giocatori e il momento in cui si trovano a questa distanza sono due concetti geometrici fondamentali nell’attacco. Ogni partita, poi, si basa su un risultato matematico che mostra quanto ogni schema di gioco e ogni singola azione abbiano prodotto. Lo stesso dicasi per la difesa: la posizione del giocatore si basa su concetti geometrici come la distanza e l’angolo e, anche in questo caso, il risultato matematico permette di capire se le scelte adottate in campo hanno funzionato contro gli avversari o no. È esistita nel basket una figura pioneristica sotto questo aspetto? Nessuno parla di geometria in campo però, inevitabilmente, il basket si basa su schemi, numeri e azioni riconducibili a quello. Il concetto matematico noi lo chiamiamo in causa ogni giorno quando analizziamo il gioco fatto, quando, grazie alle nostre sensa-
zioni e ai dati, cerchiamo di capire se un’azione o se un giocatore hanno prodotto oppure no. Se un gioco non ha funzionato (o se ha funzionato), poi, bisogna chiedersi perché. L’analisi deve essere quindi sia quantitativa e sia qualitativa. Qual è stato il suo percorso formativo? E il suo percorso all’Olimpia? Ho capito già ai tempi della scuola che mi sarebbe piaciuto insegnare. Sono cresciuto come allenatore nelle giovanili della Intervites di Bergamo, la mia città, poi ho allenato a Torre Boldone ai Titans di Bergamo. Dopo la laurea in economia e commercio mi sono trasferito per un anno all’Università dell’Indiana per seguire Bobby Knight (tre titoli NCAA in carriera). Qui ho lavorato come istruttore in numerosi campi di specializzazione collaborando, tra gli altri, con Pete Newell (coach della Nazionale americana alle Olimpiadi di Roma nel 1960) e Jim Boeheim (attuale coach di Syracuse).
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Poi sono rientrato in Italia e dodici anni fa sono approdato all’Olimpia, dove sono stato prima assistente nelle giovanili e in prima squadra, poi responsabile del settore giovanile e da sei anni mi dedico unicamente alla prima squadra.
resto, “quando senti dimentichi, quando vedi ricordi”) ma bisogna anche essere in grado di realizzare le azioni giuste durante la partita. Tutto quello che visualizzi va incanalato nella tua filosofia personale, quella che poi esibisci in campo.
Come mai viene definito lo “Spielberg” della squadra? Il soprannome è un’idea di Dan Peterson che, come tutti i bravi leader, sa esaltare le persone che stanno sotto di lui. Intendeva dire che, con le mie analisi, rendo i video delle partite efficaci e utili a tutti. La visualizzazione è importante per l’apprendimento del giocatore (del
Lei è all’Olimpia da dodici anni; è vero che non si finisce mai di imparare? Verissimo. Impari sempre qualcosa di nuovo, ogni volta che hai a che fare con uno staff nuovo, ogni volta che arriva un giocatore nuovo e ogni volta che incontri un nuovo avversario. Tutto è fonte di aggiornamento, ne facciamo tutti i giorni. Qualche aneddoto legato al suo lavoro nell’Olimpia che ricorderà per sempre? Ce ne sarebbero migliaia da raccontare ma i ricordi più belli sono quelli legati ai rapporti duraturi che il gioco contribuisce a creare. Ogni volta che incontro un mio ex giocatore o che uno di loro mi scrive una mail per me è z un’emozione. 83
QUALITÀ DELLA VITA: MATEMATICA E HOBBY
CRUCIVERBA E SUDOKU
PER INVECCHIARE MEGLIO U
no orizzontale, dieci lettere, il gioco che aiuta a non far invecchiare il cervello... cruciverba! Ebbene sì, secondo uno studio del Centro Rush per l’Alzheimer di Chicago i giocatori incalliti di parole crociate invecchiano meglio. I ricercatori americani hanno messo a confronto l’incidenza delle malattie neurodegenerative (Alzheimer) con la pratica quotidiana di giochi matematici e parole crociate su un campione di 700 persone. Tra coloro che ogni giorno avevano allenato la loro mente praticando giochi enigmistici è stata riscontrata una diminuzione del rischio di malattia del 47%. Anche una ricerca della Washington University di Saint Louis conferma questa tesi. Lo studio, condotto su un campione di 183 pazienti dell’età di 77 anni, ha dimostrato una correlazione tra la pratica settimanale di queste attività mentali e la riduzione del rischio di malattia. I pazienti che avevano svolto le 15 ore settimanali di esercizio richieste dall’esperimento sono risultati
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più aperti a diverse forme di ragionamento. Un trattamento non farmacologico può quindi essere utile a mutare la personalità di un anziano, considerata prima di questa ricerca un tratto immutabile. “Sono dati eccezionali”, sottolinea il neuropsicologo Giuseppe Alfredo Iannoccari, fondatore dell’associazione Assomensana, che da oltre dieci anni si occupa di prevenzione e sviluppo delle capacità cognitive. “Allenare la propria mente è molto importante – spiega – Ogni persona nasce infatti con una dotazione di intelligenza e attraverso l’esercizio quotidiano è possibile incrementare questa dote. È importante farlo fin da giovani perché a partire dai 2830 anni la nostra intelligenza fluida, quella che possiamo considerare la nostra “ram”, inizia a essere meno efficiente. Allenare il nostro cervello fin da bambini permette di arrivare più preparati a quel momento”. Non si tratta quindi di una pratica utile solo dopo una certa età.
