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INTELLIGENZA ARTIFICIALE
UNA PROMESSA REALIZZATA A METÀ
Da un’indagine condotta da The Innovation Group emerge per l’Italia il quadro di una tecnologia in bilico fra un presente immaturo e un futuro promettente.
Photo by h heyerlein on Unsplash
Quanto conta l’intelligenza artificiale per le aziende italiane? The Innovation Group lo ha chiesto a un campione di manager line of business e di responsabili IT appartenenti a 181 realtà, fra imprese private di vari settori e dimensioni ed enti della Pubblica Amministrazione, interpellati nell’ambito della propria ricerca “Digital Business Transformation Survey” dedicata al più ampio tema della trasformazione digitale. L’interesse rivolto all’intelligenza artificiale e al machine learning (due categorie distinte, ma affini) è in sensibile crescita: l’anno scorso, nella precedente edizione della survey, il 22% delle aziende del campione aveva già lanciato iniziative riguardanti tali tecnologie o ne progettava l’avvio entro dodici mesi; quest’anno la percentuale è salita al 33%. Di tutte le tecnologie utili ai fini della digital transformation, la categoria di AI e machine learning è quella che ha registrato il maggior incremento in termini di investimenti già realizzati o pianificati (al secondo posto, con una crescita del 39%, si piazzano le soluzioni per i Big Data). A inizio 2021 circa il 38% delle organizzazioni incluse nel campione già utilizzava soluzioni di intelligenza
Quanto è presente l’Intelligenza Artificiale nella vostra strategia di innovazione digitale oggi e in previsione tra 5 anni?
artificiale, mentre il 48% dichiarava di volerlo fare nel breve termine (entro un anno) e solo il 20% la escludeva dai progetti futuri.
Media 2,25%
Un potenziale ancora inespresso
Nonostante la crescita degli investimenti registrata nell’ultimo anno, attualmente per tre aziende su quattro l’intelligenza artificiale riveste un ruolo marginale o addirittura è del tutto assente nelle proprie strategie di innovazione digitale. Soltanto per il 25% degli intervistati ha un ruolo abbastanza (12,5%) o molto importante (12,5%) come fattore di innovazione digitale. Ma molto diverso è lo scenario futuro immaginato dai manager italiani: il 75% scommette che fra cinque anni l’AI conterà molto (37,5%) o moltissimo (37,5%) ai fini della trasformazione digitale della propria azienda. Oggi come oggi, in Italia l’intelligenza artificiale è sfruttata soprattutto per attività di servizio ai clienti (o utenti), all’interno di applicazioni chatbot e call center: fra chi ha progetti in corso, il 67% delle aziende o enti pubblici la usa a tal fine. Seguono, fra gli ambiti di adozione più popolari, la ricerca e sviluppo (40%), le risorse umane (29%, per attività di selezione del personale), la logistica e distribuzione (25%, per robotica e vistati. Il 58% segnala, invece, il miglioramento dei processi decisionali, il 32% la riduzione degli errori manuali e quote analoghe la riduzione dei costi e il miglioramento dell’esperienza dei clienti, e ancora il 21% pensa che l’intelligenza artificiale possa aiutare l’azienda ad ampliarsi su nuovi mercati. Solo il 16% crede che l’automazione derivata dall’AI debba servire per ridurre l’organico e appena l’11% pensa che migliorarerà la qualità del lavoro. Tra le critiche mosse alle soluzioni di AI in uso, invece, la più frequente (47%) è quella di essere troppo generiche, non specifiche per il settore industriale; seguono, tra i rischi citati, l’assenza di personalizzazione (37%), la scarsa accuratezza che può sfociare in errori (32%), le difficoltà di utilizzo da parte dei dipendenti (21%), l’eventualità di tagli dei posti di lavoro (16%) e di un servizio clienti di inferiore qualità (16%). Come si nota, questi possibili rischi vengono menzionati da modeste percentuali degli intervistati, fatta eccezione per il primo (che è comunque un difetto risolvibile, probabilmente, con il tempo e con la maggiore maturità delle soluzioni). Tutto sommato, dall’indagine di The Innovation Group l’intelligenza artificiale esce promossa, pur mostrando tutti i segni di un’adozione ancora parziale e immatura da parte delle aziende italiane.
