BIMESTRALE IN DISTRIBUZIONE GRATUITA ANNO IX - N. 12 GENNAIO 2019
magazine
CLAUDIO CHIAPPUCCI Il ritorno del Diablo Numeri in Val di Fassa in sella alla sua Mtb
JUSTINE MATTERA
Bella, brava e in forma Tutti pazzi per la nuova influencer del ciclismo
MAURO VEGNI
Mister Giro di racconta “Storie e aneddoti della mia vita in rosa”
RIDEFINISCE I LIMITI Cento1 Hybrid ridisegna i confini di usabilità di una bicicletta da corsa di alto livello. Il prestigio di un oggetto da corsa Wilier Triestina si unisce all’innovazione del sistema di servo assistenza più leggero sul mercato. É cosi che è nata la bicicletta da corsa ibrida più leggera al mondo: solo 11,9 kg.
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SCATTO D’AUTORE TIRRENO ADRIATICO by Bettiniphoto
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Show sulle nevi
Chiappucci El Diablo sulle Dolomiti regala spettacolo con la sua mtb: a tutta velocità tra gli sciatori della Val di Fassa Un’idea che poteva balenare solo nella testa di Claudio Chiappucci che, dopo una formidabile carriera su strada, non ha perso quel pizzico di sana follia che gli è valso il soprannome - meritatissimo - di “El Diablo”. In sella alla sua Mtb Carrera, nel fine settimana dell’Immacolata, ospite assieme alla fidanzata Clementine della “Settimana Vip” a Canazei organizzata dall’Ale Piva Prodution, Chiappucci è salito sugli impianti del Col Rodella di Campitello e ha cominciato a fare numeri esaltanti sulle piste da sci. Poi ha inforcato la discesa e, attraverso un funambolico fuoripista, con sullo sfondo le vette innevate della Marmolda, è sceso a valle zigzagando tra gli abeti. Uno spettacolo riservato a pochi intimi che, in ogni caso, l’hanno riconosciuto esclamando la frase di rito: “Cose da pazzi!”. No, cose da Diablo…
C’è chi sulle piste ghiacciate della Val di Fassa (sponda Campitello) utilizza gli sci e chi… la bicicletta
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“Cose da pazzi!”. No, cose da Diablo…
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Sommario Speciale / Gennaio 2019 // Numero 12
Claudio Chiappucci Numeri sulle Dolomiti In sella alla sua Mtb
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di Maurizio Rocchi
SARDEGNA ON BIKE a cura della redazione
INBICI TOP CHALLENGE a cura della redazione
FOCUS BIKE ECONOMY a cura della redazione ALEX, TI RICORDI VARESE? di Eleonora Pomponi Coletti
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Andrea Garosio
Marathon Altopiano
Il Falco fa le carte alla stagione 2019
Giovani grimpeurs crescono (bene)
Storie e aneddoti Della mia vita in rosa
L’EDITORIALE
Paolo Savoldelli
Tutti pazzi per la nuova ambasciatrice del ciclismo
Mauro Vegni
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Justine Mattera
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RICCIONE SUI PEDALI a cura della redazione DUE PEDALI PER VOLARE a cura della redazione TUTTO SULLE E-BIKE a cura della redazione FOCUS SUL PRODOTTO a cura della redazione
MONTE BONDONE a cura della redazione
Ad Asiago gli specialisti delle ruote dentate
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SPORT & ALIMENTAZIONE di Alex Bertuccioli TAIPEI CYCLE SHOW di Guido Rubino CITTÀ BIKE FRIENDLY a cura della redazione
SMART AIR
Il rullo a trasmissione diretta che offre le sensazioni piĂš reali del mercato. Grazie alla sensazione che trasmette la pedalata e al nuovo concetto rocking system ti sembrerĂ di allenarti davvero su strada. Con poche pedalate ci si rende immediatamente conto che si tratta di un concetto rivoluzionario e differente.
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GRUPPO EDITORIALE INBICI Direzione e Amministrazione Viale della Repubblica, 100 - 47923 Rimini (RN) Direttore Generale Maurizio Rocchi Direttore Responsabile Mario Pugliese Vice Direttore Carlo Gugliotta In Redazione Mario Pugliese, Dr. Roberto Sgalla, Riccardo Magrini, Wladimir Belli, Gian Luca Giardini, Silvano Antonelli, Prof. Fabrizio Fagioli (Equipe Velosystem), Paolo Mei, Claudia Maffi, Nicola Zama, Dr. Alexander Bertuccioli, Silvano Antonelli, Carlo Gugliotta, Ilenia Lazzaro, Eleonora Pomponi Coletti, Davide Pegurri, Aldo Zanardi In Redazione Tecnica Maurizio Coccia, Roberto Diani Fotografi Playfull, Bettini Photo, Newspower, Stefano Spalletta, Mariano Spinelli Archivio fotografico selezione fotografica a cura di Gianni Rocchi Distribuzione Italian Business Management LTD Progetto Grafico Roberta Piscaglia Responsabile Marketing Sara Falco Responsabile Facebook Gianni Rocchi Stampa La Pieve Poligrafica Editore Per la tua pubblicità Maurizio Rocchi +39 393.9838319 Giorgio Puppi +39 346.0823300 Ufficio Marketing 0541.389643 Website www.inbici.net E-mail info@inbici.net Diritti e proprietà GRUPPO EDITORIALE INBICI SRLS Sara Falco Editore Reg. imprese n° REA FO 323603 Iscrizione Registro Tribunale di Forlì nr. 3/2013 del 5 aprile 2013. Tutti i diritti riservati. È vietata la riproduzione anche parziale di articoli, foto e disegni senza autorizzazioni del GRUPPO EDITORIALE INBICI.
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EDITORIALE
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Nel mondo della multimedialità non dimentichiamo la forza trainante della passione Care amiche ed amici, con il 2018 ormai in archivio, si apre ufficialmente per il nostro gruppo editoriale l’anno del decennale. Un traguardo storico e per nulla scontato raggiunto con la forza della passione, grazie ad un impegno costante e al supporto inestimabile di uno staff di collaboratori che, con vero spirito di squadra, ha saputo affrontare e vincere, in questi anni, tutte le sfide del mercato.
Il 2019 segnerà definitivamente l’ingresso del Gruppo Editoriale InBici nel mercato della multimedialità con lo sviluppo di tecnologie all’avanguardia sempre più calibrate verso una comunicazione 2.0. Interpretando e – a volte - anticipando i frenetici cambiamenti del mondo editoriale, abbiamo creato una piattaforma social altamente profilata dotandoci di tutte quelle strumentazioni media che oggi le aziende richiedono. Abbiamo sviluppato progetti ormai consolidati - come il circuito InBici Top Challenge e le nostre vacanze “Inbici Holiday” -implementando i nostri servizi con nuovi capitoli e nuove opportunità, come ad esempio il nuovo dipartimento per la produzione di contenuti video promozionali formattati per i social media. In una società perennemente connessa continueremo ad investire nel mondo della rete senza però mai dimenticare i valori che ci hanno accompagnato in questi primi dieci anni di lavoro. Perché - anche nell’era della multimedialità, delle community e dell’e-commerce - nulla potrà sostituire la forza trainante della passione e il fascino romantico delle emozioni. Maurizio Rocchi
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Focus su Justine Mattera
Marilyn is back di Eleonora Pomponi Coletti Foto di Carlo Battilocchi
Prima era una star da bagaglino, oggi è una triatleta credibile e preparata che si allena ogni giorno come una vera professionista. Dalla carriera nello showbiz agli impegni agonistici, ecco come la sosia della Monroe è diventata, nell’era dei social, un’icona bionda consacrata allo sport Come il buon vino Justine Mattera migliora con il tempo. Lo sguardo è sempre quello seducente della cheerleaders americana che, con il “Bidibodi”, stregò l’Italia degli anni novanta. Ma dietro al musetto da cerbiatto e a
quei capelli color miele oggi c’è una donna nel pieno della sua maturità che, riposta l’immagine della showgirl, ha trovato nello sport il segreto della rinascita. Dopo anni di sfavillante carriera sul piccolo e grande schermo, la biondissima newyorkese classe ’71 si è riscoperta un’eccellente triatleta, tanto da guadagnarsi la stima del mondo dello sport professionistico che, insieme al grande successo raggiunto su Instagram nell’ultimo biennio (più di 250.000 followers), ha riportato la Marilyn d’Italia sotto i riflettori. Justine, ho letto tempo fa che tutto è iniziato con un programma tv in cui la sfida era portare a termine una mezza maratona: correre 21 km in meno di due ore... In effetti, ho iniziato con la corsa grazie al programma “Oltre il limite”. Il problema fu che da Mediaset mi avevano chiamato soltanto un mese e mezzo prima dell’inizio del programma proponendomi una maratona, un’intera maratona. Ma le gare mal preparate sono gare di dolore e in cui si rischia di farsi anche molto male, perciò mi sono detta che una maratona era impossibile da preparare per me in così poco tempo; così ho pro-
posto io a Mediaset di fare una mezza maratona da terminare in meno di due ore e, dopo molto allenamento e molta fatica, ci sono riuscita. Il mio motto, del resto, è “sempre meglio morire che perdere...”. Vieni da 10 anni di nuoto praticato all’università e questo deve averti certamente aiutato nel triathlon, ma come te la sei cavata nell’approccio alla corsa e alla bici? Sì vengo da 11 anni di nuoto agonistico e a Stanford ero anche nella squadra dell’università con cui ho vinto diversi titoli. La cosa bella del triathlon è, che se non prepari una disciplina in maniera adeguata, ti trovi poi in difficoltà con le altre. Il nuoto mi viene più facile per i miei trascorsi, ma ho più margine di miglioramento nella bici. Quest’inverno, non a caso, farò una preparazione mirata con Magnetic Days per fare in modo di trovarmi già con “le gambe pronte” a marzo, ad inizio stagione. Il tuo esordio nella triplice disciplina è stato al Kuota Trio Peschiera nella distanza sprint: 750m di nuoto, 20km di ciclismo e 5km di corsa. Un inizio bello tosto. Non c’è stato un momento in cui ti sei detta “ma chi me lo ha fatto fare?
Il mio motto, del resto, è “sempre meglio morire che perdere...”
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È stato Maurizio Canzi di Kuota Italia a propormi un esordio nel Triathlon di Peschiera. In seguito sono stati DDS triathlon team, Manlio Danelli (running skull) e ASD Biringhello a seguirmi nella preparazione. Tornando alla tua domanda, durante quel debutto, mi sono detta “ma chi me lo fa fare?” quasi in ogni momento, tranne che all’arrivo. All’arrivo mi sono sentita invincibile! Com’è stata l’esperienza del Giro d’Italia? Io adoro il Giro. Mi sono sentita davvero privilegiata ad essere la prima testimonial donna di Mediolanum. Ho fatto quattro tappe: Osimo, Rovereto,
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Iseo e Prato Nevoso. Non erano per niente facili, ma i professionisti che mi hanno accompagnato sono stati sicuramente di supporto. Bettini, Ballan, Fondriest e Francesco Moser mi hanno incitato tutto il percorso. È stato un vero onore pedalare con loro. E che emozione bellissima tagliare il traguardo! Anche se hai dichiarato che lo sport è sempre stata parte integrante della tua vita, tu provieni dal mondo dello spettacolo: ti ha sorpreso riscuotere così tanto successo come atleta? Come hai ricordato tu, sono sempre
stata una sportiva e dunque, al di là delle mode, lo sport è stata un’evoluzione naturale del mio personaggio. Per la credibilità, invece, è stato più difficile, quella l’ho acquisita con le gare. Viviamo in un’epoca in cui molta gente “fa finta” di fare sport per ottenere successo sui social. Io faccio la madrina, le foto, gli autografi e i post ma poi faccio pure la gara: sono una madrina evoluta! Dopo lo tsunami mediatico di “me too”, si è parlato tanto sia nel mondo dello spettacolo che nel mondo dello sport di molestie sessuali. Tu hai mai avuto brutte esperienze in questo senso? Se ho avuto delle avance o proposte indecenti in ambito lavorativo? Ma certo! Ma le ho sempre respinte. Magari ho lavorato meno ed, evitando le scorciatoie, mi sono spesso trovata davanti ad una strada in salita; ma come si dice in gergo ciclistico... “tanto qui contano le gambe!” Dopo i successi sportivi nel triathlon, le esperienze del Giro d’Italia prima, della granfondo di Roma come madrina poi, insieme al grande successo che stai ottenendo sui social, il mondo dello spettacolo è tornato a corteggiarti. Per il futuro cos’hai in mente? Qualunque cosa accada continueremo a trovarti in veste di atleta? Una cosa in realtà non preclude l’altra. È proprio grazie allo sport che l’interesse nei miei confronti è tornato. Alla mia età (47 anni) provo ad essere d’ispirazione per gli altri. Ora che l’interesse è tornato però e gli impegni si sono moltiplicati, mi rimane soltanto un problema: riuscire ad allenarmi. Dicono che il segreto per sopravvivere, nella vita come nel lavoro, sia sapersi adattare. Per prendere in mano i fili della propria vita a 45 anni, per guardarsi indietro verso il mondo da cui si proviene, analizzare la propria carriera e avere il coraggio di inventarsi un personaggio tutto nuovo, indubbiamente, ci vuole un grande carattere. E se è vero che “certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano”, in bocca al lupo Justine per questo tuo ritrovato grandissimo successo!
Io adoro il Giro. Mi sono sentita davvero privilegiata ad essere la prima testimonial donna di Mediolanum. Ho fatto quattro tappe: Osimo, Rovereto, Iseo e Prato Nevoso. Non erano per niente facili, ma i professionisti che mi hanno accompagnato sono stati sicuramente di supporto.