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Assomensana, nata nel 2004, propone infatti nelle scuole dei corsi brevettati di ginnastica mentale, attraverso i quali si aiutano gli studenti a sviluppare le proprie capacità cognitive. Si inizia già dalla scuola materna e si arriva fino alle superiori. Dati alla mano, confrontando i risultati dei test iniziali con quelli dei test finali dei corsi, si registra mediamente un aumento del 20% delle capacità cognitive di ogni ragazzo. Ma è quando si è anziani che sono maggiori i benefici di un esercizio quotidiano. Parole crociate e affini, assicura Giuseppe Alfredo Iannoccari, anche se non sono un allenamento completo sono un modo divertente ed efficace per fare un piccolo upgrade alle nostre abilità di ragionamento, memoria e logica. Sulle riviste specializzate, nei quotidiani e nei settimanali abbiamo l’imbarazzo della scelta. Non solo cruciverba quindi, ma anche sudoku, rebus e indovinelli. L’importante ovviamente è non andare a guardare le soluzioni riportate nelle ultime pagine. “Vale la pena per tutti, più o meno istruiti, cimentarsi con l’enigmistica – precisa Iannoccari - perché serve ad allenare il terzo meccanismo della memoria: il recupero, ossia la capacità di ritrovare nei cassetti della nostra mente le informazioni che ci servono (gli altri due meccanismi sono: registrazione e immagazzinamento). Con l’età questa capacità tende a indebolirsi, basti pensare a quella sensazione di avere le parole sulla punta della lingua, senza riuscire a pronunciarle”. Insomma, la memoria ne trae sicuro giovamento. E se anche una personalità di spicco del mondo scientifico internazionale come il professor Umberto Veronesi si è detto grande appassionato di sudoku definito “un esercizio prezioso, un insieme di relax e allenamento mentale che ha dimostrato di migliorare moltissimo la memoria e la freschezza della mente”, allora non ci resta che armarci di penna o matita e metterci sotto con griglie e definizioni. Ma cosa succede nel nostro cervello quando ci accingiamo a risolvere i diversi giochi? Andiamo a vederli uno per uno. 86
SUDOKU Il rompicapo fu inventato da un medico svizzero, Eulero da Basilea, nel XVIII secolo. Furono poi i giapponesi a farlo tornare in auge negli anni ‘80 aggiungendo alcune regole e dandogli il nuovo nome che in sintesi significa “consentiti solo numeri solitari”. L’obiettivo del gioco è quello di sistemare in ogni riga, colonna e sezione di una griglia quadrata, i numeri da 1 a 9, che devono comparire una sola volta in ogni comparto. “Nel sudoku – spiega il fondatore di Assomensana – vengono chiamate in causa le aree frontali del nostro cervello, quelle che ci consentono di svolgere funzioni esecutive e complesse. È necessaria una buona memoria di lavoro, cioè la capacità di trovare un dato mancante tenendo conto di quelli già conosciuti”. Se in una riga mancano solo due numeri e in una sezione contigua ne manca uno, dovremmo attingere alla nostra memoria per capire qual è il numero da sistemare in quella sezione. È un gioco molto utile a migliorare le nostre capacità di pianificazione.
CRUCIVERBA Il gioco nasce nel 1913 a New York e sbarca in Europa nel 1925. Consiste nell’indovinare delle parole suggerite da apposite definizioni e sistemarle in righe orizzontali e verticali di una griglia divisa in quadratini bianchi e neri, rispettivamente lo spazio dove inserire le parole e le interruzioni tra una parola e l’altra. Ne esistono di tutti i tipi: a schema libero, crittografate, sillabiche e bifrontali. Rispetto al sudoku, il cruciverba è un gioco che non può prescindere dalla cultura del singolo individuo. Infatti, oltre alla parte frontale del nostro cervello impegniamo anche l’ippocampo, che è la sede della nostra memoria di recupero. Il cruciverba è infatti molto utile per allenare la nostra
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INDOVINELLI E REBUS “Se dovessimo fare un parallelo tra ginnastica mentale e sport, rebus e indovinelli sarebbero il nuoto”, spiega il neuropsicologo. “Infatti in questi giochi, oltre alle parti che utilizziamo nei cruciverba o nel sudoku, viene attivata anche la parte destra del nostro cervello, dove risiedono le cellule destinate al ragionamento induttivo”. Un vero e proprio allenamento completo. I rebus sono molto utili per migliorare le nostre capacità di problem solving.
mente al recupero di dati immagazzinati nella nostra memoria. “Fare le parole crociate con regolarità – assicura il professor Iannoccari – anche se non è un allenamento completo, stimola il cervello che ne guadagna in plasticità”.