Oggi 12,5% 12,5%
50%
25%
Ad oggi il 75% del campione dichiara una presenza nulla o marginale dell’AI nelle proprie strategie di innovazione digitale, un fenomeno che scompare tra 5 anni, quando tutto il campione dichiara di utilizzare tali soluzioni, la maggior parte (75%) in maniera consideravole. 37,5%
37,5%
25%
Tra 5 anni
Media 4,13%
Per niente Poco Abbastanza Molto Moltissimo
Fonte: The Innovation Group, “Digital Business Transformation Survey”, 2021
ottimizzazione del magazzino), l’analisi del rischio o della compliance (25%), le vendite (25%), il marketing tradizionale o digitale (20%), la produzione o supply chain (20%, per manutenzione predittiva o controllo). C’è poi un vuoto ancora da colmare: non si osserva, nel campione dell’indagine, nessuna applicazione nell’ambito del procurement. Un ambito in cui l’AI potrebbe invece aiutare a ottimizzare i riassortimenti, il pricing e il controllo qualità.
Vantaggi e svantaggi nell’uso dell’AI Di gran lunga, il principale beneficio sperimentato da chi fa uso dell’intelligenza artificiale è l’incremento di efficienza e velocità delle attività aziendali: cita questo elemento il 68% degli inter-
Da quanto tempo fate uso di soluzioni di Intelligenza Artificiale all’interno del vostro business?
Non le utilizziamo e non abbiamo in programma di farlo
Non le utilizziamo, ma abbiamo in programma di farlo Da meno di un anno
Da 1-3 anni
20% 16%
48% 16%
Fonte: The Innovation Group, “Digital Business Transformation Survey”, 2021
V.B.
ASSISTENTI VIRTUALI
PROTAGONISTI DEL FUTURO
Secondo Gartner, entro pochi anni chatbot e altre tecnologie basate su apprendimento automatico diventeranno endemici negli ambiti più vari, dall'e-commerce alla telemedicina. E saranno strumenti di lavoro quotidiani.
Preparatevi all’esplosione del fenomeno degli assistenti virtuali: così avvertiva Gartner nell’estate del 2020, un anno segnato dalle dinamiche che tutti conosciamo (lockdown, lavoro da remoto, accelerazione dell’uso di piattaforme cloud e applicazioni per la collaborazione a distanza). Oggi i pericoli della pandemia sono tutt’altro che superati e le tendenze emerse nei mesi scorsi sembrano destinate a solidificarsi. L’intelligenza artificiale si innesterà su tutto questo per portare nuova trasformazione nel mondo del lavoro: secondo le previsioni di Gartner, entro il 2025 circa il 50% di coloro che svolgono professioni intellettuali utilizzerà gli assistenti virtuali quotidianamente. E non dobbiamo pensare soltanto a interfacce vocali come Google Assistant, Siri, Cortana o Alexa. Secondo l’analista Anthony Bradley, group vice president della sezione Technology and Service Provider di Gartner, gli assistenti virtuali prenderanno piede quasi in tutti gli ambiti del mercato: dall’e-commerce ai negozi al dettaglio, dal servizio clienti alla didattica a distanza, passando per il telelavoro. Anche nelle piattaforme per le comunicazioni e le collaborazioni a distanza, quindi, l’intelligenza artificiale racchiude un universo di nuove potenzialità (ne parliamo anche a pagina 18). Un altro terreno fertile è l’ambito della medicina, dell’assistenza e della cura
OBBLIGO O SCELTA?