Se ho avuto delle avance o proposte indecenti in ambito lavorativo? Ma certo! Ma le ho sempre respinte
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L’INTERVISTA a Paolo Savoldelli
I pronostici del Falco
a cura di Davide Pegurri
Quando si parla di discesa non si può non pensare a lui: il “Falco”, uno dei migliori discesisti nella storia del ciclismo. Sono già passati dieci anni dal giorno in cui Paolo Savoldelli ha appeso la bicicletta al chiodo eppure i tifosi non l’hanno mai dimenticato. Bergamasco della Val Seriana, nel corso della sua lunga carriera ha conquistato molti successi, tra i quali due Giri d’Italia, nel 2002 e nel 2005. Indimenticabile, in particolare, la tappa del Colle delle Finestre che l’ha consacrato anche come un campione dotato di una capacità tattica fuori dal comune. Per anni apprezzato commentatore televisivo, Paolo oggi dedica la maggior parte del tempo alle sue attività, non accantonando però la sua grande 16
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passione per la bicicletta. Lo abbiamo intervistato per scoprire anche la sua opinione sul ciclismo moderno. Paolo, come sono organizzate oggi le tue giornate? “Attualmente sono molto impegnato. Prima di tutto continuo con il mio progetto immobiliare, compro terreni e costruisco case, anche se ultimamente il mercato non è dei migliori in questo settore. Poi sto aiutando la mia compagna che gestisce un ostello situato a Valzurio, un luogo molto suggestivo e adatto ai ciclisti che amano pedalare immersi nella natura. Per arrivare al paesino bisogna percorrere una bella salita di circa sei chilometri. Collaboro anche con Colnago e quando ho tempo partecipo alle manifestazioni ciclistiche”. Non ti manca commentare le gare di ciclismo? “Mi piaceva parecchio commentare,
soprattutto quando ero affiancato da Gian Luca Giardini. Eravamo una coppia affiatata e in sintonia, tanto che ci veniva semplice parlare della corsa in modo molto spontaneo. Fortunatamente non sono uno che senza il mondo del ciclismo si sente sperduto, anche perché ho molti interessi, ma se mi dovesse capitare l’opportunità di poter rifare il commentatore non mi tirerei indietro”. Vista la tua capacità di lettura delle corse, non hai mai pensato a fare il direttore sportivo? “Sinceramente non ho mai preso in considerazione questa possibilità, anche perché quando ho smesso di pedalare avevo già in mente altri progetti. Ora son passati un po’ di anni e il ciclismo, soprattutto in queste ultime stagioni, è continuamente cambiato. Penso di non essere più aggiornato come una volta e oltretutto dovrei de-
dicare più tempo del solito, visto che non ho mai fatto il corso da direttore sportivo”. In cosa, in particolare, è “continuamente cambiato” il ciclismo? “Sono cambiate tante cose. È mutato soprattutto il modo di preparare le corse, dall’alimentazione ai test, con tutti gli strumenti utili a misurare le prestazioni. Il ciclismo attuale, per certi punti di vista, è molto bello perché nelle competizioni emergono sempre i capitani o i migliori, mentre per altri, è meno spettacolare perché c’è meno spazio per la fantasia. Questo penso sia dovuto soprattutto allo sviluppo scientifico e il Team Sky ne è l’esempio. Nessuno più scatta perché sanno che non servirebbe a nulla, tutto viene calcolato nei minimi dettagli e gli altri riescono a mettere in crisi le squadre più forti solo quando queste sbagliano a far i conti o quando, durante la corsa, avviene un imprevisto”. Pensi che oggi ci sia un corridore che ti somiglia? “Attualmente non vedo nessun ciclista con le mie caratteristiche. Io ero un passista scalatore che andava parecchio bene in discesa. Proprio
quest’ultima caratteristica mi ha permesso, in molte occasioni, di ribaltare la situazione in corsa. Non penso che esista oggi un corridore in grado di lottare per la vittoria di un Giro d’Italia capace allo stesso tempo di ottenere i distacchi che riuscivo ad avere io proprio sfruttando la discesa. Vincenzo Nibali è sicuramente in gamba e più di una volta si è messo in luce scendendo a tutta velocità, ma correndo spesso molti rischi e, in fin dei conti, senza raccogliere un vantaggio determinante. C’è da dire che anche i mezzi sono cambiati molto e forse c’è meno spazio di una volta per gli errori”. Quando ti sei accorto di avere questa dote nell’affrontare le discese? “Fin da piccolo, quando giravo con la mia bmx in Val Seriana, mi piaceva andare a pedalare tra i boschi con gli amici e spesso mi toccava, dopo aver fatto la discesa, star fermo minuti ad aspettarli. Inizialmente era solo un divertimento poi, quando ho iniziato a correre, soprattutto da juniores in poi, ho capito che questa mia dote poteva diventare un’arma utile per conquistare le vittorie. Ovviamente l’ho fatto
Paolo Savoldelli con il campionissimo Eddy Merckx alla Pedalata col il Campione 2018 (foto Bettiniphoto)
Sospesa l’attività da cronista tv, Paolo Savoldelli non lavora più stabilmente nel mondo delle due ruote, ma resta comunque uno dei più acuti opinionisti del ciclismo moderno: “L’accoppiata Giro-Tour? Serve un fuoriclasse assoluto…” LIFESTYLE INBICI
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Paolo Savoldelli in maglia rosa al Giro d’Italia 2005
solo quando ne valeva la pena, senza mai correre rischi eccessivi. Per allenarmi e migliorare, quando ero a casa, partivo con la mia bicicletta e scendevo verso Lovere, cercando di fare i due tornanti, posti poco prima del lago, senza toccare i freni. Raggiungere certe velocità non è mai semplice e ricordo ancora che in una gara da dilettante ho visto sul mio contachilometri i 111 km/h, anche se penso di aver raggiunto velocità superiori”. Ripensando alla tua carriera invece, quale è stato il tuo più grande trionfo? “Sicuramente il Giro d’Italia del 2005. Prima di tutto perché quel successo è stato una conferma della vittoria di tre anni prima e poi perché è giunto dopo due stagioni difficili dove, a causa degli infortuni, avevo corso poco. Ho vestito otto giorni la maglia rosa e abbiamo affrontato la tappa del Colle delle Finestre, risultata decisiva ai fini della classifica. Una grandissima soddisfazione, che ricordo con gioia, è stata anche terminare il Tour de France al mio primo anno da professionista. Poi, 18
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Credo che attualmente Froome, Dumoulin e Nibali siano i tre corridori migliori nelle corse a tappe. Se, come ipotizzato, il primo andrà al Tour allora il siciliano e l’olandese potrebbero essere gli uomini da battere al prossimo Giro d’Italia per assurdo, mi ricordo di più le corse vinte da dilettante, quando sognavo di passare nella massima categoria e mi immedesimavo nei miei idoli Miguel Indurain, Francesco Moser e Gianni Bugno”. Spesso hai fatto nello stesso anno Giro e Tour. Secondo te oggi è possibile conquistarli entrambi nello stesso anno? “Può succedere, ma sarà sicuramente un fuoriclasse assoluto a riuscire nell’impresa e dovrà essere anche molto fortunato, perché intervengono sempre molti fattori o imprevisti in una gara a tappe. Sono pochissimi i corridori che possono puntare alla doppietta, ma in questo 2018 sia Chris Froome che Tom Dumoulin ci sono andati molto vicino. Io ho sempre corso il Giro da leader e al Tour partecipavo per conquistare una tappa e dar una mano alla squadra. Mi ricordo però che arrivavo all’ultima settimana molto stanco. Mi sarebbe piaciuto correre in Francia da capitano, anche perché il percorso si adatta-
va di più alle mie caratteristiche, ma a quel tempo c’erano Jan Ullrich e Lance Armstrong che erano imbattibili”. Cosa pensi del percorso del prossimo Giro d’Italia? “Mi sembra ben disegnato e abbastanza bello. Personalmente sono molto contento che passerà vicino casa mia. La sedicesima frazione, da Lovere a Ponte di Legno, si preannuncia come la tappa regina per due motivi: la lunghezza e il fatto che si affronteranno due montagne sacre del ciclismo come il Gavia e il Mortirolo. Sarà una giornata molto difficile perché ci saranno più sfide: quelli che vorranno andare in fuga, quelli che lotteranno per la generale e quelli che dovranno rimanere entro il tempo massimo. Credo che attualmente Froome, Dumoulin e Nibali siano i tre corridori migliori nelle corse a tappe. Se, come ipotizzato, il primo andrà al Tour allora il siciliano e l’olandese potrebbero essere gli uomini da battere al prossimo Giro d’Italia”.
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In Sardegna una Pasqua sui pedali a cura della redazione
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Dal 21 al 26 aprile nell’isola più bella del Mediterraneo sei giornate in bicicletta alla scoperta degli scorci più selvaggi ed incontaminati del sud della Sardegna
Nell’isola più elegante e selvaggia del Mediterraneo durante le vacanze di Pasqua una corsa ciclistica dall’impareggiabile fascino: il Giro Sardegna in programma dal 21 al 26 aprile tra le località di Villasimius, Chia, Pula, Portoscuso, Nebida e Buggerru. Dalla passione per il cicloturismo dell’associazione Mare & Monti, presieduta dal 1994 dall’infaticabile Tonino Scarpitti, è nata una manifestazione che – per fascino, bellezza dei paesaggi e senso di accoglienza – è diventata un appuntamento irrinunciabile per chi ama pedalare, in tutta sicurezza, nella natura più incontaminata del sud della Sardegna Nell’isola più elegante e selvaggia del Mediterraneo durante le vacanze di Pasqua una corsa ciclistica dall’impareggiabile fascino: il Giro Sardegna in programma dal 21 al 26 aprile tra le località di Villasimius, Chia, Pula, Portoscuso, Nebida e Buggerru. Dalla passione per il cicloturismo dell’associazioLIFESTYLE INBICI
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Il Giro Sardegna esiste da oltre 20anni – spiega Scarpitti – e in tutti questi anni siamo riusciti ad entrare nel cuore dei ciclisti, offrendo loro un’emozionante vacanza all’insegna della bicicletta. C’è chi non si è perso neanche un’edizione, chi partecipa da alcuni anni e chi per la prima volta. Ognuno di loro, però, si emoziona sempre allo stesso modo
ne Mare & Monti, presieduta dal 1994 dall’infaticabile Tonino Scarpitti, è nata una manifestazione che – per fascino, bellezza dei paesaggi e senso di accoglienza – è diventata un appuntamento irrinunciabile per chi ama pedalare, in tutta sicurezza, nella natura più incontaminata. “Il Giro Sardegna esiste da oltre 20anni – spiega Scarpitti – e in tutti questi anni siamo riusciti ad entrare nel cuore dei ciclisti, offrendo loro un’emozionante vacanza all’insegna della bicicletta. C’è chi non si è perso neanche un’edizione, chi partecipa da alcuni anni e chi per la prima volta. Ognuno di loro, però, si emoziona sempre allo stesso modo”. Tonino Scarpitti, anima e cuore della rassegna isolana, non ha dubbi: “Agli atleti non offriamo – dice – semplicemente una gara ciclistica, ma un’esperienza completa adatta alle esigenze di tutti: dal ciclista che, su itinerari meravigliosi, insegue la performance a quello che, del tutto indifferente alle classifiche, ricerca in primis le emozioni di una vacanza slow. Il valore aggiunto del Giro Sardegna è proprio questo: noi organizziamo la gara, ma poi è il ciclista che decide con quale spirito interpretarla”. Una delle caratteristiche principali della rassegna isola-
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na sono i ricchi premi a disposizione (molti ad estrazione), cadeau tecnici o golosi messi a disposizione dagli sponsor. Il più ambito? L’iscrizione all’edizione successiva. Tra la meravigliosa strada “vista mare” di Villasimius, la linee litoranee di Nora, Pula, Chia e Teulada e la lingua costiera di Portoscuso, Nebida e Buggerru, il Giro Sardegna consente di esplorare alcuni tra gli scorci più belli della Sardegna del Sud. Si parte, come detto, il 21 aprile con la Granfondo e la Mediofondo di Villasimius. Il giorno dopo spazio agli specialisti contro il tempo con la crono individuale. Il 23 aprile la terza tappa: la costa di Chia. A seguire la crono-squadre. Il 25 aprile la quinta tappa, ovvero la Granfondo e Mediofondo Sardegna – Portoscuso che precede, il giorno dopo, il “finale in salita”.
Dal 2019, infine, verrà istituito lo Scudetto “Mediofondista Sardo dell’anno”, un nuovo premio speciale che sarà assegnato ai primi 10 mediofondisti sardi classificati nella speciale graduatoria che sommerà i tempi della “MF di Villasimius” del 21 aprile e della “MF Sardegna-Portoscuso” del 25 aprile. Questa classifica è riservata ai residenti in Sardegna (partecipanti al MedioGiro oppure ai sardi che si iscrivessero unicamente alle due Mediofondo). Nel pomeriggio del 25 aprile, a Portoscuso, verranno
Se siete alla ricerca di una spiaggia non avete che l’imbarazzo della scelta: dalla torre di Chia è tutto un susseguirsi di arenili sabbiosi: Tuerra, Porto Campana, la spiaggia de su Sali sino ad arrivare a su Giudeu, tra la più belle e fotografate spiagge del mondo.
Da vedere assolutamente Capo Spartivento dal mare cristallino e la spiaggia bianca che si estende per circa 500-600 metri Info girosardegna@gmail.com www.girosardegna.it In Basso Capo Spartivento - Full Moon Foto: MrPalmeras!
premiati con uno scudetto da cucire sulla maglietta i primi 10 delle due classifiche combinate. Il periodo delle festività pasquali, fra l’altro, consente di abbinare al Giro Sardegna una piacevole vacanza nell’isola che, nella sua parte meridionale, offre lunghe spiagge da sogno e acque che ricordano quelle dei più remoti paradisi tropicali. Il mezzo migliore per visitare la zona è muoversi in moto o in automobile. Spiaggia finissima e bassa vegetazione ci ricordano che l’Africa non è lontana. Lo scenario è simile ad alcuni tratti di mare della Tunisia
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con la differenza che qui il mare è cristallino e c’è un profumo di mirto, corbezzolo e rosmarino.
Percorrendo la strada sulcitana in località Arrieras, si arriva a Pula, un piccolo centro rurale con il sito archeologico di Nora, la città più antica dell’isola. Proseguendo verso ovest, si continua lungo la litoranea fino a Porto Teulada, godendo di uno dei paesaggi più spettacolari di tutta la costa sarda.
