iNBiCi magazine anno 10 - 4 Aprile 2018

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PERIODICO IN DISTRIBUZIONE GRATUITA ANNO IX - N. 4 APRILE / 2018

magazine

PETER SAGAN

L’iride dello slovacco splende anche nell’inferno del Nord

IL RETROSCENA

Gianfranco Josti racconta lo scandalo spintarelle al Giro del ‘67

DANIEL HOFER

Il re del triathlon non lascia il trono “Ho ancora stimoli”




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SCATTO D’AUTORE MILANO SANREMO 2018 by Bettiniphoto

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Ilaria

sapeva volare

Shock nel mondo delle granfondo dopo la tragica morte della 33enne ciclista toscana. Storia (spezzata) di un’anima fragile che dietro di sé lascia il ricordo dei suoi sorrisi e l’ombra di una domanda scomoda: quell’angelo biondo si poteva salvare?

Nel mondo delle Gran Fondo – dove alla fine si conoscono tutti - i suoi capelli color miele e quel sorriso da cerbiatto mancheranno parecchio. Perché Ilaria Rinaldi, anima fragile del ciclismo toscano, si è lasciata dietro di sé tante domande 4

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irrisolte, ma anche tanti amici. Basta scorrere, uno dopo l’altro, i messaggi di cordoglio affidati ai social per capire che quella graziosa biondina, al di là di ogni retorica, nel cuore del gruppo non era un pettorale qualunque. Raccontava di essersi avvicinata alla bici a dieci anni soltanto per far breccia nel cuore

di un ragazzino molto più grande di lei che gareggiava nelle corse della sua zona. Fu quel pretesto d’amore a farle scoprire il talento per il ciclismo, lei che – esile e carina – se avesse voluto, avrebbe potuto fare anche la modella. Ma più delle passerelle a Ilaria piacevano gli sterrati polverosi


Natale, questo il periodo più buio della sua vita, non trova più le energie vitali per reagire e, raccontano i conoscenti, ormai isolata dal gruppo, si arrende ad una sindrome depressiva che, giorno dopo giorno, la scava dentro un vuoto enorme.

Ora, se il suo cuore ha ceduto per cause naturali o se, invece – divorata dal dolore - ha scelto tragicamente lei la data della sua morte, lo stabilirà l’inchiesta della Procura di Firenze. Dietro di lei, però, nel ricordo struggente delle attestazioni postume, sgomitano gli interrogativi di sempre. Ilaria si poteva salvare? Per Ivan Fanelli, il suo ultimo fidanzato, forse sì.

della Toscana e così, quasi per gioco – vittoria dopo vittoria - scoprì di essere una predestinata. Nel 2005, a soli 19 anni, trionfò nel campionato italiano di ciclocross, ma quel titolo – che doveva essere il trampolino di lancio per una formidabile carriera – passò agli archivi come il suo ultimo sorriso. Qualche mese dopo, infatti, fu trovata positiva al testosterone in una gara Elite Under 21 in Germania. Negò in tutti i modi, urlò al complotto ingaggiando gli avvocati e i consulenti più costosi per dimostrare che quei valori sballati erano solo la perfida conseguenza di una patologia. Ma i giudici non le credettero e, puntuale e scontata, arrivò come un colpo di ghigliottina la squalifica di due anni. Quell’inciampo fu la pietra tombale sulla sua carriera agonistica, ma soprattutto un’onta indelebile sulla sua immagine di atleta pulita. Ilaria la prese male. Molto male. Ma alla fine, con la morte dentro, ripartì. Scontata la squalifica, provò a rientrare nel mondo

dei professionisti, ma la testa – prima ancora delle gambe – non era più la stessa. Svanisce l’immagine dell’enfant-prodige del ciclocross italiano. Fu l’inizio della fine. La bicicletta non l’abbandonò mai. Ma per vivere, adesso, le serviva altro. Trovò un impiego in uno studio grafico dove lavorò fino all’incontro con l’ex professionista Ivan Fanelli. Fu un colpo di fulmine, raccontava su facebook: in un solo colpo, trovò l’amore e un’occupazione nel negozio di biciclette di Pontedera gestito proprio da Ivan. Sembrava l’inizio della risalita. Negli ultimi anni Ilaria, abbandonato anche il mondo delle granfondo, frequentava soprattutto la mountain bike, gareggiando in maniera frenetica in Toscana e vincendo tutte le corse cui partecipava. Gli amici la ricordano lo scorso inverno, tenace e volitiva, allenarsi come una matta tra le campagne di Gambassi Terme, alle porte di Firenze. Si apprestava ad un’altra stagione di trionfi. Poi arrivò l’ultimo

E allora, forse, è giusto chiudere con le sue parole: “Ilaria sapeva volare. Dopo aver costruito le sue ali e accennato il suo volo, puntualmente qualcosa o qualcuno le spezzava e, quando si vola, lo schianto è inevitabile. Le persone non si accorgevano che, dietro quella forza della natura, c’era un’essere sensibile che aveva imparato a difendersi con tutte le sue unghie. Se ci pensate bene, almeno una volta chi con un sorriso e chi con un favore - vi ha fatto volare… ma quel maledetto giorno nessuno era lì… Perché? Lei avrebbe scritto sicuramente qualcosa, la conoscevate... Lo faccio io per lei perché so cosa avrebbe scritto: avrebbe mandato a quel paese tutti quelli che le hanno procurato del male ed ha ragione a farlo perché siamo tutti invidiosi di chi sa volare!”.

“Le persone non si accorgevano che, dietro quella forza della natura, c’era un’essere sensibile che aveva imparato a difendersi con tutte le sue unghie”

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Sommario Aprile 2018 // Numero 04

Ilaria Rinaldi

Peter Sagan

La tragica scomparsa tra dubbi e ricordi

Danilo Napolitano

L’EDITORIALE

di Maurizio Rocchi

INBICI TOP CHALLENGE a cura della redazione

MONDO ACSI

a cura della redazione

TRAGEDIA ALLA ROUBAIX

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di Carlo Gugliotta

LEGGENDARIA CHARLY GAUL a cura della redazione

GIRO DELLE MINIERE a cura della redazione

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Lo scandalo spintarelle del Giro d’Italia del ‘67

Sabrina Schillaci

Daniel Hofer

“In fondo al tunnel ho scoperto l’ironman”

“Vi racconto la mia vita da ex”

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Gianfranco Josti

L’iride splende anche nell’inferno del Nord

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GRAN FONDO DEL CAPITANO

a cura della redazione

MARCELLO BERGAMO

a cura della redazione

CICLO & VENTO a cura della redazionei 3EPIC CYCLING ROAD a cura della redazione

IL CICLISMO DEI BABY di Luca Alò

LA MOSERISSIMA

a cura della redazione

Sua maestànon si ritira

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MENTE IN SELLA

a cura di Claudia Maffi

FOCUS SUL PRODOTTO di Maurizio Coccia

FOCUS SULLE AZIENDE di Maurizio Coccia

IL PUNTO CRITICO

di Maurizio Coccia

TEAM MATTEONI

a cura della redazione

INTERNAZIONALI D’ITALIA

a cura della redazione


Una nuova dimensione della visione e della velocità. Una nuova dimensione Leggeri, rapidi, fatti per vedere della visione e della sempre più invelocità. fretta! Leggeri, rapidi, fatti per vedere sempre più in fretta!

AEROSPEED

FOTOCROMATICA. TRATTAMENTO ANTIAPPANNAMENTO. AEROSPEED TRATTAMENTO OLEOREPELLENTE. FOTOCROMATICA. SI ADATTA ALLA LUCE IN QUALSIASI MOMENTO DELLA GIORNATA. TRATTAMENTO ANTIAPPANNAMENTO. TRATTAMENTO OLEOREPELLENTE. SI ADATTA ALLA LUCE IN QUALSIASI MOMENTO DELLA GIORNATA.


SCATTO D’AUTORE MICHAL KWIATKOWSKI GIRO DELLE FIANDRE 2018 by Bettiniphoto

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GRUPPO EDITORIALE INBICI Direzione e Amministrazione Viale della Repubblica, 100 - 47923 Rimini (RN) Direttore Responsabile Mario Pugliese Vice Direttore Carlo Gugliotta Direttore Generale Maurizio Rocchi

In Redazione Mario Pugliese, Dr. Roberto Sgalla, Riccardo Magrini, Wladimir Belli, Gian Luca Giardini, Silvano Antonelli, Prof. Fabrizio Fagioli (Equipe Velosystem), Paolo Mei, Claudia Maffi, Nicola Zama, Dr. Alexander Bertuccioli, Silvano Antonelli, Carlo Gugliotta, Manuela Ansaldo, Ilenia Lazzaro, Eleonora Pomponi Coletti, Davide Pegurri In Redazione Tecnica Maurizio Coccia, Roberto Diani Fotografi Playfull, Bettini Photo, Newspower, Archivio fotografico selezione fotografica a cura di Gianni Rocchi Distribuzione Italian Business Management LTD Progetto Grafico Roberta Piscaglia Responsabile Marketing Sara Falco Responsabile Facebook Gianni Rocchi Stampa La Pieve Poligrafica Editore Per la tua pubblicità Maurizio Rocchi +39 393.9838319 Giorgio Puppi +39 346.0823300 Mauro Scovenna +39 345.6339615 Ufficio Marketing 0541.395102 Website www.inbici.net E-mail info@inbici.net Diritti e proprietà GRUPPO EDITORIALE INBICI Sara Falco Editore Reg. imprese n° REA FO 323603 Iscrizione Registro Tribunale di Forlì nr. 3/2013 del 5 aprile 2013. Tutti i diritti riservati. È vietata la riproduzione anche parziale di articoli, foto e disegni senza autorizzazioni del GRUPPO EDITORIALE INBICI.

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EDITORIALE

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Aspettando i grandi eventi, una primavera listata a lutto Con l’anima listata a lutto per le tragiche morti della granfondista Ilaria Rinaldi e del giovane professionista belga Michael Goolaerts (in entrambi i casi tante, troppe domande senza risposta), entriamo nel cuore della stagione ciclistica, quella che – a tutti i livelli – propone gli appuntamenti da sempre cerchiati in rosso sul calendario. Dopo una splendida edizione della “Green” Fondo Paolo Bettini, il mondo amatoriale scalda i motori in vista di una rinnovatissima “Via del Sale”, storica manifestazione cervese che, dopo 22 anni, è stata posticipata alla prima settimana di maggio, ovvero quindici giorni prima della Nove Colli, la regina delle Gran Fondo che, fra un biennio, brinderà alla sua 50esima edizione. Eventi clou anche per i professionisti che – dopo l’ennesima impresa di Sagan alla Roubaix – a fine maggio saranno al via del Giro d’Italia numero 101, grande festa popolare italiana che, quest’anno, ci regalerà la storica partenza da Gerusalemme. Il numero di aprile di InBici Magazine è, come sempre, un ricco contenitore di notizie e riflessioni che spigola tra il mondo dei professionisti (da non perdere i reportage su Fiandre e Roubaix) e quello degli amatori, con interviste ai protagonisti, i focus sulla bikeeconomy ed i consigli di psicologi e nutrizionisti per migliorare le vostre performance. Un’edizione, come sempre, ricca di spunti e anteprime che abbiamo confezionato con l’entusiasmo di sempre e una ferita nel cuore: buon viaggio Ilaria, quell’angelo biondo mancherà anche a noi. Maurizio Rocchi

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IL DIARIO DELL’INVIATO di Carlo Gugliotta

L’incantesimo delle Fiandre C’eravamo anche noi tra i tifosi fiamminghi per celebrare il rito laico della Ronde Van Vlaanderen. Tra fiumi di birra e cioccolato, vi raccontiamo la passione di un popolo che, da sempre, si identifica con la grande classica belga Il Giro delle Fiandre – per storia e cultura - non può essere considerato una semplice gara. La Ronde Van Vlaanderen è l’apologia del tifo, l’orgoglio del popolo fiammingo, la voglia di soffrire sui muri, il coraggio di sfidare il pavé, rimanere a bordo strada per giorni

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solo per aspettare un passaggio fugace della corsa, festeggiare con un panino e una birra anche se è il giorno di Pasqua. Il Giro delle Fiandre è l’emblema di una popolazione che, per la propria cultura del ciclismo, inteso sia come ciclabili che come passione per lo sport, è distante anni luce da qualsiasi altra parte d’Europa. Me ne rendo conto personalmente quando

passeggio per le vie di Bruges, città considerata tradizionalmente capoluogo delle Fiandre ma che da due anni non ospita più la partenza della grande classica, da quando cioè il comune di Anversa ha deciso di fare un investimento milionario per portare la partenza della Ronde sui canali del Mare del Nord. Bruges non è solo una città deliziosa, ma è anche uno


degli esempi da seguire in fatto di ciclabilità: tutti possono visitarla comodamente su una bici da passeggio, anche uscendo fuori dal centro storico, perché qui ogni strada statale ha una corsia dedicata alle bici sulla destra. E a due passi dal Markt, la piazza centrale, sorge un garage dove poter custodire gratuitamente il proprio mezzo a pedali. In queste città esistono dei diritti che, da altre parti, sembrano essere dimenticati. Spesso in Italia si pensa che gli utenti della strada debbano essere solo i mezzi motorizzati e i pedoni; invece no, qui ci sono anche le bici. E non c’è niente di più bello che sentire la brezza nordica sul proprio viso mentre si pedala per le varie città delle Fiandre, ammirando i canali di quella che è una vera e propria Venezia in miniatura.

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Niki Terpstra vincitore del Giro delle Fiandre 2018

La birra, il cioccolato e il ciclismo. Sono questi i tre prodotti tipici del Belgio. La stagione si è aperta a fine febbraio con le prime gare che si sono disputate a queste latitudini. Una lunga preparazione in vista del Giro delle Fiandre, la corsa che da sola riesce a raggruppare il fascino di altre corse molto importanti come la GentWevelgem o la E3 Harelbeke. 266 km da vivere con l’entusiasmo che solo il popolo fiammingo è capace di trasmettere: telegiornali e quotidiani che aprono con il ciclismo già da tante settimane prima; dichiarazioni, conferenze stampa, prove del percorso. I giorni che precedono la Ronde sono frenetici per tutti. La nazione di casa quest’anno ha

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perso Tom Boonen, che lo scorso anno ha deciso di appendere la bici al chiodo proprio dopo la ParigiRoubaix. Ha fatto discutere non poco, in questi ultimi mesi, il suo passaggio alla Lotto-Soudal, dove riveste il ruolo di consulente per migliorare i materiali tecnici. Per far capire cosa vuol dire, da queste parti, passare dalla Quick Step alla Lotto-Soudal, può essere spiegato con un paragone preso dal mondo del calcio: è come se Francesco Totti, dopo una vita trascorsa a giocare nella Roma, decidesse di fare il dirigente alla Lazio. Un vero e proprio sacrilegio. Non bisogna poi dimenticare che la Lotto ha una delle promesse del ciclismo più

interessanti per il futuro, Tiesj Benoot, il vincitore della Strade Bianche. La Quick Step, invece, può festeggiare: prima di tutto perché la sua marcia di avvicinamento al Giro delle Fiandre è stata a dir poco impeccabile, con una serie impressionante di vittorie che hanno dato ancora più morale a tutto l’ambiente; in secondo luogo perchè l’azienda Quick Step è nel mondo del ciclismo da ben 20 anni e, così, la tradizionale conferenza stampa del venerdì si è trasformata in un’occasione per celebrare la ricorrenza non solo con tutta la squadra, ma anche con importanti corridori che in passato hanno vestito le divise della Mapei e della Quick Step. Appena entrati


nel quartier generale dell’azienda, colpiscono i tanti manichini che indossano le maglie di campione del mondo conquistate fino ad oggi dai corridori che hanno difeso questi leggendari colori. L’attenzione della vigilia è rivolta a Philippe Gilbert e non potrebbe essere diversamente: il belga, lo scorso anno, ha vinto per la prima volta sul pavè al termine di una lunga cavalcata trionfale durata circa 90 km. Gilbert non si sottrae alle domande, così come Terpstra, che è molto sorridente ma poco loquace. Ognuno dei corridori della Quick Step, per questo tipo di gare, sarebbe il capitano se militasse in un’altra squadra. E invece questi ragazzi formano un gruppo compatto, nato per dominare sulle strade di casa. Ma il popolo belga, da grande appassionato qual è, ha deciso di stendere la moquette rossa anche per un altro corridore, un italiano che sta scrivendo anno dopo anno un bel

pezzo di storia del ciclismo: Vincenzo Nibali. Proprio sul sito ufficiale del Giro delle Fiandre, nel momento in cui è stata ufficializzata la partecipazione dello Squalo dello Stretto alla corsa, è apparso un messaggio di benvenuto al recente vincitore della Milano-Sanremo. “Sono felice, non immaginavo tutto questo calore da parte dei tifosi fiamminghi - afferma Vincenzo - cercherò di ricompensarli onorando al meglio la corsa. Credo che per vincere un Fiandre serva molta esperienza, io sono qui per divertirmi e per capire se in futuro potrò provare a vincere questa gara”. Ma lo spirito belga del Giro delle Fiandre viene sintetizzato perfettamente dal campione olimpico Greg Van Avermaet, il quale, durante la sua conferenza stampa, ha spiegato: “Sogno fin da quando ero bambino di correre e di vincere il Fiandre. Domenica mi godrò ogni metro della corsa, indipendentemente

da quale sarà il risultato finale”. Il Giro delle Fiandre è anticipato dalla gara amatoriale: 16.000 persone provenienti da ogni parte del mondo per pedalare sulle strade della classica fiamminga per eccellenza. Quattro percorsi a disposizione: i più brevi vedono la propria partenza e arrivo a Oudenaarde, mentre il tracciato più lungo è lo stesso dei professionisti e la partenza è quindi posizionata ad Anversa. Si può partire tra le 7 e le 9 del mattino e la chiusura del percorso avviene alle ore 20. Un’altra bella giornata di festa per tutti, anche se ogni tanto cade qualche goccia d’acqua. Non mancano i ristori, il servizio fotografico e i massaggi post gara; pagando un sovrapprezzo, è possibile anche fare colazione con alcuni dei campioni che in passato hanno vinto il Giro delle Fiandre. I fiamminghi decidono di passare il giorno di Pasqua con le bandiere in


mano. La piazza di Anversa regala brividi, con i due speaker dal palco che lanciano ovetti di Pasqua verso il pubblico. Disseminati sul percorso, i tifosi ingannano l’attesa divorando patatine fritte e bevendo enormi quantità di birra. Ogni tanto sul Kwaremont si alzano dei cori da stadio: di fronte ai tifosi più accesi ci sono anche delle tribune per i vip, persone che hanno pagato anche migliaia di euro per seguire tutta la corsa da una tensostruttura nella quale viene servito il pranzo e dalla quale è possibile affacciarsi ad ogni passaggio dei corridori prima di essere accompagnati a Oudenaarde per vedere l’arrivo. A risolvere una corsa che è stata chiusa per molti chilometri ci pensa Niki Terpstra: l’olandese vede Nibali attaccare, lo segue e lo supera; riprende i fuggitivi tutto solo e poi decide di attaccare di nuovo. Dopo aver vinto la Parigi-Roubaix nel 2014, Terpstra sembrava ormai essere chiuso dai tanti capitani che da sempre affollano la Quick Step e invece il primo anno dopo Tom Boonen è proprio l’olandese ad imporsi nella classica fiamminga per eccellenza. In casa Italia c’è del rammarico perchè i nostri corridori migliori sono rimasti tutti davanti fino a 28 km dal traguardo; molti avevano pronosticato una bella prestazione di Gianni Moscon, ma purtroppo il corridore del Team Sky non è riuscito a cambiare il ritmo nel finale.

Ma uno dei grandi battuti resta senza dubbio il campione del mondo Peter Sagan che, nel momento dell’attacco di Terpstra, non è riuscito a reagire, chiudendo in sesta posizione e reclamando contro le tattiche delle altre squadre. Il Giro delle Fiandre femminile, che si è corso in contemporanea agli uomini, ha visto il trionfo di un’altra olandese, Anna Van Der Breggen, con la nostra Marta Bastianelli che ha sfiorato la top 10 conclusiva dopo una grande campagna del Nord, che l’ha vista vincere sia alla Gent-Wevelgem che a Dottignies. Come al solito, dopo queste gare, resta nella testa il senso di importanza che il ciclismo riveste a queste latitudini. Perché la bici qui non è solo uno sport, ma è un vero e proprio stile di vita. E per un giorno il popolo fiammingo ha potuto esprimere tutto il proprio orgoglio, facendo vedere al mondo la propria cultura nella terra del ciclismo.

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InBici Top Challenge

Comandano

D’Ascenzo e Passuti a cura della redazione

Dopo una splendida edizione della Green Fondo Paolo Bettini ecco – categoria per categoria tutte le classifiche provvisorie del circuito 2018 Con la disputa della “Green” Fondo Paolo Bettini di domenica scorsa – e in attesa del recupero della Gran Fondo Laigueglia (22 aprile) – entra nel vivo l’edizione 2018 dell’InBici Top Challenge. Dopo due tappe disputate, cominciano infatti a delinearsi le classifiche del circuito che, come nelle edizioni passate, promette nelle posizioni di vertice grande battaglia.Nelle graduatorie assolute Granfondo comanda Wladimiro 18

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D’Ascenzo tra gli uomini, mentre tra le donne la leadership provvisoria è nelle mani di Sonia Passuti. Nel ranking assoluto Mediofondo, invece, sul piedistallo ci sono Stefano Nicoletti e Marina Lari. Nel settore Granfondo questi, dopo due tappe, i leader di categoria: Sonia Passoti (D1), Erika Paganini (D2), Daniele Terzi (ELMT), Alessandro Fantini (M1), Filippo Pambianco (M2), Giorgio Falasconi (M3), Wladimiro D’Ascenzo (M4), Guerrino Bernardi (M5), Luigi Fili-

pazzi (M6), Massimo Cesconi (M7). Questi invece i leader di categoria nel settore Mediofondo: Marina Lari (D1), Emma Dall’Osso (D2), Ornella Bernardoni (D3), Marco Brunetti (ELMT), Luca Bracciaroli (M1), Andrea Sartoni (M2), Eddy Carpineti (M3), Cristian Ballestri (M4), Stefano Nicoletti (M5), Guido Balocco (M6), Luciano Livon (M7), Mauro Margotti (M8), Giovanni Girolimini (Dis). “Ci lasciamo alle spalle un’edizione della Green Fondo Paolo Bettini davvero esaltante


circuito anche il prossimo anno”. Dopo la Gran Fondo Cassani e la prova di Pomarance, il circuito proseguirà, come detto, il 22 aprile con la Gran Fondo Laigueglia che, quest’anno – dopo i ripetuti rinvii imposti dal maltempo – si correrà in tandem con la Gran Fondo di Alassio. A maggio, invece, si vola in Romagna: il 6 tutti a Cervia per la storica Via del Sale, un’edizione rinnovata nella formula e soprattutto nella data. Una settimana dopo il grande popolo del pedale si dà appuntamento tra Cattolica e Gabicce Mare per la Gran Fondo degli Squali. Il 10 giugno si sale in alta quota con la novità della “3 Epic Cycling – Tre Cime di Lavaredo”, corsa per grimpeur

di razza. Il 24 giugno si resta in altura con la Gran Fondo Gavia & Mortirolo all’Aprica (So), mentre il gran finale è sempre fissato a Trento, quando l’8 luglio si celebrerà una nuova edizione della Gran Fondo “La Leggendaria Charly Gaul”. Anche quest’anno, infine, il circuito propone una “prova jolly”, a cui gli abbonati dell’InBici Top Challenge potranno partecipare gratuitamente. Si tratta della Gran fondo Nevio Valcic, che si disputerà il 27 maggio in Croazia. Le classifiche complete dell’InBici Top Challenge sono consultabili sul sito https://www.endu.net/it/events/ inbici-top-challenge/results

– spiegano i coordinatori dell’InBici Top Challenge Sara Falco e Maurizio Rocchi –. Grazie anche a condizioni meteo ideali, a Pomarance abbiamo vissuto uno splendido weekend di ciclismo. Doverosi i complimenti allo staff del Velo Club Etruria che, sul piano organizzativo, è stato artefice di un grandissimo lavoro. E complimenti anche a Paolo Bettini che, con l’abituale disponibilità, si è confermato, ancora una volta, un perfetto’padrone di casa’. Sia sul piano della sicurezza che della logistica, la Green Fondo di Pomarance ha dimostrato di essere ormai diventata una delle manifestazioni più belle ed affidabili del calendario nazionale. Per questo, già da oggi, possiamo dire che questo evento farà parte del nostro LIFESTYLE INBICI

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in copertina

PISSEI

Nasce la linea Sanremo Jersey Il marchio Pissei nasce con una mission ambiziosa: dare stile ad ogni performance.

Per questo motivo le grafiche e i colori dei capi Pissei si legano ai migliori tessuti per raggiungere il massimo del comfort e della performance in sella a una bici. Fin dal 1978, anno di fondazione dell’azienda, ogni capo è studiato per soddisfare le esigenze degli atleti professionisti e per garantire loro il meglio della tecnologia applicata all’abbigliamento in ogni situazione climatica.

La produzione è totalmente “Made in Italy” per restare legati alle radici e alle tradizioni del territorio d’origine. Ogni aspetto sartoriale è curato nei minimi dettagli e la stampa dei capi è realizzata con i migliori macchinari sul mercato per raggiungere uno standard qualitativo elevato. Ultima nata in casa Pissei è la linea “Sanremo Jersey”, mirabile sintesi del lavoro nel ciclismo professionistico al fianco del Team Wilier Triestina-Selle Italia. La linea Sanremo è il più evoluto esempio tecnologico dell’abbigliamento da ciclismo targato Pissei, il modello che meglio incarna le esigenze degli atleti sempre alla ricerca di materiali all’avanguardia dal concept innovativo.

Con la linea Sanremo, grazie alla massima leggerezza e traspirazione garantita dal tessuto Dry Net, è possibile migliorare realmente le proprie performance. La combinazione dei tessuti, infatti, ottimizza lo sforzo e migliora la prestazione. Tra i dettagli più intriganti il taschino posteriore antiacqua con zip rifrangente, le cuciture piatte per garantire una maggiore resistenza allo stress e la zip frontale coperta con tecnologia Camlock.