GIOCHI DIGITALI Alzi la mano chi non ha mai passato almeno un pomeriggio a giocare a 2048 o a Ruzzle. I nostri smartphone e tablet sono ormai diventati una consolle e oltre ai giochi di svago pullulano i rompicapo e i giochi matematici e linguistici. Rispetto ai cruciverba e al sudoku presentano dei vantaggi, ma anche degli svantaggi. Una ricerca della Tohoku University ha messo a confronto le diverse capacità cerebrali sviluppate con i giochi digitali e con i puzzle. I soggetti impegnati per cinque giorni a settimana per un mese in schemi online hanno allenato e sviluppato tre funzioni cognitive: quelle esecutive, la memoria di lavoro e la velocità di elaborazione delle informazioni. Invece, le persone che si sono dedicate alle versioni cartacee delle griglie hanno beneficiato di un training su due tipi di attenzione: selettiva e sostenuta. Nei giochi digitali c’è in più rispetto a quelli tradizionali l’elemento della velocità di esecuzione. Ma non è per forza un bene. “Gli schemi digitali, a differenza di quelli stampati – spiega il presidente di Assomensana - quasi sempre sono a tempo e costringono il soggetto a rispettare tempi di esecuzione rapidi e veloci, frammentando le capacità di attenzione in periodi di breve intensità. Invece i giochi su carta consentono di focalizzare l’attenzione per periodi prolungati, e ciò consente di potenziare la capacità di rimanere conz centrati a lungo su un compito”.
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UNA PALESTRA
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PER LA MENTE PROMUOVERE LA MATEMATICA ATTRAVERSO IL GIOCO. IN UNA PARTICOLARE PALESTRA DOVE OPERATORI ESPERTI PROPONGONO PROBLEMI DI MATEMATICA, PER TRASFORMARE LO STUDIO DELL’ARITMETICA E DELLA GEOMETRIA IN UN’ATTIVITÀ DIVERTENTE.
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ivulgare la matematica per Giovanni Filocamo, una laurea in fisica e una carriera orientata alla ricerca e alla divulgazione scientifica, è un po’ come spargere la voce, creare un interesse. Non bisogna impartire formule e nozioni da mandare a memoria quanto trasmettere la voglia e la curiosità di apprendere. Con questi presupposti Filocamo è riuscito a portare la scienza dei numeri sulle spiagge di mezza Italia e a spiegare la fisica a passo di tango. Trentasei anni, di Genova, ha co-fondato con Manuela Arata e Giuseppe Rosolini in collaborazione con il Festival della Scienza e l’Università di Genova, MateFitness, una palestra aperta a tutti, dove ci si allena con la matematica. Scrive libri, alcuni dei quali divenuti bestseller, che si basano su una nuova cultura della comunicazione delle discipline scientifiche. È convinto che la matematica sia importante. Anzi, importantissima, “perché allenarti con la matematica ti regala il modo di risolvere i problemi della vita, anche se questi ultimi sembrano essere distanti anni luce dai problemi costruiti con numeri e forme geometriche. I neuroni che alleniamo, infatti, sono gli stessi che ci devono trovare le soluzioni. Resta il fatto che la matematica è una materia ostica che crea diffidenza e timore. Quali sono allora gli strumenti più efficaci per raggiungere il grande pubblico? Non esiste una formula universale, gli strumenti differiscono a seconda del
target che vogliamo intercettare, degli argomenti e delle finalità che vogliamo perseguire. Io credo che, per motivi neuro-psicologici ed emozionali, la formula migliore sia usare più mezzi di comunicazione. In questo modo la memoria viene “solleticata” con stimoli differenti e permette di raggiungere l’obiettivo. Personalmente ritengo molto validi i laboratori didattici informali e interattivi, dove possiamo toccare con mano la matematica, divertirci, socializzare e andare a risolvere problemi in compagnia. Poi ci sono i libri divulgativi, che sono anche molto vari: ci sono in commercio volumi scientifici che introducono all’apprendimento di specifiche materie, romanzetti, libri di esercizi o legati alla storia della matematica, testi divertenti, libri di giochi. Alla luce della sua esperienza quali azioni sono risultate più efficaci e quale fascia di età si è dimostrata più interessata e reattiva? Le mie esperienze personali sono legate fondamentalmente a ALLENARTI CON tre iniziative, la priLA MATEMATICA ma delle quali è il TI REGALA progetto “MateIL MODO DI Fitness - La PaleRISOLVERE stra della matemaI PROBLEMI tica” dove si svolDELLA VITA gono laboratori interattivi con le scuole e con il pubblico generico. Nato nove anni fa, MateFitness è cresciuto moltissimo, sia in termini di contenuti che di modalità operative, 89