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SCATTO D’AUTORE SEI GIORNI DI GENT 2018 - - NICK STOPLER (NED) - FABIO VAN DEN BOSSCHE (BEL) by Bettiniphoto
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Conto alla rove a cura della redazione
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escia “Per noi il 2019 sarà un’annata speciale – spiegano gli editori Maurizio Rocchi e Sara Falco – dieci anni sono un traguardo importante che vorremmo condividere con tutte quelle persone che, in questi anni, ci sono state vicine, rinnovandoci in diversi modi la loro fiducia”
Il gruppo editoriale festeggia il suo decimo anniversario presentando agli abbonati il circuito più bello di sempre. Dodici prove, otto regioni rappresentate, oltre mille chilometri da percorrere sui pedali. Tra scenari mozzafiato e località ricche di storia e cultura, il prossimo febbraio da Laigueglia parte un Giro d’Italia davvero esaltante Conto alla rovescia per la quarta edizione dell’InBici Top Challenge, già ribattezzato “il circuito più spettacolare d’Italia”. Dodici tappe, otto regioni rappresentate, oltre milleduecento chilometri da percorrere nelle località più affascinanti del Belpaese con un’escursione anche fuori dagli italici confini, nella suggestiva riviera croata di Medulin, teatro della prova jolly. Il circuito celebrerà anche i dieci anni del gruppo editoriale InBici che, fondato nel 2009, il prossimo anno festeggerà questo importante anniversario con un Giro d’Italia in dodici tappe davvero suggestivo: “Per noi il 2019 sarà un’annata speciale – spiegano gli editori Maurizio Rocchi e Sara Falco – dieci anni sono un traguardo importante che vorremmo condividere con tutte quelle persone che, in questi anni, ci sono state vicine, rinnovandoci in diversi modi la loro fiducia. I ciclo-amatori sono sicuramente tra questi, per cui abbiamo selezionato per loro una serie di manifestazioni bellissime con alti standard organizzativi in località turisticamente all’avanguardia e sempre all’altezza sul piano ricettivo. Più della gara, infatti, a noi importa il ‘contesto’, ovvero la magìa di territori che ci piace raccontare dal punto di vista della storia, della cultura e dell’enogastronomia. Dalle terrazze naturali di Laigueglia alle ceramiche di Faenza, dalla bellezza della campagna di Pomarance al fascino della riviera di Cervia e Riccione, passando per l’eleganza di Lido di Camaiore e Torino, i tesori romantici di Verona, il fascino secolare di Roma fino ai paesaggi dolomitici di Trento e Aprica, crediamo di aver composto un puzzle di grande fascino che, come ci confermano i nostri iscritti, non ha eguali in Italia”. Fari puntati, in particolare, su alcune intriganti new-entry, come Gran Fondo Terros Montura – 5 Terre di La Spezia o la Gran Fondo della Versilia di Lido di Camaiore o la Gran Fondo Alé Merckx, senza dimenticare la Gran Fondo Internazionale di Torino che, a fine luglio, chiuderà virtualmente il calendario. E ad impreziosire un calendario che si annuncia esaltante, le ultime due gemme incastonate sul rettilineo finale: la Gran Fondo di Riccione e la LIFESTYLE INBICI
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Città bike-friendly
Gran Fondo Campagnolo Roma. A fine settembre, infatti, è stato siglato l’accordo con la Gran Fondo di Riccione, al centro di un importante progetto di rilancio. Dopo un incontro tra l’editore Maurizio Rocchi e Valeriano Pesaresi si è deciso di inserire in extremis nel calendario del 4° Top Challenge anche la 21esima edizione della Gran Fondo della Perla che quest’anno, per la prima volta, si svolgerà a metà giugno (il 16). Una data affatto casuale, caldeggiata dall’amministrazione comunale di Riccione per far rientrare la Gran Fondo nel pool di manifestazioni ciclistiche che, nel 2019, trasformeranno Riccione nella capitale italiana della bicicletta.Di grande prestigio anche l’intesa con la Granfondo Campagnolo. L’accordo con il creatore della rassegna capitolina, l’avvocato Gianluca Santilli, è stato siglato proprio alla 30
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vigilia della quinta edizione della manifestazione romana andata in scena lo scorso 9 ottobre. La partnership tra l’evento laziale ed il gruppo editoriale si può sintetizzare in due punti: in primis, i primi tre classificati di tutte le categorie dell’InBici Top Challenge 2019 potranno partecipare gratuitamente alla Gran Fondo Campagnolo Roma dove si sfideranno nello speciale “Trofeo del Gladiatore”, una sorta di passerella conclusiva nell’impareggiabile scenario dell’Urbe. Inoltre, tutti gli abbonati del circuito potranno partecipare alla Gran Fondo di Roma ad un prezzo super-scontato. Il ciak del circuito 2019 è in programma il 24 febbraio con la Gran Fondo Laigueglia, classica d’apertura del calendario granfondistico nazionale. Una corsa di grandi tradizioni, organizzata – con l’abituale entusiasmo – dal Gs Alpi.
ISCRIVITI Le iscrizioni alla quarta edizione dell’InBici Top Challenge sono partite a fine settembre e prevedono quattro formule diverse: l’abbonamento a 4, 6, 8 o 10 gare. Per tutte le informazioni su costi e modalità di iscrizione è sufficiente consultare il sito ufficiale inbicitopchallenge. net oppure scrivere una mail a info@inbicitopchallenge.net o a iscrizioni@dapiware.it o telefonare ai numeri 0541-395102, 393-9838319, 391-4917418.
QUELLO CHE NON HO MAI SCRITTO DI GIANFRANCO JOSTI
Mauro Vegni
La mia vita in r di Gianfranco Josti
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rosa In alto a sinistra La partenza del Giro d’Italia 2018 da Gerusalemme In basso a sinistra Mauro Vegni alla presentazione del Giro d’italia 2019
Toscano di nascita ma romano d’adozione, dal 1995 si occupa dell’organizzazione del Giro d’Italia. Dagli albori ai giorni nostri ecco le storie, gli aneddoti ed i retroscena della più importante corsa a tappe del Belpaese
Voleva fare il calciatore, sognando di indossare la maglia giallorossa della Roma di cui era (ed è) tifoso. Si trova invece ad organizzare il Giro d’Italia, ovvero la più grande manifestazione sportiva che ogni anno calamita sulle strade della Penisola milioni di appassionati. Parliamo di Mauro Vegni, toscano di nascita (Cetona, provincia di Siena, 1959 anno di nascita) ma romano d’adozione a tutti gli effetti che ci svela come il suo mito del pallone sia svanito in malo modo: “Sono arrivato al semi-professionismo in serie C dopo aver militato nelle categorie giovanili dell’interregionale laziale, quando ho saputo che avevano vincolato il mio cartellino per cinque anni, in pratica mi avevano sbarrato la strada per arrivare al professionismo. A quel punto ho mandato al diavolo il calcio e tutto quello che poteva rappresentare, cadendo in una sorta di depressione”. In suo soccorso è arrivata la bicicletta. “Vivevo a Roma Centocelle, nel mio stabile abitava Franco Mealli, pure lui toscano trapiantato nella Capitale, organizzatore di gare ciclistiche che mi aveva preso in simpatia forse vedendo in me quel figlio maschio che tanto avrebbe voluto avere. Per questo mi portava ad assistere alle corse, cercando di farmi interessare ad un mondo che non conoscevo. Dopo il diploma mi ero iscritto a Scienze Politiche ma frequentavo l’Università senza grande entusiasmo. Credo fu per questa ragione che nel 1982 Mealli mi propose di lavorare per lui al Velo Club Forze Sportive Romane con tanto di contratto. Nel frattempo mi ero fatto un po’ d’esperienza seguendolo nell’organizzazione dei mondiali su pista e strada del ’76 a Monteroni e Ostuni. Quando parlo di esperienza mi riferisco a ogni tipo di incarico, dalla distribuzione porta a porta dei comunicati della società ad azionare a mano il ciclostile che s’era bloccato, come accadde in un Giro dilettanti “. Il Velo Club Forze Sportive Romane aveva sicuramente una struttura artigianale rispetto a quella del Giro d’Italia che faceva capo alla Gazzetta dello Sport, ma copriva gran parte del ricco calendario italiano. Ricorda Vegni: “Organizzavamo la Tirreno-Adriatico, che allora durava sette giorni ed il Giro del Lazio, due manifestazioni che coprivano il disavanzo delle altre corse targate Mealli, ovvero Giro dell’Etna, Trofeo Pantalica, trasformati poi in Settimana Siciliana, e ancora Giro dell’Umbria, del Friuli e Giro di Puglia a tappe. Ci occupavamo anche dell’allestimento del Giro d’Italia dilettanti. Il lavoro non ci mancava e neppure le soddisfazioni, perché quasi sempre potevamo contare su un qualificato gruppo di concorrenti, tutti i più grandi campioni hanno preso parte alle nostre gare, basta guardare i nomi che compaiono negli albi d’oro”. Poi l’ingresso nella RCS .“Franco Mealli, alla fine degli Anni Ottanta, ha avuto problemi di salute sempre più assillanti così, visto che non me la sentivo di assumere la responsabilità economica di rilevare la società, ha ceduto il suo pacchetto di corse alla RCS ed io nel 1995 sono entrato ufficialmente nello staff organizzativo del Giro a fianco di Elo Castellano”. Prima di approdare a Milano, Mauro Vegni si era ritagliato un ruolo di un certo peso tra gli organizzatori anche se poco conosciuto dal grande pubblico a causa del suo carattere decisamente schivo. Ma chi frequentava il mondo del ciclismo sapeva che aveva avuto una parte di rilievo nella complessa organizzazione del Mondiale 1994 ospitato in Sicilia. “In pratica in pochi mesi e con l’aiuto di tanti ragazzi dotati di buona volontà sono riuscito a condurre in porto la rassegna iridata che per l’ultima volta ospitava nella stessa nazione e nello stesso periodo le prove su
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Mauro Vegni con Renato Di Rocco presidente della Federazione Ciclistica Italiana
La corsa che mi manca di più però è il Giro di Puglia che capitava in un momento di pausa de ciclismo, a settembre, riempiva un buco nel calendario, lo si affrontava in grande serenità, si toccavano posti splendidi da un punto di vista paesaggistico ed in genere trovavamo un clima ideale. Tempi passati”. pista e su strada. Non solo, il mondiale siciliano che segnò il debutto delle prove a cronometro individuali, maschili e femminili e la fine della 100 chilometri fece la scelta di assegnare i sette titoli in palio per gli stradisti in quattro sedi: Palermo, Catania, Capo d’ Orlando e Agrigento dopo che il nuovo velodromo palermitano intitolato a Paolo Borsellino aveva ospitato i pistard. Come potete immaginare non fu semplice coordinare una manifestazione così complessa su più
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fronti”. In soccorso a Vegni veniva appunto l’esperienza accumulata a fianco di Franco Mealli nell’organizzare la Tirreno-Adriatico nata come corsa di preparazione alla Sanremo in concorrenza con la Parigi-Nizza, ma presto in grado di diventare un traguardo sempre più ambito e con una partecipazione di corridori di livello in continua crescita. ”Se guardo al passato devo confessare che la corsa che mi piaceva di più era il Giro del Lazio con il suo spettacolare tracciato su
e giù per i colli dei castelli , l’ingresso in città attraverso l’Appia Antica e il fascino del circuito finale delle Terme di Caracalla e del Foro Romano con l’arco di Costantino a fare da sfondo al traguardo. A proposito di Appia, un piccolo aneddoto: una volta il presidente di giuria, un belga, nel commentare l’andamento della gara a fine corsa mi disse ‘tutto bene, tutto bello ma non potevate far asfaltare gli ultimi chilometri che avevano quel pavé orrendo o trovare una strada meno disa-
strata?’ Ho avuto la prontezza di non replicare. La corsa che mi manca di più però è il Giro di Puglia che capitava in un momento di pausa de ciclismo, a settembre, riempiva un buco nel calendario, lo si affrontava in grande serenità, si toccavano posti splendidi da un punto di vista paesaggistico ed in genere trovavamo un clima ideale. Tempi passati”. Tanta differenza ad organizzare oggi rispetto al passato? “Enorme, i nuovi mezzi di comunicazione impongono una tempistica ben diversa, al minimo errore parte il tam tam che provoca reazioni immediate magari a fronte di una notizia non completamente vera. E poi la logistica obbliga a fare scelte ben diverse: un tempo i corridori dormivano in due o tre nella stessa camera ora il minimo che pretendono è la singola, recuperare alberghi di un certo tenore non sempre è facile. Occorrono spazi sempre maggiori per ospitare i mezzi tecnici, sia delle squadre che delle televisioni. Per tutti questi motivi spesso si è costretti a rinunciare ad arrivi o a partenze da città o paesi particolarmente suggestivi ma inadatti. Un organizzatore oggi deve dedicare molto tempo e moltissime energie alle relazioni internazionali, al mondo dei media, al livello di sicurezza in ogni momento della giornata mentre un tempo quasi tutto era concentrato solo sulla corsa vera e propria. Ma resta inalterato il fascino di cercare di proporre sempre qualche cosa di nuovo nel rispetto della tradizione”. Sotto questo profilo gli organizzatori italiani da sempre sono considerati dei precursori, basti pensare alla partenza del Giro numero 101 da Israele. “E’ stata una grandissima promozione non solo per il Giro d’Italia ma per tutto il ciclismo. Era impensabile portare fuori dall’Europa un grande Tour, noi abbiamo dimostrato che è fattibile. Ma questa nostra operazione a qualcuno ha dato fastidio tanto che la Federciclo mondiale ha emanato una norma in base alla quale che non sono ammesse deroghe al numero di giorni concessi per una grande gara a tappe. In pratica vogliono evitare che si ripeta la straordinaria esperienza di Israele”. Si spieghi.
“Per promuovere il ciclismo bisogna offrire a un prodotto co-
nosciuto e ben collaudato come sono le grandi gare a tappe. L’esperienza ci ha insegnato che le corse d’un giorno non fanno presa su un pubblico nuovo al mondo delle due ruote. Però per far partire il Giro da New York o da Tokyo è necessario ampliare i giorni a disposizione. Infatti solo il week-end lungo offre garanzie di successo sia alla città e alla nazione che si assume l’onere di ospitare le prime tappe sia alla televisione. È ampiamente dimostrato che l’interesse del telespettatore cresce dal venerdì alla domenica poi è fisiologico il crollo dello share il lunedì. Se gli interessi
televisivi coincidono con quelli degli organizzatori perché non tenerne conto? Perché non stabilire, in occasione della partenza di un grande giro da un paese extraeuropeo che il lunedì è giorno di riposo per il trasferimento e se si dovesse prendere il via da Tokyo i giorni di riposo diventano due perché indispensabili per il rientro? E’ evidente che chi ha il monopolio del ciclismo europeo non vede di buon occhio una simile proposta o altre iniziative per dare al ciclismo quella svolta radicale tanto auspicata ma mai veramente perseguita. Un tempo la formula 1 era prettamente europea, adesso è globale. Noi della RCS abbiamo organizzato eventi ciclistici in paesi extraeuropei dall’economia molto forte ed ora ci sono Paesi arabi che sponsorizzano due squadre ciclistiche e che hanno ospitato un campionato mondiale. Sono risorse importantissime per il nostro sport che non può più continuare ad avere una visione miope circa il suo sviluppo per proteggere gli interessi di chi ha conquistato una posizione dominante e che vuole evitare che qualcuno possa scalfirla e indebolirla”. Chiara allusione agli organizzatori del Tour de France che gestiscono pure la Vuelta, un nutrito numero di classiche in Belgio oltre a quelle di casa loro. Ma torniamo al Giro in Israele. “L’ente del turismo era molto interessato a portare un grande evento come il Giro
E che cosa sogna? “Di poter far partire il Giro d’Italia da New York prima e da Tokyo poi. So che è possibile, ma bisogna che il governo del ciclismo apra i suoi orizzonti”
Ciclisti impegnati nella terza tappa del Giro 2018 a Gerusalemme
perché c’è una politica di grandi investimenti sulla bicicletta e quello che ne consegue, piste ciclabili comprese. Ho cominciato a lavorare su questa ipotesi più di due anni fa, sono andato diverse volte a Gerusalemme e Tel Aviv e quando abbiamo trovato la quadratura del cerchio per vincere le diffidenze dei gruppi sportivi che temevano per l’incolumità dei corridori ho invitato in Israele sette direttori sportivi che hanno constatato che si poteva correre in perfetta sicurezza. A Tel Aviv, che tutti hanno raggiunto in aereo partendo dai propri paesi, massaggiatori e meccanici compresi, le squadre hanno trovato le auto già brandizzate, speciali continer avevano provveduto al trasporto delle bici, anche quelle da cronometro con protezioni particolari. Tutti ci hanno fatto i complimenti perché tutto è filato nel migliore dei modi. La cosa che mi ha sorpreso di più, che ha sorpreso tutti è stata la straordinaria partecipazione della gente, a Gerusalemme, ad Haifa, a Tel Aviv a Eilat, la città più a sud che si affaccia sul Mar Rosso. Gente che aspettava il Giro con emozione, che ha vissuto questi tre giorni con grandissimo coinvolgimento. E’ stata davvero una magnifica sensazione”. Quest’anno il Giro d’Italia presenta un percorso più tradizionale, privilegiando il Nord a scapito del Sud. “Vista la conformazione dell’Italia, visti i limiti di chilometraggio imposti dalla federazione è inevitabile per noi in ogni edizione del Giro saltare qualche regione. Nell’ultimo mi avevano criticato perché nella risalita della penisola dalla Sicilia non si toccava la Puglia, questa volta approdiamo a San Giovanni Rotondo rendendo omaggio a Padre Pio. Un anno fa le tappe del nord erano spezzettate da continui trasferimenti, poco graditi ai corridori ed allora abbiamo proposto un percorso più lineare cercando di venire incontro alle richiesti dei corridori.” I corridori insistono molto sul tema sicurezza. “Anche noi dedichiamo molta attenzione a questo problema di non facile soluzione. Pensiamo ad esempio alle strade spesso dissestate, ogni anno riceviamo decine di richieste da parte di comuni che ci invitano a transitare sul loro territorio perché l’Anas privilegia gli interventi su strade che ospitano il passaggio del Giro ma oltre a ciò cresce continuamente la mia preoccupazione per il comportamento del pubblico”. Nel corso dell’ultimo Tour de France Froome ed i corridori della Sky hanno subito un’incivile contestazione perché molti spettatori non gradivano la presenza del britannico per via del presunto caso doping mentre lo stesso Froome si è detto entusiasta dell’accoglienza che gli ha riservato il pubblico italiano. “Quello che ho notato da qualche anno in qua è la mancanza di educazione sportiva da parte del pubblico che assiste al passaggio dei corridori nelle tappe di montagna. Soprattutto giovani che ingannano l’attesa bevendo alcoolici poi si mettono a correre a fianco dei corridori rischiando di farli cadere. Magari mezzi nudi o con parrucche e abbigliamenti assurdi. Credo sia indispensabile una vasta operazione di educazione da parte di tutti i media per evitare che succedano incidenti come quello occorso al Tour a Vincenzo Nibali, costretto al ritiro. Noi investiamo molto sulla sicurezza, la fortuna di avere quali collaboratori ex professionisti come Giannelli, Velo, Longoborghini oltre ad Allocchio che fa parte dello staff mi aiuta molto a ridurre le possibilità di incidenti. Ma, ripeto, occorre varare una vasta campagna mediatica per evitare che il tifoso di ciclismo si trasformi in pericolo per il corridore”. Che cosa si aspetta dal Giro d’Italia numero 102? “Lo stesso successo di quello di quest’anno”.