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di Davide Pegurri e Carlo Gugliotta

Peter Sagan entra nella storia,vince la Parigi-Roubaix con la maglia di campione del mondo

Peter Sagan

l’iride splende nell’inferno del nord

Lo slovacco rompe anche l’ultimo incantesimo e trionfa con la maglia di campione del mondo: prima di lui l’impresa era riuscita solo a Moser, Hinault, Merckx e Van Looy 22

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Lo slovacco rompe anche l’ultimo incantesimo e trionfa con la maglia di campione del mondo: prima di lui l’impresa era riuscita solo a Moser, Hinault, Merckx e Van Looy. Una Parigi-Roubaix bellissima non poteva concludersi con un vincitore altrettanto importante: Peter Sagan ha sfatato la maledizione dell’Inferno del Nord, una gara che lo vedeva sempre tra i principali favoriti ma, per un motivo o per l’altro, non solo non era mai riuscito a vincere, ma non era mai nemmeno salito sul podio. Il suo miglior piazzamento era arrivato nel 2014, un sesto posto molto incoraggiante, ma che non è mai stato confermato nelle apparizioni fatte fino al 2017. L’attacco decisivo di Sagan è stato sferrato a 54 km dall’arrivo, un’azione che in quel momento sembrava abbastanza prevedibile, invece nessun corridore è riuscito a ricucire quel buco su Peter. E così lo slovacco, con la maglia di campione del mondo, ha ripreso un generoso Silvan Dillier, in fuga fin dal mattino, con cui si è presentato fino al velodromo. Dillier resta comunque il vincitore morale della Parigi-Roubaix 2018: aver battagliato con Sagan ad armi pari dopo un’azione durata così tante ore,

lo rendono il vero eroe di giornata, al di là del successo sfumato. Grazie alla vittoria della Parigi-Roubaix, il campione del mondo Peter Sagan entra a far parte di una speciale e ristretta cerchia di ciclisti. Diventa il quinto corridore nella storia a varcare per primo la linea d’arrivo del leggendario velodromo, da campione del mondo in carica. Spesso, per sottolineare le difficoltà di imporsi con addosso questa maglia, si parla di una sorta di “maledizione iridata”. Solo i più grandi campioni della storia del ciclismo riescono a reggere alle pressioni e sfatarla. In 116 edizioni, prima dello slovacco, soltanto quattro corridori erano riusciti nell’impresa di trionfare con la maglia di campione del mondo. RIK VAN LOOY – Specialista delle corse di un giorno e rivale anche di Eddy Merckx. Rimane tutt’oggi l’unico corridore ad aver conquistato per due volte, con i colori dell’iride addosso, la Regina delle Classiche. Nel 1961 taglia per primo il traguardo dopo una volata ristretta precedendo altri cinque avversari; l’anno successivo invece il belga arriva in solitario al velodromo e può così alzare le braccia

per la seconda volta consecutiva. Tre anni più tardi l’imperatore di Herentals vincerà anche la sua terza Roubaix. EDDY MERCKX – In questa particolare classifica non poteva certo mancare lui. Il ciclista belga ha vinto praticamente ogni corsa nella sua strepitosa carriera ed è riuscito anche a togliersi questo sfizio. Nel 1968 arriva nel velodromo con il connazionale Herman Van Springel, il quale non riesce, nella volata finale, nemmeno ad affiancarlo. Il cannibale conquista così il suo primo successo alla Roubaix. Si ripeterà anche nel 1970 e nel 1973. FRANCESCO MOSER – Nel 1978 a trionfare, con la maglia iridata sulle spalle, fu Francesco Moser. Passista possente, l’italiano si involò solitario verso il traguardo distanziando di poco meno di due minuti un gruppetto capitanato da Roger De Vlaeminck. Lo sceriffo ottenne così la prima delle sue tre vittorie consecutive alla Parigi-Roubaix. BERNARD HINAULT – Nel 1981, unico suo successo, fu la volta di Bernard Hinault. Il francese, nonostante non amasse questa corsa, riuscì ad

Niki Terpstra

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imporsi in volata precedendo Monsieur Roubaix, il quattro volte vincitore Roger De Vlaeminck. Quell’impresa viene considerata da molti come una delle più belle vittorie nella carriera del “Tasso”. Grazie a lui, la Francia tornò alla vittoria venticinque anni dopo Louis Bobet. PETER SAGAN – Fino a ora, nonostante fosse sempre tra i favoriti, non era mai riuscito a salire sul podio della Parigi-Roubaix. In questa edizione lo fa nel modo migliore, ponendosi su quello più alto. Lo slovacco si inventa un attacco quasi in sordina da lontano, va a riprendere i fuggitivi da solo e si impone nella volata a due sul corridore della AG2R Silvan Dillier. Diventa anche il primo slovacco a vincere questa Classica. Sagan è riuscito, quasi da solo, a superare l’intero blocco della Quick Step Floors, arrivata alla partenza di Compiegne con tutti i favori del pronostico. Stavolta Niki Terpstra, dopo aver vinto il Giro delle Fiandre, sale di nuovo sul podio, ma in terza po-

Silvan Dillier

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sizione. Anche questo è un piazzamento prestigioso per il corridore olandese, sempre più uomo di punta in questo tipo di corse. È curioso vedere come i corridori belgi siano arrivati tutti ai piedi del podio, in modo particolare Greg Van Avermaet, autore di un’ottima Campagna del Nord al termine della quale non ha però confermato i grandiosi risultati dello scorso anno, quando si presentò al Fiandre con una serie incalzanti di vittorie che lo portarono a vincere l’edizione 2017 della Roubaix. Purtroppo resta la delusione per i colori italiani: se al Giro delle Fiandre siamo riusciti ad essere protagonisti fino alle battute conclusive, al di là dei piazzamenti che non sono stati importanti, al termine della Roubaix restiamo davvero con la bocca asciutta. Il migliore dei nostri è stato Marco Marcato, diciottesimo: il corridore della UAE Team Emirates avrebbe dovuto lavorare per Alexander Kristoff, il quale è però rimasto coinvolto in una caduta. E se il 40/o posto di Daniel Oss può

essere legittimo, in quanto ha lavorato per il vincitore Peter Sagan, resta del rammarico per il 41/o posto di Gianni Moscon, che era partito da capitano sia per il Fiandre che per la Roubaix. Probabilmente il giovane corridore del Team Sky ha pagato un po’ il fatto di partire da capitano designato, così come ha pagato a caro prezzo il fatto di aver perso un uomo importante come Geraint Thomas, che si è dovuto ritirare dopo il primo settore di pavé per una caduta. Non bisogna però disperarsi, anzi: queste gare hanno permesso sicuramente a Moscon di avere una maggiore consapevolezza dei propri mezzi. Gli hanno fatto capire cosa vuol dire correre da capitano per una grande squadra e gli hanno permesso di accumulare esperienza che sarà molto utile nei prossimi anni. Gianni resta sempre il nostro uomo di punta per le classiche del pavé, con la speranza di poter vedere presto il successore di Andrea Tafi nel velodromo di Roubaix. credit Bettiniphoto


photo : Marco BONOMO I Unsplash.com

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SCATTO D’AUTORE TOUR DE LANGKAWI 2018 by Bettiniphoto

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Quello che non ho mai scritto

di Gianfranco Josti

Campionati del mondo Barcellona 1973, Felice Gimondi, Freddy Martens

Giro del ’67

lo scandalo “spintarelle”

Sulle Tre Cime di Lavaredo – definita in quell’occasione “la montagna del disonore” – si consumò una delle pagine più controverse del ciclismo mondiale. Dal “Processo” di Zavoli alla resa di Torriani, ecco i clamorosi retroscena di quell’incredibile giornata 28

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“Viaggio intorno all’uomo” è un libro che Sergio Zavoli ha scritto nel 1970 sotto forma di interviste ad alcuni grandi personaggi del mondo scientifico, religioso, culturale e sportivo. Nella parte in cui pone una serie di domande ai protagonisti del ciclismo (gli stessi che hanno contribuito allo straordinario successo del suo famoso “Processo alla tappa”) a mio giudizio hanno particolare rilievo le parole di Vincenzo Torriani. Zavoli al patron: “Tu vorresti un ciclismo esente da ogni colpa, mai sfiorato da sospetti. Perché, per esempio, ti preoccupi tanto quando si parla di spinte, di doping, di alleanze, cioè di tutti i ‘peccati originali’ di questo sport?” Risposta di Torriani: “Vedi, il Giro è un fatto di costume, oltre che sportivo, quindi vorrei che tutto, in ogni suo atto, fosse bello, pulito, esal-

tante, non solo in nome dello sport, ma dell’uomo in generale. Del resto, solo se il Giro è così so di soddisfare me stesso, la folla, la carovana”. Il fatto decisamente curioso è che Sergio Zavoli è rimasto coinvolto tre anni prima, Giro ’67, in alcuni dei peccati originali che il grande organizzatore cercava di tenere lontano dalla sua corsa. Vediamo come. Con una delle sue geniali idee, Vincenzo Torriani aveva previsto a Milano un fastoso cerimoniale di presentazione del 50° Giro d’Italia in Galleria Vittorio Emanuele nell’anno del centenario della sua inaugurazione. A seguire un prologo in notturna (lo Sprint del Cinquantenario, 16 km) con partenza e arrivo in Piazza del Duomo. Splendida idea rimasta nel cassetto perché il Giro offrì l’occasione a poche decine di manifestanti, soprattutto studenti, di inscenare una plateale prote-

sta per la guerra in Vietnam. Per evitare eventuali scontri e salvaguardare l’incolumità dei corridori, gli organizzatori rinunciarono così al carosello nel cuore della metropoli lombarda. C’era molta attesa per il Giro numero cinquanta che schierava al via i vincitori delle ultime cinque edizioni, da Balmamion ad Anquetil, da Adorni a Motta ed i pronostici indicavano come favoriti Felice Gimondi, che l’anno precedente aveva perso il confronto con Gianni Motta, e Jacques Anquetil che inseguiva la sua terza maglia rosa dopo quelle conquistate nel ’60 e nel ’64. Per i corridori italiani l’inizio fu promettente, con le vittorie di Zancanaro, Zandegù e Dancelli che per tre giorni vestì la maglia di leader della classifica. Ma quando cominciò la risalita dalla Sicilia non solo la maglia rosa fu presa in ostaggio da un solido spagnolo, José Perez Frances, ma anche le

Eddy Merckx

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Vincenzo Torriani

tappe furono appannaggio di velocisti fiamminghi tra i quali figurava il nome di Eddy Merckx, che destò grande sorpresa quando si aggiudicò il traguardo posto in cima all’inedito Block Haus. Dodici mesi dopo il ciclismo mondiale avrebbe cominciato a salutarlo come il più grande corridore di tutti i tempi. In quei giorni si cominciò a parlare di “santa alleanza” nel “Processo alla tappa” di Sergio Zavoli. Per una settimana intera si alternarono sul palco delle premiazioni corridori con passaporto diverso da quello italiano, lo stesso Perez Frances cominciava a preoccupare. Ecco allora che dal piccolo schermo si levavano, tappa dopo tappa, invocazioni sempre più pressanti perché i ciclisti italiani mettessero da parte il loro forte antagonismo per far causa comune contro lo strapotere sempre più massiccio degli stranieri. E soprattutto perché l’ingombrante ombra di Anquetil, diretto dall’ammiraglia da un grande stratega, Raphael Geminiani (romagnolo trapiantato in Francia) continuava

ad aleggiare sul Giro. Nella cronometro di Verona il normanno aveva lasciato il successo di giornata al danese Ole Ritter, ma non si era lasciato sfuggire la conquista della maglia rosa, che ventiquattr’ore dopo aveva lasciato sulle spalle di Silvano Schiavon. Una delle tappe giudicate decisive era quella che si concludeva sull’inedito traguardo delle Tre Cime di Lavaredo. Ebbene, in una giornata dal clima rigidamente invernale i protagonisti del Giro affrontarono una delle salite più impervie tra due ali di gente di montagna che aveva combattuto il freddo con abbondanti bevute. Vista la fatica e le condizioni inclementi, i tifosi fecero a gara a chi spingeva di più i concorrenti lungo la salita. Felice Gimondi si aggiudicò la tappa precedendo Merckx (ma non era solo un velocista?), Motta e un giovanissimo neoprofessionista, Miro Panizza centrando l’obiettivo fissato alla partenza da Udine, distanziare Anquetil e gettare solide basi per la conquista della maglia rosa finale.

Ovviamente, dopo l’arrivo, lo scandalo delle spinte fu oggetto di moltissime discussioni che trovarono un formidabile palcoscenico proprio nel “Processo alla tappa”. Sergio Zavoli aveva intuito che era un argomento molto ghiotto e che occorreva prendere provvedimenti. Invitò Panizza che, con la voce rotta dai singhiozzi, sostenne che lui si riteneva l’unico dei corridori tra i primi classificati ad aver affrontato la salita con le proprie gambe, mentre “tutti gli altri erano stati spinti”, quindi il risultato di quella tappa era stato falsato. Il conduttore della trasmissione invitò anche Torriani e fu facile per lui convincere il patron ad assumere una drastica decisione: annullare la tappa, lasciando ai corridori i previsti premi di giornata. Bruno Raschi, responsabile della rubrica di ciclismo della Gazzetta dello Sport, sintetizzò l’accaduto definendo le Tre Cime “la montagna del disonore”.

Per i corridori italiani l’inizio fu promettente, con le vittorie di Zancanaro, Zandegù e Dancelli che per tre giorni vestì la maglia di leader della classifica.

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Una delle tappe giudicate decisive era quella che si concludeva sull’inedito traguardo delle Tre Cime di Lavaredo. Ebbene, in una giornata dal clima rigidamente invernale i protagonisti del Giro affrontarono una delle salite più impervie tra due ali di gente di montagna che aveva combattuto il freddo con abbondanti bevute. Vista la fatica e le condizioni inclementi, i tifosi fecero a gara a chi spingeva di più i concorrenti lungo la salita.

Va detto che a quell’epoca la piaga delle spinte in salita contagiava tutte le grandi corse, dalla Vuelta al Tour, dove spesso c’erano stati episodi ritenuti scandalosi, ma mai si era arrivati all’annullamento di una tappa. La soluzione individuata da Zavoli ed adottata da Torriani non piacque a Giovanni Michelotti, prezioso collaboratore nell’organizzazione del Giro. A distanza di anni da quell’episodio mi confidò: “Zavoli, di cui ero molto amico, non ha avuto il coraggio di fare a me la proposta di annullare la tappa perché sapeva che mi sarei opposto o per lo meno avrei voluto una approfondita discussione per esaminare tutti gli aspetti e tutte le conseguenze. Tempo che Zavoli non aveva perché ‘il Processo’ era in diretta ed una decisione storica annunciata direttamente in tv avrebbe ulteriormente accresciuto la popolarità della sua trasmissione, così ha pensato di scavalcarmi. Con questa decisione, però, era stato penalizzato Gimondi che alle Tre Cime aveva distanziato Anquetil conquistando il vertice della classifica e ipotecando la vittoria finale. Lui aveva a cuore il suo ‘Processo’, a me interessavano le sorti del Giro. Per questo motivo, quando ho potuto, ho rimesso in parità il piatto della bilancia”.

Mathiev Van der Poel - bettiniphoto

Gianni Motta

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da sx Jacques Anquetil, Eddy Merckx e Felice Gimondi

Due giorni dopo, nella TrentoTirano con un nuovo percorso per l’impossibilità ad affrontare il Passo dello Stelvio chiuso per neve, dopo aver attaccato invano sul Tonale, poco prima dell’Aprica, uno scatto di Gimondi sorprese Anquetil. Sotto una breve galleria, nella scia della vettura di Michelotti (senza che qualcuno potesse assistere alla scena) il vantaggio di qualche decina di metri si dilatò. Dopo di che il campione bergamasco effettuò la sua solitaria e straordinaria cavalcata che gli permise a Tirano di conquistare la maglia rosa ed il primo dei suoi tre Giri d’Italia. Piccole storie di grandi uomini protagonisti di uno sport che resta affascinante con tutti i suoi limiti ed i suoi difetti. Felice Gimondi

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MONDO ACSI

SU E GIÙ

per lo Stivale a cura della redazione

Dalla Sanremo alla Gran Fondo di Padova, passando per Faenza e Francavilla al mare, è decollato il calendario 2018 dell’ente di promozione. Con un occhio alla natura e uno ai valori più sani dello sport

Dopo le prime prove del Campionato Nazionale ACSI granfondo-mediofondo sfumate o posticipate a causa delle condizioni meteo avverse (in primis sulla riviera ligure), ACSI Ciclismo guarda avanti entrando nel vivo con le prime scoppiettanti manifestazioni su due ruote che hanno dato il “la” alla stagione. La Granfondo La 34

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Classicissima – Sanremo (IM) si è svolta sotto le direttive dell’Unione Cicloturistica Sanremo 1969 ed ha fatto assaporare attimi di grande ciclismo, snodandosi fra le più suggestive località della provincia di Imperia, partendo in riva al mare e direzionandosi poi verso ponente.

Il percorso ha toccato alcuni dei borghi più suggestivi della riviera, tra l’entroterra e la costa, per poi proseguire

verso il confine francese e Dolceacqua, uno dei “borghi più belli d’Italia”. Cuori medievali dal fascino seducente, centri storici immersi nella natura, lunghe salite e discese a perdifiato, la manifestazione ACSI ha portato a spasso i concorrenti con il percorso granfondo a proseguire sulla statale Aurelia in direzione levante, alla volta della roboante erta “La Cipressa”, scendendo nuovamente verso la costa e puntando spediti verso il traguardo e l’ultimo, decisivo, ostacolo: Il Poggio di Sanremo. Affrontare i “luoghi di culto” del ciclismo è uno dei mantra di ACSI, ente di promozione sportiva che - alla base dei propri movimenti - ha in primis la ‘felicità’ dei cicloamatori, proponendo contest sportivi di alto livello e scenari mozzafiato che nel Belpaese di certo non mancano. Da una “classicissima” alla 24.a edizione della Gran Fondo Davide Cassani, un’altra prova d’apertura che nel Campionato Nazionale non manca mai, ma questa volta si bada


al sostegno del ciclismo giovanile, sul quale anche ACSI Ciclismo punta molto. Una gara che non ha come obiettivo l’agonismo ma il favorire lo sviluppo e la passione giovanile per il ciclismo, una base importante da cui partire, affermandosi magari in futuro come atleti, ma badando innanzitutto alla propria salute e alla sicurezza sulla strada. Sfide sempre più ardite e sentite con il passare dei mesi, con il mese di marzo concluso addirittura da un poker: Granfondo Città di Padova, Granfondo Fara in Sabina (RI), Granfondo Sant’Angelo Lodigiano (LO) e La Michettiana di Francavilla al Mare (CH). La competizione padovana ha visto sfilare 2.000 ciclisti, premiando anche l’apporto di oltre 300 volontari ed una manifestazione che, culminando a Prato della Valle, una delle piazze più rinomate d’Italia, ha fatto respirare agli amatori il profumo di una grande classica, anche dal punto di vista storico e culturale. Nell’ambito della Granfondo Fara in Sabina, gara del circuito laziale Pedalatium, i concorrenti hanno avuto ampia scelta in merito ai percorsi, rispettivamente di 36 km (cicloturistico), 84 km (mediofondo) e

122 km (granfondo), fra strade rigorosamente sgombre dal traffico e salite che hanno di fatto “tenuto lontana la pianura”, confermando il Campionato Nazionale ACSI più variegato che mai. Ha fatto la scelta giusta anche chi si è presentato ai nastri di partenza della Granfondo di Sant’Angelo, con un migliaio di atleti premiati dal meteo nonostante la frescura, ed il Makako Team a portarsi a casa la “Bicicletta d’Oro”, un trofeo triennale assegnato alla società che in questo lasso di tempo riesce a portare il maggior numero di partecipanti. A Sant’Angelo Lodigiano i ciclisti potevano gustarsi anche una variante ciclostorica, che ha fatto salire in sella gli amanti del vintage in una prova davvero a tutto tondo. Gli amici della granfondo abruzzese Michettiana si sono infine potuti divertire nel percorso di 100 km e 1350 metri di dislivello, un tracciato che ha concesso parentesi gloriose, per aumentare il chilometraggio in vista dei prossimi appuntamenti ACSI firmati 8 aprile: Colnago Cycling Festival a Desenzano del Garda (BS), Granfondo Paolo Bettini a Pomarance (PI) e Granfondo Andora (SV).


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SCATTO D’AUTORE GIRO DELLE FIANDRE 2018 by Bettiniphoto

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Domande a...

Parola di ex

La nuova vita di Danilo Napolitano É stato uno degli sprinter più quotati degli ultimi anni, anche se nella sua carriera bruciano i rimpianti per i tanti secondi posti: “Ma la mia vittoria al Giro se la ricordano tutti”

Danilo Napolitano, uno degli sprinter più quotati degli ultimi anni, dopo una lunga carriera, nel 2017 ha deciso di appendere la bici al chiodo. Una decisione senza rimpianti assunta con la lucida convinzione di chi – dopo quindici anni ad alti

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livelli – sa di aver dato il meglio di sé: “In effetti – spiega Danilo incontrato durante la Settimana Internazionale Coppi e Bartali – la scelta di ritirami non è stata particolarmente sofferta. Diversamente, avrei certamente provato a strappare un altro anno di contratto. E’ stata una scelta dettata

dall’età ma anche dalla mancanza di stimoli. In ogni caso il mio obiettivo era quello di smettere da protagonista, così da poter ricordare anche ai miei tifosi quello che ho fatto di positivo e le emozioni che ho saputo regalare.” Addio alle volate, ma non al mondo del ciclismo però…


Danilo Napolitano

by Bettiniphoto

“Fortunatamente sono riuscito a trovare un’alternativa per restare nell’ambiente. Oggi infatti ricopro il ruolo di autista nel servizio di assistenza meccanica neutra, sia per Scott che per Vittoria. Quali sono gli appuntamenti a cui parteciperai prossimamente? Avrò l’opportunità di partecipare, oltre che a tutte le gare del GS Emilia, anche ad appuntamenti internazionali come i Campionati Europei e il Tour of Britain ad esempio”. Ma come è iniziata questa nuova avventura? “Appena ho smesso di correre, ho dato la mia disponibilità al gestore del servizio corse Scott Giancarlo Rinaldi. La mia era più che altro una battuta, lui invece mi ha preso subito sul serio ed è stato felicissimo di accettarmi. Oggi quell’opportunità è diventata un

lavoro ed io sono davvero contento di questo ruolo”. Facciamo un bel tuffo nel passato. Quando è nata la tua passione per il ciclismo e come hai iniziato? “Sono praticamente cresciuto nell’ambiente del ciclismo, avendo un fratello più grande che già correva quando io ero ancora in fasce ed uno zio che gestiva una squadra. Ho iniziato a gareggiare a sette anni; nel 1999 son emigrato al Nord e da quel momento ha preso il via il mio percorso che, anno dopo anno, mi ha portato nel mondo del professionismo. Oggi, se mi volto indietro, posso dire di essere soddisfatto della mia carriera. Certo mi sarebbe piaciuto trasformare tutti quei secondi posti in vittorie, ma c’è anche da considerare i campioni che ho dovuto affrontare.

a cura di Davide Pegurri

“Appena ho smesso di correre, ho dato la mia disponibilità al gestore del servizio corse Scott Giancarlo Rinaldi. La mia era più che altro una battuta, lui invece mi ha preso subito sul serio ed è stato felicissimo di accettarmi. Oggi quell’opportunità è diventata un lavoro ed io sono davvero contento di questo ruolo”. Non ho comunque nessun rimpianto perché sono consapevole di aver sempre dato il massimo”. Tanti anni da professionismo, quel è stato il momento più bello? “Sicuramente la vittoria al Giro d’Italia, penso che molti si ricordino ancora oggi di quel trionfo. Sono riuscito a battere Alessandro Petacchi a casa sua, nella tappa con arrivo a Lido di Camaiore. Provo orgoglio per quel LIFESTYLE INBICI

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10 DOMANDE A DANILO NAPOLITANO

Danilo Napolitano

successo anche perché Alessandro è stato l’avversario più forte che ho incontrato. Potevo batterlo solo quando sbagliava la volata e, in quell’occasione, sbagliò”. Quale invece il momento più difficile? “Quando è venuto a mancare mio padre. La stagione a cavallo tra il 2010 e il 2011 è stata davvero dura, è andato tutto storto, ho avuto la mononucleosi, ho faticato a trovare una squadra e molte altre avversità. Nonostante ciò sono riuscito a risollevarmi e continuare”. Non solo strada nella tua carriera. Cosa ti ha lasciato la pista? “Solo nel sentire la parola pista, come puoi notare, mi è venuta la pelle d’oca.

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Ho partecipato a due mondiali, uno a Bordeaux e uno a Palma di Maiorca, ottenendo un quinto e un undicesimo posto nella prova dello scratch. Cosa ricordi, in particolare di quella giornata? L’immagine che ancora oggi mi ricordo è quella dei centinaia di tifosi presenti al velodromo francese, pronti a incitarti e farti sentire il loro calore nel momento in cui transitavi vicino. Per un velocista come me la pista era qualcosa di veramente esaltante.” C’è qualche ex compagno col quale è nata una bella amicizia e col quale hai condiviso queste emozioni? “Sicuramente con Enrico Gasparotto. Purtroppo per mia sfortuna l’ho conosciuto solo a fine carriera quando

è venuto a correre con me in WantyGroupe Gobert. Lui è davvero una splendida persona e lo sento con piacere tutte le volte. Sono nate inoltre molte altre amicizie come quelle con Daniele Bennati e con tanti altri campioni del calibro di Sacchi, mio avversario ai tempi.” E per il futuro? Cosa farà Danilo Napolitano? “Per ora voglio rimanere a contatto con l’ambiente del ciclismo e soprattutto far bene in questo nuovo ruolo. In futuro valuterò invece se puntare alla collaborazione con qualche squadra o continuare con il servizio tecnico, senza avere grandissime responsabilità con i corridori”.



La morte di Michael Goolaerts

La tragedia

nel giorno della festa a cura di Carlo Gugliotta

L’impresa di Sagan alla Roubaix passa in secondo piano davanti alla tragica scomparsa del 23enne belga. Dopo la morte di Astori, un altro lutto scuote lo sport mondiale lasciando dietro di sé tanti dubbi irrisolti La vittoria di Peter Sagan alla Parigi-Roubaix è purtroppo passata in secondo piano sui media a causa della tragica notizia della morte di Michael Goolaerts, il corridore della Veranda’s Willems, compagno di squadra del campione del mondo di ciclocross Wout Van Aert.

Questo ragazzo di 23 anni si è alzato, al mattino, con la possibilità di coronare uno dei sogni che ogni corridore ha nel cassetto fin da quando è bambino, ovvero prendere parte alla Parigi-Roubaix, la regina delle classiche. Il suo ruolo sarebbe stato impor-

tante per permettere a Van Aert di rimanere davanti nelle fasi più importanti della corsa.

Siamo sul secondo settore di pavè, quello di Biastre. Mancano ancora 150 km alla fine della corsa: è vero che sono tantissimi, ma in una corsa come la Roubaix ogni metro può es-


sere fondamentale. C’è già stata una caduta in precedenza, quindi bisogna essere molto attenti: sono le 13:40 e il corridore transita tranquillamente sul pavè, senza dare segnali particolari, come testimoniano anche le foto scattate da Luca Bettini che era fermo ad immortalare il passaggio dei corridori. E invece, nemmeno 5 minuti più tardi, Goolaerts finisce a terra. Molti corridori pensano a una semplice caduta, ma i medici al seguito della gara capiscono fin da subito che si tratta di un malore. Il resto della storia è tristemente noto: il corridore viene portato a Lille, perde e riprende più volte conoscenza. Alle 22.40 il soffio vitale si spegne. Proprio nel momento

in cui stava coronando il suo sogno, quello di gareggiare in una manifestazione così importante. Michael era al suo secondo anno da professionista, lentamente si stava facendo spazio tra i grandi grazie al fatto che la sua squadra era diventata un team di categoria Professional, licenza che gli ha permesso di ottenere degli inviti così prestigiosi. La squadra, però, non si è fermata: come è stato riportato in un comunicato ufficiale, la Veranda’s Willems ha deciso di prendere parte al Giro del Brabante “dopo aver consultato la famiglia di Michael e i nostri corridori. Disputeremo la gara con Michael nelle nostre menti”. Tanti interrogativi arrivano nella testa delle

persone che hanno seguito, da vicino o da lontano, questa immane tragedia: perché un ragazzo così giova-

ne deve perdere la vita in questa maniera? Perché uno sportivo può essere vittima di un infarto se è controllato in ogni modo possibile e immaginabile? Sono ri-

sposte alle quali nessuno può rispondere. Stiamo vedendo troppi sportivi morire di infarto: anche Davide Astori, capitano della Fiorentina di calcio, ha perso la vita a causa di un malore fatale poche ore prima di una partita. Sono due casi molto simili, che lasciano sgomenti e tanti punti interrogativi esistenziali. credit Bettiniphoto


Roberto Sgalla

Tavola rotonda sulla sicurezza “In Italia abbiamo allevato una società di guidatori indisciplinati e intolleranti, che si riversa sugli utenti deboli, cioè pedoni e ciclisti. E lo stesso ciclista, quando sale in auto, diventa spesso intollerante perché neppure lui ha la cultura dell’uso della strada corretto” È una delle tante illuminate convinzioni del Prefetto Roberto Sgalla che – nella duplice veste di Direttore delle specialità della Polizia di Stato e Presidente della Commissione Nazionale dei direttori di corsa e sicurezza della FCI – sarà la gueststar dell’importante convegno sulla sicurezza stradale di sabato 5 maggio (ore 10) al Fantini Club. L’evento, che si svolge in collaborazione con la Polizia di Stato Italiana, sarà condotto dal giornalista di InBici Gianluca Giardini. Oltre al Prefetto Sgalla, alla tavola rotonda intitolata “La bici: mobilità, sport, sicurezza, turismo”, parteciperanno Luca Coffari (Sindaco di Cervia), Claudio Fantini (A.D. Sportur, organizzatore Granfondo “Via del Sale”), Andrea Corsini (Assessore al Turismo e Commercio dell’Emilia-Romagna), l’Onorevole Gianni Tonelli, Emiliano Borgna (Responsabile Nazionale ACSI Ciclismo) e Silvano Antonelli (Presidente G.S. Progetti Scorta). Ma il grande protagonista dell’evento, come detto, sarà il Prefetto Roberto Sgalla, cre44

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denziali alla mano la voce più autorevole delle istituzioni italiane. Una conoscenza che, al di là della preparazione accademica, affonda saldamente le radici nel suo solido percorso professionale che, negli anni, l’hanno sempre visto in prima linea contro le criticità endemiche delle nostre strade. Il Prefetto Sgalla si batte da sempre per la modifica del Codice della Strada, ma soprattutto è ormai considerato “ad honorem” l’ispiratore di una rivoluzione culturale che oggi, finalmente – nel paese più indisciplinato del mondo – sta diventando virale. Prefetto Sgalla, è cresciuta in questi anni in Italia la sensibilità verso il tema della sicurezza sulle strade? “Direi di sì. Grazie ad una massiccia campagna di sensibilizzazione, che ha investito tutti i livelli delle istituzioni e della società civile, mi pare che, sul piano culturale, questo Paese stia facendo qualche passo avanti”. Col massimo del pragmatismo, qual è la prima cosa da fare per migliorare la sicurezza di chi va in bicicletta? “Quello della visibilità del ciclista mi pare un tema centrale perché molti sinistri

sulle strade sono provocati dagli automobilisti che, per qualche ragione, non si accorgono del transito della bicicletta. Per questo lancio un appello alle aziende che producono divise tecniche per ciclisti: cucite sui capi d’abbigliamento delle fasce riflettenti per aumentare al massimo la visibilità di chi pedala. È un provvedimento semplice che, mi auguro, possa diventare in futuro anche una norma del nostro codice”. Lei si è già detto favorevole anche all’obbligatorietà del casco per i ciclisti… “Ed è una posizione che ribadisco perché con un casco omologato in testa, in caso di caduta, ci sono molte meno probabilità di farsi male”. Lei è anche un discreto ciclo-amatore. Come valuta il livello di sicurezza delle granfondo italiane? “Impossibile generalizzare. C’è chi, con grande scrupolo e competenza – come la Gran Fondo del Sale - rispetta tutti gli standard di sicurezza e chi, al contrario, lavora con una pericolosa facilonerìa. Io credo che non ci si possa improvvisare ‘organizzatori di corsè perché con l’incolumità dei ciclisti non si scherza”.