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tanto che tre anni fa Google ci ha regalato centomila dollari citandoci come uno dei “progetti che sta cambiando il mondo”. La seconda azione che ha portato risultati validi è legata alla pubblicazione di libri. In particolare, la collana realizzata per Feltrinelli ha avuto un grande successo, sulla scia del primo volume che si poneva l’obiettivo di spazzar via la paura della matematica intesa come disciplina ostica e difficile. Terzo strumento efficace sono le conferenze inte90
rattive che tengo da oltre 10 anni in giro per l’Italia, soprattutto nelle scuole, dove assisto a situazioni che hanno dell’incredibile. Scopro infatti con una certa frequenza che ragazzini geniali nel risolvere problemi hanno voti bassissimi oppure ragazzi bocciati più e più volte per totale disinteresse che messi davanti agli stessi argomenti scolastici ma in modo diverso cambiano, come si usa dire, come dalla notte al giorno. Proprio in relazione a queste ultime esperienze ritengo che la fascia d’età più interessante sia quella degli 11-13 anni che ruota
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attorno alla scuola secondaria di primo grado, la nostra scuola media. Qual è a suo avviso il livello medio di preparazione fornito dal sistema scolastico italiano? In poche parole dico che non è basso ma è migliorabile, e molto. Provo a spiegarmi: è come se per la preparazione di una cena si perdesse tempo a pelare cento chili di patate e non si pensasse a cucinare antipasto, primo, secondo e contorno, a comprare un buon vino e una torta speciale. La scuola dovrebbe essere come una cena, buona e varia, interessante e utile. Se il cuoco non sa fare il suo mestiere si iniziano a pelare solo patate e talvolta persino queste vengono cotte male. Nel sistema scolastico attuale abbiamo cuochi di primo livello e altri che pelano patate. Ci ha parlato di MateFitness, la palestra della matematica, fondata nel 2006. Ci vuole descrivere brevemente la genesi di questa iniziativa? MateFitness è nata durante un pranzo consumato nel corso del Festival della Scienza di Genova. A tavola con me c’erano Manuela Arata, presidente dell’Associazione Festival della scienza e Giuseppe Rosolini, docente ordinario di Logica Matematica all’Università di Genova. Avevamo curato, per il festival in corso e per gli altri due passati, qualche mostra o laboratorio interattivo di matematica che avevano riscosso un grande successo. Per questo Manuela Arata ha provato ad “accendere la miccia” con la volontà di regalare a Genova qualcosa legato al festival ma che restasse attivo tutto l’anno. Così è partita la palestra della matematica di Genova e il progetto MateFitness con l’intenzione fin dall’inizio di aprire una rete di palestre della matematica in tutto il mondo. Chi ha aderito a questo tipo di attività e perché? Quali sono i vantaggi? Abbiamo pensato di dise-
gnare questo progetto per un target simile alle esperienze che abbiamo avuto con il festival della scienza: fondamentalmente si tratta di scuole o di gruppi organizzati, che accogliamo durante la settimana, e famiglie o pubblico generico nel week-end. Inoltre sono sempre stati organizzati piccoli eventi il sabato e la domenica per divulgare alcuni argomenti di matematica che non si studiano a scuola, ma che sono assolutamente comprensibili, anche dai ragazzi, almeno per l’idea concettuale. Come si pone l’Italia rispetto al resto d’Europa rispetto allo sviluppo e alla diffusione della matematica? Se devo essere sincero, come divulgazione non siamo messi male anche se gli science center riconosciuti e finanziati sono solo il “MUSE” a Trento, “La Città della Scienza” a Napoli, il Museo del Balì e poco altro. Però abbiamo un grandissimo Festival della Scienza proprio nella mia città, a Genova, e anche una buona produzione di libri divulgativi, anche se le persone che leggono sono sempre di meno. Nella scuola, invece, a livello didattico, siamo molto più indietro rispetto al resto d’Europa. Potremmo e dovremmo migliorare. Tra le tante iniziative svolte sempre al fine di comunicare e divulgare le discipline scientifiche lei ha stabilito una relazione tra il tango e la fisica. Ci vuole spiegare in cosa consiste? Appena laureato ho seguito le prime lezioni di tango. Osservavo la maestra spiegare teoremi e definizioni simili a quelli seguiti durante le ore di dinamica, statica, meccanica del corpo rigido e così via, o almeno qualcosa di molto
simile. Così ho pensato, insieme all’ex collega Marco Gheri, di spiegare direttamente la fisica con il corpo. È nato un laboratorio interattivo di grande successo. Siamo anche arrivati alla finale del progetto europeo WONDERS, oltre al fatto che ci hanno invitato in tutta Europa per spiegare nel dettaglio il progetto-laboratorio.