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SCATTO D’AUTORE TOUR OF HAINAN by Bettiniphoto
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Alla scoperta di un’economia ricca, sostenibile, sana e vincente Di Gianluca Santilli*
Con il nuovo anno, sulle pagine di InBici Magazine (e in concomitanza sul sito inbici.net e sulla nostra piattaforma social), partirà una nuova importante rubrica curata dall’avvocato Gianluca Santilli, presidente dell’Osservatorio Nazionale della Bikeconomy. Gianluca Santilli
*Presidente dell’Osservatorio Nazionale della Bikeconomy
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Per il nostro gruppo editoriale si tratta di una “new-entry” di grande prestigio, visto che l’avvocato Santilli rappresenta oggi, credenziali alla mano, una delle massime autorità mondiali nel campo dell’economia sostenibile. Con lui seguiremo tutti gli sviluppi della Bikeconomy, dando spazio e voce ai massimi esperti del settore. Ringraziando pubblicamente l’avvocato
Santilli per questa preziosa opportunità, auguriamo a lui un proficuo e sereno lavoro. Era il 2016 e quindi praticamente ieri, quando organizzai con la Fondazione Manlio Masi dell’ICE, assieme al Professor Beniamino Quintieri, economista di fama internazionale, il primo Bikeconomy Forum. Sembra sia trascorsa un’era geologica. Il termine bikeconomy, all’epoca praticamente sconosciuto, è ora inserito nella Treccani. Si susseguono incontri, si pubblicano articoli, si fanno interviste e servizi televisivi, si analizza il fenomeno e se ne parla sempre di più, anche se i suoi contorni sono ancora molto, troppo sfocati. Però, finalmente, si intuisce che la bikeconomy ha grande rilevanza ed enormi potenzialità. Qualche numero? Oltre 500 miliardi di euro il valore della bikeconomy nella sola UE (fonte Bikeconomy Forum e Europe-
an Cycling Federation), più di 3 milioni le e-bikes in produzione, 3 milioni di spostamenti in auto al giorno che Londra ha deciso di sopprimere, implementando la mobilità smart sulla quale investe gli oltre 350 milioni di sterline rivenienti dalla congestion charge. Giganteschi e miliardari risparmi sulla prevenzione di quasi tutte le patologie, 24 mila miliardi di risparmio di carburante entro il 2050 con un semplice aumento del 14% dell’uso della bici, che assurge a straordinaria arma a favore del clima. Ma non basta. Sono incredibili gli effetti positivi sull’inquinamento ambientale ed acustico, sull’incremento della qualità della vita, sulla valorizzazione dei territori e si potrebbe continuare quasi all’infinito. Bikeconomy, in una parola è bikeness! Ma perché la bikeconomy è ineluttabile che esploda? Una risposta viene dal contesto nel quale è inserita. Bikeconomy è economia sostenibile, l’unica sulla quale è sicuro si riverseranno la gran parte degli investimenti nel futuro. Bikeconomy è anche il cuore della mobilità smart, a sua volta dirimente per classificare una citta smart o meno. E se il 75% del PIL sarà prodotto dalle smart cities entro il 2030, sarà sempre più feroce la competizione tra megalopoli per attrarre residenti e aziende alle quale è indispensabile garantire condizioni di vita ottimale e, quindi, spostamenti rapidi ed efficienti. Se poi si pensa che al PIL si sta
sempre più sostituendo il BES (Indice di Benessere Economico Sostenibile) dovrebbe diventare più chiaro il contesto e le conseguenti opportunità offerte dalla bikeconomy. Ma quali sono i comparti della bikeconomy? Bella domanda alla quale si può rispondere in modo necessariamente parziale, perché il fenomeno è in costante divenire. Provo ad elencare i principali: • Produzione di biciclette e relativi accessori • Turismo ed Enogastronomia • Tecnologia • Moda e Design • Infrastrutture • Finanza • Clima e Ambiente • Salute e prevenzione • Mobilità • Sport e attività fisica • Occupazione Ma quel che è importante evidenziare è la contaminazione tra i suoi differenti cluster che caratterizza la bikeconomy. Ogni comparto è in stretta correlazione con quasi tutti gli altri e ciò comporta innumerevoli combinazioni e sviluppi per creare valore, con la stupefacente unicità di essere tutti valori espressione dell’economia sostenibile e quindi, per definizione, sana.
Bikeconomy è economia sostenibile, l’unica sulla quale è sicuro si riverseranno la gran parte degli investimenti nel futuro. Bikeconomy è anche il cuore della mobilità smart, a sua volta dirimente per classificare una citta smart o meno. LIFESTYLE INBICI
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La necessità di studiare tante interrelazioni del medesimo fenomeno ci ha portato alla creazione di Osservatorio Bikeconomy: un centro studi composto da esperti - anche stranieri - di ogni settore, che operano assieme al fine di studiare ogni sfaccettatura del fenomeno in modo complessivo ed analitico al tempo stesso. Con InBici si è deciso di realizzare, per la prima volta in Italia, una rubrica finalizzata ad analizzare la bikeconomy attraverso gli articoli divulgativi degli esperti dell’Osservatorio, che saranno man mano coinvolti. Perché Bikeconomy è un puzzle che, una volta composto, offre scenari di straordinaria prospettiva. Si pensi ai miliardi risparmiati grazie alla prevenzione ed alla cura di tante anche gravi patologie, alla produttività implementata dall’assenza di stress accumulato per spostarsi in città oggi strangolate dal traffico automobilistico, al turismo esperenziale ed esplorativo garantito dallo spostamento
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lento di una bicicletta ed alla ricchezza oggi inespressa dei meravigliosi territori italiani da ripopolare. E ancora alle nuove occupazioni in specie dei giovani, alla innovazione tecnologica asservita alla mobilità sempre più smart, alle nuove infrastrutture, alla diffusione di isole pedonali e ciclabili funzionali ad una qualità della vita oggi sconosciuta. Torneranno le agorà, la condivisione diretta e non più intermediata solo da web e social, il migliore utilizzo del tempo, risorsa preziosissima. I negozianti del centro e le botteghe artigianali, decimati dai centri commerciali, gli unici oggi raggiungibili comodamente in auto, se capiranno che chiudere alle auto a favore di bici e pedoni per loro è un enorme vantaggio, torneranno ad essere pieni di acquirenti che tranquillamente e senza ansia da parcheggio selvaggio, indugeranno tra i loro banchi. L’idea è di ospitare in questa rubrica gli interventi degli esperti dell’Osserva-
torio onde garantire una informazione completa ed una serie di spunti e stimoli che ci si augura vengano colti da Istituzioni, Amministrazioni, Aziende, operatori del ciclismo e, soprattutto, da chi vorrà sfruttare la bikeconomy per intraprendere un lavoro nuovo e stimolante. Perché l’occupazione, in specie giovanile, è uno dei grandi asset offerti da questo fenomeno. Mi piace in particolare pensare ai territori tanto splendidi quanto abbandonati che l’Italia contiene. A quei paesi e meravigliosi borghi ridotti ad ospizi, che i giovani sono costretti ad abbandonare per un lavoretto in città che non potrà mai appagarli. Il cicloturismo potrebbe farli tornare a casa per valorizzare i territori creando ricchezza sostenibile, gratificandoli enormemente. Pedaliamo, facciamolo assieme, lo dobbiamo a noi, ai nostri figli, al pianeta che ci ospita che stiamo sfregiando senza alcuna logica.
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SCATTO D’AUTORE GIRO DELLE FIANDRE 2018 by Bettiniphoto
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Serata mondiale
Ti ricordi Varese? di Eleonora Pomponi Coletti
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Il 17 novembre 2018 per molti sarà stato semplicemente un sabato, ma per chi ama lo sport, la maglia azzurra ed i pedali, quel “sabato” lì sarà sempre speciale. Nel bellissimo scenario del Teatro Accademico di Castelfranco Veneto, gli addetti ai lavori, gli amici, gli appassionati ed i grandi protagonisti del ciclismo di oggi e di ieri hanno festeggiato i 10 anni dalla splendida vittoria di Varese 2008 di Alessandro Ballan. Il ragazzo della porta accanto del ciclismo azzurro, col bel sorriso che il tempo sembra non aver scalfito, è stato accolto da un numeroso ed emozionatissimo pubblico. Al popolo italiano non si può certo rimproverare la mancanza di passione, di fede sportiva, quella vera, così come ai nostri campioni non si può rimproverare l’incapacità di credere nei sogni. E di crederci fino in fondo. Nel 2008 la nazionale azzurra si presentava alla partenza di quel mondiale con due grandi vittorie alle edizioni precedenti da difendere (Salisburgo 2006 e Stoccarda 2007), vittorie con le quali Paolo Bettini e i suoi hanno scritto due delle pagine più belle della storia dello sport italiano.
In alto, un momento della festa del decennale
A Castelfranco Veneto gran galà con i grandi protagonisti del ciclismo di oggi e di ieri per festeggiare il 10° anniversario della vittoria iridata di Alessandro Ballan
L’immagine dei predestinati quella mattina, prima che il loro destino si compisse, era un’immagine che trasudava tensione e concentrazione. Paolo Bettini aveva appena annunciato alla stampa che quella sarebbe stata la sua ultima corsa, lasciando tutti un po’ spaesati. Una nazionale, quella diretta dal “Ballero” Franco Ballerini, che per unità e intesa è stato un vero e proprio team. L’hanno ricordato tutti i membri di quella spedizione azzurra: Paolo Bettini, Gabriele Bosisio, Marzio Bruseghin, Luca Paolini, Davide Rebellin, Matteo Tosatto e Alessandro Ballan. In particolare Paolo Bettini ha parlato di come quel gruppo fosse “una squadra vera” mossa da “un grande senso di appartenenza”, una squadra fatta da elementi “che fino a pochi giorni prima correvano come avversari ma che in nazionale s’intendevano con un solo sguardo”, legati dal grande orgoglio di vestire la maglia azzurra. E se la forza di un gruppo è saper gestire il momento, quel gruppo dimostrò di essere grande sin da subito. Un manipolo di atleti intrepidi capaci di leggere le fasi della corsa, di cambiare tattica, di sparigliare le carte e di portare, in qualunque situazione, la zampata vincente. Ed è proprio in quella frazione di secondo in cui è venne presa la decisione di cambiare tattica, che Alessandro cambiò le sorti della squadra e il suo futuro e, dopo aver sognato (dietro consiglio della sorella Ivana) la sua vittoria ogni sera durante tutta la settimana precedente al mondiale, e dopo aver immaginato proprio alla vigilia della corsa di scattare esattamente lì, in Piazza Montegrappa, semplicemente lui l’ha fatto. Certe emozioni sono molto difficili da spiegare, quasi nessuno ci riesce, Alessandro Ballan compreso. Più volte ha infatti dichiarato di ricordare tutto sino al traguardo, ma tagliato lo striscione
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Certe emozioni sono molto difficili da spiegare, quasi nessuno ci riesce, Alessandro Ballan compreso Un momento molto toccante dedicato a Franco Ballerini e Alfredo Martini, i due grandi assenti, presenti più che mai per il contributo tecnico e umano lasciato sulla pelle e nel cuore di tutti questi grandi corridori l’emozione è stata talmente forte che il vuoto è durato per molti giorni successivi alla vittoria. Molti gli ospiti che con Alessandro condividono il medesimo successo iridato e non solo: Silvio Fauner, Francesco Guidolin, così come grandi emozioni hanno regalato i racconti e le testimonianze di grandi interpreti dei pedali quali Gianni Motta, Francesco Moser, Moreno Argentin e Mau-
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rizio Fondriest. Ospite d’eccezione Giandomenico Sartor, già premiato da Alessandro Ballan con il Giorgione d’Oro come promessa dello sport paralimpico, che oggi si gioca un posto per le Olimpiadi di Tokyo 2020. Un momento molto toccante dedicato a Franco Ballerini e Alfredo Martini, i due grandi assenti, presenti più che mai per il contributo tecnico e umano lasciato sulla pelle e nel cuore di tutti
questi grandi corridori. E là dove bici e pedali si fanno poesia, la serata è terminata con la grande emozione con cui era iniziata: quegli ultimi emozionanti 3 chilometri dal traguardo, la “sparata secca” e irresistibile di Alessandro Ballan che non ha lasciato scampo e ha stravolto le strategie degli avversari lasciando, per sempre, la sua firma nella storia di questo sport.
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SCATTO D’AUTORE COLORADO CLASSIC by Bettiniphoto
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Domande a...