La Leggendaria Charly Gaul

Alle origini del mito a cura della redazione

Dal 6 all’8 luglio in Trentino si rinnova l’appuntamento tradizionale con la Gran Fondo Uci. E tra i tornanti delle salite più insidiose rivive l’impresa che ha segnato un’epoca 46

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“Dai turbinii della tempesta sbuca un uomo solo…”. Per raccontare l’epopea leggendaria di Charly Gaul sul Monte Bondone si deve partire da lontano, arrivando a “La Leggendaria Charly Gaul - UCI Gran Fondo World Series” dei giorni nostri. L’evento trentino quest’anno è previsto dal 6 all’8 luglio fra la cronometro di Cavedine, “La Moserissima” intitolata ad un altro mostro sacro delle due ruote legato al Trentino, Francesco Moser, chiudendo appunto con i percorsi di 141 km e 4000 metri di dislivello e di 57 km e 2000 metri di dislivello della tredicesima edizione. Il lussemburghese, come tutti i “geni” dello sport e non solo, poteva alternare prestazioni bibliche a performance non proprio ottimali: “Sky was the limit” per l’Angelo della Montagna, in alta quota fa freddo, e chi meglio di lui abituato alla “frescura” dei vicini Paesi Bassi poteva sfrecciare tra neve, ghiaccio e gelo, andando a conquistare la tappa di 242 chilometri del Giro d’Italia dell’8 giugno 1956 che ancor oggi resta una delle cronache che fanno del ciclismo uno sport di sacrificio, ma anche di stupende narrazioni. Vento gelido, pioggia ed il Costalunga, il Rolle, il Gobbera, il Brocon e il Bondone da conquistare. Charly Gaul sfidava il freddo con le maniche corte, fuggendo

dalle basse temperature, da tutto e da tutti, continuando a pedalare fino al traguardo. Più di un’ora per capire cosa fosse successo e per indossare la maglia del primato, con alle spalle corridori assiderati fermatisi tra osterie, bar, rigenerati dal calore delle coperte ed i pochi coraggiosi a presentarsi alla finish line quasi incapaci, con le mani congelate, di scendere dalla bicicletta. Per onorare al meglio questa meravigliosa storia di sport e sudore, l’organizzazione dell’APT Trento, Monte Bondone, Valle dei Laghi ed ASD Charly Gaul Internazionale sforna prove da urlo, culminanti con la “sfida delle sfide” targata UCI Gran Fondo World Series, con la possibilità di qualificarsi alle finali dei Campionati del Mondo Amatori e Master e di ottenere punti preziosi nei circuiti Alé Challenge e InBici Top Challenge, i quali racchiudono la crème de la crème delle competizioni ciclistiche nostrane. Gli scenari proposti sono troppo belli per non essere vissuti appieno, per giunta il programma riserva anche una visione più ampia del panorama, coinvolgendo nell’evento anche la spettacolare Valle dei Laghi che impegnerà i velocisti nella cronometro di Cavedine di venerdì 6 luglio, 24 km e 442 metri di dislivello tutti da vivere, e la ciclostorica “La Moserissima” lungo strade bianche dallo spirito “eroico” e scenografico, i protagonisti abbigliati con vestiti d’epoca e vecchie biciclette definite “cavalli d’acciaio” sulle

quali gli amanti del vintage saliranno sabato 7 luglio per regalarsi una giornata d’altri tempi. Le quote d’iscrizione fino al 30 giugno sono così suddivise: 62 euro per la cronometro di Cavedine o per “La Leggendaria Charly Gaul”, 80 euro per partecipare sia al contest contro il tempo che ai percorsi mediofondo o granfondo, e 50 euro per “La Moserissima”, senza dimenticare l’opzione soggiorno “Una vacanza leggendaria”, da considerare per affrontare più gare e per godersi un invitante “luglio trentino”. Nella mitologia classica, l’eroe è “un semidio o uomo dotato di virtù eccezionali e autore di gesta leggendarie”, Charly Gaul ne incarna appieno lo spirito, ma per partecipare alle mirabolanti sfide dell’APT Trento, Monte Bondone, Valle dei Laghi ed ASD Charly Gaul Internazionale non bisogna necessariamente essere dei “supereroi”, basterà avere un buon allenamento nelle gambe. La crono in Valle dei Laghi è per gli specialisti del pedale che usano biciclette ad hoc, anche se qualcuno non disdegna una “classica” per affrontare al meglio l’ultima salita, “La Moserissima” è veramente per tutti, “cavalcando” in compagnia del ciclista italiano più vincente di sempre e fermandosi ai gustosi ristori presenti, tra i quali anche uno a “casa Moser”, mentre il dislivello considerevole de “La Leggendaria” richiede una buona preparazione atletica. Sfide per tutti, non resta che montare in sella.

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Giro delle Miniere

La Sardegna sui pedali

Nell’isola più bella la corsa più suggestiva: tre tappe da non perdere sui tracciati incontaminati di Iglesias a cura della redazione La 19/a edizione del Giro delle Miniere riparte all’insegna della tradizione, con le maglie tricolori già in cerca di autorevoli candidati.La prima delle tre tappe sarà infatti valevole come campionato italiano FCI a cronometro: sul circuito di 12 chilometri, con la strada che tende ad andare leggermente in discesa, i migliori cronomen si sfideranno per conquistare la tanto ambita maglia tricolore. Si prevedono prove velocissime, in quanto lo scorso anno, sullo stesso circuito, si sono sfiorati i 54 km/h di media. Sarà il comune di Pabillonis ad ospitare la cronometro tricolore il 2 giugno 2018. Il giorno seguente i corridori affronteranno la “Granfondo delle Miniere Memorial Roberto Saurra” con partenza e arrivo nei pressi della miniera di Monteponi. Molto impegnativo

il tracciato: 120 km per 1870 metri di dislivello, lungo paesaggi incastonati tra i monti del Sulcis Iglesiente, con le tradizionali miniere che è possibile ammirare anche dalla strada ed i bellissimi paesaggi marittimi tipici della Sardegna, con spiagge che vengono invidiate in ogni parte del mondo. L’ultima delle tre giornate di gara, prevista per il 4 giugno, prevede un circuito leggermente vallonato: 3 giri da percorrere per 94 km complessivi da coprire sul circuito naturale del Cixerri” a Villamassargia. Il comitato organizzatore informa gli amatori che vogliono recarsi in Sardegna per vivere questa emozionante avventura che il costo di iscrizione è di 70 euro: la quota offre il diritto di partecipare a tutte e tre le tappe. Molto ricche saranno le premiazioni, in quanto al termine di ogni tappa ci saranno

Comune di Iglesias

Comune di Gonnosfanadiga

non solo le premiazioni di giornata ma anche quelle riguardanti la classifica generale, che sarà suddivisa in fascia A e fascia B sia maschile che femminile. Per i migliori sono previsti anche dei buoni benzina. Per partecipanti e accompagnatori si prospetta quindi l’occasione perfetta per conoscere le spiagge e i luoghi incantati della Sardegna. Tutto questo è possibile grazie all’Assessorato allo Sport e al Turismo, che sostengono fortemente il Giro delle Miniere. Tutti coloro che intendono partecipare all’evento avranno l’ospitalità gratuita dall’organizzazione e potranno soggiornare a mezza pensione presso strutture ricettive dotate di ogni comfort. Per prenotare è possibile contattare direttamente l’organizzatore. Luigi Mascia al numero di telefono 348 9361032

Comune di Pabillonis

Comune di Villamassargia


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L a m a s s i m a e s p re s s i o n e dell’unione tra performance e look elegante: Impero Jersey

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SCATTO D’AUTORE GIRO DELLE FIANDRE 2018 by Bettiniphoto

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Gran Fondo del Capitano

Tra eremi e foreste Il passaggio della Granfondo del Capitano sul passo dei Mandrioli ( foto PLAYFULL)

a cura della redazione

Il 10 giugno si celebra la nona edizione della manifestazione di Bagno di Romagna. Come sempre un’occasione per immergersi nella natura incontaminata dell’Appennino Tosco-Romagnolo Vi piacciono le sfide? Allora segnatevi questa data“10 giugno 2018” e questa location “Bagno di Romagna” e preparatevi alla9ª edizione dellaGran Fondo del Capitano, una delle più impegnative corse per amatori del centro-Italia. Nata nel 2009 in questo lembo di Appennino Tosco Romagnolo, la Gran Fondo del Capitano deve il suo

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successo alla bellezza dei tracciati. La mission della manifestazione è stata, fin dal principio, la sensibilizzazione allo sport, ai valori sani della vita e alla valorizzazione del territorio (natura, gastronomia e wellness). Obiettivi sposati in sintonia con gli ideali della Wellness Foundation e di APT Emilia Romagna che da sempre patrocinano l’evento, garantendo così la collaborazione con gli operatori turistici e offrendo a ciclisti e famiglie un’esperienza straordinaria. Il concept dell’ottava edizione era dedicato al “rosa”, in onore del 100° Giro d’Italia che aveva fatto tappa proprio a Bagno di Romagna ripercorrendo buona parte del percorso della Gran Fondo. Nella settima edizione, invece, nell’ambito della rassegna, si era svolto il Mondiale Giornalisti, evento che ha attirato ospiti internazionali e portato il nome di Bagno di Romagna fuori dal contesto italiano. Tale edizione, dedicata al tema “doping”, è stata appoggiata dal campione olimpico Filippo Magnini. Bagno di Romagna è una perla immersa nella natura, a cavallo tra l’Emilia-Romagna e la Toscana. Trae il nome dalla presenza delle sue sorgenti di acque termali ed è caratterizzata sia dalla salutare aria per la sua vicinanza al

Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, sia dalla presenza di fonti di acque saline adatte per la cura di molte malattie. Proprio la Riserva Integrale di Sasso Fratino, facente parte del Parco delle Foreste Casentinesi, è diventata patrimonio mondiale dell’UNESCO. Come sempre grande attenzione per le iniziative collaterali alla manifestazione: escursioni nei territori ricchi di sentieri nel verde e luoghi storici, ma anche laghi e montagne che ben si prestano ad attività di trekking, e-bike e mountain bike. Obiettivo del progetto è trasmettere il legame tra cultura, territorio, gastronomia e rispetto dell’ambiente. Gli eventi collaterali hanno il compito di far divertire e sensibilizzare il pubblico sui temi green e i valori che da sempre distinguono la Gran Fondo di Bagno di Romagna. In programma anche concorsi fotografici, appuntamenti didattici nelle scuole, pedalate gourmet, mercatini, concerti, showcooking e visite nei luoghi del gusto. L’area dell’innovazione sociale, invece, riconferma alcune delle azioni intraprese nella scorsa edizione, come i percorsi guidati per disabili, oppure le attività e i servizi dedicati alle famiglie, o ancora la promozione di conferenze a tema.



NOVITÀ IN RETE

Siglato l’accordo fra il gruppo editoriale e il service Pulse Media Group Srl you tube

oltre 4.000.000 visualizzazioni

inbici.net

150.000

visite/annue

il magazine

social network

120.000

oltre 80.000 followers

copie/annue

Tra gli appuntamenti clou, il Giro dell’Appennino, il Trittico Lombardo e Il Giro dell’Emilia Una nuova incredibile esclusiva InBici per tutti gli appassionati di ciclismo. Negli ultimi giorni di febbraio, il gruppo editoriale ha siglato un accordo con la Pulse Media Group Srl, il service televisivo che detiene i diritti di produzione e distribuzione digitale (per l’Italia ed il mondo) di tutte le corse del circuito Ciclismo Cup 2018. Si tratta di un carnet di appuntamenti di grande prestigio che comprende, fra le altre, la Settimana Internazionale Coppa e Bartali, il Giro dell’Appennino, il Trittico Lombardo, Il

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Giro dell’Emilia e tante altre corse storiche del calendario italiano. In virtù di questo nuovo accordo, il gruppo Inbici - attraverso le sue piattaforme social - potrà trasmettere le dirette di tutte le gare del circuito 2018. Basterà infatti collegarsi alla pagina facebook @inbicimagazine per seguire in esclusiva web le gare più avvincenti del calendario italiano. Dopo il Trofeo Laigueglia, il Gp Industria e Artigianato e la settimana Internazionale Coppi e Bartali, gli appassionati di ciclismo potranno seguire, in diretta

social il Tour of the Alpès dal 16 al 20 aprile. A seguire Giro dell’Appennino, Ionica Race, Coppa Agostoni, Coppa Bernocchi, Giro della Toscana, Coppa Sabatini, Memorial Marco Pantani, Trofeo Matteotti, Giro dell’Emilia, GP Beghelli e gran finale il 9 ottobre con la Tre Valli Varesine. “L’accordo - spiega

l’editore Maurizio Rocchi - segna un nuovo importante salto di qualità per il nostro gruppo editoriale che, dopo aver investito tanto nel magazine, nel sito web e sui social, da quest’anno ha acquisito anche i diritti televisivi delle più importanti corse italiane da trasmettere in digitale sulla nostra pagina facebook. Si tratta di un passaggio importante perché, dopo una leadership ormai riconosciuta nel settore granfondistico, InBici diventa un protagonista importante anche sul mercato del ciclismo professionistico”.


IL SALONE DELLE BICI PER TUTTI THE BIKE EXHIBITION FOR EVERYONE

Verona 8 - 10 Settembre / September 2018 COSMOBIKE OUTDOOR DEMO 7 Settembre / September 2018


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SCATTO D’AUTORE PARIGI ROUBAIX - MARCUS BURGHARDT, DANIEL OSS by Bettiniphoto

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a cura della redazione

credit Newspower.it

Granfondo Marcello Bergamo

La storia rinasce a Borgomanero Dopo tre edizioni disputate nel centro di Novara, l’evento trasloca in una nuova location. Con grande soddisfazione del primo cittadino: “Una splendida occasione per mostrare all’Italia i nostri tesori” 58

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Come avviene per tutte le gare organizzate dal Gs Alpi, infatti, la grande festa di ciclismo sarà spalmata su due giorni. Sabato 12 maggio si aprirà l’area expo nel villaggio di partenza, ci sarà l’apertura della segreteria presso la quale sarà possibile ritirare i pacchi gara e soprattutto ci saranno numerosi eventi collaterali, come la degustazione di vini in cantina, l’esibizione delle majorette, le lezioni di spinning alle ore 16 e il concerto in piazza Martiri alle ore 21. Un programma davvero molto ricco, con tutta la città di Borgomanero interamente coinvolta in questo grande evento che è la Granfondo Marcello Bergamo. Tutti questi eventi faranno da preludio alla gara di domenica 13 maggio e alle ricche premiazioni che si svolgeranno nel primo pomeriggio. Saranno due i percorsi a disposizione dei corridori, che avranno il privilegio di poter pedalare a ridosso del Lago D’Orta e non lontano dalle pendici del Monte Rosa. Il tracciato corto misura 82 km per 1583 metri di dislivello, mentre il percorso lungo è di 118 km per 2570 metri di dislivello. In occasione della gara sarà promosso l’hashtag #gfmarcellobergamo con cui tutti, ciclisti e appassionati, potranno condividere

Grande novità per la la Granfondo Marcello Bergamo: dopo tre edizioni disputate a Novara, per il 2018 ci si sposta in una nuova location, quella di Borgomanero. L’appuntamento, che coinvolgerà come di consueto numerosi appassionati, è per il 12 e 13 maggio.

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sui social i momenti più belli della due giorni. Sponsor principale della manifestazione è l’azienda di abbigliamento sportivo Marcello Bergamo, azienda fondata negli anni ‘70 grazie ad una felice intuizione di Marcello Bergamo, il quale - appena terminata la sua brillante carriera di corridore professionista - decise di tradurre concretamente le sue competenze e di metterle a disposizione di tutti gli appassionati del mondo delle due ruote. Nata nel 1978, quest’anno la Marcello Bergamo festeggia i 40 anni di attività e lo fa nel modo migliore, sponsorizzando la Granfondo. Lo scorso 30 marzo è stata presentata ufficialmente la Granfondo presso il Comune di Borgomanero. Durante la conferenza stampa, alla presenza di un pubblico numeroso, sono intervenuti alla cerimonia di presentazione Sergio Bossi, sindaco di Borgomanero, Vittorio Mevio, presidente del Gs Alpi, Marco Saggia, in rappresentanza del main

Per ulteriori informazioni è possibile consultare il sito ufficiale della manifestazione: www.granfondoborgomanero.it

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sponsor Marcello Bergamo, Aberto Filippini, responsabile provinciale ACSI Ciclismo Novara e molti altri amici dell’organizzazione, tra i quali Manuel Oioli, campione italiano esordienti. Ad assistere, in sala, anche le autorità locali e i rappresentanti degli sponsor della Granfondo novarese.

“Questa Granfondo Marcello Bergamo nasce come prima edizione ma ci auguriamo che abbia lunga vita. Lo scopo è quello di farla conoscere a livello internazionale - ha affermato Vittorio Mevio, presidente del Gs Alpi - anche per promuovere il territorio novarese. I percorsi proposti sono davvero ben studiati, con un occhio particolare alla sicurezza. A tal proposito abbiamo dovuto variare un tratto del per-

corso trasformando quelle che erano le tre discese centrali in salite, così da scongiurare eventuali difficoltà eccessive. Infine a me interessa che la manifestazione non sia fine solo a se stessa ma diventi anche un volano per il turismo locale.” Entusiasmo anche nelle parole del sindaco del comune di Borgomanero: “Prima di tutto voglio ringraziare il mio assessore Annalisa Beccaria che ha sempre creduto in questa Granfondo ed è doveroso ringraziare anche il Gs Alpi per la sua disponibilità. Per noi è motivo di orgoglio ospitare una manifestazione così prestigiosa. Vogliamo far conoscere il nome di Borgomanero anche nelle altre regioni. Il nostro è un territorio fantastico ricco di storia e specialità da mostrare a tutta l’Italia.”



// CICLO & VENTO

Shopping a due ruote, a cura della redazione

Il 18 maggio a Cesenatico apre il sipario la 23ª edizione della Fiera del Ciclo. Aspettando la Nove Colli, un’occasione per scoprire tra le ultime novità del settore bici Maggio è il mese ideale per chi ama andare in bicicletta. Per questo, ormai da mezzo secolo, a Cesenatico, maggio è il mese consacrato al ciclismo. Il “taglio del nastro”, come tradizione impone, è con Ciclo & Vento, fiera internazionale delle due ruote, previ-

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sta il 18 e 19 maggio, che anticipa la leggendaria Nove Colli. Quest’anno Ciclo & Vento compie ben ventitre anni. La rassegna è diventata “grande” in tutti sensi, accoglie otre trentamila persone, ciclisti amatori con le famiglie, professionisti o semiprofessionisti, curiosi e turisti, tutti insomma, accomunati dalla passione per la bicicletta. La fiera si colloca in centro città, piazza Andrea Costa e viale Carducci, sotto il grattacielo, completamente libera negli accessi e gratuita. Le ultime edizione hanno sfiorato le cento ditte partecipanti in rappresentanza di ben dodici nazioni e, anche quest’anno, il trend di crescita non si arresterà. Oltre alla ricca proposta dedicata alla componentistica, la fiera offre al ciclista veramente di tutto: caschetti, occhiali, abbigliamento tecnico, scarpe, tutti gli accessori tecnologici del wellness e del fitness, integratori, preparatori atletici, consulenti e le migliori riviste del settore. Mille sono le opportunità da conoscere e le novità da provare. La fiera apre alle ore 9.00 e chiude alle ore 22.30, sia il ve-

nerdì che il sabato. L’evento è animato da esibizioni sportive e dalla musica dal vivo. E qui in fiera ci sono gli ultimi ritocchi, il ripasso generale prima del grande evento, il giusto abbigliamento ergonomico e leggero, i rifornimenti alimentari necessari per non morire in corsa perché duecento chilometri in collina non sono pochi. La Fiera Ciclo & Vento è un momento di gioia per tutti, per gli utenti fruitori degli stand e per la città. Fondatori e organizzatori sono Confartigianato Federimpresa Cesenate e Confesercenti Cesenate, associazioni di categoria che 23 anni fa hanno pensato l’expo come volano primaverile per il turismo di Cesenatico, una opportunità per creare interesse anche in bassa stagione. Una bella idea sicuramente fortunata che, come certificano i numeri, ha portato tanta soddisfazione. Insomma, la Romagna è pronta ad accogliervi: qui, da sempre, il sorriso è contagioso e in queste due giornate chi ama la bicicletta trova a Ciclo & Vento un vero paradiso. www.cicloevento.it



3Epic Cycling Road

Pedalando tra le nuvole Il 10 giugno, nel cuore delle Dolomiti, la corsa più temuta: sei salite cronometrate in uno scenario che ha scritto le pagine più belle della storia del ciclismo Più che un evento è un omaggio. Un’ideale standing ovation alla bellezza inestimabile della natura. Al centro dell’affresco – che il prossimo 10 giugno celebra la sua terza edizione - un monumento del Creato: le Tre Cime di Lavaredo che, ciclisticamente parlando, ricordano una salita leggendaria dove si sono scritte alcune delle pagine più emozionanti di questo sport. Per questo uno scenario così in simbiosi con il ciclismo non poteva non avere una sua Granfondo 64

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anzi, una sua Grandonnèe (così è stata infatti ribattezzata, fin dalla prima edizione, la 3Epic Road). È nato così il format delle salite cronometrate che, nella prima edizione, non ha suscitato molto interesse (i partecipanti sono stati poco più di 600) come tutte le novità del resto. Ma già alla seconda edizione il numero dei partecipanti era più che raddoppiato. Questa formula particolare è molto apprezzata dagli atleti stranieri e, ad oggi, un po’ meno dagli italiani. Ma crediamo sia solo questione di tempo, perché la vera natura di questi eventi sta nel puro piacere di pedalare in luoghi incantevoli e in totale sicurezza. La sicurezza, appunto, un aspetto a volte trascurato da chi partecipa e organizza le Granfondo. Il cambio di rotta però è già iniziato: dopo la 3Epic è arrivata la Santini Stelvio e ancora la San Gottardo, che ha da sempre adottato questa formula delle salite cronometrate e la

Granfondo di Roma anche se, in questo caso, è un po’ improprio parlare di salite vere e proprie. SEI LE SALITE DELLA 3 EPIC CHE ANCHE QUEST’ANNO FARÀ PARTE DELL’INBICI TOP CHALLENGE. Si parte con il PASSO DI SANT’ANTONIO – DANTA DI CADORE che mette in comunicazione la Valle dell’Ansiei con il Comelico. Si prosegue con la VAL VISDENDE – FORCELLA ZOVO di 10,3 km ed una pendenza media del 5,7%. A seguire l’ascesa di COSTALISSOIO con partenza da Campitello ed una pendenza media dell’8,8%. Poi il celebre PASSO DI SANT’ANTONIO, salita breve ma aspra e irregolare, da non sottovalutare. Si arriva poi a MISURINA, la salita più lunga con i suoi 22 chilometri e mezzo di lunghezza. Infine, le TRE CIME DI LAVAREDO, l’erta più dura, un’ascesa ai confini del cielo, una di quelle che restano nei ricordi di tutti i ciclisti.


ERGONOMIA:

Sella Leggera con ampio canale ergonomico (“PAS” system) che riduce il contatto con la zona pelvica, elimina i picchi di pressione migliorando il flusso sanguigno.

DIMENSIONE:

La sella misura “245mm” in lunghezza e “143mm” in larghezza; la punta della sella più corta elimina il contatto tra tessuti molli in posizione aerodinamica o di massima spinta. La larghezza in zona seduta aumenta la superficie di appoggio per dissipare i punti di pressione.

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SCATTO D’AUTORE PARIGI-ROUBAIX FORESTA DI ARENBERG by Bettiniphoto

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Canapè Baby Challenge Selle Smp

In passerella la meglio gioventù a cura di Luca Alò

Con le prime due prove di Sant’Elpidio e Bastia Umbra è partito ufficialmente il nuovo circuito dedicato ai giovani È partito ufficialmente – con la disputa delle prime due tappe - il Canapè Baby Challenge Selle Smp, il nuovo progetto dedicato ai giovani che si svolge col supporto della Federazione Ciclistica Italiana e il sostegno dei main sponsor Selle Smp, Rigoni d’Asiago e Melania calzature. Chiara la mission: mettere in vetrina il meglio del ciclismo giovanile con le categorie Esordienti, Donne Allieve e Giovanissimi. La manifestazione è finanziata con gli introiti delle iscrizioni degli amatori che partecipano al Giro d’Italia Amatori che, devolvendo una quota al progetto, hanno contribuito alla realizzazione di questo challenge giovanile itinerante che si svolge tra Marche, Umbria, 68

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Puglia, Campania e Molise per un totale di 6 prove complessive. La prova d’esordio si è svolta a Sant’Elpidio a Mare, teatro del Trofeo Tommaso Romanelli per giovanissimi e del Trofeo Giuliano Renzi per esordienti, allievi e juniores donne con la regia dell’Op Bike Porto Sant’Elpidio. Il Trofeo Giuliano Renzi è andato in scena sul circuito pianeggiante a Contrada Luce (chiuso al traffico) con l’eccezione di un breve rettilineo in leggera ascesa verso il traguardo dove i partecipanti hanno fatto del loro meglio per ben figurare nel primo appuntamento della stagione. Obiettivo podio raggiunto per Matteo Valentini (Velo Club Cattolica), Samuele Scappini (A.S.D. Nestor Marsciano) e Vittorio Friggi (Asd Narnia 2014) tra gli

esordienti uomini 1° anno, Giulia Coppi (Team Npm Chianciano Salute), Beatrice Bertolini (OP Bike-MB Victory Team) ed Emma Meucci (Sc Campi Bisenzio) tra le esordienti donne 1° anno, David Rosioru (Il Pirata Z’niper World Bike), Anthoni Silenzi (OP Bike Porto Sant’Elpidio) e Umberto Salvatore Morea (Il Pirata Z’niper World Bike) tra gli esordienti uomini 2° anno, Eleonora Ciabocco (Team Di Federico Pink), Serena Semoli (Team Npm Chianciano Salute) e Sara Malucelli (SC Forlivese) tra le esordienti donne 2° anno, Luca Marziale (Il Pirata Z’niper World Bike), Armando Lettiero (Ciccio Stellato Team Balzano) e Federico Cardone (Team Eurobike) tra gli allievi uomini, Alessia Patuelli (Re Artù Factory Team),


Margherita Morelli (Bicifestival) e Rachele Bolzanini (Inpa San Vincenzo) tra le allieve donne, Sara Rossi (Club Ciclistico Corridonia), Valeria Pompei (Vallerbike) e Gaia Realini (Vallerbike) tra le juniores donne. In casa OP Bike Porto Sant’Elpidio bilancio positivo con la conquista dei titoli provinciali FCI Ascoli Piceno-Fermo per Federico

Ferranti (esordienti 1° anno) e Anthoni Silenzi (esordienti 2° anno), il secondo posto per Beatrice Bertolini (esordienti donne 1° anno), il sesto di Matilde Bertolini (allieve) per la gioia del presidente Moreno Pistelli e del team manager Stefano Offidani.Ha riscosso grande successo anche l’appuntamento dedicato agli under 12 con il Trofeo Tom-

maso Romanelli nella prova di abilità/ gimkana che ha visto la partecipazione di una sessantina di giovanissimi in rappresentanza delle società Potentia Rinascita (vincitrice della classifica a punteggio), Velo Club Racing Assisi Bastia (società con il maggior numero di partenti), oltre a numerosissimi altri team marchigiani.