In ultimo una curiosità. A scuola è stato uno studente modello? Qual’era il suo rendimento nelle materie scientifiche? Anche io avevo paura della matematica. Ho iniziato a non amarla alle scuole medie mentre prima, alle elementari, ero molto bravo. Al liceo mi sono avvicinato alla fisica, ma le confesso che avevo ancora paura di affrontare la matematica. Solo all’Università ho iniziato ad amarla, quando sono andato oltre gli aspetti di calcolo che vengono apz profonditi a scuola. 91
PANORAMA NEWS
L’ECONOMIA? DEVE ESSERE CIRCOLARE E PUÒ RIPARTIRE DAL GREEN ACT Il Presidente Gemme: “Servono nuovi modelli e paradigmi per il nostro Paese. Insieme per un’economia circolare, che sia sostenibile e non minacci le risorse a disposizione. Il Green Act sia #lavoltabuona.” ANIE Confindustria ha presentato lo scorso 7 luglio a Expo, presso Palazzo Italia, le sue proposte per il Green Act, il documento di indirizzo strategico sull’economia green che il Ministero dell’Ambiente si appresta a varare. Il tema dello sviluppo e crescita sostenibile è da tempo all’ordine del giorno nelle agende di tutti i Paesi industrializzati o emergenti, e l’industria è in prima linea su questo fronte. Lo scenario di sviluppo che siamo chiamati ad affrontare parla sempre più di economia digitale, integrata, connessa, smart, evidentemente in un contesto dove prodotti, apparecchiature, soluzioni e tecnologie elettriche ed elettroniche sono chiamate a svolgere un ruolo centrale. Le imprese del nostro settore sono impegnate appieno nell’evoluzione cosiddetta green della propria offerta: ingenti sono gli investimenti in R&D (dai settori ANIE proviene il 30% della spesa privata in Ricerca e Innovazione investita ogni anno nel nostro Paese), orientati essenzialmente al miglioramento delle performance energetiche e al Life Cycle generale di prodotti e soluzioni, con forte attenzione all’uso efficiente delle risorse, al recupero di materie prime, in generale alla performance ambientale complessiva. La legislazione comunitaria e nazionale impatta da molti anni sulla nostra industria. Da sempre le imprese affrontano con ottimismo le nuove e ambiziose sfide che vengono poste, guardando i vincoli non come restrizioni ma come opportunità. Tuttavia ANIE avverte in maniera sempre più urgente la concreta applicazione del principio della “Better regulation”, condizione indispensabile per creare un sistema virtuoso che stimoli il tessuto industriale a fare meglio, ma nell’ambito di un contesto di riferimento ragionevole, supportivo, non distorsivo di un mercato ormai globale, tutelativo di quanti operano nel rispetto delle regole. L’industria non può più sostenere il peso di una regolamentazione 92
poco chiara, che non garantisce certezza legale, di norme che ingabbiano il mercato anziché favorirlo, di regole indubbiamente necessarie ma che necessitano di essere semplificate. L’economia circolare e il sistema RAEE Le politiche ambientali delle aziende ANIE appoggiano con convinzione il principio dell’economia circolare, un modello di progettazione, produzione, uso e consumo dei prodotti che pone al centro la sostenibilità del sistema, grazie al riutilizzo delle materie. (...) Ma, sottolinea la Federazione, la circolarità dei prodotti deve cominciare dalla loro progettazione: devono essere appositamente disegnati per essere interamente recuperati. (...) Energie rinnovabili Il ruolo centrale nel sistema della Green Economy dovrà necessariamente essere svolto dalle fonti di energia rinnovabili. ANIE crede fortemente al contributo delle energie pulite al sistema energetico nazionale, al punto da avere costituito, in seno alla Federazione, un’associazione – ANIE Rinnovabili – che rappresenta tutte le imprese costruttrici di componenti e impianti chiavi in mano per la produzione di energia da fotovoltaico, eolico, biomasse e geotermia, mini idroelettrico. (...) Mobilità sostenibile Per vivere meglio dobbiamo anche imparare a muoverci meglio: ecco allora che uno dei punti cardine delle proposte di ANIE Confindustria è la creazione di condizioni ottimali per la diffusione della emobility, una “mobilità verde” che deve necessariamente passare dalle auto elettriche, meglio ancora se alimentate con fonti energetiche green; dal miglioramento della rete di trasporto ferroviario e metropolitano e dall’elettrificazione dei porti. (...)