Andrea Garosio credit Bettiniphoto
Giovani grimpeur
crescono
Ambizioso, determinato e terribilmente efficace in salita. Un nuovo promettente scalatore si appresta a vivere la sua prima stagione da professionista nel Team Bahrain Merida: “Un sogno correre al fianco di Nibali” Spesso, quando si mette grinta e passione, i sogni si realizzano. È questo il caso di Andrea Garosio, giovane emergente del ciclismo italiano che si appresta a vivere la sua prima stagione
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da professionista al Team Bahrain Merida. Dopo aver iniziato a correre all’età di sette anni, approda con molte aspettative, a soli venticinque anni, nel World Tour. Il ciclista bresciano è pron-
to a iniziare il suo 2019 nel migliore dei modi, per esser di supporto a Vincenzo Nibali e per confrontarsi con i migliori scalatori al mondo. Con le nostre dieci domande sveliamo la determinazione
Andrea Garosio
di Davide Pegurri
Andrea Garosio al Trofeo Beghelli 2018
e i sogni del “Capriolo di Cologne”. Come hai vissuto il finale di stagione? “Prima di tutto, correre le ultime gare della stagione con la Bahrain Merida è stata una grande esperienza ed è stato fantastico aver anche contribuito alla vittoria di Sonny Colbrelli al Gran Piemonte. Partecipare a corse di primo livello, soprattutto dopo che nella prima parte del 2018 avevo corso così poco, è stato importante per me. Spero di iniziar nel migliore dei modi il prossimo anno, cercando di dare il massimo per il team”. Cosa vuol dire per te essere già in una squadra World Tour? “Per me entrare come professionista nel W.T. significa soprattutto tanta responsabilità perché devo dimostrare al team di valere l’investimento. Sono contento di essere alla Bahrain Merida perché è sicuramente una delle squa-
dre migliori e avrò l’opportunità di correre al fianco di grandissimi campioni come Vincenzo Nibali, Rohan Dennis e Domenico Pozzovivo. Da scalatore, cercherò di ascoltare i consigli, seguire il loro esempio e dare il mio contributo”. Visto che l’hai citato, hai già avuto modo di confrontarti con Vincenzo Nibali? “L’anno scorso, quando ero alla prima esperienza da stagista, al Giro della Toscana e al Giro dell’Emilia abbiamo corso assieme. Mi sono trovato fin da subito in sintonia con Vincenzo. Anche fuori dalle corse è molto socievole e gli piace parlare di molti argomenti, soprattutto della sua Sicilia. Spero di rafforzare il mio rapporto con lui anche per potergli essere maggiormente d’aiuto durante le corse. In ogni caso, essere al fianco di un ciclista che hai sempre e solo visto in televisione è si-
Sono uno scalatore puro. Preferisco le corse dure, in salita e con tanti metri di dislivello. Essendo abbastanza magro sono meno esplosivo, ma posso contare su una buona resistenza
“Il sogno sarebbe vincere il Giro d’Italia. Ragionando con i piedi per terra però, mi piacerebbe prima di tutto vincere una tappa, magari quella regina o una dopo aver affrontato il Mortirolo, la salita quasi di casa per me. Certamente il massimo sarebbe conquistare la maglia rosa” curamente una forte emozione”. Cosa vorresti ottenere dalla tua prima stagione da professionista? “Mi piacerebbe far bene, mettermi in evidenza e cercar di togliermi anche qualche soddisfazione personale. So di aver in squadra compagni molto forti e prima di tutto dovrò dare il massimo per loro, cercando di seguire quello che mi viene richiesto dal team. Mi metterò a disposizione dei miei capitani e, se poi un giorno dovessi avere l’opportunità di puntare al successo, di sicuro non mi tirerò indietro. La cosa importante per ora è che mi sento pronto ad affrontare la prossima stagione e credo nei miei mezzi”. Per coloro che, non seguendo le categorie minori, ancora non ti conoscono, ci racconti le tue caratteristiche? “Sono uno scalatore puro. Preferisco le corse dure, in salita e con tanti metri di dislivello. Essendo abbastanza magro sono meno esplosivo, ma posso contare su una buona resistenza. Se devo essere sincero penso sicuramente di dover migliorare a cronometro, soprattutto per il fatto che nelle categorie minori ne ho fatte poche. Cercherò di affinare comunque le mie capacità da
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scalatore e spero un giorno, magari al Giro d’Italia, di poter confermare le mie potenzialità”. Quali sono le salite che preferisci? “Mi piace molto andare a Montecampione e, quando mi capita di essere nella mia casa in montagna a Monno, scalare il Mortirolo. Vivo a Cologne, un paese nel bresciano, mi alleno soprattutto sulle strade della Franciacorta e intorno al Lago d’Iseo. Penso di esser fortunato perché vicino a dove abito io ho a disposizione molte salite, lunghe e corte, terreno ideale per le mie caratteristiche. Trovo bello pedalare in compagnia e a volte mi ritrovo con Alessandro Tonelli, Nicolas Marini, Davide Martinelli e Matteo Bono, che purtroppo quest’anno ha appeso la bici al chiodo”. Quando hai iniziato a correre? “In prima elementare ero indeciso sul praticare calcio o ciclismo. Poi, chiedendo a mio zio e a mio papà, entrambi calciatori, ho capito che le coppe di molti successi non le hanno potute tenere loro, ma sono rimaste alla società o ai compagni di squadra. Io invece volevo poter esporre nella mia bacheca i premi vinti e allora ho deciso di dedicarmi solo al mondo delle due ruote. Ho iniziato le corse molto giovane, da G2”.
C’è un ciclista al quale ti ispiri? “Il mio idolo era Alberto Contador. Mi è sempre piaciuto per due motivi: il primo per il suo stile e la sua leggerezza di pedalata, il secondo, più banalmente, perché è nato anche lui il 6 dicembre come me. Sono cresciuto cercando di imitarlo e fantasticando sulle sue imprese”. Quale corsa ti piacerebbe conquistare? “Il sogno sarebbe vincere il Giro d’Italia. Ragionando con i piedi per terra però, mi piacerebbe prima di tutto vincere una tappa, magari quella regina o una dopo aver affrontato il Mortirolo, la salita quasi di casa per me. Certamente il massimo sarebbe conquistare la maglia rosa”. Quando non pedali cosa ti piace fare? “Fin da quando ero piccolo nel tempo libero, mi diverto sciando e camminando per i boschi. Conosco bene le montagne bresciane e sono stato parecchie volte nella zona dell’Adamello e del Tonale. Un’altra grande passione è quella calcistica, sono grande tifoso della Juventus e non mi perdo una partita”.
BORN SHINE
TO
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SCATTO D’AUTORE GIRO D’ITALIA by Bettiniphoto
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CittĂ bike-friendly
Fari puntati su
Riccione a cura della redazione
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Sono sempre di più i cicloturisti, i professionisti le realtà sportive – a partire dalla nazionale ciclismo – che scelgono Riccione per allenarsi e divertirsi. E, nel contempo, aumentano di anno in anno le manifestazioni e le gare che scelgono la città adriatica come punto di partenza, un risultato che trova nella cronometro individuale del Giro d’Italia 2019 il suo traguardo più importante.
Foto: Lucio Sassi Riccione sunset
Nel 2019 la Perla dell’Adriatico diventerà la capitale italiana della bicicletta. Dal Giro d’Italia alle gran fondo, ecco gli eventi più attesi del prossimo anno
Proprio per questo, per rafforzare il posizionamento strategico sul mercato del cicloturismo, l’assessorato al turismo e sport ha ideato RRW – Ride Riccione Week, una settimana, dal 9 al 16 giugno, con eventi sportivi, incontri, spettacoli tutti dedicati alle due ruote, un appuntamento internazionale che sarà promosso in tutta Europa. Il progetto è realizzato in collaborazione con i maggiori player del settore e con il consorzio Bike Hotel, il consorzio Family Hotel, Riccione Sport, Eurobike e riviste di settore come InBICI. RRW è dedicato ad un pubblico trasversale e prevede un palinsesto di eventi per diverse fasce di età, interessi e vocazioni, dalle gare in mountain bike a quelle di Brompton – le bici pieghevoli made in London – dalle escursioni giornaliere con e-bike alla scoperta dell’entroterra ai tour con i campioni dal mare alla collina. Per tutta la settimana inoltre sono previsti forum b2b, stand con i prodotti dei principali brand del settore, dall’abbigliamento tecnico alle case di produzione. Il tutto accompagnato da spettacoli, intrattenimento ed enogastronomia d’eccellenza. Tra i partner di RRW figurano alcune tra le più prestigiose realtà internazionali come Campagnolo Roma, associata WACE (World Association Cycling Event) e Formula Bici. Nella settimana di RRW inoltre sono in programma due gare internazionali: il prologo e la partenza della prima tappa da Riccione del Giro d’Italia under 23 e la Ride Riccione, l’upgrade della Gran Fondo Città di Riccione nata e cresciuta grazie al patron Valeriano Pesaresi che, dopo vent’anni rilancia e cambia veste e si trasforma in un format con tre percorsi, da 40, 85 e 140 km, e raggiungerà nel circuito più lungo la vetta del Cippo, conosciuta in tutto il mondo grazie a Marco Pantani. Il progetto Ride Riccione Week non vuole essere solo un evento ma un prodotto e per comunicarlo e promuoverlo si è scelta la firma di Aldo Drudi, che ne ha ideato il logo, un tratto che narra di velocità e futuro, che si scinde per raccontare Ride Riccione Week e Ride Riccione. Proprio il Giro d’Italia Under 23 ha riportato di recente Drudi ad occuparsi di ciclismo, quando il CT Davide Cassani nel 2017 gli chiese di mettere la sua professionalità a disposizione dell’ambizioso progetto di far rinascere la corsa delle giovani promesse, e disegnarne le maglie ufficiali. “La mia famiglia è sempre stata appassionata di ciclismo – afferma Aldo Drudi. Ci hanno conquistato le imprese epiche dei campioni di questo sport che è fatica e passione. Poche altre discipline riescono a dare le stesse emozioni. La bici è uno sport filmico, scenografico. Le grandi sfide e le imprese sotto la pioggia battente o la neve producono immagini e ricordi a dir poco suggestivi. I colori e le livree sono simili a quelle del motociclismo. I paesaggi italiani sono il fantastico teatro naturale per uno sport romantico. Mi affascina il contatto ravvicinato con i tifosi: è uno sport che passa sotto casa, che anima i borghi più belli del mondo e il cuore degli italiani». “Il segmento del cicloturismo è in grande ascesa nel panorama internazionale e Riccione è una destinazione decisamente ben posizionata in questo scenario – dichiara l’assessore al turismo e sport Stefano Caldari. Il lavoro svolto negli anni in questa direzione ci consente di raccogliere risultati molto importanti sia in termini di presenze che di manifestazioni di primo piano che ci scelgono. La rete di bike hotel con servizi specializzati e di altissimo livello, le peculiarità della città e del suo territorio, le vocazioni di Riccione hanno fatto della bicicletta un elemento di promozione che ci caratterizza mettendo al centro lo sport, il benessere, la mobilità dolce, i servizi di qualità, l’innovazione, i tratti dunque che meglio ci raccontano. Investire sulla filosofia e sull’economia delle due ruote significa aderire ad un’idea di sviluppo green in tutte le sue declinazioni. La settimana RRW riassume tutto questo, e si rivolge ad un pubblico molto ampio che va da chi pratica attività a livello agonistico a chi ama muoversi in bici per il piacere di vivere il territorio e fare movimento”.
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SCATTO D’AUTORE TOUR OF GUANGXI 2018 - DYLAN GROENEWEGEN (NED - TEAM LOTTONL - JUMBO) - MAX WALSCHEID (GER - TEAM SUNWEB) - PASCAL ACKERMANN (GER BORA - HANSGROHE) by Bettiniphoto
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EDITORIA
Due pedali per volare a cura della redazione
Si intitola “Due pedali per volare” (Alba Edizioni) il secondo libro del giornalista Carlo Gugliotta che, dopo il successo di “Pedalare nel fango”, ci regala – attraverso quindici storie di sport - un’emozionante “full immersion” nel composito mondo del paraciclismo.
Il libro “Due pedali per volare” (Alba Edizioni, pagine 110, costo 10 euro) si può ordinare in tutte le librerie oppure acquistare direttamente online sul sito di amazon o inviando una mail a albaedizioni@gmail.com
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Un libro “sentito” e vissuto, scritto con la sensibilità consapevole di chi conosce bene le problematiche della disabilità: “E’ un tema a cui tengo particolarmente – spiega Gugliotta – visto che mia madre era disabile. Un’esperienza personale che mi ha aiutato ad avvicinarmi a questo ambiente senza alcun pregiudizio e in modo del tutto naturale”. Carlo, perché un libro sul paraciclismo? “Perché è un mondo ricco di storie che, per tante ragioni, meritano di essere rac-
contate. Un mondo di uomini e donne che, malgrado la straordinarietà delle loro esperienze, vivono spesso nell’ombra perché non tutti si chiamano Alex Zanardi e Beatrice Vio”. C’è un tratto comune nelle loro esistenze? “Ho sempre pensato che, per un atleta disabile, l’importante fosse partecipare. Invece mi sono accorto che, in questo ambiente, l’importante… è vincere. Esserci non basta a nessuno. Questi atleti, dopo la disabilità, hanno sviluppato un grande senso di sfida. Per andare avanti hanno bisogno di alzare l’asticella. Sempre”. In genere, al di là dei luoghi comuni, come vive un atleta la sua disabilità? “Parliamo di persone che, per la maggior parte dei casi, non sono nate con un handicap congenito, ma sono diventate disabili in seguito ad un incidente o ad una malattia. Sono persone che hanno vissuto momenti di scoramento e di grande dolore ma che nello sport hanno trovato
lo slancio e la forza per rinascere. Non voglio dire che l’handicap sia un dono, ma molte di queste persone hanno interpretato la disabilità come una preziosa opportunità di crescita. Ed oggi, grazie all’handicap, sono persone migliori”. C’è una storia che ti ha particolarmente colpito? “Tutte, per motivi diversi, mi hanno insegnato qualcosa. Però la storia di Pierre Amighini è davvero significativa. Dopo una vita assolutamente normale, due anni fa, all’improvviso, una malattia lo ha reso praticamente cieco. Adesso, superato lo sconforto, ogni giorno esce in bicicletta sognando le Paraolimpiadi di Tokio. In un solo quadriennio la sua vita potrebbe cambiare in maniera incredibile: la normalità, la malattia e adesso le Olimpiadi…”. Qual è lo stato di salute del movimento paraciclistico italiano? “Come certificano i risultati si tratta di un movimento altamente competitivo. Nel 2017 ai Mondiali in Sudafrica abbiamo conquistato oltre 50 medaglie chiudendo al secondo posto nel medagliere. Pochi tecnici nello sport italiano possono dire di aver vinto lo stesso numero di medaglie iridate di Mario Valentini. Il paraciclismo italiano gode di straordinaria
salute, anche se, in linea generale, permangono alcuni problemi normativi…”. Ad esempio? “Se una persona diventa disabile per un incidente sul lavoro riesce, grazie all’intercessione dell’Inail, ad accedere con più facilità alla pratica sportiva. Ad esempio, l’istituto ti passa gratuitamente una hand-bike. Se invece si diventa disabili a causa di un incidente stradale il cammino si complica notevolmente e le opportunità si riducono. È una discriminazione paradossale che genera delle contraddizioni inconcepibili”. Carlo, perché dovremmo leggere “Due pedali per volare”? “Perché forse in tanti capirebbero che molte nostre lagnanze quotidiane sono ridicole di fronte ai problemi, realmente gravosi, dei portatori di handicap. Quando a noi viene voglia di uscire in bicicletta, inforchiamo la nostra due ruote e facciamo due pedalate. Per un disabile anche solo uscire dal garage di casa può rappresentare un problema. Immergersi nella loro realtà, anche solo per pochi istanti, può farci capire tante cose e, forse, aiutarci ad assaporare meglio il gusto della vita”.