ESORDIENTI UOMINI PRIMO ANNO 1. Matteo Valentini (Velo Club Cattolica) 2. Samuele Scappini (Nestor Marsciano) 3. Vittorio Friggi (Narnia 2014)

2. Anthoni Silenzi (O.P. Bike Porto Sant’Elpidio) 3. Umberto Salvatore Morea (Il Pirata Z’niper World Bike)

ALLIEVE DONNE 1. Alessia Patuelli (Re Artù Factory Team) 2. Margherita Morelli (Bicifestival) 3. Rachele Bolzanini (Inpa San Vincenzo)

ESORDIENTI DONNE PRIMO ANNO 1. Giulia Coppi (Team Npm Chianciano Salute) 2. Beatrice Bertolini (Op Bike-MB Victory Team) 3. Emma Meucci (Sc Campi Bisenzio)

ESORDIENTI DONNE SECONDO ANNO 1. Eleonora Ciabocco (Team Di Federico Pink) 2. Serena Semoli (Team Npm Chianciano Salute) 3. Sara Malucelli (SC Forlivese)

JUNIORES DONNE 1. Sara Rossi (Club Ciclistico Corridonia) 2. Valeria Pompei (Vallerbike) 3. Gaia Realini (Vallerbike)

ESORDIENTI UOMINI SECONDO ANNO 1. David Rosioru (Il Pirata Z’niper World Bike)

ALLIEVI UOMINI 1. Luca Marziale (Il Pirata Z’niper World Bike) 2. Armando Lettiero (Ciccio Stellato Team Balzano) 3. Federico Cardone (Team Eurobike)

La seconda prova si è svolta invece a Bastia Umbra, teatro del Gp Città di Bastia organizzato dal Velo Club Bastia Assisi Racing con la regia di Luca Battistelli che ha concertato l’evento insieme all’Asd Giro d’Italia Amatori di Fabio Zappacenere. Tantissime le presenze dall’Umbria e dalle regioni limitrofe per un totale di 250 atleti alla presenza di Carlo Moriconi (vice commissario straordinario comitato regionale FCI Umbria), Lucio Saccarelli (responsabile della struttura tecnica

FCI Umbria), Monia Falcinelli (responsabile settore giovanile FCI Umbria) e Fausto Filippucci (tecnico regionale FCI Umbria) nel corso della gara e della cerimonia di premiazione. Ad ottenere il podio nelle gare esordienti sono stati Tommaso Alunni (Fortebraccio da Montone), Federico Amati (Team Logistica Ambientale) e Samuele Scappini (Nestor Marsciano) tra i ragazzi di 1° anno, Valentino Romolini (Fortebraccio da Montone), Damiano Condello (Fortebraccio da Montone) e

David Rosoriu (Il Pirata Z’Niper World Bike) tra quelli di 2° anno. Al femminile ottime performance di Stefania Cecconi (Team Logistica Ambientale) tra le esordienti e di Martina Grisanti (Nestor Marsciano) tra le allieve. Al termine delle sei batterie di gara per i giovanissimi under 12, il Velo Club Racing Assisi Bastia (con il maggior numero di partecipanti) ha ceduto “cavallerescamente” il primato alla Ruota Libera Terni (24 punti) tra le società protagoniste assieme a tante altre.

ESORDIENTI PRIMO ANNO 1. Tommaso Alunni (Fortebraccio da Montone) 2. Federico Amati (Team Logistica Ambientale) 3. Samuele Scappini (Nestor Marsciano)

DONNE ESORDIENTI 1. Stefania Cecconi (Team Logistica Ambientale) VINCITORI DI CATEGORIA GIOVANISSIMI G1 maschile: Nicolò Passeri (Gubbio Ciclismo Mocaiana) G1 femminile: Aurora Bolletta (Ruota Libera Terni) G2 maschile: Giulio Valeriani (Ruota Libera Terni) G2 femminile: Matilde Bianchetti (Ruota Libera Terni) G3 maschile: Filippo Cingolani (Team Cingolani) G3 femminile: Sara Gagliardoni Proietti

(Velo Club Racing Assisi Bastia) G4 maschile: Pietro Battistelli (Velo Club Racing Assisi Bastia) G4 femminile: Margherita Altea (Velo Club Racing Assisi Bastia) G5 maschile: Giacomo Serangeli (Ruota Libera Terni) G5 femminile: Giada La Cioppa (Asd Silvestro La Cioppa) G6 maschile: Jacopo Ficaccio (Il Pirata) G6 femminile: Anita Cocchioni (UC Foligno Start)

ESORDIENTI SECONDO ANNO 1. Valentino Romolini (Fortebraccio da Montone) 2. Damiano Condello (Fortebraccio da Montone) 3. David Rosoriu (Il Pirata Z’Niper World Bike)


La Moserissima

a cura della redazione

Il tempo vola.

Ma non a Trento

L’appuntamento è per sabato 7 luglio con la ciclo-storica organizzata dall’ APT Trento, Monte Bondone, Valle dei Laghi e ASD Charly Gaul Internazionale “Qual è la natura del tempo? Giungerà mai ad una fine? Possiamo tornare indietro nel tempo? Un giorno forse queste risposte ci sembreranno ovvie come la Terra che orbita intorno al sole, o magari ridicole come una torre di tartarughe. Solo il

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tempo, qualunque cosa sia, ce lo dirà”, si chiedeva Stephen Hawking, “genio” da poco scomparso, nella proiezione cinematografica “La teoria del tutto”. Ma il tempo passato a volte ritorna e “La Moserissima” ne è la dimostrazione. L’appuntamento col ciclismo vintage è per sabato 7 luglio a Trento. La

ciclo-storica è una manifestazione da non perdere, orchestrata dalla regia di APT Trento, Monte Bondone, Valle dei Laghi e ASD Charly Gaul Internazionale nell’ambito degli eventi ciclistici de “La Leggendaria Charly Gaul”. Il tuffo nel passato in onore di Francesco Moser - che tanto ha dato al mondo


delle due ruote trentino, italiano ed internazionale - è una scenografica rivisitazione del ciclismo dei “cavalli d’acciaio”, lungo strade bianche e panorami caratteristici in quella che sarà l’unica tappa del Trentino-Alto Adige inserita nel Giro d’Italia d’Epoca. La famiglia Moser da tre generazioni lavora la terra, coltiva i propri vigneti e vinifica le proprie uve in armonia con il territorio di origine, il Trentino, e proprio dall’azienda Moser sfileranno i cicloamatori vintage, ristorandosi e deliziandosi di prodotti tipici sulle colline del Trentino, in un piccolo borgo storico che risale al 1300, circondato da uno splendido anfiteatro di vigneti. Qui si trovano la maggior parte dei vigneti e la cantina dove vengono vinificati i vini bianchi e il Trentodoc, oltre al “Museo del Ciclismo” di casa Moser, dove si potranno ammirare i trofei e le maglie storiche indossate dallo “Sceriffo”.

I corridori de “La Moserissima” con maglie di lana e biciclette d’acciaio percorreranno le tracce dell’antica Via Claudia Augusta, tradizionalmente costruita per mettere in contatto il mondo romano con quello germanico. Il gran numero di piste ciclabili del Trentino farà il resto dopo lo start da Piazza Duomo, pedalando fra vigneti,

meleti e scenografiche strade di campagna, affrontando tratti off-road come si faceva un tempo, godendo inoltre del flusso dell’acqua passando nei pressi degli argini del fiume Adige. Le salite saranno comunque presenti, altrimenti che “Moserissima” sarebbe, la possibilità di pedalare assieme al ciclista italiano più vincente di sempre è unica, l’importante sarà coglierla al balzo!

La tariffa d’iscrizione di 50 euro entro il 30 giugno propone un ricco menù composto da: dorsale di gara, ristori sul percorso e all’arrivo, rivista ufficiale La Moserissima, assistenza medico-sanitaria, pacco gara con prodotti del territorio, lunch all’arrivo, servizio trasporto indumenti dalla partenza all’arrivo. Il giorno precedente, venerdì 6, si disputerà la cronometro di Cavedine, domenica 8 luglio invece andrà in scena la tredicesima edizione de “La Leggendaria Charly Gaul”, perché dunque non soggiornare per qualche giorno a Trento e dintorni? Si potrà approfittare dell’offerta speciale “Una vacanza leggendaria”, a partire da 49 euro e comprendente un soggiorno da una o più notti in hotel, agriturismo o b&b con trattamento di pernottamento e prima colazione, visita guidata al Castello del Buonconsiglio, il sabato mattina de “La Moserissima”, oppure visita guidata al centro storico di Trento il sabato pomeriggio, sempre nella giornata dedicata al vintage. Per la Trentino Guest Card, chiave di accesso per entrare nei musei, castelli, parchi naturali e viaggiare liberamente in tutto il Trentino con il trasporto pubblico provinciale per tutta la vacanza ed offerte personalizzate, scrivere a booking@discovertrento.it. Nell’articolo alcune Immagini la Moserissima 2017 foto Newspower.it


// MENTE IN SELLA

LO STRESS che nuoce alla prestazione a cura di Claudia Maffi

credit bettiniphoto

Il training mentale può aiutare l’atleta a gestire ansie e preoccupazioni

NON SOLO SPORT In allenamento ed in gara l’atleta porta con sé tutto se stesso, compresi i disagi legati a problemi familiari, allo stress lavorativo e ad altre questioni extra sportive che, pur non riguardando direttamente lo sport, influiscono nel bene o nel male sulla qualità della preparazione atletica. Per questo, durante le sedute di Mental 72

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training, insieme ad un allenamento delle abilità mentali, si valuta insieme all’atleta anche l’impatto della vita extra sportiva sulla prestazione, soffermandosi in particolar modo sul livello di stress percepito dal corridore. QUANDO LO STRESS OSTACOLA LA PRESTAZIONE Il livello di stress sperimentato dall’atleta, ad esempio nel tentativo di con-

ciliare gli allenamenti con una vita professionale impegnativa e carica di responsabilità, unita ad una famiglia che reclama tempo e attenzioni, dev’essere monitorato e opportunamente gestito. Ed è proprio lo psicologo dello sport la figura professionale più adatta ad aiutare l’atleta nello sviluppare l’atteggiamento mentale più funzionale a ridurre nel tempo il livello di stress percepito. In quanto psicologa, la mia


Chi è la Dott.ssa Claudia Maffi

Psicologa dello Sport Laureata in Psicologia all’università Cattolica, specializzata in psicologia dello sport presso Psicosport di Milano. Conosciuta nel mondo sportivo come Psicologa dello sport e Mental Training per atleti. figura professionale è, infatti, ben diversa dal preparatore atletico o da un allenatore. Se quest’ultimo ha competenza nella preparazione fisica e tecnica del ciclista, io aiuto il corridore a gestire anche tutte quelle situazioni extra sportive che possono minare l’efficacia dell’allenamento fisico. In questo senso, preparatore atletico e psicologa dello sport integrano le proprie competenze per consentire all’atleta di affrontare gli allenamenti e le gare nel modo più sereno possibile e con il massimo livello di concentrazione. STRESS: ORIGINE ESTERNA O MENTALE? Uno dei motivi principali per cui l’allenatore consiglia ai suoi atleti di rivolgersi alla figura dello psicologo dello sport è proprio la percezione di stress riportata dagli atleti stessi. Elevati livelli di stress possono infatti incidere negativamente sui lavori effettuati in palestra ed in bici, possono cioè ostacolare un corretto recupero e possono influire anche sul peso corporeo comportando un repentino calo di peso o, all’opposto, la difficoltà a perdere peso. Tuttavia, molti atleti di fronte alle difficoltà personali

che portano ad elevati livelli stress e, di conseguenza, ad un calo prestazionale, cercano spesso risposte all’esterno incolpando una preparazione fisica inadeguata, un’alimentazione da rivedere, oppure investono nell’acquisto di nuove componenti per la bici così da renderla più performante. La stanchezza ed il calo prestazionale vengono spesso imputati dall’atleta a cause esterne, quando in realtà è lo stress la causa principale. A tal proposito, la psicologia dello sport dimostra che a determinare il livello di stress percepito dall’atleta non sono gli eventi e le situazioni in sé bensì l’interpretazione personale data dall’atleta a questi eventi. Basterebbe allora imparare ed allenarsi a pensare in modo più funzionale per sperimentare nel tempo una riduzione notevole del carico di stress. Il CIRCOLO VIZIOSO DELLO STRESS A risentire di una condizione di stress elevato non sono soltanto la prestazione ed il benessere psico-fisico dell’atleta bensì anche le relazioni famigliari ed amicali, primo luogo in cui l’atleta esprime il suo malessere in modo esplicito manifestando spesso malumore,

rabbia, frustrazione e stanchezza, il che andrà ad aggravare ulteriormente la condizione di malessere dell’intero nucleo famigliare. In tal modo l’atleta si ritrova imbrigliato in un circolo vizioso per cui il suo modo disfunzionale di gestire lo stress crea ulteriore stress, peggiorando la situazione iniziale. La situazione di stress degenera quando l’atleta “stressato” non si rende conto di avere bisogno di aiuto. LO STRESS HA ORIGINE MENTALE Quando l’atleta si rivolge allo psicologo dello sport scopre che lo stress ha origine nella mente e che, utilizzando la mente nel modo corretto, è possibile ridurre sensibilmente il livello di stress. Di fronte ad un lavoro e a ritmi di vita percepiti come stressanti, molti atleti pensano non ci sia nulla da fare perché certi eventi esterni non si possono controllare, è vero! L’atleta non ha sempre potere di modificare situazioni esterne avverse e ostili. Tuttavia, l’atleta può modificare il suo modo di interpretare queste situazioni e, di conseguenza, l’impatto che l’esterno esercita sul suo benessere psico-fisico e sulla performance.

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SCATTO D’AUTORE PARIS ROUBAIX 2018- NIKI TERPSTRA, PHILIPPE GILBERT, MARCUS BURGHARDT, SEP VANMARCKE, PETER SAGAN, SYLVAIN CHAVANEL by Bettiniphoto

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// FOCUS SUL SULLE PRODOTTO AZIENDE

Campagnolo, arrivano i gruppi a 12 velocità a cura di Maurizio Coccia

Fu così per il “9”, fu così per il “10” e fu lo stesso per le “11”. Nel numero di velocità utilizzate sui gruppi di trasmissione, Campagnolo è sempre stata la prima ad arrivare; possiamo ben dire che la leadership è stata confermata anche questa volta, visto che la Casa di Vicenza ha da poco licenziato la prima trasmissione a “12x2” distribuita su larga scala (sì, perché di

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gruppi a dodici velocità di tipo sperimentale e artigianale se ne erano già visti in un recente passato), cioè con una guarnitura anteriore doppia che “dialoga” con un pacco pignoni alla ruota su cui troviamo 12 ingranaggi. Sciogliamo subito una curiosità, perché sappiamo che è un argomento ricorrente tra i meccanici o, in genere, tra gli appassionati di tecnica ai nostri giorni: il nuovo sistema 12x2 Cam-

pagnolo è progettato specificamente per utilizzare una guarnitura doppia, non esiste cioè la possibilità tecnica di accoppiarla ad una guarnitura monocorona e tantomeno negli intenti dei progettisti italiani c’è l’dea di sviluppare nel futuro prossimo un gruppo con una guarnitura a ingranaggio singolo. Questo, almeno, è quel che riguarda la componentistica 12x2 che “Campy” ha presentato ufficialmente lo scorso


A sinistra, i comandi 12v per gruppo disc-brake, a destra i rim-brake. Il primo ha una impugnatura più prominente, dovuta alla presenza del serbatoio idraulico.

I gruppi di vertice Super Record e Record evolvono: guadagnano una velocità in più che aumenta ricchezza e ampiezza di moltipliche utili per i corridori. La nuova componentistica fa un passo avanti dal punto di vista tecnologico, dell’ergonomia e del look e, allo stesso tempo, uniforma lo standard di alcuni suoi componenti, rendendo i nuovi reparti più facilmente compatibili con tutte le tipologie di telaio marzo alla stampa al sole delle Canarie, dove con i nuovi gruppi ci è stata data anche la possibilità di pedalare: la rivoluzione a “12V”, o meglio il “Movimento”, per avvalersi del termine che Campagnolo sta utilizzando per veicolare presso il pubblico i suoi nuovi prodotti e argomenti tecnici, è di pertinenza esclusiva dei gruppi di vertice della azienda, ovvero quei Super Record e Record che sono appannaggio esclusivo dei ciclisti professionisti della strada o degli agonisti di alto livello, ovvero di coloro i quali sanno bene che la trasmissione migliore per affrontare i percorsi di gara su asfalto è quella che assicura una grande ricchezza e ampiezza nelle moltipliche utili e che,

allo stesso tempo, riduce al minimo lo “scarto” nello sviluppo metrico tra una moltiplica e quella successiva o precedente. Del resto, anche gli altri due

“player” del mondo della trasmissione hanno dimostrato di avere la stessa visione relativamente ai loro prodotti di vertice destinati all’agonismo stradistico. Con il suo 2x12 Campagnolo adesso fa un ulteriore passo avanti in questo segmento che è di sicuro elitario e di nicchia rispetto al mercato globale della componentistica di trasmissione e che porta con sé il primato di quella velocità in più dal grande contenuto simbolico e anche dagli importanti passi in avanti dal punto di vista tecnologico.

L’aggiornamento delle leve di comando Ergopower ha riguardato anche l’ergonomia. La vista frontale evidenza la sua posizione più esterna che agevola la posizione dell dita nell’atto di impugnarla quando si è in presa bassa.

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Il corpo del deragliatore utilizza una struttura a doppia biella, vincolata a una doppia molla. La nuova architettura sviluppa una nuova linea di traiettoria, aumenta la forza di attuazione e rende più immediata la deragliata.

IL PERCHÉ DEI NUOVI GRUPPI 12X2 Disporre di un gruppo trasmissione a 12x2 velocità evidentemente significa avere una gamma moltipliche più ampia, per affrontare un largo spettro di condizioni tecniche: un gruppo del genere soddisfa le esigenze utili nelle discese più veloci oppure nelle salite più ripide, e lo fa con una gamma di rapporti che nella transizione da una moltiplica all’altra mantiene uno scarto limitato nello sviluppo metrico, limitando al minimo quella sensazione di “salto” che talvolta è possibile percepire con i vecchi pacchi pignoni, in particolare quelli con scala ampia (ossia quelli dove grande è la differenza tra la dentatura del pignone piccolo e di quello grande). Non solo, un pacco pignoni a 12 velocità riduce la necessità - anzi, negli intenti di Campagnolo la annulla - di sostituire di volta in volta la cassetta pignoni per adattarla alle caratteristiche tecniche

Campagnolo ci ha dato il modo di testare i nuovi gruppi 12x2. Impressioni? Sembra che i rapporti non finiscano mai. A livello di sensibilità nelle cambiate il family-feeling è quello che contraddistingue da anni i reparti della Casa veneta.

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dei vari percorsi. Nulla più di tutto questo: con un unico pacco è possibile fare tutto, come del resto dimostra l’esiguità delle scale ora prodotte: sono solo due, la 11-29 e la 11-32. IL COME DEI NUOVI 12X2 Tutti i nuovi gruppi Campagnolo a

12 velocità si possono montare a piè pari su tutte le ruote attualmente in commercio e su tutti i telai da corsa di generazione attuale. Questo significa che i nuovi pignoni “12V” si possono montare sulle attuali cassette a 11V in commercio, visto che la larghezza totale sviluppata dalla scala degli ingranaggi è la medesima e che l’incremento della velocità in più stato possibile grazie ad una riduzione dimensionale che ha riguardato sia gli ingranaggi, sia gli spessori distanziali. Analogamente anche la catena è stata ridimensionata in larghezza. Discorso analogo per la guarnitura: anche in questo caso non ci sono problemi di compatibilità e di adattabilità con qualsiasi tipo di telaio, anzi, i tecnici di Campagnolo hanno lavorato direzione di un’uniformazione dello standard dimensionale del componente rispetto ai telai per freni tradizionali e per quelli a disco. Ricordiamo infatti che su questi ultimi la battuta posteriore da 142 mm obbliga la catena a linee di lavoro diverse rispetto a quelle dei telai con battuta posteriore classica da 130 mm (i telai rim brake). In pratica, così come nel recente passato hanno fatto anche altri grandi player della com-


ponentistica trasmissione, la nuova guarnitura Campagnolo ha esternalizzato di qualche millimetro la linea delle due corone senza però modificare per nulla il fattore Q, che ricordiamo misurare l’interdistanza tra i due fori esterni di inserimento dei pedali. Passando infine ai due comandi Ergopower, se i meccanismi di indicizzazione interna del componente di destra, ovvero quello che gestisce il cambio, sono passati da 11 a 12 scatti, nessun cambiamento ha invece riguardato la corsa di lavoro di cui sono capaci le leve che gestiscono la risalita e la discesa della catena sui pignoni. Questo vale sia che si considerino i nuovi comandi Ergopower destinati al nuovo gruppo 12x2 per freni tradizionali, sia che si considerino i nuovi Ergopower destinati al 12x2 per freni a disco. La differenza è che nel primo caso anche i corpi

freno sono stati aggiornati, mentre nel secondo caso pinze e rotori sono quelli che Campagnolo ha presentato lo scorso anno. 12X2 PER I DUE GRUPPI DI VERTICE Le nuove trasmissioni 12x2 sono state declinate sulla componentistica di vertice della linea Campagnolo, in particolare su quei Super Record e Re-

cord che da sempre rappresentano il non-plus-ultra che l’azienda di Vicenza dedica al mondo degli agonisti. Per ora le dodici velocità sono declinate solo in versione meccanica, quindi non elettromeccanica di generazione Eps; ma a riguardo Campagnolo ci informa che l’upgrade sarà solo questione i tempo, senza però sbilanciarsi troppo sui tempi del “rilascio”. Così

Oltre a quella del corpo il cambio posteriore a 12v ha aggiornato forma e struttura delle pulegge: sono a dodici denti, con un profilo smussato funzionale ad assecondare la nuova architettura di funzionamento e le nuove traiettorie di lavoro di un componente molto diverso dall’omologo cambio precedente., quello 11v

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come accadeva sui vecchi gruppi a undici velocità, la differenza tra il nuovo 12x2 Super Record e il 12x2 Record è relativa esclusivamente ai materiali utilizzati (maggiore impiego di titanio e di carbonio sul Super Record rispetto al Record), visto che identiche sono le caratteristiche dimensionali, le architetture tecnologiche dei vari componenti, i loro range di lavoro e le loro funzionalità. I COMANDI ERGOPOWER Iniziamo la descrizione dettagliata dei nuovi gruppi 12x2 dai comandi di generazione Ergopower: aggiornamenti importanti sono stati fatti dal punto di vista dell’ergonomia. Osservato di lato il profilo della leva freno mostra una sagomatura più marcata, per accogliere meglio le dita soprattutto quando si impugna il manubrio tenendo le mani sui copricomando. Vedendo la leva frontalmente ci si accorge invece che la stessa è stata esternalizzata di qualche millimetro, al fine di velociz-

zare e rendere più naturale la presa quando si impugna il manubrio nella parte bassa. Inoltre, nel punto in cui la leva si innesta nel corpo è stato inserito un pratico e veloce pulsante che appaia il pulsante di apertura del freno e che consente di personalizzare la distanza della leva dalla curva manubrio su due posizioni, utili per customizzare la presa o piuttosto per migliorare l’utilizzo del componente per gli individui con mani piccole. Tutti nuovi anche i copricomando in gomma, dove è stata aggiornata l’architettura dei microcuscinetti ricavati nella parte interna al fine di rendere l’appoggio più morbido e confortevole. Ancora, la superficie della leva di risalita della catena sui pignoni e quella della leva di discesa è aumentata di qualche millimetro. Immutate rimangono le funzionalità del Ultra-Shift, che permette cambiate multiple fino a 5 ingranaggi in discesa e 3 in salita con un unico movimento. Gli aggiornamenti ergonomici di cui abbiamo parlato hanno riguardato sia i

comandi Ergopower per freni tradizionali sia gli Eropower per freni a disco, con la differenza che in questo caso l’apice del comando è più prominente (circa un centimetro in più), a causa della presenza interna del serbatoio del circuito idraulico. Inoltre, il nuovo Ergopower per disc-brake conferma le modalità di gestione che caratterizzavano la versione presentata giusto un anno fa: la regolazione della distanza della leva freno dalla curva è possibile grazie a una vite con testa esagonale da 3 mm, così come sempre con una piccola vite esagonale è possibile personalizzare il free-stroke, cioè il punto di contatto delle pastiglie sul rotore. IL CAMBIO POSTERIORE Passiamo alla descrizione del nuovo cambio posteriore non prima di aver detto che anche i cablaggi hanno subito migliorie importanti: le guaine sono rimaste le stesse, ma a cambiare è stato il trattamento al Teflon cui sono soggetti i cavi, così da migliorare ulte-

Nella declinazione di vertice di classe Super Record il cambio ha una struttura in gran parte realizzata in carbonio, con dettagli in titanio. Nella versione Record, invece, il carbonio lascia (pochissimo )spazio all’impiego di alluminio ed acciaio. Ma l’architettura è identica.