Efficienza energetica, a partire dal building Consumare meno, consumare meglio: questa è la sintesi di qualunque iniziativa sull’efficienza energetica, che si traduce nell’elevare gli standard prestazionali e qualitativi dei prodotti, delle tecnologie e soluzioni, con conseguenti e cospicui investimenti in Ricerca ed Innovazione, in comunicazione, in riconversione dei processi industriali. (...) “Per far ripartire l’economia italiana servono provvedimenti urgenti, effettivi e vincolanti – ha commentato Claudio Andrea Gemme, presidente di ANIE Federazione. – Come industria, non possiamo nascondere la nostra delusione quando, dopo tanto lavoro e tanti contributi, abbiamo visto arenarsi la Strategia Energetica Nazionale, mai davvero divenuta un Piano Energetico Nazionale. Nessun Paese industriale evoluto può permettersi di non avere un Piano Energetico che, se ben fatto, getta le condizioni per la ripresa economica e sociale del Paese stesso. Speriamo che il Green ACT sia #lavoltabuona, per usare un’espressione ormai consolidata. Efficientare il sistema, limitare gli sprechi, usare in maniera razionale le risorse, prime fra tutte acqua ed energia, e promuovere innovazione per un mondo sempre più sostenibile per le aziende ANIE sono da sempre dei must. La decarbonizzazione della nostra economia è una scelta ormai consolidata che ci ha portato in breve tempo a raggiungere alti target di produzione di energia da fonti rinnovabili e standard di efficienza tra i più alti d’Europa, ma che puntiamo a rafforzare ulteriormente. Le imprese ANIE sono già oggi pronte a rispondere alle molteplici sfide della sostenibilità, intesa in tutte le sue accezioni, ambientale innanzitutto, ma anche economica e sociale. A chi ci governa chiediamo di creare le condizioni per continuare a fare, sempre meglio, il nostro lavoro”. Leggi testo completo su: http://anie.it
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COMITATO ELETTROTECNICO ITALIANO
ASSEMBLEA GENERALE CEI: PRESENTAZIONE DEL BILANCIO 2014 E PREMIAZIONI Si è svolta il 15 maggio 2015, alle ore 10:00, l’Assemblea Generale del CEI – Comitato Elettrotecnico Italiano presso la fondazione culturale Ambrosianeum in Via delle Ore 3 a Milano. Durante l’Assemblea sono stati presentati e approvati dai Soci i risultati del Bilancio CEI 2014. Al termine dell’Assemblea, l’Ingegner Eugenio Di Marino, Presidente Generale del CEI, ha premiato i vincitori delle Edizioni 2014 dei tre Premi CEI: Ingegner Giorgi, Volta e Miglior Tesi di Laurea. I Premi CEI sono volti a offrire un riconoscimento pubblico e ufficiale a chi, in ambito accademico e professionale, si dedica alla ricerca e allo sviluppo della normativa tecnica nei settori elettro-
tecnico, elettronico e delle telecomunicazioni dimostrando dedizione, passione e interesse nello svolgimento dei propri compiti. I primi a ricevere il riconoscimento per i loro meriti sono stati i vincitori del Premio CEI – Ingegner Giorgi, il maggior riconoscimento che il CEI conferisce ai Presidenti e Segretari dei propri Comitati e SottoComitati e ai Presidenti e Segretari CENELEC e IEC nominati dal CEI. Per la XVI Edizione, sono stati premiati: Francesco Vellucci e Giancarlo Testi. Per quanto riguarda il Premio CEI – Volta, istituito ex novo dal Comitato Elettrotecnico Italiano l’anno scorso e rivolto specificatamente ai membri dei Comitati Tecnici e SottoComitati CEI, hanno ricevuto il ricono-
scimento per la I Edizione: Francesco Groppi, Ezio Sesto (ha ritirato per lui l’ing. Paolo Paoli) e Ivano Previati (foto). Infine, sono stati premiati i Laureati che hanno incentrato le proprie Tesi su tematiche connesse alla normazione tecnica nazionale, europea e internazionale. Per la XIX Edizione sono stati premiati, in ordine dal primo al terzo classificato: 1. Giovanni Secondino (con una assegno del valore di € 2.500), 2. Simone Sepe (con una assegno del valore di € 2.000) e 3. Meri Papalia (con una assegno del valore di € 1.500). A breve saranno disponibili sul sito del CEI i Bandi delle nuove Edizioni 2015 di tutti e tre i Premi.
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BREVI IMQ
IMQ ANCHE A DUBAI Dopo la Cina, la Spagna e la Polonia, IMQ apre una sede anche a Dubai. Una realtà voluta per meglio supportare le aziende sempre più presenti nei mercati medio orientali e per potenziare le attività di ispezione condotte internazionalmente. CON L’APERTURA DI IMQ GULF A DUBAI IMQ DA OGGI È PRESENTE ANCHE NEGLI EMIRATI ARABI. Tutte le aziende interessate a esportare nei Paesi del Golfo potranno in questo modo fare sempre più affidamento su IMQ che, tramite la nuova società, potrà supportarle con maggiore tempestività ed efficacia nell’ottenimento delle certificazioni obbligatorie per quei mercati. I produttori potranno beneficiare dei numerosi riconoscimenti che IMQ ha ottenuto dalle Autorità locali oltre che dei vantaggi derivanti dalla presenza di una società in loco. Per quanto riguarda i riconoscimenti, ricordiamo i principali: • L’autorizzazione da parte dell’ESMA (Emirates Authority for Standardization and Metrology) a operare sia in qualità di agenzia ispettiva sia di ente riconosciuto per supportare le aziende nell’ottenimento dei certificati di conformità necessari per esportare negli Emirati. • L’autorizzazione ottenuta dal SASO (Saudi Standards, Metrology and Quality Organization) quale laboratorio registrato per le prove di performance su elettrodomestici e per
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le procedure di “application” dell’etichetta energetica richiesta in Arabia Saudita. L’autorizzazione da parte della Civil Defence degli Emirati Arabi Uniti e della Civil Defence del Kuwait e del Qatar ad agire in qualità di laboratorio di prova ed ente di certificazione per numerosi prodotti regolamentati da queste Autorità quali, ad esempio, i sistemi antintrusione e antincendio e gli apparecchi di illuminazione d’emergenza. A ciò si aggiunga l’accreditamento internazionale ISO 17025 dei laboratori di IMQ e dunque la possibilità di offrire un servizio di testing accreditato, per quanto riguarda sia gli aspetti di safety sia di performance, requisito cogente per esportare nei Paesi del Golfo.