Mirko Casoppero L’autore del lbro, il giornalista Carlo Gugliotta
Dalla penna di Carlo Gugliotta quindici meravigliose storie di sport. Per immergersi senza pregiudizi nel mondo del paraciclismo
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Focus sulle e-bike
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Anche l’Italia è ormai entrata nell’era della mobilità eco-sostenibile. Ecco i modelli, i prezzi, le innovazioni e le caratteristiche tecniche per orientarsi nella jungla del mercato
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Gli italiani, si sa, sono un popolo di inventori e fantasisti, anche quando si parla di due ruote ad emissioni zero. Nel “bel paese”, come in altre parti del mondo e soprattutto nel nord Europa, la bicicletta elettrica è entrata prepotentemente nella nostra vita cambiando – in meglio – il modo di muoversi sulle due ruote a pedali. Questo accade in città, in campagna, al mare o in montagna. Per lavoro, per sport o nel tempo libero si ha sempre più voglia di evadere, assimilando stili di vita sani ed ecologici.
Brevi cenni di storia
La storia delle bici elettriche è stata scritta da personaggi geniali, a volte un po’ folcloristici, che hanno inseguito testardamente il loro sogno per una vita vedendolo purtroppo svanire nel nulla. Solo negli ultimi anni i fallimenti
l’abc dell’e-bike
di quei tempi pionieristici si stanno trasformando sempre più in realtà. Forse in pochi sanno che le bici elettriche hanno una storia antica, molto più remota di quanto si possa pensare. Ripercorrerla significa tornare indietro di circa centocinquant’anni, addirittura fin da quando furono introdotti i primi velocipedi cercando di applicare ad essi i motori a vapore allora in voga. Solamente tra la fine del diciannovesimo e l’inizio del ventesimo secolo cominciarono ad apparire le prime biciclette con motori elettrici. All’epoca il problema principale - che ancora oggi in parte sussiste - erano le batterie con dimensioni e peso enormi rispetto a quelle usate attualmente. Purtroppo, in un’epoca caratterizzata dal grande sviluppo industriale del dopo guerra, dal poco
rispetto per la natura e dal basso costo del petrolio, l’interesse verso le bici (sia elettriche che muscolari) andò progressivamente a scemare. Negli anni settanta, con il prepotente aumento del costo dei carburanti, la diffusione dei primi movimenti ecologisti e l’austerity, la curiosità per i mezzi elettrici, tra i quali le E-Bike, ricominciò a prendere piede. Oggigiorno la situazione, sotto questo punto di vista, sta decisamente migliorando. Innanzitutto le innovazioni tecnologiche hanno portato le batterie ad essere sempre più leggere e capienti. Negli ultimi venti anni i modelli di bici elettriche a disposizione del pubblico si sono moltiplicati; molti produttori europei ed asiatici hanno sperimentato soluzioni tecniche innovative per realizzare un’integrazione
sempre più perfetta fra la pedalata, l’assistenza del motore ed il ciclista.
Ma cos’è una bici elettrica?
A volte di vedono in circolazione biciclette elettriche che raggiungono velocità elevate (superiori ai 30/40 km/h in regime di assistenza) oppure dotate di acceleratore, che ne permette l’avanzamento senza imprimere forza sui pedali. È bene precisare che questi mezzi sono classificati dal codice della strada come “ciclomotori” e, in quanto tali, è necessario averne l’omologazione, la targa, l’assicurazione e il casco da moto. Inoltre, molto spesso, le loro caratteristiche meccaniche e di telaio non sono sufficienti a sopportare gli sforzi cui vengono sottoposte a causa della velocità elevata, il che le rende poco affidabili. Questo tipo di biciclette, se così vo-
gliamo chiamarle, va a “inquinare” quello che è il vero mercato delle E-Bike con pedalata assistita a norma di legge. Di sicuro più appetibili, chi le acquista si ritrova però con un veicolo dotato sì di maggiori requisiti prestazionali, o che non richiede l’obbligo di pedalare, ma proprio per questo molto più simile a un ciclomotore che a una eco-bike elettrica.
Cosa dice il codice della strada in Italia
L’articolo 50, che regolamenta le caratteristiche di base della bicicletta elettrica, sottopone tre punti cruciali ed obbligatori: la potenza massima di 250 watt (o, in modo equivalente, 0,25 Kw), la velocità massima di 25 km/h, la necessità di pedalare nella direzione di avanzamento da parte del ciclista. Nei loro metodi di produzione i costruttori di bici elettriche devono attenersi anche alla normativa europea EN 15194, che va a completare
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nel dettaglio quanto stabilito dal codice della strada vigente in Italia. La normativa non riguarda solamente la parte elettrica della bicicletta, ma interessa anche la parte meccanica a seconda della tipologia di prodotto (EN 14764 per le trekking, la EN 14766 per le MTB, la EN 14781 per le road e la EN 14765 per le bici da bambino). Per quanto riguarda la parte elettrica, sono previste diverse prove legate alle prestazioni (potenza massima in continuo, erogazione della potenza, velocità massima, ecc…) e soprattutto alla compatibilità elettromagnetica. I componenti della bici, infatti, non devono interferire con altre apparecchiature (come per esempio il telefono cellulare o il telecomando del cancello elettrico) e non devono essere influenzati da altri sistemi elettronici nelle vicinanze del mezzo. Infine, ma non meno importante, la normativa regola l’etichettatura del prodotto e l’informazione all’utente finale.
Cosa offre il mercato
Tornando alle nostre bici elettriche il mercato è davvero molto vario. Si parte dalle circa 300/400 euro delle E-Bike in vendita nei centri commerciali (notoriamente economiche e, a nostro giudizio, poco affidabili) per arrivare agli oltre 4.000/5.000 euro dei modelli più costosi. Logicamente il prezzo di acquisto cambia in base alla qualità dei componenti elettrici e meccanici, al livello degli accessori con cui vengono montate le bici e alla garanzia (solitamente, per legge, di due anni) della casa costruttrice. La sola condizione richiesta è che ci si rivolga, nel periodo in garanzia, ai rivenditori ufficiali autorizzati e qualificati o presso il punto vendita dove è stato acquistato il mezzo.
La formazione del punto vendita Noi, secondo la nostra esperienza, pensiamo che la formazione tecnica dei rivenditori sia uno step fondamen-
l’abc dell’e-bike tale per lo sviluppo della bicicletta elettrica. Molto spesso i negozi sono gestiti da meccanici/ciclisti che non hanno mai trattato componenti elettrici o hanno scarsa conoscenza della materia. Quindi, in caso di problemi, si rivolgono alla casa madre per informazioni o per la riparazione del mezzo allungando i tempi d’attesa dei clienti. Le aziende, con i corsi di formazione dedicati agli operatori specializzati, devono puntare a una maggiore indipendenza dei rivenditori così da velocizzare la risoluzione delle problematiche e migliorare il servizio all’utente finale.
Caratteristiche tecniche
La sostanziale differenza che esiste tra una normale bicicletta di serie e una bicicletta elettrica è proprio la pedalata assistita. Agevolare la spinta sui pedali con l’aiuto di un motore ecologico e silenzioso è la rivoluzione tecnologica di questi ultimi anni nel
mondo delle due ruote. Dal motore, cuore pulsante dei nostri mezzi, otteniamo la spinta mentre dal cervello, ovvero la batteria, giungono gli impulsi che daranno il via al movimento delle gambe e alla pedalata. Facendo esperienza negli anni e dopo attente valutazioni, i costruttori hanno optato, per i loro modelli di punta, per il posizionamento del motore nella parte anteriore della bicicletta e più precisamente integrandolo nel mozzo della ruota. In questo modo, anche confrontandoci con alcuni rivenditori che ci hanno confermato l’utilità dell’esperimento, la bici elettrica acquista maggiore stabilità e la presa diretta della ruota sul terreno garantisce più fluidità durante la marcia. Malgrado questa tendenza oramai diffusa e consolidata, in circolazione troviamo dei validissimi modelli di biciclette elettriche (in particolare quelle con “un’anima” leggermente più sportiva) che mantengono il tradizionale
posizionamento del motore sull’asse posteriore oppure centralmente, integrandolo sulla parte bassa del telaio nella scatola del movimento centrale. Queste scelte, prestando particolare attenzione anche al giusto equilibrio fra rapporti, geometrie del telaio stesso e trasmissione, conferisce un rendimento ottimale alla pedalata e consente al ciclista di mantenere un alto ritmo sullo sterrato o in salite molto ripide e di sostenere in pianura elevate velocità con assoluta padronanza del mezzo.
La scelta del motore e della batteria
Quasi all’unanimità, il motore scelto dalle aziende produttrici è un Brusheless da 250 watt (0,25 Kw per 36 V), che garantisce, nel limite della normativa imposta, la giusta potenza assistendo la pedata in modo continuo e affidabile. Va sottolineato che il grande vantaggio di questi nuovi motori
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senza spazzole è di essere quasi privi di manutenzione; mentre le batterie al litio polimeri di ultima generazione, oltre a mantenere una durata di carica decisamente superiore rispetto alle loro “sorelle” al piombo, sono più leggere e si estraggono facilmente dalla loro collocazione, che può essere orizzontale sotto il portapacchi posteriore, verticale sul piantone centrale o scomparsa lungo la parte obliqua del telaio. Unico punto cruciale della batteria restano, da sempre, la ricarica e i suoi tempi. Anche in fatto di autonomia sono state comunque apportate
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concrete migliorie (mediamente 70-80 km a ricarica in regime di assistenza normale); ciò non toglie che questo dipenda molto da come viene utilizzato il mezzo e dai percorsi sui quali si decide di pedalare. Maggiori saranno i tratti pianeggianti, più lunga sarà la durata della carica. Viceversa, fastidiosi saliscendi o salite dalle pendenze impegnative possono ridurre in modo considerevole l’autonomia della batteria e l’efficienza della nostra E-Bike.
Accessori e componenti
Gli accessori e i componenti che le aziende presentano di serie sulle nuo-
ve biciclette elettriche hanno contribuito parecchio a “svecchiare” i modelli del passato. Primo fra tutti il cambio, del quale sono oramai dotati quasi tutti i mezzi esistenti sul mercato (tranne, ovviamente, le monomarcia o cosiddette single speed). Shimano ne detiene a tutti gli effetti il monopolio, fornendo gruppi completi molto affidabili e facili da usare come Nexus a 7 o 8 velocità o TX a 6 o 7 velocità (per le city bike); oppure i più affermati gruppi per MTB come l’XTR, l’XT o l’SLX, solo per citare i più diffusi. Di grande utilità è l’LCD in dotazione
l’abc dell’e-bike
In questi ultimi anni, però, con la promozione e il supporto da parte dello Stato dell’eco-mobilità sostenibile e della diffusione dei veicoli elettrici sulle strade del nostro paese, si è registrata una maggiore richiesta anche da parte di una fascia di età più bassa: i 40/50enni che hanno l’esigenza di sostituire l’automobile o lo scooter per recarsi al lavoro, abbattendo i costi di gestione, evitando i problemi di parcheggio e di traffico cittadino o l’impossibilità di entrare nelle ZTL.
delle esigenze e dell’utilizzo che si desidera farne, turistico o professionale, basta scegliere quello più adatto.
Target della clientela
ormai su quasi tutti i modelli. Di solito posizionato nella parte centrale/anteriore del manubrio, il suo display multifunzionale non si limita a indicare la velocità o l’ora corrente, ma fornisce tutte le informazioni necessarie alla marcia, all’assistenza, alla potenza del motore, allo stato di carica della batteria, ecc… Cavalletto centrale, lucchetto antifurto, impianto luce e led, borse laterali, portapacchi, cestini anteriori e posteriori, seggiolini per bambini sono tutti accessori che incrementano il valore e la comodità del mezzo; a seconda
Fino a qualche tempo fa, la maggior parte dei clienti che entravano in negozio per provare o acquistare una bicicletta elettrica erano persone non più giovanissime che necessitacano di un mezzo comodo per gli spostamenti quotidiani in città, che in genere non sono superiori ai 15-20 chilometri al giorno. In questi ultimi anni, però, con la promozione e il supporto da parte dello Stato dell’eco-mobilità sostenibile e della diffusione dei veicoli elettrici sulle strade del nostro paese, si è registrata una maggiore richiesta anche da parte di una fascia di età più bassa: i 40/50enni che hanno l’esigenza di sostituire l’automobile o lo scooter per recarsi al lavoro, abbattendo i costi di gestione, evitando i problemi di parcheggio e di traffico cittadino o l’impossibilità di entrare nelle ZTL. Da un recente sondaggio è emersa non solo la volontà, da parte dei produttori, di apportare dei cambiamenti di tendenza alle linee, alle grafiche e alle soluzioni tecnologiche proposte negli ultimi anni. Abbiamo riscontrato con piacere che l’obiettivo comune è quello di indirizzare l’utilizzo di questo mezzo di trasporto verso un pubblico sempre più giovane.
Ci vorrà ancora del tempo, ma i risultati cominciano già a farsi vedere.
Valutazione di acquisto o noleggio con relativi costi
La valutazione dei costi è, a questo punto, il passo decisivo e più importante per capire l’effettiva convenienza di una bicicletta elettrica rispetto ad un mezzo a motore; essa va ponderata con attenzione, in modo particolare nelle città sempre più congestionate dal traffico metropolitano in continua espansione. Nella valutazione dei costi dobbiamo tenere presente come prima cosa la frequenza di utilizzo, il percorso abituale (presenza di salite, distanza ecc.) che siamo soliti fare, il prezzo di acquisto e – elemento di basilare importanza – il costo della batteria di ricambio. Al momento attuale, il noleggio delle biciclette elettriche è poco sviluppato e diffuso in Italia (contrariamente a quanto, invece, accade in molti atri paesi europei, principalmente al nord), ragion per cui i prezzi possono variare anche in base al tipo di mezzo messo a disposizione. La media attuale si attesta intorno ai 40/50 euro giornalieri (8/10 euro l’ora) ed effettivamente conviene solo se l’utilizzo è saltuario. In caso di uso quotidiano, invece, l’acquisto risulta essere di gran lunga la soluzione più economica.