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Gruppi a 12 velocità Piccoli aggiornamenti dimensionali hanno riguardato anche la gabbia del deragliatore. Anche in questo caso la sola differenza tra Super Record e Record è nell’impiego di materiali.

riormente la scorrevolezza. Il cambio posteriore ha subito modifiche profonde, delle quali quelle estetiche (a detta di chi scrive il nuovo cambio rappresenta un esercizio stilistico di altissimo livello) è la più appariscente, ma non la più importante. Il design più “allungato” e snello che ha il nuovo parallelogramma è infatti funzionale a far lavorare il cambio su un pacco pignoni che prevede una scala di ingranaggi molto più generosa di quella prevista sul precedente Super Record, per questo tutta l’architettura di lavoro del componente è stata completamente rivista. Dalla precedente tecnologia Embrace il nuovo cambio per trasmissioni a 12 velocità passa infatti alla 3D Embrace Technology, proprio a sottolineare che in questo caso per ottimizzare la traiettoria di lavoro del cambio sui pignoni il componente si muove in modo tridimensionale durante la sua traslazione sui pignoni (si sposta cioè sia in linea latitudinale che antero-posteriore), al fine di garantire le stesse prestazioni di cambiata su tutta la scala. Funzionali a questa nuova architettura di lavoro sono quindi delle pulegge aumentate di diametro (12 denti dal profilo più arrotondato e con la puleggia superiore che lavora a una distanza maggiore dagli ingranaggi rispetto a quel che accadeva prima) e una nuova molla di ritorno pretensionata alloggiata internamente alla parte superiore del corpo, che appunto provvede a far muovere ruotare il cambio in senso antero-posteriore durante le cambiate. La nuova molla consente tra l’altro di preservare il componente

dalle botte secche che altrimenti il parallelogramma sarebbe obbligato a ricevere quando si transita sulle buche o sui terreni sconnessi. Diversamente da quel che accadeva in passato il cambio posteriore dei nuovi gruppi è ora uno solo, con una gabbia alta 72.5 mm compatibile con tutti i pacchi pignoni disponibili nel nuovo “bouquet” di classe Super Record e Record. Infine, come succede anche per altri componenti omologhi degli altri importanti player della componentistica, anche il nuovo cambio posteriore Campagnolo a 12V prevede la possibilità di essere montato in modo diretto su quei telai (ad esempio alcuni telai per freni a disco) che prevedono questo fissaggio, o in alternativa può essere interfacciato con il telaio attraverso un supporto in alluminio. IL DERAGLIATORE ANTERIORE Introduciamo il deragliatore anteriore dicendo che anche in questo caso tutte le innovazioni e le migliorie sono coperte da brevetto e nella fattispecie è curioso notare come su un componente relativamente così piccolo e così leggero si concentri tanta e tale nuova

tecnologia: tanto per cominciare la gabbia di deragliata si articola grazie La 785struttura huez RS è a stata presentata ad un inedita doppia biella,lo scorso giugno ed è subito stata accolta con favore che a sua volta è vincolata a due molle dai professionisti del tema Fortuneo-Samsic (al postodidella molla singola Warren Barguil, che che caratterizza la maggior parte dei deragliatori). Tutto questo è finalizzato non solo a incrementare la forza applicata nella salita della catena sulle corone, ma anche a render più fluida la deragliata, in particolare in corrispondenza del fine corsa sulla corona grande. Così come per il cambio anche il deragliatore segue un angolo di traiettoria inedito. Inoltre, l’inserimento del cavo è possibile da entrambi i lati della estremità del braccetto di ancoraggio, questo al fine di agevolare l’utilizzo del componente anche su bici che utilizzano coperture di sezione maggiorata, che talvolta ostacolano il transito del cavo del deragliatore. LA CASSETTA Dal deragliatore passiamo alla nova cassetta a dodici velocità, sulla quale la presenza di un ingranaggio in più ha ridotto drasticamente la gamma di scale prodotte: come detto sono solo due, la 11-29 e la 11-32, rispettivamenLIFESTYLE INBICI

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Il “generoso” pacco pignoni a 12 velocità. Questa è la scala 11-32. C’è anche la 1129. In entrambi i casi i pignoni sono tutti in acciaio.

te con scala 11-12-13-14-15-16-17-1921-23-26-29 e 11-12-13-14-15-16-1719-22-25-28-32). Le nuove cassette sono perfettamente adattabili ai corpetti ruota libera presenti attualmente nella linea Campagnolo: questo significa che la larghezza della cassetta è rimasta identica e che l’incremento nel numero dei pignoni è stato ottenuto tramite la riduzione della larghezza dei singoli pignoni (e dei distanziali in alluminio che separano i primo sette ingranaggi (lo “snellimento” dei componenti è stato di circa 0.3 millimetri nella larghezza del pignone e 0.3 millimetri nella larghezza del distanziale). I sei pignoni più grandi sono in due blocchi in pezzo unico, ottenuti con una lavorazione dal pieno di un barra di acciaio (e in acciaio sono anche i primi sette ingranaggi piccoli). Tutti i pignoni subiscono un trattamento superficiale che ne prolunga la resistenza, mentre il pignone più grande proposto sulle due cassette è provvisto nella faccia esterna di una originale dentatura finalizzata ad impedire che la catena possa accidentalmente incastrarsi tra ingranaggi e raggi (e attorcigliarsi pericolosamente in spazi interstiziali che in ragione di un ingranaggio di maggiore diametro sono più ampi che in passato). 82

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LA CATENA Struttura e materiali della catena sono identici rispetto a quelli della precedente catena a 11V, ma evidentemente per adattarsi ai nuovi pignoni la larghezza delle maglie è stata ridotta. A detta di Campagnolo la durevolezza è però la medesima, così come uguale è anche la resistenza a trazione della stessa.

Rispetto alla precedente a “11” la catena 12v è più stretta di qualche decimo. Ma a detta di Campagnolo la durata è la stessa.

LA GUARNITURA Come spesso accade la guarnitura è l’articolo sul quale gli aggiornamenti tecnici consegnano un componente profondamente migliorato anche dal punto di vista del look: in particolare la superficie esterna del corpo in carbonio monoscocca della pedaliera appare ora più rastremato rispetto alla linea che descrive la corona esterna, questo non solo per ragioni estetiche, ma più che altro a conferma del fatto che la linea delle corone è stata portata più all’esterno per adattarsi anche ai telai per freno a disco, ma senza per questo modificare il fattore Q del componente, che anche sulla nuova pedaliera a 12V rimane fisato a 145.5 mm. Confermato è inoltre il fissaggio su otto punti delle due corone (quattro viti per corona), così come confermato è lo standard di accoppiamento Ultra Torque dei due semiassali integrati nei due bracci pedivella. Diversamente che in passato l’accesso per la vite di fissaggio e smontaggio è ora tramite un foro posto sulla pedivella sinistra (su quella, elegantissima, di destra non sono visibili fori di sorta). La guarnitura è proposta con tre accoppiamenti di corone (50-34, 52-36 e 53-39), ognuna di esse con un posizionamento specifico dei pin di risalita sulla parte interna della corona esterna: questo significa che non è possibile “mescolare” corone provenienti dai diversi accoppiamenti.


I FRENI RIM-BRAKE Pur se non direttamente connessi nelle dinamiche della trasmissione era levito aspettarsi una rivisitazione anche dei corpi freno rim-brake, ossia quelli £tradizionali” a caliper destinati ad agire sul cerchio: in questo caso il notevole aggiornamento estetico del componente è viaggiato di pari passo con una rivisitazione tecnica tesa ad ottimizzare il funzionamento, la modulabilità e la potenza di frenata con la nuova generazione di ruote con cerchio a larghezza maggiorata (gola con standard C17 e C19) e con le coperture di grossa sezione (fino alla 28 mm).

Come spesso accade su qualsiasi nuovo “gruppo” gli aggiornamenti estetici più evidenti sono quelli della guarnitura. Ma la nuova pedaliera a 12 velocità di Campagnolo non è solo un bell’esercizio di design….

Super Record rim-brake Freni Catena

Record rim-brake 391,23 59,14

Freni Catena

256,02 59,14

Cassetta

338,87

Cassetta

338,87

Ergopower

498,80

Ergopower

390,19

Guarnitura

962,73

Guarnitura

537,45

Deragliatore

189,28

Deragliatore

112,49

Calotte Ultra Torque

26,61

Calotte Ultra Torque

Cambio posteriore

448,76

Cambio posteriore

Gruppo completo

2915,42

Gruppo completo

Cassetta

239,98 1960,07

Record Disc-brake

Super Record disc-brake Catena

25,93

59,14 338,87

Catena Cassetta

59,14 338,87

Rotori

80,00

Rotori

80,00

Pinze

1074

Pinze

982,00

Guarnitura

962,73

Guarnitura

537,45

Deragliaotre

189,28

Deragliatore

112,49

Calotte Ultra Torque

26,61

Calotte Ultra Torque

25,93

Cambio posteriore

448,76

Cambio posteriore

239,98

Gruppo completo

3199,05

Gruppo completo

2394,86

I PESI Super Record versione rim-brake Cambio posteriore, 181 grammi Deragliatore, 79 grammi Comandi Ergopower, 339 grammi (coppia) Guarnitura, 618 grammi (172.5 mm, 50-34) Cuscinetti movimento centrale Ultra Torque, 43 grammi Calotte Press-fit, 40 grammi Cassetta pignoni, 266 grammi (11-29) Catena, 220 grammi Freni, 298 grammi (coppia) Peso totale, 2041 grammi Record versione rim-brake Cambio posteriore, 216 grammi Deragliatore 81 grammi Comandi Ergopower, 363 grammi (coppia) Guarnitura, 710 grammi (172.5 mm, 50-34) Cuscinetti Ultra Torque, 45 grammi Calotte press-fit, 40 grammi Cassetta, 266 grammi (11-29) Catena, 220 grammi Freni, 317 (coppia) Peso totale, 2213 grammi Super Record versione freni a disco Cambio posteriore, 181 grammi Deragliatore, 79 grammi Comandi Ergopower, 462 grammi Guarnitura, 618 grammi (172.5 mm, 50-34) Cuscinetti Ultra Torque, 43 grammi Calotte press-fit, 40 grammi Cassetta, 266 grammi (11-29) Catena, 220 grammi Pinze, 230 grammi (coppia) Rotore, 99 grammi (140 mm) Peso totale, 2323 grammi Record versione freni a disco Cambio posteriore, 216 grammi Deragliatore 81 grammi Comandi Ergopower, 463 grammi (coppia) Guarnitura, 710 grammi (172.5 mm, 50-34) Calotte Ultra Torque, 45 grammi Calotte press fit, 40 grammi Cassetta, 266 grammi (11-29) Catena, 220 grammi Pinze, 230 grammi (coppia) Rotore, 99 grammi (140 mm) Peso totale, 2453 grammi

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// FOCUS SULLE AZIENDE

Look 785 Huez RS, fuoriserie da salita a cura di Maurizio Coccia

È dedicata all’Alpe d’Huez, ascesa leggendaria del grande ciclismo, ma questa nuova superlight della Casa francese non dà il meglio di sé solo in salita. Abbiamo provato la variante al top di gamma, con peso record di 5.9 chili. Ecco le nostre impressioni La 785 Huez RS è l’ammiraglia della linea Altitude della Look. E non poteva essere altrimenti per una bici ispirata all’Alpe d’Huez, la salita dell’Alta Savoia, storico scenario d’arrivo di tante tappe del Tour de France. Altitude

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è ovviamente il segmento destinato agli scalatori, quelli che mettono la leggerezza in cima ai loro ordini di priorità e che hanno nel cronometro e nell’agonismo i loro “chiodi” fissi. La 785 Huez RS è la novità principale tra le bici Look del 2018 ed è subito stata

accolta con favore dai professionisti del team Fortuneo-Samsic, che questa bici “piuma” la utilizzeranno anche in occasione del prossimo Tour de France che li vedrà protagonisti. In particolare, i pro rider capitanati da Warren Barguil avranno quest’anno la possibi-


lità di scegliere tra questa 785 Huez RS e la 795 Aerolight RS che - anche per il 2018 - rimane il modello di riferimento della Casa di Nevers per quel che riguarda il segmento Aero, cioè delle bici più focalizzate sulla velocità. Rispetto alla 795 Aerolight RS, la 785 Huez RS si caratterizza per forme meno audaci e più lineari, forme che in fondo raccolgono bene le esigenze dei tanti agonisti che ricercano la prestazione unita ad un design classico, sobrio, essenziale. È un ritorno al passato? Tutt’altro: se le forme e le sezioni dei tubi sono riconducibili ai canoni tradizionali, la tecnologia che sta dietro la nuova 785 Huez RS è tutto fuorché obsoleta. E la prova di durata che abbiamo svolto ce lo ha dimostrato in pieno. Un modello, due versioni La bici che abbiamo provato è la versione di vertice delle due prodotte e previste nella piattaforma: la sigla è appunto 785 Huez RS e si differenzia dalla variante di primo prezzo chiamata semplicemente 785 Huez per la tipologia del carbonio impiegato e per il numero dei layer, cioè dei fogli di carbonio prepeg che vengo-

È il pinnacolo del segmento Altitude della Look

no utilizzati per dare forma al telaio. In particolare, il telaio 785 Huez RS che abbiamo provato ha un peso dichiarato in taglia S di 730 grammi, mentre l’omologo telaio 785 Huez pesa 990 grammi. Identiche sono invece le misure, dalla XS alla XL, e identico è lo standard di costruzione con l’accoppiamento di comparti monoscocca realizzati con un “blend” di fibre che, nel caso della “RS”, sono di cinque diverse tipologie, tutte con spiccate caratteristiche di eccellenza, mentre nel caso della 785 Huez in versione standard le tipologie di fibre usate sono quattro e si pregiano di qualità di resistenza meccanica e di leggerezza inferiori rispetto alla “RS”. Differenze tali naturalmente si riflettono anche nel prezzo: è impossibile fare un confronto relativo al solo telaio, visto che la versione standard è in vendita solo in configurazione di “bici intera”. In realtà la differenza reale tra una versione e l’altra è di 1000 euro, visto che la versione montata Shimano Ultegra Di2 con ruote Mavic Ksyrium costa 2999 euro se si considera la 785 Huez e 3999 euro se si considera la 785 Huez RS. Come è fatto il telaio La 785 Huez RS è il risultato di trenta anni di studio, di ricerca e di competenza che Look ha maturato nel LIFESTYLE INBICI

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Così come il telaio, anche la forcella è un monoscocca che utilizza tipologie di carbonio differenti, tutte selezionate in quanto le migliori in termini di qualità in ognuna delle loro categorie.

settore della fibra di carbonio. Si tratta di una expertise che, attenzione, non è stata acquisita soltanto nel segmento “telai”, ma anche in quello dei pedali, che continua a rappresentare una quota rilevante (circa il 50 per cento) del fatturato globale della Casa francese. La ricerca e lo sviluppo del settore produttivo Look hanno riguardato sia le competenze acquisite nel campo dei materiali e degli standard di costruzione, sia nell’ambito degli standard tecnologici e dei processi applicati alla bicicletta. Esemplare, in questo senso, è quanto di buono Look ha fatto nell’ambito della progettazione integrata tra telaio e componenti, lo stesso che su questo nuovo modello torna in campo con la Zed2, una guarnitura con standard di costruzione proprietario, con un asse integrato destinato ad inserirsi su una scatola movimento ad-hoc. Con i suoi 730 grammi dichiarati per la taglia S (più i 280 della forcella) il 785 Huez RS è il telaio più leggero mai realizzato 90

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Optimized Inertia Section è la sigla con cui Look contraddistingue la sua ricerca maniacale bel miglior mix tra dimensioni, diametri e caratteristiche meccaniche da assegnare alle varie porzione del telaio.

da Look, ma più che il peso ciò che in questo caso è ragguardevole è quanto questa leggerezza riesca ad accoppiarsi con valori di rigidità torsionale e laterali incredibili. Il merito, dice la Look, è della “Optimezed Inertia Section”, la sigla con cui la casa costruttrice sintetizza la ricerca ossessiva del miglior compromesso possibile tra qualità meccaniche e riduzione del peso operato sulle tubazioni. Questo obiettivo è stato raggiunto partendo da studi effettuati con un software di simulazione computazionale, che ha poi dato forma a una struttura in cui spessori, tipologia del composito, forme esterne e diametri dei vari tubi sono differenziati in modo da soddisfare le reali necessità meccaniche richieste su quel comparto. In questo senso sono ad esempio degni di nota gli 0.6 millimetri di spessore del tubo diagonale che, non a caso, ha volumi esterni corposi, proprio per incrementare la rigidità torsionale e - di conseguenza - la rigidità laterale

Il tubo sterzo alloggia un cannotto forcella conico. I cablaggi di trasmissione sono tutti integrati. Ma nel caso di questa versione con lo Sram Red eTap di cavi non c’è n’è bisogno...

La guarnitura Look Zed2 ha un asse solidale con il corpo in carbonio della pedaliera. Rigidissima e leggera, prevede due opzioni possibili del girobulloni per il montaggio di varie tipologie di corone.


La 785 huez RS è stata presentata lo scorso giugno ed è subito stata accolta con favore dai professionisti del tema Fortuneo-Samsic di Warren Barguil, che con questa bici correrà il prossimo Tour de France.

dell’intero triangolo principale. Gli spessori interni aumentano sulle altre tubazioni, ma in questo caso a diminuire sono le sezioni esterne, sempre per raggiungere il miglior risultato possibile sia per quel che riguarda le qualità meccaniche che per la leggerezza. Modernità e soluzioni classiche Il suo ricco patrimonio di tecnologia la 785 Huez lo declina con una struttura dal design lineare e pulito, un design ben lontano dalle forme ardite oggi frequenti su molte aero-bike o, in genere, su biciclette che fanno dell’estetica il principale elemento attraverso cui catturare l’attenzione del pubblico. Nel caso del modello sotto i riflettori questo mese troviamo forme che possiamo definire “più tradizionali”, probabilmente proprio quelle che non dispiacciono al pubblico principale cui questa full-carbon strizza l’occhio: il pubblico degli agonisti puri, quelli che alla forma preferiscono la sostanza. Oltre alle tubazioni dalle forme sobrie e lineari va in questo senso menzionato il reggisella “classico” (con forma tonda e diametro da 27.2 mm) e, inoltre, va ricordato che forcella e carro posteriore prevedono un attacco tradizionale del freno, cioè ad un solo pivot, accantonando la soluzione direct-mount (due pivot) che invece oggi va per la maggiore per tanti costruttori. L’assetto geometrico e angolare, poi, non ha nulla di diverso dallo standard collaudato che contraddistingue da anni tutte le bici stradistiche d’alta gamma del segmento “racing” della Look: troviamo dunque inclinazioni del tubo sterzo e del tubo verticale equilibrate, con l’obiettivo di assicurare la migliore mediazione possibile tra prontezza nei comandi impartiti alla guida e stabilità nella conduzione ad alte velocità.

Per eseguire il test abbiamo degnamente completato la bici con un paio di pedali Keo Blade Carbon, con sistema di aggancio scarpetta che al posto della molla utilizza una placca in carbonio con tensione predeterminata. Nell’ultima foto il set di guida, anche questo Look, con attacco in alluminio e curva in carbonio.

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Bici da gara con un comfort inaspettato Per effettuare il test Look Italia ci ha dato il meglio di quel che offre la nuova piattaforma 785 Huez: la versione che abbiamo messo alle frusta è stata la RS con allestimento chiamato Replica Fortuneo, cioè lo stesso usato dai professionisti del team Fortuneo Samsic.Il gruppo trasmissione montato era dunque lo Sram Red e Tap, completato da leggerissime ruote Corima Carbon 32 Mcc S+ per tubolari. La sella? Selle Italia Slr retta da un reggisella Look in carbonio. Look siglava anche il set di guida, con un attacco LS1 Super Light in alluminio e una curva Carbon LS1 Super Light in carbonio con forma compact. Con questo set-up il peso complessivo rilevato è stato di soli 5.9 chili per la misura M utilizzata per il test, priva di pedali. Salire su un mezzo 92

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così leggero non è cosa da tutti i giorni ed è per questo che la nostra iniziale preoccupazione era che un peso complessivo così basso potesse in qualche modo far “sbacchettare” la bici in velocità ed inficiare per questo la sicurezza percepita da chi è alla guida. Nulla di tutto questo: metabolizzato il piacevole iniziale “stordimento” di avere una bici così eterea sotto al sedere, capisci subito che in quei sei chili scarsi di peso è concentrato un mezzo solido, inflessibile. Del resto, se durante la marcia provi a “scuotere” a destra e sinistra l’avantreno facendo leva con le mani basse sulla curva manubrio, il triangolo principale rimane fermo senza mostrare significativi segni di flessione laterale. Credo che il merito di tutto questo non sia solo ascrivibile alla bontà strutturale del telaio, della sua rigidità e della sua robustezza. No, il merito in questo caso è anche di

una geometria che distribuisce in modo ottimale i pesi, esercizio, questo, che a Look è sempre riuscito bene, almeno a giudicare da tutte le altre road-bike della Casa francese che in passato ho avuto modo di provare e che a modo loro mi avevano tutte dato questa impressione. Spendiamo ora qualche riga sui componenti siglati “Look”, iniziando dalla guarnitura Zed2: non è una novità nell’offerta prodotto della Casa francese, ma sicuramente è una garanzia assoluta di robustezza, grazie alla sua architettura di costruzione con perno integrato nel corpo destro della pedaliera, perno che a sua volta - è destinato ad una scatola movimento con specifici dimensionamenti per accoglierla (ma con gli appositi adattatori questo telaio può ospitare anche guarniture di marca differente). Il risultato è una rigidità granitica nella zona dove per prima si scarica la forza sprigionata dalle gambe, una rigidità che ancora una volta va a braccetto con una grande leggerezza complessiva. Aggiungiamo, inoltre, che le pedivelle della Zed2 utilizzano un ingegnoso sistema che, attraverso una bussola estraibile, consente di variare la lunghezza della leva tra le tre misure 170, 172.5 e 175 mm. La sigla Look compare anche sul set di guida, sul quale si distingue un’essenziale curva in carbonio con morfologia compact, di quelle che aiutano gli agonisti a trovare l’assetto a loro più familiare, cioè quello in cui l’attacco manubrio è montato direttamente a battura sulla parte superiore della serie sterzo, ma senza che questo pregiudichi la facilità ad impugnare la piega in presa bassa e poi a mantenere nel tempo questa impugnatura. Il reggisella: è un componente in carbono da 27.2 mm, sul quale ci permettiamo di fare un appunto: su una bici di questo lignaggio servirebbe qualche cosa in più di un semplice morsetto che non consente di effettuare una regolazione realmente micrometrica della inclinazione sella. Completiamo le nostre impressioni con quel che a giudizio di chi scrive incide almeno per il 40 per cento nell’economia generale delle impressioni di ogni bici, le ruote. In questo senso le Corima Mcc 32S+ sono il degno completamento di un telaio come quello sotto i riflettori, forti come sono del loro patrimonio tecnologico di livello assoluto: l’impiego di carbonio per i corpi mozzi, per i cerchi a medio profilo e per i raggi


e, soprattutto, l’unità solidale tra queste componenti (i raggi non sono avvitati ma uniti strutturalmente alle flange e al dorso del cerchio) determinano un’immediatezza nella trasmissione di potenza che non è possibile percepire sui set tradizionali. Tutto questo con la leggerezza dei l090 grammi di peso la coppia (ruota “nude”, senza coperture e senza sganci) e con una capacità di assorbire le vibrazioni che non è possibile trovare sulle ruote con raggi in acciaio o in alluminio. In realtà sarebbe meglio dire che se a basse velocità e con uno stile di guida “pigro” la risposta delle ruote in questione è dura e secca, più si spinge forte sui pedali più le Mcc 32S+ prendono anima, consentendo di “ammorbidire” gli stili di guida aggressivi, o se preferite quelli con

impronta agonistica. Quella delle ruote è in fondo la stessa sensazione che ti lascia percepire il telaio: se poi il merito di questo confort che non ti aspetti da una bici così corsaiola sia più del telaio piuttosto che delle ruote è difficile distinguerlo, fatto è che con questo

Look 785 Huez RS

set-up la Look 785 Huez RS diventa davvero uno strumento completo per la competizione. E per la competizione su tutti i terreni (non solo salita) e tutti i fondi stradali (non solo quelli levigati).

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MONTAGGI E PREZZI MODELLO 785 Huez 785 Huez 785 Huez 785 Huez RS 785 Huez RS 785 Huez RS 785 Huez RS 785 Huez RS 785 Huez RS 785 Huez RS kit telaio (telaio, forcella, serie sterzo) 785 Huez RS (telaio, forcella, serie sterzo, guarnitura Look Zed2)

COLORI DISPONIBILI Proteam Opaco, Rosso fluo-blu lucido Nero-rosso opaco, Protema opaco Nero-bianco opaco Rosso fluo lucido Nero Reflect opaco Proteam opaco Proteam opaco Replica Fortuneo con guarnitura Look Zed2 Replica Fortuneo con guarnitura Look Zed2 Rosso flui, Nero Reflect, Proteam Replica Fortuneo

TRASMISSIONE, RUOTE Shimano 105, SHIMANO RS 10 Shimano Ultegra, Mavic Aksium Shimano Ultegra Di2, Mavic Ksyrium Shimano Ultegra, Mavic Aksium Shimano Ultegra Di2, Mavic Ksyrium Shimano Dura-Ace, Mavic Ksyrium Shimano Dura-Ace, Corima 47 Sram Red eTAP – Corima 32 Sram Red eTAP – Corima 32

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SCATTO D’AUTORE Richie Porte BMC Racing T eam - Tour Down Under 2018 by Bettiniphoto

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FALCON GHOST: INTEGRATED REFLECTIVITY Trattato con un rivestimento riflettente e duraturo, il Falcon Ghost emette una luce intensa quando viene colpito con luce diretta.

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DONNA INBICI

a cura di Ilenia Lazzaro

In fondo al tunnel ho scoperto…

l’ironman

Lo sport può diventare terapia non solo per il corpo ma anche per la mente. Parola di Sabrina Schillaci, atleta e donna coraggiosa che – dopo le dure prove della vita ha scoperto la strada per colorare le sue giornate 96

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Chi è Ilenia Lazzaro Giornalista sportiva ed addetta stampa, commenta da circa 15 anni il ciclismo fuoristrada. Specializzata nel ciclocross, lo pratica da quasi 20 anni, prima come elite ora come master. Conduce con Nicola Argesi “Scratch”, programma tv nazionale su Canale Italia.