“La costituzione di una società vicina ai Paesi del Golfo” ha dichiarato l’ing. Antonella Scaglia, Presidente e AD di IMQ “rappresenta una conferma della volontà di IMQ di proseguire nel suo percorso di crescita e internazionalizzazione, privilegiando una strada che assicuri il presidio diretto dell’attività svolta localmente”. Una scelta che andrà a beneficio delle aziende clienti che potranno usufruire di una maggiore flessibilità e tempestività dei servizi offerti, oltre che di un concreto supporto nell’identificazione preventiva dei requisiti e delle regolamentazioni necessarie per esportare, con i conseguenti vantaggi legati alla riduzione del time-to-market.
ESPORTARE PRODOTTI A GAS IN NORDAMERICA Accordo tra IMQ e UL per agevolare i produttori italiani di apparecchi a gas e misti interessati al mercato nordamericano Grazie al recente memorandum of understanding (MoU) firmato tra IMQ e UL, i produttori di apparecchiature a gas – quali piani cottura a gas e misti, boiler, scaldacqua, valvole, etc – potranno rivolgersi direttamente a IMQ per i test di conformità agli standard nordamericani. Un’opportunità di indubbio vantaggio, che consente alle aziende di velocizzare l’immissione dei prodotti sul mercato e di mantenere come referente – anche per il nordamerica – il proprio contatto in IMQ.
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NUOVI SERVIZI IMQ Verifiche periodiche delle attrezzature di lavoro
Certificazione degli istituti di vigilanza
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ALLEGATO VII D.LGS. 81/2008 E DM 11.04.2011
Certificazione delle centrali operative e di telesorveglianza
MILANO, Via Quintiliano 43 - 20138 - Tel. +39 0250731 - Fax +39 0250991500 ROMA, Via Nazionale 230 - 00184 - Tel. +39 065020158 - Fax +39 0650992505 info@imq.it - www.imq.it
IMQ Security Network Con l’entrata in vigore del Decreto del Ministero dell’Interno n. 115 del 4 giugno 2014, è diventata obbligatoria la certificazione degli istituti di vigilanza privata. Per la trentennale esperienza maturata nel settore, IMQ si pone come punto di riferimento in tale ambito, quale unico ente di certificazione italiano ad aver avviato uno schema di certificazione per le apparecchiature, i servizi, gli operatori e gli impianti del settore security e delle centrali di telesorveglianza. In particolare con la proposta Network security IMQ offre: - Certificazione degli istituti di vigilanza - Certificazione delle centrali operative e di telesorveglianza - Certificazione dei professionisti della security
IMQ Industry È il nuovo network di IMQ voluto a supporto delle aziende del settore industriale. Operativo internazionalmente, il network si offre in particolare ai settori chimica e fertilizzanti, infrastrutture, metalli e minerali, oil e gas, energia. I servizi offerti invece sono i seguenti: - Ispezioni di seconda e terza parte - Formazione - Expediting - Preshipment - Energy audit - Valutazione fornitori - Valutazione e certificazione sistemi di gestione - Energy Audit - Operation and Maintenance - Project Quality Management - Independent, Owner’s, Lender’s Engineer
Apparecchi a LED e prove per la verifica della protezione contro le sovratensioni di rete Dallo scorso aprile, nei Laboratori IMQ, accanto alle verifiche “standard” in ambito EMC (ad esempio norma EN 61547, EN 55015, ecc.) è possibile eseguire test per la verifica della protezione contro le sovratensioni di rete, sia di modo comune sia differenziale, fino a 12 kV (1,2/50 µs Generatore di Tensione) e 6 kA (8/20 µs Generatore combinato di corrente).