Più che una scelta, una necessità. Secondo Idc, nei prossimi anni gli investimenti aziendali in intelligenza artificiale cresceranno sospinti non solo dal desiderio di innovazione ma anche dalla consapevolezza che le tecnologie di AI faranno la differenza su un mercato sempre più competitivo. Stando alle previsioni, dai 50,1 miliardi di dollari spesi globalmente nel 2020, gli investimenti si gonfieranno fino a 110 miliardi di dollari nel 2024. “Le aziende adotteranno l’intelligenza artificiale non solo perché possono, ma perché devono farlo”, ha dichiarato Ritu Jyoti, program vice president, Artificial Intelligence di Idc. “È questa la tecnologia che aiuterà le aziende a essere agili, a innovare e a crescere di dimensioni”. Come? In vari modi: permettendo di trasformare i dati grezzi in informazioni e poi in conoscenza, applicando quella conoscenza ai problemi del business per superarli, supportando le decisioni attraverso insight, consentendo l’automazione dei processi. A detta di Idc, gli investimenti aziendali saranno alimentati, in particolare, dalla volontà di migliorare l’esperienza dei clienti e dal desiderio di sviluppare le abilità e le competenze dei dipendenti. Nell’attuale scenario già si trovano le premesse di questa evoluzione: oggi l’AI è usata soprattutto nel customer service (con chatbot e altri sistemi di risposta automatica), nel marketing (con la generazione di raccomandazioni personalizzate e con l’automazione delle attività rivolte al cliente), nella cybersicurezza (per potenziare i sistemi di rilevamento e risposta alle minacce) e nell’automazione IT. Sommati tra loro, questi casi d’uso coprono circa un terzo degli investimenti mondiali in intelligenza artificiale.
della salute, un settore in cui nell’ultimo anno sono cresciuti sia gli investimenti sia le registrazioni di brevetti. “Crediamo che la pandemia di covid-19 farà accelerare i progressi dell’espansione degli assistenti virtuali”, scrive Bradley. “La telemedicina, per esempio, è cresciuta in modo sostanziale durante la pandemia e continuerà probabilmente a farlo a un ritmo sostenuto più che in passato. Questo potrebbe alimentare la domanda per un pletora di assistenti medici virtuali. La pandemia avrà termine ma molti dei comportamenti della vita virtuale e del business digitale persisteranno, perché le persone saranno più a loro agio con le nuove tecnologie”.
Valentina Bernocco
COVID E ALTRE SFIDE: L’A.I. RISPONDE
In un anno problematico e turbolento come è stato il 2020, l’intelligenza artificiale ha continuato a espandersi, pur con qualche eccezione. Così racconta l’ultimo, annuale aggiornamento dell’”AI Index” sviluppato dall’Università di Stanford (e più precisamente dallo Human-Centered Artificial Intelligence Institute dell’ateneo), un indice che misura la crescita del fenomeno considerando una serie di metriche. Dal punto di vista degli investimenti, il mercato dell’intelligenza artificiale è sicuramente cresciuto: secondo le stime di McKinsey, la spesa di aziende e organizzazioni è salita del 27%. Soltanto una su quattro ha speso meno di quanto fatto nel 2019. E certo non sorprende osservare che l’anno scorso l’area della cura della salute abbia attratto molte risorse di denaro: in particolare, la categoria di “farmaci, cancro, molecole e ricerca farmacologica” ha ricevuto 13,8 miliardi di dollari di investimenti privati, un valore 4,5 volte superiore a quello del 2019. E i risultati sembrano ripagare ampiamente lo sforzo. AlphaFold, software sviluppato da DeepMind (società britannica posseduta dal gruppo Alphabet), sa fare previsioni sulla struttura che le proteine assumono per effetto del processo di ripiegamento molecolare, attività che impegna da decenni la ricerca medica e che questo sistema di intelligenza artificiale ha reso incredibilmente rapida e precisa. PostEra, una startup di San Francisco, usa il machine learning per velocizzare la definizione di nuovi farmaci e sta anche cercando di sviluppare terapie antivirali efficaci sul covid-19. Oltre agli algoritmi, per attività di questo tipo servono speciali risorse di calcolo e PostEra ha scelto la via del crowdsourcing: chi è interessato al progetto può mettere a disposizione risorse di calcolo per creare una sorta di supercomputer collettivo, abbastanza potente per processare enormi volumi di dati.