“Proprio nello sforzo enorme e coraggioso di vincere la fatica riusciamo a provare, almeno per un istante, la sensazione autentica di vivere…” (Murakami Haruki) Sabrina ha 49 anni. Non è mai stata una atleta nel senso vero del termine, per mantenersi in forma, sceglieva qualche corsetta e seduta in palestra. Ma senza velleità agonistiche. Come molte donne. Dalla vita aveva tutto: un bel matrimonio, un bel lavoro, una vita felice. Poi, di colpo, dieci anni fa, in un

attimo tutto cambia, inesorabilmente. La sua vita cambia: “Mio marito, a seguito di un tuffo sbagliato, è diventato tetraplegico e completamente dipendente da me. Io ho abbandonato la professione di architetto, ho chiuso l’attività commerciale che insieme gestivamo, ho ristrutturato casa e mi sono dedicata a lui, giorno e notte, tutti i giorni, diventando le sue gambe, le sue braccia e annullandomi completamente. Cercavo di lavorare il più possibile, così da stancarmi e non avere il tempo di pensare e ogni giorno, ogni notte speravo di risvegliarmi da quell’incubo… ma intanto trascorrevano i mesi, gli anni e la disabilità diventava sempre più ingombrante.” Nonostante il profondo amore che Sabrina provava per il marito, la sua vita

stava diventando un vecchio e triste film in bianco e nero. Una battaglia continua, ogni giorno, cercando una luce fuori da questo tunnel pieno di tristezza, responsabilità opprimenti e stanchezza. Ed è nell’estate 2012 che qualcosa cambia. In meglio. Arriva la luce: “Una mattina all’alba a Nizza, mentre passeggiavo sulla Promenade, fui attratta da una folla concitata di persone che osservava strani individui, vestiti di neoprene, schierati verso il mare che scrutavano l’orizzonte in attesa del via. Lo start, il tuffo, l’energia, l’adrenalina, le onde, mi catturarono, finendo per ridestarmi da quell’anestesia emozionale di cui ero diventata ostaggio. Fu come se la linfa vitale ricominciasse a scorrere e in quell’istante decisi che sarei diventata

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muovere l’attività della Fondazione che si occupa di trattamenti osteopatici, gratuiti, a neonati e bimbi disabili in Italia e nei paesi più poveri del mondo e per dimostrare che qualsiasi limite, fisico o mentale che sia, può essere affrontato e superato. Doveva essere un’impresa personale accompagnata solo dal marito, ma la condivisione con amici e conoscenti ha fatto sì che diventasse un’esperienza molto più ampia, tanto da trovare molti atleti pronti a supportare Sabrina e il progetto. (maggiori informazioni sulla pagina FB https://www.facebook.com/raceacrosslimits/)

un Ironman senza neanche sapere cosa fosse il triathlon. Fu amore a prima vista…”. Da lì i primi allenamenti e le prime gare. Quattro anni dopo, Sabrina tagliava il traguardo dell’Ironman di Zurigo, rinata, più forte fisicamente e mentalmente. RACE ACROSS LIMITS Lo sport per lei è stato una vera e propria terapia dell’anima: “Lo scorso anno, mentre preparavo Ironman di Nizza, durante le lunghe ore trascorse ad allenarmi, nuotando nel lago, macinando km sui pedali e a correre, mi 98

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resi conto che tutta la rabbia che avevo provato, nei confronti di un destino così avverso, era svanita nel nulla, lasciando il posto ad un sentimento di gratitudine per l’opportunità che mi era stata concessa: diventare una persona migliore, forte e coraggiosa, ma soprattutto entusiasta della vita”. Questa consapevolezza e l’incontro fortuito con il presidente della Fondazione C.O.ME Collaboration Onlus sono stati i generatori della nascita del progetto Race Across Limits, 2200 km in bici da Besana in Brianza a Santiago de Compostela, per pro-

Sabrina, come ha cambiato lo sport la tua vita? In cosa trovavi beneficio dopo un allenamento in bicicletta o una corsa? Lo sport ha restituito colore alla mia vita. A parte i benefici fisici del movimento, la maggiore conquista è stata dal punto di vista caratteriale. Essere stata in grado di mettermi in gioco, nel triathlon, senza esperienze pregresse, superare lo scoglio di allenarmi in solitudine, in bici, per tante ore, su percorsi semi sconosciuti, mi ha resa più coraggiosa, temeraria. Questa consapevolezza è stata determinante per superare il trauma di mio marito, ma soprattutto per ridare entusiasmo alla vita di entrambi. Ogni traguardo raggiunto mi arricchisce e mi sprona ad osare qualcosa in più. Che messaggio vorresti dare alle donne che ci leggono? Sembrerà banale ma il messaggio che vorrei dare è che la vita va goduta, che non bisogna aspettare di essere pronti, di essere in forma, di essere capaci… per sfidare i propri limiti. Bisogna metterci un pizzico d’incoscienza e buttarsi… e qualsiasi sia il risultato è comunque stata una conquista. La cosa che più temo è l’avere rimpianti. Ci illustri una tua giornata tipo? La mia giornata inizia molto presto per incastrare il “monte ore” necessario ad affrontare gare sulle lunghe distanze. In settimana d’inverno la sveglia è alle 6, colazione abbondante, qualche faccenda di casa, di solito stiro e lavatrice. Aiuto mio marito


ad alzarsi, lavarsi, vestirsi, per poter andare a lavorare. Una volta uscito cominciano i miei allenamenti, generalmente due. Uno intorno alle 8.30 e subito dopo il secondo. Tipo nuoto e corsa, oppure rulli e nuoto o palestra ecc ecc. complessivamente circa 3h al giorno. Quindi un pranzo veloce e pomeriggio in ufficio. Spesa e cena per concludere la giornata non più tardi delle 22. Il fine settimana è dedicato ai lunghi e ai combinati bici/corsa ma la sveglia rimane invariata. Con l’arrivo della bella stagione la sveglia è anticipata di un’ora in settimana per praticare il primo allenamento all’alba e avere la possibilità poi di uscire in bici o di andare a nuotare in acque libere. Il fine settimana mi alzo alle 4, esco in bici col buio e mi dirigo verso il lago per assistere al levarsi del sole e per essere in casa all’ora di pranzo. Hai avuto il supporto della tua famiglia in questo tuo nuovo stile di vita? Inizialmente mio marito era contrario al fatto che praticassi triathlon perché pensava che mi sarei allontanata definitivamente da lui. Le ore trascorse fuori, le compagnie soprattutto maschili, non erano ben viste e spesso si discuteva. Quando invece capì che la mia era non solo passione ma anche

un’esigenza e che oltretutto rappresentava un generatore di energia positiva, lui cambiò. Non solo accettò di buon grado ma cominciò a reagire alla sua disabilità. Divenne più autonomo, riprese la patente e oggi decide con me dove andare e quali gare partecipare. Che sensazioni hai provato dopo aver concluso il tuo primo IM? Dopo il mio primo IM di Zurigo del 2016 mi sono sentita invincibile, un supereroe. E’ stata un’emozione incredibile. Mi sono goduta ogni istante di quella gara, sono stata orgogliosa di aver vinto qualsiasi ostacolo mi si sia parato davanti, anche quando, a causa del caldo e dell’inesperienza, durante la corsa sono stata male di stomaco e ho dovuto rallentare per cercare di sistemarmi. Ero consapevole che l’avrei finita e che nulla mi avrebbe fermata. Inoltre la presenza di mio marito in carrozzina, che cercava di spostarsi da un lato all’altro per sostenermi, è stata determinante. Quella mattina mi aveva fatto una bellissima sorpresa. Visto che era il mio primo IM ed essendo consapevole che avrei avuto bisogno di tutte le mie energie mentali e fisiche, avevamo deciso che a Zurigo sarei andata sola e lui

mi avrebbe raggiunta solo per l’ultima frazione, così avrei potuto concentrarmi, riposare senza il pensiero di stare dietro a lui. Il mattino del grande evento, mentre con gli amici stavamo raggiungendo la zona cambio, me lo trovai all’ingresso del campo gara. Aveva viaggiato con un amico, di notte, dormito in auto, per poter essere lì a salutarmi prima della partenza. Questa cosa mi diede una grande forza. Cos’è per te la bicicletta e perché hai scelto la bici per il tuo viaggio? La bici per me è stata ed è la sfida maggiore. Ho cominciato a pedalare tre anni fa ed è ancora una scoperta continua. Inoltre è sinonimo di libertà, ti permette di assaporare tutto ciò che ti circonda. Quando ho pensato ad un’impresa mi è venuta in mente subito quella ciclistica come superamento dei limiti e degli ostacoli. La fatica e il caldo saranno sicuri compagni di viaggio, visto la partenza a luglio. Non mancheranno le incognite dei percorsi, delle presenze, insomma sarà un viaggio da tutti i punti di vista. L’unica cosa che mi preoccupa è che Race Across Limits è nata durante un lungo di bici, non oso pensare cosa ne verrà fuori dopo 18 giorni a pedalare.


// FOCUS SUL SULLE PRODOTTO AZIENDE

RAVEMEN sistemi di illuminazione a cura di Maurizio Coccia

Fari per tutte le esigenze quelli prodotti dal marchio distribuito dalla Beltrami. Riflettori puntati sulle nuove famiglie PR e CR

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Da poco entrato nella ricca “famiglia” di marchi distribuiti dalla emiliana Beltrami, Ravemen è un’azienda specializzata nell’illuminazione per biciclette. I prodotti che andiamo ad illustrare sono, nel dettaglio, alcune delle novità più significativi che il marchio orientale ha introdotto nel catalogo 2018. Hanno dimensioni e caratteristiche luminose differenti, in grado di adattarsi a contesti di utilizzo eterogenei, ma tutti quanti accomunate dalla qualità che hanno permesso loro di aggiudicarsi riconoscimenti a livello internazionale (suo il China Cycle Award del 2017) e da un ottimo rapporto tra prestazioni,

peso e prezzo. Tutti i fari della Ravemen sono provvisti di batteria agli ioni di litio, ricaricabile attraverso una pratica porta Usb. La famiglia PR Nella piattaforma prodotto, identificata con la sigla PR, Ravemen inserisce i suoi fari anteriori ad elevata potenza. Si tratta quindi di prodotti adatti per chi con le tenebre pedala abitualmente e che, per questo, necessita della massima sicurezza per se stesso e per gli altri. La forma e l’architettura dei fari anteriori PR è la medesima, perché tutti quanti sono realizzati con un corpo in alluminio anodizzato corredato da inserti in materiale plastico


robusto e duraturo. Tutti i fari inclusi in questa serie sono inoltre provvisti di un’ottica Dual Lens che fornisce un ampio fascio luminoso con proprietà antiriflesso. Significa che chi viene raggiunto dal fascio luminoso provenendo dalla direzione opposta non verrà in alcun modo abbagliato, nonostante il fatto che la tecnologia HiLo Beam fornisca una luce in tutto simile a quella prodotta dalle automobili, ovverosia fasci luminosi, lunghi ed estesi. Comune a tutti gli articoli PR è inoltre il circuito di gestione termico interno che evita il surriscaldamento dei led, oltre ad un circuito di memoria intelligente che memorizza l’ultima modalità utilizzata quando il dispositivo viene nuovamente acceso.

La famiglia CR Nella piattaforma prodotto CR trovano invece spazio fari dalle dimensioni leggermente più compatte rispetto alla PR, per questo più adatte per un utilizzo sportivo. Si tratta di fari caratterizzati da estrema leggerezza che per questo si possono tranquillamente lasciare montati sulla consolle di guida anche per chi è solito effettuare nelle ore diurne i suoi allenamenti in sella alla “specialissima” o alla mountain bike. I due fari della serie CR hanno anche essi un’ottica Dual Lens antiriflesso, anche questi hanno un robusto corpo in alluminio anodizzato, ma a differenza dei fari PR si avvalgono di un pratico pulsante che si può montare dove si preferisce: attraverso

TELECOMANDO CON CAVO PER PR600/PR900/PR1200 LUCI

PR600

un cavo questo pulsante consente di modificare in remoto i livelli e le modalità di illuminazione, tutto questo senza staccare le mani dal manubrio. Per chi è alla guida, insomma, è garantita la massima sicurezza. TR20, minifaro posteriore Chiudiamo la carrellata delle novità 2018 Ravemen con il TR20, un minifaro posteriore estremamente compatto (52x18x22 mm) e leggero (solo 15 grammi). Utilizza un Led COB con 20 lumen di potenza, è provvisto di funzione di autorisparmio energetico e di indicatore del livello della batteria. È installabile su cannotti reggisella di qualsiasi sezione. Il costo? 19.95 euro.

PR900

CR300

PR1200

CR500

TR20

FARI ANTERIORI PR, LE CARATTERISTICHE

FARI ANTERIORI PR, LE SPECIFICHE PR600

PR1200

PR900

CR300

CR500

Batteria

3400mAh/3.7V

5200 mAh/3.7V

5200 mAh/3.7V

Batteria

1500 mAh/3.7V

1700 mA/3.7V

Dimensioni

85x48x27 mm

100x48x27 mm

100x48x27 mm

Dimensioni

83.5x29x32 mm

83.5x29x32 mm

Fino a 900 Lumen

Potenza luminosa massima 300 Lumen

500 Lumen

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Modalità di illuminazione

3

3

Peso

92 g

92 g

Prezzo

44.95 euro

54.95 euro

Potenza luminosa massima Fino a 600 Lumen Fino a 1200 Lumen Modalità di illuminazione

3

3

Peso

165 g

213 g

202 g

Prezzo

64.95 euro

99.95 euro

84.95 euro

Beltrami T. 0522/307803 www.beltramitsa.it - info@beltramitsa.it


SCATTO D’AUTORE Mattia Longa - Passo Buole Xtreme 2017 Newspower.it

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®

SPEED

SPEEDGRIP

SOFT

ULTRA SOFT


// FOCUS SUL SULLE PRODOTTO AZIENDE

ASSOS la qualità cucita addosso a cura di Maurizio Coccia

Abbiamo provato per voi tre nuovi capi della collezione estiva 2018. Il patrimonio tecnico è quello checontraddistingue da sempre i capi del noto marchio elvetico. Con prezzi davvero molto interessanti

T. EQUIPE EVO FRONTE

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T. EQUIPE EVO RETRO

L’immagine di marca di Assos? Un brand dalla qualità elevata ma dai prezzi troppo alti. La sintesi, a volte, non è il modo migliore per raccontare le cose e - mai come in questo caso - gli articoli che il marchio elvetico ci ha spedito per il nostro test serviranno a spiegarvi davvero la realtà. Appunto, iniziamo dal prezzo, perché è questa la variabile che tanti considerano prioritaria nelle loro decisioni di acquisto. Diciamo allora che i 150 euro che occorrono per acquistare la maglia che vediamo e i 180 euro del pantalone sono perfettamente allineati a quel che tante “griffe” dell’abbigliamento ciclistico propongono oggi, anzi, sono anche qualche cosa in meno... A tutto questo va naturalmente aggiunto l’incredibile patrimonio tecnico che i capi progettati e disegnati vicino Lugano sanno


MAGLIA SS EQUIPE FRONTE

garantire e che noi di InBici abbiamo avuto la fortuna di testare. LA MAGLIA SS.EQUIPE La SS.Équipe è inserita nella linea estiva Campionissimo e negli intenti di Assos “è studiata sia per la corsa più che per sedersi al bar a bere un caffè”. In effetti la vestibilità che abbiamo rilevato è fasciante, ma mai costrittiva e, allo stesso tempo, il design è vivace e sobrio, quanto basta al ciclista moderno per farsi notare, ma non in modo troppo sgargiante. Più della forma sono però le caratteristiche tecniche ad averci stupito: il taglio del collo è a “V”, leggermente basso, mentre il taglio delle maniche raggiunge metà dell’avambraccio, realizzando così

MAGLIA SS EQUIPE RETRO

una mediazione ottimale tra le maglie estive con manica corta “minimal” e i modelli che invece arrivano fino al gomito che vanno tanto di moda di questi tempi. La SS.Équipe introduce inoltre una nuova tecnologia dei tessuti, in particolare per ciò che riguarda la parte anteriore e frontale, cioè quelle che su una maglia sono più esposte al vento: troviamo un tessuto tridimensionale che - al tatto - ha un’esclusiva fattezza alveolare. Si tratta di un tessuto leggerissimo, ma allo stesso tempo molto resistente, dove la struttura 3D consente di aumentare la superficie esposta e, di conseguenza, far asciugare più velocemente il sudore. La parte dorsale è invece in un tessuto a rete ancor più leggero, sottile e quindi traspirante. Nel-

TIBURU GILET EQUIPE ORANGE FRONTE

TIBURU GILET EQUIPE ORANGE RETRO


la parte inferiore, la rete è accoppiata ad un tessuto più resistente ad elastico che realizza le tre tasche. Lo stesso tessuto elastico lo ritroviamo dietro il colletto, mentre a rifinire il fondo vita è un elastico più resistente posizionato solo nella parte posteriore, per assicurare al capo una posizione stabile sulla porzione lombare. Correda la maglia una cerniera a zip intera, con caratteristiche elastiche che migliorano anche l’aerodinamica IL PANTALONE T ÉQUIPE EVO Anche questo una novità 2018, il pantalone T Équipe Evo rappresenta l’accoppiata perfetta con la maglia SS.Equipe: è l’evoluzione del modello Équipe, destinato alle corse di lunga distanza e le granfondo. La linea grafica è di rottura rispetto al family-feeling e alla tradizione Assos, nel senso che il T Équipe Evo è il primo pantalone Assos che tradisce la classica monocromaticità della colorazione “tutta nera” per scegliere invece una vivace banda rossa al fondo della gamba destra (ma è disponibile anche una versione con fascia silver e, per i “puristi” di Asos, la variante classica chiamata profBlack, con colorazione “nero su nero”). Il fit che abbiamo provato è stato fasciante e stabile e questo, senza dubbio, anche per merito delle bretelle ampie, che sono quanto di più comodo un ciclista possa chiedere sulle spalle e

anche nella parte dorsale, lì dove il pantalone distribuisce ancor meglio la tensione delle due bretelle con un elemento di raccordo in materiale resistente, che lascia poi spazio ad una porzione di tessuto in rete, con finalità traspiranti. Il fondo gamba è caratterizzato da elastici di dimensioni generose (4 centimetri di altezza) che, distribuendo la pressione, stabilizzano il capo ma senza mai comprimere fastidiosamente il quadricipite. Ma l’elemento più tecnico del pantalone è certamente il fondello, di nuova generazione. Si chiama Equipe Evo S7: è accoppiato al tessuto del pantaloncino con il sistema brevettato Elastic Interface. In pratica, il fondello è cucito al tessuto sottostante solo nel suo margine posteriore e anteriore, così da risultare svincolato nella delicata area del perineo e in questo modo consentire al fondello di seguire il movimento del corpo, impedendo quella fastidiosa sensazione di avere qualcosa di oppressivo (che appunto capita quanto il fondello è vincolato intimamente al tessuto del pantaloncino). La parte posteriore del fondello, in pratica quella che corrisponde le tuberosità ischiatiche, eccelle per morbidezza ed ha uno spessore generoso (8 mm in memory foam), mentre la parte anteriore ha una peculiare microforatura ovviamente funzionale a favorire la circolazione dell’aria la traspirazione.

IL TIBURU GILET EQUIPE Il Gilet Tiburu Gilet Equipe è un capo perfetto per le mezze stagioni: è un gilet con caratteristiche termiche, ovvero è un capo perfetto da indossare sopra la maglia estiva nelle stagioni di mezzo o, perché no?, sotto il giubbino invernale quando fa molto freddo. Questo significa che non stiamo parlando di un gilet antivento o antipioggia. Il gilet prende corpo grazie a 9 tessuti differenti: sulla parte frontale e quella laterale, ad esempio, il tessuto è più protettivo e termico, mentre nella zona corrispondente le spalle la funzione di traspirazione è assolta da un tessuto a doppio strato, del quale lo strato superiore ha una finitura microforata, che lascia penetrare l’aria per evacuare il sudore veicolato dal tessuto giallo sottostante, che invece da della termicità il requisito principale. Come sempre deve accedere per un capo destinato al ciclismo stradistico, la parte più leggera e traspirante è quella dorsale, dove il gilet ha una costruzione in rete, la stessa che abbiamo visto sul dorso della maglia SS.Équipe. Simile a quest’ultima è anche la costruzione delle tre comodissime e capienti tasche posteriori. Tra le altre cose il Tiburu Gilet Equipe gilet ha anche una discreta comprimibilità: piegato per bene, trova agevolmente spazio in una tasca posteriore della maglia e di sicuro le sue caratteristiche di protezione e le sue qualità termiche sono decisamente superiore a quelle di tanti “spolverini”. La chiusura è a cerniera intera con zip, con cuciture saldate e comoda camlock, che aggiunge ulteriore morbidezza al capo ed evita fastidiose frizione della zip con il mento. CARATTERISTICHE E PREZZI La Maglia SS.Equipe è disponibile in 5 colori (blackSeries, holyWhite, calypsoBlu, nationalRed, voltYellow). Sette le taglie disponibili (da XS a XXL) con un prezzo di 150 € Il Pantalone T.Equipe Evo è disponibilein 4 colori (profBlack, blackSeries, silverFever, nationalRed). Sette le taglie (da XS a XXL) con un prezzo di 180 €

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Il gilet Tiburu Gilet Equipe è disponibile in 3 colori (blackSeries, voltYellow, reOrange). Sette taglie disponibili (da S a XXL) e prezzo di 200 € ASSOS - www.assos.com Riferimento per l’Italia: Extreme Racing, T. 0422 610045, info@extremeracing.it



// Tecnica

il punto critico

L’osservatorio sul mondo delle due ruote. Le novità, le tendenze e le nostre considerazioni su ciò che propone il mercato a cura di Maurizio Coccia

Le novità meccaniche della Roubaix Telai, cambi e gruppi frenanti: ecco le scelte tecniche dei big della classica francese 108

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Regina tra le classiche ma anche regina nella tecnica: la Parigi-Roubaix è la corsa che, più di tutte, racchiude dei risvolti unici anche dal punto di vista dell’equipaggiamento meccanico. La regola è stata confermata anche quest’anno. La stragrande maggioranza delle bici utilizzate dai pro-rider sul pavé, infatti, non erano le bici standard con cui i corridori gareggiano il resto dell’anno, ma modelli differenti, talvolta con caratteristiche e adattamenti tecnici fuori dall’ordinario. I corridori, i team e i loro sponsor tecnici cominciano a pensare già molto tempo prima della corsa quale modello di telaio utilizzare in gara. Soltanto le


“freni a disco sì, freni a disco no”, perché verrebbe da pensare che un percorso così ostico come quello della regina delle classiche è lo scenario congeniale per utilizzare bici “disc. scelte tecniche più particolari - come ad esempio la tipologia del nastro manubrio (normale, speciale oppure doppio), la dentatura degli ingranaggi (la corona da 39 denti in molti casi scompare, sostituita dalla 44 o a volte dalla 46) e infine la sezione e la tipologia della gomma (diffusissime le sezioni “generose”, anche da 30 mm) - vengono effettuate nei giorni imminenti la corsa o addirittura alla vigilia. La scelta del telaio da usare viene invece presa molto prima: a riguardo possiamo dire che, anche nell’edizione 2018 della Parigi-Roubaix, i telai utilizzati correntemente per le altre corse sono stati rimpiazzati dai modelli “comfort” che i vari sponsor tecnici hanno in catalogo. Si tratta pur sempre di bici di altissima gamma, ma con requisiti tecnici che - oltre alla prestazione - guardano molto all’assorbimento delle vibrazioni e alla stabilità della conduzione di guida in pianura. Questo avviene grazie ad una geometria ad-hoc (carro più lungo e angolo di sterzo più accentuato). Solo per citarne alcune, è ad esempio questo il caso della Trek Domane utilizzata dalla Trek-Segafredo, della Specialized S-Works Tarmac pedalata dai nume-

È apparentato con il gruppo Ultegra, ma in realtà il cambio Ultegra RX è un cambio “non series”, che negli intenti di Shimano è accoppiabile a tutta la componentistica a 11 velocità: anche al Dura-Ace piuttosto che al 105. Sarà sul mercato da giugno.


Una screenshot dalle immagini televisive “cattura” Peter Sagan intento ad azionare il Future Shock di nuova generazione

rosi team equipaggiati dalla Specialized e della Cannondale Synapse del team Education First. Parlando ancora di telai utilizzati alla “Roubaix” non possiamo poi non tornare sulla vexata quaestio “freni a disco sì, freni a disco no”, perché verrebbe da pensare che un percorso così ostico come quello della regina delle classiche è lo scenario congeniale per utilizzare bici “disc”. Beh, diciamo allora che – a dispetto della diffidenza generale che il gruppo nutre verso il disco (ne abbiamo già parlato nella rubrica tecnica dello scorso mese) - mai come nel caso della Parigi-Roubaix di quest’anno (sì, quest’anno, perché lo scorso anno l’impiego di bici “disc” è stato inferiore) si è vista al via una quota così importante di bici con freni a disco rispetto

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alle bici standard, equipaggiate cioè con i classici freni sul cerchio. Più di una squadra era interamente equipaggiata con bici dotate di freni a disco: è stato questo il caso della Education First con le Cannondale Synapse Disc, del team Direct Energie con le Wilier Triestina Cento10 Ndr Disc, del team Sunweb con le Giant Tcr Advanced SL Disc, della Trek Segafredo con le Trek Domane Disc e ancora della Delko Marseille con le Ktm Revelator Disc. A livello indicativo un quarto delle bici in gara erano con freni a disco e non crediamo che a incidere su una adesione così importante abbia influito la pioggia che le previsioni meteo di qualche giorno prima ventilavano (e che in realtà non c’è stata), proprio perché ribadiamo che la scelta di utilizzare

Anche la “Roubaix” 2018 ha confermato che i sistemi elastici applicati ai telai sono un lontano ricordo, legati ad un breve periodo sperimentale di fine Novanta. Lo conferma anche il Future Shock di Sagan, che è sistema elastico sempre attivo vincolato alla componentistica.

una bici piuttosto che l’altra è presa parecchio tempo prima e non si può improvvisare il giorno della vigilia. Va aggiunto, tra l’altro, che a giudicare dai primi venti arrivati al velodromo di Roubaix le bici “disc” non hanno figurato ai vertici assoluti, ma comunque si sono difese bene: quinte, sesta, undicesima e diciassettesima, rispettivamente con Stuyven, Vanmarke, Teunissen e Degenkolb. I corridori sul podio? No, loro hanno corso tutti con bici con freni rim-brake: in particolare, il vincitore Peter Sagan ha utilizzato la Specialized S-Works Roubaix (per il campione del mondo la bici disc era “solo” la terza di scorta montata sull’ammiraglia), il secondo classificato Silvan Dillier ha utilizzato una Factor O2 con freni tradizionali,


così come freni tradizionali aveva la Specialized del terzo sul podio, Niki Terpstra. Da rimarcare a tal proposito che, diversamente da tutti i suoi compagni della Quick Step-Floors, l’olandese non ha scelto di utilizzare il modello “da pavè” che Specialized mette loro a disposizione, la S-Works Roubaix, ma ha preferito invece la S-Works Tarmac, cioè il modello che la Casa americana dedica alle corse “standard”. Probabilmente sono questioni di feeling personali che hanno indotto Terpstra a scegliere in questo modo, ma di sicuro l’opzione dell’olandese dimostra che anche i telai “normali” possono strutturalmente resistere a un terreno così duro e ostico come quello del pavé e che la scelta di utilizzare un telaio o un altro riguarda solo la diversa “risposta” e le diverse caratteristiche di guida che lo stesso riesce a garantire a chi è in sella. Dai telai passiamo ai componenti per parlare prima di tutto del prototipo di ammortizzatore Future Shock che Peter Sagan ha utilizzato sulla sua Specialized: il Future Shock non è una novità assoluta, visto che questo sistema di ammortizzazione attivo (si tratta di una molla elicoidale inserita all’interno del tubo di sterzo, che si comprime non appena si transita sulle buche o

sui terreni sconnessi) già è presente da due anni nella offerta prodotto della Specialized. La novità sta nel fatto che il prototipo utilizzato da Sagan in Francia aveva una manopola posizionata al posto del tappo della serie sterzo, che permetteva allo slovacco di bloccare o sbloccare il sistema in base al terreno che andava ad affrontare durante la corsa. Non di prototipo dobbiamo parlare, ma piuttosto di componente nuovo presentato da pochissimi giorni, a proposito del cambio Shimano Ultegra RX utilizzato da alcuni dei rider della Trek Segafredo: l’Ultegra RX è il primo cambio da strada su cui Shimano ha

declinato la tecnologia Shadow+ mutuata dai suoi cambi posteriori da mountain bike. Non a caso la tecnologia del nuovo cambio è chiamata Shadow RD+ (dove RD sta appunto per “road”): altro non è che una leva che, una volta attivata, permette di ridurre in maniera sostanziale le oscillazioni cui la catena è soggetta quando si transita su terreni sconnessi e di conseguenza impedisce che la catena possa cadere o incastrarsi tra gli ingranaggi, quando, ad esempio, si pedala all’indietro. Il meccanismo è in realtà una vera e propria frizione, visto che, sopra una certa soglia, si disattiva, permettendo alla gabbia del cambio di ruotare di conseguenza consentire la funzionalità nelle cambiate. Il cambio Ultegra RX è stato utilizzato per la prima volta “ufficiale” alla Parigi-Roubaix dai professionisti della strada, ma in realtà il nuovo prodotto che già è sul mercato rappresenta un’incursione significativa ed importante di Shimano nel mondo del gravel biking e del ciclocross, visto che questo tipo di componente trova una destinazione d’uso ordinaria e preferenziale per questi orizzonti di utilizzo (e una destinazione straordinaria ap-

Le ruote migliori per assorbire le vibrazioni del pavé? Sicuramente le alto a altissimo profilo: diversamente da quel che credono alcuni il profilo generoso del cerchio non è nemico del comfort. Tutto dipende da come il composito viene lavorato e spessorato. E l’industria di settore, negli ultimi anni, ha fatto passi avanti enormi in questo senso. LIFESTYLE INBICI

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punto in gare come la Parigi-Roubaix). Dai componenti passiamo alle ruote per ricordare che anche la Roubaix del 2018 ha ribadito in maniera perentoria e massiva che la scelta dei corridori è verso i modelli ad alto profilo, naturalmente in carbonio, respingendo ancora una volta quel luogo comune che vuole questa tipologia di ruota come rigida e “spaccaschiena”: no, ci sono ruote ad alto profilo rigide, ma ci sono ruote ad alto profilo in carbonio che sanno essere anche molto confortevoli; dipende da come il profilo del cerchio è sagomato e lavorato e soprattutto dipende da quale copertura è montata, e a quale pressione. Appunto: anche quest’anno alla Roubaix i tubolari da 24 o 25 millimetri sono stati cosa rara; la sezione più gettonata è stata ala “28” (ma non sono mancati corridori, come quelli del Bmc-Racing Team con i loro tubolari Vittoria Corsa) che hanno montato gomme da 30 millimetri. Pressioni? Dipendevano molto dal peso del corridore e dalla sezione della gomma: in ogni caso, per i tubolari di sezione maggiorata (28 e 30 mm) la pressione più diffusa è stata quella compresa nell’intervallo 4.5-6 bar, cioè in pratica la metà della pressione che viene utilizzata per le normali corse su strada….