Verifiche periodiche delle attrezzature di lavoro IMQ è Soggetto Abilitato Privato ai sensi dell’Art. 2 del D. M. 11 aprile 2011 per la verifica di tutte le attrezzature di lavoro elencate nell’allegato VII del D.lgs. 81/2008 e s.m.i. Gruppo SP (Sollevamento persone) • Scale aeree a inclinazione variabile • Ponti mobili su carro ad azionamento motorizzato o manuale • Ponti sospesi e relativi argani • Piattaforme di lavoro autosollevanti su colonne • Ascensori e montacarichi da cantiere Gruppo SC (Sollevamento Materiali) • Apparecchi di sollevamento mobili (es. autogru), trasferibili (es. gru a torre) e fissi (es. carroponte) di portata superiore a 200 kg • Carrelli semoventi a braccio telescopico • Idroestrattori a forza centrifuga Gruppo GVR (Gas, Vapore, Riscaldamento) • Recipienti contenenti fluidi con pressione maggiore di 0,5 bar • Tubazioni contenenti gas, vapori e liquidi • Generatori di vapore e acqua surriscaldata • Generatori di calore con potenzialità maggiore di 116 Kw • Forni per le industrie chimiche e affini • Insiemi
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BREVI IMQ
COGENZE NORMATIVE Diagnosi energetica obbligatoria entro il 5 dicembre 2015 (D.Lgs. 102/2014)
Nessun obbligo se il sistema è certificato ISO 50001 e/o 14001
IL DECRETO. D.Lgs. 102 del 4 luglio 2014, che recepisce la direttiva 2012/27/UE, stabilisce un quadro di misure per la promozione e il miglioramento dell’efficienza energetica. OBBLIGO DIAGNOSI. L’Art. 8 del Decreto prevede l’obbligo per le grandi imprese e a forte consumo di energia di eseguire una DIAGNOSI ENERGETICA nei siti produttivi presenti sul territorio nazionale.
TEMPISTICHE. Entro il 5 dicembre 2015 e successivamente ogni 4 anni. IMPRESE INTERESSATE GRANDI IMPRESE: più di 250 dipendenti, con fatturato annuo maggiore di 50 milioni di euro o totale di bilancio annuo maggiore di 43 milioni. IMPRESE A FORTE CONSUMO ENERGIA: consumo annuo di energia di almeno 2,4 GWh e rapporto tra costo dell'energia e fatturato maggiore del 3%.
IMPRESE ESONERATE Le aziende che hanno adottato un sistema di gestione dell’energia conforme alla norma ISO 50001 o un sistema di gestione ambientale conforme alla norma ISO 14001 sono esonerate dall’obbligo di diagnosi energetica qualora i loro sistemi includano un audit energetico condotto in conformità ai dettami di cui all’allegato 2 del Decreto.
Da Gennaio 2016 cambia la Regolazione Tariffaria per prelievi di energia reattiva Da Gennaio 2016 cambia la Regolazione Tariffaria per prelievi di energia reattiva nei punti di prelievo connessi in media e bassa tensione: nelle fasce F1 ed F2 si pagherà l’energia reattiva nel caso in cui cos< 0,95. IMQ è in grado di eseguire misurazioni finalizzate alla rilevazione di
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ogni parametro di rete elettrica (tensioni, correnti, potenze, cos, energie) e di eseguire un’analisi armonica accurata di tensioni/correnti (fino alla 49-ma componente) e un’analisi delle anomalie sulle tensioni di alimentazione (buchi, picchi).
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- Prove e tarature (ISO/IEC 17025) - Valutazione conformità in ambito cogente (ISO/IEC 17065) - Certificazioni prodotti in ambito volontario (ISO/IEC 17065) - Certificazione servizi (ISO/IEC 17065) - Certificazione del personale (ISO/IEC 17024) - Certificazione sistemi di gestione (ISO/IEC 17021) - Verifiche ambientali (es: emissioni GHG - EN ISO 14065) - Ispezioni (ISO/IEC 17020)
- Prove di laboratorio e tarature - Certificazione prodotto - Certificazione sistemi di gestione - Certificazione figure professionali - Ispezione
VOLONTARIO
COGENTE
- Agroalime g entare - Ambiente - Automotive - Cavi e materiale installazione - Climatizzazione - Dispositivi medici - Elettrodomestici - Gas - ICT - Illuminazione - Legno e arredo - Sicurezza prodotti e imprese - TLC e trasporti
- Apparecchiature Radio & TLC -A Attrezzature zature a pressione - Attrez. a pressione trasportabili - Ascensori - Atex - Bassa tensione - Compatibilità atibilità elettromagnetica - Di Dispositivi i i medici iti di d i - Disp. protezione individuale - Equipaggiamento marittimo - Gas - Macchine - Prodotti da costruzione - Strumenti di misura - Telepedaggio
- Laboratori: 21.000 m2 - Altre aree test: 200.000 m2 - Staff: 700 - Prodotti certificati: 140.000 (per 250 tipologie) - Aziende certificate: 18.000 - Ispezioni annue: 53.000
- Rettitudine - Indipendenza - Integrità - Trasparenza - Obiettività - Tutela segreto professionale - Separatezza - Affidabilità - Terzietà - Responsabilità