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SCATTO D’AUTORE TOUR OF HAINAN by Bettiniphoto
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// FOCUS SUL PRODOTTO
Tempo di gravel con Centurion Crossfire Che sia per una gara o per un viaggio su due ruote, la sfida con se stessi è sempre in agguato e i ciclisti più esigenti cercano un mezzo che soddisfi le aspettative in termini di performance e caratteristiche tecniche. Per chi ha un’anima da stradista ma ama il divertimento off-road, il mondo gravel è la risposta più allettante per soddisfare il desiderio di velocità,
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lunghe distanze, impegno fisico e leggerezza. Centurion ha ideato con questi presupposti la nuova Crossfire, aggiungendo anche la parola “Gravel” allo storico nome del modello.Le gravel infatti sono estremamente versatili: durante l’allenamento invernale, tra fango e neve, oppure per andare al lavoro, o ancora per un bel viaggio su due ruote. La Crossfire Gravel si declina in quattro varianti per rispondere ad ogni esigenza: il modello top - Crossfire Gravel 4000 - è realizzata in alluminio lucido, con una forcella rossa a contrasto e gli pneumatici maggiorati, per ammortizzare ancora meglio le variazioni del terreno. La va-
riante Crossfire Gravel 2000 GT è già dotata di portapacchi e parafanghi, pronta per il cicloturismo o per chi utilizza la bici come mezzo di trasporto per recarsi al lavoro, anche affrontando lunghi tragitti che includono tratti fuoristrada. Per il 2019 la casata tedesca si è concentrata sul concetto di comodità, con migliorie relative alla posizione in sella e alla stabilità dell’assetto, appiattendo ulteriormente l’angolo di sterzo, allungando il reach e accorciando l’attacco manubrio, per alzare lievemente il busto. La guida è stata semplificata con un anteriore reso ancora più stabile sui terreni accidentati, un grande vantaggio per
Il futuro della bike-economy nasce a circa diecimila chilometri dall’Italia, dove i grandi marchi presentano le loro anteprime e si confrontano sulle grandi sfide del mercato chi sceglie questa bici come mezzo da allenamento o cicloviaggio, ma soprattutto come oggetto per il divertimento! Il peso medio del solo telaio è di 1700 gr, un aspetto fondamentale per chi approccia la bici calcolando anche le minime variazioni di peso. I dettagli tecnici non sono mai trascurati da Centurion: dopo l’introduzione dei freni a disco flat mount, che hanno apportato un nuovo livello di sicurezza alla pedalata ad alte velocità e in discesa su terreni sconnessi, è stata la volta del perno passante posteriore (12 x 142 mm), che aumenta la tenuta della ruota sul carro e la reattività del mezzo in fuoristrada, oltre
a rivelarsi particolarmente comodo in fase di cambio di copertone o camera d’aria. La Crossfire Gravel 2000 GT dispone inoltre del portapacchi a perno singolo, di progettazione esclusiva brevettata dalla stessa Centurion. La componentistica rispetta tutti i crismi che questo particolare segmento ciclistico richiede, infatti il manubrio scelto per tutti i montaggi è il Procraft Gravel, che rispecchia la volontà di improntare la Crossfire Gravel verso un concept di comodità e posizione di guida più confortevole rispetto ad assetti racing. Nelle 4 declinazioni sia l’impianto frenante che il gruppo sono completamente a marchio Shimano:
nella versione top di gamma (Crossfire Gravel 4000) i freni sono infatti Shimano Ultegra BR-R8070, con dischi da 160 mm, e il gruppo 2x11 è Shimano Ultegra FC-R8000 (50-34).
La Centurion Crossfire Gravel ha un costo al pubblico a partire da € 1.440 (Crossfire Gravel 2000), fino a € 2.600 (Crossfire Gravel 4000). Il distributore di Centurion Bikes per l’Italia è Panorama Sports Diffusion: www.panoramadiffusion.it/it/Bike/Centurion/ Highlights LIFESTYLE INBICI
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SCATTOD’AUTORE D’AUTORE SCATTO LA VECIA FEROVIA DELA VAL DE UEC CYCLO-CROSS FIEMME (TN) EUROPEAN CHAMPIONSHIPS
- by S-HERTOGENBOSCH Bettiniphoto (NETHERLANDS) WOUT VAN AERT by Bettiniphoto
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Località Bike-Friendly
Monte Bondone tra shopping e Sport a cura della redazione
Lo shopping zigzagando nelle eleganti vie del centro storico ed il brivido di discese mozzafiato con le scioline sotto i piedi Che siate amanti del relax o appassionati delle forti emozioni, il Monte Bondone è sempre il posto ideale per voi. “L’Alpe di Trento” si trova a circa quindici chilometri dalla città ed è un punto di riferimento per gli sportivi in tutte le stagioni. Ciclisti, trekkers, ma anche semplici appassionati di passeggiate nella natura trovano qui la loro meta ideale. Durante l’estate l’imbarazzo della scelta è fra il relax, godendosi i meravigliosi scorci dolomitici, o la vacanza “attiva”, assistendo o partecipando ad uno dei tanti eventi che vengono organizzati sulle strade. Ma quando le temperature si abbassano il Bondone diventa un vero paradiso per gli appassionati di sport invernali. La tradizione che lega questi luoghi allo sci ha radici lontane (basti pensare che, nel 1934, qui venne realizzato il primo impianto di risalita d’Europa che operava come slittovia) e si è mantenuta ed evoluta col tempo, creando strutture all’avanguardia e piste sempre più emozionanti. 80
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Relax e passeggiate per gli amanti della vacanza slow, piste mozzafiato per gli appassionati degli sport invernali. Alla scoperta delle infinite opportunità dell’Alpe di Trento dove, per dodici mesi all’anno, è vietato annoiarsi
La “montagna di Trento” sfata anche la tradizione che vuole che lo sci sia uno sport per mattinieri. Il giovedì e il sabato infatti lo snowpark e le piste Cordela, Diagonale Montesel e Lavaman sono illuminate fino alle 22.30, consentendo agli stakanovisti della neve di provare l’emozione di una discesa sotto le stelle. Non a caso, su questi strapiombi innevati, nel 2013, si è svolta la 26ª edizione delle Universiadi invernali. La più nota è certamente la “Gran Pista”, inserita nella classifica delle 100 discese più belle del pianeta stilata dalla CNN. Questa bella “rossa” piuttosto tecnica si affaccia sul massiccio del Brenta e nei suoi 3550 metri attraversa boschi di conifere e betulle e, grazie all’ottimo impianto di innevamento artificiale, è utilizzabile al meglio anche nei periodi con scarse precipitazioni. A renderla molto apprezzata dai discesisti contribuisce anche la seggiovia “Rocce Rosse” che, in poco più di sette minuti, supera i quasi
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novecento metri di dislivello. Anche gli snowboarder più esigenti trovano il loro habitat ideale sul Bondo-ne. L’half pipe olimpionico da 120 metri di lunghezza con pareti che si innalzano per 5 metri consente di tentare i “trick” più arditi ed emozionanti, l’unico limite sono l’abilità e il coraggio dell’atleta. La “montagna di Trento” sfata anche la tradizione che vuole che lo sci sia uno sport per mattinieri. Il giovedì e il sabato infatti lo snowpark e le piste Cordela, Diagonale Montesel e Lavaman sono illuminate fino alle 22.30, consentendo agli stakanovisti della neve di provare l’emozione di una discesa sotto le stel-
le. E se non si è capaci o non si vuole sciare? Tranquilli, c’è posto anche per voi. Potete sperimentare l’atmosfera accogliente dei rifugi, accompagnare i vostri figli al family village o sorseggiare una bevanda calda allo skibar mentre guardate i vostri amici perdersi all’orizzonte o muovere i primi passi sugli sci. Una sola cosa non si può fare sul Monte Bondone: annoiarsi.
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Marathon dell’Altopiano
a cura della redazione
Spettacolo
nell’Altopiano di Asiago Sarà la Marathon dell’Altopiano-Latterie Vicentine la grande novità del prossimo anno. Appuntamento a fine settembre con un occhio alla solidarietà 84
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In un momento non facile per l’MTB nazionale, dove molte manifestazioni hanno avuto un calo di partecipanti, potrebbe sembrare un azzardo proporre un nuovo evento. Ma di azzardo non si tratta, vista la grande esperienza organizzativa del comitato di Cortina Experience che, con sapiente maturità, riverserà anni di militanza sui campi gara e collaborazioni in svariate organizzazioni, culminate con Cortina Trophy, in questo nuovo importante evento. Sarà Gallio (VI), il paese più alto dell’Altopiano a quota 1.100 m/slm, la sede logistica della Marathon dell’Altopiano-Latterie Vicentine, un paese tra i più nobili dell’antichissima comunità dell’altopiano di Asiago, un paese tutto da scoprire, con la sua quantità immensa di storia. Paesaggi che sono un autentico mosaico, tra boschi, pascoli e montagne, un caleidoscopio di colori, flora e fauna, ecosistemi in continua evoluzione che invitano a entrare in punta di piedi, rispettosi di un patrimonio che non appartiene solo alla comunità locale, ma che è di tutti. Sono due i percorsi proposti, il Marathon di 73 km con 2.380 m di dislivello positivo, e il Classic, 45 km e 1.410 m dislivello positivo. Entrambi i percorsi sono stati studiati e sviluppati in collaborazione con Walter Costa, asiaghese DOC, profondo conoscitore del territorio e grande esperto di mountain bike.
La manifestazione, già da metà settimana, sarà ricca di eventi collaterali, giornate interamente dedicate allo sport e al divertimento outdoor, che faranno da cornice all’evento principale. La notizia della nascita della Marathon dell’Altopiano-Latterie Vicentine ha suscitato enorme interesse e, dallo scorso 22 ottobre (data d’inizio delle iscrizioni), al comitato di Cortina Experience sono giunte numerosissime richieste.
Un nuovo importante evento entrerà a far parte del calendario nazionale MTB 2019: la Marathon dell’Altopianoa cura Eleonora Pomponi Latterie Vicentine in immagini Archivio Trentino Alto Adige programma domenica 29 settembre nella splendida ambientazione dell’Altopiano di Asiago LIFESTYLE INBICI
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E poiché lo sport ha anche una funzione sociale e l’educazione sportiva occupa un ruolo molto importante nella vita dei giovani, la Marathon dell’Altopiano ha deciso di sostenere alcune Onlus.
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È stato infatti siglato un accordo con il Presidente dell’Associazione NUOVA FAMIGLIA Michele Luise che prevede un contributo (una percentuale per ogni iscrizione ricevuta) ai loro importanti progetti.
L’Associazione NUOVA FAMIGLIA ha già 860 sostenitori e ha contribuito a 981 adozioni operando in 44 missioni tra Brasile, Etiopia, Guinea e Tanzania.
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// SPORT & ALIMENTAZIONE
Finire in bellezza Gli strumenti nutraceutici per la fase più impegnativa della performance
a cura del dott. Alexander Bertuccioli
Supportare in maniera ottimale l’organismo nelle fasi più impegnative della prestazione è un obiettivo prioritario per qualsiasi atleta di endurance e, a tal proposito, vengono messe in campo le soluzioni più disparate che possono andare dall’assunzione di diverse sostanze nutraceutiche nella fase 88
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pre e intra prestativa e arrivare fino alle più disparate tecniche di concentrazione, visualizzazione, motivazione e auto-condizionamento che dir si voglia. Lasciando queste ultime metodiche ai professionisti del settore diventa molto interessante esaminare quali sostanze, dal punto di vista nutraceutico, è possibile impiegare strategicamente nel corso di una prestazione per sostenerla al meglio. Il primo approccio per un’azione “Booster” mirata alle fasi più impegnative della prestazione è senza ombra di dubbio
quello energetico, realizzato con l’obiettivo di fornire un adeguato apporto di sostanze in grado sia di fornire sia di supportare la produzione di energia. Prima fra tutte troviamo una sostanza nota da tempo, il destrosio, un monosaccaride noto da tempo ai praticanti di endurance, soprattutto per il suo metabolismo molto rapido, in grado di fornire in tempistiche piuttosto limitate importanti livelli di energia. Questa importante risorsa nutraceutica si dimostra indubbiamente in grado di offrire numerosi vantaggi che devono essere considerati alla luce dei livelli di assunzione, da pianificare in modo tale da evitare che l’atleta incorra in episodi di ipoglicemia reattiva, eventualità remota in corso di attività (di solito può verificarsi più facilmente
ca. La sua azione si manifesta infatti nel trasporto degli acidi grassi a lunga catena a livello mitocondriale dove potranno essere utilizzati con finalità pro-energetica, azione tanto importante a livello muscolare quanto fondamentale a livello cardiaco. La Caffeina, inoltre, può costituire un ulteriore supporto in quanto in grado di prolungare gli effetti stimolatori con un’assunzione pre-attività), ma che comunque potrebbe manifestarsi di adrenalina e noradrenalina nello stimolo delle funzioni metaboliche. nei soggetti più sensibili. Oltre alla consolidata utilità del Destro- L’insieme di questi rapidi processi di produzione energetica ovviamente sio, un vero “asso nella manica” può essere il fruttosio 1-6 difosfato, sostan- finisce con il favorire l’accumulo di cataboliti e sostanze parzialmente za che in questo caso si dimostra in grado di agire come vero e proprio “bo- metabolizzate in grado di favorire il viraggio del pH cellulare verso una oster energetico” nel senso più pieno condizione di relativa “acidità” con una del termine. Infatti, oltre ad avere una diretta attività sulla produzione rapida minore efficienza di carattere metabolico. A tal proposito si dimostra molto di energia a livello muscolare, agisce interessante l’apporto fornito dalla come ottimizzatore dei meccanismi carnosina, sostanza in grado di agire alla base della trasformazione degli zuccheri in energia. Questo in quanto, come tampone in particolare a livello essendo già legata a 2 gruppi fosfato, cellulare favorendo nel contempo l’equesta molecola bypassa le prime fasi quilibrio nel pH cellulare e l’efficienza della glicolisi anaerobia accelerando il dei processi di contrazione muscolare. Anche l’acido citrico diventa molto inmetabolismo del fruttosio e ponendo le basi per la piena efficienza ed effica- teressante in questo contesto. Infatti, cia delle fasi successive, consentendo essendo un acido debole, a contatto con il pH gastrico finisce con il perall’atleta di esprimere in merito la dere la sua funzione acida divenendo massima potenza. La Carnitina può, un prezioso supporto alla funzione a sua volta, agire a completamento dell’ottimizzazione della resa energeti- tampone dell’organismo, contribuendo *Dr Alexander Bertuccioli
Biologo nutrizionista Perfezionato in Nutrizione in Condizioni Fisiologiche DISB - Scuola di Scienze Biomediche, Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo” Comitato scientifico Associazione Italiana Fitness e Medicina – Comitato scientifico Federazione Italiana Fitness.
nettamente al riequilibrio e al mantenimento di fisiologici livelli fi pH, oltre che essere come noto un efficace sostanza dall’azione antiossidante. Tutte queste soluzioni nutraceutiche possono essere realizzate per il consumo intra-attività sotto forma di fiale o gel. Quello che il consumatore dovrebbe attentamente verificare prima dell’utilizzo è che il prodotto sia realizzato con un’osmolarità tale da non richiedere l’assunzione di eccessivi livelli di liquidi in seguito all’ingestione. Utilizzati come monocomponenti o ancor meglio - in associazione, questi interessanti strumenti nutraceutici (se assunti al momento giusto della prestazione – di 15 ai 30 minuti prima del massimo impegno) potranno rivelarsi preziosi nel supporto e nell’implementazione della performance.