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SCATTO D’AUTORE DOLOMITICA BRENTA BIKE by newspower.it

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// FOCUS SUL SULLE PRODOTTO AZIENDE

FFWD OUTLAW, NOVITÀ dedicate al xc race e all mountain a cura di Roberto Diani

Dopo aver realizzato ruote da Road, Track, Ciclocross e Triathlon, ecco le prime versioni da mtb del marchio olandese

DIAMETRI DA 29

DIAMETRI DA 27,5

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In casa Fast Forward non si lascia nulla al caso e nulla di intentato. Per questo lo sviluppo delle Outlaw ha impegnato severamente i tecnici olandesi per due intensi anni, durante i quali sono stati testati componenti e materiali diversi. Le ruote Outlaw sono disponibili nelle versioni dedicate al Crosscountry Race e all’All Mountain. Entrambe sono realizzate nei diametri da 27,5” e 29”. Outlaw XC è disponibile solo nella versione con cerchio in fibra di carbonio, mentre Outlaw AM propone anche il cerchio in lega leggera. In comune hanno l’utilizzo del mozzo DT Swiss 350, 28 raggi diritti incrociati in 3° sia all’anteriore sia al posteriore e il cerchio con profilo asimmetrico e hoockless. I mozzi utilizzano perni passanti da 15x100 mm (Standard) o 15x110 mm (Boost) all’anteriore e 12x142 mm o 12x148 mm al posteriore. Naturalmente, a scelta con ruota libera Sram o Shimano. I cerchi sono predisposti con il nastro e la valvola Tubeless. OUTLAW XC DT350 Il cerchio in fibra di carbonio ha un canale interno largo 24 mm che esternamente aumenta a 29,5 mm. La versione

da 27,5” dichiara 690 g per la ruota anteriore e 780 g per la posteriore per un totale di 1.470 g. La 29” è di poco più pesante: 725 + 830 = 1.555 g. Il prezzo di listino è fissato in 1.698€ la coppia. OUTLAW AM DT350 Il cerchio in fibra di carbonio ha un canale interno largo 26 mm (33 mm esterno). La 27,5” dichiara 750/850 g per un totale di 1.600 g; la 29” sale a 785/880 g per un totale pari a 1.665 g. Il prezzo di listino è fissato in 1.698€. OUTLAW AM AL DT350 Il cerchio in lega leggera 6069 è largo 26 mm internamente e 30 mm esternamente. I pesi dichiarati sono pari a 765/900 g per un totale di 1.665 g per la 27,5” e 800/950 g per un totale di 1.750 g per la 29”.

FFWD RIM SECTION OVERVIEW

FFWD RIM SECTION OVERVIEW F2 FAC

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// TEAM MATTEONI

Tutti pronti

per gli eventi clou Dopo il ritiro a Ca’ Virginia (“per cementare o spirito di gruppo”), la squadra Racing del team romagnolo si concentra su Via del Sale e Nove Colli. La presidentessa Morena Matteoni: “Corridori preparati sia sul piano fisico che mentale. Adesso tocca a loro…” a cura della redazione

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“Tre giorni per cementare lo spirito di squadra e migliorare l’affiatamento del gruppo”. Questo l’obiettivo del primo ritiro stagionale della squadra Racing del Team Matteoni che – dal 23 al 25 marzo – si è ritrovata al country house Ca’ Virginia di Montecalvo in Foglia, una delle location bike-friendly più note d’Italia. Un ritiro degno di una formazione World Tour fortemente voluto dalla presidentessa del sodalizio Morena Matteoni: “L’aggregazione fra corridori – spiega – è un aspetto che riteniamo fondamentale per il rendimento di un team. Noi siamo una squadra e dunque dobbiamo iniziare a pensare da squadra. Molti corridori però non si conoscevano e il gap generazionale, in qualche caso, ha reso più lenta la loro socializzazione. Per questo, in accordo con i tecnici, abbiamo deciso di organizzare questo ritiro che, al di là degli allenamenti, aveva come obiettivo primario proprio il consolidamento dello spirito di gruppo. Un obiettivo che, ritengo, sia stato raggiunto pienamente perché, al termine dei tre giorni, si sono creati preziosi rapporti di amicizia che, mi auguro, daranno nuovo impulso alla nostra stagione agonistica”. Una strategia di aggregazione, come detto, degna di un team


“Daniel Rocchi e Davide Mazzotti sono le nostre certezze – conclude Morena Matteoni – anche se, dietro a loro, scalpita un manipolo di giovani che, in questi ultimi mesi, sono cresciuti tantissimo”. professionistico, il tutto favorito dalla bellezza della struttura che ha “coccolato” gli atleti dal primo all’ultimo giorno di ritiro. Incastonato tra le campagna di Pesaro e Urbino, questo rustico padronale del 14° secolo è infatti l’habitat ideale per svolgere una preparazione sportiva perfetta, tanto che qui, nel corso dell’anno, si ritrovano spesso anche team professionistici: “Il country house Ca’ Virginia – conferma Morena Matteoni - è il luogo ideale per preparare al meglio, anche sul piano mentale, gli impegni di una stagione che per noi si annuncia particolarmente intensa. L’obiettivo, come abbiamo sempre detto, è quello di mettere i nostri atleti nella condizione ideale per allenarsi al massimo delle loro potenzialità,

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creando quelle opportunità di crescita fisica e psicologica che un progetto di questo tipo richiede”. Dopo la scrupolosa preparazione indoor, effettuata al centro Functional Academy di Elia Venturi, dunque, nella quiete delle colline del Montefeltro, i corridori hanno “allenato” anche la loro mentalità, cementando l’affiatamento ed iniziando a pensare come un collettivo. Un presupposto ritenuto fondamentale soprattutto in vista di un mese di maggio che presenta due appuntamenti clou del calendario: prima la Via del Sale di Cervia, poi la Nove Colli di Cesenatico: “A Cervia, per la prima volta quest’anno, ci presenteremo con la squadra al gran completo – annuncia Morena Matteoni – e inutile nascondere che, anche sul

piano dei risultati, ci aspettiamo qualcosa di buono. Del resto, si tratta di due manifestazioni che si svolgono vicino a noi e dunque i nostri atleti ci tengono in modo particolare a fare bella figura”. Sorvegliato speciale il capitano Daniel Rocchi, annunciato in grandi condizioni di forma, ma anche Davide Mazzotti, sempre pronto a fare la sua parte: “Loro sono le nostre certezze – conclude Morena Matteoni – anche se, dietro a loro, scalpita un manipolo di giovani che, in questi ultimi mesi, sono cresciuti tantissimo. La loro presenza in squadra, fra l’altro, è uno stimolo per tutti e con i veterani della squadra è ormai nata una ‘sfida nella sfida’ che ha dato nuovi stimoli e nuove motivazioni al gruppo”.


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a cura di di Eleonora Pomponi Coletti

L’intervista

DANIEL HOFER,

sua maestà non abdica Dopo anni di successi, il fuoriclasse di Bolzano fa l’istruttore nel 7° Reggimento Carabinieri a Laives, ma per lui il giorno del ritiro sembra ancora distante: “Mi alleno il 30% in meno ed ho scoperto il fascino delle arti marziali, ma c’è ancora qualche soddisfazione che vorrei togliermi”. A cominciare da fine mese con la Maratona di Vienna…

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DANIEL HOFER, classe 1983, pluri-decorato orgoglio tricolore, artista del triplice sport e, da un paio di stagioni, Brand Ambassador per Santini, nei suoi poliedrici trascorsi di vita ha sfilato, tra le altre cose, anche sulle passerelle della Fashion Week di Milano per il marchio Dirk Bikkembergs. Il campione di triathlon del gruppo sportivo dei Carabinieri ha un curriculum lunghissimo e di tutto rispetto, dalle competizioni nazionali alle World Cup. Ha carattere da vendere, parla correttamente quattro lingue e da sempre adotta il “think positive” come filosofia di vita, con la convinzione che pensieri positivi attirano sempre fatti positivi. Inguaribile ottimista, è uno di quelli che “da ogni sconfitta si impara e si torna più forti di prima”. Oltre al triathlon coltiva anche la passione per il surf, lo snowboard ed ha scoperto recentemente il jujitsu per realizzare il sogno di praticare finalmente uno sport di combattimento, “sogno che prima – dice - non potevo realizzare per paura di farmi male. Adesso, invece, ho mollato un po’ la presa…”. Daniel, che cosa vuol dire “ho mollato un po’ la presa?” “Vuol dire che adesso lavoro nel 7° Reggimento Carabinieri a Laives e faccio l’istruttore; è un lavoro che mi piace molto. Cerco di dare il mio contributo come sportivo professionista, mettendo la mia esperienza al servizio degli allievi più giovani. Questo lavoro mi permette comunque di allenarmi, ma ho ridotto la mia attività circa del 30%. Adesso sostituisco un po’ le uscite in bici e le sessioni di corsa con l’arrampicata e jujitsu. Di appendere scarpe, costume e bici al chiodo del tutto se ne parlerà dopo i quarant’anni, forse. Per il momento sono proiettato sulla Maratona di Vienna, a fine mese, che è una gara che non ho mai fatto, vedremo come andrà”. Hai dichiarato più volte che nasci come nuotatore e che la corsa è la tua passione; il tuo incontro con la bici da corsa com’è stato? “In bici ho iniziato ad andarci come tutti da piccolo, con mio padre, nel cortile di casa; fino a diciassette anni non ho

mai praticato bici in senso agonistico. Del resto, le prime gare di triathlon da giovanissimi si facevano con le mountain-bike, non con le bici da corsa; prima di tutto per un problema di stabilità, con quelle se ne aveva molta di più, e poi perché erano distanze molto corte, perciò era molto difficile che le percorressimo su strade asfaltate”. A che età la tua prima bici da corsa? “Attorno ai dodici anni, ma la utilizzavo solo in estate perché in inverno, quando non correvo e non nuotavo, ero impegnato a giocare a hockey su ghiaccio. Il primo approccio quindi è stato decisamente poco “traumatico”, erano uscite tranquille insieme a mio padre, nel periodo primavera-estate, che non prevedevano grossi sforzi né grandi distanze”. Allenarti in bicicletta è la cosa che ti risulta più faticosa tra le tre discipline? “No, mi piace molto e mi rilassa in realtà, anche se non sono un grande amante delle salite lunghe, preferisco di più quelle corte, anche se penso che la mia preferenza sia dettata in gran parte dal mio peso. Sono un triatleta,

ma non ho il fisico di un ciclista; sulle salite corte mi difendo, ma sulle lunghe soffro tutti i miei 78 kg”. Il tuo è uno sport non particolarmente conosciuto, soprattutto in Italia. Quando eri un ragazzino non ti attirava di più l’hockey su ghiaccio che, soprattutto in questa zona, è molto popolare? No, a dodici anni ho deciso, da un giorno all’altro, quale disciplina volevo praticare e, da quel momento, mi sono dedicato anima e corpo al triathlon. In ogni caso, non mi sono mai sentito molto tagliato per gli sport di squadra. Se voglio raggiungere un obiettivo, da solo sono sicuro di ciò che faccio e delle mie possibilità; in squadra non sai mai se tutti gli atri sono nella tua stessa condizione fisica e mentale. Quindi semplicemente un giorno sono tornato a casa e ho detto ai miei genitori che volevo smettere con l’hockey e iniziare con il triathlon seriamente, perciò abbiamo cercato un preparatore e ho iniziato a fare questo. In generale comunque mi sento una persona molto fortunata, perché sono sempre stato, e lo sono ancora, molto portato LIFESTYLE INBICI

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per lo sport in genere”. Molti talenti dello sport italiano sono tuoi conterranei: perché questa terra produce così tanti campioni? “Penso che vivere in montagna aiuti molto a sviluppare interesse per tutte quelle attività che si svolgono all’aria aperta. Vengo da una famiglia che ha sempre praticato sport e quindi sono sicuramente cresciuto con un’impostazione mentale di un certo tipo, ma mi sento di dire che, almeno per quel che riguarda la mia personale esperienza, da queste parti anche il lavoro della scuola in questo senso è molto importante. L’approccio che la maggior parte di noi ha con lo sport avviene a scuola, appunto. Se hai un talento, vieni subito indirizzato in una squadra che ti dà la possibilità di crescere, anche se poi la maggior parte dei ragazzi, intorno ai diciassette anni, magari smette e si dedica ad altre cose”. Quanto è importante per un professionista dello sport avere cura della propria immagine? “Un po’ di tempo fa ho letto un articolo

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sul cosiddetto “atleta 2.0”; parlava proprio di questo. Oramai si vedono amatori molto più bravi dei professionisti a curare la propria immagine. Penso che, soprattutto negli sport cosiddetti “minori”, che quindi non godono di molta visibilità sui media e non sono trasmessi o seguiti abitualmente in televisione, sia fondamentale sapersi vendere”. Per chi si avvicina a questa disciplina sei una figura di riferimento; quale messaggio senti di dare ai giovani atleti? “Purtroppo questo è uno sport complesso, forse più degli altri perché sono tre discipline racchiuse in una e, anche se pensi di avere una buona condizione generale, ci sono troppe variabili da calcolare al momento della gara. Penso di aver fatto molte più gare brutte che belle nella mia vita, ma alla fine non ho mai mollato, dedicandomi sempre a ciò che facevo con costanza e determinazione. Avere la testa libera e voler raggiungere un traguardo deve essere la prima condizione per

avere successo; ma bisogna cercare le motivazioni prima dentro se stessi ed essere pronti a rialzarsi e a ricominciare sempre da capo. Altrimenti la cosa può essere vista così: è sempre un ottimo sport per mantenersi in forma, viaggiare e stare in giro con gli amici”. Come vedi il triathlon professionistico nei prossimi anni? “Con l’introduzione della staffetta e delle distanze più corte tenderà a essere molto più veloce e spettacolare per la disciplina olimpica; nell’ambito Ironman invece ci sarà una costante crescita di numero e di livello”. Di uscire di scena del tutto non se ne parla al momento, ma per queste cose è molto difficile stabilire il “momento giusto”. Si dice che per ogni grande dello sport il ritiro sia quasi una “prima morte”; ma Daniel Hofer trasmette la serenità di chi potrebbe decidere di appendere il suo talento al chiodo oggi stesso, sicuro di aver lasciato dietro di sé tante gioie e nessun rimpianto. Credit foto - Beardy Mc Beard



Cervia

la perla della costa Alla scoperta delle meraviglie della riviera romagnola tra antiche rievocazioni, pinete secolari, wellness, notti di divertimento ed eccellenze a tavola a cura della redazione

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CITATA GIÀ DA DANTE ALIGHIERI NELLA DIVINA COMMEDIA (INFERNO, CANTO XXVII), CERVIA NASCE COME CENTRO DI PRODUZIONE DEL SALE PER POI TRASFORMARSI COL TEMPO IN UNA DELLE LOCALITÀ TURISTICHE PIÙ APPREZZATE D’ITALIA, IN VIRTÙ DI UNA RARA ALCHIMIA PROPOSITIVA CHE ALL’AMPIA GAMMA DI SERVIZI UNISCE UN TERRITORIO UNICO, UNA PREZIOSA DIMENSIONE A MISURA D’UOMO E LA POSSIBILITÀ DI SPOSTARSI AGILMENTE TRA LE LOCALITÀ – MILANO MARITTIMA, PINARELLA E TAGLIATA – CHE NE COMPLETANO L’ESCLUSIVA VARIETÀ. LA MAGIA DI UNA FULL IMMERSION NELLA NATURA Fin dalle sue origini il legame di Cervia con la natura è forte e inscindibile. Si narra infatti che quando la città era interamente circondata dai boschi e dalle foreste, uno dei maggiori frequentatori di questi spazi verdi fosse il vescovo di Lodi, il quale un giorno, mentre passeggiava in pineta, si imbatté in un cervo, che, riconosciutolo come funzionario di Dio, gli si inginocchiò davanti in segno di devozione. Da quel giorno risultò naturale chiamare la città Cervia, non solo per ricordare lo straordinario avvenimento, ma anche considerando che nelle pinete limitrofe i cervi erano particolarmente numerosi. A tutt’oggi Cervia vanta un importantissimo patrimonio di aree verdi e uno sviluppo turistico in totale armonia con l’ambiente la cui attenta salvaguardia e valorizzazione ha assicurato alla città dal 2007 la garanzia del marchio “EMAS”. Cervia è stato il primo comune romagnolo e della costa regionale ad essere certificato e tra i pochissimi in Italia ed in Europa. Il suo enorme patrimonio è caratterizzato dalla secolare pineta di Milano Marittima, che si estende per circa 260 ettari. Negli anni ’60 in 23 ettari di bosco è stato realizzato il Parco Naturale, dove si possono osservare mucche cavalli caprette, conigli, cigni, pavoni e cervi, simbolo della città. Una fascia di pineta costituisce un importante polmone verde tra l’arenile e le località di Pinarella e Tagliata. 827 ettari sono invece l’estensione delle saline, scrigno naturalistico di rara bellezza fruibile attraverso visite guidate a piedi o in barca organizzate dal Centro visite Saline. Varie le specie di avifauna osservabili fra cui pittime reali, aironi, cavalieri d’Italia, martin pescatore e naturalmente le colonie di fenicotteri rosa che superano i 2000 esemplari. Nel periodo estivo sono possibili anche escursioni in notturna, dedicate all’osservazione delle stelle. Davvero di grande fascino è l’area di produzione artigianale del sale “dolce”, il pregiato sale integrale dal gusto morbido e delicato. Da giugno a settembre vengono organizzate visite gratuite per mostrare il lavoro dei salinari con gli antichi attrezzi in legno e si può raccogliere il sale assieme a loro. Questo avviene nella salina Camillone, l’unica rimasta intatta delle 150 esistenti prima della trasformazione e passaggio al sistema di produzione industriale. I fanghi e le acque madri delle saline – dalle importanti proprietà terapeutiche sono utilizzate nei trattamenti delle Terme di Cervia. Estremamente suggestivo inoltre il tramonto, quando i colori accesi nel cielo sfumano dall’arancio al viola e si riflettono sulle acque dei bacini salanti. Per il più fedele amico dell’uomo invece sono riservate delle aree di “sgambamento” che permettono di lasciare liberi gli animali per correre in sicurezza e sempre nel verde. Cervia e le sue località sono inoltre caratterizzate dalla lunga spiaggia di sabbia fine, da servizi di prim’ordine offerti negli oltre 200 stabilimenti balneari e dal prestigioso servizio di salvataggio che vigila ogni giorno sul mare. La spiaggia di Pinarella e Tagliata, anche per la naturale fascia di pineta che la costeggia, offrendo ombra, zone attrezzate per pic-nic e giochi per bambini, è stata definita dalla Guida Blu di Legambiente e Touring Club “perla naturale” della riviera. Cervia ogni anno dal 1999 espongono con orgoglio la Bandiera Blu, riconoscimento rilasciato ad attestazione della qualità del mare e dei servizi dalla Foundation for Environmental Education. E ancora, per gli amanti del mondo faunistico, le località offrono la Casa delle Farfalle e degli Insetti: una grande serra di 500 mq che accoglie centinaia di farfalle libere, in un caratteristico ambiente tropicale appositamente creato e altri 500 mq che ricalcano gli habitat ideali per vari tipi di insetti. E LIFESTYLE INBICI

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se poi vogliamo vivere la natura anche in modo audace, ecco CerviAvventura, parco di tarzaning con tanti percorsi spericolati che si snodano in sospensione fra gli alberi del Parco Naturale. Il tutto in assoluta sicurezza con caschi di protezione e imbragature. IL FASCINO DELLA TRADIZIONE CULTURALE Tutte le località cervesi sono caratterizzate da una particolare vitalità in campo culturale e da una grande cura nel rispetto delle tradizioni. A dimostrazione di ciò, una serie incredibile di eventi che durante tutto l’anno spaziano dalla letteratura all’arte figurativa, dalla musica al teatro, fino alla filosofia, alla storia. Tra Milano Marittima e Tagliata si possono anche visitare numerose strutture museali, alcune davvero particolari. Il MUSA, ad esempio, il Museo del Sale di Cervia, che in un accattivante percorso etnologico mostra le attività nella salina, spiega i complessi equilibri idrici del territorio ed espone documenti e attrezzi dell’antica attività salinara. Non dimentichiamo inoltre i grandi nomi di scrittori, poeti e cantautori che alla città di Cervia hanno legato il proprio nome talmente stretto da diventarne cittadini onorari, come Grazia Deledda, Giuseppe Ungaretti, Mario Luzi e Roberto Vecchioni o, comunque grandi amici, come Giovannino Guareschi e Giosuè Carducci. Passeggiando sul piazzale dei salinari possiamo farci sedurre dal fascino di un passato importante fra gli imponenti magazzini del sale e la torre San Michele, gli antichi guardiani dell’ “oro bianco”. E ancora il centro storico cervese, costruito a fine seicento su un progetto pianificato che fa di Cervia una delle rare città di fondazione italiane, incanta il visitatore con le caratteristiche case dei salinari che fungevano anche da cinta muraria della città. Caratteristico anche il teatro comunale, raccolto e dall’acustica perfetta, mostra affreschi del Canepa ed un sipario a soggetto marinaro in cui compare anche un salinaro con la tipica imbarcazione: la burchiella. L’INCANTO DI SENTIRSI BENE Il benessere, fisico e mentale, è probabilmente il maggior valore aggiunto che si può guadagnare dalla permanenza nelle località cervesi. Tutto qui sembra concepito – dalla natura prima, dall’uomo poi – apposta per restituire all’idea di vacanza il suo significato più genuino e intrinseco, ossia quello di un tempo rigenerativo per lo spirito, il corpo o, ancora meglio, entrambi. Ecco allora l’opportunità di sconfiggere qualsiasi tipo di noia o di stress con tanti chilometri di piste ciclabili per piacevoli pedalate in aree verdi, romantiche passeggiate lungo il porto-canale di Cervia o lungo le stradine dell’antico centro storico. Aperte da maggio a dicembre Le Terme di Cervia propongono trattamenti al fango della salina dalle proprietà eccellenti, una piscina con acqua ad alta salinità ed aggiungono trattamenti estetici e rilassanti di alta qualità e alcune piacevolissime novità quali peeling al sale, massaggi Watsu o massaggi super-rilassanti con pietre calde. A completare l’offerta wellness, nel 2007 è nata una Spa anche sulla spiaggia. Una insolita combinazione che propone novità e servizi particolari che vanno dalla cromo-aromo-terapia al trattamento al sale, completati da una vasta gamma di massaggi e trattamenti estetici. Numerosi i centri benessere che accolgono gli ospiti nelle innumerevoli strutture alberghiere all’avanguardia. Sono però le due ruote le grandi protagoniste del territorio cervese. Alle piste ciclabili presenti in tutte le località di Cervia – vera occasione di movimento, anche per chi ha da poco familiarizzato con la bicicletta – si aggiungono infatti i tanti percorsi attraverso la pineta, con grande gioia soprattutto degli appassionati della mountain bike. 128

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Proprio per questo già da anni gli operatori hanno sviluppato una particolare attenzione per i cicloturisti, offrendo loro un’attenta accoglienza. E se proprio acqua e terra non ci bastano e vogliamo un po’ di brivido, abbiamo l’aria a disposizione. È possibile infatti prendere parte a voli turistici per apprezzare dall’alto le località del territorio in tutta la loro bellezza, e frequentare corsi di paracadutismo anche per dilettanti assoluti. Un’ebbrezza unica per rendere la vacanza ancor più indimenticabile. IL PIACERE DELLO SVAGO Non siamo tipi sportivi e preferiamo divertimenti più classici? Tra le quattro località del territorio cervese c’è solo l’imbarazzo della scelta. Un’opzione che mette sempre d’accordo grandi e più piccoli è quella di Mirabilandia, il grande Parco delle Meraviglie a pochi minuti da Cervia che ogni anno si conferma un gioiello che coniuga l’inventiva dei più bravi artisti del divertimento alle innovazioni della tecnologia, offrendo divertimento e relax a 360 gradi. I bambini poi sono protagonisti in tantissime occasioni, ad esempio a Natale, quando una grande pista di pattinaggio su ghiaccio viene allestita nella piazza principale di Cervia, oppure in spiaggia, con i tanti giochi a loro dedicati e con la possibilità di usufruire di laboratori artistici, di lavorazione del mosaico e di costruzione aquiloni, per non parlare degli spettacoli di animazione e teatro di figura proposti in tantissime occasioni. Durante il periodo estivo hanno persino un mercatino tutto loro, in cui scambiare vendere e acquistare giochi, figurine e tantissimi altri oggetti, dove testare il loro senso degli affari. E di sera le occasioni di intrattenimento e divertimento si fanno praticamente infinite per tutti, con le centinaia di ristoranti, pub e street bar disseminati su tutto il territorio. Ma la regina della notte è sicuramente Milano Marittima, la raffinatissima località della moda e dello shopping che ama vivere la notte. Il centro dell’elegante cittadina – completamente rinnovato negli arredi urbani – di sera si trasforma infatti nel punto di ritrovo dei ragazzi da tutta Italia. Ognuno può scegliere il proprio ambiente, gli street bar che dettano mode e tendenze, un calice di vino in una delle moderne enoteche, musica soft e due chiacchiere per incontrare nuovi amici, magari prima di provare una delle discoteche più famose e glam del Paese. LA SEDUZIONE DEI PRODOTTI DEL TERRITORIO La posizione stessa di Cervia e delle località limitrofe sembra studiata appositamente per poter godere di quanto di meglio questo scorcio di Romagna può offrire: da una parte il mare, con una tradizione peschereccia secolare, dall’altra il vicino entroterra collinare, ricco di particolarità e borghi suggestivi. E poi le eccellenze tipiche ed esclusive della città di Cervia. Una su tutti la fa da padrone, sua maestà il sale. Il sale “dolce” di Cervia, conosciuto in tutto il mondo e dal 2004 anche presidio Slow Food, caratterizza in modo davvero speciale la gastronomia locale, offrendo agli ospiti una vasta scelta di gustosissimi piatti di carne e pesce, e proponendo anche prodotti unici come il cioccolato al sale, piadina al sale, il torrone al sale. L’unicità di alcuni prodotti locali viene sottolineata da alcuni prodotti come il Prugnolino, liquore lavorato dalle bacche del prugnolo, cespuglio tipico delle saline, o il sale aromatizzato alla salicornia, erba aromatica tipica dei bacini salanti. Tutti i prodotti – da non dimenticare i vini di sabbia – si possono trovare nei tanti mercatini all’aperto che durante tutto l’anno cadenzano l’arrivo delle prelibatezze stagionali. E tra Cervia, Milano Marittima, Pinarella e Tagliata, centinaia di ristoranti propongono una infinita scelta di pietanze che vanno dalla cucina tradizionale con piatti semplici quali cappelletti, tagliatelle, strozzapreti, pesce e carne alla griglia, ai più raffinati menu con piatti elaborati e innovativi ma sempre rigorosamente attenti ai palati più raffinati.


// INTERNAZIONALI D’ITALIA SERIES

A Nalles debutto con successo per lo svizzero che ribalta il pronostico e mette in riga i francesi Stephane Tempier - Maxime Marotte. Tra le donne la Campionessa del Mondo U23 Frei interrompe il dominio di Dahle

Mathias Fluckiger,

buona la prima a cura della redazione

La partenza donne open credit foto Michele Mondini

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A Nalles (Bolzano), nella prima tappa degli Internazionali d’Italia Series, si è imposto lo svizzero Mathias Fluckiger. Alla sua prima partecipazione al Marlene Südtirol Sunshine Race, Il 29enne della Thömus-RN Racing ha dettato legge regolando in volata Tempier, terzo Marotte. Tra le donne la Campionessa del Mondo U23 Frei interrompe il dominio di Dahle. Fontana e l’iridata Stigger si impongono alle UCI Junior Series. Questi in sintesi i verdetti di una giornata che ha regalato spettacolo ed emozioni. Di solito, chi affronta per la prima volta il circuito di Nalles paga il prezzo dell’esordio. Di solito, appunto, perché Mathias Flückiger ha rappresentato una splendida eccezione, conquistando con autorità la 18a edizione della Marlene Südtirol Sunshine Race, prima tappa “hors catégorie” di Internazionali d’Italia Series.Alla vigilia l’elvetico del Thömus-RN Racing Team l’aveva detto: “Il circuito mi piace molto, penso di poter dire la mia”. Durante la gara l’ha confermato affrontando con l’esperienza del veterano le insidie dell’impegnativo circuito allestito dalla Sunshine Racers Nals ribaltando i pronostici della vigilia che vedevano in prima fila l’accoppiata transalpina Stephane Tempier - Maxime Marotte. Proprio Tempier ha rappresentato la maggiore insidia per Flückiger arrivando a giocarsi la gara allo sprint. Più staccato Marotte (Cannondale Fac-


Il podio Open men credit foto Emanuele Barbaro

tory Racing), terzo a 1’06” dal vincitore e mai realmente a proprio agio su un percorso “old style”. “E’ stata una gara veramente impegnativa – ha detto Flückiger. – Ho cercato di fare la differenza nell’ultima salita ma Stephane non ha mai mollato. Pertanto nel finale ho cercato di conservare le energie in vista dello sprint perché ero consapevole di essere il più veloce tra i due”. Quarta piazza per il Campione Europeo Florian Vogel (Focus XC Team) che ha preceduto il primo degli italiani Gioele Bertolini (Team Focus Selle Italia), ottimo quinto. Hanno invece deluso il campione in carica Marco Aurelio Fontana (undicesimo) e l’idolo locale Gerhard Kerschbaumer (solo sedicesimo). DONNE OPEN – FREI DI FORZA SU INDERGAND E DAHLE Prima Sina Frei (Ghost Factory Racing), seconda Linda Indergand (Focus XC Team): è stata grande Svizzera anche nella gara Open Donne. La Campionessa del Mondo U23 si è resa protagonista di una partenza fulminante, in compagnia della plurivincitrice Gunn-Rita Dahle e della polacca Maja Wloszczowska che ha dovuto mettere da parte le velleità di successo a causa di una scivolata. Ha invece rimontato nella seconda parte di gara l’elvetica Indergand che ha prima sopravanzato Wloszczowska e in seguito recuperato su Dahle e Frei. Tuttavia, nell’ultima tornata, l’iridata ha operato

il definitivo cambio di ritmo che le ha permesso di tagliare il traguardo con 11 secondi di vantaggio sulla connazionale e 31 su Dahle. UCI JUNIOR SERIES – FONTANA E STIGGER SUGLI SCUDI Filippo Fontana (Gottardo Giochi Caneva) e la Campionessa del Mondo Laura Stigger (Austria) si sono aggiudicati la gara Juniores di Internazionali d’Italia Series, valida anche come seconda prova delle UCI Junior Series, la Coppa del Mondo di categoria. Se da una parte l’assolo della Stigger rientra

nelle abitudini di una delle “stelline” del firmamento mondiale, la vittoria del trevigiano, figlio d’arte, si è rivelata una vera e propria sorpresa. ESORDIENTI E ALLIEVI: A NALLES LA FESTA DEL CICLISMO GIOVANILE Emozioni a Nalles anche nelle gare giovanili del mattino: nella categoria Allievi hanno primeggiato rispettivamente il sudafricano Luke Moir e l’austriaca Mona Mitterwallner tra gli atleti al 2° anno, mentre Filippo Agostinacchio e l’atleta di casa Noemi Plankensteiner hanno centrato il successo tra gli atleti al 1° anno. Nella categoria Esordienti affermazioni per Ivan Franzini e Sophie Auer tra gli atleti al 2° anno, mentre Carlo Bonetto (Rostese Rodman) e la slovena Hana Zagar Kranjec (Calcit Bike Team) hanno festeggiato tra gli Esordienti 1° anno. Ordine d’arrivo Open men 1 FLUECKIGER Mathias M EL 1 THÖMUS/RN RACING TEAM SUI 01:31:15 7 2 TEMPIER Stephane M EL 2 BIANCHI COUNTERVAIL FRA 01:31:16 00:00:01 7 3 MAROTTE Maxime M EL 3 CANONDALE FACTORY RACING FRA 01:32:21 00:01:06 7

credit foto Emanuele Barbaro

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SCATTO D’AUTORE VAL DI SOLE MARATHON 2017 by newspower.it

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Luoghi intorno a noi

Monte Bondone L’Eden degli sportivi

a cura della redazione / by the Editorial staff 134

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Arrampicata, deltaplano, wind surf sui laghi, wake-board, kayak e trekking: se siete stanchi di rulli e tapis-roulant, la “palestra naturale” del Monte Bondone e della Valle dei Laghi vi regala una gamma inesauribile di opportunità Siete stanchi dell’inverno e avete bisogno di attività fisica all’aperto. Avete trascorso gli ultimi mesi rintanati fra quattro mura domestiche sollevando pesi, sudando sui rulli o spingendo su pedali di biciclette che non si spostano di un millimetro? Tranquilli, il peggio è passato. Se adesso - sbocciata l’estate - siete alla ricerca di un’alternativa alla solita corsetta nel parco sottocasa, la risposta è a Trento, dove si trova la “palestra naturale” più grande del mondo, quella che, a pochi minuti dal capoluogo, si estende per centinaia di chilometri quadrati nel

Places around us

comprensorio delimitato dal Monte Bondone e dalla Valle dei Laghi. Tapis roulant? No, qui si corre fra i prati fioriti, nei sentieri fra i boschi o fra i vigneti del Teroldego e del Pinot Nero. Spinning? Perché mai restare chiusi in una stanza a guardare la schiena del compagno di fatica quando si può salire fra i boschi ammirando dietro ogni curva un nuovo scorcio mozzafiato e respirando l’aria salubre e corroborante delle montagne? Se invece preferite gli sport acquatici, gli specchi d’acqua cristallina della valle sono lì ad aspettarvi con i loro centri dedicati al wind surf, sul lago di Cavedine, o al wake-board, sul lago di Terlago, oppure potrete decidere di passare la giornata mulinando la pagaia di un kayak o facendovi trasportare dalla vela di una piccola deriva godendovi il paesaggio delle montagne che vi circondano. L’offerta sportiva di questo territorio è talmente vasta e diversificata che comprimerla

in un elenco è un’impresa davvero titanica. Si va dai percorsi per gli appassionati di trekking alle pareti rocciose attrezzate per chi ama l’arrampicata. Chi ha detto che lo sci di fondo sia soltanto uno sport invernale? Basta munirsi di bacchette, aggiungere le ruote agli sci e lo ski-roll diventa un divertente surrogato nell’attesa che torni la neve; se invece le bacchette preferite usarle per camminare vi troverete in buona compagnia con i tanti praticanti di nordic walking che trovano nella Valle dei Laghi il luogo ideale per praticare questa disciplina. Tutto questo vi sembra troppo tranquillo, lo sport per voi è adrenalina pura? Niente paura qui c’è posto anche per i più temerari. Salite sulla cima delle montagne e provate l’emozione di volare sulle Alpi con un deltaplano o con la vela di un parapendio. Perchè questa terra è così, una “palestra” che non ti stanca mai.

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Monte Bondone The Eden of sports lovers Rock climbing, gliding, windsurfing on the lakes, wake-boarding, kayaking and trekking: if you are tired of spinning and treadmills, the “natural gym” offered by Mont Bondone and the Lakes Valley offers a wide range of exciting opportunities Did you spend your winter lifting weights inside your house, sweating on the treadmill or pedalling away on bikes that never move a single inch? Well, if now that summer is here you’re looking for something different from the usual jog around your neighbourhood, the answer is Trento, home to the world’s biggest outdoor “gym” the one just a few minutes from town, that extends for hundreds of square kilometres in the area between Monte

Bondone and the Valley of Lakes. Treadmills? No way! Here, you get to run through wildflower meadows, on woodland trails, and across the vineyards of Marzemino and Nosiola. Spinning? Why would you stay indoors and look at someone’s back when you can head up into the woods, and discover a new breathtaking view around every turn, while breathing in the clean mountain air? If instead you’re keener on water sports, the area’s crystal-clear lakes and streams are ready to welcome you with an assortment of activities. Go windsurfing on Lake Cavedine, try wakeboarding on Lake Terlago, spend the day paddling your kayak along picturesque torrents, or simply let your boat drift gently as you take in the spectacle of the mountains all around you. The area’s wealth of possibilities for outdoor enthusiasts - from scenic hiking trails to a plethora of equipped

rock formations for climbers - is such that even compiling a list is near impossible. And who said cross-country skiing has to be a winter sport? Just grab some poles, add wheels to the skis, and enjoy roller skiing, a fun summer surrogate where no snow is needed. If instead you’d rather use the poles for walking, you’ll be in good company among the many nordic walking aficionados who consider the Valley of Lakes a perfect setting for this discipline. Does this all sound too relaxed? Is your idea of sport a rush of pure adrenaline? No problem, options abound even for the boldest and most fearless of tourists... Climb up to the mountaintops, and experience the thrill of flying through the Alps on a hang glider or paraglider. It’s that kind of place: a “gym” you’ll never get bored of, and which you surely will never forget.

Foto a sinistra Vivere lo sport immersi nella natura credit foto N. Angeli

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L’ombelico del mondo a cura della redazione

Tra sport, relax e divertimento, sulla spiaggia di Cervia un santuario consacrato alla cultura del wellness. Dai convegni all’Ironman, ecco gli eventi più importanti dell’estate 2018 È l’epicentro dell’evento, l’ombelico della grande festa consacrata al ciclismo. Sulla spiaggia dorata di Milano Marittima, una delle località più glamour della Riviera Adriatica, lo stabilimento balneare Fantini Club si colloca su un’area complessiva di 15.000 mq e con un’ampiezza fronte mare di oltre 100 mt. Fantini Club è molto più di uno stabilimento balneare. Organizzato con la formula del “villaggio vacanze”, rappresenta - ormai da decenni - un punto di riferimento per gli amanti dello sport, del wellness, del mare e delle vacanze all’insegna del buon vivere.Una struttura moderna, ricca di comfort e servizi, ma sempre all’insegna della 136

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rinomata ospitalità romagnola. Al Fantini Club vivrete le vostre vacanze e il vostro tempo libero godendo di servizi di lusso, senza rinunciare però ai piaceri e alle eccellenze che il territorio offre: buon cibo, locali alla moda, eventi, natura e comfort a cinque stelle. All’interno del Fantini Club campi e attrezzature per ogni tipo di sport: palestra attrezzata Technogym, campi sulla sabbia, basket, windsurf, canoa e vela. E per gli amanti del wellness, da non perdere il centro benessere & Spa in riva al mare (il Fantini Wave Spa), vera oasi di relax su 500 mq di green, dove lasciarsi coccolare, con percorso sensoriale, massaggi e trattamenti. In occasione della Granfondo al Fantini Club sono a disposizione tutti i servizi pre e post gara: ritiro dei pacchi gara, segreteria, sala stampa con diretta tv, area hospitality, premiazioni,

parcheggio bici e pasta party finale (aperto anche agli accompagnatori). Da marzo ad ottobre Fantini Club vi offre un ricco calendario di eventi e attività, sportive e non, tutte all’insegna del divertimento sulla spiaggia di Milano Marittima. Nel mese di maggio (il 13), ad esempio, è in programma il Triathlon Sprint Cervia – Milano Marittima, mentre il 27 sarà organizzato un convegno dal titolo “Lo sport fa viaggiare”. Dal 23 al 24 giugno il Trofeo di Beach Basket 3X3 e, nello stesso weekend, spazio al beach tennis con il Trofeo Sportur riservato ai più piccoli. E l’estate proseguirà con una ricca carrellata di eventi che culminerà il 22 settembre con il celebre “Ironman”, l’evento planetario che Cervia ospiterà – in esclusiva europea - per il secondo anno di fila.


…E VIVI LA SPIAGGIA AL 100%

Sul mare di Cervia-Milano Marittima, Fantini Club è un luogo unico dove potrai gustarti tutti i piaceri della vita di spiaggia: sole, movimento, food & drinks, relax e tanto divertimento. In più, Fantini Club è location ideale anche per party, eventi, wedding e business meeting.

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Tel. +39 0544 956519 - Fax. +39 0544 974501 info@fantiniclub.com Lungomare G. Deledda 182, Cervia - Milano Marittima (RA)


Tutti pazzi per l’Ironman a cura della redazione

Al bagno Fantini, anche nel 2018, sarà collocata la consolle operativa dell’unica tappa italiana Anche Claudio Fantini – abituato ad ospitare eventi di grido (dalla Grafondo Via del Sale al Bobo Summer Camp) – lo scorso anno ha trattenuto a stento l’emozione. Grazie ad un autentico capolavoro di marketing strategico, è stato infatti il suo stabilimento balneare l’epicentro del primo IRONMAN Italy Emilia-Romagna, gara full distance per uomini di ferro (3,8 chilometri a nuoto, 180 in bici e 42 di corsa) che si è svolto il 23 e 24 settembre scorso a Cervia. Quando nel 2016, Fantini si mise in testa di ospitare l’evento planetario, in tanti – pur riconoscendogli un’abilità organizzativa non comune – avevano manifestato tutto

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il loro scetticismo. In Italia, del resto, ci avevano provato in tanti. E tutti avevano fallito. Claudio Fantini, però, ha impresse nel genoma le stigmate del pioniere (fu lui a portare il beach volley per la prima volta in Romagna). E così, malgrado una diffidenza generalizzata, con l’ostinazione del romagnolo e la sagacia dell’imprenditore navigato, ha subito trovato la strada giusta e, dopo aver avuto il “semaforo verde” dalle istituzioni, non si è più fermato: “In effetti – spiega – non è stata un’impresa semplice. Bisogna ringraziare la Regione, i Prefetti ed i Questori di Ravenna e Forlì-Cesena che ci hanno garantito l’appoggio necessario, dimostrando di aver colto l’importanza mediatica dell’Ironman. Parliamo, del resto, di un evento di portata planetaria che, per tre anni, considerati i 2500 atleti e le loro famiglie, avrà effetti formidabili sul turismo di settembre”. Il capolavoro di Fantini, infatti, è stato quello di ottenere l’organizzazione dell’evento per tre anni: “In questo modo potremo

consolidare la promozione – spiega – e diventare una location di riferimento per il triatlon internazionale. Non dimentichiamo, infatti, che ospiteremo atleti provenienti da ben 71 nazioni diverse”. L’edizione 2018 andrà in scena il 22-23 settembre e, come al solito, porterà con sé un’imponente macchina organizzativa. Qualche cifra per capire: 7 i tir carichi di materiale brandizzato come archi, segnaletica, zaini e t-shirt. I punti di ristoro distribuiranno 15.000 litri di bevanda isotonica, 21.300 gel, 8.550 lattine di Red Bull, 7.300 barrette e 6.600 mele. E sono 1.600 i volontari che supporteranno l’organizzazione collaborando con istituzioni, forze dell’ordine e personale di soccorso. 16 ore è il tempo massimo per conquistare maglia e medaglia da finisher. Quarantamila dollari, infine, il montepremi in palio: “Io penso – conclude Fantini – che se siamo riusciti ad organizzare un evento del genere, nulla potrà più spaventarci in futuro. Perché questo non è l’evento del Fantini, bensì la vittoria di un intero territorio”.



// LUOGHI INTORNO A NOI

Il Muse, benvenuti nello scrigno della natura

a cura della redazione / by the Editorial staff Alla scoperta delle monumentali sale del museo delle scienze di Trento dove giurassico e futuro si incontrano in un’emozionante fusione È una delle eccellenze culturali di Trento, un piccolo miracolo sbocciato nel cuore di una vecchia area industriale dismessa, la creazione di un architetto di straordinario talento, che ha deciso di incorniciare un’idea geniale tra le splendide montagne del Trentino. Parliamo del Muse, l’innovativo museo delle scienze di Trento progettato da Renzo Piano che, dopo soli quattro anni di vita, è già diventata una delle istituzioni culturali più visitate d’Italia. A dispetto della classificazione museale, il museo trentino è quanto di più lontano si possa immaginare rispetto alla classica esposizione fatta di grandi sale cupe e silenziose. Qui la protagonista assoluta è la luce che pervade tutti gli ambienti, dalla terrazza affacciata sulla valle dell’Adige al seminterrato dove sono ospitate la più grande 140

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mostra di dinosauri dell’arco alpino e la serra tropicale. “The big void” (il grande vuoto) che collega tutti i livelli è “occupato” da animali tassidermizzati sospesi con sottilissimi fili d’acciaio per creare nel visitatore l’illusione di fluttuare nello spazio mentre interagisce con i monitor o osserva gli oggetti esposti sui grandi tavoli di legno chiaro. Ogni aspetto del Muse è mirato a coinvolgere attivamente il visitatore: al quarto piano, dedicato alle “Alte Vette”, si trovano il tunnel multimediale in cui si può vivere l’esperienza multisensoriale di volare sopra i ghiacciai alpini, sciare a tutta velocità lungo una parete ripidissima o essere travolti da una valanga. Scendendo di un livello si viene catapultati in un sentiero di montagna in cui provare l’emozione di un incontro con un animale selvatico, mentre al “+2” una serie di suggestive installazioni mostra le mutazioni epocali del nostro pianeta durante le ere geologiche e, in particolare, il processo di formazione delle Alpi. Il primo piano affianca la preistoria della “time ma-

chine”, una grotta multimediale dove vivere l’esperienza di un antichissimo rito, all’imminente futuro del FabLab dove sperimentare stampanti digitali e altre attrezzature all’avanguardia. Il piano terra è dedicato all’infanzia con la sezione “maxi Ooh!”, dedicata alle esperienze sensoriali per l’infanzia e la Palestra della scienza dove chi è rimasto bambino dentro potrà giocare a riprodurre dei piccoli esperimenti di fisica o scienze naturali. Per continuare a scoprire le tante sorprese che il museo trentino riserva ogni giorno vi consigliamo di visitare il sito www.muse.it

Discover the monumental EN halls of the Science Museum in Trento where the Jurassic age and the future come together in an exciting fusion What is a museum’s recipe for success? Take an old abandoned industrial area, a prodigiously talented


// PLACES AROUND US

The Muse, welcome to the guardian of nature’s mysteries

MUSE, il museo delle scienze a Trento - credit foto BRUMS

architect, the marvellous setting of Trentino’s mountains, and a brilliant idea on how to set up a world-class exposition. Mix it all together in just the right way and you’ll get MuSe, Trento’s innovative museum of sciences. Designed by celebrated architect Renzo Piano, in just three years of existence the venue has welcomed over 1.5 million visitors, quickly becoming one of Italy’s most popular cultural institutions. As far from stereotype as possible, MuSe has none of the gloomy, silent and mostly empty vast rooms we normally associate with the word “museum”. Here, light plays a leading role, and pervades every corner of the facility from the panoramic terrace overlooking the Adige Valley all the way down to the basement, which houses the Alpine region’s largest dinosaur exhibit as well as a tropical greenhouse. The “Big Void” connecting the various levels is “inhabited” by taxidermied animals, suspended mid-air by thin steel wires, to give

visitors the impression of floating in space as they interact with the monitors or observe the items on display. Every aspect of Muse was studied to actively engage the visitor: the fourth floor, dedicated to Mountain Peaks, includes a multimedia, multi-sensory tunnel that lets you experience the feeling of flying over alpine glaciers, of skiing full-speed down the steepest of slopes, and of being swept away by an avalanche. One floor down, you will find yourself wandering down a mesmerizing mountain path, and even experience the thrill of a close encounter with a wild animal. On level +2, instead, a series of evocative installations explore our planet’s mutations through the various geological eras, with particular emphasis on the formation process of the Alps. The first floor pairs prehistory with the upcoming future: “Time Machine” is a multimedia cave that lets visitors take part in ancient Stone Age rituals, while the “FabLab” lets them experiment with 3D printers

and other cutting-edge technological devices. The ground floor caters specifically to childhood, with the “Maxi Ooh!” area, a wonderland of exciting sensory experiences for children under 5, and the Hands-On Science Centre, where kids and adults alike can have fun with a series of physics and science experiments. Finally, from July 16th until June 30th of 2017, MUSE will also house a temporary exhibition on the theme of EXTINCTIONS, a wide-ranging project that invites us to reflect on our relationship with nature. A fascinating journey through cataclysms and great challenges, but also through lucky breaks and rousing triumphs, from the grandeur of dinosaurs and of the last great mammals to the fate of the Earth’s most cumbersome ape: man. To learn more about the many surprises that Trento’s MuSe has in store, we suggest you visit the museum’s website at http://www.muse.it/en/

LIFESTYLE INBICI

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a cura della redazione

Sette prove da urlo

La Vecia Ferovia dela Val de Fiemme 2017

Dalla “ValdiNon Bike” di Cavareno alla “3TBIKE” in Valsugana, ecco gli appuntamenti del challenge più spettacolare dell’estate

Il calendario di Trentino MTB 2018 propone sostanziali novità e ancora una volta sette prove da urlo, nell’ordine: “ValdiNon Bike” a Cavareno il 6 maggio, “Passo 142

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Buole Xtreme” ad Ala il 20 maggio, “100 Km dei Forti” a Lavarone il 10 giugno, “Dolomitica Brenta Bike” tra Pinzolo e Madonna di Campiglio il 1° luglio, “Val di Sole Marathon” a Malè il

15 luglio, “La Vecia Ferovia dela Val de Fiemme” da Ora (BZ) a Molina di Fiemme il 5 agosto, e “3TBIKE” in Valsugana il 26 agosto. Immutato il trittico d’apertura, mentre per quanto riguarda


i successivi quattro appuntamenti ci sarà da divertirsi tra il nuovo percorso “short” di 21.5 km e 1000 metri di dislivello positivo della sfida valsuganotta, il nuovo itinerario non competitivo di 42 chilometri e 1.500 metri di dislivello della Dolomitica Brenta Bike, la staffetta a coppie della Val di Sole Marathon effettuabile sull’itinerario di gara di 75 km, mentre entrerà a far parte del magico mondo de “La Vecia Ferovia” anche un nuovo itinerario di gara dedicato agli escursionisti (a poter optare per il percorso classic di 47 km o lo short di 36 km), con gli e-bikers ad avere invece la possibilità di completare il tracciato tradizionale (di 47 km), il quale avrà cinque chilometri in meno di pianura per rendere la contesa ancor più avvincente. Trentino MTB è un circuito che si propone di non far mancar nulla ai propri bikers, dall’atleta più preparato all’aficionado semplice, esaltando semplicemente la passione per lo sport, la competizione, il benessere all’aria aperta. Scenari da mozzare il fiato, impennate da vivere e discese a perdifiato, ma anche percorsi ideati per chi ancora non ha l’abitudine di salire in sella, per i concorrenti in e-bike e cicloturisti

che potranno partecipare in assoluta rilassatezza agli eventi. Tutte le sfide verranno anticipate dalle gare “Mini” per i giovani delle ruote grasse “coprendo” così ogni fascia d’età, compresa quella dei papabili futuri concorrenti di Trentino MTB. Superlative anche le quote d’iscrizione singole, di 28 euro fino al 29 aprile per competere alla “ValdiNon Bike”, di 28 euro entro il 15 aprile per la Passo Buole Xtreme, di 30 euro entro il 30 aprile per la “100 Km dei Forti” (25 euro per i contest “Lavarone Bike” e “Nosellari Bike”), 25 euro entro il 31 marzo per la “Dolomitica Brenta Bike”, 39 euro entro il 9 aprile per la “Val di Sole Marathon”, 30 euro entro il 22 luglio per la “La Vecia Ferovia” ed infine 28 euro entro il 23 agosto per la “3TBIKE”. Vantaggiose sì, ma ancor di più lo sono le quote “cumulative” del circuito, a 180 euro anziché 215 euro per le sette gare, 160 euro anziché 194 euro per sei tappe, e 140 euro anziché 154 euro per cinque delle sette prove. Al momento dell’iscrizione si dovranno indicare sull’apposita scheda le gare a cui si intende partecipare, compresa la scelta dei percorsi (Classic – Marathon), altrimenti si verrà inseriti auto-

maticamente nel tracciato più breve, il tutto entro e non oltre il 4 maggio. Il comitato organizzatore di Trentino MTB propone tariffe speciali anche per tutti i team, i quali si potranno iscrivere alle sette prove sfruttando le iniziative “3x2” dai sette ai dodici concorrenti con uno gratis ogni tre, oppure “2x1” oltre i tredici concorrenti con uno gratis ogni due, mentre fino ai sei concorrenti si pagherà la tariffa intera. Citando qualche “sprazzo” di regolamento, il challenge dedicherà un premio speciale in memoria dello scomparso Alessandro Bertagnolli, storico presidente di Trentino MTB, grazie al riconoscimento “Fair Play Alessandro Bertagnolli” destinato al concorrente, accompagnatore o dirigente sportivo che per qualsivoglia motivo si sia particolarmente contraddistinto nel corso delle sette prove, nei vari aspetti etico comportamentali o nei rapporti umani sociali e sportivi.

Ad ogni prova sarà infine individuata e cronometrata una salita importante, con relativa classifica assoluta maschile e femminile denominata Classifica dello Scalatore. Che lo spettacolo abbia inizio.

Atleti impegnati alla 3TBIKE


Turismo & Wellness

Sportur,

i pionieri della vacanza attiva a cura della redazione

Tornei innovativi, ospitalità, servizi “HQ” ed un’agenzia viaggi. Alla scoperta di un inesauribile contenitore di eventi che, sulla costa romagnola, ha rivoluzionato la filosofia della vacanza Un inesauribile filone aurifero di idee, una laboratorio “working in progress” di eventi, una consolle al lavoro dodici mesi l’anno con una mission ben precisa: il turismo sportivo. Questo e tanto altro è Sportur, il progetto nato nel 1996 dall’intuito avanguardista di Claudio Fantini, imprenditore cervese che ha fatto dell’ospitalità e dello sport un marchio di fabbrica. Dopo aver ereditato dai genitori il “bagno” di famiglia (acquistato nel 1959 dalla madre Fiorina e dal padre Antonio sul Lungomare di Cervia), negli anni ‘80 Claudio Fantini trasforma questo spicchio di spiaggia nell’Eldorado degli sportivi e degli amanti del benessere. E così, nel 1984, sugli arenili di Romagna, compare uno sport nuovo: il beach vol-

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ley. Da quel momento nasce un fenomeno e, quello stesso anno, proprio al Fantini Club, si disputa il primo torneo ufficiale di beach volley in Europa. Nel 1996 Claudio Fantini ha un’altra felice intuizione: unire al mondo dello sport le politiche promozionali del turismo. E viceversa. Fonda così Sportur, per organizzare e promuovere eventi sportivi: gare, tornei, scuole e camp con grandi campioni. Fiore all’occhiello di Sportur è la Granfondo Via del Sale, che ogni anno coinvolge migliaia di ciclisti e che è fra le più importanti granfondo d’Italia. Nel 2009, logica emanazione di un progetto sempre più strutturato, nasce Sportur Club Hotel, un concept innovativo di ricettività per la riviera dell’Emilia Romagna dedicato a tutti coloro che amano lo sport e le vacanze dinamiche. Nel 2013 Claudio Fantini lancia HQ. Non un nuovo spazio, ma

una filosofia semplice da capire e da usare, dove HQ sta per High Quality. Un modo per gustarsi la vita al 100% in piena forma, benessere e positività. Uno stile di vita che a Cervia-Milano Marittima diventa un vero e proprio stile di vacanza. Nel 2015 da questo inesauribile terreno di idee, nuove visioni e servizi trae energia SPORTUR TRAVEL, nuovo Tour Operator e agenzia viaggi dedicato a chi si muove per passione dello sport. Pacchetti, destinazioni ed eventi per praticare in libertà il proprio sport e per vivere vacanze all’insegna dello Star Bene, in linea con un Italian Lifestyle che abbina movimento e relax, alimentazione equilibrata e sano divertimento.

È la nuova frontiera di una multi-utility della vacanza. E sicuramente, c’è da scommetterci, non sarà l’ultima.


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