La Caffeina, inoltre, può costituire un ulteriore supporto in quanto in grado di prolungare gli effetti stimolatori di adrenalina e noradrenalina nello stimolo delle funzioni metaboliche
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Taipei Cycle Show
Nel cuore orientale della bicicletta di Guido P. Rubino
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Il futuro della bike-economy nasce a circa diecimila chilometri dall’Italia, dove i grandi marchi presentano le loro anteprime e si confrontano sulle grandi sfide del mercato
A Taipei si va ovunque con una metro efficientissima
C’è una fiera che più a Est di così non si può. È il Taipei Cycle Show che, quest’anno, ha avuto luogo a cavallo tra ottobre e novembre. Data insolita per questo evento che, solitamente, si svolge nel mese di marzo. Nel “balletto” delle fiere di settore, che provano a cambiare data per essere più appetibili o, come avviene in Europa, per cercare di sottrarre appeal alla concorrenza, non è mancata nemmeno la fiera orientale, seppure con dinamiche diverse rispetto agli eventi a noi più vicini. Sì perché questa fiera possiamo
I Gold Award, i premi speciali del Taipei Cycle
considerarla completamente diversa rispetto a tutte le altre. Il Taipei Cycle Show vede la presenza di un mercato globale, non focalizzato solo su un continente e offre uno sguardo più critico anche rispetto alle abitudini dei diversi Paesi. L’evento è durato poco meno di una settimana, ma di cose da vedere e discutere ce ne possono essere tante che non basterebbero il doppio dei giorni, anche con la nuova edizione già a marzo, tornando sul vecchio calendario. Eppure di lavoro, e sono stati proprio gli italiani presenti a dirlo, ce n’è sempre da fare. Ma andiamo per gradi.
Taiwan, il cuore a est della bicicletta
Taiwan non è lontana rispetto alla bicicletta, anzi è vicinissima. È laggiù che nascono molte delle biciclette con cui pedaliamo normalmente. Alta e altissima gamma sono di casa visto che le commesse dei marchi più in voga passano sempre più spesso di qua. I numeri parlano chiaro: la crescita è per quantità di pezzi prodotti ed esportati in tutto il mondo. Nel 2018, tra gennaio e settembre, sono state esportate 1,65 milioni di biciclette (per un valore di circa un 1,09 miliardi di dollari), 14,2 punti percentuali in più rispetto allo stesso periodo del 2017. Numeri importanti che parlano anche di una crescita di qualità del prodotto visto che il prezzo medio è in netta crescita. Si parla di biciclette, ma anche di accessori ovviamente.
Tendenze Un momento dell’inaugurazione della fiera
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I più maliziosi dicono che qui i nostri marchi vengano a “fare la spesa”, cioè a prendere prodotti che poi troveremo sul nostro mercato come novità assolute. In realtà, accanto a que-
Itinerari Svizzeri
sta verità, ce n’è anche una molto più grande: qui si prendono contatti per accordi futuri e nascono idee (e se ne comincia a parlare) di cose che arriveranno sul nostro marcato anche fra qualche anno. Oppure (e questo vale soprattutto per l’edizione di marzo, come la prossima del 2019) si intercettano tendenze ancora non sbocciate in Occidente. Fu così per alcune biciclette pieghevoli, ancora di più per le biciclette da corsa a pedalata assistita. Lo scorso anno (l’edizione del 2017 fu in marzo, appunto) vedemmo
parecchie e-bike da corsa quando da noi ancora non se ne parlava. Sappiamo poi come sono andate le cose. A dire la verità avevamo visto anche diverse biciclette da corsa pieghevoli, ma questa tendenza (come anche altre) non sembra aver avuto presa più a Ovest. O almeno non ancora.
Convergenze
Il Taipei Cycle Show è anche un momento di incontro. Qui, più che in altre fiere, le aziende si incontrano e discutono del futuro inevitabilmente
I più maliziosi dicono che qui i nostri marchi vengano a “fare la spesa”, cioè a prendere prodotti che poi troveremo sul nostro mercato come novità assolute. In realtà, accanto a questa verità, ce n’è anche una molto più grande: qui si prendono contatti per accordi futuri e nascono idee LIFESTYLE INBICI
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Basso, a dispetto delle tendenze, ha fatto il pieno di visitatori con le biciclette da corsa italiane
La produzione taiwanese di e-bike è in crescita esponenziale e il mercato europeo è il maggior compratore Pregiatezza italiana, questa bici, firmata Pininfarina
comune. Per chi è abituato a vederle sempre sul piede di guerra, le une con le altre, per conquistare fette di mercato, qui potrebbe stupirsi a trovare titolari di azienda insieme nei forum dedicati. Lo sviluppo della bicicletta, a livello globale, è un toccasana per tutto l’ambiente. E su molti argomenti conviene fare fronte comune piuttosto che lanciarsi da soli contro mercati già forti e strutturati.
Fenomeno e-bike
Non si scappa è il momento delle biciclette a pedalata assistita. Quelle che
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più comodamente preferiamo chiamare e-bike o, un po’ impropriamente, “biciclette elettriche” (termine che, in realtà, farebbe riferimento a mezzi equiparabili a dei motocicli). La produzione taiwanese di e-bike è in crescita esponenziale e il mercato europeo è il maggior compratore. Anche qui la crescita di livello è testimoniata da un incremento di prezzo medio del 35 per cento che dice di una sempre maggiore ricerca di qualità verso prodotti affidabili e duraturi. E in effetti di e-bike ne abbiamo viste tantissime e di ogni foggia. C’è davvero di tutto in
un mercato che si propone ben oltre i ciclisti, ma punta a sostituire, come sta accadendo già in molte città europee, il traffico motorizzato (pensiamo soprattutto a motorini e scooter). Tra i principali importatori ci sono l’Olanda e poi a seguire Gran Bretagna, Svezia e Germania. Il boom delle e-bike è talmente forte che sembrano addirittura esserci difficoltà nella costruzione delle batterie, tanta è la domanda, al punto da provocare qualche ritardo nella produzione. L’Italia, in questo campo, è ancora indietro ma, anche qui, le statistiche
Il dr. Chen Chien-jen, vice presidente della Repubblica di Cina (Taiwan)
La giapponese Gerworks firma un telaio in carbonio, bambรณ e legno
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parlano di un recupero in atto. Vedremo con che tempistiche.
Elettronica e praticità
Uno dei settori su cui ha puntato l’edizione 2018 di Taipei Cycle è stata l’evoluzione dell’elettronica per la bicicletta. Elettronica che apre alla biciclette tantissime possibilità. Si è parlato di Swift City e di nuova mobilità. Ecco, se l’edizione autunnale non ha portato tendenze in fatto di prodotti che usciranno di qui a breve, certamente ha parlato con chiarezza di dove sta andando la bicicletta di uso comune, non tanto quella sportiva, quanto quella su cui si punta per la massa. Interconnessione, internet delle cose ed effi-
Trasmissione a cinghia, per la città va bene
cienza energetica sono le parole che fanno da guida nello sviluppo della bicicletta di domani. Una bicicletta che sarà in grado di dare informazioni sempre più dettagliate non solo sui percorsi ma anche interfacciarsi con altre realtà e applicazioni digitali che afferiscono a quel concetto di IoT (Internet of thing) di cui stiamo appena iniziando a scoprire le potenzialità. Tante le startup presenti in fiera, molte anche le proposte di evoluzione delle città con soluzioni
Approfondimenti tecnici con il mozzo Scylence di Shimano
Interconnessione, internet delle cose ed efficienza energetica sono le parole che fanno da guida nello sviluppo della bicicletta di domani. Una bicicletta che sarà in grado di dare informazioni sempre più dettagliate non solo sui percorsi ma anche interfacciarsi con altre realtà e applicazioni digitali
Evoluzione gomme piene per Tannus
interessanti per quanto riguarda, ad esempio, i sistemi di recupero dell’energia dalla pedalata, sistemi di illuminazione intelligente e anche sistemi antifurto. Sempre di più, poi, le soluzioni tecnologiche per le gomme piene o semi-piene: si tratta di sistemi anti foratura che prevedono, più che la gomma piena, che ha sempre diversi limiti (benché i materiali siano migliorati molto), delle soluzioni miste, con una parte pneumatica, per l’ammortizzazione e una parte solida, invece, per 96
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Pacchi pignoni ricavati dal pieno da Recon
sopperire a eventuali forature. In questo modo si può continuare a pedalare, seppure andando più piano, ma non si resta mai a piedi. Nell’ottica della promozione della bicicletta per la mobilità urbana (ma non solo), quindi rivolta anche ai meno esperti, è certamente una soluzione che fa leva sulla praticità. Così come sulla praticità si basano le soluzioni che favoriscono il trasporto di oggetti in bicicletta. Difficile ormai vedere una bicicletta equipaggiata con le classiche borse, si diffondono sempre di più soluzioni che prevedono bagagli inglobati nel telaio o dietro la sella. Più pratici dal punto di vista ciclistico perché non sbilanciano nella pedalata e la capienza è comunque notevole pure se più limitata rispetto ad equipaggiamenti più classici.
I pedali Chien King, ricavati dalla lolla di riso
Per la città ecco una dinamo che insiste sulla catena
Anzi, chi crede nel proprio prodotto venendo in fiera a Taipei ha avuto modo di incontrare un mercato che appare sempre nuovo, al di là dei contatti già presi grazie alla facilità di comunicazione. Ecco allora che marchi come Wilier Triestina, Basso e anche Cinelli diventano merce pregiata. Così come Bottecchia, Gipiemme ed Smp, ma anche accessori come Bellelli: il coro dei marchi nostrani che abbiamo interpellato diret-
E gli italiani?
In questo posto così remoto l’Italia è un mito da inseguire. L’esterofilia c’è anche qui e i prodotti italiani che da noi troppe volte sono snobbati, sono una vera ricercatezza. Al punto che più di un espositore italiano ha ammesso che in Asia spesso i compratori sono disposti a pagare di più se sanno che acquistano italiano. Poche però le biciclette da corsa, italiane e non, in questo mercato che ha fiutato il colpo grosso delle e-bike e tende a tralasciare il resto. Tendenza comune che già pare riflettersi anche in Europa però. E gli italiani non devono mollare il colpo perché la forza delle biciclette da corsa è proprio qui, e trascurarle rischia di diventare un errore di miopia che si potrebbe pagare negli anni. In fondo è il settore dove rimaniamo i più forti in quanto ad appeal ma anche a bravura e artigianalità. Non sono i numeri di un mercato globale, ma trascurare l’ambito in cui si è forti per inseguire altro, pur se conveniente in questo momento, rischia di far perdere un’identità che ci è riconosciuta globalmente. LIFESTYLE INBICI
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La bici pió costosa in fiera, realizzata da pedemento e Kry. Costa 35mila euro
tamente in fiera, è stato pressoché unanime: si viene in fiera con dei contatti già presi (bel lavoro, in questo senso, fatto dall’Istituto del Commercio Estero) ma poi si trova anche di più. Tant’è che si sono quasi tutti affrettati a riconfermare la prenotazione per l’edizione 2019. Chi non l’ha fatto ancora è per il dubbio di tornare qui, a cinque mesi di distanza con prodotti praticamente identici. Impasse di un anno, già pronta a essere assorbita.
Nuova edizione
La fiera appare appena conclusa, a momenti neanche il tempo di recuperare il fuso orario che già si parla di Taipei Cycle 2019. È stata presentata a Milano, alla fine di novembre, la nuova edizione di Taipei Cycle Show che si annuncia già con più di mille espositori provenienti da 35 Paesi di tutto il mondo. In continuo aumento, tanto che quest’anno si è potuta contare anche la presenza della Corea del Sud tra i partecipanti. Il carattere definito e forte dell’evento lo rende appetibile a molti e sempre di più. L’appoggio del governo taiwanese è importante. Lo scorso anno all’inaugurazione c’era Tsai Ing-Wen la presidente della Repubblica di Cina, così come si chiama ufficialmente Taiwan (da non confondere con la Repubblica Popolare Cinese). Quest’anno c’è stato il vicepresidente, Chen Chien-jen a dimostrare l’importanza di una fiera di settore strategica e condivisa da tutti, da far sembrare così lontane le nostre beghe tra eventi troppo vicini. E intanto si guarda al nuovo appuntamento. È già dietro l’angolo: dal 27 al 30 marzo 2019. Circa diecimila chilometri e sette fusi orari più in là. 98
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Località Bike-Friendly
PRECEDENZA AI CICLISTI Il Trentino è la capitale del turismo eco-sostenibile. Dalle Dolomiti al Lago di Garda, alla scoperta di quattrocento chilometri di pista ciclabile naturale Una cultura bike-friendly, dove il cicloturista si sente sempre “a casa”. Un territorio da sempre accogliente per la cosiddetta “utenza debole” in virtù di una segnaletica sempre ben curata, percorsi adatti anche alle famiglie con bambini e “bicigrill” disseminati lungo la strada dove sorseggiare un caffè, gustarsi uno snack o controllare la pressione delle gomme. E ovviamente dei paesaggi da cartolina dovunque si posi lo sguardo. Sono questi gli ingredienti della via trentina al turismo eco-sostenibile, un percorso riservato ai turisti su due ruote che si snoda per oltre quattrocento chilometri e che permette di attraversare tutta la regione sui pedali, dalla città di Trento a quella
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di Rovereto, dalle Dolomiti di Brenta (Patrimonio Unesco) al Lago di Garda. Gli itinerari sono studiati per assecondare tutte le esigenze. Dalle mitiche salite percorribili con bici da strada o mountain bike che si inerpicano sulle pendici del Monte Bondone (erta dedicata alla memoria di Charly Gaul) alla pista ciclabile che attraversa la Valle dei Laghi qui trovano il loro “habitat naturale” sia il ciclista esperto che cerca la salita impegnativa sia il neofita che vuole semplicemente godersi una corroborante passeggiata con il vento fra i capelli. Si pedala fra i campi di mele o fra i vigneti, nei centri urbani o lungo i boschi, in riva ai laghi o costeggiando l’Adige, su percorsi il cui grado di diffi-
coltà è ben segnalato dai cartelli che aiutano il ciclista ad orientarsi e a capire se le difficoltà da affrontare sono eccessive o adeguate. Tanti tracciati, con mille caratteristiche differenti, ma accomunati da un’unica peculiarità: permettono di vivere questa esperienza in totale sicurezza. E se la stanchezza accumulata dovesse essere eccessiva tornare al punto di partenza non sarà un problema grazie alla fitta rete di trasporti pubblici che consente, ovunque vi troviate, di trasportare le biciclette con facilità.
Credit foto R. Kiaulehn
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